Favole su ordinazione Gisella la-pecorella

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www.800fiabe.it Luglio 2011 - Fiaba scritta “a quattro mani” con Max "Gisella la Pecorella" Viveva nel bosco perduto una pecorella magrissima di nome Gisella. Gisella non era sola perché aveva un sacco di sorelline che le facevano compagnia ma lei era molto magra perché, a differenza di loro che brucavano l’erba, lei mangiava solo more e mirtilli che trovava ai confini del bosco perduto, vicino al villaggio degli gnomi. Ogni giorno lei s’incamminava per trovare le more e, contando i passi arrivava nel posto che conosceva. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci… contare i passi era il suo modo per non perdersi. Un giorno, uno gnomo che girava nei paraggi, la vide arrivare e si incuriosì a tal punto di lei, che piano piano fecero amicizia. Fu così che trovandosi ogni giorno il loro legame si rafforzò e mentre lo gnomo imparava i numeri, la pecora Gisella passava il suo tempo ad ascoltare i racconti degli gnomi che parlavano del mondo oltre il bosco che Gisella non conosceva. Fu così che i giorni passarono tra numeri, more e racconti degli gnomi, tra racconti, more e numeri. I racconti degli gnomi incuriosirono talmente Gisella che un giorno di Luglio decise di partire per un viaggio oltre quel bosco, per assaporare dal vivo la magia descritta nelle storie degli gnomi. Ma il paese di là dal bosco è enorme!”, gli disse lo gnomo quando seppe delle intenzioni di Gisella. Lei replicò: “Non preoccuparti, io conterò i passi e così sarò in grado di ritornare semmai ne avessi bisogno”. Strinse la mano alle sue sorelle, passò a salutare il suo amico gnomo e si avviò iniziando a contare i passi per essere sicura di poter ritornare senza problemi a casa. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci… Undici, dodici, tredici, quattordici, quindici…

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Luglio 2011 - Fiaba scritta “a quattro mani” con Max "Gisella la Pecorella" Viveva nel bosco perduto una pecorella magrissima di nome Gisella. Gisella non era sola perché aveva un sacco di sorelline che le facevano compagnia ma lei era molto magra perché, a differenza di loro che brucavano l’erba, lei mangiava solo more e mirtilli che trovava ai confini del bosco perduto, vicino al villaggio degli gnomi. Ogni giorno lei s’incamminava per trovare le more e, contando i passi arrivava nel posto che conosceva. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci… contare i passi era il suo modo per non perdersi. Un giorno, uno gnomo che girava nei paraggi, la vide arrivare e si incuriosì a tal punto di lei, che piano piano fecero amicizia. Fu così che trovandosi ogni giorno il loro legame si rafforzò e mentre lo gnomo imparava i numeri, la pecora Gisella passava il suo tempo ad ascoltare i racconti degli gnomi che parlavano del mondo oltre il bosco che Gisella non conosceva. Fu così che i giorni passarono tra numeri, more e racconti degli gnomi, tra racconti, more e numeri. I racconti degli gnomi incuriosirono talmente Gisella che un giorno di Luglio decise di partire per un viaggio oltre quel bosco, per assaporare dal vivo la magia descritta nelle storie degli gnomi. “Ma il paese di là dal bosco è enorme!”, gli disse lo gnomo quando seppe delle intenzioni di Gisella. Lei replicò: “Non preoccuparti, io conterò i passi e così sarò in grado di ritornare semmai ne avessi bisogno”. Strinse la mano alle sue sorelle, passò a salutare il suo amico gnomo e si avviò iniziando a contare i passi per essere sicura di poter ritornare senza problemi a casa. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci… Undici, dodici, tredici, quattordici, quindici…

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Venti, ventuno, ventidue, ventitre… Cammina e cammina, Gisella aveva fame e non trovava facilmente le sue more. Come poteva fare? “Le mie sorelle mangiano l’erba” pensò. “Potrei provare anche io!”, disse tra sé e sé. Al centesimo passo, si ritrovò in una radura dove cresceva una bella e soffice erbetta verde e al centro della radura vide un recinto di legno dentro al quale stavano tantissime pecore come lei. Gisella camminò continuando a contare, centouno, centodue, centotre, centoquattro.. e si avvicinò alle altre pecorelle che curiose la guardavano. Arrivata ai bordi del recinto, al centodiciannovesimo passo, una delle pecore anziane le chiese: “Parli la mia lingua?”. Gisella la guardò stupita e disse: “Centoventi… certamente, mi chiamo Gisella!”. “Centoventi… Gisella, un nome strano!”disse la pecora anziana. “Centoventuno… ma no! Centoventi sono i passi… li sto contando per non perdermi. Io mi chiamo solo Gisella e sono qui per scoprire il mondo oltre il bosco!”. “Ah, ora ho capito! Posso offrirti qualcosa? Se vuoi, approfitta del nostro prato, l’erba è fresca e tenera”. “Io non ho mai mangiato erba sai, preferisco le more e i mirtilli”. “More? Mirtilli?... beh mi sa che per questo motivo sei così magra! Io ti consiglio di provare.” Gisella guardò diritto negli occhi la pecora anziana la quale intravide un forte senso di paura nei suoi occhi. “Cosa succede, perché hai paura di brucare?”, le disse la pecora anziana. “Perché le more e i mirtilli posso digerirli subito, mentre l’erba va ruminata e questo mi fa impressione!”. La pecora anziana rise e Gisella abbassò tristemente lo sguardo sentendosi presa in giro. “Centoventitre, centoventiquattro, centoventicinque…” Gisella si allontanò. La pecora anziana uscì dal recinto e si mise al suo fianco contando i numeri con lei. “Vedi Gisella, noi pecore siamo ruminanti e questo ci consente di ingerire una grande quantità di cibo senza masticarla. Il nostro corpo è fatto per richiamare il cibo che abbiamo mangiato e che nel frattempo è già stato elaborato in parte. Non devi avere timore se il cibo ritorna in bocca perché è così che deve essere. Se

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vuoi proviamo a mangiare l’erbetta insieme. Ti assicuro che questa è buonissima!”. Gisella si fermò mentre diceva il numero centoventisei… e rispose: “Va bene, se lo facciamo insieme va bene.” Fu così che Gisella e la pecora anziana fecero pranzo insieme e poi si misero a riposare all’ombra dello steccato aspettando la digestione. Durante il riposo il cibo fu richiamato e insieme ruminarono chiacchierando e tutto accadde normalmente senza paura. Piano piano, Gisella imparò a gustare l’erbetta e a mangiare e si irrobustì facendosi più bella. Aveva dimenticato le more e i mirtilli ma le mancavano le storie degli gnomi e il suo amico. Così un giorno decise di ritornare a casa. Salutò la pecora anziana e iniziando a contare al contrario, imboccò la strada del ritorno. Centoventicinque, centoventiquattro, centoventitre, …. Cento… cinquanta…. Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due uno…. All’uno si trovò nel solito posto ma il suo amico non c’era. Lo chiamò forte, aspettò tutta la notta e si addormentò. Il giorno dopo, qualcuno lo svegliò con un bacio. Aprì gli occhi e vide un bellissimo principe azzurro. “Quanto ti ho atteso! Finalmente hai trovato il coraggio di brucare l’erba e così hai rotto l’incantesimo”, le disse questo ragazzo dagli occhi blu. Lei si guardò intorno spaesata, riconobbe la voce del suo amico gnomo in quella del principe. Non capiva cosa era successo ma si accorse di essersi trasformata in una principessa. “Incantesimo, quale incantesimo?” risposte Gisella. “L’incantesimo della regina del bosco perduto! Ma questa te la racconto domani perché ora dobbiamo riposare” Rispose il principe azzurro. E si addormentarono insieme contando le nuvole. Una, due, tre, quattro, cinque….