Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico....

47
1 Il 2015 segna due anniversari significativi che riguar- dano il beato Pier Giorgio Frassati. Il 20 maggio abbiamo ricordato i 25 anni della beatificazione, mentre il 4 luglio saranno passati 90 anni dalla sua morte. Quella mattina di primavera del 1990, in piaz- za San Pietro, con il sole che si nascondeva e si affac- ciava dalle nuvole bianche, è rimasta scolpita nel cuore di tutti coloro che erano a Roma. Il vento ci accarezzava e muoveva il saio di padre Paolo Molinari, postulatore, in piedi davanti a papa Giovanni Paolo ancora nel pieno delle forze. Lo stendardo pro- poneva non il solito «faccione» del beato di turno, ma la figura intera di un giovane alpinista, con lo scarpo- ne appoggiato saldamente sulla roccia. Quella giornata concludeva un lungo cammino: una causa di beatificazione durata 59 anni. Partita “in quarta” nel 1931 sulla spinta di centinaia di circoli giovanili di Azione cattolica dedicati a Pier Giorgio, e delle decine di migliaia di copie della biografia scritta da don Cojazzi e tradotta in tanti paesi del mondo, e poi a un certo punto arenata per motivi a posteriori rivelatisi non fondati; ripresa finalmente da Paolo VI e conclusa da Giovanni Paolo II, due papi che amavano il giovane torinese per motivi e con storie diverse. Ma quella giornata apriva anche un cammino nuovo per la figura di Pier Giorgio, dalle strade della sua Torino alle vie di tutti i continenti. Oggi il giovane Frassati, dopo tanti anni, è ispirazione e porta aperta verso Dio per un numero crescente di giovani di tutto il mondo. Le sue frasi – da «Non vivacchiare ma vive- re» a «Verso l’alto», a «La tristezza dev’essere bandi- ta dagli animi cattolici» – sono prese come program- ma da ragazzi e ragazze di ogni parte della terra. Questa attualità di Pier Giorgio fa restare davvero impressionati. La sua figura viene percepita come contemporanea, anche se gli anni Venti del Novecento erano ben diversi da questi anni Dieci del nostro seco- lo e quell’Italia aveva ben poco in comune con gli Stati Uniti o l’Australia o la stessa Italia di oggi. Evidentemente, il suo modo di vivere il cristianesimo parla un linguaggio moderno e universale. Le dimen- sioni fondamentali dell’essere giovani sono presenti, sia in gioia che in difficoltà: il rapporto con la famiglia, lo studio, il progetto di vita, l’interesse per la società, la spinta ideale per un mondo migliore, l’affettività, il tempo libero, lo sport... E tutto ciò vissuto nella fede genuina, profonda, entusiasta e seria allo stesso tempo, resa viva e pulsante nella quotidianità. L’amore per Gesù, riconosciuto come vivo e vero nella propria esistenza, e ritrovato nei fratelli e nelle sorelle che la vita gli met- teva accanto. La preghiera, la Parola di Dio, i sacramenti: tutto vissuto con natu- ralezza, senza patemi, senza barriere. Come non sentire il fascino di una testi- monianza di questo spessore? Pier Giorgio attrae e rilancia: affascina con la sua vita, e genera il desiderio di una vita rinnovata in Dio, riscritta sul quaderno fresco e immacolato della fede, affidata al Signore perché ne faccia un dono per il mondo. È questo che fanno i santi. E Pier Giorgio sembra un perfetto testimonial della Chiesa che papa Francesco esorta a realizzare: una Chiesa che cam- mina nelle periferie esistenziali dell’umanità con- temporanea, che guarda senza remore le donne e gli uomini che cercano – magari a tentoni – la vita vera e attendono qualcuno che indichi la strada, attraverso la condivisione, la fraternità praticata, la carità materiale e spirituale. Anche per questo, sembra maturo il tempo perché la causa di Frassati faccia l’ultimo passo, e la Chiesa lo proclami santo. Che cosa cambierebbe? Il culto pub- blico del beato è concesso a un «ambiente particola- re», mentre il santo è oggetto del culto pubblico nella Chiesa universale. Per Pier Giorgio, che è già venera- to in ogni parte del mondo, questo riconoscimento permetterebbe una diffusione ancora più capillare della sua figura, con tutti i benefici che ne potrebbero derivare per tante persone di ogni parte del mondo. Anche l’Azione cattolica allora può intensificare la preghiera affinché Dio conceda il miracolo richiesto perché la Chiesa possa procedere alla canonizzazio- ne di questo suo socio tanto amato. Chissà, magari grazie a queste preghiere il 2015 potrebbe diventa- re ancora più significativo... Fatti parole Frassati, santità giovane per una Chiesa “in uscita” di Roberto Falciola &

Transcript of Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico....

Page 1: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

1

Il 2015 segna due anniversari significativi che riguar-dano il beato Pier Giorgio Frassati. Il 20 maggioabbiamo ricordato i 25 anni della beatificazione,mentre il 4 luglio saranno passati 90 anni dalla suamorte. Quella mattina di primavera del 1990, in piaz-za San Pietro, con il sole che si nascondeva e si affac-ciava dalle nuvole bianche, è rimasta scolpita nelcuore di tutti coloro che erano a Roma. Il vento ciaccarezzava e muoveva il saio di padre PaoloMolinari, postulatore, in piedi davanti a papa GiovanniPaolo ancora nel pieno delle forze. Lo stendardo pro-poneva non il solito «faccione» del beato di turno, mala figura intera di un giovane alpinista, con lo scarpo-ne appoggiato saldamente sulla roccia.Quella giornata concludeva un lungo cammino: unacausa di beatificazione durata 59 anni. Partita “inquarta” nel 1931 sulla spinta di centinaia di circoligiovanili di Azione cattolica dedicati a Pier Giorgio, edelle decine di migliaia di copie della biografia scrittada don Cojazzi e tradotta in tanti paesi del mondo, epoi a un certo punto arenata per motivi a posterioririvelatisi non fondati; ripresa finalmente da Paolo VI econclusa da Giovanni Paolo II, due papi che amavanoil giovane torinese per motivi e con storie diverse.Ma quella giornata apriva anche un cammino nuovoper la figura di Pier Giorgio, dalle strade della suaTorino alle vie di tutti i continenti. Oggi il giovaneFrassati, dopo tanti anni, è ispirazione e porta apertaverso Dio per un numero crescente di giovani di tuttoil mondo. Le sue frasi – da «Non vivacchiare ma vive-re» a «Verso l’alto», a «La tristezza dev’essere bandi-ta dagli animi cattolici» – sono prese come program-ma da ragazzi e ragazze di ogni parte della terra.Questa attualità di Pier Giorgio fa restare davveroimpressionati. La sua figura viene percepita comecontemporanea, anche se gli anni Venti del Novecentoerano ben diversi da questi anni Dieci del nostro seco-lo e quell’Italia aveva ben poco in comune con gli StatiUniti o l’Australia o la stessa Italia di oggi.Evidentemente, il suo modo di vivere il cristianesimo

parla un linguaggio moderno e universale. Le dimen-sioni fondamentali dell’essere giovani sono presenti,sia in gioia che in difficoltà: il rapporto con la famiglia,lo studio, il progetto di vita, l’interesse per la società,la spinta ideale per un mondo migliore, l’affettività, iltempo libero, lo sport... E tutto ciò vissuto nella fedegenuina, profonda, entusiasta e seria allo stessotempo, resa viva e pulsante nella quotidianità. L’amoreper Gesù, riconosciuto come vivo e veronella propria esistenza, e ritrovato neifratelli e nelle sorelle che la vita gli met-teva accanto. La preghiera, la Parola diDio, i sacramenti: tutto vissuto con natu-ralezza, senza patemi, senza barriere.Come non sentire il fascino di una testi-monianza di questo spessore?Pier Giorgio attrae e rilancia: affascinacon la sua vita, e genera il desiderio diuna vita rinnovata in Dio, riscritta sulquaderno fresco e immacolato della fede, affidata alSignore perché ne faccia un dono per il mondo. Èquesto che fanno i santi. E Pier Giorgio sembra unperfetto testimonial della Chiesa che papaFrancesco esorta a realizzare: una Chiesa che cam-mina nelle periferie esistenziali dell’umanità con-temporanea, che guarda senza remore le donne egli uomini che cercano – magari a tentoni – la vitavera e attendono qualcuno che indichi la strada,attraverso la condivisione, la fraternità praticata, lacarità materiale e spirituale.Anche per questo, sembra maturo il tempo perché lacausa di Frassati faccia l’ultimo passo, e la Chiesa loproclami santo. Che cosa cambierebbe? Il culto pub-blico del beato è concesso a un «ambiente particola-re», mentre il santo è oggetto del culto pubblico nellaChiesa universale. Per Pier Giorgio, che è già venera-to in ogni parte del mondo, questo riconoscimentopermetterebbe una diffusione ancora più capillaredella sua figura, con tutti i benefici che ne potrebberoderivare per tante persone di ogni parte del mondo.Anche l’Azione cattolica allora può intensificare lapreghiera affinché Dio conceda il miracolo richiestoperché la Chiesa possa procedere alla canonizzazio-ne di questo suo socio tanto amato. Chissà, magarigrazie a queste preghiere il 2015 potrebbe diventa-re ancora più significativo...

Fatti parole

Frassati, santitàgiovane per unaChiesa “in uscita”

di RobertoFalciola&

Pag01-03n6/2015_Segno 12/05/15 10.57 Pagina 1

Page 2: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

Con l’indizione dell’Anno straordinariogiubilare, papa Francesco ha immessonelle viscere del mondo il termine“misericordia”. L’ultimo grande Giubileo

è stato quello voluto da Giovanni Paolo II nell’anno2000. Ma, rispetto a quello che la Chiesa univer-sale si appresta a vivere tra qualche mese, è comese il terreno fosse stato concimato già prima,durante i due anni di pontificato dove la misericor-dia è stata il faro del suo magistero. La misericor-dia dei gesti, dell’accoglienza verso i fratelli piùbisognosi, la misericordia del sorriso e del perdo-no, che offre sobrietà e gentilezza insieme, lamisericordia, infine, che mette la “Chiesa delgrembiule” (espressione tanto cara al servo di Diodon Tonino Bello) al primo posto nel racconto divita sulla strada del vangelo.Con don Carlo Molari, teologo, saggista e scrittore,Segno prova a leggere i segni di quest’evento cosìimportante per la vita delle Chiese e dei popoli.

Che valore ha oggi il termine “misericordia”?Misericordia di per sé vuol dire “missione di amoreverso la miseria”. Indica quel momento nel qualel’offerta del bene verso le persone che si trovano incondizioni di sofferenza, di emarginazione e dimale, diventa nuova forza vitale. L’atteggiamentodella misericordia è proprio di chi trasmette l’amo-re affinché il prossimo, i fratelli più deboli, escanodalla loro condizione di male e di peccato. È l’o-rientamento dell’amore che solleva chi sta nelmale verso un cammino di liberazione interiore ecorporale.

L’Anno santo inizierà nella prossima solennitàdell’Immacolata Concezione e si concluderà il 20novembre del 2016, domenica di Nostro SignoreGesù Cristo re dell’universo. Come andrebbe vis-suto questo anno giubilare?Sono due i movimenti che l’anno giubilare mette inmoto. Innanzitutto l’accoglienza dell’azione miseri-cordiosa degli altri nei confronti del nostro male:l’invocazione del perdono è l’accoglienza dell’azio-

I 0620154

sotto

i rif

letto

ri

Misericordia,il tempo

opportunoInizierà l’8 dicembre di quest’anno.

E si concluderà nel novembre del 2016.È l’Anno giubilare straordinario che papa

Francesco ha voluto dedicarealla misericordia. «Per coloro che hanno fedein Dio il bene è più forte del male – spiega un

noto teologo a Segno –. Ma perché il beneprevalga sulla terra deve diventare azione

umana, gesto concreto di creature.Ecco perché penso che l’indizione dell’anno

santo sia un’intuizione geniale.Tempi nuovi di speranza e di pacesi prospettano dinanzi a noi sotto

la luce di questa grazia»

di Gianni Di Santo

intervista conCarlo Molari

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 4

Page 3: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

I 062015 5

ne misericordiosa degli altri. Dio, infatti, operaattraverso le creature nei nostri confronti. Il secon-do aspetto è il nostro diventare “ministri di miseri-cordia”, cioè il nostro impegno a diffondere l’amo-re misericordioso di Dio. La Chiesa è invitata, tuttinoi siamo invitati, a offrire perdono. Assolvere dalmale, non è un atto giuridico, bensì significa diffon-dere l’energia vitale e salvifica che proviene dalvangelo affinché il prossimo esca dalla sua condi-

zione di male. Noi avvertiamo quando qualcuno cisottrae vita, ci disprezza, emargina, non ci è vicino,e, al contempo, avvertiamo la forza che vienequando qualcuno ci è accanto, ci alimenta con lasua stima e affetto. Ecco, questo è un esercizioconcreto di misericordia.

Le opere di misericordia, corporali e spirituali, sonostate forse un po’ dimenticate dalle nostre omeliee catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica darinnovare?Certo. Giovanni XXIII insisteva molto sulle opere dimisericordia perché sono forme concrete di “prati-ca evangelica” sorte nella tradizione della Chiesacome esercizio dell’amore che diventa sostegnonel cammino difficile della vita. Nel catechismosono elencate sette opere di misericordia corpora-li e sette opere di misericordia spirituali (vedi box,ndr.). Sono espressioni concrete della forza creatri-ce della vita che diventa offerta gratuita ai fratelli e

Nelle foto:il teologo don Carlo Molari

sotto

i rif

letto

ri

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 5

Page 4: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

alle sorelle. Ciò implica cheanche noi sappiamo accogliereconsapevolmente le dinamichemisericordiose degli altri. Il giu-bileo è l’invito a rafforzare vinco-li di amore gratuito all’internodella Chiesa perché questedinamiche si diffondano nelmondo intero e prevalgano sullespinte della violenza distruttrice.

Temi di assoluta attualità, spe-cie se osserviamo gli scenariglobali...Oggi l’umanità si trova a una nuova svolta.L’orizzonte planetario esige che tutta l’umanitàraggiunga un nuovo traguardo di convivenza e difraternità. I mezzi di comunicazione ci consentonodi vivere meglio, e la globalizzazione, se governata

all’interno di un processo di giu-stizia della distribuzione dei benie di sviluppo economico sosteni-bile, può davvero realizzare unanuova felicità per i popoli. Maquesto orizzonte planetariorichiede delle qualità spirituali dicomunione, di condivisione e dimisericordia, che finora nonerano necessarie e neppure pos-sibili. Il dialogo tra le diverse cul-ture e la condivisione delle espe-rienze religiose, fanno sì che oggile nuove qualità spirituali neces-

sarie perché l’umanità possa procedere sulla terrapossano fiorire e diffondersi in mezzo a noi.

L’accoglienza e l’offerta della misericordia risiedo-no più nella nostra anima o nel “fare” le opere?Accogliere la misericordia suppone prima di tuttola consapevolezza del proprio male. In secondoluogo richiede il riconoscimento della funzioneche gli altri hanno nei nostri confronti: noi abbia-mo bisogno dell’amore degli altri, riflesso dell’a-more di Dio. In questo senso il primo aspettodella misericordia è un dinamismo di ascolto e diaccoglienza. Poi, certo, dobbiamo sviluppare l’of-ferta della misericordia che diventa gesto concre-to di amore e di perdono per gli altri. San Paolo,nella seconda Lettera ai Corinti, definisce questoatteggiamento «ministero della riconciliazione»(5, 18-19). Tutti hanno il compito di offrire perdo-no, di immettere dinamiche di gioia e di riconci-liazione nella vita degli altri. Nella preghiera inse-gnataci da Gesù diciamo: «perdona noi come noiperdoniamo». Sappiamo diventare ministri dimisericordia?

Quindi è il tempo giusto per “essere” in misericor-dia e praticare misericordia?È il tempo opportuno. Papa Francesco, con l’enci-clica quotidiana dei gesti, sta dicendo a tutta laChiesa e a noi peccatori che il tempo della miseri-

6 I 062015

sotto

i rif

letto

ri

Nato a Cesena il 25 luglio 1928, Carlo Molari è diventatosacerdote nel 1952. Laureato in teologia dogmatica nellaPontificia università Lateranense, ha insegnato teologia

nella medesima università (1955-1968), nella facoltà teologicadell’università Urbaniana di Propaganda fide (1962-1978) enell’istituto di Scienze religiose dell’università Gregoriana (1966-1976). Dal 1961 al 1968 è stato aiutante di studio della Sezionedottrinale della S. Congregazione della Dottrina della Fede. I suoiinteressi sono rivolti soprattutto alla ricerca di modelli teologiciche rispondano alle necessità spirituali delle persone di oggi. Hascritto, tra l’altro: La fede e il suo linguaggio, Cittadella, Assisi1972; Darwinismo e teologia cattolica, Borla, Roma 1984; Un passoal giorno, Cittadella, Assisi 1985; Per un progetto di vita, Borla,Roma 1985; La vita del credente. Meditazioni spirituali per l’uomod’oggi, Elle Di Ci-Leumann Torino 1996; Percorsi comunitari di fede,Borla, Roma 2000; Credenti laicamente nel mondo, Cittadella,Assisi 2006; Per una spiritualità adulta, Cittadella, Assisi 2008;Teologia del pluralismo religioso, Pazzini, Rimini 2011, La vocazionecristiana, Cittadella, Assisi 2014.

IdentikitUn teologo attento ai segni dei tempi

Accogliere lamisericordia supponeprima di tuttola consapevolezzadel proprio male.In secondo luogorichiede ilriconoscimentodella funzioneche gli altri hannonei nostri confronti:noi abbiamo bisognodell’amore deglialtri, riflessodell’amore di Dio.

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 6

Page 5: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

cordia è qui, tra noi, illuminato dallo sguardotenero di Dio. Sta a noi capirlo, interioriz-zarlo, diffonderlo, praticarlo. Perchéprevalga il bene sul male è necessa-rio che si diffondano nel mondodinamiche di amore gratuito. Finoa ora la vita ha prevalso, ma oggic’è il rischio – vedi la corsa agliarmamenti o la crisi geopoliticamediorientale – che la morteprevalga. Per coloro che hannofede in Dio il bene è più forte delmale. Ma perché il bene prevalgasulla terra deve diventare azione

umana, gesto concreto di creature.Ecco perché penso che l’indizione dell’Anno

della misericordia sia un’intuizione geniale, unadecisione opportuna. Il pontificato di papaFrancesco è provvidenziale. Tempi nuovi di speran-za e di pace si prospettano dinnanzi a noi sotto laluce della misericordia. �g

7I 062015

sotto

i rif

letto

ri

Le sette opere

di misericordia

corporale•Dar da mangiare agli affamati•Dar da bere agli assetati•Vestire gli ignudi•Alloggiare i pellegrini•Visitare gli infermi•Visitare i carcerati•Seppellire i morti

Le sette opere

di misericordia

spirituale•Consigliare i dubbiosi•Insegnare agli ignoranti•Ammonire i peccatori•Consolare gli afflitti•Perdonare le offese•Sopportare pazientementele persone moleste

•Pregare Dio per i vivie per i morti

Il logo del Giubileodisegnato dal gesuita padre

Marko I. Rupnik

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 7

Page 6: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

L’esattore delle tasse seduto al bancodelle imposte si chiama Matteo. Un altrouomo, Gesù, lo guarda e il primo uomo«sente qualcosa di nuovo, qualcosa che

non conosceva». Papa Francesco prende spunto daun quadro di Michelangelo Merisi, meglio notocome il Caravaggio, La Vocazione di Matteo, perparlare della misericordia di Dio: è bastato unmomento soltanto, che nel famoso dipinto vieneevidenziato dal Cristo che chiede a Matteo diseguirlo semplicemente indicandolo con il dito indi-ce, per comprendere che quello sguardo gli hacambiato la vita per sempre. È il momento dellamisericordia ricevuta e accettata, commenta, nel-l’omelia a Santa Marta, Francesco, il papa che sce-glie come motto – Miserando atque eligendo – pro-prio riferendosi a quell’avvenimento. E il gerundiolatino, miserando, papa Bergoglio lo traduce con unneologismo da lui inventato: misericordiando.Francesco è il papa che non ha preso parte alConcilio, ma lo ha calato nella realtà pastorale, nelsuo essere sacerdote e poi vescovo. Così non devestupire se il giovedì santo del 2013, pochi giorni dopola sua elezione a successore di Pietro, è nell’Istitutoper minori di Casal del Marmo per la messa in CoenaDomini. Come faceva a Buenos Aires, nelle villasmiseria, le baraccopoli della capitale argentina, così,tra i ragazzi reclusi del carcere, lava i piedi a 12 dete-

nuti di nazionalità e confessioni diver-se, tra cui due ragazze, una italiana direligione cattolica e una serba nata aRoma, di fede musulmana. L’abbracciodella misericordia.Papa Francesco torna tra i carceratidue anni più tardi, sempre un giovedìsanto. A Rebibbia è di nuovo inginocchio a lavare i piedi a dodicireclusi, sei donne e sei uomini, lametà stranieri. Volti rigati dalle lacri-me, gioia e commozione che a sten-to riescono a contenere. Ma gli “apo-stoli” ai quali bacia e asciuga il piedequesta volta sono tredici, c’è anche il

piccolino che la mamma nigeriana, reclusa nelnido, tiene in braccio. Su quel piedino la mano e labocca di papa Francesco si fermano qualcheistante in più; il sorriso rivolto alla madre è ancorapiù carico di tenerezza, ed è per quel piccolo reclu-so senza colpa e senza condanna.Ma come non ricordare che il primo viaggio che ilpapa compie appena eletto è nell’isola diLampedusa, primo lembo di terra italiana, anzieuropea, su quel mare Mediterraneo solcato dacarrette del mare con a bordo uomini, donne ebambini, «nostri fratelli – dice nel Regina coeli didomenica 19 aprile di quest’anno, ricordando lanuova tragedia in quel tratto di mare nel qualesono morte almeno 800 persone – che cercanouna vita migliore, affamati, perseguitati, feriti,sfruttati, vittime di guerre; cercano una vita miglio-re. Cercavano la felicità».In quel viaggio, nell’isola più vicina al continenteafricano che all’Europa, il papa sarà accanto aquesti migranti, parlando di «globalizzazione del-l’indifferenza», di incapacità di versare lacrime difronte a queste tragedie. Era il luglio del 2013 e imorti, la tratta di esseri umani hanno continuato aessere una triste realtà, anche ai nostri giorni.Nell’idea di Bergoglio per questo Anno santo dellamisericordia c’è anche spazio per gesti simboliciper evidenziare l’attenzione agli ultimi. Come lascelta da lui voluta, e messa in atto da monsignorKonrad Krajewski, elemosiniere pontificio, di offrireun aiuto alle persone senza fissa dimora, ai clo-chard che gravitano attorno a San Pietro, ma anchein altre zone della città. Proprio nei primi giorni delpontificato aveva parlato della morte, nell’indiffe-renza generale, di un barbone a via Ottaviano, pocodistante dal Vaticano, ricordando la storia dellaTorre di Babele e della tragedia di fronte alla perdi-ta di un mattone, paragonata all’insignificanza dellamorte di una persona che lavorava alla realizzazio-ne dell’opera. Per quei clochard papa Francesco havoluto che venissero realizzate delle docce, chefosse possibile per loro avere a disposizione unbarbiere, e che fosse loro consegnata della bian-

8 I 062015

sotto

i rif

letto

ri

Il “balsamo” di Francescodi Fabio Zavattaro

Dalla lavanda dei piedia Casal del Marmo aimigranti di Lampedusa,passando per le doccecostruite in piazza SanPietro per i clochard.La misericordia,per Bergoglio,è «la vera forza chepuò salvare l’uomoe il mondo dal “cancro”che è il peccato».«Solo l’amore riempiei vuoti» della storia

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 8

Page 7: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

cheria intima e un necessarie per la toeletta. Ma è forse con gli ammalati, che incontra nelleudienze generali o negli incontri loro riservati, chela tenerezza di papa Francesco si manifesta inmodo più evidente. All’ospedale Bambino Gesùresta quasi tre ore; nel reparto di Oncoematologiasi intrattiene con 30 piccoli pazienti e i loro genito-ri. Per le televisioni, poche immagini, com’è giustoin questi casi; soprattutto mani sfiorate, carezzeche accompagnano i tratti del viso; un sorriso cheè messaggio di amore e di tenerezza. Alle persone

diversamente abili rivolge un’attenzione del tuttoparticolare, e il giovedì santo del 2014 è al Centrodon Gnocchi per lavare i piedi a dodici assistiti del-l’opera nata per intuizione del sacerdote lombardoproclamato beato nel 2009.La misericordia non è buonismo, ha detto il papa il13 settembre 2013, ma è «la vera forza che puòsalvare l’uomo e il mondo dal “cancro” che è ilpeccato, il male morale, il male spirituale. Solo l’a-more riempie i vuoti, le voragini negative che ilmale apre nel cuore e nella storia». �g

9I 062015

Il “balsamo” di Francesco

«Se c’è un’idea guida, una stella che illumina e orienta il cammino di papa Francesco,questa è la misericordia, la stella della misericordia. Nelle omelie mattutine a SantaMarta, nei discorsi e nei documenti, in particolare nell’esortazione apostolica

Evangelii gaudium, la misericordia è il tema centrale. La chiave di un messaggio che obbliga afare i conti con le nostre immagini di Dio e a sbarazzarsi di troppi clichés ancora in voga.Perché il Dio della Bibbia non è il castigamatti di tante rappresentazioni caricaturali, unsovrano vendicativo o un giudice impassibile. È, in primo luogo, il Signore “paziente emisericordioso, lento all’ira e ricco di grazia” che Israele invoca nella sua preghiera (Sal145)». Così Piero Pisarra, giornalista e sociologo che vive in Francia, scrive nell’introduzione al volume Misericordia, editoda Ave nella collana “Le parole di Francesco”. Un invito a lasciarsi guidare e orientare, nel cammino di tutti i giorni, dallastella della misericordia, il mondo alla rovescia delle beatitudini dove grazia, tenerezza e perdono sono di casa.

Collana Ave su “Le parole di Francesco”Il mondo alla rovescia delle beatitudini

sotto

i rif

letto

ri

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 9

Page 8: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

Bruno, Claudio, Federico, Tommaso,Antonio, Fabio. Sei nomi, sei volti da nondimenticare. Sei storie da raccontare eda vivere con un unico denominatore

comune: essere padri separati alle prese con unaprecarietà economica ed esistenziale che rendepoveri e soli. Succede dalle parti di Bari, quando la

comunità locale civile edecclesiale si prende cura,per dirla “alla papaFrancesco”, dei lontani. Seistorie di uomini che hannoincontrato la bellezza dellatenerezza di Dio e dellaParola che è compagnia. Si inizia dalle cose piùsemplici, che poi sono ibisogni primari. Un tettodove dormire per ripararsidalla pioggia e dal freddo, e

un piatto caldo, insieme a tanta amicizia da condi-videre. «Anche la bellezza ha il suo significato,anche e soprattutto quando facciamo accoglienza.Talvolta ci lasciamo tentare da soluzioni “caritati-ve” che anche esteticamente sono brutte, come sela parola emarginazione facesse sempre e solorima con povero e brutto». A dirlo è don VitoPiccinonna, direttore della Caritas della diocesi diBari-Bitonto e già assistente nazionale per il setto-re Giovani di Ac. «Quando il vescovo mi ha chiestocosa potessi fare, avendo la diocesi avuto in donouna casa “vera” e bella con sei posti letto, ci hopensato su e mi è venuto in mente, dopo averscambiato delle opinioni con i collaboratori, cheforse potevamo fare qualcosa in merito a una delleferite più dolenti della nostra società, e cioè le fra-gilità esistenziali dei padri separati che hannoperso tutto, e che si trovano e vivere in una situa-zione di emergenza. La misericordia – continuadon Vito – è una parola oggi assai attuale, visto il

prossimo Anno giubilare straordinarioindetto da papa Francesco. Noi, qui allaCaritas della nostra diocesi, l’abbiamofatta nostra. È il nostro vocabolario dellabuona speranza».Osa, che è la sigla di Oasi strade aperte,«è un progetto di accoglienza abitativa edi sostegno personale per padri separati,che vengono a trovarsi in una condizionedi precarietà economica e relazionale. Sitratta di un progetto che, pur partendodai padri, ha a cuore l’intera famiglia. Piùche un’opera, è un segno che vuole get-tare un seme di speranza per tutti coloroche si sentono feriti da esperienze affet-tive e familiari fallimentari». Una presenza stabile di compagnia e disostegno economico per i sei padri sepa-

10 I 062015

sotto

i rif

letto

ri

Padri separati,è l’ora della carezza

intervista conVito Piccinonna

Misericordia spirituale/Consolare gli afflitti

Osa, che sta per Oasi stradeaperte, è un progettodi accoglienza abitativae di sostegno personale perpadri separati, che vengonoa trovarsi in una condizionedi precarietà economicae relazionale. Per il direttoredella Caritas di Bari-Bitonto,«si tratta di un progetto che,pur partendo dai padri,ha a cuore l’intera famiglia»

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 10

Page 9: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

Nelle foto:a lato, l’esterno di Osa.Sopra, don Vito davanti

al camino insiemeagli ospiti della casa

rati che dimorano nella casa inun tempo che va dagli 8 ai 12mesi. Le esigenze sono tante, ei percorsi di reintegro, anchepsicologico, per chi ha soffertoi drammi dovuti da una separa-zione giudiziale e dolorosa,sono diversi e comunque per-sonali. Una condizione abitativadignitosa è l’obiettivo primario,per poi ad arrivare a favorirel’incontro con i propri figli.

All’interno della struttura opera un’équipe che ha ilcompito di ascoltare gli ospiti e creare quelle condi-zioni di vivibilità e serenità personale e relazionale.Sono molte le proposte della casa. Per gli ospiti c’èla possibilità di partecipare a laboratori di orienta-mento al lavoro. Ma sono previsti anche colloquiperiodici e costanti per un monitoraggio costantedella loro capacità di riabilitarsi dal punto di vistapersonale e di realizzare sereni percorsi di relazio-

ne tesi a riallacciare il rapporto con i propri figli edeventualmente anche con l’ex coniuge.«Sono esperienze terribili di solitudine sociale erelazionale quelle che abbiamo visto dal primogiorno dell’apertura di Osa, appena prima delloscorso Natale – continua don Vito –. Spesso ipadri non vedono più i figli e sono costretti a dor-mire magari nelle macchine prestate loro daifidanzati delle figlie. La casa, oltre il momento diaccoglienza, riesce talvolta a ricostruire quei lega-mi familiari che sono fondamentali per la dignità diogni uomo. Con qualche figlio si sono risentiti.Insomma, la misericordia passa davvero non soloper un piatto di pasta e un tetto dove dormire, maanche e soprattutto per il cuore di ogni uomo. Aoggi in tutta Italia ci sono otto esperienze di questotipo, ma è del tutto evidente che sono destinate adaumentare. I casi di precarietà dovuta alle separa-zioni con strascichi giudiziari sono crescenti einterpellano la nostra coscienza». �g

giadis

11I 062015

Si inizia dalle cosepiù semplici, che poi sonoi bisogni primari.Un tetto dove dormireper ripararsi dalla pioggiae dal freddo, e un piattocaldo, insieme a tantaamicizia da condividere

sotto

i rif

letto

ri

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 11

Page 10: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

«Un aquilonecaduto perterra puòtornare a

volare se qualcuno inizia acorrere e lo accompagna,lasciando che il filo si allun-ghi gradualmente. Ecco, ilvolontariato penitenziariovuole essere quel filo cheaccompagna il reinserimentodella persona dalla reclusio-ne alla libertà, un ponte soli-dale tra la libertà e la prigio-nia». Luisa Prodi usa le paro-le, e le immagini, con parsi-monia ma anche con passio-ne. Si occupa di volontariatonelle carceri da sempre. Cinquantatreenne, inse-gnante di matematica in un liceo di Pisa, msacchi-na doc e già segretaria nazionale del Msac – unapassione, questa, che deve aver contagiato il resto

della famiglia visto che isuoi quattro figli sono stati esono tuttora, almeno i duepiù giovani, studenti diAzione cattolica – ora, eancora per tre mesi vistoche il suo secondo manda-to sta per finire, presidentedel Seac, il coordinamentodei gruppi di volontariatopenitenziario che operanoin Italia. Sono circa un migliaio inItalia quelli davvero chefanno volontariato in modocontinuo e che hanno untesserino rilasciato dalministero. Tutti però sono

accomunati dalla volontà di affiancarsi alla perso-na reclusa, per rivendicare i suoi diritti e la suadignità, per accompagnarla nel suo percorso direinserimento sociale, per sollecitare la società“libera” a farsi accogliente verso tutti.Una storia dove l’Ac è ben presente. A Milano,all’inizio degli anni ’60, presso la Sesta opera SanFedele, si svolgono una serie d’incontri tra i prin-cipali gruppi cattolici impegnati nell’Italia setten-trionale nell’assistenza ai carcerati. L’iniziativa èpromossa da alcuni dirigenti dell’Azione cattolicauomini giunti da Roma proprio per stringere lega-mi tra le associazioni dei primi volontari che ope-ravano in carcere e dare vita a un loro coordina-mento. Alla fine dell’estate del 1967, all’Isolad’Elba, si svolge il primo raduno nazionale, alquale partecipano i rappresentanti di una trenti-na di enti, giunti da tutta Italia. In poco tempo ilnumero delle associazioni coinvolte raddoppia eil 14 settembre 1968 si dà un nome al coordi-namento: Segretariato nazionale enti di assi-stenza ai carcerati. Viene approvato lo statuto e

12 I 062015

sotto

i rif

letto

ri

«Un bellissimo impegnoquello di assistere i carcerati,ma che riempie la giornatadi chi lo fa – raccontala presidente del Seac –.Dal punto di vista socialeil nostro lavoro è importanteperché è altamentesimbolico: andiamo incontroa un uomo o una donnache hanno sbagliatoe li aiutiamo a reinserirsi,laddove possibile,nella comunità civile».Un migliaio in Italiai volontari che operanodietro le sbarre

intervista conLuisa Prodi

L’aquilone chetorna a volare

Misericordia corporale/Visitare i carcerati

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 12

Page 11: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

nasce così il Seac.«Un bellissimo impegnoquello di assistere i car-cerati, ma che riempie lagiornata di chi lo fa –racconta Luisa Prodi –.Dal punto di vista socia-le il nostro lavoro èimportante perché èaltamente simbolico:andiamo incontro a unuomo o una donna chehanno sbagliato e li aiu-

tiamo a reinserirsi, laddove possibile, nella comu-nità civile. Ho l’impressione che più che parlare dimisericordia, quest’anno dovremmo forse “masti-care” un po’ di più di misericordia. E dentro le car-ceri, posso assicurare, se ne mastica parecchio».Come avviene una visita a un carcerato? «La visi-ta? È solo una delle parti del nostro lavoro. Sembrafacile, dura una mezzoretta. Il volontario deveessere formato, il colloquio avviene in un ambien-

te coatto. Il bello viene dopo. Quando questa per-sona ti cerca, ti domanda, ti chiede alcune cose etu devi davvero dare una mano vera. I problemi darisolvere sono enormi: dal vestiario da trovare aifrancobolli da comprare, oppure cercare il contat-to con gli operatori sociali. Un lungo lavoro di coor-dinamento. Per un volontario che effettua una visi-ta ce ne vogliono altri cinque che fanno tutto ilresto. Vorrei però dirlo ad alta voce: credo vera-mente che visitare i carcerati sia un dono inesti-mabile che la vita mi ha fatto. La bellezza dell’in-contro con “l’altro”, chiunque esso sia, è sempreun dono. La parola misericordia acquista carne esembianze umane. E poi c’è molto di più». OggiSeac «vuol dire non più e non solo volontariatopenitenziario, ma volontariato impegnato a pienotitolo nella promozione della giustizia. Il Seac èstato, tra l’altro, tra le prime associazioni, a intro-durre in Italia il tema della mediazione penale, tragli autori e le vittime dei reati, per un nuovo model-lo di pace sociale da raggiungere». �g

giadis

13I 062015

Sopra:Luisa Prodi.

A lato, detenuti durantel’ora d’aria

sotto

i rif

letto

ri

Pag04-13n6/2015_Segno 12/05/15 10.59 Pagina 13

Page 12: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

14 I 062015

le a

ltre

no

tizi

e

C’è anche il Vaticano tra i padiglioni dell’Expo,assieme a 145 Paesi, organizzazioni internazio-nali (Onu, Ue e Cern), realtà della società civi-

le, del lavoro e del volontariato. Un evento globaleche ha per tema Nutrire il pianeta, energia per la vita,e che papa Francesco ha augu-rato sia «occasione propiziaper globalizzare la solida-rietà», auspicando che il temascelto «non resti solo un“tema”», ma «sia sempreaccompagnato dalla coscienzadei “volti”: i volti di milioni dipersone che oggi hanno fame,che oggi non mangeranno inmodo degno di un essere umano».E proprio il padiglione del Vaticano vuole essere un«messaggio», che si riassume nelle due citazioni bibli-che poste come titolo: Non di solo pane e Dacci oggi ilnostro pane quotidiano. «Ciò che la Santa Sede propo-ne ai milioni di visitatori di Expo 2015 – ha chiaritoil card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio

consiglio della cultura e Commissario della Santa Sedeper l’evento – è un invito a riscoprire le dimensionidella solidarietà e della fratellanza per imparare insie-me a custodire il pianeta e dare un futuro di speranzaall’umanità». Tanto che, alla fine del percorso, ai visi-

tatori è chiesta un’offerta perle opere di carità della Chiesanel mondo. Solo in Italia oltre4 milioni di persone sono aldi sotto della soglia dipovertà alimentare, sostenutequotidianamente da 15milastrutture caritative ecclesiali,in quello che – ha chiarito ilsottosegretario Cei, mons.

Domenico Pompili – è «un impegno quotidiano a favo-re di chi non ha un’alimentazione adeguata». Per que-sto l’Expo dev’essere un messaggio, non solo un even-to: perché guardare a chi ha fame nel mondo, acominciare dai volti di chi ci sta vicino, porti davveroa «un cambiamento di mentalità» e a comportamenticonseguenti. �g F.R.

È densa di campi l’estate associativa. L’Acrpropone due appuntamenti: dal 25 al 30luglio a Fiumalbo (Modena) per i membri

delle équipe sulle tre dimensioni catechesi-litur-gia-carità; dall’1 al 6 agosto ad Assisi, perresponsabili e vice responsabili diocesani, sumisericordia e sacramento della riconciliazione.Il settore giovani e il Movimento studenti(Msac), invece, organizzano due campi paralle-li dal 4 al 9 agosto a Molfetta (Bari), nella sededel seminario regionale. I giovani s’interroghe-ranno sulla fraternità, mentre per gli studenti loslogan è D(i)ritto al futuro. Per i giovani è inprogramma pure un campo di servizio a Roma,dal 18 al 24 agosto, in collaborazione con laCaritas diocesana.Per quanto riguarda gli adulti, l’estate 2015 cam-bia volto: non più il campo unico, ma tre appun-tamenti paralleli, con moduli di approfondimen-

to similari, per consentire una più ampia parte-cipazione dei responsabili. Il titolo è#Viaggiando e riprende il tema del camminodegli adulti per il 2015-2016. I tre momenti sonoa Roma (Domus Pacis) dal 26 al 28 giugno, aBressanone (presso il Seminario minore) dal 10al 12 luglio e a Benevento (Centro La Pace) dal24 al 26 luglio. Ogni responsabile associativopuò scegliere liberamente a quale appuntamentopartecipare, indipendentemente dalla propriaappartenenza territoriale.Il Movimento lavoratori di Ac (Mlac), infine, siritroverà a Campo di Giove (L’Aquila) dal 18 al23 agosto sul tema RifermiAmo il lavoro, men-tre dal 22 al 26 e dal 27 al 30 agosto sono inprogramma due campi seminaristi, rispettiva-mente ad Assisi e a Venezia, su L’Azione cattoli-ca per una Chiesa di popolo. Non funzionari mapastori. �g

Estate Ac

Campi per tutti da fine giugno ad agosto

Expo - Nutrire il pianeta, energia per la vita

La presenza di Santa Sede, Cei e Caritas nel segno della solidarietà

Pag14-15n6/2015_Segno 12/05/15 11.01 Pagina 14

Page 13: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

15I 062015

Sanare una ferita richiede tempo. Quel tempoche ora viene meno alle famiglie in crisi, avvia-te sulla strada della separazione. Con la legge

sul “divorzio breve”, approvata dal Parlamento afine aprile, in Italia basteranno sei mesi per passaredalla separazione consensuale al divorzio (un annose la separazione è giudiziale). Ma «sei mesi sonopochi per acquietare i rancori e dare i dovuti suppor-ti, per trasformare la separazione in una nuovaopportunità d’incontro aprendosi al perdono»,avverte don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficionazionale Cei per la pastorale della famiglia. Insom-ma, siamo davanti a una legge che ha «il piglio delburocrate» piuttosto che cercare di «leggere fino infondo le complesse dinamiche che si verificano nellavita di una famiglia e di una coppia in difficoltà»,aggiungono Rita e Stefano Sereni, responsabili del-l’Area famiglia e vita dell’Azione cattolica.«Che spazio resta, in un tempo così breve – sidomandano i coniugi Sereni –, per la maturazione

di un eventuale perdono, perché nel conflitto possaentrare un po’ di misericordia?». È vero che «i casidi riconciliazione non sono tantissimi, ma non sononemmeno così pochi», e comunque «la riconquistadell’unità familiare andrebbe favorita e non impedi-ta a monte». Ora, invece, rimarca don Gentili, ritro-vare la pace nella coppia sarà reso più difficile, anzi«se nello stesso anno si potrà essere sposati a duepersone differenti, paradossalmente quello sposarsiviene privato di significato».«Lentamente ma inesorabilmente – afferma France-sco Belletti, presidente del Forum delle associazionifamiliari – si vanno togliendo i sostegni a un’ideaforte di matrimonio come valore costituzionale». Ingioco, per il presidente del Forum, c’è la coesionesociale del Paese, perché «una famiglia stabile rap-presenta un elemento fondamentale del capitalesociale di un Paese». Mentre ridurre i tempi per ren-dere vano quel “sì” non fa altro che esporre ulterior-mente la famiglia a quei venti che la dissolvono. �g

Divorzio “breve”: ma che fretta c’è?

Una scelta non condivisibile. Meglio dar tempo alla famiglia

Migranti e tragedie del mare

Serve una vera politica europea per salvare vite umane

le a

ltre

no

tizi

e

Non sapremo mai con esattezza quanti uomini,donne e bambini sono morti in quella che fino-ra è la più grande tragedia dei migranti che

attraversano il Mediterraneo. Così come non sappiamoquanti corpi sono custoditi in quel cimitero d’acqua traEuropa e Africa che è il Mare nostrum. Dopo il naufra-gio avvenuto al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013,con 366 morti accertati, e tanti altri drammi delladisperazione passati pressoché sotto silenzio, il nau-fragio del 19 aprile scorso – con un numero di mortiche oscilla tra 700 e 900 – ha riportato l’attenzionesulle traversate del Mediterraneo di chi fugge da guer-ra e povertà.«Non ci sono parole davanti allasciagura che ha colpito centinaia dimigranti. Ma ormai le parole sonofinite da tempo», ha dichiarato lapresidenza nazionale di Ac, osser-vando che «questo disastro, dalleproporzioni tanto drammatiche, èsolo l’ultimo di un elenco senza fine

che non può non suscitare vergogna e indignazione».«Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri che cer-cano una vita migliore, affamati, perseguitati, feriti,sfruttati, vittime di guerre; cercano una vita migliore.Cercavano la felicità...», ha ricordato papa Francesconel Regina Coeli domenicale, a poche ore dal naufragio,rivolgendo «un accorato appello affinché la comunitàinternazionale agisca con decisione e prontezza, ondeevitare che simili tragedie abbiano a ripetersi».Al di là delle miopi battaglie politiche nostrane – cheneppure davanti alle vite umane hanno avuto il buongusto di tacere – l’Italia ha il dovere della solidarietà,

ma non può mancare una poli-tica europea che sia davverocomune, se l’Europa è e vuoleessere una “Unione”. I migran-ti in fuga da povertà, guerre epersecuzioni hanno il dirittodi trovare una vita migliore, eil prezzo da pagare non puòessere la vita. �g F.R.

Pag14-15n6/2015_Segno 12/05/15 11.01 Pagina 15

Page 14: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

I 06201516

Tutti i soci dell’Azione cattolica, dalle Alpialla Sicilia, lo conoscono bene. GigiBorgiani è stato infatti segretario genera-le dell’Ac dal 2008 al 2104, accompa-

gnando la presidenza di Franco Miano. Anni inten-si, con un’associazione in marcia, da organizzare,far camminare, promuovere. E se non bastasse,sono stati anche gli anni in cui è decollata CasaSan Girolamo di Spello, “polmone spirituale”dell’Ac, un’avventura partita dietro l’impulso dellapresidenza di Luigi Alici ed ereditata dai successo-ri, con Borgiani sul ponte di comando. Terminato ilmandato a Roma, Gigi è tornato nella sua Genova,dove ha famiglia (moglie e due figli) e tanti nuoviimpegni ad aspettarlo. L’arcivescovo card. AngeloBagnasco gli ha infatti immediatamente affidato la

direzione della FondazioneAuxilium, il volto solidaledella Chiesa genovese. ASegno racconta – semprecol sorriso che lo caratte-rizza – «come si ricicla unsegretario dell’Ac».

L’Auxilium ha una storialunga e una consolidatatradizione di solidarietàall’interno del cammino

della Chiesa genovese. Quali le vostre “paroled’ordine”? Partirei da dignità: attraverso i servizi, i progetti esoprattutto le relazioni cerchiamo di dare dignità atutte le persone fragili che incontriamo in città e direstituire loro percorsi di speranza e di reinserimen-to sociale. Quindi fraternità: è lo stile con il qualetutti, operatori e volontari, svolgiamo il nostro servi-zio, perché non offriamo solo “assistenza” ma “pro-mozione”, garantendo relazioni, luoghi e spazi in cuile persone possono percepire quel di più che deri-va dalla nostra ispirazione al Vangelo e al desideriodi condividere la libertà e la gioia che ne derivano.Continuità: in quanto espressione della Chiesagenovese nel servizio ai poveri, in sintonia con laCaritas diocesana, siamo attenti ai bisogni più gravie più urgenti che si manifestano con il cambiaredella società, non ultima l’emergenza profughi.

In quali settori opera l’Auxilium? La Fondazione opera a favore di persone senzadimora, immigrate, rifugiate e richiedenti asilo,famiglie in difficoltà, genitori in difficoltà e minori,persone con Hiv/Aids, persone vittime di tratta.Nella sua storia, Auxilium si è trovata a inaugurareper prima molti servizi innovativi, indicati daCaritas: i primi servizi per persone senza dimora, iprimi sportelli per migranti, la prima casa in Liguria

Genova, un laico di Acal timone dell’Auxilium

Già segretario nazionaledell’associazione, Borgianiè ora al servizio della Chiesadi Genova, la sua città,e delle persone bisognoseche bussano alla porta delladiocesi. Mano tesa allefamiglie in difficoltà, aidisoccupati, agli stranieri...Un’esperienza di laicitàcon le maniche rimboccate

tem

pi m

oder

ni

di Gianni Borsa

intervista conGigi Borgiani

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 16

Page 15: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

I 062015 17

per persone con Hiv/Aids con storie di fragilità edemarginazione.

Si tratta di una organizzazione complessa... Quantisono i dipendenti? Quante le sedi e i servizi svolti?Auxilium conta su una decina di dipendenti ma siavvale della collaborazione di due cooperativesociali, indipendenti ma fortemente unite adAuxilium nei valori e nelle finalità, che assolvono acompiti educativi e di accompagnamento (coope-rativa Il Melograno) e a compiti di servizio pratico(cooperativa Emmaus Genova), come ad esempiola preparazione dei pasti per le nostre mense o lapulizia dei locali delle nostre strutture. EmmausGenova gestisce anche “Lo Staccapanni”, progettopromosso da Auxilium e Caritas per la raccolta e laridistribuzione di abiti usati nella nostra diocesi.Complessivamente si tratta di un centinaio di per-sone, molte delle quali provenienti da percorsisvantaggiati che hanno così l’opportunità di uninserimento lavorativo. Quanto alle strutture,Auxilium svolge le principali attività soprattutto intre immobili di proprietà, strutture storiche e com-plesse che nel tempo abbiamo adeguato alle nor-mative vigenti nel rispetto del loro valore architet-tonico. In particolare vorrei citare il Monastero deisanti Giacomo e Filippo, a pochi passi dal centrocittà, nostra sede e luogo diocesano di prossimitàcon i più poveri, di testimonianza operosa delVangelo, di preghiera.

Quante sono le persone che riuscite ad assistere –nei modi più diversi – nell’arco di un anno?Lo scorso anno sono entrate in contatto con i nostri

centri 1.856 persone, in particolare 862 personesenza dimora, 848 persone straniere, 100 traminori e famiglie, 46 persone fragili con problemidi salute. Per loro sono stati messi a disposizioneoltre 202mila pasti e oltre 63mila notti, 1.372 per-corsi di accompagnamento e migliaia di interventidi sostegno educativo.

A suo avviso la crisi economica ha reso più vulne-rabili le famiglie? In quale misura Genova ne èstata colpita? L’aumento degli accessi ai centri di ascolto e quin-di quello dei servizi di sostegno offerti è specchiodella crisi che a Genova è stata aggravata dallerecenti alluvioni, quella del 2011 e quella delloscorso novembre. Carenza di lavoro e di abitazionisono i segni tangibili di una crisi che purtroppo nonvede ad oggi segni di ripresa.

Progetti per il futuro?Nel segno della continuità, abbiamo all’orizzontedue grossi obiettivi: la ristrutturazione di un pianodella casa che attualmente ospita le persone conHiv/Aids con l’incremento di una ventina di postiche saranno utilizzati come alloggi sociali; e lamessa a punto di un progetto che oltre ad acco-glienza e accompagnamento apre la prospettiva diuna riqualificazione del territorio grazie alla collo-cazione di due strutture nel centro storico: recen-temente, infatti, abbiamo ottenuto in comodatod’uso dalla Fondazione Carige una struttura nellaquale avremo a disposizione 4 alloggi per altret-tanti nuclei familiari di richiedenti asilo e 3 alloggisociali. �g

A sinistra:Gigi Borgiani.

Sopra, a sinistra, una dellestrutture dell’Auxilium,il Monastero dei Santi

Giacomo e Filippo.In questa pagina,

una riunione di lavoro

tem

pi m

oder

ni

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 17

Page 16: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

«Immaginate la differenza che può fare unturista con piccoli cambiamenti comeusare lo stesso asciugamano per più di ungiorno, o assumere una guida locale

e comprare prodotti locali. Adesso immaginate que-ste semplici azioni moltiplicate per un miliardo: que-sto è il potere di un miliardo di turisti». Usi un asciu-gamano più volte e sei turista responsabile! Almenosecondo Taleb Rifai, giordano, Segretario generaledell’Organizzazione mondiale del turismo che in dueparole sintetizza quel turismo che, a seconda deicasi, può essere: sostenibile, consapevole, etico,solidale, responsabile, lento, comunitario.

È lontana l’immagine anti-conformista e stereotipatadel viaggiatore zaino in spal-la, allergico a ogni confort,stremato da esperienze allimite di un corso di sopravvi-venza. Il turismo intelligenteè grande come il mondo, hapassaporto in ogni latitudinee moltiplica pacchetti, espe-rienze, possibilità di cono-scenza vicina e lontana. E ildibattito sulla sua evoluzionee sulle sue possibili contrad-dizioni è più che mai vivace.Basta sfogliare il gradevolis-simo libro fa scritto da DuccioCanestrini, Andare a quelpaese: vademecum del turi-sta responsabile. Ci si rendeconto che l’asciugamano diRifai è solo il punto di parten-za di un viaggio esigente,avventuroso e per teste pen-santi. «In pochi anni, tuttisono stati dappertutto: impie-gati, segretarie, medici, com-

messe, idraulici, postini, avvocati, casalinghe, bot-tegai hanno percorso il mondo in lungo e in largo,dall’Australia al Canada, dal Tibet al Messico, alGiappone, alle Ande, al Kilimangiaro. Hanno attra-versato giungle e deserti, disceso fiumi, scalatomontagne, invaso le città, hanno vissuto amoriesotici, fatto il bagno in tutti i mari, fotografato tuttele palme, smarrito le valigie in tutti gli aeroporti...». Il turismo, insomma, quasi come nuovo dirittoumano. Ma a quale prezzo e soprattutto, quali anti-corpi contro la devastazione? «Una volta ristabilitala centralità dell’uomo, diventa turismo responsa-bile in quanto movimento ideale, una nuova formadi umanesimo. Il buon turista non è un nuovo colo-no, né un missionario. Non viaggia per penitenza,ma nemmeno per trasgredire e per delirare comenel leggendario paese di Cuccagna. Il buon turistaviaggia perché ama il mondo».La pensano così le circa cinquanta sigle che dannovita all’Aitr – Associazione italiana turismo respon-sabile con sede a Bologna –, una federazione diassociazioni che è il punto di riferimento di questastrana gente appassionata del nostro pianeta: ong,viaggiatori, agenzie di viaggio, operatori, associa-zioni culturali e ambientaliste si incrociano qui e sidanno un gran da fare. Il viaggio è al centro dell’at-tenzione, ma attorno alla valigia si lavora perun’accoglienza del turismo in entrata, ci sono untavolo scuola e turismo, uno dedicato ai media eall’informazione. L’Aitr organizza convegni e corsidi formazione, produce materiale documentario,anima fiere a tema (Fa’ la cosa giusta - It.a.càmigranti e viaggiatori: festival del turismo respon-sabile). E soprattutto ce la mette tutta per popola-rità a un turismo che, pur in crescita costante, èpercepito come roba per pochi. La sfida più grande sarà mettere insieme il diavo-lo e l’acqua santa, la massa e la sostenibilità. Èancora Canestrini a venirci in aiuto, quandoapprofondisce in modo particolare il turismo soste-

18 I 062015

tem

pi m

oder

ni

Oltre l’ombelico del mondoPossibilmente informati

di Laura Mandolini

È lontana l’immagineanticonformista estereotipata del viaggiatorezaino in spalla, allergicoa ogni confort. Oggiil turismo intelligenteha passaporto in ognilatitudine. Perché, in fondo,«il buon turista nonè un nuovo colono,né un missionario.Viaggia perché amail mondo». Il casodell’hotel Magdasdella Caritas austriaca

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 18

Page 17: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

nibile: «L’associazione Italia nostra ha messo giu-stamente in guardia contro un nuovo luogo comu-ne tanto diffuso quanto fallace: non esistono dueturismi opposti, un turismo verde, culturale esostenibile e dall’altra un turismo di massa “catti-vo”. È sostenibile, bisogna dirlo chiaramente, soloquel turismo che tiene conto del fatto che le risor-se su cui poggia non sono illimitate. Per evitareche un’economia turistica, per così dire monocul-turale, stravolga i valori e gli equilibri locali, tron-

cando il passaggiodell’eredità culturaledai nonni ai nipoti, ilconcetto di sosteni-bilità deve evolversiulteriormente».Qui Vienna, Austria,centro storico: unhotel arredato instile e decoratodalle opere deglistudenti dell’Accademia di Belle arti, a un passodal Prater e dalle rive del Danubio. L’hotel Magdasnon è un albergo qualunque. Aperto per iniziativadella Caritas austriaca, fornisce posti di lavoro airifugiati. Infatti l’80 per cento del personale – pro-veniente da 14 nazioni diverse – è costituito dapersone in fuga da guerra e persecuzioni, chehanno richiesto asilo o già ottenuto lo status dirifugiati. Molti di loro hanno alle spalle esperienzenel settore, conoscono le lingue e sono qualificati,altri invece sono giovani che devono imparare unmestiere. Si sono messi alla prova, guadagnanouno stipendio e i turisti sono accolti in una struttu-ra tanto bella esteticamente quanto stimolante dalpunto di vista umano». �g

19I 062015

L’hotel Magdasnon è un albergoqualunque. Apertoper iniziativa dellaCaritas austriaca,fornisce posti dilavoro ai rifugiati.Infatti l’80 percento del personale– proveniente da 14nazioni diverse –è costituito dapersone in fugada guerra epersecuzioni

Isoci di Aitr sono per lo più associazioni e cooperative. Leorganizzazioni non governative che si occupano stabilmente diprogetti di turismo nell’ambito della cooperazione allo sviluppo

sono 13. I piccoli tour operator che hanno programmazioni ispirateai principi di turismo responsabile aderenti sono 19, operanti alcuninel Sud del mondo, altri in Italia. Vi sono poi organizzazioninazionali come Legacoop, ArcI, Wwf, Cts, Legambiente, BorghiAutentici d’Italia e tante piccole associazioni impegnate sulversante culturale, sociale e ricreativo e che talvolta organizzanoviaggi occasionali per i propri soci.

Aitr, gente di mondo

Cos’è l’Associazione italianaturismo responsabile

tem

pi m

oder

ni

A sinistra, l’ingressodel’hotel Magdas a Vienna

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 19

Page 18: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

Gli adolescenti interrogano il mondo degliadulti, quasi sempre non con le parole.Crescono, mettono in discussione ilmondo cui appartengono; veleggiano

tra delusioni ed entusiasmi. Vogliono decideremolte cose: quando uscire e quando rientrare lasera, gli amici da frequentare, gli abiti da indossa-re, se e quanto studiare. Spesso il loro corpo cre-

sce più in fretta della loromente; e spesso quel corpoin evoluzione non li soddisfa.Possono nascere problemi esofferenze che si ripercuo-tono su tutta la rete familia-re e amicale.Il 5% della popolazione inItalia soffre di disturbi ali-mentari, cioè di disordinipersistenti nel modo di ali-mentarsi che comprometto-no in maniera significativa il

benessere fisico, psicologico e anche le relazionicon gli altri. Si tratta perciò di 3 milioni di personee i soggetti a maggior rischio sono le adolescenti,anche se questi disturbi – i principali sono l’ano-ressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo daalimentazione incontrollata – si possono estende-re a soggetti maschili e a fasce d’età più ampie.«In adolescenza – spiega Semira Vaninetti, medico,terapeuta dell’Associazione italiana disturbi dell’ali-mentazione e del peso – è tipico il disagio relativoal proprio corpo; un disagio che va raccolto, rispet-to al quale porsi la domanda su quale risonanzaabbia per la vita di quella ragazza. Ciò anche perevitare che un adolescente ricorra per esempio auna dieta “fai da te” che è tra i maggiori fattori dirischio per sviluppare disturbi alimentari».Un familiare può captare dei segnali?Si possono intercettare anche cambiamenti com-portamentali, malesseri psicologici, per intervenirequando il disagio non è ancora strutturato in undisturbo. Ci sono dei segnali di cui tenere conto,

20 I 062015

«È importante avere unabuona educazione sul ciboper strutturare uno stile divita sano, che tuteli la salutee la dimensione psicologicadelle persone». In epoca diExpo dedicato a Nutrire ilpianeta..., un medico dàalcuni consigli per non farcadere i ragazzi nel disordinealimentare. Cominciando dalnon mangiare davanti alla tv

di Barbara Garavaglia

intervista conSemira Vaninetti

Impararea mangiare

tem

pi m

oder

ni

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 20

Page 19: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

come l’eccessiva attenzione alle calorie dei cibi,alle forme corporee, l’esagerata paura di ingrassa-re, il desiderio di un peso non salutare, e anche undisturbo della propria immagine corporea, ovvero ilfatto che una ragazza si veda più voluminosa diquanto sia in realtà.

Che cosa è possibile fare? Qual è il corretto atteg-giamento da mantenere?È importante, nell’età adolescenziale, rassicurarele ragazze. La fase di cambiamento fisico, che èeffettivamente piuttosto rivoluzionaria, richiede untempo maggiore per essere accettata. Spesso leragazze hanno un corpo da adulte, ma una testada bambine... Gli adulti le devono accompagnare,tollerando persino il loro disagio di sentirsi non deltutto a posto, lavorando su altri fronti, e non suquello della perdita delpeso. Un consiglio sultrucco, sull’abbigliamen-to, l’apprezzare le qualitàdi una ragazzina, possonoessere degli esempi. Se però c’è un reale proble-ma di eccesso di peso e, o un disagio psicologicoconsistente, il consiglio è quello di rivolgersi a pro-fessionisti, che lavorano in équipe, per una valuta-zione medica e psicologica.

Dottoressa, lei conosce molte giovani che vivonoquesti problemi, ritiene cheesistano anche fattori esternidi rischio?Frequentare ambienti cheenfatizzano la magrezza,come la danza, la moda, maanche l’arrampicata sportiva,la corsa, l’atletica, il cicli-smo, lo possono essere, per-ché ci si focalizza sull’obiet-tivo del dimagrimento e fin-ché un ragazzo non deperi-sce, lo si considera un van-taggio. Anche il riceverecommenti ripetuti sul proprio

peso, sulle proprie forme, possono influenzareun adolescente.La nostra società, inoltre, probabilmente gioca unruolo importante.Siamo infatti in una società nella quale parolecome forma fisica, fitness, ricorrono e nella qualevince un senso estetico che enfatizza la magrezzacome fattore di bellezza. La magrezza è associataanche alla capacità di controllo, all’efficienza. Sipercepisce uno scarto tra ciò che uno è, e l’imma-gine ideale che la società esalta. Esistono anchealcuni fattori precipitanti nell’età dello sviluppo,come i fallimenti scolastici, l’inizio oppure il termi-ne di una relazione sentimentale. Disagi e disordi-ni alimentari sono dei codici da decifrare; il lavoroda fare non riguarda solamente la correzione di uncomportamento alimentare, ma la capacità di

cogliere un messaggiopiù profondo lanciatodagli adolescenti.Che cosa si può dire, per-ciò, della rincorsa alla

magrezza?Ai miei pazienti dico sempre che sono a favoredella magrezza, ma l’importante è che sia unamagrezza sana e non malata.

Riguardo al rapporto con il cibo, qual è il giustoatteggiamento che in famiglia può essere tra-smesso?È importante avere una buona educazione alimen-tare per strutturare un buono stile di vita, che tute-li la salute e sia in grado di curare la dimensionepsicologica e socio culturale delle persone. Perquanto riguarda i nostri ragazzi, è importante, pertutelarne la salute, che non mangino da soli,magari davanti alla tv. Sarebbe bello che la consu-mazione dei pasti scandisse i ritmi della giornata,che fosse un momento importante nel quale lafamiglia, la comunità, si riunisce, nutrendo nonsolamente il corpo, ma anche le relazioni. C’è unadimensione affettiva che ruota attorno al cibo, dalseno materno in poi. Una dimensione che non pos-siamo dimenticare. �g

21I 062015

Per contattare l’AidapNel nostro paese sono presentiprofessionisti e centri dedicatia queste problematiche. L’Aidap(Associazione italiana disturbidell’alimentazione e del peso,http://www.positivepress.net/AIDAP) ha sedi in tutta Italia.È possibile rivolgersi al sistemasanitario nazionale, che haattivi centri regionali. Ciò cheè fondamentale è rivolgersia équipe di professionisti.

tem

pi m

oder

ni

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 21

Page 20: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

Il tramonto di questo anno scolastico, il futurodella scuola italiana è avvolto nell’incertezza.Mentre scriviamo il Parlamento si appresta adiscutere il disegno di legge “Buona Scuola”:

«La madre di tutte le riforme» – disse a novembreil premier Matteo Renzi – che però ha generatomalumori per metodo e contenuti. È impossibileprevedere ora che ne sarà della riforma: meglioallora concentrarsi su quanto è emerso da que-st’anno di dibattito dentro e fuori le scuole italiane.Può essere utile per trarre qualche conclusionesulle necessità che sono all’ordine del giorno peruna “buona scuola” in Italia.La prima osservazione è molto semplice, quasibanale: la “buona scuola” offre una preparazioneadeguata ai suoi studenti. Un’ovvietà di cui forse cisiamo dimenticati, se è vero che ancora oggi il 17%circa dei ragazzi tra 18 e 24 anni non possiede undiploma di scuola superiore. Studentesse e studen-ti vittime di “dispersione scolastica”, o meglio di“fallimento formativo”: la scuola non è stata ingrado di offrire loro ambienti, maestri e percorsi talida poter completare il percorso di studi. Le causedi questo fallimento sono state evidenziate dalla

commissione Culturadella Camera inun’indagine pubblica-ta a fine 2014: alprimo posto si trova-no proprio le scarsecompetenze di base. Isoggetti più a rischiodispersione hannouna storia scolastica

caratterizzata da voti bassi e bocciature già ai primilivelli. Molti dei “dispersi”, poi, vengono da contestisociali degradati. Davanti a questo fenomeno, chestride con l’obiettivo promesso all’Europa di ridur-re il tasso di dispersione al 10% entro il 2020,occorre intervenire sul diritto allo studio: bisognaassicurare servizi alle famiglie meno abbienti,affinché la scuola sia realmente accessibile a tutti.Ma non solo: davvero è tempo di rendere le scuo-le dei centri civici, punti di riferimento per tutta lacomunità, che offrano agli studenti opportunità direcupero e approfondimento, accompagnamento achi vive delle difficoltà, ma anche semplicementespazi e contesti in cui socializzare e crescere insie-me agli altri.E qui arriviamo alla seconda sfida della “buonascuola”: essere palestra di democrazia e parteci-pazione, educare alla cittadinanza non meno cheagli altri saperi fondamentali. La percezione, che èemersa anche in questo anno di fermento, è di unmondo della scuola stanco. Tanti docenti – tra imeno pagati in Europa – sono demotivati e disillu-si. Tanti studenti – con un occhio alle percentualidi disoccupazione giovanile – si pongono ladomanda: «A che serve studiare?». E rischiano divivere la scuola come un parcheggio: come se lavita vera cominciasse in un non meglio precisatofuturo. La “buona scuola” deve trasmettere aglistudenti che il loro tempo è adesso, che occorrevivere la scuola con dedizione e consapevolezza. Equesto passa in primo luogo dal riappropriarsidelle possibilità di partecipazione che la scuolaoffre agli studenti. Diritti e doveri sanciti da uno“Statuto delle studentesse e degli studenti”, spes-so ignorato dagli stessi ragazzi; e poi spazi in cuiproporre attività integrative, per esempio neipomeriggi o nei momenti assembleari, per portaredentro la scuola il bello che gli studenti trovano disolito “fuori”: lo sport, la musica, il teatro, la foto-grafia, le riflessioni sui temi alti della vita civile esociale. La scuola dell’autonomia prevede che glistudenti siano protagonisti corresponsabili delleproprie scuole: ma questo non può avvenire nel

22 I 062015

citta

dini

e p

alaz

zo

Mentre è in cantiere la riformadell’istruzione, qualche puntofermo sul ruolo dell’educazionescolastica nel terzo millennio.A partire da una preparazionemoderna e adeguata ai tempie dalla “palestra” dicittadinanza che si dovrebbegià sperimentare fra i banchi

Le veresfide della“buonascuola”

di Gioele Anni*

Nella pagina accanto:Msac, foto di gruppo al

recente Mo.Ca. di Rimini

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 22

Page 21: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

disincanto degli adulti. Agli insegnanti, ai presidie a tutti gli educatori è dunque richiesto uno sfor-zo per accompagnare gli studenti a crescere

come cittadini, trasmettendo le nozioni basilariper conoscere il nostro mondo (è inaccettabileche si esca da un liceo senza mai aver sfogliatola Costituzione!) ma anche incoraggiando espe-rienze concrete di responsabilità e protagonismoquali la rappresentanza studentesca o l’organiz-zazione di attività collettive all’interno del temposcuola. Il mondo del terzo millennio vive un defi-

cit di partecipazione,un ripiegamento nel-l’individualismo che –ci ricorda spessopapa Francesco – ètriste e autoreferen-ziale. Una scuola chenon si faccia carico diquesta condizione,cercando invece distimolare processi disocialità, dialogo econoscenza recipro-ca, non può definirsicome “buona scuola”.*segretario Msac �g

23I 062015

Oltre 130 studenti del Movimento Studenti si sonoriuniti a Rimini per la quarta edizione del“Movimento in Cantiere” (Mo.Ca.), il convegno

dedicato ai temi di legislazione scolastica. Ogni tre anni,infatti, i responsabili dei circoli diocesani formulanoproposte sulle politiche scolastiche, con l’obiettivo difornire un contributo utile a rinnovare dal basso la nostrascuola. Quest’anno il Mo.Ca. dal titolo Al posto giusto –Studenti protagonisti nella scuola di oggi, era dedicato inparticolare alla discussione sulla partecipazione deglistudenti nella scuola dell’autonomia. Gli “msacchini”hanno elaborato proposte per rendere più partecipate ladidattica, la valutazione e la progettazione dell’offertaformativa delle singole scuole, e per abitare con piùconsapevolezza gli organi collegiali.

citta

dini

e p

alaz

zo

Movimento studenti di Ac

Mo.Ca. Rimini: “Al posto giusto”,studenti protagonisti

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 23

Page 22: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

Nasce da un gruppo di coppie di sposi laproposta che a Levico Terme (Trento)sta coinvolgendo le famiglie con i bam-bini da 3 a 6 anni, che hanno ricevuto il

battesimo. «Dopo averle incontrate in occasionedella preparazione del sacramento abbiamo deci-so di non lasciarle sole e di trovare il modo perrestare in contatto», raccontano AlessandraOsculati e il marito Luca Arighi, entrambi con unpassato intenso di responsabilità associativa, luinel Msac di Como e lei nell’Acs di Milano.Ne è scaturito un percorso interessante, che stafacendo parlare di sé anche in altri paesi dellavalle, grazie al quale anche ipiù “lontani” riescono a per-cepire una comunità cristia-na vicina, che si offre perstare accanto ai neo-genitorinell’importante compito del-l’educazione alla fede deipiccoli.«Tutto è nato dall’esigenza difare spazio all’interno dellacomunità anche alle famigliepiù giovani, che magari arri-vano da fuori paese e nonhanno particolari legami conla parrocchia, altre che arri-vano da lontano, straniere, alle prese con le diffi-coltà dell’inserimento, tutte comunque centratesulle esigenze e i ritmi dettati dai loro bambini, madesiderose di curare la qualità dell’educazione deifigli».Così, cinque anni fa le coppie che avevano già ani-mato i percorsi pre-battesimali hanno messo apunto l’idea: «Abbiamo proposto di ritrovarci insie-me qualche volta durante l’anno, per un appunta-mento semplice e fraterno, la domenica pomerig-gio. Due chiacchiere, tanta voglia di stare insieme,mentre i bambini giocano con le ragazze più gran-di dell’oratorio. Poi, ai genitori proponiamo unmomento di riflessione o di confronto sui temi della

fede, della vita di coppia o della vita di famiglia,cercando di partire da interrogativi o situazioniconcrete, che suscitino l’interesse delle persone».La proposta ha funzionato e gli incontri sono diven-tati un appuntamento che scandisce l’anno: ledate vengono scelte in base alla ricorrenza didomeniche significative del calendario liturgico,come la festa degli Angeli custodi.Niente è lasciato al caso e il momento dell’invito,in particolare, è curato con molta attenzione: «Illancio della proposta viene fatto la prima domeni-ca di ottobre: invitiamo a messa tutte le famiglieche hanno i bambini nell’età della scuola dell’in-

fanzia e arrivano sempre inmolti. Al termine della celebra-zione organizziamo un grandegioco sul sagrato della chiesa,e lì facciamo l’invito alledomeniche in oratorio».Non più di 6-7 incontri all’an-no, per non stancare le perso-ne, e una formula abbastanza“leggera”. Lo spunto inizialeviene fatto partendo da unaprovocazione artistica o visiva,e qui gioca tutta l’abilità diLuca: «Una canzone, qualcheminuto di un film, un quadro,

che ci aiutino a porre domande importanti sullavita. E poi concludiamo con la preghiera insieme,anche questa sempre attenta alla vita e al quoti-diano».Alla fine dell’incontro comunitario le famiglie par-tecipanti continuano la loro riflessione e il lavoroformativo a casa, con i propri figli: «Proponiamo aciascuno di riprendere uno spunto che è emersodurante l’incontro, parlando per esempio di unpersonaggio del Vangelo, raccontando una storiadi Gesù, oppure affrontando una virtù cristiana,come il perdono o la gioia». Neppure in questoimpegnativo compito le mamme e i papà vengonolasciati soli. Le coppie animatrici, infatti, preparano

24 I 062015

fam

iglia

ogg

i

E dopo il battesimo?di Maria Teresa

Antognazza

Un’esperienza nata a LevicoTerme, di compagniadella comunità cristianaa giovani coppie conbambini da 3 a 6 anni chehanno già ricevuto il primosacramento. E che, comespesso succede, si trovanosole nel tentativodi mettere insiemespiritualità familiare,partecipazione comunitariae passione per la Chiesa

Nelle foto:Levico Terme,

alcuni momenti diconvivialità tra famiglie

con bambini piccoli

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 24

Page 23: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

ogni volta del mate-riale da colorare,disegnare o dacostruire, con unapiccola spiegazioneper i “grandi” e unapreghiera da recitareinsieme, per renderepiù semplice il com-pito dei genitori. Leschede, con i bellis-simi disegni di unadelle mamme, grafi-ca e illustratrice diprofessione, VeraDuiella, sono diven-tate anche un

Quaderno attivo, dal titolo Il mio amico Gesù (Indialogo, Milano 2013). Una vera e propria propostadi catechesi per i piccoli (a partire dai 5 anni) perconoscere Gesù e accostare il Vangelo attraversogiochi, storie, attività e una spiegazione per i geni-tori, che sta girando l’Italia.

Ma non è ancora finita: visto che il desiderio èquello di mantenere i contatti, le dinamichemamme trentine hanno escogitato un altro sempli-cissimo strumento per tessere la rete di relazionivirtuose con i genitori dei piccoli battezzati.«Usiamo lo strumento della mail list, usando gliindirizzi che le famiglie ci hanno lasciato, per man-dare un pensiero, una breve riflessione o un sem-plice spunto in momenti particolari dell’anno: perricordare che arriva Pasqua o Natale, per invitare aun appuntamento o semplicemente per proporreuna preghiera da fare insieme».E anche così la comunità cresce e allarga i suoiconfini. «Nell’esperienza di questi anni – diconoAlessandra e Vera – ci siamo convinti che non èmai troppo presto per prestare attenzione alla sen-sibilità religiosa di chi cresce. A genitori ed educa-tori è affidato il compito di custodire e coltivarequesto prezioso germoglio, affinché anche i piùpiccoli possano incamminarsi in una relazione diamicizia e fiducia nel Signore. Per questo è cosìimportante la “seconda parte” dell’incontro dome-nicale, quella che ciascuno fa nella sua casa». �g

25I 062015

fam

iglia

ogg

i

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 25

Page 24: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

26 I 062015

Torino torna capitale – un secolo e mezzodopo – con l’ostensione della Sindone,la visita di papa Francesco, le celebra-zioni del bicentenario della nascita di

san Giovanni Bosco, alcuni eventi legati alla figu-ra di Pier Giorgio Frassati, una Gmg “in miniatu-ra”... L’Azione cattolica diocesana è in prima fila.Il presidente diocesano, Fabio Dovis, racconta aSegno questo momento davvero speciale perl’associazione torinese. La diocesi di Torino sta vivendo un tempo di grazia,ricco di appuntamenti, sospeso, in un certo senso,tra il passato rappresentato da alcuni simboli forti

e caratterizzanti della storia ecclesiale di questadiocesi, e lo sguardo verso il futuro alla ricerca diuna nuova identità e organizzazione pastorale chedeve far fronte alle complesse dinamiche delle dio-cesi che comprendono grandi città. In questa fasedi passaggio la riscoperta delle radici, della tracciaindelebile lasciata dai cosiddetti santi sociali – bastipensare all’eredità di don Bosco e alla testimonian-za di impegno verso i poveri di Frassati – costitui-sce certamente un caposaldo, che se messo inrelazione ai richiami di papa Francesco ad avereattenzione alle periferie, davvero ci fa vedere comeil Vangelo superi i confini dello spazio e del tempo,con il suo messaggio universale di salvezza.L’impegno dell’Ac diocesana, fin dall’anno passato,è stato orientato a prepararsi a queste calde setti-mane, innanzitutto proprio per cogliere e far coglie-re, al di là dei numerosi impegni e appuntamenti,questo senso di una storia che prosegue, che guar-da al futuro, coniugando tali appuntamenti con ilcammino ordinario, e con le riflessioni che la chie-sa locale sta portando avanti sul riassetto della dio-cesi. Come Ac abbiamo però anche scelto di “spor-carci le mani”, lasciandoci coinvolgere appienonella organizzazione, gestione, accoglienza con il

qual

e Ch

iesa

Il poker di Torinocon l’Ac in prima fila

di Gianni Borsa

La visita di papa Francesco, l’ostensionedella Sindone, il bicentenario di don Boscoe l’“anno frassatiano”. Sono quattro dei numerosieventi confluiti in città in questo periodo.Nel capoluogo piemontese sono arrivati migliaiadi pellegrini e tantissimi giovani, fra eventipubblici e nuove opportunità missionarie.L’Azione cattolica non ha perso l’occasione:«Abbiamo dovuto interrogarci sul nostro ruolonella complessa realtà ecclesiale»,spiega il presidente diocesano

intervista conFabio Dovis

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 26

Page 25: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

giusto spirito di servizio alla nostra chiesa diocesa-na. L’elenco degli impegni è decisamente lungo...

Torniamo alla visita del papa: come vi siete prepa-rati? Cosa vi aspettate, come Chiesa torinese ecome Ac, da questa straordinaria opportunità?Certamente c’è una grande attesa per il messag-gio che papa Francesco porterà alla chiesa torine-se e alla città, e siamo certi che ancora una voltaci saprà sorprendere, semplicemente andando allaradicalità e all’essenzialità del Vangelo. L’appelloalla riscoperta della misericordia contenuto nellabolla di indizione del giubileo, con tutte le suediverse dimensioni di attenzione ai più bisognosi, ilrichiamo al legame con la giustizia e all’etica,risuonano parecchio in una città che, pur mostran-dosi caratterizzata da un certo benessere econo-

mico, ha visto negli ultimi anni la nascita di nuovepovertà, sperimenta per molte fasce sociali lamancanza di lavoro, e per certi versi fatica a dise-gnare il proprio futuro. Quella Chiesa incarnatanell’ordinario, che sa usare l’amore non comecompassione ed elemosina, ma come tratto costi-tuente del vivere cristiano per superare le difficoltàumane, certamente affascina anche i non creden-ti. C’è dunque molta attesa per questa visita diFrancesco, e già da ciò che sappiamo dall’intensoprogramma ufficiale, è caratterizzata da momenti esegni di forte valore simbolico. Pensiamo all’incon-tro con i valdesi o il fatto che l’intera visita si apracon un incontro dedicato al mondo del lavoro.

Cosa ha significato l’ostensione della Sindone? Sipuò già fare un primo bilancio ecclesiale e spiritua-le? Questa volta al centro dell’attenzione c’erano igiovani e gli ammalati...Come a ogni ostensione, rimango affascinato dallecentinaia di migliaia di pellegrini che si fanno inter-pellare dal quel telo e dalla figura dell’uomo croci-fisso. Credo che anche chi sia spinto solo da curio-sità, non può non porsi delle domande quando sitrova davanti a quell’immagine che porta comun-que con sé il mistero di come si sia formata.«L’Amore più grande» è lo slogan che sta accom-pagnando questa ostensione, e la scelta delVescovo, mons. Nosiglia, di “dedicare” questaostensione ai giovani e agli ammalati risponde daun lato al desiderio di sollecitare tutti, i cristiani inprimis, a non dimenticare la sofferenza, e dall’altroa richiamare i giovani, a conclusione del Sinododiocesano che ha elaborato gli orientamenti dellapastorale giovanile, alla responsabilità e al metter-si in gioco per lenire le sofferenze del nostromondo.

L’Ac come ha vissuto questa ostensione?Abbiamo in particolare voluto dedicare un week-end a un gemellaggio associativo con i pellegrinidei gruppi di Ac di tutta Italia, cogliendo l’occasio-ne dell’ostensione per fare esperienza della bellarete associativa, ospitando gli amici di Azione cat-tolica delle altre diocesi e ricevendo da loro una

27I 062015

qual

e Ch

iesa

A sinistra:il presidente diocesano di

Torino, Fabio Dovis.Sopra, piazza San Carlo

a Torino e il logodell’Ostensione

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 27

Page 26: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

forte carica di entusiasmo. Insomma, ragazzi gio-vani e adulti hanno voluto sperimentare un’asso-ciazione viva e vitale, che sa fare anche qualcosadi diverso dalle riunioni, e prova a mettersi in giocoa tutto tondo.

Ma questo 2015 sarà un anno speciale pure perchi cammina sulle orme del beato Frassati. Il 20maggio sono stati ricordati i 25 anni della beatifica-zione, mentre il 4 luglio saranno 90 anni dallamorte. Avete in cantiere qualche iniziativa speciale?Proprio nella prospettiva del messaggio de«L’Amore più grande» rivolto ai giovani, e vista lafelice concomitanza con il 25° della beatificazione,come Ac diocesana abbiamo colto l’occasione pervalorizzare la testimonianza del Beato Pier Giorgio,come un modello per i giovani che sa integrarel’entusiasmo e le passioni tipiche di un giovanecon una spiritualità alta e la dedizione agli ultimi.

Un giovane che, guidato dal Vangelo, ha davverovisitato “le periferie esistenziali” spinto dal queldesiderio di Assoluto che vedeva realizzato ancheattraverso il dono incondizionato di sé, quella vitainsomma vissuta come un continuo cammino«Verso l’alto». Per questo l’Ac si sta facendo cari-co per tutto il periodo dell’ostensione della gestio-ne del “Polo Frassati” presso il santuario dellaConsolata, dove è esposta la mostra che ne rac-conta la vita, e da cui i gruppi di pellegrini, accom-pagnati da un giovane dell’Azione cattolica, posso-no partire per un tour su luoghi significativi dellasua vita. Sono migliaia i pellegrini dell’ostensioneche già hanno visitato la mostra. Abbiamo realizza-to inoltre un video raccogliendo testimonianze dichi in questi anni ne ha studiato la vita o si staimpegnando per farlo conoscere in tutta la suaattualità. Uno strumento che speriamo possa con-tribuire a farlo conoscere sempre di più. A partiredal 4 luglio, festa del Beato, partirà poi un “annofrassatiano”, che in collaborazione con molte altrerealtà ecclesiali, proporrà appuntamenti di varianatura legati alla vita di Pier Giorgio. E Frassati èanche patrono delle Olimpiadi degli oratori che sitengono nei prossimi mesi nell’ambito di Torino2015 Capitale europea dello sport.

Un messaggio dagli amici dell’Ac di Torino a tutti isoci, agli assistenti e ai sostenitori dell’Azione cat-tolica italiana?Auguro a tutti di poter vivere una fase della vitadella propria chiesa locale come quella che noistiamo sperimentando, non tanto per la sovrab-bondanza di appuntamenti ed eventi, ma per l’oc-casione che ci è data come Ac di metterci in rela-zione con molte altre realtà ecclesiali e non, dav-vero facendo esperienza dell’incontro con le altrepersone. Forse anche spinti dalle circostanze,abbiamo dovuto interrogarci sul nostro ruolo nellacomplessa realtà ecclesiale, e anche verificare sela nostra attenzione al vivere il Vangelo nell’ordina-rietà della vita non si fosse trasformata in un gri-giore che ci impedisse di pensare in grande, in ter-mini fortemente missionari. Stiamo vivendo insom-ma davvero un tempo di grazia, che è dono per lastessa vitalità dell’associazione. �g

28 I 062015

di Alessandra Gaetani

intervista conLuca Ramello

In alto, una riproduzionein negativo

dell’immagine sindonica

qual

e Ch

iesa

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.02 Pagina 28

Page 27: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

L’amore più grande: è il motto di questaostensione straordinaria della Sindoneche terminerà il 24 giugno a Torino. PapaFrancesco l’ha concessa in occasione

dei 200 anni dalla nascita di san Giovanni Bosco.«L’ostensione è dedicata a giovani, a malati e disa-bili», chiarisce don Luca Ramello, assistente Ac peril settore Giovani della diocesi di Torino e direttoredell’Ufficio diocesano per la pastorale dei giovani edei ragazzi. Le Pastorali giovanili diocesana e sale-siana hanno messo a punto il progetto Turin ForYoung (www.turinforyoung.it) per dare vita a dueappuntamenti speciali che sono le “Notti bianchedella fede”. La prima si è tenuta dal 24 al 26 aprile.

I giovani ospitati negli oratori, nei semina-ri diocesani, in strutture pubbliche e nelletante altre presenti in diocesi, dalCottolengo al Sermig, dai Salesiani aiGiuseppini del Murialdo, sono stati 3.300.«Si prevede un numero maggiore per laseconda», che si svolgerà il 19, 20, 21giugno con modalità analoghe in occasio-ne della visita di papa Francesco.

Don Luca, qual è il senso della prossimaNotte bianca della fede? La morte e risurrezione del Signore Gesùsono stati il passaggio dalle tenebre allaluce, dal buio della notte alla luce di unavita nuova. Tutto l’amore di Dio si è mani-

festato nel dolore del Crocifisso. Toccare con manoquesto dolore, attraversarlo come si attraversa lanotte, e rinascere: è la richiesta fatta a tutti quelliche partecipano per comprendere di essere amatinel modo più grande dal Signore. L’attenzione peri malati, i disabili, i giovani, coloro che sono più vul-nerabili, è la testimonianza dell’urgenza di questo

amore.Come si svolgerà questa attesa per la visita delPapa? In stile Gmg, mettendo al centro gli oratori dove iragazzi, sacco a pelo e materassino, saranno ospi-tati. In particolare presso gli spazi vicini alla chiesadel S. Volto saranno ospitati migliaia di ragazzinell’“oratorio più grande”. La cattedrale poi, saràaperta anche tutta la notte.I volontari di Torino sono ormai famosi. Se ne sonoaggiunti altri?Sono diventati 5mila. Molti giovani. Protagonistianche in questa veste.Pier Giorgio Frassati, giovane beato di Ac, anchelui è protagonista.Nel chiostro della Consolata è allestita una mostra alui dedicata. È stato il centro della notte bianca del 25aprile quando otto giovani hanno aperto di colpo pro-clamando le 8 beatitudini di Frassati. Otto finestreaperte sull'anima di Pier Giorgio. Sono anche 90 annidalla morte di Frassati e 25 dalla beatificazione. Quanti giovani per l’ostensione?Dalle prenotazioni oltre i 30mila. Senza contare glialtri che vengono in modo autonomo.Ci parli dell’importanza di questa Notte bianca difine giugno?Servirà a preparare l’incontro con il papa e ribadi-re la dimensione universale per ogni giovane del-l’amore di Cristo. Per sottolineare la carità verso imalati e i disabili. La passione di Cristo e la passio-ne educativa di don Bosco sono i due fari di que-sta notte. Non mancheranno anche momenti difesta con i concerti al centro della città. Come lacatechesi. Il papa celebrerà la messa per i giovani,incontrerà gli educatori, tutte le realtà giovanili consport, emigranti, stranieri. Tutte le informazionisono disponibili sul sito www.sindone.org. �g

29I 062015

qual

e Ch

iesa

Il responsabile dellapastorale giovaniledella diocesi di Torino,assistente in Ac,spiega come ragazzi,adolescenti e giovanisi prepareranno adaccogliere Bergoglio.«Stile Gmg. Oratorial centro. Sacco a peloe materassino...».Tutta l’attenzionesi concentra sullafigura di Gesù

Sopra: don Luca Ramello

Giovani:notte biancaaspettandoil papa

di Alessandra Gaetani

intervista conLuca Ramello

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.03 Pagina 29

Page 28: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

30 I 062015

Solo il tempo ci dirà se l’elezione alla pre-sidenza di Muhammadu Buhari riuscirà aportare il nord-est della Nigeria fuori daltunnel della violenza in cui l’hanno preci-

pitata i miliziani di Boko Haram e il califfato procla-mato dal loro leader Abubakar Shekau. Musulmano, originario del nord del Paese, dovel’Islam è la religione maggioritaria, Buhari è statoeletto in marzo al termine della più incerta campa-

gna elettorale dall’avventodella democrazia in Nigerianel 1999.Generale con un passato allaguida del Paese, dal dicem-bre 1983 all’agosto 1995, illeader dell’opposizione, 72anni, ha sconfitto il presiden-te Goodluck Jonathanespressione di quel Peopledemocratic party (Pdp) cheaveva sempre controllato ilpotere. Un’elezione su cui ha pesatoil clima di insicurezza provo-cato dagli attacchi della settae, soprattutto, l’incapacitàdell’esercito di porre un frenoalle violenze. Non è un casoche Buhari abbia stravintoproprio nelle zone maggior-mente interessate dagliattacchi: si tratta in particola-re degli stati di Borno, Yobe eAdamawa dove dalla prima-vera del 2013 vige lo stato diemergenza. Ed è proprio inquesti Stati che bisogneràcapire quali implicazionilocali potrà avere la sua ele-zione: non bisogna, infatti,dimenticare come – soprat-

tutto negli anni della sua formazione (a partire dal2002) – Boko Haram abbia goduto di simpatie,sostegno ed appoggi da parte di leader locali.Intanto sul fronte militare continua l’offensiva lan-ciata da una coalizione internazionale formatadagli eserciti di Nigeria, Ciad, Camerun e Niger. Unintervento reso necessario dall’estensione regio-nale della crisi: secondo l’Alto commissariato delleNazioni Unite per i rifugiati a marzo 2015 erano194mila i profughi nigeriani accolti in Camerun,Niger e Ciad. Oltre un milione sarebbero gli sfolla-ti interni alla Nigeria.Qualcosa nelle ultime settimane sembra esserecambiato come raccontava alla fine di aprile, fratelFabio Mussi, missionario del Pime e referenteCaritas della diocesi di Fotokol, nell’estremo norddel Camerun. «Gli attacchi di Boko Haram – spie-ga il missionario – sono meno frequenti e menoviolenti. Certo nessuno si illude che la pace siaarrivata, ma almeno si comincia a respirare un po’.Così almeno, le popolazioni frastornate da mesi ditensione e paura, si compiacciono di vivere unaserenità ritrovata pur sapendo la precarietà dellasituazione». Fratel Mussi che da mesi si sta occupando dell’as-sistenza ai profughi della violenze racconta di unarecente visita ai villaggi di confine: «Ad Hile Alifa,un grosso villaggio che fino a qualche settimana faera in una zona considerata molto pericolosa,abbiamo potuto incontrare la comunità cristiana di356 persone, che si era arricchita di altre 484 per-sone, sfollate dai villaggi confinanti con la Nigeria.A loro abbiamo distribuito 25 sacchi di miglio, olioe sale. È stata un’occasione per questa minoranzacristiana, inserita in un ambiente a maggioranzamusulmano, di ritrovare un senso di fraternità e difamiglia. Eravamo accompagnati da padre Gabriel,parroco della Missione di Makari, che da mesi nonaveva potuto visitare questi suoi parrocchiani».Quella dei cristiani è una situazione doppiamentedifficile: alla crisi provocata dalle violenze della

di Michele Luppi

Una guerra che sembra nonfermarsi nel paese africano.Per fratel Fabio Mussi,missionario del Pimee referente Caritasdella diocesi di Fotokol,nell’estremo nord delCamerun, «nessuno si illudeche la pace sia arrivata,ma almeno si comincia arespirare un po’». Violenze,crisi economica e corruzionedilagante sono le tre sfideche attendono il nuovopresidente. Da ciò dipenderàla sorte di milioni di africanie di tante comunità cristianeche vivono, ogni giorno,il nuovo martirio

senz

a co

nfin

i

Nigeria, passa ancheda qui il futuro dell’Africa

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.03 Pagina 30

Page 29: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

31I 062015

setta si aggiunge la discri-minazione di essere per-cepita come minoranza daparte delle autorità. «Inmolte situazioni concretenella zona di confine conla Nigeria – continua fratelMussi –, la minoranza cri-stiana è penalizzata inrapporto alla maggioranzamusulmana, soprattutto

per quanto riguarda l’aiuto pubblico per l’emer-genza alimentare».Anche se non sono mancati, qui come altrove, epi-sodi di solidarietà e di vicinanza tra persone di reli-gione diversa. Nella vicina diocesi di Marouà-Mokolo, ad esempio, è nata da pochi mesi unacasa per promuovere il dialogo interreligioso e lapace. «Ci auguriamo tutti – conclude il missionariodel Pime – che la pace possa ritornare in questeterre martoriate dalla guerra da oltre un anno.Tuttavia, anche se le armi dovessero tacere, ci

vorrà molto tempo per ricostruire non solo unambiente di vita sereno, ma soprattutto le coscien-ze che hanno perso la fiducia nell’uomo che viveaccanto a noi».Piccoli segnali di speranza che non possono fardimenticare le violenze che continuano, in Nigeria,con cadenza giornaliera. Una prospettiva di pacenon semplice in un territorio dove lo stesso eserci-to è stato responsabile, nel recente passato, di vio-lenze e azioni arbitrarie. Il tutto in un contesto eco-nomico particolarmente complesso: la Nigeria, coni suoi 160 milioni di abitanti è il paese più popolo-so del continente e la principale economica africa-na, ma la crescita degli ultimi anni rischia di esse-re vanificata dal crollo del prezzo del greggio cherappresenta il 95% delle esportazioni nigeriane. Violenze, crisi economica e corruzione dilagantesono le tre sfide che attendono il nuovo presiden-te. Dalla risposta che saprà dare la nuova leader-ship dipenderà la sorte di milioni di africani e ditante comunità cristiane che vivono, ogni giorno, ilproprio martirio quotidiano. �g

Piccoli segnali di speranza chenon possono far dimenticarele violenze che continuano,in Nigeria, con cadenzagiornaliera. Una prospettivadi pace non semplice in unterritorio dove lo stessoesercito è stato responsabile,nel recente passato,di violenze e azioni arbitrarie

A sinistra, il missionarioFabio Mussi.

Sopra, profughidalla Nigeria

senz

a co

nfin

i

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.03 Pagina 31

Page 30: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

32 I 062015

senz

a co

nfin

i

Padre Pepe di Paola, il più popolare deicuras villeros argentini, abita in unabaracca di legno nella villa Carcova aBuenos Aires. Stretto collaboratore del

vescovo Bergoglio nelle villas miserias di BuenosAires. Lo scorso febbraio ha incontrato privata-mente papa Francesco, a Palermo ha ritirato unpremio alla memoria di don Pino Puglisi uccisodalla mafia. Ha girato l’Italia per presentare il libro

Preti dalla fine del mondo – viaggio tra i curas vil-leros di Bergoglio scritto dalla giornalista argentinaSilvina Premat (ed. Emi). Particolarmente significa-tivo l’incontro a Torino con don Luigi Ciotti che hacurato la prefazione del libro. «Abbiamo parlato –dice padre Pepe di Paola – del nostro comuneimpegno per la denuncia dei legami tra droga ecriminalità organizzata e ci siamo confrontati sullarealtà italiana e quella argentina».Padre Pepe di Paola ha contatti con la diocesi diComo, in particolare con la Caritas che ha soste-nuto alcuni progetti in Argentina. Durante un brevesoggiorno in Valtellina ha incontrato vecchi e nuoviamici e ha rilasciato questa intervista a Segno.

Chi sono e come sono nati i curas villeros impe-gnati nelle baraccopoli più degradate di BuenosAires? Dopo il Concilio Vaticano II i sacerdoti di BuenosAires hanno voluto vivere da vicino con gli abitantidelle villas miseria. Hanno scelto di fare Chiesadentro le villas, di vivere “con” le persone più biso-gnose. Come dico nel libro, abbiamo accettato divivere nelle villas, di conoscere e amare gli abitan-ti come se fossimo nati in mezzo a loro, di condivi-dere le loro stesse difficoltà di vita quotidiana. Cosìci rendiamo conto di tante cose che a volte, in altriquartieri di Buenos Aires, non si vuole riconoscere.

Questa coraggiosa presenza nelle periferie è statapromossa, voluta, da Bergoglio quando era arcive-scovo di Buenos Aires? Dal 1968 a oggi c’è sempre stata una équipe disacerdoti delle villas miseria a Buenos Aires. Laforza, la presenza e il numero sono aumentati conl’arrivo di Bergoglio. A Buenos Aires Bergoglioandava nelle villas e coordinava il lavoro dei curasvilleros. Conosceva direttamente le necessità equindi definiva le priorità pastorali. La sua presen-za, sia a livello personale che pastorale, eracostante.

di Silvio Mengottoed Elena Paltrineri

Storia di povertà ed emarginazione dalle villasmiserias di Buenos Aires. Che ora un sacerdoteracconta, abitando lui stesso in una baraccadi legno della periferia argentina. Con unapreghiera nei confronti del pontefice, perché«in lui c’è una grande coerenza. Parla e agisceper i poveri come quando era il vescovoBergoglio». Un messaggio agli amici di Ac:«Non lasciatevi ingannare da chi critica il papa»

intervista conpadre Pepe

di Paola

Un pretedalla fine del mondo

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.03 Pagina 32

Page 31: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

Che compiti svolgono i curasvilleros fra le baracche? Gli stessi che un prete svolge in qualsiasi altroposto: catechesi, sacramenti, predicazione. La dif-ferenza rispetto ad altre realtà è la forte presenzanel lavoro sociale. Ci sono tanti bisogni. Ci sonomigranti, situazioni di emarginazione, droga, vio-lenza. Facciamo un grande lavoro per la prevenzio-ne, in particolare per quanto riguarda i bambini.Spesso organizziamo  campi scuola per toglierlidalla strada. Abbiamo centri di recupero. Ci occu-piamo di dare da mangiare ai poveri. Cerchiamo didifendere la gente dei nostri quartieri operai, come

ci piace chiamarli, dalle conseguenze del narco-traffico. Per questo abbiamo sostenuto l’integra-zione e non lo sradicamento o un’urbanizzazioneche non tiene conto dell’opinione degli abitanti,perché la villa deve mostrare al resto della città ivalori che possiede. Abbiamo provato dolore nelvedere bambini che abbiamo battezzato e dato lacomunione, travolti dalla tragedia del paco o pastabase, una droga a basso costo simile al crak emolto diffusa tra i bambini. È considerata la drogapiù pericolosa in circolazione in Argentina. Nella

nostra villa adesso abbiamouna nuova cappella che saràintitolata a San GiovanniBosco. Tra poco apriremo unanuova scuola che porterà ilnome di Mons. OscarRomero, il vescovo salvadore-gno ucciso nel 1980 che pre-sto sarà beatificato.

Di cosa avete parlato nell’in-contro con papa Francesco? L’ho aggiornato proprio sulleattività di lotta alle dipenden-ze, soprattutto quelle legatealla droga e sui vari progettidiocesani. È stato entusiastaquando gli ho parlato delrecupero delle persone che

riescono a vincere questa battaglia.

Cosa vorrebbe dire agli amici dell’Azione cattolica?Papa Francesco parla e agisce come quando era ilvescovo Bergoglio. In lui c’è una grande coerenza.Ciò che fa non è ideologia ma un impegno cristia-no serio. Bisogna ascoltarlo perché in lui c’è unaspiritualità profonda. Non lasciatevi ingannare dachi lo critica. Bergoglio ha dato la sua disponibilitàdopo la rinuncia di Benedetto. Papa Francesco èl’apostolo della gente. �g

33I 062015

senz

a co

nfin

i

A sinistra: padre Pepe diPaola. Sopra, insieme adalcuni collaboratori e lacopertina del suo libro

Pag16-33n6/2015_Segno 12/05/15 11.03 Pagina 33

Page 32: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

34

oriz

zont

i di A

c

La realtà sorprende davvero l’idea. Si parteda qui, da questo atto di fiducia nella vitadi ogni giorno per disegnare il volto diun’Ac giovane, missionaria, impegnata in

mille modi diversi nelle parrocchie, nelle comunitàlocali, nei territori del degrado e della solitudinesociale. Si parte da qui. Da questi volti vivaci e

pieni di entusiasmo dei presidenti diocesani chehanno voglia di fare, di impegnarsi. PapaFrancesco è il faro di un cammino lungo le stradedel vangelo, a volte sofferto, ma sempre bello. I tempi nuovi del vangelo e i tempi nuovi della vitache cambia. Per dirla con le parole di MatteoTruffelli, presidente nazionale di Ac, una «rivoluzio-ne copernicana» attraversa le nostre vite e il nostromodo di essere associazione e Chiesa. «Nonlasciamoci rubare la forza missionaria, piuttostosbilanciamoci in avanti. In termini calcistici, passia-mo da un prudente, difensivo e a volte comodomodulo 3-5-2 a un coraggioso modulo d’attacco4-3-3, che richiede più estro, più fantasia, mag-giore capacità di reazione ai rischi dello sbilancia-mento, ma che ci proietta in avanti nella partitadella vita». Le tre consegne. La metafora arriva alla conclu-sione del Convegno delle presidenze di Ac, Larealtà “sorprende” l’idea. La missionarietà dell’Acalla luce dall’Evangelii gaudium, svoltosi a Romadal 24 al 26 aprile scorso, ma è come ricomincia-

Truffelli all’Ac: proiettarsiin avanti con estro e fantasia

Poveri, popolo, misericordia, gioia e dialogo:cinque parole per un nuovo lessico missionarioche si apre alla vita di ogni giorno. Di questo siè parlato al Convegno delle presidenzediocesane di Azione cattolica sul tema La realtà“sorprende” l’idea. La missionarietà dell’Ac allaluce dall’Evangelii gaudium, svoltosi a Roma afine aprile. Alla vigilia dei suoi 150 anni,un “Libro bianco” racconterà il presentedell’associazione, «per rendere condivisa ognipiccola parte di Chiesa che ci è affidata», comesottolineato dal presidente nazionale, MatteoTruffelli. Grazia, sorriso e benedizione perpercorrere i tempi nuovi che stiamo vivendo

di Gianni Di Santoe Antonio Martino

I 062015

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.07 Pagina 34

Page 33: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

35I 062015

oriz

zont

i di A

c

re di nuovo per gli oltre 700 delegati provenienti daquasi 200 diocesi d’Italia. Sono loro i protagonisti.Si sono confrontati con la volontà di  rileggere eampliare gli orizzonti sui quali l’Azione cattolicaconcentra il suo impegno, lasciandosi interrogaredell’esortazione di Francesco e dalle  “consegne”che il papa ha affidato all’Ac un anno fa, in occa-sione dell’incontro del 3 maggio:  rimanere conGesù; andare per le strade e incontrare le persone;gioire ed esultare semprenel Signore.La vita di ogni giorno alcentro dell’attenzione. Emettersi in ascolto dell’al-tro diventa il primo neces-sario input per ricalibraremeglio le dinamiche inte-riori e di relazione. Truffelliè chiaro. Compito dell’Acè spingere le associazionia farsi compagne di viag-gio delle persone, che nonsignifica porsi di frontealle persone o studiare lavita, ma collocarsi a fiancodi esse, perché sono ipoveri che ci evangelizze-ranno. Viene chiesto ailaici di Ac di accorgersi

che è il Signore stesso che abita la vitadi ciascuna persona. Lasciarsi sorprendere e interrogare daquesta vita, commuovere, scuotere,soffermarsi di più sulle domande dellavita delle persone. È questo il lessicodella nuova speranza. In un’associazio-ne che valorizza la sua lunga presenzanella Chiesa e nel paese, impara dalleesperienze belle e forti che l’hanno pre-ceduta e da chi “ha fatto l’Ac” in quasiun secolo e mezzo di storia; e, allo stes-so tempo, si proietta in avanti.Come fare tutto ciò? In realtà non c’èuna formula magica. «Non possiamodirci: “mettiamo un po’ di ritualità, un

po’ di struttura organizzativa e ancora solidarietà oguide formative. Non è questo. A una realtà com-plessa occorre porsi in relazione in modo comples-so e dinamico. L’unica strada possibile è quella deldiscernimento, a partire dalla varietà delle attese edei bisogni. Come Ac abbiamo un patrimonio veroda mettere a disposizione della nostra Chiesa: lachiamata alla responsabilità di ciascuno di noi edelle nostre associazioni. Non c’è bisogno di

aspettare un via libera,dalla gerarchia, dal centronazionale, se c’è il biso-gno si parte. Il prenderel’iniziativa ci interpellapersonalmente».

Abitare la periferia dellaChiesa con fiducia. Ciòche dunque conta di più –sia per le grandi che perle piccole realtà di Azionecattolica – è saper «abita-re il proprio essere picco-lo o grande periferia»della Chiesa. «Facendolocon fiducia, perché senzafiducia la battaglia èpersa», sottolinea il presi-dente dell’Ac. Chi non ha

A lato: i presidentidiocesani ascoltano

l’intervento delpresidente nazionale,

Matteo Truffelli(in primo pianoqui a destra).

Foto di Elisa D’Arrigo

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.07 Pagina 35

Page 34: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

36 I 062015

oriz

zont

i di A

c

fiducia presta il fianco al più grande dei pericoli: ladesertificazione spirituale denunciata daFrancesco (e prima di lui da papa da BenedettoXVI) ai nn. 85 e 86 della Eg. «Nel deserto c’è biso-gno soprattutto di persone di fede che, con la lorostessa vita, indichino la via verso la Terra promes-sa e così tengono viva la speranza».«Fiducia significa anche non avere nessuna nostal-gia dei tempi passati – spiega Matteo Truffelli – ma

“gettare” il proprio contributo come fa il seminato-re (che abbiamo scelto come icona del triennio),che non sceglie la stagione o il tipo di terreno, macui spetta una semina copiosa, generosa e a piùmani». Anche per questo, annuncia il presidentenazionale dell’Ac, «abbiamo deciso, con appunta-menti regionali, di incontrare tutti presidenti par-rocchiali Ac d’Italia». Affinché ciascun “seminato-re” di Ac, «viva la centralità e l’unicità della propria

In occasione del Convegno delle Presidenze diocesanedell’Azione cattolica italiana sul tema La realtà “sorprende”l’idea. La missionarietà dell’Ac alla luce della Evangelii gaudium,

che si è svolto a Roma, papa Francesco ha rivolto il suo «cordiale ebenaugurante pensiero» all’Azione cattolica, «esortando arinnovare la scelta missionaria, aprendosi agli orizzonti che loSpirito indica per una nuova giovinezza dell’apostolato, perarrivare a tutti con il balsamo della misericordia, privilegiando chisi sente lontano e le fasce più deboli e dimenticate dellapopolazione». Sua Santità ha auspicato che «le giornate di studiosuscitino nei partecipanti rinnovato slancio apostolico animato daforte passione per la vita della gente per contribuire allatrasformazione della società e orientarla sulla via del bene».Bergoglio ha invocato «copiosi doni del divino spirito» sull’Ac,chiedendo di pregare «a sostegno del suo ministero di successoredell’apostolo Pietro, per intercessione della Vergine immacolata».

Le parole di papa Francesco all’Azione cattolica

Animati da una forte passioneper la vita della gente

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 36

Page 35: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

I 062015 37

oriz

zont

i di A

c

«Carissimi membri dell’Ac, in questi giornicelebrate il vostro Convegno nazionale. Avetemeditato alcune parole-chiave di un programma

del presente pontificato: poveri, popolo, misericordia,gioia e dialogo. Credo che siate già caricati di nuovaenergia con un desiderio rinfrescato di essere gioiosievangelizzatori. Non abbiate paura di essere dito di Gesùche bussa alla porta del cuore di chi ancora è in attesadell’annuncio del Vangelo». Così mons. Savio Hon Tai-Fai,segretario della Congregazione per l’evangelizzazione deipopoli, durante l’omelia della messa conclusiva delConvegno presidenze svoltosi alla Domus Pacis di Roma. Il prelato ha poi proseguito catalizzando, con parole egesti, l’attenzione delle centinaia di presenti. «Immaginiamo – ha affermato – che qualcuno bussi allatua porta, “toc, toc, toc,”. Tu rispondi, “chi è?”. L’altrodice, “è Gesù”, e tu chiedi, “chi è Gesù?”.Gesù è il figlio di Dio. Il suo nome vuol dire “Dio salva”.Con potenza, Egli porta in sé l’appello alla pienezza di vita

e di amore che ogni uomo desidera, e la risposta, cioè ilcompimento mediante la sua morte e risurrezione. A lui èstato dato ogni potere in cielo e in terra.Toc, toc, toc! Chi è? È Gesù? Chi è Gesù?Gesù è il Servo di Dio, inviato al mondo per compiere ilcomando del Padre. Egli non è venuto per farsi servire, maper servire e dare la propria vita in riscatto per molti. Inquesto quadro del comando di amore, Gesù dà la propriavita, per poi riprenderla di nuovo. Egli ha il potere di darlae il potere di riprenderla. In virtù di essere il Servo di Dio,Egli diventa il nostro Buon Pastore.Carissimi fratelli e sorelle, conoscere nel Vangelo è amareintensamente. Questo è il compito primario dell’Azionecattolica, associazione di laici, anzi di laici fedeliimpegnati a vivere, ciascuno “a propria misura” e in formacomunitaria, l’esperienza di fede, l’annuncio del Vangelo ela chiamata alla santità. Oggi non abbiate paura di esseredito di Gesù, che bussa alle porte dei cuori e trasmette ilsuo sms. Salvatore, Mediatore, Servo».

Il compito dell’Ac

Mons. Hon Tai Fai: «Toc, toc. Chi è? È Gesù...Conoscere il vangelo e amare intensamente»

opera di discernimento e ritrovi la bellezza dell’es-sere associazione». Insieme – aggiunge Truffelli –«daremo vita a un Libro bianco dell’Ac. Per rende-re condivisa ogni piccola parte di Chiesa che ci èaffidata». Nella storia del paese. Ed ecco perché i lavori delConvegno, vivaci e partecipati da laici e sacerdotiassistenti, hanno condiviso alcune parole chiavedell’Evangelii gaudium: poveri, popolo, misericor-dia, gioia e dialogo. Parole che entrano con forzanelle vite di chi fa e si sente Chiesa in famiglia, nellavoro, nel territorio che abita.Senza sottovalutare nulla. Compresa la storiadell’Ac. «Per questo ci prepareremo tutti a celebra-re tra poco più di un anno, i 150 anni dell’Azionecattolica italiana, consapevoli dell’importanza chel’Azione cattolica ha avuto nella formazione ditante generazioni di questo paese». Ma non è unosguardo rivolto solo al passato. La memoria di ieri,di ciò che è stata l’Azione cattolica rispetto alla

crescita democratica del paese e alla Chiesa “inuscita”, è pungolo per il presente. Per i tempi nuoviche stiamo vivendo e che ci chiedono di percorrer-li con grazia, sorriso e benedizione. �g

A sinistra in alto: lapresidenza nazionalesegue l’intervento di

Matteo Truffelli

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 37

Page 36: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

38 I 062015

L’Area della promozione di Ac in questotriennio intende lavorare in modo crea-tivo ed efficace per custodire il legameassociativo, che sentiamo come un

patrimonio per le nostre vite, da mettere a fruttoper il bene della Chiesa e del nostro paese. Custodire significa saper guardare: per conosceresempre meglio le associazioni diocesane, per pro-vare a valorizzarne i punti di forza e ad accompa-gnare discretamente ma efficacemente laddoveesse sperimentino delle “fragilità”, nella consape-volezza che ogni associazione territoriale è di persé una ricchezza. Desideriamo essere anzitutto

uno sguardo che sa cogliere– e aiuta a cogliere – il beneche c’è, prima delle difficoltàe degli ostacoli.Custodire vuol dire ancheimpegnarsi per sostenere labuona vita associativa nelleparrocchie, dove concreta-mente cerchiamo di farciprossimi di tutti. Abbiamoaccolto con entusiasmo l’in-vito della Presidenza nazio-

nale a strutturare un contatto stabile con i presi-denti parrocchiali, nel solco tracciato in occasionedell’udienza con papa Francesco. Per questo, nel-l’ultimo Convegno delle presidenze diocesaneabbiamo presentato What’s up?, la nuova newslet-ter che i presidenti parrocchiali riceveranno concadenza trimestrale. È uno strumento formativo einformativo che speriamo aiuti a creare e sostene-re la consapevolezza dell’associazione e della suavita ai diversi livelli, che possa ridire l’Abc dell’Acsenza retorica e che possa servire a raccontarel’associazione nel contesto ecclesiale di oggi.Ciascun numero è introdotto da una breve rifles-sione del presidente nazionale, seguita da tresezioni tematiche, identificate con le tre consegneche papa Francesco ci ha dato il 3 maggio:“#rimanere”, “#andare” e “#gioire”. Custodire davvero implica però anche.. osare.Implica provare a tracciare percorsi nuovi e adaprire spazi di profezia davanti alle molteplici sfidedella vita associativa in una “Chiesa in uscita” e inun paese che cambia. Con questo obiettivo, avvie-remo una riflessione su alcuni aspetti nodali dellavita associativa e proporremo alle diocesi una seriedi weekend, che intendiamo caratterizzare come

momenti di pensiero specificosulla promozione, orientati all’indi-viduazione di strumenti e buoneprassi. Infine, ci impegneremo a custodi-re il legame associativo condivi-dendo la gioia autentica che ci dàil camminare insieme, da 150anni, lungo una grande storia fattadi “santi del quotidiano”, di cui cisentiamo pienamente parte. E a questo proposito, se anche voiavete storie speciali da racconta-re, scriveteci ([email protected]). Segnalateci ancheanniversari “associativi” e occa-sioni speciali da festeggiare, saràun piacere mandarvi gli auguri! �g

Custodi di un legame

Le nuove proposte dell’Areadella promozioneassociativa nella lineadel guardare per conoscere,impegnarsi, osare...Legame e sostegno allerealtà locali. Nasce inoltreWhat’s up?, la newsletterche i presidentiparrocchiali riceverannocon cadenza trimestrale

oriz

zont

i di A

c

di Monica Del Vecchio

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 38

Page 37: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

39I 062015

«Ci impegniamo ad evangelizzare,ponendo particolare attenzione almondo adulto, con le sue potenzia-lità, la sua evoluzione e le sue criti-

cità, attraverso gesti e segni nuovi, espressione diuna concreta cultura dell’incontro». È questo unodegli punti indicati nel documento della XVAssemblea nazionale Ac e che riguardano la vitadel settore adulti. In questa precisa scelta rientra-no gli indirizzi di fondo, in questo triennio, che ilsettore Adulti nazionale si è dato.Siamo convinti, innanzitutto, che la realtà è piùimportante dell’idea. Quando la realtà ha al centro

la persona e la sua vita, l’idea simodella alla realtà concreta.Tanto più se lo scopo di tuttol’impegno del settore adulti èlegato a far risaltare un motto:Vita - Parola - Vita.Abbiamo cercato, alla luce di

questo pensiero, di delineare in dettaglio tre puntiimportanti, tre direzioni di marcia, del camminotriennale del settore: 1) ripensare e qualificare iltesto di formazione dei gruppi; 2) curare la forma-zione dell’animatore del gruppo adulti; 3) esserepresenti come équipe nazionale nei territori.Questi obiettivi si sono tradotti concretamente inaltrettante scelte operative che hanno lo scopo di

rilanciare la formazione del mondo degli adulti,tenendo conto della nostra peculiarità associativa.Il testo adulti nella sua intelaiatura costruita in que-sti anni ci ha dato modo di dare impulso a unascelta che è stata vincente. L’adulto è chiamato aformarsi nella fede e in umanità. Quest’anno oltreal rinnovamento della commissione, si è tentato didare una nuova denominazione alle parti del testoper rispondere meglio al trinomio/binomio Vita -Parola - Vita. E nel contempo si è lavorato per offri-re una “bussola” che orienti con efficacia coloroche sono chiamati a coordinare il momento forma-tivo del gruppo adulti.Questa prima scelta ci ha indirizzato a un seconda:avere una maggiore attenzione all’“animazione” digruppo. Una commissione nazionale dedicata èstata avviata allo scopo di affrontare i temi dellaformazione dei formatori o degli animatori. Nonpossiamo immaginare un cammino di gruppoadulti senza che qualcuno si prenda cura di pen-sare, programmare, caratterizzare la formazionedegli adulti.La terza scelta è mirata a curare i rapporti con ani-matori e responsabili di settore nei territori.Concretamente si sono ripensati i moduli formatividistribuiti nell’area Nord, Centro e Sud. I contenutisono dedicati al tema Vita - Parola - Vita.In questo contesto il settore è chiamato a qualifi-care alcuni luoghi di elaborazione: l’ufficio di setto-re, il Laboratorio della progettazione associativa, lecommissioni adulti-giovani, adultissimi, in strettacollaborazione con l’Area famiglia e vita, senza tra-scurare i rapporti con il settore Giovani e l’Acr.Interessante sarà comunque valorizzare lo scam-bio sulla realtà degli adulti all’interno del Fiac(Forum internazionale di Azione cattolica).In sostanza il mondo adulto ha bisogno continua-mente di rileggersi e riprogettarsi. È in gioco unascelta di chiesa in uscita perché la vita ha bisogno diessere vissuta e testimoniata nella quotidianità. Lavita degli adulti è sempre carica di nuove sfide.Sicuramente la vera sfida è quella di un adulto chetrovi forma nella sua vita, per una vita in pienezza. �g

Giuseppe Notarstefanoe Maria Grazia Vergari,

vicepresidentinazionali per il settore

Adulti, insiemeall’assistente

nazionale,don Emilio Centomo

Una vita piena, da adulti

L’impegno del settoreAdulti di Ac è rivolto afar risaltare un motto:Vita - Parola – Vita.Tre direzioni di marciaper il cammino triennale

oriz

zont

i di A

c

di Lucio Turra

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 39

Page 38: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

Giovani, il seme validodella buona speranza

L’anno associativo in corso è stato dedi-cato dal settore Giovani alla riflessionesul senso del bene comune e sull’im-pegno di ciascuno e dell’associazione

per la sua costruzione. Questa attenzione è unadimensione qualificante del giovane di Ac. Nascedalla consapevolezza che, per essere laici cristia-ni che testimoniano appieno la propria fede neltempo e nei luoghi che sono chiamati ad abitare,è necessario prendersi a cuore la vita delle nostrecittà e operare attraverso scelte concrete per ilbene di tutti coloro che le abitano. Questo impe-gno pensiamo che debba essere radicato in unasalda vita spirituale che ci aiuta nel discernimen-to e nelle scelte. Diverse sono state le occasioniche ci hanno aiutato a declinare il tema. Al modu-lo formativo Si può fare!, proposto a consiglieridiocesani e membri d’equipe, a Trevi (Pg) dal 6all’8 marzo scorsi, abbiamo scelto, partendo daun momento di riflessione e cura della vita spiri-tuale, di confrontarci sui temi dello studio e dellaricerca, del terzo settore, della politica, dell’im-presa, attraverso preziosi momenti di approfondi-

mento e un confronto direttoe concreto con esperienzegiovanili di costruzione delbene comune. In questaoccasione è stato presentatoanche Si può fare!, uno stru-mento agile e dinamico pertutti, in primis per responsa-bili ed educatori dei gruppi,che propone percorsi diriflessione ed esperienzeconcrete di bene comune peri gruppi giovanissimi e giova-ni. Si tratta di sette capitolidedicati ad altrettante tema-tiche importanti per un profi-cuo impegno, caratterizzatidal riferimento al Vangelo,

alla dottrina sociale della Chiesa, dall’approfondi-mento dei temi e dalla proposta di una serie diesercizi di gruppo, attività che concretizzano itemi affrontati e permettono di contribuire attiva-mente al bene delle nostre città. Sempre nelsolco dell’ attenzione alla città e al paese, anchequest’anno il settore Giovani di Ac, con il movi-mento studenti, partecipa alla scuola di formazio-ne politica per le associazioni di ispirazione catto-lica, che si tiene nella suggestiva cornice dellastorica rivista Civiltà Cattolica ed è affidata alcoordinamento di padre Francesco Occhetta. Èuno spazio, condiviso e animato da diverse asso-ciazioni cattoliche, per riflettere sui temi dellademocrazia e della partecipazione, certi che l’im-pegno di ciascuno è il fondamento su cui costrui-re la città. Parlare di politica è a tratti complesso, ma educar-si ed educare anche alla dimensione politica esociale è nel dna e nelle scelte concrete del gio-vane di Ac. I giovani, a dispetto di quello che spes-so si crede, sono molto interessati alla politicaintesa come amore e attenzione della polis, maoccorre coltivare questo interesse, fondandolonella conoscenza delle questioni e nell’acquisizio-ne di un metodo di scelta. Questa collaborazionecon la Civiltà Cattolica e i padri gesuiti è moltoimportante anche per crescere nell’amicizia, neilegami e nel confronto reciproco. E proprio sullerelazioni e sulla fraternità è incentrato il consuetoappuntamento estivo del campo nazionale del set-tore Giovani e Msac per responsabili associativi,che quest’anno si terrà a Molfetta (Bari) dal 4 al 9agosto. Desideriamo andare al cuore della relazio-ne con l’altro, fatta di dono, dialogo e perdono,lontana da logiche di possesso e da mere preteseegoistiche, la cui essenza è l’accoglienza dell’al-tro. È questa una delle sfide attuali che l’Ac vive:parlare di fraternità in un momento storico in cuivince chi sgomita sugli altri, chi si fa strada dasolo, chi non si fida di nessuno. Proprio in questo

Un anno intenso per ilsettore dei giovani di Ac.Al modulo formativo Si puòfare! e alla scuola diformazione politica coni gesuiti, si accostal’appuntamento estivodel campo nazionale,assieme al Msac, che siterrà a Molfetta dal 4 al 9agosto. Per poi concludereidealmente a Roma dal 18al 24 agosto, dove,per la prima volta,viene proposto un campodi servizio di fraternitàe servizio agli altri

oriz

zont

i di A

c

40 I 062015

di Lucia Colomboe Michele Tridente*

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 40

Page 39: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

41I 062015

contesto, l’esperienza di fra-ternità vissuta in Ac ci fasperimentare, con creativitàe fiducia, nuove strade pervivere la fraternità nei luoghie nelle situazioni di vita ordi-naria. Fraternità, servizio e atten-zione all’altro si concretizza-no nella scelta di promuove-re un nuovo appuntamentonella ricca estate associati-va. Per la prima volta il set-tore Giovani propone uncampo di servizio, che sisvolgerà a Roma dal 18 al

24 agosto. Sarà questa l’occasione per trenta gio-vani da tutta Italia per “sporcarsi realmente lemani”, facendo servizio concreto in varie strutturedel territorio. Tutte queste occasioni sono segno diun’attenzione forte del settore Giovani, e dell’asso-

ciazione, per la costruzione del bene comune. Manon bastano. È necessario l’impegno di tutti, a tuttii livelli. Interessarsi ai grandi temi politici come aipiccoli problemi quotidiani dei nostri quartieri,conoscere, informarsi e spendersi, con le scelte diogni giorno come con le grandi scelte di impegnonelle istituzioni, nella consapevolezza che, comediceva don Pino Puglisi, «se ognuno di noi fa qual-cosa si può fare molto». È un compito da portareavanti insieme, soprattutto in un tempo complessocome il nostro, dove spesso la speranza nel futurocede il passo allo scoraggiamento. Ci viene dachiederci, come Bachelet, su cosa puntare, se […]correre dietro a singoli problemi, importanti, maconsequenziali, o puntare alle radici? Nel momen-to in cui l’aratro della storia scavava a fondo rivol-tando profondamente le  zolle della realtà socialeitaliana che cosa era importante? E ci risuonaquanto mai attuale la risposta: gettare semebuono, seme valido. �g

*vicepresidenti nazionali per il settore Giovani di Ac

È questa una delle sfideattuali che l’Ac vive: parlaredi fraternità in un momentostorico in cui vincechi sgomita sugli altri,chi si fa strada da solo,chi non si fida di nessuno.Proprio in questo contesto,l’esperienza di fraternitàvissuta in Ac ci fasperimentare, con creativitàe fiducia, nuove stradeper vivere la fraternitànei luoghi e nelle situazionidi vita ordinaria

oriz

zont

i di A

c

Foto di gruppoal modulo formativo

Si può fare!

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 41

Page 40: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

42 I 062015

spaz

io a

pert

o

� Un calcio al pregiudizioCaro Segno, al di là di quelloche si legge sui giornali, c’èqualcuno ben disposto a tende-re una mano a coloro che cer-cano un rifugio nel nostro terri-torio. Questa è la concreta testi-monianza scaturita dall’iniziativaDai un calcio al pregiudizio, pro-mossa dall’Azione cattolica dio-cesana di Fano e organizzata

assieme all’Ufficiodiocesano per lapastorale deimigranti e al Csi diFano. Nonostantela pioggia, dome-nica 22 marzo,presso l’oratorio“San Cristoforo” diFano, oltre 50profughi prove-nienti da Fano,

Acquaviva di Cagli, Piobbico eCantiano si sono sfidati in unamichevole torneo di calcio a 8con altrettante squadre localicreatesi per l’occasione.Sebbene lo spirito della compe-

tizione abbia animato i più, loscopo della giornata non è statoquello di assicurarsi un trofeo,ma semplicemente far segnareun autogol alle tante critiche eideologie che spingono l’opinio-ne pubblica a rigettare con unasemplicità spaventosa e disu-mana situazioni come quelleincarnate dagli amici nord afri-cani presenti a questo insolitoderby. Nel pomeriggio, infatti, siè iniziato un confronto che èproseguito poi con la cena,durante il quale qualcuno haraccontato la propria storia, tal-volta contraddistinta da unadrammaticità mitigata solo daicommenti rivolti alla partita chein quelle ore sembrava esserel’unica preoccupazione. I teme-rari che sotto la pioggia si sonoavvicendati fra il pubblicohanno incontrato dei veri amiciche aprivano la porta del propriocuore ancora in grado di farspuntare un sorriso affatto timido.Un calcio al pregiudizio è statodato, felicemente certi che inizia-

tive come queste si ripeteranno.La speranza però è che tutto nontorni come prima, subito dopo ilfischio di fine partita. �g

Matteo Itri, Ac Fano

� La “Passione” a StornaraGentile redazione, organizzatadall’Azione cattolica della par-rocchia S. Rocco in Stornara, siè svolta la seconda edizionedella rappresentazione dellaPassione di Cristo. La manife-stazione, svoltasi con il patroci-nio dell’Amministrazione comu-nale, ha avuto luogo tra il corsoFieramosca e la villa comunale,con diverse postazioni in cui sisono vissuti i vari momenti,emozionanti, della passione.Magistralmente organizzata dalpresidente dell’associazione,Luciano Iagulli, con alcuni suoicollaboratori, ha richiesto l’im-pegno di oltre sessanta personetra protagonisti, figuranti e per-sone impegnate nella realizza-zione di costumi. L’ Ac parroc-chiale non è nuova nella realiz-zazione di scene della vita diGesù. Infatti il 12 aprile 2014 èstata realizzata la prima edizio-ne della Passione, inoltre il 6gennaio scorso ha avuto luogo ilpresepe vivente. �g

Franco Di Corato,Ac Stornara (Foggia)

Lo scorso 2 maggio a Torino, nei giornidell’ostensione della Sindone, il venerabileFratel Luigi Bordino (1922-1977) è stato

proclamato Beato. Formatosi in Azione cattolica,dopo l’esperienza della guerra e dei gulagsiberiani, scelse di farsi frate cottolenghino ededicare la propria vita al servizio della carità. Un “passista della Provvidenza” chesposò lo scandalo della povertà e se ne rallegrò, fiero in fondo di potersperimentare sulla sua pelle ciò che la sua teologia pratica gli aveva sempresuggerito, ossia che il cielo comincia dalla terra.Per conoscere più a fondo questa figura è disponibile il sitohttp://www.fratelluigibordino.it/.

Fratel Luigi Bordino Beato

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 42

Page 41: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

I 062015 43

� Il “miracolo” del teatroQuando, 32 anni fa, i giovani diAzione cattolica della parrocchia“Madonna del Ponte” diLanciano (Chieti), appassionati

di teatro, fondarono l’associa-zione culturale “Il Ponte”, con loscopo di evangelizzare dalletavole del palcoscenico, nonavrebbero mai pensato di arri-

vare oggi a mettere in scena EtVerbum caro factum est, unacommedia musicale incentratasul miracolo eucaristico diLanciano (nella foto), scritta daCarmine Marino su musiche diDino Potenza, entrambi soci del-l’associazione. Attraverso unacoinvolgente scenografia, giochidi luce, trasparenze, proiezioni emusiche originali, un cast di gio-vani interpreti ripropone, tra sto-ria e fantasia, l’evento miracolo-so di Lanciano. Contattandol’associazione, i gruppi organiz-zati (famiglie, pellegrini, parroc-chie ed associazioni) possonoprenotare diverse soluzioni: ilsolo spettacolo, lo spettacolo ela visita turistica con guida delcentro storico di Lanciano, l’in-tera giornata (comprensiva delpranzo in ristorante). Per mag-giori informazioni e prenotazio-ni: associazione culturale “IlPonte”, Lanciano, email:[email protected],www.associazioneilponte.it. �g

Carmine Marino,Lanciano, Chieti

Il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, ha incontrato lo scorso 28 marzoin Vaticano i membri del segretariato del Forum internazionale di Azionecattolica e ha espresso apprezzamento per gli obiettivi di cooperazione

ecclesiale internazionale che caratterizzano il programma un’Ac en salida (in uscita)del Fiac. Il segretariato del Fiac era riunito in quei giorni a Roma per mettere apunto l’agenda degli impegni che caratterizzeranno il percorso dei prossimi dueanni (presenti 30 responsabili e assistenti nazionali dei 5 paesi dell’organismo dicoordinamento del Fiac – Argentina, Italia, Romania, Spagna e Burundi, affiancatodal Ruanda). Il coordinatore del Fiac e presidente dell’Azione cattolica argentina,Emilio Inzaurraga, accompagnato dall’assistente ecclesiastico del Forum,monsignor Mansueto Bianchi, ha presentato al card. Parolin le attività cheimpegnano le associazioni di Ac dei 50 Paesi del Fiac, dal sostegno ai cristiani diTerra Santa alle proposte missionarie e formative per i giovani dei paesi delCentrafrica e di Burundi e Ruanda segnati dai conflitti interetnici, all’esperienzadell’Agorà dei giovani del Mar Nero che si svolgerà la prossima estate in Georgia. «Viviamo in un mondo segnato da conflitti e lacerazioni – ha affermato il cardinaleParolin. Per costruire un mondo di pace occorre soprattutto riconciliare ledifferenze». Infatti «le differenze sociali, culturali, politiche e religiose checaratterizzano il pluralismo dei nostri contesti tendono a metterci incontrapposizione e a diventare conflitto». «La sfida per i cristiani – ha sottolineatoil Segretario di Stato – è far convergere le differenze in una unità superiore. Si trattadi un compito affidato soprattutto ai laici la cui vocazione è, come già affermatodal Concilio vaticano II,l’animazione dellerealtà temporali, ossiala vita nel mondo». «Dirò a papa Francesco– ha affermato ilcardinale Parolinsalutando cordialmentetutti i presenti – chepuò contare su di voi esu tutta l’Azionecattolica».

Fiac: incontro con il Segretario di Stato vaticano

Il card. Parolin: «dirò a papa Francescoche può contare su di voi e su tutta l’Ac»

Nella foto:con il card. Parolin,

tra gli altri,mons. Bianchi, Truffelli

e Inzaurraga.

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 43

Page 42: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

44 I 062015

di Maria GraziaBambino

Questa è la storia di unamamma che ama cucinare. Per fare la pasta del paneprende tre misure di farinadel grano del campo e aggiun-ge un po’ di lievito.

Gioca, leggi e colora con su www.lagiostra.biz

Ora è pronta per essere cotta: ci sarà pane frescostasera e tutta la famiglia a tavola farà festa.

Matteo 13,3

Impasta a piene mani, con forza.Prende la pasta e la avvolge inuna stoffa, la mette dove latocca il sole e aspetta. Quandova a riprendere la pasta scopreche è più grande, è lievitata!

Si aiuta con un po’ d’acquaperché il lievito si nascondadentro alla farina, poiaggiunge un po’ di sale.

Che cosa fa il lievito?le

conParabole

Test

i: il

pens

atoi

o -

Illust

razio

ni: F

ranc

esca

Ass

irelli

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 44

Page 43: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

45I 062015

L’Italia dell’8xmille e la solidarietà con iPaesi in via di sviluppo tornano in tv conla nuova comunicazione della Chiesaitaliana. In 30 secondi 7 progetti realiz-

zati nel nostro Paese, uno in Colombia e uno nelleFilippine.

In Italia le opere sono raccontateattraverso volontari, sacerdoti,suore, religiosi che continuanoogni giorno ad annunciare labuona novella offrendo pane esperanza, preghiere e lavoro.Hanno cambiato la propria vita ehanno contribuito a migliorarla atante persone, anche grazieall’8xmille destinato alla Chiesacattolica. Ad Alba i volontari accolgono isenza fissa dimora; a Caivano donMaurizio Patriciello, annunciando ilVangelo, lotta contro le mafie afianco della sua comunità parroc-chiale; a Cagliare c’è Silvia che,

prima utente, ora è volontaria al centro Caritas; aVerona ragazze madri trovano un rifugio nella casa“Braccia Aperte”. E ancora, contro la crisi la rispo-sta è nella disponibilità degli insegnanti della scuo-la dei mestieri, che offre a Livorno un’alternativa aidisoccupati; nei tanti volontari che ogni giorno con

don Sergio Mattaliano aPalermo si occupano deimigranti; e infine negli operato-ri della cooperativa “Calafata”,che a Lucca nel rispetto dellanatura, offre progettazione elavoro per persone in condizio-ni di marginalità e svantaggio.Nei Paesi in via di sviluppo suorLucy ogni giorno gestisce unacasa per bambine abbondate aManila e padre José portaavanti un progetto di riconcilia-zione e pace nelle periferie piùpericolose di Cali in Colombia.Nessun attore. Non ci sonocopioni da seguire. I loro volti,le loro storie raccontano didolore e di speranza, parlanodella vita vera. I volontari, gli

assistiti, gli operatori, i sacerdoti e le suore testi-moniano semplicemente con gli occhi e un sorrisola ricchezza delle migliaia di opere sostenute con ifondi dell’8xmille destinati alla Chiesa cattolica.È importante ricordare il valore della partecipazio-ne consapevole e corresponsabile alla vita dellaChiesa anche attraverso questo strumento. LaChiesa cattolica si affida alla libera scelta dei citta-dini, da riconfermare ogni anno, per proseguire lasua opera di pastorale, provvedere al sostenta-mento dei sacerdoti diocesani e assicurare risorseai progetti caritativi sul territorio nazionale. Peressere al servizio del Paese e dei più fragili a cui ènecessario ridare speranza e risorse per ripartire.Chi fa parte dell’Azione cattolica non può ignorarequesto appello.Per saperne di più www.chiediloaloro.it. �g

L’8xmille per il bene di tuttidi Maria Grazia

Bambino

Torna in tv unacampagna dicomunicazione permostrare progettirealizzati in Italiae all’estero. Nessunattore, però, e non cisono copioni da seguire.I volontari, gli assistiti,gli operatori, i sacerdotie le suore testimonianosemplicemente con gliocchi e un sorriso laricchezza delle migliaiadi opere sostenutecon i fondi destinatialla Chiesa cattolica

chie

sa e

car

ità

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 45

Page 44: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

I 062015

perc

hé c

rede

re

Con la preghiera, scriveva Congar, «rice-viamo l’ossigeno per respirare. Coisacramenti ci nutriamo. Ma, prima delnutrimento, c’è la respirazione e la

respirazione è la preghiera». Oggi viviamo in untempo in cui la vita ecclesiale sembra essere sem-pre più dominata da un’ansia pastorale tale chel’esperienza di fede può apparire, a un osservato-re un po’ frettoloso, come un corrispondere all’im-pegno nel mondo piuttosto che l’accesso a unarelazione personale con Dio vissuta in un contestocomunitario, plasmata dall’eucaristia, radicata nel-l’ascolto della Sua Parola contenuta nelle Scritture,e articolata in una vita di fede, di speranza e dicarità. Questa riduzione dell’esperienza cristiana edella sua dimensione fondamentale quale è la pre-

ghiera a una sorta di esclusivaortoprassi sembra essere laforma più rapida per vanificarel’esperienza reale della fede. La fede, infatti, ci immette nellavita spirituale, che è la vita guida-ta dallo Spirito Santo e che ci aprea una dimensione orante. Chicrede in Dio è chiamato a fareun’esperienza di Dio: non gli puòbastare avere idee giuste su Dio(ortodossia). E l’esperienza, chesempre avviene nella fede è qual-cosa che ci sorprende e si impo-ne come afferma il Salmista: «Allespalle e di fronte mi circondi [...].Dove fuggire dalla tua presenza?Se salgo in cielo, tu sei là, sescendo agli inferi, eccoti» (Salmo139,5ss). Ma a volte la nostra

esperienza spirituale sembra essere segnata dalvuoto, dal silenzio di Dio, da un’aridità, che a volteci spaventa, a volte annulla ogni nostro impegno...Eppure, anche attraverso il silenzio, Dio ci può par-lare. Dio infatti agisce su di noi attraverso la vita,attraverso l’esperienza che la vita ci fa fare, dun-que anche attraverso le “crisi”, i momenti di buio edi oscurità in cui a volte ci imbattiamo. Lo sappiamo bene che è Dio che ci precede, checi cerca, che ci chiama, ci ama. Noi, nell’esperien-za spirituale e nella preghiera non “inventiamo”Colui con il quale vogliamo entrare in relazione:Egli è già là pronto ad accoglierci! La nostra espe-rienza di Dio è mediata dal Cristo. L’evangelistaGiovanni lo afferma con chiarezza riportando leparole di Gesù «nessuno viene al Padre se non permezzo di me» (Gv 14,6). Un famoso mistico tede-sco vissuto a cavallo tra il XIII e il XIV secolo,Meister Eckhart, sottolineava e chiariva che ladimensione orante non esclude in alcun modol’impegno personale, anzi affermava che «bisognapregare con tanto fervore così da tener avvintetutte le membra e le facoltà umane; orecchi, occhi,bocca, cuore e ogni senso e non cessare finchénon si sente di voler essere uno con Colui che èpresente e che preghiamo, con Dio». La tradizione cristiana ha sempre riconosciuto l’es-senzialità del silenzio per un’autentica vita di pre-ghiera. Solo il silenzio, infatti, rende possibile l’a-scolto, cioè l’accoglienza in sé non solo dellaParola, ma anche della presenza di Colui che parla.Così il silenzio apre nella vita di ciascuno di noicome discepoli del Signore all’esperienza dellapreghiera e del dialogo con Dio. Il silenzio è un lin-guaggio di amore, di profondità, di presenza all’al-tro. Purtroppo oggi il silenzio è qualcosa di raro,

silenzio,custode

4/Rimanere nella preghiera personale

di Michele Pischedda

Solo il silenzio rendepossibile l’ascolto,cioè l’accoglienza insé non solo della Parola,ma anche della presenzadi Colui che parla.È un linguaggio diamore, di profondità,di presenza all’altro.Oggi, bombardati dairumori, dai messaggisonori e visivi, divienela riscoperta necessariaper generare carità,attenzione, accoglienza.L’assistente nazionaledella Fuci introducealla quarta tappadel percorso annuale

Il

46

dell’interiorità

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 46

Page 45: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

47I 062015

sembra essere la cosa che più ci manca comeuomini e donne del XXI secolo assordati comesiamo dai rumori, bombardati dai messaggi sonorie visivi, derubati della nostra interiorità, quasi scal-zati via da essa e dalla possibilità che qui si facciaspazio per la nostra preghiera personale. Il silenziodiviene la riscoperta necessaria, perché è custode

dell’interiorità. Certo, molti notanoche si tratta di un silenzio definito sìnegativamente come sobrietà edisciplina nel parlare e perfino comeastensione da parole, ma che daquesto primo momento passa a unadimensione interiore: cioè al fartacere i pensieri, le immagini, le

ribellioni, i giudizi che nascono nel cuore. Qui siscopre la difficoltà del silenzio interiore, quel silenzioche si gioca nel cuore, luogo della lotta spirituale edella preghiera. Ma proprio questo silenzio profondoorante è capace di generare la carità, l’attenzioneall’altro, l’accoglienza dell’altro, l’empatia nei con-fronti dell’altro. Sì, il silenzio scava nel nostro profon-do uno spazio per farvi abitare l’Altro, che è Dio, perfarvi rimanere la sua Parola, per radicare in noi l’a-more per il Signore; al tempo stesso, e in connes-sione con ciò, esso ci dispone all’ascolto intelligen-te, alla parola misurata, al discernimento del cuoredell’altro e a fare spazio anche al fratello. Il silenzio, allora, quel silenzio, è capace di suscita-re in noi la carità, l’amore del fratello. E così il dop-pio comando dell’amore di Dio e del prossimo

diventa realtà in chi sa custodire il silenzio. Alcuni anni fa il card. Martini, durante un viaggio inSpagna sulle orme di santa Teresa d’Avila, invitavaa riflettere sulla preghiera con queste parole chesembrano essere chiarificatrici: «Siamo tutti con-vinti che la preghiera è giusta, doverosa, necessa-ria, che la preghiera è un atto buono e vero. Ma èanche bella, affascinante, attraente? Che cosa larende invece pesante, ce la fa interrompere oppu-re non ci permette nemmeno di iniziare a pregarenel timore di compiere un gesto frustrante? Cisono di fatto dei termini negativi con cui qualifi-chiamo la preghiera: richiede sforzo, richiede per-severanza, è un po’ come camminare nel deserto.La distrazione è un altro elemento negativo: moltepersone che vorrebbero pregare si bloccano per letroppe distrazioni e ritengono che se la preghiera èdistratta non può servire a niente... la preghiera èun atto di amore, un gesto di amicizia; è quindibella come l’amicizia, è bella come l’amore... lapreghiera è bella anche perché ci trasfigura... lapreghiera se non trasfigura necessariamente ilvolto, trasfigura almeno il cuore: tutti abbiamoavuto la gioia di incontrare uomini e donne di pre-ghiera e di ricavarne un’impressione di pace, diserenità profonda, di armonia. La preghiera cicambia, trasforma il nostro nervosismo, la nostrairascibilità, l’ansia e la preoccupazione in armonia,serenità, pace. La preghiera è bella perché, mal-grado tutte le apparenze, è efficace per chi ha fedee si abbandona alla parola di Dio». �g

perc

hé c

rede

re

il silenzio scava nel nostroprofondo uno spazio perfarvi abitare l’Altro, che èDio, per farvi rimanere lasua Parola, per radicare innoi l’amore per il Signore

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 47

Page 46: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

la fo

to

LA CHIESA ITALIANA SI DÀ APPUNTAMENTO NEL CAPOLUOGO TOSCANO (9-13 NOVEMBRE 2015)

FIRENZE, CULLA DI UN NUOVO UMANESIMO

Pag34-48n6/2015_Segno 12/05/15 11.08 Pagina 48

Page 47: Fatti parole - Azione Cattolica · e catechesi, come se fossero parte di un linguag-gio antico. Oggi tornano a essere una pratica da rinnovare? Certo. Giovanni XXIII insisteva molto

Cover6/2015_Layout 1 12/05/15 10.54 Pagina 2