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«EIKASMOS» XVI (2005) Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo * All’interno della produzione saffica superstite compare una varia tipologia di ‘inni’, contraddistinti nella loro facies – e certamente già nella loro esecuzione originaria – da caratteristiche specifiche differenziate. Questo dato di fatto non mi pare sia stato adeguatamente messo in evidenza dalla critica recente. Nella più moderna e ambiziosa raccolta antologica di ‘inni’ greci – mi riferisco ai due tomi di Greek Hymns, pubblicati a Tübingen nel 2001 da William D. Furley e Jan Maarten Bremer per i tipi di Mohr Siebeck – l’innologia saffica risulta non solo qualitativamente, ma anche quantitativamente penalizzata, dal momento che gli unici due testi ripro- dotti per esteso e commentati sono i frr. 2 e 17 V. Orbene, pur a tacere delle molte reliquie minori o minime, degli «smallest, barely decipherable, scraps», programmaticamente trascurati dai curatori dell’opera (Preface IX), non può non balzare agli occhi la clamorosa esclusione di alcuni inni famosi, come, ad esempio, quello ad Afrodite (1 V.), il meglio conservato e il più importante, tanto da essere collocato, per il suo valore emblematico, al primo posto nel primo libro dell’edi- zione alessandrina di Saffo; o il peculiare inno-preghiera a Cipride e alle Nereidi (fr. 5 V.), finalizzato ad impetrare il felice ritorno del fratello Carasso e a manife- stare una ritrovata solidarietà di famiglia. Sulla derivazione della parola u{mnoç, piuttosto sbrigativa è la trattazione di Furley- Bremer (p. 8), i quali richiamano soltanto alcune delle diverse etimologie (quasi tutte scarsa- mente attendibili) suggerite da antichi e moderni (< *uJmevnw/uJpomevnw, o u{dw/uJdevw, o uJfaivnw), trascurando altre ipotesi segnalate dai dizionari etimologici (ad es. < uJmhvn) e ignorando il suggestivo raffronto con l’ai. sumnáh, ‘preghiera di lode’. Nell’accezione tradizionale, ‘inno’ è un componimento formalmente rivolto a una (o più) divinità, secondo una definizione accreditata, com’è noto, già da Platone (Resp. X 607a; Lg. III 700b) 1 e poi ripresa dalla filologia e dall’erudizione alessandrina, tardoantica e bizantina, nella fattispecie da Didimo (pp. 389s. Schm.), Polluce (I 38), Menandro Retore (pp. 331 e 369 Spengel = 3s. e 76s. Russell-Wilson), Proclo ap. Fozio (Bibl. 320a Henry) 2 . Nel citato luogo di Didimo l’‘inno’ viene considerato un ‘genere’, cui afferirebbero diverse * Una versione sintetica di questo contributo è stata presentata a Tallahassee (6.11.2004) e a Firenze (26.4.2005). Sono grato in particolare a Francis Cairns, Douglas L. Cairns, Mary Depew, Angelo Casanova, Enrico Livrea e Manfredo Manfredi per le proficue discussioni. 1 Per una dettagliata analisi dell’impiego di u{mnoç/uJmnei'n in Platone, vd. Velardi 216-220. 2 Vd. Cairns 1972, 91s.; Velardi; Furley-Bremer 1-14.

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«EIKASMOS» XVI (2005)

Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo*

All’interno della produzione saffica superstite compare una varia tipologia di‘inni’, contraddistinti nella loro facies – e certamente già nella loro esecuzioneoriginaria – da caratteristiche specifiche differenziate. Questo dato di fatto non mipare sia stato adeguatamente messo in evidenza dalla critica recente. Nella piùmoderna e ambiziosa raccolta antologica di ‘inni’ greci – mi riferisco ai due tomidi Greek Hymns, pubblicati a Tübingen nel 2001 da William D. Furley e Jan MaartenBremer per i tipi di Mohr Siebeck – l’innologia saffica risulta non solo qualitativamente,ma anche quantitativamente penalizzata, dal momento che gli unici due testi ripro-dotti per esteso e commentati sono i frr. 2 e 17 V. Orbene, pur a tacere delle moltereliquie minori o minime, degli «smallest, barely decipherable, scraps»,programmaticamente trascurati dai curatori dell’opera (Preface IX), non può nonbalzare agli occhi la clamorosa esclusione di alcuni inni famosi, come, ad esempio,quello ad Afrodite (1 V.), il meglio conservato e il più importante, tanto da esserecollocato, per il suo valore emblematico, al primo posto nel primo libro dell’edi-zione alessandrina di Saffo; o il peculiare inno-preghiera a Cipride e alle Nereidi(fr. 5 V.), finalizzato ad impetrare il felice ritorno del fratello Carasso e a manife-stare una ritrovata solidarietà di famiglia.

Sulla derivazione della parola u{mnoç, piuttosto sbrigativa è la trattazione di Furley-Bremer (p. 8), i quali richiamano soltanto alcune delle diverse etimologie (quasi tutte scarsa-mente attendibili) suggerite da antichi e moderni (< *uJmevnw/uJpomevnw, o u{dw/uJdevw, o uJfaivnw),trascurando altre ipotesi segnalate dai dizionari etimologici (ad es. < uJmhvn) e ignorando ilsuggestivo raffronto con l’ai. sumnáh, ‘preghiera di lode’.

Nell’accezione tradizionale, ‘inno’ è un componimento formalmente rivolto a una (opiù) divinità, secondo una definizione accreditata, com’è noto, già da Platone (Resp. X 607a;Lg. III 700b)1 e poi ripresa dalla filologia e dall’erudizione alessandrina, tardoantica ebizantina, nella fattispecie da Didimo (pp. 389s. Schm.), Polluce (I 38), Menandro Retore(pp. 331 e 369 Spengel = 3s. e 76s. Russell-Wilson), Proclo ap. Fozio (Bibl. 320a Henry)2.Nel citato luogo di Didimo l’‘inno’ viene considerato un ‘genere’, cui afferirebbero diverse

* Una versione sintetica di questo contributo è stata presentata a Tallahassee (6.11.2004) ea Firenze (26.4.2005). Sono grato in particolare a Francis Cairns, Douglas L. Cairns, MaryDepew, Angelo Casanova, Enrico Livrea e Manfredo Manfredi per le proficue discussioni.

1 Per una dettagliata analisi dell’impiego di u{mnoç/uJmnei'n in Platone, vd. Velardi 216-220.2 Vd. Cairns 1972, 91s.; Velardi; Furley-Bremer 1-14.

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12 BURZACCHINI

‘specie’ particolari: u{mnoç ... kecwvriçtai de; tw'n ejgkwmivwn kai; tw'n proçodivwn, kai; paiavnwn,oujc wJç kajkeivnwn mh; o[ntwn u{mnwn, ajll` wJç gevnoç ajpo; ei[douç. pavnta ga;r eijç tou;ç uJperevcontaçgrafovmena, u{mnouç ajpofainovmeqa: kai; ejpilevgomen to; ei\doç tw'/ gevnei, u{mnoç proçodivou,u{mnoç ejgkwmivou, u{mnoç paia'noç ... ou{tw Divdumoç ejn tw'/ peri; lurikw'n poihtw'n. Ma, a benconsiderare, la distinzione teorizzata da Didimo appare alquanto approssimativa e insoddi-sfacente; u{mnoç è una denominazione che designa piuttosto una categoria trasversale, dalmomento che – come faceva opportunamente osservare Francis Cairns (1972, 92) – «‘hymn’is not characterized by metre or by length, and hymns can be found in epic, elegy, lyric,etc.»3.

L’innologia saffica è tra le più notevoli nell’àmbito della melica. Anch’essa,come ogni altra produzione innodica, investe – oltre, ovviamente, alla sfera lette-raria – anche l’àmbito del rituale, del culto, ed implica il coinvolgimento di unpubblico. Per quanto riguarda il risvolto religioso, va detto che il confine tra pre-ghiera ed inno, a dispetto di qualche tentativo da parte di studiosi moderni, sembrapiuttosto difficile da marcare in modo netto4. Quanto all’uditorio della poetessa,esso appare prevalentemente identificabile con una comunità di ragazze (quellach’è consuetudine ormai invalsa chiamare impropriamente col nome di ‘tiaso’); maa volte è legittimo presumere che il pubblico destinatario sia circoscritto ad unacerchia di familiari, parenti e amici; altre volte, viceversa, si può ragionevolmentepensare che, in occasione di cerimonie socialmente più rilevanti, esso si estenda aduna comunità maggiormente ampia, aperta eventualmente alla partecipazione dicomponenti cittadine.

3 Vd., in generale, l’ancor utile Wünsch; inoltre Ziegler; Furley-Fuhrer-Berger.4 L’inno sarebbe, in sostanza, un componimento artisticamente più elaborato della preghie-

ra, sostengono (per vero in termini alquanto vaghi) Furley-Bremer 3ss. Per parte sua, Tsomis 38tenta una distinzione più analitica fra preghiera (in senso stretto o più lato) ed inno: per preghierain senso stretto egli intende un componimento il cui fulcro consiste in una richiesta d’aiuto al dioper l’orante o per persone a lui vicine, oppure in una richiesta di punizione contro uno o piùnemici; nella preghiera in senso più lato, la richiesta d’intervento alla divinità, chiamata even-tualmente a spostarsi da una località ad un’altra, sarebbe sostenuta con descrizioni o argomentivari idonei a favorire la captatio benevolentiae e quindi l’esaudimento; diversamente, l’innosarebbe piuttosto un canto di lode in onore della divinità (nella preghiera, precisa inoltre Tsomisl.c., possono anche essere contenuti elementi di lode della divinità, ma solo subordinatamente allarichiesta, come mezzo per conseguire il fine; viceversa, un inno può presentare, assieme al temacelebrativo, anche una richiesta, senza che perciò esso diventi una preghiera tout court). A noipare si possa osservare, in generale, che mentre la preghiera è sempre anche, in qualche modo,un inno, non altrettanto si può dire dell’inno, che può risolversi in un canto di lode al dio senzacontenere necessariamente una richiesta: si pensi, tanto per fare un esempio, all’Inno ad Ermesdi Alceo, fr. 308 V., esaurientemente analizzato nei suoi contenuti da Cairns 1983. In una pre-ghiera prevale comunque la richiesta, in un inno la celebrazione: su questo si può senz’altroconvenire. Sulla preghiera in generale, è ancora utile l’imponente raccolta a cura di R. Boccassino,La preghiera, I-III, Roma 1967 (in part., per la classificazione, le considerazioni di G.B. Pighi,pp. 571-575).

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13Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

La maggior parte della produzione saffica, e dunque anche degli ‘inni’ che essacomprende, fu composta, secondo un’opinione largamente corrente, per un’esecu-zione di tipo monodico. L’orientamento critico dominante, nel corso di quasi tuttoil XX secolo, è stato di ritenere che la poetessa potesse aver programmato perun’esecuzione corale soltanto gli epitalamî, riuniti in un libro a parte (il nonodell’edizione canonica alessandrina), e che tutti gli altri otto libri contenesserocomponimenti esclusivamente monodici5. In questi ultimi anni, a dire il vero, incontrapposizione alla tendenza tradizionale, non è mancato chi – talvolta anche acosto di qualche forzatura – ha creduto di poter individuare, all’interno della pro-duzione saffica, una ben più rilevante presenza di testi destinati ad essere eseguitida parte di un coro6. Il discrimine tra la melica destinata ad un’esecuzione a soloe quella concepita per una performance corale, in effetti, per noi moderni non èsempre definibile con sicurezza, stante per lo più la mancanza di oggettivi eincontrovertibili elementi di valutazione al riguardo7. Ciò nonostante, non sembravi siano motivi sufficienti per mettere in discussione la natura prevalentementemonodica del corpus delle poesie di Saffo; converrà peraltro ammettere che l’ipo-tesi di un’esecuzione corale anziché monodica, almeno in qualche caso, debbaessere presa in seria considerazione8.

Vediamo di esaminare una serie di testi saffici riconducibili alla categoriadegli ‘inni’, soffermandoci su quelli maggiormente significativi.

1 Voigt

Il carme 1 V. ci era integralmente noto già dalla tradizione indiretta (Dionigidi Alicarnasso, Comp. 23), prima che su questa venisse parzialmente a sovrapporsiun papiro d’Ossirinco (P. Oxy. 2288):

PoiÕkilovqroõn` ajqanavt` Afrovdita,pai'Õ DõivÕoç dolõovploke, livççomaiv çe,mhv m`Õ a[çaiçi õmhd` ojnivaiçi davmna,

4 povtnÕia, qu'õmon,ajllÕa; tuivd` e[lõq`, ai[ pota kajtevrwta

5 Del tutto arbitraria, e per giunta basata su un’erronea lettura paleografica, è l’ancor piùradicale posizione di Lasserre 17-61, secondo il quale l’unico componimento corale della poetes-sa sarebbe da individuare in un imeneo posto all’inizio del l. VIII, il cui incipit sarebbe il r. 1 delfr. 103 V., e che dovrebbe comprendere almeno una dozzina di frammenti superstiti in ritmodattilico (frr. 117B, 104, 105b, 107, 109, 117A, 111, 115, 110, 105a, 106, 108 V.).

6 Così Lardinois 1996 e 2001.7 Su ciò vd. Davies e Cingano.8 Sul pubblico di Saffo e sulle modalità performative si veda un’aggiornata discussione in

Ferrari 2003.

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14 BURZACCHINI

ta;Õç e[maç au[õdaç ajivoiça phvloie[kÕlueç, pavtroõç de; dovmon livpoiça

8 cÕruvçion h\lqõeça[rÕm` ujpaçdeõuvxaiça: kavloi dev ç` a\gonw[Õkeeç çtrou'õqoi peri; ga'ç melaivnaçpuvÕkna divnõnenteç ptevr` ajp` wjravnw ai[qe-

12 roÕç dia; mevççw:ai\Õya d` ejxivkoõnto: çu; d`, w\ mavkaira,meidiaivõçaiç` ajqanavtwi proçwvpwih[Õre` o[ttõi dhu\te pevponqa kw[tti

16 dhÕu\te kõavlÕhõmmikÕw[tti õmoi mavliçta qevlw gevneçqaimÕainovlai õquvmwi: tivna dhu\te peivqwm`

a[Õy _ ç _` a[ghn9 õejç ça;n filovtata; tivç ç`, w\20 YavÕpf`, õajdikhvei;

kaÕi; gõa;r aij feuvgei, tacevwç diwvxei,aij de; dw'ra mh; devket`, ajlla; dwvçei,aij de; mh; fivlei, tacevwç filhvçei

24 kwujk ejqevloiça10.e[lqe moi kai; nu'n, calevpan de; lu'çonejk merivmnan, o[çça dev moi tevleççaiqu'moç ijmevrrei, tevleçon, çu; d` au[ta

28 çuvmmacoç e[çço.

Dea dal trono adorno, immortale Afrodite,figlia di Zeus, orditrice di lacci, ti prego:non domarmi con ansie e con tormenti,

4 signora, il cuore,ma qui vieni, se mai anche altra voltaquesta mia voce udendo di lontanol’ascoltasti e, lasciata del padre la dimora

8 aurea, venisti,

9 Testo insicuro: per un orientamento, oltre ai canonici Lobel-Page, Page 1955 e Voigt adl., vd. Saake 54-59; Turner 21-27 e plates 4-5; Nicosia 1976, 210-214; Bz. 1977, 129s.; DiBenedetto 1983; inoltre Andrisano; Parca; Amato; Slings; da ultimo Tsomis 41 n. 11. La solu-zione che propongo per il vessatissimo luogo è affine a quella suggerita da Di Benedetto 1983,con l’unica differenza che mentre Di Benedetto legge peivqwm` / a]]y _ {ç _} a[ghn ktl., espungendol’incomodo sigma, io ritengo invece che esso debba essere conservato, garantito com’è sia dallatradizione indiretta sia dal papiro, e spiegato come un caso eccezionale di elisione, = ç(oi) dat.commodi. Sulla questione mi riprometto di ritornare in altra sede.

10 Per la lezione qui accolta, vd. Bz. 1977, 131. Da ultimo, Ferrari 2001, 56 n. 25 torna adaccreditare kwujk ejqevloiça<n> (Schäfer) o kwu[ ke (Lobel) qevloiça<n> (Privitera), con argo-menti, tuttavia, a nostro avviso non persuasivi.

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15Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

aggiogato il cocchio. Belli ti guidavanoveloci passeri sulla nera terra,fitte battendo l’ali giù dal cielo,

12 per mezzo l’etere.Rapidamente giunsero, e tu, o beata,sorridendo nel tuo volto immortale,domandasti perché ancora una volta io soffrissi,

16 e perché ancora una volta ti invocassi,e che cosa soprattutto io volessi che accadesse per menel mio cuore folle: «Chi ancora una volta debbo accondiscenderea convertire per te, al tuo amore11? Chi,

20 o Saffo, ti fa torto?Ché se fugge, presto inseguirà,e se doni non accetta, però ne donerà,e se non ama, presto amerà

24 anche contro sua voglia».Vieni a me anche ora, scioglimi dalle penoseangosce, e tutto quel che per me il cuorebrama si compia, compilo; tu stessa

28 siimi alleata.

Il carme presenta la tipica struttura dell’inno cletico. Si comincia con l’invo-cazione ad Afrodite, apostrofata con un corredo di significativi epiteti (vv. 1s.);segue una duplice richiesta alla dea: l’una, di stornare dalla poetessa le sofferenzed’amore (vv. 2-4), l’altra, di recarsi da lei in soccorso, così come già ebbe a farein passato (vv. 5-9). Tutta la parte centrale dell’inno (vv. 9-24) è occupata da unaminuziosa rievocazione di tale precedente emblematica esperienza12: una prassipropiziatoria, finalizzata a riattualizzare l’intervento della dea, a salvaguardia dellanorma della giusta reciprocità in amore e della soddisfazione della supplicante. Lapreghiera si conclude circolarmente con la rinnovata richiesta di pronto intervento,di liberazione dalle pene, di appagamento dei desideri, di alleanza nel cimento davincere (vv. 25-28).

Secondo Vincenzo Di Benedetto, Saffo cercherebbe di uscire dalla stretta chel’attanaglia «non con una iniziativa nei confronti della ragazza che la fugge, ma conla preghiera» (1987, 20). A ben vedere, però, proprio questa preghiera è anche, infondo, un’iniziativa nei confronti della fanciulla coinvolta. Il nostro testo sarà stato,verosimilmente, una canzone a solo, tuttavia destinata ad essere eseguita nell’am-biente della comunità femminile che attorno a Saffo gravitava. La poetessa nonl’avrà cantata per sé sola, senza astanti, in un sacello della dea: l’avrà piuttostoeseguita (o fatta eseguire) in presenza delle fanciulle del tiaso, in una circostanza

11 Letteralmente: «a sospingere indietro per te, verso il tuo amore».12 L’epifania della dea è stata perfino interpretata come un’autentica apparizione: così Bowra

289s.

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in cui – è ragionevole supporre – anche la ragazza interessata avrà potuto assisterealla performance. Per concludere, l’inno sarà stato, sì, una preghiera elevata adAfrodite da Saffo nella sua veste di ‘sacerdotessa’ del culto della dea (un ruolo chela poetessa avrà certamente rivestito nel tiaso, se non nella città, come taluni pretendo-no); ma, date le circostanze, il carme avrà anche e soprattutto assolto la funzionedi canto paradigmatico, col suo contenuto esistenziale e col suo messaggio‘psicagogico’, finalizzato a vincere la resistenza della fanciulla riottosa.

Alcune osservazioni particolari13.Al v. 1 l’epiteto poikilovqronoç, tradizionalmente inteso ‘dal trono variegato’, rappre-

senta un omaggio alla nobile regalità della dea, ma al tempo stesso, grazie alla valenza delcomponente poikilo-, assume una connotazione anche metaforica, con riferimento all’inge-gnosità e alla scaltrezza dell’elaborazione artistica, con l’effetto di anticipare in qualchemodo la nozione sottesa al dolovplokoç del v. 214. Taluni preferiscono assegnare al compo-sto il senso ‘dal manto infiorato’, sulla scorta di Hom. Il. XXII 441, dove qrovna poikivlasono ‘variopinti fiori ricamati’. Questa interpretazione – che risale al Wustmann (p. 238 n.50) – fu sbrigativamente respinta dal Wilamowitz (p. 44), ma è stata tuttavia favorevolmenteaccolta da vari studiosi15, da ultimo anche dal Lasserre, il quale si spinge addirittura adipotizzare la presumibile occasione del canto: la dedica ad Afrodite di un mantello, tessutodalle stesse allieve di Saffo. In realtà non v’è nulla, nel testo, che avalli una simile esegesi.«Da un lato» – osserva a ragione la Bonanno (1997) – «non risulta perspicuo, né appropria-to, l’epiteto ‘dai bei ricami’ riferito a una dea (laddove ad essere ricamato sarebbe verosi-milmente il mantello); dall’altro è difficile ed anzi impossibile separare il composto safficodalla serie strutturale che, oltre agli omerici ejuvqronoç e cruçovqronoç, annovera i pindariciajglaovqronoç, uJyivqronoç, oJmovqronoç, gli eschilei liparovqronoç e divqronoç, etc., per lopiù epiteti di divinità» (p. 53)16. Molto opportunamente, poi, la studiosa, a sostegno dell’esegesitradizionale, richiama l’attenzione, fra l’altro, su un luogo dell’Odissea, I 130-13217 aujth;nd` ejç qrovnon ei|çen a[gwn ... / kalo;n daidavleon ... / pa;r d` aujto;ç kliçmo;n qevto poikivlonktl. (p. 54), dove un qrovnoç daidavleoç ed un kliçmo;ç poikivloç, seggi entrambi di regaledignità, vengono significativamente accostati; riscontro tanto più notevole in quanto «inOmero poikivloç e daidavleoç sono epiteti intercambiabili per kliçmovç, a sua volta regal-mente e divinamente sostituibile con qrovnoç» (p. 55).

Al v. 2 particolare rilievo ha l’epiteto dolovplokoç, che Privitera (1967, 16ss.; 1974,36ss.), principalmente sulla scorta del racconto odissiaco degli amori di Ares e di Afrodite(VIII 272ss.), ha acutamente spiegato non tanto come ‘tessitrice d’inganni’, quanto piuttostocome ‘orditrice di reti’ (giacché nel citato luogo dell’Odissea dovloç è, concretamente,l’invisibile marchingegno con cui Efesto imbriglia i due amanti). Afrodite viene invocata inquesto modo in quanto è in suo potere non soltanto la facoltà di catturare, ma altresì quelladi liberare dalle trappole amorose chi v’è rimasto impigliato. Non sarà un caso se ai vv. 25s.

13 Per un commento analitico, mi permetto di rinviare a Bz. 1977, 123-132; 1987, 105-110.14 Cf. Privitera 1967, 11-13; Bonanno 1997, 53s.15 Tra questi Lawler 1948 e 1960-1961; Bolling; Putnam; Merkelbach 1973a.16 Con rinvio a Privitera 1967, 12.17 Sbrigativamente segnalato da Page 1955, 5.

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17Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

la poetessa ricorre ad un’espressione come calevpan de; lu'çon / ejk merivmnan, supplicandodi essere sciolta dalle penose angosce in cui è rimasta per l’appunto intrappolata.

Di Benedetto (1987, 17ss.) ha messo in evidenza lo stato di ‘nevrosi’ che caratterizzala situazione di Saffo, frustrata dalla riottosità della fanciulla e dunque dall’aporia dell’amo-re non corrisposto. Non per nulla a[çai ed ojnivai, ‘ansie’ e ‘tormenti’ (v. 3), si accompagnanoad una condizione di ‘follia’ (v. 18 mainovlai quvmwi), punta estrema dell’irrazionalità dell’eros.

Al carro della dea sono aggiogati dei ‘passeri’ (vv. 9s.). A prima vista, ciò potrebbeapparire strano. Viktor Pöschl ha sostenuto che si tratti genericamente di ‘uccelli’, o tutt’al piùdi ‘cigni’: le sue argomentazioni, tuttavia, peccano di eccesso di razionalismo. Gli ha oppor-tunamente replicato Hartmut Erbse, sottolineando come nel secondo canto dell’Iliade, nelracconto del prodigio del serpente e degli çtrouqoi'o neoççoiv – l’unico passo omerico in cuicompare il termine çtrouqovç, Il. II 311, cf. 317 e 326 – il senso del vocabolo siaincontestabilmente quello specifico di ‘passero’: Saffo non avrebbe potuto ignorare l’isolatoascendente epico. D’altronde, non abbiamo certo a che fare con una mera rappresentazionefiabesca; né tutto si dovrà ridurre ad una briosa immagine, estemporaneamente suggerita allapoetessa dalla spensierata vivacità di gioiosi uccelletti. Piuttosto, i passeri – com’è noto – eranoconsiderati sacri ad Afrodite per la loro presunta lascivia, come specificamente attesta Ateneo,IX 391e-f. Che dunque dei passeri, animali dello zoo afroditico, siano aggiogati al cocchiodella dea dell’amore, apparirà del tutto naturale. A sostegno di questa esegesi si può addurreanche un passo delle Metamorfosi di Apuleio (VI 6), che né Pöschl né Erbse prendono inconsiderazione: in esso il prezioso cocchio di Venere viene descritto come trainato da quattrocandide columbae, nonché scortato da disinibiti, cinguettanti passeres e da ceterae, quae dulcecantitant, aues. È probabile che Apuleio non ignorasse l’ascendente saffico; in ogni caso,anche per il dotto madaurese i saffici çtrou'qoi altro non dovevano essere che passeri18.

Sorprende che più di uno studioso (tra cui Page 1955, 15; Lesky I 196) abbia inteso ilsorriso di Afrodite (v. 14) come espressione di un atteggiamento tra divertito e spazientito,quasi d’una madre che redarguisca bonariamente una figliuola. Secondo tale interpretazione,le parole rivolte dalla dea a Saffo (vv. 15s.) costituirebbero una sorta di benevolo rimpro-vero. Ma non sembra, questa, una giusta chiave di lettura. Il sorriso di Afrodite (vv. 13s. çu;d`, w\ mavkaira, / meidiaivçaç` ajqanavtwi proçwvpwi) starà piuttosto a significare la superioreserenità della dea immortale; esso è dunque anticipazione della garanzia della giusta reci-procità in amore, cui si riferiscono esplicitamente i vv. 21ss19. Non contraccambiare chi amaè un’ajdikiva (vv. 19s.: «Chi ti fa torto, o Saffo?»); Afrodite è invocata, nella chiusa, adessere ‘alleata’ di Saffo (v. 28 çuvmmacoç); eros è mavch, e chi ha come alleata la dea stessadell’amore non potrà non vincere la battaglia: la dea garantisce, insomma, che l’amata orarestia, com’è già successo altra volta, finirà col deporre ogni riluttanza, e non solo cesseràdi recalcitrare, ma aderirà con entusiasmo.

Basterebbe un componimento come questa ode, tutta filigranata di materiali e di stilemidell’epos, per confutare il pregiudizio vernacolare del Lobel, secondo cui la poetessa avreb-be utilizzato, per le sue composizioni, il puro dialetto di Lesbo: la parlata locale, insomma,sottoposta per giunta a rigide restrizioni. Un assunto del tutto teorico, questo, basato su unapetizione di principio, e continuamente smentito dai fatti. Il lesbico di Saffo è una lingua che

18 Per una disamina più dettagliata, vd. Bz. 2000.19 Vd. Bonanno 1973.

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accoglie, sì, elementi epicorici, ma rimane anche saldamente ancorata alla tradizione lette-raria, epica in particolare.

Là dove il testo lo consente, peraltro, converrà non limitarsi ad indagare gli epicismicome utenze (anche se ciò sarà utile e indispensabile a individuare moduli di derivazioneomerica e a caratterizzare la complessa dipendenza di Saffo dall’epica). Sarà opportunoverificare se per caso il rapporto con l’epos non sia più complesso e sostanziale, non ridottosoltanto alle pur frequenti risonanze formali. È quanto ha limpidamente dimostrato, proprioa proposito dell’inno saffico ad Afrodite, Vincenzo Di Benedetto (1973), chiamando incausa la nota disavventura di Afrodite narrata nel quinto canto dell’Iliade. Nel poema omericola dea, ferita da Diomede, vola sul cocchio verso l’Olimpo (v. 367 ai\ya d` e[peiq` i{kontoqew'n e{doç aijpu;n “Olumpon, cf. Sapph. 1,13 ai\ya d` ejxivkonto); la madre Dione la consolaaffettuosamente (la domanda del v. 373 tivç nuv çe toiavd` e[rexe, fivlon tevkoç; ha un palesependant in Sapph. 1,19s. tivç ç`, w\ / Yavpf` ajdikhvei;)20, e le garantisce che chi le ha recatooffesa cambierà presto atteggiamento, eij kai; mavla karterovç ejçti (v. 410: cf. Sapph. 1,21-23). «Deve essere stata […] intenzione di Saffo […]» – osserva Di Benedetto – «presentarenell’ode una situazione che per certi aspetti è il rovesciamento di quella del V libro dell’Iliade.Lì è la dea dell’amore che deve cedere di fronte al guerriero che la ferisce, ed è tormentatadai dolori (cf. v. 354 ajcqomevnhn ojduvnhiçi) ed è costretta a pregare con insistenza Ares (cf.v. 358 polla; liççomevnh) e vola con il cocchio per trovare rifugio fra le braccia della madre.Saffo invece ‘riscatta’ questa situazione di disagio e di inferiorità in cui si trova Afrodite:la dea dell’amore questa volta vola con il suo cocchio non per cercare, ma per recareconforto a chi prega ed è agitata dal dolore e dal turbamento. Alla logica della guerra chenon risparmia la dea dell’amore, si sostituisce una ‘logica’ nuova, che trova il centro nel-l’affermazione e nella ‘rivincita’ di Afrodite» (p. 122).

Fr. 2 Voigt

La considerazione della temperie culturale e religiosa può dar conto di ‘rituali’che investono la vita del tiaso. È il caso, ad esempio, del fr. 2 V.21, il carme del-l’ostrakon fiorentino (PSI XIII 1300), trascritto in maniera alquanto imprecisa (forse

20 La Bonanno (2000) fa notare come l’apostrofe rivolta ojnomaçtiv dalla dea alla poetessasia stata probabilmente suggerita dal verso immediatamente precedente, Il. V 372, dov’è dettodell’affettuoso atteggiamento di Dione: ceiriv tev min katevrexe, e[poç t` e[fat` ejk t` ojnovmaze. «Ilprecoce çfragiçmovç», osserva la studiosa, «che simbolicamente contrassegna l’ode con cui iniziail corpus poetico di Saffo, nasce dunque da una suggestione omerica. Lo stesso discorso direttodi Afrodite, che irrompe ‘mimeticamente’ nella diegesi del racconto lirico (però in prima perso-na), appare provocato da una memoria poetica saldamente incardinata sul racconto epico giàinterrotto dal duetto dialogico fra Dione e Afrodite» (p. 94).

21 Delle scelte testuali, che non sempre collimano con quelle effettuate dalla Voigt, è dataragione infra. Si è tenuto adeguatamente conto, per quanto possibile, dei contributi della lette-ratura secondaria up-to-date. La traduzione presuppone talvolta una restituzione exempli gratia.Devo alla cortesia della Direzione della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze se ho potutodisporre di un’eccellente fotografia dell’ostrakon.

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19Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

da uno scolaro sotto dettatura) su un coccio databile al III/II sec. a.C. Si tratta di uncomponimento che sembra avere le caratteristiche più della preghiera che dell’inno:la menzione di prerogative in lode della divinità, nella parte superstite del carme,non è esplicita; la Stimmung prevalente è una richiesta di epifania. Se la letturadell’incipit, qui accolta e.g., coglie nel segno, la dea Cipride viene invitata a lasciareuno dei luoghi precipui del suo culto, l’isola di Creta, per recarsi a Lesbo presso unaltro sito a lei sacro, descritto in termini accattivanti, dove la poetessa e una comu-nità riunita attorno a lei si accingono a celebrare un festoso rito conviviale22.

1a o _uj _Õranovqen katiou'[ça

deu'ruv m` ej<k> Krhvta _ç ..(.)[ ]|.nau'ona[gnon o[pp[ai ] cavrien me;n a[lçoçmaliv[an],| bw'moi d` e[<n>i qumiavme-

4 noi [li]|b _anwvtw<i>:ejn d` u[dwr yu'cron kelavdei di` u[çdwnmalivnwn, brovdoiçi de; pai'ç oj cw'roçejçkivaçt`, aijquççomevnwn de; fuvllwn

8 kw'ma katavrrei:ejn de; leivmwn ijppovbotoç tevqale†tw _t...(.)rinnoiç† a[nqeçin, aij d` a[htaimevllica pnevoiçin [

12 [ ]e[lqe dh; çu; ....(.) e[loiça Kuvpricruçivaiçin ejn kulivkeççin a[brwç<oj>m<me>meivcmenon qalivaiçi nevktar

16 oijnocoveiça

1a … dal cielo scendendo …qua a me da Creta (accedi) al tempiosacro, ov’è (per te) un delizioso boscodi meli, e altari vi sono che mandano effluvi

4 d’incenso;qua, acqua refrigerante rumoreggia di tra i ramidei meli, di rose tutto quanto il luogoè ombreggiato, e all’agitarsi delle foglie

8 un sopore giù s’effonde;qua un prato, pascolo di cavalle, è tutto un tripudiodi fiori …, e le brezzedolcemente spirano …

12 …

22 Notevoli luoghi paralleli sono segnalati nell’apparato della Voigt (p. 34), cui si rinvia.

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20 BURZACCHINI

Vieni sì, tu, prendi (un’anfora), o Cipride,in auree coppe elegantementemischiato alle gioie della festa nettare

16 mescendo

I vv. 5-8 erano parzialmente noti da una citazione di Ermogene (Id. 2,4 p. 331,19ss.Rabe w{çper hJ Çapfw; «ajmfi; de; u{dwr yucro;n keladei' di` u[çdwn malivnwn» kai; «aijquççomevnwnde; fuvllwn kw'ma katarrei'»), così come i vv. 13-16 da una di Ateneo (XI 463e kai; kata;th;n kalh;n ou\n Çapfwv:

ejlqev, Kuvpri,cruçivaiçin ejn kulivkeççin aJbrw'ççummemigmevnon qalivaiçi nevktar

oijnocoou'ça

touvtoiç toi'ç eJtaivroiç ejmoi'ç te kai; çoi'ç23): ma nessuno, prima dell’editio princeps dell’ostrakon(Norsa 1937), aveva sospettato la loro appartenenza a uno stesso componimento24.

Nel rigo 1a, secondo una lettura proposta per litteras da Wilcken alla Norsa nel 1937e ora confermata da Pintaudi, sembra doversi leggere o _u _ jÕranovqen katiou'[ça: una locuzioneche, per lingua e metro, non potrebbe appartenere al testo saffico. Il ritmo dattilico (cf. Il.XVII 545 oujranovqen kataba'ça, IV 475 ”Idhqen katiou'ça) sembrerebbe anzi legittimarel’ipotesi che ci si trovi di fronte ad un frammento innodico esametrico adespoto (così giàWilcken; da ultimo, Ferrari 2003, 64s. n. 55). Ma non è da escludere che il rigo conserviinvece, metagrammatizzate e corrotte, le tracce di una strofa precedente, che poteva forsecontenere una prima allocuzione diretta alla dea – nel testo superstite se ne avverte lamancanza – ad anticipare la successiva apostrofe del v. 13 Kuvpri, che ha tutta l’aria dicostituire una funzionale ripresa. In tal caso, susciterebbe semmai qualche perplessità lacompresenza del moto espresso da oujranovqen, «giù dal cielo», con il susseguente ej<k>Krhvtaç, «da Creta», posto che così si debba leggere al v. 1 (vd. infra): se non altro, perchélogicamente ej<k> Krhvtaç dovrebbe precedere e non seguire oujranovqen.

All’inizio del v. 1 l’ostrakon reca deurummekrhta _ç, attendibilmente dipanato in deu'ruvm` ej<k> Krhvta _ç da Theander: la dea viene invitata, se la lettura è giusta, a lasciare la sededi Creta e a recarsi in altra sede, ad un santuario presso la poetessa (o presso l’‘io’ lirico)in Lesbo25. La menzione di località care alla dea e/o l’eventuale invito ad abbandonare unluogo per recarsi in un altro sono documentati anche altrove sia in Saffo, cf. fr. 35 V. h[ çeKuvproç kai; Pavfoç h] Pavnormoç, sia in altri autori, cf. ad es. Alcm. fr. 55(i) Dav. Kuvpron

23 Le parole touvtoiç toi'ç eJtaivroiç ejmoi'ç te kai; çoi'ç non sono reliquia di una strofasuccessiva, come pure da parte di taluni si è pensato, ma appartengono alla prosa del testimone(Nicosia 93-99).

24 Per i problemi particolarmente complessi posti, in questo caso, dalla duplice sovrapposizionedella tradizione ostracologica su quella indiretta, vd. Nicosia 83-110.

25 Legami tra Creta e Lesbo, nell’intento di chiarire il richiamo al culto afroditico creteseevocato nel nostro testo, sono indagati da Lasserre 183s. e da Aloni Ls. Anche i meli menzionatiai vv. 2s. e 9s., fanno notare entrambi gli studiosi, potrebbero essere i noti Kudwvnia ma'la,‘cotogni’, di origine cretese (dalla città di Kudwniva), vd. Trumpf.

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21Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

iJmerta;n lipoi'ça kai; Pavfon perirruvtan, Anan. fr. 1,1s. W.2 (= Hippon. fr. °°217,1s. Dg.2)“Apollon, o{" pou Dh'lon h] Puqw'n` e[cei" / h] Navxon h] Mivlhton h] qeivhn Klavron, Aesch.fr. 402a R. Kuvprou Pavfou t` e[couça pavnta klh'ron, secondo uno schema che non manche-rà di avere fortuna anche presso i Latini, cf. Catull. 64,96 quaeque regis Golgos quaequeIdalium frondosum, Hor. Carm. I 30,1s. O Venus regina Cnidi Paphique, / sperne dilectamCypron, etc. Altri tentativi di restituzione (vd. Voigt adp. ad l.; Lasserre 182s.) appaiono piùaleatori; in ogni caso, quasi tutti gli studiosi ammettono un riferimento a Creta o, quantomeno, ai Cretesi26. Nel nostro testo doveva seguire probabilmente l’imperativo d’un verbodi moto, qualcosa come e.g. p _r _[oçivkan]e _ (Ferrari 2000, 37-40; 2003, 65). L’avverbio deu'rupotrebbe essere un indizio di incipit di carme, cf. Sapph. frr. 53 brodopavceeç a[gnai Cavriteçdeu'te Divoç kovrai, 127 deu'ro dhu\te Moi'çai cruvçion livpoiçai e 128 V. deu'tev nun a[braiCavriteç kallivkomoiv te Moi'çai, inoltre Alcae. fr. 34 V., Stes. fr. 193 Dav.; ma, come sopraaccennato, si desidererebbe sùbito anche l’invocazione diretta alla dea: nel carme 1 V.,come si è visto, l’apostrofe rivolta ojnomaçtiv alla dea è contenuta nel v. 1, mentre l’invitoa venire presso l’orante è collocato all’inizio della seconda strofa: ajlla; tuivd` e[lqe. Allafine del v. 1 il guasto naugon è probabilmente sanabile in nau'on (Lobel), in enjambementcon a[gnon all’inizio del v. 2; per il nesso nao;ç aJgnovç, cf. Alcm. fr. 14b Dav., Carm. pop.25 (PMG 871), 2s. P. Al v. 2, la lacuna d’una sola sillaba è ottimamente colmata da toi(= çoi) proposto da Page: un dativus commodi ben risponde alla finalità propiziatoria checaratterizza il contesto. Nel v. 3 maliv[an] suppl. Lobel. Dopo b _w'moi l’ostrakon reca demi:la correzione si deve a Pfeiffer e Vogliano. Nel v. 4 l’integrazione desinenziale [li]|b _anwvtw<i>si deve al Turyn, giacché la normale costruzione del verbo è col dativo, cf. Hippon. fr. *206Dg.2 knivçhi ... qumihvçaç, Eur. fr. 773,14 K. ojçmai'çi qumiw'çin, ma non è da escludere ungenitivo partitivo: Pfeiffer cita a riscontro Lucian. Prom. 19 libanwtou' qumia'n. È notevolela menzione dell’incenso (cf. anche Sapph. fr. 44,30 V. muvrra kai; kaçiva livbanovç t`), quiimpiegato nel rituale; l’esperienza di aromi e profumi è documentata anche altrove nell’ope-ra di Saffo, cf. fr. 94,18-20. Al v. 8 kw'ma indica una situazione di ‘sopore’ indotto per divinoincantamento (Wiesmann)27; in Hom. Od. XVIII 201 h\ me mavl` aijnopaqh' malako;n peri;kw'm` ejkavluyen è detto della rilassata tranquillità indotta in Penelope ad opera di Atena.Subito dopo, l’ostrakon reca katairion, Ermogene katarrei' (senz’altro accolto, quest’ul-timo, da Furley-Bremer), ma bisognerà forse leggere, con Lasserre 182s., katavrrei (-eei >-ei, vd. Hamm 34); altri diversamente: katevrrei Sitzler, kataivrei (= kaqairei') Page,katavgrei Risch. Al v. 9 preferisco tradurre ijppovbotoç «pascolo di cavalle» (vd. Bz. 1997,82; così anche Aloni 7), per la probabile allusione metaforica all’iniziazione amorosa dellefanciulle del tiaso. L’incipit del v. 10 appare difficilmente decifrabile e probabilmente celauna grafia scorretta, a giudicare dall’eccesso di tracce d’inchiostro; di fronte a questo statodi cose, la Voigt crocifigge †tw _t...(.)rinnoiç†. La presenza della finale -rinnoiç, in accordocon a[nqeçin, ha suggerito alcuni tentativi di lettura o proposte di restituzione: <p>rinivnoiç<ujp`> ‘di leccio’ Norsa, hjrivnoiç<in> ‘di primavera’ Vogliano, lwtivnoiç<in> ‘di loto’ Schubart,zwpu _rivnnoiç` ‘di clinopodio’ (ingl. ‘horse-thyme’) Theiler 23 (avallato ora da Lasserre

26 Non senza qualche eccezione: West 1970, 316, ad esempio, escludendo il toponimo (ol’etnico), leggerebbe – praeeunte Schubart – eiçrhtaç, i.e. ejç brhvtaç ‘nei giorni fissati’ (scil. perla festa).

27 Wiesmann 11 configura però già una presenza della dea; contra Tsomis 58 n. 74, perchéproprio l’invogliante descrizione del luogo deve semmai servire a indurre la dea all’epifania.

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22 BURZACCHINI

182s.). Per la fine del verso, invece, dove nell’ostrakon si legge aiaaihtai, probabile ap-pare la restituzione aij <d`> a[htai (Lobel-Page).

Di cruciale importanza per l’interpretazione globale del componimento è l’assetto deivv. 13-16. Al v. 13 l’ostrakon reca enqadhçu....(.)eloiçakupri: attendibili sembrerebberoall’inizio e[nqa dh; çuv, alla fine e[loiça Kuvpri, ma nell’incipit e[nqa sarà probabilmente dacorreggere in e[lqe (Norsa ed altri), sulla scorta del citato luogo di Ateneo, dov’è tràditoejlqe; Kuvpri28 (sui problemi posti dalle evanide tracce – 4 o 5 lettere – nella parte intermediadel verso, vd. infra). Al v. 14 l’ostrakon fornisce akrwç, Ateneo aJbroi'ç: s’impone a[brwç,già divinato dal Bergk sulla scorta del solo Ateneo. Al v. 15 nell’ostrakon si legge .mmeicmenon,Ateneo ha çunmemigmevnon, accreditabile appare <oj>m<me>meivcmenon restituito dalla Lanata(ojm- già Gallavotti) e accolto dalla Voigt. Al v. 16 oijnocoveiça è del Neue, Ateneo offreoijnocoou'ça, nell’ostrakon si è letto o _i _n _o _coveiça (Norsa), wno- (Gallavotti, Lanata), -cova _iça(Diehl), -cova _iça vel cove _iça (Lanata); oijnocovaiço _[n (Theiler, Lobel-Page); per il concetto,cf. Xenophan. B 1,4 D.-K. = 1,4 W.2 = 1,4 Gent.-Pr. krath;r d` e{çthken meçto;ç eju>froçuvnhç.A quanto pare, nei vv. 13ss. viene efficacemente ribadito (si noti al v. 13 l’impiego enfaticodel dhv) l’invito rituale alla dea a venire al raduno e a fungervi da coppiera, mescendoelegantemente in auree coppe un nettare mischiato alle gioie della festa. L’esegesi è tuttaviaostacolata dal fatto che nella zona centrale del v. 13 la lettura delle tracce superstiti sipresenta estremamente difficoltosa. Vi si desidererebbe un termine oggetto di e[loiça: laNorsa leggeva çtem (scil. çtevm<mat`>, ‘bende’, soluzione accolta da Lobel-Page); …anintravvedeva Page 1955, 39; çu.an la Lanata (così anche la Voigt, che appone cruces). Daultimi, Furley-Bremer II 114s. prendono in considerazione e.g. xu'non, da riferire a nevktarnel senso di «(enjoyed in) common», ma l’ordo verborum sconsiglia una tale proposta. Nonè mancato, peraltro, qualche tentativo in direzione completamente diversa: così, ad esempio,mantenendo e[nqa all’inizio del verso, Malnati leggerebbe un imperativo e[nqa dh; çu; dovç m`

ej<qev>loiça, Kuvpri29, dove l’integrato ej<qev>loiça, in connessione con dovç m(oi), sarebbeda intendere nel senso di ‘propizia’, secondo la topica della captatio benevolentiae. Larestituzione proposta da Malnati è ora sostanzialmente accolta da Ferrari (2000, 41-44 e2003, 65s.), secondo il quale, peraltro, al v. 16 dell’ostrakon l’wjnocovaiça sarebbe da inter-pretare come oijnocovaiça[i, infinito gravitante su dovç m(e)30; l’esegesi che ne risulta confi-gura una situazione assolutamente diversa: non avremmo più a che fare con un invito rivoltoa Cipride perché intervenga di persona a fungere da coppiera, ma sarebbe la stessa Saffo achiedere che la dea le conceda di versare in auree coppe nettare mescolato a letizie. Ferrari2003, 67 si spinge anzi ad ipotizzare che con tale immagine debba intendersi, in sensotraslato, il nettare della poesia, secondo una metafora cara a Pindaro (O. 7,7s.; fr. 94b [Parth.2],76-78; fr. 194 teste Aristid. Or. 49,57) e ripresa poi da Meleagro in riferimento ad Anacreonte(1,35s. G.-P. = AP IV 1,35s.), cf. anche Dionys. Chalc. frr. 1 e 4 W.2 Una simile nuova

28 Di diverso avviso Nicosia 100ss., che, difendendo e[nqa, propende per imputare ejlqev adintervento del testimone.

29 Già Turyn 309, peraltro, aveva proposto di leggere d _ov _ç _ m` [ej]q _ev _loiça. Prima di lui,Schubart 1938, 302s., sulla scorta d’una lettura d _o _ç _m|e _l _oiça, aveva ipotizzato do;ç medevoiça(congettura poi ripudiata, vd. Schubart 1948, 312).

30 Ad oijnocovaiça[i], inteso però come un imperativo, pensava anche Steffen 17, assegnan-do oltretutto alla forma mediale un improbabile significato: «Venus […] invitatur […] ut nectarsibi ministrari sinat» (ineccepibili le obiezioni di Nicosia 106 n. 91).

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23Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

lettura e la conseguente interpretazione, per quanto suggestive, lasciano tuttavia adito a nonpoche perplessità: pur dando per scontata, infatti, la problematica condizione paleograficadell’ostrakon, che obbliga alla cautela consentendo ben poche certezze, resta il fatto cheproprio al v. 16 la presenza di una forma participiale sembra garantita dalla convergenzadelle prove, giacché anche il testimone di tradizione indiretta, Ateneo, offre qui, come sopraaccennato, un inequivoco oijnocoou'ça31. Oltretutto, la rappresentazione di una divinità investe di coppiere/a è ben nota ad Omero (cf. Il. I 598 oijnocovei gluku; nevktar ajpo; krhth'roçajfuvççwn, IV 3 nevktar ejwinocovei, Od. V 92s. qea; parevqhke travpezan / ajmbroçivhç plhvçaça,kevraççe de; nevktar ejruqrovn), e non è nemmeno un unicum nella poesia di Saffo: si vedano,ad esempio, il fr. 96,26ss. V., dov’è probabilmente descritta ancora Afrodite (o, in alterna-tiva, Peito) nell’atto di versare nettare da un’aurea anfora:

kai; d[.]m _[ ]oç `Afrodivtakam[ ] nevktar e[ceu` ajpu;

cruçivaç [ ]n _an...(.)]apour _[ ] cevrçi Peivqw

e inoltre il fr. 141,1-3 V., in cui si tratta di Ermes impegnato ad assolvere tale funzionepresso gli dèi, che attinge a un cratere colmo d’ambrosia:

kh' d` ajmbroçivaç me;nkravthr ejkevkrat`

“Ermaiç d` e[lwn o[lpin qevoiç` wjinocovaiçe,

cf. Athen. V 192c para; de; th'i kalh'i Çapfoi' (fr. 141 V.) kai; oJ ~Ermh'ç oijnocoei' toi'ç qeoi'çnonché Eust. ad U 232-235 (1205,17, IV 396,15 V.) Çapfw; de; hJ kalh; to;n ~Ermh'n oijnocoei'nfhçi qeoi'ç, Alcae. test. 447 V. ap. Athen. X 425c `Alkai'oç de; kai; to;n ~Ermh'n eijçavgeiaujtw'n (scil. tw'n qew'n) oijnocovon. La metafora del nettare a significare la dolcezza dellapoesia, al contrario, si direbbe un’immagine prematura, in ogni caso improbabile in Saffo,dal momento che nell’opera superstite non è possibile indicare alcun riscontro a supporto;senza contare, poi, che una richiesta concernente il dono della poesia si vorrebbe indirizzatanon alla dea della bellezza e dell’amore, ma semmai a qualche altra più congrua divinità:le Muse, poniamo, o le Càriti, o lo stesso Apollo.

In conclusione, ritengo ancora preferibile l’interpretazione tradizionale, imperniata sullaraffigurazione fantastica (nel rituale, potremmo supporre, fors’anche mimata) dell’interven-to di Cipride, invitata a presenziare alla festa e immaginata nell’atto di prendere un oggetto,presumibilmente un’anfora32, per poi versare nettare in aurei calici. Tale nettare sarà, nelrito, un prelibato vino, ma il fatto che sia la stessa Afrodite a versarlo lascia intendere chela dea dell’amore è invitata a donare, nel contempo, le gioie che più le sono proprie, inarmonia con l’atmosfera di maliosa sensualità che percorre tutto il carme33. La più attendi-bile sistemazione dell’ultima strofa, ancorché provvisoria, mi pare sia dunque la seguente:

31 La lezione dell’ostrakon e quella di Ateneo si supportano a vicenda; che l’oijnocoou'çadel Naucratita possa essere il risultato di un adattamento contestuale (come opinano alcuni, daultimo Aloni 9 n. 0) sembra difficilmente sostenibile.

32 Si desidererebbe, e.g., qualcosa come kavlpin vel g` o[lpin, ma le tracce non sembranoconsentire simili letture.

33 Cf. Aloni LI; Furley-Bremer I 165 (con qualche forzatura): «the final picture of Aphrodite

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24 BURZACCHINI

e[lqe dh; çu; ..... e[loiça Kuvpricruçivaiçin ejn kulivkeççin a[brwçojm<me>meivcmenon qalivaiçi nevktar

oijnocoveiça.

Di fronte a questo testo, c’è il rischio di lasciarsi impressionisticamente con-quistare dal fascino dello scenario, per cui il carme diventerebbe quasi un esempiodi mera poesia paesaggistico-descrittiva. Occorrerà, piuttosto, dare il giusto rilievoagli specifici elementi di àmbito sacrale e religioso, tutti di derivazione omerica: ilvenerando tempio (vv. 1s.), il sacro bosco di meli (vv. 2s.: da rilevare l’impiego deltecnico a[lçoç), gli altari fumiganti d’incenso (vv. 3s.), il corso d’acqua, che qui,fresco e rumoreggiante, si intravvede di tra i rami dei meli (vv. 5s.: si noti il cumulodi immagini sensoriali, in particolare la sinestesia kelavdei di` u[çdwn, «rumoreggiaattraverso i rami»), il prato rigoglioso (vv. 9s.); e, soprattutto, occorrerà intenderecome alcuni simboli connessi col culto di Afrodite – si considerino in particolarei meli (vv. 3 e 5s.), le rose (vv. 6s.) e il magico sopore che s’effonde allo stormiredelle foglie (vv. 7s.), l’immagine delle cavalle al pascolo (v. 9), il tripudio di fiori(vv. 9s.) – mirino ad anticipare quello che si rivela il clou dell’ode, e cioè la ritualeepifania della dea (vv. 13-16), immaginata (come nell’inno 1 V.) o eventualmente,possiamo supporre, rappresentata per il tramite d’un ‘sostituto’.

Il luogo descritto nella preghiera ha le caratteristiche di un locus amoenus34,per qualcuno immaginario35, per altri, più probabilmente, reale (ancorché ricco dielementi simbolici), dal momento che sembra richiamare una flora sacra ad Afroditeevocata anche in altri frammenti di Saffo, quali ad esempio il fr. 94 e il fr. 96 V.36

Ciò potrebbe accreditare l’ipotesi che abbiamo a che fare anche qui, come nel fr.1 V., con un canto monodico, destinato ad essere eseguito per un pubblico costituitodalle fanciulle del tiaso. In termini categorici si esprime la Burnett 261: «Theostracon song was easily recognised as a Sapphic prayer to Aphrodite, but it wasobviously not intended for use on formal public occasions». Lasserre 184-186 ipotizzaun rituale di libagione, nell’àmbito di un culto cretese di Afrodite a Lesbo, officiatoprobabilmente dalla stessa Saffo, sacerdotessa della dea (o, in subordine, da altrasacerdotessa, qualora la poetessa si fosse limitata a eseguire il canto), e immaginauna situazione in cui «la poétesse, tenant encore sa lyre pendant qu’elle chante sonode, allait la déposer aussitôt après le dernier vers pour verser elle-même le vin dela libation en substitution d’Aphrodite, près de l’autel où brûlait déjà l’encens»(p. 185). Secondo Aloni, può ben essere che l’‘io’ coinvolto (v. 1) implichi in prima

moving among the recumbent guests and pouring nectar into their cups completes the mood ofsensuality: what Aphrodite pours is not wine but her spirit, delightful lasciviousness» (più pro-priamente bisognerebbe dire: «not only wine»).

34 Importanti loci similes, anche latini, nel già citato apparato della Voigt (p. 34).35 Sul carattere simbolico degli elementi caratteristici del luogo insiste McEvilley 331ss.36 Page 1955, 40; Gentili 1966, 53s.; 19953, 116s.; Aloni LI; Ferrari 2003, 66.

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25Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

persona la poetessa o comunque l’‘io’ poetico, ma nulla – nemmeno la strutturametrica in strofe saffiche – impedirebbe di pensare, in alternativa, ad un ‘io’ cora-le37. Furley-Bremer, per parte loro, dopo aver rilevato la compresenza di «religiousintensity and artistic accomplishment» (I 163), osservano: «We do not know thenature of the gathering which Sappho has in mind but an informal meeting offriends or a private festival is more likely than an official celebration […]. Weshould imagine the piece being sung either by Sappho alone or in chorus with herfriends at an unofficial gathering at a sanctuary of Aphrodite» (I 164). Tsomis 58sottolinea le peculiari caratteristiche della preghiera: «Die Ode ist […] ein Gebetsgedichtim weiteren Sinne, weil ihr Hauptteil nicht – wie höchstwahrscheinlich der verloreneAnfang – Aphrodite selbst, sondern die Schönheit ihres heiligen Bezirkes rühmtund dieser Lobpreis [...] die Gottheit zur Erfüllung der Bitte bewegen soll. Sapphosucht aber sicherlich zugleich auch bei dem anwesenden Publikum das Bewußtseinfür die zauberhaften Reize dieses Ortes zu wecken und eine festlich frohe Stimmungzu erzeugen». Ferrari 2003, 66 pensa ad un’esecuzione monodica da parte dellastessa Saffo, accompagnata eventualmente da un’esibizione orchestica delle allieve.A nostro modo di vedere, la particolare atmosfera religiosa della circostanza, laperformance nella sede di un tempio venerando e l’accenno alla festa finale potreb-bero effettivamente avallare, in questo caso, l’ipotesi di un’esecuzione corale, ca-ratterizzata da maggiore solennità e dalla presenza di un pubblico allargato a com-ponenti cittadine. Di questo avviso si dimostrava già Cairns 1972, 192: «A chorusacting on behalf of the community is often the speaker of hymns of various kinds.Sappho Fr. 2 (LP) is such a kletic hymn, summoning Aphrodite to a cult-epiphanyin her temple on a public religious occasion».

Fr. 5 Voigt

Il fr. 5 V. appare strutturato in forma di preghiera38 a Cipride e alle Nereidi.Molti studiosi definiscono questo componimento un propemptikovn: secondo Cairns(1972, 226-230), tuttavia, esso può ben essere classificato come un proçfwnhtikovn,un carme di benvenuto e di saluto bene auspicante per il fratello Carasso, cui siaugura un felice viaggio di ritorno in patria39. Recatosi in Egitto per commerciarevino, Carasso – informa Erodoto, II 134s. – vi si era innamorato di un’etera, Dorica(ma in Erodoto il nome è Rodopi)40, e in tale vicenda aveva dilapidato una fortuna,

37 Con rinvio a Lardinois 1994, 62.38 Vd. Tsomis 44s.39 Solitamente un proçfwnhtikovn contiene un indirizzo di benvenuto rivolto ad un viaggia-

tore che è arrivato nel luogo in cui si trova il parlante; nel caso specifico, l’arrivo di Carasso nonsi è ancora compiuto, ma è atteso con affettuosa impazienza.

40 Se è legittimo il dubbio che in un imprecisato momento della tradizione si sia potuta

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rischiando anche di compromettere il buon nome proprio e della famiglia. Nelnostro frammento, osserva Cairns 1972, 229s., «the logical addressee is Sappho’sbrother Charaxus, the actual and substitute addressees are the goddesses Aphroditeand the Nereids. These are highly appropriate substitute addressees for a travellerreturning, like Charaxus, by sea from Egypt to Lesbos. The Nereids are sea-goddesseswho had a cult in Lesbos, and sea-goddesses are often asked to provide safe journeysfor travellers by sea. Aphrodite has multiple relevance: she is an important Lesbiandeity, has links with the Nereids, is also herself a sea-goddess and is the goddessof love […]. The Nereids are introduced to make it clear that Charaxus will havea sea-voyage in front of him. Aphrodite is the more important addressee: it is shewho has the power to secure implementation of Sappho’s pleas, for as the goddessof love she can release Charaxus from his unfortunate attachment to Doricha […].Furthermore, under the guise of an address to this important Lesbian goddess, whohas control over sexual activities, Sappho can give Charaxus sound advice abouthow to bring his sexual life into conformity with the moral, familial and socialobligations of a member of this community». L’apostrofe a Cipride ritorna,circolarmente, al v. 18, in quella che doveva essere l’ultima strofa del carme. Oltreall’augurio di buon viaggio, la preghiera esprime anche il desiderio che i disdice-voli comportamenti del fratello possano considerarsi ormai definitivamente ap-partenenti al passato, con gioia degli amici e dolore dei nemici, e che il recuperato

ingenerare una confusione tra due persone affatto diverse, non mi sento, tuttavia, di condividereil radicale scetticismo di Lidov 2002, secondo cui tutta la vicenda narrata da Erodoto – e varia-mente ripresa, poi, da diversi autori, tra cui Strabone (XVII 1,33), Ovidio (Her. 15,63), Ateneo(XIII 596b-c) e altre fonti più tarde – non solo non troverebbe alcun effettivo riscontro neiframmenti superstiti della poetessa, ma rifletterebbe soltanto uno stadio della ricezione dellapoesia saffica nel V secolo, influenzata principalmente dalle scontate manipolazioni ad opera deicomici come Cratino o altri. Sfrondata dalle indebite superfetazioni imputabili alle intemperanzedel biografismo gratuito, la vicenda avrà pur avuto un suo nucleo di verità, che i testimonidovevano poter dedurre da testi saffici per noi purtroppo non più attingibili. Così, ad esempio, nonci è pervenuto il testo di componimenti nei quali Saffo redarguiva il fratello per il suo sconside-rato comportamento (Hdt. II 135 Cavraxoç de; wJç luçavmenoç ~Rodw'pin ajpenovçthçe ejç Mutilhvnhn,ejn mevlei> Çapfw; polla; katekertovmhçev min) o attaccava direttamente l’etera Dorica che l’avevacircuito e spogliato dei suoi averi (Athen. XIII 596c Dwrivcan ..., h}n hJ kalh; Çapfw; ejrwmevnhngenomevnhn Caravxou tou' ajdelfou' aujth'ç kat` ejmporivan eijç th;n Nauvkratin ajpaivrontoç dia;th'ç poihvçewç diabavllei wJç polla; tou' Caravxou noçfiçamevnhn). Ciò nonostante, almeno nei frr.5 e 15 V. (per quest’ultimo, vd. infra) sembra legittimo riconoscere implicite allusioni e più omeno scoperti riferimenti ai su accennati trascorsi del prodigo fratello, pur nell’ottica sostanzial-mente affettuosa dell’auspicato recupero del decoro e dell’onorabilità. In un epigramma di Posidippodedicato a Dorica (122 A.-B.), la struggente rievocazione degli amori con Carasso e del sensualefascino della donna, il cui nome fortunato (makariçtovn) continua ad essere celebrato dalle leukai;... çelivdeç del canto di Saffo, è soltanto apparentemente in contrasto con la restante tradizione:il poeta di Pella prende evidentemente spunto dalla nota vicenda soltanto per imbastirvi sopra, exnovo, una sua rappresentazione squisitamente letteraria e del tutto idealizzata.

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27Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

prestigio torni a beneficio di lui stesso e della sorella anche presso la comunitàcittadina.

Per il testo, mi attengo alla prudente edizione della Voigt (salvo l’aggiorna-mento della situazione al v. 1)41.

Kuvpri kaõi;] Nhrhvideç, ajblavbh[n moito;n kaçiv]gnhton d[ov]te tuivd` i[keçqa[ikw[çça ¸]o _i _ quvmw<i> ke qevlhi gevneçqai

4 pavnta te]levçqhn,o[çça de; pr]ovçq` a[mbrote pavnta lu'ça[ikai; fivloiç]i ¸oi'çi cavran gevneçqai.......e[]cqroiçi, gevnoito d` a[mmi

8 .....m]hd` ei[ç:ta;n kaçig]nhvtan de; qevloi povhçqai

]tivmaç, [ojn]ivan de; luvgran]otoiçi p[av]roiq` ajceuvwn

12 ].na].eiçaiv>w[ν] to; kevgcrw ]lepag[ . . (. v)]ai polivtan ]llwç _[ . . . ]nhke d` au\t` ouj

16 ]krw[ ]]onaik[ ]eo[ ].i] . . [.]n: çu; [d]e; _ Kuvp _[ri] . . [ . . (.)]na

]qem[evn]a kavkan [20 ]i.

O Cipride e voi, Nereidi, sano e salvo (a me)(mio) fratello concedete qua giunga,(e quanto) nel suo cuore egli desidera avvenga,

4 (tutto) si compia,(e quanti) errori in passato commise, tutti dissolva,(e agli amici) ne venga gioia,(dolore) ai nemici, e non sia più per noi

8 (causa di pena) nessuno;(e me, sua) sorella, voglia rendere(partecipe) d’onore, e dai penosi affanni(liberi) coloro cui in passato, soffrendo,

12 (opprimeva il cuore)… sentendo dire …… dei concittadini

41 Altri – ad es. Lasserre 186ss. – s’è cimentato in integrazioni tanto massicce quantoarbitrarie, soprattutto a partire dalla terza strofa, con pesanti conseguenze sull’esegesi.

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…16 …

...… tu, o Cipride ……

20 …

Al v. 1 la prima parola che si legge in P. Oxy. 7 è Nhrhvideç: congetturato a suo tempoda Earle (ap. Smyth), l’incipit Kuvpri kai;] ha trovato conferma in P. Mich. inv. 3498r, c. III2 Kuvpri ka _[i; Nhrhvideç (suppl. Merkelbach), un papiro contenente vari inizi di componi-menti attribuibili a Saffo, Alceo e forse Anacreonte, pubblicato da Merkelbach (1973b, 86),quindi da Page (1974, 96s.); dopo ajblavbh[n (Blass), alla fine del verso moi suppll. Diels,Wilamowitz; v. 2 to;n Diels, Wilamowitz, kaçiv]gnhton etc. Blass; v. 3 suppl. Blass; v. 4pavnta Jurenka, te]levçqhn Blass; vv. 5s. suppl. Blass; v. 7 e.g. kwjnivan e[]cqroiçi Blass; v. 8e.g. ph'mav ti Mulbegat-Holler, ph'm` e[ti Page, m]hd` ei\ç Blass; v. 9 ta;n Diels, Wilamowitz,kaçig]nhvtan Blass; v. 10 e.g. e[mmoron] Wilamowitz, Jurenka; v. 11 e.g. ejkluvoit`] Diehl,parluvoit]o toi'çi Di Benedetto; v. 12 e.g. qu'mon Bucherer, Sitzler, ejdav]m _na Blass.

È probabile che il componimento fosse eseguito dalla stessa Saffo in formamonodica (giacché solamente la poetessa avrebbe potuto parlare del proprio fratelloin prima persona)42 di fronte a un pubblico ristretto, di parenti e amici: l’accenno aitrascorsi personali di Carasso e all’onore del gevnoç fa pensare a un uditorio circo-scritto piuttosto che a una platea di vasto pubblico cittadino. Tuttavia, oltre adassolvere la funzione di preghiera e di propemptikovn o proçfwnhtikovn, il carmedoveva probabilmente avere negli intenti di Saffo, per effetto di una successivadivulgazione mediata e amplificata (su questo specifico punto si può essere d’accor-do con Lasserre 191-19443), anche lo scopo di riabilitare presso l’opinione pubblicala figura del fratello, la cui reputazione doveva apparire fortemente compromessa.

Fr. 15 Voigt

La preoccupazione per il timore d’una eventuale ricaduta del fratello nellemaglie di una passione rovinosa emerge, a quanto pare, dal fr. 15 V., che contiene,nell’unica strofa meglio leggibile, ancora una preghiera44 rivolta a Cipride. Ancheper il fr. 15, per le stesse ragioni chiamate in causa a proposito del fr. 5, si dovrà

42 Anche Ferrari 2003, 69 ammette un’esecuzione «inevitabilmente monodica», a prescin-dere dall’eventualità che l’ode «fosse accompagnata o meno dalla danza di un coro».

43 Non è invece credibile, come sostiene lo studioso svizzero (pp. 189-191), che il carmefosse destinato ad una performance in presenza di parenti e amici, in un tempio dedicato a Cipridee alle Nereidi nel porto di Mitilene, in occasione della partenza di Carasso da Lesbo: tutto lasciapensare, piuttosto, che Carasso stia per intraprendere un viaggio di ritorno dall’Egitto in patria.

44 Vd. Tsomis 45.

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29Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

supporre un’esecuzione monodica45. Può essere che questo componimento fosseindirizzato anche alle Nereidi, proprio come il fr. 5 V., ma lo stato del testo, nelleprime due strofe di cui resta qualche traccia, non consente, su questo punto, conclu-sioni sicure. La poetessa auspica che la maliarda Dorica sperimenti la durezza delladea, e non possa quindi vantarsi col dire che per la seconda volta Carasso (ritornatoprobabilmente a Naucrati per i consueti affari) si recò presso la sospirata amante46.

b

]a _ mavkai _[r]e _uplo.:[

a ].atoçka[4 ]

]oçq`[ ]brotekh[ ]ataiç _[ ]n _em _[ ].uvcai li.[ ]e _noç kl[

8 ].[ ]Kuv]pri ka[iv ç]e pi[krotavt]a _n ejpeuvr[oimh]de; kaucavç[a]i _to tovd` ejnnev[poiçaD]w _rivca to; deuv[t]eron wjç povqe[nnon

12 eijç] e[ron h\lqe.

… beat- …… buona navigazione ……

4 …(gli errori che) prima commise, li (dissolva)… venti (?)…… con buona sorte al porto …

8 …o Cipride, e asperrima ti trovie non si vanti col dire questoDorica: che per la seconda volta al desiato

12 amore egli venne.

45 Vd. Ferrari 2003, 69s.46 Totale, anche in questo caso, è il dissenso espresso da Lidov 2002 nei confronti dell’esegesi

tradizionale e pressoché universalmente accreditata; egli revoca in dubbio, fra l’altro, la letturaD]w _rivca al v. 11, negando che la traccia d’inchiostro sul margine sinistro del papiro possa esserecompatibile con omega (pp. 203 e 224s.). Tuttavia la situazione paleografica, com’è costretto adammettere lo stesso studioso (p. 224 n. 48), non ispira alcuna alternativa plausibile, e la ricercadi soluzioni diverse (come quella di un presunto gen. sing. maschile eteroclito *L]a _rivca, ipotizzatoa p. 225 n. 50) finisce per configurare scenari poco credibili e per risolversi in uno sterileesercizio destituito di valide fondamenta. In dubio, pro reo: nell’incipit del v. 11 il contestatoD]w _rivca, fino a prova contraria, resta ancora, a nostro avviso, l’integrazione più probabile.

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30 BURZACCHINI

Lasserre 194s. ha supposto che alle rr. 1 e 2 siano invocate ancora le Nereidi e Cipride,come all’inizio del fr. 5; al r. 1, pertanto, dove Hunt integrava mavkair[a, egli propone mavkai _[rai,da riferire alle Nereidi, e al r. 2 leggerebbe eujplovi> _[a come epiteto di Afrodite ‘protettrice deinaviganti’, ma tutto è molto incerto. Al r. 5 brillante e persuasiva risulta la restituzione o[ççade; pr]ovçq` [a[m]brote (Fränkel), kh'[na lu'çai (Diehl), sulla falsariga del fr. 5,5. Al v. 6 ]n _em _[è possibile che si parli di ‘vento’ o di ‘venti’ (a[]nem[oç Schubart, aj]n _e _m _[ Fränkel, aj]nevm[wnLasserre), in riferimento all’auspicio di buona navigazione. Nella stessa ottica sarà da vedereal v. 7 ]tuvcai Hunt, Lobel, çu;n] tuvcai liv[m]enoç kl[ Fränkel. Al v. 9 pi[krotavt]a _n ejpeuvr[oiè attendibile integrazione del Lobel. Allo stesso Lobel si devono anche i supplementi nel v.10. Al v. 11, per D]w _rivca vd. supra, n. 46; povqe[nnon è di Edmonds, praeeunte Hunt, chesuggeriva povqe[innon. A Hunt si deve anche eijç] e[ron del v. 12.

Fr. 17 Voigt

Ai fini della nostra indagine, un posto di rilievo compete anche al fr. 17 V. Lagiusta esegesi di questo difficile testo era stata intravista, sia pure non senza incer-tezze, da Page 1955, 61s.: «The theme of this poem», osservava lo studioso, «wasprobably some personal matter, to which the allusion to the Atridae was subsidiary.Sappho needs the help of Hera, as the Atridae needed it in the famous story. Sheinvokes the goddess, as they did, and hopes for no less favourable outcome. Thelast two stanzas presumably explained the cause of Sappho’s anxiety. There isnothing in the text to confirm the natural guess that what Hera is summoned to dofor Sappho today is what she did for the Atridae in the past – to give fair winds andweather for a voyage from Lesbos; the comings and goings of Sappho’s companionsare among the commonest themes of her verse».

La migliore analisi complessiva del componimento rimane peraltro, a nostroavviso, quella esperita da Cairns 1972, 226-228. Egli ha messo in evidenza comeabbiamo a che fare con un propemptikovn, dove ancora una volta «a god functionsas substitute addressee for a human protagonist» (p. 226).

Anche in questo caso, mi attengo sostanzialmente al testo fornito dalla Voigt.La traduzione è integrata secondo plausibilità.

plavçion dhv m[povtni` `Hra ça; c[ta;n ajravtan `At[revidai ∪ – klh'-]

4 toi baçivlheç:ejktelevççanteç m[prw'ta me;n peri _.[tuivd` ajpormavqen[teç

8 oujk ejduvnantopri;n çe; kai; Div` ajnt[kai; Quwvnaç ijme _[

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31Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

nu'n de; k[12 ka;t to; pavl _[

a[gna kai; ka _[p]arq[enaj]mfi.[

16 [ ][ ].[.].nil[e[mmena _[i

20 [?]r _(’) ajpivke[çqai.

Vicino a me invero (che ti prego, si manifesti,)Era sovrana, la tua (amabile figura,)che con preci supplicata (…) gli Atridi,

4 (incliti) re;dopo aver portato a compimento (tante imprese,)prima attorno ad Ilio, (poi per mare,)qua essendosi diretti, (concludere il tragitto)

8 non potevanoprima che te e Zeus protettore dei supplici (ebbero invocato)e di Tiona l’amabile (figlio);ora anche (a me che t’invoco porgi ascolto)

12 come in antico.Sacre e (belle) cose …la ragazza …attorno …

16 ………essere …

20 (o Era,) arrivare.

V. 1 dhv m` [eujcomevnai faneivh suppl. Milne; v. 2 ça; c[ariveçça movrfa Wilamowitz; v.3 At[rei?dai Wilamowitz (potius At[revidai Page), inde e.g. qevçan Jurenka, i[don Wilamowitz,alii alia; vv. 3s. klh'-]toi Edmonds; v. 5 m[avla povll` a[eqla Page; v. 6 “I _[lion, e[n te povntwiPage; v. 7 ajpormavqen[teç o[don peraivnhn Jurenka; v. 9 ajnt[ivaon kavleççai Lobel, Page; v.10 ijme _[roventa pai'da: Wilamowitz; v. 11 k[a[moi prau>mevnhç a[rhxon Page; v. 12 pavl _[aionWilamowitz; v. 13 kav _[la Castiglioni; v. 14 p]arq[en- Hunt; v. 15 aj]mfi.[ Hunt; v. 20 “H|raWilamowitz ap. Hunt, «H]ra Edmonds, «H]r _` ajpiv[keçqai Milne, i\]r _` ajpiv[keçqai West.

«Sappho», commenta Cairns 1972, 227s., «addresses the goddess Hera, asking herto perform for the girl the same services as she and other deities once performedfor the Greek fleet on its way to Troy, namely to help her departure and ensure herarrival. If, as seems likely, Hera alone is invoked in the prayer for the girl, and notthe other deities, this is to distinguish the lesser, the girl’s case, from the greater,

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32 BURZACCHINI

that of the Greek army; it is also because Hera alone is the appropriate divinity inthe girl’s case. We cannot be certain why this is so, but we may conjecture that sheis about to be married and that she is departing in the company of or to go to herfuture husband. Employing as she does a prayer form for her propemptikon, Sapphofollows up the summons of 1-2 with another typical prayer feature – the appeal tothe god to do something for his suppliant on the analogy of some good deed he didbefore either for the same suppliant or for another suppliant in a parallel situation.In prayers the appeal by analogy functions both as a compliment to the god and asa reminder that the action requested by his present petitioner is within the god’scompetence. By means of this prayer Sappho and the girl, who is the logical addresseeof the propemptikon, are lifted into the realm of the Homeric heroes and linked notonly with epic mythology, but with important local Lesbian cults».

Sulla stessa linea esegetica si colloca, sia pure sinteticamente, Lasserre 172 n.6: «(la prière) a été prononcée dans le sanctuaire du Pyléon pour appeler la protectionde la déesse sur le départ en mer d’une jeune fille (v. 14 [p]arq[en-)». Ma lostudioso svizzero ignora d’essere stato preceduto da Cairns (il cui libro non entranella sua selettiva bibliografia).

A Lasserre si richiama Aloni 28, premurandosi peraltro di sottolineare la diver-genza tra la tradizione omerica, che separava gli Atridi nel viaggio di ritorno daTroia (dei due soltanto Menelao approdava, con altri, anche a Lesbo), e la versionesaffica, secondo la quale entrambi gli Atridi veleggiarono fino all’isola.

Rispetto alla penetrante disamina condotta da Cairns, l’analisi recentementeproposta da Furley-Bremer costituisce un ripiegamento su posizioni ormai datate.Essi affermano che qui «Sappho addresses Hera to come to her aid in an unspecifiedmatter»; riconoscono, sì, gli elementi tipici dell’inno cletico, ma ignorano total-mente la natura del propemptikovn: sfugge loro, perciò, il significato della presenzadi una fanciulla, per la quale essi si limitano ad osservare, genericamente, che«Sappho likes comparing her erotic difficulties with epic situations (e.g. par excellencefr. 16) and the same structure may be apparent here: at least the epic component isclear, and the erotic situation may have been delineated in the mutilated fourthstanza» (I 165s.). Furley-Bremer non colgono nemmeno, pertanto, il significatodell’apostrofe alla sola Era, anziché alla triade lesbia come nell’evento mitico ri-cordato: là gli Atridi impetravano aiuto per portare a compimento il viaggio di unaflotta, qui la richiesta di protezione è per un viaggio della ragazza che probabilmen-te va sposa (non per nulla Era è anche dea tutrice del matrimonio).

Inadeguata e sostanzialmente sterile risulta anche la discussione impostata daTsomis 46s., il quale, non avendo neppure lui riconosciuto nel componimento, aldi là della forma della preghiera, il propemptikovn per una ragazza, si abbandonaa formulare ipotesi alquanto cerebrali (fra queste, persino quella di una preghierarivolta a Era da parte di Saffo esule allo scopo di ottenere un felice viaggio versola Sicilia), salvo poi riconoscere l’inconsistenza delle proprie elucubrazioni e di-chiarare forfait («So bleibt das konkrete Anliegen Sapphos ungewiss», p. 47).

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33Fenomenologia innodica nella poesia di Saffo

Un’esegesi assolutamente nuova tenta, da ultimo, Lidov 2004, secondo il qualeavremmo a che fare con una preghiera di tipo apotropaico: Era verrebbe supplicataaffinché non scateni vicino all’orante una caleph; ... quvella (cf. Il. XXI 335),terribile come quella che un tempo gli Atridi, quasi una maledizione (v. 3 ajravtan),si attirarono addosso. Queste le integrazioni proposte dallo studioso per la primastrofa, con la relativa traduzione (p. 394):

plaçivon dh; m[h; `meqen au\t` o[roito,povtni` «Hra, ça; c[alevpa quvellata;n ajravtan `At[revidai pot` eu[ron-

4 t` oij baçivlheç:

«Let not near to me again arise, Lady Hera, your harsh storm, which as a curse theAtridae once brought upon themselves, those kings, …».

Ma, a parte ogni altra considerazione di carattere formale e linguistico47, riescedifficile, in una siffatta prospettiva, rendere conto della presenza di una «ragazza»(p]arq[en-) al v. 14 e del legame che ciò comporta con la prima parte dell’ode: nonsi vede, infatti, perché Saffo dovrebbe supplicare la dea affinché storni da lei stessaun pericolo di tempesta, se poi altra è la persona per cui si auspica un felice approdoalla meta48.

Con la spiegazione proposta da Cairns, invece, tutto si chiarisce nella manierapiù limpida, senza che resti alcuna zona d’ombra nell’esegesi.

Il culto della triade Era-Zeus-Dioniso in Lesbo è ben noto da Alcae. fr. 129 V.49

Quanto all’esecuzione e all’audience, si potrà ragionevolmente ipotizzare una per-formance monodica di fronte a un pubblico di circostanza: il gruppo del tiaso,verosimilmente allargato alla parentela e alle amicizie della ragazza.

Altri frammenti

Molti altri testi saffici contengono (o potevano contenere) invocazioni rivoltea divinità direttamente apostrofate. Nella maggior parte dei casi, per la scarsitàdelle reliquie (tranne qualche eccezione, abbiamo per lo più a che fare con fram-menti di pochissimi versi, a volte di poche parole soltanto) non è possibile stabilire

47 Sconcerta, in particolare, il senso di «as a curse» assegnato ad ajravtan (v. 3), né riescepersuasiva la divisio verborum eu[ron-]/t` oij ipotizzata al v. 4 (toi non reca, nel papiro, alcunsegno d’interpunzione).

48 Alla ragazza in questione, non alla dea, sarà verosimilmente da riferire ajpivke[çqai delv. 20, forse preceduto da un’apostrofe di ripresa «H]r _(a), piuttosto che da un accenno a «sacririti», i\]r _(a), vd. supra.

49 Vd. Bz. 1977, 201-203.

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se si trattasse propriamente di inni, o di preghiere contenenti elementi innodici, odi preghiere tout court, o di estemporanee espressioni enfatiche.

Mi riferisco, ad es., ai frr. 33 (apostrofe ad Afrodite dall’aurea corona)50; 35 (apostrofead Afrodite venerata a Cipro, a Pafo, a Panormo)51; 38 (possibile apostrofe ad una divinità che‘cuoce’ le vittime di passione amorosa); 40 (promessa di un sacrificio ad una divinità); 53(preghiera alle Cariti, per propiziarne un’epifania in loco); 54 (possibile frammento di unapreghiera o inno ad Eros); 60 (probabile preghiera ad una divinità [Afrodite?] e risposta diquesta); 63 (apostrofe al Sogno); 65 (Afrodite parla a Saffo, in un contesto che potrebbe esserequello di una preghiera rivolta da Saffo alla dea)52; 73 (menzione di Afrodite e, forse, degliAmori); 84 (menzione di Artemide); 86 (preghiera ad Afrodite Citerea con movenze chericordano il carme 1 V.)53; 90 (resti di un commentario con menzione di Peito, detta da Saffoora nutrice di Afrodite, ora figlia della dea); 101 (carme rivolto ad Afrodite, secondo latestimonianza di Ateneo, IX 410d-f); 103,5 (apostrofe alle Cariti e alle Muse); 104a (apostrofea Espero); 114 (apostrofe d’una sposa a Verginità in botta e risposta); 117B (apostrofe aEspero); 124 (apostrofe alla Musa Calliope); 127 (preghiera alle Muse, invitate ad un’epifania);128 (preghiera alle Cariti e alle Muse, invitate ad un’epifania); 140 (apostrofe ad AfroditeCiterea da parte di un coro di fanciulle che lamenta la morte di Adone, e risposta amebea delladea); 157 (menzione di Aurora sovrana); 159 (Afrodite si rivolge a Saffo, secondo la testimo-nianza di Massimo di Tiro, 18,9); 208 (Imerio, Or. 46,6 pp. 186s. Col. attesta l’esistenza dicarmi di Saffo e di Pindaro celebranti Apollo dall’aurea chioma, munito di lira, scortato dacigni fino all’Elicone e in procinto di unirsi alle danze con le Muse e le Cariti)54; 223 (Filostrato,VA 1,30 [1,32 Kayser] accenna ad una Damophyle, imitatrice di Saffo nelle abitudini di vitae nella composizione di carmi erotici e di inni, fra cui si annoverano componimenti ad Artemide).Un caso del tutto particolare è costituito dal fr. 44A V., il cosiddetto ‘giuramento d’Artemide’:si tratta d’un testo di incerta attribuzione, assegnato con buoni argomenti a Saffo dalla Bonanno1990, 105-11755; Tsomis 71-76 lo tratta come un frammento saffico dubbio derivante da un«Artemishymnos», ma non c’è prova evidente, ci pare, che si tratti propriamente di un ‘inno’.

La lista testé elencata non può che essere provvisoria e, in certo qual modo,indiziaria; d’altronde, converrà ribadire, non sappiamo quali e quanti di tali componi-menti potessero assumere le caratteristiche di inni celebrativi, o di preghiere contenen-ti elementi innodici. Ad ogni buon conto, già solo l’esame di alcuni testi megliofruibili che a mo’ di specimen abbiamo condotto ha consentito di mettere sufficiente-mente in evidenza una notevole varietà tipologica, in Saffo, dei carmi strutturati comeinni o come preghiere assimilabili, almeno per certi tratti, agli inni propriamente detti.

G A B R I E L E B U R Z A C C H I N I

50 Vd. Tsomis 60.51 Vd. Pugliese Carratelli 73-75.52 Vd. Ferrari 2005, che propone un collage dei frr. 86 + 60 + 65 + 66c V. a costituire un

unico componimento, una preghiera ad Afrodite contro Andromeda.53 Vd. Ferrari 2003, 71.54 Vd. Tsomis 80s.55 Si veda anche Treu 161-163.

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