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Federica Scibilia, Nunzio Scibilia Pietro Scibilia Ingegnere Architetto (1889-1971) con una prefazione di Ettore Sessa

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Federica Scibilia, Nunzio Scibilia

Pietro ScibiliaIngegnere Architetto (1889-1971)

con una prefazione di Ettore Sessa

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ISBN 978–88–548–5958–6

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

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Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: giugno 2013

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Direttori

Antonio CottoneUniversità degli Studi di Enna “Kore”Cesare AjroldiUniversità degli Studi di Palermo

Comitato scientifico

Riccardo NelvaPolitecnico di TorinoFranco NutiUniversità degli Studi di FirenzeAngelo TorricelliPolitecnico di MilanoDaniele VitalePolitecnico di Milano

Comitato di redazione

Dario CottoneUniversità degli Studi di PalermoTiziana BasiricòUniversità degli Studi di Enna “Kore”Simona BertorottaUniversità degli Studi di PalermoGiuseppe BorzellieriUniversità degli Studi di PalermoFosca MiceliUniversità degli Studi di Palermo

Impaginazione, editing e copertina a cura di Dario Cottone

Della stessa collana

1Simona Bertorotta, Dario CottoneIdee per una nuova città modernaConcorsi di Architettura a Palermo

2Dario CottoneTradizione e ModernitàLe architetture di Pietro Ajroldi

3Tiziana Basiricò, Simona BertorottaL'industrializzazione nei quartieri di edilizia residenzialepubblica

4Rossella CorraoArchitettura e Costruzione nella Palermo tra le dueGuerre. Tre edifici pubblici emblematici

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DAL PROGETTO ALLA COSTRUZIONE ALLA CITTÀ

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La collana intende incentrare la sua atten-zione sui processi legati al progetto ed allacostruzione dell'architettura modernanella città ai fini anche della conservazionee recupero degli episodi più si gnificativi.Al suo interno sono pubblicati volumisviluppati e curati all’interno di gruppi diricerca appartenenti al mondo universi -tario. La collana vuole essere il luogo dellamulti disciplinarietà ma avendo comefermo e preciso punto di riferimento ilprogetto (in tutte le sue declinazioni) inquanto strumento di analisi e modifi-cazione delle nostre città.Particolare attenzione sarà riservata allaconoscenza di protagonisti ed operespesso noti solo agli studiosi locali.

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Bisogna studiare anche le costruzioni del passatoe darne una visione vivente, non solo per acquistare

nella loro grandezza e significato una misura architettonica,ma anche perché esse sono collegate a una determinata,irripetibile situazione storica e perciò obbligano a una

propria produzione creativa.

L’architettura è un processo storico e ha poco o nullaa che fare con l’invenzione di forme interessanti o concapricci personali. Credo che l’architettura appartenga

all’epoca, non all’individuo.

Ludwig Mies Van Der Rohe (1886-1969)

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Indice*

Prefazione. Pietro Scibilia: l’etica della professione 11Ettore Sessa

Premesse 15Abbreviazioni 18

I.Introduzione: l’iter professionale e le relazioni con il contesto 19architettonico coevo

II.Gli anni della formazione 25

III.Il riferimento alla scuola di Ernesto Basile e la formazione di 29un proprio codice

IV.La sperimentazione: pluralità ed eterogeneità progettuale tra 47tradizionalismo e internazionalismo architettonico

V.La nuova visione dell’architettura attraverso la maturazione di 75un proprio linguaggio

VI.Il funzionalismo nella produzione architettonica del 81dopoguerra

Bibliografia 94Postfazione 97Appendice 98

* La presente monografia è stata realizzata in stretta collaborazione tra i due autori che hanno discusso e concepito in-sieme l’impostazione complessiva e la metodologia, rivedendone i contenuti e la scrittura. Va precisato che i capitoli 1, 4e 5 sono stati redatti da Federica Scibilia, mentre gli altri capitoli sono stati scritti in modo congiunto.

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Pietro Scibilia: l’etica della professioneEttore Sessa

Questo volume sulla vita e sull’attività professionale di PietroScibilia, architetto e ingegnere palermitano che opera nell’arcotemporale compreso fra la fine dell’età giolittiana e gli annidella Ricostruzione, è frutto di una laboriosa e felice sintoniascientifica fra Nunzio Scibilia e Federica Scibilia. Gli autori,oltre al cimento di una collaborazione tra padre e figlia tut-t’altro che usuale in ambito di studi storiografici, si sonoconfrontati con il problema non lieve di redigere un volumemonografico su un progettista sostanzialmente inesploratoprima dei recenti studi della stessa Federica. Studi che (pre-ceduti praticamente dalla sola scheda biografica facente partedel dossier curato da R. La Franca nel volume Palermo: architet-tura tra le due guerre 1919-1939, pubblicato a Palermo nel 1987per le edizioni S. F. Flaccovio) a parte la biografia, redattasempre dalla stessa Federica Scibilia, per il volume Arte e Ar-chitettura Liberty in Sicilia, pubblicato a Palermo nel 2008 (acura di C. Quartarone, E. Mauro ed E. Sessa) per le edizioniGrafill, si erano interessati di particolari aspetti dell’attivitàprofessionale di Pietro Scibilia, relativi alla sua prima fase le-gata alla “maniera” di Ernesto Basile o ad uno specificoaspetto della sua maturità progettuale (si vedano: F. Scibilia,Pietro Scibilia ingegnere e architetto. Due edifici Liberty su via Roma,in «Per salvare Palermo», 22, settembre-dicembre 2008, pp.24-27; Id., Le residenze dell’ingegnere e architetto Pietro Scibilia(1889-1971) a Palermo e a Mondello, in «Lexicon – Storie e ar-chitettura in Sicilia e nel Mediterraneo», 8, 2009, pp. 81-85). Come se non bastasse gli autori si sono assunti l’onere dioccuparsi di un progettista legato a memorie familiari (inquanto fratello del nonno di Nunzio Scibilia). Limite que-st’ultimo agilmente superato grazie all’obiettiva metodologiastorico-critica adottata e grazie, anche, alla possibilità di in-dagare per mezzo dell’archivio professionale dello stessoPietro Scibilia (amorevolmente e responsabilmente conser-vato dalla famiglia) tanto i nessi storici reali relativi alle vicende della sua vita quanto l’intera parabola della sua atti-

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vità progettuale; componenti queste cui va aggiunta, infine,la rigorosa impostazione analitico-interpretativa del volume,peraltro corredato da un cospicuo repertorio iconograficoprevalentemente d’archivio (con fotografie ed elaborati pro-gettuali in massima parte inediti), e da una documentazionefotografica integrativa attuale.Sottoposta al vaglio di un puntuale reticolo critico, suppor-tato da un’indagine incrociata svolta anche presso altri archivisiciliani (primo fra tutti l’Archivio Storico del Comune diPalermo), e comparandone la produzione progettuale conil coevo panorama professionale locale e nazionale, l’attivitàdi Pietro Scibilia è stata delineata con problematicità scienti -fica assicurando, così, alle attuali conoscenze uno degli anellimancanti della storiografia dell’architettura siciliana dei cin-quant’anni successivi alla prima guerra mondiale. Ne è con-seguito un primo profilo compiuto di questo valido prota-gonista della produzione edilizia palermitana di qualità delsecolo scorso. L’opera a lui dedicata contribuisce, inoltre,ad irrobustire l’esiguo novero dei volumi monografici suprogettisti siciliani d’età contemporanea. Un filone editoriale,questo, piuttosto rarefatto per quanto attiene alla locale cul-tura del progetto del XX secolo.In effetti la storiografia dell’architettura siciliana d’età con-temporanea vanta una rimarchevole aliquota di studi specificisu alcuni suoi esponenti di primo piano (sia nati nell’isolacome pure trasferitivisi proprio per svolgervi l’attività pro-fessionale); ma va detto, però, che pochi di essi sono statitradotti in volumi monografici, prevalendo piuttosto le trat-tazioni in forma di saggio o di articolo, e solo di recente lacollana Architetti in Sicilia, diretta da Maria Giuffrè e daMaria Luisa Scalvini per le edizioni Flaccovio, ha dato il viaad una serie di monografie su protagonisti dell’architetturain Sicilia che comprende anche l’età contemporanea.All’interno della vasta produzione scientifica sull’architetturasiciliana dei secoli XIX e XX è d’obbligo, inoltre, operare

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qualche distinzione: mentre lo stato della conoscenza del-l’operato dei progettisti (architetti, ingegneri e geometri)attivi in Sicilia nella prima metà dell’età contemporanea,cioè nel periodo che dallo scorcio del XVIII secolo si estendea tutto l’Ottocento, permette di delineare un compiuto pa-norama di “civiltà” professionale e intellettuale, sia pure an-cora perfettibile, gli studi sulla cultura architettonica dellaseconda parte dell’età contemporanea, cioè quella relativaal Novecento e al primo decennio del secolo attuale, nono-stante i progressi degli ultimi tre lustri, sono ben lungi dal-l’aver esaudito i tanti interrogativi storiografici pregressi.Nel primo caso lo stato dell’arte è anche il risultato dei tantistudi monografici o tematici (siano essi volumi oppure saggi)su Giuseppe Venanzio Marvuglia (di V. Capitano, di G.B.Comandè, di G. Fatta, di M. Giuffrè, di E. Mauro, di P. Pa-lazzotto), su Alessandro Emmanuele Marvuglia (di A. Ab-badessa, di E. Mauro, di M. Vesco), su Domenico Lo FasoPietrasanta duca di Serradifalco (di G. Cianciolo Cosentino,di E. Sessa), su Emmanuele Palazzotto (di M. Giuffrè, di P.Palazzotto), su Vincenzo Di Martino (di A. Abbadessa), suSebastiano Ittar (di G. Dato, di G. Pagnano, di E. Sessa), suNicolò Puglia (di A. Abbadessa), su Carlo Giachery (di G.Di Benedetto, di E. Mauro, di G. Pirrone), su SalvatoreGravanti (di N. Donato, di A. Margagliotta), su FrancescoSaverio Cavallari (di G. Cianciolo Cosentino), su Giambat-tista Nicastro (di A. Messina, di S. Nicastro), su GiovanBattista Filippo Basile (di G. Fatta, di A.M. Fundarò, di S.Lo Nardo, di E. Mauro, di E. Palazzotto, di G. Pirrone, diM.C. Ruggieri Tricoli, di A. Samonà, di E. Sessa), su CarloSada (di Z. Dato Toscano), su Ignazio Greco (di M.C. Rug-gieri Tricoli), su Giuseppe Damiani Almeyda (di P. Barbera,di A.M. Fundarò, di L. Gallo, di E. Palazzotto, di M.C. Rug-gieri Tricoli, di E. Sessa), su Francesco Paolo Palazzotto (diP. Palazzotto). Un ventaglio di studi che va ad integrare ilcospicuo patrimonio di ricerche rappresentato dalle tratta-zioni generali (a partire da quella di E. Caracciolo del 1955),dalle tante raccolte di schede biografiche (valgano per tuttequelle di vari autori del I volume, dedicato all’architettura,del Dizionario degli artisti siciliani di L. Sarullo, curato nel 1993da M.C. Ruggieri Tricoli per le edizioni Novecento di Pa-lermo, e della Enciclopedia della Sicilia, curata nel 2006 da C.

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Pietro Scibilia Ingegnere Architetto (1889-1971)

Napoleone per le edizioni Franco Maria Ricci di Parma) edalle analisi di specifici aspetti culturali o di singole realiz-zazioni (come nel caso del volume del 1984 di G. Pirronesul Teatro Massimo di Palermo o del volume del 1987 di R.Giuffrida e M. Giuffrè sulla Casina Cinese di Palermo).Ben diverso è il bilancio degli studi sui protagonisti del No-vecento, anche se fra i pochi a fare eccezione, e in manieraconsiderevole, sono proprio i due fra i principali esponentidi questa seconda parte dell’età contemporanea che sonogià affermati all’inizio del secolo e cioè Ernesto Basile eAntonio Zanca; va anche detto però che entrambi, nati ri-spettivamente nel 1857 e nel 1861, sono progettisti che siformano ancora in piena età eclettica e che operano consuccesso in un ampio arco temporale che comprende anchela cosiddetta lunga “stagione di transizione” fra Ottocentoe Novecento. Gli studi su entrambi si collocano, quindi, an-che in uno scenario diverso da quello dei successivi esponentisiciliani della cultura del progetto. Infatti, a parte la precocee duratura fortuna critica di Ernesto Basile, del quale giànel 1935 il pregevole volume scritto dal suo erede accade-mico S. Caronia Roberti rappresenta la prima monografiascientifica dell’architettura siciliana d’età contemporanea (dipoco preceduta dal pionieristico saggio di P. Marconi suiBasile, padre e figlio, e seguita dagli studi di R. Bossaglia, diG. Pirrone e di M. Tafuri e poi, a partire dalla fine daglianni settanta, da quelli di F. Amendolagine, di P. Barbera, diG. Lo Tennero, di E. Mauro, di P. Miceli, di E. Palazzotto,di P. Portoghesi, di E. Sessa), e quella recente di AntonioZanca (principalmente con gli scritti di P. Barbera e di M.Giuffrè), è davvero esiguo il novero dei progettisti che ope-rano in Sicilia nel XX secolo ad essere interessati dalla pub-blicazione di volumi specifici sulla loro vita e sulla loro atti-vità o su una loro determinata opera (caso quest’ultimocircoscritto, sostanzialmente, al solo Ernesto Basile con ilvolume del 1981 di G. Pirrone sul Villino Basile, delle Edi-zioni Officina, o con quello del 2000 di E. Mauro sul VillinoFlorio, delle edizioni Grafill). Dunque fra le poche monografie su progettisti del Nove-cento attivi in Sicilia, a parte quelle annoverate nelle vastebibliografie su Ernesto Basile (si vedano in particolare il giàcitato volume di S. Caronia Roberti, del 1935, e quelli di E.

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Sessa, del 2002 e del 2010) e su Giuseppe Samonà o suquelle di figure di altrettanto rilievo ma d’oltrestretto, equindi solo occasionalmente o temporaneamente operantinell’isola (come Enrico Del Debbio, Vittorio Gregotti, Er-nesto Bruno La Padula, Francesco Marescotti, Angiolo Maz-zoni, Franco Minissi, Marcello Piacentini, Pietro Porcinai,Franco Purini, Carlo Scarpa, Francesco Venezia, Marco Za-nuso e altri), ricordiamo i volumi su Camillo Autore (diR.M. Cagliostro, del 1991), su Salvatore Benfratello (di G.Fatta, del 1993), su Enrico Calandra (di P. Barbera e M.Iannello, del 2010), su Salvatore Cardella (di M. Santapà eO. Ajesi, del 1982), su Salvatore Caronia Roberti (di M.C.Ruggieri Tricoli, del 1987), su Francesco Fichera (di M. Pia-centini del 1931), su Saverio Fragapane (di A.M. Damigella,del 2000), su Francesco La Grassa (di L. Scalvedi, del 2005),su Domenico Massimo Nuzzo (a cura di Itinera Lab, del2006), su Filippo Re Grillo (di S. Carisotto, del 2004), suGiuseppe Spatrisano (a cura di V. Balistreri, del 2001) e suPietro Ajroldi (di D. Cottone del 2012).Pur nel ricco panorama di ricerche sull’architettura sicilianadel Novecento, incrementatosi soprattutto nell’arco dei tredecenni compresi fra la pubblicazione nel 1981 delle schedebiografiche (a cura di E. Mauro) a corredo del catalogo dellamostra Palermo 1990 (poi ripubblicate nel 1987 nel volumecurato da R. Bossaglia, per le Edizioni Franco Angeli di Mi-lano, e intitolato Archivi del Liberty italiano) e la pubblicazionenel 2011, per le Edizioni Caracol, del volume, con saggi eschede biografiche (corredate da puntuali ricognizioni suivari archivi dei progettisti), intitolato Archivi di architetti e inge-gneri in Sicilia 1915-1945 (a cura di P. Barbera e M. Giuffrè),questo volume è, pertanto, uno dei pochi prodotti mono-grafici dell’editoria siciliana. Un contributo particolarmenteprezioso, quindi, anche in considerazione della particolarefigura di Pietro Scibilia che, laureandosi in Ingegneria pressola Scuola di Applicazione per Ingegneri e Architetti dellaRegia Università degli Studi di Palermo nel 1913 (e successi-vamente diplomandosi presso il Regio Istituto di Belle Artidi Palermo), può essere considerato uno degli ultimi allieviformatisi con Ernesto Basile in quella sua stagione culturalein cui fu massimo il processo di revisione critica della suaesperienza modernista. Si trattò di un vero e proprio nuovo

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indirizzo di Basile il cui inizio si può far risalire al biennio1906-1907 con il progetto per il Padiglione Italiano nei giar-dini della Biennale di Venezia (non realizzato) e, soprattutto,con la sede della Cassa di Risparmio in piazza Borsa a Pa-lermo. Proprio questo edificio, che tanto influenzerà gli epi-goni e i “manieristi” di Basile fino agli anni venti, viene ulti-mato con grande clamore, partecipazione della cittadinanzaed eco nazionale nel 1912, appena un anno prima del conse-guimento della laurea da parte di Scibilia. Egli pertanto siforma nella fase finale del periodo di Basile compreso fra il1906 e il 1914 (anno nel quale porta a termine opere come ilKursaal Biondo a Palermo e il corpo di fabbrica dell’Auladella Camera dei Deputati a Palazzo Montecitorio a Roma);è durante questa fase, successiva al 1909, che Basile, sullascorta della riconversione classicista già in atto sia dei for-mulari stilistici sia degli impalcati compositivi della sua ma-turità modernista, perviene ad una riformulazione accademicadel Liberty. Un esito, questo, che comporta la normalizza-zione dei modi progettuali e, quindi, la messa a punto di unabaco di soluzioni architettoniche derivabili che costituirannouna sorta di “manuale di stile” per i suoi epigoni. Dopo la prima guerra mondiale Basile continuerà la suamissione di docente fino al 1931. Dalla sua scuola uscirannoancora validi esponenti della cultura architettonica sicilianacome Edoardo Caracciolo, Salvatore Cardella, Luigi Epifa-nio, Rosario Marletta, Giuseppe Pensabene, Giuseppe Spa-trisano, Giuseppe Vittorio Ugo, Mario Umiltà e Pietro Villao come Giuseppe Samonà, l’unico ad affermarsi nel contestointernazionale (anche se parte della storiografia, a rischio diqualche sottovalutazione, tende a individuarne solo in altrocontesto la reale formazione); ma verosimilmente la fasepiù vitale e originale dell’insegnamento di Basile si chiudecon gli allievi della generazione di Scibilia. Nel suo stessoanno di conseguimento della laurea vengono licenziati dallaScuola di Applicazione altri venticinque progettisti; ma diquesti, oltre a Scibilia, l’unica personalità di spicco è Giro-lamo Manetti Cusa. L’anno prima, il 1912, si erano laureatiCamillo Autore e Giovan Battista Santangelo che con i mi-gliori allievi del successivo 1913 e dei tre anni accademiciprecedenti (fra cui Salvatore Benfratello, Francesco DamianiMancinelli e Salvatore Caronia Roberti) formano l’ultima

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compagine di allievi del migliore periodo modernista della“Scuola di Basile”. Per molti degli allievi di Basile formatisinel lustro che precede la prima guerra mondiale i sistemicompositivi e i codici architettonici trasmessi in questa tardaetà modernista dal maestro, essendo oramai affetti (già dalloscadere del primo decennio del secolo) da un processo dicodificazione formalistica, finirono per costituire una remoranon solamente per la ricerca del “nuovo” (garantendo però,allo stesso tempo, una dignitosa impermeabilità di “tagliomoderno” dell’ambiente professionale palermitano al tra-dizionalismo neoeclettico di ritorno dell’architettura acca-demica italiana degli anni venti) ma anche per traghettarecon qualche punta di originalità il proprio bagaglio di espe-rienza metodologica verso indirizzi più attuali della culturadel progetto. A rivolgersi verso quest’ultima direzione, econ convinzione scevra da mera ansia di epidermico ag-giornamento, saranno in pochi dell’ultima compagine di al-lievi della “Scuola di Basile” dello scadere della Belle Époque;fra questi Salvatore Caronia Roberti e, con i dovuti distinguo(vista anche la sua formulazione di un percorso di elabora-zioni teoriche lungamente recepite come insegnamento daiprogettisti formatisi a Palermo fra gli anni trenta e gli annicinquanta), Girolamo Manetti Cusa e Pietro Scibilia sonofra i più problematici interpreti di un nuovo “sentire” che sivoleva in continuità con la tradizione palermitana della “mo-dernità” comunicativa.Essi, dopo decorosi esordi nell’alveo della “maniera basi-liana” (con solo qualche cedimento neoeclettico, ma di buonmestiere), condivideranno in fasi diverse quella tendenza(ancora soggetta ad un recente processo di rivalutazionestorico-critica essenzialmente in Francia e in Germania piùche in Italia) oggi definita neo-humanisme che informa partedella cultura del progetto architettonico europeo in un dif-ficile confronto critico con il funzionalismo a partire daglianni venti fino all’epilogo negli anni cinquanta. In particolareScibilia, come del resto Caronia Roberti (ma con minoretensione estetico-ieologica di questi), traghetta con singolareoriginalità percettivista il portato soggettivista della sua par-ticolare formazione tardomodernista attraverso una conte-nuta ma singolare fase Déco, per poi mutuarne ripetuta-mente le valenze in chiave protorazionalista e novecentista,

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Pietro Scibilia Ingegnere Architetto (1889-1971)

approdando con un ristretto numero di opere ad una origi-nale pur se tarda declinazione mediterranea del razionalismoche non mancherà di intersecarsi con rilanci post bellicidegli impalcati progettuali novecentisti, ma in un’austera di-mensione progettuale interprete dell’ethos di una società lun-gamente e faticosamente impegnata nella Ricostruzione. Di questa personalità schiva e tuttavia incisiva dell’architet-tura siciliana del XX secolo, la cui attività progettuale è stataimprontata al conseguimento del risultato sicuro più che aicompiacimenti alla moda oppure ai sinceri slanci innovativi,il volume di Nunzio Scibilia e di Federica Scibilia ci restituiscela complessità e l’operosità, aggiungendo un’altra preziosatestimonianza per la valutazione di quella compagine di pro-gettisti di qualità che seppero operare in Sicilia con discre-zione nel segno di una sentita responsabilità professionale;un senso di responsabilità che, in particolare, garantì a Pa-lermo il dignitoso, ma certamente non indolore, passaggiodalla grande stagione della “piccola capitale dell’Art Nouveau”(come ebbe a definirla Leonardo Sciascia), quando la cittàsi era mostrata degna erede di cinquant’anni di propositivitàimprenditoriale e di slanci artistico-architettonici e socio-culturali, al drastico ridimensionamento negli anni del Ven-tennio e della Ricostruzione a contesto urbano periferico,con vocazione terziaria e ciclicamente in odore di derivaprovinciale.

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PremesseNunzio Scibilia, Federica Scibilia

La morte di mio padre Nicolò Scibilia, avvenuta nel 1999,mi ha spinto a raccogliere e ordinare alcuni progetti riguar-danti la sua attività di ingegnere e soprattutto quella di PietroScibilia, fratello di mio nonno. La raccolta di notizie si è in-tensificata negli ultimi anni, anche per l’interesse di miafiglia Federica per la storia dell’architettura, maturato nelcorso del dottorato di ricerca e approfondito negli ultimianni.L’esposizione comprende il periodo compreso tra il 1913,anno del conseguimento della laurea in ingegneria di PietroScibilia e i primi anni sessanta, riportando le notizie che èstato possibile ricavare dai documenti disponibili e da ricer-che di archivio.L’attività di Pietro Scibilia è caratterizzata da una limitatapresenza di commesse di opere pubbliche ed è indirizzata aprestazioni svolte per conto di società commerciali e im-prenditoriali e di enti religiosi, che costituiscono un aspettonon secondario della nostra storia più recente.Per le interessanti notizie e i documenti forniti ringraziomia cugina Serenella Scibilia, la signora Giuseppina AgnelloSpatafora, il dott. Silvano Barraja, il dott. Francesco Ciulla,il dott. Mario Di Liberto, l’arch. Antonio Di Lorenzo, ilprof. Francesco Giambanco, l’ing. Marco Giammona, la si-gnora Erminia Matta, il dott. Antonio Machì, l’ing. GiorgioFernandez, i fratelli Sansone e il prof. Nino Vicari; ricordola signora Rosalia Conte e il dott. Francesco Lazzara per lacollaborazione nelle ricerche d’archivio. Per la cortese di-sponibilità ringrazio i parroci Pietro Magro, Giuseppe Pi-tarresi e l’arch. Girolamo Bellomo per la chiesa di San-t’Espedito; il parroco Antonio Randazzo per la chiesa diSanta Silvia; don Ignazio Pizzitola per la chiesa Madre diBisacquino; papas Pietro Cosentino per la chiesa di San Ni-colò da Mira di Mezzojuso; monsignor Filippo Sarullo perla chiesa di San Luigi Gonzaga; e inoltre l’ing. Cesare BarberaAzzarello, il dott. Giulio Perricone, il dott. Attilio Albergonie tutto il personale dell’Archivio Storico Comunale di Pa-lermo. Un ringraziamento particolare va ai professori MariaGiuffrè, Paola Barbera ed Ettore Sessa per i preziosi sugge-

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rimenti e scambi di riflessioni, al dott. Giuseppe Sinatra,che ha curato la fotografia e all’arch. Michelangelo Salamoneche si è occupato dell’intitolazione a Pietro Scibilia di unastrada nella zona di espansione nord della città. Non possodimenticare di ringraziare mia moglie Giugiù per la pazienzae la comprensione dimostrata durante i periodi di ferie na-talizie ed estive, assorbiti dalla ricerca di documenti e dallastesura e revisione del testo.Infine si ringraziano i professori Cesare Ajroldi e AntonioCottone, responsabili scientifici della collana, e l’arch. DarioCottone che ha curato la grafica del volume.

Nunzio Scibilia

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Pietro Scibilia Ingegnere Architetto (1889-1971)

Questo libro nasce dall’esigenza di dare una sistemazioneadeguata alla vasta quantità di informazioni, dati e notizieriguardanti la figura dell’ingegnere e architetto Pietro Scibilia,di cui si conserva parte dell’archivio privato. Proprio la pre-senza di un fondo documentario, custodito a Palermo pressola famiglia Scibilia, aveva da tempo reso necessario racco-gliere, catalogare e dare un ordinamento alla quantità di ma-teriali in esso presenti e ciò ha costituito il principale stimoloper la redazione della presente pubblicazione.L’archivio, sebbene lacunoso, si compone di elaborati pro-gettuali originali, fotografie storiche che rappresentano operea lavori conclusi e disegni di progetto, nonché di un limitatonumero di documenti contenenti informazioni relative allesue architetture. Questo materiale, inoltre, è stato ulterior-mente integrato attraverso ricerche condotte presso altri ar-chivi, sia privati che pubblici e, in particolar modo, pressol’Archivio Storico del Comune di Palermo (ASCPa), che siè rivelato una fonte di primaria importanza per il reperi-mento di progetti inediti, spesso forniti di relativa docu-mentazione, e l’Archivio Notarile di Palermo, dove sonostati rintracciati alcuni atti di natura amministrativa.Il fondo archivistico presenta disegni diversi per supporto,tecnica e tipo di rappresentazione: la maggior parte deigrafici sono redatti a china su carta da lucido e riguardanopiante e alzati ortogonali; altri sono realizzati a matita o achina su carta; altri ancora sono su cartoncino. Le rappre-sentazioni sono per la maggior parte proiezioni ortogonali(piante, sezioni e prospetti), ma non mancano le prospettiveche dimostrano una buona padronanza del mezzo grafico,tra cui spicca una elegante prospettiva acquerellata. A questimateriali si aggiunge la presenza di un esiguo numero dischizzi sia in pianta che assonometrici. Alcuni di questi ela-borati progettuali acquistano un valore aggiunto dal mo-mento che documentano, spesso in maniera completa, edificiormai distrutti o notevolmente trasformati, tutti relativi allacittà di Palermo, dove si concentrò maggiormente la propriaattività professionale. È questo il caso, per citare alcuni tragli esempi di maggiore interesse, della propria casa-studiodi città in via Vincenzo Di Marco, oggi non più esistente, dicui si conservano, oltre a una fotografia storica, i disegnirelativi alla pianta del piano rialzato (china su carta da lucido),

a due prospetti (matita su carta), nonché alcuni schizzi (chinasu carta), riguardanti una prospettiva e le piante dei tre dif-ferenti livelli; o ancora quello della casa per il proprio fratelloGiuseppe, in via Generale Arimondi, di cui rimangono igrafici delle piante dei tre livelli e di due prospetti, tutti ese-guiti a china su carta e una foto d’epoca.Il lavoro di ricerca fin qui condotto ha consentito di rico-struire in modo quasi completo l’intera attività professionaledi Pietro Scibilia, delineando un personaggio che, seppurea volte ignorato dalla storiografia locale, risulta essere unodei protagonisti del panorama architettonico palermitanoin un lungo periodo compreso tra gli anni venti e gli annisessanta del Novecento, come testimoniato dalla sua prolificaproduzione, che può vantare un buon numero di progetti,quasi tutti realizzati1.Sebbene manchi allo stato attuale uno studio sistematicosulla figura di Pietro Scibilia, numerosi sono i riferimenti alsuo operato in vari testi. Una prima sintetica biografia si hain Palermo: architettura tra le due guerre (1919-1939) dove, in-sieme ai più noti nomi di Salvatore Benfratello, Paolo Bonci,Giuseppe Capitò, Salvatore Cardella, Salvatore Caronia Ro-berti, Antonio Zanca per citarne solo alcuni, Pietro Scibiliaviene incluso tra i protagonisti della stagione architettonicapalermitana tra le due guerre2. Diversi sono poi gli accenniad alcune sue architetture in opere di carattere generale tracui, oltre al volume sopracitato, si ricordano: il testo di Va-lerio Cammarata su architetture e opere pubbliche a Palermorealizzate nel decennio compreso tra il 1930 e il 19403 , al-l’interno del quale vengono brevemente descritti i progettidi Pietro Scibilia per le chiese di Sant’Espedito e Sant’Oliva;alcuni studi sull’asse di via Roma (direttrice urbana lungo laquale Pietro Scibilia realizzò diversi edifici) come L’architetturaa Palermo dal 1860 al 1930. Analisi architettonica ed ambientale:la via Roma nella città murata4 (dove tuttavia non viene men-zionato il nome del progettista), il più recente Via Roma. Lastrada nuova del ‘900 5 nonché i volumi di Anna Maria Fundaròe quello di Laura Crimi e Renato Zappulla su la zona bal-neare di Mondello6. Più recentemente la citazione di alcunetra le sue architetture e l’inserimento della sua biografia al-l’interno del volume Arte e architettura Liberty in Sicilia, nonchéla comparsa di una serie di articoli relativi ad alcuni suoi

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progetti, hanno rivalutato il ruolo di questo professionistain ambito palermitano7. Il presente volume costituisce, per-tanto, il primo studio sistematico a carattere monograficosu Pietro Scibilia, attraverso un percorso di ricerca svoltonon soltanto attraverso l’analisi delle architetture realizzate,ma anche mediante l’indagine diretta delle fonti d’archivioe del suo corpus grafico. La relativamente breve distanzatemporale che ci separa dall’attività di questo progettista,inoltre, ha consentito di avvalersi anche di testimonianzedirette da parte di chi ha avuto rapporti di tipo familiare esoprattutto di collaborazione professionale con Pietro Sci-bilia.L’ordinamento che si è seguito nella redazione del volumeha privilegiato prevalentemente un criterio cronologico, cheha portato alla scelta di suddividere la sua attività progettualein quattro fasi fondamentali, la cui distinzione corrispondea un’evoluzione del proprio linguaggio, in linea con la tem-perie culturale dell’epoca. Tuttavia le peculiarità che carat-terizzano le chiese progettate da Scibilia, ancorate a un lin-guaggio prevalentemente tradizionalista, con qualcheapertura verso la corrente protorazionalista, ha suggeritol’idea di trattare eccezionalmente questo tema in modo uni-tario, inserendo complessivamente questi edifici all’internodel quarto capitolo.Il libro si pone l’obbiettivo di offrire una giusta collocazionealla figura e all’opera dell’ingegnere e architetto palermitano,spesso ritenuta “minore” (forse perché non incardinata al-l’interno del sistema accademico) e di inserirlo adeguata-mente all’interno del coevo panorama architettonico sici-liano. Raccontare questa storia, sottolineando il suoindiscusso valore professionale, significa anche aggiungereun ulteriore tassello alla conoscenza dell’architettura sicilianadel Novecento, nella speranza che ciò possa costituire dastimolo per lo studio di altri professionisti spesso consideratisecondari ma che, come in questo caso, hanno contribuitoa caratterizzare significativamente il volto delle nostre città.

Federica Scibilia

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Note

1 Dal momento che la sua attività è quasi esclusivamente concen-trata a Palermo, qualora non diversamente specificato, le didascalieposte a corredo delle immagini si riferiscono a edifici cittadini.2 Si veda: I progetti del Regime: dossiers dei protagonisti, a cura di R. LaFranca in Palermo: architettura tra le due guerre (1919 - 1939), Palermo1987, pp. 195-230, in particolare pp. 216-217.3 V. CAMMARATA, Architetture e opere pubbliche a Palermo 1930-1940,Palermo 1999, pp. 161-162.4 R. ZAPPULLA, L’architettura a Palermo dal 1860 al 1930. Analisi ar-chitettonica ed ambientale: la via Roma nella città murata, Palermo 1984,p. 49, dove si fa riferimento al palazzo del Credito Italiano.5 A. CHIRCO, M. DI LIBERTO, Via Roma. La strada nuova del ‘900,Palermo 2008, pp. 78, 85-88, 179-181.6 A.M. FUNDARÒ, Mondello. Cento anni di storia, Palermo 1996, p.81; L. CRIMI, R. ZAPPULLA, Mondello. Sviluppo storico, urbanistico eanalisi delle architetture del primo Novecento, Palermo 1992, pp. 123-125.7 Su questi articoli e saggi si veda la prefazione in questo stessovolume di Ettore Sessa.

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Pietro Scibilia Ingegnere Architetto (1889-1971)

Abbreviazioni

ANPa Archivio Notarile di PalermoASCPa Archivio Storico del Comune di PalermoBCPa Biblioteca Comunale di PalermoBB.CC.AA. Beni Culturali e AmbientaliD.M. Decreto MinisterialeD.P. Decreto PrefettizioF.E.C. Fondo Edifici di CultoG.M. Giunta MunicipaleLL.PP. Lavori PubbliciO.M.I.R.A. Ottico Meccanica Italiana Rilevamenti Aerofotogrammetrici (Soc. Anonima)P.P. Piano ParticolareggiatoP.P.E. Piano Particolareggiato EsecutivoP.R.G. Piano Regolatore GeneraleP.E.E.P. Piano Edilizia Economica e PopolareR.D. Regio Decreto LeggeS.P.E. Società Palermitana Edilizia

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I. Introduzione: l’iter professionale e le relazioni con il contestoarchitettonico coevo

La ricognizione relativa alla figura dell’ingegnere e architettopalermitano Pietro Scibilia (1889-1971), raccontata attraversol’analisi dei suoi progetti e della sua vasta produzione archi-tettonica, delinea la presenza di un preciso percorso diricerca che lo porta, analogamente a quanto accade per altriingegneri e architetti appartenenti alla sua generazione, allasperimentazione di linguaggi diversi, riflesso di un’epocadensa di profondi mutamenti. I progetti, infatti, dimostranol’intensa attività di un professionista che, pur aderendo aistanze differenti, mantiene durante il corso della propriacarriera una sostanziale coerenza, rivelando versatilità inambito progettuale attraverso una costante attenzione aitemi del dibattito architettonico contemporaneo. Questacaratteristica risulta di fondamentale importanza in quantoconsente di inserire il personaggio nel coevo panorama cul-turale, sia siciliano che non, mettendo in evidenza le relazionicon il contesto architettonico dell’epoca, al fine anche didelineare le principali fasi della sua lunga carriera profes-sionale che attraversa circa mezzo secolo (dagli anni ventiagli anni sessanta del Novecento).Nel tentativo di operare una sintesi si può affermare che nellasua attività è possibile rintracciare una parabola evolutiva, ar-ticolata in quattro fasi fondamentali e successive: da un’inizialemisurata adesione al Liberty, che manifesta l’assimilazionedella lezione basiliana, Scibilia attraverso tappe intermediegiunge, soprattutto a partire dalla seconda metà degli annitrenta, a un linguaggio moderno di matrice razionalista chesfocerà, a partire dal secondo dopoguerra, in una più netta edecisa partecipazione alle istanze del funzionalismo.Questo percorso naturalmente non si delinea in manierachiara fin dall’inizio, ma risente di quel clima di generale in-certezza che si crea dopo il crollo delle sicurezze cui era ap-prodato il linguaggio Liberty che a Palermo replicava modie codici propri di Ernesto Basile. È proprio a quest’ultimo,figura di primaria importanza nel panorama architettoniconazionale e locale, che si rifanno intere schiere di professio-nisti tra i quali, almeno inizialmente, lo stesso Scibilia, lau-reatosi a Palermo nel 1913.

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È dunque un processo lento e graduale, fatto anche di suc-cessivi ripensamenti e ritorni su formule a volte appartenentia un lessico tradizionalista, già apparentemente superato daaltre architetture in seno alla sua stessa produzione. Maquali sono le ragioni di questo articolato cammino? Scibiliaè certamente condizionato dalla propria formazione, dallapersonale capacità di adattarsi ai mutamenti che caratteriz-zano la cultura architettonica del tempo e dalla conseguentevolontà di aggiornamento del proprio linguaggio rispetto alcontesto regionale e nazionale in cui opera. Ma c’è forseuna motivazione che più delle altre spinge questo profes-sionista verso soluzioni ora più tradizionaliste, ora più ade-renti a un linguaggio moderno, ossia il ruolo assunto dallacommittenza. Molte delle sue scelte progettuali sono spie-gabili attraverso l’influenza esercitata da una committenzaalle cui esigenze egli deve adeguarsi, assumendone il ruolodi raffinato interprete.Proprio su questo versante sono due i poli principali concui questi si relaziona: da un lato la classe borghese che, so -stituitasi definitivamente all’ormai decadente nobiltà citta -dina, sarà la nuova protagonista della vita economica paler-mitana a partire dall’inizio del Novecento, la quale cercheràdi dare manifestazione tangibile delle proprie istanze pro-gressiste attraverso la scelta di un’architettura “moderna”in linea con le tendenze culturali del tempo; dall’altro laconservatrice Chiesa cattolica, da sempre portata a perpe-tuare un tipo di architettura più legata alla corrente tradi-zionalista che, dopo la firma dei Patti Lateranensi nel 1929,torna ad assumere un ruolo primario nell’organizzazionedella vita sociale, avviando un consistente programma dicostruzione di edifici, volto ad affermare il proprio rinnovatoprestigio1. L’incremento edilizio relativo alla costruzione diedifici ecclesiastici a partire dagli anni trenta si verifica, alpari di altre città italiane, anche a Palermo dove, a parte al-cune rare eccezioni, i progetti sono ispirati a una poeticatradizionalista2. Gli interventi più interessanti in Sicilia siregistrano invece nell’area orientale dell’isola, dove la seriedei concorsi nazionali per le chiese da costruirsi nella diocesi

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di Messina, degli anni 1931-32, rappresenta un’importanteoccasione di sperimentazione progettuale. Qui l’aperturaverso soluzioni più innovative è legata anche alla decisioneda parte dell’arcivescovo di Messina, monsignor Paino, didelegare al Sindacato Nazionale Architetti la formazionedel relativo bando di concorso di diciannove nuove chieseparrocchiali3. L’inizio della carriera di Scibilia, cui corri-sponde una prima fase che potremmo definire tardo-mo-dernista, si sviluppa a partire dagli anni venti con i suoiprimi progetti, la maggior parte dei quali legati alla realizza-zione di palazzi di città e villini nella zona balneare di Mon-dello. In questa fase è portato, pur nel solco della prevalentetradizione classica che caratterizza la maggior parte dei suoiprogetti, a replicare repertori figurativi propri di Basile, li-mitati soprattutto ai partiti decorativi. In questi anni, durantei quali si collocano alcune tra le sue architetture più riuscitein termini di eleganza e compostezza, si manifesta anchel’influenza di Ernesto Armò4 presso il cui studio svolse ilproprio apprendistato. Tra le architetture appartenenti aquesta prima fase merita certamente di essere citato il palazzoCelestre in via Roma, costruito tra il 1923 e il 1925 e il Pa-diglione dell’eleganza al Giardino Inglese, progettato in oc-casione della II Fiera Campionaria Siciliana, svoltasi a Pa-lermo nel 1926.Palazzo Celestre si caratterizza per la presenza di un impagi -nato di prospetto ben calibrato, sottolineato da un asse disimmetria centrale, su cui si innestano raffinate soluzionidecorative che, pur attingendo al repertorio basiliano, nonsono tuttavia esenti da una personale rielaborazione dellestesse, che sembrano guardare a modi e forme propri dellaSecessione mitteleuropea. Il Padiglione dell’eleganza si di -stingue per la vivacità dell’ornamentazione, composta nellaparte superiore da figurazioni fitomorfe e zoomorfe e dadecorazioni geometrizzanti, il cui impatto viene tuttaviasmorzato dalla presenza di un portico a piano terra apertosu tutti i fronti compresi quelli laterali. Questi esempi, benchésignificativi, non mostrano tuttavia quei caratteri di originalitàmaggiormente ravvisabili nella sua produzione successiva.L’approdo a un linguaggio moderno, come accennato, av-viene attraverso una serie di progetti intermedi, che corri-spondono a una seconda fase della sua produzione archi-

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tettonica nella quale Scibilia, ormai affrancatosi dai codicibasiliani, è portato a sperimentare tendenze eterogenee, chemostrano la propria inclinazione a conciliare modernità etradizione. La compresenza di indirizzi differenti del restoriflette in linea più generale il clima nazionale che, soprattuttonel periodo compreso tra il primo dopoguerra e gli annitrenta, attraversa una delicata fase di passaggio, nella qualenon poche sono le alternative possibili5. Durante questolasso di tempo si registra infatti la presenza di correnti di-verse, di segno a volte opposto, per cui architetture svilup-patesi nel solco della tradizione6 coesistono con opere giu-dicate avanguardiste dalle più autorevoli riviste dell’epoca.In Sicilia, in particolare, il superamento della lezione basilianaveniva ben rilevato da un attento studioso e acuto osserva-tore della realtà contemporanea quale Enrico Calandra che,in un suo articolo redatto in occasione della prima mostradi architettura siciliana tenutasi a Palermo nell’autunno del1927, affermava che «il carattere saliente dell’architetturasiciliana appare il tradizionalismo»7, sottolineando l’assenzasia di Ernesto Basile che di Francesco Fichera.Questo periodo di generale incertezza trova un puntuale ri-flesso anche in alcuni progetti di Scibilia, nei quali questi o -scilla tra una chiara ripresa di motivi attinti dal repertorioformale classico e deviazioni verso il lessico Déco, comedimostrano rispettivamente il progetto per la banca del Cre -dito Commerciale di via Roma (dal 1927) e quello di palazzoCricchio in via Libertà (1935). Il primo di questi progettiappare in questo senso esemplificativo, denunciando chia-ramente l’adesione a un classicismo rigoroso di stampo tra-dizionalista. La scelta, certamente dettata da una commit-tenza atta a trasmettere, al pari di altri istituti di credito,un’immagine di solidità e robustezza, si traduce in un pro-spetto composto e ben misurato, caratterizzato, in corri-spondenza del corpo centrale, dall’uso di colonne libere peril portale d’ingresso e dalla presenza di elementi come ilfinto bugnato per il trattamento delle superfici, le finestreneocinquecentesche su mensole, il fregio con triglifi, chedimostrano una piena padronanza del linguaggio classicistadi ispirazione moderna.In modo differente si caratterizza il progetto di palazzoCricchio, che presenta una singolare commistione tra ele-

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menti più propriamente classicisti, quali colonne stilizzateimpostate sul parapetto dei balconi, e soluzioni decorativedifferenti come il profilo segmentato delle logge, di gustogeometrico, il traforo delle balaustre dei balconi e le deco-razioni dei soffitti interni.La terza fase della sua produzione architettonica, che si svi-luppa a partire dalla seconda metà degli anni trenta, mani-festa l’adesione a modi e forme della modernità. Tale periodointermedio, compreso tra lo sperimentalismo progettualeprecedente e il successivo periodo maturo, viene esemplifi-cato da alcune sue architetture, che mostrano un più nettoe deciso affrancamento dai precedenti repertori decorativie la predilezione per linee semplici ed essenziali. Proprio inqueste architetture, che si inseriscono in un clima ancoracontrassegnato da un generale disorientamento della culturaarchitettonica locale, Scibilia raggiunge i risultati più signifi-cativi. Il processo di progressivo riduzionismo formale sitraduce nell’adozione di volumetrie chiare, squadrate, gene-ralmente compatte, rese candide da un trattamento a into-naco bianco. Indicativo di questo suo nuovo modo di farearchitettura è, nella scansione delle superfici, il rifiuto deglielementi decorativi, con la conseguente quasi totale scom-parsa di aggettivazioni formali, a favore di un’articolazionedelle pareti esterne attraverso lievi aggetti e sottili rincassiche evitano la monotonia di paramenti uniformi.Vale la pena ricordare che in questi anni si accentua la dico-tomia tra gli esponenti delle avanguardie dell’architetturaquali Le Corbusier, Walter Gropius e Ludwig Mies van derRohe, di cui erano note le opere attraverso le principaliriviste di architettura pubblicate anche in Italia, e gli architettipiù tradizionalisti aventi come riferimento la scuola francesecapeggiata da Auguste Perret e dai sui epigoni quali MichelRaux-Spitz, Lucien Bechman e Albert Laprade. Come ènoto questi ultimi, che costituiscono importanti punti di ri-ferimento per numerosi progettisti italiani del tempo, purmisurandosi con nuovi materiali e recependo le potenzialitàcostruttive insite nella tecnologia del cemento armato, nonabbandonano modi e forme legati a un codice più tradizio-nale di impronta classicista.Tale dicotomia tra tradizionalismo e modernità permea lapubblicistica specialistica dell’epoca, come rilevabile da di-

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versi articoli apparsi nelle più prestigiose riviste del tempo,alcuni dei quali redatti proprio da architetti siciliani, qualiEnrico Calandra e Giuseppe Samonà, il quale nel 1929 pub-blica il noto saggio Tradizionalismo e Internazionalismo architet-tonico8. Il primo progetto in cui Scibilia mostra un reale di-stacco dai repertori decorativi tradizionali è rappresentato,forse non a caso, dalla propria residenza di città, alla qualeè annesso lo studio professionale, in via Vincenzo Di Marco,progettata e realizzata tra il 1937 e il 1938. Questo intervento,nel quale la libertà di espressione è di certo strettamente le-gata all’assenza di vincoli dettati da una committenza esterna,può considerarsi come il manifesto programmatico di quellanuova via dell’architettura da lui intrapresa proprio a partireda quest’opera. Il percorso progettuale ad essa sotteso vieneironicamente delineato dallo stesso professionista in unoscritto dal titolo I dodici comandamenti della signora Giulia9 nelquale, parlando di sé in terza persona, tenta di spiegare leragioni di questa architettura. Pur adottando un tono faceto,vi sono alcuni punti degni di essere rilevati: in primo luogoquesti sottolinea orgogliosamente la propria indipendenzada qualsiasi linguaggio precedente, affermando come «fissòin uno stile indipendente e che per mancata dizione da partesua possiamo noi dire “stile scibilliano poetico”»10; quindi passaalla descrizione delle soluzioni e degli accorgimenti appron-tati per la propria casa che denotano l’attento studio deiparticolari, l’amore per il dettaglio e il compiacimento perraffinati elementi d’arredo: dall’uso di vetri mobili per faci-litarne la pulizia, alla scelta di «speciali infissi eccentrici nellalavorazione»11 appositamente ritirati da Milano.La propria casa si impone nel contesto urbano attraversoun bianco volume isolato, in cui la logica compositiva con-siste in una progressiva riduzione dell’apparato formale ein una contemporanea accentuazione dei valori di volumee di chiarezza distributiva, ai quali viene dato particolarerisalto.Si può dire che questo edificio inauguri una nuova fasedella sua produzione, entro la quale si inseriscono una seriedi architetture, la maggior parte delle quali risalenti al se-condo dopoguerra e legate al tema tipologico del villinoborghese. È questo il caso dell’abitazione del fratello Giu-seppe in via Generale Arimondi del 1945, del villino Drago

Introduzione

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del 1949 e della propria dimora di villeggiatura del 1955,entrambi a Mondello. In queste architetture la semplifica-zione dei partiti decorativi si accompagna a un attento stu-dio degli impaginati di prospetto e alla sapiente orchestra-zione degli impianti distributivi, garantendone la qualitàdelle realizzazioni. Queste fabbriche si configurano comevolumi isolati, bianchi, dai tetti piani, le cui superfici sonoanimate da aperture dai ritmi composti e da equilibrati gio-chi di rientranze e sporgenze. In queste opere è spessoravvisabile la predilezione per linee curve, che si integranoarmonicamente all’interno della composizione. Pareti con-vesse sono inserite, ad esempio, nella propria casa-studiodi città, in cui l’insieme risulta movimentato sia da una pa-rete ubicata in posizione angolare, sia da un volume semi-cilindrico sporgente; o ancora nel villino Drago dove, al-l’opposto, la concavità di una parete sottolinea la posizionedell’ingresso; e soprattutto nella propria casa di Mondellodove il corpo cilindrico domina visivamente la volumetriadell’edificio, ponendosi al contempo come fulcro compo-sitivo dell’insieme.In alcune sue architetture emerge un altro dato che meritadi essere sottolineato: il riferimento all’architettura navale,che compare in alcuni progetti di quegli anni, a volte in ma-niera più velata come nel caso dell’abitazione del fratelloGiuseppe, altre volte in modo più esplicito come dimostranoil villino Agnello a Baida e soprattutto la propria casa aMondello. Se nel primo degli edifici citati la presenza diaperture circolari nel partito d’angolo, sebbene comuni nel-l’architettura del tempo, potrebbero alludere simbolicamenteagli oblò delle navi, nella villa di Mondello la terrazza checirconda il soggiorno circolare interamente vetrato, era vo-lutamente concepita come una sorta di ponte di nave allacui estremità era addirittura inserito un timone; inoltre lapresenza di alcuni salvagente nelle ringhiere tubolari dellaterrazza, nonché la stessa conformazione di alcune finestrecircolari a oblò, sono tutte evidenti allusioni a un’esteticanavale che ebbe una certa diffusione nell’architettura italianaa partire dagli anni trenta.Tra i suoi ultimi progetti rientrano anche alcuni edifici con-dominiali, evidenti dimostrazioni di una convinta adesionealla corrente funzionalista che, dopo la cesura del secondo

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conflitto mondiale, domina ormai incontrastata nel pano-rama architettonico nazionale12 ed europeo.Esempi di questo suo rinnovato approccio all’architetturasono due opere pressoché coeve, realizzate nel centro storicodi Palermo, le quali sono accomunate da vicende costruttivesimili, dal momento che entrambe si inseriscono nell’ambitodel Piano di Ricostruzione della città di Palermo e dall’usodi un analogo linguaggio: la prima venne realizzata tra levie Bandiera, Borzì, Bari e Sgarlata tra il 1948 e il 1952;l’altra, completata nel 1952, tra le vie Ugo Antonio Amicoe Gaetano Donizzetti. In entrambi gli edifici la calibratacomposizione dei volumi, la chiarezza e la linearità delleforme, che si esprimono in facciate semplici e rigorose, sce-vre da ogni sorta di aggettivazione decorativa, denuncianoormai la piena partecipazione alle istanze del movimentomoderno. Questa adesione tuttavia non si traduce mai nellariproposizione di facciate monotone e prive di qualità, masi accompagna a una calibrata definizione degli impaginatidi prospetto, sempre animati da sottili variazioni, e a un at-tento studio dei caratteri distributivi ai quali viene prestataparticolare cura.Il percorso professionale fin qui sinteticamente tracciato,che sarà approfondito attraverso la lettura analitica dei singoliprogetti, delinea la figura di un professionista versatile, chenon smette di ricercare la propria via alla modernità, dimo-strando capacità di aggiornamento in un’epoca densa dimutamenti. La sua formazione culturale, sia di ingegnereche di architetto, e la sua esperienza professionale che, anchein qualità di imprenditore edile, lo porta ad affrontare temiprogettuali differenti, possono spiegare uno dei tratti di-stintivi del suo fare architettura, ossia l’abilità nel combinareaspetti diversi dell’opera, da quello di elaborazione proget-tuale a quello più concreto legato alla pratica di cantiere. Lesue indubbie qualità personali e soprattutto le sue capacitàprogettuali, sostenute da una solida preparazione culturale,si coniugano al dominio degli aspetti più specificatamentecostruttivi e tecnici dell’architettura. Tali caratteristiche gliconsentono di affrontare ogni singolo compito progettualein modo completo, secondo una visione globale dell’operache, pur nell’accuratezza del dettaglio, risulta sempre sorrettada una coerente visione d’insieme. Alla luce di quanto detto,

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non sembra quindi azzardato sostenere che Scibilia possarappresentare, per dirla con le parole di Gustavo Giovan-noni, la figura dell’”architetto integrale”, del professionistacolto, capace di sintetizzare il sapere teorico con l’arte e latecnica, un’immagine che, a partire dal dopoguerra, è andataprogressivamente scomparendo. La dicotomia esistente tragli aspetti estetici e quelli tecnici dell’architettura ha infatticaratterizzato negativamente l’attività professionale e la pro-duzione architettonica degli ultimi cinquant’anni, durante iquali sono stati compiuti i peggiori scempi e le più gravi al-terazioni del nostro patrimonio monumentale e ambientale,come dimostrano tristemente i panorami urbani delle nostrecittà contemporanee.

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Pietro Scibilia Ingegnere Architetto (1889-1971)

Note

1 Sulla committenza della Chiesa nel periodo fascista si veda, tragli altri, il breve contributo di G. MONTANARI, Tra Sacro e Moderno.La committenza della Chiesa nel periodo delle avanguardie in L’architetturanelle città italiane del XX secolo: dagli anni Venti agli anni Ottanta, a curadi V. Franchetti Pardo, Milano 2003, pp. 418-424, al quale si ri-manda per una bibliografia sull’argomento.2 Sul tema delle fabbriche religiose a Palermo nei secoli XIX e XXsi veda: E. SESSA, Le fabbriche del nuovo «sentimento» religioso nell’etàcontemporanea, in Le chiese di Palermo, a cura di E. Sessa, Palermo1995, pp. 64-80.3 Sulla vicenda relativa al concorso di Messina si veda: M. PIACEN-TINI, E. CALANDRA, Concorsi e progetti di chiese da erigersi nel territoriodella diocesi di Messina, in «Architettura», numero speciale, XI, 1932;P. AUREA, Il concorso per la Chiesa di Messina. Arte Razionale, in «ArteCristiana», XXI, 2, 1933, pp. 48-52.4 Si ricorda che Ernesto Armò, benché formatosi a Torino pressola scuola di Alessandro Antonelli, fu a sua volta uno dei più stretticollaboratori di Ernesto Basile. Sulla figura di questo professioni-sta si veda: E. SESSA, Ernesto Armò, in «Architetti di Palermo», V,5, 1989, pp. 4-20.5 Per un quadro generale sull’architettura in Italia nella prima metàdel XX secolo si rimanda a: Storia dell’architettura italiana. Il primoNovecento, a cura di G. Ciucci, G. Muratore, Milano 2004.6 Sul tema del tradizionalismo architettonico si veda: G. PI-GAFETTA, I. ABBONDANDOLO, M. TRISCUGLIO, Architetturatradizionalista. Architetti, opere, teorie, Milano 2002, al quale si rimandaper una bibliografia più completa sull’argomento.7 E. CALANDRA, Sulla I mostra di Architettura siciliana, in «Rassegnatecnica mensile, Sindacato fascista ingegneri Messina», anno II,IX-XII, dicembre 1927, pp. 18-27. Il testo è riportato in E. Ca-landra. Scritti di Architettura, a cura di P. Barbera e M. Iannello,Palermo 2010, pp. 63-67, p. 64.8 G. SAMONÀ, Tradizionalismo e Internazionalismo architettonico, in«Rassegna di architettura. Rivista di architettura e decorazione»,12, dicembre 1929, pp. 459-466.9 P. SCIBILIA, I dodici comandamenti della signora Giulia, testo dattilo-scritto riportato in appendice.10 Ibidem.11 Ibidem.12 Per un panorama sull’architettura in Italia a partire dal secondodopoguerra si rimanda a: Storia dell’Architettura Italiana. Il secondoNovecento, a cura di Francesco Dal Co, Milano 1997.

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II. Gli anni della formazione

Pietro Scibilia (fig. 1) nacque a Palermo il 29 giugno del1889 da Nicolò Scibilia e da Francesca Panzica, primo dicinque fratelli di nome Nunzio, Giuseppe, Giovanni e Fran-cesca.Nel 1918 sposò Giulia Agnello (1899-1978), conosciuta nelcorso dei lavori di costruzione del villino Gulì di via Resut-tana1, progettato da Ernesto Armò, libero docente di Ar-chitettura Tecnica nella Scuola di Applicazione per Ingegneridi Palermo e autore di pregevoli architetture Liberty, pressoil cui studio, come già ricordato, Scibilia iniziò le primeesperienze professionali. Non ebbe figli, ma a partire dal1945 associò nel proprio studio il nipote Nicolò Scibilia,con il quale collaborò sia alla redazione di diversi progettiche all’esecuzione di opere significative svolte in qualità diimprenditori, tra cui la ricostruzione della cupola della chiesadi Sant’Ignazio all’Olivella e della chiesa di San Francescod’Assisi, entrambe gravemente danneggiate dai bombarda-menti che nel 1943 colpirono il centro storico di Palermo.Formatosi presso la Scuola di Ingegneri e Architetti dellaRegia Università degli Studi di Palermo, conseguì la laureain Ingegneria nel 1913 e, seguendo un iter formativo comunea molti progettisti in ambito isolano, frequentò successiva-mente il biennio presso il Regio Istituto di Belle Arti, alloradiretto da Ernesto Basile, ottenendo così anche il titolo diarchitetto2. Tale percorso gli consentì di completare la pro-pria formazione scientifica con una successiva preparazionea carattere artistico.È probabile che agli anni della formazione universitaria ri-salgano due tavole di progetto, forse elaborate come eserci-tazioni accademiche o come disegni facenti parte della tesidi laurea, dal momento che presentano, oltre alla firma delprogettista, il visto del professore Giovanni Salemi Pace, al-lora direttore della Scuola di Applicazione dell’Universitàdi Palermo.Entrambi i grafici riguardano un progetto per un edificioidentificabile come Kursaal, una tipologia edilizia allora digrande attualità, come dimostrano, tra gli altri, la realizza-zione del Kursaal Biondo (1913-1914) di Ernesto Basile aPalermo e la redazione di diversi progetti in ambito paler-

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mitano legati a questo particolare tema progettuale3. Una diqueste tavole, come annotato a margine della stessa, rap-presenta il prospetto laterale dell’edificio, mentre l’altra ri-guarda lo studio del partito angolare. I disegni sono realizzaticon la tecnica della china su cartoncino e presentano un’ele-vata accuratezza nella rappresentazione del dettaglio. La ta-vola di prospetto (fig. 2) raffigura un edificio a tre elevazioni(di cui l’ultima arretrata), oltre a una torretta angolare, se-condo una tipologia presente in molti edifici Liberty. Sopraun alto zoccolo basamentale trattato a bugnato rustico sielevano il piano rialzato, caratterizzato da finestre ad arcocon ghiera in rilievo e il primo piano, cui viene dato risaltoattraverso l’inserimento di colonne di ordine composito chedelimitano tutte le aperture. Maggiore rilievo è dato al partitocentrale, qualificato da una sequenza di cinque finestre rav-vicinate e inquadrato lateralmente da una coppia di aperturecon balcone sormontate da un timpano triangolare, culmi-

1. Pietro Scibilia, foto d’epoca (Archivio Scibilia).

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nante superiormente con un festone. Il muro d’attico è in-terrotto da pilastrini emergenti, secondo un modello pre-sente in altre architetture del tempo, tra cui alcuni edifici diErnesto Basile. Come evidenziato nel disegno di dettaglio(fig. 3), particolare attenzione viene prestata all’elemento de-corativo di chiaro gusto modernista, evidente nella decora-zione floreale dei risalti del piano attico.Pietro Scibilia nei primi anni di attività professionale man-tenne stretti contatti con la Scuola di Applicazione, a quel-l’epoca diretta dal professore Giovanni Salemi Pace e nel-l’annuario accademico degli anni 1914-1915 figura comeassistente volontario alla cattedra di Costruzioni di Ponti

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tenuta, in qualità di professore straordinario, dall’ingegnereMichele Greco.Abbandonata l’idea di intraprendere la carriera universitaria,Scibilia fu successivamente titolare dell’insegnamento diMatematica presso l’Istituto Tecnico Filippo Parlatore diPalermo.Ottenuta l’ammissione all’Albo degli Ingegneri della pro-vincia di Palermo (n. 235) nel 1926, fece parte a più ripresedel consiglio dell’Ordine. Durante il corso della sua attivitàricevette diversi incarichi che gli consentirono di ampliare ilproprio raggio d’azione nel campo professionale. Tra questimeritano di essere ricordati la nomina di consulente tecnico

2. Pietro Scibilia, progetto accademico per un Kursaal, prospetto laterale (ArchivioScibilia).

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del Credito Commerciale (poi Credito Italiano) e soprattutto,intorno al 1930, quello di tecnico della Curia Arcivescoviledi Palermo, al quale è da ricondurre la progettazione di undiscreto numero di fabbriche religiose.La sua produzione è rivolta principalmente alla progettazionedi architetture residenziali legate alla committenza privata,ma anche alla realizzazione di chiese, edifici commerciali eindustriali, cappelle funerarie e architetture di natura effi-mera, costruite in occasione di esposizioni e festività reli-giose.

Note

1 La famiglia Agnello, alla quale apparteneva la futura moglie diPietro, Giulia, era imparentata con i Gulì.2 Si ricorda che a Palermo già a partire da 1876 le Scuole di Appli-cazione per ingegneri e architetti consentivano di ottenere sia lalaurea in Ingegneria che quella in Architettura. Sul tema dell’inse-gnamento dell’ingegneria e dell’architettura a Palermo si veda: A.COTTONE, L’insegnamento pubblico dell’Architettura a Palermo nel periodopreunitario, in Vittorio Ziino architetto e scritti in suo onore, a cura di G.Caronia, Palermo 1982, pp. 323-342; ID., L’insegnamento dell’Archi-tettura nella Facoltà di Ingegneria di Palermo, in Atti del Primo ConvegnoNazionale di Storia dell’Ingegneria (Napoli, 8-9 marzo 2006), acura di A. Buccaro, G. Fabricatore, L.M. Papa, Napoli 2006, voll.2, I, pp. 279-290; La storia dell’ingegneria e degli studi d’ingegneria a Pa-lermo e in Italia, a cura di V. Cardone, F.P. La Mantia, Salerno 2006;A. COTTONE, T. BASIRICÒ, Un sogno durato un secolo: il Politecnico diPalermo, in Atti del Secondo Convegno Nazionale di Storia del-l’Ingegneria (Napoli, 7-9 aprile 2008), a cura di S. D’Agostino,Napoli 2008, voll. 2, II, pp. 901-914.3 Tra questi si ricorda il progetto di Kursaal di Salvatore Benfratelloe quello di un Edificio da sorgere per il Parco Centrale di Mondello (nonrealizzato) dell’Ufficio Tecnico della Società Italo Belga (Les Tram-ways de Palerme). Sul tema si veda: G. PIRRONE, Palermo, una capitale.Dal Settecento al Liberty, Milano 1989, in particolare pp. 166-179.

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3. Pietro Scibilia, progetto accademico per un Kursaal, particolare del partitod’angolo (Archivio Scibilia).

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Capitolo II

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III. Il riferimento alla scuola di Ernesto Basile e la formazionedi un proprio codice

Come già rilevato, gli inizi della carriera di Pietro Scibiliasono segnati da una misurata adesione a un linguaggio diderivazione basiliana, comune del resto a molti progettistisiciliani, formatisi proprio alla scuola di Ernesto Basile. Auna prima fase della produzione architettonica di PietroScibilia, estesa cronologicamente al decennio 1920-1930,possono ascriversi un buon numero di architetture che, purmostrando la profonda conoscenza di quel linguaggio, nonsono tuttavia esenti da una propria personale riflessione. Aquesto periodo sono da ricondurre alcune residenze di città,diversi villini nella zona balneare di Mondello, nonché operedi natura effimera.Gli edifici lungo la via Roma furono costruiti nell’ambitodel Piano di Risanamento e Ampliamento della città di Pa-lermo, redatto secondo diverse varianti dall’ingegnere FeliceGiarrusso a partire dal 18851. Il Piano faceva riferimento alla legge di Napoli del 1884,emanata in seguito a una grave epidemia di colera, che con-sentiva di ridurre sensibilmente gli oneri da corrispondereper le espropriazioni e prevedeva la realizzazione di operedi risanamento edilizio, di viabilità e di fognatura tra le qualila bonifica del fiume Oreto e del canale Passo di Rigano. IlPiano si proponeva di dividere il centro storico, già ripartitoin quattro mandamenti dalla croce barocca di corso VittorioEmanuele e via Maqueda, in sedici quartieri, attraverso lacreazione di nuove vie parallele ai due assi principali e diespandere la città lungo la direttrice di via Libertà. Come è noto, venne portata a termine soltanto la via Roma,la cui realizzazione costituì un richiamo per l’impianto dipalazzi dell’alta borghesia, caratterizzati da una notevole al-tezza, resa possibile dallo sviluppo della tecnologia del ce-mento armato e dalla diffusione degli ascensori.In questa nuova arteria urbana Pietro Scibilia progettò treedifici di civile abitazione ubicati nel secondo tronco divia Roma, quello compreso tra corso Vittorio Emanuele evia Divisi (completato tra il 1915 e il 1920) e curò il pro-getto della sede della banca del Credito Commerciale (poiCredito Italiano)2.

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Edificio S.P.E. tra le vie Roma, Divisi e BolognaIl primo di questi edifici, realizzato nel lotto compreso trale vie Roma, Divisi e Bologna, venne costruito in due fasisuccessive: dapprima fu realizzato il corpo tra le vie Divisie Roma e in seguito la fabbrica venne completata fino a viaBologna. Qui Pietro Scibilia, oltre a lavorare come proget-tista, ebbe l’occasione di sperimentare le proprie capacità diimprenditore, in quanto l’iniziativa della costruzione venne

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1. Progetto per il palazzo tra le vie Divisi, Roma e Bologna, planimetria dei lotti(Archivio Scibilia).

2. Edificio tra le vie Divisi, Roma e Bologna, prospetto su via Roma, foto d’epoca (Archivio Scibilia).

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assunta dalla società Ing. Pietro Scibilia e C. denominata S.P.E.(Società Palermitana Edilizia)3 che, con atto del 2 dicembre19214, prese in enfiteusi dalla ditta Bonci & Rutelli un vastoappezzamento di terreno compreso tra le vie Divisi, Romae Bologna5. Dall’osservazione della planimetria di progetto(fig. 1) è possibile notare come il lotto di terreno non fosseinizialmente allineato lungo la via Roma, presentando unasuperficie caratterizzata da un primo tratto esteso 37,90 mlungo la via Roma e un secondo tratto, esteso 18,30 m, cheformava un angolo con il primo, sul prolungamento di viaSan Cristoforo.Solo in un secondo tempo6 la cessione da parte del Munici-pio di Palermo alla società S.P.E. di una striscia di terrenodi forma triangolare (estesa circa 55 mq), compresa tra viaRoma, via Madonna del Paradiso e la proprietà stessa, con-sentì di rettificare l’allineamento della porzione di terreno

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su via Roma. Subito dopo la S.P.E. procedette alla divisionedel terreno in tre lotti7, nel grafico indicati con le lettere A,B e C, iniziando la costruzione sul lotto B, quello di maggiorpregio in quanto avente il massimo sviluppo su via Roma, ecompletando in seguito i corpi sui restanti lotti, il cui lin-guaggio formale fu adeguato a quello della fabbrica già rea-lizzata.Dall’esame degli atti emergono alcuni dati interessanti chemeritano di essere sottolineati, in quanto esemplificatividelle modalità di costruzione degli edifici su via Roma, se-condo una prassi generalizzata. Tra gli obblighi contratti afavore del Comune di Palermo da parte dell’impresa venivaspecificato, ad esempio, che la decorazione esterna degliedi fici dovesse essere adeguata all’importanza del sito e cheil Comune aveva facoltà di richiedere un unico prospettoper lo stesso isolato (come di fatto avvenne per le fabbriche

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3. Pietro Scibilia, progetto per l’edificio tra le vie Divisi, Roma e Bologna, prospettosu via Roma (ASCPa).

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in esame), che l’altezza massima per gli edifici su via Romaera fissata tra 20 e 27 m e che il progetto doveva essere sot-toposto all’approvazione della Commissione Edile.Il palazzo (fig. 2), completato intorno al 1925, è caratterizzatoda sei elevazioni, costituite da un piano terra, destinato auso commerciale, un piano ammezzato e quattro piani tipo,rientrando così nella tipologia del palazzo da pigione pluri-piano, che caratterizzò la maggioranza degli edifici di viaRoma, dal momento che garantiva il massimo sfruttamentodel lotto assicurandone un elevato profitto. Questa tipologiaedilizia presentava infatti una suddivisione in due zone di-stinte: una parte basamentale, comprendente anche il pianoammezzato, avente destinazione commerciale e una partesuperiore destinata ad appartamenti. La sua diffusione furesa possibile anche dal contemporaneo sviluppo della tec-nologia del cemento armato, adottata anche in questo edi -ficio, che venne costruito con una struttura di tipo misto,avendo fondazioni a platea nervata, strutture verticali inparte in cemento armato e in parte in muratura portante inconci di calcarenite squadrata e malta o, in alternativa, inmattoni pressati di laterizio e orizzontamenti in cementoarmato.I disegni di progetto, conservati in copia presso l’ASCPa,datano al 1923 e riguardano la pianta del piano tipo e ilprospetto principale su via Roma (fig. 3), senza il corpo sullotto A8. L’accesso al palazzo avviene da tre ingressi: quelloprincipale in corrispondenza di via Roma e gli altri su cia -scuna delle due traverse. L’ingresso su via Roma, che pre-senta un’elegante vetrata policroma, immette in un androne,da cui si dipartono due vani scala con ascensore centrale.La scala a sinistra disimpegna due appartamenti per piano,mentre la scala a destra un solo appartamento. L’androne èaccessibile anche alle auto, dato che al piano terra è presenteun corpo basso che chiude il cortile, dove furono ricavati ibox per il parcheggio e al primo piano venne impiantato ilprimo nucleo dello studio di Scibilia.Gli appartamenti, dotati anche di un ingresso di servizio,hanno un’ampia superficie tuttavia, secondo la consuetudinedel tempo, è presente un solo servizio igienico.Il prospetto principale su via Roma (fig. 4), finito con into-naco Li Vigni, risulta composto e regolare. Nonostante la

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sua notevole estensione in lunghezza e la reiterazione dellecampate, la monotonia viene evitata attraverso l’inserimento,al di sopra di una bassa fascia basamentale trattata a bugnatorustico, di due partiti architettonici qualificati in modo dif-forme dal resto dell’edificio. Questi elementi, che si confi -gurano come due assi di simmetria nella composizione del-l’impaginato di prospetto, presentano un diversificatotrattamento dell’apparato decorativo e delle aperture e sonocaratterizzati, analogamente alle campate terminali, da pa-raste emergenti al di sopra della cornice di coronamento.Le aperture sono affiancate da paraste bugnate di ordinegigante che si estendono dal basamento fino a un’ampia fa-scia marcapiano con motivi decorativi ovali, posti in corri-spondenza del terzo piano. Il primo piano si differenzia daquelli soprastanti per l’utilizzo di balconi con parapetti incemento, alleggeriti da una trama a traforo, che si ripetonoper tutta l’altezza del prospetto in corrispondenza dei balconi

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4. Edificio tra le vie Divisi, Roma e Bologna, prospetto su via Roma.

Capitolo III

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situati sugli assi di simmetria e in quelli d’angolo (fig. 5). Aipiani superiori, invece, i balconi hanno ampiezza limitata acia scuna apertura e presentano parapetti in ferro battuto.Nell’insieme l’impostazione compositiva del prospetto ac-costa questo edificio al coevo palazzo Savona (1922-1925)realizzato poco più a nord, all’angolo tra via Roma e corsoVittorio Emanuele, su progetto degli ingegneri Giovan Bat-tista Santangelo e Girolamo Manetti Cusa, dall’impresa Ut-veggio e Collura9.

Palazzo CelestreQuasi di fronte al precedente edificio, in corrispondenzadell’angolo con la discesa dei Giudici, Scibilia progettò unaltro palazzo, eseguito per conto di una committenza ap-partenente alla ricca borghesia palermitana, la famiglia Ce-

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5. Edificio tra le vie Divisi, Roma e Bologna, particolare del partito d’angolo.6. Palazzo Celestre, foto d’epoca (Archivio Scibilia).7. Palazzo Celestre confinante con il lotto Barraja, foto d’epoca (proprietà SilvanoBarraja).