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INDICE

LA MOSTRA:

- PRESENTAZIONE DI ARTLOVERS 3 Storie d’Arte nella Collezione Pinault

- IL PERCORSO ESPOSITIVO 4

- ELENCO DELLE OPERE 9

- BIOGRAFIE DEGLI ARTISTI 15

- IL CURATORE: MARTIN BETHENOD 23

- LO SCENOGRAFO: FREDERIC CASANOVA 26

- ELENCO DELLE IMMAGINI PER LA STAMPA 30

PRESENTAZIONE DELLA COLLEZIONE PINAULT:

- LA COLLEZIONE PINAULT 35

- IL COLLEZIONISTA 36

- LE SEDI E LE MOSTRE DEL 2014 37

IL GRIMALDI FORUM:

- PRESENTAZIONE 38

- INFORMAZIONI PRATICHE 40

GLI SPONSOR:

- CMB 42

- D’AMICO 44

- FRANCE INTER 45

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LA MOSTRA – PRESENTAZIONE ARTLOVERS Storie d’Arte nella Collezione Pinault

Il 12 luglio 2014 si inaugura al Grimaldi Forum Monaco la mostra ARTLOVERS che invita a una rilettura di una quarantina delle opere più importanti della Collezione Pinault, alla luce dei legami, palesi o reconditi, che tali opere d’arte intessono con altre di epoca precedente. È quindi il concetto di intertestualità, di arte “di secondo livello” a guidare la selezione delle opere esposte a Monaco, accostando alcuni dei capolavori più noti della collezione ad altre opere meno conosciute se non addirittura inedite, una quindicina delle quali non è mai stata presentata al pubblico in occasione di mostre precedenti.

Dalla citazione all’allusione, dal riferimento alla parodia, dall’ossequio alla critica, dallo stravolgimento al riutilizzo, dalla trasposizione al remake, la mostra ARTLOVERS invita a scoprire le straordinarie dinamiche in termini di ispirazione, trasformazione, produzione di forme e di idee, che scaturiscono dalla diversità dei rapporti instauratisi tra le opere stesse. Una dinamica positiva, l’esatto contrario di ogni forma di deferenza o nostalgia. La mostra ARTLOVERS è un’ulteriore dimostrazione dell’eterogeneità della Collezione Pinault, che illustra i generi più diversi (pittura, scultura, installazioni, video e disegni) di diverse generazioni di artisti (dagli anni Sessanta a oggi) e delle più diverse provenienze geografiche (Europa, America, Asia, Medio Oriente): Adel Abdessemed, Maurizio Cattelan, Jake & Dinos Chapman, Chen Zhen, Marlene Dumas, Urs Fischer, Dan Flavin, Paul Fryer, Cyprien Gaillard, Douglas Gordon, Subodh Gupta, David Hammons, Damien Hirst, Jeff Koons, Bertrand Lavier, Louise A. Lawler, Sherrie Levine, Paul McCarthy, Jonathan Monk, Takashi Murakami, Giulio Paolini, Richard Prince, Rob Pruitt, Charles Ray, Rudolf Stingel, Sturtevant, Hiroshi Sugimoto, Javier Téllez, Piotr Uklanski, Rachel Whiteread, Yan Pei-Ming, , Zeng Fanzhi, Zhang Huan,.

A margine della mostra, il Palazzo dei Principi ospiterà nei suoi spazi aperti al pubblico per l’occasione, tre opere di Thomas Schütte, Subodh Gupta e Urs Fischer.

Ogni estate il Grimaldi Forum Monaco produce una grande mostra tematica, dedicata a un movimento artistico importante, a un tema inerente il patrimonio culturale e artistico o a una civiltà, a una collezione pubblica o privata, a qualsiasi soggetto nel quale si esprima il rinnovamento della creazione. Un’occasione per valorizzare le sue prerogative e specificità: offrire uno spazio di 4.000 m² per creare in totale libertà, mettere al servizio della scenografia gli strumenti tecnologici più efficaci, fare ricorso ai migliori specialisti in ogni campo, per garantire la qualità scientifica delle sue esposizioni.

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ESPOSIZIONE – IL PERCORSO ESPOSITIVO

ARTLOVERS Storie d’Arte nella Collezione Pinault

La mostra ARTLOVERS presenta alcune opere iconiche della Collezione Pinault, tra cui quelle celeberrime degli artisti presenti nella collezione con un maggior numero di opere (quali Maurizio Cattelan, Jeff Koons, Takashi Murakami con il suo grande polittico appositamente ideato per Palazzo Grassi e altri ancora) e le accosta a opere meno conosciute se non addirittura inedite come quelle di Rudolf Stingel, Bertrand Lavier, Jonathan Monk e Sherrie Levine; un terzo delle opere presenti a Monaco non è mai stato esposto in precedenza nelle mostre della Collezione. L’idea forte della mostra è che l’arte si nutre di arte, che l’arte trasforma l’arte, e che da sempre gli artisti traggono ispirazione da opere di altri artisti, loro precursori o contemporanei, un concetto che vale in tutti gli ambiti creativi e in tutte le epoche, dall’Antichità al Rinascimento, dalle Accademie fino ai giorni nostri; si pensi per esempio a Picasso costantemente impegnato nelle sue ricerche su Velasquez o Manet; lo stesso fenomeno è riscontrabile nella musica, nell’architettura e ovviamente in letteratura. Lo spunto per l’ideazione di questa mostra è, tra altri, Palinsesti del critico letterario Gérard Genette, un testo divenuto un classico del genere e un saggio fondamentale sul concetto di intertestualità, ossia sul modo in cui un testo è presente all’interno di un altro. La nostra idea per questa occasione è stata proprio quella di applicare questo criterio nell’arte contemporanea, cercando nelle opere della Collezione Pinault, la traccia, la memoria, ossia la presenza di altre opere.

ARTLOVERS si propone quindi di esplorare i diversi modi in cui “un’opera ne può nascondere un’altra”. Questo può avvenire in modo palese come nell’opera di Zeng Fanzhi, che è la sua versione contemporanea e cinese della Lepre di Dürer, oppure implicito, come nell’appropriazione dei codici della scultura neoclassica - e più nello specifico quella di Canova – nell’autoritratto di Jeff Koons. Il riferimento può essere serio o assumere i contorni di una parodia; può trattarsi di una citazione letterale oppure di una libera ispirazione; può consistere in un’imitazione oppure in una trasposizione in un altro periodo storico, in un altro medium, in un’altra cultura…

Volendo illustrare i diversi modi in cui gli artisti hanno preso a riferimento le opere cui si sono ispirati, la prima parte della mostra propone anche un rapido excursus a ritroso nella storia dell’arte (un Pregasi riavvolgere il nastro, direbbe il regista Michel Gondry), a partire dall’Antichità fino ai giorni nostri. La mostra si apre con l’Invenzione di Ingres di Giulio Paolini, che è anche l’opera più piccola (42 x 32 cm) e più discreta di tutto il percorso espositivo, ma forse la più pertinente al tema della mostra. Nel 1968 Paolini sovrappone l’autoritratto di Raffaello del 1504 e la versione di tale autoritratto fatta a sua volta da Ingres. Il risultato di tale sovrapposizione è un’immagine che emana una sorta di vibrazione tra i due quadri quasi identici, realizzati a oltre due secoli di distanza, e che lascia trasparire un certo tremolio del tempo, quasi un materializzarsi dello spessore della storia.

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Con quest’opera inizia la visita alla prima sala della mostra, che vuole essere una chiara allusione alle esposizioni di sculture come se ne vedevano nelle grandi collezioni e nei musei classici e soprattutto nelle Accademie e nelle Scuole di Belle Arti, e con le quali si confrontavano gli studenti e futuri artisti per trarre linfa creativa dall’esempio dei capolavori del passato, (che si trattasse di originali, calchi o copie). La decina di opere qui riunite propone quindi una panoramica sinottica della storia della scultura, a iniziare dall’antichità, evocata dal bassorilievo Light from the Left di Charles Ray o dalla doppia Venere pudica nella Mimesi di Giulio Paolini. Si prosegue con il Rinascimento in Untitled (Giambologna) di Urs Fischer, replica di grandezza naturale del Ratto delle Sabine realizzata in cera, una gigantesca candela destinata a un lento scioglimento nel corso della mostra. La scultura barocca in All di Cattelan e la scultura neoclassica evocata da Jeff Koons; segue la scultura moderna, rappresentata dallo scultore Henry Moore, così come viene evocato da Paul McCarthy; si giunge infine alla scultura contemporanea con Untitled (100 Spaces) di Rachel Whiteread che ripete e moltiplica per cento il mitico calco dell’opera Space under my Chair di Bruce Nauman. Questa rassegna di epoche e generi diversi (il bassorilievo, il nudo, il busto, il gruppo, la figura giacente e l’installazione), si conclude con un’opera che, con un’ironia particolarmente pungente, si avvale di una quanto mai ambigua mescolanza di citazioni: Untitled, Dancing Nazis di Piotr Uklanski, nella quale una pavimentazione luminosa compendia gli universi del cinema, dell’intrattenimento (le scene sono tratte dal film La febbre del sabato sera) e della scultura minimalista (le grandi opere a pavimento dell’americano Carl Andre).

La seconda parte di questo itinerario attraverso le diverse modalità di citazione e appropriazione (ossia, la varietà delle tecniche - copia, fotografia, calco, montaggio, accostamento, sovrapposizione e altro ancora – ma anche la varietà delle motivazioni – omaggio, critica, commento, parodia, pastiche e non solo) si incentra sul concetto di trasposizione. Un concetto di cruciale importanza in quanto questo gioco dei riferimenti non va assolutamente inteso come qualcosa di nostalgico o passatista, ma anzi all’opposto, come un processo di creazione di opere, idee e forme nuove. Nulla a che vedere quindi con la ripetizione (e ancor meno il rimpianto) bensì con la rielaborazione e la creazione. Esemplifica il processo di trasposizione nel tempo Takashi Murakami, artista che abbiamo spesso sminuito a stili iconografici di immediatezza estrema come i manga, i personaggi kawaii e l’arte giapponese Superflat, senza realizzare fino a che punto la sua opera sia dotta, se non addirittura erudita, e zeppa di riferimenti iconografici all’arte giapponese, da Ogata Korin a Hokusai, come dimostra il grande polittico 727-272, esposto qui per la prima volta al di fuori di Palazzo Grassi per il quale è stato appositamente concepito. La trasposizione da un medium all’altro si vede in Louise Lawler che della piccola danzatrice di Degas propone una visuale inedita, riducendola a due dimensioni, demoltiplicandola e colorandola, passando dalla scultura alla fotografia. E in Cyprien Gaillard, che traspone nel video il repertorio iconografico dell’estetica della rovina, dalla pittura romantica al Crepuscolo degli Dei di Richard Wagner. E ancora in Paul Fryer, che trasforma la celeberrima Ofelia preraffaellita di Sir John Everett Millais in un’opera tridimensionale. Al gioco di trasporre un medium nell’altro e di passare da un’epoca all’altra o da una cultura all’altra, fa eco, come in uno specchio, il processo inverso dell’imitazione. Per l’artista non si tratta più di prendere un soggetto esistente per trasporlo nel proprio universo creativo dandone un’interpretazione personale, quanto piuttosto di far suo in toto l’universo di un altro artista, di appropriarsi della sua estetica e del suo stile (un termine quest’ultimo che oggigiorno non ci si azzarda più a profferire) per trattare un soggetto che gli appartiene. Lo dimostrano chiaramente due opere di Damien Hirst, “alla maniera di” Francis Bacon: il

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trittico Insomnia e il quadro Turn Away from Me, raramente esposti finora, una sorta di Tomba poetica dell’amico e artista Angus Fairhurst. Quindi la mostra si concentra su di un aspetto specifico di questo grande gioco delle trasposizioni e delle imitazioni e che forse ha riscosso il successo più eclatante, ossia quello dei riferimenti all’iconografia religiosa, e in questo caso, all’arte sacra cristiana. Le due sculture di Damien Hirst – che segnano il passaggio alla terza sezione della mostra – rivisitano l’iconografia dei quattro evangelisti, che nella tradizione cristiana sono rispettivamente associati al toro (Luca), al leone (Marco), all’aquila (Giovanni) e all’uomo (Matteo); nel coinvolgente Matthew, Mark, Luke and John, Hirst li compendia nell’immagine del toro e quindi di Luca, il santo patrono degli artisti. L’Ultima cena di Leonardo da Vinci invece, nell’evocazione di Hiroshi Sugimoto, non è di fatto una riproduzione dell’opera cui si riferisce, ma la sua riproduzione in cera (la gigantesca fotografia è quindi l’immagine di un’immagine di un’immagine). Marléne Dumas accosta con un montaggio visivo di grande effetto, due immagini formalmente molto vicine, ma profondamente diverse in quanto alla loro origine (il capolavoro di Holbein da un lato e un’immagine di paparazzi dall’altro) e al loro soggetto (Cristo morto e Michael Jackson mentre dorme in una camera pressurizzata per ritardare l’invecchiamento). Conclude questa sezione Adel Abdessemed, con il filmato Dio, in cui attualizza l’iconografia della Via crucis.

Nella quarta sezione della mostra, non è più un’opera a essere presente in un’altra opera, ma sono gli artisti stessi a essere convocati da altri artisti e proposti al nostro sguardo. Attraverso, per esempio, la dedica di un’opera, come in Untitled to Donald Judd di Dan Flavin. O attraverso l’appropriazione del suo gesto, del suo tocco, come il “tocco Van Gogh”, riconoscibile tra mille e simbolo per eccellenza della qualità artistica, della “singolarità espressiva” con cui Bertrand Lavier ricopre di pittura, con ironia e radicalità, il piano a coda in Gabriel Gaveau. E ovviamente eseguendo il ritratto di un altro artista; tali ritratti possono avere tre motivazioni diverse. Il ritratto inteso come omaggio, ossia quello che Yan Pei Ming dedica a Giacometti o che Zhang Huan dedica a Baishi; il ritratto – tomba (come nella poesia e nella musica, si ricordi quando Ravel componeva Le Tombeau de Couperin o Mallarmé La Tomba di Edgar Poe), con lo straordinario ritratto dell’artista Franz West eseguito dall’amico Rudolf Stingel, qui esposto di fronte a un altro quadro inedito di Stingel, il grande ritratto di Ernst Ludwig Kirchner in divisa militare. Il ritratto parodico, infine, come la “statua” di Picasso creata da Maurizio Cattelan, oppure più complesso, visto e considerato l’intreccio dei riferimenti (Gilbert and George e il loro omaggio a Federico Garcia Lorca, ma anche Alighiero & Boetti e ovviamente sé stesso), nell’impressionante We sempre di Cattelan.

La quinta sezione della mostra abbandona il registro della citazione e dell’evocazione di opere esistenti, per affrontare il tema del loro riutilizzo. Qui gli artisti lavorano direttamente sul materiale di un’altra opera nel senso letterale del termine in quanto si appropriano dell’oggetto fisico per modificarlo e trasformarlo, al fine di creare un’opera nuova. Questa pratica che ha origine nell’antichità – si pensi ai palinsesti, le pergamene sulle quali si scriveva nuovamente dopo la raschiatura della scrittura precedente - si inserisce saldamente anche nella storia dell’arte contemporanea; emblematico in tal senso è Robert Rauschenberg che crea Erased de Kooning Drawing, dopo aver cancellato un disegno del grande artista americano Willem de Kooning. È la stessa pratica artistica adottata dai fratelli Chapman che ricoprono una serie delle incisioni dei Capricci di Goya con i loro esuberanti disegni, oppure da Richard Prince che si appropria delle immagini di De Kooning (ma guarda un po’, ancora de Kooning, che coincidenza!) per ricoprirle, ridisegnarle, ricolorarle…

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Proseguendo il percorso espositivo, si è invitati a soffermarsi su un particolare aspetto del riutilizzo, e a posare lo sguardo su tre opere esposte l’una accanto all’altra che “riutilizzano” opere d’arte africane, ciascuna secondo dei criteri totalmente diversi dalle altre. David Hammons accumula e sovrappone delle maschere di diverse etnie africane, con un intento critico nei confronti della rappresentazione della cultura afro-americana nel mondo dell’arte. Il calco e la trasformazione di una scultura Toko in bronzo nichelato perfettamente lavorato da Bertrand Lavier, vuole criticare lo status delle opere e degli oggetti. Le statuette africane trasformate da Chen Zhen in pedine per scacchi, assumono invece una valenza utopica di simbiosi tra le culture. Il fatto che l’utilizzo di uno stesso materiale e di analoghi processi creativi, generi una così grande diversità di significati, dimostra appieno le potenzialità espressive del riutilizzo. Sarebbe impossibile parlare di riutilizzo nell’arte senza soffermarsi sull’importanza di questo processo nel campo del film d’artista, che si basa in larga misura sul appropriazione di materiale filmico esistente che viene poi tagliato, rimontato, accelerato, rallentato o ritrasmesso a ciclo continuo. Questa pratica è egregiamente documentata da due installazioni. Quella di Douglas Gordon proietta su due schermi posti uno di fronte all’altro un famoso spezzone di Taxi Driver di Scorsese, ma con un leggero sfasamento della velocità delle due proiezioni, producendo in chi assiste a questo film sdoppiato, tagliato, trasmesso a ciclo continuo, accelerato, una sensazione di estraneità, di disagio e di oppressione. L’installazione di Javier Téllez è invece frutto di un laboratorio creativo diretto dall’artista insieme alle pazienti di un ospedale psichiatrico di Sydney, durante il quale esse hanno riscritto i testi inseriti del film di Dreyer, Giovanna d’Arco. Il film originale nel quale sono intercalati i nuovi testi riscritti dalle pazienti, viene proiettato di fronte a un secondo schermo in cui ciascuna delle donne partecipanti al progetto racconta la storia del proprio internamento e parla del proprio sentimento di esclusione e della propria sofferenza.

L’ultima sezione di ARTLOVERS è dedicata all’appropriazione portata ai limiti estremi del rapporto ipertestuale tra due opere, dal momento che l’artista non si limita a trarne ispirazione, citarle o magari riutilizzarle, bensì ne genera il remake, la copia esatta o quasi. Lo attestano due esponenti fondamentali di questa pratica dell’appropriazione, che dagli anni 1960 e in particolare dagli anni 1980, costituisce un campo teorico estetico particolarmente significativo. Sherrie Levine con la serie After August Sander, che si inserisce nella continuità della sua radicale produzione artistica, basata sulla ri-fotografia delle icone della storia della fotografia (nata negli anni 1980 con After Walker Evans) e la Sturtevant, con due delle sue opere più rappresentative, Flower ripresa da Andy Warhol, e Untitled, Felix Gonzalez- Torres America America, ripresa da Felix Gonzales-Torres, opera con cui si conclude il percorso espositivo. Una conclusione ideale che si inserisce a pieno titolo nel gioco sul tema della citazione, della storia e del palinsesto della memoria, dal momento che entrambe le opere sono dei remake di altrettante opere già esposte in precedenza al Grimaldi Forum nella loro versione originale, in occasione della mostra SuperWarhol del 2003 l’una, e nella mostra New York New York del 2006 l’altra. Tra le due opere della Sturtevant, una grande sala è dedicata all’appropriazione da parte di Jonathan Monk di un’opera di Martin Kippenberger, Dear painter, paint for me one last time Nel 1981 Kippenberger aveva delegato la realizzazione di una serie di quadri a un pittore specializzato nella creazione di pannelli e manifesti. A 30 anni di distanza Jonathan Monk, a sua volta, commissiona a dei pittori cinesi specializzati nella realizzazione di copie, il remake esatto di quell’opera nel frattempo divenuta iconica. Ciò che si vede nel grande cubo bianco del Grimaldi Forum, è quindi il risultato di un processo concettuale vertiginoso (un artista

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fa fare a dei copisti la copia dell’opera di un artista che a suo tempo ne aveva delegato la realizzazione ad altri), in cui la protagonista è l’ironia. “Se si amano veramente i testi, bisogna poterne amare contemporaneamente due (o più di due!) insieme”, scriveva Gérard Genette in conclusione del suo saggio Palinsesti. Ciò che questa frase maliziosa mette in evidenza, è certamente la brillante idea della compresenza di diverse opere all’interno di un’unica opera, il fatto che quando ci si trova davanti a un’opera d’arte, non se ne vede una sola ma più d’una, e magari anche tutte le opere d’arte mai realizzate. Ciò che esprime soprattutto è il fatto che questa relazione tra le opere si colloca, nello sguardo dell’artista e soprattutto nello sguardo dello spettatore, sotto il segno del piacere, del gioco e dell’amore per l’arte.

Martin Bethenod, intervista di Nathalie Varley

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ESPOSIZIONE – ELENCO DELLE OPERE

Adel ABDESSEMED

Dio 2010 Installazione video (proiezione a ciclo continuo) 2’37’’

Maurizio CATTELAN All 2008 9 sculture in marmo bianco di Carrara Ogni elemento: 30 x 100 x 200 cm

Maurizio CATTELAN

Senza titolo 1998 Polistirene, resina, cotone, cuoio 217,2 x 139,7 x 59,7 cm

Maurizio CATTELAN We 2010 Legno, fibra di vetro, gomma poliuretanica, tessuto 79 x 148 x 68 cm

Jake & Dinos CHAPMAN Like A Dog Returns To Its Vomit Twice (80) 2005 80 incisioni rielaborate e migliorate dei Capricci di Francisco Goya Ogni elemento: 44,8 x 37,2 cm

Zhen CHEN Couldn’t Bananas Be Black? 1999 Legno, sedie, statuette africane, scacchi cinesi. Dimensioni totali: 125 x 153 x 79 cm

Marlene DUMAS Gelijkenis I & II (Likeness I & II) 2002 Olio su tela (in due parti) Ogni elemento: 96 x 229 cm

Urs FISCHER Untitled 2011 Cera, pigmento, stoppini, acciaio Elemento (Giambologna): 630 x 147 x 147 cm Elemento (Ritratto di Rudi): 197 x 49 x 69 cm Elemento (Sedia da ufficio): 116 x 78 x 72 cm

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Dan FLAVIN

Alternate Diagonals of March 2, 1964 (to Don Judd) 1964 Luce fluorescente rossa e oro 365,8 cm

Paul FRYER

Ophelia (White) 2007

Silicone, cera, vetro Elemento (scultura (compresa la vetrina)): 122 x 183 x 67,5 cm Elemento (base): 21 x 193 x 132 cm

Cyprien GAILLARD Pruitt-Igoe Falls 2009 Installazione video 6’55’’

Douglas GORDON Through a Looking Glass 1999 Installazione video Elemento Vidéo (2 proiezioni, durata di ciascuna): 59’55’’

Subodh GUPTA Very Hungry God 2006 Struttura in acciaio inossidabile ricoperta di utensili di cucina in acciaio e inox scintillanti Circa 3.000 utensili 320 x 280 x 330 cm

David HAMMONS Cultural Fusion 2000

Maschere in legno 61 x 208,3 x 25,4 cm

Damien HIRST Insomnia 2009 Olio su tela, trittico Ogni elemento: 228,6 x 152,4 cm

Damien HIRST Turn Away From Me 2009 Olio su tela 229 x 154 x 4 cm

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Damien HIRST The Evangelists 2003 Quattro teche in vetro, acciaio inossidabile nichelato, contenenti materiale medico scientifico e iconografia religiosa 180 x 360 x 25

Damien HIRST Matthew, Mark, Luke and John 1994-2003 Acciaio, vetro e soluzione a base di formaldeide, contenenti teste di mucche/tori e tecnica mista Elementi (ogni acquario): 45,7 x 91,4 x 45,7 cm

Jeff KOONS Hanging Heart (Red/Gold) 1994-2006 Acciaio inossidabile cromato con rivestimento colorato trasparente 291 x 280 x 101,5 cm

Jeff KOONS Bourgeois Bust – Jeff and Ilona 1991 Marmo 113 x 71,1 x 53,3 cm

Bertrand LAVIER Gabriel Gaveau 1981 Piano a coda, colori acrilici Liquitex (Edizione unica) 151 x 200 x 104 cm

Bertrand LAVIER Toko 2008 Bronzo nichelato 66 x 7 x 55 cm

Louise A. LAWLER Marie + 90 (ensemble) 2010-2012 3 foto Cibachrome montate su plexiglas su compensato Ogni elemento: 149,9 x 115,6 cm

Sherrie LEVINE After August Sander 2012 18 stampe Lambda Ogni elemento: 25.5 x 30.3 cm

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Paul McCARTHY Henry Moore Bound To Fail Maquette (Stainless Steel) 2007 Acciaio inossidabile lucidato 154,95 x 101 x 74,93 cm

Jonathan MONK Dear Painter, Paint For Me One Last Time 2011 10 acrilici su tela Elemento (Dear Painter, Paint Me Again and Again): 302 x 201,5 cm Elemento (Oh Dear, Was Is Jetzt Passiert?): 301,5 x 204 cm

Elemento (Have You Still Got the Strenght Dear Painter?): 301,5 x 201,5 cm Elemento (Oh Dear Painter, Not Again): 204 x 154 cm Elemento (The D.E.A.R. Painter Seated on the C.O.R.N.E.R.): 250,5 x 302 cm Elemento (Lieber Maler, Repeat After Me...): 204 x 303 cm Elemento (Oh Oh Oh, Dear Painters, Oh Oh): 180,5 x 220 cm Elemento (Oh Dear Painter, Is This Really The Last Time?): 204 x 302 cm Elemento (Oh Dear, I Do Not Know What This Is): 204 x 300 cm Elemento (Lieber Maler, Bitte Male Mich Noch Einmal): 203 x 304 cm

Takashi MURAKAMI 727-272 (The Emergence of God at the Reversal of Fate) Acrilico su tela, legno 727-272 (2006) : 300 x 450 x 5 cm 727-272 PLUS (2007-2009) : 300 x 1950 x 5 cm (dimensione totale dei 13 pannelli)

Giulio PAOLINI L’Invenzione di Ingres 1968 Stampa fotografica su tela 42 x 32 cm

Giulio PAOLINI Mimesi 1975-1976 Due calchi in gesso Ogni elemento: 223 x 110 x 90 cm

Richard PRINCE

Untitled (With De Kooning) 2005 6 libri a tecnica mista Ogni elemento: 3,2 x 33,7 x 50,8 cm

Rob PRUITT 101 Art Ideas 1999 Tecnica mista Opera : dimensioni variabili

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Charles RAY Light From The Left 2007 Fibra di vetro, acciaio inossidabile, alluminio, poliuretano acrilico 215 x 268 x 8 cm

Rudolf STINGEL Untitled (Franz West) 2011 Olio su tela 334,3 x 310,5 cm

Rudolf STINGEL Untitled (Ernst Ludwig Kirchner) 2010 Olio su tela 335,3 x 231,1 cm

STURTEVANT Warhol Flowers 1990 Serigrafia su tela 304,8 x 304,8 cm

STURTEVANT Felix Gonzalez-Torres America America 2004 Lampadine, prese e fili elettrici di gomma, 12 parti Opera: dimensioni variabili

Hiroshi SUGIMOTO The Last Supper 1999 Stampa alla gelatina d’argento in bianco e nero Dimensioni totali: 151,13 x 739,14 cm

Javier TÉLLEZ La Passion de Jeanne d’Arc (Rozelle Hospital, Sydney) 2004 Installazione video, doppia proiezione e tendaggio di velluto rosso

Twelve and a Marionette Film Super 16 mm trasferito su video a colori, sonoro, 40’55’’ La Passion de Jeanne d'Arc Film 16 mm trasferito su video in bianco e nero, muto, 97’02’’

Piotr UKLANSKI Untitled (Dancing Nazis) 2008 200 stampa inkjet su carta, pannelli in plexiglas, lampadine colorate, struttura sollevata dal suolo, attrezzatura audio e controllo audio digitale Opera : dimensioni variabili

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Rachel WHITEREAD Untitled (One Hundred Spaces) 1995 Resina, 100 elementi. Opera: dimensioni variabili

YAN Pei-Ming Portrait de Giacometti 2007

Olio su tela 350 x 350 cm

ZENG Fanzhi

Hare 2012 Olio su tela, 2 pannelli 400 x 400 x 6 cm

ZHANG Huan Old Baishi in 99 Years Old 2007 Cenere di incenso, carboncino e resina su tela 250 x 200 cm

Opere esposte al Palazzo dei Principi Thomas SCHÜTTE

Vater Staat (Father of State / le père de l'Etat) 2010 Bronzo patinato 375 x 155 x 106 cm

Urs FISCHER abC 2007 Alluminio pressofuso, catena in acciaio (AP1 da un’edizione di 2 + 2 AP) Uccello e roccia : 29 x 32 x 33 cm Catena: circa 350 cm

Subodh GUPTA Et tu, Duchamp ? 2009 Bronzo nero Elemento (scultura): 114 x 88 x 59 cm Elemento (base in Corian®): 123 x 123 x 122 cm Altezza totale: 237 cm

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ESPOSIZIONE – BIOGRAFIE DEGLI ARTISTI

Adel Abdessemed Adel Abdessemed, nato nel 1971 a Constantine in Algeria, vive e lavora tra New York e Parigi. Per sfuggire alla guerra civile in Algeria, nel 1994 si stabilisce in Francia dove frequenta l’Accademia di Belle Arti. Il suo pensiero, basato su nutrite letture di argomenti filosofici, politici, sociologici, lo porta a focalizzare lo sguardo sulle fratture e le contraddizioni del mondo contemporaneo. Le opere che crea hanno valenza di “atti” che assumono la forma di sculture, installazioni, video, disegni. Così facendo, crea un legame di estrema tensione tra il concetto di potere/abuso, e l’atto della creazione artistica, realizzando opere simboliche e impegnate.

Maurizio Cattelan Nato a Padova nel 1960, vive e lavora attualmente a New York. Le sue opere iconiche e/o provocatorie che non risparmiano niente e nessuno, ne fanno uno dei protagonisti di spicco dell’arte dell’ultimo ventennio. La sua opera oscilla costantemente tra realtà e finzione, paradosso e trasgressione, humour e tragedia. Ruba, preleva, modifica, sposta, sostituisce, gioca, supera ogni limite, irrita, disorienta, sconvolge il pensiero comune. Ispirandosi a Picasso per la cultura dello Star system, come pure al genio mediatico di Andy Warhol, Cattelan mette in luce gli stili di vita con tutte le loro bizzarrie, denuncia e ironizza sul mondo dell’arte contemporaneo.

Jake & Dinos Chapman Due fratelli inglesi, noti per essere gli enfants terribles della Young British Art, iniziano a lavorare insieme a Londra negli anni 1990. Denunciano le ipocrisie della società contemporanea, sfidando ogni forma di autorità, di tabù sociali e politici, abbattendo tutte le barriere concettuali e provocando il pubblico con humour pungente. Trattano temi di attualità che traspongono e reinterpretano ispirandosi ai maestri della storia dell’arte come Bosh, Dalí, Goya. A quest’ultimo si ispirano le 80 incisioni intitolate Like A Dog Returns To Its Vomit Twice.

Zhen Chen Nato nel 1955 a Shanghai e morto nel 2000, Chen Zhen si interessa ai legami tra la filosofia tradizionale cinese e la cultura occidentale. Studia il rapporto fisico tra opera e spettatore. Al suo arrivo in Francia, il contatto con una cultura che gli è nuova, lo induce a dedicarsi, per gradi, alle installazioni che gli permettono di rappresentare diverse modalità di flusso culturale. Il suo lavoro oscilla tra la realtà dell’esilio, una filosofia culturale cinese, e l’auspicio di offrire al pubblico un’esperienza quasi spirituale.

Marlene Dumas Artista sudafricana nata nel 1953, studia Belle Arti all’Università di Città del Capo, per poi stabilirsi definitivamente nei Paesi Bassi nel 1976. La sua opera si distingue per la mescolanza delle fonti cui si ispira, dalla storia dell’arte all’immaginario pop. Nonostante le sue opere rappresentino essenzialmente dei personaggi reali, non si limitano a essere semplici ritratti ma rappresentano lo stato d’animo dell’artista, profondamente impegnata su diversi temi quali l’identità sessuale, la questione razziale, la condizione umana e il nesso tra amore e morte. Per i suoi quadri e i suoi disegni Marlene Dumas attinge a giornali o riviste, alle immagini dei film o alle fotografie Polaroid che lei stessa scatta ad amici o amanti, fondendo così la sfera personale e le questioni sociopolitiche o i riferimenti alla storia dell’arte.

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Urs Fischer Nato a Zurigo nel 1973, Urs Fischer lavora attualmente negli Stati Uniti, muovendosi tra New York e Los Angeles e in Europa tra Berlino e Zurigo. Il suo interesse si focalizza in particolare sugli oggetti del nostro ambiente. Il suo metodo creativo è organico e sperimentale; procede a tentoni, sbagliando talvolta, e si cimenta al contempo con processi costruttivi e distruttivi. Si avvale di tecniche diverse, dalla scultura alla fotografia, dal disegno alla pittura, ma sempre allo scopo di scoprire e confrontare nuovi aspetti della realtà presentando agli spettatori contrasti e accostamenti tra elementi diversi.

Dan Flavin Nato nel 1933 a New York, Flavin è un artista minimalista di origini irlandesi che lavora utilizzando tubi fluorescenti che si trovano normalmente in commercio. Studia storia dell’arte ma anche disegno a New York. Crea quindi spettacolari installazioni, le prime che si siano potute definire in situ, inaugurando un’epoca ora divenuta consueta. La sua opera si fa quindi “situazione”, e lascia allo spettatore la libertà di interpretazione e la padronanza dei propri gesti, diventando tutt’uno con lo spazio reale.

Paul Fryer Nato nel 1963, studia arte a Leeds in Inghilterra insieme a Damien Hirst. Esprime il proprio talento attraverso diverse sculture in cera e cerca innanzitutto di mettere in evidenza i legami tra l’iperrealismo e l’osservazione scientifica. È esattamente per questo motivo che lavora in stretta collaborazione con un ingegnere fisico con il quale concepisce delle opere dalla meccanica complessa. La sua opera più significativa, La Pietà, rappresenta il Cristo su di una sedia elettrica. Cyprien Gaillard Nato a Parigi nel 1980, Gaillard è un artista multimediale francese, particolarmente interessato alla rivalutazione del concetto tradizionale di pittoresco nell’odierno mondo moderno e urbanizzato. È con una certa nota umoristica che propone opere di vario genere, che oscillano tra minimalismo, vandalismo, romanticismo e Land Art. In Gaillard si sente l’influenza del concetto di entropia elaborato dall’esponente della Land Art Robert Smithson, con il quale condivide la passione per la rovina. Pruitt–Igoe Falls rappresenta pertanto una muta opera lirica, impregnata di quello che Cyprien Gaillard definisce “il romanticismo urbano”, e costituisce una eco contemporanea alle malinconiche rovine dipinte dagli artisti del XVIII, uno fra tutti, Piranesi.

Douglas Gordon Nato a Glasgow nel 1966, Douglas Gordon, artista contemporaneo scozzese, è conosciuto soprattutto come video artista, sebbene esprima la sua vena artistica anche attraverso la fotografia, le installazioni e i testi murali. Una mostra, secondo lui, dona all’artista un senso esistenziale. Lavora principalmente attraverso l’appropriazione di immagini che traspone e ambienta in scenari e contesti diversi. Si interessa soprattutto del funzionamento – o mancato funzionamento – della memoria attraverso immagine e linguaggio. Questo suo percorso personale è la carta vincente grazie alla quale sorprende e trasgredisce i codici prestabiliti dalla società.

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Subodh Gupta Nato nel 1964 a Khagaul nello Stato del Bihar, una delle regioni più povere del continente indiano, da quando ha terminato gli studi di arte e teatro, vive e lavora a New Delhi. La sua ricerca artistica si inserisce decisamente nel quadro di questa transizione: prende le distanze dalla propria storia personale senza tuttavia rescindere del tutto le proprie radici. Da un punto di vista formale, la quantità smisurata di tegami, padelle e pentole che costituiscono il nucleo principale del materiale utilizzato per le sue opere più celebri, riecheggia la profusione tipica della civiltà indù, che si caratterizza proprio per l’abbondanza. Gli utensili utilizzati traducono in modo semplice ma efficace la complessità socio-economica e culturale dell’India odierna, tra tradizione e modernità. Anche i suoi dipinti rispecchiano la dialettica tra il patrimonio culturale dell’artista e l’universalità del linguaggio dell’arte.

David Hammons Nato nel 1943 a Springfield nell’Illinois, vive attualmente a Brooklyn. Le sue opere impegnate si ispirano alla sua etica militante ispirata al movimento Black Power, e affrontano temi quali la povertà, la lotta della comunità afro-americana per la conquista dei diritti civili e anche contro il razzismo. La questione razziale e la sua identità personale sono quindi il tema per eccellenza delle sue opere. Ispirandosi sia al Ready-Made de Duchamp che all’Arte Povera, accumula materiali abbandonati, spesso raccolti per la strada, e li eleva al rango di oggetti d’arte. La sua opera Cultural Fusion è una parodia della retorica politicamente corretta della fusione di diverse culture e gioca sul fascino dell’esotismo diffuso tra i neri americani.

Damien Hirst, Nato a Bristol nel 1965, Damien Hirst vive e lavora attualmente a Londra. Studia Belle Arti a Leeds, e successivamente al Goldsmiths College of Art di Londra. Negli anni 1980, per la sua attività all’avanguardia di scultore e curatore di esposizioni, è uno dei leader del movimento degli Young British Artists e a partire dal 1988, crea delle installazioni attraverso le quali approfondisce il rapporto tra arte, vita e morte, che diventa il tema centrale della sua produzione artistica. È protagonista della scena artistica britannica degli anni 1990 e nel 1995 si aggiudica il Turner Prize. Sulla sfida visiva lanciata da ogni sua opera, più che per qualunque altro artista contemporaneo, vengono versati oggi fiumi di inchiostro.

Jeff Koons Nato a York, Pennsylvania, nel 1955, Jeff Koons è un artista contemporaneo moderno. Debutta negli anni 1980, dedicandosi alla reinterpretazione dei Ready-Made di Duchamp, ispirandosi alle tecniche di Andy Warhol. La sua attività artistica è incentrata sui temi della società dei consumi, il gusto, la banalità, l’infanzia e la sessualità. Come sostiene lui stesso, “Il mio lavoro non ha altre componenti estetiche al di là dell'estetica della comunicazione”. Jeff Koons utilizza l’arte per celebrare la vita, sonda le dinamiche del mondo contemporaneo, l’occidente ossessionato da immagini narcisistiche e dal flusso senza frontiere di beni di consumo.

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Bertrand Lavier Nato nel 1949 a Châtillon-sur-Seine nel dipartimento della Côte d’Or in Francia, alterna la sua attività con Parigi. Approfondisce il rapporto tra arte e vita quotidiana, rimettendo in discussione gli oggetti comuni che astrae dalla loro funzione originale. Le sue prime opere giocano sull’ambiguità di oggetti comuni che ricopre con uno spesso strato di pittura. Se un oggetto qualsiasi può assumere in questo modo diverse identità, secondo lui “il fatto di accostare queste immagini è importante tanto quanto crearne” e pertanto nella sua produzione artistica accosta tra loro oggetti di uso comune che per la loro funzione possono sembrare lontani.

Louise Lawler È nata nel 1947 a Bronxville, New York, dove tuttora vive e lavora. Dagli anni 1970 la sua produzione artistica, essenzialmente fotografica, indaga sulle condizioni fisiche, economiche e sociali che determinano i movimenti delle opere d’arte dopo la loro uscita dall’atelier dell’artista. Impossessandosi delle opere d’arte di altri artisti attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica, Louise Lawler si interroga sul concetto di paternità di un’opera. Le sue fotografie, composte con cura per attirare l’attenzione dello spettatore verso un dettaglio particolarmente significativo, suggeriscono nuove interpretazioni delle opere che rappresentano.

Sherrie Levine Nata nel 1947 a Hazelton in Pennsylvania, vive e lavora tra New York e Santa Fe. Lavora essenzialmente appropriandosi di fotografie celebri, di dipinti e sculture moderne, con lo scopo di mettere in discussione con uno humour sovversivo, i fondamentali dell’arte quali l’autenticità, l’originalità e il genio. La sua serie di riproduzioni fotografiche di Walker Evans ha fatto molta impressione nel mondo dell’arte. Rivendicando la paternità di questa ri-appropriazione delle immagini di un fotografo una cinquantina d’anni dopo che erano servite a testimoniare le difficoltà dell’epoca, Levine dimostra di avere un sottile e disincantato senso dell’ironia.

Paul McCarthy Nato nel 1945 a Salt Lake City, Utah, Paul McCarthy eccelle nella performance artistica di cui è egli stesso il protagonista. Scultura, pittura, disegno, video, fotografia, diventano strumentali a un’impietosa critica della cultura e del sistema di valori dominanti nel mondo occidentale e in particolare negli Stati Uniti. La sua opera ha un’enorme influenza su diversi artisti contemporanei, essendo contraddistinta dall’eccesso, il paradosso, il grottesco e lo humour, spesso nero. Stravolge e scompone gli oggetti e le figure più rappresentative della società contemporanea.

Jonathan Monk Nato nel 1969 a Leicester in Gran Bretagna, vive e lavora attualmente tra Berlino e Glasgow. Esponente del movimento dei Young British Artists, con la sua opera riflette su diversi sistemi linguistici e semantici. La sua pratica artistica si basa sul principio della “appropriazione”. Per le sue opere prende spunto da opere d’arte iconiche, che modifica rivisitandole. Utilizzando quello che ha a disposizione, come per esempio delle fotografie degli album di famiglia o l’eredità dell’arte concettuale, fonde insieme humour e deferenza, e anche un contesto personale alla storia dell’arte, creando un punto di incontro tra il mondo dell’arte, i suoi modelli storici, i suoi miti e i banali aneddoti del vivere quotidiano.

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Takashi Murakami Nato a Tokyo nel 1962, Takashi Murakami è un artista contemporaneo che eccelle in diverse forme d’arte, dalla pittura alla scultura. Predilige tra tutte l’arte giapponese, alla quale fa riferimento nelle sue opere, in particolare con le sue allusioni ai manga. Trae ispirazione dalle fonti tradizionali, dalle immagini buddiste, dalla pittura zen, ma anche dalle tecniche compositive del XVIII secolo. Murakami attualizza queste tradizioni associandole alla cultura popolare contemporanea giapponese sotto forma di manga.

Giulio Paolini Nato nel 1940 a Genova, vive e lavora attualmente a Torino. Artista italiano esponente dell’Arte Povera, ma anche dell’arte concettuale, basa le sue opere sulla complicità con lo spettatore. Dal 1975 lavora sul tema del doppio e della copia, con la sua opera Mimesi con cui indaga sulla funzione stessa dell’arte. Mimesi è una copia di statue romane del XVIII secolo, che a loro volta si ispirano a statue greche. Paolini introduce il tema dell’identità dell’artista e del suo rapporto con le opere e la creazione artistica.

Richard Prince Nato nel 1949 nella regione del Canale di Panama e newyorchese di adozione, lavora non solo come pittore ma anche come fotografo contemporaneo. La sua opera basata sul concetto dell’appropriazione dell’arte, suscita un acceso dibattito nel mondo dell’arte contemporanea. Attualmente l’artista si riappropria delle immagini che hanno connotato la serie delle Women di Willem de Kooning. Qui Prince ricrea le sue donne tormentate e selvagge incollando su tela membra del corpo umano ritagliate da libri e riviste femminili vintage sulle quali stende violenti strati di pittura. L’energia espressiva e la forza vitale che contraddistinguono i suoi quadri, generano un linguaggio stilistico capace di un impatto visivo esplosivo.

Rob Pruitt Nato nel 1964, Rob Pruitt fa parte di quegli artisti post-pop che esplorano la cultura e la società dei consumi negli Stati Uniti. Per le sue opere utilizza supporti di diverso genere, come la pittura, la scultura e le installazioni, con i quali esprime con sottile umorismo una critica della cultura commerciale dell’America contemporanea. La sua produzione artistica è personale e impegnata, nonostante prenda molto dalla cultura pop. Considera la sua opera come una formula basica che riprende le formule basiche del minimalismo e le trasferisce nella cultura trash per farne una cosa sola.

Charles Ray Nato a Chicago nel 1953, vive attualmente a Los Angeles. Inizia la carriera artistica negli anni 1990 con l’arte astratta e poi inserisce nella sua opera la figura ponendo al centro della sua ricerca la questione dello spazio. Le sue complesse opere scultoree intendono sovvertire la convinzione dello spettatore di controllare la realtà, offrendogli una nuova esperienza del reale.

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Thomas Schütte Nato nel 1954 a Oldenbourg in Germania, vive e lavora attualmente a Düsseldorf. Affronta temi cruciali come il potere, la memoria, il ruolo dell’arte e la sua influenza rispetto alle grandi questioni dell’umanità. Con il suo approccio antieroico all’arte, respinge in particolare la teoria di Joseph Beuys che conferisce all’artista il ruolo di guida: Shütte preferisce lasciare spazio al dubbio e rimettere in discussione ogni certezza. Le sue opere si incentrano prevalentemente sull’analisi del ruolo dell’artista nella società, con uno sguardo critico sui concetti di monumentalità e di potere. Le sue opere appaiono spesso come dei plastici di architettura o delle scenografie teatrali, provvisorie e imperfette, che evocano con ironia i problemi politici e storico-artistici.

Rudolf Stingel Nato nel 1956 in Italia, vive e lavora a New York dal 1987. L’artista approfondisce i concetti di creazione di un’opera abbinando tra loro due o più materiali. Stingel invita lo spettatore a guardare oltre la superficie lussuosa delle sue opere per riuscire a contemplare l’autenticità, la gerarchia e l’originalità dell’arte contemporanea. Volendo rendere omaggio a Franz West che apprezza particolarmente, ne imbratta il ritratto fotografico di macchie rosse. La seconda fotografia raffigura l’amico e modello Ernst Ludiwg Kirchner, e immerge con grande poesia lo spettatore nell’intimità dell’artista. Questa fotografia esposta in esclusiva, lascia lo spettatore libero di interpretare e appropriarsi a piacere della scena.

Sturtevant Sturtevant è un’artista americana nata nel 1930 a Lakewood in Ohio, deceduta il 7 maggio 2014 a Parigi. È considerata l’ispiratrice del movimento “appropriazionista”, ribaltando in toto qualsivoglia concetto di originalità. Le sue opere sono copie di quelle di altri artisti. Ma in questo processo di appropriazione dimostra una grande padronanza delle tecniche pittoriche, fotografiche, cinematografiche e scultoree che le consente di proporre una gamma completa delle opere di artisti da lei stessa selezionati, ai quali così facendo dona visibilità e notorietà, rendendoli attori imprescindibili del loro tempo e del loro stile, come Andy Warhol, Marcel Duchamp, Joseph Beuys.

Hiroshi Sugimoto Nato a Tokyo nel 1948, è un fotografo giapponese che divide la sua vita tra Tokyo e New York. La sua produzione artistica è costituita da serie di fotografie, ciascuna delle quali di soggetto diverso ma accomunate dalla medesima logica. Apprezzato per la sua eccellente tecnica fotografica, si interessa in particolare della tesi secondo cui le macchine fotografiche mostrano la realtà. Fotografa la riproduzione dell’ultima cena in un museo delle cere. La sua opera consiste essenzialmente nella creazione di un legame tra passato e futuro, stabilendo un parallelismo tra due diversi modi di intendere e concepire l’arte e il mondo.

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Javier Téllez Nato nel 1969 in Venezuela, vive e lavora attualmente a New York. La sua produzione artistica consiste nella mescolanza di racconti documentari o immaginari per rimettere in discussione le definizioni di normalità, anormalità e patologia. In stretta collaborazione con persone generalmente invisibili, come i pazienti psichiatrici, i portatori di handicap, i poveri, e dando loro voce riscrive dei ricordi collettivi o dei momenti della storia e della storia dell’arte. Qui Téllez lavora insieme a dodici donne con patologie mentali sul film di Dreyer (1928) introducendo il tema della follia come forma di esclusione. In parallelo viene proiettato un secondo video di testimonianze delle stesse donne che esprimono il “processo” che hanno subito nelle istituzioni di salute mentale.

Piotr Uklanski Artista polacco nato nel 1967, vive attualmente tra New York e Varsavia. L’opera Dancing Nazis è stata appositamente concepita per l’atrio di Palazzo Grassi: riunendo musica, architettura e tradizione minimalista nell’ambito di una dimensione spaziotemporale, l’opera permette al visitatore di vivere un’esperienza artistica unica e interattiva. Lo schema geometrico secondo cui sono disposti i 1200 quadrati di plexiglas, riecheggia le serie minimaliste degli anni 1960, mentre i led psichedelici che si accendono e si spengono al ritmo della musica, sono un rimando all’universo high tech del terzo millennio. Uklanski rende fluidi i confini tra arte e strategie di marketing, utilizzando i media della società dei consumi per conseguire il suo scopo: riappropriarsi e contestualizzare i simboli in una libertà interpretativa totale. Rachel Whiteread Nata nel 1963 a Londra, Rachel Whiteread si dedica alla scultura, all’incisione e al disegno lavorando sul calco di spazi vuoti presenti nel quotidiano e facendo vedere le tracce degli oggetti al negativo. Utilizza materiali classici, ricordando come sono stati concepiti tali oggetti. La sua riflessione calma e contemplativa la distingue da altri artisti contemporanei: qui lo spettatore si confronta con un’entità con la quale non è solito confrontarsi, un’opera che rappresenta uno spazio vuoto diventato pieno. Yan Pei-Ming Nato nel 1960 a Shanghai, vive e lavora attualmente tra Digione e Ivry-sur-Seine in Francia. È un pittore, ma soprattutto un ritrattista interessato all’attualità. Dipinge ritratti in bianco e nero servendosi di spazzole. L’artista intende considerare il ritratto come uno specchio, come il riflesso non solo di una persona ma anche di un’epoca. Nelle sue opere spesso monumentali che invitano lo spettatore a entrare nell’immagine, unisce i simboli della cultura popolare (cinese o occidentale), i riferimenti alla politica, alla storia e alla storia dell’arte, ma anche la sua vita personale, attraverso la rappresentazione del suo volto o di quello del padre.

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Zeng Fanzhi Nato nel 1964 nella provincia di Hubei nella Cina Centrale, vive dal 1993 a Pechino. L’artista attribuisce il forte senso di alienazione che permea la sua opera, al clima oppressivo della Cina di Mao durante la rivoluzione culturale degli anni 1960, ma anche ai brutali cambiamenti ideologici seguiti al suo crollo verso la metà degli anni 1970. Le sue opere introspettive rispecchiano le emozioni della sua vita personale. Con un intrecciarsi di tratti frenetici e animati rappresenta un folto intrico di elementi che finiscono velocemente per sovrapporsi parzialmente gli uni agli altri, per rappresentare visivamente la sua psiche in una società alienata e caotica.

Zhang Huan Nato nel 1965, vive e lavora attualmente tra New York e Shanghai. Zhang Huan è un performer artist che si è imposto senza ombra di dubbio come l’artista più provocatorio di tutta la Cina. Non ha esitazioni nell’andare in scena, talvolta con una violenza estrema, per denunciare a modo suo, le ineguaglianze sociali e culturali subite dal popolo cinese ai giorni nostri, con particolare riferimento al comunitarismo del regime cinese. Molto credente e partecipe della cultura del suo paese, rende omaggio a Qi Baishi, grande ritrattista cinese, dedicandogli un quadro.

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ESPOSIZONE – IL CURATORE

MARTIN BETHENOD

Martin Bethenod, nato nel 1966, dal 1 giugno 2010 è amministratore delegato e direttore di

Palazzo Grassi e Punta della Dogana, François Pinault Foundation. In precedenza ha svolto

numerosi incarichi e funzioni nel campo della cultura e dell’arte contemporanea.

Inizia la propria carriera con un incarico per la realizzazione di progetti speciali presso la

Direzione degli Affari culturali della Città di Parigi (1993-1996), è quindi capo di Gabinetto del

Presidente del Centre Pompidou (1996-1998), prima di creare e dirigere le Edizioni del

Centre Pompidou (1998-2001).

Dopo essere stato caporedattore aggiunto della rivista Connaissance des arts prima (2001-

2002), e caporedattore del mensile Vogue France successivamente (2002-2003), nel 2003

viene chiamato ad affiancare il Ministro della cultura e della comunicazione francese come

Delegato alle Arti Visive (2003- 2004).

Dal 2004 al 2010, è Direttore generale della FIAC, Fiera Internazionale d’Arte

Contemporanea di Parigi, che sotto la sua guida si colloca tra i più importanti appuntamenti

artistici nel panorama internazionale. Nel 2010, la Città di Parigi gli affida la direzione

artistica della Nuit Blanche a Parigi.

Martin Bethenod è anche Presidente del CREDAC (Ivry) e del Comitato culturale della

Fondation de France.

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Incontro con Martin Bethenod, curatore della mostra ArtLovers

- Martin Bethenod, non è facile poter ammirare le opere della Collezione Pinault altrove che a Venezia, ma allora perché si è scelto Monaco?

La Collezione viene proposta al pubblico in due modi complementari tra loro: nelle sedi veneziane di Palazzo Grassi e dal 2006 di Punta della Dogana, e in occasioni speciali - direi eccezionali - nel quadro di un programma espositivo fuori sede, non solo in Francia ma a livello mondiale. Si è cominciato con Lille, poi è stata la volta di Mosca, Dinard in Bretagna, Parigi… Il progetto di Monaco porta per la prima volta la Collezione nel Sud della Francia sulle coste del Mediterraneo, e ben sappiamo quanto l’ambiente mediterraneo sia importante nello scenario dell’arte odierna. Inoltre, aver scelto la sede monegasca e la grande mostra del Grimaldi Forum, dà modo di partecipare alla straordinaria vitalità in campo artistico che anima la regione durante i mesi estivi.

- Chi sono in realtà questi ArtLovers, questi innamorati dell’arte: i collezionisti come François Pinault o gli artisti stessi?

La mostra parte dal concetto che gli artisti amano l’arte, si nutrono di arte, si appropriano dell’arte o la stravolgono, la trasformano e la fanno vivere; quindi gli innamorati dell’arte sono in prima battuta gli artisti. Ma lo sono anche i collezionisti! Credo che il dinamismo e l’ampiezza di una collezione come quella di François Pinault possano funzionare solo basandosi sulla passione, l’amore per le opere e gli artisti. E infine il pubblico, perché questa mostra è pensata per dare e condividere, capire e amare l’arte di oggi.

- L’arte che ispira l’arte è in un certo senso il fil rouge della mostra?

Nel momento in cui si va ad attingere a una Collezione ricca come questa, che parte dalle origini dell’arte contemporanea negli anni 1960 per arrivare fino ai giorni nostri, e che raccoglie centinaia di artisti e migliaia di opere, serve un fil rouge forte e al contempo semplice, capace di soddisfare il visitatore al di là di ogni sua aspettativa. ArtLovers offre la possibilità di esplorare tutti i diversi modi e le prassi adottate dagli artisti per appropriarsi delle opere di altri artisti, trasformarle e creare a loro volta nuove opere d’arte. Un concept da sempre esistito: in Europa il Rinascimento patrocinava un ritorno alla scultura antica. Nei secoli XIX e XX, Picasso ha ripetutamente reinterpretato Vélazquez come per altro fece lo stesso Francis Bacon, e l’arte di Manet ha ispirato diversi artisti del XX secolo, e così via. I concetti di appropriazione e trasformazione trovano nell’arte contemporanea una risonanza singolare. Il percorso espositivo in ArtLovers, illustrerà come, con serietà o ironia, riprovazione o deferenza, attraverso travisamenti o appropriazioni, gli artisti fanno proprie le opere di altri artisti. E anche come le opere di Maurizio Cattelan, Jeff Koons o Giulio Paolini presenti alla mostra, siano certamente opere di tali artisti ma ricordino e contengano in sé stesse, nel loro intimo, il ricordo di opere di altri artisti, come Ingres, Raffaello, Giambologna…

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- Alcune delle circa cinquanta opere esposte al Grimaldi Forum, avranno il fascino dell’inedito o quanto meno non sono mai state viste al di fuori di Venezia…

Per alcune opere effettivamente sarà la prima esposizione al di fuori di Palazzo Grassi, come per esempio il grande polittico dipinto da Takashi Murakami, espressamente creato per il palazzo veneziano ed esposto in una sala del Grimaldi Forum le cui dimensioni sono esattamente uguali allo spazio da cui proviene. Altre saranno esposte per la prima volta nell’ambito della Collezione, come l’opera di Urs Fischer, che rielabora il Ratto delle Sabine di Giambologna che domina Piazza della Signoria a Firenze, sotto forma di un’immensa candela che continuerà a sciogliersi durante tutta la durata della mostra. E infine non vanno dimenticate le opere più emblematiche e importanti della Collezione Pinault, come Hanging Heart di Jeff Koons, All di Maurizio Cattelan... E concludendo, è importante anche l’effetto sorpresa prodotto da opere meno o per nulla conosciute, che ho voluto numerose…

- Secondo lei, quali saranno le sensazioni prevalenti nell’animo dello spettatore dopo che avrà visitato la mostra?

L’auspicio è che sia una mostra da visitare addirittura due volte di fila. La prima come scoperta di un insieme di opere a sé stanti, ciascuna radicata nel proprio tempo, nel proprio universo, nel proprio progetto. In un secondo tempo, come significativa esperienza di letture incrociate tra presente e passato, memoria e creazione.

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ESPOSIZIONE – IL PERCORSO SCENOGRAFICO

ATELIER FCS / Frédéric Casanova Scénographe

L’ATELIER FCS è uno studio parigino di ideazione e creazione di spazi animato da Delphine Bailly, architetto e museologa insieme a Frédéric Casanova, scenografo e artista plastico. L'atelier propone un approccio scenico volutamente trasversale che abbraccia architettura, museologia, danza, lirica e luce, con una realizzazione che si pone come punto di incontro tra high tech e pratica artistica.

Tra le più recenti produzioni dell’ATELIER FCS ricordiamo l'auditorium di Bondy-Radio FRANCE (con PARC-Architectes), la mostra L'Art à l'épreuve du monde presso DEPOLAND (Dunkerque – Capitale regionale della cultura 2013), l’illuminazione dello storico spazio commerciale Le Madeleine (ex Les 3 Quartiers di Parigi) (Goudchaux & Associés, Studio Sébastien Segers e ORA-ITO, architetti), o ancora la scenografia dell’opera lirica Le journal d'un disparu prodotta da Christian Rizzo (Teatro dell’Opera di Lille).

Nato nel 1974, Frédéric Casanova si diploma con lode in Arti Decorative nel 1999. I primi contatti professionali sono con gli Ateliers Jean Nouvel, per l’allestimento di parte della collezione del Musée du quai Branly. Nello stesso periodo firma la realizzazione di diversi spazi per la danza e il circo contemporaneo e la valorizzazione di importanti insiemi architettonici. L’esperienza così maturata in vari campi complementari tra loro, lo porta a fondare nel 2004 l'ATELIER FCS. Seguono diversi progetti per le arti vive (Maria Donata d'Urso, Sae-Jung Kim, Christian Rizzo) e committenze pubbliche e artistiche in Francia e a livello internazionale (Fortezza reale di Chinon, Museo della resistenza di Limoges, Museo delle arti africane di Tervuren in Belgio, gli hotel Kempinsky ad Agadir e a Riga,…), nelle quali dà corpo alla propria ricerca su di una radicalità estetica in un rapporto rigoroso e puro con la forma al servizio dei sensi e della luce. Dal 2010 lo affianca Delphine Bailly per sviluppare il dialogo museale e scientifico dell'atelier.

www.atelier-fcs.com

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ESPOSIZIONE – IL PERCORSO SCENOGRAFICO

Il percorso espositivo di ArtLovers si può definire come un itinerario nella diversità dei dialoghi espliciti o intimi che le opere appartenenti alla storia dell’arte intessono tra loro, e la loro rilettura da parte di artisti del passato o contemporanei. La nostra proposta espositiva, monumentale e minimalista insieme, intende dare seguito a queste fitte interazioni tra le opere d’arte.

Un’imponente teoria di pareti bianche disposta nel cuore di un contesto versatile qual è l’Espace Ravel del Grimaldi Forum, rivolge al pubblico l’invito a entrare passando attraverso una sorta di filtro rappresentato dallo scrigno nel quale risplende Hanging Heart (2006), il rosso cuore luccicante di Jeff Koons. Concepito come una lettera d’amore indirizzata all’Arte, lo spazio si caratterizza per una varietà di ampi volumi, talvolta giganteschi e luminosi, talaltra più ovattati e intimisti. Nel processo di concretizzazione di questa vera e propria trama relazionale tra le opere, si è cercato di modellare lo spazio come una camera di riverberazione consona al libero riecheggiare delle ispirazioni artistiche.

Era essenziale che il percorso espositivo fosse vissuto come un’esperienza spaziale, luminosa e artistica per il tramite della creazione contemporanea. Immergendosi nel cuore di una delle collezioni d’arte più ricche e prestigiose del nostro tempo, a seconda della sua personale sensibilità, il visitatore passerà quindi da una smisurata galleria a una rosseggiante camera chiusa o a una sala di inebriante sovraesposizione pittorica, ognuna delle quali vuole essere una personale dichiarazione d’amore per l’arte.

Delphine Bailly e Frédéric Casanova

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ESPOSIZIONE – QUALCHE SCORCIO DELLA SCENOGRAFIA

Progetto scenografico FCS, i primi bozzetti

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ESPOSIZIONE – IMMAGINI PER LA STAMPA

MATERIALE ILLUSTRATIVO ADAGP Per le pubblicazioni stampa convenzionate con ADAGP: fare riferimento ai relativi

accordi stipulati.

Per altre pubblicazioni stampa: Formato massimo di 1/4 di pagina, oltre tale numero o formato, le riproduzioni saranno sottoposte a diritti di riproduzione/rappresentazione, ogni riproduzione in copertina o in evidenza dovrà essere oggetto di una richiesta di autorizzazione al Servizio Stampa ADAGP. Il copyright da citare accanto a ogni riproduzione sarà così composto: nome dell’autore, titolo e data dell’opera, seguiti da ©Adagp, Paris 2014, e questo vale per immagini di qualsivoglia provenienza o luogo di conservazione dell’opera.

Tali condizioni si applicano ai siti internet con status di stampa online, dando per inteso che per le pubblicazioni stampa online, la definizione dei file è limitata a 400 x 400 pixel e la risoluzione non deve superare i 72 DPI. Jeff KOONS Hanging Heart (Red/Gold) 1994-2006 Acciaio inossidabile con alto contenuto di cromo, con rivestimento trasparente colorato, ottone 291 x 280 x 101,5 cm

© Jeff Koons © Palazzo Grassi, foto: ORCH orsenigo_chemollo

Urs FISCHER Untitled 2011 Cera, pigmento, stoppini, acciaio Elemento (Giambologna): 630 x 147 x 147 cm Elemento (Ritratto Rudi): 197 x 49 x 69 cm Elemento (Sedia da ufficio): 116 x 78 x 72 cm

© Urs Fischer. Per gentile concessione dell’artista, Segalot, e Collezione Pinault. Foto : Stefan Altenburger. Immagine installazione: "ILLUMInazioni / ILLUMInations", Biennale di Venezia, 2011

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Jeff KOONS Bourgeois Bust – Jeff and Ilona 1991 Marmo 113 x 71,1 x 53,3 cm

© Jeff Koons

Takashi MURAKAMI "727-272 The Emergence of God At The Reversal Of Fate" 2006-2009

Acrilico su tela montata su legno / Acrylic on canvas mounted on board [ndt: qui e altrove, in originale alcune

didascalie in inglese altre in francese o entrambe le lingue]

300 x 2400 x 5 cm (16 pannelli) / 9.80 feet x 78.8 feet x 2 inches (16 pannels) Per gentile concessione Galerie Perrotin ©2006-2009 Takashi Murakami/Kaikai Kiki Co., Ltd. Tutti i Diritti Riservati.

ZENG Fanzhi Hare 2012 Olio su tela, 2 pannelli 400 x 400 x 6 cm

© ZENG FANZHI STUDIO. Tutti i Diritti Riservati da ZENG Fanzhi.

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Giulio PAOLINI L’Invenzione di Ingres 1968 Stampa fotografica su tela 42 x 32 cm

© Giulio Paolini

Damien HIRST Matthew, Mark, Luke and John 1994-2003 Acciaio, vetro e soluzione a base di formaldeide, contenenti teste di mucche/tori e tecnica mista Elemento (ogni acquario): 45,7 x 91,4 x 45,7 cm

© Damien Hirst. Tutti i Diritti Riservati. Per ogni riproduzione di questa immagine in un articolo sulla stampa ingrandita o in copertina, contattare tassativamente DACS per avere un’autorizzazione previa ([email protected])

Hiroshi SUGIMOTO The Last Supper 1999 Stampa alla gelatina d’argento in bianco e nero Dimensioni totali: 151,13 x 739,14 cm

© Hiroshi Sugimoto

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Maurizio CATTELAN Sans titre 1998 Polistirene, resina, cotone, cuoio 217,2 x 139,7 x 59,7 cm

© Maurizio Cattelan

Maurizio CATTELAN We 2010 Legno, fibra di vetro, gomma poliuretanica, tessuto 79 x 148 x 68 cm

Foto, Zeno Zotti. Courtesy, Archivio Maurizio Cattelan.

Bertrand LAVIER Gabriel Gaveau 1981 Piano a coda, pittura acrilica Liquitex (Edizione unica) 151 x 200 x 104 cm

Per gentile concessione dell’artista e Yvon Lambert, Parigi © ADAGP, Parigi 2014

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David HAMMONS Cultural Fusion 2000 Maschere di legno 61 x 208,3 x 25,4 cm

© David Hammons

Douglas GORDON Through a Looking Glass 1999 Installazione video Video (2 proiezioni, durata 59'55'' ciascuna), dimensioni variabili Per gentile concessione dell’Artista e di Gagosian Gallery / Taxi Driver, 1976, regista Martin Scorsese (c) 1978 Columbia Pictures Industries, Inc. Tutti i Diritti Riservati. © Studio lost but found / ADAGP, Parigi 2014

Opera esposta al Palazzo dei Principi Subodh GUPTA Et tu, Duchamp ? 2009 Bronzo nero Elemento (scultura): 114 x 88 x 59 cm Elemento (base in Corian®): 123 x 123 x 122 cm Altezza totale: 237 cm © Subodh Gupta. Foto: Mike Bruce.

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LA COLLEZIONE PINAULT

François Pinault colleziona opere d’arte da oltre 40 anni e ha dato vita a una raccolta di circa 3.000 opere che copre un arco temporale dal XX secolo a oggi. Un progetto fondato sia su un impegno duraturo e assoluto nei confronti dei grandi artisti che sulla ricerca costante di nuovi ambiti creativi.

Per condividere questa passione con un pubblico il più numeroso possibile, una parte della collezione è esposta a Venezia, a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana, con allestimenti periodicamente rinnovati. Gli straordinari ambienti che ospitano la Collezione Pinault, sono stati oggetto di un profondo lavoro di restauro sotto la guida dell’architetto giapponese Tadao Ando prima di essere aperti al pubblico rispettivamente nel 2006 e nel 2009. Dalla loro apertura, Palazzo Grassi e Punta della Dogana hanno accolto oltre 2,5 milioni di visitatori. Le mostre offrono di volta in volta lo spunto per invitare numerosi artisti a creare opere in situ o a realizzare opere loro appositamente commissionate, e sono accompagnate da un importante programma culturale e pedagogico, in collaborazione soprattutto con università e altre istituzioni. Dal 2013, a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana si è aggiunto un altro spazio del tutto particolare, con l’inaugurazione del Teatrino destinato alla proiezione di video e film d’artista e a ospitare conferenze e altri eventi. La Collezione Pinault è pertanto diventata protagonista assoluta della scena artistica internazionale.

LE MOSTRE DELLA COLLEZIONE PINAULT

Oltre al calendario espositivo di Palazzo Grassi e Punta della dogana a Venezia, che presenta delle selezioni importanti di opere, la Collezione Pinault è protagonista di altre mostre itineranti in tutto il mondo, come Mosca, Seul, Dunkerque, Parigi e oggi Monaco. Queste esposizioni permettono di scoprire o ammirare nuovamente alcune importanti opere della Collezioni Pinault, considerata una delle collezioni di arte contemporanea più importanti al mondo. In parallelo la Collezione Pinaut partecipa come prestatore di una o più opere, a importanti rassegne internazionali come per esempio: Martin Kippenberger alla Hamburger Banhof di Berlino (dal 23 febbraio al 18 agosto 2013), Pierre Huygue al Centre Pompidou (dal 25 settembre 2013 al 7 gennaio 2014), Christopher Wool al Guggenhiem di New York (dal 25 ottobre 2013 al 22 gennaio 2014), Bill Viola al Grand Palais a Parigi (dal 5 marzo al 21 luglio 2014), Martial Raysse al Centre Pompidou (dal 14 maggio al 22 settembre 2014), Jeff Koons (dal 26 novembre 2014 al 27 aprile 2015), ecc.

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IL COLLEZIONISTA

FRANÇOIS PINAULT

François Pinault è nato il 21 agosto 1936 a Champs-Géraux, in Bretagna (Côtes-d’Armor). Nel 1963 fonda a Rennes la sua prima impresa nel campo del commercio di legname. In seguito amplia questa attività occupandosi di importazione, trasformazione e infine di distribuzione del legname. Nel 1988 il gruppo Pinault viene quotato in Borsa. Nel 1999 François Pinaut decide di ampliare le proprie attività entrando nel settore dei beni di lusso, con un eccellente portafoglio di marchi (Gucci, Yves Saint-Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga, Sergio Rossi, Boucheron, Stella McCartney, Alexander McQueen, Pomellato… ) creando così in breve tempo uno dei gruppi leader del settore. Nel 2007 il gruppo coglie una nuova opportunità di crescita con l’acquisizione di una partecipazione di controllo nel marchio sportivo Puma. Nel 2013 il gruppo viene ribattezzato Kering. In parallelo François Pinault investe tramite Artémis, l’holding di famiglia, in aziende ad alto potenziale di crescita ma in settori diversi da quello dei beni di lusso e del lifestyle già facenti parte di Kering. Creata nel 1992, Artémis controlla nello specifico la Casa d’Aste ChristiÈs, leader mondiale del mercato; Artémis Domain, produttrice del celeberrimo vino bordolese Château Latour, e anche il Domaine d’Eugénie in Borgogna e diversi altri vigneti, tra cui Aurojo Estate nella Napa Valley (Stati Uniti); la rivista Le Point, e un portafoglio di partecipazioni in Francia e all’estero. François Pinaut è inoltre proprietario di una squadra di calcio, lo Stade Rennais, e del Théâtre Marigny a Parigi.

Nel 2003, François Pinault lascia le redini del gruppo al figlio François-Henri Pinault

Grande appassionato d’arte, tra i più grandi collezionisti di arte contemporanea del mondo, François Pinault ottiene in concessione due prestigiosi monumenti veneziani, Palazzo Grassi e Punta della Dogana per esporre una selezione delle opere della sua collezione. Ristrutturate dall’architetto giapponese Tadao Ando, le due sedi hanno accolto dalla loro inaugurazione a oggi (dal 2006 Palazzo Grassi e dal 2009 Punta della Dogana), oltre 2,5 milioni di visitatori. Le mostre della Collezione Pinault sono sempre accompagnate da un eccellente programma culturale e pedagogico. La collezione viene esposta anche in occasione di mostre itineranti nel mondo intero (Lille, Mosca, Seoul… ).

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LE SEDI E LE MOSTRE DEL 2014 PALAZZO GRASSI

L’illusione della luce Esposizione temporanea - dal 13 aprile al 31 dicembre 2014 La mostra L’Illusione della luce, curata da Caroline Bourgeois, riunisce una quarantina di opere della Collezione Pinault attinenti i temi della luce, dell’illuminazione e dell’abbaglio luminoso, intesi nella loro dimensione metaforica, simbolica, visibile o invisibile. Il percorso espositivo che si snoda dall’atrio al primo piano di Palazzo Grassi, presenta essenzialmente delle opere mai esposte nelle precedenti mostre della Collezione e diverse opere site specific. Gli artisti presenti alla mostra, circa una ventina, sono: Eija--Liisa Ahtila, Troy Brauntuch, Marcel Broodthaers, David Claerbout, Bruce Conner, Latifa Echakhch, Dan Flavin, Vidya Gastaldon, General Idea, Gilbert and George, Robert Irwin, Bertrand Lavier, Julio Le Parc, Antoni Muntadas, Philippe Parreno, Sturtevant, Claire Tabouret, Danh Vo, Douglas Wheeler, Robert Whitman.

Irving Penn Esposizione temporanea - dal 13 aprile al 31 dicembre 2014 Al secondo piano di Palazzo Grassi, la retrospettiva su Irving Penn presenta circa 150 fotografie della Collezione Pinault, in particolare nature morte e ritratti (personalità, moda, immagini di attività artigianali… ), realizzate tra gli anni 1940 e gli anni 1980. È la prima grande esposizione dedicata in Italia a questo maestro della fotografia, e la prima che la Collezione Pinault dedica a questa disciplina. Curatori della mostra sono Pierre Apraxine e Mathieu Humery.

PUNTA DELLA DOGANA

Wade Guyton Esposizione temporanea - dal 13 aprile al 31 dicembre 2014 L’artista americano Wade Guyton è stato invitato a concepire un’opera nell’ambito del ciclo di progetti destinati al Cubo di Punta della Dogana, lo spazio centrale dell’edificio. L’opera di Wade Guyton sarà presentata in concomitanza con l’inaugurazione delle mostre di Palazzo Grassi. Fino al 31 dicembre 2014 a Punta della Dogana resterà aperta al pubblico la mostra Prima Materia.

Il Teatrino Nell’auditorium con una capacità di 225 posti, restaurato da Tadao Ando e aperto al pubblico da maggio 2013, prosegue il calendario di attività culturali: proiezioni di film-documentari o film d’artista della Collezione Pinault, incontri con gli artisti, letture e conferenze sui grandi temi della storia dell’arte

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Il GRIMALDI FORUM - Presentazione

Luogo di tutte le culture

Un luogo, delle mostre: Tra cielo e mare, il Grimaldi Forum Monaco è il palcoscenico d'eccezione di una programmazione culturale articolata intorno a tre assi portanti: mostre, musica e danza. Ogni estate, il Grimaldi Forum Monaco produce una grande mostra tematica, dedicata ad un movimento artistico maggiore, ad un soggetto del patrimonio culturale o di civilizzazione, a qualsiasi soggetto nel quale si esprima il rinnovamento della creazione. Un' occasione di mettere in valore le se qualità e specificità : offrire uno spazio di 4000 m2 per creare in piena libertà, mettere al servizio della scenografia gli strumenti tecnologici più efficaci, fare ricorso ai migliori specialisti in ogni campo per garantire la qualità scientifica delle sue esposizioni. Questa alchimia ha già dimostrato la sua efficacia mediante i lusinghieri successi ottenuti presso la stampa ed il grande pubblico: « AIR-AIR » nel 2000, « Cina, il secolo del 1° Imperatore » nel 2001, « Giorni di Circo » nel 2002 « SuperWarhol » nel 2003, « Imperiale San-Pietroburgo, da Pietro il Grande a Caterina II » attraverso le collezioni

del museo dell’Ermitage e dell’Accademia delle Belle-Arti nel 2004 « Arts of Africa » dalle Arti Tradizionali alla Collezione Contemporanea di Jean Pigozzi

nel 2005, « New York, New York », 50 anni d’arte, architettura, cinema, performance, fotografia e

video nel 2006 ; “Gli anni Grace Kelly, Principessa di Monaco” nel 2007 “Regine d’Egitto” nel 2008 “Mosca : Splendori dei Romanov ” nel 2009 “Kyoto-Tokyo, dai Samurai ai Manga” nel 2010 “Sfarzi e grandezza delle Corti in Europa” nel 2011 “Extra Large” opere monumentale della Collezione del Centro Georges Pompidou de

Pariggi nel 2012 “Monaco Festeggia Picasso” nel 2013 “ArtLovers, Storie d’Arte nella Collezione Pinault” nel 2014

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Il Grimaldi Forum Monaco collabora con le massime istituzioni culturali del mondo – musei, fondazioni e gallerie – che riconoscono la sua riuscita prestando opere importanti. Ricco di una doppia vocazione che ne fa la sua particolarità, il Grimaldi Forum è nello stesso centro congressuale e d’esposizione che accoglie una centinaia di eventi professionisti per anno (convegni, trade shows, convenzioni...). Il palcoscenico della Salle des Princes, il più grande auditorium del Principato con i suoi 1800 posti, ospita regolarmente delle commedie musicali come Grease, Mamma Mia e Thriller Live, dei corpi di balli internazionali come quelli del Kirov o il Bolscioi, degli artisti pop rock del livello di Norah Jones, Mickey 3D, Rokia Traoré, Lou Reed, Black Eyed Peas. E' la cornice naturale per le entità tradizionali della cultura monegasca: i Balletti di Monte Carlo, l’Orchestra Filarmonica e l’Opera di Monte Carlo possono montare grandi produzioni sulla sua superficie scenica di 1000m², equivalente a quella dell’Opera Bastille di Parigi. L’agenda del Grimaldi Forum Monaco riflette questa diversità e questa ambizione intatta di superare le barriere per riunire tutte le forme di espressione artistica ed il mondo dell'impresa, per invtare un pubblico sempre più largo ad aprirsi sul mondo attraverso il « prisma » del Principato. Il Grimaldi Forum Monaco, significa : 35 000 m² di spazi espositivi e di riunione : la Salle des Princes (1800 posti), la sala Prince Pierre (800 posti), e la sala Camille Blanc (400 posti). Di cui 10 000m² di spazi espositivi Lo spazio Ravel, 4180 m² di cui 2 500 m² senza pilastri Lo spazio Diaghilev, 3 970 m²

Dall'ottobre 2008, il Grimaldi Forum ha ricevuto la certificazione ISO 14001 :2004 (gestione ambientale).

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Il GRIMALDI FORUM – INFORMAZIONI PRATICHE

L’esposizione ArtLovers: Storie d’Arte nella Collezione Pinaut è prodotta dal Grimaldi Forum Monaco ed è sponsorizzata da Compagnie Monégasque de Banque (CMB) e d’Amico.

Curatore : Martin Bethenod

Scenografia : Atelier FCS/ Frédéric Casanova

Sede: Espace Ravel del Grimaldi Forum Monaco 10, avenue Princesse Grace - 98000 Monaco

Sito Internet : www.grimaldiforum.com

Applicazione ArtLovers: gratuita e disponibile su Appstore e Google play

The Grimaldi Forum Monaco

@Grimaldi_Forum #ArtLoversMonaco

Date: dal 12 luglio al 7 settembre 2014

Orari : Aperta tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00 Apertura serale tutti i giovedì fino alle 22.00.

Biglietto di ingresso: Prevendita internet a 6 € su www.grimaldiforum.com fino al 30 giugno 2014 Intero: 10 € .Ridotto: Gruppi (più di 10 persone): 8 € - Studenti (con meno di 25 anni su

presentazione di documento di identità): 8 € - Anziani (con più di 65 anni): 8 € - GRATUITO per

i minori di 18 anni

Visite guidate: 8€, tutti i giovedì e le domeniche alle 14.30 e alle 16.30 fino a esaurimento

posti (massimo 25 persone)

Biglietto abbinato per la visita al Palazzo dei Principi = 15€ e al Museo Oceanografico = 20€

Accessibilità: L’esposizione è accessibile alle persone con disabilità o mobilità ridotta

Biglietteria Grimaldi Forum

Tel. +377 99 99 3000 - Fax +377 99 99 3001 – E-mail : [email protected] e punti

vendita FNAC

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Catalogo della mostra:

a cura di Martin Bethenod

Formato: 20 x 26 cm. 100 illustrazioni. Circa 208 pagine. Edizione bilingue: francese/inglese

Testo di Michel Gauthier

Con i contributi di : Colin Lemoine, Marjolaine Lévy, Jonathan Pouthier, Alexandre Quoi, Thomas Schlesser

Coedizione: LIENART/GRIMALDI FORUM MONACO

Uscita: luglio 2014.

Relazioni pubbliche per la mostra:

Hervé Zorgniotti Tel. : 00 377 99 99 25 02 – [email protected]

Nathalie Varley Tel. : 00 377 99 99 25 03 - [email protected]

Ufficio stampa Collezione Pinault:

Claudine Colin Communication

Thomas Lozinski – Tel. +33(0)1 42 72 60 01 – [email protected]

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GLI SPONSOR

Presentazione della Compagnie Monégasque de Banque

La CMB è la Banca Privata di riferimento nel Principato di Mondaco, fondata nel 1976. Con un personale qualificato e motivato, serve un’agiata clientela internazionale, residente e non residente.

La testata finanziaria Euromoney ha recentemente insignito la CMB del titolo di “Migliore Banca Privata Locale a Monaco 2014”. La CMB è molto orgogliosa di tale riconoscimento che rende merito a una filosofia di servizio bancario di alto livello, basata sull’ascolto del cliente, con competenza e innovazione, nel rispetto della diversità e con un’etica professionale impeccabile.

L’ascolto e l’analisi delle esigenze dei clienti portano a formulare soluzioni di investimento e finanziamento che la CMB predispone e segue con un obiettivo di eccellenza e nel rispetto di un’etica professionale irreprensibile.

La CMB è stata fondata nel 1976 da diversi gruppi bancari di prestigio e azionisti di riferimento monegaschi. Sono suoi azionisti storici, tra altri, Banca Commerciale Italiana, Commerzbank e ancora Compagnie Financière Paribas. Per la sua storia e ubicazione nel cuore decisionale del Principato, ma anche grazie al suo radicamento nel tessuto economico locale, la CMB è considerata in loco come la banca di riferimento monegasca.

Il suo azionariato è costituito attualmente al 100% da Mediobanca SpA, quotata alla borsa di Milano (Ticker Bloomberg MB IM) e membro dell’indice di riferimento FTSE MIB 30.

In quanto attore di riferimento nel campo del Private Banking all’interno del gruppo Mediobanca, la CMB agisce in ampia autonomia, garantendo alla clientela la prossimità ai centri decisionali e una reattività incomparabile.

La missione della CMB che consiste nell’offrire un servizio di Private Banking di qualità eccellente, si basa sui valori del gruppo fondati sull’attenzione per le esigenze della clientela, lo sviluppo delle competenze, il rispetto della diversità e una integrità impeccabile.

Il gruppo CMB occupa 194 persone. Grazie a collaboratori qualificati ed esperti, dalla sua creazione la CMB ha sempre avuto un ruolo innovatore sulla piazza di Monaco.

La reattività della CMB nel campo del finanziamento immobiliare, in cui è leader nel principato, la strutturazione di un fondo immobiliare (di diritto Jersey) che investe esclusivamente nell’immobiliare nel Principato e il lancio del primo fondo di fondi alternativi sempre nel Principato (di diritto monegasco), costruito sull’universo dei Managed Accounts e a liquidità settimanale, in conformità con ciò che oggi si intende per “Best Practice” nel

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settore della multi gestione alternativa, si possono considerare come i numerosi successi che contraddistinguono l’offerta di servizi del gruppo, che sono al contempo sinonimo di innovazione e qualità.

Nel Private Banking, con un core business concentrato sui servizi finanziari, che vanno dall’esecuzione degli ordini sui mercati internazionali a sofisticati servizi di Asset Management, la CMB propone in particolare alla propria clientela un mandato di gestione secondo una politica definita dalla banca, o dei servizi di gestione personalizzati, in funzione di criteri stabiliti dal cliente. Propone inoltre una gamma completa di fondi di diritto monegasco.

Il finanziamento immobiliare rappresenta un ambito di attività strategica per il gruppo e agisce come elemento di richiamo per la clientela. La CMB offre ovviamente altri tipi di finanziamenti, come i prestiti a breve termine o i crediti lombard. Per i gestori di patrimoni indipendenti, la CMB offre servizi di banca depositaria personalizzati a numerose società di gestione indipendenti sulla piazza di Monaco. Questa offerta di servizi rappresenta un asse di sviluppo fondamentale.

Per la clientela privata, la CMB affianca alle proprie qualità quelle di professionisti di vari settori per offrire, in sinergia con i vantaggi della piazza monegasca in materia di riservatezza, discrezione e solidità, un servizio all’altezza delle aspettative della clientela più esigente. Assicura alla clientela un servizio personalizzato, con un team addetto a tenere i rapporti con la clientela cosmopolita.

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d’Amico Group

Il gruppo d’Amico è leader mondiale nel trasporto marittimo e le sue origini risalgono al 1936 quando la famiglia d’Amico fondò una compagnia di navigazione specializzata in prodotti forestali. Attualmente la società opera in due settori principali: le navi cisterna e le navi portarinfuse. d’Amico trasporta materie prime liquide e solide sulle rotte intercontinentali che collegano Asia, Europa e America. Le consegne di materie prime liquide – derivati dal petrolio e oli vegetali – sono trasportate dalla flotta di d’Amico International Shipping SA, compagnia quotata sul mercato borsistico italiano, tramite le sue filiali e in particolare la d’Amico Tankers, mentre i carichi di materie prime solide (metalli, legname da costruzione, carbone, granaglie, eccetera) sono trasportate principalmente dalla d’Amico Dry. Impresa di tradizione familiare con sede a Roma, il Gruppo si è affermato a livello mondiale con gli uffici nelle principali “capitali marittime” quali Londra, Singapore, Monaco, Dublino, Vancouver, Casablanca, Stamford, Mumbai e Genova. Negli ultimi due anni, d’Amico si è focalizzata su di una strategia di sviluppo della flotta che le permetterà di disporre delle navi più moderne ed ecologiche sul mercato in entrambi i settori di attività. Inoltre, lo sviluppo costante di nuovi mercati e una particolare attenzione per le risorse umane, contribuiscono a fare della compagnia di navigazione d’Amico un’eccellenza nel suo settore di attività. D’Amico Group è molto attento ai programmi di sviluppo mirato e costante delle sue attività e risorse, e consolida pertanto la sua competitività nel mondo. L’impegno costante è assicurato al fine di supportare la crescita personale dei dipendenti e finanziare gli investimenti per la costituzione di una flotta ben strutturata, moderna ed ecologica.

Per maggiori informazioni: www.damicoship.com

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Comunicato Stampa

France Inter sponsor dell’esposizione ARTLOVERS

– Storie d’Arte nella Collezione Pinault Al Grimaldi Forum Monaco

dal 12 luglio al 7 settembre 2014

France Inter, che dalle sue frequenze coinvolge costantemente gli ascoltatori nella scoperta di artisti, mostre o creazioni artistiche, ha deciso di farsi partner dell’esposizione ART LOVERS – Storie d’Arte nella Collezione Pinault al Grimaldi Forum Monaco. Adel Abdessemed, Maurizio Cattelan, Urs Fischer, Dan Flavin, Paul Fryer, Cyprien Gaillard, Douglas Gordon, Damien Hirst, Jeff Koons, Bertrand Lavier, Paul McCarthy, Jonathan Monk, Giulio Paolini, Richard Prince, Rob Pruitt, Javier Téllez, Piotr Uklanski, Yan Pei- Ming, Chen Zhen, Zhang Huan, Zeng Fanzhi… gli artisti partecipanti a questa importante manifestazione artistica che gli ascoltatori sono invitati a seguire nei programmi di France Inter.

► Un’esposizione da scoprire, vivere ed esplorare su France Inter e franceinter.fr

► Gli ascoltatori possono vincere dei biglietti di ingresso omaggio sulla pagina Facebook del Club auditeurs de France Inter.

Ufficio Stampa : Marion Glémet – 06 23 18 31 74 – [email protected]

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