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deriva dei continenti 1 LICEO SCIENTIFICO STATALE “LEONARDO da VINCI” di FIRENZE CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi DERIVA DEI CONTINENTI

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deriva dei continenti 1

LICEO SCIENTIFICO STATALE“LEONARDO da VINCI” di FIRENZE

CORSO SPERIMENTALE FDOCENTE Prof. Enrico Campolmi

DERIVA DEI CONTINENTI

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Da quando l’uomo ha cominciato a produrre carte sufficientemente accurate della superficie terrestre, ha anche cominciato a domandarsi come si è formato e come si evolve il paesaggio terrestre.

A cosa è dovuta la forma degli oceani e dei continenti? Cosa determina la distribuzione delle montagne e delle pianure?

A queste domande, nel corso della storia, sono state date risposte diverse, grossolanamente raggruppabili in due opposte concezioni della Terra

Mappamondo 1587

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Concezione fissista: La distribuzione dei grandi lineamenti del paesaggio (terre, mari, montagne, pianure) è rimasta immutata dai tempi della loro formazione.

Gli unici spostamenti ammessi per le masse continentali erano quelli di tipo verticale, legati all’isostasia, fenomeno che nel corso del XIX° secolo era ormai dato per acquisito

Nel corso dell’800 era ormai chiaro che la Terra attuale si era formata a partire dal raffreddamento di una originaria palla di fuoco.

Proprio la contrazione conseguente al raffreddamento avrebbe formato le montagne, come si formano le grinze sulla superficie raffreddata di una mela cotta in forno.

Questa idea conservatrice, nonostante si fosse aggiornata nel corso del tempo, mano a mano che si andavo affermando nuove scoperte scientifiche, era sostanzialmente dominante ancora all’inizio del ‘900.

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Concezioni mobiliste: già a partire dal ‘600 la complementarietà tra le coste dell’Africa e del Sud America aveva fatto ipotizzare a qualcuno (tra cui Bacone e Franklyn) che i due continenti fossero stati un tempo uniti

Tale idea, pur rimanendo minoritaria, era stata tuttavia riproposta più volte nei secoli successivi, anche perché le esplorazione via via confermavano sempre nuove analogie (geologiche, paleontologiche ecc.) tra i continenti divisi dall’Atlantico

Rimanevano tuttavia ignote le cause di tali enormi spostamenti orizzontali dei continenti (forse il diluvio universale?).

Non era poi semplice far passare nella mentalità corrente l’idea che continenti e montagne, ovvero quanto di più fisso ed immutabile si possa immaginare, avessero viaggiato per migliaia di chilometri

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La prima ipotesi più articolata sull’argomento venne formulata a partire dal 1912 da un geofisico tedesco, Alfred Wegener

A.Wegener (1880 – 1930)

All’epoca era già noto che in Africa e Sud America (ma anche in altri continenti) si ritrovano fossili di medesimi animali terrestri vissuti oltre 200 milioni di anni fa, anche se attualmente sui tali continenti vivono organismi molti diversi tra loro.

Ciò costituiva un problema per i paleontologi, in quanto, questi organismi non potevano aver attraversato a nuoto l’oceano

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Lo sprofondamento dei ponti continentali sarebbe stato legato alla contrazione della Terra dovuta al suo rapido raffreddamento

La spiegazione in voga ai primi del ‘900 prevedeva l’esistenza di ponti continentali che avrebbero un tempo unito i vari continenti e che sarebbero poi sprofondati nell’oceano.

La contrazione termica sarebbe stata anche all’origine dei corrugamenti di tutte le catene montuose della Terra

Rispetto a queste argomentazioni Wegener sollevava una serie di obiezioni di carattere geofisico.

All’epoca si sapeva che il fondo oceanico aveva natura basaltica; durante la posa del cavo telegrafico nell’Atlantico era stato infatti accidentalmente strappato un pezzo di basalto appartenente al fondale.

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Il basalto è più denso delle rocce continentali quindi, in base al principio dell’isostasia, all’epoca già accettato, la crosta continentale non poteva sprofondare in quella oceanica

Inoltre, se le montagne si erano formate per la contrazione termica della crosta terrestre, esse dovevano avere la stessa età e dovevano essere distribuite sulla superficie della Terra in modo omogeneo e casuale.

Le catene montuose sono invece concentrate in fasce strette e lunghe

Basandosi su queste obiezioni Wegener, nel 1912, propose quindi una nuova spiegazione per “La formazione delle maggiori caratteristiche della crosta terrestre”

Spesso sono poste vicino ai bordi dei continenti ed hanno età differente tra loro

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Poiché anche Wegener, aveva notato la sorprendente complementarietà tra le coste di alcuni continenti, sostenne che 200 milioni di anni fa tutte le terre emerse sarebbero state riunite in un unico super continente, chiamato Pangea, circondato da un grande oceano, chiamato Pantalassa.

Questa idea iniziale del 1912, poggiata solo su basi teoriche, fu in seguito integrata con dati ricavati da diverse branche delle Scienze della Terra.

Nel 1915, egli espone quindi la teoria della deriva dei continenti nel libro “Origine degli oceani e dei continenti”, cui seguiranno altre tre edizioni (nel ’20, nel ’22 e nel ’29) in ognuna delle quali aggiungerà ulteriori elementi a sostegno.

I continenti si sarebbero poi separati, andando alla deriva, fino a raggiungere le posizioni attuali, come enormi zatteroni di roccia sialica, galleggianti sul fondo dell’oceano, formato da rocce femiche di maggior densità

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Nel suo libro Wegener riunisce gli argomenti a sostegno della deriva dei continenti nei seguenti gruppi

Il citato ritrovamento in continenti lontani di fossili terrestri vecchi di oltre 200 milioni di anni, se si abbandona l’idea dei ponti continentali, si giustifica solo ipotizzando che i continenti fossero riuniti all’epoca in cui tali organismi erano in vita

L’isostasia presupponeva la presenza, sotto la crosta, di materiale plastico, capace di riassorbire i movimenti verticali dei continenti. Ciò rendeva dunque ipotizzabili anche vasti movimenti orizzontali dei continenti, in galleggiamento sul substrato plastico, movimenti peraltro attestati anche dalle compressioni orizzontali visibili nelle rocce delle catene montuose

Argomenti paleontologici

Argomenti geofisici

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Argomenti geologici

Alcune importanti serie rocciose, di età superiore a 200 milioni di anni, si ritrovano in modo identico sia in Africa, che in Sud America

Gli Appalachi del nord America, le Alpi Scandinave e i monti della Scozia sono allineati tra loro e coevi (400 milioni di anni circa)

Appalachi

Scandinavia

Scozia

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Argomenti paleoclimatologiciErano i temi su cui Wegener era più preparato. Egli infatti era un meteorologo e climatologo, genero dell’illustre Wladimir Koppen (padre della classificazione dei climi)

In alcune zone tropicali di continenti australi affiorano antiche tilliti, ovvero morene di una calotta glaciale di circa 280 milioni di anni fa

Tale singolare fatto si spiegava solo riunendo i continenti in un supercontinente collocato nei pressi del polo sud

Successivamente tale continente si sarebbe smembrato ed i vari frammenti si sarebbero spostati fino ad occupare le posizioni odierne

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Durante una spedizione in Groenlandia, Wegener effettuò misure della posizione di questo continente, che, confrontate con misure precedenti, indicavano uno spostamento di circa 30 metri all’anno.

Argomenti geodetici

Inoltre in alcune zone del nord America, del nord Europa e della Siberia si trovano giacimenti di carbone, derivanti dalla trasformazione di foreste tropicali paleozoiche.

Evidentemente tali aree erano all’epoca poste a basse latitudini, migrando in seguito fino alle posizioni attuali.

Oggi sappiamo però che tali misure erano assai esagerate, in quanto la velocità di allargamento dell’Atlantico è invece solo di circa 2 cm per anno.

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Nella sua teoria Wegener proponeva infine una spiegazione anche per l’orogenesi, che si verificherebbe per il piegamento e la deformazione del bordo anteriore di un continente alla deriva

Si spiegavano così sia i raccorciamenti osservati nelle catene montuose, sia la distribuzione di queste in fasce allungate lungo alcuni bordi continentali

“E’ come se si dovesse rimettere insieme due pezzi strappati di un giornale, riavvicinando i loro bordi e controllando se le righe della stampa corrispondono tra loro. Se ciò avviene, se ne deve concludere che i due pezzi erano proprio uniti in quella maniera”

Per descrivere come fosse possibile ricostruire la Pangea impiegando tutti gli argomenti citati, Wegener utilizzò questa metafora:

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Di una cosa tuttavia era certo: “Le forze che spostano i continenti sono le stesse che producono le grandi catene di montagne a pieghe. La deriva dei continenti, le faglie, le compressioni, i terremoti, i vulcani…a grande scala sono certamente connessi”

Nell’ultima edizione della sua opera (del 1929) dichiarava infatti: “E’ probabile che la completa soluzione del problema delle forze non verrà tra breve” “Il Newton della teoria della deriva non è ancora apparso”

All’atto della sua formulazione la deriva dei continenti ricevette critiche feroci dalla maggior parte dei geologi dell’epoca.

Una delle critiche più forti rivolte a Wegener riguardava il fatto che egli non aveva indicato cause adeguate a determinare il moto dei continenti

Wegener si era limitato a proporre, senza troppa convinzione, cause legate alla forza centrifuga, dovuta alla rotazione terrestre, oppure forze derivanti dalle maree che l’azione del Sole e della Luna provocano sulla Terra. Era tuttavia cosciente di quanto tali forze fossero inadeguate

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Ma le ragioni dell’insuccesso della Deriva negli anni ’20 furono anche legate al fatto che Wegener in geologia era un “outsider”

Infatti, pur essendo un eminente meteorologo e climatologo, i geologi non gli perdonavano di volersi occupare di cose estranee al suo campo. In un’epoca in cui, le demarcazioni disciplinari erano ancora molto nette

Inoltre, sempre nell’edizione del ’29, egli esaminava anche la teoria proposta quello stesso anno dall’inglese A. Holmes (uno tra i pochi sostenitori della Deriva), ipotesi in seguito accolta come motore della dinamica terrestre

Secondo Holmes, i continenti erano spostati dai moti convettivi termici che si andava ipotizzando nel mantello.

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Altri sostenitori furono alcuni geologi, tra cui il sudafricano Du Toit, che studiavano i continenti dell’emisfero meridionale.

Essi, infatti, basandosi sulle analogie riscontrate, avevano già riunito i continenti australi in un supercontinente chiamato Gondwana.

Infine negli anni ’20 i geologi probabilmente non erano ancora preparati ad una rivoluzione scientifica come quella proposta dalla Deriva dei Continenti

Tra i pochi sostenitori della Deriva dobbiamo tuttavia ricordare anche l’americano Taylor, che nel 1910 aveva già proposto una teoria simile, senza però fornire tutti gli argomenti proposti da Wegener.

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Nel 1930 Alfred Wegener troverà la morte nell’ultima delle sue molte spedizioni in Groenlandia

Da allora dovranno passare ancora più di trent’anni, perché la Deriva dei Continenti sia ufficialmente riconosciuta come una delle più brillanti teorie scientifiche del XX° secolo