FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F...

20
FENOMENI ELETTRICI 1 LICEO SCIENTIFICO STATALE “LEONARDO da VINCI” di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI

Transcript of FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F...

Page 1: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 1

LICEO SCIENTIFICO STATALE“LEONARDO da VINCI” di FIRENZE

CORSO SPERIMENTALE FDOCENTE Prof. Enrico Campolmi

FENOMENI ELETTRICI

Page 2: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 2

Le prime idee sull’elettricità risalgono agli antichi greci, i quali scoprirono che strofinando dell’ambra essa acquistava la capacità di attrarre a se oggetti leggeri o di respingere un'altra bacchetta dello stesso materiale appesa ad un filo, anch'essa strofinata

Agli inizi del ‘600 William Gilbert dimostrò che anche altre sostanze, dal diamante al vetro, allo zolfo, acquistano, se strofinate, un potere di attrazione. Gilbert propose di chiamare "elettrizzati" i materiali che acquistavano questa proprietà e "forza elettrica" la forza che in tal modo si manifestava (dal termine "élektron", il nome greco dell'ambra).

L'elettricità divenne una realtà fisica con Otto von Geuricke, che costruì la prima macchina per produrre elettricità. Essa consisteva in un globo di zolfo montato su un manico di legno che veniva fatto velocemente girare mentre una mano strusciava sulla sua superficie, esercitando attrito sufficiente ad elettrizzare lo zolfo. La macchina elettrostatica venne poi via via migliorata, ottenendo risultati più marcati.

Page 3: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 3

Stephen Gray distinse i materiali in base alle proprietà elettriche in conduttori e isolanti: i primi conducono l’elettricità, ma non si elettrizzano per strofinio, mentre i secondi si comportano all’opposto.

Nel 1733 il chimico francese Charles Francis Du Fay scoprì che, se elettrizzate per strofinio, due bacchette di vetro si respingevano, mentre una bacchetta di vetro ne attraeva un'altra di ambra. Du Fay ipotizzò quindi l'esistenza di due tipi di elettricità, quella "vetrosa" e quella "resinosa".

Nel 1745 il fisico olandese di Leida Pieter Musschengroek scoprì accidentalmente un modo per accumulare della carica elettrica in un dispositivo noto come bottiglia di Leida. Questa consisteva, nella sua forma primitiva, in una fiala di vetro parzialmente riempita d'acqua e chiusa da un tappo di sughero attraversato da un filo metallico che pescava nel liquido.

Page 4: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 4

Accostando il filo ad una macchina elettrica la bottiglia si caricava di elettricità, che si manifestava con una violenta scossa se, tenendo la bottiglia in mano, si toccava per sbaglio l’estremità del filo.

La capacità di immagazzinare elettricità venne successivamente migliorata, ottenendo cariche molto più intense di quelle ricavate dalle macchine elettriche. Ciò permise di produrre le prime scintille e di mettere in relazione quanto accadeva nei laboratori con i fulmini del cielo.

Per verificare l'analogia tra i fulmini e le bottiglie di Leida, nel 1752 l'americano Benjamin Franklin (1706 - 1790) compì un famosissimo esperimento: durante un temporale fece volare un aquilone munito di una punta metallica alla quale aveva attaccato un filo di seta, in grado di condurre l'elettricità, dal quale pendeva una chiave. Quando lo scienziato avvicinò la mano alla chiave, scoccò tra di loro una vigorosa scintilla.

Page 5: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 5

Aspettando che la chiave si caricasse nuovamente, la usò per caricare una bottiglia di Leida, con risultati analoghi a quelli ottenuti da una qualsiasi macchina elettrostatica: aveva così dimostrato che le nuvole erano portatrici di cariche elettriche, il cui scaricarsi a terra si manifestava attraverso un'enorme scintilla chiamata fulmine.

In precedenza Franklyn aveva già sostenuto, in contrasto con Du Fay, che l’elettrizzazioni di vetro ed ambra erano manifestazioni di un unico fenomeno, l'elettricità, che agiva come un "fluido", il fluido elettrico

Strofinando il vetro, l'elettricità vi penetrava, caricandolo positivamente, strofinando l'ambra, l'elettricità vi usciva caricandola negativamente. Per Franklin quindi l’elettricità vetrosa corrispondeva ad un eccesso di fluido elettrico, ed era quindi positiva, mentre l’elettricità resinosa derivava da una carenza di fluido elettrico, ed era quindi negativa.

Ponendo in contatto due bacchette caricate con segni diversi, il fluido elettrico passava da quella positiva a quella negativa, fino a raggiungere l’equilibrio elettrico

Page 6: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 6

Nel 1771 Luigi Galvani, osservò che i muscoli della rana subiscono una contrazione sotto l'azione dell'elettricità generata da una macchina elettrica o da una bottiglia di Leida.

L. Galvani (1737 - 1798) In seguito si accorse che i muscoli della rana si contraevano anche se toccati da una pinza costituita da due metalli differenti.

Galvani concluse allora che l'elettricità responsabile della contrazione risiedeva nell’organismo stesso, come nel caso di alcuni pesci capaci di dare forti scosse elettriche agli assalitori

Alessandro Volta credeva invece la fonte dell'elettricità non derivasse dall'organismo, bensì dal contatto tra i due metalli diversi con cui era costruita la pinza usata nell’esperimento.

A. Volta (1745 - 1827)

Page 7: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 7

Nel 1799, Volta realizzò un dispositivo per produrre elettricità, costituito da una serie di dischi sovrapposti di rame e zinco, separati da dischi di feltro imbevuti di acido. Il dispositivo, che prese il nome di pila, fu una svolta fondamentale nello studio dei fenomeni elettrici.

Le macchine elettrostatiche producevano alti voltaggi, ma le scariche elettriche si susseguivano agli intervalli di tempo necessari per ricaricare l'apparecchio. La pila era invece una “macchina” capace di far muovere il fluido elettrico in modo continuo

La corrente elettrica era alimentata dalla reazione tra i due metalli e la soluzione che li separava. Ciò forniva il primo indizio di legami tra reazioni chimiche ed elettricità

A questo punto, se una reazione chimica generava una corrente elettrica, si poteva ipotizzare di invertire il fenomeno, facendo provocare una reazione chimica da una corrente elettrica

Page 8: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 8

Infatti, poco tempo dopo l’esperienza di Volta, due chimici inglesi, Nicholson e Carlisle, fecero passare una corrente elettrica attraverso dell’acqua, ottenendo sviluppo di gas ai due conduttori immersi nel liquido

ossigeno idrogeno

I gas erano ossigeno ed idrogeno, il secondo in volume doppio del primo, cosa che riaccese il dibattito sui pesi atomici: era stata effettuata la prima elettrolisi dell’acqua

Rapidamente l’elettrolisi divenne un processo molto comune in chimica. A partire dal 1807 chimico inglese Humpry Davy ottenne, per elettrolisi di sali fusi, diversi nuovi elementi, tra cui sodio, potassio, magnesio, calcio, bario, stronzio e boro.

H. Davy (1778 – 1829) M. Faraday (1791 – 1867)

Tale opera venne continuata dal suo discepolo Michael Faraday, che introdusse in elettrochimica alcuni termini tuttora in uso.

Page 9: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 9

Elettrolisi la scissione delle sostanze per mezzo della corrente elettrica;elettroliti i composti le cui soluzioni lasciavano passare la corrente;elettrodi i conduttori metallici inseriti nella massa fusa o nella soluzione; catodo (strada in sotto) l’elettrodo dotato di carica negativa anodo (strada in sopra) l’elettrodo dotato di carica positiva;

La corrente era trasportata attraverso la soluzione o la massa fusa da entità che Faraday chiamò ioni (dal greco “viandante”); denominò quindi anioni gli ioni negativi diretti all’anodo (+) e cationi quelli positivi diretti al catodo (–)Egli enunciò inoltre due leggi fondamentali dell’elettrolisi:

I°legge di Faraday: il peso di sostanza liberata ad un elettrodo è proporzionale alla quantità di elettricità passante per la soluzione.

II°legge di Faraday: il peso di sostanza liberato da una data quantità di elettricità è proporzionale al peso equivalente della sostanza stessa.

Il peso equivalente si ottiene dividendo il peso molare per il numero di cariche ioniche. Per Na+ il peso equivalente corrisponde al peso molare, per Ca2+ è pari a metà peso molare; per Al3+ ad un terzo. Se una certa quantità di corrente fa reagire una mole di Na+, la stessa produrrà solo mezza mole di Ca2+ ed un terzo di mole di Al3+.

Page 10: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 10

Tuttavia Faraday non era atomista e non propose quindi l’idea di una quantità elementare di carica.

Solo a fine ‘800 Herman Helmholtz collegò risultati di Faraday ed atomismo, concludendo: “se accettiamo che le sostanze elementari siano composte di atomi, dobbiamo concludere che anche l’elettricità sia divisa in porzioni elementari definite, che si comportano come atomi di elettricità“

Dalle leggi di Faraday si poteva dedurre che l’elettricità, come la materia, fosse divisibile in unità minime invariabili.

Ma facciamo un passo indietro. Nel 1827 il fisico tedesco Georg Simon Ohm aveva chiarito una serie di concetti basilari sui circuiti elettrici.

Ohm (1789 -1854)

Un circuito elettrico è costituito da una serie di dispositivi che lavorano per mezzo dell’elettricità

Page 11: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 11

Molto schematicamente ogni circuito è costituito da:

generatore di elettricità, come una pila o un collegamento alla rete elettrica esterna

fili conduttori, che assicurano il passaggio dell’elettricità tra i vari dispositivi del circuito

utilizzatori, congegni vari che lavorano grazie all’elettricità

Omh definì le grandezze caratterizzanti il funzionamento di un circuito elettrico

forza elettromotrice (f.e.m) misurata in volts (V), grossolanamente assimilabile alla forza con cui vengono spinte le cariche elettriche.

intensità di corrente (i), misurata in ampere (A), rappresenta il quantitativo di cariche elettriche che transita in un circuito nell’unità di tempo resistenza (R), misurata in ohm (Ω), assimilabile all’attrito che il conduttore oppone al passaggio della corrente

Page 12: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 12

Il passaggio di elettricità in un circuito è confrontabile col flusso dell’acqua in un condotto, causato dalla spinta di una pompa o dalla presenza di un dislivello

La spinta della pompa (o il dislivello) corrispondono alla forza elettromotrice (detta anche differenza di potenziale oppure tensione elettrica)

Il flusso dell’acqua (misurabile ad esempio in litri al secondo) corrisponde alla corrente elettrica

Per una data pressione della pompa (o un dato dislivello) la quantità di acqua che circola dipende dalla natura del condotto (lunghezza, larghezza, presenza all’interno di ghiaia). Tali caratteristiche del condotto sono analoghe alla resistenza del conduttore.

Page 13: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 13

Gli studiosi del ‘700 e dell’800 hanno incontrato notevoli difficoltà nel definire le leggi che regolano i fenomeni elettrici e nel costruire un modello delle caratteristiche elettriche della materia

La difficoltà maggiore derivava dal fatto che l’elettricità non si vede, al massimo ne possiamo rilevare l’esistenza attraverso degli effetti ad essa legati.

Problema analogo si incontra studiando il calore e la temperatura: neppure loro infatti si vedono.

Lo scambio di calore si misura attraverso variazioni di temperatura; queste però, a loro volta, si rilevano solo indirettamente, tramite un fenomeno ad esse collegato (ad esempio la dilatazione di un corpo).

Anche per l’elettricità quindi possiamo svolgere analisi quantitative solo ricorrendo allo studio di un qualche effetto ad essa dovuto che possa essere agevolmente misurato.

Page 14: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 14

Nell’elettrolisi dell’acqua abbiamo usato un generatore di elettricità per decomporre il composto negli elementi costituenti (idrogeno ed ossigeno).

L’insieme di apparecchiature utilizzate (generatore, fili, cella elettrolitica) costituivano un circuito, all’interno del quale circolava una corrente elettrica

Abbiamo inoltre osservato che i volumi di gas prodotti erano proporzionali al tempo di funzionamento del dispositivo

La quantità di gas sviluppata in una cella elettrolitica potrebbe essere quindi una valida misura della quantità di elettricità che circola in un circuito; in tal modo la cella elettrolitica diverrebbe un misuratore di elettricità

Potremmo inoltre stabilire una unità di misura dell’elettricità, come ad esempio l’elettricità capace di far sviluppare 1 cm3 di gas, in determinate condizioni di temperatura e pressione.

Page 15: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 15

Per sapere quanta elettricità passa in un punto di un circuito, possiamo interromperlo in quel punto ed inserirvi la cella ad idrogeno

Attraverso misure di questo tipo potremo verificare che in ogni parte di un singolo circuito, transita lo stesso quantitativo di elettricità: nei circuiti quindi la carica si conserva

La cella ad idrogeno non è però un valido misuratore dell’elettricità circolante in un circuito, perchè la sua misura dipende dalla temperatura e dalla pressione

Per questo sono stati realizzati strumenti più pratici ed affidabili, come l’amperometro, che misura la corrente in un circuito

Inoltre, avendo una certa resistenza, altera la circolazione della carica che deve misurare.

Page 16: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 16

Poiché la corrente è data dal rapporto tra la carica ed il tempo, moltiplicando l’amperaggio misurato dallo strumento per il tempo di funzionamento, ricavo la quantità di carica transitata in quel periodo

quan t i t à d i ca r i ca i n t ens i t à d i co r ren t e =

t empoc o u l o m b

m p e r e s e c o n d i

a

Ripetiamo quindi l’elettrolisi dell’acqua, cercando di ricavare quanti coulomb sono necessari ad ottenere con questo mezzo un atomo di idrogeno.

I coulomb si ricavano dal prodotto dell’amperaggio per il tempo

Gli atomi di idrogeno, nota pressione e temperatura, si ricavano dal volume del gas, attraverso l’equazione di stato dei gas perfetti ed il numero di Avogadro, considerando infine che la molecola di idrogeno è biatomica

Entro gli errori sperimentali, la quantità di carica necessaria a sviluppare per elettrolisi un atomo di idrogeno è 1,6 10−19 coulomb.

Page 17: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 17

A questo punto potremmo ripetere l’esperienza, cercando di misurare la quantità di carica necessaria ad ottenere per elettrolisi un atomo di un elemento diverso dall’idrogeno

Per effettuare questa esperienza con lo zinco, ma anche con altri metalli, dobbiamo costruire una cella elettrolitica con una soluzione di sali dell’elemento e due elettrodi del medesimo metallo

Osserveremo quindi che l’elettrodo positivo (anodo) perderà degli atomi, i quali migreranno attraverso la soluzione ed andranno a depositarsi sull’elettrodo negativo (catodo)

Dalla variazione di peso degli elettrodi potremo risalire al numero di atomi spostati dalla corrente, mentre dalla misura di questa, moltiplicata per il tempo di utilizzo della cella, risaliremo al numero di coulomb transitati nel circuito

Entro gli errori sperimentali, la quantità di carica necessaria a spostare per elettrolisi un atomo di zinco è 3,2 10−19 coulomb.

Page 18: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 18

Tale valore corrisponde al doppio della carica necessaria a produrre per elettrolisi un atomo di idrogeno

Ripetendo ancora l’esperienza con altri elementi si osserva che la carica per atomo è sempre un multiplo intero e piccolo della carica necessaria a far sviluppare un atomo di idrogeno

In base a questi risultati la carica necessaria ad ottenere per elettrolisi un atomo di idrogeno è stata assunta come carica elementare (la più piccola carica possibile), mentre quella degli altri elementi risulta essere un multiplo piccolo (1,2,3….7) di essa

elemento Carica elementare per atomo

Alluminio 3

Cloro 1

Ossigeno 2

Sodio 1

Argento 1

Possiamo quindi concludere che gli atomi di ogni elemento hanno associata una carica che risulta essere multipla intera della carica elementare

Page 19: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 19

Questo risultato converge con la legge delle proporzioni definite e costanti (legge di Proust), che afferma: “due elementi si combinano per formare un composto secondo un rapporto in peso definito e costante”

Ricordiamo, ad esempio, che nell’acqua il rapporto di combinazione dell’ossigeno con l’idrogeno è sempre di 8/1; a partire da ciò, conoscendo la massa relativa degli atomi, si arrivata a scrivere le formule dei composti.

Nell’acqua, poiché un atomo di ossigeno pesa 16 uma, mentre un atomo di idrogeno pesa 1 uma, la formula del composto deve essere H2O, in modo tale che due atomi di idrogeno si leghino ad uno di ossigeno

L’elettrolisi dell’acqua fornisce risultati concordanti, infatti la carica per atomo dell’idrogeno è 1, mentre quella dell’ossigeno è 2

Inoltre, se a parità di carica assorbita il volume di idrogeno sviluppato è doppio di quello di ossigeno, vuol dire che due atomi di idrogeno si combinano con uno di ossigeno

Page 20: FENOMENI ELETTRICI1 LICEO SCIENTIFICO STATALE LEONARDO da VINCI di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi FENOMENI ELETTRICI.

FENOMENI ELETTRICI 20

Conoscendo la carica elementare per atomo di due elementi, si può scrivere la formula del loro composto

Consideriamo ad esempio due elementi A e B che si combinano per formare un composto. Se entrambi richiedono lo stesso numero di cariche elementari per atomo, allora una atomo di A reagisce con uno di B e la formula del composto sarà AB.

Se invece l’elemento A richiede una carica elementare, mentre l’elemento B ne richiede due, due atomi di A si legheranno ad un atomo di B e la formula del composto sarà allora A2B

Dobbiamo infine osservare che generalmente le unità di misura utilizzate per misurare le grandezze sono arbitrarie: ne esistono infatti diverse che vengono fissate in modo convenzionale.

Non è così per la carica elettrica, ove invece la natura ci mette a disposizione una entità fondamentale, una particella minima costituita appunto dalla carica elementare