FEDERAZIONE ITALIANA OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E … · mette a rischio l’alleanza terapeutica,...

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DIFFERENZE DI GENERE INVISIBILI SEGRETO RESILIENZA VALUTAZIONE RISCHIO DANNO COPING NEUROBIOLOGIA ATTACCAMENTO FAMIGLIE COMPLESSE QUALI INTERVENTI RAPPORTI TRA SERVIZI PROTEZIONE MADRI PADRI FIGLI piccoli grandi DIPENDENZE PATOLOGICHE LE DECISIONI DEGLI OPERATORI informa FEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE n.16 Ottobre 2011 Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - ANNO X, 2011 - N. 32 CONGRESSO TEMATICO NAZIONALE Se potessimo raccogliere tutti gli scritti e le riflessioni e i progetti e le ricerche che a partire dalla nascita dei Ser.T in Italia gli operatori hanno prodotto e utilizzato e applicassimo a questo insieme di testi un generatore di nuvole di etichette, come si fa con i siti web, sarebbe curioso osservare che tipo di rappre- sentazione visiva delle parole chiave verrebbe fuori. Le informazioni e gli intrecci tra concetti sono tanti e potrebbe essere utile disporre di una visualizzazione dei campi semantici più frequentati per orientare l'attenzione, ricostruire una mappa del percorso e dare direzioni al loro sviluppo. Abbiamo provato a organizzare i campi nei i quali gli operatori hanno impattato, in tre grandi questioni. Lo scopo del congresso è di condividere questo percorso nella sua storia e nei suoi sviluppi. La questione della visibilità • La questione della compatibilità • Le questioni in ombra ...Le questioni da sviluppare MILANO - 27 e 28 ottobre 2011 FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n.16Ottobre 2011

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - ANNO X, 2011 - N. 32

CONGRESSO TEMATICO NAZIONALE

Se potessimo raccogliere tutti gli scritti e le riflessioni e i progetti e le ricerche che a partire dalla nascitadei Ser.T in Italia gli operatori hanno prodotto e utilizzato e applicassimo a questo insieme di testi ungeneratore di nuvole di etichette, come si fa con i siti web, sarebbe curioso osservare che tipo di rappre-sentazione visiva delle parole chiave verrebbe fuori.Le informazioni e gli intrecci tra concetti sono tanti e potrebbe essere utile disporre di una visualizzazionedei campi semantici più frequentati per orientare l'attenzione, ricostruire una mappa del percorso e daredirezioni al loro sviluppo.Abbiamo provato a organizzare i campi nei i quali gli operatori hanno impattato, in tre grandi questioni.Lo scopo del congresso è di condividere questo percorso nella sua storia e nei suoi sviluppi.

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n.16

ottobre2011

Supplemento a MissionPERIODICOTRIMESTRALE DELLAFEDERAZIONEITALIANA DEGLIOPERATORI DEIDIPARTIMENTI E DEISERVIZI DELLEDIPENDENZE

ANNO X, 2011 - N. 32Proprietà: FeDerSerDSede legaleVia Giotto 3,20144 Milano

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I temi del congresso

I dati preliminari della indagine lombarda

Il punto del gruppo regionale sulla genitorialità

Il punto del gruppo regionale cocaina

Contributo di FeDeSerD regionalealla rivisitazione del sistema dipendenze

Abstracts congressuali

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N. 16 - OTTOBRE 2011

[segue dalla copertina]

La questione della visibilità

Nei Servizi in questi anni accorgersi che i tossicodi-pendenti sono anche genitori ha richiesto l’attiva-zione di tanti sguardi diversi e soprattutto l’azione distaccarsi dall’occhio automatico che ci fa vederesolo quello che siamo abituati a vedere.I figli dei nostri pazienti sono stati chiamati nellaletteratura i bambini invisibili e le conseguenzenegative su di loro della dipendenza patologica deiloro genitori, il danno nascosto. Le loro esigenze e le loro caratteristiche non arriva-vano ad essere catturate da nessuno sguardo, cosìcome per il tossicodipendente in passato, il fatto diessere e fare il genitore non faceva scattare nessu-na attenzione e alcuna associazione con il suo pianodi cura o con la sua evoluzione.Nel congresso vogliamo raccontare in che misura idue protagonisti della scena del nostro lavoro, igenitori tossicodipendenti e i loro figli, in questianni, sono usciti dall’invisibilità e cosa appare ainostri occhi osservandoli da diverse angolature.

• Cosa ci racconta l’osservazione del dato quan-titativo/qualitativo?Consideriamo così necessario avere la consapevo-lezza della portata del nostro oggetto di lavoro daaver inserito in prima mattina e tra le lezionimagistrali i risultati della ricerca Demos, condottasu base nazionale che pur non avendo come focusprivilegiato la rilevazione delle nostre tematiche,tuttavia ha impattato con esse in maniera signifi-cativa, così come accade quando durante un viag-gio si scopre che vicino al monumento da osserva-re ci sono cose altrettanto intriganti da scoprire ele si visitano. Nella sessione titolata Temi gestio-nali e organizzativi presentiamo dei dati per rive-lare cosa conosciamo delle caratteristiche dei figlidei nostri pazienti in base ai descrittori ai qualipossiamo accedere nei nostri Servizi e cosa possia-mo osservare dei nostri pazienti genitori.

• Cosa ci raccontano la ricerca in biologia e psi-cologia e medicina?Quali sono le matrici biologiche e psicologiche chemarcano questa connessione di istinto e culturache connota l’azione dell’allevamento della prolenella quale per alcuni individui, si iscrive in manie-ra prepotente un bisogno di adattamento del pro-prio equilibrio psicofisico con sostanze psicoatti-ve? Quali spazi di condizionamento e quali di cam-biamento si possono individuare nella relazione tragenitori che sono adulti in difficoltà e i loro figli?Come e quanto pesano nella costruzione della per-sonalità del bambino il condizionamento alle so-stanze veicolato durante la gravidanza dalla ma-dre e come accompagnare questa in modo da farnascere il bambino il più possibile in salute?Le lezioni magistrali e alcuni altri interventi sullagestione della gravidanza quando la madre è tos-sicodipendente, ci aiuteranno a trovare risposte.

La teoria dell’attaccamento, le conoscenze sullavulnerabilità nella regolazione delle emozioni,potranno dare contributi interessanti.

• Cosa ci raccontano i Testimoni privilegiati? Abbiamo chiamato Testimoni privilegiati per l’otti-ca di noi professionisti, le persone coinvolte inprima persona con le nostre tematiche, cioè ilgenitore con dipendenza patologica stessa e ilfiglio. I ricercatori infatti mettono spesso in guardia. dal-l’utilizzare come parametri descrittivi dell’espe-rienza normale i risultati che si ricavano dallericerche stesse perché il contesto nel quale vengo-no svolte e alcune loro caratteristiche non per-mettono generalizzazioni alla popolazione genera-le. Le associazioni di mutuo auto aiuto pur essen-do composte da persone che presentano una vul-nerabilità maggiore rispetto alla popolazionegenerale, sono depositarie di un sapere esperien-ziale che permette di raggiungere una conoscenzamaggiormente aderente alla normalità dell’espe-rienza quotidiana.Inoltre in particolare rispetto all’esperienza diessere figlio di un genitore con dipendenza pato-logica, in assenza di un sapere esperto più diffusoe codificato riteniamo molto utile per i professio-nisti mettersi in ascolto della voce dell’esperienza.

La questione della compatibilità

La domanda: si può essere contemporaneamentetossicodipendenti e buoni genitori ha arrovellatooperatori e generato tanti altri dilemmi, coinvolgen-do sia il piano delle conoscenze teoriche che quellopiù emotivo ed etico.Questa domanda è attivante sul piano emotivo pertante ragioni, essa ci confronta in primo luogo conl’idea di cosa sia la genitorialità adeguata e come simisura, e alcuni studi al proposito, mettono in guar-dia gli operatori dal non assumere standard di ade-guatezza idealizzati.La misurazione della adeguatezza genitoriale siaccompagna ad altre azioni professionali importan-ti, e impegnative anch’esse. Oltre l’accertamento della presenza del danno nelminore l’altro atto professionale delicato per le con-seguenze che comporta è la valutazione della pre-senza di fattori di rischio. Gli operatori hanno dovuto ricercare indicatori sem-pre più affidabili e misurabili per reggere alle conte-stazioni di istanze non solo cliniche, come ad esem-pio quelle del Tribunale per i minorenni in alcunicasi, e lavorare secondo principi deontologici diequità. In questo contesto complesso, gli operatori delleDipendenze, hanno dibattuto se considerare o no unoggetto di lavoro l’attenzione al benessere dei figlidei loro pazienti e se raccogliere o promuovere lerichieste di aiuto dei pazienti genitori. Interrogativi quali: occuparsi della genitorialità ècompito anche di chi cura la tossicodipendenza,

mette a rischio l’alleanza terapeutica, sono presentida tempo nel dibattito culturale dei SerT.Durante il congresso nella sessione temi clinici enegli interventi portati dai referenti delle comunitàterapeutiche avremo modo di riflettere ampiamentesu queste questioni in termini di evidenze di effica-cia e di criticità in questa direzione.La genitorialità e la cura dei figli è un tema che an-che nelle situazioni patologiche mostra una compa-tibilità necessaria e utile con la promozione e l’atti-vazione dei fattori di resilienza, nel congresso aprire-mo una sponda importante anche su questo fronte. La lezione magistrale della professoressa Arcidia-cono ci introdurrà alla esplorazione di quelle chesono le strategie prevalenti di coping che scattanonaturalmente nel sistema famigliare che ospita untossicodipendente e come lavorare per potenziarequelle più efficaci a partire da dati di ricerca in varieculture.Dalla domanda iniziale sulla compatibilità tra buonagenitorialità e tossicodipendenza è scaturito neglianni un altro grosso interrogativo che ha interessa-to non solo gli operatori ma anche i responsabili deiservizi e chi li gestisce. Come lavorare in maniera integrata tra servizi diver-si tra loro per oggetto di cui si occupano e cultura,costruendo offerte di intervento appropriate, flessibi-li e coerenti?

Le questioni in ombra

In una materia così complessa pensiamo sia inevita-bile che alcuni aspetti siano più presenti e frequen-tati di altri, lo spazio del congresso è una occasioneanche per problematizzare le questioni che rimango-no in ombra e che richiederebbe invece maggioreattenzione.La sessione “Una finestra sulle differenze di genere”vuole evidenziare come criticità, la tendenza adaffrontare sia dal punto di vista scientifico che orga-nizzativo la dipendenza patologica, con una moda-lità gender blind e fornire stimoli per approfondire ilpeso della determinante genere in una serie diaspetti che intrecciano il maschile e il femminile conl’essere madre e padre, i contesti violenti è uno diquesti, la gestione del corpo e i disturbi di persona-lità un altro.Il tema più significativo che rimane nell’ombra anchenello sviluppo del congresso è quello che riguardal’attenzione ai padri. Pur essendo maggiore il nume-ro dei pazienti padri rispetto a quello delle pazientimadri, spesso gli interventi in presenza di un minorenon sono diretti a loro nello stesso grado con il qualesono diretti alle madri, Inoltre sembra ci sia una tendenza a sottovalutare illoro impatto sulla vita dei figli quando la madre nonè anch’essa tossicodipendente, mentre le ricerchesegnalano al riguardo cose interessanti.Accenniamo ad alcune delle altre questioni impor-tanti che rimangono poco problematizzate sperandoche il congresso possa promuoverne la esplorazionee lo sviluppo.

• Quali sono le differenze nell’impatto sulla vitadei figli conseguenti al tipo di dipendenza patolo-gica del genitore, se da sostanze illegali, alcool ocomportamenti di dipendenza, vedi il gioco d’az-zardo?• Come riequilibrare l’intensità e la quantità degliinterventi dedicati ai figli e ai genitori al momen-to della nascita, rispetto a quelli svolti nei periodisuccessivi dello sviluppo?

Concludiamo osservando che le ricerche inviano unchiaro messaggio: i genitori utilizzano servizi chetrovano accettabili e evitano quelli che non percepi-scono così. Speriamo che il Congresso con la molteplicità dellevoci che porta in campo e le tematiche che rappre-senta sappia dare un contributo in questa direzione. Pensiamo che la sfida sarà raccolta se i servizi, tutti,saranno in grado di raccogliere e dare risposte nonsolo ai bisogni individuali ma alle famiglie che lericerche psicosociali chiamano le famiglie complessee se considereranno in primo piano anche i bisognidei figli.A proposito di visibilità anche i Servizi devono diven-tare visibili per i pazienti.

Una omissione consapevole

Forse a tutti sarà saltata all’occhio la mancanza nelcongresso di uno spazio dedicato alle questioni checoinvolgono il Giudice del Tribunale per i Minorenni. La mancanza non è frutto di una omissione involon-taria ma di una precisa scelta di campo.Consapevoli dell’importanza delle questioni legatealla tutela del minore, e del grosso impatto emotivoche esse comportano, in questo congresso abbiamovoluto spostare l’attenzione degli operatori dallesituazioni di emergenza e urgenza a quelle tantepiccole, grandi, realtà di: ”quotidiana genitorialità”delle quali siamo spettatori nei Servizi, per osservar-le con più attenzione e comprensione.Forse questo atteggiamento potrà aiutarci ad assu-mere quella che ci appare oggi come una sfida, ecioè, la possibilità di costruire con i nostri pazientiun’alleanza per essere “genitori sufficientementebuoni” nonostante la loro Dipendenza patologica.

Il gruppo di lavoro di FeDerSerD Lombardia“Genitorialità e differenze di genere” ringrazia tutti icolleghi, i Servizi, le Associazioni le persone chehanno messo a disposizione le loro esperienze econoscenze e il loro tempo per costruire il Congresso.

Il gruppo di lavoro di FeDerSerD Lombardia“Genitorialità e differenze di genere” invita tutti ipartecipanti al Congresso, a mettere in condivisionenegli spazi offerti dal congresso esperienze, criticità edesideri di sviluppo.

Sandra Basti, Anna Canestrari, Nicoletta Cesari,Cosetta Greco, Maria Luisa Zoia

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

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N. 16 - OTTOBRE 2011

DATI PRELIMINARI DELLA INDAGINE PROMOSSA DA FEDERSERDLOMBARDIA TRA I DIPARTIMENTIDELLE DIPENDENZE SUL TEMA“GENITORIALITÀ E DIPENDENZA”

Questa è la prima ricognizione fatta in RegioneLombardia per provare a quantificare la rilevanza delfenomeno genitorialità e dipendenza.

I dati che abbiamo raccolto provengono da cinque ASLlombarde e sono quindi parzialmente rappresentativedella realtà regionale.

Possiamo tuttavia fare alcune osservazioni prelimina-ri che ci aiutano a descrivere con maggiore precisioneil fenomeno oggetto delle nostra osservazioni: 1053soggetti di cui 779 maschi e 274 femmine, in curapresso i Servizi Dipendenze, che sono anche genito-ri di uno o più figli. La classe di età più rappresentata di questi genitori è40-49 anni, seguita da 30-39 anni, l’età media è 43. Dunque una popolazione che, anche per questi aspet-ti, presenta sempre più caratteristiche tipiche di unapopolazione adulta. La metà di questa persone è in carico ai servizi dameno di 4 anni, quindi con un tempo di trattamentorelativamente breve, sebbene il 15% dei soggetti sia incura da più di 15/20 anni.La metà di questa persone ha come sostanza primariadi abuso l’eroina, seguita da cocaina e alcool. Interessante la presenza di 17 casi di dipendenza dagioco primaria.Il profilo disegnato da questi dati è sostanzialmentesovrapponibile al profilo generale della popolazione incura presso i SerD lombardi. Non sembrerebbe quindi essere una popolazione concaratteristiche tossicomaniche e socio anagraficheparticolari. Anche il profilo clinico, sebbene fatto con pochi ele-menti, non si discosta dal resto della popolazione intrattamento: 17% dei soggetti è accompagnato dauna diagnosi di comorbilità psichiatrica, con una pre-valenza di diagnosi posta a carico delle femminerispetto ai maschi.Un terzo dei soggetti è in cura con farmaci agonisti, eanche in questo caso la distribuzione maschi/femmi-ne è omologa alla popolazione generale degli assistiti.Quanti sono i figli di queste persone: 1642 di cui 2/3di età compresa tra 0 e 13 anni. Non sorprende la presenza di un buon numero (270) difigli maggiorenni, dato che oltre la metà dei genitoriha più di 40 anni.Diventa interessante osservare questi figli in relazioneai contesti di crescita, alla influenza dei provvedimen-ti legali, alla concorrenza dei servizi con competenzesui minori, e per i soggetti adolescenti, l’esistenza dicomportamenti a rischio.La maggior parte delle segnalazioni al TM riguarda la

fascia da 0 a 13 anni, ma si va anche oltre, quindi undato da esplorare e capire meglio.Le adozioni sono 1,4 % riferite in gran parte a figli dietà inferiore a sei anni, e gli affidi 11%. Con altri provvedimenti del T.M. come collocazionifamiliari e comunità, si raggiunge la percentuale del41% di casi nei quali sembra esserci stato un inter-vento direttivo in favore del minore. Quindi più della metà dei figli vive con i genitori tos-sicodipendenti in trattamento, senza che vi siano statiinterventi di segnalazione né in conseguenza provve-dimenti di tutela di alcun tipo. Certamente è una osservazione che va confermatacon l’acquisizione di maggiori dettagli e il perfeziona-mento del modello di rilevazione.Rilevante appare il dato della collaborazione con i ser-vizi di neuropsichiatria infantile, indicatore di un certogrado di sofferenza del minore probabilmente convi-vente, così come l’esistenza di sostegno scolastico per37 casi.

È evidente come sia necessario arricchire quantitati-vamente il dato per avere una significatività valida,ma l’obiettivo sarebbe quello di conoscere l’universoreale e non solo statistico di questa popolazione,arricchendo di dettagli il profilo dei figli e possibil-mente cercando di costruire un modello di rilevazioneche consenta di monitorare l’evoluzione.

Per ora ci limitiamo a ringraziare i colleghi delle ASLche hanno collaborato attivamente a queste primarilevazione e senza i quali neanche questo primo passosarebbe stato possibile, impegnandoci, se le istituzionivorranno sostenere questo indirizzo di ricerca, a svilup-parne gli indirizzi e le finalità a vantaggio dei pazienti,dei servizi e della comunità scientifica.

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

Genitori Alcol/Tossicodipendenti PROBLEMI E RISORSE NELLE FAMIGLIE

Gruppo di Lavoro FeDerSerD LombardiaGENITORIALITÀ E DIFFERENZA DI GENERE - 2011

Il tema della genitorialità e della differenza di gene-re è stato negli anni un particolare focus di atten-zione di FeDerSerD a livello nazionale. In Lombardia, a partire dal congresso regionale del2008, si è costituito un gruppo di lavoro formato daoperatori di diversi settori del pubblico e del privatosociale che ha proseguito l’elaborazione concettualee metodologica e avviato un confronto tecnico ope-rativo tra diverse realtà.A Milano nel maggio 2009. si è svolto il SEMINARIO“Donne che diventano madri, Uomini che diventanopadri nell’esperienza della dipendenza patologica “, enell’ottobre 2010 è stato organizzato unWorkshop,nell’ambito del congresso nazionale diFeDerSerD a Riva del Garda, intitolato “Dipendenze,genitorialità e differenze di genere”.Il confronto che si è sviluppato fino ad oggi ha fattoemergere molteplici fronti di problematicità, a parti-re dalla scarsa conoscenza quali - quantitativa delfenomeno stesso, e rivelato significative esperienzedi integrazione tra servizi e soprattutto posto l’ac-cento non solo sulle criticità ma anche sulle capacitàe sulle risorse del genitore e dei figli di tossicodipen-denti.Quanto segue rappresenta la sintesi e l’articolazionetematica di quanto emerso nell’ambito di questoconfronto ormai pluriennale trasversale per servizi eprofessionalità:un genitore tossicodipendente è di per sé diverso opeggiore di un altro genitore non tossicodipenden-te ma magari con altri problemi?

Rispetto alla valutazione di competenza genitoriale,quando essa è osservata in popolazioni vulnerabili,sembrano essere usati criteri più attenti e severi diquelli con cui si valuta la popolazione generale,magari privilegiando gli aspetti più vicini al punto divista dell’osservatore e scotomizzandone gli altri.

La pratica operativa rileva che nei confronti dei geni-tori “non tossicodipendenti” è frequente, da parte deiservizi sociali, una marcata sottostima dei consumidi sostanze illegali, specie se occasionali o accessua-li, e dei comportamenti di addiction in generale, lecosiddette “dipendenze senza sostanza”: gioco pato-logico (“macchinette” , poker on line, ecc.), modalitàcompulsiva di spendere il denaro, disturbi del com-portamento alimentare (specie bulimia e tendenzaalle abbuffate).

Per quanto riguarda i genitori tossicodipendenti è piùfacile trovarsi davanti genitori trascuranti che mal-trattanti, genitori che “o non si rendono conto del

danno che producono o, se lo riconoscono, nonsanno capire come lo producono”.

La PATOLOGIARispetto alla patologia una tossicodipendenza pro-lungata, ad esordio precoce è prognosticamente piùsfavorevole di un comportamento di abuso ad esor-dio tardivo ( età adulta).

La tossicodipendenza in quanto tale si aggiunge allapatologia di fondo come elemento aggravante eanche come patologia a sé stante. Il ricorso alla sostanza deteriora, nel tempo, le capa-cità di controllo, la tolleranza alla frustrazione giàscarsa e quindi la capacità di “tenuta”.

Questi due atteggiamenti sono correlati fra di loro edentrambi sono espressione della difficoltà ad entrarein sintonia con i bisogni del bambino.Un’area che la letteratura indica come disattesa sianella valutazione che nell’intervento e sia per ledonne che per gli uomini è il peso delle esperienzetraumatiche nella costruzione della personalità edelle storie di dipendenza da sostanze. La relazione importante tra capacità di stabilireattaccamenti sicuri e presenza di esperienze trauma-tiche, richiede di far uscire dall’ombra questa com-ponente della psicopatologia.

MADRI È significativo che le madri tossicodipendenti veda-no il bambino o più grande di quello che è, e quindipensino sia in grado di comprendere, farsi carico,sopportare più di quello che in realtà possa, o piùpiccolo e quindi pensino che non sia in grado di capi-re, di accorgersi, di farsi delle domande, di ricordareil passato. Esse inoltre tendono ad attribuire al figlio sentimen-ti o opinioni proprie senza riuscire a distinguere net-tamente tra sé e lui ( lei si separa dal marito e pensache anche il figlio non ci tenga tanto al padre).Questa difficoltà di sintonizzazione emotiva potreb-be migliorare attraverso un percorso terapeutico chepermettesse al genitore di contattare e diventareconsapevole delle proprie emozioni, imparando poi aintegrarle con i contenuti mentali. Inoltre potrebbe essere necessario prevedere un“mediatore”, che aiuti la madre a comprendere imessaggi del figlio, indirizzandola ad una capacitàinterpretativa strutturalmente inabilitata dal fattoche alla madre la propria madre non ne ha insegna-to il codice, la “lingua madre”.Molte nostre pazienti presentano un disturbo di per-sonalità borderline, esito di uno stile di attaccamen-to disorganizzato, i cui esiti si estrinsecano nellaestrema vulnerabilità ai sentimenti negativi, nel cro-nico senso di vuoto e solitudine, nell’impossibilità dirichiamare alla mente nei momenti di stress emotivoe di depressione esperienze emotive e affettive disostegno. Succede che periodi anche lunghi di buoni risultati,crescita di consapevolezza, capacità di introdurrecambiamenti, fare progressi, vengono come spazzati

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N. 16 - OTTOBRE 2011

via da un evento luttuoso, un’esperienza di abbando-no, un cambiamento non necessariamente dramma-tico ma che altera un assetto o dei punti di riferi-mento. Nelle “crisi” il comportamento si “disorganizza”,diventa impulsivo e confuso, gli spazi di riflessione sichiudono e questa è una modalità stabile di rispostaallo stress verso la quale bisogna costruire argini,capacità di previsione, autocoscienza.Da tutto ciò nasce che occuparsi di madri tossicodi-pendenti voglia dire prepararsi ad un intervento dilunga durata e a livelli diversi di intensità a secondodegli eventi e della fase di crescita dei figli.Invece gli interventi sui genitori tossicodipendenti esui loro figli, sembrano concentrarsi dal periodo dellagravidanza ai primi tre anni di vita del bambino, esono assenti con genitori che hanno invece figli piùgrandi, senza che questa tendenza sia giustificata daevidenze cliniche.

GRAVIDANZACondizione importante è la presa in carico precocedella gravidanza che preveda un’attenta analisi dellecondizioni generali della persona, sia dal punto divista medico che sociale e psicologico. Lavoro necessario per arrivare a capire se quellamadre o quella coppia potranno crescere un figlio: èquindi una doppia presa in carico dove la tutela delminore e l’aiuto all’adulto si integrano.Il timore da parte della donna tossicodipendentegravida di essere segnalata al Tribunale per i mino-renni l’allontana dall’utilizzare l’aiuto offerto.

È dimostrato che alcol, cannabis e cocaina assuntidurante la gravidanza producono alterazioni dellestrutture neurali e somatiche, producendo problemicomportamentali e psicomotori, danni cognitivi eumorali. Particolare attenzione è necessario rivolgere al con-sumo di bevande alcoliche che è diffuso, cultural-mente accettato e sottostimato, soprattutto dallaclasse medica e dai servizi socio sanitari che dovreb-bero occuparsi della salute della donna e del nasci-turo.Particolare attenzione deve essere diretta al fenome-no e alle possibili conseguenze dell’assunzione dialcol sulla fertilità e sullo sviluppo, la crescita e ilbenessere feto-neonatale che interessano una signi-ficativa percentuale della popolazione femminile inetà fertile. Al momento attuale questo tipo di correlazione nonè stato definito specificamente per quanto riguardale dosi “rischio” relative a comportamenti di consu-mo, infatti mentre la gravidanza in donne alcoliste èda considerarsi a rischio di esito feto-neonatalenegativo, i rischi di una assunzione moderata di alcolin gravidanza sono meno facilmente valutabili,anche se di grandissima importanza in termini epi-demiologici, dato che circa un terzo delle donne inetà fertile sono consumatrici.Una soglia di assunzione di alcol che sia “sicura” persequele a breve e lungo termine sulla prole non èstata ancora stabilita, e il consumo di un drink al

giorno (equivalente a 15 g di alcol assoluto, ovvero125 cl di vino o 300 cl di birra) viene consideratoavere o non avere ripercussioni negative sugli indicidi sviluppo psicomotorio del neonato in rapporto allasensibilità degli indicatori di alterazione neurologicavalutati. Molti sono gli elementi che contribuiscono a questaapparente discrepanza. In primo luogo vi è la valutazione del consumo dialcol riferito dalla gestante, spesso non veritiero (sot-tostima del consumo), su cui molti studi si basano; insecondo luogo, fattori genetici modulerebbero lasensibilità e la resistenza al danno etanolo-indotto,come dimostrato dalla concordanza per la diagnosidi sindrome alcol-fetale (FAS) nel 100% dei gemellimonozigoti contro il 64% dei gemelli dizigoti. Inoltre, molti fattori legati allo stile di vita (condizio-ni socioeconomiche, fumo di sigaretta, uso di dro-ghe) rendono difficile isolare, valutare separatamen-te gli effetti dovuti alla sola assunzione di alcol.Amenorrea, cicli anovulatori, deficit della fase lutei-nica e iperprolattinemia persistente sono infatti rela-tivamente frequenti nelle donne etiliste, ma sonostati osservati anche nelle cosiddette “bevitricisociali”. I dati disponibili depongono per un effetto tossico-teratogeno diretto dell’alcol e dei suoi metaboliti sul-l’embrione, aumentata incidenza di complicanze cheincludono la perdita fetale precoce o tardiva, il ritar-do di crescita intrauterino (IUGR) e l’insieme etero-geneo di anomalie globalmente definite come FAS. I più documentati effetti della esposizione intraute-rina all’alcol, sono il basso peso alla nascita e lamaggiore incidenza di parto pretermine, ambeduequeste complicanze sono state osservate anche aseguito di un consumo moderato di alcol. Inoltre sono state correlati: iperattività, irrequietez-za, scarsa capacità di attenzione, difficoltà diapprendimento, disturbi dell’udito . Tra le anomalie anatomiche e neurologiche si èanche evidenziato una riduzione del numero di cel-lule e di connessioni dendritiche nell’ippocampostruttura coinvolta nelle capacità di apprendimentoe memoria e nel controllo inibitorio del comporta-mento.

PADRI Scegliere come padre per i propri figli un uomo condifficoltà a rivestire il ruolo (ovviamente ce n’è) dicequalcosa anche del progetto di genitorialità dellamadre e anche questo è un elemento su cui lavorare(con la madre) .Significativamente esiste una tendenza a “far fuori ipadri” e la “femminilizzazione” dei servizi riserva unelemento di potenziale collusività con questa ten-denza.

Nel contesto più specifico della variabile differenzadi genere riferita alla genitorialità abbiamo trovatoefficace l’espressione “il padre come Progettoombra”, per indicare la tendenza ad attivare inter-venti sulle madri, sulle madri con i figli e a trascura-re gli interventi su entrambi i partner o sui padri in

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

quanto tali.Tuttavia i padri sono un perno della crescita e nel-l’acquisizione di ruolo sociale e di genere e ,se sonocarenti, inadeguati e tendono a emarginarsi da solidevono essere supportati e “ritirati dentro” dandoloro peso e significato nella relazione famigliare enella funzione genitoriale.

FIGLI

Anche in assenza di dati omogenei e attendibili èstata riportata in più sedi di confronto la presenzanei servizi di un alto numero di bambini che la lette-ratura definisce bambini invisibili o esposti a undanno nascosto, ipotizzando la mancanza di unasufficiente collaborazione tra servizi a scopo di pre-venzione e di sostegno su tutti quei casi che nonsono stati segnalati al Tribunale per i minorenni.

Questa osservazione punta a portare l’attenzione suun continum di interventi piuttosto che su tipologieda usare in casi estremi o in assenza di interventi.Appare interessante sviluppare l’osservazione diquanto differisca nel genitore tossicodipendente lostile educativo se il figlio è maschio o femmina, epoiché molte ricerche sulle famiglie multiproblema-tiche mostrano un diverso percorso femminile emaschile nell’affrontare le difficoltà poste dai com-portamenti disfunzionali dei loro genitori, sarebbeutile potenziare l’attenzione anche al punto di vistadei figli. Si segnala la difficoltà di ingaggio delle donne inprogetti terapeutici sulla genitorialità al di fuori dicontesti coatti.Si segnala una assenza quasi totale di interventifocalizzati sui minori con l’obiettivo di sviluppareresilienza e coping.

La Rete e i Nodi dei Servizi: osservazioni e criticità

Sono operativi in varie realtà italiane protocolli conl’Ostetricia, la Pediatria e il Consultorio Famigliarenonostante le difficoltà legate al coinvolgimentodegli operatori degli altri servizi anche a partire dalnodo della combinazione/distribuzione tra chi tutelala madre, chi la coppia, e chi il minore e in assenzadi linee guida condivise.

L’atteggiamento degli operatori L’esperienza insegna quanto sia importante essereconsapevoli e vigili a riguardo delle distorsionicognitive che gli operatori o i decisori politici intro-ducono quando l’oggetto del lavoro tocca tematichemolto attivanti sia il piano emozionale che valoriale. Ad esempio la tendenza a essere più critici verso lemadri che usano sostanze, rispetto a quanto lo si sianei confronti dei padri, oppure stabilire una correla-zione scontata tra essere tossicodipendenti e inade-guatezza genitoriale e non accorgersi della consape-volezza che i genitori stessi hanno dei loro limiti.

Non si deve sottovalutare il costo che essere genito-ri tossicodipendenti comporta per i figli ma neppurenon riconoscere le differenze in termini di stabilitàper questi, quando i genitori pur non riuscendo asmettere di usare hanno una maggiore controllo sul-l’uso. Un atteggiamento veramente responsivo da partedegli operatori, richiede la profonda comprensionedei dilemmi affrontati dai genitori stessi, include ilriconoscimento delle loro risorse come genitori e ladisponibilità a trovare soluzioni flessibili che tenga-no conto del loro problema di uso. Nei servizi che si occupano dei minori, pur essendo-ci stime che una percentuale importante di minori incarico sono figli di persone con dipendenza dasostanze, le conoscenze che gli operatori hanno delleproblematiche di uso di sostanze non fanno partedella descrizione del loro profilo professionale, ren-dendo opaca la comprensione dei bisogni e dellenecessità dei figli.D’altro canto nei Servizi per le Dipendenze non èrappresentata in modo omogeneo la capacità di“leggere” e analizzare le caratteristiche e i bisognidell’utenza e predisporre interventi specifici riferiti altema del genere e di una dimensione particolarecome la genitorialità.Nella alcol/tossicodipendenza il concetto di genito-rialità, maternità/ paternità “adeguata” necessita diuna riflessione condivisa per rendere possibili criteridi valutazione confrontabili e verificabili, così da evi-tare che dal pensiero mitologico, a cui si ricorre nellarappresentazione socioculturale di temi così radicali,si passi alla ideologia invece che più all’integrazionetra mito e scienza.

Si segnala da parte del privato sociale:- la difficoltà a condividere con i servizi i criteri usatiper la valutazione dei limiti e delle risorse dellamadre. Le differenze tra le valutazioni spesso nonriescono ad essere meta- analizzate in modo daesplicitare i criteri con i quali vengono fatte e/o con-frontarli.- La necessità di pensare agli interventi con madre -figlio in comunità, non più entro il modello di curatotalizzante della comunità, così come poteva esse-re pensato in passato, ma come una serie di inter-venti che si graduano nel tempo e che rappresenta-no solo un pezzo del percorso terapeutico.- La necessità per la comunità di sviluppare con ilterritorio una progettualità che vada al di là di quan-to può essere fatto con i pazienti al suo interno.- La necessità che i SerT costruiscano protocolli con-divisi anche con il privato sociale.- Quali risorse attivare come sostegno quando nelprogetto di vita della madre con figlio manca il part-ner o la famiglia d’origine. Alcune comunità stannosperimentando la rete delle famiglie d’appoggio.

Considerazioni conclusivePer motivare maggiormente la necessità di attivare alivello regionale una azione di approfondimento sul-l’esercizio della genitorialità nelle persone che usanosostanze, sull’impatto che la tossicodipendenza dei

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N. 16 - OTTOBRE 2011

genitori ha sui figli e come i Servizi se ne occupano,integrando i tanti aspetti prima descritti.Così come sta accadendo in altri stati europei, occor-re individuare strategie di intervento e linee guidacapaci di integrare il benessere del bambino con ilbenessere delle famiglie a cui essi appartengono,inserendo l’attenzione alla Famiglia come un targetpiù esplicito e più programmatorio.Da qui l’esigenza di conoscere quali dati il SerT e iConsultori raccolgono di default sui loro pazienti peridentificare le caratteristiche dei pazienti genitori edei loro figli e la fotografia che viene fuori di essi daquesti dati.Con un semplice database raccoglieremo per quantoriguarda i genitori, l’informazione sulla sostanza diuso primaria, il tempo di permanenza in trattamen-to, la presenza di altra psicopatologia. In merito aifigli si raccoglierà l’informazione su con chi vivono equale tipo di intervento si è fatto su di loro,Chiederemo ai responsabili dei servizi:- che facilitazioni i servizi offrono per essere fruibilidai pazienti anche in quanto genitori?- che monitoraggio in itinere i servizi fanno dei biso-gni dei pazienti come genitori e dei figli e delle ini-ziative proposte?

Sappiamo che non esistono ancora modelli di inter-vento efficaci per evitare che i figli dei tossicodipen-denti vadano incontro alla probabilità di incorrerenelle conseguenza che la letteratura indica, peròcominciano a strutturarsi indicazioni su comecostruire interventi efficaci su alcune variabili.Occorre quindi che i Servizi sia quelli che si occupa-no delle dipendenze patologiche che quelli che sioccupano dei minori rendano visibili alla loro atten-zione i minori, e non solo gli adulti come individui,ma l’intera famiglia.

Sandra Basti, Anna Canestrari, Nicoletta Cesari,Cosetta Greco, Maria Luisa Zoia

COCAINA E DOPPIA DIAGNOSI

Gruppo Regionale Cocaina FeDerSerD Lombardia - 2011

Introduzione

In questo periodo stiamo assistendo ad un processodi professionalizzazione in tutti i campi delle neuro-scienze. In particolare per quanto riguarda le tossico -alcooldipendenze la legge 309 del 1990 ha sancitola suddivisione degli incarichi e l’attivazione di undoppio sistema di intervento per ciò che concerne daun lato la malattia mentale e dall’altro le condizionidi abuso e dipendenza. A vent’anni di distanza si possono iniziare a tirare leprime somme valutando come questa divaricazionedi competenze abbia contribuito ad allontanare iDipartimenti delle Dipendenze e della SaluteMentale, sottostimando fortemente le implicazionipsicopatologiche e psicosociali delle malattie tratta-te; questo fatto ha avuto un ruolo importante neldisincentivare le attività specialistiche intensive e adalta integrazione dei servizi coinvolti: nell’area lom-barda i dipartimenti di Salute Mentale si sono sem-pre più specializzati nella diagnosi e nella cura dellepsicosi croniche, quali la Schizofrenia e il DisturboBipolare (come da DSM-IV) con una competenzaterritoriale significativamente definita, mentre iDipartimenti delle Dipendenze in molte realtà hannomirato ad applicare una politica di suddivisione dellecompetenze riallestendo l’offerta trattamentalerispetto alla sostanza d’abuso indipendentementedalla competenza territoriale. La comorbidità tra la patologia psichiatrica e l’uso disostanze (Doppia Diagnosi) è la condizione che piùdi tutte soffre di questo vuoto istituzionale. Sebbene i Dipartimenti di Salute Mentale si occupi-no attivamente delle psicosi croniche, permane unadifficoltà nella presa in carico per quanto riguarda iDisturbi di Personalità di quanti abusano di sostan-ze, i cosiddetti “pazienti complessi”. Infatti sia l’assetto organizzativo del DSM che deiDipartimenti Dipendenze risulta carente nella pro-gettazione e verifica di efficacia di modelli di inter-vento innovativi in grado di far fronte validamentealla presa in carico, alla gestione e al monitoraggiodi questi utenti.

Il ruolo dei Disturbi di Personalità nelle tossicodipendenze

I Disturbi di Personalità (DDP), secondo studi epide-miologici, riguardano circa il 15% della popolazionegenerale. La caratteristica principale di questi disturbi consi-ste nell’essere inflessibili e maladattativi, compro-mettendo il funzionamento in varie aree, quali quel-

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

la lavorativa, sociale e personale; molto spesso aquesti tratti disfunzionali si assiste anche ad un avvi-cinamento alle sostanze d’abuso che infine può esi-tare in una dipendenza grave con risvolti psichiatri-ci, fisici e sociali devastanti. Per quanto riguarda la comorbidità con il Disturbo daUso di Sostanze ormai, sia i ricercatori sia i clinici,sono d’accordo nel ritenere essere associata più fre-quentemente con i disturbi di cluster B ed in parti-colare con i DDP Borderline e Antisociale.

Siamo a conoscenza degli allarmanti dati sulla diffu-sione di cocaina nel territorio Lombardo e nelle areemetropolitane in particolare. Secondo recenti statistiche fino al 60% e più deipazienti che chiedono un trattamento per tossicodi-pendenza soffre anche di un Disturbo di Personalitàsoprattutto i sottotipi più “impulsivi”: Antisociale eBorderline.La comorbidità tra Tossicodipendenza e DDP contri-buisce ad aumentare la cronicità dell’abuso disostanze ed è correlata ad un ridotto livello di fun-zionamento globale insieme ad una maggiore preva-lenza di disturbi in altri aree quali: la depressionedell’umore, il discontrollo degli impulsi, le tendenzeantisociali ed il test di realtà rispetto ai pazienti tos-sicodipendenti senza diagnosi di DDP.

Alcuni tentativi recenti esemplificativi

Per cercare di ovviare a questo inconveniente inLombardia si è tentato di attuare protocolli di inter-vento sulla Doppia Diagnosi in concerto tra i variospedali e le unità ASL.

La situazione di MilanoAttualmente a Milano è in vigore un programma dicollaborazione che però ha mostrato, nell’operativitàsul campo, i suoi limiti. Il protocollo in questione è nato sull’onda dellacostituzione delle Comunità Terapeutiche con modu-lo “Doppia Diagnosi” inizialmente volute in compar-tecipazione di spesa tra i due dipartimenti. A seguito del passaggio della retta a totale caricodelle Dipendenze, nel 2008, il protocollo d’intesa haperò perso molto del suo valore iniziale. A tutt’oggi infatti tale protocollo non viene preso inconsiderazione dalla maggior parte dei servizi Ser.T etra i pochi CPS che inviano i pazienti in comunità DDin Lombardia.

La situazione di Brescia A Brescia nel 2007 è stato stipulato un protocollo diintesa Dipartimento Dipendenze/Dipartimento diSalute Mentale. In particolare nell’attuazione concreta del protocollosono emerse alcune criticità di varia natura edentità. Per esempio in un certo numero di situazioni clinicheè stato difficoltoso: individuare il case-manager,oppure organizzare incontri tra operatori di struttu-re diverse oppure difficilmente si è attivata un’equi-

pe funzionale tra i 2 servizi. Avendo preso atto delle criticità sopra riportate nel2010 il protocollo è stato revisionato e la sperimen-tazione sarà attuata nel corso di questo anno.

La situazione di LeccoIl processo per la gestione dei pazienti a doppia dia-gnosi nel territorio di Lecco prevede varie forme dicollaborazione tra il Dipartimento dipendenze e ilDipartimento di Salute mentale; spesso nella praticaclinica di Lecco, dopo una domanda di consulenza inuna delle due direzioni, si giunge ad una collabora-zione che può essere anche ad equipe parziali (adesempio psichiatra del DSM + equipe completa delSerT, oppure psichiatra + medico ed assistente socia-le del Ser.T, ecc.) oppure per i casi più gravi ad equi-pe complete.Nel tempo gli operatori dei servizi del territorio diLecco hanno notato come le collaborazioni di mag-gior pregio ed operatività siano state quelle in cui ladomanda iniziale di un Servizio fosse stata effettua-ta in modo preciso ed esaustivo ed anche corredatada una ipotesi diagnostica.

La situazione di Milano 2 (sud-est)Esistono due DSM sul territorio, un protocollo diintesa formalizzato con un DSM e una bozza d’inte-sa con l’altro, e ovviamente il DipartimentoDipendenze.Anche in questo caso indiscutibilmente ha pesato lavariazione delle modalità di invio dei pazienti nellecomunità a Doppia Diagnosi. In linea generale a tutt’oggi le collaborazioni tra iservizi per le dipendenze e i servizi psichiatrici dipen-dono dai rapporti di cordialità e disponibilità tra col-leghi.

Nel 2007 la Regione aveva avviato un percorso for-mativo di dieci incontri dal titolo: “Buone prassi nelcampo della comorbidità” indirizzato sia agli opera-tori dei Ser.D che dei Servizi Psichiatrici, patrocinatoe supervisionato scientificamente dalle due societàscientifiche SIP e FeDerSerD.Gli incontri, pur essendo stati un momento di scam-bio interessante e proficuo, hanno visto la partecipa-zione di tre operatori della salute mentale e di centooperatori SerD rendendo di fatto difficili i tentativi di“co-costruzione” di un modello operativo effettiva-mente condiviso.

Conclusioni sulla situazione in LombardiaIn sintesi la situazione lombarda appare alquantovariegata e complessa. La mancanza di linee guida condivise sugli approccie sui trattamenti della doppia diagnosi, linee guidagià peraltro presenti in molti altri paesi, non permet-te il riconoscimento e il corretto approccio alla con-dizione di comorbidità. In questo modo si rischia difacilitare l’instaurarsi di un’evoluzione cronica emaligna con ripercussioni sulla salute dell’individuo,prima, e sulla comunità, poi.

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N. 16 - OTTOBRE 2011

Alcune nostre proposte

1. Protocolli e convenzioniProponiamo la formazione di un gruppo di operatorimisto (ASL - A.O. - Privato Sociale) a livello regiona-le che si occupi di creare protocolli su interventi con-giunti tra Psichiatria e Dipendenze ed eventualmen-te avviare, laddove si rendesse necessario, appositeconvenzioni tra i Dipartimenti di Salute Mentale e iDipartimenti delle Dipendenze. Le convenzioni tra Aziende Ospedaliere, AziendeSanitarie Locali e Servizi del privato Sociale (CT eSMI) dovrebbero essere poste in essere, a parernostro, avvalendosi necessariamente di una supervi-sione condotta dalla Regione Lombardia.

2. Moduli di ConsultazioneAgevolare la creazione di Moduli di Consultazioneper la Doppia Diagnosi in collaborazione tra il DSM,Dipartimenti Dipendenze e privato sociale. Questi servizi dovrebbero cooperare per attuare pro-grammi e i protocolli comuni, evitando prese in cari-co parallele con risultati clinici più costosi e gravatida un alto tasso di ricadute. La creazione di tali moduli consultivi dovrebbecomunque tenere conto dei bisogni locali plasman-dosi sulla organizzazione operativa dei servizi colla-boranti, diversi da territorio a territorio.

3. Mappatura delle offerte sul territorioNell’operatività quotidiana gli operatori delle dipen-denze ravvisano la forte carenza di offerte residen-ziali per pazienti con gravi disturbi di personalità. Le poche CT di cui si è a conoscenza sono di esclusi-vo appannaggio del Dipartimento di Salute Mentalee di difficile accesso ai pazienti Doppia Diagnosi.Sarebbe quindi opportuno creare una mappaturaspecifica delle Comunità Terapeutiche esistenti sulterritorio lombardo mirata ad allargare l’offerta tera-peutica attuale. Tale mappatura infatti dovrebbe servire a ridefinirel’esatta entità quantitativa e qualitativa delle offer-te per i pazienti in DD. Infatti le CT con modulo DD ad invio esclusivo deiDipartimenti delle Dipendenze (ad oggi la totalitàdelle CT-DD Lombarde) appaiono ben organizzate arispondere a bisogni assistenziali propri della patolo-gia tossicomanica associata ad una patologia psi-chiatrica che necessita di medio/bassa-protezionemostrando carenze dal punto di vista dell’approcciosanitario-psichiatrico ad “alta protezione” necessarioinvece al trattamento di questi pazienti.

4. Bisogni formativi congiuntiIn questo contesto ci pare infine fondamentaleaumentare l’attenzione ai bisogni formativi e diaggiornamento, finora insufficienti o poco specifici,degli operatori chiamati a confrontarsi con la DoppiaDiagnosi. Ciò sarebbe necessario anche per orientare l’organiz-zazione di interventi futuri e per adattare i servizi alcontinuo cambiamento degli stili di consumo deinostri pazienti.

Avviare un tavolo di discussione

Alla luce dei punti sopraesposti si richiede pertantodi avviare un percorso condiviso al fine di individua-re le carenze organizzative e le lacune dei servizipreposti alla cura di pazienti altamente complessicome sono i pazienti in Doppia Diagnosi.È da ricordare inoltre che questa patologia può risul-tare tanto invalidante nei pazienti quanto, al tempostesso, gravosa e a rischio di burnout sugli operatoripreposti alla sua cura. Infine è da sottolineare che la gestione non ottimiz-zata di questi soggetti risulta particolarmente costo-sa da un punto di vista economico per le agenzie chea vario titolo intervengono sul caso.

Antonia Cinquegrana (coordinatrice) Gianmaria Zita, Paolo Pianezzola, Adelmo Fiocchi, Antonio Caruso,

Claudio Sichenze, Paola Decò, Giuseppe Pennisi, Nadia Cibello, Cinzia

Stellato, Marilena Tettamanzi

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

Pubblichiamo un contributo tecnico che FeDerSerDLombardia ha inviato, sulla base dei lavori in corsoin Regione Lombardia, alla Direzione GeneraleFamiglia, conciliazione, integrazione e solidarietàsociale a fine giugno 2011. Il contesto di riferimento è quello dell’avvio di unpercorso regionale di rivisitazione complessiva delsistema delle dipendenze, attualmente giunto allasperimentazione degli strumenti diagnostici . Ci rendiamo conto della necessaria semplicità, parzialità (dovuta ai pochi temi qui affrontati) eforse semplificazione di alcuni passaggi, ma speriamo di contribuire in modo propositivo e innovativo a tutela della professionalità dei servizi.

(Alfio Lucchini e Edoardo Cozzolino)

DALLA DEFINIZIONE DI METODOLOGIE DIAGNOSTICHE AI PERCORSI IN TEMA DI CONSUMO,ABUSO E DIPENDENZA

Nella evoluzione dei fenomeni di consumo e dipen-denza, prima di approfondire gli aspetti legati allarelativa organizzazione socio sanitaria, sono impor-tanti alcune premesse essenziali.

1. DEFINIZIONE DI CONSUMO,ABUSO E DIPENDENZAMentre i consumi rientrano nei fenomeni sociali eculturali che si intersecano con le arie sanitarie esocio sanitarie quasi esclusivamente per gli aspettipreventivi e di riduzione dei rischi (si pensi al consu-mo normale di alcol, diffuso in quasi tutta la popo-lazione), l’abuso e la dipendenza sono patologie rico-nosciute dall’OMS, dalla comunità scientifica e dallaprassi internazionale.

2. LA DIAGNOSII confini tra consumo, abuso e dipendenza sono avolte non facili da definire ed occorre una diagnosispecialistica appropriata al fine di evitare interventiinadatti o, addirittura, controproducenti (analoga-mente alla valutazione differenziale tra una depres-sione transitoria per evento luttuoso ed una depres-sione maggiore).Gli strumenti validati internazionalmente, dal DSMIV all’ASI alla SCL 90, sono comunemente utilizzatidai Servizi ambulatoriali e residenziali per porre dia-gnosi nel settore delle dipendenze.I problemi attivi sono i seguenti:- Il miglioramento dell’utilizzo degli strumenti in

termini quantitativi;- L’utilizzo di strumenti semplificati seppur validati; - La verifica della loro applicazione

Proponiamo quindi:- Una indagine sulla reale applicazione degli strumen-

ti diagnostici (DSM IV, ASI, SCL 90) nei servizi infase diagnostica e di follow up, seguita da una pro-

posta di formazione puntuale e dalla costruzione distrumenti codificati di verifica per le vigilanze ASL.

- La sperimentazione della versione italiana del MATE,“Measurement in the Addictions for Triage andEvaluation “, validato a livello internazionale, formadell’ASI semplificata e mirata per lo screening e ladiagnosi nel settore (diritti d’uso già acquisiti).

Affinché siano attuabili i percorsi di seguito ipo-tizzati, sembrano importanti alcune precisazioni:- la diagnosi e la certificazione dovrebbero essere cu-

rate solo dal servizio pubblico( SerT/NOA), a mag-giore garanzia non solo dell’appropriatezza dell’in-tervento rispetto alla situazione clinica del pazien-te, ma anche della valutazione degli aspetti bud-gettari/economici correlati, così come previsti nelladefinizione di “budget di cura”, compiti ovviamen-te esclusivi della sfera pubblica;

- i “pacchetti” di trattamento dovrebbero essere stret-tamente correlati, per periodi ben definiti, allatipologia diagnostica (consumo, abuso o dipenden-za) ed alla fase clinica;

- si ritiene centrale il ruolo del Dipartimento gestio-nale delle Dipendenze non solo per la programma-zione pubblico privato (e la erogazione dei servizipubblici), ma anche per ogni definizione di model-li di sperimentazione locale (ad esempio di integra-zione pubblico – privato) con assegnazione di bud-get dedicato secondo criteri regionali.

3. PROPOSTE OPERATIVE NELLE TRE TIPOLOGIE

3.1 I CONSUMINella gran parte delle situazioni non vi è una situa-zione critica su cui intervenire, ma la diagnosi diesclusione rispetto ad una situazione più impegnatadeve essere effettuata dai SerT/ NOA.Gli interventi di prossimità, i centri di ascolto, le par-rocchie, i servizi di educativa di strada e i centri diaggregazione giovanile dei Comuni – oltre ai canaligià previsti dal DPR 309/90 - si inquadrano qualipossibili strutture di screening per favorire ed even-tualmente accompagnare l’avvicinamento ai SerT/NOA per la valutazione diagnostica.Completata la diagnosi, in presenza di consumooccasionale, l’intervento dei SerT/NOA e del privatoaccreditato dovrà essere limitato ad attività educati-ve, motivazionali, di richiamo normativo, tendenzial-mente di gruppo, e di consulenza a genitori e educa-tori. Importante è la attività di formazione dei mol-tiplicatori (insegnanti, educatori) per la gestione delfenomeno. Tenendo conto delle professionalità coinvolte, igruppi educativi o le consulenze sopra citate potreb-bero rientrare in area di cura. Se si sceglie una remu-nerazione si propone un pacchetto massimo di n. 8incontri di gruppo e n. 2 consulenze individuali.Non riteniamo vi debbano essere altre spese per ilSSR per questa tipologia. Infatti il consumo proble-matico e stabile rientra nella diagnosi di abuso, coni relativi provvedimenti.

3.2 L’ABUSOIn questa fattispecie, fatta la diagnosi al SerT/NOA,ci troveremo di fronte a tipologie di utenti con uti-lizzo prevalente di alcol, o di cocaina, o con compor-tamenti di addiction (senza sostanza), o con poliabu-so.Per quanto attiene l’intensità di cura, possiamoavere:- Ambulatoriale, a media/alta intensità, con pacchet-

ti di cicli di terapie da definire con prevalenza diaspetti medico/ psicologici.

- Residenziale, per periodi ridotti, cicli terapeutici massimi di 4/6 settimane, sul tipo della riabilita-zione alcologica, come previsto anche dalla legge125.

Sembra opportuno ricordare la “tendenza” dellamagistratura a non concedere benefici, quali misurealternative, in presenza di diagnosi di consumo edanche abuso.

3.3 LE DIPENDENZEFatta la diagnosi al SerT/NOA, ci troveremo di frontead utenti con dipendenza vuoi da sostanze vuoi dacomportamenti additivi.Potremo seguire le seguenti vie:- Trattamenti ambulatoriali (SerT/NOA, SMI), che, per

essere efficaci secondo letteratura, dovrebberoessere di lunga durata. Si segnala l’opportunità diambulatori e/o moduli nei SerT/NOA di specializza-zione su aspetti/forme peculiari delle dipendenze epatologie correlate.

- Residenzialità e semiresidenzialità. A nostro pare-re si impone un ridisegno delle strutture comunita-rie. In prima battuta si possono ipotizzare:- Una tipologia specialistica breve (ad esempiodoppia diagnosi in fase acuta) di n. 3 mesi proro-gabile fino a n. 6 mesi, con trattamenti ad altaintensità. - Una tipologia terapeutico riabilitativa con inse-rimento massimo di n. 18 mesi, con interventi dimedia intensità.- Una tipologia educativa con inserimento massi-mo di n. 36 mesi, con trattamenti a bassa inten-sità.

La tipologia residenziale scelta non è in funzionedella tipologia del paziente, ma degli obiettivi daperseguire in quel ricovero/inserimento, ad esempioun soggetto con doppia diagnosi stabilizzato, conprevalenti bisogni socio assistenziali, dovrebbe esse-re inserito in una residenziale educativa.

4. ALCUNE AREE CRITICHE ED IN SVILUPPO Vi sono alcune aree innovative che iniziano ad avereun significativo impatto sui servizi.

Si propone quindi di studiare: - L’impatto retrospettivo e prospettico delle nuove

competenze medico legali (area assenza tossicodi-pendenza lavoratori e area codice della strada) deiSer.T/NOA, anche per le valutazioni organizzative

- L’analisi dei modelli di customer satisfaction in usonei Dipartimenti e la formulazione di una propostadi modello unificato regionale

- L’impatto retrospettivo e prospettico delle nuove dipendenze (internet, sexual, gambling, ecc.) e deltabagismo sui SerT/NOA, sia per numerosità che permodelli di intervento che per regole di comparteci-pazione alla spesa, con proposte operative organiz-zative nel settore e analisi dei costi.

5. UNA RIFLESSIONE: IL RUOLO DEL MMGSia la legislazione sia alcune sperimentazioni inItalia vedono coinvolti i medici di medicina generale,con possibile estensione ai pediatri di libera scelta,nella fase trattamentale per pazienti dipendenti dasostanze. FeDerSerD ha da sempre valorizzato queste esperien-ze (Trieste, Pescara, Roma, Cagliari), cercando didefinire un modello possibile sostenibile anche per icosti rispetto ai benefici. Deve essere infatti chiaroche iniziare percorsi di collaborazione Ser.T/MMGimplica un investimento economico notevole. E’essenziale confrontare il costo/anno di pazienteambulatoriale al Ser.T (per i soli aspetti sanitari) ed ilsuo eventuale costo per un trattamento in ambula-torio MMG.Il modello sostenibile si configura come segue: dopola diagnosi al Ser.T/NOA e un primo mese (minimo) ditrattamento farmacologico, il MMG può condurre iltrattamento stabilizzato per un massimo di 5/7pazienti. Egli cura la prescrizione del farmaco, idosaggi, i tempi e le modalità dell’ affido. Può con-durre in proprio controlli urinari 1 volta la settimana(o in alternativa al Ser.T). Il follow up ed ogni neces-sità di approfondimento diagnostico e specialistico edi fine terapia, nonché l’integrazione psico sociale,restano al Ser.T/NOA.Altro campo di interazione, più semplice, è quellodella diagnosi precoce: è possibile predisporre stru-menti essenziali di diagnosi precoce (flow-chart) inambulatorio del MMG, per l’eventuale invio alSerT/NOA in caso di positività. È opportuno ripetereche si tratta di screening: l’approfondimento dellivello di gravità come sopra delineato può avveniresolo ai SerT/NOA.

Proponiamo quindi:- La predisposizione di strumenti utili per il MMG e

PLS sulle varie aeree per screening e diagnosi pre-coce.

- La predisposizione di un progetto quadro di rappor-ti con il MMG per valutare le azioni sopra delineate,comprensivo di un piano di formazione e dei costi.

Milano, 27 giugno 2011

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

MA TU COME FAI?Un corso formativo guidato da professionisti,un gruppo di genitori che si confrontano

Cooperative RicercAzione e Kaleidos - Faenza**I professionisti coinvolti in questo corso sono stati:Agresti Erika, psicologa e psicoterapeuta; BorghiGilberto, pedagogista clinico; Dotti Michele, educato-re e formatore; Gatta Claudia, sociologa; Taroni Fabio,pedagogista; Togni Doriana, sociologa.

Il progetto di cui desideriamo parlarvi nasce dal con-fronto tra professionisti di due differenti cooperative,RicercAzione e Kaleidos che si sono trovati concordinella lettura di bisogni del territorio in cui operano. Educatori, pedagogisti, sociologi e psicologi hannotentato una lettura dei fenomeni che emergevanonotando che in contesti diversi (difficoltà dei ragazzi ascuola, difficoltà di una fascia di giovani adulti legataalla tenuta lavorativa, necessità di orientamento daparte degli adolescenti, senso di solitudine dei genito-ri, difficoltà educativa nella definizione delle regole,gestione complessa della responsabilità educativa...)venivano espressi contenuti che potevano esseremeglio compresi in uno sguardo più globale.Abbiamo riflettuto sulla difficoltà ad essere genitorioggi, a svolgere le proprie funzioni educative in unmomento di complessità sociale, di frammentarietàdelle reti di sostegno, di molteplicità di letture deifenomeni quale è quello in cui ci troviamo ora. Da queste considerazioni nasce “Ma tu come fai?”,dalla scelta di sostenere i genitori nel loro ruolo e dicreare occasioni di incontro e di confronto con pro-fessionisti e di favorire i rapporti informali tra pari chepossano essere coltivati al di là dello specifico corso.

LA PROPOSTA DEL CORSO AI GENITORI

L’ideaEssere genitori non è per nulla facile, e non esistonoscuole dove ti insegnano ad esserlo. Si impara sulla propria pelle, sulla propria fatica. Ma alle volte è anche terribilmente bello. E spesso passa per la testa di un genitore che se cifosse qualcuno a cui chiedere: “Ma tu come fai?”,almeno sentiremmo che non siamo soli ad avere quelproblema e a non trovare una soluzione. E magari a volte già a raccontarlo si aprirebbero spi-ragli che non si pensavano. Vorremo poter offrire ai genitori questa possibilità. Con rispetto, attenzione e professionalità.

Vorremmo che raccontando i problemi e i successi, lefatiche e le soluzioni, i genitori possano cominciare acercare insieme, a confrontarsi, a valorizzare e valuta-re criticamente le soluzioni possibili, con la mediazio-ne e la professionalità di chi si occupa di educazione.

Il metodoCerchiamo di offrire una metodologia che parte dallanarrazione dei genitori stessi, dei loro problemi e delleloro soluzioni trovate. La concretezza della vita reale è la migliore traccia daseguire per non perderci. Perciò confrontandoci ediscutendo insieme, in modo interattivo, cerchiamo divalorizzare, potenziare e valutare le soluzioni operati-ve, le alternative possibili e i limiti da accettare, inun’ottica di ricerca personale e di gruppo, integrandoquesto percorso con l’apporto di pedagogisti, sociolo-gi, esperti di comunicazione educativa e sociale, psi-cologi e pedagogisti clinici di volta in volta presenti.

Il programmaI contenuti sono stati articolati su 4 ambiti:

1) La capacità del genitore di saper gestire una rela-zione educativa.Quindi viene favorito un confronto sul ruolo educati-vo, sull’ascolto e sulla comunicazione, sui confini dellarelazione, e sulle regole di comportamento, sulle emo-zioni vissute, dai figli e dai genitori. Possono anche essere affrontate, se offerte dai geni-tori, tematiche come il rapporto con la scuola, i media,la violenza, il cibo, il sonno, il sesso, l’uso delle sostan-ze, ecc.

2) L’uso del gioco e degli strumenti educativi con ipropri figli. Sperimentiamo il gioco, la narrazione, larecitazione, il divertimento mentale, non tanto comeriempitivo dei tempi vuoti, ma come i canali di comu-nicazione e di educazione essenziali e mai eliminabiliper far crescere i propri figli, di ogni età e di ogni con-dizione.

3) La terza area è quella relativa ai valori dell’educa-zione. Cerchiamo di sostenere il genitore nell’educare i figlial valore della persona, della relazione rispettosa elibera, di un progetto di sé, dell’autonomia di pensie-ro, di giudizio e di condizione di vita, dell’autostima,della capacità critica, e della sensibilità umana.

4) “Laboratorio di formazione personale”, dove ilgenitore può “lavorare” un po’ il proprio equilibriointerno, e cercare maggiore energia in sé, maggiorecoerenza dei propri comportamenti, maggiore consa-pevolezza del proprio ruolo e dei suoi cambiamenti,maggiore resistenza a stare nel ruolo genitoriale.

INCONTRO PUBBLICO DI PRESENTAZIONE

Il corso è stato presentato pubblicamente a tutta lacittadinanza.E’ stata un’occasione di presentazione dei contenuti

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ABSTRACTS CONGRESSUALI

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del percorso e dei formatori. Dai genitori sono state fatte alcune domande rispettoallo svolgimento delle attività e sono cominciate ademergere anche interrogativi che riguardavano lagestione di situazioni familiari.La serata ha raccolto 40 presenze circa.

IL CALENDARIO/GLI INCONTRI

Gli incontri si sono svolti ogni due settimane dalle18,45 alle 21,15, presso la sede dell’Università perAdulti di Faenza. Sono state organizzate poi due domeniche “full

Data Ambito Titolo Contenuto

11/02 Gestione della relazioni Proviamo a capirci? Le regole comunicativeL’ascolto e la comunicazione di base per educare i figli

25/02 Strumenti e metodi Quando un genitore Il gioco come essenza egioca coi figli grammatica dell’educazione

11/03 Educare ai valori Tra ideale e reale. La persona oggi persone libere e responsabili

18/03 Gestione della relazione Non lo posso vedere così!! Di fronte alle emozioni dei figli:cosa fare e cosa non fare

25/03 Strumenti e metodi Come stuzzicare l’appetito Svegliare la motivazione ad...mentale apprendere con i giochi di logica

08/04 Gestione della relazione Io no! La regola e la libertà La gestione delle regole di comportamento e della libertà

22/04 Laboratorio di I si e i no. I divieti e i permessi,formazione personale Da noi ai figli ricevuti e consegnati ai propri figli

06/05 Educare ai valori Che differenza!! Educare alla identità di sé eLo straniero e il diverso alla diversità come ricchezza

16/05 Gestione della relazione Rischio... disagio... agio... Genitori e adolescentisiamo sicuri? a confronto tra rischi e limiti

Laboratorio di formazione Chi ha paura di stare bene? Gestire le proprie emozioni di genitore

20/05 Educare ai valori Insieme per una Educazione e relazioni socialisocietà educante

03/06 Strumenti e metodi Siamo attori, o personaggi? Mimetizzarsi per trovarsi: i giochi di ruolo come luogo di identità

06/06 Gestione della relazione Ali e radici. I piedi per terra Educare all’autostima eper volare fuori dal nido all’autonomia dei figli

Laboratorio di formazione Siamo figli del figlio I copioni di vita: per un finale non scrittopersonale che siamo stati

immersion”, in una casa vicino a Faenza, in campagna,con possibilità di animazione per i figli, gestita daeducatori della cooperativa Kaleidos. I genitori, per partecipare al corso, hanno versato unaquota.

IL GRUPPO DEI GENITORI

I genitori iscritti erano 12. Gli incontri sono stati numerosi a la partecipazione èstata non sempre regolare, tuttavia si è ritirato un

unico partecipante e per motivi di salute. I presenti sono sempre stati molto partecipativi e ilgruppo ha costruito un buon clima di fiducia che hapermesso la condivisione di contenuti personali. Ci è sembrato importante lavorare in gruppo: l’espe-rienza di un genitore sollecitava il racconto di un altroe le modalità di reazione dell’uno davano spunti diriflessione all’altro. Diversi partecipanti si sono detti motivati a continua-re e abbiamo concordato di organizzare incontri altermine dell’estate.

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

LE TEMATICHE EMERSE

Quasi ad ogni incontro è emersa la necessità di parla-re della gestione delle regole in famiglia, a testimo-niare che questo è effettivamente un nodo, oggi, nellapratica educativa. Le domande raccolte in forma anonima in parteriguardavano la necessità di rispondere contempora-neamente ai propri bisogni di genitore e ai bisogni delfiglio. In altre domande si chiedeva come gestire la propriaansia, la propria difficoltà personale perché questanon incidesse negativamente sul bambino. Particolare attenzione è stata data ai valori che sot-tendono l’azione educativa e la necessità di integrarele proprie scelte con messaggi dei media e dei conte-sti sociali che spesso contrastano ciò che si cerca ditrasmettere.

L’annaffiatoioI simboli hanno un effetto. Perché utilizzare una scatola per raccogliere ledomande anonime? La scatola è neutra ed impersonale. Perché allora non utilizzare un annaffiatoio. L’annaffiatoio richiama all’idea della cura e della cre-scita, che è quello che ci piacerebbe fare proponendoquesto corso di accompagnamento alla genitorialità. E così è stato, le domande che non hanno trovatoposto durante le serate in cui sorgevano sono statecustodite nell’annaffiatoio per essere evase da chimeglio poteva rispondere tra i conduttori.

- Domande* Quando io reagisco in modo ansioso con il miobambino sgridandolo, per esempio perchè si fa male,poi recupero chiedendo scusa. Va bene farlo? * Prima di dedicarmi a mio figlio ho bisogno di averesotto controllo la situazione: casa pulita, ordine... * Quando e perchè dire a un figlio: “sono fatto così,è il mio carattere”, diventa un limite? * C’è differenza tra maschi e femmine nello stile delgioco?* L’autonomia dei figli pesa più ai figli o ai genitori?* Stili di vita?

- tutto subito? - qualità del mangiare? - esisto soloio?- esperienze significative? - adulti adolescenti? -sobrietà, semplicità, fraternità?

* Potere, rabbia, frustrazione, scambi di ruoli, confu-sione, presa di posizione* Il compromesso può essere un valore/elementopositivo di discussione da considerare nell’adole-scenza?* Le regole ci sono e vanno rispettate con buonsenso. ma quando si intromettono i nonni o altri chesotto sotto fanno o danno ai figli ciò che i genitoriavevano detto no (come si fa?)

LE VALUTAZIONI DEI GENITORI RISPETTO AL CORSO

Al termine degli incontri è stato chiesto ai genitori dicompilare un questionario di gradimento e di valuta-zione del corso. Le valutazioni finali sono molto positive sia sulla pos-sibilità di confronto con il gruppo, sia relativamente alclima creatosi tra i partecipanti, sia sulle competenzedei professionisti. Sono stati indicati inoltre alcuni temi non trattatidurante il percorso ma su cui i genitori sentono ilbisogno di confrontarsi. Ci siamo quindi accordati per rivederci dopo l’estate.

IL GRUPPO DI LAVORO E CONDUTTORI/TRICI

E’ formato da professionisti che fanno parte delle duecooperative coinvolte, portano competenze differentie restituiscono quindi diverse prospettive dei fenome-ni educativi, famigliari e sociali. L’aspetto della multidisciplinarità è un elementocaratteristico di questa equipe che coinvolge pedago-gisti, educatori, psicologi, formatori e sociologi.I genitori hanno apprezzato la compresenza dei diver-si formatori durante gli incontri, talvolta sono stati inaula fino a quattro professionisti contemporanea-mente. Lo scambio ha reso vivaci gli incontri, e ledomande dei partecipanti hanno trovato risposte sulivelli diversi.

Le cooperative

KaleidosKaleidos è una cooperativa che opera da 11 anni nelterritorio faentino. Promossa da esperti di educazione,con specifiche e diverse professionalità, nasce peroffrire servizi nel settore educativo e formativo. Da allora ha avviato percorsi di formazione e aggior-namento per insegnanti (riconosciuti dalProvveditorato agli Studi di Ravenna); corsi di forma-zione per educatori e animatori e per genitori; corsi diapplicazione del Metodo Feuerstein e Tzuriel; labora-tori didattici di scienze, matematica, storia e altrematerie nelle scuole medie e elementari.Attualmente gestisce tre servizi pomeridiani per ado-lescenti in collaborazione con altri enti; svolge labo-ratori teatrali, musicali, di educazione interculturale eambientale. Realizza atelier didattici nell’area storico linguistica,espressiva e scientifica, generalmente all’interno diistituti e scuole.Fornisce esperti e docenti nei settori: educativo, musi-cale, informatico, teatrale, artistico. Svolge corsi diformazione per genitori, insegnanti e responsabili diservizi educativi. Fornisce consulenza psico-pedagogica; e pedagogico- clinica. Svolge il servizio di ludobus.Collabora con comuni, scuole di ogni ordine e grado,Centri di Formazione Professionale, privati, cooperati-

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LA GENITORIALITÀ NELLE DONNE TOSSICODIPENDENTI SECONDO L’INTERVENTO INTEGRATODEL SER.T DSB25 ASL NAPOLI 1

E. Asturaro*, F. Auriemma*** Dirigente Psicologo - U.O. Ser.T DS 25 ASL Napoli 1Centro** Dirigente Medico Responsabile - U.O. Ser.T DS 25 ASLNapoli 1 Centro

Premessa Nel Ser.T del DS.25 della ASL Napoli 1 Centro, l’11%degli assistiti seguiti nel corso del 2010 sono donne.Le caratteristiche di queste pazienti sono:• età tra 25 e 39 anni; • nazionalità italiana, (relativamente alle nuove

iscritte) con fissa dimora • completamento delle Scuole dell’obbligo.Il 50% di esse è senza occupazione o impegnata inlavori saltuari, abusa di eroina come sostanza prima-ria, ormai sempre più spesso in associazione con lacocaina.Nel caso in cui l’assistita abbia più di 40 anni, risultaabusatrice di alcol come sostanza primaria nel 19%dei casi.In considerazione dell’età fertile delle pazienti, gliobiettivi dell’intervento tenderanno a:

- valutare il recupero della funzione genitoriale,perché l’assistita possa diventare una madre ade-guata dal punto di vista affettivo- costruire un contesto di valutazione che si asten-ga dal pregiudizio che una madre tossicodipenden-te non possa essere una buona madre- infine, includere nella valutazione la famiglia diorigine o i parenti stretti, considerando che la nasci-ta di un bambino comporti una rielaborazione e unarinegoziazione dei rapporti con la propria famiglia diorigine.

MetodoHanno partecipato al progetto i Servizi del DS 25: U.O.Ser.T, U.O. Salute mentale (U.O.S.M.), U.O. Maternoinfantile (U.O.M.I.). Tra i servizi partecipanti si sono costituiti gruppi dilavoro integrato coinvolgendo professionalità di diffe-rente estrazione culturale.Nel Ser.T. Si è attivato un programma complesso cheha riguardato:

- la prevenzione del rischio di gravidanze inconsa-pevoli mediante counseling delle assistite.- la diagnostica precoce della gravidanza, al fine divalutare ed intervenire sull’eventuale sofferenzapsicosociale mediante sostegno alla gravida ed alpartner, spesso anch’egli tossicodipendente. - si è attivato un programma di sostegno alle capa-cità genitoriali attraverso psicoterapie di coppia o di

2ve, associazioni. Progetta, organizza, gestisce dei centri estivi ed inver-nali sul territorio comunale di Faenza e di Sant’Agatasul Santerno e di Russi. Propone spettacoli di animazione con burattini,ombre cinesi e spettacolo di magia.Il nostro staff è composta da pedagogisti, insegnanti,educatori, psico-pedagogisti, psicologi, pedagogisticlinici ed esperti di varie metodologie didattiche ededucative.

RicercAzioneRicercAzione é una cooperativa sociale che opera dal1987 nel campo della ricerca e dell’intervento sociale,la cooperativa da anni si propone a soggetti privati epubblici, come promotrice di valori e di obiettivi perun miglioramento della qualità della vita La specificità della Cooperativa consiste in un approc-cio di indagine sociale che privilegia:• la rilevazione dei bisogni e delle informazioni volte

ad individuare le problematiche e gli ambiti di inter-vento;

• la progettazione e realizzazione di attività formati-ve con modalità partecipative e cooperative;

• la realizzazione di interventi attraverso reti di com-petenze presenti sul territorio.

Attualmente la cooperativa è impegnata in progetti eservizi per la promozione delle pari opportunità e laconciliazione tra lavoro e famiglia; la valorizzazionedella genitorialità; la promozione dell’agio giovanile,la facilitazione di processi di integrazione ed inclusio-ne sociale, psicologica e culturale.Nell’ambito della promozione dell’agio giovanileabbiamo e stiamo svolgendo interventi con gli adole-scenti in luoghi informali (parchi, strade etc.) e formali(scuole, parrocchie etc.); incontri formativi con geni-tori, educatori, allenatori sportivi ed insegnati.La Cooperativa è iscritta allo Schedario dell’AnagrafeNazionale Ricerche del Ministero dell’Università edella Ricerca Scientifica e TecnologicaIl gruppo di lavoro ha formazioni ed esperienze pro-fessionali di tipo sociologico, psicologico, pedagogico,interculturale.

gruppo. - il sostegno è continuato anche nelle fasi successi-ve al parto ed in tutto il percorso di accudimento delminore. - il progetto ha previsto l’individuazione negli ambi-ti delle famiglie di appartenenza dei genitori, laddo-ve possibile, una rete di sostegno alla coppia.- nel caso di IVG si è proceduto al sostegno psicoso-ciale ed al monitoraggio clinico della puerpera.

RisultatiNel corso del progetto è stato effettuato il counselinga tutte le assistite (77) volto alla prevenzione dellegravidanze indesiderate; in 9 casi sono state effettua-te terapie di sostegno per il mantenimento dellagestazione e la preparazione al parto. In 3 casi l’assistita è stata inviata presso comunitàterapeutiche in grado di praticare la disintossicazionee l’accompagnamento al parto. In 2 casi, successivamente alla nascita del bambino, èstato programmato l’ingresso in centri di accoglienzache permettono la permanenza delle stesse fino allosvezzamento.4 ragazze, adeguatamente supportate, hanno volon-tariamente interrotto la gravidanza, poichè non siritenevano pronte ad affrontare la maternità e soprat-tutto perché non certe della paternità del nascituro.Questi ultimi casi, inoltre:• non godevano del supporto familiare, in quanto sen-

za fissa dimora,• non avevano un lavoro stabile • presentavano disturbi di personalità (Cluster B).

ConclusioniLe prime fasi del progetto sono state caratterizzate dauna certa difficoltà nel costruire un linguaggio comu-ne a tutte le professionalità presenti. Sono stati necessari numerosi incontri per definire leattività e le competenze di ciascun operatore. Inoltre, si è resa necessaria la formazione di tutti glioperatori coinvolti, indipendentemente dai Servizi diprovenienza (UU.OO. Salute Mentale e Ser.T) e dalleprofessionalità individuali relativamente alle correttemodalità per effettuare un counseling efficace.Un counseling efficace alle assistite afferenti alServizio permetterà, infatti, di affrontare diversi punticritici:• Diagnosi precoce della gravidanza: attività di pre-

venzione attraverso prelievo ematico per la determi-nazione delle BHCG effettuato mensilmente e pre-ceduto da counseling informativo e/o preparatorioad una eventuale gravidanza responsabile.

• Supporto psicologico come sostegno genitorialeindividuale o di coppia in caso di volontà favorevolea mantenere la gravidanza.

• Counseling di supporto in caso di IVG. con indirizzo alle strutture idonee, grazie ad una rete di serviziprecostituita.

• Attivazione della rete di supporto dei parenti prossi-mi (ad es. i nonni) quale intervento efficace nel casodi ricadute nella tossicodipendenza dopo il parto.

• Invio in specifiche Comunità di accoglienza in caso di assenza della rete di supporto parentale alloscopo di un valido accompagnamento pre e post-gravidanza.

Sembra necessario insistere sull’attività preventiva, daattivare con il counseling fin dai primi colloqui conun’assistita.Inoltre, essendo spesso le utenti in contatto con ilSer.T, sembra opportuno continuare il supporto allacoppia anche dopo alcuni anni dalla nascita di unneonato in quanto la letteratura internazionale ripor-ta una maggiore probabilità di abuso di sostanze infigli di genitori tossicodipendenti.Sarebbe opportuno formulare un progetto per un fol-low up a distanza di 5 anni delle madri tossicodipen-denti al fine di verificarne la funzione genitoriale e lacondizione complessiva di crescita del figlio.

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ESSERE ADOLESCENTI TRA GIOCOD’AZZARDO, INTERNET E SHOPPING

V. Albertini *, A. Morandi *, E. Ferrini *, S. Gagliardi *, L. Rontini *, M. Bonansegna **Associazione 89Rosso, Firenze *Dottoressa in Psicologia, Firenze **

Introduzione

Gli studi sui rapporti tra stili di vita, comportamentia rischio, modalità d’uso del tempo libero e promo-zione della salute, in particolare per quanto riguardaadolescenti, sono ampiamente presenti in letteratu-ra (Baumrind, 1987; Meringolo, & Chiodini, 2005;Parker, Williams, & Aldridge, 2002). È in questa fascia d’età che è possibile sperimentarenuove situazioni e sensazioni attraverso comporta-menti socialmente non stigmatizzanti, ma che pos-sono configurarsi come problematici, in particolarel’utilizzo di internet, il gioco d’azzardo e lo shopping(Lavanco & Croce, 2008).

Obiettivo

La presente indagine, che si inserisce nell’ambito diun progetto di ricerca e intervento promosso dalLiceo Scientifico “P. Gobetti” di Bagno a Ripoli (Fi),ha l’obiettivo di esplorare gli stili di vita giovanili inriferimento al fenomeno delle “dipendenze sociali”,in particolare rispetto ad attività come il gioco, l’usodi internet e lo shopping.

Metodo

Partecipanti. 511 studenti di 5 istituti scolastici nellaprovincia di Firenze (età media = 15 anni, DS = 1,0)di cui il 63% maschi. Strumenti. Questionario appositamente predispostoper gli stili di vita, le attività legate al gioco, l’utiliz-zo di internet e le modalità di acquisto. Sono state inoltre somministrate le scale SOGS-RAper il gambling (Winters, Stinchfiled & Fulkerson,1993), Internet Addiction Tests-IAT (Young, 1998),Scala sullo Shopping Problematico-SSP (Lavanco &Varvieri, 2005).

Risultati

Rispetto al gioco, i risultati indicano una familiaritàcon quelli più immediati da svolgere nel tempo libe-ro e con una spesa minima come ad esempio il grat-ta e vinci (69%) ma anche con frequenti estrazionigiornaliere (20%). Il 9% dei partecipanti risulta avere comportamenti ditipo problematico rispetto al gioco d’azzardo, mentre

per un 20% si rileva una condizione di possibilerischio. Emerge una relazione negativa tra la soddisfazioneverso il tempo libero e i punteggi della scala IAT edello Shopping Problematico.

Conclusioni

La percezione rispetto all’utilizzo del proprio tempolibero è un fattore rilevante per quanto riguarda l’u-tilizzo delle nuove tecnologie, mentre i giochi la cuivincita appare immediata risultano essere quelli pre-valentemente utilizzati. La condizione del proprio benessere economicoappare mediata dai messaggi provenienti dai mass-media, soprattutto per quanto riguarda i comporta-menti legati allo shopping. I risultati emersi dall’indagine sembrano suggerire lanecessità di approfondire, oltre a variabili di tipo psi-cologico, anche il ruolo di variabili di contesto chepossono avere una relazione nel favorire o meno icomportamenti problematici degli adolescentirispetto al gioco d’azzardo, internet e shopping.

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INTERVENTI ATTUATI CON I FIGLI DI GENITORI ALCOLISTI

Cinzia Celebre, Michela Grassi S.C. Dipendenze Sostanze Legali - Dipartimento delleDipendenze - A.S.S. n. 1 Triestina

La S.C. Dipendenze Sostanze Legali del Dipartimentodelle Dipendenze dell’A.S.S. n. 1 Triestina propone unapproccio ed un trattamento dell’alcolismo di tiposistemico per cui la presa in carico è allargata a tuttoil sistema familiare. Il programma di cura prevede l’integrazione di variinterventi: colloqui individuali e/o familiari, psicotera-pia, terapia di gruppo, sostegno sociale, trattamentofarmacologico ecc. all’interno di un unico progetto direcupero che ha come scopo il cambiamento nella vitasociale, lavorativa e di relazione del soggetto. I familiari come i figli sono direttamente o indiretta-mente coinvolti nell’intervento, sia con la partecipa-zione ai colloqui familiari che alla psicoterapia digruppo.Da diversi anni viene inoltre offerto un supporto airagazzi che vengono in contatto con il servizio per unproblema alcol correlato dei loro genitori, un sostegnoindividuale e/o l’inserimento in un gruppo di pari, dovepossono confrontarsi con altri ragazzi che vivono odhanno vissuto la stessa esperienza. Gli obiettivi delgruppo sono quelli di aiutare il ragazzo/a che vive infamiglia ad uscire dal silenzio e dall’isolamento, con-frontandosi con altri pari. Importante è parlare diquanto accade a casa, della malattia dell’alcolismo,della negazione dell’alcolista, della co-dipendenza deifamiliari, delle emozioni che provano come la paura, lavergogna, la rabbia, l’impotenza e la delusione. Unaltro obiettivo è rafforzare l’autostima, riconoscere ipropri bisogni e soddisfarli, come il diritto di uscire edi divertirsi, di essere/fare i figli.Molti sono i figli che afferiscono al servizio e che ven-gono coinvolti nel programma di cura del loro genito-re, tra questi nell’ultimo triennio hanno frequentato ilgruppo 47 ragazzi con un’età media tra i 18-24 anni,con una prevalenza di ragazze 57% (27 F) rispetto airagazzi 43% (20 M). Nel 64% dei casi la condizione del genitore alcolistaera di astinenza anche grazie all’inserimento in untrattamento di cura, mentre per il restante 36% ilgenitore era in una condizione di alcolismo attivo. Le presenze al gruppo oscillavano da 6 a 12 ragazzicon una frequenza da un mese fino a due anni.

Una figlia adolescente

La madre di A. si rivolge al servizio per intraprendereun programma di cura, dopo l’ennesimo litigio con lafiglia. A. è una ragazza di 19 anni vive con la madre, isuoi genitori si sono separati quando era piccola.

Scarsi sono i rapporti con il padre, che A. definiscealcolista. Fin dai primi colloqui assieme alla madre A rimanespesso in silenzio e se interpellata esprime una gran-de rabbia nei confronti della stessa, fino a dire “prefe-rirei che tu fossi morta”. Quando la madre si ricovera, A. inizia a frequentare ilgruppo figli. Nei primi incontri emerge il rancore e la rabbia neiconfronti della madre, ma non solo “sono cresciuta dasola, mia madre lavorava e alla sera beveva...mio padrelo sento e lo vedo raramente, i miei nonni e i miei ziiconoscevano la situazione ma hanno sempre minimiz-zato, non sono mai intervenuti”. Quando A. ha 14 anni si iscrive alla scuola alberghie-ra “sarei andata via da casa e solo nei fine settimanaavrei rivisto mia madre”. A. dopo un paio di incontri con il gruppo dichiara di faruso di eroina, ne parla a volte con sfida ed a volteappare spaventata. “Ho iniziato a fumare con i mieicompagni di scuola, poi ho provato la cocaina”. A. rientra a casa ed instaura un rapporto stretto diamicizia con una coetanea con la quale condividemolte esperienze fra cui l’uso di eroina. A. fuma eroina e solo un paio di volte se la inietta,minimizza i rischi dell’uso “non ho un problema didipendenza, non ne sento il bisogno” anche se è spa-ventata per le possibili conseguenze “la mia amica èridotta male e rischia delle conseguenze penali, temodi essere anch’io implicata in ciò”. Con l’aiuto del gruppo A. oggi ha interrotto i rapporticon questa ragazza che lei definiva “amica” ed hapreso le distanze dall’eroina. Anche la madre che con l’astinenza ha ripreso la sualucidità e presenza nel rapporto con la figlia, con granfatica cerca di riconquistarsi il suo ruolo genitoriale. A. racconta “mia madre ha affrontato al telefono lamia amica dicendole di non chiamarmi più” “io misono arrabbiata con lei, non doveva dire certe cosealla mia amica quando lei fino a un paio di mesi primafaceva la stessa cosa con l’alcol”.L’adolescenza vissuta con un genitore alcolista oscillatra gli umori estremamente fluttuanti di questo e leemozioni mutevoli tipiche del ragazzo, in un ambien-te familiare caratterizzato da preoccupazioni e tensio-ni quotidiane. Si aggiunge il timore che gli altri si ren-dano conto della situazione, la paura d’essere respin-to o guardato con commiserazione. Per questo motivo presentano un bisogno enorme ditenere tutto sotto controllo, un diniego dei propribisogni e delle proprie emozioni (Andreoli, Basile,1986).

Una figlia adulta

V. ha 30 anni è vissuta con una madre alcolista, soloper brevi periodi astinente, con un padre ed una sorel-la minore. Attualmente vive da sola, dopo aver concluso una dif-ficile relazione con un compagno. Dai suoi racconti emergono elementi di riflessione“solo adesso capisco il beneficio secondario che otte-

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nevo nell’avere una madre alcolista. Ero io che gestivo la casa e mi prendevo cura di miasorella, avevo un grosso ruolo riconosciuto soprattut-to da mio padre...avevo un potere decisionale per lecose di casa, dagli acquisti allo stabilire gli orari...misentivo diversa dalle mie coetanee e per non sentirmicompatita mi vantavo delle mie responsabilità”. Rispetto alla madre ricorda “nessuno sospettava cheavesse un problema con l’alcol, era molto brava anascondere. Quando rientravo a casa la vedevo stanca o nervosa,pensavo fosse dovuto al troppo lavoro, mi illudevo checon il mio aiuto sarebbe stata meglio”. Nella famiglia subentra una dinamica per cui tuttinascondono “anch’io avevo imparato benissimo anascondere a tutti quel che accadeva e quel che vive-vo in casa, ero abituata a non riconoscere più i mieiveri sentimenti. Ho vissuto emozioni forti e contra-stanti, ho tenuto sempre tutto sotto controllo, anchele mie relazioni amicali e sentimentali”. Rispetto alle relazioni affettive dice “quando una per-sona mi concedeva un pò d’affetto mi svendevo pur diaverlo”. V sottolinea l’importanza del gruppo dicendo “mi haconsentito di sentirmi riconosciuta, sentire che c’erauno scambio umano. Mi ha permesso di sentirmi accettata per quella chesono, di fare delle cose non perché devo ma perchéscelgo di farle”.Una persona adulta che ha vissuto con un genitorealcolista è molto critica ed esigente verso sé stessa,fatica ad esprimere le proprie opinioni o a prendereuna decisione; sviluppa un gran bisogno di teneretutto sotto controllo, ha la tendenza a sovra respon-sabilizzarsi o, viceversa, a farsi accudire completa-mente. Essendosi presa cura del genitore la persona adultacontinua spesso a dare aiuto agli altri, mancando in leila capacità di chiedere aiuto e di esprimere i propribisogni (Fava Viziello, Fiorin, Pavani, Zingarello, 1990).Tuttavia, crescere con genitori alcol-dipendenti puòavere delle implicazioni legate a fattori di resilienza. Da adulto può dimostrare una spiccata sensibilità peri rapporti umani, una notevole forza di volontà, com-battività e coraggio, come una grande capacità nel farfronte ad ogni sorta di situazione, poiché per necessitàgià da bambino ha imparato a mettere in moto tuttele possibili risorse.

Figlie e madri alcoliste

In entrambe le testimonianze ho scelto due figlie conmadre alcolista anche se in due momenti diversi delciclo di vita, adolescenza ed età adulta. Il bere della madre può rivelarsi più influente per lasalute sia fisica che emotiva dei figli. La madre è investita in un ruolo di accudimento e lefiglie crescendo sentono un maggior bisogno di iden-tificazione con la stessa. Il processo di separazione-individuazione viene rap-presentato come la nascita psicologica dell’individuo,col riscontro del soddisfacimento dei bisogni fonda-

mentali dei bambini, ovvero nutrimento e/o accudi-mento ed esplorazione (Mahler, 1978). Per l’individuo è fondamentale aver sviluppato l’attac-camento, comportamento primario teso alla ricerca eal mantenimento della prossimità con una figura pre-ferenziale, in questo caso la madre. La dipendenza è un atteggiamento derivato dal biso-gno di attaccamento, che si esprime attraverso atteg-giamenti mirati a evocare assistenza, guida e appro-vazione. Cosa facilmente riscontrabile in alcuni figli, cherischiano di sviluppare dipendenze da altre sostanze ouna dipendenza comportamentale in cui l’oggetto è larelazione affettiva.

Elementi ricorrenti che emergono dai gruppiriguardo la condizione di Figlio

Sono evidenti il peso della responsabilità, la rabbia neiconfronti del genitore che beve e a volte anche neiconfronti dell’altro genitore per l’impotenza dimostra-ta; la difficoltà a parlare dei loro problemi familiaricon gli altri, anche con i loro pari; la tendenza a man-tenere nascosta la situazione di sofferenza che vivonoa casa, essendo la vergogna molto forte. Le testimonianze dei figli come la letteratura ci indi-cano che la relazione tra genitore e figlio può diven-tare una relazione “inversa”, dove il figlio si assumeresponsabilità più tipiche dell’adulto, essendo questiin difficoltà nel suo ruolo genitoriale. Il genitore alcolista concentrato sul suo malessere esui suoi bisogni, non riesce a riconoscere i bisogni e lerichieste di un figlio (Noventa, Baldini, 2008). I figli possono pensare di accudire e proteggere ilgenitore che beve, e facendo di tutto per portarlo asmettere di bere. In questa situazione i legami familiari sono caratteriz-zati da un lato da forti contrasti e scarsi rapporti, dal-l’altro da un legame emotivo caratterizzato da unaffetto profondo che porta a grosse preoccupazioni esenso di responsabilità. Se il giovane vive la minacciadi separazione o di perdita, prova stati di ansia odepressione, che lo possono portare ad un distaccodisimpegnato o a un’indipendenza provocatoria chespesso suona falsa.

ConclusioniDalle testimonianze dei figli abbiamo sentito come iproblemi alcolcorrelati incidono sulle modalità rela-zionali e sulla comunicazione familiare, rendendo cri-tica e fragile la relazione genitore-figlio. Anche se rimane opportuno ricordare che un nessoeziopatogenetico tra vicende relazionali e comporta-mento sintomatico non va inteso in un’ottica deter-ministica, ma piuttosto come individuazione di fatto-ri di rischio. Svolgendo questo lavoro ci si accorge che un sistemafamiliare sano, non è la famiglia perfetta, che nonaffronta momenti di crisi e difficoltà, bensì quella che,di fronte alle situazioni problematiche, riesce flessibil-mente a riorganizzarsi e a modificare gli equilibri inmaniera evolutiva.

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Bibliografia

ALLAMANI A., MORETTINI A., 1987. Approccio familia-re e sistemico nella terapia dell’alcolismo. In Alcologia6 (1) 9-20, Allyn and Bacon Longwood Division.ANDREOLI V., BASILE A., 1986. Alcol e Famiglia. FrancoAngeli Milano.BOWLBY J.1989. Una base sicura. Raffaello CortinaMilano.FAVA VIZIELLO G.M., FIORIN A, PAVANI V., ZINGAREL-LO C., 1990. Molteplicità dei problemi nei figli di geni-tori alcolisti. In Sì - rivista di studi sociali del Veneto, 551-58.MAHLER M., PINE F., BERGMAN A., 1978. La nascitapsicologica del bambino-simbiosi e individuazione.Editore Bollati Boringhieri, Torino.NOVENTA A. BALDINI I., 2008. Figli di genitori alcolistiin trattamento. In Lucchini, Nava, Manzato “Buonepratiche e procedure terapeutiche nella gestione delpaziente alcolista”. Franco Angeli.

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

UN INTERVENTO INTEGRATO SULLA GENITORIALITÀ DEI SOGGETTIALCOL/TOSSICODIPENDENTIL’ESPERIENZA DEL SER.D DI LECCO

A. Castellani*, P. Chisu**, M Fumagalli**, B. Losa**, G. Stucchi**, L. Tavani*** *Ed. Prof.; **A.S.; ***Psicologo.,Dipartimento Dipendenze ASL LeccoResp. dr.ssa S. Marabelli

Il Dipartimento dell’ASL di Lecco, già da alcuni anni,sta ponendo particolare attenzione alla dimensionefamiliare che i pazienti sperimentano nella loro vita,attuale e passata. Tale attenzione si svolge lungo due direttrici principa-li, che possono rappresentare la situazione vissuta dalsoggetto:- la sua biografia, in cui particolare attenzione viene

posta alle relazioni significative per la persona e fraqueste le relazioni parentali, dalle prime di cura eaccudimento, alle successive

- la condizione di figlio inserito in un sistema familia-re entro cui si sviluppano le diverse azioni e carat-terizzato da un grado più o meno elevato di auto-nomia: economica, gestionale, ecc.

Se queste sono attenzioni che vengono poste trasver-salmente su tutta la casistica, una sorta di lente concui si guarda alla situazione che si incontra, partico-lare attenzione viene poi posta ai minori figli di sog-getti in carico al servizio. Tale attenzione prende spunto, non solo dal mandatoche a volte riceve il servizio di effettuare una osserva-zione ed un monitoraggio di alcune situazioni di sog-getti minorenni. ma anche dalla scelta di mantenereuna posizione di osservazione / valutazione / monito-raggio della realtà esperienziale e rappresentativa chei minori, figli dei nostri pazienti, vivono. Il nostro Poster vuole mettere a fuoco questa sotto-popolazione, volendo dare una rappresentazione del-l’incidenza di tale fenomeno, descrivere quali prassivengono adottate, informare sulle azioni di sistemache sono state definite all’interno di un protocollo fraservizi.Richiamiamo alcune riflessioni, quali suggestioni, cer-tamente conosciute dagli operatori dei nostri servizima che fanno da sfondo alla traduzione operativa delfare.I compiti degli operatori dei servizi per le dipendenzesono quelli di intervenire affinché non venga impedi-ta agli alcol/tossicodipendenti la possibilità di esseregenitori e questo prende il via dalla cura della lorodipendenza e dalla ricerca del loro benessere; la com-petenza genitoriale è sicuramente un costrutto multi-fattoriale in cui la dipendenza da una sostanza / com-portamento rappresenta un asse importante, ma noncerto unico.

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La dipendenza, come sindrome, produce effetti dicarattere comportamentale immediati (lo stato dialterazione), a lungo termine (quale modifica di unostato emozionale e di cambiamento di schemi menta-li) e cambiamenti nei pattern relazionali (in primisquelli di ambito familiare).L’assunzione di un nuovo ruolo, quale quello di “geni-tore”, prevede un impegno ad accompagnare la tra-sformazione di parti di sé, sia individuali, sia nel rap-porto / relazione con l’altro genitore.Quando i servizi incrociano l’esperienza del diventareo essere genitore nel paziente alcol-tossicodipenden-te, hanno la straordinaria occasione di potersi coin-volgere in un processo in cui gli schemi abituali e con-solidati del soggetto / alcol-tossicodipendente / geni-tore possono essere “criticati” e trasformati all’internodi una nuova struttura personologica. Ora, questo processo può avvenire sia attraverso nuovispazi di presa in carico (sanitaria, sociale, psicologica)con una modalità di tipo “riflessivo”, sia più simboli-camente attraverso la modellazione che il servizio puòoffrire: una modalità di tipo transazionale.Un’ultima riflessione richiama la dimensione allargatadei servizi dove, in una logica sistemica, l’interventodel singolo servizio prende significato e plusvalorenell’insieme di quanto viene fatto ad accompagna-mento e supporto. E’ per questo che si è posta particolare attenzione alconfronto e alla stesura di un protocollo fra servizi,tentando di definire alcune buone prassi.

DATI DI CONTESTO [si forniscono alcuni dati socio-demografici in cui va collocata l’azione del servizio]

Il territorio della provincia di Lecco è suddiviso in 3distretti (Lecco, Merate, Bellano). Mentre i distretti diLecco e Merate appaiono più omogenei e con unadensità abitativa più coesa, il distretto di Bellano ètipicamente montano e lacustre e caratterizzato dallapresenza di numerosi piccoli comuni e, di conseguen-za, con bassissima densità abitativa. La connotazione dei territori induce quindi ancheforme di intervento diverse. Il territorio provinciale ha una superficie di 816,67 kmquadrati ed è composto da 90 comuni di cui la mag-gior parte (57) ha tra i 1000 e i 5000 abitanti e solo 6superano i 10.000. La densità è di circa 411 abitanti per km quadrato(aggiornato al 31.10.2008). Gli abitanti, al 31.12.2010sono 340.198 (Lecco: 166.574, Merate: 119.770,Bellano: 53.845). Il Dipartimento delle dipendenze è composto dal Ser.T.di Lecco (comprensivo dell’unità di offerta di Bellano),dal Servizio Alcologia e dal Ser.T..di Merate.

TOSSICODIPENDENZA E GENITORIALITÀ

Si presentano di seguito gli ultimi dati rilevati su que-sto argomento da parte del Dipartimento Dipendenzedell’ASL di Lecco.

[Si tenga presente che, al fine di rendere il più unifor-me e puntuale la raccolta dati in servizi e presidi diver-si, è stata scelta una data precisa; in questo caso il 10gennaio 2011].

Dei 218 minori coinvolti: 122 (55,96%) vivono con ilgenitore in carico al servizio

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N. 16 - OTTOBRE 2011

IL PROTOCOLLO OPERATIVO “TOSSICODIPENDENZA E GENITORIALITA”

Nel 2005 è iniziato, da parte di un gruppo di operato-ri del Ser.T e del Servizio Famiglia, un lavoro di ricercasul tema “Tossicodipendenza e genitorialità”, che haportato nel 2006 all’elaborazione di un protocollooperativo ridefinito a seguito dei cambiamenti a livel-lo istituzionale. Tale protocollo è stato presentato e condiviso conl’Ente che si occupa attualmente della tutela deiminori.

Il protocollo operativo si articola secondo il seguen-te schema d’interventi:

Nella fase d’accoglienza viene effettuata una valuta-zione della situazione familiare, con particolare riferi-mento alla presenza di minori. Lo psicologo rileva e valuta la presenza di fattori pro-tettivi di rischio e di stress. In caso di gravidanza vieneattivato un counselling psico / sociale e sanitario.

Ipotesi A) Nel caso in cui venga valutata una preva-lenza dei fattori protettivi, viene svolta una azione diaiuto e sostegno al singolo genitore o alla coppiagenitoriale da parte del Dipartimento.

Ipotesi B) Nel caso in cui vi sia una forte copresenzadi fattori di rischio, di stress e di fattori protettivi, igenitori vengono sollecitati a rivolgersi al Consultorioper una più approfondita valutazione psicodiagnosti-ca delle competenze genitoriali, attraverso:1. rilevazione dei fattori di stress; 2. rilevazione dei fattori protettivi; 3. la restituzione da parte del Consultorio ai genitori

e al Ser.D. della valutazione e dell’eventuale pro-getto di intervento consultoriale di sostegno;

4. la CONCERTAZIONE di un progetto comune traSer.D. e Consultorio.

Viene, inoltre, presentata l’opportunità di un eventua-le accudimento psicodiagnostico del bambino.

Ipotesi C) Nel caso in cui venga osservata una situa-zione caratterizzata dall’assenza di fattori protettivi edalla presenza di significativi fattori di rischio, vienefatta una SEGNALAZIONE all’Autorità Giudiziaria. Tale procedura può essere adottata dopo un confron-to fra gli operatori di entrambi i Servizi anche nel casoin cui la coppia o il genitore rifiuti l’invio al Consul-torio.

SCENARI FUTURI

Il Dipartimento ha consolidato la modalità operativasopra descritta, pur mantenendo un monitoraggio edun eventuale revisione del protocollo, volto soprattut-to a potenziare il confronto e l’integrazione tra i variattori coinvolti; ha mantenuto vivo l’approfondimentosul tema della genitorialità, sia in termini di pensiero,sia attraverso il sostegno all’utenza afferente al servi-zio anche nelle situazioni in cui si avvia una segnala-zione al T. M.In questi casi sarebbe opportuno avere un riscontrotempestivo da parte dell’organo competente al fine dimantenere la continuità nella compliance terapeuticadel paziente. Si è rilevato un incremento da parte del T. M. e dei Ser-vizi delle richieste di valutazione e/o presa in carico disoggetti dipendenti, genitori di minori, ed in partico-lare stranieri, che comporta un approccio metodologi-co di diagnosi e trattamento specifico ancora daapprofondire. Auspicabile un’attenzione anche formativa (clinica,diagnostica, trattamentale) su questo specifico tema.

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

Gli interventi (dati in percentuale)

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PROGETTO”GENITORI:“IL TESORO NASCOSTO”

E. Gravino, A. Pagani, M. Antonioni, S. Cero, B. Bezzi, R. Pellegri M. Colangelo, M. Mirandola, A. RavasiniAUSL PARMA Distretto di Parma Dipartimento assistenziale integrato Salute MentaleDipendenze Patologiche - Ser.T Parma

L’apertura nel 2007 di “Mondo Teen” per i giovani dietà compresa tra i 15-24 anni con sede separata dalSer.T ha coinciso con una domanda da parte dei geni-tori di un sostegno nell’affrontare la problematicadella Tossicodipendenza. Dalla riflessione che ne èseguita da parte del Servizio è emersa la possibilità diproporre ai genitori con figli in carico e non al serviziouno spazio tra pari che andasse ad integrare gli inter-venti previsti all’interno dei programmi terapeuticiindividuali (terapia della famiglia, sostegno individua-le educativo ecc).L’esperienza è iniziata nel aprile 2008 con l’idea dellamutualità e dello scambio reciproco per poi aggiun-gere momenti di formazione e informazione.

Approccio metodologico integrato e diversificato usato

Approccio Pedagogico della responsabilità: la famiglia adempie ai compitidell’educazione e ne risponde

la pedagogia dell’identità: l’amore dei genitori fa svi-luppare una consapevolezza che permette alla perso-na di riconoscersi

la pedagogia della speranza: la speranza dei genitoriè l’anima del progetto di vita, del pensarmi adulto

la pedagogia della fiducia: la fiducia della famiglia fanascere e sostiene le potenzialità del figlio

la pedagogia della crescita: i genitori sono attori etestimoni del percorso di sviluppo del figlio.

Approccio Analisi Transazionalemodello per la lettura della comunicazione e delledinamiche interpersonali rimanendo nel “qui e ora”specifico di una attività di Counseling. Ci siamo soffermati sull’analisi della persona (in que-sto caso del genitore) che si muove all’interno del-l’ambiente in cui vive evidenziando i comportamentiche essa manifesta.

Approccio dell’auto Mutuo aiutoFocalizzare la discussione sul presente e non sul pas-

sato: il passato non è modificabile, il miglioramentodel presente può migliorare il nostro futuro. Si lavora sulla fiducia, la volontà e l’autocontrollo. Silavora sui sentimenti ed effetti concreti ed immediati.

OBIETTIVI

Permettere alle persone (genitori) intrappolate in con-dizionamenti (giochi-copioni) di riacquistare un con-trollo sul proprio comportamento e sulle proprie emo-zioni, mettendo in essere procedure utili al cambia-mento. Questa consapevolezza personale (di contatto e diesperienza dei loro vissuti) diventa così una risorsa percomprendere come questi loro vissuti possonoinfluenzare nel “qui ed ora” la relazione con i proprifigli.Rafforzare l’autonomia e le loro competenze genito-riali, educative utilizzando e riconoscendo le risorseche hanno già e producendone di nuove per sé e pergli altriCreare all’interno del gruppo un clima che permetta loscambio e la solidarietà oltre il problema della tossi-codipendenza dei loro figliCreare nelle persone uno stato di benessereSviluppare capacità di ascoltoRafforzare la capacità di sapere leggere e gestire ilconflitto nella relazioneSaper stare sul problema nel “qui ed ora”Acquisire maggiori capacità di comunicazione Riformulazione delle relazioni familiari attraverso glistrumenti dati

ARGOMENTI TRATTATI

Concetto di Problema/Bisogno/Risorsa. Lavoro sulle risorse dei figli: Concetti base della PNL. Principi e apprendimento della comunicazione.Concetto di: Pensiero - Emozione-Azione.Concetto dei “giochi. Spinte/Copione. Stati dell’Io.Testimonianze. Aspetti farmacologici della Tossicodipendenza e del-

l’alcolismo.

ATTIVITÀ SVOLTE CON IL GRUPPO:Interventi teorici di approfondimentoEsercitazioni in macro-micro gruppoConfronto attivo tra i partecipanti

CADENZA DEGLI INCONTRI: quindicinale. Il gruppo è chiuso a 12/15 persone per permettere laformazione

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

GLI ASSISTITI DEL SER.T 31 ASLNAPOLI 1 CENTRO CRESCONO: DA FIGLI A GENITORI

Curcio F.1 , Cuccurullo M.2, D’Ascoli G.3, Focaccio F.4, Longobardo A.4, Losasso C.1, Masucci S.5, Parente M.1, Petti M.2, Veneruso C.5,Villano G.5, De Rosa G.6 1 - Dirigente Medico - U.O. Ser.T. DS 31 ASL Napoli 1Centro; 2 - Dirigente Sociologo - U.O. Ser.T. DS 31 ASL Napoli1 Centro;3 - Assistente Sociale Collaboratore - U.O. Ser.T. DS 31ASL Napoli 1 Centro; 4 - Dirigente Psicologo - U.O. Ser.T. DS 31 ASL Napoli 1Centro; 5 - Coll. Prof. San.Infermiere - U.O. Ser.T. DS 31 ASLNapoli 1 Centro; 6 - Dirigente Medico Responsabile -U.O. Ser.T. DS 31 ASL Napoli 1 Centro

Premessa

Molte iniziative vengono continuamente attivate peril supporto alla genitorialità nel caso di dipendenza dasostanze. Di contro pochi sono i dati in letteratura relativi aduna maggiore conoscenza delle caratteristiche delgenitore tossicodipendente e delle modifiche che l’in-terazione con la propria discendenza apportano neicomportamenti d’abuso. In particolare sul versante delpotenziamento della salute o della espressione di ulte-riore patologia psichica e sociale.Scopo del presente lavoro è di conoscere meglio lecaratteristiche dei soggetti assistiti del Ser.T.31 dellaASL Napoli 1 Centro.

Metodo

Sono stati raccolti i dati relativi alla coorte di sogget-ti assistiti nel corso del 2010, tratti dalle cartelle clini-che ed ottenute con interviste cliniche. Inoltre, sono stati esaminati i risultati degli esami tos-sicologici urinari per la ricerca dei cataboliti delleprincipali sostanze d’abuso e delle analisi di laborato-rio eseguite per lo screening delle principali patologieinfettive.I dati sono stati esaminati mediante un databaseappositamente progettato. Le variabili in esame sono: condizione di tossicodipen-denza dell’assistito, storica ed attuale; stato civile;occupazione; tipo di trattamento presso il Servizio. Il campione è costituito da 522 soggetti, di cui 480maschi e 42 femmine. In molti casi solo un componente della coppia genito-riale è dipendente da sostanze psicoattive. Rilevante è la differenza tra la percentuale dei padritossicodipendenti rispetto alle madri.

Risultati

figura 1

Tra i 522 assistiti esaminati, l’82% (428) ha fatto usodi oppiacei, soprattutto in poliabuso; il 14% (73) dicocaina; il 3,6% (19) viene assistito per abuso alcoli-co; 1 soggetto è assistito per gioco d’azzardo ed unoper abuso di benzodiazepine. Il 38,7% dei soggetti (202/522) ha figli; tra gli utiliz-zatori di oppiacei è genitore il 35,5% (152/428); tra icocainomani il 53,4% (39/73) ha figli; tra gli alcolistiil 47,4% (9/19) è genitore (figura 1).

Da evidenziare che per i cocainomani e gli alcolisti lalinea di demarcazione non è netta: spesso gli utilizza-tori di cocaina utilizzano bevande alcoliche e menospesso anche gli alcolisti utilizzano cocaina.

Le caratteristiche degli utilizzatori di oppiacei (428): 392 sono maschi e 36 femmine; età 41,7+/- 7,0 anni;mediana 42 anni.I titoli di studio conseguiti dai maschi (301 interviste):8 (2,7%) non hanno la licenza elementare; 115(38,2%) hanno conseguito la licenza elementare; 130(43,2%) hanno ottenuto la licenza media; 46 (15,3%)hanno conseguito un diploma superiore ed 1 (0,3%) èlaureato. Tra le femmine (26 interviste): 1 (3,8%) è analfabeta;5 (19,2%) hanno la licenza elementare; 7 (26,9%)hanno la licenza media inferiore; 9 (34,6%) il diplomasuperiore e 4 (15,4%) sono laureate.Lo stato civile dei soggetti (359 intervistati - 330maschi e 29 femmine): tra i maschi il 39,4% (130) èconiugato/convivente; il 9,7% (32) è separato/divor-ziato ed il 50,9% (168) è celibe. Tra le femmine il48,3% è coniugato/convivente ed il 51,7% è nubile.La situazione lavorativa presenta il 40,8% (172/422)di disoccupati.Tra i 428 assistiti 17 utilizzano solo oppiacei e 411sono poliabusatori; l’11,9% ha avuto una diagnosi dipsicopatologia lifetime. Il 13,5% (46/340) è in terapia farmacologica conbuprenorfina/naloxone e l’86,5% in terapia con meta-done HCl. Il 30% dei tossicologici effettuati (108/360) si presen-ta negativo negli ultimi 6 mesi.L’uso endovena è sceso dal 81,2% al 30,4%.Lo screening infettivologico ci dice che il 3,2% sonoportatori di HBsAg, il 68,2% presenta anticorpi perl’HCV ed il 6% è positivo per gli anticorpi verso l’HIV.Il 70,6% (175/248) presenta tatuaggi ed il 47,2%

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(208/248) ha avuto più di 20 partner nella vita.

Le caratteristiche degli utilizzatori di oppiacei configli (153) sono: 145 maschi ed 8 femmine; età 42,4 +/- 6,6 anni;mediana 43 anni. I titoli di studio conseguiti dai maschi (106 interviste):3 (2,8%) non hanno la licenza elementare; 38 (35,8%)hanno conseguito la licenza elementare; 54 (50,9%)hanno ottenuto la licenza media; 11 (10,4%) hannoconseguito un diploma superiore e non ci sono lau-reati. Tra le femmine (8 interviste): 2 (25,0%) hanno lalicenza elementare; 2 (25,0%) hanno la licenza mediainferiore; 3 (37,5%) hanno il diploma superiore ed 1(12,5%) è laureata.Lo stato civile dei soggetti (103 intervistati - 95maschi e 8 femmine): tra i maschi il 56,3% (58) èconiugato/convivente; il 12,6% (13) è separato/divor-ziato ed il 22,6% (24) è celibe.Tra le femmine il 75,0% è coniugato/convivente ed il25,0% è nubile. La situazione lavorativa presenta il 29,6% (45/152) didisoccupati. Tra i 153 assistiti 10 utilizzano solo oppiacei e 143sono poliabusatori; il 13,6% ha avuto una diagnosi dipsicopatologia lifetime. Il 14,7% (17/116) è in terapia farmacologica conbuprenorfina/naloxone e l’86,3% in terapia con meta-done HCl. Il 31,2% dei tossicologici effettuati (40/128) è negati-vo negli ultimi 6 mesi.L’uso endovena è sceso dal 83,2% al 24,7%.Lo screening infettivologico ci dice che il 4,9% è por-tatore di HBsAg, il 64,6% presenta anticorpi per l’HCVe lo 0,7% è positivo per gli anticorpi verso l’HIV.

Le caratteristiche degli utilizzatori di cocaina (73): 71 sono maschi e 2 femmine; età 36,8 +/- 7,5 anni;mediana 37 anni.I titoli di studio conseguiti dai maschi (66 interviste):3 (4,5%) non hanno la licenza elementare; 20 (30,3%)hanno conseguito la licenza elementare; 38 (57,6%)hanno ottenuto la licenza media; 5 (7,6%) hanno con-seguito un diploma superiore ed 1 (1,5%) è laureato.Le femmine (2 interviste): hanno la licenza mediainferiore.Lo stato civile dei soggetti (70 intervistati - 69 maschie 1 femmina): tra i maschi il 62,3% (43) è coniuga-to/convivente; il 5,8% (4) è separato/divorziato ed il2,9% (2) è celibe.La femmina è nubile.La situazione lavorativa presenta il 42,3% (30/71) didisoccupati.Tra i 73 assistiti 23 utilizzano solo oppiacei e 50 sonopoliabusatori; il 15,1% ha avuto una diagnosi di psi-copatologia lifetime. Il 50,7% (37/73) ha utilizzato il supporto psicologico.Il 28,3% dei tossicologici effettuati (13/46) si presen-ta negativo negli ultimi 6 mesi. Non viene riportatouso endovenoso.Lo screening infettivologico ci dice che il 3,3% sonoportatori di HBsAg, il 4,9% presenta anticorpi perl’HCV e nessun positivo per gli anticorpi verso l’HIV.

Le caratteristiche degli utilizzatori di cocaina configli (38): sono tutti maschi; età 39,8 +/-7,0 anni; mediana 40anni.I titoli di studio conseguiti dai maschi (35 interviste):12 (34,3%) hanno conseguito la licenza elementare e23 (65,7%) hanno ottenuto la licenza media. Lo stato civile dei soggetti (37 intervistati): l’ 89,5%(34) è coniugato/convivente; 1 è separato/ divorziatoed il 5,3% (2) è celibe. La situazione lavorativa presenta il 31,6% (12/38) didisoccupati.Tra i 38 assistiti 12 utilizzano solo cocaina e 26 sonopoliabusatori; il 18,4% ha avuto una diagnosi di psi-copatologia lifetime. Il 55,3% (21/38) ha utilizzato il supporto psicologico. Il 47,4% dei tossicologici effettuati (18/38) si presen-ta negativo negli ultimi 6 mesi. Non viene riportato uso endovenoso. Lo screening infettivologico ci dice che il 3,4% sonoportatori di HBsAg, il 3,4% presenta anticorpi perl’HCV e nessun positivo per gli anticorpi verso l’HIV.

Le caratteristiche degli utilizzatori di alcool (19): 15 sono maschi e 4 femmine; età 50,5 +/- 10 anni;mediana 50.I titoli di studio conseguiti dai maschi (13 interviste):2 (15,4%) non hanno la licenza elementare; 2 (15,4%)hanno conseguito la licenza elementare; 6 (46,1%)hanno ottenuto la licenza media; 2 (15,4%) hannoconseguito un diploma superiore ed 1 (7,7%) è lau-reato. Le femmine (4 interviste): 2 hanno la licenza mediainferiore e 2 sono laureate.Lo stato civile dei soggetti (17 intervistati - 15 maschie 2 femmine): tra i maschi il 29,4% (5) èconiugato/convivente; il 23,5% (4) è separato/divor-ziato ed il 35,3% (6) è celibe. Una femmina è separata/divorziata ed una è vedova. La situazione lavorativa presenta il 63,2% (12/19) didisoccupati. Tra i 19 assistiti 15 utilizzano solo oppiacei e 4 sonopoliabusatori; il 10,5% ha avuto una diagnosi di psi-copatologia lifetime. Il 26,3% (5/19) ha utilizzato GHB. Lo screening infettivologico ci dice che il 13,3% sonoportatori di HBsAg, nessuno presenta anticorpi perl’HCV o per HIV.

Le caratteristiche degli utilizzatori di alcool (8) configli: 7 sono maschi e 1 femmina; età 54,0 +/- 10,3 anni;mediana 53,5 anni.I titoli di studio conseguiti dai maschi (5 interviste): 3hanno ottenuto la licenza media; 1 ha conseguito undiploma superiore ed 1 è laureato. La femmina è laureata.Lo stato civile dei soggetti (5 intervistati - 4 maschi e1 femmina): tra i maschi 1 è coniugato/convivente; 2sono separati/divorziati ed 1 è celibe. La femmina è separata/divorziata.La situazione lavorativa presenta il 50% (4/8) di disoc-cupati.

UN MODELLO DI RICERCA E INTERVENTO SUI MINORI IN COMUNITÀ PER MADRI TOSSICODIPENDENTI E FIGLI:DALLA GENITORIALITÀ A RISCHIO AL BENESSERE DEL BAMBINO

Capra N.*, Simonelli A.**, De Palo F.**, Fani B.**, Rao M.*** Comunità terapeutiche “Casa Aurora” e “VillaEmma” - Soc. Coop. “Villa Renata”, Venezia * * Università degli studi di Padova - Dipartimento diPsicologia dello Sviluppo e della Socializzazione

Fino a pochi anni fa, le Comunità italiane per madritossicodipendenti con figli hanno fornito i trattamen-ti necessari alla disintossicazione della donna e allasua successiva re-introduzione nella società; per ilbambino in Comunità con la madre, invece, non eranoprevisti finanziamenti mirati al trattamento speciali-stico individualizzato, che, se necessario, veniva svol-to dai servizi sanitari e/o sociali esterni alla Comunità. Durante il biennio 2006-2007, nella regione Veneto siè assistito ad una radicale e necessaria riorganizza-zione dei servizi residenziali per madri tossicodipen-denti con figli (unità di offerta di tipo C1). Successivamente, sono stati definiti i requisiti e i rela-tivi standard per autorizzare all’esercizio, accreditarea livello istituzionale le strutture socio sanitarie esociali e al fine di garantire i livelli essenziali di assi-stenza. In particolare, per l’unità d’offerta C1, è stato previstoche il trattamento deve prevedere, allo stesso tempo,una serie di interventi medico-farmacologici, psicolo-gici e socio-educativi che coinvolgano non solo lamadre, ma anche il minore. In questa direzione, dal 2010, sono state riconosciutele seguenti prestazioni socio-sanitarie dirette ai bam-bini accolti presso le comunità terapeutiche dellacategoria C1, svolte da professionisti e tecnici: inter-venti individualizzati, psicomotricità di gruppo, osser-vazione e valutazione delle relazioni padre-figlio emadre-figlio, osservazione e valutazione neuropsi-chiatrica, supervisioni sulla relazione madre-bambinoe psicoterapia relazionale. Ad oggi quindi, oltre alle madri, anche i bambini sonoufficialmente utenti della Comunità, ai quali sonodestinati specifici interventi di cura socio-psico-fisica.È a partire da queste considerazioni che si è sentital’esigenza di sviluppare un progetto che prendesse inconsiderazione i bambini residenti in comunità e laqualità del loro sviluppo affettivo e relazionale. Dalla collaborazione tra il Dipartimento dello Sviluppoe della Socializzazione dell’Università degli Studi diPadova e le Comunità terapeutiche madre-bambino“Casa Aurora” e “Villa Emma”, gestite dalla coopera-

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

8Tra gli 8 assistiti 5 utilizzano solo alcool; il 12,5% haavuto una diagnosi di psicopatologia lifetime. Il 25,0% (2/8) ha utilizzato GHB. Lo screening infettivologico ci dice che il 14% è por-tatore di HBsAg, nessuno presenta anticorpi per l’HCVo per HIV.

Conclusioni

La prima sensibile differenza riguarda l’inversione delrapporto tra consumatori non genitori e genitori assi-stiti tra i consumatori di oppiacei e gli altri. Solo 1/3 dei consumatori di oppiacei sono genitori,laddove circa la metà degli altri assistiti hanno figli. Anche l’età appare sensibilmente differente: si passadai 41 anni in media degli eroinomani ai 36 dei cocai-nomani, ai 50 degli alcolisti. Naturalmente i genitori sono sempre qualche annopiù anziani.Relativamente allo stato civile, 17 punti percentuali inpiù differenziano i coniugati/conviventi con figli daquelli senza, a prescindere dal tipo di sostanza abusa-ta, con una significatività statistica.Per ciò che attiene il dato relativo all’attività occupa-zionale del campione, elevato è il tasso di disoccupa-zione complessivo; i genitori sono significativamentepiù occupati. Le condizioni di salute dei genitori: sono state presi inconsiderazione HIV, Epatite B e C. Anche in tal caso le differenze riflettono abitudini piùspregiudicate degli eroinomani.

Riferimenti bibliografici

1)Neuropsychopharmacology: The Fifth Generation ofProgress. Edited by Kenneth L. Davis, D.Charney, J.T.Coyle, and C.Nemeroff. American College ofNeuropsychopharmacology 2002.

2) Epidemiologic Reviews 2004;26:36-52 - “The SocialEpidemiology of Substance Use” - S.Galea, A.Nandi,and D.Vlahov.

tiva “Villa Renata” di Venezia e nato il progetto “Unmodello di ricerca e intervento sui minori in comunitàper madri tossicodipendenti e figli: dalla genitorialitàa rischio al benessere del bambino” che prevede unavalutazione multi-metodo lungo un approccio longi-tudinale, diretto a programmare e monitorare gliinterventi educativi eseguiti dai genitori e lo sviluppodei bambini che risiedono nelle comunità terapeuti-che.Il focus dell’assessment è organizzato su tre aree,ognuna delle quali riguarda differenti livelli: (a) la valutazione delle condizioni psichiche dellamadre, in termini di personalità e di caratteristicheindividuali, rilevate attraverso la somministrazione diinterviste e questionari come la Adult AttachmentInterview (AAI; George, Kaplan, & Main, 1985) e laStructured Clinical Interview for DSM-IV - Asse II(SCID-II; First, Gibbon, Spitzer, Williams, & Benjamin,1997) e test dinamici di tipo proiettivo come ilReattivo di Rorschach (1921); (b) la valutazione della competenza genitoriale dellamadre e, se presente, quella del padre, osservando leinterazioni adulto-bambino sia in ambienti di routinequotidiana, sia in setting strutturati attraversol’Attachment Q-Sort (AQS; Waters, & Deane, 1985) ilLausanne Trilogue Play (LTP; Fivaz-Depeursinge, &Corboz-Warnery, 1999) e le Emotional AvailabilityScales (EAS; Biringen, Robison, & Emde, 1998); (c) la valutazione dello sviluppo adattivo del bambino,osservato per mezzo di strumenti specifici per ognifase di sviluppo come le Vineland Adaptive BehaviorScales (VABS; Sparrow, Balla, & Cicchetti, 1984), laChild Behavior CheckList/il Caregiver-Teacher ReportFrom (CBCL/C-TRF; Achenbach, 1991, 1992) el’Attachment Story Completion Task (ASCT;Bretherton, Ridgeway, & Cassidy, 1990). Il presente modello di ricerca e intervento nasce spe-cificamente con l’obiettivo di osservare il livello di svi-luppo del bambino, nonché i fattori protettivi e/o dirischio insiti nella sua crescita, e di pianificare inter-venti adeguati ai bisogni di ogni specifico utenteminore e di ogni specifica relazione madre-bambino. Esso, dunque, concentra l’attenzione sul benessere deiminori, figli di madri tossicodipendenti. Il motivo di questa scelta riguarda l’inevitabile neces-sità di guardare alla realtà della situazione di questibambini: hanno una madre tossicodipendente con unafunzione genitoriale a rischio, alla quale vengonoaffiancati educatori, quali caregiver alternativi piùadeguati. Se si considera l’aspetto “adolescenziale” delle donnetossicodipendenti, questo può essere fattore di graverischio della genitorialità di queste pazienti: spessonelle madri è presente una sorta di invidia per la presain carico del figlio che si sviluppa in una situazione diconflitto tra la madre stessa e il bambino. Inoltre, solitamente questa tipologia di pazienti hagravi difficoltà nel riconoscere i limiti tra sé e il figlio,anche corporei: spesso, soprattutto se si tratta di unafiglia femmina, la madre fa fatica a distinguere séstessa dalla bambina, confondendo i propri pensieri,azioni e sentimenti con quelli della figlia; quando sitratta di un maschio, la difficoltà riguarda la capacità

della madre di distinguere il bambino dal propriopadre e/o dal proprio partner. Pertanto, la scelta di unprogetto rivolto alla salute del minore focalizza tuttele attenzioni sulla ricerca di quali siano le azioni piùadeguate alla finalità preposta: il benessere del bam-bino figlio di una genitorialità a rischio. A questo scopo, la somministrazione parallela deglistrumenti di valutazione alla madre e all’educatoreconsente di indagare anche quale sia l’immagine chequest’ultimo - e più ampiamente la Comunità - ha delBambino: monitorare adeguatamente la visione che laComunità ha del bambino permette di crearne unapercezione univoca, che spesso viene persa a causadelle numerose contingenze dell’ambiente comunita-rio. L’attenzione che gli educatori rivolgono costantemen-te al bambino viene condivisa con la madre, con laquale, a loro volta, viene costruita un’immaginecomune e unica del minore. Di fatto gli educatori e l’equipe curante stessa dellecomunità per madri tossicodipendenti e figli svolgonouna funzione di base sicura che né la madre, né ilminore hanno trovato altrove e rappresentano unmodello relazionale alternativo e vicariante sia per ladonna, sia per suo figlio.

SINGLE CASE

Di seguito verranno illustrati i risultati della valutazio-ne di un single case, estrapolato dal campione dei sog-getti - e delle diadi - residenti nelle comunità in cui èattivo in progetto dal 2010. La diade osservata è costituita da un bambino di 25mesi di età, in comunità dalla nascita, e dalla madre di41 anni, tossicodipendente dall’età di 23 anni. È presente anche il padre, il quale ha partecipatoall’interazione triadica osservata per mezzo dell’LTP. Sono stati somministrati tutti gli strumenti di valuta-zione previsti dal progetto sopra descritto, ad esclu-sione delle Emotional Availability Scales edell’Attachment Story Completion Task, a causa del-l’età prematura del bambino.I risultati mostrano una situazione di grave disagiopsico-affettivo della diade. Nello specifico, i risultatidell’AAI delineano uno stile di attaccamento dellamadre insicuro coinvolto, e disturbo di personalitàBorderline, caratterizzato da fragilità dell’Io nellagestione degli affetti, episodi dissociativi e processimetacognitivi compromessi, che possono tradursi nel-l’incapacità di comprendere e contenere i bisogni delfiglio e in una funzione genitoriale disfunzionale. Per quanto riguarda il bambino i risultati delle scaleVineland, evidenziano un livello di sviluppo complessi-vo inferiore alla sua età anagrafica. Nell’area della comunicazione, il minore riporta unagrave difficoltà nell’espressione verbale mentre nell’a-rea della socializzazione, si individua un certo grado dicompromissione delle attitudini della sfera relazionale. Tali caratteristiche non sembrano modificarsi neltempo (valutazioni ripetute a distanza di 2 mesi), evi-denziando dunque un accumulo delle difficoltà delbambino.

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9La difficoltà nell’ambito delle relazioni sembra essereconfermata anche dai risultati ottenuti con l’AQS, dacui emerge una prevalenza nell’utilizzo di comporta-menti insicuri, caratterizzati soprattutto da evitamen-to, autonomia e una particolare centratura sull’esplo-razione dell’ambiente e dei giochi, piuttosto che sul-l’interazione con gli adulti, compresa la madre. Inoltre, è presente un quadro sintomatologico multisfaccettato, caratterizzato da problematiche nellamanifestazione delle emozioni e a livello attentivo, incui sembrano manifestarsi anche dinamiche di isola-mento e la tendenza all’utilizzo di comportamentiaggressivi. Il bambino, dunque, sembra manifestare delle sinto-matologie specifiche, che fanno presupporre unacerta vulnerabilità particolarmente negli aspetti emo-tivi e prestazionali legati allo sviluppo. Infine, l’osservazione delle interazioni triadichemadre-padre-bambino mette in luce le risorse delpadre all’interno della triade: egli mette in atto sti-molazioni adeguate con cui sostiene l’attenzione delfiglio, il quale si mostra disponibile ad interagire conl’adulto. Il padre, dunque, sembra costituire un’importanterisorsa per il contesto familiare, fungendo da suppor-to nelle attività condivise e da promotore per intera-zioni familiari maggiormente funzionali.

I GENITORI IN GRUPPO: QUALE RISORSA TERAPEUTICA?

Anna Desantis*, Rosella Pacifico** Struttura: Unità Operativa Complessa Dipendenze ePatologie d’Abuso - ASL Rieti *Assistente Sociale, **Psicologo dirigente

Nella U.O.C. Dipendenze e Patologie d’Abuso della ASLdi Rieti da circa 10 anni si è costituito un gruppo-As-sociazione di genitori di ragazzi tossicodipendentinato da una riflessione del Servizio sui vissuti familia-ri rispetto alla presenza di un figlio tossicodipendente.

Il gruppo si costituisceSapevamo che puntare alla creazione di un gruppo diauto aiuto di genitori e familiari di tossicodipendentiera cosa non semplice. Le difficoltà erano insite nellecaratteristiche della patologia e nella resistenza, daparte dei TD e delle loro famiglie a riconoscere , nellatossicodipendenza un problema e soprattutto un pro-blema familiare, oltre naturalmente alla necessità daparte dei familiari di nascondere il problema vissutocome vergogna.Le difficoltà di vita del TD nonpossono che ripercuotersinella vita familiare creandoprofondi squilibri; questo eramolto evidente già allora nelnostro territorio poiché ilfenomeno della TD sembravaaffondare le proprie radicinon in un isolamento edegrado sociale, se non inpochi casi ed in un periodo acavallo degli anni ottanta, macontinuavano e continuanoancora oggi a vivere in unasorta di dipendenza/vincolocon la famiglia di origine econ i suoi valori. Di fronte ad una td vissutadentro le mura domestiche, ci sembrava evidente giàda allora che la famiglia, che si trova coinvolta nellatd del figlio, che si isola per vergogna e per i sensi dicolpa, doveva essa stessa diventare parte del tratta-mento e della cura. D’altra parte quelle famiglie che in quegli anni veni-vano chiamate dagli operatori e che avevano il corag-gio di venire, tutte, nello stesso modo, riportavano lestesse paure, gli stessi dubbi, la rabbia, i sensi di colpa,lo smarrimento, l’impotenza e terminavano il collo-quio con la stessa frase “ E’ inutile, queste cose puòcapirle solo chi le vive direttamente, chi è dentro ilproblema” rimandando all’operatore non tanto unasqualifica professionale, quanto una incapacitàumana a comprendere la sofferenza. Ed effettivamen-te , al di là della professionalità e della formazionedegli operatori, il loro “sapere” è cosa diversa dallo

Come l’acqua i vissuti emotivi

irrompono e cercanocontenimento

“starci dentro”. Fatte queste riflessioni è stato giocoforza capire che l’unica cosa da fare era offrire l’op-portunità di incontrarsi fra loro e con noi; è nato cosìil primo gruppo di auto aiuto per genitori di figli tos-sicodipendenti.

Il lago è il cerchio che contiene come i genitori in cerchio nel gruppo contengono le loro ansie

e le loro angoscie

Il gruppo sopravviveAll’inizio è stata molto dura; dopo il primo anno, alcu-ne volte al gruppo venivano due genitori, altre solouno; i genitori non volevano varcare quella soglia, quelcancello perché significava riconoscere di avere unproblema, di cui si sentivano in parte colpevoli.Insieme noi due operatori riflettemmo : o bisognavarinunciare all’esperienza o dovevamo insistere nellasperanza di creare una effettiva risorsa per il Servizio;poco alla volta le sedie messe in cerchio si sono riem-pite e ad oggi i genitori che in totale hanno frequen-tato e giovato del gruppo sono stati circa 60.

Il gruppo cresce Ci siamo chieste perché un gruppo di auto aiuto fun-ziona più dei colloqui con ogni singolo familiare: lerisposte vengono dal gruppo. Il gruppo nasce intorno ad un problema comune; tuttii componenti del gruppo sono dei pari, condividonoobiettivi comuni per cui il problema diventa l’obietti-vo da raggiungere, l’esperienza condivisa con gli altriè un vantaggio per gli altri perché crea cooperazionee mutualità, nessuno riveste un ruolo di potere, nonc’è leadership per cui la comunicazione è orizzontale,c’è scambio reciproco di informazioni, di racconti, diemozioni, c’è un forte coinvolgimento emotivo e per-sonale, c’è orientamento all’azione nel senso che si“impara facendo” e si “cambia facendo”.Lo scopo del gruppo è quello di raccontare e condivi-dere l’esperienza e i vissuti con gli altri, permette diampliare il proprio orizzonte, di vedere l’esperienza piùchiaramente, di aggiungere punti di vista da parte dichi quella esperienza l’ha già vissuta o la sta vivendocon altre emozioni; di sperimentare una nuova moda-lità di risposta ai problemi, dei nuovi comportamenti enuovi modi di sentire e di trasmette le proprie emo-zioni e i propri vissuti. Questo permette ad ogni membro del gruppo di rico-noscere il problema, di vedere nuove strategie di riso-luzione del problema,di eliminare il pregiudizio, lostigma perché il gruppo insieme costituisce una forza ed un sostegno.

Il gruppo accoglie, condivide, si emoziona Nel momento in cui il genitore comprende, con l’aiu-to del gruppo, la propria situazione, è il gruppo stessoche restituisce a ciascuno, attraverso suggerimenti,esperienze, vissuti,emozioni, la capacità e l’abilità nel-l’affrontare in maniera competente il problema, per-ché il gruppo è capace di contenere la sofferenza diciascuno, permette di condividere il dolore che fino adallora aveva diviso, separato ed isolato la famiglia dal-l’esterno. Il gruppo quindi sostiene ogni suo membro,lo accompagna, lo comprende, si emoziona, soffre, siidentifica, condivide, ma anche stimola, aiuta nell’a-zione, restituisce competenze e responsabilità; il grup-po è uno spazio personale da dedicare a se stessi e allapropria salutesociale. In gruppo sitrova la forza,che da soli nonsi ha: lo stare ingruppo smuovegli aspetti posi-tivi di ciascuno,permette dievidenziare lepotenzialità diciascuno, didare fiducia esperanza.

Il gruppo valorizza le competenze Il gruppo dunque è un luogo privilegiato dove ladomanda di aiuto non viene chiesta all’esterno, alleistituzioni, non si delega a nessuno, non si rimane pas-sivi, ma il problema viene gestito all’interno, in manie-ra autonoma, partendo da se stessi, riscoprendo leproprie risorse. Si attiva così un cambiamento cheparte da se stessi, con la partecipazione emotiva e l’e-sperienza degli altri del gruppo. Ciascuno è dunque artefice in prima persona del pro-prio cambiamento, ciascuno riprende in mano la pro-pria vita, la propria storia personale e familiare, la pro-pria genitorialità , riappropriandosi del proprio poterepersonale attraverso un percorso con il gruppo cheaiuta sostiene e suggerisce.Il gruppo non è più allora una somma di persone , maacquista una anima propria, una propria identità; ilgruppo ha una sua forza, si diventa una cosa sola, purrimanendo una persona autonoma all’interno delgruppo stesso.

Il gruppo permette il cambiamentoUna importante considerazione che ha accompagnatola vita del gruppo e che mano mano è diventata piùchiara e definita è che il gruppo serve sì ad alleviareansie ed angosce ma dà la possibilità ai familiari diintraprendere un percorso di cambiamento che a volteanticipa o segue quello del proprio figlio e che comun-que arriva a definirsi come parallelo determinando lecondizioni per cui viene a modificarsi l’intero ambitodelle relazioni familiari: padri deleganti si riappropria-no del loro ruolo genitoriale, coppie genitoriali che

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Nel gruppo si trova nuova forza e vitalità

non riuscivano più a dialogare trovano nuove e diver-se modalità di contatto e stabiliscono nuove vicinan-ze; madri tendenti a gestire pervasivamente la quoti-dianità degli altri membri della famiglia fanno passiindietro e scoprono i limiti del loro ruolo riapproprian-dosi della possibilità di prendersi cura di sé stesse. Ilgruppo si fa carico anche dell’accompagnare e soste-nere la intersezione e la contaminazione dei vari per-corsi di cambiamento (quello della persona tossicodi-pendente e quello dei familiari): aiuta a capire lo sba-lordimento rispetto a modi nuovi di reagire, dà la pos-sibilità di espressione di emozioni per troppo temposopite o addirittura rimosse, consente ed accompagna,attraverso il contributo di tutti i membri del gruppo,una elaborazione cognitiva dei vissuti che altrimentinon sarebbe stata possibile.

Il gruppo comunica con l’esternoQuesto è l’esperienza vissuta dal nostro gruppo neglianni, un gruppo che è stato difficile da attivare mache oggi è diventato forte ed accogliente rispetto ainuovi genitori. Si percepisce la forza del gruppo datanti piccoli avvenimenti: le telefonate al di fuori delgruppo, gli incontri , le condivisione di accadimentidolorosi e gioiosi: quando questo accade significa cheil gruppo è diventato qualcosa di più di uno spazio disofferenza e di dolore; si apre un tempo nuovo cheguarda fuori, il gruppo non è più auto centrato, si viveanche aria di speranza e di certezza. Ed un giorno, improvvisamente una madre ha detto“abbiamo qualcosa da dire anche fuori di qui, forse lanostra esperienza e la nostra consapevolezza puòessere condivisa con altri, può aiutare altri genitoriche come noi non ce la fanno a varcare il cancello cheporta al servizio pubblico”.Gelo assoluto, perplessità, timore, paura impotenza,ciascuno ha espresso il suo parere e le sue perplessità.Poi qualcuno ha detto: “è pronto ciascuno di noi, fuoridi qui, a dire che noi siamo genitori di ragazzi tossico-dipendenti?” gli altri hanno risposto: “da soli no, insie-me si può”.Ed è nata l’associazio-ne “Insieme si può”.L’associazione oggicollabora attivamentecon l’U.O.C.Dipendenze della ASL,sta aprendo uno spor-tello di ascolto all’in-terno dell’Informagio-vani del Comune diRieti con la finalità di

accogliere in modo anonimo i genitori ed i ragazzi chenon sono pronti a varcare la soglia del Ser.T e adaccompagnarceli quando abbiano acquisito la consa-pevolezza del problema; nel settore della prevenzionesono attivi nellescuole con incon-tri mirati, insie-me agli operatoridei CIC (gli stessidell’U.O.C.-Di-pendenze).

I luoghi del gruppo: Riserva Laghi Lungo e Ripasottile eCascata delle Marmore

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Nel gruppo diverse

percezioni favoriscono

nuove potenzialità

Dal gruppo si può guardare all’esterno

Il gruppo favorisce nuove relazioni

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ESITI DELLE SEGNALAZIONI AL TRIBUNALE PER I MINORENNIEFFETTUATE DALLA SEDE SER.T DI SARONNO DEL DIPARTIMENTODELLE DIPENDENZE ASL DI VARESENEGLI ANNI DAL 1996 AL 2011

Maria Raffaella Guzzetti*, Sara Renoldi*, SaraFrigerio*, Francesca Perlangeli*, Maria EleonoraCamporese*, Antonella Morandi*, Chiara Bonizzoni*,Manuela Cairati*, Maria Maddalena Zanzola*, Fabio Reina*, Vincenzo Marino*** Operatori Equipe Sede Ser.T di Saronno - U.O.Territoriale Dipendenze Varese Sud del Dipartimentodelle Dipendenze ASL di Varese** Direttore del Dipartimento delle Dipendenze ASL diVarese

Presso la Sede Ser.T di Saronno del Dipartimento delleDipendenze ASL di Varese , dall’anno 1996 ad oggisono stati seguite 33 madri con problematiche didipendenza da sostanze psicotrope, per un totale di 36gravidanze.Le madri di due di questi bambini non erano cono-sciute al SerT o erano state seguite in passato senzaavere in corso un piano terapeutico al momento delparto. Ci sono state segnalate dai Reparti di Ginecologiadell’Ospedale di Saronno e di Desio perché i neonatiavevano manifestato una Sindrome di AstinenzaNeonatale.Ventiquattro dei 36 neonati sono stati segnalati alTribunale per i minorenni dal nostro Servizio con fina-lità preventive.

In questo studio vogliamo valutare gli esiti dellesegnalazioni effettuate.

Materiali e metodi

I ventiquattro neonati segnalati sono figli di ventunmadri tossicodipendenti. La sostanza d’abuso principale di 20 madri tossicodi-pendenti era l’eroina, una sola donna era abusatrice

esclusivamente di cocaina.Per il tentativo di disassuefazione all’eroina si è utiliz-zata la terapia sostitutiva con metadone, mantenendoun dosaggio costante nei primi mesi al fine di ottene-re una sospensione delle sostanze stupefacenti e poiscalando il dosaggio di metadone di 1 mg ogni 2-3giorni per arrivare al momento del parto ad un dosag-gio inferiore a 20 mg. Come è noto un dosaggio inferiore a 20 mg in gravi-danza rende meno probabile o con una sintomatolo-gia più lieve l’incidenza e la durata della Sindromed’Astinenza Neonatale.Le madri tossicodipendenti sono state indirizzateall’Ambulatorio per gravide tossicodipendenti dellaMangiagalli di Milano o al Reparto di Ginecologiadell’Ospedale di Saronno. Due madri sono state seguite dal Clinica ostetricadell’H Sacco di Milano perché già seguite presso talestruttura per problemi infettivo logici. Una donna ci èstata invece segnalata al momento del parto dall’H diDesio.Sedici madri erano affette da epatopatia HCV correla-ta, quattro da infezione cronica da HIV, cinque nonavevano contratto nessun tipo di infezione.L’intenzione di effettuare la segnalazione al Tribunaleper i minorenni e la finalità della segnalazione venivacomunicata alle madri direttamente dagli operatoridel SerT che avevano in carico la paziente durante lagravidanza.Per tutte le madri seguite si è stilato un progetto tera-peutico con altre strutture o servizi, di supporto allamadre e al nascituro che già veniva esplicitato nellasegnalazione.

Risultati

Ventidue neonati non hanno avuto SAN o hannoavuto una SAN di lieve entità. Due neonati hannomanifestato una SAN conclamata, ma come detto inprecedenza erano donne che non erano seguite danessun SerT in gravidanza.Nessuno dei 4 neonati figlio di madri portatrici del-l’infezione da HIV ha contratto il virus .Per quanto riguarda l’infezione da HCV un bambinol’ha contratta qualche anno dopo, presumibilmentebucandosi con una siringa della madre che nel frat-tempo era ricaduta nell’uso di stupefacenti.Otto madri sono state inserite con il partner e il bam-bino in Comunità per coppie tossicodipendenti.Cinque madri sono state inserite in Comunitàmamma-bimbo per madri tossicodipendenti.Per quattro madri è stato pensato un progetto di sup-porto per madre e nascituro territoriale, si trattava didonne astinenti dall’uso di stupefacenti al momentodel concepimento del nascituro o che hanno imme-diatamente interrotto l’uso di sostanze appena sapu-to di essere gravide, con una buona rete di sostegnofamiliare.

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Ad altre quattro donne è stato proposto l’inserimentoin una comunità mamma-bimbo , ma hanno rifiutatola proposta. Il tribunale per i minorenni in questo caso ha deciso diallontanare il bambino alla nascita, inserirlo in unaComunità per Minori, emettere un provvedimento diadottabilità. A tutte queste madri il Servizio ha continuato adoffrire un supporto. Due di questi bambini ora sono stati adottati da altrefamiglie, due invece sono poi tornati a vivere con lapropria madre.

CONCLUSIONI

L’interazione tra i Servizi Ospedalieri e Territoriali(pubblici e del privato sociale) è indispensabile persalvaguardare il più possibile il benessere fisico e psi-chico del bambino e della madre tossicodipendente.La letteratura segnala che la gravidanza agisca dapotente fattore di cambiamento, rappresentando nonsolo un vincolo rispetto al progetto di cura ma ancheuna risorsa supplementare. Una prima conseguenza del diventare genitori è quel-la di offrire alla madre tossicodipendente un’opportu-nità evolutiva. L’intervento dei Servizi assume un ruolo decisivo nelconcretizzare le potenzialità di cambiamento rappre-sentate dalla maternità . Riteniamo che la segnalazione al Tribunale per iMinorenni se effettuata con queste finalità ed ade-guatamente spiegata favorisce la collaborazione dellamadre con i Servizi.

BIBLIOGRAFIA

Regione Veneto - Progetto Provaid - Linee guida perl’assistenza alle donne tossicodipendenti con figli DRG4019/2002Tribunale Minori Milano - La segnalazione a tutela deiminori - febbraio 2010Difesa sociale vol 83, nr 3 (2004) pag 13-52L’attenzione alle madri. Gravidanza, nascita e dimis-sioni ospedaliere POLIS 96

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NEL NOME DEL PADRE.FAMIGLIA E SOCIALIZZAZIONEPATOGENA

(Ricerca condotta sulla “seconda generazione” di con-sumatori afferenti al Dipartimento DipendenzePatologiche ASL TA- Sezione Dipartimentale Ser.T. diTaranto)

Anna Paola Lacatena*, Maria Grazia Lentini**,Cosimo Buccolieri*** Vincenzo Simeone*****Dirigente Sociologa c/o Dipartimento DipendenzePatologiche ASL di Taranto.** Dirigente Psicologa, Psicoterapeuta c/oDipartimento Dipendenze Patologiche ASL di Taranto-Sezione Dipartimentale di Taranto***Dirigente Medico c/o Dipartimento DipendenzePatologiche ASL di Taranto -Sezione Dipartimentaledi Taranto**** Dirigente Medico II Livello -DirettoreDipartimento Dipendenze Patologiche ASL di Taranto

“Fra le mille novità che caratterizzano l’interpretazio-ne del percorso di crescita verso l’età adulta da parte

degli adolescenti di oggi, ve n’è una che può essereritenuta la madre di tutte le differenze con gli adole-

scenti dei decenni precedenti. Si tratta della diffusaconvinzione che il proprio sé sia molto più importante

dell’altro: gli adolescenti di oggi hanno sdoganato ilnarcisismo.”

(Pietropolli Charmet G., Fragile e spavaldo ritratto del-l’adolescente di oggi, Editori Laterza Bari, 2008, pag. 3)

IntroduzioneQuesto scritto nasce dalla volontà di interrogarsi inmerito ai fattori ambientali, sociali, culturali e rela-zionali presenti nel contesto familiare dei tossicodi-pendenti definiti di “seconda generazione”, ossia figlidi un genitore o entrambi i genitori tossicodipenden-ti iscritti presso il Ser.T. di Taranto (dal settembre 1980al 31 dicembre 2007).La ricerca nella sua forma integrale è stata pubblica-ta da: Rivista “Dal Fare al Dire” Edizioni Publiedit-Periodico Trimestrale di Informazione e Confrontosulle Patologie da Dipendenza- numero 01/ 2009

Dagli archivi del Dipartimento delle DipendenzePatologiche della ASL TA-Sezione Dipartimentale diTaranto, infatti, è emersa una percentuale di pazienticon un genitore ( o entrambi) tossicodipendente già incarico a questo Servizio, con esiti vari che merita untentativo di approfondimento. Per diverso tempo, la tossicodipendenza è stata con-cepita come “colpa morale”, stigma collettivo e con-tagioso da negare e comunque da nascondere. Successivamente la si è concepita come patologia

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dalla matrice organicistica, ossia derivante da causeesclusivamente organiche ed ereditarie. Solo di recente, si è passati ad una visione più inte-grata che non esclude componenti biologiche edorganiche ma che fissa l’attenzione con maggioreconvinzione sulle cause ambientali e culturali. Rispetto all’oggetto specifico di questa ricerca, sembraopportuno, al di là delle caratteristiche proprie delgenitore, così come possono essere percepite dalfiglio, spostare il focus sulla relazione e sulla comuni-cazione: come a dire che non si intende considerare“malato” un componente della relazione ma la rela-zione stessa, considerandola come disturbata, il tuttocalato in un contesto socio-culturale problematicoquale si presenta quello della modernità “liquida”.In ultima istanza, dunque, nel corso della presentericerca ci si è interrogati, finendo per promuovere unavera e propria provocazione, sui patterns educatividella famiglia attuale e su quanto le differenze tragenitore tossicodipendente e genitore non portatoredi tale problematica si sia assottigliata convergendoverso un genitore poco adulto, poco consapevole delproprio ruolo, incapace di accompagnare il propriofiglio lungo il percorso della costruzione del proprioautentico Sé, a prescindere dall’uso o meno di sostan-ze stupefacenti. Parlare di responsabilità familiare vuol dire sempre piùfornire una risposta all’altro. Responsabilità come “rispondere a” necessita di unarete di interdipendenze e di rispetto degli impegnipresi nei confronti di un altro; implica anche l’idea diun impegno. A tal proposito, il termine francese engagement sta aindicare un impegno nella sfera pubblica (una perso-na engagé è una persona impegnata anche politica-mente), mentre il termine inglese commitment ciricorda la dimensione di cura del legame proprio dellaresponsabilità, della promessa fatta all’altro, con lafiducia necessaria per mantenerla.

La ricerca

Nell’ambito della ricerca promossa dal DDP ASL TA-Sezione Dipartimentale di Taranto, attraverso l’analisidella documentazione a disposizione negli archivi sto-rici del Servizio (settembre 1980- dicembre 2007),sono state contate 31 coppie di genitori/figli tossico-dipendenti in carico al Servizio per le Tossicodipen-denze di Taranto.

Popolazione Ser.T. di Taranto anno 2007: 1758

Tipologia del target di riferimento

Padre/figlio 17 Padre/figlia 4 21

Madre/figlio 3 Madre/figlia 3 6

Padre/madre 1 Padre/madre 1 2/figlio /figlia

Padre più figli 2 Madre più figli 0 2

Totale 23 8 31

Prevalenza: p=n/N= 31/1758= 0,017=1,7%

È necessario rimarcare che il dato di cui sopra fa rife-rimento alla presa in carico di entrambi i soggetti(genitore/figlio), consapevoli che lo stesso si sposte-rebbe sensibilmente verso l’alto qualora fosse statapresa in considerazione la sola notizia riportata dalfiglio rispetto all’uso di sostanze (soprattutto “alcol”)di uno o entrambi i genitori mai presi in carico dalSer.T in questione.Dalla raccolta della storia di vita dei pazienti, infatti,l’assunzione di sostanza da parte del genitore o dientrambi i genitori emerge come dato significativo malo stesso non definisce la possibilità di una classifica-zione nell’area della dipendenza e, comunque, nonessendo in carico al Servizio tale aspetto non puòessere indagato nella sua completa espressione edattendibilità.

Tipologia del target in relazione alla sostanza primaria

Genitore Figlio %

Solo Alcol Solo Alcol 1%

Solo Alcol Alcol con Eroina 8%o cocaina

Solo Eroina Solo Eroina 31%

Solo Eroina Eroina e Cocaina 59%

Solo Eroina Solo cocaina 1%

Totale 100%

Non si è riscontrata una sostanziale differenza rispet-to alla media/anni della presa in carico del pazienteche risulta pari a 22,8 anni per i figli e 22,4 per i geni-tori, fatta eccezione per il genitore alcolista che arri-va al Ser.T. tra i 45 ed i 50 anni, sebbene in tutti i casil’esordio dell’uso di sostanze è piuttosto precoce.Attualmente quasi il 15% de “genitori” continua a fre-quentare il Servizio e a sottoporsi a terapia (farmaco-logia integrata o solo psico-sociale), il 20% è decedu-to, mentre il 58% è archiviato in quanto non sottopo-sto ad alcun intervento presso il Ser.T. di Taranto dacinque anni. Infine, il 7% circa è da considerarsi “perso di vista” inquanto l’ultimo contatto risale a qualche anno fa seb-bene non siano ancora trascorsi i canonici cinque anniutili all’archiviazione della cartella che a tutti glieffetti risulta a tutt’oggi “aperta”.

ConclusioniDai dati raccolti dalle cartelle presenti nell’archivio del

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Ser.T. di Taranto e dall’analisi degli stessi e delle storiedi vita registrate nel corso dei colloqui effettuati suipazienti definiti di “seconda generazione” è emersocome gli stessi appaiono il frutto di ciò che è possibi-le definire come “socializzazione riuscita”.Profondamente diversi i contesti sociali tra la primagenerazione e la seconda, il tutto dimostrato anche daun utilizzo differente degli stupefacenti, in termini disostanze e di modalità di assunzione, in realtà le duecorti sembrano presentare un tratto comune da ripor-tare proprio al meccanismo della socializzazione.Se le sostanze stupefacenti non si collocano in modocasuale in questo o quel momento storico e se l’eroi-na è stata la sostanza più consumata negli anni ‘80,c’è da chiedersi perché la cocaina sortisce il gradi-mento dei consumatori della contemporaneità.Forse il filo rosso che tiene insieme e accomuna que-ste tipologie è proprio il concetto del Sé (inautentico). Iperprestazione, efficientismo, mobilità,flessibilità,ansia rispetto alla possibilità di contattare la propriadebolezza, il proprio affanno, il proprio tormento sonocaratteristiche del mondo attuale, cui il tossicodipen-dente si è adeguato con un preciso corrispettivo psi-chico. La cocaina sembra stare a Narciso come l’eroi-na stava ad Edipo. Dal dolore insostenibile di quest’ultimo alla depressio-ne negata dell’individuo attuale il tutto attraversandoil giardino del non essere mai veramente se stessi.Alimentando la percezione di poter essere padroniassoluti della propria psiche, senza i rischi della drogasporca, quale è ancora oggi concepita l’eroina, lacocaina sembra eliminare i sintomi della depressione,accelerando la corsa al fine di corrispondere alle pres-santi richieste esogene ed endogene. Ma se l’eroina era la droga che conduceva dalla nevro-si della negazione di sé alla sperimentazione dell’au-tentico Sé altrimenti negato, maltrattato, tradito, lacocaina è quella che meglio di altre conduce dall’an-sia del troppo sé alla sperimentazione della sua nega-zione assoluta.In ogni caso, pur partendo da percorsi di socializzazio-ne profondamente differenti, l’esito è lo stesso perchéla stessa appare la matrice: non sembra esserci spazio,pur nella spasmodica ricerca di modelli educativi vali-di, di un reale processo dialogico e dialettico con ilbambino.

“Per imparare dal bambino ci è necessario provareempatia; ma d’altra parte l’empatia cresce quantopiù si impara: Antitetico a questo è l’atteggiamentodell’educatore che vorrebbe un bambino fatto così ecosà, o che crede di doverlo avere così e cosà e tentadi plasmarselo in base alla sua idea in vista di que-gli scopi sacrosanti. Così facendo egli ostacola lalibera espressione del bambino, e al tempo stessoperde l’opportunità di imparare qualcosa.”1

Evidentemente un tale abuso è spesso non intenzio-nale e perpetuato non solo a danno del bambino, mapiù in generale all’interno di varie relazioni umaneproprio perché spesso adulti “maltrattanti” sono statibambini “maltrattati”.Non si tratta, dunque, di elaborare sempre nuovi

modelli educativi per aspiranti perfetti genitori macoltivare la persona prima della possibilità di ricono-scersi in ogni qualsivoglia ruolo.Tradire la socializzazione riuscita potrebbe essere l’u-nica strada per riconquistare l’autenticità del proprioessere, fatto di bisogni reali al momento sommersi datutta una coltre di consumi ed esigenze veicolate dal-l’identificazione con insani modelli mass-mediologici. E questo non riguarda solo il consumo di “sostanze”,considerate queste ultime esattamente aderenti permodelli di marketing e leggi di mercato a qualsiasialtra sostanza di consumo.Pur presentandosi come una sorta di ossimoro, è dif-ficile chiedersi “chi sono” se la socializzazione è riu-scita, sebbene il tradimento non è del tutto esclusodalle sue possibilità.

“La domanda può essere riferita a se stessi, primasecondo la formula, così potrei finire anch’io se Dionon mi aiuta, più tardi secondo la formula: se lofanno loro, perché non dovrei anch’io? Questo apreun vaso di Pandora di scelte individualistiche cheprima o poi diventano generalizzate senza riguardoal fatto che lo svolgimento della vita dell’individuosia stato determinato da scelte giuste o sbagliate”.2

Nell’introduzione si è pensato alla possibilità che que-sta ricerca potesse finire con una provocazione, asse-condando la volontà di non giungere a conclusionicon pretese di certezza. Allora quale migliore chiusura se non una domandasenza risposta: curare bene in alcuni casi non è forsemeglio che prevenire quando è ormai troppo tardi? E la prevenzione non dovrebbe cominciare dove hainizio quella fase fondamentale e sempre più com-plessa e multidimensionale che è la socializzazioneprimaria a prescindere dalla prima o seconda genera-zione di tossicodipendenti? In estrema sintesi per ciò che attiene alla cura e allaprevenzione appare impellente una diversa e più pun-tuale attenzione nei confronti della genitorialità toutcourt.

1 Miller, A. La persecuzione del bambino, Universale Bollati Boringhieri,Torino, 2007, pagg 88-892 Berger P.L. e Luckmann T., La realtà come costruzione sociale, Il Mulino,Bologna, Ed.2007, pag. 232

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PATTERN INTERATTIVI ED ESPLORATORI NELLA STRANGESITUATION: UN CONFRONTO TRAFIGLI DI MADRI TOSSICODIPENDENTIE POPOLAZIONE NON CLINICA

Marilena Moretti*, Micol Parolin*, Alessandra Simonelli**Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e dellaSocializzazione, Università di Padova

Introduzione

La tossicodipendenza materna, quale condizione clini-ca e di rischio del contesto affettivo-relazionale delbambino, può influire sull’organizzazione dell’attacca-mento, con prevalenza di pattern insicuri e/o disorga-nizzati (van IJzendoorn et al., 1992, 1999; Cerezo etal., 2008). In letteratura, tuttavia, non emerge un modello rela-zionale prevalente sia nella dimensione dell’insicurez-za (Simonelli, Fava Vizziello, 2002; Seifer et al., 2004;Rodning et al., 1991) che della sicurezza (Espinosa etal., 2001; Beeghly et al., 2003); i risultati - infatti -possono essere in alcuni casi sovrapponibili a quelliottenuti considerando la popolazione normativa. Le dinamiche interattive, matrice per lo sviluppo dellegame di attaccamento, tra le madri tossicodipen-denti e i loro figli, presentano caratteristiche disfun-zionali da ricondurre a deficit nelle capacità interatti-ve da parte di entrambi i membri della diade. Dal punto di vista evolutivo i bambini, oltre a presen-tare anomalie del funzionamento neuro-comporta-mentale nel periodo neonatale, possono mostrare pat-tern interattivi disfunzionali nel corso della primainfanzia e in età successive manifestando comporta-menti di irritabilità, reattività, e minori livelli diespressività emotiva, affettività positiva e coinvolgi-mento nell’interazione (Beeghly et al., 2003, Eiden etal., 2011). Dal punto di vista del genitore, il contributo maternoall’interazione si caratterizza invece per scarsi livelli disensitivity, responsivity e coinvolgimento emotivo eper le componenti di affettività negativa e intrusività(Strathearn et al., 2010). Attualmente, nonostante l’importanza attribuita allegame di attaccamento e alla qualità degli scambiinterattivi madre-bambino, si assiste ad una moltitu-dine di ricerche che si sono occupate della qualità dellegame di attaccamento mediante il sistema catego-riale, a scapito di evidenze empiriche volte ad indaga-re lo stile interattivo delle diadi madre-bambino(Simonelli et al., accepted).

Obiettivi La presente ricerca consiste in uno studio esplorativovolto a: a) confrontare la qualità del legame di attaccamentodi figli di madri tossicodipendenti con un gruppo dicontrollo appartenente alla popolazione generale; b) riconoscere indicatori interattivo-comportamentaliche, a prescindere dalla classificazione secondo pat-tern di attaccamento, risultino tipici dell’interazionetra le madri tossicodipendenti e i loro figli.

Metodo L’indagine ha coinvolto due gruppi: (a) 11 diadi madre-bambino, residenti in comunità

per madri tossicodipendenti e figli, denominateDRUG (età madre: X = 29 anni, età bambino: X =24 mesi, 58% maschi);

(b) 76 diadi appartenenti ad una popolazione non cli-nica, NON DRUG (età madre: X = 33 anni, etàbambino: X = 13 mesi, 57% maschi).

Alle coppie è stata somministrata la Strange SituationProcedure (SSP, Ainsworth, Blehar, Waters, Wall,1978) metodologia osservativa che permette di indivi-duare lo stile interattivo e il pattern di attaccamentodella diade madre-bambino; tale procedura è statacodificata da due giudici indipendenti (Cohen K = .82;ICC = .92) secondo tre sistemi: a) la classificazione dei pattern di attaccamento (Si-

curo B, Insicuro Evitante A, Insicuro Ambivalente C); b) l’applicazione di scale osservative specifiche per i

comportamenti interattivi (applicate ogni 3 minuti); c) l’osservazione di 8 indicatori comportamentali

(esplorazione locomotoria, manipolatoria, visiva,orientamento visivo, pianto, vocalizzi, sorrisi, com-portamenti orali) rilevata attraverso misure di fre-quenza (ad intervalli di 15 secondi).

Per la verifica del secondo obiettivo sono state estrat-te, per l’appaiamento con il gruppo DRUG, 11 diadi NNDRUG, in modo da osservare bambini, che a parità dipattern di attaccamento, manifestassero indicatoricomportamentali diversi.

Risultati I risultati ottenuti relativi al primo obiettivo, che si èproposto di confrontare la qualità del legame di attac-camento di figli di madri tossicodipendenti con ungruppo di controllo appartenente alla popolazionegenerale, non sono stati significativi; applicando lastatistica del Chi quadrato, le distribuzioni relative aipattern di attaccamento sono risultate sovrapponibili(X2 = [N = 87, 2) = 5.797, p = .055, ns) (grafici 1 e 2):in entrambi i gruppi si assiste ad una prevalenza delpattern sicuro (B) (Beeghly et al., 2003; Espinosa et al.,2001).

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

Grafico 1. Distribuzione dei pattern di attaccamentonel gruppo DRUG

Grafico 2. Distribuzione dei pattern di attaccamentonel gruppo NN DRUG

Analizzando a livello qualitativo le sottocategorie diattaccamento sicuro, il gruppo DRUG si distingue perla prevalenza di bambini classificati con pattern B1(DRUG = 66.66%, NNDRUG = 28.94%). Per la verifica del secondo obiettivo, che si è propostodi indagare la presenza di eventuali differenze nellostile interattivo tra i due campioni studiati, sono stateconsiderate soltanto le variabili non discriminanti ilpattern di attaccamento (Ainsworth et al., 1978). Per quanto riguarda: a) l’osservazione dei comportamenti interattivi, i

bambini appartenenti al gruppo DRUG mettono inatto comportamenti di interazione a distanza conmaggiore frequenza rispetto al gruppo NN DRUG,negli episodi 2 e 5 della procedura (Test di Mann-Whitney, Ep.2: z = 2.265; p < .05 Ep.5: z = 2.988;p < .05).

Grafico 3. Interazione a Distanza con la madre: DRUGVs. NN DRUG

b) l’analisi degli 8 comportamenti interattivi ed esplo-ratori, i bambini appartenenti al gruppo DRUG siorientano visivamente alla madre con più fre-quenza rispetto ai soggetti appartenenti ai NNDRUG nell’episodio 3 (U di Mann-Whitney: z =1.725; p < .05), e rivolgono un maggior numero divocalizzi alla madre negli episodi 2 e 5 (U diMann-Whitney: Ep.2: z = 2.608; p < .05, Ep.5: z =2.312; p < .05)

Grafico 4. Vocalizzi: DRUG Vs. NN DRUG

Grafico 5. Orientamento Visivo Madre: DRUG Vs, NNDRUG

Conclusioni L’omogeneità nella distribuzione dei pattern di attac-camento tra i due gruppi studiati e la prevalenza, alivello qualitativo, del pattern B1 nel gruppo DRUGpossono essere ricondotte all’effetto del trattamentoresidenziale in comunità per madri tossicodipenden-ti (Suchman et al., 2010; Egeland et al., 1984): si ipo-tizza che il contesto terapeutico comunitario abbiapermesso il costituirsi di una legame di attaccamen-to del bambino caratterizzato da tratti di maggioresicurezza. La maggiore frequenza nel gruppo DRUG dei compor-tamenti di “Interazione a distanza” e “Vocalizzi(madre) “ negli episodi 2 e 5, e di “Orientamento visi-vo (madre) “nell’episodio 3, può essere interpretatacome dimostrazione dell’acquisizione da parte deibambini figli di madri tossicodipendenti di competen-ze interattive appropriate per l’età (X= 24 mesi)(Ainsworth et al., 1978). La messa in atto di tali competenze risulta però com-promessa in altri episodi della procedura in cui lamaggiore presenza di stress incide sulla scarse capa-

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cità autoregolatorie dei bambini (Mayes, 2002, Eidenet al., 2011).

Bibliografia

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

PSICOPATOLOGIA, STILI DIPERSONALITÀ E GENITORIALITÀNELLE TOSSICOMANIE: STUDIO DI CONFRONTO FRA GENERE MASCHILE E FEMMINILE

E. Morrone1, A. Ruggiero2, E. Cecere2,F. Spagnuolo3, I. D’Alessio4, M.L. Esposito5,A. Esposito6, A. d’Amore7

1 Psichiatra, U.O.C. Ser.T. Aversa (CE)2 Psicologa - psicoterapeuta a contratto,

U.O.C. Ser.T. Aversa (CE)3 Assistente sociale, U.O.C. Ser.T. Aversa (CE)4 Psicologa volontaria U.O.C. Ser.T. Aversa (CE)5 Dirigente medico U.O.C. Ser.T. Aversa (CE) 6 Psicologa, consulente Tribunale minori Napoli7 Direttore Dipartimento Dipendenze Patologiche

ASL CE - Direttore U.O.C. Ser.T. Aversa (CE)

“il genitore che non ha elaborato la propria sofferenza non potrà prendersi cura della sofferenza del figlio”

M. Selvini, “Psicosi e misconoscimento della realtà”

La Tossicodipendenza può essere inquadrata nell’otti-ca di una patologia affettiva, dove il sintomo princi-pale è l’incapacità nella regolazione degli affetti, svi-luppata all’interno di relazioni primarie insicure e diinterazioni regolative disfunzionali con le figure diattaccamento.L’odierna tendenza da parte dei consumatori di droghea rendere compatibile l’uso e la dipendenza da sostan-ze con la conduzione di una vita relativamente “nor-male” ha reso senz’altro meno evidenti le situazioni dimarginalità e di evidente stigma conosciute negli annipassati. Questa tendenza è resa possibile anche dall’uso non diuna sola sostanza, come accadeva in passato, ma dipiù sostanze d’abuso che spesso spostano nel tempolo sviluppo delle difficoltà e della conseguente richie-sta d’aiuto. Può intercorrere del tempo fra inizio dell’uso e vivereuna condizione di disagio con conseguente richiestad’aiuto, comportando conseguentemente l’innalza-mento dell’età di accesso ai servizi. Questa tendenza alla “compatibilità” e al poliusoriguarda sia i nuovi utenti sia quelli già in carico da piùtempo. Tale modalità d’uso sembra rendersi integrabile conuna vita fatta di lavoro, di relazioni, di figli.Il tema della genitorialità costituisce in molti casi unimportante aspetto del lavoro clinico del Ser.T, anchecon riferimento al lungo permanere della relazioneterapeutica che si protrae per oltre 5 anni nel 60% deipazienti in carico.

La questione della competenza genitoriale delle per-sone tossicodipendenti si intreccia con un processo dicambiamento che riguarda la trasformazione dell’i-dentità del tossicodipendente, il moltiplicarsi deimodelli familiari ed il dibattito sul trattamento anchefarmacologico della tossicodipendenza; numerose tra-sformazioni di modelli e di ruoli rendono fluidi i con-fini fra “salute” e “malattia” e fra “normalità” e “de-vianza”, legando in un continuum condizioni ritenuteancora, da molti, dicotomiche.La valutazione legata ad un intervento sia di tipo cli-nico che di ricerca su soggetti tossicodipendenti chesono anche genitori impone un approfondimento supiù assi che si intrecciano in ambito relazionale e del-l’attaccamento: tossicodipendenza-genitorialità, com-pulsione-autonomia, valutazione-formazione.La genitorialità può derivare ma anche prescindere dauna relazione di coppia che già di per sé attiva edimplica una serie di importanti modificazioni dinami-co-relazionali nell’individuo (come aspetti di proiezio-ne superegoica secondo Kernberg, di un “uso” dell’al-tro in termini difensivi e/o riparativi secondo Balint, dicomplementarietà di pattern d’attaccamento perCarli). Tale genitorialità può essere intesa come un impulsobiologico di trasmissione di geni (generatività), comeadeguamento funzionale ad una forma di pressionesociale, come fase del ciclo evolutivo della famiglia,come possibilità di creare uno spazio comune di ela-borazione della scena primaria, come attivazione di unmodello motivazionale di accadimento e cura, comeriparazione, attraverso il figlio, di relazioni fallite. L’elemento fondante ed unificante di tutti questi pro-cessi legati alla tossicodipendenza ed alla genitorialitàpotrebbe essere un “bisogno” che trova la sua matricein un complesso intreccio bio-psico-sociale di esigen-ze intra ed inter personali, che hanno una valenza for-temente legata ad un inarrestabile e compulsivo sen-timento di anelazione ad una libertà da modelli, situa-zioni, sentimenti ed aspettative che paradossalmentecostringono ad una riedizione di stili e pattern com-portamentali che, se non compresi, elaborati ed inte-riorizzati, costringono ad una sofferta mancanza di“vera” libertà.Il tossicodipendente, attraverso l’uso compulsivo dellasostanza, perde la capacità di scelte libere da questovincolo e attraverso un figlio può sperare di interioriz-zare più adeguatamente modelli genitoriali attraversouna riedizione di quelli precedentemente appresi. Come con la sostanza cerca disperatamente un riavvi-cinamento (sia con atteggiamenti imitativo-compul-sivi nel caso abbia avuto dei genitori abusanti ses-sualmente e/o fisicamente o con atteggiamenti reat-tivi di richiamo nel caso di genitori assenti e/o svalu-tanti) ad una figura d’attaccamento sia pure disfun-zionale, con un figlio può, sempre compulsivamente,rimanere intrappolato in un tentativo di riavvicina-mento ad una base sicura, “usando” il ponte delrichiamo della nuova generazione come fonte di ripa-razione.L’obiettivo del nostro studio è delineare tra gli utenti-genitori del Servizio U.O.C. Ser.T Aversa la coesistenzadi disturbi dello spettro psicotico, disturbi dell’umore,

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disturbi, o meglio ‘stili’ di personalità, ed alessitimia,valutando la conseguente interferenza che la psicopa-tologia di base del genitore tossicodipendente com-porta nel funzionamento in quanto padre/madre enella relazione con il figlio; tutto questo ponendo l’ac-cento sul confronto maschio / femmina.Partiamo dalla considerazione anzitutto che, fra sessomaschile e femminile, rispetto all’abuso di sostanzesussiste un divario temporale che intercorre tra laprima esposizione alla sostanza e l’inizio dell’uso cro-nico: nelle donne esso risulta essere più breve rispettoagli uomini. Si è riscontrato, infatti, che le donne sono più assidueconsumatrici di cocaina rispetto agli uomini.

Pare che l’estradiolo nelle donne aumenti la vulnera-bilità all’addiction, incrementando la dedizione all’usodi cocaina rispetto agli uomini. L’estradiolo, infatti, induce un rapido aumento dellaconcentrazione di dopamina, indotta dall’assunzionedi cocaina, nel cervello delle donne, in particolarenello striato, ma non degli uomini.Innanzitutto abbiamo somministrato a 40 utenti, 20donne e 20 uomini -che sono per di più genitori- delnostro Servizio, l’ U.O.C. Ser.T di Aversa, FBF -Questionario dei Sintomi-base (per la valutazionedella sussistenza di sintomatologia o disturbo psicoti-co vero e proprio), Hamilton Depression Scale (HAM-D, per osservare la presenza della componente depres-siva), MMPI PANDA (per tracciare un più dettagliato epuntuale profilo personologico) e TAS20 (per valutarela presenza di Alessitimia.Il questionario FBF (Frankfurter BeschwerdeFragebogen) si basa sulla descrizione qualitativa esulla valutazione quantitativa delle esperienze sog-gettive disturbanti più significative auto percepite dalpaziente e che non sono osservabili dall’esterno. Si compone di 98 items raggruppati in 10 dimensionifenomeniche.

Come si può osservare dal grafico, negli utenti da noivalutati quasi tutte le aree esplorate dalla FBF risulta-no essere maggiormente compromesse nel tossicoma-ne di sesso maschile, rispetto alla femmina (perditadel controllo, percezione, linguaggio, pensiero, memo-ria, motricità, perdita degli automatismi, sovrabbon-

danza di stimoli), fatta eccezione che per la dimensio-ne fenomenica rappresentata da anedonia ed ansia(depressività), maggiormente compromessa, invece,nella donna.Dalla somministrazione dell’Hamilton Depressionscale, che valuta la componente depressiva presente epiù o meno rilevante, la tendenza è sul versante fem-minile, ossia emerge tra la popolazione maschileun’incidenza di Disturbi depressivi del 27%, mentrenelle donne del 35%.

Abbiamo, poi, somministrato MMPI 2 PANDA, per ilprofilo di personalità. In realtà ci riferiamo più peculiarmente all’identifica-zione degli “stili di personalità” degli utenti-genitorida noi valutati, ossia delle caratteristiche pervasive eprofondamente impresse del modo di funzionare di unpaziente. Lo stile di personalità si configura, infatti, come ilbagaglio di convinzioni stabili che la persona mantie-ne sul sé e il mondo, unite ai modi tipici di pensare edi sentire e ai comportamenti associati a queste con-vinzioni. I risultati da noi ottenuti, con le relative differenze trai due generi sono così di sèguito riportate:

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Come si può osservare, le nostre valutazioni depongo-no a favore del versante : narcisistico (nel nostro cam-pione più pronunciato nelle donne), paranoide (mag-giormente spiccato questa volta negli uomini), antiso-ciale (con incidenza quasi sovrapponibile in entrambii sessi) e borderline (più frequente nelle donne delnostro campione).Vediamo, allora, le implicazioni cliniche e fenomeni-che che tali risultati comportano. Il genitore tossicomane-narcisista del nostro campio-ne vive il figlio solo in relazione alle proprie aspettati-ve personali, senza riuscire a stabilire quella naturaleseparazione fra alterità: io sono io, mio figlio è un’al-tra struttura di vita, di destino, di esperienza. È come se la simbiosi fra madre e figlio nel primo annodi vita si mantenesse sempre, ma se in una prima fase,quella della totale dipendenza, il legame fra madre efiglio, in cui la madre deve assecondare completa-mente i bisogni del bambino e garantirne la sopravvi-venza, perdura anche quando non sono più necessariuna protezione ed una cura così intense. Questi individui non riescono a far fronte al processodi crescita naturale dei figli, tendono a mantenere illegame simbiotico e vengono meno al loro ruolo spe-cifico di rappresentare un argine contenitivo per i pro-pri figli.Nel caso dei genitori antisociali i comportamenti anti-sociali si trasmettono all’interno della famiglia dipadre in figlio, soprattutto nei maschi, mentre le fem-mine nate da genitori con sociopatia tendono a svi-luppare il disturbo antisociale di personalità, di soma-tizzazione e i disturbi da uso di sostanze. I genitori paranoici risultano incapaci di porsi nellaprospettiva dell’altro, e quindi anche del figlio, e didistinguere tra realtà obiettiva e mondo interiore(proprie sensazioni e idee). Ai figli viene trasmessa la sensazione pervasiva diminaccia, che non viene mai considerata come un vis-suto soggettivo, ma come un dato di realtà assoluto ecerto. Spesso sentono di non avere capacità sufficienti pergestire determinate situazioni inerenti il percorso dicrescita del figlio e provano quindi un senso di costri-zione rispetto alla gestione della famiglia che convivecon l’insistente possessività ed opposizione all’auto-nomia del figlio.Vanno a questo punto fatte alcune considerazioni:nella relazione madre tossicodipendente-bambinospesso diviene impossibile accedere ai vissuti di soffe-renza a causa di una costante mistificazione relazio-nale che privilegia il fare pratico accuditivo (dei nonni,ad esempio), marginalizzando la comprensione empa-tica, l’espressione affettiva e la tolleranza della diffe-renza nelle relazioni.Inoltre, nella coppia tossicodipendente è spessocarente la capacità di holding (Winnicot, 1958) che siriferisce al saper “contenere” le richieste di sostegnoemotivo del bambino, come condizione necessariaaffinchè questi cresca dotato di quelle competenzementali che gli permettono di saper regolare le ten-sioni interne, senza viversele in maniera catastrofica,come fonte di minaccia per il proprio equilibrio psi-chico.

Volendo dare una definizione della paternità del tos-sicodipendente, nella difficoltà al riconoscimento delproprio ruolo genitoriale, si potrebbe parlare di pater-nità misconosciuta e paternità disertata.Il misconoscimento nasce dal pensiero condiviso deltossicodipendente, della sua famiglia e degli operato-ri, che si stia realizzando un paradosso, in quantoappare impossibile che un tossicodipendente possadiventare realmente padre, perché la sua strutturapsichicamente vulnerabile e dipendente, il suo ruolo dieterno figlio, i suoi aspetti di narcisismo e di depres-sione sono fortemente contrastanti con la funzione dipadre.Per questo, il tossicodipendente non ritiene di doverrealmente cambiare i suoi comportamenti tossicoma-nici per esercitare la paternità, per questo la famigliaevita di farsi delle domande importanti sul futuro delbambino. Tutti colludono nell’accettare un comportamentopaterno che mima di fatto la paternità. La diserzione nasce dal forte senso di colpa che carat-terizza la vita di queste persone e quindi del principiodi indegnità. Allontanarsi fisicamente ed emotivamente ripara ilfiglio dalle parti dannose di sé. Dalla somministrazione della TAS-20 emerge nelnostro campione la netta prevalenza (74%) dellacomponente alessitimica nel tossicodipendentemaschio rispetto alle utenti donne. L’Alessitimia è il termine che in psichiatria indica l’in-capacità di comunicare e riconoscere emozioni, enasce dall’osservazione clinica di persone in apparen-za perfettamente adattate e prive di una sintomatolo-gia psicologica specifica. Queste, tuttavia, esprimonoin modo vago e limitato le proprie emozioni, hanno unvocabolario emotivo povero e stereotipato con ten-denza alla ripetizione di espressioni, mostrano unacerta rigidità nella postura e nel linguaggio del corpoed hanno poche relazioni sociali significative.I genitori alessitimici del nostro campione istituisconoun clima familiare freddo e normativo, improntato alrispetto maniacale delle convenzioni sociali. Risultanodifficili da supportare attraverso la psicoterapia, essen-do per questi individui estremamente difficile una rela-zione coinvolgente, come quella col terapeuta.In conclusione, dal nostro studio si conferma come illegame definito “affectionless-control” rappresenti unmodo di relazionarsi fortemente disfunzionale econfondente per lo sviluppo delle relazioni affettivesane. Quello che ci preme sottolineare è come la presenza diuna componente psicopatologica nel genitore tossico-mane renda l’accudimento materiale preponderanterispetto all’accudimento empatico e affettivo. Da questo processo risulterà che il soggetto, purvivendo sentimenti di angoscia e frustrazione, mai liesprimerà su un piano di realtà, il disagio verrà suc-cessivamente espresso su altri piani di meta-comuni-cazione che, quando non vengono tradotti prorteran-no al perpetrarsi dei comportamenti disfunzionalicome espressione della propria identità personale. Questi processi accuditivi si trasmetteranno diretta-mente dalla madre/del padre tossicodipendente al

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bambino nella costruzione di un rapporto oscillantefra idealizzazione di sé e del proprio bambino, comeprolungamento narcisistico, e momenti di rifiuto enegazione. Possiamo quindi affermare come non sia la tossicodi-pendenza fattore di rischio per la nascita del bambinoe il suo successivo sviluppo psichico, ma il contestorelazionale nel quale si è costruito il sistema rappre-sentativo della madre/ padre.

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LA SPECIFICITA’ DELLA VALUTAZIONE DI GENITORIALITÀNELLE DIPENDENZE

Valeria Moschese*, Marina Cortese*, Emanuela Rivela*, Emanuele Bignamini**Dipartimento Dipendenze 1 - ASL Torino 2

Il gruppo di lavoro che si occupa di genitorialità, all’in-terno del Dipartimento Dipendenze dell’ASL TO 2, hasviluppato negli anni una propria specifica modalità divalutazione, attraverso la definizione puntuale dialcuni criteri strettamente connessi al contesto delledipendenze. L’approccio utilizzato è una sintesi di modelli differen-ti, che si integrano tra loro, al fine di favorire l’inter-vento in un ambito molto articolato e complesso cherichiede la sinergia di più forze.

Introduzione

Il gruppo di lavoro sulla genitorialità, costituitosiall’interno del Dipartimento dipendenze dell’ASL TO 2,ha come mission la tutela e la promozione di unagenitorialità consapevole, con particolare attenzionealla salvaguardia dei minori. Pur essendo inserito all’interno di un Servizio noto-riamente rivolto alle esigenze dell’adulto, ha promos-so e consolidato una specifica metodologia di lavorovolta ad approfondire temi e ricerche nell’ambitodelle relazioni familiari, sino a costruire criteri speci-fici per concorrere con gli altri servizi alla valutazio-ne delle capacità genitoriali. Ha, inoltre, sviluppato alcuni specifici argomentidivenuti rilevanti nella gestione delle relazioni intra-familiari dei pazienti, quali la violenza assistita daparte dei minori, la violenza sulle donne, il reato distalking, il segreto professionale ed il diritto di anoni-mato. Il contesto di valutazione familiare può essere defini-to da un decreto del Tribunale per i Minorenni chedetermina il danno subito dai minori, garantisce laprotezione degli stessi, dà l’incarico di valutazionefamiliare: il concorrere in un processo di valutazionedelle capacità genitoriali, colloca anche la diagnosisull’uso delle sostanze, in un contesto che non è esclu-sivamente terapeutico, pur essendo un intervento cli-nico. Il nostro gruppo di lavoro è composto da opera-tori che afferiscono ai diversi presidi del Dipartimento,per garantire la possibilità di avere un riferimento spe-cifico per ogni parte dell’organizzazione. La tipologia del tema richiede, inoltre, una strettaconnessione tra le differenti professionalità, tutterappresentate. La multidisciplinarietà è, infatti, una delle indicazionidefinite a livello regionale dal Decreto n.42 per “lacostituzione di gruppi di lavoro, da parte dei Servizisocio-assistenziali e sanitari, orientati alla segnala-

zione e presa in carico di casi di abuso sessuale emaltrattamento ai danni di minori”.

Metodo

Dal punto di vista metodologico la riflessione si è con-centrata sulla gestione delle informazioni orali e scrit-te, sulla organizzazione dei dati della cartella clinica e,non ultimo per importanza, sul rapporto con gli altrisoggetti (Servizi istituzionali, Magistratura, Privatosociale) chiamati a intervenire in casi di così alta com-plessità. Il modello metodologico prioritariamente utilizzato èl’approccio di rete, che si arricchisce dei contributi dialtri orientamenti psicodinamici e comportamentali(ad esempio relativi al Centro Bambino Maltrattato diMilano, ed al CISMAI) e di strumenti specifici qualiquestionari, schede anamnestiche e protocollo d’in-tervento Regionale (al momento in fase di revisione).

L’accesso al servizio, la valutazione diagnostica e il trattamento

Il primo contatto con il nostro Servizio avviene attra-verso l’accoglienza della domanda, portata dal pazien-te o dai familiari; tale richiesta può essere effettuatapresso il Servizio oppure telefonicamente.La valutazione ed il trattamento si effettuano con l’u-tilizzo dei seguenti strumenti:• Colloqui socio educativi volti alla raccolta anamne-

stica • Visita medica e controllo dei metaboliti urinari• Somministrazione di test di valutazione diagnostica

(ASI, SCL-90..)• Eventuale avvio di terapia farmacologica• Visite domiciliari• Compilazione della scheda di valutazione dell’esito

del trattamento (dopo circa tre mesi): diagnosisituazionale e motivazionale.

Il nostro obiettivo è di pervenire ad una “diagnosisituazionale”che permetta di addivenire ad un quadro di funziona-mento della persona e che orienti verso il trattamentosuccessivo.

Gli indicatori specifici per la valutazione della capacitàgenitoriali nelle tossicodipendenze sono direttamenteconnessi all’uso di sostanze psicoattive. Nello specifico si analizzano:- la tipologia di sostanza e la sua quantità;- le modalità di relazione in rapporto al livello moti-

vazionale (valutazione della fase motivazionale ) ein relazione all’astinenza e al livello di compliance;

- il riconoscimento del problema legato all’uso dellasostanza e il livello di consapevolezza personale.

La valutazione perviene a definire un livello diGRAVITÀ che tiene conto della connessione tra il disa-gio e la sofferenza dei figli, e la storia dei genitori. L’interconnessione tra questi due livelli permette divalutare il livello di consapevolezza che la persona ha

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

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rispetto ai propri comportamenti, legati all’uso disostanze, e la ricaduta che questi hanno sul benesse-re del proprio figlio.

La possibilità di concorrere ad una valutazione dellecapacità genitoriali, insieme agli altri servizi preposti atale mandato, richiede da parte degli operatori unabuona consapevolezza del CONTESTO in cui si opera.Le azioni ed i comportamenti non sono appropriati ono, buoni o cattivi di per sé ma, solo in riferimento adun preciso contesto.

Quindi la valutazione:

Alcuni dati

Di seguito i dati relativi alla ripartizione tra maschi efemmine dei pazienti afferenti ad uno degli ambula-tori del Dipartimento Patologie della Dipendenza, ASLTO2, nonché al differente rapporto tra il numero deipadri e delle madri:

Totale pazienti Ser.D Maschi FemmineASL TO2 D1, Torino

596 508 (85%) 88 (15%)

Totale pazienti Totale con figli Padri Madri numero figli

113 75 (66%) 38 (34%) 201

CONCLUSIONILe potenzialità dei genitori vanno protette e sostenu-te: ciò non significa sostituirsi a chi con difficoltàcerca di svolgere la propria funzione, bensì adattarel’offerta del Servizio alle necessità espresse dalpaziente, in un percorso che concili l’intervento dicura con spunti educativi e psicosociali, che promuo-vano la genitorialità.Il gruppo di lavoro sulla genitorialità ha maturatonegli anni una buona esperienza che ha garantito diavviare una continua riflessione sulle modalità opera-tive ed in particolare sui criteri specifici che possonoessere utilizzati nella valutazione delle capacità geni-toriali e che devono essere posti costantemente inrelazione agli interventi degli altri servizi (NPI, SS,DSM). Tale modalità operativa ha garantito la partecipazioneattiva alla valutazione ed ha permesso di avviare unprocesso di sensibilizzazione diffusa alla tutela deiminori con il coinvolgimento di tutti gli operatori delservizio.

BIBLIOGRAFIA

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

ESSERE GENITORI, ESSERE DIPENDENTI, ESSERE IN CARCERE: LA STORIA DI UNA COLLABORAZIONE

Bellebono Elena*, Cocchini Attilio**, MazzoleniFerracini Benedetta****psicologa, Cooperativa Sociale della Brianza; ** psicologo, responsabile Unità Operativa CarcereAzienda Sanitaria Locale Monza e Brianza; ***assistente sociale specialista, Unità OperativaCarcere Azienda Sanitaria Locale Monza e Brianza

L’Unità Operativa Carcere del Dipartimento Dipen-denze ASL provincia di Monza e Brianza è prepostaalla presa in carico e alla cura dei detenuti portatori didipendenze da sostanze psicoattive presso la CasaCircondariale di Monza. La Cooperativa Sociale della Brianza è attiva all’in-terno della Casa Circondariale di Monza e di Lecco dal2004 attraverso diversi progetti, co-finanziati daibandi annuali della l.r. 23\99 art. 36, e dal bando bien-nale della ex legge 8, volti al sostegno delle persone inesecuzione penale, anche con problematiche relativeall’uso di sostanze psicotrope, e le loro famiglie. Un ulteriore passo avanti ha avuto luogo a partire dal2010, attraverso la sistematica messa in rete del pro-getto con le altre unità di offerta presenti all’internodella Casa Circondariale di Monza, nel contesto delPiano di Intervento ex DGR Lombardia n° 9502(macroprogetto ARMONICC, ente capofila Cooperati-va Sociale Atipica).

Progetto RICOMINCIO DA CASA Bando 2010 L. R. 23/99

N° totale soggetti in carico CC Monza 39 Dipendenti da alcol/stupefacenti 21 = 54%Non dichiarati dipendenti 18 = 46%

Le diverse azioni attuate durante tali progetti sonostate finalizzate a sostenere le persone detenute nel

mantenimento, e a volte nella creazione, delle relazio-ni con i familiari, attraverso:• colloqui psicologici individuali e\o di coppia• colloqui rivolti all’intero nucleo familiare e\o ai mi-

nori• colloqui di gruppo, di tipo psicologico o pedagogico• interventi di sostegno agli incontri protetti tra mi-

nori e genitori detenuti in spazio neutro• attivazione/partecipazione delle/alle reti di inter-

vento dei servizi coinvolti nella gestione dei casi-famiglia.

• interventi di tutoraggio rivolti a nuclei familiari consoggetti in esecuzione penale effettuati da personalevolontario appositamente formato e supervisionato.

In una famiglia in cui vi è un assuntore di sostanzepsicotrope, vi è di riflesso un sistema relazionale fami-liare “diverso” poiché modificato, stravolto e di con-seguenza “manipolato” dalle sostanze stesse. Quest’ultime, ”variabili dipendenti sociali”, hanno ilpotere di modificare sostanzialmente l’assetto e laqualità delle relazioni familiari. La carcerazione costituisce un evento traumaticoforiero di ulteriori stravolgimenti, in quanto modifical’equilibrio delle relazioni intra - familiari, crea con-seguenze importanti sullo stile comunicativo deimembri, mette alla prova il benessere psico - affetti-vo dei figli che, impotenti, subiscono tale evento. All’interno della Casa Circondariale di Monza in que-sti anni la maggioranza delle famiglie prese in caricofa riferimento ad un dipendente/abusatore di sostan-ze psicoattive.

La dimensione della genitorialità osservata in questospecifico target è soggetta ad una molteplicità di fat-tori critici precipitati da un evento traumatico di sepa-razione improvvisa quale la carcerazione, che si mani-festa spesso in un quadro di deterioramento relazio-nale indotto dalla dipendenza. A questo evento traumatico segue un periodo più omeno lungo di rarefazione/interruzione delle intera-zioni dirette genitori-figli. Assai spesso il genitore dipendente giunge in carcerecon una rappresentazione interna del figlio e del pro-prio ruolo genitoriale lacunosa., legata al susseguirsidegli stati di alterazione e alla polarizzazione esisten-ziale intorno alla sostanza, che hanno di fatto impe-dito la strutturazione di un sistema di pensiero e direlazione in grado di organizzare i bisogni infantili e icomportamenti accuditivi in modo adeguato. A partire da queste premesse, l’ingresso in carcere puòlicitare reazioni estremamente potenti sul piano emo-tivo. Sono evidentemente presenti sensi di colpa, che pos-sono assumere addirittura carattere autodistruttivo,come pure si osserva la messa in atto di atteggiamen-ti difensivi piuttosto primitivi finalizzati ad occultareil dolore per la separazione, quali l’idealizzazioneonnipotente del rapporto con il figlio, a cui nulla potràtogliere la carcerazione, la negazione delle proprieresponsabilità in merito ai fatti che hanno determina-to la pena, il rifiuto di ogni contatto diretto con ilfiglio che potrebbe essere “traumatizzato” dall’ingres-

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so in istituto. Si tratta di atteggiamenti che spesso si rintraccianonella stessa forma e significato funzionale, riferiti alladipendenza dalla sostanze. Si oscilla in entrambi casi, tra percezione di sé cometotalmente inadeguato, colpevole della separazionedalla famiglia, e negazione completa delle propriestrutturali difficoltà di gestione del ruolo genitoriale,oscurate dalla sventura del carcere, che talvolta incar-na e sintetizza tutte le istanze di controllo esercitateda altri organi istituzionali, come quelli preposti allatutela dei minori. In questo contesto, le proprie prerogative genitorialipossono facilmente essere addotte quale motivazioneper rinviare ulteriormente la cura di sè, in nome del“bisogno” che i figli hanno dei genitori (molti rifiuti diinserimento in comunità residenziale sono motivati inquesto modo). Si crea così una rappresentazione antitetica fra i biso-gni dei figli ed i propri, insuperabile se non vi è mododi ricomprenderli entrambi in un unico progetto. L’apertura di uno spazio indipendente di rielaborazio-ne assistita su questi temi assume quindi la duplicefunzione di organizzare i bisogni accuditivi del figlio edi aprire uno spazio legittimo in cui riconoscere i pro-pri bisogni di cura della dipendenza. Anche la costruzione di un progetto di cura divienequindi oggetto di una narrazione, in cui è possibileporre il superamento delle proprie fragilità personalialla base del recupero di una rapporto soddisfacente erealistico con i figli. La genitorialità può quindi divenire un rilevante sup-porto motivazionale alla cura della dipendenza. Inquesto senso, il lavoro svolto in seno al progetto si èrivelato un potente supporto terapeutico all’azionesvolta dal servizio dipendenze sulla persona dipenden-te detenuta.Un altro aspetto di rilievo è offerto dalla dichiarataalleanza che gli operatori del progetto stabilisconocon il genitore dipendente che, in molti casi, ha qualeunica esperienza precedente il rapporto con gli enti preposti alla tutela dei minori. Generalmente si tratta di esperienze in cui è ben chia-ra la funzione di controllo e di valutazione, assai menoquella di riconoscimento e di supporto delle capacitàpresenti.

Un’importante parte del lavoro viene svolto per boni-ficare questi rapporti, spesso assai critici; si tratta dimodificare sia la rappresentazione che i genitoridipendenti e detenuti hanno dei servizi, sia la rappre-sentazione che i servizi hanno costruito di questi geni-tori. L’esperienza carceraria dà l’opportunità in molti casi divalutare prima e rinforzare poi le capacità genitoriali(esame di realtà, stili di attaccamento, capacità empa-tiche). I risultati di questo lavoro vengono infine illustrati aiservizi che si occupano dei minori sul territorio, facili-tando il più possibile il contatto diretto ed reciprocoriconoscimento. Questo consente di riprogettare la relazione con i figliriempiendola di contenuti emotivi al di là della sola

valutazione di adeguatezza comportamentale. In questo modo, si passa da ciò che bisogna essereper risultare adeguati a ciò che si può essere perrispondere ai bisogni dei propri figli.

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Via Indipendenza, 99Meda (MB)

[email protected]

DipartimentoDipendenze

Unità Operativa Carcere Via Sanquirico, 6

20052 Monza (MB)uocmonza aslmb.it

Cooperativa SocialeAtipica

Via Molino Fino, 120052 Verano B.za

info atipica.org

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

GENITORI@FIGLI TALK ABOUT DRUGSCorso di formazione sulle abilitàgenitoriali per la prevenzione dell’uso di droghe

Michela Prando*, Paola Stefanazzi** * Cooperativa Sociale L’Aquilone - Sesto Calende, **Cooperativa sociale Naturart - Gallarate,Coordinatrici del progetto

PROGETTO CORALLO- DALLA TEORIA ALLA PRATICA -Durata di ogni incontro: 3 ore

Obiettivo generale del percorsoAumentare la consapevolezza dei genitori sul ruolodella family risk and protective factors, which arerelated to drug use in the early famiglia come fattoredi protezione e prevenzione dal rischio

Obiettivi specifici Fornire strumenti adeguati per poter riflettere sulle

proprie scelte e decisioni genitoriali, implementare lacapacità di lettura e analisi delle situazioni, offrirespunti di riflessione, aumentare la conoscenza emo-zionale sulle sostanze, aumentare la capacità critica,aiutare i genitori a fissare regole chiare nella famigliae valorizzare le competenze di negoziazione.

Coscienti che la famiglia è uno dei fattori protettivipiù efficaci nella vita dei propri figli per prevenire ledipendenze, dopo molti anni di lavoro nelle classimedie e superiori, abbiamo iniziato a creare dei labo-ratori genitori strettamente legati a quelli che faceva-mo alla mattina nelle classi con i loro figli. Dal nostro punto di vista è importante strutturare unintervento con adulti che sia realmente calato nel-l’ambiente in cui vivono e che possa rappresentarebene le problematiche relative ai loro figli.

Per ciò la prima prassi teorica che abbiamo per strut-turare il percorso genitori è studiare l’ambiente dovesiamo andati ad operare, nello specifico la comunità dirifermento in cui è ubicata la Scuola. Una volta analizzato l’ambiente, anche grazie al con-fronto con l’Equipe dell’educativa di strada che lavorasul territorio, abbiamo svolto i laboratori nelle classiseconde dove attraverso strumenti educativi è emersoquanto segue:

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Come gli adolescenti vedono i genitori?

I genitori sono Frasi dei ragazzi PAROLE CHIAVE

Protettivi e apprensivi Non ci lasciano mai liberi BISOGNO DI CONTROLLODicono: “Fino ai 18 anni fai quello che dico io” PREOCCUPAZIONERompono le scatole MANCANZA DI FIDUCIASono invadenti - Fanno il terzo gradoSi preoccupano - Non hanno fiducia Non si può parlare se non c’è un minimo di fiducia

Distanti e assenti Si disinteressano di noi: se ne fregano C’è poco dialogo e danno solo soldi DISINTERESSESe ne fregano e lasciano liberiI genitori non sono presenti NON CAPISCONOSono “scemi”: non capiscono e quindi non riescono ad agire per aiutarci

Severi Ci sono spesso conflitti e scontri: quando i genitori sono duri si creano muri CONFLITTOnel rapporto ma grazie a questo il figlio si rafforzaGenitori e figli sono sempre in contrasto INCOMPRENSIONEnell’adolescenzaSono rigidi e incomprensibiliSono severiDicono: “Come ti ho fatto ti disfo!”

Vicini e disponibili Sono comprensivi FIDUCIA

Cosa vorrebbero dai genitori?

DIALOGO Sarebbe meglio confidarsi e ragionare insieme

CONFIDENZA Ho bisogno che mi facciano ragionare

ATTENZIONE Mi piacerebbe che i miei genitori si accorgessero di quello che faccio

ASSERTIVITÀ Vorrei il loro consenso nelle mie scelte

FIDUCIA Vorrei che mi credessero quando sto dicendo la verità

Cosa NON vorrebbero dai genitori?

PRESUNZIONE Pensano di poterci sempreDI CONOSCERE capire ma non è vero (“Non sei nellaIL FIGLIO mia testa, come fai a sapere?”)

INVASIVITÀ I genitori vogliono sapere tutto di noi ma ora siamo grandi e non sempre i genitori devono sapere tutto

ABUSI Un genitore ha la possibilità di giocareDI POTERE un potere e c’è la tentazione di

“alzare le mani” per imporsi sul figlio;poi si prova vergogna, sia nel dare lo schiaffo sia nel prenderlo

SENSI DI COLPA Per ottenere ubbidienza il genitore prova a far leva sul senso di colpa del figlio

Ruolo della famiglia e sostanze (Cosa chiedono i ragazzi ai genitori?)

Funzione Frasi dei ragazzi

INFORMAZIONI Che effetti ha l’hascish?SULLE Vorrei che mi spiegassero bene tuttoSOSTANZE ciò che serve sapere, così poi non ho

bisogno di chiedere

ESPERIENZE Hai mai fumato sigarette? E canne?PERSONALI Quando hai fumato per la prima

volta?

CONTENIMENTO Se io fumassi, cosa diresti?Mi ammazzano di botte se sanno che fumoMia mamma mi chiuderebbe in garage fino ai 18 anniSe iniziassi a fumare mi ucciderebbero

ESEMPIO Se mio padre fumatore mi beccaDA SEGUIRE fumare gli dico: quando smetti

tu smetto anch’io!” Provare con i genitori è come essere autorizzati

DISPONIBILITÀ Non mi basta che mi dicano di no maAL DIALOGO E che mi aiutino a capire “Perché no”AUTOREVOLEZZA Mi spaventa che il profumo di

sigaretta mi piace e vorrei poterne parlare con i miei. Perché mi attira anche se so che fa male?Se un genitore ha una posizione troppo rigida non è possibile parlare o confrontarsi

REGOLE E Le regole sono fatte per essere NORME infrante

Quando ci sono regole molto severe che non si possono discutere ti viene solo voglia di trasgredire

Attraverso lo studio dell’ambiente comunità e del-l’ambiente classe abbiamo potuto individuare i bisognispecifici dei ragazzi che ci ha permesso di costruire eprogettare un percorso mirato ai loro genitori.

IL PERCOSO

Con i genitori abbiamo dapprima analizzato la Culturadei loro figli. Abbiamo chiesto loro:

Esistono peculiarità che caratterizzano la culturaattuale? Che tipo di cultura c’è oggi? Quale differenze da ieri? Quali cambiamenti sono in atto?

Intendendo la cultura come insieme dei contenuti edei processi simbolici che un gruppo umano mette adisposizione dei suoi componenti, i genitori ci hannofornito le seguenti risposte: “C’è internet,non sei nessuno se non c’è l’hai, la tv faschifo, soprattutto c’è la tv sempre disponibile, primac’erano gli orari, non ci sono programmi perragazzi,oggi si mettono in discussione cose diverse:tipo religione, sesso. Se non appari giovane nonsei,l’anziano è out, virtualmente non esistono, ma inonni servono per i figli, non ci sono più i racconti deinonni, una volta si percepivano le cose in modo diver-so,manca la storia,cambia l’età del far figli, tutto moltopiù veloce, non c’è tempo di riflettere ed apprezzare,stress da tempo, e adesso cosa faccio, oggi ci si annoia,esempi solo in famiglia, perché le istituzioni o altro nonci sono, esistono meno negozi per giocattoli, la possibi-lità di comunicare con persone di altre culture, possibi-lità di parlare di più con i genitori,i bambini si annoia-no spesso, giochi individuali, il denaro non ha più valo-re, il sacrificio esiste poco, saper apprezzare lecose,tutto subito, non c’è più attesa....”Da qui abbiamo ragionato attraverso gli assunti teori-ci della psicologia culturale che ci insegna che il pen-siero si forma sulla base degli strumenti che utilizza eche gli vengono offerti dalla cultura di riferimento -ad es: i processi di pensiero appaiono come moltocondizionati, addirittura plasmati, dalle tecnologiedell’informazione - bambini consumatori - reale e vir-tuale si compenetrano determinando le esperienzevissute quotidianamente.

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Ci siamo così agganciati e abbiamo potuto leggerecon i genitori il meraviglioso scritto di Pasolini “Ladroga una vera tragedia italiana” - 24 luglio 1975,dove Pasolini sosteneva che “la droga è sempre unsurrogato della cultura”. Da qui il dibattito e la lettura che metteva fine alprimo incontro sulle frasi emerse dai loro ragazzi nellavoro in classe. Abbiamo nel secondo incontro fornito informazionialle famiglie, ma informazioni emozionali. Nello specifico abbiamo collegato il primo incontrosulla cultura alla cultura dei ragazzi. Cosa può rappresentare per dei genitori che nonconoscono le sostanze la sensazione che la droga tiprovoca? Anni prima ho realizzato per il Ser.T di Varese, delquale sono stata consulente per 6 anni, la ricercaMusica Addiction, dove a partire dagli assunti teoricidi Giovanni Pierini Professore di Tossicologia Forense -Università degli Studi di Bologna “NuoveDroghe:Fenomeno e Cultura in Divenire” Musica desi-gner drugs e stati alterati di coscienza, ho realizzato laricerca “Musica addiction” una ricerca dal 1900 adoggi di musiche, suoni o testi, che parlano o che ciricordano di droghe. Sono convinta che la musica sia il primo e il piùimportante linguaggio attraverso cui le nuove genera-zioni definiscono in prima battuta la propria apparte-nenza e la propria identità collettiva. Se un tempoerano il mito di Elvis Presley e quello dei Beatles aoffrire l’occasione di “perdersi nell’illusione di trovarese stessi”, oggi tutto ciò si presenta in altre forme peresempio nella tecktonik, nel hardcore, nella jumpstylesolo per citarne alcune. I suoni, l’ascolto e la cultura musicale sono moltoimportanti nella vita di ognuno di noi. Essi, non solo occupano gran parte del nostro tempo,ma influiscono su di noi in modo spesso inimmagina-bile. A partire dal grembo materno (è la prima fase in cuientriamo a contatto con il mondo dei suoni), per poiproseguire durante la crescita, siamo influenzati(spesso inconsciamente) dai suoni, sia rumori chemusica. In questa ottica diviene importante analizzare il lin-guaggio musicale. Un linguaggio complesso perché basato su emozioni esentimenti,proprio per questo, molto affascinante. A partire da evidenze scientifiche che ci dimostranoche la musica modifica i caratteri ematici, elettrofisio-logici, cardiopolmonari (es. si preferisce la musica cheabbia un tempo simile alla frequenza cardiaca - lamusica rilassante tende a far diminuire la frequenzacardiaca e respiratoria, la musica più scatenata, rock otechno, tende a farla aumentare o la musica sintetiz-zata inibisce il parasimpatico e promuovere spiacevo-li sentimenti di allerta, con aumento della frequenzacardiaca e respiratoria, ecc...) abbiamo fatto ascoltarei seguenti brani chiedendo che emozioni suscitavanonei genitori e a che droghe le collegavano: Linkingpark Braking the habit - Cannabis Ska-p - 1200micrograms - Billy holiday My man e TeletubbiesHardcore - da qui abbiam potuto parlare di cocaina -

cannabinoidi - allucinogeni - eroina - ecstasy - svi-luppando la capacità emotiva dei genitori che hannoassociato le giuste emozioni ed immagini (alla primaun salto, felicità e sorriso alla seconda, tristezza edepressione alla terza e così via...) che la musica hasuscitato in loro e come detto da loro “abbiamo capi-to meglio perchè i ragazzi usano le sostanze”, dire cheson buone non basta, “assaggiarle” tramite la musicaaiuta molto i genitori a capire meglio i comportamen-ti dei figli, in quanto si sono avvicinati emotivamentea loro. Nel terzo e ultimo incontro abbiamo lavorato con i 10genitori sulle life skill. Attraverso giochi di ruolo esimulazioni abbiamo lavorato su che tipo di ruolo lafamiglia deve avere con i propri figli per essere fatto-re preventivo (vedi scheda ragazzi), e questo è quantoemerso dai genitori su cui abbiamo lavorato: “nonpercezione del pericolo: tema della ricerca del limitema non sapere fin dove andare senza farsi male!;biso-gno prestazione: non essere abituati all’attesa ed alladelusione; ampia offerta di droghe e molta facilità neltrovarla: c’è un MARKETING del consumo... la società eil mercato ti invogliano a consumare e ti offrono occa-sioni facili x usarla; l’uso delle droghe diventa semprepiù normale: idoli - status - modelli usano e ne risulta-no eroi! Mancanza di forza o mancanza di senso criti-co?”Come formatori abbiamo chiesto ai genitori cosa siportavano a casa e loro ci han dato le seguenti rispo-ste: “mi sono informato ed ho imparato a mettere aconfronto le informazioni, devo creare momenti di dia-logo, voglio capire ciò che realmente sa mio figlio,voglio mettermi in rete e collaborare tra genitori e congli altri agenti di prevenzione, ognuno con le propriecompetenze recupero dei valori e del sentimento“sociale” del prendersi cura, riuscire a mettersi nei“panni di...”, non esaltare il problema e non avernetroppa paura, offrire occasioni di “sano impegno”:offrire alternative al modello sociale x imparare a starenel mondo...aiutare a sentirsi responsabili, essere “rife-rimento”, educare alla responsabilità ed alla libertà.Tutti gli incontri hanno seguito una schema precisod’attuazione.

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informa FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI NEL MONDO DELLE DIPENDENZE

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“GENITORI IN CORSO”Gruppo di sostegno alla genitorialitàper persone con problemi di dipen-denza

Brunella Ruffa1, Gabriele Samassa2 e Paolo Jarre3

S.C. Ser.T “Dora Riparia” - Dipartimento “Patologiadelle Dipendenze” - ASL TO31 Psicologa, psicoterapeuta2 Educatore Professionale3 Medico, Direttore di Dipartimento

Il poster illustrerà l’esperienza maturata nella S.C.Ser.T. “Dora Riparia” del Dipartimento “Patologia delledipendenze” dell’ASL TO3 , in merito agli interventi disostegno alla genitorialità per le persone con proble-mi di dipendenza, relativamente Area TematicaCongressuale “Esperienze di lavoro clinico con i geni-tori Tossicodipendenti e con la Famiglia”. “Genitori in corso” rappresenta l’evoluzione di un pro-getto avviato nel 2006, finanziato con i fondi dellaLegge 309/90.Il poster rappresenta in modo sintetico l’evoluzioneche ha trasformato il progetto iniziale “Tutti su perterra”, nell’attuale “Genitori in corso”, descrivendo dientrambi le caratteristiche e le criticità che hannosostenuto tale cambiamento.Nel Poster, illustriamo per punti le caratteristichesalienti e gli obiettivi di “Tutti su per terra”, che è statosperimentato per due annualità (tra il 2006 al 2008) eche prevedeva un percorso di gruppo:- gruppo aperto di condivisione guidata,- formato su invio degli operatori Ser.T,- non richiesta remissione sintomo,- condotti da una psicologa,- cadenza quindicinale.

Obiettivo Aumentare l’efficacia delle funzioni genitoriali deitossicodipendenti.Anche le criticità vengono elencate per punti:• Esiguo numero di soggetti inviati nonostante eleva-to n. di utenti Ser.T con figli• Difficoltà a cambiare la centratura: dal sintomo allagenitorialità• Buon senso di appartenenza al gruppo e partecipa-zione attiva

Parallelamente, contraddistinta dall’attuale logo,viene descritta l’esperienza “Genitori in corso”, che si èarticolato negli anni dal 2009 ad oggi, riprendendo lostesso obiettivo;si riporta analogo elenco di caratteri-stiche e criticità: - percorso “finito” di 5 incontri psicoeducazionali a

tema, - i gruppi (chiusi) accolgono tutti i pazienti-genitori

inseriti nelle comunità terapeutiche del territorio +gli utenti inviati dai Ser.T,

- richiesta remissione sintomo,- condotti da una psicologa e un educatore,- cadenza settimanale.

Criticità:• Buona e costante partecipazione• Grande interesse ai temi proposti ma poco tempo

per adeguato approfondimento• Buon senso di appartenenza al gruppo e partecipa-

zione attiva

Nella parte centrale e nella metà inferiore del postertratteggiamo le specificità dell’attuale esperienza“Genitori in corso” mettendone in evidenza, anchevisivamente, gli strumenti utilizzati (dalle vignette alquestionario di verifica..). Sintetizziamo gli argomentitrattati negli incontri a tema: Temi scelti tra i “grandiclassici” degli incontri per genitori: l’adolescenza, par-lare di sessualità, le regole... e dall’esperienza partico-lare del essere genitori in trattamento per la propriadipendenza patologica (alcol, droghe, gioco d’azzar-do): vivere la distanza/separazione, segreti e/o bugiecirca la propria condizione, la trasgressione...Riportiamo inoltre alcune osservazioni sui movimentidei gruppi condotti con questa modalità, ad esempio:la continua tensione tra lo psicoeducazionale ed ilterapeutico, tra il bisogno e la paura di approfondire ivissuti emotivi, tra l’esperienza di essere genitori equella di figli.

Rileviamo come una peculiarità sia costituita dallaprevalente componente maschile che contraddistin-gue questi gruppi, contrariamente alla maggiore par-tecipazione femminile, delle mamme che frequentanodi norma gli incontri sul territorio, dedicati ai genitori.

Descriviamo con il grafico sottostante l’andamentodelle tre edizioni 2011 di “Genitori in corso”, riportan-do il numero di partecipanti (divisi tra maschi e fem-mine) e la proporzione di chi ha frequentato in modocompleto tutti gli incontri.

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DIFFERENZE DI GENERE

INVI

SIBI

LI

SEGRETORESILIENZAV A L U T A Z I O N E

RISC

HIO

DANN

O COPINGNEUROBIOLOGIA

ATTACCAMENTO

FAMIGLIE COMPLESSE

QUALI INTERVENTI

RAPPORTI TRA SERVIZIPROTEZIONE

MAD

RI

PADR

I

FIGLI piccoli grandi

DIPENDENZE PATOLOGICHELE DECISIONI DEGLI OPERATORI

informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n.16Ottobre 2011

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - ANNO X, 2011 - N. 32

CONGRESSO TEMATICO NAZIONALE

Se potessimo raccogliere tutti gli scritti e le riflessioni e i progetti e le ricerche che a partire dalla nascitadei Ser.T in Italia gli operatori hanno prodotto e utilizzato e applicassimo a questo insieme di testi ungeneratore di nuvole di etichette, come si fa con i siti web, sarebbe curioso osservare che tipo di rappre-sentazione visiva delle parole chiave verrebbe fuori.Le informazioni e gli intrecci tra concetti sono tanti e potrebbe essere utile disporre di una visualizzazionedei campi semantici più frequentati per orientare l'attenzione, ricostruire una mappa del percorso e daredirezioni al loro sviluppo.Abbiamo provato a organizzare i campi nei i quali gli operatori hanno impattato, in tre grandi questioni.Lo scopo del congresso è di condividere questo percorso nella sua storia e nei suoi sviluppi.

La questione della visibilità • La questione della compatibilità • Le questioni in ombra...Le questioni da sviluppare

MILANO - 27 e 28 ottobre 2011��������������� ��� ������������

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FARE I GENITORI, ESSERE FIGLI������� �� ����� �!�� ��"�