Febbraio 2019 La GMG di Panama: “Avvenga per noi secondo ... · mani non somiglia ai sogni di...

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IV GMG PANAMA 2019 Febbraio 2019 La GMG di Panama: “Avvenga p l’America Centrale, Panama, il Paese del canale che collega gli oceani, per accor- ciare le distanze tra nazioni, popoli, volti e cuori. Per dire al mondo che insieme non è solo una parola, ma può e deve essere un fatto. Gesù ha realizzato que- sto insieme tra Dio e uomo, Maria ha ac- cettato di esserne collaboratrice. Ora sta a ciascuno di noi, sta a te «dare carne con le tue mani, i tuoi piedi, il tuo sguar- do, il tuo cuore al sogno di Dio». «I giovani bisogna guardarli con gli occhi di Dio. Lui lo fece, Don Bo- sco, seppe fare il primo passo […] Ve la sentite, voi grandi, di guarda- re i giovani con gli occhi di Dio?» (Veglia con i giovani - Campo S. Juan Pablo II). Eh già, perché alla GMG non ci sono solo i giovani, e nemmeno a seguir- la a distanza. E così, la sera del 26 gen- naio, dopo la giornata in Seminario, in cui 120 giovani si sono confrontati su temi attuali, temi “grandi”; dopo la Messa bel- la - si può dire che è stata una Messa bella? - partecipata, attiva; dopo la cena e la serata di animazione in cui si è respi- rata vera fraternità, vera gioventù. Dopo tutto questo, mentre il Papa pronunciava queste parole su don Bosco e lo sguardo di Dio, mi sono guardato intorno e ho vi- Non dimentichiamo di approfondire il messaggio che Francesco ha condiviso con il mondo intero V ivere a distanza un evento carico come la GMG non è facile. Non puoi mica met- tere in pausa il rincorrersi delle faccende quotidiane per seguire in diretta gli ap- puntamenti di Panama. Eppure no, non ci si può limitare ai titoli dei giornali. Fran- cesco non potrà aver detto solo che Ma- ria è l’influencer di Dio… Di quattro gior- ni trascorsi a incontrare più di 600.000 persone, possibile che restino solo un paio di slogan e le conferenze stampa in volo per e da Panama? Certo, c’è molto di più. Ecco allora qual- che assaggio, per definizione non esau- stivo. Un invito alla lettura, possiamo chiamarlo. Perché i testi del Papa è bene andarseli a leggere per intero. Quelli che vi propongo sono solo tre dei tanti, possi- bili testi che Francesco ha pronunciato a Panama. Tre pretesti per accorgerci che quella GMG, distante diecimila chilometri e con sei ore di fuso, parlava anche a noi. E così invogliarvi ad andare a leggere an- che tutto il resto. «Voi, cari amici, avete fatto tanti sacrifici per potervi incontrare e così diventate veri maestri e arti- giani della cultura dell’incontro» (Cerimonia di accoglienza - Campo S. Maria La Antigua). Ritornello di questa GMG è stato il binomio incontro-barriere. Non un raduno, neanche un flash mob, ma un incontro: tanta gente che non si conosce ma che si vuole conoscere, tutti insieme raccolti in un piccolo Paese del- sto quella ventina di giovani che hanno voluto condividere anche la veglia nottur- na e la diretta da Panama. Come non sentire l’inadeguatezza dei nostri occhi di “grandi” e al contempo la profonda necessità che il nostro sguardo sia sem- pre più “di Dio”? E la speranza che loro, i giovani, possano diventare lo sguardo di Dio di cui il mondo oggi (e domani, e sempre) ha bisogno. «Il Vangelo ci insegna che il mondo non sarà migliore perché ci saran- no meno persone malate, meno persone deboli, meno persone fra- gili o anziane di cui occuparsi, e neppure perché ci saranno meno peccatori […] Il mondo sarà mi- gliore quando saranno di più le persone che sono disposte e hanno il coraggio di portare in grembo il domani e credere nella forza tra- sformatrice dell’amore di Dio» (Ve- glia con i giovani). Questa frase non la si può commentare. È da quella notte del 26 gennaio che non ho ancora finito di macinarla nella mente e nel cuore. È la sovversione del mito del progresso, del- l’eterna giovinezza, dell’abolizione della fragilità nel mondo. Un mito che ci fa concentrare più sul problema che sulle persone. Il Vangelo non propone supe- ruomini e superdonne - per fortuna, per grazia! - ma gente che, fragile e peccatri- ce, sa sognare i sogni di Dio. E se il do- mani non somiglia ai sogni di Dio, non c’è futuro per noi. don Stefano Ecobi ama può essere salvato. Tu non puoi salvare una persona, non puoi salvare una situazione, se non la ami. Solo quello che si ama può essere salvato. Lo ripetiamo insieme? Solo quello che si ama può essere salvato! Non di- menticatelo. Per questo noi siamo salvati da Gesù: perché ci ama e non può farne a meno. Possiamo fargli qualunque cosa, ma Lui ci ama, e ci salva. Perché solo quello che si ama può essere salvato. Solo quello che si abbraccia può essere trasformato. L’amore del Signore è più grande di tutte le nostre contraddizioni, di tutte le nostre fragilità e di tutte le nostre meschinità. Ma è precisamente attra- verso le nostre contraddizioni, fragili- tà e meschinità che Lui vuole scrivere questa storia d’amore. Ha abbraccia- to il figlio prodigo, ha abbracciato Pie- tro dopo i suoi rinnegamenti e ci ab- braccia sempre, sempre, sempre do- po le nostre cadute aiutandoci ad al- Il Papa ricorda: «Solo quello che si ama può essere salvato» Dire “sì” al Signore significa avere il coraggio di abbracciare la vita come viene, con tutta la sua fragilità e piccolezza e molte volte persino con tutte le sue contraddizioni e mancanze di senso, con amore. Prendere la vita come viene. Significa abbracciare la nostra patria, le nostre famiglie, i nostri amici così come sono, anche con le loro fragilità e piccolezze. Abbracciare la vita si manifesta anche quando diamo il benvenuto a tutto ciò che non è perfetto, a tutto quello che non è puro né distillato, ma non per questo è meno degno di amore. Forse che qualcuno per il fatto di essere disabile o fragile non è degno d’amore? Vi domando: un disabile, una persona disabile, una persona fragile, è degna di amore? Sì! Un’altra domanda, vediamo come rispondete. Qualcuno, per il fatto di essere straniero, di avere sbagliato, di essere malato o in una prigione, è degno di amore? Sì! Così ha fatto Gesù: ha abbracciato il lebbroso, il cieco e il paralitico, ha abbracciato il fariseo e il peccatore. Ha abbracciato il ladro sulla croce e ha abbracciato e perdonato persino quelli che lo stavano mettendo in croce. Perché? Perché solo quello che si zarci e a rimetterci in piedi. Perché la vera caduta - attenzione a questo - la vera caduta, quella che può rovinarci la vita, è rimanere a terra e non la- sciarsi aiutare. C’è un canto alpino molto bello, che cantano mentre sal- gono sulla montagna: “Nell’arte del- l’ascesa, la vittoria non sta nel non cadere, ma nel non rimanere caduto”. Non rimanere caduto! Dare la mano, perché ti facciano alzare. Non rima- nere caduto. Il primo passo consiste nel non aver paura di ricevere la vita come viene, non avere paura di abbracciare la vita così com’è. Grazie, Alfredo, per la tua testimonian- za e il coraggio di condividerla con tutti noi. Mi ha molto colpito quando hai detto: “Ho iniziato a lavorare nell’edili- zia fino a quando terminò quel proget- to. Senza impiego le cose presero un altro colore: senza scuola, senza occu- pazione e senza lavoro”. Lo riassumo nei quattro “senza” per cui la nostra vita resta senza radici e si secca: sen- za lavoro, senza istruzione, senza co- munità, senza famiglia. Ovvero una vi- ta senza radici. Senza lavoro, senza istruzione, senza comunità e senza fa- miglia. Questi quattro “senza” uccido- no. È impossibile che uno cresca se non ha radici forti che aiutino a stare bene in piedi e attaccato alla terra. È facile disperdersi quando non si ha dove at- taccarsi, dove fissarsi. Questa è una domanda che noi adulti siamo tenuti a farci, noi adulti che siamo qui; anzi, è una domanda che voi dovrete farci, voi giovani dovrete fare a noi adulti, e noi avremo il dovere di rispondervi: quali radici vi stiamo dando, quali basi per costruirvi come persone vi stiamo offrendo? È una domanda per noi adulti. Com’è facile criticare i giovani e passare il tempo mormorando, se li priviamo di opportunità lavorative, educative e comunitarie a cui aggrap- parsi e sognare il futuro! Senza istru- zione è difficile sognare un futuro; senza lavoro è molto difficile sognare il futuro; senza famiglia e senza comu- nità è quasi impossibile sognare il fu- turo. Perché sognare il futuro significa imparare a rispondere non solo perché vivo, ma per chi vivo, per chi vale la pena di spendere la mia vita. E questo dobbiamo favorirlo noi adulti, dandovi lavoro, istruzione, comunità, opportu- nità. Dal discorso del Papa alla veglia coi giovani a Campo San Juan Pablo II (Panama), sabato 26 gennaio 2019

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IV GMG PANAMA 2019

Febbraio 2019

La GMG di Panama: “Avvenga per noi secondo la tua Parola”

l’America Centrale, Panama, il Paese delcanale che collega gli oceani, per accor-ciare le distanze tra nazioni, popoli, voltie cuori. Per dire al mondo che insiemenon è solo una parola, ma può e deveessere un fatto. Gesù ha realizzato que-sto insieme tra Dio e uomo, Maria ha ac-cettato di esserne collaboratrice. Ora staa ciascuno di noi, sta a te «dare carnecon le tue mani, i tuoi piedi, il tuo sguar-

do, il tuo cuore al sogno di Dio».«I giovani bisogna guardarli congli occhi di Dio. Lui lo fece, Don Bo-sco, seppe fare il primo passo […]Ve la sentite, voi grandi, di guarda-re i giovani con gli occhi di Dio?»(Veglia con i giovani - Campo S. JuanPablo II). Eh già, perché alla GMG non cisono solo i giovani, e nemmeno a seguir-la a distanza. E così, la sera del 26 gen-

naio, dopo la giornata in Seminario, in cui120 giovani si sono confrontati su temiattuali, temi “grandi”; dopo la Messa bel-la - si può dire che è stata una Messabella? - partecipata, attiva; dopo la cenae la serata di animazione in cui si è respi-rata vera fraternità, vera gioventù. Dopotutto questo, mentre il Papa pronunciavaqueste parole su don Bosco e lo sguardodi Dio, mi sono guardato intorno e ho vi-

Non dimentichiamo di approfondire il messaggioche Francesco ha condiviso con il mondo intero

Vivere a distanza un eventocarico come la GMG non èfacile. Non puoi mica met-tere in pausa il rincorrersidelle faccende quotidianeper seguire in diretta gli ap-

puntamenti di Panama. Eppure no, nonci si può limitare ai titoli dei giornali. Fran-cesco non potrà aver detto solo che Ma-ria è l’influencer di Dio… Di quattro gior-ni trascorsi a incontrare più di 600.000persone, possibile che restino solo unpaio di slogan e le conferenze stampa involo per e da Panama?Certo, c’è molto di più. Ecco allora qual-che assaggio, per definizione non esau-stivo. Un invito alla lettura, possiamochiamarlo. Perché i testi del Papa è beneandarseli a leggere per intero. Quelli chevi propongo sono solo tre dei tanti, possi-bili testi che Francesco ha pronunciato aPanama. Tre pretesti per accorgerci chequella GMG, distante diecimila chilometrie con sei ore di fuso, parlava anche a noi.E così invogliarvi ad andare a leggere an-che tutto il resto.«Voi, cari amici, avete fatto tantisacrifici per potervi incontrare ecosì diventate veri maestri e arti-giani della cultura dell’incontro»(Cerimonia di accoglienza - Campo S.Maria La Antigua). Ritornello di questaGMG è stato il binomio incontro-barriere.Non un raduno, neanche un flash mob,ma un incontro: tanta gente che non siconosce ma che si vuole conoscere, tuttiinsieme raccolti in un piccolo Paese del-

sto quella ventina di giovani che hannovoluto condividere anche la veglia nottur-na e la diretta da Panama. Come nonsentire l’inadeguatezza dei nostri occhidi “grandi” e al contempo la profondanecessità che il nostro sguardo sia sem-pre più “di Dio”? E la speranza che loro,i giovani, possano diventare lo sguardodi Dio di cui il mondo oggi (e domani, esempre) ha bisogno.«Il Vangelo ci insegna che il mondonon sarà migliore perché ci saran-no meno persone malate, menopersone deboli, meno persone fra-gili o anziane di cui occuparsi, eneppure perché ci saranno menopeccatori […] Il mondo sarà mi-gliore quando saranno di più lepersone che sono disposte e hannoil coraggio di portare in grembo ildomani e credere nella forza tra-sformatrice dell’amore di Dio» (Ve-glia con i giovani). Questa frase non la sipuò commentare. È da quella notte del26 gennaio che non ho ancora finito dimacinarla nella mente e nel cuore. È lasovversione del mito del progresso, del-l’eterna giovinezza, dell’abolizione dellafragilità nel mondo. Un mito che ci faconcentrare più sul problema che sullepersone. Il Vangelo non propone supe-ruomini e superdonne - per fortuna, pergrazia! - ma gente che, fragile e peccatri-ce, sa sognare i sogni di Dio. E se il do-mani non somiglia ai sogni di Dio, non c’èfuturo per noi.

don Stefano Ecobi

ama può essere salvato. Tu non puoisalvare una persona, non puoi salvareuna situazione, se non la ami. Soloquello che si ama può essere salvato.Lo ripetiamo insieme? Solo quello chesi ama può essere salvato! Non di-menticatelo. Per questo noi siamosalvati da Gesù: perché ci ama e nonpuò farne a meno. Possiamo fargliqualunque cosa, ma Lui ci ama, e cisalva. Perché solo quello che si amapuò essere salvato. Solo quello che si

abbraccia può essere trasformato.L’amore del Signore è più grande ditutte le nostre contraddizioni, di tuttele nostre fragilità e di tutte le nostremeschinità. Ma è precisamente attra-verso le nostre contraddizioni, fragili-tà e meschinità che Lui vuole scriverequesta storia d’amore. Ha abbraccia-to il figlio prodigo, ha abbracciato Pie-tro dopo i suoi rinnegamenti e ci ab-braccia sempre, sempre, sempre do-po le nostre cadute aiutandoci ad al-

Il Papa ricorda: «Solo quello che si ama può essere salvato»Dire “sì” al Signore significa avere ilcoraggio di abbracciare la vita comeviene, con tutta la sua fragilità epiccolezza e molte volte persino contutte le sue contraddizioni e mancanzedi senso, con amore. Prendere la vitacome viene. Significa abbracciare lanostra patria, le nostre famiglie, inostri amici così come sono, anchecon le loro fragilità e piccolezze.Abbracciare la vita si manifesta anchequando diamo il benvenuto a tutto ciòche non è perfetto, a tutto quello chenon è puro né distillato, ma non perquesto è meno degno di amore. Forseche qualcuno per il fatto di esseredisabile o fragile non è degnod’amore? Vi domando: un disabile,una persona disabile, una personafragile, è degna di amore? Sì! Un’altradomanda, vediamo come rispondete.Qualcuno, per il fatto di esserestraniero, di avere sbagliato, di esseremalato o in una prigione, è degno diamore? Sì! Così ha fatto Gesù: haabbracciato il lebbroso, il cieco e ilparalitico, ha abbracciato il fariseo e ilpeccatore. Ha abbracciato il ladro sullacroce e ha abbracciato e perdonatopersino quelli che lo stavano mettendoin croce. Perché? Perché solo quello che si

zarci e a rimetterci in piedi. Perché lavera caduta - attenzione a questo - lavera caduta, quella che può rovinarcila vita, è rimanere a terra e non la-sciarsi aiutare. C’è un canto alpinomolto bello, che cantano mentre sal-gono sulla montagna: “Nell’arte del-l’ascesa, la vittoria non sta nel noncadere, ma nel non rimanere caduto”.Non rimanere caduto! Dare la mano,perché ti facciano alzare. Non rima-nere caduto.Il primo passo consiste nel non averpaura di ricevere la vita come viene,non avere paura di abbracciare la vitacosì com’è. Grazie, Alfredo, per la tua testimonian-za e il coraggio di condividerla con tuttinoi. Mi ha molto colpito quando haidetto: “Ho iniziato a lavorare nell’edili-zia fino a quando terminò quel proget-to. Senza impiego le cose presero unaltro colore: senza scuola, senza occu-pazione e senza lavoro”. Lo riassumonei quattro “senza” per cui la nostravita resta senza radici e si secca: sen-za lavoro, senza istruzione, senza co-munità, senza famiglia. Ovvero una vi-ta senza radici. Senza lavoro, senzaistruzione, senza comunità e senza fa-miglia. Questi quattro “senza” uccido-no.

È impossibile che uno cresca se nonha radici forti che aiutino a stare benein piedi e attaccato alla terra. È faciledisperdersi quando non si ha dove at-taccarsi, dove fissarsi. Questa è unadomanda che noi adulti siamo tenutia farci, noi adulti che siamo qui; anzi,è una domanda che voi dovrete farci,voi giovani dovrete fare a noi adulti, enoi avremo il dovere di rispondervi:quali radici vi stiamo dando, quali basiper costruirvi come persone vi stiamooffrendo? È una domanda per noiadulti. Com’è facile criticare i giovanie passare il tempo mormorando, se lipriviamo di opportunità lavorative,educative e comunitarie a cui aggrap-parsi e sognare il futuro! Senza istru-zione è difficile sognare un futuro;senza lavoro è molto difficile sognareil futuro; senza famiglia e senza comu-nità è quasi impossibile sognare il fu-turo. Perché sognare il futuro significaimparare a rispondere non solo perchévivo, ma per chi vivo, per chi vale lapena di spendere la mia vita. E questodobbiamo favorirlo noi adulti, dandovilavoro, istruzione, comunità, opportu-nità.Dal discorso del Papa alla veglia coigiovani a Campo San Juan Pablo II(Panama), sabato 26 gennaio 2019