Fenomenologia Della Musica Sperimentale

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Angelo Orcalli FENOMENOLOGIA DELLA MUSICA SPERIMENTALE  Nel corso degli ultimi quarant' anni l'immagine fisica del mondo sonoro è mutata in modo sostanziale. Dalla teoria helmholtziana si è passati, con il supporto di tecnologie sempre più sofisticate, ad analizzare in modo così accurato i fenomeni sonori da evidenziarne anche i caratteri morfologici più instabili e fluttuanti. Ne è emersa una nozione di suono estremamente complessa, attenta a sottolineare il ruolo determinante delle fasi transitorie nel riconoscimento timbrico. Improponibile una separazione netta fra suono e rumore che appaiono, ora anche in sede teorica, inscindibilmente legati in ragione delle complesse variazioni dinamiche delle parziali accompagnate da fluttuazioni frequenziali  presenti anche nei suoni orchestrali più netti. Con la progressiva esplorazione scientifica di nuove regioni del frastagliato confine suono-rumore è cresciuto anche l'interesse dei compositori e degli esecutori per forme acustiche la cui instabilità ed incertezza un tempo attentamente evitate vengono ora ricercate per il loro valore timbrico. Praticando le fasi meno stazionarie degli eventi sonori, si sono aperte così nuove possibilità espressive che hanno modificato e specializzato la prassi esecutiva (si pensi alla ricerca sui suoni multifonici negli strumenti a fiato). Questi mutamenti sostanziali nelle basi dell'acustica sono stati possibili solo quando il suono è diventato scientificamente osservabile. Attraverso le tecniche di registrazione il tempo è stato vinto; spazializz ato, trasformato in centimetri di nastro o in una sequenza numerica, lo si può facilmente accelerare, rallentare, invertire, fino a cogliere il fenomeno nell'istante su cui si desidera operare l'analisi delle sue componenti. L'azione sul tempo ha conseguentemente a perto la strada alla riproducibilità tecnica e alla sintesi elettronica. Le conseguenze in campo musicale sono note: la materia fino ad ora semplice terminus a quo è divenuta parte integrante, terminus ad quem, del processo compositivo. Così , anche in musica, si è realizzato l'antico sogno degli alchimisti di fermare il tempo per separare gli arcana e ri comporli poi secondo natura. Se oggi la musica può pensare la materia sonora come un unico campo, percorribile con continuità dalla sinusoide pura alla distribuzione totalmente aleatoria delle frequenze  propria del rumore bianco, il merito non va attribuito solo all'acustica. Operando in due riprese, prima in  Ionisation con l'impiego delle percussioni a suono indeterminato poi direttamente con l'intervento del rumore registrato in  Déserts, ad allargare il campo ha contribuito non poco anche Edgard Varèse. E' innegabile infatti che dopo il naufragio delle tecniche neoseriali per l'impatto subito con il problema timbrico, le esperienz e musicali p interessanti di quest' ultimo dopoguerra siano state, pur in diversa misura, comunque influenzate dal campo di indagine da lui iniziato. Inseguendo la neutralizzazione del tempo,

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Angelo Orcalli

FENOMENOLOGIA

DELLA MUSICA SPERIMENTALE

 Nel corso degli ultimi quarant' anni l'immagine fisica del mondo sonoro è mutata in

modo sostanziale. Dalla teoria helmholtziana si è passati, con il supporto di tecnologie

sempre più sofisticate, ad analizzare in modo così accurato i fenomeni sonori da

evidenziarne anche i caratteri morfologici più instabili e fluttuanti. Ne è emersa una nozione

di suono estremamente complessa, attenta a sottolineare il ruolo determinante delle fasi

transitorie nel riconoscimento timbrico. Improponibile una separazione netta fra suono e

rumore che appaiono, ora anche in sede teorica, inscindibilmente legati in ragione dellecomplesse variazioni dinamiche delle parziali accompagnate da fluttuazioni frequenziali

 presenti anche nei suoni orchestrali più netti. Con la progressiva esplorazione scientifica di

nuove regioni del frastagliato confine suono-rumore è cresciuto anche l'interesse dei

compositori e degli esecutori per forme acustiche la cui instabilità ed incertezza un tempo

attentamente evitate vengono ora ricercate per il loro valore timbrico. Praticando le fasi

meno stazionarie degli eventi sonori, si sono aperte così nuove possibilità espressive che

hanno modificato e specializzato la prassi esecutiva (si pensi alla ricerca sui suoni

multifonici negli strumenti a fiato). Questi mutamenti sostanziali nelle basi dell'acustica

sono stati possibili solo quando il suono è diventato scientificamente osservabile. Attraverso

le tecniche di registrazione il tempo è stato vinto; spazializzato, trasformato in centimetri di

nastro o in una sequenza numerica, lo si può facilmente accelerare, rallentare, invertire, fino

a cogliere il fenomeno nell'istante su cui si desidera operare l'analisi delle sue componenti.

L'azione sul tempo ha conseguentemente aperto la strada alla riproducibilità tecnica e alla

sintesi elettronica. Le conseguenze in campo musicale sono note: la materia fino ad ora

semplice terminus a quo è divenuta parte integrante, terminus ad quem, del processo

compositivo. Così , anche in musica, si è realizzato l'antico sogno degli alchimisti di fermare

il tempo per separare gli arcana e ricomporli poi secondo natura.

Se oggi la musica può pensare la materia sonora come un unico campo, percorribile

con continuità dalla sinusoide pura alla distribuzione totalmente aleatoria delle frequenze

 propria del rumore bianco, il merito non va attribuito solo all'acustica. Operando in due

riprese, prima in  Ionisation  con l'impiego delle percussioni a suono indeterminato poi

direttamente con l'intervento del rumore registrato in  Déserts, ad allargare il campo ha

contribuito non poco anche Edgard Varèse. E' innegabile infatti che dopo il naufragio delle

tecniche neoseriali per l'impatto subito con il problema timbrico, le esperienze musicali più

interessanti di quest' ultimo dopoguerra siano state, pur in diversa misura, comunque

influenzate dal campo di indagine da lui iniziato. Inseguendo la neutralizzazione del tempo,

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la sua ricerca timbrica lo aveva portato a pensare la forma in termini spaziali, come un

 processo di estensione di unità elementari che formano la base della struttura interna. Il

modello, come egli stesso afferma, gli è suggerito dalla materia inorganica allo stato

cristallino. Il processo compositivo deve realizzare forme stabili, regolari come i cristalli

che rappresentano le possibili disposizioni periodiche nello spazio. Ma se le analogie

impiegate dai compositori vanno intese quale indizio del quadro culturale a cui fanno

riferimento, allora è possibile affermare che quelle di Varèse sono l'espressione di un

sistema sostanzialmente esaurito, così come lo sono in pittura le ricerche sull' ipercubo

quadridimensionale e le sue proiezioni tridimensionali sviluppate negli anni '20 negli

ambienti di De Stijl. Il solido dai bordi perfetti, chiaro e distinto cristallo, incarna l'ideale del

sistema classico da cui, come dice Michel Serres, è escluso il fluttuante ed il composito.

Oggi si parla invece di dimensioni frattali, di flussi, di processi non lineari, di curve del tutto

irregolari continue senza derivata, patologie degli enti matematici. Le stesse basi dellacristallografia sembrano essere poste a dura prova. Se in acustica ora anche i suoni

orchestrali molto regolari sono considerati quasi periodici, in cristallografia ci si imbatte nei

quasicristalli dopo che un gruppo di fisici D. Schechtman, I. Blech, D. Gratias e J.W. Cahn

ha potuto osservare un materiale omogeneo (solido metallico, una lega Al e Mn) dotato di

un ordine orientazionale a lungo raggio e di forma icosaedrale ritenuta incompatibile con un

reticolo a simmetria traslazionale (periodicità).

Con l' irruzione del rumore nella musica Varèse ha impresso un'accelerazione dagli

effetti dirompenti sul linguaggio musicale; complici le insufficienze teoriche del

neoserialismo si è venuta a determinare una frantumazione del linguaggio ed una

conseguente proliferazione delle tecniche compositive forse mai raggiunta e sicuramente

 ben lontana da una possibile riunificazione teorica.

D'altra parte con l'ampliamento dei mezzi di analisi acustica si è creata una

situazione analoga a quella della fisica del microcosmo per l'impossibilità di avere

un'immagine unitaria dei fenomeni sonori. Alla visione continua ed ondulatoria del suono se

ne viene contrapponendo, con sempre maggior successo, una atomistica, granulare parimenti

efficace sul piano della sintesi e capace di rappresentare anche stati caotici della materia

sonora. Iannis Xenakis per primo ha avuto l'intuizione di riprendere in musica l'antica idea

di un universo atomistico. La prima parte di questo studio è interamente dedicata alla sua

 produzione musicale e teorica dagli esordi negli anni '50 fino agli inizi degli anni '70. In

questo periodo ha approntato le sue tecniche compositive più altamente formalizzate in

senso matematico; un bagaglio di cui continuerà a servirsi anche quando, in fasi successive,

deciderà di comporre in modo più "libero", attenuando la tensione di una ricerca teorica ed

estetica che lo aveva distinto ed isolato dagli altri compositori. Le ragioni di un certo

allentamento della formalizzazione matematica vanno cercate proprio nell' inpasse teoretica

in cui il compositore è caduto dopo aver perseguito con raro coraggio la via della totale

riduzione delle forme compositive al pensiero logico. Convinto che il linguaggio della

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musica occidentale fosse giunto già agli inizi degli anni '50 ad una fase critica determinata

dall'abbandono dell'antica alleanza tra musica e matematica, ha intrapreso la ricerca di leggi

astratte e generali in grado di riconquistare un nuovo ordine formale nei territori più vicini al

rumore aperti dall'esperienza varesiana. Secondo Xenakis il progressivo distacco dalle basi

logiche del pensiero razionale ha reso la musica incapace di governare il materiale e gli

eventi sonori che essa stessa genera. Per chiarire tali aspetti, all'inizio di questo lavoro, si

esamineranno i termini della critica al neoserialismo, che costituisce uno dei punti di forza

del suo esordio. Precorrendo la crisi dei metodi di composizione per serie pluriparametriche,

fin dal 1956 ha iniziato ad organizzare sequenze di suoni che simulano con mezzi orchestrali

l' aleatorietà del rumore inteso come risultato di una successione di eventi sonori fortemente

scorrelati i cui parametri soggiacciono alla distribuzione stocastica dei loro valori. Con

Xenakis finisce l'epoca dell'ordine cristallino costruito su precise tensioni intervallari e si

apre lo studio in musica degli insiemi disordinati, degli ammassi frequenziali fluttuanti,delle nubi di atomi sonori e analogamente anche nel campo della sintesi elettronica agli

spettri acustici armonici egli contrappone le forme d'onda generate dall'andamento

 brawniano dell'ampiezza.

Il suo universo sonoro è pervaso di aleatorietà. Negli stati più altamente probabili di

equilibrio, al massimo dell'entropia, dove il tempo perde direzionalità e le traiettorie delle

 particelle diventano un groviglio indefinibile per l'enorme massa di informazioni necessaria,

Xenakis trova realizzate le condizioni che gli consentono di applicare le leggi stocastiche

della termodinamica. Attraverso queste la matematica interviene nella musica e si rinsalda

la vecchia alleanza. Esaminando le composizioni di Xenakis si troverà addirittura il

disordine microscopico della materia gassosa prendere la grandezza della nostra scala,

diventare percettibile. Inutile dire che a fronte di tale complessità frattalica diventano

improponibili non solo i mezzi tradizionali di analisi ma è altresì impossibile trovare una

misura della regolarità e tanto meno del valore estetico nel senso di George D. Birckoff: la

complessità, tendendo all'infinito, annichilisce il rapporto con l'ordine. Si creano le premesse

invece per stabilire un ordine che non si regga sul principio gestaltico di organizzazione

 percettiva secondo le configurazioni più stabili ma, formale ed astratto, venga trovato per

via deduttiva, sottoponendo i termini della ricerca alla charificazione logica. Dopo

l'esperienza stocastica Xenakis ripenserà ai solidi regolari, allo scheletro dei cristalli per

escogitare un formalismo matematico -di cui si parlerà ampiamente nel VI° capitolo della

 prima parte- del tutto indipendente dalla materia che organizza. La scissione tra  Erfindung  

(invenzione) e  Entdeckung   (scoperta) andrà ben oltre le preoccupazioni di Karlheinz

Stockhausen perchè, come si vedrà, sarà totale. Preso il sentiero indicato dal postulato

eleatico, alla ricerca delle leggi oggettive e universali del nostro operare nella musica,

Xenakis si allontana definitivamente dall'esperienza varesiana per approdare alle categorie

hors-temps dell'algebra gruppale e della teoria dei vagli. Ma la filosofia eleatica a cui egli si

ispira proclama la contraddizione fra il divenire del mondo sensibile e le esigenze logiche

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del pensiero. Se l'approdo al campo "pitagorico-parmenideo" sembra in musica una scelta

ontologica carica di difficoltà, la ricerca assiomatica diviene un'arma sì tagliente ma anche

suicida nel momento in cui proprio la cultura scientifica moderna riesamina le basi della

logica che l'ha sostenuta e la matematica stessa- dopo i teoremi di Kurt Goedel- sembra

 procedere in modo pragmatico "sperimentale", non curante della coerenza dei propri

fondamenti. Negli scritti, a partire dal testo della sua dissertazione dottorale (Sorbona 1976),

Xenakis sembra esserne sempre più consapevole. L'ostacolo viene aggirato circoscrivendo

l'attività matematica ai procedimenti computabili dopo averle sottratto la facoltà intuitiva: la

"rivelazione" di cui parla appunto da qualche tempo. Nella nuova sistemazione del suo

 pensiero l'arte partecipa allora alle modalità deduttiva e sperimentale riunite dall'impiego

dell'elaboratore elettronico, ma si distingue per la rivelazione. Numerose obiezioni si

 possono rivolgere a tale semplificazione del pensiero matematico; chiaro anche il recupero

sul piano estetico di un fattore irrazionale che ispira la composizione sostenuta invece, nellaelaborazione formale, da una riduzione pragmatica della ricerca. Per non perderci -come

direbbe Stravinskij- in un abisso di libertà, la forma deve svilupparsi su componenti non

intuitive, su soluzioni collaudate, procedure, formule, meccanismi che costituiscono non uno

stile ma l'insieme di tecniche compositive inventate e elaborate in questi anni da Xenakis.

All'esame di molte di esse ho dedicato il III° ed il V° capitolo della prima parte.

 Nel concepire la musica come la natura con le sue leggi in rapporto al pensiero,

Xenakis ha prodotto un sistema compositivo che si fonda su strutture fuori tempo, ossia

sulla possibilità che la memoria dia la facoltà al pensiero razionale di isolare oggetti logici

dal flusso temporale irreversibile in cui sono immersi i fenomeni. Riconquistare il tempo

fenomenologicamente vissuto, sottrarlo alla scansione cronometrica della durata fisica

costituisce invece il punto da cui muove la ricerca musicale di Gérard Grisey. La seconda

sezione del lavoro affronta le tematiche da lui sviluppate la cui origine si fa risalire al ruolo

storicamente accertabile della rivoluzione dei suoni complessi e quindi indirettamente a

Varèse attraverso Stockhausen e György Ligeti, anche se nel suo modo di ascoltare il suono

è intuibile l'influenza della spiritualità di Olivier Messiaen, suo maestro. Appartenendo ad

una generazione che non ha vissuto direttamente le lacerazioni della crisi neoseriale, Grisey

ha potuto trarre serenamente vantaggio dai risultati di una fase già avanzata degli studi di

acustica e dall'avvenuta integrazione tra strumenti tradizionali e mezzi elettronici.

Legato al gruppo dell'Itinéraire, ha contribuito ad orientarne l'estetica focalizzando

la sua ricerca sul tempo musicale. Per averlo inteso come dimensione lineare ed omogenea,

l'esperienza neoseriale ne ha dovuto poi smantellare progressivamente la fissità

cronometrica. Si è trattato di un'utopia razionalistica, per Grisey "la revolution doit s'arreter

a la perfection du bonheur". Il tempo è durata soggettiva dunque, bergsonianamente,

molteplicità non numerica o forse meglio a curvatura variabile in ragione della massa sonora

che la occupa. Ma soprattutto è luogo del virtuale non astratto, e più precisamente dove le

virtualità della materia sonora si attualizzano perchè trovano le condizioni della loro

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 percettibilità. Superata la concezione del suono come somma di parametri indipendenti, i

nuovi paradigmi antimeccanicistici, sulla cui definizione si soffermerà a lungo il II°capitolo

della seconda parte, definiscono gli eventi sonori per individuazione delle zone formantiche

studiando il grado di inarmonicità dello spettro acustico, esplorando l'evoluzione

dell'inviluppo dimamico e la rugosità dei battimenti, controllando l'insorgenza dei suoni di

combinazione, eccetera. Timbro, ritmo e frequenza sono così correlati da creare una rete di

interconnessioni tra i parametri tradizionali di grande ricchezza; di qui le ragioni del

fallimento della combinatoria bouleziana ed il compito di saper attualizzare queste

 potenzialità senza che la percezione ne sia sommersa. Il compositore deve allora costruire la

forma secondo il divenire dei suoni, assecondarne le derive, orientarne il flusso, velandone

la complessità non attraverso tagli dettati dalla scelta di griglie preordinanti, ma con

continuità, per biforcazioni, per differenze, talvolta per creodi, comunque non per gerarchia

o cancellazione dell'altro percorso.Il dominio è quello della vita, il suono non è object  ma être vivant , così la forma

musicale deriva dalla "storia dei suoni che la compongono". Se il tempo contratto della

 percezione sottrae virtualità comprimendole nell'oggetto sonoro, la dilatazione del tempo e

l'ingrandimento smisurato rallentando l'azione restituiscono una complessità che le scelte

compositive devono orientare. Una tale idea presuppone in sede teorica l'ipotesi dell'assoluta

continuità della materia il cui diverso manifestarsi, condensata in oggetti nettamente distinti

dall'articolazione del linguaggio o dilatata per dare luogo a flussi continui, non è che un

differente grado di contrazione della durata. Attraverso l'espansione temporale Grisey crea il

silenzio ritmico dove l'ascolto del mondo microsonico si avvantaggia del principio di

indeterminazione, nell'ipnosi del tempo psicotropico si dovrebbe allora mostrare la rete

cosmica, l'oggetto diviene processo, il locale globale, gli accordi fascie timbriche cosicchè

diventano apprezzabili le più piccole alterazioni del contenuto spettrale ottenute per

simulazione orchestrale delle tecniche di sintesi elettronica (additiva, sottrattiva,

modulazione ad anello o di frequenza). Riappropriandosi del tempo Grisey vuole sottrarre la

materia al dominio tecnologico, restituirle l'aura, riaprendo le possibilità del comporre. Nei

capitoli III° e V° della seconda parte si prenderanno in considerazione gli sviluppi estetici e i

mutamenti nella scrittura determinati dalla visualizzazione sonografica da cui Grisey prende

spunto, rifiutandone però la valenza puramente oggettiva indipendente dai modi della

 percezione. Punti di riferimento di molte delle sue opere, i sonogrammi di suoni orchestrali

(per esempio di trombone o contrabbasso) vengono impiegati come fotogrammi sviluppati

ed ingranditi dalle sezioni orchestrali. La partitura diviene, per analogia con l'immagine

sonografica, la proiezione bidimensionale dello spazio acustico di rappresentazione del

suono, mentre le righe spettrali eseguite dai singoli strumenti (sintesi strumentale)

realizzano enormi fasce timbriche. Il procedimento è iperbolico: dato uno spettro acustico,

un timbro, lo si vuole riprodurre con una serie di sovrapposizioni timbriche (strumenti

tradizionali); ogni spettro è composto da spettri, ogni timbro da timbri. Se un tecnico della

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teoria dei segnali chiedesse qual è il risultato dell' antitrasformata di Fourier di questi giochi

di riflessione multipla, di autosomiglianze, si potrebbe rispondere per analogia: le forme

temporali ottenute per processi.

Pensando in termini di tempo e non di spazio Grisey liquefa i cristalli varesiani nella fluidità

di immagini che sconfinano le une nelle altre. Giocando sull'ambiguità accordo-timbro non

 procede per colori netti ma per variazioni di luminosità di uno spettro, oscurando la luce che

emana la sua distensione con una progressiva compressione verso il grave delle parziali;

Grisey costruisce i suoi punti di riferimento attorno la teoria armonica di cui si farà cenno

nell'appendice III°- aggiornata ai corsi del Prof. E. Leipp e agli studi IRCAM sui suoni

multifonici. Secondo una concezione del suono che sta agli antipodi con quella inventata da

Xenakis l' inarmonicità, l'oscurità, il rumore sono il risultato di un abbassamento della

fondamentale fino a farla mancare dagli eventi udibili come frequenze. Ma non aveva intuito

soluzioni simili anche Debussy ( Pelléas, atto I° scena prima seconda misura dopo [13])? Non si articola per strutturazione timbrica secondo intervalli armonici l'orchestrazione

luminosa di Ravel nel  Bolero? Si è tentati di parlare di uno sviluppo francese della

Klangfarbenmelodie, ma al principio estetico della riduzione dei mezzi, alla concentrazione

espressiva corrisponde nella musica spettrale di Grisey l'amplificazione e moltiplicazione

smisurata delle risonanze acustiche e l'iterazione delle textures. La soggettività interviene

come memoria-durata secondo un orientamento estetico bergsoniano. L'arte supera la natura

fisica senza lasciare erompere l'intuizione inconscia ma attualizzando ciò che si presenta

inudibile perchè colto nel tempo contratto del gesto strumentale, della percezione attiva,

categoriale. Il rallentamento del tempo consente di risalire il cono bergsoniano della

memoria neutralizzando le funzioni cognitive. E anche in esiti più recenti (per es.  Le temps

et l'ecume) la ricerca di una pluralità di manifestazioni della durata mostra uno sviluppo di

 pensiero dalle sorprendenti intersezioni con i temi di Matière et mémoire.

Contenendo in sè il concetto di processo e quello di cosa, la metafora varesiana dei

cristalli esprimeva un delicato punto di equilibrio raggiunto dal pensiero compositivo del

nostro tempo. Per restare nell'analogia si potrebbe dire che, osservata la materia al

microscopio elettronico, dei cristalli si è persa la struttura che li fa essere oggetti definiti e

stabili; ci si è trovati allora a seguire due percorsi, creodi della storia più recente della

musica occidentale. Ma a ben guardare si tratta di una biforcazione antica: il pensiero

eleatico con la sua unica fisica possibile quella democritea, dall'altra parte un humus

eracliteo in cui viene messa in rilievo la processualità ed acquistano più valore degli objets

le relazioni tra di essi, per cui è impossibile separare oggettivo e soggettivo, osservatore da

osservato. La prima via oggi in musica sembra accettare le sorti pragmatiche del pensiero

scientifico, lasciando filtrare elementi di irrazionalismo. La seconda pare sorretta da una

rinascita bergsoniana della cultura di lingua francese (Gilles Deleuze, Michel Serres, Ilya

Prigogine) dettata da una fase di revisione critica allo strutturalismo e per questo disposta

a sconfinare anche nello spiritualismo ottocentesco. Ma si potrebbe parlare anche di René

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Thom o Conrad H. Waddington secondo il quale è merito di Alfred N. Whitehead, filosofo e

scienziato, non casualmente accostato da Hugue Dufour a Varèse, l'aver riaperto

 problematiche che la fisica newtoniana aveva sepolto. Rinvio, costretto, a chimici,

matematici, fisici, biologi e filosofi per spiegare concetti estetici presenti nella musica del

nostro tempo, segno delle carenze del pensiero musicologico in questo campo. Ma questo in

fondo è l'aspetto meno importante. Ciò che più preoccupa invece è l'affievolirsi della

tensione culturale che ha potuto alimentare le tendenze che si stanno esaminando e non solo

queste. Contrastata da pochissimi si assiste ad una fase di grave appiattimento della

 produzione musicale, conseguenza a mio avviso anche di un dilettantismo che si scoraggia

rapidamente e non approfondisce con adeguata preparazione la complessità offerta

dall'indagine del microcosmo sonoro. In questo campo la ricerca resta invece più attiva ed il

 buon livello della produzione scientifica nel settore lo dimostra ma diviene indubbiamente

sempre più difficile da dominare per la polverizzazione delle conoscenze che ne consegue. Adispetto di una crescita dei mezzi tecnologici, il divario teorico tra musicisti e tecnici rischia

di diventare incolmabile e soprattutto di non essere dai primi riconosciuto tale. E certamente

non aiuta la massiccia omologazione del pubblico sempre meno disposto a capire e sempre

 più favorevole ad applaudire tutto ciò che viene adeguatamente pompato dagli organizzatori

"culturali", sia esso la musica o lo spettacolo offerto dalla guerra elettronica (fascismo

culturale come diceva Walter Benjamin). Un circolo dal quale si esce solo a prezzo

dell'isolamento; altrimenti ci si deve ovviamente adeguare alle esigenze di mercato,

semplificare, tornare a ciò che si comunica facilmente.

La ricerca poliritmica iniziata da Grisey non presenta ancora un orientamento

definito per poterne valutare gli sviluppi, nè posso prevedere le scelte future di Xenakis

 preoccupato di respingere l'accusa di essere il profeta dell'insensibilità rivoltagli da Milan

Kundera anni orsono. Con questo lavoro ho voluto parlare della presenza nella musica

contemporanea di linee di forza divergenti segno, almeno in un recente passato, di coraggio

e vitalità creativa.