FERNANDO PESSOAtariado Nacional da Informacào. Era un uomo molto scherzoso. E poi c'era Coelho 1....

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Piccola Biblioteca 218 FERNANDO PESSOA Lettere alla fidanzata ADELPHI

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Piccola Biblioteca 218

FERNANDO PESSOA

Lettere alla fidanzata

A D E L P H I

DELLO STESSO AUTORE:

Pagine esoterichePoesie di Alvaro de Campos

Una sola moltitudine, IUna sola moltitudine, II

FERNANDO PESSOA

Lettere alla fidanzataCON UNA TESTIMONIANZA DI OPHÉLIA QUEIROZ

A cura di Antonio Tabucchi

ADELPHI EDIZIONI

TITOLO ORIGINALE:

Cartas de Amor deFernando Pessoa

INDICE

Fernando e io DI OPHÉLIA QUEIROZ

Lettere di Fernando Pessoa

1920

1929

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35

37

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APPENDICE: Una poesia di Alvaro de Campos 109

Un Faust in gabardine DI ANTONIO TABUCCHI 113

Dodicesima edizione: gennaio 2012

© 1978 EDICÒES ATICA LISBOA

) 1988 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANOWWW.ADELPHI.IT

ISBN 978-88-459-0304-5

FERMANDO E IODI OPHÉLIA QUEIROZ

Come lo conobbi

Risposi a un annuncio del « Diàrio de Noti-cias ». Avevo diciannove anni, ero allegra,sveglia, indipendente e, contro la volontà deimiei familiari, decisi di trovare un impiego.Non ne avevo certo bisogno, dato che essen-do la più giovane di otto fratelli e l'unica nonsposata mi coccolavano molto e mi davanotutto ciò che volevo.Mi ero diplomata in francese dopo cinqueanni di studio, scrivevo e parlavo corrente-mente il francese commerciale, sapevo scri-vere a macchina con qualsiasi tipo di tastierae conoscevo anche un po' di inglese (Fernan-do un giorno mi promise che una volta spo-sati me lo avrebbe insegnato meglio).Un giorno ricevetti una comunicazione perla risposta che avevo dato all'annuncio: « Perquestioni che La riguardano La preghiamodi presentarsi alla Direzione... ». Era una dit-ta che commerciava in trapani, al numero42 di Rua d'Assuncào: « Félix, Valladas &Freitas Limited ». Era appena agli inizi eindo avanti solo tre mesi, poi fallì. Vi entrai:ome unica impiegata, con uno stipendio diliciotto scudi al mese, che a quel tempo era

una discreta somma... Anzi, all'inizio voleva-no darmene soltanto quindici, e fu proprioFernando che insistette per farmi darequanto io chiedevo, perché, secondo quantomi disse in seguito, « aveva assoluta necessitàdi vedermi ancora ». Del resto fin dal primo

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giorno capii che egli mi guardava in un certomodo...La ditta era composta da tre soci: Félix, cheaveva messo il capitale; Mario Freitas da Co-sta, che era cugino di Fernando; Valladas,che apparteneva alla Guarda Nacional Re-publicana. Fernando non era propriamenteun impiegato della ditta, non so neppure sericevesse un regolare stipendio. Aiutava ilcugino nella corrispondenza. Traduceva di-rettamente in francese e in inglese ciò chesuo cugino dettava in portoghese. Come ènoto Fernando parlava molto bene le linguestraniere, specialmente l'inglese. I suoi amicidicevano scherzando che egli pensava addi-rittura in inglese. Veniva molto spesso inufficio, un po' perché era molto legato a suocugino, e poi perché vi si riuniva spesso aconversare un gruppo di amici. Fra questiricordo Luis de Montalvor,1 che veniva quasitutti i giorni e che non perdonava a Fernan-do che egli non pubblicasse la sua opera. Glidiceva: « Fernando, è un delitto che lei con-tinui a essere sconosciuto ». E lui risponde-va: « Non ha importanza, alla mia morte la-scerò qualche baule pieno ». Veniva ancheFerreira Comes, e anch'egli nutriva unagrande ammirazione per Fernando. Annidopo, per caso ci saremmo ritrovati al Secre-tariado Nacional da Informacào. Era unuomo molto scherzoso. E poi c'era Coelho

1. Poeta e letterato portoghese (1891-1947), fondato-re con Pessoa della rivista « Orpheu », portavoce delModernismo.

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de Jesus, col quale successe un episodio di-vertente. Mi aveva conosciuta in ufficio manon si era mai accorto, come del resto glialtri, che fra me e Fernando c'era del tenero.Quando arrivammo a Largo Camóes 1 mi siavvicinò, mi salutò e mi disse: « Posso accom-pagnarla o la comprometto? ». « Certo chemi compromette » gli risposi.Gli altri componenti del gruppo erano Si-mào de Laboreiro, che era direttore di ungiornale; un fratello di Coelho de Jesus; unospagnolo, un certo Pantoja, e qualche altroche non ricordo. Spesso apparivano anchemolti giovani per chiedere a Fernando la suacollaborazione a giornali e riviste. E lui nonrifiutava mai.

Conobbi Fernando il giorno in cui mi pre-sentai per il colloquio. L'episodio è diverten-te e vale la pena riferirlo. A quell'epoca leragazze non usavano uscire da sole, e mi ac-compagnò una cameriera di una mia sorellanella cui casa io allora vivevo, la madre delfuturo poeta Carlos Queiroz. Quando arri-vammo l'ufficio era ancora chiuso e dovem-mo attendere. A un certo punto vedemmoche saliva le scale un signore tutto vestito dinero (più tardi seppi che portava il lutto alpatrigno). Aveva gli occhiali, un cappello

1. Nome che aveva all'epoca l'attuale Largo D. Joàoda Càmara, davanti alla stazione del Rossio, nel cuoreeli Lisbona. In questa piazza abitava la sorella di Ophé-lia. Il toponimo ricorre spesso nelle lettere.

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con la falda alzata e nastrata, una cravatta afarfalla. E portava i pantaloni infilati nelleghette, com'era naturale. Non so perché midette una grande voglia di ridere. Solocontrollandomi con un grande sforzo riusciia dire, rispondendo alla sua domanda, chemi trovavo lì per via dell'annuncio sul gior-nale.Con molta cortesia ci pregò di attendere,perché egli non era il proprietario. Entram-mo nell'ufficio e poco dopo arrivò suo cugi-no, col quale parlai del lavoro. Fernando as-sistette a tutto il colloquio, seduto dietro auna scrivania, con un leggero sorriso sullelabbra come se trovasse la cosa divertente.Fui assunta tre giorni più tardi. Mi ricevettelo stesso Fernando. Al mio arrivo lo trovaiad attendermi. Si sedette davanti alla miascrivania e mi affidò il primo lavoro, la tra-scrizione di alcuni indirizzi per l'annuariocommerciale. A un certo punto mi disse ti-midamente: « Signorina, vorrei avvertirla diuna cosa: nella guida delle scale c'è unbuco... stia attenta a non inciampare... ». Poitacque e dopo qualche minuto disse ancora:« C'è un'altra cosa di cui vorrei avvertirla.Uno dei proprietari, il signor Valladas, è unpo' rude. Non è una cattiva persona, sa, maè della Guarda Nacional Republicana, e nonvorrei che i suoi modi potessero turbarla... ».Disse tutto questo con aria un po' circospet-ta, ma con molta amabilità. E poi comincia-rono le occhiate... il corteggiamento...Quello stesso giorno successe anche un epi-sodio divertente. Io stavo scrivendo a mac-

Ophélia Queiroz all'epoca del namorocon Fernando Pessoa

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china. Qualcuno entrò nella stanza, non ri-cordo chi, e disse: « Fernando, ci vorrebbeun bacetto su quel collo, non trova? ».« Non trovo » rispose lui seccamente, visibil-mente infastidito. Più tardi mi disse che eragià la gelosia...Fernando era molto geloso, ma non si arrab-biava, non diceva niente. Soffriva. Non glipiaceva che portassi dei vestiti scollati o chemi intrattenessi a chiacchierare coi giovanot-ti. Un giorno mi disse: « Oggi per la primavolta sono stato geloso degli occhi di mio cu-gino ». Gliene chiesi la ragione. « Perché ioieri non ti ho visto, ed essi invece ti hannovisto » mi rispose. Era un lunedì, e la dome-nica avevo incontrato casualmente suo cugi-no per strada. Un'altra volta mi vidi arrivareun bigliettino dove c'era scritto: « Stavi fa-cendo gli occhi dolci a Pantoja ». Ma gli pia-ceva anche ingelosirmi, per vedere la miareazione. Un giorno venne fuori con un epi-sodio che gli era capitato in tram. Commen-tando il potere e la forza che certe personeposseggono mi raccontò che una volta, fis-sando i capelli biondi di una signora che se-deva davanti a lui, aveva fatto sì che essa sivoltasse e che lo guardasse con insistenza.Capii subito con quale intenzione mi raccon-tava l'episodio, e per molto tempo gli parlaidella signora bionda, fingendo di esserne ge-losa. Lui era deliziato e si adoperava per con-vincermi che la signora bionda non esisteva.Fernando era molto superstizioso, specie coni cani che guaivano. Diceva che quando tor-nava a casa i cani guaivano al suo passaggio,

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e questo significava che c'era qualcosa in luiche li faceva guaire.

La prima lettera

Un giorno in ufficio mancò la luce. Il signorFreitas non c'era e Osório, il piccolo fattori-no, era uscito per una commissione. Fernan-do andò a prendere un lume a petrolio, loaccese e lo collocò sulla mia scrivania. Pochiminuti prima dell'ora di chiusura mi lasciòcadere sulla scrivania un bigliettino dove c'e-ra scritto: « La prego di restare ». Io indu-giai a uscire. Mi ero già accorta dell'interesseche Fernando provava per me e anch'io, loconfesso, provavo una certa simpatia perlui... Mi stavo infilando il cappotto quandoegli entrò nella mia stanza. Si sedette sullamia seggiola, posò il lume che reggeva inmano e proteso verso di me, all'improvviso,si dichiarò come Amieto si dichiara a Ofelia:« Oh! Cara Ofelia! Maneggio male i mieiversi, ho poca arte per misurare i miei sospi-ri, ma ti amo all'estremo! Oh, fino all'ultimoestremo, credilo! ».Naturalmente restai molto turbata, e senzasapere che atteggiamento assumere finii diinfilarmi il cappotto e mi accomiatai frettolo-samente. Fernando si alzò, col lume inmano, per accompagnarmi alla porta. Maimprovvisamente lo posò su una mezza pare-te divisoria e senza che me lo aspettassi miprese per la vita, mi abbracciò e senza dire16

'

una parola mi baciò appassionatamente, fol-lemente.Si riferiscono a quell'episodio i primi versiche egli mi dedicò; versi che purtropposmarrii, ma che non ho mai dimenticato.

Fiquei louco, fiquei tonto,Meus bejos foram sem conto,Apertei-a cantra mim,Enlacei-a nos meus brafos,Embriaguei-me de abracos,Fiquei louco e fot assim.

Da-me beijos, dà-me tantosQue enleado em teus encantos,Preso nos abrafos teus,Eu nào sinta a pròpria vidaNem a minha alma, ave perdidaNo azul-amor dos teus céus.

Boquinha dos meus amores,Lindinha como as flores,Minha boneca que temBracinhos para enla^ar-meE tantos beijos p'ra dar-meQuantos eu Ihe dou também.

Botào de rosa menina,Carinhosa, pequenina,Corpinho de tentacào,Vem morar na minha vida,Da em ti terna guarìdaAo meu pobre coragào...1

\. « Sono ammattito, sono instupidito, / non ho potu-to contare i miei baci, / l'ho stretta contro di me, / l'hoallacciata fra le braccia, / mi sono ubriacato di abbrac-

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Interdetta e confusa andai a casa. Passaronoalcuni giorni e Fernando si comportò comese non fosse accaduto niente, tanto che decisidi scrivergli una lettera chiedendogli spiega-zioni. Ciò dette origine alla sua prima letteradatata 1° marzo 1920. Fu così che cominciòil nostro namoro.1

Il « namoro »

Ci vedevamo tutti i giorni in ufficio dove,come ho già detto, Fernando veniva in quali-tà di traduttore e di amico. Tutto cominciòcon sguardi, bigliettini, messaggi che mi la-sciava di soppiatto sulla scrivania. E anchepiccoli regali che al mattino trovavo nel cas-setto. Conservo ancora qualche biglietto:« Kiss me »; « Dammi un bacetto, vuoi? »;« Non è niente, Bebé geloso, poi te lo dico »;

ci, / sono ammattito, ed è stato così. // Dammi dei baci,dammene tanti / che avvinto nei tuoi incanti, / prigio-niero degli abbracci tuoi, / io non senta neppure lastessa vita / né l'anima mia, uccello perduto / nell'az-zurro-amore dei tuoi cicli. // Boccuccia dei miei amori,/ graziosa come i fiori, / mia bambola che ha / braccineper allacciarmi / e tanti baci da darmi / quanti ancheio gliene do. // Bocciolo di rosa bambina, / tenera, pie-colina, / corpicino di tentazione, / vieni ad abitare nellamia vita, / offri in te tenero riparo / al mio poverocuore... ».1. Namoro è il periodo di relativa intimità che di solitoprecede il fidanzamento ufficiale. Piuttosto che tra-durlo con « flirt », « amoreggiamento » e simili si èpreferito mantenere l'originale.

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eccetera. Forse perché ero molto giovane edi indole scherzosa, Fernando non riuscivaa convincersi che mi piacesse davvero; e melo confessava, come ad esempio in questiversi che un giorno mi mandò:

Os meus pombinhos voaram.Elles pr'a alguem voariam.Eu so sei que m'os tiraram;Nào sei a quem os dariam.

Meus pombinhos, meus pombinhos,Que ja nào tèm os seus ninhosAo pé de mim.Sào assim os meus carinhosMatam-os todos assim!!

Kssendo molto minuta e magrolina (peròavevo braccia e gambe rotondette, una figu-ra graziosa), e dato che non mi truccavo,sembravo ancor più giovane di quanto nonlo fossi. Avevo allora diciannove anni, dun-que fra me e Fernando c'era una differenzadi dodici anni. Lui mi trovava molto diver-tente. Per tenerezza mi chiamava « Bebé »,« Bebé piccolino », « Bébézinho ». Scrisseanche dei versi sul mio aspetto. Eccoli:

O meu amor è pequeno,Pequenino nào o acho.

1. « I miei piccioni sono volati. / Verso qualcuno do-vevano volare. / Io so soltanto che me li hanno tolti; /non so a chi li potrebbero dare. // Piccioni miei, piccio-ni miei, / che non hanno più i loro nidi / accanto a me./ Così sono le mie tenerezze / le uccidono tutte così ».

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Urna pulga deu-lhe um coice,Deitou-o da cama abaixo.l

O anche questi:

Eu tenho um BebéQue èQuanto ao tamanhoAssim:Quanto ao amar que Ihe tenhoestà linha da a volta ao mundoAi de mim!2

Un giorno arrivò in ufficio con un regalo.Era una seggiolina da bambola, alta un pal-mo, di paglia rossa, perché io mi ci sedessi.L'aveva comprata in Praca da Figueira. Midisse: « Quando ci sposeremo comprerò unpanchettino perché tu ci salga sopra per dar-mi un bacio quando io torno a casa. Io entroe faccio: "Non avete mica visto mia moglieda queste parti?". Allora tu ti fai vedere e iodico: "Ah, eri qui! Sei così piccola che non tiavevo visto" ».Era di una delicatezza e di una tenerezza im-mense. Quasi tutti i giorni mi portava un pic-colo regalo che nascondeva nei cassetti dellamia scrivania, come ho già detto, per farmi

1. « II mio amore è piccolo, / piccolino non lo trovo./ Una pulce gli ha dato un calcio, /lo ha buttato giù dalletto ».2. « Io ho un Bebé / che è / quanto alla dimensione /così: / quanto all'amore che gli voglio / questa linea fail giro del mondo / povero me! ».

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una sorpresa quando arrivavo. Un giornotrovai una scatola di fiammiferi con due Mei-guinhos dentro. I Meiguinhos erano una cop-pia di minuscoli bambolotti che andavano dimoda a quell'epoca, un uomo e una donnafatti di fil di ferro ricoperto di seta. Non liposseggo più. Un'altra volta trovai un brac-cialetto di filigrana, che ho sempre usato eche conservo ancora. Infine due scatolinedorate, sempre di filigrana, molto belle. Econservo anche un medaglione di smalto,con due piccoli gatti, che Fernando mi rega-lò perché ci mettessi la sua fotografia, cosache non potei mai fare, dato che l'unica foto-grafia sua che possedevo (com'è noto non glipiaceva affatto farsi fotografare) era moltogrande, non entrava nel medaglione e mispiaceva di sciuparla ritagliandola. Vi misiinvece una fotografia di mio nipote Carlos, evi è ancora.Fernando, che sapeva bene quanto fossighiotta, mi regalava spesso cioccolatini e ca-ramelle. Dentro una scatola di caramelle ungiorno trovai questi versi:

Bombom è um doceEu ouvi dizerNào que isso fosseBom de saberO doce emfimNào è para mim. '

1. « II bonbon è un dolce / l'ho sentito dire / non checiò fosse / buon da sapere / il dolce poi / non è per

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Conservo anche una sua pipa. Fumava pro-prio tanto, pipa e sigarette.Aveva le punte delle dita gialle. Io lo sgrida-vo spesso e per scherzo gli dicevo: « Un gior-no o l'altro ti rubo codesta pipa ». E glielarubai per davvero. Lui trovò la cosa moltodivertente, come del resto trovava divertentetutto quanto facessi o dicessi, e non me lachiese mai indietro. La posseggo ancora.Ci vedevamo tutti i giorni, quando uscivodall'ufficio, quasi sempre davanti alla Libre-ria Inglese in Rua do Arsenal, dove Fernan-do era solito comprare i giornali. E poi ciscrivevamo molto. Di solito le lettere mi era-no recapitate dal fattorino dell'ufficio. Il no-stro fu un namoro semplice, e in certa misurauguale a quello di tutti, sebbene Fernandonon avesse mai voluto presentarsi a casa mia,come sarebbe stato normale per un innamo-rato. Mi diceva: « Sai, devi capire che è unacosa da persone comuni, e io non sono unapersona comune ». Io lo capivo e lo accetta-vo così com'era. Spesso mi diceva anche:« Non dire a nessuno che noi "amoreggia-mo". È ridicolo. Noi ci amiamo ».Passeggiando parlavamo di tutto: delle cosepiù semplici, delle sue aspirazioni, della fa-miglia. Mi ricordo che diceva di essere « si-donista ».' Un giorno scrisse dei versi in ono-

1. Sidónio Pais, maggiore dell'esercito portoghese,già matematico dell'Università di Coimbra, nel 1917,con l'appoggio del partito monarchico, impiantò unadittatura a regime presidenzialista che fu causa digrandi turbamenti sociali. Fu assassinato nel 1918.

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re di Sidónio Pais che mi offrì ma che pur-troppo sono andati perduti, così come sonoandate perdute le altre poesie che prima horicordato. Le sue idee monarchiche eranonote. Tuttavia teneva a specificare: « Io nonsono monarchico, sono talassa.1 Non possopassare davanti al caffè della Brasileiraperché mi aggredirebbero. Passo sull'altromarciapiede, altrimenti mi becco una basto-nata ».

Fernando mi adorava e aveva degli improv-visi momenti di passione che mi spaventava-no ma che contemporaneamente mi lusinga-vano. Per esempio, un giorno che suo cuginoera uscito entrò nella mia stanza. Senza direuna parola mi prese in braccio, mi portò nel-la stanza accanto, mi mise su una sedia e siinginocchiò ai miei piedi dicendomi le piùgrandi tenerezze. Un'altra volta, mentre era-vamo alla fermata del tram in Rua de SàoBento, mi spinse dentro un portone. Lì perlì non capii che cosa stesse succedendo, pen-sai anzi che magari, data la sua timidezza,avesse notato una persona conosciuta e vo-lesse evitare che fossimo visti insieme. E in-vece, senza che me lo aspettassi, mi abbracciòcon forza e mi baciò: un bacio lunghissimo,

1. Così, dall'omonima parola greca che apriva un ap-pello inviato dal Brasile ai monarchici portoghesi, sie hiamarono i partigiani di Joào Franco, presidente delConsiglio nel 1906 e autore di un colpo di stato alquale mise fine il regicidio del 1908.

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veramente lunghissimo. Oppure, non so, ca-pitava che stessimo parlando con tutta calmae all'improvviso mi dicesse una cosa che nonc'entrava niente, per esempio: « acido solfo-rico ». Ma detto con una grande passione.Fra il marzo e l'aprile di quell'anno lasciaigli uffici « Felix & Valladas » e mi impiegainella ditta « C. Dupin », nel Cais do Sodré.1Tutti i giorni Fernando mi accompagnavadal Cais do Sodré fino a casa di mia sorella,nel Rossio. I miei genitori vivevano in Ruados Poiais de Sào Bento, angolo Rua Caeta-no Palha, ma io passavo gran parte del miotempo in casa di mia sorella maggiore, cheaveva venti anni più di me. Mi trattava comeuna figlia, mi adorava, e poiché aveva ununico figlio (il futuro poeta Carlos Queiroz)apprezzava moltissimo la mia compagnia. Eanch'io, data la mia giovane età e la mia in-dole allegra, preferivo stare da lei piuttostoche a casa mia. Mia madre, poveretta, stavagiorni interi senza vedermi, finché presa dal-la nostalgia non mi pregava di fare ritorno.Nei periodi in cui restavo a casa mia, io eFernando combinavamo un'ora perché iostessi affacciata alla finestra quando lui pas-sava, per poterci almeno vedere. Mi mettevoalla finestra all'ora convenuta e lo vedevo ar-rivare. Passava sul marciapiede di ^fronte,con fare indifferente, con la discrezione chelo caratterizzava, e di nascosto mi faceva del-

1. Piazza di Lisbona, di fronte all'omonimo molo, sulporto, dove c'è la stazione della piccola linea ferrovia-ria Lisbona-Cascais.

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le piccole smorfie e mi tirava baci. Poi scen-deva per la via (pare impossibile, per unuomo come lui...) salendo e scendendo i gra-dini di ogni porta a saltelli, perché io mi di-vertissi. E poi il lunedì, quando ci vedevamo,commentavamo la scena e ridevamo comematti.Fernando di solito era molto allegro. Ridevacome un bambino e trovava sempre il latodivertente delle cose. Soleva dire: « Hai sen-latito? », invece di « hai sentito? ».1 Quandousciva per farsi lucidare le scarpe mi diceva:« Vengo subito, vado un attimo a lavarmi ipiedi dall'esterno ». Un giorno mi mandòquesto biglietto: « II mio amore è piccolino,ha le mutande color rosa ». Io mi arrabbiai.All'uscita dell'ufficio gli dissi con aria offesa:« Fernando, come può sapere se le mie mu-tande sono rosa, lei non le ha mai viste... »(ci davamo sia del lei che del tu). E lui mirispose ridendo: « Non ti arrabbiare, Bebé,tutte le bebé piccoline hanno le mutanderosa ».Poco tempo dopo cambiai di nuovo lavoro.Mi impiegai come traduttrice in una ditta dimateriale di aviazione che aveva sede a Be-lém.2 Fernando veniva a prendermi tutti igiorni e conversavamo durante tutto il per-corso del tram. A quel tempo era moltopreoccupato, perché doveva traslocare da

. In originale ouvìstaste invece di ouviste.- Quartiere alla periferia ovest di Lisbona, dove è

l'omonima torre manuelina che domina la foce del' lago.

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Benfica per una casa in Rua Coelho da Ro-cha, all'Èstréla. Sua madre, che viveva nelTransvaal con le sorelle, lo aveva incaricatodi trovare loro una casa a Lisbona, e lui do-veva occuparsi di tutto da solo.È noto che Fernando era molto solo. Spessonon aveva chi si interessasse di lui, ed egli sene lagnava. Era veramente molto innamora-to di me, posso affermarlo, e aveva una ne-cessità enorme della mia compagnia, dellamia presenza. In una lettera mi dice: « Nonpuoi immaginare la nostalgia di te che provoin questa circostanza di malattia, di abbatti-mento e di tristezza ». E lo dimostra questaquartina che scrisse per me:

Quando passo um dia inteirosem ver o meu amorzinhocobre-me um frio de Janeirono Junho do meu carinho.1

Nel maggio del 1920 la compagnia dei tramproclamò uno sciopero di alcuni giorni e cosìdovemmo andare a Belém in treno. Affinchèmio padre non si accorgesse di niente, ioprendevo il treno a Santos, e Fernando alCais do Sodré. Avevamo tutto il tempo delviaggio per conversare (non dico « amoreg-giare », perché a Fernando non piaceva laparola). Quando lo sciopero terminò ripren-demmo il nostro solito tram, ma siccome aFernando il percorso pareva troppo breve,

1. « Quando passo un giorno intero / senza vedere ilmio amore / mi copre un freddo di gennaio / nel giu-gno della mia tenerezza ».

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una volta mi disse scherzando: « E se finges-simo di sbagliarci e prendessimo un tramper il Poco do Bispo? ».L'ufficio dove lavoravo fu trasferito in RuaMorais Soares, e così Fernando cominciò avenirmi a prendere là. In quel momento luilavorava come corrispondente commercialenella ditta Toscano, in Rua de Sào Paulo. Vilavorava anche la domenica mattina, e di lìmi telefonava. Però a Fernando non piacevaaffatto parlare al telefono.Per poterci vedere anche la domenica, io, in-vece di andare a messa alla chiesa di San Do-mingos, come ero solita fare, cominciai adandare alla chiesa della Conceicào Velha,perché così Fernando (lui non veniva a mes-sa, era credente ma non praticante) mi ac-compagnava a casa e avevamo più tempo perconversare strada facendo. Molte volte michiese di uscire anche il pomeriggio, me lochiede perfino in una lettera; ma non fu maipossibile. I miei genitori, specie mio padre,che era all'oscuro di tutto, erano molto seve-ri, e non mi era facile trovare un pretestoper uscire.l'ornando era una persona molto speciale.Tutta la sua maniera di essere, perfino nelvestire, era speciale. Ma forse io allora nonme ne accorgevo, perché ero troppo inna-morata. La sua sensibilità, la sua tenerezza,la sua timidezza, la sua eccentricità mi incan-lavano. A volte era un po' assente, ad esem-pio quando si presentava come Alvaro de( lampos. Mi diceva: « Sai, oggi non ero io, almio posto è venuto il mio amico Alvaro de

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Campos... ». In quei momenti si comportavain un modo completamente diverso dal suo:era sconclusionato, diceva cose senza senso.Un giorno mi disse: « Gentile signorina, houna commissione per lei: dovrebbe buttarel'abietta immagine di quel tale FernandoPessoa in un secchio pieno d'acqua, a testain giù ». Io gli obiettai:« Detesto Àlvaro deCampos, mi piace solo Fernando Pessoa ».« Chissà poi perché, » riprese lui « guardache invece a Campos piaci molto ».Raramente parlava di Caeiro, di Reis o diSoares.

Fernando, specialmente quando era giù dimorale, non riusciva a credere che io loamassi. In una lettera mi dice: « Se non puoiamarmi, fingilo, ma fingilo così bene che ionon possa accorgermene ». E in questa quar-tina:

O meu amorja nào me querJa me esquece e me desamaTào pouco tempo a mulherLeva a provar que nào ama. l

Un giorno, passeggiando per la Calcada daEstréla, mi disse: « II tuo amore per me ègrande come quell'albero ». Io finsi di noncapire. « Ma non c'è nessun albero... ». « Ap-

1. « II mio amore più non mi vuole / già mi scorda enon mi ama / così poco tempo la donna / impiega aprovare che non ama ».

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punto » mi rispose. Un'altra volta mi disse:« II tuo amore per me è quasi carità cristia-na. Sei così giovane e graziosa, e io così vec-chio e brutto ».Un altro episodio. Il compleanno di Fernan-do era il tredici di giugno, giorno di santoAntonio (lui diceva di chiamarsi Fernandoperché il nome secolare di santo Antonio eraIbernando Bulhào), e il mio compleanno erail quattordici. C'è un errore anagrafico sulmio certificato di nascita, perché risulto natail diciassette. A proposito della differenzadel nostro compleanno, Fernando commen-tava: « Meno male che non compiamo glianni nello stesso giorno, perché le coppieche sono nate nello stesso giorno non sonoI dici ». E citava come esempio il caso di reDon Carlos e di Donna Amelia.1

Fernando era estremamente riservato. Par-l. iva pochissimo della sua vita intima; noniivcva neppure un vero amico intimo (a quelIcinpo Sà-Carneiro era già morto).2 In unalei i era mi dice: « Non c'è nessuno che sappiadel mio amore per te, perché non mi sonoi rinlìdato con nessuno ».I i n a persona che frequentava molto all'epo-

I I >on Carlos de Braganga, penultimo re portoghese,I n .issassinato assieme al figlio in una piazza di Lisbo-n.i nel 1908.' M.i rio de Sà-Carneiro, grande amico di Pessoa,

< • • . ) M inclite di punta del primo Modernismo portoglie-li morto suicida a Parigi nel 1916, a ventisei anni.

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ca, e presso cui soleva cenare una volta lasettimana, era Lobo d'Avila,1 che viveva inPraga Rio de Janeiro, oggi Principe Real. Glialtri erano solo amici di caffè. Ci sono varieprose di Fernando che dicono quanto eglifosse riservato: « Ho la necessità di nascon-dere il mio intimo agli sguardi ». Oppure:« Non voglio che nessuno sappia ciò che sen-to ». E ancora: « Fernando Pessoa sente lecose ma non si muove, neppure dentro disé ».

Il nostro namoro durò fino al novembre del1920. La sua ultima lettera porta la data del29 di questo mese. Piano piano egli si allon-tanò da me, fino a che cessammo completa-mente di vederci. E non ci fu una ragioneconcreta. Egli stette alcuni giorni senza farsivedere e senza scrivermi, perché diceva chenon si sentiva la testa a posto e voleva ricove-rarsi in una clinica psichiatrica.Ci incontrammo ancora, per caso, due o trevolte, ma non ci parlammo neppure.

I I percorso più lungo per accompagnare Ophehadall'ufficio a casa, disegnato da Pessoa(in margine l'annotazione « strategia »)

// ritratto

Passarono nove anni. Un giorno mio nipoteCarlos Queiroz portò a casa quella famosa

1. Si tratta con probabilità di Artur Eugenio Lobod'Avila, scrittore e giornalista portoghese nato nel1856 e morto nel 1945.

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fotografia di Fernando, scattata da ManuelMartinho da Hora, che lo ritrae mentre beveun bicchiere di vino nella mescita Abel Perei-i a da Fonseca. C'era questa dedica: « Carlos,questo sono io da Abel, cioè ormai vicino alParadiso Terrestre, d'altronde perduto. Fer-nando, 29.9.29 ». Mi piacque molto, come ècomprensibile, e dissi a mio nipote che avreivoluto averne una anch'io. Carlos lo riferì al'ornando, che qualche giorno dopo me nemandò una uguale con questa scritta: « Fer-nando Pessoa in flagrante delitro ».( Mi scrissi per ringraziarlo ed egli mi rispose.Ricominciammo allora il nostro namoro. Erail 1929. Io in quel momento non lavoravo|>iù e vivevo in casa di mia sorella. FernandoCHI diverso. Non soltanto tìsicamente (eraabbastanza più grasso), ma principalmentenel modo di essere. Era sempre nervoso, vi-veva ossessionato dalla sua opera. Spesso mi« l i c e v a di avere paura di non potermi fare(elice, a causa del tempo che doveva dedica-ic alla sua opera. Un giorno mi disse: « Dor-ino poco e con un foglio e una penna suli omodino. Durante la notte mi sveglio e scri-vo, ho necessità di scrivere, sarebbe una sec-( adira per te, non potresti neanche dormireir.mquillamente ». E poi temeva di non po-Icrini offrire il livello di vita al quale ero abi-tua ta . Non voleva lavorare tutti i giorni, per-« he voleva anche delle giornate per sé, per1.1 sua vita privata, che era la sua opera. Si( e «meritava, per vivere, dell'essenziale; il re-,«tlo gli era indifferente. Non aveva ambizionine vanità. Era semplice e leale. Mi diceva:

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« Non dire mai a nessuno che sono un poeta.Tutt'al più faccio dei versi ».Fu solo allora che Fernando cominciò a fre-quentare la mia casa, ma in qualità di amicodi mio nipote Carlos, col quale si trovavamolto bene. Entrava, salutava timidamentee ci mettevamo tutti e tre in salotto a conver-sare. Parlavamo di poesia, di libri, di amicicome Sà-Carneiro e Antonio Botto.1 Sebbe-ne la sua tenerezza per me fosse immutata,io sentivo che lui era cambiato. Del resto nonrisposi alle sue ultime lettere perché non c'e-ra niente da rispondere. Non valeva la pena.Sentivo che erano lettere senza risposta.Forse per un'altra donna non sarebbe statopossibile avere un amore con Fernando. Maio lo capivo. Lo capivo e mi piaceva. Nonavvertivo neppure ciò che poteva esserci diridicolo nelle sue eccentricità.Continuammo a vederci e a scriverci fino algennaio del 1930. A quel tempo Fernandomi diceva costantemente di essere pazzo. Delresto basta leggere le sue ultime lettere percapire in quale stato di spirito si trovasse.Penso che mi amasse ancora. Credo che noncessò mai di pensare a me, neanche durantequei nove anni in cui non ci vedemmo. Unavolta mi disse: « A volte accadono cose incre-dibili. Avevo una grande nostalgia di te.Avrei voluto rivederti. Come sai io passavosempre dalla Rua Augusta, e un giorno deci-

si di passare dalla Rua do Ouro, nella spe-ranza di incontrarti. Ebbene, non ti incon-trai, ma incontrai tua sorella. Le chiesi di te,ti mandai il mio ricordo attraverso di lei: eciò mi dette un po' di consolazione ».Anche dopo aver cessato completamente divederci e di scriverci, continuammo a scam-biarci gli auguri di buon compleanno per te-legramma. L'ultimo che ricevetti è del 1935,anno della sua morte.Un giorno suonarono alla porta e la came-riera ritornò con un libro. Era Mensagem,con una dedica di Fernando. Quando chiesialla ragazza chi lo avesse portato, capii dallasua descrizione che era venuto lui stesso.Corsi alle scale, ma con mio grande dispiace-re non riuscii a vederlo. Poco prima che mo-risse, mio nipote Carlos lo incontrò al Mar-l i nho da Arcada e Fernando gli chiese comeslavo. Poi gli strinse le mani con forza e congli occhi pieni di lacrime gli disse: « Che ani-ma bella! Che anima bella! ».

(La presente testimonianza è stata raccolta e tra-filila dalla nipote della Signora Queiroz, Mariada Graga Queiroz, alla quale si deve anche latrascrizione delle lettere di Pessoa).

1. Antonio Botto (1897-1959), finissimo poeta di gu-sto estetizzante, sul quale Pessoa scrisse un saggio cri-tico molto discusso.

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I,'unico volume di versi in portoghesevita da Pessoa, nel 1935.

icato

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LETTERE DI FERNANDO PESSOA

1920

1° marzo 1920Ophelinha,per mostrarmi il suo disprezzo, o se non al-tro la sua effettiva indifferenza, non era ne-cessario il palese camuffamento di un discor-so così lungo, né tutta la serie di « ragioni »così poco sincere e convincenti che lei mi hascritto. Bastava dirmelo. Perché così ho com-preso ugualmente, ma mi ha addolorato dipiù.Se preferisce a me il giovanotto che la cor-Icggia e che evidentemente le piace molto,come posso avermene a male? Lei, Opheli-nha, può preferire chi vuole: non è certo ob-bligata ad amarmi, né deve (a meno che nonoglia divertirsi) fingere di amarmi.hi ama davvero non scrive lettere che sem-

hi ano requisitorie avvocatesche. L'amore nonstudia così tanto le cose, né tratta gli altritome rei da « incastrare ».Perché non è franca con me? Che gusto pro-

a far soffrire chi non le ha fatto alcunmale - né a lei né a nessun altro —, chi sente

là fin troppo il peso e il dolore della propria/ila isolata e triste senza che altri debbano

,111 meritarli creando false speranze, mostran-do finti affetti? E a quale prò, poi, con quale

>po?Riconosco che tutto ciò è comico, e la partepiù comica di tutto sono io. Io stesso trovereiLi cosa divertente, se non la amassi tanto e se

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avessi tempo per pensare ad altro e non allasofferenza che lei gode nel causarmi senzache io, se non per il fatto di amarla, me lomeriti: e sono fermamente convinto cheamarla non è ragione sufficiente per merita-re simile sofferenza.Le mando il « documento scritto » che michiede. La mia firma è autenticata dal notaioEugenio Silva.

Fernando Pessoa

rispondere a quanto mi chiede, le altre cose,mio amoruccio caro (speriamo che Osórionon stia a guardare), dovrei scriverti moltodi più, e non posso.Scusami, sì?

Fernando Pessoa

18 marzo 1920

Le sono molto grato per la sua lettera. Hopassato dei momenti molto spiacevoli permotivi che può immaginare. Per di più sonodue notti che non dormo, poiché l'angina miprocura una costante salivazione, e mi succe-de stupidamente di dover sputare ogni dueminuti, il che non mi lascia riposare. Ora misento al contempo un po' meglio e un po'peggio di stamani: la gola mi brucia di meno,ma in compenso ho la febbre, che al mattinonon avevo. (La prego di notare che questalettera è scritta nello stesso stile della sua,perché Osório è qui accanto al letto, dove iosto scrivendo, e naturalmente ogni tantobutta un'occhiata su ciò che scrivo).Non mi è possibile scrivere di più, a causadella febbre e del mal di testa che ho. Per

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19 marzo 1920alle 4 del mattino

Amore mio, mio caro Bebé,sono le quattro circa del mattino e, nono-si ante abbia il corpo dolorante e avido di ri-poso, desisto definitivamente di cercare didormire. Sono tre notti che mi succede lasicssa cosa, ma oggi veramente è stata unadelle più orribili che ho passato in vita mia.fortunatamente per te, amore mio, nonpuoi immaginarlo. Non si trattava soltantodell'angina, con quella stupida necessità didover sputare ogni due minuti, che mi impe-diva il sonno. Il fatto è che, anche senza feb-bre, deliravo, mi sentivo impazzire, avevovoglia di gridare, di gemere a voce alta, diI .ne mille cose insensate. Questo dipendenon solo dall'influenza diretta del malesseredovuto alla malattia, ma perché ieri ho pas-s.uo la giornata afflitto per via delle cose, chei u n i si risolvono, relative all'arrivo della miaI.muglia. E oltretutto ho appreso da mio cu-

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gino, che è venuto a trovarmi alle sette emezzo, una serie di notizie sgradevoli chenon mette conto raccontarti, perché per for-tuna, amore mio, non hanno niente a chefare con te. E infine c'è il fatto di essermiammalato proprio in una circostanza in cuiho tante cose urgenti da fare, cose che nonposso delegare ad altri.Capisci, mia piccola adorata, qual è lo statodi spirito in cui ho vissuto in questi giorni,soprattutto questi ultimi giorni? E non im-magini la nostalgia folle, la nostalgia costanteche ho avuto di te. Ogni volta la tua assenza,anche solo da un giorno all'altro, mi prostra.Ed ecco che mi capita di non poterti vedereper tre giorni di seguito!Dimmi una cosa, amore mio: perché nellatua seconda lettera, quella che mi hai man-dato ieri per Osório, fai capire di essere cosìabbattuta e triste? Capisco che tu possa averenostalgia della mia presenza: ma ti riveli diun nervosismo, di una tristezza e di un ab-battimento tali che la tua lettera mi ha pro-curato un grande dolore. È successo qualco-sa, amore mio, oltre alla nostra separazione?Ti è successo qualcosa di peggio? Perchéparli in un tono così disperato del mio amo-re, come se tu dubitassi di esso, quando nonne hai nessun motivo?Sono totalmente solo, posso ben dirlo, datoche le persone di questa casa (che comunquemi hanno curato benissimo) mi trattano conperfetta formalità, e appaiono durante ilgiorno solo per portarmi una tazza di brodo,il latte o le medicine; e non mi fanno nessu-

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na compagnia: né era da aspettarselo. Perciòa quest'ora della notte mi pare di essere inun deserto. Ho molta sete e non c'è nessunoche mi possa dare qualcosa. Mi sento impaz-zire per la solitudine, e non c'è nessuno chemi possa vegliare un po' mentre io tento diaddormentarmi.Ho molto freddo. Mi corico un po' per finge-re di riposarmi. Non so quando ti manderòquesta lettera o se aggiungerò ancora qual-cosa. Ah, mio amore, mio Bebé, mia piccolabambola, potessi averti con me! Molti, molti,molti, molti, molti baci dal tuo, sempre tuo

Fernando

ore 9 del mattino

Mio caro piccolo amore,è stato davvero un toccasana l'averti scrittoquanto sopra. Subito dopo mi sono coricatosenza nessuna speranza di addormentarmi,e invece ho dormito tre o quattro ore filate.Non molto, ma non puoi sapere il bene chemi ha fatto. Mi sento molto più sollevato. Esebbene la gola sia ancora infiammata e gon-lia, il fatto che le mie condizioni generali sia-no così migliorate significa, credo, che la ma-lai t ia sta passando.Se il miglioramento si accentua, forse oggistesso vengo in ufficio, ma senza trattener-i i i id molto; e allora io stesso ti consegnerò lapresente. Spero molto di poter venire, anche

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perché ho delle faccende urgenti da sbrigareche posso trattare stando in ufficio pur senzaspostarmi in giro per la città. Di qui, tuttavia,mi è impossibile occuparmene.Addio, mio angioletto Bebé. Ti ricopre dibaci pieni di nostalgia il tuo, sempre sempretuo

Fernando

19 marzo 1920

Mio Bebé piccolo (e attualmente molto cat-tivo),

accludo qui la tua lettera, che ti avevo man-dato a casa attraverso Osório. Spero di po-tertele consegnare entrambe domani, quan-do verrò ad aspettarti all'uscita degli ufficiDupin.Quanto all'informazione che ti hanno datosu di me, non solo voglio ripeterti che è inte-ramente falsa, come dirti anche che la « per-sona rispettabile » che ha dato questa infor-mazione a tua sorella o si è inventata tuttoquanto e dunque, oltre che bugiarda, è paz-za; oppure che questa persona non esiste etua sorella se l'è inventata (non dico che ab-bia inventato la persona, ma che abbia inven-tato che una certa persona abbia detto unacosa che nessuno poteva dirle).Senti bene, amore mio: è sempre un errore,

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in queste cose, pensare che gli altri sono stu-pidi.Su questa tale « persona » e su quanto di leimi hai detto (naturalmente perché te lo han-no riferito), avrei due osservazioni da fare:1. che essa « sa » che io sono innamorato dite; 2. che « sa » che sono innamorato di tecon idee poco serie.Ora, cominciamo da questo: nessuno può sa-pere se io sono innamorato di te, perché io nonho mai fatto confidenze a nessuno. Suppo-niamo tuttavia che questa « persona rispetta-bile » non « sappia » ma immagini che iosono innamorato di te. Poiché la sua immagi-nazione deve pure basarsi su qualcosa, que-sta persona avrebbe colto qualche nostrosguardo, o avrebbe notato qualcosa fra noi(diciamo meglio, in questo caso, qualcosa dimio verso di te). Ciò significa che si tratta diuna persona di questo ufficio, o che lo fre-quenta con una certa assiduita, oppure chericeve informazioni da chi viene qui assidua-mente. Ma, per potere affermare, in base adaffermazioni altrui, che io sono innamoratodi te, questa tale persona, se non è qualcunoche frequenta quest'ufficio, può essere sol-in rito qualche familiare di mio cugino (a cuiegli abbia eventualmente confidato « sospet-t i » sul mio amore per te), oppure un fami-liare di Osório.Tutte queste sono supposizioni, e anche que-

sf idea che si tratti di un familiare di qualcheimpiegato del mio ufficio significa concederetroppo al fatto che qualcuno sappia che iosono innamorato di te.

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Ma se non c'è praticamente nessuno (nessu-no che lo sappia dalle mie confidenze, quasinessuno che possa « immaginarlo ») che sap-pia con certezza che io sono innamorato dite, tanto meno c'è nessuno — be', proprionessuno — che possa dire che io sono inna-morato di te con idee poco serie. Per direquesto sarebbe necessario essere dentro ilmio cuore; e anche così, bisognerebbe esseremiopi, perché si tratta di una grande scioc-chezza.Quanto infine alla « donna » che io ho, senon te la sei inventata tu per allontanarti dame, dovresti porre le seguenti domande allarispettabile persona (ammesso che esista) cheha informato tua sorella:1. Che donna è?2. Dove ho vissuto o dove vivo con lei, edove la incontro (ammettendo che siamodue amanti che viviamo separati), e da quan-to tempo la conosco?3. Qualsiasi altra informazione concernentequesta « donna ».Se tutta quanta la storia non è una tua inven-zione, ti garantisco che assisterai a una « riti-rata » immediata della persona che ti ha datoqueste informazioni; « ritirata » di tutti colo-ro colti in menzogna. E se la cosiddetta « per-sona rispettabile » avesse la sfacciataggine difornire dei dettagli, basterà che tu li verifi-chi. Vedrai che è tutta una menzogna, dalprincipio alla fine. Ah, questa è certo unatrama — infame e, come molte cose infami,molto stupida - per allontanarmi da te! Dachi partirà tutto questo? Oppure non si trat-4(ì

ta di nessuna trama, ma semplicemente diun alibi che tu stai cercando per allontanartida me? Che ne so... Suppongo qualsiasi cosa;ho il diritto di supporre qualsiasi cosa.Ma francamente meriterei di essere trattatomeglio dal Destino di quanto non sia tratta-to: dal Destino e dalle persone.Vediamo se riesco a farti pervenire questalettera oggi stesso, con qualche pretesto. Seno, te la darò domani, quando ci troveremoqui a mezzogiorno e mezzo. Leggi attenta-mente anche la lettera che ti ho scritto sta-inani all'alba e che non ti ha trovato, perché( Xsório te l'ha portata a casa proprio mentrein venivi qui. Vedi un po' cosa significa scri-vere una lettera e ricevere in risposta unaserie di notizie e « scherzi » come quelli chemi hai dato.l'.S. Ma poi quale sarà la verità in tutta que-Nla storia? Comincio a diffidare di tutto e di

(Iosa significa il fatto che non volevi anda-re... e poi invece sei andata... nella ditta Du-pli i? Perché all'improvviso decidi di fare confi-denze a tua sorella?

iomincio a non capire bene...ioinincio a non sapere quel che pensare.

Fernando

l'.S. I F . Ancora una cosa: se la tale « personarispettabile » esiste (cosa di cui dubito), cercaih capire quali fini personali può avere pera l i i intanarmi da te. Vedi se non ci siano, al-meno, ragioni di amicizia verso qualche altro

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tuo pretendente. Ma sicuramente, quanto aesistenza reale, questa « persona rispettabi-le » deve essere parente del signor Grosse.1Ti aspetto domani in ufficio all'ora stabilita.Ah, amore mio, amore mio: sei forse tu chemi vuoi sfuggire per sempre, o qualcuno chesi oppone al nostro amore?Tuo, sempre tuo

Fernando

20 marzo 1920

Mio Bebé, mio piccolo caro Bebé,senza sapere quando ti consegnerò questalettera, ti sto scrivendo in casa, oggi, domeni-ca, dopo aver finito di sistemare le mie coseper il trasloco di domani mattina.Ho di nuovo il mal di gola, piove, sono lonta-no da te: e questo è quanto ho per consolar-mi oggi, con la prospettiva della grande sec-catura del trasloco, forse sotto la pioggia ein questo stato di salute, in una casa dovenon c'è anima viva.Quello che ho intenzione di fare (a menoche non mi senta completamente rimesso esistemi le cose in qualche modo), è di andare

1. A.A. Grosse è il nome col quale Pessoa partecipòper lungo tempo ai concorsi sciaradistici del « Times »di Londra.

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chiedere ospitalità, alla Baixa, a Marianoe Sant'Anna, che oltre a ricevermi di buonrado, mi cura la gola con competenza,ome ha fatto il 19 u.s. quando ho avuto Tai-ra angina.

Non puoi immaginare la nostalgia di te cheprovo in questa circostanza di malattia, diabbattimento e di tristezza. L'altro giorno miè parso (e credo di averne buoni motivi) chel'argomento ti annoiava, che ti interessavapoco. Io capisco perfettamente come, go-dendo di buona salute, tu abbia poca pazien-za per quello che possono soffrire gli altri,anche quando questi « altri » sono, ad esem-pio, io, che dici di amare. Capisco che unapersona malata è seccante, che non è facilesentire tenerezza per lei. Ma io ti ho chiestosolo di fingere un po' di tenerezza, di simulareun po' di interesse per me. Almeno non miaddolorerebbe tanto come la mistura del tuointeresse per me e della tua indifferenza peril mio stato di salute.Domani e dopo, con i due traslochi e la ma-l. i l l ia , non so quando ti vedrò. Conto di ve-derti domani all'ora indicata — alle 8 di serao dopo. Vedrò però se mi sarà possibile tro-varti a mezzogiorno (anche se mi pare diffi-cile), perché alle 8 chi si sente come mi sentoio dovrebbe essere a letto.Ciao, amore. Fa' il possibile per volermi bene,nei sentire le mie sofferenze, per desiderarela mia salute: o almeno, cerca di fingerlo.Molti, molti baci dal tuo, sempre tuo, mainolio abbandonato e desolato

Fernando

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22 marzo 1920

Mio Bebé angioletto,

non ho molto tempo per scriverti, né avreiin verità, mio piccolo amore cattivo, moltecose da dirti che non possa dirti assai megliodomani, a voce, durante il tempo, purtroppobreve, che dura il tragitto da Rua do Arsenalfino a casa di tua sorella.Non voglio che tu ti preoccupi; voglio veder-ti allegra, come è tua natura essere. Promet-timi di non preoccuparti, o di fare il possibileper non lasciarti preoccupare. Non hai nes-suna ragione di preoccuparti, credilo.Senti, piccolo Bebé... Nei tuoi voti chiedi unacosa, che prima mi sembrava impossibile,per via della mia poca fortuna, ma che orami pare più - molto di più - possibile. Chie-di che il signor Grosse azzecchi un grossoconcorso — un premio di mille sterline — acui ha partecipato. Non puoi immaginarequanto sarebbe importante per noi se ciò siverificasse! E poi, guarda, ho visto nel gior-nale inglese che ho ricevuto oggi che egli siè già trovato a una sterlina di quota in unconcorso in cui le sue sorti erano piuttostoscarse; tutto è dunque possibile. Attualmen-te egli è dodicesimo su circa 20.000 (ventimila)concorrenti. È dunque proprio impossibilec l i c un giorno arrivi al primo posto? Ah, seciò potesse succedere, mio piccolo amore, eproprio in un concorso di quelli grossi (da

r>o

mille sterline, e non da trecento, che non ri-solverebbero niente)! Capisci?Sono tornato da poco dall'Estréla, dove eroandato a vedere quel 3° piano da 70.000 reis(per la verità, dato che al 3° non c'era nessu-no, ho visto il 2°, che ha naturalmente glistessi vani). Alla fine ho deciso di fare il cam-bio. È una casa più che buona, magnifica! Èpiù che sufficiente per mia madre, fratelli,infermiera e zia; e per me (ma per questopunto ho un'altra cosa da dirti, e te la diròdomani).( liao, amore. Non ti scordare del signor Gros-se, va bene? Pensa che egli ha molta amiciziafn'r noi e può esserci (a me e a te) molto utile.Molti baci di tutte le misure dal tuo, sempret u o

Fernando

23 marzo 1920

Mio caro Bébézinho,< > H g i , praticamente con la certezza che Osó-i io non ti potrà vedere, poiché, oltre che do-v i - i aspettare Valladas in ufficio deve anchepollare lo zucchero a casa di mio cugino, èi | i i ; i s i inutile che io ti scriva. Ad ogni modoI» 11 lo giù queste righe nell'ipotesi di riuscire

lar t i pervenire la lettera. Per fortuna l'in-i i i rii/ione che abbiamo poco fa subito è ca-

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pitata proprio alla fine della nostra conversa-zione, quando stavamo per salutarci. Difattiè stato proprio per evitare questo tipo di in-terruzioni che io oggi ho scelto di fare il per-corso che abbiamo fatto. Domattina ti aspet-to alla stessa ora, d'accordo, Bebé?Non mi rassegno all'idea di doverti scrivere.Vorrei parlarti, averti sempre accanto, e chenon fosse necessario scriverti lettere — le let-tere sono segni di separazione — o almenosegni, per la necessità di scriverle, del fattodi essere lontani.Non ti stupire di una certa laconicità dellemie lettere. Le lettere le uso con le personealle quali non mi interessa parlare; a costoroscrivo volentieri. A mia madre, ad esempio,non ho mai scritto volentieri proprio perchéle voglio molto bene.Vorrei che tu lo capissi, che tu sapessi ciòche sento e penso a questo proposito, inmodo da non ritenermi freddo, secco, indif-ferente. Non lo sono proprio, mio Bebébambinello, mio cuscinetto rosa da trafigge-re di baci (che grande sciocchezzai).Ti mando un gingillino cinese. E ciao, a do-mani, angelo mio. Un casamento intero dimigliaia di baci dal tuo, sempre tuo

Fernando( )sói io ti porta il gingillino cinese in una sca-tola di fiammiferi.

24 marzo 1920

Mio caro piccolo amore,oggi sono stato occupatissimo, sia in ufficioche fuori. Ti mando giusto due righe perprovarti che non ti dimentico (come se fossetacile dimenticarti).Si ai a sentire: faccio il trasloco da Benficaall'Estréla la mattina del 29 prossimo. Ciò si-gnifica che domenica prossima non ci vedre-mo, dato che passerò la giornata in Benfica.1 lare bagagli, perché certamente non avròlempo di farlo durante gli altri giorni dellasettimana.Sono stanchissimo, e ho ancora varie cose dalare. Sono le cinque e mezzo, mi informa( Xsório.Si usami se non ti scrivo di più, va bene? Dò-inani, alla stessa ora, ci vedremo e parle-remo.[lino, mio amore piccolino.lolti baci dal tuo, sempre tuo

Fernando

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25 marzo 1920

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Mio caro piccolo amore,'^i ho passato una giornata vagante, non

ho un posto mio; voglio dire che sono anda-53

to per tutto il santo giorno dal Martinho daArcada al Martinho di Largo Camòes e vice-versa. È una cosa molto seccante (oltre chedispendiosa) per chi non ha più l'abitudine,e neanche più il gusto, di passare la vita neicaffè.Vedremo come riuscirò a sistemare la miavita, per non continuare in questi andirivie-ni. E tutto per via della ditta Félix Valladase Freitas, visto che il Valladas evidentementenon vuole che io mi sistemi là, la casa in par-te è sua, e mio cugino non ha il coraggio diimporsi, o almeno di opporsi. Insomma, tiho già spiegato tutto...Spero di poter affidare questa lettera a Osó-rio, affinchè te la porti oggi stesso. Speriamonon ci siano complicazioni.Senti, piccola Ophélia, non si potrebbe tro-vare il modo, il tempo e l'ora di vedersi unodi questi giorni, in maniera da poter parlareun po' più del solito quarto d'ora che abbia-mo nel nostro percorso dal Corpo Santo finoalla casa di tua sorella? Domani, quando citroviamo, vedi se trovi il modo di darmiqualche suggerimento a questo proposito.Mi sento ancora stanco, ma ora è la stupidiistanchezza di non aver fatto niente tutto ilgiorno. Non è che abbia perso la giornata,visto che ho avuto una conversazione impoitante (questioni d'affari) con un mio amico.Ma sono stanco, e di tutto quello che avreidovuto fare non ho fatto quasi niente. Ve-diamo se oggi riesco ad andare a Benfica mipo' prima, per cominciare a preparare Ircose per il trasloco. Sarebbe splendido se 11

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potessi vedere domenica, il pomeriggio, peresempio.Ciao, amore mio. Baci, bacini, bacioni, ba-ciotti, bacetti e bacettini dal tuo, sempre tuo

Fernando

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26 marzo 1920

I io caro piccolissimo Bebé,hi i trovo al Martinho da Arcada, sono le 3 e[tuv.zo del pomeriggio, e la mia giornata è

completata », nel senso che ho fatto tuttef cose di una certa importanza che dovevo

line prima delle 6 (dico prima delle 6, per-ché dopo devo occuparmi di altri problemi

jtlla Kstréla).1 hinque, circa un'ora fa sono passato dall'uf-l u i o postale di Rua de Santa Martha, doveli . inno trasferito le caselle postali. Per il si-uno r Crosse non c'era niente (evidentementeLi sterlina » non è ancora arrivata, oppurel ' I i . inno spedita raccomandata, e le racco-lt i .melate non erano ancora in distribuzione);

non c'era niente neanche nella casella 146,india di mio cugino. Invece, con mio gran-ir stupore, ho trovato nella casella 147 (la

k t t i a ) , oltre a una lettera e una cartolina perJHir anche una lettera per mia madre e una

M I uno dei miei fratelli] Poiché le due letterevano il timbro di partenza rispettivamen-

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te del 17 e del 18 febbraio, significa che miamadre e mio fratello in quella data non era-no già più nel Transvaal. Dunque sono quasisicuro che si siano imbarcati sul LourengoMarques e che arrivino il quattro aprile, comeprecedentemente avevo supposto.Ora mi metto in azione. Mi aspettano dei no-tevoli giorni di lavoro. Oggi vado all'Estrélanon a vedere la donna bionda con gli occhiazzurri (!!!), ma a organizzare il trasloco del-la mobilia di mia madre.Ho di nuovo mal di gola, e temo una ricadu-ta. Figurati un po' che bello scherzo sarebbeuna ricaduta in questa circostanza!Tutte le mie carte sono giù in [parola illeggi-bile}.Ciao, amore. Qualche volta pensa a me,quando non sei distratta... Sono proprio si-curo (per quanto mi riguarda) di essere in-namorato di te. Sì, credo di poter affermart-ene sento per te un certo affetto.Un reggimento di bacini dal tuo, sempre tuo

Fernando

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27 marzo 1920

Mio piccolo Bebé cattivo e grazioso,

ho a malapena il tempo di scriverti, e sanicosì per tre o quattro giorni, con questa con-fusione del trasloco e, quel che è peggio, di

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un trasloco in fretta e furia. Non so se questalettera ti giungerà oggi; non ho ancora vistoOsório e sono quasi le sei pomeridiane. Tisto scrivendo dal Caffè Arcada e la mia fret-ta è aumentata dal fatto che fra pochi minutipassa di qui mio cugino.Ho fatto sapere a Osório, attraverso il por-tiere del n. 42, di raggiungermi qui. Vedia-mo se fa ancora in tempo a portarti la let-tera.Per fortuna ho finito di fare tutte le giravolteche dovevo. Mi resta solo da trattare il pro-blema del trasloco di mia madre, e lo risolvooggi alle otto e mezzo, all'Estréla.Domani, come ti avevo detto, non esco daUnifica. Lunedì ti aspetto intorno alle ottonei dintorni della casa di tua sorella. Cerche-rò di fare il trasloco della mobilia di mia ma-dre, che è fissato per martedì, nel pomerig-gio. Se non ci riesco perdiamo di nuovo lanostra passeggiata del mezzogiorno. Co-ni nnque sarò più preciso lunedì sera.Sta arrivando Osório. Lo mando via primai he arrivi mio cugino. Per questo chiudo ra-pidamente (e bruscamente). Scusa, amoremio.Milioni di baci dal tuo, sempre tuo

Fernando

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29 marzo 1920

Appena due righe, mio piccolo caro amore,per dirti di non aspettarmi alle otto. Dopo-tutto ci siamo visti a mezzogiorno.Domani, dato che posso contare su Pantojasche mi sostituisce, penso di poterti vederealla solita ora. Eventualmente aspettami unmomento. In linea di massima va bene la Li-breria Inglese.Il trasloco finalmente è finito. I mobili nonhanno preso pioggia, invece mi sono bagna-to io.Non ho ancora parlato a Mariano de San-t'Anna per chiedergli ospitalità, ma lo faccioora. Non mi sento molto bene, ma non stopeggio di quanto stessi a mezzogiorno, quan-do ci siamo visti.Ciao, Bebé, a domani. Baci e ancora baci d;iltuo, sempre tuo

Fernando

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5 aprile 1920

M i < > l l < - I t e piccolo e capriccioso,

I M < ne MO in casa solo soletto, eccetto l'in (.<•!•1< 1 1 M , M e c t u - sta mettendo la carta alle parelie . l ido ' l , i dovrebbe forse mettere sul sof f i i lo

0 sul pavimento?), e lui non conta. E come tiavevo promesso, fanciullina, ti scrivo perdirti, almeno, che sei molto cattiva; eccettoche in una cosa, l'arte di fingere, in cui miaccorgo che sei eccellente.Lo sai? Ti sto scrivendo ma non sto pensandoa te. Sto pensando alla nostalgia che ho deitempi in cui davo la caccia ai piccioni; e questaè una cosa, come sai, in cui tu non c'entriper niente...E stata bella, oggi, la nostra passeggiata,vero? Tu eri di buonumore, io ero di buonu-more, e anche la giornata era di buonumore(il mio amico, no. A.A. Grosse è in buonasalute: una sterlina di salute, quanto bastaper non essere raffreddato).Non ti stupire se la mia calligrafia è un po'si rana. Ci sono due motivi. Il primo è chequesto foglio (l'unico che ho a disposizione)r troppo liscio, e la penna ci corre sopratroppo velocemente; il secondo è che ho tro-v.i lo qui in casa una bottiglia di eccellente|>oilo, che ho aperto e di cui ho già bevuto1.1 metà. Il terzo motivo è che ci sono solo« l u e motivi, e dunque non c'è affatto un ter-/ < > motivo (Àlvaro de Campos, ingegnere).< M i , iudo ci potremo incontrare da soli dai | u . i l < he parte, amore mio? Ho la bocca stra-l i , i , sai, perché non ho baci da tanto tempo...Mio Bebé da sedere in collo! Mio Bebé daIHcndere a morsi! Mio Bebé da... (e poi ilu n i ) Bebé diventa cattivo e mi picchia...).

< orpicino di tentazione », ti ho chiamato;1 1 .1 le continuerai a essere, ma lontano daine

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Bebé, vieni qui, vicino al tuo Nininho, vienifra le braccia del tuo Nininho, con la tua pic-cola bocca contro la bocca del Nininho... Vie-ni... Sono così solo, così solo di baci...Potessi almeno avere la certezza che ti mancodavverol Almeno sarebbe una consolazione...Ma tu, forse, pensi meno a me che a quelragazzo del gargarismo, e a quello delD.A.F., e al contabile della ditta C.D.! Catti-va, cattiva, cattiva, cattiva, cattiva!!!...Ti ci vorrebbero tanti sculaccioni!Ciao. Mi vado a buttare a testa in giù dentroun secchio, per riposare lo spirito. Così fan-no tutti i grandi uomini, almeno quandohanno: 1. spirito; 2. testa; 3. secchio dóvemettere la testa.Un bacio solo che dura tutto il tempo che ilmondo deve ancora durare dal tuo, sempretUO fltljO pol/llE

Fernando

14

8 aprile 1920

Mio piccolo Bebé,noti ti ho scritto ieri perché sono rimasto in

< ;is;i con una forte indisposizione; e oggi hoa v u t o il dolore e la delusione di non vederti,nonostante sia rimasto alla porta della Libre-ria Inglese dalle dieci fino a mezzogiorno,lorsr anche mezzogiorno e mezzo.

Sei ammalata, piccola mia? Fammi saperequalcosa, per l'amor di Dio!Ti sto scrivendo in fretta, nel Caffè Arcada,per correre a consegnare la lettera a Osório.Speriamo che lo trovi.Fammi avere tue notizie, va bene?Mille baci dal tuo, sempre tuo

Fernando

15

16 aprile 1920

Mio Bebé cattivo,devo essere a casa a mezzogiorno in punto,dunque non posso venire all'ora stabilita.Vado in cerca di Osório per affidargli questalettera, fra mezzogiorno e mezzogiorno emezzo.Tot resti venire domani, nei paraggi della Li-breria Inglese, verso le undici? Credo chequesta ora, almeno per alcuni giorni, sia me-glio che il mezzogiorno. Domani alle undici,se- puoi venire, ti spiego meglio.( liao, mio piccolo amore. Immensi baci dalIno, sempre tuo

Fernando

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16

27 aprile 1920

Mio piccolo Bebé bello,non puoi immaginare come ti ho trovata di-vertente oggi affacciata alla finestra di casadi tua sorella! Meno male che eri allegra ehai dimostrato piacere a vedermi (Àlvaro deCampos).Ho passato un periodo di grande tristezza, eanche di grande stanchezza. Tristezza nonsolo per non poterti vedere, ma anche per lecomplicazioni che altre persone hanno inter-posto sulla nostra strada. Arrivo a pensareche l'influenza costante, insistente, abile dicedeste persone, senza osteggiarti né os^aco-larti in modo palese, ma lavorando lenta-mente sul tuo spirito, riuscirà a far sì che tucessi di amarmi. Mi sento già diverso; e tunon sei più la stessa di quando venivi in uffi-cio. Non voglio dire che tu ne sia consapevo-le; ne sono consapevole io, o perlomeno cre-do di esserlo. Dio voglia che mi sia sbaglia-to...Senti, piccolina: non vedo il futuro moltochiaro. Voglio dire: non so come andrà afinire, che cosa ne sarà di noi, vista la tuaindole incline a cedere a tutte le influenzedella tua famiglia e ad essere sempre di opi-nione contraria alla mia.Quando venivi in ufficio eri più docile, piùdolce, più amorosa.Insomma...

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Domani, alla stessa ora, passo da Largo Ca-mòes. Apparirai alla finestra?Sempre tuo

Fernando

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29 aprile 1920

Mio Bebé cattivello (e molto),ho ricevuto ieri, alla mia casella postale, lelue due letterine del 25 e del 27 scorsi. Oggisono molto sconsolato per non avere avutolettere tue.Ieri non ho avuto possibilità di scriverti; lolaccio oggi, alle sette e mezzo del mattino.Mi sono appena alzato, e approfitto della cal-ma in casa per scriverti.Dunque il mio Bebé è stato triste? Anche ilsuo Nininho lo è stato. E poi al Nininho nonè piaciuto, ieri, di dar spettacolo al suo pas-saggio sotto la tua finestra. Infatti c'erano va-rie persone (non ho visto chi fossero) all'altraliuestra, quella sull'angolo. Ho solo avutomodo di accorgermi che codeste persone sta-vano seguendo i miei movimenti; perciò, no-nostante oggi pensi di passare come di solitoal la stessa ora, è probabile che passi sul mar-ciapiede dall'altra parte della strada. Non soM- riuscirò a farti avere questa lettera primai he io passi, perché te la manderò attraverso

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Osório, e magari te la porterà proprio intor-no a quell'ora.No, non mi sono dimenticato della foto-grafia. Il fatto è che ho sempre avuto unacerta riluttanza a farmi delle fotografie. Adogni modo lo farò. Forse addirittura i mieifratelli possono farmene una.Il signor Grosse ha mandato l'altro ieri unarisposta al concorso, e ieri un'altra. Oggi nespedisce una terza. Le prime due sono con-corsi piccoli, non c'è niente da sperare. Larisposta di oggi è per un concorso di 250sterline. Ma in questi giorni partirà la rispo-sta al concorso da mille sterline, che chiudeil 13 maggio prossimo. Dunque c'è tempo.Mi chiedi se la Rua Saraiva de Carvalho è lon-tana da qui. No, è vicinissima, è qui accanto.Naturalmente dipende dalla parte che ti inte-ressa. È una via lunghissima; un pezzo è quiall'angolo, ma comincia nel Largo do Rato efinisce nel Cimitero dei Prazeres. La Rua Coel-ho da Rocha si trova vicino alla parte finale.Vedrò di passare oggi (e anche gli altri gior-ni) per Largo Camóes. Però non so a cheora. E dunque ti prego di non trascurarequel che devi fare per stare alla finestra. Midarebbe molta allegria vederti quando passo,ma non vorrei che tu interrompessi il tuolavoro per questo.Ciao, piccolo Bebé; molti bacini dal tuo, mol-lo Ino

Fernando

l'.S. La cartolina inglese reca questo motto:« Né cartolina, né lettera, né niente! ».

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6 maggio 1920

Mio piccolissimo Bebé,dunque il mio Bebé mi ha fatto una smorfiaquando passavo?Dunque il mio Bebé, che aveva detto che miavrebbe scritto ieri, non mi ha scritto?Dunque il mio Bebé non ama il suo Nini-nho? (Non è per la smorfia, ma perché nonini scrive).Senti, Nininha, scherzi a parte: oggi mi èsembrato che tu avessi un'aria allegra, cheIn fossi di buonumore. Mi è sembrato ancheche ti piacesse vedere il tuo Ibis, ma nonposso affermarlo, potrei sbagliarmi.l'tendi ancora in giro il tuo Nininho? (Àlva-10 de Campos).Non so se domani verrò a Belém. È probabi-le, come ti avevo detto. Ad ogni modo sai( he se non mi vedi fino alle 6 e mezzo vuoidiie che non vengo più, così non stai adaspettarmi.I la i capi-pito?

I a nti baci e un abbraccio all'altezza della cin-u n a. Sempre tuo

Fernando

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22 maggio 1920

Mio Bebé piccolino,il foglio ti dice da dove ti sto scrivendo. Misono fermato qui per ripararmi dalla pioggiae così ho rimandato varie cose che dovevofare. Non potrò passare a prenderti alle 6 aBelém per accompagnarti a Lisbona.Sono un po' migliorato (di salute, non di giu-dizio), ma mi sento ancora abbastanza indi-sposto.Domani (salvo indisposizioni o altri imprevi-sti) passerò nella tua strada fra le 11 e le 11e mezzo. Se tu vorrai stare alla finestra ve-drai passare il tuo Nininho. Se lei non lo vor-rà, non lo vedrà. (È autore di questa ultimafrase il mio caro amico Alvaro de Campos).È un peccato che la fabbrica di Belém nonabbia il telefono. Se lo avesse potrei almenoavvisarti quando non vengo, così l'Ibis dell'I-bis non starebbe ad aspettare invano il suoIbis.Ciao, mio caro Bebé. Molti bacini dal tuo cat-livo, sempre tuo

Fernando

J

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23 maggio 1920

Mio piccolo Bebé,oggi, dopo essere passato per la tua strada,e averti vista, sono tornato indietro per chie-derti una cosa, ma tu eri sparita.Volevo chiederti cosa farai domani, dato losciopero dei tram, che naturalmente non du-rerà un giorno soltanto. Non vorrai certo an-dare a Belém a piedi. La cosa migliore è chein scriva al proprietario della fabbrica spie-gando la ragione — del resto evidente — per1.1 quale non puoi andare. È una distanza im-possibile per chiunque, figuriamoci per te,che non sei forte.I l o appena scritto quanto sopra e mi viene

jn mente che per Belém ci sono treni. An-l i a i in treno? E dove lo prenderai, forse aiintos? Probabilmente ti sarà difficile trova-'!• posto, dato che molta gente prenderà ili ci io nel Cais do Sodré — tutta quella gente

la mattina riempie i tram che vanno a^Iclém — e che non lascerà un posto libero.Jon so che fare, piccola mia. Ho già chiesto

In I orinazioni qui nel Caffè Arcada, da dovelì si o scrivendo, ma nessuno conosce l'orariolidia linea di Cascais.

Jon vorrei perdere l'occasione di vederti,Ha non vorrei nemmeno (domani ho moltoIn lare) perdere tempo inutilmente cercan-dol i dove non sarai o dove non passerai,

i ivimi domani per dirmi qualcosa, e non

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^É,

dimenticare che ho delle giornate pienissi-me. Ad ogni modo, passo domani per la tuastrada, o dalle 10 alle 10 e un quarto delmattino, oppure, cosa più sicura, alle 7 e mez-zo del pomeriggio.D'accordo, Bebé? Salvo qualche imprevistoche mi si metta in mezzo.Molti bacini dal tuo

Fernando

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28 maggio 1920

Mio Bebé piccolino, mia Nininha,ho appena ricevuto la tua lettera di ieri. Miha afflitto molto, a causa tua, quello che ni iracconti, e che mi aspettavo succedesse; nonsolo per quanto già mi avevi anticipato, maanche perché Osório mi aveva detto ieri ch<quel giovanotto era passato al mattino dall'ufficio di Rua d'Assumpgào. Il giovanottoveniva per chiedere qualcosa a me; e dalodie io non c'ero fece varie domande a Osorio: se io ti corteggiavo, che mi aveva vislo( < > i i le, eccetera, eccetera.S< mi voleva parlare era certamente a pioCosilo di quella sua minaccia che mi av r \« l i - n ò , i me che era sua intenzione andan .1l . n r m i i i g l i i presso un tuo nuovo inn.aui<>la lo

< > | . | > I I K , < osa ancora più probabile, è passa

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to dall'ufficio con la certezza che io non c'e-ro, in modo di fare quelle domande a Osóriocon la scusa di dovermi parlare.Sia come sia, a me l'argomento non interes-sa, e tanto meno il giovanotto. Ma mi avvili-sce che i suoi complotti e le sue scempiagginili affliggano, sia direttamente, sia indiretta-mente: per quello che egli ha detto a tuopadre e per il tormento che ti procura comeintermediario di tuo padre.Veniamo ai punti principali della questione:va molto bene, o quasi, quello che tua sorellali ha consigliato di dire a tuo padre. Su que-sto punto non ti posso dare consigli migliori« l i tua sorella. Ma affinchè la storia sia com-pleta e interamente coerente, devi anche ag-l^iungere questo: che non andavi a spasso co-simi temente con me, e che lo hai fatto solotmalche volta. Dai la colpa a me, se lo vuoi,dicendo che, dato che facevamo la stessaM rada, era naturale che io ti accompagnassiquando ci incontravamo, né avresti potutorii iiitare. Sarebbe bene che tu aggiungessii he ti potrebbero aver vista con me quandoHi lavoravi da Dupin, e che in quel periodori a la cosa più naturale del mondo, dato che« mezzogiorno tu andavi a pranzo da tua so-idla e io proprio a quell'ora di solito passavo(«•i il Cais do Sodré o per la Rua do Arsenalilove sono solito comprare i giornali inglesi( t u l i o questo detto con naturalezza, nel casof Ite il giovanotto possa aver detto, o possai»vrntualmente dire a tuo padre che noi ciVnl rvamo ancora prima che tu lavorassi aUr l i - i n , e dunque prima che io, come dirai,

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ti facessi la dichiarazione). Hai capito bene,Bebé?E ora veniamo al giovanotto. Poveretto, mida voglia di ridere; e confesso che ho quasipena dello stato mentale in cui deve trovarsi.Non mi preoccupo certo di lui: mi preoccu-pa invece che egli ti possa affliggere. Ti dicocosa devi fare per tagliargli i ponti.Dato che egli ti infastidisce da parte di tuopadre, devi cercare di mettere tuo padrecontro di lui. Non è necessario mentire ocreare intrighi. Devi semplicemente dire duecose a tuo padre, e dirle in modo che lui neprenda nota. Per prima cosa devi raccontar-gli quello che il giovanotto ha minacciato difare, cioè di impedire attraverso intrighi unnuovo tuo fidanzamento: intrighi che eglimetterebbe in atto andando a parlare col tuoinnamorato. Sottolinea bene con tuo padreche questi intrighi costituiscono una diffa-mazione della tua reputazione, e chiedigli segli pare giusto mettersi dalla parte di chi livuole diffamare, anzi ti sta già diffamando,visto che ha già cominciato a dire menzognea tuo padre e che sicuramente continueràquesta campagna contro di te ancora più li-beramente, con persone estranee alla tua fa-miglia, alle quali può dire cose che evidente-mente non si azzarderebbe a dire a tuo pa-dre. Hai capito? Detta come si deve, è una cos;iche entra nell'animo di tuo padre.L'altra cosa da chiedere a tuo padre è chi lidifenderà da un eventuale sgarbo che egli i ipossa arrecare quando sei sola per strada, visto che il suo atteggiamento e le sue minacce

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ti fanno proprio temere questo. Su questoargomento, con un padre, niente di meglioche esagerare, dire che hai quasi paura di usci-re sola, per il timore che egli ti combini qual-che brutto scherzo; che è impossibile viverein questa paura, eccetera.Tutto ciò evidentemente non migliora affat-to la mia situazione: diciamo che almenoporta un miglioramento peggiorando quelladel giovanotto.Hai ben capito, piccola Nininha?l'arò il possibile per passare oggi alle 7 emezzo. Ma è una giornata difficile, perchédevo essere presto a casa per poter ritornareìdla Baixa alle 9; e ora con questo blocco dei11 asporti tutto richiede un margine di tempoincredibile per potersi spostare da una parteall'altra. Non ho tempo per aggiungere quia l t r e cose che vorrei dirti. Le serbo per unaprossima lettera. Migliaia di baci dal tuo,sempre e molto tuo

Fernando

( 28 maggio 1920fronda lettera

.«mato piccolo Bebé del suo Ibis,

lii lettera che ti ho appena scritto e che hol^iii impostato non contiene, come ti ho det-to, lutto quello che volevo dirti. Il fatto è

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che, proprio quando stavo per finire (perfortuna non prima), è arrivato mio cugino alCaffè Arcada, da dove ti stavo scrivendo (edove ora ti sto scrivendo). Sono stato dunquecostretto a interrompere, con una certa irri-tazione: non verso di lui, poveretto, che nonne ha colpa (anzi, avevamo preso proprioappuntamento per quell'ora), ma con il De-stino, che aveva combinato tutto quanto cosìmale.Come ti dicevo nella prima lettera, dovevoritornare alla Baixa alle nove. Ebbene, con-versando con mio cugino si erano intantofatte le sette meno un quarto; appena lui sen'è andato ho chiuso la lettera, sono uscito ;iimpostarla... e mi sono ricordato solo allorache dovevo ancora farmi la barba. Risultato:non ho tempo per andare a cena a casa eritornare alla Baixa alle nove. Perciò sonoritornato qui al Caffè Arcada, da dove ti stoscrivendo, per mangiare un boccone.Piccolina mia, quello che ti volevo dire nellalettera precedente, e ti dico solo ora, è qu<sto, e ti prego di fissarlo bene e, se mi ami.di ascoltare il mio consiglio: il Destino <come una persona e cessa di importunali iquando si accorge che non diamo imperi;ni/a a quello che ci fa. Per questo tu devi av< i <la (orza di volontà di pensare solo questo: voglio bene a Fernando, non esiste altra cosa.(.Miei giovanotto, e tutto quanto dice, trai ( . i l i i« oi i disprezzo, ma con un disprezzo autenli»CO C vero. Non pensare a lui. Ti pare d i f fu i*Ir Non c'è da meravigliarsene, perché .s«Jimollo giovane; ma non saresti capace, se Ir /i

chiedo io, di concentrare il tuo spirito in unatteggiamento di indifferenza verso tutto ciòche non sia il tuo Nininho? Se non sei capacedi far questo, non sai ancora amare.Lo so bene, ti affliggono da ogni parte, tiseccano, ti stancano. Occupati di te stessa (capi-sci?) e non pensare a tutto il resto.Mi vuoi bene? Ami il tuo Ibis, il tuo Nininho?lo sono molto nervoso, ma ho educato il miocarattere al punto di saper affrontare consangue freddo le cose peggiori e le più com-plicate. Se avessi dieci anni (ma che dico? ba-si crebbero due anni) di meno, tutto quelloche mi hai raccontato mi avrebbe stravolto.Mi dispiace molto per te, ma per quanto miriguarda non puoi immaginare come mi sen-10 calmo, tranquillo, in ordine dentro la te-nia. E tu mi piaci molto, piccola mia, credimi;11 che non vuoi dire che non ti amo; vuoidire che, in mezzo a tutti questi problemi, ioilo solo importanza a te e a me, il resto nonini interessa.Sri capace di farmi un favore? Cerca di averei , i l i uà, disprezzo e indifferenza. Guarda che«lai dando un gran piacere a quel giovanotto:ila ine non ricava nessuna soddisfazione...Uomani devo vederti. La cosa più probabile(• < IH- venga a Belém quando esci a pranzo,dopo mezzogiorno. Ma cercherò di esserertll.i sta/ione di Santos domattina per metter-li d'accordo.Non lo immagini: ho veramente una sensa-zione di allegria. Mi stanno creando deglioil.ic oli, e forse a me non dispiace rimuovere

li ostacoli.

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Asciugati le lacrime, piccola mia! Oggi haidalla tua parte il mio vecchio amico Alvarode Campos, che in generale è sempre statosoltanto contro di te. Rallegrati! Solo quelloche si consegue con sforzo vale la pena.Mille baci, bacini e abbracci dal tuo, sempretuo

Fernando

P.S. Può darsi che per qualche motivo indi-pendente dalla mia volontà non possa farmivivo domattina. In tal caso aspettami a Bclem subito dopo mezzogiorno. Stai attenta aquando arrivo e vienimi incontro. Non < •probabile che ci sia tuo padre, vero? Quantoal giovanotto, non ti preoccupare, perché ianche se c'è non ha importanza.

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30 maggio

Mio caro Bebé,

figurati che oggi, per la stanchezza che aveviaddosso (ieri mi ero alzato prestino), mi soiMsvegliato alle undici. Sono sceso verso IÉllaixa solo dopo mezzogiorno, e sono pasNflio per la tua strada verso mezzogiorno tfji in v/o. Mi è dispiaciuto molto non vedo 11,i n . i non in i sono stupito che a quell'oi i i nnon I ossi al la finestra. Scusami, Bebé, Mlano mancato all'appuntamento: non <• si,«I ir i « i l 1 1 . 1 mia, ma del mio sonno.

- i

Naturalmente ci vedremo domani, ma nonso se potrò venire a Belém, forse è più pro-babile che venga solo alla stazione di Santos,anche se mi piacerebbe di più la prima ipo-tesi.Le condizioni in cui ti sto scrivendo questalettera, con mio cugino che mi gira intornoqui in casa, non sono delle migliori. Perciòapprofitto un momento che lui non sia vici-no a me per mandarti molti bacini.Tuo, sempre tuo

Fernando

24

31 maggio 1920

Urbe piccino del Nininho-ninho,1

Oli!I i scivo quetta letteina per dire al Bebé pic-

l i n o che mi è piaciuta tanto la sua letteina.Oh!hi ero tanto tiste pecche non avevo il mioUrbe vicino a dargli tanti cicini.

< > h ! Questo Nininho è così piccininino!< >Kgi questo Nininho qui non viene a Belém( i r t e he non sa se funzionano i tram e deverwie qui alle sei.I » < M i l a n i , se tutto va bene, il tuo Nininho esce

I I i • ( ! < - r ; i scritta in linguaggio puerile che si è cercatoi l i i n - i i i i c i i c re in traduzione.

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di qui alle cinque e mezzo (cioè alla calza del-le cinque e mezzo).1Domani il mio Bebé appetta il suo Nininho,sì? A Belém, sì; sì?Cicini, cicini e cicini

Fernando

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4 giugno 1920

Mio Bebé Nininha,che cosa è successo ai tuoi nervi fra il princi-pio e la fine della tua letterina? Hai comin-ciato bene e allegra; hai finito con tristezza.È stato perché hai pensato al braccialettoperduto? È stato quel sogno che mi riguardae che pare averti tanto preoccupata? Non es-sere così preoccupata, Bebé mio, al tuo Ni-ninho non piace.Domani, da Belém a Lisbona, racconti tuttoal tuo Ibis, d'accordo? E prometti fin d'oi.i(a te stessa, perché io purtroppo non ci saioquando leggerai questa lettera) di essere dìmigliore umore.l'uò darsi che nel negozio dove sei stata ab-biano trovato il braccialetto. Prova un po' .1( hirderlo, oggi o domani, se vai alla Baixa.

1 ( . u n o di parole intraducibile: meia, in portoglieli1,M K I I I | K ,i •• (al /a », e « mezzo ». Nella lettera oiigiii.il*• e i < | i i c s i o p i l l i l o il disegno di una calza.

71»

II tuo Nininho ti rende nervoso [parola illeg-gibile}, di una cosa che, dopotutto, il Nininhonon ha colpa? Sei nervosa perché ti piace,perché ami il tuo Nininho? Magari fossevero!Molti baci, moltissimi, dal tuo

Ibis

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11 giugno 1920

Mio amato Bebé,dunque il mio Bebé non è rimasto scontentoini del suo Ibis? Lo hai trovato tenero e de-gno di bacini? Meno male, perché l'Ibis nonama che la sua Nininha sia triste, o irritatai 011 lui, perché al suo Ibis, e perfino ad Alva-10 de Campos, la Nininha piace tanto, tantis-simo.Senti , Nininha: oggi sono molto seccato.Non voglio dire di cattivo umore, ma certa-iiK-nte seccato. Mi sentirei molto meglio se•olissi vederti subito e scendere con te verso.1 lìaixa da soli, senza Alvaro de Campos,

« L i l o che a te non piacerebbe certamente che(p ic i distinto ingegnere apparisse.VI 1.1 cara Nininha, sono veramente moltoun rato. Le cose della mia vita, anzi una cosai I H lio preparato e studiato per una iniziati-Vii (<• (orse più di una), è molto indietro. Non(In o c l i c stia andando male; è semplicemen-

te indietro, cioè non si mette in moto in nessunsenso, né bene né male.Inoltre, fra gli amici che frequento e ai qualiquesta iniziativa (o iniziative) interesserebbe-ro quanto a me, non trovo nessun appoggio;voglio dire, non hanno la sufficiente volontàdi coniugare i loro sforzi con i miei per larealizzazione di queste idee. Vorrebbero cheio facessi tutto, che mi occupassi, oltre chedi avere le idee e di indicare l'organizzazionedella cosa, anche di trovare i capitali per rea-lizzare concretamente il progetto. Essi poiapparirebbero nominalmente nella cosa or-ganizzata; il che è comodo per loro, ma nonrappresenta certo un grande cameratismo.Ora, in questo genere di cose ognuno deve'avere il suo ruolo ben preciso. Io, con l'orga-nizzazione dell'idea, e con gli studi che hofatto sul suo funzionamento, ho assolto almio compito, e mi pare di aver fatto il prin-cipale, cioè di aver gettato le basi dell'iniziativa. Loro esigono che faccia anche il resto, ilche è come volere, in un ufficio commercia-le, che la stessa persona faccia da capufficio,da ragioniere, da dattilografo e da appren-dista.Non so se queste cose ti possono interessare,piccola mia. Te le dico unicamente perché ilsemplice fatto di dirle mi da un po' di sollicVO. Naturalmente ti annoio; ad ogni modo M1 1 . 1 1 1 . 1 pur sempre di cose che riguardano M I i

< I n i l ino futuro, perché riguardano il mioNon voglio dire di vivere con difficoltà. No;

< In ILI i .is.i e famiglia non può essere in un.i

VH

tale situazione. Il male consiste nel sentire lavita ferma, e si riferisce più al futuro che alpresente, o meglio, al presente solo in rela-zione al futuro. So bene che questa situazio-ne si risolverà, e so anche con certezza, comeil cartomante che ha previsto per me un fu-turo prospero, che in realtà avrò un futurodi prosperità; e che questo futuro comincerà(anche se non in piena, almeno in relativaprosperità) fra non molto tempo. Tuttaviaci sono giorni in cui mi sento scoraggiato: eoggi è uno di questi giorni; e il momentoattuale, uno di questi momenti. Oggi, in ve-rità, avrei avuto un grande desiderio di par-lare con te, non per seccarti con questi di-scorsi, ma per vederti e per sentirmi, vicinoa te, più tranquillo.l'a/.ienza, amore, sarà per domani. Passeròalle sei. Molti e molti baci dal tuo, semprepiù tuo

Fernando

27

13 giugno 1920

Mio caro piccolo Bebé,

ti^i non ho avuto nessuna lettera tua, e ov-vi.unente non me ne sono stupito, perché sa-lii -vo dalla tua lettera di ieri (quella che mil i . t i ( l a lo in tram) che non avresti avuto tem-| M I i l i scrivermi.

Dato che questa lettera ti perverrà domatti-na, voglio mandare al mio Bebé moltissimiauguri, molti baci, il desiderio che tu sia feli-ce e che i tuoi futuri compleanni ti trovinosempre contenta.Sarebbe bello se il prossimo anno io ti potessifare i miei auguri al mattino, prima di alzarti.Capisci, Nininha?Molti, moltissimi baci dal tuo

Fernando

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17 giugno 1920

Mio piccolo Bebé,appena due parole per spiegarti la mia as-senza, perché non ho un minuto di tempo.Stiamo realizzando una delle iniziative dellequali ti avevo parlato giorni fa. Ho lavorale»come un negro. È evidente che con tul ioquesto daffare non mi è stato possibile vemre a Belém. E quanto a scriverti... ancora pi 11impossibile. Inoltre tutte queste cose da trail a t e mi indispongono, sicché la stanche//.!aumenta.Vengo solo dopodomani, giorno 19, all'ora sol i la . Scusami, e scusa il foglio sul quale l is< I IVO.

M o l l i baci dal tuo

Fernando

HU

19 giugno 1920

Mio Bebé piccolino,

forse sarei potuto venire ad aspettarti, manon mi hai detto esattamente dove, né a cheora. Non ti ho telefonato per due motivi:primo, perché è imbarazzante telefonarecosì, anche lasciando un messaggio « falso »,in un ufficio dove tu sei entrata da un gior-no; secondo, perché non dispongo di un te-lefono dal quale parlarti senza farmi sentireda altri, e non mi piace farmi sentire da altri.I i re telefoni dai quali a volte ti chiamo sono:uno nel Caffè Arcada, e lì significa pratica-niente parlare in pubblico; un altro nellacartoleria Vieira, dove le condizioni sonoIdentiche; il terzo in un ufficio che frequen-lo, e qui l'apparecchio è nello stanzone prin-( ipale, in mezzo agli impiegati.Dunque aspetto un momento migliore eun'occasione più propizia per parlarti e pervederti dalle parti dell'Avenida AlmiranteKris .Continuo a lavorare alla realizzazione dellino progetto. La mia salute non è ottima, eI miei nervi neppure, ma non ha importan-/.i I Io appena il tempo di scriverti.Domattina, tornando dalla Baixa, posso farehi ina strada, dalla parte del Conde Barào,1ILI mezzogiorno e mezzogiorno e mezzo.

I I . liinde magazzino di Lisbona.

81

Ciao, mia Ibis. Sono molto stanco. Molti bacidal tuo, molto tuo

Fernando

30

2 luglio 1920

Amato Bebé,

la tua lettera mi ha fatto sobbalzare e mi hapreoccupato moltissimo. Che cosa hai? Seisempre indisposta, sempre triste, sempre mi-steriosa. E poi non riesco solo a preoccupar-mi per te: alla mia preoccupazione si aggiun-gono dubbi, timori di ogni sorta, cose a volteorribili...Non dico altro. Mi hai preoccupato per varimotivi, ma specialmente per via di questa tuamisteriosa malattia...Ti auguro intensamente una pronta guari-gione. Dio voglia che ti possa vedere e pari;ire domani. Molti baci dal tuo

Fernando

31

31 luglio

M ,i Ibis,

II i i s . i m i per il foglio inadatto su cui ti s c r i v i )< l ' u n i r ò e he avevo nella borsa, e qui al C a l l e

II

Arcada non hanno fogli. Ma non ti importa,.vero?Ho appena ricevuto la tua lettera con la car-tolina, che ho trovata molto graziosa.Ieri è stata una coincidenza simpaticissima —vero? — che io e mia sorella scendessimo ver-so la Baixa contemporaneamente a te. Inve-ce non è stato affatto simpatico che tu sparis-si, nonostante i segni che ti facevo. Io ho ac-compagnato mia sorella fino all'hotel Aveni-da Palace, perché lei andava a fare comperecon la madre e la sorella di un ragazzo belgache sono alloggiate lì. Sono uscito quasi subi-lo, e speravo di incontrarti nelle vicinanzeIMT poter parlare con te. Non lo hai voluto.I lai avuto tanta fretta di andare a casa di tua.sorella!I', poi, quando esco dall'hotel, vedo la fine-Hi t ; ! di tua sorella trasformata in palco (conftrdie supplementari) per lo spettacolo delmio passaggio. È evidente che essendomi ac-corto di tutto ciò ho proseguito per la mia»l rada come se la finestra fosse deserta. Sedecidessi di fare il pagliaccio (professione|MT la quale la mia indole è d'altronde pocoin I . i l la) mi offrirei direttamente al Coliseu.( !i mancava anche questa: che io tollerassi lom herzo di essere offerto en spectacle alla tuaI,muglia!Nr non avevi maniera di stare alla finestra selion con 148 persone, potevi almeno evitar-li > ' I )alo che non hai voluto aspettarmi o par-l i i nn i , almeno potevi avere la cortesia, vistoi l i < non potevi apparire sola alla finestra, diHHH (urli, vedere.

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Ora, io non posso davvero stare a spiegartisimili cose. Se il tuo cuore (supponendo l'esi-stenza di questo signore) o la tua intuizionenon te le dettano istintivamente, io non pos-so improvvisarmi il tuo professore in mate-ria. Quando mi dici che desideri che io tisposi, è un peccato che tu non aggiunga checontemporaneamente dovrei sposarmi contua sorella, tuo cognato, tuo nipote e non soquante clienti di tua sorella.Sempre e molto tuo

FernandoP.S. Ho scritto questa lettera dimenticandoche hai l'abitudine di mostrare le mie letterea tutti. Se me ne fossi ricordato la avrei res;iun po' più soave, credimi. Ma ormai è tardi,non importa. Del resto niente importa.

Fernando

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2 agosto 192(1

Cara piccola Nininha,ti aspetterò al Conde Barào dalle otto e mc/,«/o. Ti scrivo dal luogo che questo foglio m ,istampato, e Osório ti porterà la preseni« i< ; i sa di tua sorella.Senti: ti aspetto nel Conde Barào, ma all 'a l i*golo della Panetteria Inglese, all'ora suddcl*la, che suppongo ti sia conveniente.Sempre e molto tuo

Feniani!»!

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15 agosto 1920, domenica

Vipera,ho ricevuto la tua lettera cattiva, e in veritànon capisco come non ci siamo incontrati ieriné ieri l'altro. Differenza di orologi? Noncredo, perché non mi è parso, arrivando allaliaixa, che il mio orologio andasse indietro oavanti.' l ' i scrivo solo poche righe per dirti che do-mani a mezzogiorno in punto sarò in fondoalla Avenida das Cortes. Tu vai in ufficio diKua da Victória alla una. Dovresti avere tem-po a disposizione. Il problema è che tu abbiaima compagnia. Ma ad ogni modo io ti(«spetterò fino alle dodici e un quarto.Ti auguro di star meglio. Ma il tuo non èdolore, è viperinità, cioè cattiveria..Sempre e molto tuo

Fernandoh sto scrivendo dal Caffè Arcada ed è mez-/u(.;ioi no e tre quarti. Per questo scrivo poco,t'unirò la mia abitudine, per cercare di passare|M-i la tua strada intorno alla una.

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J

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18 agosto 1920

Bebé Nininha,

oggi mi sono non solo irritato, ma anchepreoccupato. Non ti ho trovata a Belém, enon so se è stato perché non potevi aspetta-re, se hai pensato che non sarei venuto o sesei malata.Come ti avevo detto ieri, era probabile cheoggi arrivassi un po' più tardi. Sono infattiarrivato che mancavano due o tre minuti allesei e mezzo. Ti ho aspettata per dieci minuti,e poi, visto che non arrivavi, ho pensato aimotivi che ti ho detto.Passerò fra poco per Largo Camóes: sperodi poterti vedere alla finestra di tua sorci 1.1Ma prima ti imposterò questa lettera nelTerreiro do Pago. Ti sto scrivendo dal C a l l <Arcada: per questo ricevi la lettera in questofoglio, mentre la busta con l'indirizzo scrinoa macchina l'avevo già nella borsa.Molti baci dal tuo, sempre tuo

Fernandn

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15 ottobre

Piccolo Bebé,

hai più di mille, hai milioni di ragioni |>«essere offesa, seccata, irritata con me. M. i 1 1

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colpa è stata poco mia: è stata di quel Desti-no che condanna il mio cervello a uno statoche, se non irreversibile, certo necessita diun trattamento accurato, come non so se po-trò avere.Ho l'intenzione (senza voler applicare ora ilcelebre decreto dell'undici maggio) di rico-verarmi in una clinica il mese prossimo, pervedere se riesco a trovare una cura che mipermetta di resistere all'onda nera che si staabbattendo sul mio spirito. Non so qualesarà il risultato della cura, non riesco a pre-vederlo.Non mi aspettare mai, se ti apparirò ancorasarà di mattina, quando ti rechi in ufficio, lììli Poco Novo.Non preoccuparti.Dopo tutto di cosa si è trattato? Mi hanno(«ambiato per Àlvaro de Campos!Srmpre tuo

Fernando

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29 novembre 1920

Ophelinha,In i ingrazio per la lettera. Essa mi ha portatofl i i lo ie e sollievo allo stesso tempo. Dolore

I"ITI < l i é queste cose addolorano sempre; sol-,|f*v<> perché, in verità, l'unica soluzione è||HI s i . t : non prolungare oltre una situazione

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che ormai non trova più una giustificazionenell'amore, né da una parte né dall'altra. Daparte mia, almeno, resta una stima profon-da, un'amicizia inalterabile.Lei non mi negherà altrettanto, vero?Né lei, Ophelinha, né io, abbiamo colpa ditutto questo. Solo il Destino ne avrebbe hicolpa, se il Destino fosse una persona a cuipotere attribuire delle colpe.Il Tempo, che invecchia i volti e i capelli,invecchia anche, ma ancora più rapidamen-te, gli affetti violenti. La maggior parte dell.igente, per la sua stupidità, riesce a non accorgersene, e crede di continuare ad amareperché ha contratto l'abitudine di sentire sestessa che ama. Se non fosse così, non ci s;irebbe al mondo gente felice. Le creature superiori, tuttavia, sono private della possibilità di codesta illusione, perché non possonocredere che l'amore sia duraturo, né, quan-do sentono che esso è finito, si sbagliano interpretando come amore la stima, o la grati-tudine, che esso ha lasciato.Queste cose fanno soffrire, ma poi il dolci,passa. Se la stessa vita, che è tutto, passa,perché non dovrebbero passare l'amore, i ldolore e tutte le altre cose che sono solo |>;u i ldella vita?Nella sua lettera è ingiusta con me, m.i 1.1comprendo e la scuso. Certo l'ha scritta « »\\, forse perfino con dolore; i n . i I , i

maggior parte della gente — uomini e doiuiM- avrebbe scritto, nel suo caso, in un i < Midiancor più acerbo e in termini ancora più inigiust i . Ma lei, Ophelinha, ha un m e r a v i g l i l i

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so carattere, e perfino la sua irritazione nonriesce ad essere cattiva. Quando si sposerà,se non avrà la felicità che si merita, certa-mente non sarà colpa sua.Quanto a me...L'amore è passato. Ma le mantengo un affet-to inalterabile, e non dimenticherò mai —mai, lo creda — né la sua figurina graziosa ei suoi modi di ragazzina, né la sua tenerezza,la sua dedizione, la sua adorabile indole, puòessere che mi sbagli, e che queste qualità chele attribuisco fossero una mia illusione; manon credo che lo fossero né, se lo sono state,sarei villano ad attribuirgliele.Non so che cosa desidera che le restituisca:lettere o che altro ancora,lo preferirei non restituirle niente, conser-va te le sue lettere come il ricordo vivo di unpassato morto come ogni passato; come untjiialcosa di commovente in una vita quale lamia, in cui l'avanzare negli anni va di paripasso con l'avanzare nell'infelicità e nella de-lusione.I,e chiedo di non fare come la gente comu-ne, che è sempre grossolana: che non giri laIrsi a quando ci incontreremo; né abbia dilile un ricordo in cui ci sia spazio per il ran-lOle.|,11 piego, siamo l'uno con l'altro come duepeisoue che si conoscono dall'infanzia, chelì amarono da bambini e, sebbene nella vitad i l u i t a seguano altre strade e altri affetti,luus( i vano sempre, in una piega dell'animo,(I i M orcio profondo del loro amore antico ej lMIt l le.

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Per quanto forse « altri affetti » e « altre stra-de » possano concernere lei, Ophelinha, noncerto me stesso. Il mio destino appartienead altra Legge, della cui esistenza lei è all'o-scuro, ed è subordinato sempre più all'obbe-dienza a Maestri che non permettono e nonperdonano.Ma non è necessario che capisca quanto dico.Basta che mi conservi affettuosamente nelsuo ricordo come io, sempre, la conserverònel mio.

Fernando

1929

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11 settembre 1929

Ophelinha,la sua lettera mi è piaciuta di tutto cuore. Ein verità non vedo come la fotografia di unmascalzone, anche se questo mascalzone è ilfratello gemello che non ho, possa costituiremotivo di ringraziamento. Dunque un'om-bra ubriaca occupa un posto nei ricordi?Nel mio esilio, che sono io stesso, la sua lette-ra è arrivata come un'allegria familiare, esono io che devo ringraziarla, piccola cara.Prendo l'occasione per chiederle scusa di trecose, che sono la stessa cosa, e di cui non hoavuto colpa. L'ho incontrata tre volte e nonl'ho salutata perché non l'ho vista bene, oleglio, non l'ho vista in tempo. La prima

volta è stata già qualche tempo fa, nella Ruaio Ouro, di sera; lei era a fianco di un giova-lotto che credetti il suo fidanzato, o innamo-rato, ma in verità non so se poi era ciò chesarebbe giusto che fosse. Le altre due volte èstato di recente, sul tram che fa capolineaall'Estréla. L'ho vista, una di queste volte,solo con la coda dell'occhio, e i poveretti cheportano gli occhiali hanno la coda dell'oc-chio che lascia molto a desiderare.Un'altra cosa... No, non è niente, bocca dol-

Fernando

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li

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14 settembre l ( i " i

Piccolina,

mi è piaciuta molto la sua lettera, ma mi <piaciuto ancora di più quello che veniva pi ima della lettera, cioè la sua persona. E CON!la traversata dal Rossio alla Estréla, che nonla si può definire di transatlantica belle//.i.ieri è stata due volte piacevole, eccetto chealla fine della seconda volta, perché, almenoper ieri, è finita lì. Se fosse stata, invece clictransatlantica, transvitale (bizzarra e inspiegabile espressione!) sarebbe stata preferibileanche al fatto che è stata preferibile a tulioÈ esattamente questo che mi chiede e a cuirispondo.Non so scrivere lunghe lettere. Scrivo talmente per obbligo e per maledizione che ar-rivo ad avere orrore di scrivere per un fineutile o gradevole. Preferisco parlare, perchéper parlare bisogna essere presenti, entram-bi presenti — salvo nel caso infame del telefo-no, dove ci sono voci senza volti.Se un giorno qualsiasi, per uno di quei lap-sus in cui è sempre piacevole cadere di pròposilo, ci incontrassimo e salissimo per sba-glio sul tram che va al Lumiar o al Poco doBispo1 (35 minuti), be', avremmo più tempoper incontrarci per caso.Domenica, cioè domani, le telefono, ma non

1. Quartieri allora periferici di Lisbona.

94i

I-redo che passerò per la Piazza del dramma-turgo. Non che non possa, solo che non tro-vo divertente vederla a quarantun metri didisianza (dall'angolo dell'Avenida alla fine-li i , i di casa sua). Spero di poterla vedere edi parlarle. E se le telefonassi oggi stesso?I-orse.K«o. Quasi due pagine di seccatura. Ma in(ondo lei ci guadagna... La seccatura saràMia, ma la tristezza resta con me.Queste parole sono di un individuo che aparte il fatto di essere « pessoa »,* si chiamapreliminarmente

Fernando

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Abel,2 18 settembre 1929

)ornanda in carta bollata

•emando Pessoa, celibe, maggiorenne, ecce-era, abitante dove a Dio piace concederglili abitare in compagnia di diversi ragni, mo-che, zanzare e altri elementi di ausilio al>uon sonno e al buon stato delle case; aven-

I . Gioco di parole col significato del suo cognome, inportoghese « persona ».2,. Abel Pereira da Fonseca, mescita frequentata dall'nota dove gli era stata fatta una fotografia che giurilanelle mani di Ophélia aveva segnato il loro riavvidna-inento (cfr. la testimonianza di Ophélia Queiroz).

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do ricevuto indicazione — anche se soltantotelefonica — che potrà essere trattato comeun cristiano a partire da una data da stabilire; e che il suddetto trattamento da cristianosarebbe costituito da: non un bacio, ma lasemplice promessa di esso, e da essere pro-crastinato indefinitamente finché egli Fer-nando Pessoa non dimostri che 1. ha ottomesi di età; 2. è bello; 3. esiste; 4. piace allaentità deputata alla distribuzione della mer-cé; e 5. non si suicida prima del termine,come sarebbe suo naturale obbligo; chiede,per la tranquillità della persona incaricatadella distribuzione della mercé, che gli vengarilasciato un certificato attestante che 1. nonha otto mesi di età; 2. è un racchio; 3. nonesiste nemmeno; 4. è disprezzato dalla entitàdistributrice; 5. si è suicidato.(È finita la carta bollata).A questo punto dovrebbe scriversi « Resta inattesa con ossequi », ma non attende niente

Fernando

40

24 settembre 1929

E così la mia Vespa, che è proprio vespa, manon è mia, mi viene a dire che cosa devescriverle, per farle piacere, una creatura lacui intelligenza è caduta da qualche parte in96

Rua do Ouro, la cui lucidità è restata sottoun camion all'angolo di Rua S. Nicolau, e ilresto anche.La mia (?) piccola Vespa mi ama davvero?Ma perché ha questa strana predilezione perle persone anziane? Nella sua lettera diceche è un sacrificio per lei sopportare due zie,che poi zie non sono, rispettivamente di ot-tanta anni e di cinquanta e oltre; come puòdunque pretendere di sopportare di buongrado una creatura di età simile e che nonpuò nemmeno essere zia dato che, fino aprova contraria, per tale professione è indi-spensabile essere donna? Per essere zia, èevidente, bisogna essere donna due volte, oanche più. E io, fino ad ora, sono riuscito amalapena ad essere uno zio, solo della figliadi una sorella, che (è curioso) mi chiama« zio Penando » perché 1. sono effettiva-mente suo zio; 2. mi chiamo (si ricorda?)Fernando; 3. non sa pronunciare la letterar .Dato che lei non vuole vedermi e che è perlei un sacrificio volere non voler vedermi, edato che vuole che io le telefoni perché al-meno al telefono la persona non è presente,e che io le scriva perché scrivere significa es-sere lontani; ebbene, Vespa che non è mia,io le ho già telefonato e ora le sto scrivendo;anzi, posso dire di averle già scritto, perchéqui chiudo.Sto preparando la cartella nera per portarlacon me. Capito?Vorrei andare contemporaneamente in In-

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dia e a Pombal.1 Curiosa mistura, non èvero? Ad ogni modo è solo una parte delmio viaggio.Si ricorda di questa geografia, Vespa vespis-sima?

Fernando

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Abel, 25 settembre 1929

Gentilissima Signora Ophélia Queiroz,un abietto miserabile individuo chiamato Fer-nando Pessoa, mio personale e caro amico,mi ha incaricato di comunicare alla SignoriaVostra — considerando che il di lui statomentale gli impedisce di comunicare alcun-ché, neppure a una mosca (esempio di obbe-dienza e disciplina) — che alla Signoria Vo-stra è vietato: 1. pesare di meno; 2. mangiarepoco; 3. non dormire; 4. avere la febbre; 5.pensare all'individuo suddetto.Da parte mia, come intimo e sincero amicodi quel poco di buono della cui comunicazio-ne, seppur con sacrificio, mi faccio carico,consiglio la Signoria Vostra di prendere l'im-magine mentale che eventualmente possa es-sersi fatta dell'individuo la cui menzione starovinando questo foglio di carta soddisfa-centemente bianco, e di buttarla, quest'im-

1. Cittadina nel centro del Portogallo.

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magine mentale, nel buco dell'acquaio, es-sendo materialmente impossibile dare que-sta destinazione, che peraltro giustamentecompeterebbe a quell'entità fintamente uma-na, se ci fosse giustizia al mondo.Voglia gradire i complimenti di

Alvaro de Campos(Ingegnere Navale)

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26 settembre 1929

Piccola Ophelinha,non so se mi vuole bene, ma le scrivo esatta-mente per questo motivo.Poiché mi ha detto che domani non vuolevedermi fino a quando non ci troveremo allafermata del tram, cioè fra le cinque e unquarto e le cinque e mezzo, verrò dunque là.Tuttavia, dato che si verifica la circostanzache l'Ingegnere Alvaro de Campos domanimi deve accompagnare per gran parte dellagiornata, non so se sarà possibile evitare lapresenza (del resto gradevole) di questo si-gnore durante il cammino verso certe fine-stre di un colore che ora non ricordo.Il mio vecchio amico che ho testé nominatoha poi qualcosa da dirle. Rifiuta di fornirmiqualsiasi indiscrezione sull'argomento, maho fiducia che in sua presenza abbia possibi-

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lità di dirmi, o dirle, o dirci di che cosa sitratta.Fino a quel momento sarò silenzioso, atten-to, e perfino fiducioso.E a domani, boccuccia dolce.

Fernando

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domenica, 29 settembre 1929

Piccola Ophelinha,poiché non voglio che dica che io non le hoscritto per il fatto di non averle veramentescritto, le sto scrivendo. Non sarà una linea,come ho promesso, ma non saranno molte.Sono malato, principalmente a causa dellaserie di preoccupazioni e seccature che hoavuto ieri. Se non vuole credere che sonomalato, lo faccia pure. Ma le chiedo il favoredi non dirmi che non ci crede. Mi è più chesufficiente essere malato; ci mancherebbeancora che qualcuno ne dubitasse o mi chie-desse ragioni della mia salute come se dipen-desse dalla mia volontà, o che io dovessi dareconto a qualcuno di qualcosa.Quanto le ho detto sul mio trasferimento aCascais (Cascais vuoi dire un luogo qualsiasifuori di Lisbona, ma vicino, e può significareanche Sintra o Caxias) è la pura verità: per-lomeno quanto all'intenzione. Sono arrivatoa quell'età in cui si ha il pieno dominio delle100

proprie qualità e l'intelligenza raggiunge lasua massima forza e capacità. È dunque ilmomento di realizzare la mia opera lettera-ria, completando alcune cose, raccogliendo-ne altre, scrivendone altre ancora che sonorestate da scrivere. Per realizzare quest'ope-ra ho bisogno di tranquillità e di un certoisolamento. Non posso, purtroppo, lasciarel'ufficio in cui lavoro (non posso, è ovvio,perché non ho altre rendite), ma posso inve-ce, lasciando per il lavoro due giorni la setti-mana (mercoledì e sabato), essere a mia com-pleta disposizione i giorni rimanenti. Eccocosa significa il progetto di Cascais.Tutta la mia vita futura dipende dal fattoche io riesca o meno a fare quanto ho detto:e in breve tempo. Del resto la mia vita giraintorno alla mia opera letteraria — buona oscadente che essa sia o che possa essere. Tut-to il resto della vita ha per me un interessesecondario: ci sono cose, naturalmente, cheamerei avere; altre che mi è perfettamenteindifferente avere o non avere. È necessarioche tutti coloro che hanno dei rapporti conme si convincano che io sono fatto così, eche esigere da me i sentimenti, del resto de-gnissimi, di un uomo normale e banale, sa-rebbe come pretendere che io avessi gli occhiazzurri e i capelli biondi. E trattarmi comese io fossi un'altra persona non è la migliormaniera per mantenere il mio affetto. E pre-feribile trattare « così » chi è davvero « così »,e dunque « rivolgersi a un'altra persona »(vale una qualsiasi altra frase simile a que-sta).

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_

Lei, Ophelinha, mi piace molto, davveromolto. Apprezzo moltissimo la sua indole eil suo carattere. Se mi dovessi sposare, nonpotrei che sposarmi con lei. Resta da saperese il matrimonio o vita coniugale (o come losi voglia chiamare) sia una forma di vita chepossa andare d'accordo con la mia vita intc-riore. Ne dubito. Per ora, e nel più brevetempo possibile, desidero organizzare la miavita intcriore, il mio lavoro. Se non riuscissi aorganizzarli, è chiaro che non potrei nean-che pensare di progettare un matrimonio. Ese li organizzassi in forma tale da accorgermiche il matrimonio potesse turbarli, è eviden-te che non mi sposerei. Ma può anche darsiche non sia così.Il futuro — ed è un futuro prossimo — lo dirà.Ecco: questa è, francamente, la verità.Arnvederci, Ophelinha. Mangi, dorma, enon perda grammi.Il suo affezionato

Fernando

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2 ottobre 1929

Buon giorno, Bebé: mi vuole davvero bene?Non vengo da Abel, ma avrei dovuto farlo;e ad ogni modo anche il Bebé ha influenzasullo stile di Abel. Ha influenza a distanza,ma in braccio (situazione naturalissima per i

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bebé) ne ha ancora di più. Abel ha dell'a-guardente, ma la bocca del Bebé è dolce, eforse un po' ardente, ma va bene così. Io lepiaccio? Perché? Sì?Sono matto, e non posso scrivere una lettera:so scrivere solo scemenze. Se potesse darmiun bacio, lo farebbe? E allora perché non lofa? Cattiva. La verità è che oggi la giornatasi è annodata in modo tale che ho appena iltempo di scriverle poco e male. Vespa.Scappo di corsa a casa per cenare verso leotto e poi vado da quel mio amico dal qualesono solito andare il sabato a cena. Oggi cipasso solo dopo cena. Belva.E ho finito, ecco. Mi da la sua boccuccia damangiare?

Ibis (nome di un uccello dell'Egitto,che è questo stesso)

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9 ottobre 1929

I Terribile Bebé,

mi piacciono le sue lettere, che sono dolcidolci, e mi piace lei, che è pure dolce dolce.E bonbon, ed è vespa, ed è miele, che è delleapi e non delle vespe, e tutto va bene, e ilBebé deve scrivermi sempre, anche se io nonscrivo, che è sempre, e io sono triste, e sonomatto, e nessuno mi vuoi bene, e perché do-

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vrebbero volermene, proprio così, e siamodaccapo, e credo proprio che oggi le telefo-no, e vorrei baciarla sulla bocca, con passio-ne e ghiottoneria e mangiare i bacini che visono nascosti, e poggiarmi sulla sua spalla rarrivare alla tenerezza dei colombi, e chie-derle scusa, ma scusa per finzione, e rico-minciare molte volte, e punto e daccapo perpoi ricominciare, e come mai la piccola Ophé-lia può amare un mascalzone come il sotto-scritto e un villano e un porco e un individuocon la faccia da gasista e con l'aspetto di chinon è qui ma nel cesso della casa accanto,proprio così, e finalmente, e ora la smettoperché sono matto e lo sono sempre stato dinatura, che è come dire dalla nascita, e mipiacerebbe che tu, Bebé, fossi una bambola,e io farei come un bambino, ti spoglierei, eil foglio finisce qui e pare impossibile che tut-to questo sia stato scritto da un essere uma-no, invece l'ho scritto io

Fernando

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Le sto scrivendo subito dopo la telefonatache le ho fatto, e naturalmente le telefoneròancora, se non le fa male ai nervi; e natural-mente questo avverrà non in un momentoqualsiasi, ma nel momento stesso in cui letelefonerò.Vuole bene a me perché me è me, o perchéno? O non vuoi proprio bene senza né mené no? O dunque?1

Tutte queste frasi e maniere di non direniente sono segno che l'ex Ibis, l'estinto Ibis,l'Ibis senza possibilità di riparazione e di pia-cimento altrui, va a Telhal o a Rilhafoles,2 eha luogo una grande manifestazione per lasua magnifica assenza.Ho sempre più bisogno di andare a Cascais,alla Bocca dell'Inferno 3 — ma una bocca coidenti — a testa in giù, e fine! e basta! e l'Ibisnon c'è più. Questo animale-uccello merite-rebbe proprio di strusciare la sua fisionomiasulle pietre. Ma se il Bebé gli desse un bacio,l'Ibis sopporterebbe la vita un po' di più. Sì?Ecco la molla rotta: r-r-r-r-r-r-r-r-r-r-r-r.In fede

Fernando

9 ottobre 1929

Bebé belva,

chiedo umilmente scusa se la faccio spazien-tire. Si è rotta la molla della vecchia automo-bilina che ho dentro la testa e il mio senno,che già era inesistente, ha fatto: tr-tr-r-r-r...

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1. La bizzarra grammatica dell'originale è tradottaletteralmente.2. Ospedali psichiatrici di Lisbona.3. Scogliera nei pressi di Cascais con cavità dall'aspet-to tenebroso.

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16 dicembre 192(.)

Bebé,le mando — per mantenere almeno una pròmessa — il rispettivo, non rispettabile, m;ipreferibile (all'attuale) ceffo dell'ibismo diquarantanni fa esatti. l Paragonando la fi-sionomia relativamente umana del piccoloanimale che il ritratto rappresenta, alla imi-tazione di muso malincolico, che attualmenteoffende l'umanità, sul collo del firmatariodella presente - paragonando... Oh, piccoloBebé, un bacio da

Fernando

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11 gennaio 1930

Bebé,ottenuta la debita autorizzazione del signorIngegnere Alvaro de Campos, le mando lapoesia scritta fra la stazione di Casa Brancae Barreiro, la cui ispirazione era finita allastazione di Moita.2

1. Pessoa inviò a Ophélia la fotografia di se stessobambino.2. Piccola località sulle rive del Tago nei dintorni diLisbona.

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Questa poesia deve essere letta di notte, inuna stanza senza luce. Inoltre, debitamenteutilizzata, serve a fare bigodini per bamboledi pezza, a chiudere il buco della serraturacontro il freddo, gli sguardi e le chiavi, e an-che a prendere la misura del piede per com-prare scarpe che siano di una misura nonsuperiore a quella del foglio. Mi pare di averfatto tutte le raccomandazioni per l'uso. Nonè necessario agitare prima dell'uso.Ciao

Ibis

Casa Branca - Barreiro A.(Poema piai)

Toda a gente que lem as màos friasDeve mettè-las dentro das pias

Pia numero UM,Para quem mexe as orelhas emjejum.

Pia nùmero DOIS,Para quem bebé bifes de bois.

Pia nùmero TREZ,Para quem espirra so meia vez.

Pia numero QUATRO,Para quem manda as ventas ao theatro.

Pia nùmero CINGO,Para quem come a chave do trinco.

Pia nùmero SEIS,Para quem se penteia com bolos-reis.

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Pia numero SETE,Para quem canta aie que o telhado se derrete.

Pia nùmero GITO,Para quem quebra nozes quando è afoito.

Pia nùmero NOVE,Para quem se parece com urna couve.

Pia nùmero DEZ,Para quem colla sellos nas unhas dos pés.

E, como as màos jà nào estào frias,Tampa nas piasi

MOTTASilèncio na estafàoa vontade do freguez1

APPENDICE

Una poesia di Alvaro de Campos

1. « Casa Branca - Barreiro A. / (Poesia dell'acquaio)// Tutte le persone con le mani fredde / devono meiterle dentro l'acquaio. // Acquaio numero UNO, / pelchi muove le orecchie a digiuno. // Acquaio numeroDUE, / per chi beve bistecche di bue. // Acquaio nume-ro TRE, / per chi starnutisce solo mezza volta. // Ac-quaio numero QUATTRO, / per chi manda il suo musoa teatro. // Acquaio numero CINQUE, / per chi mangi;ila chiave della serratura. // Acquaio numero SEI, / perchi si pettina col panettone. // Acquaio numero SETTE,/ per chi canta finché il tetto si scioglie. // Acquaionumero OTTO, / per chi schiaccia noci quando ha co-raggio. // Acquaio numero NOVE, / per chi somiglia aun cavolfiore. // Acquaio numero DIECI, / per chi incol-la francobolli sulle unghie dei piedi. // E, siccome lemani non sono più fredde, / il coperchio sull'acquaio!// MOITA // Silenzio nella stazione / a discrezione dell'u-tente ».

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Todas as cartas de amar sàoRidìculas.Nào seriam cartas de amar se nào fossemRidìculas.

Também escrevi em meu tempo cartas de amar,Como as outras,Ridìculas.

As cartas de amar, se ha amar,Tèm de serRidìculas.

Mas, afinal,So as criaturas que nunca escreveramCartas de amorÈ que sàoRidìculas.

Quem me dera no tempo em que escreviaSem dar por issoCartas de amorRidìculas.

A verdade è que hojeAs minhas memóriasDessas cartas de amorE que sàoRidìculas.

(Todas as palavras esdrùxulas,Como todos os sentimentos esdrùxulos,Sào naturalmenteRidìculas).

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Tutte le lettere d'amore sonoridicole.Non sarebbero lettere d'amore se non fosseroridicole.

Anch'io ho scritto ai miei tempi lettere d'amore,come le altre,ridicole.

Le lettere d'amore, se c'è l'amore,devono essereridicole.

Ma, dopotuttosolo coloro che non hanno mai scrittolettere d'amoresonoridicoli.

Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevosenza accorgermenelettere d'amoreridicole.

La verità è che oggisono i miei ricordidi quelle lettere d'amorea essereridicoli.

(Tutte le parole sdrucciole,come tutti i sentimenti sdruccioli,sono naturalmenteridicole). 21 ottobre 1935

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UN FAUST IN GABARDINEDI ANTONIO TABUCCHI

I

Hai tanto potere su di me: via, trasformamiin un uomo che sia capace di ciò che è ovvio.

KAFKA, in una lettera a Felice

Iscritta fra la parodia della dichiarazione diAmieto a Ofelia, in bigliettini nascosti in sca-tole di caramelle, e un finale in forma di fila-strocca nonsense, la storia di questo amore se-gretissimo e casto, così ottimisticamente pue-rile e insieme così senza speranza, potrebbeforse sembrare ridicola se non partecipasse,proprio come i veri grandi amori, del ridico-lo e del sublime.Qui c'è un Faust in gabardine, soggetto atonsilliti e impiegato in ditte lisbonesi di im-port-export, costretto a barattare la sua fra-gile Margherita, intelligente e un po' diso-rientata, per un Mefistofele implacabile e to-talitario rimpiattato nel Progetto di un'Ope-ra (« Del resto la mia vita gira intorno allamia opera letteraria — buona o scadente cheessa sia o che possa essere. Tutto il resto del-la vita ha per me un interesse seconda-rio... »). È impossibile non pensare a una let-tera di Kafka a Felice Bauer del 1912:« La mia vita consiste ed è consistita, in fon-do, da sempre, in tentativi di scrivere ... Ilmio tenore di vita è organizzato soltanto invista dello scrivere, e se subisce mutamenti,li subisce perché corrisponda meglio, possi-bilmente, allo scrittore, poiché il tempo èbreve, le forze sono esigue, l'ufficio è unospavento, l'abitazione è rumorosa e bisognacaversela con artifici, quando non è possibilefarlo con una bella vita diritta ».

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Ed è impossibile non figurarsi questa sceltacome un ovvio, e forse un po' banale Ersatz:Pessoa ha scelto la letteratura semplicementeperché non poteva scegliere l'amore.Ma ogni lettore di Pessoa sa come l'ovvio e ilbanale siano categorie inadeguate per unpersonaggio che visse una vita da impiegatodi concetto come se fosse un impiegato di con-cetto, trattò se stesso come se fosse un altro,scrisse poesie sue come se fossero altrui. Il sen-timentalismo più deteriore, così impeccabil-mente di cattivo gusto e così inappellabil-mente « normale », conferisce a queste lette-re un'ovvietà troppo ovvia per essere ovviadavvero. È il primo sospetto che queste lette-re ci comunicano, e con esso il primo disagio.Come se in queste missive innocue di insul-saggine corresse sotterraneo qualcosa di in-decifrabilmente nocivo e peccaminoso. Inqueste lettere non c'è l'ovvietà, ma l'Ovviomaiuscolo e platonico, la sua struttura pro-fonda, la fenomenologia in forma epistolaredi un paradigma: il codice minacciosamentestupido dell'Amore.Credo che non sarebbe piaciuto a Stendhal,questo amore così povero di connotazionistoriche e di implicazioni sociali per esseredegno di figurare nel suo trattato. Ma sequeste lettere fossero cadute sotto gli occhidi Bouvard e Pécuchet, forse i due metafisicidella Bétise avrebbero emesso con soddisfa-zione la loro sentenza preferita: « Che fare-mo di tutto questo? Niente riflessioni! Copia-mo! ». Con Flaubert, del resto, Pessoa mo-stra una grande affinità elettiva. Anch'egli,116

come l'ex idiot de la famille rinchiuso a spiareil mondo dietro le finestre, avrebbe potutolegittimamente dichiarare che la vita « sem-bra tollerabile soltanto se si riesce a schivar-la »; e la sua opera, specie le più struggenticomposizioni di Àlvaro de Campos (Passagemdas horas e Tabacaria] ne sono la conferma.Ecco perché il sillabario di queste lettere ciprocura il malessere di un peccato dolorosoe inutile: come di qualcuno che voglia viverecon estrema convinzione qualcosa di cui nonè convinto; come certe macchine ingegnosee perfette che non servono a nulla. Perché ciinducono a pensare che Pessoa abbia delega-to a un altro, che era lui stesso, il compito divivere una storia d'amore e di scrivere lette-re d'amore alla signorina Ophélia Queiroz,anch'essa impiegata in ditte di import-exportnella Lisbona degli Anni Venti. E che lui siarimasto a guardare il suo Bouvard e Pécu-chet, che era lui stesso, che ricopiava le suestesse lettere. Tutto Pessoa è « come se », hascritto Luciana Stegagno Picchio. A loromodo anche queste lettere sono un « comese ».Ma anche i « come se » danno dolore, certo.E forse anche piacere. Come una protesi. Epostulano una sintonia con la sensibilità delterminale a cui si riferiscono: dunque sonodotati degli stessi princìpi di quello, posseg-gono gli stessi meccanismi, magari il mate-riale è il medesimo. Il Fernando Pessoa chevive il suo « come se » è evidentemente an-ch'egli Fernando Pessoa. Seguendo la scarnacronaca del suo « come amore » avremo

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« un'ulteriore superfìcie, un ulteriore stratodel labirinto che Pessoa è sempre stato ».'

Di che cosa ci parlano queste lettere? Intantoci parlano di orari. Il che può sembrare ab-bastanza plausibile per un uomo che scandìla sua vita sull'immutabile metronomo delpiccolo impiegato. Ma in queste lettere lapresenza delle lancette è talmente ossessivada diventare qualcosa di diverso da unamera misurazione delle ore. Pessoa ha sem-pre il potere di maiuscolizzare la banalità,come sanno fare i grandi nevrotici. In lui ilvezzo diventa tic, il tic mania, la mania osses-sione; e l'ossessione rimanda a zone buie, aminuscoli abissi quotidiani, a totem domesti-ci e tascabili, ma non per questo meno mi-nacciosi e prepotenti. Ci parlano anche delterrore-rifiuto per la fotografia, per quella« provvisoria immagine di se stesso », comela definì nella dedica a una zia che gliela ave-va richiesta insistentemente, che ha senz'al-tro qualcosa in comune con l'angustia del« reale visibile » che sempre accompagnò lapoesia di Campos. Ci parlano infine dellaconiugazione dell'insolito binomio Amore/Deambulazione, dettato dal criterio schizoi-de di trovarsi in un luogo e di pensare aquando si troverà in un altro luogo. Che locostringe ossessivamente a tracciare percor-

1. Così David Mourào Ferreira, al quale va l'iniziativadella pubblicazione delle lettere, nell'eccellente saggioche accompagna l'edizione portoghese.

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si, a immaginare itinerari, a segnare una fit-tissima rete topografica fatta di strade, dipiazze, di vicoli, di banchine del porto, difermate del tram e che si iscrive nella Lisbo-na deputata (la Baixa) del Campos avan-guardista e del Bernardo Soares scrivano de-cadente.1 E c'è, infine, la proiezione di sestesso sull'essere amato per amarvisi narcisi-sticamente, tale che pare di sentire i versi diRicardo Reis:

Ninguém a outro ama, senào que amaO que de si ha nele, ou è suposto.2

Che cosa ama (o suppone) di sé in Ophélia,Fernando Pessoa? Ama il bambino che egliè, la sua più urgente puerilità finalmente sot-tratta alle censure del superego e mostratanella sua più insolente nudità: che significabalbettio infantile, desiderio di tènere per-cosse materne, voglia del grembo, invidia-nostalgia di un mondo nel quale il giudiziosul reale era delegato agli adulti.Certo fu un bel rapporto nevrotico, mania-cale come lo sono gli amori che di normadurano tutta una vita: proprio il contrariodi certe passioni liberatorie, travolgenti etutte basate sui lombi. No: questo fu, senzaesserlo, un matrimonio, e come tale si nutrìdi abitudini, di decoro, di devozione e di me-

1. Per un suggestivo itinerario dei luoghi cari a Pessoa(specie a Campos e Soares), cfr. Maria José de Lanca-stre, Peregrinatio ad loca fernandina: la Lisbona di Pessoa,in « Quaderni portoghesi », 1, 1977, pp. 117-135.2. « Nessuno ama un altro, ama soltanto / ciò che disé c'è in lui, o che suppone ».

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schinità. Non travolse niente, non liberòniente e non produsse niente. Solo che siesaurì nella pura idea o nella pura strutturamatrimoniale, prescindendo dal talamo. Mapoi il sesso qui che c'entra? Per Pessoa questofu l'essenza dell'amore, non la sua realizza-zione sul piano del pragma, così come l'orto-nimo lo aveva teorizzato in poesia:

O amar è que è essencial.O sexo è so um addente.Pode ser igualOu diferente.O homem nào è um animai:E urna carne inteligente,Embora às vezes doente. '

E l'« accidente » non si verificò. Presumibil-mente una tale accidentalità era vietata aquesto tipo di amore e le lettere lo palesano.E del resto perché parlare dell'uomo Pessoa?Chi gioca qui, anche se si chiama come lui (oanche se è proprio lui), è uno dei suoi tantialter ego, un « doppio » doppio. Più che maipersonaggio di se stesso, questo Pessoa orto-nimo che scrive lettere d'amore ai tavolinidei vecchi caffè di Lisbona vive la vita in let-teratura: come Campos, Reis, Caeiro e glialtri eteronimi vive cioè una vita che è laquintessenza della vita, il suo codice.,2

1. « È l'amore che è essenziale. / II sesso è solo unaccidente. / Può essere uguale / o differente. / L'uomonon è un animale: / è una carne intelligente, / anchese a volte malata ».2. Il problema della « finzione » che attiene alle lette-re a Óphélia è stato analizzato con grande finezza da

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II punto centrale di queste lettere, come ditutta la poesia di Pessoa, è dunque il proble-ma della finzione, cioè dell'eteronimia. Nonpoteva essere altrimenti, perché la « finzionevera » di Pessoa, secondo una sua sottile di-stinzione, è un atteggiamento verso il reale,non solo una dimensione letteraria, e fu usa-ta nella letteratura e nella vita senza nessunadifferenza. La presenza degli eteronimi verie propri si riduce qui principalmente allapersona di Àlvaro de Campos, visto che,come dichiara Óphélia nella sua testimo-nianza, « Fernando parlava raramente diCaeiro, di Reis e di Soares ». C'è anche, èvero, la presenza del signor Grosse, lo sciara-dista dal nome sciaradistico che passò la vitaa concorrere ai premi enigmistici del « Ti-mes » di Londra. Ma la sua apparizione nonrappresenta mai un'interferenza fra i dueinnamorati: anzi, è un personaggio confor-tante e protettore, eventuale dispensatore dibeni materiali nella felice ipotesi di una suavincita. La presenza dell'ingegnere Àlvarode Campos, sempre trattato con ironica de-ferenza col suo titolo di studio, è affatto di-versa. La sua esistenza si insinua ben prestonella storia d'amore di Óphélia e Fernando,reclama diritto al giudizio, all'azione, allapartecipazione. « Non ti stupire se la mia cal-ligrafia è un po' strana », raccomanda Fer-nando nella lettera 13; e giustifica questa

J.A. Scabra, Amor e fingimento. Sobre as « Cartas de Amarde Fernando Pessoa », in « Persona », 3, Centro de Estu-dos Pessoanos, Porto, 1979, pp. 77-85.

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stranezza con due motivi: la qualità del fo-glio e lo stato di ebbrezza in cui si trova. Epoi aggiunge esserci questo terzo motivo:« che ci sono solo due motivi, e dunque nonc'è affatto un terzo motivo ». È un tipico os-simoro alla Carnpos, che tra parentesi firmaquesta paradossale asserzione; ma non biso-gna dimenticare un vero motivo sottintesoal non-motivo apparente: il vezzo di Pessoadi cambiare calligrafia a seconda dei suoi ete-ronimi. In ciò la reale stranezza (leggi diffe-renza) della calligrafia.Resta da sapere perché, fra i tre eteronimimaggiori, proprio ad Àlvaro de Campos siatoccato in sorte di partecipare della storiad'amore di Fernando. Certo egli godette diuno statuto speciale che agli altri eteroniminon toccò. Alberto Caeiro morì molto giova-ne, nel 1915, dopo aver trascorso tutta la vitain provincia presso una vecchia zia. RicardoReis se ne andò presto dal Portogallo, emi-grò in Brasile a causa delle sue idee monar-chiche e non fece più ritorno. Àlvaro deCampos, ingegnere navale disoccupato, vissetutta la vita con Pessoa, frequentò e amò glistessi luoghi (la Baixa, i moli del porto, i caf-fè liberty, le bottegucce e le tabaccherie diRua dos Retroseiros), cessò di scrivere quan-do Pessoa cessò di scrivere, cioè morì conlui. Ma credo che bisogna tener conto anchedi un'acuta osservazione di Jorge de Senache concerne la natura di Campos, l'unicoomosessuale di tutto il gruppo eteronimo. Sequesta osservazione è esatta, se cioè Camposè stato scelto da Pessoa (consciamente o in-

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consciamente) come elemento di « distur-bo », allora il suo ruolo nella storia d'amorediventa abbastanza complesso, perché inqualche modo egli viene a costituire il terzolato del classico triangolo amoroso, pur sedotato di un segno diverso. Del resto Ophé-lia, con la sua intelligenza e con la sua sensi-ailità, aveva intuito in Campos una presenzaminacciosa e nemica. La sua antipatia per luiè rimproverata a varie riprese da Fernando,che più di una volta si lagna dell'avversionedell'innamorata per l'ingegnere, nonostanteche a costui « la Nininha piace tanto, tantissi-mo » (lettera 26). Un entusiasmo, quello del-l'ingegnere avanguardista, di breve data, vi-sto che appena un mese prima Fernandoterminava una lettera con questa esortazio-ne: « Asciugati le lacrime, piccola mia! Oggihai dalla tua parte il mio vecchio amico Àlva-ro de Campos, che in generale è sempre sta-to soltanto contro di te » (lettera 22).La presenza di Campos si fa in breve massic-cia e tende addirittura a spodestare Fernan-do, a sostituirsi a lui. Nella lettera 35, doveFernando confida a Ophélia il progetto diricoverarsi in una clinica psichiatrica per cer-care una cura che gli permetta di resistereall'onda nera che si è abbattuta sul suo « cer-vello condannato », con una scherzosa frasedi commiato cerca di minimizzare un avveni-mento che per certo è stato grave e pertur-batore. Ma il tono da boutade non riesce amascherare il panico per un « gioco » cheforse non è più controllabile. È l'ottobre del1920, vigilia della prima rottura, e la frase

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dice: « Dopo tutto di cosa si è trattato? Mihanno scambiato per Àlvaro de Campos ».Né, nove anni più tardi, quando dopo la lun-ga separazione si riaccende effimero il guiz-zo di una nuova fiamma, l'ingegnere navalesi tira discretamente nell'ombra. Anzi, oraegli entra nel rapporto a due con sicurezza eprosopopea, incaricandosi di scrivere di suopugno alla « rivale » per convincerla a nonpensare più a Fernando (lettera 41). E ha ilsapore di vendetta (meglio: di una resa deiconti) l'invito che Campos rivolge a Ophéliadi buttare nella fogna « l'immagine menta-le » di Pessoa. Ormai l'ortonimo e l'eteroni-mo godono dello stesso statuto, sono en-trambi un'immagine mentale, un'invenzio-ne, l'idea di un qualcuno che è FernandoPessoa ma che non è nessuno dei due.E il « vero » Pessoa intanto dov'è? In qualeluogo si svolge la sua vita? Che cosa fa questolatitante di se stesso? Pessoa è in qualche al-trove che si pensa e che si scrive. Il suo desti-no « appartiene ad altra Legge ... ed è subor-dinato sempre più all'obbedienza a Maestriche non permettono e non perdonano » (let-tera 36). Come questo amore, che fu un pen-siero, anche la « vera » vita di Pessoa sembraun pensiero, come se tutto fosse stato pensa-to da un altro. Esiste, ma non ha luogo. È untesto. In questa assenza la sua conturbantegrandezza.

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«Risposi a un annuncio del "Diàrio de Notìcias".Avevo diciannove anni, ero allegra, sveglia, in-dipendente e, contro la volontà dei miei fami-liari, decisi di trovare un impiego». Così OphéliaQueiroz si trovò a lavorare nello stesso ufficio diFernando Pessoa. «Tutto cominciò con sguardi,bigliettini, messaggi che mi lasciava di soppiat-to sulla scrivania». Ed era già il namoro, come sichiama in portoghese quel vago periodo che pre-cede il fidanzamento ufficiale. Queste lettere te-stimoniano la profonda, irriducibile irrealtà incui Pessoa sapeva lasciar precipitare ogni eventodella sua vita personale, come se già questa lo-cuzione fosse per lui un'incongruità. E tale era.Tanto più preziose, tanto più insostituibili que-ste sue lettere alla fidanzata, che accettano subi-to di partecipare, «proprio come i veri grandi a-mori, del ridicolo e del sublime» (Tabucchi).

A cura di Antonio Tabucchi.

ISBN 978-88-459-0304-5

€ 10,00 9 "788845"903045