Fame - kwizera.it · Ferrarini Nicoletta (LAKE ANGELS) Ghilotti Martino (Resp. Kwizera Nord Italia...

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Pag. 2................................................................................................................FamePag. 3.......................................................................................................Chi Siamo?Pag. 4.......................................................... Nyagahanga - Ngarama: andata e ritorno Pag. 5...................................................................................Agli amici delle adozioniPag. 7......................................................................................La Domenica CristianaPag. 9........................................................................................Leggere attentamentePag. 10.......................................................................................8 maggio in RwandaPag. 11........................ L'ex console onorario italiano a Kigali riconosciuto tra i GiustiPag. 11..................................................................................Carestia e biocarburantiPag. 11..................................................Progetto Jatropha: finalmente arrivano i semiPag. 12...................................................................................Incontriamoci sul Blog!Pag. 13.........................................Progetto MIkAN: una capretta per crescere insiemePag. 14..................................................................................Gabibbo, non pervenutoPag. 15...........................................................Esperimenti sugli effetti della preghieraPag. 16........................................................................................Nozze davvero d’oroPag. 17.....Valide anche all'equatore le regole per una corretta gestione di un progettoPag. 18...........................................................................I campi profughi dell'UNCHRPag. 18................................................................La lotta all’Aids: oltre il preservativoPag. 19..................................................................................................Jambo Africa!Pag. 20..............................................................Se il buon giorno si vede dal mattinopag. 21................................................................... Lake Angels, missione compiuta!Pag. 22............................................................. Le nostre radici, il passato da salvarePag. 23.........................................Il Gruppo Missioni sfama i bambini di Nyagahanga

Pag. 24....................................................In Africa il tempo non appartiene a nessunoPag. 25......................Dall’ultima enciclica di S.S. Benedetto XVI “ Caritas in veritate”Pag. 27.............................................................................Batwa: prosegue il progettoPag. 28............................................................................In ricordo di Martina e KatiaPag. 28..............................................Malnutrito il 45 per cento dei bambini rwandesiPag. 29.........................................................................................Giovani e preghieraPag. 29....................................................................................Trent’anni di FiaccolataPag. 31.................................................................Sviluppo umano e associazionismoPag. 32....................................................................Un’esperienza che lascia il segnoPag. 32......................................Clinton: nel 1994 avrei potuto salvare migliaia di vitePag. 33.................................................................................................Torno in AfricaPag. 34.....................................................................................In memoria di AlbertoPag. 35....................................................................................Un esempio da imitarePag. 36 Aumentano gli stipendi per esercito e polizia, un po’ meno per gli insegnantiPag. 36....................................................................Da una newsletter di Radio MariaPag. 36.........The New Times: critiche ai sacerdoti attratti dalle comodità e dal denaroPag. 37................................................Ricordi del pellegrinaggio “Medjugorje 2009”Pag. 38....................................................................................................La biciclettaPag. 38.............................. Attenzione ai sacchetti di platica quando si arriva a KigaliPag. 39............................................................... Grazie al vostro aiuto, abbiamo fattoPag. 42............................................... I nostri progetti per la Missione Kwizera 2010Pag. 44....................Cinque per mille: una firma che può fare molto per chi ha niente

Fame

Sommario:

Non sono mai andato nelle terre dove la gente muore di fame. Un paesaggio, mostrano le foto, con nello sfondo la foresta e poi perso-ne e bambini dall’aspetto scheletrico, che ti guardano coi volti sfiniti, gli occhi dilatati da angoscia, disperazione e tacita speranza. Quegli occhi ci entrano nell’anima, ci restano dentro come un qualcosa di indelebile. Ogni volta che guar-do queste imma-gini mi subentra un malessere tra rabbia e disperazio-ne. Tutti i giorni, a pranzo o a cena, molti di noi evita-no questo o l’altro cibo, perché non dietetico e potreb-be farci ingrassare, come si suol dire. Grandi quantità di cibo, per ragioni anche subordinate a regolamenti igie-nico-sanitari, ven-gono quotidiana-mente gettate nelle discariche. Ci nutriamo più del superfluo che dell’essenziale, mentre esseri umani come noi muoiono di fame e ci chiedono un po’ di cibo. Quando, oltre alle loro immagini ascoltiamo inviti e messaggi di missionari che vivono con loro, qualcosa dentro di noi si rivolta e ci chiediamo cosa e quanto ci sia di

sbagliato nella nostra società e in coloro che l’amministrano, se non riusciamo a far giun-gere almeno una parte dei nostri sprechi, sia economici sia alimentari, a coloro che muoiono di fame. Subentra in noi un senso di sdegno e di impotenza. Siamo, infatti, di fronte a uno scandalo di proporzioni planeta-rie; una parte di umanità mangia a dismisura

e a dismisura spreca e una parte, milio-ni, devono veder-sela con la fame, e di fame morire. Bisognerebbe avere la costanza di non smettere mai di pen-sare a questa situa-zione, fino a creare loro attorno una cer-chia di solidarietà, d’amore e di ami-cizia che, come un grande arcobaleno, giungesse a soste-nerli. Da noi non c’è quasi più nessuno che deva vedersela coi morsi della fame,

se non coloro che devono stare a dieta, ma è una fame che ben si sopporta, salutare. Non possiamo, quindi, nemmeno immagina-re cosa significhi morire di fame. Una morte lenta, inesorabile. Cristo, prima di fare il miracolo dei pani e dei pesci, si commosse al pensiero che, tra la folla che lo stava ascol-

tando, rientrando poi alle loro case, qualcuno potesse svenire per fame. Chiese ai discepoli di portargli pani e pesci rimasti, che bene-disse, dando così inizio alla moltiplicazione. Cristo, il nostro amico e fratello a cui non occorre, per parlarci, scrivergli una e-mail o fare una telefonata, ma basta inoltrargli un pensiero, ossia una preghiera, ci ha insegnato a come stare vicino a chi soffre o rischia di morire di fame: pensando a lui distaccandoci da noi stessi, tutti insieme, tutti uniti, come, mi permetto di ripetere, i colori di un arco-baleno.

Vincenzo Pardini

S.PIETRO A VICO (LU)Tel. 0583 409111BUGGIANO (PT)

Tel. 0572 770350

www.autotecnicalucchese.it

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 3

Chi siamo…..?….. Un gruppo di persone che hanno deciso di non rimanere indifferenti alle problematiche dei paesi sottosviluppati ad economia emergente.La nostra Associazione, Kwizera, porta aiuti quasi esclusivamente in Rwanda, minuscolo paese situato nell’Africa sud Sahariana immediatamente sotto l’equatore.Il motto che anima e guida il gruppo è… “a piccoli passi cambie-remo il mondo”… per questo abbiamo deciso di spendere un po’ delle nostre energie e del nostro tempo per realizzare questo grande proposito.Far sorridere uno, dieci, cento bambini e dare speranza a un popolo non è solo un grande traguardo…è il sogno della nostra vita!

Accresci anche Tu la schiera degli amici dei poveri, cont@ttaci.

Hanno collaborato:

Benedetti Luigi(Insegnante)

Bertolucci Angelo(Segretario Ass. Kwizera)Bertolucci Antonella

(Consigliere Kwizera)Castelvecchi Alma

(Insegnante)Cassettai Marco

(Vice Presidente Ass.Kwizera)Don Gahutu Paul

(Sacerdote Rwandese)Don Giovanni

(Parroco di Fosciandora)Ferrarini Nicoletta

(LAKE ANGELS)Ghilotti Martino

(Resp. Kwizera Nord Italia )Gonnelli Alessandro

(LAKE ANGELS)Lemetti Duse

(Insegnante)Marchi Baldi Liana

(Collaboratrice di Marina di Pisa)Mazzanti Rinaldo

(Responsabile artistico)Pardini Vincenzo

(Scrittore e Giornalista)Pioli Maria Grazia(Sostenitrice Kwizera)

Salotti Simone(Sostenitore Kwizera)

Simonini Giulio(Giornalista)

Venneri Caterina(Studentessa universitaria)

Tutto il comitato direttivodell’Associazione Kwizera Onlus

Ringraziamo inoltretutti gli sponsor, che con la loro

viva generosità, hanno permesso di realizzare questa rivista

missionaria.

ASSOCIAZIONE KWIZERA ONLUSGruppo Missionario di Gallicano

Via Cavour.37 - 55027 Gallicano LUTel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534

www.kwizera.it - [email protected] 01869470466 - c.f. 90006470463

Giornalista e redattore responsabile:Angelo Cavani

Fotocomposizione, impaginazionefornitura tipografica

Conceptio srlVia del serchio 3/bis Piano di Coreglia

55025 Coreglia Antelminelli LUTel. 058377377 (r.a.) Fax 058377007

Presidente:Simonini Franco

Vice Presidente e Resp. Attività giovanili:Cassettai Marco

Segretario:Bertolucci Angelo

Consigliere Spirituale:Don Fiorenzo Toti

Consigliere Missionario:Don Giancarlo Bucchianeri

Composizione del Comitato Direttivo:Consiglieri:

Asti Catia

Bertolucci Antonella

Lucchesi Gloria

Lucchesi Sabrina

Mazzanti Rinaldo

Raffaelli Antonietta

Salotti Enrico

Simonini Luca

Simonini Maria Rina

A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo?Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le ope-re; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».

Dalla lettera di San Giacomo apostolo (Gc 2,14-18)

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Nyagahanga - Ngarama: andata e …ritornoSabato l’appuntamento era a Ngarama per procedere, nell’ambito del Progetto MIkAN, all’assegnazione delle capre al gruppo di quella parrocchia. Si era deciso, anche per l’assenza di Don Paolo e della sua jeep, di fare il percorso Nyagahanga-Ngarama, rigorosamente a piedi. All’andata tutto è proceduto per il meglio. Infatti, con un passo di marcia spedito in due ore e mezza si sono coperti i circa 12 km della distanza tra le due parrocchie con una certa scioltezza; ottime le performance dei meno giovani del gruppo e della rappresentante del gentil sesso.Il percorso su strada sterrata compren-deva lo scavalcamento di una collina, l‘attraversamento di un villaggio abi-tato esclusivamente da mussulmani, come si poteva dedurre dalle scritte di un apposito cartello di un programma d’aiuto di una fondazione islamica e dal tradizionale velo sul capo delle donne, il passaggio in una pineta, dove ti aspettavi da un momento all‘al-tro d‘imbatterti in un fungo. Adempiuto al previsto impegno dell’avvio del gruppo del Progetto MIkAN ( nella foto un momento della consegna delle capre), ci si è concessi un veloce pranzo a base di brochette di capra, patate fritte, ananas e birra. Sul finire del pranzo un fortissimo temporale, oltre ad obbligarci a pro-lungare i tempi di permanenza nel locale, rendeva le strade particolar-mente scivolose, tanto da farci esclu-dere immediatamente la possibilità di utilizzare, come mezzo di trasporto per il ritorno, il pick up gentilmente mes-soci a disposizione dalla parrocchia di Ngarama. Incoerentemente con questa prima decisione ripiegavamo sul noleggio di uno di quei furgoni taxi che attraversano il paese in lungo e in largo su qualsiasi tipo di strada. Dopo aver contrattato il prezzo del viaggio prendevamo posto a bordo: sedili sconnessi, pezzi mancanti, odori intensi e non del tutto gradevoli. A bordo s’infilavano anche due passeggeri a noi sconosciuti, che tentavamo di far allontanare ritenendoli dei portoghesi . In qualche maniera il guidatore proprietario del taxi ci fece capire che dovevano restare a bordo. Si parte con un caldo invito di Angelo al guidatore di andare molto buhorobuhoro..adagio, adagio. I primi 4 kilometri di strada pianeggiante filano via regolarmente, anche

se tutti avvertiamo la debole tenuta di strada del mezzo su un fondo stradale decisamente scivoloso. Qualche scaramantico richiamo a ciò che potrebbe riservarci la discesa su Nyagahanga cerca di alleggerire la situazio-ne. Appena la strada inizia a impennarsi il pulmino dà segni palesi di insubordinazione al suo autista, che per parte sua sembra avere un rapporto conflittuale con la frizione; le ruote posteriori girano a vuoto e il furgone ancheggia. Dopo un tratto di stop and go, a un certo punto il furgone si blocca e non c’è

verso di farlo ripartire. A questo punto i due ospiti/portoghesi aprono il portellone e bal-zano a terra: sono gli spingitori. Cominciano a spingere sollecitando l’aiuto di qualche ragazzino che passa per strada, e riescono a far ripartire il furgone. Va avanti così per tre volte, poi si rende necessario l’intervento anche dei bazungu; scendiamo e spingiamo. A questo punto si capisce che non si può andare avanti così. Si contratta lo sciogli-mento del contratto con l’autista che sembra sollevato dal non doversi sobbarcare un simile viaggio. Si prosegue a piedi. Mancano almeno un paio di kilometri allo scollina-mento, sono quasi le sei e comincia a farsi sera. Il buio ci avvolge in cima alla collina,

unitamente alla preghiera del muezzin che un altoparlante irradia da una piccola moschea dell’enclave mussulmana che avevamo attra-versato al mattino. Ancora dieci minuti ed è buio pesto; il meno imprevidente della com-pagnia cava da una delle tasche della cac-ciatora una provvidenziale pila che consente di intravedere seppur faticosamente dove si mettono i piedi. Si va avanti così per almeno tre kilometri in attesa che arrivi una macchina, chiamata dal vicario don Jean Nepomaceno, a recuperarci. La troveremo più avanti ferma in

mezzo alla strada bloccata da un guasto in via di accertamento. La superiamo, sempre camminando con una certa atten-zione per non incorrere in qualche fatale scivolata. Quando ormai siamo alle viste di Nyagahanga, veniamo raggiunti dalla macchina che doveva recuperarci, di cui avevano nel frattempo individuato e riparato il guasto. Per educazione, non possiamo fare a meno di salire a bordo, ma lo facciamo con lo spirito di chi si vede scippata una vittoria; ancora mezzo kilometro ed eravamo alla meta… a piedi alla faccia di tutti!

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

(Al mattino, arrivati alla missione di Ngarama)

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Agli amici delle adozioniDopo diversi anni di attività in questo delicato progetto nei confronti dell’infanzia rwandese, sento il bisogno di rispondere con il corrente messaggio, ad alcune delle domande che più comunemente ci vengono rivolte da chi de-tiene un aiuto a distanza. Questa esposizione potrà essere utile anche a chi desidera capire meglio il funzionamento di questa straordina-ria iniziativa di solidarietà, o avesse balenato in cuor suo l’intenzione, forse un giorno, di attivarne una.Riceviamo sovente richieste da parte di per-sone che desiderano avere un maggior nume-ro di comunicazioni scritte, dai referenti loca-li, relative allo stato dei bambini da loro aiutati. Allo stesso tempo riceviamo telefona-te che ci invitano a limitare le onerose spese postali ed i costi ad esse collegati relative alla spedizione ed alla gestione della corrispon-denza. Quindi… mentre per alcuni le infor-mazioni non sono mai abbastanza, altri prefe-rirebbero che i soldi venissero utilizzati per aiutare chi ha veramente bisogno. Come spesso accade la verità sta nel mezzo, abbia-mo deciso quindi di prendere una linea che potrà essere non condivisa da tutti, ma vi as-sicuro, si posiziona al centro delle numerose osservazioni. L’Associazione Kwizera ha deci-so per l’invio di due comunicazioni scritte all’anno dal Rwanda, questo ci consente di mantenere vivo, il legame tra il benefattore e il piccolo beneficiario dell’aiuto. Allo stesso tempo riusciamo a tenere i costi della gestio-ne dell’adozione ad un livello accettabile. Al-tro discorso, che spesso viene sollevato, è quello della corrispondenza diretta tra le fa-miglie italiane ed i bambini Rwandesi. Questo tipo di comunicazioni epistolari è particolar-mente difficile da realizzare per diversi motivi; la prima difficoltà è dovuta al fatto ché nei luoghi dove operiamo non esiste un sistema postale come il nostro. Non ci sono i postini che ti portano comodamente a casa le lettere, ma una serie di cassette postali situate negli uffici presenti in centri abitati di una certa im-portanza. Queste cassette, sono possedute da enti, associazioni, commercianti, strutture ec-clesiastiche ed uffici statali,…ma non da co-muni privati. Spedire quindi una lettera ad un bambino che abita su una delle mille colline del Rwanda non è facile. Proverò a spiegare, con la massima brevità possibile, alcune del-le difficoltà che siamo costretti ad affrontare nel caso di corrispondenza diretta tra chi adotta ed il beneficiario. Per quanto poc’anzi spiegato per inviare una lettera ad un bambi-

no in Rwanda, si deve fare capo alla respon-sabile del progetto Suor Pascasia, che, es-sendo coordinatrice dell’educazione di base nella Diocesi di Byumba, ha una casella po-stale atta a ricevere la corrispondenza. A que-sto punto subentra il problema della lingua che diventa in molti casi, per chi non sa il

Kiniarwanda, difficilmente risolvibile. Si deve allora ricorrere alla traduzione dall’italiano alla lingua locale tramite Bernard, un vecchio professore che conosce un pochino la nostra lingua ed aiuta Pascasia nella corrisponden-

za. Quindi… arriva una lettera dall’italia nella casella postale della responsabile del proget-to (Pascasia Mukabazi), lei chiama Bernard e gli fa tradurre il contenuto in lingua locale. A questo punto uno deve partire ed andare a consegnare personalmente la lettera all’abita-zione del bambino; questo potrebbe abitare anche a 30 o più chilometri di distanza che, molto probabilmente, andrebbero coperti a piedi. Avvenuta la consegna della lettera il bambino/a deve rispondere e ripercorrere la strada inversa per poter effettuare la traduzio-ne e la successiva spedizione della corri-spondenza. Nel frattempo… se qualche vici-no di casa di dubbia onestà, oppure mosso da un bisogno pressante, ha saputo che la fami-glia tal dei tali ha ricevuto dall’estero una let-tera, convinti che contenga magari chissà quale tesoro, potrebbe far visita alla casa per depredarli della ricchezza. Come potete capi-re le difficoltà nella gestione degli aiuti a di-stanza sono numerose. Avremmo potuto, come spesso accade in altre realtà, adottare bambini residenti in uno stretto circondario o addirittura tutti frequentanti la stessa scuola, ma il nostro nome è Kwizera (Speranza) e vo-gliamo diffonderla il più ampliamente possi-bile, senza creare in nessun dove, una piccola Svizzera ma tanti minuscoli focolai di speran-za in sostegno dei più disperati. Altro aspetto da non sottovalutare è che nella tradizione rwandese lo scritto non è apprezzato e tutto si tramanda tramite l’antica tradizione orale. Probabilmente questo disamore per la scrittu-ra è una delle numerose cause dell’arretratez-za del continente africano, ma questa è un’al-tra storia e per adesso sorvoliamo. Vorrei per un momento tentare di descrivervi Bernard, la persona che si occupa di scrivere, in italiano o quasi, le lettere che periodicamente vengo-no inviate dal Rwanda. Bernard è un inse-gnante in pensione (senza impiego, per me-glio dire) di 54 anni che negli anni passati insegnava disegno artistico. Ha fatto parte di un progetto del precedente governo che lo aveva inserito in un programma di formazione culturale che prevedeva il soggiorno per tre mesi in Italia, culla indiscussa per tutto il mondo della cultura e dell’arte. Da li Bernard ha imparato il suo Italiano. Un linguaggio semplice, fatto di poche parole, tutto quello che si può imparare nel breve spazio di tre mesi. Se consideriamo che durante l’anno, solo durante le nostre visite, può esercitarsi nella nostra lingua, posso dire che fa anche troppo. Io, per esempio, vado in Rwanda da nove anni e conosco appena poche centinaia

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di parole che unisco in maniera totalmente sgrammaticata ed a malapena riesco a farmi capire. Non c’è quindi da meravigliarsi più di tanto se le letterine sono di una “infantile semplicità” e se spesso contengono errori ed a volte simpatici strafalcioni. Stiamo costan-temente cercando una persona da affiancare al nostro amico, ma per ora non abbiamo trovato nessuno in grado di aiutarlo. Passiamo adesso all’aspetto prettamente economico. Per darvi un esempio del rapporto tra costi e guadagni di una famiglia media che vive nelle campa-gne rwandesi, si deve pensare che per scrive-re una lettera o una cartolina si raggiunge un costo equivalente a due giornate di lavoro di un contadino o un manovale. Sarebbe come dire che noi per mandare via una car-tolina dovessimo spendere qualcosa come 140,00 Euro circa. Immagi-niamo cosa può pensare uno che non ha un piatto di fagioli al giorno da mangiare o i soldi per curare il figlio colpito dalla malaria ( ci vo-gliono solo una manciata di Euro) quando vede applicare il francobollo sulla lettera. Forse penserà: “Potessi avere quei soldi, o magari una parte di essi, anche stasera mangerei”. In ogni modo non dirà niente, per non contraddire o indispettire il muzun-gu. Abbiamo ricevuto osservazioni perfino sul fatto, che la carta foto-grafica sulla quale avevamo stam-pato le immagini dei bambini non era marchiata, ma semplice carta in formato A 4, ritagliata a mano e stampata da un comune computer. Ebbene si!!! Quando si tratta di contenere i costi, badare all’essenza ed alla concretezza delle cose, Kwizera Onlus non è seconda a nessuno. Forse è anche per questo che con “soli” 115,00 Euro riusciamo a prov-vedere alle necessità di un bambino ed ac-compagnarlo nel difficile cammino della sua crescita. Vogliamo dire inoltre, con un pizzico di soddisfazione e compiacimento, che nella complessiva gestione della nostra Associa-zione oltre il 90% dei fondi raccolti arrivano a destinazione e questo, già da solo, è un dato che fa capire molte cose. Da questo anno, sot-to vostro consiglio, proveremo ad inviare la lettera di fine anno scritta dai bambini e tra-dotta da Bernard in modo da avvicinare i pic-coli a chi li aiuta con tanto amore. Tutto que-sto, con la speranza che non si inneschi un vortice di corrispondenza che, vi premetto, non saremmo in grado di sostenere. Ho rite-nuto necessario illustrare il contesto dove operiamo, perché sono convinto che per chi non è a diretto contatto con la realtà africana

molte cose sono difficili da comprendere e vi garantisco che in Rwanda non c’è niente da dare per scontato. Una cosa posso garantirvi, l’impegno nostro, affinché il delicato ed allo stesso tempo straordinario progetto di adozio-ne a distanza funzioni al meglio, con un siste-ma di controlli sulla distribuzione delle dona-zioni alle famiglie e con il periodico incontro con i piccoli. Forse non riceverete lettere su lettere o foto stampate su carta Kodak come ci riferiscono accade in alcuni casi con altre As-sociazioni, ma i vostri soldi, arrivano tutti a destinazione ed i bambini possono sperare in un futuro migliore. Vorrei riuscire a descrivere gli sguardi dei piccoli quando li incontriamo, un misto tra timidezza, paura e curiosità ac-

cende lo sguardo alla luce della speranza. Un giorno mentre accoglievamo i bambini da in-serire nella lista di attesa per ricevere l’aiuto a distanza, vidi un piccolo fanciullo che mi col-pì. Era accompagnato non so se da un fratello

o un amichetto di poco più grande di lui. Il piccolo era affranto con lo sguardo di chi sta per arrendersi, di chi non sa a che cosa affi-darsi, anche le lacrime stentavano ad uscire e scorrevano lente sul piccolo viso. Ad un tratto il più grandicello gli disse: “Iscime kuko, ufite ukwizera”. (gioisci c’è speranza) L’altro rimase un attimo perplesso, lo guardò e subito smise di piangere mentre i suoi occhi brillavano di luce nuova. È la luce della speranza che, gra-zie alla generosità di molti come voi, risplen-de ed allevia la più profonda desolazione dei poveri del nulla. Non so se la frase che il pic-colo aveva detto in quel momento, per solle-vare l’amico, era riferita alla nostra presenza o meno, fatto sta che aveva raggiunto l’effetto

desiderato.Da allora spesso, quando vedo negli occhi delle persone la disperazione e lo sgomento anch’io dico: “Iscime kuko, ufite ukwizera”. Forse non ci crederete… ma quella cura, imparata dal pic-colo bambino, funziona d’avvero. Come sempre rimaniamo a vostra di-sposizione per ogni tipo di consiglio ed osserva-zione che possa miglio-rare il funzionamento del processo di affidamento a distanza. Anche a nome

di tutti coloro che beneficiano della vostra ge-nerosità voglio dirvi, dal profondo del cuore, Murakoze ciane (Grazie tante).

Bertolucci Angelo

Lunedì 15 giugno 2009. Il Primo Ministro rwandese visita la fattoria di Nyinawimana

Apprendiamo dalla lettura mattutina di The New Times che il Primo Ministro del Rwanda, Bernard Makuza, accompagnato da una folta delegazione, compren-

siva anche di altri ministri, in occasione di un tour sul territorio per incentivare presso la popolazione un uso intelligente del territorio e la pratica di moderni

metodi di allevamento del bestiame ha visitato, venerdì scorso, la fattoria di Ny-inawimana realizzata negli anni dall'Associazione Kwizera Onlus. Nell'occasione

ha invitato i residenti a proteggere l'ambiente attraverso la costruzione di terrazze e la piantagione di alberi.A Nyinawimana, alla presenza anche del vescovo di

Byumba, il Primo Ministro, oltre naturalmente ad apprezzare i terrazzamenti, ha potuto rendersi conto delle colture di grano e di patate. Nell'occasione sono state

anche consegnate, come dono della diocesi, delle vacche alla cooperativa.

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

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La Domenica CristianaIl senso della domenica:Dalle origini cristiane l’osservanza della domenica fu orientata verso la pratica della messa. Questa fu vissuta come assemblea domenicale, “sacramento” fondamentale della morte (passato), della risurrezione (il presente che continua) e della venuta nella gloria (futuro) del Signore. Durante i primi tre secoli si celebrava un’unica eucaristia nella città del vescovo, esprimendo in questo modo l’unica chiesa di Cristo. Col passare del tempo non si riuscì a mantenere questa usanza perché i cristiani erano diventati più numerosi. Laddove, per mancanza di preti, i cristiani non possono celebrare l’eucaristia, essi sono ugualmente convocati da Gesù per vivere la loro appartenenza alla chiesa facen-do memoria di Lui nelle preghiere e nell’ascolto della sua parola (Assemblea domenicali in assen-za del sacerdote). Nonostante il suo ruolo centrale, l’eucaristia non è l’unico modo di celebrare la domenica. Anticamente la dome-nica fu giorno di catechesi attra-verso le istruzioni che venivano fatte ai fedeli (“Al nostro giorno del Signore, diceva Origene nel III ° secolo durante l’omelia, il Signore fa venire dal cielo la sua manna”, volendo dire per manna la parola di Dio). Con le lode e i vespri, la Domenica era anche giorno di preghiera. Infine era il giorno di condivisione, soprat-tutto con i più poveri. Su questo punto ad esempio, San Giovanni Crisostomo, alla fine del IV° secolo fissa come regola cristia-na “l’usanza di mettere da parte un pò di soldi a favore loro [dei poveri] nel giorno del Signore”. In queste quattro dimensioni si realizza la chiesa ideale primitiva di cui si tratta in Atti 2, 42, dove è riferito che i suoi membri “erano assidui all’insegnamento degli apostoli e alla comunione fraterna, alla frazione del pane e alla preghiera”. Oggi rimane sempre indispensabile ricuperare la domenica in tutti questi aspetti teologici, spirituali e pastorali.

La Domenica come giorno di riposo:Diversamente dal sabato ebraico che era una emanazione del settimo giorno di riposo del Signore dopo la creazione, la domenica fu considerata giorno di riposo soltanto all’epo-

ca di Costantino nel 321. C’è da aggiungere anche che la legislazione al riguardo era molto larga. È soltanto nel medioevo soprattutto che i giudaizzanti diedero vigore all’aspetto sab-batico della domenica imponendola come giorno di riposo. Certi sinodi legiferarono in un modo a volte stretto precisando i lavori vietati che vengono considerati servili. Avvennero delle dispute inutili che spesso si scordavano che lo scopo principale del ripo-so era di partecipare all’eucaristia durante la domenica. I padri della chiesa riprenderanno queste connotazioni sabbatiche, ma soltanto nella loro dimensione spirituale. Per esempio S. Agostino dice: “è nel cuore che risiede il nostro sabato, la coscienza è in riposo” (S. Agostino, commento del salmo 91, 2).

L’obbligo di osservare la domenica:L’obbligo di osservare la domenica non è stato collegato alla messa fin dall’inizio del cristianesimo. Al contrario, esso riguardava prima di tutto la necessità per ogni cristiano di partecipare all’assemblea, cioè “costituire la chiesa” in quanto membro di Cristo. A questo proposito, l’autore della Didascalia degli apostoli (Siria, III° secolo) dice: “poi-chè siete membri di Cristo, vi perdete se

non venite all’assemblea della domenica”. In effetti così facendo private Cristo dei suoi membri e “disprezzate voi stessi” (II, 59,2). La legislazione della chiesa è andata in questa direzione. Ad esempio, il concilio di Elvirio all’inizio del IV° secolo decise di imporre una sanzione contro chi non era andato all’as-semblea per tre domeniche consecutive. In seguito l’accento verrà spostato dall’assem-blea alla messa stessa, perché si ritenne che l’essere umano aveva l’obbligo di rendere un culto a Dio e quindi l’osservazione del gior-no del Signore. Si vede che la dimensione fondamentalmente ecclesiale dell’assemblea domenicale è ormai dimenticata per lasciare posto all’obbligo individuale di onorare Dio. Circa l’obbligo di andare a messa, la chiesa

ha dovuto fronteggiare tante diffi-coltà, fra cui la lontananza dei luo-ghi di culto ed è soltanto nel XVII° secolo che la partecipazione alla messa diventerà intensa prima di rallentarsi da alcuni decenni fa. Oggi conviene superare l’aspetto dell’obbligo giuridico per insiste-re sul fatto che la nostra presenza alla messa la domenica si inseri-sce in un rapporto vitale di amore che esiste fra Dio e ogni cristiano. Se uno ha accolto il vangelo come una buona notizia gratuita, la con-seguenza logica diventa quella di essere riconoscente a Dio, in virtù dell’amore interiore per Lui.

Storia della domenica:La domenica viene da una tradi-zione apostolica. Da quell’epoca essa fu osservata. Ad esempio S. Paolo si raccomanda ai Corinzi di fare la raccolta di aiuti “ad ogni primo giorno della settima-na” a favore degli affamati di Gerusalemme (I Cor 16,2). Questa stessa richiesta fu indirizzata alle chiese della Macedonia, di Roma

e altrove. Negli Atti degli apostoli, ci viene riferito che l’eucaristia presieduta da Paolo a Troas avviene nel “primo giorno della setti-mana” (Atti 20,7). In altre parole, a partire dal momento che Paolo erge le prime comunità cristiane dai pagani attorno agli anni 40 D.C, la domenica esiste già. La domenica è stata chiamata in vari modi: “l’ottavo giorno”, “giorno del sole”. Ma solo i nomi seguenti che mettono in risalto la risur-rezione del Signore hanno avuto un successo

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ma invece pregare in piedi perché è questa posizione che “conviene a coloro che sono risorti con Cristo e che devono cercare le cose del cielo” e poi pregare guardando verso l’oriente perchè al “giorno del sole, siamo nella gioia” (Tertulliano). È chiaro dunque che per i Padri della chiesa ogni domenica è Pasqua. È per questo motivo che in una delle chiese di Roma celebrarono Pasqua come festa annua solo dopo l’anno 165 perchè celebrata in ogni domenica. Il calendario liturgico era costituito da questo ritorno settimanale della domenica o Pasqua. Soltanto nel IV secolo nasceranno le feste di Pentecoste e dell’Ascensione e poi quelle di Natale ed Epifania. Per i primi secoli cristiani, Pasqua non è soltanto la festa cristiana prin-cipale, ma essa è l’unica festa senza la quale non ce ne sarebbe nessun’altra.

Don Giovanni

rilevante e prolungato: “primo giorno della settimana”, “giorno del Signore”. I vange-listi stessi, quando sottolineano che Gesù risorge nel primo giorno della settimana, non intendono dare una indicazione crono-logica, bensì quella teologica e liturgica. Con questa indicazione, loro intendono dire che l’assemblea della domenica è il vivere nell’oggi dei credenti cristiani, l’evento della risurrezione. Inoltre l’espressione “giorno del Signore” dominica dies da cui deriva la parola domenica, indica ugualmente la risurrezione di Gesù in quanto nel Nuovo Testamento il titolo “Signore” indica Gesù risorto. L’espressione “ottavo giorno” ha una connotazione escatologica ed ebbe successo in certi ambienti durante il III° - IV° secolo. Secondo la simbologia di quell’epoca la cifra 8 ha come significato di compimento (7+1) ed è per questo che essa era utilizzata per evocare l’ultima venuta di Gesù alla fine dei tempi, giorno senza tramonto che apre sull’eternità. La domenica in questo caso è la prefigura del Regno compiuto. Il termine

“giorno del sole” conservato tutt’oggi in inglese e in tedesco (Sunday, Sonntag) è di origine pagana e cristianizzato ulteriormente. Secondo San Giustino (a Roma verso 150 D.C.) questo nome ricorda il primo giorno della creazione, quando Dio trasse la materia dalle tenebre, ma ricorda ugualmente che è lo stesso giorno nel quale è risorto il Nostro Signore Gesù Cristo. Le donne ricevono l’an-nuncio della risurrezione la mattina quando comincia a spuntare il sole. Gesù risorto è la Luce divina che rischiara le tenebre del mondo (San Geronimo). Secondo tutte queste espressioni, non è l’aspetto sabbatico del riposo ebraico che viene sottolineato (fino al IV° secolo non fu mai vissuto come giorno di riposo), ma al contrario la risurrezione di Gesù dai morti. Questo riferimento pasquale spiega il motivo per cui la chiesa ha sempre considerato la domenica giorno di festa e di gioia, dando alcune indicazioni pratiche per viverlo. Ad esempio San Basilio chiede ai cristiani di non digiunare o pregare in ginocchio la domenica

Mondo cane…

"Per adottare a distanza un trovatello, riceverne la foto, la sua storia di vita, il certificato che attesta di essere diventati a tutti gli effetti suoi “genito-ri” ed eventuali comunicazioni successive (per esempio, l’accoglimento in una famiglia) basta effettuare un versamento di € 15,50. In seguito, è previsto il pagamento di una quota mensile analoga............" Questo è il manifesto che fa capolino sotto i portici di Piazza San Babila a Milano al banchetto degli attivisti di una Associazione di promozione sociale. Il mes-saggio è decisamente accattivante, peccato solo che si stia promuovendo

l'adozione di un.....cane.Pensate, il tutto per soli miserabili 5,916667 euro in più al mese rispetto a quanto richiesto dall'Ass. Kwizera per adottare a distanza un bambino

rwandese.Un vero affare basta avere uno stomaco forte!

Martino Ghilotti

6Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine. 7Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi; 8ma tutto questo è solo l'inizio dei dolori.

(Mt 24, 6/8)

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 9

Leggere attentamenteLeggi, solo se hai tempo da dedicare a Dio: se ce l'hai, leggila fino in fondo. Magari stai pensando: “Non ho tempo per queste cose!” E’ questo modo di pensare che ha causato molti problemi nel nostro mondo, oggi... Confiniamo il Signore solo per la Domenica, forse... O addirittura solo per le feste... Però ci piace averLo intorno quando ci sono malattie o disgrazie... E naturalmente durante i funerali.. Non abbiamo tempo per Lui durante il resto della nostra vita, mentre stiamo lavorando, mentre stiamo stu-diando, mentre ci stiamo divertendo... Crediamo che queste cose siano alla base della nostra vita, mentre Dio credia-mo che non lo sia... E non ci rendiamo conto che non potremmo fare neanche la più piccola di queste cose senza il volere di Dio!!! (Siamo tutti convinti che è per volontà nostra che facciamo queste cose!!!) Gesù disse: “Se ti vergognerai di me, Io mi vergognerò di te davanti al Padre mio.”Perciò se non ti vergogni, se dentro il tuo cuore riesci a dire: “Si, io amo il Signore, LUI è la sorgente della mia esi-stenza e il mio Salvatore..” Io posso ogni cosa perchè è Cristo che me ne dà la forza..(Filippesi 4,13)' se ci riesci allora fai leggere questo messaggio ...Leggi questa breve storia:<<Mi inginocchiai.. ma non a lungo...Avevo troppo da fare, e dovevo fare in fretta:andare a lavoro, passare prima a pagare le bollette.. Così mi inginocchiai e dissi una preghiera veloce e altrettanto velocemente mi rialzai. Dentro di me mi sentivo a posto, avevo (a modo mio) adempiuto al mio dovere di cristiano: la mia anima poteva stare in pace.Durante la mia giornata (e durante tutte le giornate della mia vita) non avevo tempo da dedicare a persone bisognose, non avevo tempo per pregare, non avevo tempo per parlare di Cristo agli amici.. e anche se ce lo avessi avuto non lo avrei fatto, perchè temevo che si prendessero gioco di me....Un giorno non avevo tempo, l'altro mi vergognavo.. Fino a che, alla fine, venne il tempo anche per me, il tempo di morire... Andai davanti al Signore e nelle sue mani vidi un libro: era il libro della vita.Gesù guardò il suo libro e disse: “Non trovo il tuo nome. Una volta fui tentato di scriverlo… ma non trovai mai il tempo per farlo.. Anche se lo avessi trovato, mi vergognavo perchè temevo ciò che avrebbe pensato il Padre

Mio...”>> Perchè è così difficile dire la verità mentre mentire è così facile?Perchè siamo annoiati in Chiesa e appena usciti siamo così desti?Perchè è così difficile parlare di Dio mentre è così facile parlare di cose scabrose?Perchè è cosi facile cancellare dalla memoria una lettera che parla di Dio, mentre inoltria-

mo e diffondiamo quelle stupide?Inoltra questa lettera e mandala a tutti i tuoi conoscenti e amici. Quando avrai finito, prega.. il Signore. Gesù ha detto: “Nessun' altra arma è stata data agli uomini, solo la preghiera, ma non c’è arma più forte della preghiera...”Perciò trova il tempo per pregare, prega sempre, ogni giorno, più volte al giorno, ma nel pregare non usare preghiere imparate a memoria, ne troppe parole, ma chiudi sem-plicemente gli occhi e apri il cuore...e parla con Dio immaginando che sia di fronte a te.. perchè anche se non Lo vedi Lui c’è davvero e ti sta ascoltando e se lo preghi col cuore non tarderà di farti sentire che è lì.Leggi quest'altra breve storia:<<Un uomo di nome George Thomas, era il Pastore della Chiesa del suo piccolo paese.

Una Domenica mattina si recò in Chiesa portando con se una gabbietta arrugginita. La sistemò vicino al pulpito. I fedeli si chie-devano cosa ci entrasse la gabbietta con la predica del giorno, e attendevano, desiderosi di sapere. Il pastore cominciò a parlare: <Ieri stavo passeggiando, quando vidi un ragazzo con questa gabbia. Nella gabbia c'erano degli uccellini, che tremavano per lo spavento.

Fermai il ragazzo e gli chiesi: “Figliolo, cosa devi farci con quegli uccellini?”. Il ragazzo rispose: “Li porto a casa per divertirmi con loro: li stuzzicherò, gli strapperò le piume, vedrò come reagi-scono insomma così loro grideranno, soffriranno, litigheranno tra loro e io mi divertirò tantissimo”. Disse il Pastore: “Perchè lo fai, tanto presto o tardi ti stancherai di loro. A quel punto cosa ne farai?”. E il ragazzo: ”Si presto mi stan-cherò, ma ho dei gatti e a loro piacciono gli uccelli, li darò a loro”. Il Pastore rima-se in silenzio per un momento,poi rispo-se: “Quanto vuoi per questi uccellini?”. Il ragazzo sorpreso chiese: “Perchè li vuoi, sono uccelli di campo, non cantano e non sono nemmeno belli “! “Quanto?”, chiese di nuovo il Pastore. Pensando fosse pazzo il ragazzo disse: “10 dolla-ri”! Il pastore disse: “AFFARE FATTO”. Prese 10 dollari dalla sua tasca e li mise in mano al ragazzo. Come un fulmine il ragazzo sparì. Il pastore prese la gabbia, andò in un campo, la aprì e lasciò liberi gli uccellini. Dopo aver chiarito il perchè di quella gabbia sul pulpito il Pastore riprese a raccontare:Un giorno Satana e Gesù stavano con-

versando. Satana era appena ritornato dal Giardino di Eden, era borioso e si gonfiava di superbia. Diceva: “Signore, ho appena cat-turato l'intera umanità, ho usato una trappola che sapevo non avrebbe trovato resistenza, e un'esca che sapevo ottima.. e li ho presi tutti!”. “Cosa farai con loro?”, chiese Gesù Satana rispose: “Mi divertirò con loro! Gli insegnerò come sposarsi e divorziare; come odiare e farsi male a vicenda; come bere, fumare e bestemmiare; gli insegnerò a fabbricare armi da guerra, fucili, bombe e ad ammazzarsi fra di loro...Mi divertirò tantissimo!!!”. “ Presto ti stancherai e a quel punto cosa farai con loro?”, chiese Gesù. “Li ucciderò!!!”, esclamò Satana con superbia. “Quanto vuoi per loro?”, chiese allora Gesù. Satana rispose: “Ma va, non la vuoi questa gente, loro sono cattivi.. Li prenderai e ti odieranno, ti sputeranno addos-

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8 maggio in Rwanda

so, ti bestemmieranno e ti uccideranno.. Non puoi volerli!!!”. “Quanto?”, chiese di nuovo Gesù.. Satana sogghignando rispose: 'Tutto il tuo sangue, tutte le tue lacrime.. Insomma la tua vita!!!”. Gesù disse: “AFFARE FATTO”… e pagò il prezzo......>Il pastore prese la gabbia e lasciò il pulpi-to....>>Non è strano come la gente possa scartare Dio e poi disperarsi e chiedersi come mai il mondo sta andando a rotoli?Non è strano che alcune persone possano dire: “Io credo in Dio”, ma ciò nonostante seguire Satana (che, guarda caso, anche lui 'crede' in Dio)? Non è strano come noi riu-

sciamo tranquillamente ad inoltrare migliaia di stupidaggini per posta ordinaria o per e-mail che a loro volta si moltiplicano, ma quando inizi a mandare una lettera che riguar-da il Signore, la gente ci pensa due volte prima di condividerla?Non è strano che, se penserai di mandare questa a qualcuno, ci penserai due volte prima di spedirla agli indirizzi nella tua rubrica (scartandone sicuramente qualcuno) perchè hai paura di ciò che possono pensare di te?Non è strano come tutti gli uomini possano avere più paura dell'opinione che si faranno gli altri (uomini), dell'opinione che si farà il Signore di loro?

.....LEGGIAMO LA PAROLA DI DIO..... Poichè solo nella comprensione e nell'attua-zione di ciò che c'è scritto nella Parola di Dio, c'è la salvezza dell'uomo... Io pregherò affin-chè ogni persona riceva questo messaggio e si avvicini di più a Dio... Amen

Questa bella lettera ci è stata inviata tramite posta elettronica da Don Paolo Gahutu, abbia-mo ritenuto che fosse interessante riproporla sulla nostra rivista, con la speranza che molti trovino il tempo di leggerla e di farla leggere ad amici familiari e conoscenti.

Nella giornata della donna merita d’esse-re ricordato il primato, a livello mondiale, che spetta al Rwanda, quale paese con la più alta percentuale di donne parlamen-tari. Infatti, le ultime elezioni legislative tenutesi nel 2008 hanno visto l’asse-gnazione del 56% dei seggi ( 45 su 80) della Camera dei Deputati a rappresen-tanti del gentil sesso. La stessa Camera

è presieduta da una donna, così come la Corte Suprema e l’amministrazione della capitale Kigali, senza dimenticare il capo della polizia . La presenza femminile è ben visibile anche a livello di governo e nel resto dell’amministrazione pubblica. I livelli della presenza femminile sono quindi ben superiori anche a quel 30% dei posti che la Costituzione pre-

vede esplicitamente vengano riservati alle donne nelle posizioni decisionali. La speranza è che una simile presenza femminile possa portare nella politica sentimenti e valori che non sempre noi uomini siamo capaci d'incarnare.

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

Rwanda primo nell'innovazione amministrativa

Il Rwanda è il vincitore del premio AAPAM 2009, assegnato al paese africano che ha presentato il miglior progetto innovativo nell’ambito della gestione dell’amministrazione pubblica. Il Rwanda si è imposto sugli altri 57 paesi africani partecipanti, superando in finale Uganda, Zambia, Ghana e Sud Africa, con il progetto innovativo VISA, presen-tato dal Dipartimento per l’Immigrazione e l’Emigrazione riguardante la gestione dei visti. Possiamo dare atto personalmente dell’efficienza con cui il Dipartimento gestisce la richiesta dei visti d’entrata nel paese.

Dopo aver compilato un format disponibile sul sito del Dipartimento, il visto viene inviato per e mail nel giro di pochissimi giorni, massimo una settimana. Paesi ben più importanti del piccolo Rwanda richiedono ancora dispendiosi passaggi ai rispettivi consolati per ottenere il visto d’entrata.

Anche per il Rwanda fino a qualche anno fa bisognava presentare il pas-saporto all’ambasciata di Parigi o di Bruxelles per ottenere il visto, non disponendo di un riferimento diplomatico in Italia, con indubbie perdite di tempo e aggravi di costi. Ora si può fare tutto dal computer di casa.

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

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L'ex console onorario italiano a Kigali riconosciuto tra i Giusti

Si è celebrata il 5 Maggio 2009 la Giornata in Onore dei Giusti di tutto il mondo. A Milano l'Associazione per il Giardino dei Giusti, nata per onorare il ricordo di tutti quei "Giusti" che hanno lottato contro i crimini commessi contro l'Umani-tà, che hanno aiutato a salvare altre vite umane e che hanno cercato di difendere la dignità dell'uo-mo nelle situazioni di "Male estremo" nel mondo, ha promosso la messa a dimora sul Monte Stella di cinque alberi in onore e memoria di altrettanti giusti.Uno di questi alberi è stato dedicato al Console Pierantonio Costa (nella foto), per anni console onorario italiano a Kigali, che duran-te il genocidio rwandese ha portato in salvo 2000 persone, tra cui 375 bambini, come raccontato nel libro La lista del console, “nordsud”, ed. Paoline, Milano, 2004, scritto dallo stesso Costa con il giornalista Luciano Scalettari.Del signor Costa riportiamo una breve scheda biografica tratta dal sito del Comitato per la Foresta dei Giusti.

Pierantonio Costa, penultimo di sette fratelli, nasce a Mestre il 7 maggio 1939, studia a Vicenza e a Verona e a quindici anni raggiunge il padre emigrato nello Zaire. A Bukavu, nel 1960, fa la prima esperienza di guerra africana e, con alcuni suoi fratelli, si prodiga per traghettare sull’altra sponda del lago Kivu gruppi di profu-ghi congolesi. Quando scoppia la rivoluzione mulelista, Pierantonio decide di trasferirsi nel vicino Rwanda, il paese dalle mille colline, che ha da poco ottenuto l’indipendenza. Il 5 maggio 1965 ottiene il primo permesso permanente di residenza in Rwanda e da allora fino al 1994 risiede a Kigali. Qui ha sposato Mariann, una cittadina svizzera, e ha avuto tre figli. Oggi Costa fa la spola tra il Rwanda e Bruxelles. Imprenditore di successo, allo scoppio del genocidio aveva in attività quattro imprese. Per quindici anni, dal 1988 al 2003, l’Italia gli affida la rappresentanza diplomatica. Nei tre mesi del genocidio, dal 6 aprile al 21 luglio 1994, Costa porta in salvo dapprima gli Italiani e gli Occidentali, poi si stabilisce in Burundi, a casa del fratello e da lì comincia una serie incessante di viaggi attraverso il Rwanda per mettere in salvo il maggior numero di persone possibile. Costa usa i privilegi di cui gode, la rappresentanza diplomatica, la sua rete di conoscenze e il suo denaro per ottenere visti di uscita dal paese per tutti coloro che gli chiedono aiuto. “Decisi che avrei operato così. Mi sarei vestito sempre allo stesso modo per essere rico-noscibile: pantaloni scuri, camicia azzurra, giacca grigia. Distribuite nelle tasche – e sempre nello

stesso posto – avrei messo banconote da 5000 franchi rwandesi (circa 20 euro), da 1000, da 500 e, infine, da 100 franchi, per essere sempre pronto a estrarre la cifra giusta, senza dover contare i soldi; la mancia deve essere data nella misura giu-sta, se dai troppo ti ammazzano per derubarti, se dai troppo poco non passi. Nella borsa avrei avuto costantemente con me alcuni fogli con la carta intestata del consolato d’Italia, e sul fuoristrada ci sarebbero state le immancabili bandiere italiane. Quanto alla durata delle incursioni oltre confine, “avrei evitato il più possibile di dormire in Rwanda e di viaggiare col buio”.( cfr. La lista del console, pag. 113).Aiutato dal figlio Olivier, Costa agisce di concerto con rappresentanti della Croce Rossa e di svariate Ong, e alla fine del genocidio avrà perso beni per oltre 3 milioni di dollari e salvato quasi 2000 persone, tra cui 375 bambini di un orfanotro-fio della Croce Rossa. Verrà insignito della meda-glia d’oro al valore civile per gli Italiani portati in salvo e analoga onorificenza riceverà dal Belgio.

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

Negli ultimi giorni viene rilanciato da tutti i media l'allarme di diversi organismi internazionali sul pericolo di carestia in diversi paesi del mondo. Per fortuna, nell'elenco dei paesi minacciati non viene citato il Rwanda, la cui agricoltura sembrerebbe essere ancora in grado di garantire sufficienti risorse alimentari alla popolazione locale. La carenza di diversi prodotti della terra, con la conseguente immancabile impennata dei prezzi , ha diverse cause, fra cui: il forte aumento dei consumi, conseguente all'entrata tra i paesi consumatori delle grandi masse

Don Paolo fa sapere che domani, giovedì 16 di aprile, dovrebbero essere consegnati i primi semi. Dopo che l'economato della diocesi di Byumba si è interessato al dossier, un signore tedesco ha procurato più di 5 kili di semi per dare avvio a una piantagione a Nyinawimana.Una parte di tali semi sarà resa disponibile, daparte dei responsabili di quella parrocchia, per

cinesi e indiane, le politiche protezionistiche dell'Europa e degli Usa, che arrivano a mettere a riposo dei terreni per evitare che si creino eccedenze che abbatterebbero i prezzi, ma anche

essere seminata nei terreni di Nyagahanga. Conil manuale operativo già disponibile non dovrebbe essere difficile per Don Paolo impartire le neces-sarie istruzioni per dare corso alla semina nei terreni più adatti della sua zona, ricordando che la pianta di jatropha ben si presta per contrastarel'erosione del terreno e per fare da siepe di delimi-tazione dei confini dei terreni. Potrebbe essere un

Carestia e biocarburanti

Progetto Jatropha: finalmente arrivano i semi

l'uso molto discutibile, invalso in diversi paesi, di prodotti quali il grano, il mais e la soia per ricavare biocarburanti alternativi al petrolio. Limitatamente a quest'ultimo caso, la Natura sembra però offri-

re una soluzione alternativa a una simile scandalosa sottrazione di prodotti agricoli al circuito dell'alimentazione: la Jatropha Curcas , una pianta dalle grandissime potenzialità, coltivabile anche paesi come il Rwanda, com'è ben documentato nell' articolo (consultabile sul blog) "L’olio di Jatropha, una fonte di energia che potrebbe liberare l’Africa dalla povertà ".

ottimo modo per creare una specie di cinta attorno al Centro Parrocchiale e ai bordi del marais.Bisognerà prestare attenzione nei primi mesi dopola semina in cui è necessario irrorare spesso lepianticelle, dopo di che le piante sono particolar-mente resistenti anche a una certa siccità.

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

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Incontriamoci sul Blog!Dal mese di Aprile 2008 esiste e brilla di sorprendente vitalità il Blog “Alberwandesi” , realizzato gestito ed animato, dall’amico carissimo Dott. Martino Ghilotti di Grosio (So) responsa-bile dell’Associazione Kwizera per il nord Italia.. Il blog si occupa di fatti, persone, esperienze in terra rwandese. È, in buona sostanza, il Sito del CENTRE SOCIAL "Alberto Ghilotti" di Nyagahanga.Questo spazio, è diventato in breve tempo un vero e pro-prio punto di ritrovo per tutti coloro che si interessano al paese delle mille colline. È anche il luogo dove si posso-no seguire le iniziative che il Centro Sociale Alberto Ghilotti, unita-mente all’Associazione Kwizera Onlus portano avanti in sostegno delle popola-zioni di numerosi villaggi disseminati sul territorio del “piccolo-grande” Rwanda. Corredato di collegamenti con quelli che sono i più importanti spazi di approfon-

dimento per chi si interessa del Rwanda. È senza dubbio, un puzzle di informa-zioni realizzato con sapiente impegno che apre lo sguardo a nuovi orizzonti per chi è interessato alla realtà africana. Il portale è quotidianamente aggiorna-to, trovano ampio spazio argomenti che

vanno dal mondo missionario all’universo della solidarietà. Vengono inoltre riportate notizie e curiosità estratte dai quotidiani locali e da riviste specializzate. Dal por-tale è anche possibile, per i nostri amici africani, scaricare i “Quaderni di Kwizera” piccoli opuscoli con le “istruzioni per

l’uso” in svariati argomenti: come si alle-va una capra, come si coltiva un partico-lare prodotto, oppure come si costruisce il locale dove alloggiare un maiale. Il Centro Sociale Alberto Ghilotti inoltre, organizza e finanzia in loco corsi di formazione tenuti da esperti del settore per aiuta-

re le popolazioni ad aprirsi a nuove conoscenze. Tutti i lettori del Blog possono inviare un commento, dire la loro, fare doman-de e richiedere approfondimenti su particolari argo-menti inerenti l’at-

tività missionaria. Questo e molto ancora potrete scoprire sul Blog Alberwandesi, al quale si accede facilmente dalla home page del nostro sito internet www.kwizera.it Incontriamoci sul Blog… vi aspettiamo!

Angelo Bertolucci

Preghiera

Vergine Santissima che dal popolo cristia-no siete venerata sotto il dolce titolo di “Madonna della Stella” volgete il vostro amo-roso sguardo verso di noi miseri peccatori che umiliati ci prostriamo ai vostri piedi. In mezzo alle tenebre ed ai pericoli del mondo, siate nostra guida e nostro conforto. Noi, fatti schiavi delle passioni ci siamo allonta-nati dalla via della virtù, abbiamo macchiato l’anima nostra con tanti peccati; ma ora ci affidiamo alla vostra protezione per ritornare

in grazia di Dio.Illuminate la nostra mente, destate nel nostro cuore un sincero pentimento di tutti i nostri peccati, ed otteneteci di perseverare in grazia fino alla morte. Volgete pure uno sguardo amoroso alle nostre famiglie, e fate che si conservi in esse la pace, la pietà, il santo timor di Dio. Proteggete i nostri parenti vicini e lontani in tutti i bisogni materiali e spirituali; e se qualcuno fosse lontano da Dio, ottenete-

gli la grazia di un sincero pentimento.Siate, o Vergine Santissima, il nostro rifugio finche vivremo sulla terra; siate il nostro conforto in morte ed accogliete finalmente

quest’anima nostra nel santo Paradiso.

Così sia.

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 13

L’idea nasce qualche mese fa quando una giovane coppia, Michele e Anna, alle prese con i preparativi del proprio matrimonio, decide di sostituire la tradizionale bombonie-ra riservata agli invitati al pranzo nuziale, con un gesto di condivisione della propria gioia con persone meno fortunate. Vagliando le varie possibili forme di solidarietà, anche su suggerimento dell’amico Don Paolo Gahutu, decidono di destinare la somma preventivata per le bomboniere all'acquisto di 25 caprette da destinare ad altrettante giovani coppie rwandesi, con l‘impegno delle stesse cop-pie a destinare il primo capretto che arriverà a una nuova coppia e così di seguito. E’ così che, nell’aprile scorso, 25 capre sono state assegnate al primo gruppo di giovani coppie della parroc-chia di Don Paolo a Nyagahanga, indi-viduate tra quelle inserite nei percorsi di pastorale familiare parrocchiale. Il seme era gettato.Gli stessi Michele e Anna così commentavano l’avvio del loro piccolo progetto:“Che dire…si comincia! E' con gran-de soddisfazione che vediamo partire il nostro progetto. Non pretendiamo certo di salvare l'Africa, nè tantomeno di colorare di "bianco"qualcosa che sta benissimo in "nero".. Una cosa però vogliamo provare a farla..Non intendevamo inviare a queste famiglie dei semplici aiuti. Noi vogliamo aiutarle ad aiutarsi!! Le nostre capre voglio-no essere l'inizio della circolazione di conoscenza, di consapevolezza, di cre-scita attraverso il lavoro di squadra, appunto un "aiuto ad aiutarsi".Certo, la nostra e' una scommessa, ma siamo fiduciosi che anche con l'aiuto di Don Paolo riusciremo a salvare capra e cavoli!”.Poiché da cosa nasce cosa, ecco che suben-tra l’Associazione Kwizera che, in una specie di joint venture della solidarietà, valorizza l’intuizione della giovane coppia e dà vita a un nuovo progetto che, nella sua denomina-zione, non può che richiamare i protagonisti, Michele, Anna e Kwizera. Ecco pronto il Progetto MIkAN. Nella sua semplicità il Progetto MIkAN, riprendendo l’idea originaria, si propone di donare una capra a ciascuna delle giovani coppie, individuate tra quelle che hanno già

partecipato a un percorso formativo nell’am-bito della pastorale familiare parrocchiale, unite in gruppi di 25 coppie, con l’impegno di trasmettere il primo capretto ad altrettante coppie che formeranno un nuovo gruppo affiancato al primo e così di seguito. Lo scopo principale è quello di valorizzare que-ste giovani famiglie, cercando di trasmettere loro il messaggio circa la necessità di affian-care a una vita di fede, l'impegno personale necessario a migliorare le proprie condizioni di vita e costruire un futuro migliore per sé e per i figli che verranno. L’operazione dovreb-

be altresì favorire la nascita di uno spirito comunitario con l’apertura alle altre coppie facenti parte del gruppo e con la coppia destinataria del primo capretto.E’ partito così un progetto sperimentale che ha, finora, interessato altri tre gruppi oltre a quello iniziale, per un totale di 100 famiglie, con altrettante che attendono il frutto del primo parto, e tre parrocchie. Se l’esperienza di questi primi gruppi risulterà positiva, come tutto lascia prevedere, il progetto potrà essere replicato anche nelle rimanenti 14 parrocchie

della Diocesi di Byumba. Nel frattempo, da questa sperimentazione iniziale verranno trat-te tutte le indicazioni necessarie per affinare le regole che dovranno presiedere al progetto. Dai primi contatti avuti con i gruppi coinvolti a Nyagahanga, Nyabihu, Matimba e Ngarama emerge un certo entusiasmo tra le coppie coinvolte e la forte determinazione delle stesse a sfruttare al meglio questa oppor-tunità loro concessa. Per esempio, è stato apprezzabile il modo in cui i singoli gruppi si sono mossi nella gestione del budget di spesa loro assegnato al momento di proce-

dere all‘acquisto delle capre sui diversi mercati locali. Per agevolare l’impegno di ogni gruppo, l’Associazione Kwizera oltre ad assi-curare ai partecipanti al progetto una formazione di base sull’allevamento della capre, ha deciso di assegnare al gruppo che avrà raggiunto l’obiettivo di consegnare le 25 caprette al gruppo in affiancamento, un premio di 100 euro da destinare a un progetto comune del gruppo, debitamente illustrato e , possibilmente, cofinanziato dal gruppo stesso attraverso fondi precedentemen-te costituiti in una cassa comune, come quella di cui si è già dotato il gruppo di Nyabihu. E' indubbio che il Progetto MIkAN, avendo un impatto diretto con le persone, con la loro mentalità, con le loro abitudini, in una parola con la loro cultura, con tutte le conseguenze del caso, implichi un impegno rinnovato e per certi versi diverso da parte dell’As-sociazione. E' però questo il terreno su cui si dovrebbe indirizzare, per il futuro, l’impegno associativo. Come già si è avuto modo di sottolineare in altre occasioni sembra sia giunto il tempo di privilegiare tutti quegli interventi che

favoriscano, nei modi più diversi, la crescita della responsabilità e la valorizzazione delle qualità personali dei nostri amici rwande-si piuttosto che continuare in realizzazioni, magari importanti, ma non sempre adeguata-mente valorizzate e vissute.Se poi l’esempio di Michele e Anna dovesse fare scuola, l’Associazione Kwizera è ben lieta di rendersi disponibile per fornire idee e soluzioni ….. chiavi in mano!

Martino Ghilotti

Progetto MIkAN: una capretta per crescere insieme

(Consegna delle capre al gruppo di Ngarama)

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Gabibbo… non pervenuto Di seguito riportiamo una copia della lettera in-viata a Striscia la Notizia, il programma satirico di Mediaset, che ogni sera nell’ora di massimo ascolto colleziona ascolti da record, anche gra-zie ai polveroni che spesso solleva.

Gallicano 9 Gennaio 2009

Carissimi amici di Striscia, mi chiamo Ange-lo Bertolucci e sono segretario di una piccola Onlus con sede in Garfagnana, provincia di Lucca. Il nome della nostra microassociazione è Kwizera (che in lingua Rwandese vuol dire Spe-ranza), operiamo dal 2002 nel minuscolo Stato del Rwanda, situato nella zona dei Grandi Laghi, teatro di un sanguinoso genocidio avvenuto nel 1994.Sono, allo stesso tempo, uno dei milioni di te-lespettatori che spesso ha il piacere di assistere alle vostre trasmissioni serali, divertenti, simpa-tiche, allo stesso tempo vigilanti ed attente nel segnalare ogni tipo di ingiustizia, spreco, irrego-larità e malcostume.È per una di queste trasmissioni che vi scrivo e mi permetto di disturbarvi.Nella trasmissione del 7 Gennaio viene presen-tato un servizio relativo ad un discutibile inter-vento umanitario fatto da un personaggio dello spettacolo, il Sig. Costa, in favore di una comu-nità di bambini del Kenya. Lungi da me l’idea di schierarmi in difesa di chi che sia, sono forte-mente convinto che la trasparenza e la chiarezza devono essere alla base del quotidiano agire, soprattutto, laddove si fa leva su valori impor-tanti quali la Fratellanza e la Solidarietà.Senza dimenticare, inoltre, che si maneggiano fondi donati da altri e questo deve aumentare il livello di attenta gestione. Purtroppo ogni gior-

no se ne sentono di tutti i colori e questo serve a diffondere nella collettività una “forse giustifi-cata” diffidenza nei confronti di chi si impegna per portare avanti iniziative di solidarietà. Que-sti timori e sospetti di malversazione, aggiunti al comune pensiero che si, in fondo in fondo, è tutto un mangia mangia, rendono ancor più difficile l’operato di tante persone oneste che si impegnano per gli altri e per migliorare le con-dizioni di vita di tanti più sfortunati di noi. Sono altrettanto consapevole che fa più rumore un al-bero che cade di una foresta che cresce. Sono certo che l’operato di migliaia di persone one-ste non può essere vanificato per le mancanze di qualche “furbacchione maldestro” o ancor peggio, qualcuno che vuole farsi un’immagine alle spalle di chi soffre.Forse perché le buone notizie, quelle che creano speranza ed esaltano l’Uomo nella sua interez-za, fanno meno spettacolo delle tragedie e degli scandali, o forse perché tutto sommato il bene è noioso, come molte delle persone che lo fan-no, mentre il mondo di oggi mira alla trasgres-sione ed alla spettacolarità.Credo che sarebbe interessante anche per “do-vere di cronaca” raccontare un po’ più spesso delle cose fatte bene, dei sani principi e valori che animano tantissime persone, che come noi, sono impegnate in prima linea per cambiare il mondo. Un saggio ha detto: “dobbiamo darci molto da fare per costruire un mondo migliore, perché domani potremo averne tutti bisogno”.Vorremmo invitare un vostro inviato, magari il mitico “Gabibbo”, con tanto di tecnici armati di cinepresa a trascorrere al nostro fianco i 15 gior-ni del tempo destinato alle ferie annuali in terra di missione. Ovviamente ognuno provvederà a coprire personalmente le spese di viaggio e di

permanenza, ma vi garantisco che saranno soldi spesi bene anche per voi.Il nostro motto è: “a piccoli passi, cambieremo il mondo!” La cosa più strana è che per questa trasformazione dobbiamo rivolgerci al Gabibbo.Se siete interessati a fare un servizio in Rwanda e raccontare qualche piccolo stralcio sull’esisten-za dei poveri del nulla, noi siamo disposti ad accompagnarvi e a condividere con voi e con il nutrito pubblico di telespettatori che da sempre vi segue questa straordinaria avventura.Potete farvi un’idea della nostra attività umanita-ria sul sito www.kwizera.it Per info Tel. 0583 730440 oppure 328 1888534 E-Mail [email protected]

Il Segretario, Angelo Bertolucci

Questa è la lettera inviata alla redazione del fa-moso programma satirico di Mediaset, ma da loro… nessuna risposta

Il Gabibbo

Cara comunità, oggi Gesù viene ancora a noinegli affamati, nei senza casa, negli abbandonati,

ammalati e sofferenti.Continua ad accattarlo nei più piccoli dei suoi fratelli,

attraverso il tuo impegno e la tua generosità. “Tu facesti questo a me”

Madre Teresa di Calcutta, scrisse nel 1991 al Comitato Fiaccolata:Partecipa alla trentesimaFiaccolata di Solidarietà

Gallicano 7 Dicembre 2009 ore 21,00 ti aspettiamo!!!

Conferma la tua adesione al Tel: 328 1888534

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 15

Esperimenti sugli effetti della preghiera Il premio nobel Prof. Med. Alexis Carrel ha denominato la preghiera la più potente forma di energia. Franco Libero MancoUn ricercatore di fama, lo scienziato ame-ricano Dr. N.J. Stowel, ha misurato l’effetto della preghiera. Racconta. “Ero un cinico, un ateo e credevo che Dio fosse solo un’im-maginazione della mente umana. Un giorno lavoravo in un grande laboratorio patologico di una clinica. Ero occupato a misurare la lunghezza d’onda e l’intensità di irradiamento dei cervelli umani. Con i miei collaboratori decidemmo di studiare quello che succede nel cervello umano durante il passaggio dalla vita alla morte. A tale scopo avevamo scelto una donna che soffriva di un tumore mali-gno al cervello. La donna era perfettamente normale fisicamente e mentalmente. La sua serenità ci colpiva tutti. Sapevamo che dove-va morire e anche lei lo sapeva. Poco prima della sua morte mettemmo nella sua stanza un apparecchio di registrazione ultrasensibi-le che doveva indicarci quello che sarebbe accaduto nel suo cervello negli ultimi minuti di vita. Sopra al letto aggiungemmo un pic-colo microfono nel caso avesse detto qual-cosa negli ultimi momenti. Nell’intervallo ci recammo nella stanza accanto. Eravamo 5 scienziati ed io ero quello più insensibile. Nell’attesa restammo in piedi davanti ai nostri strumenti. L’ago era sullo zero e poteva oscil-lare a 500 gradi a destra nei valori positivi e 500 gradi a sinistra in quelli negativi. Qualche tempo prima, con l’aiuto dello stes-so apparecchio, avevamo misurato una sta-zione radio il cui programma si irradiava nell’etere con una potenza di 50 chilowat, doveva essere una notizia trasmessa in tutto il pianeta. Durante questa prova constatammo una misura positiva di 9 gradi.L’ultimo istante dell’ammalata sembrava avvi-cinarsi. Ad un tratto sentimmo che si mise a pregare e a lodare Dio. Gli domandò di perdonare tutte le persone che le avevano fatto dei torti nella vita e poi disse: “So che tu sei l’unica sorgente di vita degna di fiducia per tutte le tue creature”. Lo ringraziò per la sua forza, che l’aveva guidata in tutta la sua esistenza. Affermava che il suo amore non era diminuito malgrado tutte le sue sofferenze. La prospettiva del perdono dei suoi peccati per mezzo di Gesù le emanava una gioia inesprimibile. Frementi restammo intorno ai nostri apparecchi senza vergognarci delle nostre lacrime. Improvvisamente, mentre la donna continuava a pregare, sentimmo un tintinnio sul nostro apparecchio; l’ago si era

posizionato a 500 gradi a destra e si agitava a più riprese contro l’ostacolo. Avevamo fatto una scoperta prodigiosa: il cervello di una morente in contatto con Dio sviluppava una potenza 55 volte più forte di tutto l’irradia-mento universale della radio diffusione. Per verificare le nostre osservazioni decidemmo

di fare un altro esperimento. Chiedemmo all’infermiera di stimolare in tal senso un ammalato. L’uomo reagì con delle ingiurie e delle imprecazioni e si rivolse a Dio in maniera blasfema. Vi furono dei tintinnii sul nostro apparecchio. Eravamo sbalorditi: l’ago

battendo contro l’ostacolo si era rotto al di sotto dei 500 negativi a sinistra. Eravamo riusciti a dimostrare incontestabilmente in modo scientifico la potenza positiva di Dio, ma anche la forza negativa dell’avversario. Da quel momento la mia concezione atea comincio a crollare. In un ospedale furono fatti esperimenti per verificare l’efficacia della preghiera nella guarigione degli ammalati. Un gruppo di persone si rese disponibile a pregare per alcuni degenti scelti a caso. Il risultato fu che questi guarivano prima di altri. Furono fatte altre prove, ma questa volta si associarono dei numeri alle persone ammalate in modo che non si sapesse per chi si stava pregando. Anche in questo caso i risultati furono sor-prendenti: le persone abbinate, a loro stessa insaputa, a dei numeri guarirono prima delle altre.Negli Stati Uniti e in Giappone sono stati effettuati esperimenti sugli effetti della medi-tazione profonda. Questa faceva diminuire i livelli di ansia, colesterolo e adrenalina men-tre faceva aumentare i livelli di serotonina. Inoltre i benefici dimostrati erano: riduzione della pressione sanguigna, del mal di testa, benefici legati a disturbi al colon irritabi-le, riduzione della produzione del cortisolo

L’ASSOLUTO

Tutto nel Cosmo è vita, movimento, armonia e tutto dice che la nostra esistenza è destinata

ad altre dimensioni, in luoghi di sogno, dove regnano luci ed aurore profonde ed inestinguibili.

Tutto vibra affinché tutto giunga alla sua perfezionee a te ritorni nella sfolgorante bellezza dell’esistere.

Tutto è in Te e Tu sei nel Tutto:ogni frammento racchiude la tua infinita sapienza

ed ogni essere è da te conosciuto come se fosse l’unico esistente.

Nelle tue leggi severe e ineluttabiliogni disarmonia subisce l’urto dell’onda di ritorno.

La tua potenza si manifesta incessantemente nel numero infinito di mondi e di universi

e il volo della libellula non è meno stupefacentedell’espandersi delle galassie,

l’esplosione di mille supernova è un bagliore per te simile alla lucciola,

la trasparenza dell’acqua sconvolge la logica dei più miscredenti,la semplice tela del ragno mette in crisi i più arditi ingegneri.

Davanti a te si eclissa ogni bellezza.Tu sei il perfetto, l’inimmaginabile:

al di là del tempo e dello spazio trascendi ogni percezione sensoriale.

Stupefatto ti ammiro o Dio di tutte le dimensioni, chiunque tu sia.

Franco Libero Manco

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(ormone dello stress), aumento notturno della melatonina, riduzione della noradrenalina, (neurotrasmettitore prodotto dallo stress), aumento del Dhea (ormone che agisce sul sistema immunitario), aumento di testoste-rone; aumento della coerenza cerebrale tra emisfero destro e sinistro. La preghiera non fa bene solo al “destinatario”, fa bene soprattut-to a se stessi perché consente il rilassamento neuromuscolare, favorisce la calma, la sereni-tà, la pace interiore. All'inizio degli anni Novanta, l'Accademia delle Scienze di Mosca riferì una stupefacente relazione tra il DNA e le qualità della luce, misurata in fotoni. In una relazione su questi studi iniziali, il dott. Vladimir Poponin ha descritto una serie di esperimenti secondi cui il DNA umano influenza direttamente il mondo fisico. Il dott. Poponin, leader riconosciuto nel campo della biologia quantistica, era ospite di una istituzione di ricerca americana quando questa serie di esperimenti venne svolta. Gli esperimenti erano iniziati con la misu-razione di strutture di campo della luce nel vuoto, all'interno di un ambiente controllato. Dopo aver rimosso tutta l'aria da una capsula appositamente predisposta, la struttura di campo e la distanza fra le particelle di luce prendevano una distribuzione casuale, come ci si attendeva. Le strutture di campo furono controllate e registrate due volte, per essere usate come riferimento nella sezione succes-siva dell'esperimento. La prima sorpresa si verificò quando dei campioni di DNA vennero posti all'interno della capsula. In presenza di materiale genetico, distanza e struttura di campo delle particelle di luce cambiarono. Anziché assumere la struttura diffusa che i ricercatori avevano rilevato in precedenza, le particelle di luce cominciarono ad acquisirne una nuova, che rassomigliava agli avvalla-menti di una forma ondulatoria. Il DNA stava chiaramente influenzando i fotoni, dando loro la forma regolare di una struttura ondulatoria attraverso una forza invisibile.La sorpresa successiva si verificò quando i ricercatori tolsero il DNA dalla capsula. Poiché erano fermamente convinti che le par-ticelle di luce sarebbero ritornate al loro stato originario di distribuzione arbitraria, osserva-rono con sorpresa il verificarsi di qualcosa di molto inatteso: i modelli erano molto diversi da quelli osservati prima dell'inserimento del DNA. Poponin affermò che la luce si comportava "sorprendentemente e contro-intuitivamente". Dopo aver ricontrollato la strumentazione e avere rifatto gli esperimenti, i ricercatori si trovarono a dover fornire una spiegazione su ciò che avevano osservato. In

assenza di DNA, cosa influenzava le particelle di luce? Il DNA si era forse lasciato dietro qualcosa, una sorta di forza residua che per-maneva anche dopo che il materiale biologico era scomparso?Poponin scrive che lui e gli altri ricercatori furono "costretti ad accettare l'ipotesi che venga eccitata una specie di nuova struttura di campo..." Per sottolineare che l'effetto era collegato alla molecola fisica di DNA, il nuovo fenomeno fu denominato "effetto fantasma del DNA". La "nuova struttura di campo" di Poponin suona sorprendentemente simile alla "matrice" della forza citata da Max Planck e agli effetti a cui accennano le antiche tradi-zioni.Questa serie di esperimenti è importante per-ché dimostra chiaramente, forse per la prima volta in condizioni di laboratorio, l'effetto della preghiera sul mondo fisico. Il DNA usato nell'esperimento era un agglomerato passivo di molecole non collegate al cervello di un essere vivente cosciente. Anche in assenza di sentimenti diretti che pulsassero attraverso l'antenna della doppia elica del DNA, si rile-vavano una forza e un effetto misurabile nelle sue immediate vicinanze.Se ogni cellula dell’organismo di una persona di peso ed altezza medi, è ogni antenna di sentimenti ed emozioni, ha la stessa proprietà di influire sul mondo circostante, quanto viene amplificato l'effetto? Quindi, che cosa succede se, anziché parlare di sentimenti che passano attraverso le cellule di una sin-gola persona, parliamo di un sentimento che risulta da una forma specifica di pensiero ed emozione, regolato dalla preghiera di un sin-golo individuo e lo moltiplichiamo anche solo per una frazione dei sei miliardi di persone viventi oggi sulla terra. Cominciamo a perce-pire il potere che la nostra volontà collettiva rappresenta. Si tratta del potere di porre fine a tutta la sofferenza e di allontanare il dolore che ha caratterizzato il ventesimo secolo. La chiave sta nel lavorare insieme per raggiun-gere quell'obiettivo. Questa potrebbe rivelarsi la più grande sfida del terzo millennio.La lingua che parliamo ci fornisce le paro-le per descrivere il rapporto dimenticato degli esseri umani con le forze del mondo, con l'intelligenza del cosmo e col prossimo. Usando alcuni dei più sensibili strumenti oggi disponibili per misurare dei campi di energia che cinquant'anni fa non erano neppure cono-sciuti, la scienza ha convalidato un rapporto che gli antichi conoscevano già duemila anni fa. Abbiamo accesso diretto alle forze del nostro mondo e siamo ritornati al punto di partenza. Questo è il linguaggio che fa muo-

vere le montagne. E' lo stesso linguaggio che ci permette di scegliere la vita anziché tumori maligni e di creare la pace in situazioni in cui crediamo che non esista. Quando leggiamo di guarigioni miracolose avvenute in passato, perché non credere che gli stessi miracoli possano avvenire anche oggi? La preghiera mi ha mostrato che alcune cose esistono, a prescindere dalla nostra capacità di fornire le prove. So che siamo capaci di grandi possibilità e di un'inespressa e profonda capacità di amare. (Cosa forse più importante). So che esiste la possibilità di porre fine alla sofferenza di tutte le creatu-re, rendendo onore alla sacralità della vita. Questo scenario è già ora qui con noi. So che queste cose sono vere, perché le ho viste. Il momento in cui ammettiamo queste possibi-lità su una scala di massa, diventa una nuova grande speranza.

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Quando Don Paolo propose all’Associazione Kwizera il recupero e la valorizzazione di alcuni stabili abbandonati e fatiscenti della parrocchia di Nyagahanga , fatta una valu-tazione preliminare circa la coerenza dello stesso progetto con i programmi associativi, fu immediatamente messa mano alla pia-nificazione dell’intervento. Dopo una rico-gnizione sul posto per raccogliere tutte le indicazioni necessarie, con Don Paolo è stato predisposto un budget, in franchi rwandesi, dell’intero intervento con un buon livello di dettaglio: costo dei lavoratori, dei materiali di costruzione, degli infissi, degli impianti e degli arredi e di tutto quanto necessario. Di pari passo con l’avanzamento dei lavori, condotti sulla base di disegni appositamente predisposti, Don Paolo faceva una rendicon-tazione delle spese sostenute, arrivando a un livello di dettaglio estremo ( è esposto il costo di un kilo di chiodi piuttosto che la mancia data a chi ha aiutato a scaricare un camion). Ad ogni stato di avanzamento veniva quindi inviata in Rwanda una nuova tranche di 5/7.000 euro di cui Don Paolo curava il cambio rendicontandone il relativo rapporto. Con un simile metodo si è condot-to a termine il progetto nei tempi previsti e, soprattutto, rispettando in maniera puntuale il budget di spesa preventivato. Ho voluto brevemente ricordare questa esperienza il cui merito, per inciso, va riconosciuto in toto a Don Paolo, perché è sempre più diffusa, pres-so alcuni nostri amici rwandesi, la convin-

zione che la gestione di un progetto di soli-darietà possa essere fatta con la sola buona volontà, prescindendo dall’applicazione dei criteri richiesti nella corretta pianificazione e gestione di un progetto e nell’utilizzo del denaro. Gestire correttamente un progetto, misurandosi continuamente con la scarsezza dei mezzi disponibili, non è un principio che valga solo in Europa e di cui si possa pre-scindere all’equatore. Proprio perché stiamo parlando di opere di solidarietà e quindi di gestione di fondi che faticosamente vengono raccolti tra i tanti benefattori in Italia, le regole che riguardano qualsiasi impresa economica devono trovare qui una applicazione ancor più stringente.Non si può quindi intraprendere un’iniziativa con improvvisazione e senza porsi il proble-ma del relativo costo confidando che, alla sua conclusione, qualcuno provvederà a saldare i conti qualunque essi siano. Non si può non vigilare sulle spese, sull’impegno dei lavo-ratori, sulla scelta dei materiali, sul rispetto dei preventivi andando avanti alla cieca nella convinzione che, comunque vada, alla fine qualcuno provvederà a sistemare le cose. Se questi principi non verranno fatti propri anche dai nostri amici rwandesi, ne uscirà indebolita la collaborazione in essere, con le conseguenze che ricadranno sulle popo-lazioni locali a favore delle quali tutti siamo impegnati.

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

Don Paolo Gahutu

Valide anche all'equatore le regole per una corretta gestione di un progetto

Preghiera per le missioni:

O Dio, Nostro Padre, tu vuoi che tutti i popoli della terra siano salvi e giungano alla conoscenza della verità; risveglia in tutti noi la coscienza missionaria che scaturisce dal Battesimo. Nel disegno della redenzione che hai manifestato nel tuo Figlio, hai bisogno anche degli uomini per rivelarti e resti muto senza la nostra voce: rendici degni annun-ciatori e testimoni della parola che salva. La multiforme grazia del tuo Spirito vinca le resistenze umane, spezzi la durezza dei cuori e doni ad ogni creatura la luce del Vangelo per un mondo riconciliato e rinnovato nell’amore.

Amen.

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La lotta all’Aids: oltre il preservativoNon è parso vero alla stragrande maggioran-za dei media mondiali menare grande scan-dalo sulla frase pronunciata da Benedetto XVI, durante il viaggio aereo verso il Cameroun, secondo la quale l’epidemia dell’Aids "non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi aumentano i pro-blemi". Immediatamente sono scese in campo diverse cancellerie occi-dentali per stigmatizzare l’irrespon-sabilità di tale affermazione e per assumere iniziative concrete che andas-sero nel senso opposto. Il più solerte, come sempre quando c’è da sot-tolineare il proprio anticlericali-smo, è stato il premier spagnolo Zapatero che immediatamente ha disposto l'invio di un milione di preservativi per le popolazioni afri-cane interessate dal flagello dell’Aids. Secondo il rapporto 2008 dell’ONUSIDA, il programma delle Nazioni Unite contro l’Aids, il 67% dei circa 33 milioni di persone infette di Aids nel mondo vivono nell’Africa sub sahariana, dove vivono altresì 1,8 milioni di ragazzi sotto i quindici anni infetti da Aids, il 90% sul totale mondiale, con 270.000 nuovi infetti ogni anno. Secondo il rapporto, per affrontare l’epidemia durevolmente, bisogna lavorare sulla violazione dei diritti dell’uomo, sull’ineguaglianza tra i sessi, sulla discri-minazione, sulla condanna della violenza sulle donne. Bisogna ridurre la prevalenza di rapporti sessuali plurimi tra diversi part-

ner. Bisogna favorire un miglioramento delle condizioni sociali complessive delle famiglie e l’accesso all’educazione scolastica per i bambini. Poi naturalmente, c’è anche la pre-venzione con l’uso del preservativo. Anche se i servizi di prevenzione della trasmissione del

virus tra madre e figlio hanno fatto progressi significativi, il lavo-

ro da fare è ancora

molto per intensificare i trattamenti antivirali sui bambini e sulle mamme. Come si vede l’approccio dell’ONU , di cui è ben nota la spregiudicatezza con cui affronta certi pro-blemi, è un po’ più complesso di come molti politici occidentali vorrebbero affrontare il problema dell'Aids e, forse, non così lontano dai programmi che esponenti della Chiesa stanno conducendo in tanti paesi africani e non solo. Allora è lecito porsi una domanda: che utilità avrà il milione di preservativi, che l’ineffabile Zapatero si è premurato ad inviare in Africa, per i quasi due milioni di bambini

infetti e i milioni di madri che rischiano di trasmettere il virus ai figli perché non ci sono i fondi per le cure necessarie per evitare tale contagio? Certo è più facile e, soprattutto, molto meno costoso spedire un container pieno di preservativi che sostenere program-mi di formazione e crescita sociale, finanziare centri di cura e forniture di medicinali, così come auspica l’ONU. Se poi il tutto consente anche qualche sberleffo al Papa, per qualche

anticlericale d’accatto la tenta-zione è veramente irresistibile. Comunque, tutta la polemica un effetto lo ha sortito: mette-re in sordina il viaggio papale e soprattutto su quanto detto

da Benedetto XVI in terra afri-cana a quei popoli, ai loro governanti, ma anche ai grandi

del mondo, politici e operatori economici, che si avvicinano all'Africa

non sempre con la necessaria apertura verso i suoi bisogni.

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

I campi profughi dell'UNCHRSui fianchi di una delle colline che incor-niciano la cittadina di Byumba è situato un campo profughi che ospita circa 17.000 rifugiati. Analogo campo esiste nei pressi di Gatsibo dove sono ammassate altre 17.000 per-sone ( fonte UNCHR). Entrambi i campi ospitano, fin dal lontano 1996, profughi congolesi in gran parte di etnia banyamulenge, prove-nienti dalla regione del nord Kiwu da cui si sono allontanati per sfuggire ai vari momenti di guerra, che si sono succeduti in tutti questi anni nella regione dei Grandi Laghi. Sarebbe interessante capire la logi-ca per cui l'agenzia dell'ONU per i rifugiati (UNCHR) concentri in Rwanda una simile massa di profughi, andando a con-

gestionare il piccolo paese con la più alta densità demografica del continente africano

( 386 abitanti per km/q) e non sfrutti l'im-mensità degli spazi del Congo ( 29 abitanti

per km/q). Una simile scelta, che certo non favorisce la decantazione di una situazione

locale sempre molto calda, sem-bra rispondere a un rischiosissi-mo bilanciamento dei rifugiati sui due lati della frontiera, facendone merce di scambio sui vari tavoli della politica. Certo, con simili metodi di gestione delle emergen-ze rifugiati, il carrozzone dell'UN-CHR avrà lavoro ancora per molti anni e i suoi funzionari, non certo sottopagati, potranno continuare a scorazzare sulle strade africane sui loro potenti fuoristrada, mentre sui mercati locali si potranno sempre trovare merci provenenti dai riforniti

magazzini dell'agenzia.Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

Nella foto “Campo profughi situato sulla via di Ngarama”

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Jambo Africa!Era il 1957 ed era il mio primo giorno in Africa. È grazie a mio marito, al suo lavoro ed al fatto che mi ha sempre voluta con sé che ho avuto l’opportunità di vivere in Africa un periodo “abbastanza” lungo della mia vita, anche se abbastanza non è la parola giusta quando si parla di questo Paese.Più passano gli anni, più mi rendo conto di quanto sono stata fortunata ad aver vissuto questa bella favola all’età di vent’anni. L’unico rammarico è che certo allora ero troppo giovane per apprezzare a fondo la bella realtà che stavo vivendo. Mi mancavano tante cose che i miei coetanei a casa avevano. I disagi e le paure erano tanti anche se com-prensibili per una ragazza della mia età che era finita in un altro mondo, seppur meravi-glioso, ma sicuramente inospitale.Mi mancava la sicurezza della mia famiglia e mi rattristava il ricordo del viso di mia madre quando la salutavo dal finestrino del treno che mi avrebbe portata tanto lontano.Tutto questo deve aver tolto qualcosa alla felicità che vivevo e che oggi col senno di poi accetterei come un dono, il dono più bello.Arrivai a Dar Er Salam in nave e da lì un pic-colo aereo mi portò nel cuore del Congo. Il primo impatto con l’Africa mi lasciò smarrita. Venivo da un bel Paese, l’Italia, ed ero abi-tuata alle belle montagne verdi e rigogliose della mia Toscana, ma il verde che ora avevo davanti agli occhi era di color smeraldo scintillante in contrasto con un terreno rosso brillante. Lungo i sentieri di terra battuta, una dietro l’altra sfilavano, come in una passerel-la di moda, donne avvolte in tessuti sgargianti di mille colori. Portavano sopra la testa con estrema eleganza dei grandi cesti carichi di frutta, banane, verdure, una mano appoggiata sul fianco dava loro l’andatura corretta di pic-cole regine e poi quei fagottini legati stretti da un foulard dietro le spalle dal quale usciva fuori la testolina ricciuta di un neonato.Queste prime immagini africane sono rimaste per sempre impresse nella mente e nessun particolare è andato mai perduto.La prima notte poi mi resi conto che il silen-zio in Africa non esiste. Le mille voci della foresta accompagnate da lontani tam-tam davano vita ad un’orchestra notturna che non ha uguali e la mattina dopo, quando ho aperto gli occhi ed ho visto l’alba illuminare il cielo, mi sono detta: “Ecco, sono atterrata nel Paradiso Terrestre,,Il giorno dopo sono partita per raggiungere mio marito nell’interno della foresta dove la nostra Società aveva allestito un campo base.

La località prendeva il nome da un bellissimo torrente chiamato Luama.L’accampamento contava circa 500 persone fra donne bambini ed operai locali, che formavano squadre di lavoro guidate da 10 caposquadra Italiani. Io ero l’unica donna bianca dell’accampamento. Poco distanzia-ta dal grande accampamento c’era la mia capanna, costruita abilmente dagli indigeni, le pareti erano di canna ed il tetto spiovente era tutto ricoperto da fasci di paglia, disposti in modo tale da non far passare l’acqua dei grandi acquazzoni… o quasi. Era dotata di un unico locale con al centro un’amaca dove dormivamo io e mio marito e fuori, sotto la tettoia, un piccolo tavolo da pranzo sopra il quale tenevo anche un fornellino a petrolio: la mia cucina.Non avevo né un armadio né un mobile, i

pochi utensili che possedevo stavano accan-tonati per terra sopra cassette da bulloni vuote.Alle 4 del mattino tutti partivano per le varie destinazioni di lavoro con grande frastuono di camion e camionette. Se non sorgevano problemi con i mezzi di trasporto, durante la stagione delle piogge, infatti, i camion rima-nevano spesso impantanati nel fango, tutti rientravano la sera tardi. Non c’è niente di normale in Africa. I fiumi sono impetuosi, le piogge sono scroscianti. I temporali arrivano improvvisi, con violenza, preceduti da venti fortissimi che stendono a terra interi canneti di grossi bambù.In attesa del ritorno degli uomini io rimanevo tutto il giorno con le donne dell’accam-pamento. Queste, la mattina, con grandi brocche ben equilibrate sopra la testa ed i loro bambini più grandicelli attaccati alla

gonna, si avviavano lentamente verso il fiume per prendere l’acqua. Formavano una lunga fila di figurine cinguettanti, sempre allegre e sorridenti. Io cominciai a seguirle ogni giorno ed insie-me a loro lavavo gli indumenti nell’acqua del torrente. A volte le acque mi strappavano i panni dalle mani, ma loro erano sempre pron-te ad aiutarmi. Questi episodi le divertivano molto, tanto che continuavano a raccontarli a tutti, scoppiando in allegre risate.Quanta paura avevo, questo lo ricordo bene, perché all’accampamento la notte era vera-mente nera. Non c’era corrente elettrica e spesso mancava anche il petrolio per le “lampade Coleman” in dotazione per ogni capanna. La lampada a petrolio illuminava solo per un corto raggio e poi formava tutto intorno delle lunghe lugubri ombre nere.Non ho mai incontrato animali feroci, ma sentivo i loro ruggiti, non lontano dall’accam-pamento. Arrivavano anche i suoni dell’insistente liti-gioso gioco delle scimmie. Proprio queste sarebbero state la mia salvezza dalla solitu-dine, perché una sera mio marito mi portò a casa una piccola, bella, simpatica, dispettosa scimmietta, tutta per me. Mi stava sempre aggrappata dietro la testa, con le sue manine strette attorno alla mia fronte ed io non fui più sola.Oggi naturalmente l’Africa è diversa e forse è proprio questo il motivo per cui non desidero tornarci. Voglio ricordarla come l’ho cono-sciuta io. Vedendo le immagini in televisione, sentendo quello che racconta mio marito che tutt’oggi continua a visitarla, ho appreso che i sentieri che portavano alla Luama oggi sono strade asfaltate e l’accampamento dove abbiamo vissuto tante avventure non c’è più, perchè è stato riconquistato dalla foresta. Kigali, dove di lì a poco più di un anno sareb-be nata mia figlia Daniela, che contava solo di una chiesetta, un ospedale, l’Hotel Vanver e qua e là qualche villetta stile coloniale, oggi è diventata una grande e bella città moderna dove ormai si trova di tutto, ma dove io non ritroverei più niente.I ricordi sono tanti e, scrivendo queste rifles-sioni, tornano impetuosi come un fiume. Non posso elencarli tutti, ma laggiù in Africa sono nati due dei miei tre figli.Sarò sempre grata a questa Terra per tutto quello che mi ha dato, per l’amore ricevuto e oggi posso dire che, se la mia vita ha avuto un senso, molto lo devo a Lei.Liana Marchi Baldi

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Se il buon giorno si vede dal mattino…Quando ho appreso dai mezzi di informa-zione la notizia, che il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America era diventato un Afro Americano, sono rimasto favorevol-mente colpito e come molti di noi comuni membri di questa grande famiglia chiamata umanità ho sperato. Ho sperato che questa ventata di novità avrebbe potuto portare un cambiamento e favorevoli ripercussioni su una estesa area dei paesi occiden-tali filo Americani, con significative conseguenze su aspetti importanti che coinvolgono l’intera umanità.Di seguito riporto quelle che sono state le mie prime impressioni, le personali reazioni a caldo, dopo l’elezione di Barack Obama, avvenuta il 4 Novembre 2008, come nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Il giorno seguen-te pubblicavo sul blog “Albe Rwandesi” l’articolo, che in successione ripropo-niamo, dal titolo: Chi l’avrebbe detto mai… “Se fino a pochi anni fa era addirittura impensabile l’idea di poter avere un Presidente degli Stati Uniti d’America di colore, tutto questo oggi è cambiato. Noi tutti credevamo che fosse più facile vedere un asino che vola, al verificarsi di questo evento, ma senza scherzi… lo abbiamo visto. Sembra un gioco di parole, ma il piccolo asinello a stelle e strisce, “simbolo di Barack Obama candidato Democratico”, ha sbaragliato l’ele-fantino di McCain, il candidato Repubblicano, veterano del Vietnam. Il fatto che l’uomo più potente del mondo, l’uomo che si pone alla guida del cosiddetto “Mondo libero” abbia origini Africane, (Keniote per la precisione) segna un punto di svolta epocale dalle inte-ressanti prospettive. Ha vinto un uomo dalle umili radici, che sicuramente, se riuscirà a tenere i piedi per terra, ha la possibilità di fare del bene all’intera umanità. Nell’augurare buon lavoro ad Obama ed al suo staff, auspi-

chiamo per il futuro, una maggiore attenzione ed una più viva sensibilità dei “grandi della terra” alle problematiche dei Paesi ad eco-nomia emergente, dove risiedono la maggior parte dei cosiddetti poveri del nulla. Mi piace pensare che, questa inaspettata svolta, possa aprire la strada ad una nuova stagione di Speranza e di Pace per l’intera umanità.”

Questo è quanto pensavo e speravo dopo la notizia dell’imminente incarico di Obama alla guida del mondo libero. Il 20 Gennaio 2009 è iniziata l’era di Barack Obama, ma già dai primi passi del neo eletto uomo più potente del mondo, mi sento in dovere di prendere le distanze da alcuni dei primi atti da lui approvati. Dopo un meraviglio-so discorso d’insediamento, di cui l’attento Martino Ghilotti ha catturato e pubblicato un passaggio fondamentale sul blog il giorno mercoledì 21 Gennaio, rivolto ai “cattivi”

governanti ad ai popoli poveri della terra. Un eccellente discorso sulla morale che dice tra l’altro: “sappiate che il vostro popolo vi giudicherà in base a ciò che siete in grado di costruire, non di distruggere”; un discorso che si estende con un marcato cenno alla solidarietà ed alla condivisione e si conclude con la frase: “Perché il mondo è cambiato,

e noi dobbiamo cambiare insieme al mondo”. Fin qui tutto bene… Nei giorni successivi, i primi atti pub-blici del neo Presidente sono: l’al-leggerimento delle restrizioni e dei vincoli sulla “già permissiva” legge americana sull’interruzione della gra-vidanza, “l’aborto in poche parole” ed il via libera alla ricerca sulle cellule staminali umane, dando praticamente il fischio di inizio alla sperimentazio-ne sull’uomo. Queste scelte che vanno contro la morale cristiana non possono essere approvate da chi si professa seguace di Cristo. Mi auguro quindi che la comunità Cattolica Americana mani-festi energicamente il suo dissenso e ricordi al “Cristiano Obama” che a poco serve conquistare il mondo se poi si perde la propria anima. Dopo pochi mesi trascorsi dall’ inve-stimento del neo eletto Presidente degli Stati Uniti, mi trovo costretto a rivedere le mie impressioni della

prima ora ed avventurandomi in una personale considerazione abbassare il livello dell’inizia-le entusiasmo. Mi torna in mente un antico proverbio che usavano dire i vecchi delle mie parti quando commentavano le novità ed i cambiamenti che si avvicendavano stra-volgendo il comune ed il consueto. Il detto diceva: “sarà un’idea mia, ma forse, s’andava meglio quando si stava peggio”….

Angelo Bertolucci

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Lake Angels… missione compiuta!I preparativi erano stati più o meno gli stessi di tanti altri viaggi che in questi anni mi hanno portato, insieme a Nicoletta, mia moglie, in diversi paesi del mondo, anche africani. Da turisti abbiamo visto molte cose che ci hanno colpito per bellezza e straordi-narietà, abbiamo incontrato diverse persone portatrici delle culture più svariate, abbiamo avuto modo di entrare in contatto con realtà di miseria e povertà. Questa volta, fin dall’inizio il viaggio si pro-spettava come qualcosa di diverso; già i compagni di viaggio non erano i soliti vacanzieri spensierati, ma due esponenti del volontariato, Angelo e Franco dell’Associazione Kwizera e la meta un paese che certo non si sceglie per passarvi la solita vacan-za, almeno fino a oggi. Andiamo in Rwanda da curiosi e interessati rap-presentanti degli amici Lake Angels per verificare sul terreno quanto fatto dall’Ass. Kwizera in tutti questi anni in cui ha beneficiato anche del nostro soste-gno finanziario per realizzare diversi progetti di cui avevamo letto e visto le foto.Questa volta c’era anche l’interesse particola-re per una realizzazione, l’acquedotto di Kiruri, interamente sostenuto dai Lake Angels ,di cui andavamo a presenziare all’inaugurazione previ-sta dopo una settimana dal nostro arrivo.La prima settimana del viaggio è passata a seguire Angelo e Franco alle prese con il delicato lavoro di verifica in loco dello stato delle adozioni e abbiamo incontrato tutti i bambini, uno per uno, inseriti nel programma. Già in questa fase, il viaggio cominciava a rivelare quello che è stato il suo aspetto caratte-rizzante: l’incontro con gli altri.Tutti quei volti di bambini , ma anche di persone adulte, che cercavi di ridurre a un’immagine fotografica, e quelle storie familiari fissate in una scheda compilata nell’ambito del programma, cominciavano piano piano a fare breccia, prima nelle con-versazioni tra di noi, poi anche più nel pro-fondo e qualche interrogativo cominciava a fare capolino. Si entrava di giorno in giorno nello spirito della missione: andare verso gli altri, fare qualcosa per migliorarne la condi-zione di vita come appunto poter attingere comodamente nel villaggio un bicchiere di acqua pulita che sostituisse quello, di dubbia potabilità, reperito faticosamente magari a

qualche kilometro di distanza. Mercoledì, è finalmente giunto il gran giorno Lake Angels dell’inaugurazione dell’acquedotto di Kiruri. Mi aspettavo un’opera certo a modo, secon-do la tradizione Kwizera: una captazione alla sorgente, un po’ di condotta e, infine la fontanella pubblica. Quello che ho trovato è andato ben al di là delle aspettative. Si parte

dalla captazione dell’acqua da una sorgente sgorgante sui fianchi della collina che viene raccolta in tre grandi vasche, rispettivamente, di 20.000, 15.000 e 10.000 litri e distribuita

attraverso oltre 3 km di tubi a 8 fontanelle a cui la popolazione locale e, in particolare gli scolari della scuola, da ora in avanti potranno accedervi direttamente. L’acquedotto è stato portato a termine da un comitato locale, sempre seguito dall’Ita-lia da esponenti dell’associazione Kwizera, anche tramite la preziosa collaborazione di don Giovanni parroco di Fasciandora, con risultati veramente ottimali, nel rispetto di tutte le previsioni progettuali e finanziarie. Le emozioni vissute, unitamente a Nicoletta, in quella giornata sono state veramente intense e difficilmente descrivibili. Ci ha tentato, nel

suo blog Albe rwandesi ( in cui troverete un diario di tutto il nostro viaggio), l’altro com-ponente della missione Kwizera, Martino che, nell’occasione, ci aveva raggiunto a Kiruri, dopo che ci aveva accolto all’aeroporto al nostro arrivo. Nei giorni successivi l’inau-gurazione del “nostro” acquedotto, tra uno spostamento e l’altro, abbiamo avuto modo di

vedere le diverse realizzazione che l’Associazione Kwizera ha portato a termine in questi anni: dalla fat-toria di Nyinawimana, al villaggio dei batwa, al centro parrocchiale di Nyagahanga. Proprio in quest’ul-timo villaggio abbiamo trascorsi gli ultimi giorni della missione, ospiti di Don Paolo Gahutu. Altro grande incontro: un prete sin-ceramente impegnato nella sua missione sacerdotale fortemen-te impegnato a favore della sua gente. Disponibile e cordiale ci ha fatto sentire a casa, ma soprattutto

ci ha aiutato a cogliere appieno lo spirito di questo viaggio. Un personaggio decisamente “Lake Angels”. Per questo, l’ultima sera nel momento dei saluti, di fronte a delle gusto-

sissime brochettes di capra e alla immancabile birra ( a proposito, quanta se ne è bevuta!), gli ho consegnato la felpa e il k-way dei Lake Angels cooptandolo come nostro cappellano speciale in terra rwandese.Ora si torna alla nostra quoti-dianità, si recuperano calendario, orologio, impegni; nel profondo però qualcosa è cambiato.Assume nuovo slancio l’impegno Lake Angels verso gli altri e si rafforza il legame con l’Associazione Kwizera di cui ho potuto toccare con mano le grandi capacità realizzative.

In Rwanda si sentirà ancora parlare del bino-mio Kwizera-Lake Angels!

Alessandro Gonnelli

Alessandro e Nicoletta “Alla cisterna della Scuola”

Bambini si rinfrescano ad una delle otto fontane

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Le nostre radici, il passato da salvare

Padre Damiano

Lucca sta per annoverare nella sua provincia un nuovo Beato. E' Padre Damiano Giannotti di Bozzano (Massarosa), autentico apostolo del Vangelo, protagonista

dell'intero XX sec. Nato nel 1898, è infatti deceduto il 31 maggio 1997, a Recife, dopo 66 anni di una straordinaria missione, compiuta nel nord-est del Brasile com-prendente ben sei Stati da lui evangelizzati. Un predicatore infaticabile, carismatico, la cui popolarità aveva conquistato interamente quell' immenso Paese dove, per cita-

rlo, veniva apostrofato il "Padre Pio del Brasile". Incredibile ma vero: mentre per onorare il grande campione brasiliano di F.I. Ayrton Senna tragicamente scomparso, il Presidente proclamò un giorno di lutto nazionale, per il frate cappuccino di Lucca ne stabilì tre, durante i quali rimase esposto alla venerazione di centinaia di migli-aia di persone. Ai solenni funerali che si svolsero nello stadio della città di Arruda

(iniziarono alle 7 del mattino e si conclusero alle 5 del pomeriggio), vi presero parte tutte le maggiori autorità civili, militari e religiose, di fronte ad una folla immensa, di cui una gran parte accostava la vita di frate Damiano a quella di S.Francesco.

La sua vocazione e formazione missionaria iniziò dal seminario di Camigliano, per proseguire nel noviziato di Villa Basilica, dove si consacrò solennemente al Signore. Si laureò in teologia, filosofia e diritto, presso l'Università Gregoriana. Nel 1931 venne inviato nello Stato di Pernambuco (Brasile) dove già operava una missione dei Padri

Cappuccini di Monte S.Quirico. Per 66 anni ha dedicato interamente la sua vita ai "campesinos" e a quelle genti sperdute, analfabete e contadine, abbandonate alla superstizione e all'ignoranza, curandone lo spirito e il corpo, le quali già vedevano in lui un'eroica e acquisita santità. Le sue giornate erano interminabili, dalla mat-

tina alle quattro operava instancabilmente fino alla mezzanotte, confessando per almeno 10 ore al giorno, tanto da subire la deformazione delle vertebre cervicali, che lo resero curvo e con la testa reclinata sulla spalla destra. Alla fine del XX sec. all'età di 99 anni si chiuse la sua gloriosa missione terrena. Ora, dopo appena sei anni,per Padre Damiano si avvicina l'ora degli onori dell'altare. Il processo di beatificazione si è aperto ufficialmente il 31 gennaio scorso, nella Basilica di Nostra Signora della Penha a Recife, durante una solenne concelebrazione presieduta dall' Arcivescovo

Metropolitano di Olinda e Recife. Vice postulatore di questa causa è frate Rinaldo Pereira dos Santos,membro della Provincia Cappuccina del nord-est, del Brasile.

Giulio Simonini

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Prosegue per il terzo anno consecutivo il fruttuoso sodalizio tra il Gruppo Missioni di Piazza al Serchio e l'associazione Kwizera onlus. In occasione della fiera annuale di paese, anche quest'anno le signore del gruppo hanno messo in mostra tutte le loro qualità di operatrici nel campo della solidarietà ed hanno realizzato introiti per un totale di euro 1000 da investire in Rwanda.Preso atto della costanza e dell'abilità dimo-strata l'associazione Kwizera ha cercato di dare uno sbocco particolare alle attività del gruppo, uno sbocco in grado di assicurare il carattere della continuità. L'attenzione è caduta immediatamente sopra il centro sociale di Nyagahanga, fiore all'oc-chiello delle attività della onlus nell'an-no 2008, que-sto sia per i caratteri del progetto che mira a risolle-vare l'economia in una zona depressa, sia perchè proprio attraverso il contributo del gruppo missioni era stata finanziata la costruzione della cucina, che sfama ogni giorno i ragazzi del centro som-ministrando oltre 70 pasti al giorno.Pertanto la proposta di Kwizera (immedia-tamente condivisa con entusiasmo anche dai membri del gruppo missioni) è stata quella di proseguire sul percorso iniziato e di investire il denaro raccolto di volta in volta acquistando la totalità dei viveri necessari agli operatori del centro per un intero anno. Possiamo quindi affermare che la vitalità del complesso di Nyagahanga si legherà indissolubilmente con l'attività del gruppo missioni, che ha di fatto finanziato in totale autonomia la componente di approvvigiona-mento alimentare dell'area.L’intero progetto del centro sociale, tra le altre cose, si è rivelato estremamente riuscito ed ha contribuito a risollevare la vitalità dell’iso-lata regione di Nyagahanga, non solo a livello di opportunità lavorative e quindi di crescita

Il Gruppo Missioni sfama i bambini di Nyagahanga

economica, ma anche come punto di riferi-mento e raccolta per giovani e meno giovani, oltreché come luogo didattico - educativo, dove si tengono importanti corsi di agricoltu-ra e allevamento che permettono alle persone dell’area di aver accesso ad informazioni preziose e di grande utilità nell’ottica di uno sviluppo capillare e diffuso. Le attività in cui si sviluppa il progetto Nyagahanga daranno i suoi frutti a lungo termine, anche se certa-mente a poco più di un anno dalla completa realizzazione il centro sociale ha già conse-guito ottimi risultati.“Siamo molto soddisfatte dell’attività svol-ta fin qui grazie alla collaborazione con Kwizera” commenta Chiari Nelita del gruppo

missioni, “la nostra attività è molto più v i s i b i l e r i s p e t t o al passa-to perché continua-mente i risultati ci v e n g o n o d o c u -m e n t a t i attraverso fotografie,

mentre le targhe con l’intestazione del nostro gruppo, apposte sulle opere, ci riempiono di soddisfazione”. Si tocca con mano la carica conferita al gruppo nel vedere realizzati in tempi brevi gli obiettivi prefissati, la frut-tuosa collaborazione è infatti giunta al terzo anno consecutivo e ha contribuito in misura importante alla realizzazione dei progetti in Rwanda, mentre, come si diceva, il tutto viene adeguatamente documentato e fornisce uno stimolante feed-back. A titolo dimostra-tivo, basta ricordare che grazie all’introito raccolto dal gruppo Missioni a giugno 2008, era stata costruita e resa operativa la mensa del centro di Niagahanga i primi di agosto.Gli ottimi risultati ottenuti grazie all'attività della compagine di Piazza al Serchio, ormai non stupiscono più, come dimostra l'idea del progetto continuativo appena descritto, meri-ta tuttavia una riflessione la preziosa attività svolta. Ognuno di noi ha qualche capaci-tà, competenza, abilità particolare anche se

troppo spesso non messa a frutto, vedere il grande impegno profuso di anno in anno dalle signore del gruppo desta sempre una grande gioia ed ammirazione e fa pensare a quanto sarebbe possibile fare se ciascuno si impe-gnasse non al meglio, ma semplicemente in minima misura, purtroppo spesso siamo por-tati a ritenere i sogni troppo lontani da noi e mestamente rinunciamo a realizzarli, quando sarebbe appunto quello il momento di rim-boccarsi le maniche e cominciare ad agire. Dal filo e l'ago delle signore del gruppo alla mensa del centro sociale di Nyagahanga, divisi da mezzo mondo, la distanza è breve. Spesso è una scintilla a mancarci nel momen-to decisivo, quella stessa scintilla che ogni anno torna ad accendere gli occhi delle care signore in un caldo giorno d'estate e che si propaga in un umile, ma generoso slancio di solidarietà.

Marco Cassettai

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In Africa il tempo non appartiene a nessunoÈ un giorno come tanti altri a Pisa: sveglia alle 7.30, colazione veloce, a lavoro, ritorna a casa, guarda gli annunci di affitto perché devo cambiare casa, cena ed è già tardi e devo andare a letto perché domani riprenderà la frenetica vita di noi cittadini. Mentre sono a letto penso alla frase che oggi più di tutte mi ha colpito: il mio capo che chiede dei dati e per darmi fretta mi dice: “Dovevano essere pronti per ieri perchè non abbiamo tempo,,!!!Mi chiedo; chi è che definisce le scadenze, chi è che decide se è presto o tardi, se abbia-mo o non abbiamo tempo….Il giorno dopo ricomincia la routine, ma fino all’ora di pranzo, perché in quel momento mi chiama Marco e mi chiede se voglio andare a Gallicano ad un incontro dell’Associazione Kwizera, dove posso chiedere notizie del bimbo che ho adottato e dove posso vedere foto e rendermi conto di come lavora l’asso-ciazione.Accetto pensando che in fondo non ho nulla da perdere, perché fa caldo e in Garfagnana si sta decisamente meglio.Alle 16.00 Marco passa a prendermi e duran-te il viaggio mi spiega come è organizzata l’associazione, di cosa si parlerà durante la riunione e mi descrive i componenti dell’as-sociazione. Tutta gente semplice e impegna-ta, fedeli e sicuri del loro motto: a piccoli passi cambieremo il mondo!!!!Arriviamo a Gallicano a riunione iniziata, ma appena entriamo ci accolgono a braccia aperte, Marco mi presenta tutti che mi sorri-dono e mi fanno sentire molto partecipe. Ci aggiornano su quello che si sono detti e si va avanti con l’ordine del giorno.In realtà io mi distraggo molto, sono affa-scinata dai quadri, dalle statuine, dai piccoli crocifissi, dalle innumerevoli foto dei bimbi africani e di quello che l’associazione è riu-scita a costruire laggiù.Mi sento proprio calata in quei luoghi così affascinanti, vicina a quei bimbi che nono-stante tutto sorridono sempre.Ecco il punto che aspettavo: il tema delle

adozioni a distanza. A questo punto per la prima volta prendo la parola e chiedo quando, secondo loro, avrò notizie del mio “bambino”, ho fatto la prima donazione a dicembre, sono passati sei mesi e non ho avuto sue notizie.La risposta gentile ma forte di Angelo è stata: “Non lo sappiamo, se le cose vanno regolar-mente forse a novembre avrai la sua prima lettera, sai, in Africa il tempo non appartiene a nessuno!!!,,Gli chiedo cosa significa e per farmi capire mi spiega brevemente cosa succede quando si adotta un bimbo a distanza e si vuole ini-ziare una corrispondenza con lui.La lettera viene spedita ad una suora che sta in Rwanda, che cerca i ragazzi e le consegna a loro. Trovarli non è così semplice consi-derando che spesso essi si trovano in paesi che distano chilometri e per incontrarli è necessario affrontare ore di cammino. A quel punto le lettere vengono tradotte e i ragazzi scriveranno poi le loro risposte. Anche que-ste saranno tradotte in italiano, ma a volte passano giorni o settimane intere perché è difficile trovare qualcuno che conosca la nostra lingua. Infine bisogna riportarle alla suora che le spedirà in Italia e i ragazzi devo-no sobbarcarsi il viaggio a ritroso.Tutto questo senza lamenti, senza sbuffare, senza ripetere di continuo che la vita è stres-sante come facciamo noi europei…. cammi-nano tanto solo per poter consegnare quelle lettere per poter far sapere ai noi che stanno bene e per ringraziarci.Mentre Angelo mi raccontava tutto questo, mi è venuta in mente la frase del mio capo, che poi è la frase che ormai è sulla bocca di tutti: “non abbiamo tempo,,!!Alla fine della riunione siamo tornati a Pisa e, mentre ero a letto, pensavo a come mi era cambiata la prospettiva dopo il mio breve viaggio in Garfagnana e la mia partecipazione alla riunione, anche se mi ritrovo con la stes-sa domanda che mi facevo il giorno prima: ma il tempo a chi appartiene??Forse non troveremo mai una risposta, ma la

frase di Angelo è un grande punto di rifles-sione: “in Africa il tempo non appartiene a nessuno,,!!!

Caterina Venneri

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Dall’ultima enciclica di S.S. Benedetto XVI “ Caritas in veritate”

"L'aiuto internazionale proprio all'interno di un progetto solidaristico mirato alla soluzione degli attuali problemi economici dovreb-be piuttosto sostenere il consolidamento di sistemi costituzionali, giuridici, ammi-nistrativi nei Paesi che non godono ancora pienamente di questi beni. Accanto agli aiuti economici, devono esserci quelli volti a rafforzare le garanzie proprie dello Stato di diritto, un sistema di ordine pubblico e di carcerazione efficiente nel rispetto dei diritti umani, come istituzioni veramente demo-cratiche. Non è necessario che lo Stato abbia dappertutto le medesime caratteristiche; il sostegno ai siste-mi costituzionali deboli affinché si rafforzino, può benissimo accompa-gnarsi con lo sviluppo di altri soggetti politici, di natura culturale, sociale, territoriale o religiosa, accanto allo Stato. L'articolazione dell'autorità politica a livello locale, nazionale e internazionale è, tra l'altro, una delle vie maestre per arrivare ad essere in grado di orientare la globalizza-zione economica. È anche il modo per evitare che essa mini di fatto i fondamenti della democrazia. "L'aiuto inter-nazionale proprio all'interno di un progetto solidaristico mirato alla soluzione degli attua-li problemi economici dovrebbe piuttosto sostenere il consolidamento di sistemi costi-tuzionali, giuridici, amministrativi nei Paesi che non godono ancora pienamente di questi beni. Accanto agli aiuti economici, devono esserci quelli volti a rafforzare le garanzie proprie dello Stato di diritto, un sistema di ordine pubblico e di carcerazione efficiente nel rispetto dei diritti umani, come istituzioni veramente democratiche.

La cooperazione internazionale ha bisogno di persone che condividano il processo di sviluppo economico e umano, mediante la solidarietà della presenza, dell'accompagna-mento, della formazione e del rispetto. Da questo punto di vista, gli stessi Organismi internazionali dovrebbero interrogarsi sulla reale efficacia dei loro apparati burocratici e amministrativi, spesso troppo costosi. Capita talvolta che chi è destinatario degli aiuti diventi funzionale a chi lo aiuta e che i poveri servano a mantenere in vita dispendiose organizzazioni burocratiche che riservano per

la propria conservazione percentuali troppo elevate di quelle risorse, che invece dovreb-bero essere destinate allo sviluppo. In questa prospettiva, sarebbe auspicabile che tutti gli Organismi internazionali e le Organizzazioni non governative si impegnassero ad una piena trasparenza, informando i donatori e l'opinione pubblica circa la percentuale dei fondi ricevuti destinata ai programmi di coo-perazione, circa il vero contenuto di tali pro-grammi e infine circa la composizione delle spese dell'istituzione stessa".

"Il potenziamento delle diverse tipologie di imprese e, in particolare, di quelle capaci di concepire il profitto come uno strumento per raggiungere finalità di umanizzazione del mercato e delle società, deve essere perseguito anche nei Paesi che soffrono di esclusione o di emarginazione dai circuiti dell'economia globale, dove è molto impor-tante procedere con progetti di sussidiarietà opportunamente concepita e gestita, che tendano a potenziare i diritti, prevedendo però sempre anche l'assunzione di corrispettive responsabilità. Negli interventi per lo sviluppo va fatto salvo il principio della centralità della persona umana, la quale è il soggetto che deve assumersi primariamente il dovere dello sviluppo. L'interesse principale è il migliora-mento delle situazioni di vita delle persone concrete di una certa regione, affinché pos-sano assolvere a quei doveri che attualmente l'indigenza non consente loro di onorare. La sollecitudine non può mai essere un atteg-giamento astratto. I programmi di sviluppo, per poter essere adattati alle singole situazio-ni, devono avere caratteristiche di flessibilità; le persone beneficiarie dovrebbero essere

coinvolte direttamente nella loro progettazio-ne e rese protagoniste della loro attuazione. È anche necessario applicare i criteri della progressione e dell'accompagnamento — compreso il monitoraggio dei risultati –, per-ché non ci sono ricette universalmente valide.

"Il principio di sussidiarietà va mantenuto strettamente connesso con il principio di soli-darietà e viceversa, perché se la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale, è altrettanto vero che la solidarietà

senza la sussidiarietà scade nell'as-sistenzialismo che umilia il portatore di bisogno. Questa regola di carattere generale va tenuta in grande conside-razione anche quando si affrontano le tematiche relative agli aiuti internazio-nali allo sviluppo. Essi, al di là delle intenzioni dei donatori, possono a volte mantenere un popolo in uno stato di dipendenza e perfino favorire situazioni di dominio locale e di sfruttamento all'interno del Paese aiutato. Gli aiuti economici, per essere veramente tali, non devono perseguire secondi fini. Devono essere erogati coinvolgendo

non solo i governi dei Paesi interessati, ma anche gli attori economici locali e i soggetti della società civile portatori di cultura, com-prese le Chiese locali. I programmi di aiuto devono assumere in misura sempre maggiore le caratteristiche di programmi integrati e partecipati dal basso. Resta vero infatti che la maggior risorsa da valorizzare nei Paesi da assistere nello sviluppo è la risorsa umana; questa è l'autentico capitale da far crescere per assicurare ai Paesi più poveri un vero avvenire autonomo.

La cooperazione allo sviluppo non deve riguardare la sola dimensione economica, ma deve diventare una grande occasione di incontro culturale e umano. Se i soggetti della cooperazione dei Paesi economicamen-te sviluppati non tengono conto, come talvolta avviene, della propria ed altrui identità cultu-rale fatta di valori umani, non possono instau-rare alcun dialogo profondo con i cittadini dei Paesi poveri. Se questi ultimi, a loro volta, si aprono indifferentemente e senza discerni-mento a ogni proposta culturale, non sono in condizione di assumere la responsabilità del loro autentico sviluppo. Le società tecnologi-

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camente avanzate non devono confondere il proprio sviluppo tecnologico con una presun-ta superiorità culturale, ma devono riscoprire in se stesse virtù talvolta dimenticate, che le hanno fatte fiorire lungo la storia. Le società in crescita devono rimanere fedeli a quanto di veramente umano c'è nelle loro tradizioni, evitando di sovrapporvi automaticamente i meccanismi della civiltà tecnologica globa-lizzata. In tutte le culture ci sono singolari e molteplici convergenze etiche, espressione della medesima natura umana, voluta dal Creatore, che la sapienza etica dell'umanità chiama legge naturale".

"Nella ricerca di soluzioni della attuale crisi economica, l'aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri deve esser considerato come vero strumento di creazione di ricchezza per tutti. Quale progetto di aiuto può prospettare una crescita di valore così significativa — anche dell'economia mondiale — come il sostegno a popolazioni che si trovano ancora in una fase iniziale o poco avanzata del loro processo di sviluppo economico? In questa prospetti-va, gli Stati economicamente più sviluppati faranno il possibile per destinare maggiori quote del loro prodotto interno lordo per gli aiuti allo sviluppo, rispettando gli impegni che su questo punto sono stati presi a livello di comunità internazionale....

Una possibilità di aiuto per lo sviluppo potrebbe derivare dall'applicazione efficace della cosiddetta sussidiarietà fiscale, che

permetterebbe ai cittadini di decidere sulla destinazione di quote delle loro imposte versate allo Stato. Evitando degenerazioni particolaristiche, ciò può essere di aiuto per incentivare forme di solidarietà sociale dal basso, con ovvi benefici anche sul versante della solidarietà per lo sviluppo.61. Una solidarietà più ampia a livello interna-zionale si esprime innanzitutto nel continuare a promuovere, anche in condizioni di crisi economica, un maggiore accesso all'educa-zione, la quale, d'altro canto, è condizione essenziale per l'efficacia della stessa coope-razione internazionale. Con il termine “edu-cazione” non ci si riferisce solo all'istruzione o alla formazione al lavoro, entrambe cause importanti di sviluppo, ma alla formazione completa della persona. A questo proposito va sottolineato un aspetto problematico: per educare bisogna sapere chi è la persona umana, conoscerne la natura. L'affermarsi di una visione relativistica di tale natura pone seri problemi all'educazione, soprat-tutto all'educazione morale, pregiudicandone l'estensione a livello universale. Cedendo ad un simile relativismo, si diventa tutti più poveri, con conseguenze negative anche sull'efficacia dell'aiuto alle popolazioni più bisognose, le quali non hanno solo necessità di mezzi economici o tecnici, ma anche di vie e di mezzi pedagogici che assecondino le persone nella loro piena realizzazione umana".

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

Vieni, Spirito Santo,manda a noi dal cielo

un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,vieni, datore dei doni,vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto:ospite dolce dell’anima,

dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,nella calura, riparo,nel pianto, conforto.

O luce beatissima,invadi nell’intimo

il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,nulla è nell’uomo,nulla senza colpa.

Lava ciò che è sordido,bagna ciò che è arido,sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido,scalda ciò che è gelido,drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeliche solo in te confidano

i tuoi santi doni.

Dona virtù e premiodona morte santa,I dona gioia eterna.

Amen. Alleluia!

Ci aiuta a crescere

2006 - Aule scolastiche a Kibali2007 - Villaggio Batwa di Kibali2008 - Centro polifunzionale Nyagahanga2009 - Per l'attività di cooperazione in Rwanda

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 27

Batwa: prosegue il progettoNessuno ci avrebbe scommesso un soldo bucato, ma per fortuna, le cose hanno preso la giusta direzione e l’ambizioso progetto di integrare nella comunità Rwandese il popolo dei piccoli uomini sta dando buoni frutti. Tutto è iniziato nella spedizione dell’agosto 2006, quando siamo venuti a conoscenza di questa triste realtà, Sua Eccellenza il Vescovo Servillien ci condusse in visita al villag-gio per metterci a contatto con la piccola comunità dei Pigmei che da poco tempo si era insediata sulla collina di Kibali. Il primo impatto fu drammatico… le condizioni delle 250 persone che compongono la collettività dei Pigmei di Kibali erano preoccupanti. Nessuno aveva un tetto sopra la testa per ripararsi dal sole e dai violenti acquazzo-ni che si scatenano durante il periodo delle piogge. La comu-nità aveva seri problemi per soddisfare le necessità alimen-tari ed i bambini soffrivano di mal nutrizione. Per tirare avanti vivevano di accattonaggio e spesso erano costretti a fare piccoli furti di frutta e verdura negli orti altrui. Per questo, non erano ben visti dalla popola-zione che risiede nell’area cir-costante il villaggio. Al nostro primo incontro abbiamo deciso che non potevamo rimanere indifferenti a quella realtà e dovevamo fare qualcosa. La maggior parte delle persone con cui abbiamo parlato, per chiedere consigli sul da farsi, ci ha scoraggiato e, quasi quasi, consiglia-to di lasciare perdere perché ci stavamo avventurando in una vera e propria missione impossibile. I tentativi di integrazione delle popolazioni BaTwa, nel Rwanda del nord, fino ad allora messi in atto erano tristemente fal-liti. Dovunque ci siamo rivolti, tutti, ci hanno consigliato di lasciare perdere e di investire meglio le risorse e le energie dell’Associa-zione. Come al solito però, abbiamo fatto di testa nostra e devo dire che, fino ad oggi, non ci siamo pentiti di quanto realizzato e soprattutto, siamo fortemente convinti che non abbiamo perso tempo, anzi tutt’altro. Ma passiamo a descrivere le fasi che abbiamo disposto per cercare di migliorare le condi-zioni di vita di questi sfortunati amici. Come primo intervento abbiamo inserito alcuni bambini piccoli nel progetto di adozione a distanza. Le condizioni con i nuclei familiari erano chiare: i bambini dovevano frequentare le lezioni presso il vicino istituto scolastico

di Kibali. Con l’aiuto a distanza venivano coperti i costi delle rette scolastiche, dell’ab-bigliamento, le cure mediche del bambino ed in più veniva dato un piccolo aiuto alla famiglia in modo che tutti remassero dalla nostra parte. Era questo, secondo il nostro punto di vista, la prima azione a “lungo termine” da intraprendere perché senza un minimo di istruzione non si può sperare in nessuna prospettiva di sviluppo. I problemi però erano immediati e concreti, la prima grande esigenza di questa comunità era quella di avere una abitazione dignitosa per ogni famiglia. Il progetto era grande, ma il coraggio non ci manca, confidando in Dio abbiamo deciso di avventurarci in questo proposito. In collaborazione con la Diocesi di

Byumba e con la Caritas Rwanda, che hanno fornito la consulenza, abbiamo dato inizio alla costruzione di 47 piccole abitazioni, tante quante sono le famiglie della comunità. Le case della dimensione di 35 metri quadri ciascuna sono state realizzate con la tipica tecnica Rwandese. Fondamenta in pietra, mura in bozze di fango rivestite con intonaco in cemento e calce, porte e finestre in legno, mentre la copertura del tetto è in tegole di terracotta. In poco più di un anno, superando notevoli difficoltà di natura pratica e burocra-tica, abbiamo dato un tetto all’intera comuni-tà dei piccoli uomini. Nel frattempo abbiamo fatto piantare ad ogni famiglia degli alberi da frutto; questi pian piano stanno crescendo ed iniziano a dare i primi frutti. Inoltre, abbiamo incentivato tutti i nuclei familiari alla crea-zione di piccoli orti di famiglia. Le autorità della zona, vista la trasformazione dimostrata dai Twa, hanno a loro volta cercato di fare qualche cosa per rendersi utili. Hanno rea-lizzato una grande cisterna ad uso collettivo per la raccolta di acqua piovana dai tetti delle case, ed ora, i pigmei hanno l’approvvigiona-mento idrico a portata di mano e non sono

costretti a percorrere chilometri per reperire questo indispensabile elemento. Ci confessa il Governatore della provincia del Nord “ non avremmo saputo da che parte incominciare per aiutare i nostri fratelli Pigmei, voi siete partiti e ci avete dato il coraggio di iniziare, insieme stiamo facendo un ottimo lavoro”. Il passo successivo è stato quello di realizzare delle terrazze radicali alla base delle collina a loro affidata; in questo modo, dopo aver impartito i primi rudimenti di agricoltura, ci apprestiamo ad avviare la comunità all’auto-sufficienza alimentare. In collaborazione con il Centro Sociale “Alberto Ghilotti” stiamo organizzando dei corsi di agricoltura per inse-gnare l’arte della coltivazione, massimizzare i profitti, sfruttando in maniera ottimale le

potenzialità del terreno. Se tutto procederà come previ-sto daremo il via all’ultimo atto della collaborazione con gli abitanti del villag-gio BaTwa che sarà quello di dare vita ad un progetto di allevamento di bestia-me. Per iniziare vorremmo ampliare il progetto MIKAN “allevamento di capre” alla comunità dei piccoli uomi-ni. L’idea è quella di affidare al villaggio un gruppo di

una cinquantina di capre, queste verranno allevate dall’intera comunità che sceglierà dei responsabili all’organizzazione ed alla gestio-ne dell’allevamento. Quando questo progetto entrerà a regime la comunità potrà disporre di una buona quantità di carne, questa potrà essere consumata, scambiata o rivenduta nel vicino mercato.In pochi anni gli antichi abitanti delle grandi foreste africane, cacciatori e raccoglitori dei frutti che spontaneamente la foresta sa offrire, si stanno trasformando in coltivatori, allevato-ri, commercianti.. i loro figli stanno frequen-tando le scuole ed alcuni di loro sono tra i primi della classe. Sotto gli occhi increduli di quelli che non avrebbero mai immaginato un così felice epilogo andiamo avanti. Con la speranza che tutto proceda senza particolari difficoltà o stravolgimenti, affidiamo a Dio ed alla Madre Celeste i nostri fratelli Pigmei e, nell’attesa che scoprano Gesù, colui che ci ha inviato, continuiamo ad accompagnarli nell’inevitabile processo di integrazione. Angelo Bertolucci

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In ricordo di Martina e KatiaDue giovani vite si sono spezzate a breve distanza una dall’altra: quella di Martina Graziani, 20 anni, scomparsa nel dicem-bre 2008 e quella di Katia Salotti, 21 anni, scomparsa nel febbraio 2009; le ha unite il tragico destino della morte in un incidente stra-dale, avvenuto in entrambi i casi nella nostra valle. Chi ben conosce le fami-glie non dimenticherà mai quei tragici momenti, anche perché è ben visibile sul volto dei genitori il vuoto che è rimasto, la profon-da tristezza, lo sguardo perso nel ricordo delle loro ragazze. Per me che sono un’amica dei genitori non passa giorno che non pensi a loro, al vuoto che hanno lasciato nelle famiglie, negli amici che frequentavano e nei nostri cuori. Qualcosa di superiore dà la forza ai genitori di andare avanti, di vivere con i ricordi ed anche di fare gesti di altruismo, pensando di

devolvere a favore dei bambini del Rwanda una somma di denaro per le attrezzature scolastiche. Un pensiero ed un gesto molto

positivo: dare un futuro e un sorriso a chi non ha niente, il ricordo di Martina e Katia, tanto sensibili ai problemi sociali e umanitari. Katia sarebbe voluta andare in Africa nella

Missione 2009 per portare un aiuto concreto e vedere di persona quella terra fantastica. Il tragico destino non le ha permesso di

realizzare questo sogno, ma i genitori hanno comunque volu-to portare il loro sostegno ai bambini disagiati con questa iniziativa. Per ciò che riguarda Martina, la mamma racconta come sia sempre stata sen-sibile verso i bambini, tanto da spingerla anche a fare una adozione a distanza. Nella classe aiutata da queste due donazioni è stata affissa una targa riportante la scritta: “Che il ricordo del loro sorriso possa brillare negli occhi di chi ne ha bisogno”. Anche gli amici Rwandesi potranno così ricor-darle con affetto. Un grazie di cuore ai genitori delle ragazze per il generoso gesto.

Antonella Bertolucci

Malnutrito il 45 per cento dei bambini rwandesiSecondo quanto riferito dal The New Times, il 45 per cento dei bambini rwandesi presenta sintomi di malnutrizione. La rivelazione arriva appena una settimana dopo il lancio della campagna nazionale di massa contro la malnutrizione programmata dal Ministero della salute che prevede l’individuazione e il trattamento dei bambini affetti da gravi caren-ze nutrizionali. Parallelamente è stata atti-vata una distribuzione straordinaria, presso diversi centri sanitari del paese, di alimenti nutrizionali a cui potranno accedere le fami-glie dei bambini malnutriti. Secondo quanto affermato dal Segretario permanente del Ministero della Salute, Dr. Agnes Binagwaho, anche se la malnutrizione non neces-sariamente porta direttamente alla morte, tuttavia espone il corpo indebolito dei bambini all’aggressione da parte di altre malattie, contribuendo quindi a circa il 50 per cento dei decessi infantili. Per dare l'idea del fenome-

no, riportiamo di seguito un dato contenuto in un Rapporto dell'UNICEF del 2006, che evidenzia i Paesi con la più alta percentuale di bambini con meno di 5 anni sottopeso: Bangladesh 48%, Etiopia 47%, India 47%, Burundi 45%, Cambogia 45%, Madagascar 42%, Sudan 41%. Il dato non è naturalmente confrontabile con quello riferito ai bambini rwandesi in quanto non si conoscono le classi d'età a cui faccia riferimento.

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

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Non solo si deve nutrire il corpo, ma anche l’anima. E, per essa, l’unico cibo è la pre-ghiera. Un’ anima ben nutrita, si legge nella vita dei santi e nelle pagine del Vangelo, ha sovente sostenuto un corpo affamato o morente. Perché questo avvenga, bisogna scoprire e capire il potere della preghiera, che non è soltanto la recita di frasi o di for-mule, come a qualcuno potrebbe sembrare. La preghiera è, invece, un travaso da noi stessi, dalla nostra anima ci avviciniamo e entriamo nell’essenza della Divinità. La forza della preghiera è onnipotente. Recenti studi hanno dimostrato che gli ammalati, per cui viene pregato, hanno maggiori possibilità di guarire rispetto a coloro per i quali non prega nessuno. Per non parlare di guarigio-ni inspiegabili, che avvengono nei santuari mariani: miracoli che non tutti vogliono

Dov’è la Papua Nuova Guinea?

La grande isola che geograficamente va sotto il nome di Papua Nuova Guinea si trova in Oceania, a Nord dell’Australia, tra l’Indonesia e la Micronesia e appartiene alla grande cintura che delimita, con le Filippine, la zona sud-occidentale melanesiana dell’Oceano Pacifico. Circondata da oltre seicento isole minori, essa costituisce, con i suoi cinque-centomila chilometri quadrati, la maggior isola del mondo dopo la Groenlandia e si trova ai nostri antipodi a oltre ventimila chi-lometri da noi, lambendo l’equatore da zero a dodici gradi di latitudine Sud.L’isola, attraversata da una cordigliera lunga circa duemila chilometri, con vette che rasentano i cinquemila metri, è ricca di grandi foreste di un verde densissimo, quasi impenetrabili e perlopiù inesplorate, stu-pende e orribili, tenebrose, misteriose e

riconoscere come tali, cercando di dargli spiegazioni scientifiche, ossia razionali. Il miracolo è la sospensione di tutto questo, ossia l’abolizione di ogni legge naturale. E’ Dio che interviene. Bisognerebbe che i nostri ragazzi imparassero ad accostarsi alla preghiera, soprattutto quando si sentono affranti o delusi dai fatti della vita o dai loro personali. La preghiera è un appiglio a cui aggrapparsi per poter stare meglio. Dopo le prime esperienze, il giovane si accorgerà che qualcosa sta cambiando in lui; un qualcosa inizialmente quasi impercettibile, ma che poi si espande, entra dentro come una luce sempre più grande. La preghiera si può fare da soli o in gruppo. Non ha regole. Basta soltanto saper rivolgere il pensiero a Dio, invocandoLo di tenerci nel suo pensiero. Può tuttavia accadere di non riuscirvi: il termine

selvagge.La Papua Nuova Guinea è solcata da maestosi fiumi che raggiungono talvolta i mille chilo-metri di lunghezza e sono in parte navigabili e da torrenti precipitosi a monte e alluvionali a valle, dove creano paludi malariche.Ventidue vulcani, di cui undici attivi, punteg-giano di coni e crateri alcune isole, soggette a frequenti scosse telluriche. Il supplizio delle piogge fitte e costanti, determinate dai monsoni e dagli alisei e quasi ininterrotte da novembre ad aprile, determina, anche per i restanti periodi dell’anno, un clima che è fra i più caldi della terra, per cui, in varie località base (pochissimi metri di altitudine influenzano il clima), spesso forza, volontà e memoria svaniscono nell’uomo, sino ai limiti della pericolosa “inedia equatoriale”.La Papua Nuova Guinea è ancora il Paese più primitivo della terra, fuori dalla storia ma non per questo senza storia. E ora che Sandro e Padre Gaetano ci hanno lasciato chi continua la loro opera?Il nostro collaboratore in Papua Nuova Guinea è Padre Gianni Gattei, nato a Rimini, francescano missionario, che da oltre quindi-ci anni, dopo aver ricevuto la benedizione del Papa, dedica la sua vita ai lebbrosi per andare incontro ai loro bisogni spirituali e materiali.Fra i suoi sogni: piccoli progetti…realizzare dei pozzi o almeno dei serbatoi per acqua potabile, che sostituisca quella dei ruscelli limacciosi……

Dio può darci l’impressione di avere a che fare con qualcosa di troppo grande. Si può allora giungere a Lui tramite la Madonna, la quale, come dice S. Bernardo, non si è mai sentito dire che abbia abbandonato coloro che a Lei si sono rivolti. I nostri giovani, orami quasi tutti abituati ad avere ciò che vogliono subito, tramite la preghiera, potrebbero risco-prire che, la vita, è un susseguirsi di corse a tappe, una conquista della meta, la quale altro non è che la conquista di Dio; dialogarci, contraccambiati da quel senso di quiete e di serenità che, sempre, ne consegue. Pregare altro non richiede che umiltà. Si comincia con delle parole per poi passare a qualcosa che avvolge, che conquista e di cui non si potrà più fare a meno.

Vincenzo Pardini

”C’è sempre grande necessità di medicine per curare le malattie più diffuse in quella terra lontanissima”………Ad Aitape vi è necessità di sedie a rotelle per disabili e gli ex lebbrosi con gli arti inferiori deformati. Il costo di una sedia a rotelle si aggira sui 300 Euro.

Giovani e preghiera

Trent’anni di Fiaccolata

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Da Bologna padre Ravaglia ci scrive per ringraziare gli amici di Gallicano per il con-tributo ricevuto, frutto della XXIXa Fiaccolata Natalizia.

Cari amici dell’Associazione Pro Loco di Gallicano, ho ricevuto da qualche giorno la vostra gene-rosa offerta di € 2.000,00 inviata tramite bonifico bancario e da voi destinata per la realizzazione di serbatoi per l’acqua a Wassisi, in Papua Nuova Guinea. Sono felicemente sorpreso che a distan-za di tanti anni dalla vostra conoscenza di p. Gaetano Orlandi e dell’Ing. Sandro Strohmenger vi ricordiate di quelle popola-zioni a cui loro hanno dedicato tanto amore e operosità. Vi rendo noto che con la vostra offerta abbiamo coperto le spese preventivate e p. Gianni ha così la possibilità di completare il progetto. Dire grazie a parole è veramente poco davanti alla vostra sensibilità e fattiva collaborazione; avrei piacere di incontrarvi anche per mostrar-vi immagini del mondo della Papua Nuova Guinea e delle nostre più recenti realizzazioni. Se una mia venuta a Gallicano può rientrare nei vostri programmi, vi prego di indicarmi alcune date. Nel frattempo il mio impegno, come riconoscenza, è quella del ricordo nella preghiera.Colgo l’occasione di informarvi che nello scorso mese di luglio è mancato p. Leone Leoni, già novantenne, che ha voluto conclu-dere i suoi giorni terreni ad Aitape, presso il villaggio dei lebbrosi, come estremo impegno di condivisione con quella gente che era diventata “sua” a motivo dell’annuncio del Vangelo.Parafrasando il passaggio di San Paolo ai Corinti “il Signore ama chi dona con gioia”, vi auguro che si tramuti in gioia la vostra genero-sità. Fraternamente fr. Guido Ravaglia.

Con loro Laura Strohmenger , che trascina-ta dall’esempio del padre, nel luglio 1974 quando era ancora studentessa di medicina, lo seguì in Papua Nuova Guinea. Oggi è sensi-bilmente vicina alle nostre iniziative ed è ben lieta di partecipare, insieme a Padre Guido, alla XXXa Fiaccolata Natalizia

E siamo giunti alla XXXa Fiaccolata Natalizia, accompagnati ancora dalla Benedizione di Giovanni Paolo II° , conferita nel 1984. con

questo cammino, così benedetto, abbiamo raggiunto la somma di 469.730.00 Euro per i vari scopi, oltre che per la Papua che qui sotto riportiamo:A.I.R.C. LOTTA CONTRO I TUMORIPROGETTO ASSISTENZA MALATI ONCOLOGICIASSOCIAZIONE U.I.M.D.V. (Scuola Mutilati della Voce)G.V.S. BARGA (aiuto ai disabili della Valle)AIUTO AI BAMBINI DELLA PAPUA NUOVA GUINEAAMATAFRICA (aiuto famiglie malati di AIDS in RWANDA)KWIZERA (Centro polifunzionale di Nyagahanga in RWANDA)

La Fiaccolata festeggia quest’anno il trenten-nale. Trent’anni sono stati un lungo e faticoso percorso che soltanto il senso profondo della

solidarietà ha potuto sostenere. Ora occorre un nuovo contagio che unisca tutti i Comuni della Valle. Questo il nuovo progetto nelle mani di tutti, cominciando dal nostro attivo, sensibile Sindaco, Presidente del Comitato Fiaccolata, perché sappia far suonare i cam-panili della nostra terra garfagnina.Un sogno? Un’utopia? La solidarietà è tale perché crede nell’uno e nell’altra. Con la guida attenta del nostro Sindaco e l’impegno di tutti, ciò sarà sicura-mente possibile.

Gente di buona volontà del Comitato Fiaccolata

Riflessioni dopo trent’anni di Catia Bertoncini e Simonetta Rocchiccioli:

Catia: Cari Matteo ed Elena,

che buffo il destino che mescolando le carte ha voluto

che vedessi entrambi i miei figli iniziare la scuola

a Gallicano, nello stesso paese dove sono nata e

cresciuta e, che i vostri passi incerti e trepidanti cam-

minassero proprio dove anche la vostra mamma da

bambina aveva mosso i propri!

Quanti ricordi!

Sia di figlia…che di mamma!

Devo dire che le elementari mi hanno dato molto, in

entrambi i casi!

Nel 1979 quando frequentavo la quarta elementare

nella nostra classe sorse un problema: esiste il bene?

Da questo profondo interrogativo e dalle ipotesi che ne

scaturirono prese il via la Fiaccolata Natalizia che con-

tinua ancora oggi, coinvolgendo il nostro paese e la

nostra scuola che, per trent’anni, ha passato il testim-

one permettendo che questa idea proseguisse fino a

voi, diventando così parte della tradizione gallicanese.

Un passaggio di mani che ha permesso questa catena

da noi genitori, bambini di ieri, a voi figli, bambini di

oggi!

Molti ricordi delle elementari mi sono rimasti dentro,

tanti piccoli tasselli che gettano le basi della nostra

cultura, ma anche della nostra coscienza. In un mondo

sempre più materialista, individualista e intollerante

verso i diversi, spero che la scuola continui ad inseg-

nare anche l’altruismo e il rispetto per il prossimo!

Simonetta: Ricordo con particolare affetto e nostalgia

le fiaccolate iniziali, quando dall’aringo della chiesa di

San Jacopo si poteva ammirare un serpente luminoso

che si snodava per le vie del paese basso e che di

anno in anno si allungava….

In basso da sinistra: Ia fila:

Lara Riccomini, Cinzia Cheli, Paola Santoni, Enrica Saisi, Daniela Rossi, Sabrina

Puccetti, Catia Bertoncini, Lino Landi

IIa fila:

Pietro Taddei, Marzio Barsanti, Antonio Leonardi, Caterina Dini, Simona Franchi,

Barbara Dini, Cristiana Pinocci, Alessia Piccinini, Amanda Dini, Simone Ceccarelli,

Maurizio Sorri

IIIa fila:

Massimiliano Bertoli, Luigi Carli, Andrea Trifiletti, Mario Adami, Pierluigi Catani,

Luca Giannotti, Raul Rossi, Adelita Simonini, Giovanni Forli

IVa fila:

Alessandro Rossi, Rossano Catoni, Guglielmo Rocchiccioli, Roberto Micheli,

Marco Benedetti, Manola, Maria Teresa Saisi, Ilaria Valdrighi, Simonetta

Rocchiccioli, Stefania Saisi, Manila Mazzanti

In alto:Ins. Duse Lemetti – Ins. Alma Castelvecchi

Anno scolastico 1978/1979 : Classi aperte…I quaranta bambini che dettero inizio alla Fiaccolata Natalizia.

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L’articolo 2 della costituzione italiana reci-ta: “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale.”L’articolo 18 invece suona: “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indiretta-mente, scopi politici mediante organiz-zazioni di carattere militare.”Attraverso queste disposizioni l’ordina-mento giuridico italiano “riconosce e garantisce”, ossia opera una valutazione di favore e promuove lo sviluppo delle forme di organizzazione intermedie, cioè quelle strutture organizzative che non sono né individuali, né statali.Niente di nuovo sotto il sole, potreb-be essere il commento spontaneo ed immediato che verrebbe voglia di fare a chi, come noi, è abituato a dare per scontati questi importantissimi principi. Proviamo solo ad immaginare un ordi-namento che ometta la tutela esplicita di queste organizzazioni, ci troveremmo di fronte non solo delle forme organizzative senza riconoscimento statale e quindi in gran parte prive della loro efficacia operativa, ma avremmo anche un ordina-mento astrattamente e discrezionalmente in grado di reprimerle.Molto interessante, leggendo l’art.2, è notare come il fine ultimo della dispo-sizione, sia la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, la costituzione però, non si limita a questi ed arriva a fornire tutela diretta anche alle organizzazioni, intese come mezzo indispensabile per lo svol-

gimento della personalità umana. È questa un’operazione meravigliosa e figlia della grande esperienza dei costi-tuenti; l’individuo tende, quasi per natura, ad associarsi e questa tendenza è imme-diatamente protetta, ma anche il prodotto stesso di questa tendenza assume auto-noma rilevanza ed è quindi dallo stato riconosciuto e protetto.

Studiando sui testi di diritto costituzionale questi principi, li ho certamente ammirati e mi sono immediatamente parsi avere grande spessore, ma ho imparato dav-vero ad apprezzarli e ne ho sperimentato gli effetti diretti grazie all’associazione Kwizera. Il partecipare alla vita dell’as-sociazione, alle riunioni del comitato, alle decisioni prese nei minimi detta-gli mi hanno consentito di avvicinarmi alla carta costituzionale procedendo dal basso verso l’alto, dalla realtà al princi-pio, dall’esperimento all’idea.In particolare, le serate a Gallicano, spese decidendo le modalità migliori con cui l’associazione dovesse operare, pensan-

do a come poter far avvicinare la gente alle attività e tutti gli innumerevoli pro-blemi e decisioni che comporta la vita di un’associazione, hanno rappresentato per me prima una sfida, un sistema per mette-re alla prova le mie capacità e successiva-mente un motivo di grande, grandissima soddisfazione. Allora mi si sono aperti gli occhi, ho capito davvero cosa volesse dire svolgimento della personalità umana, ed ho capito perché si parla di diritto inviola-bile dell’uomo quando si ragiona di libero associazionismo.Anche volendo rimanere negli schemi mentali legati al business ad ogni costo cui siamo drammaticamente vincolati, c’è molto da guadagnare e poco da perdere. La tendenza dei più è ricollegare al ter-mine volontariato qualcosa di gratuito e qualcosa che si fa nell’interesse altrui, rimettendoci del nostro. Le cose non stanno affatto così. La semplicistica valu-tazione appena sviluppata e pericolosa perché rigida e falsa. Gli articoli della costituzione lo dimostrano, partendo pro-prio dai diritti dell’uomo (non del cittadi-no), indicando che quello che presidiano e tutelano è nell’interesse di ogni singolo essere umano. Lo dimostrano anche tutte quelle persone che credono in quello che fanno, che si specchiano nello statuto di una qualche associazione e che ricevono da ogni successo e da ogni sfida la carica per affrontare con slancio le successive, sono le persone che ammiriamo estasiati e ci chiediamo dove trovino le idee, la forza, la tecnica. Le associazioni, se cre-diamo nello scopo perseguito, e quindi se davvero ne siamo membri, hanno poco da chiedere, molto da dare agli altri, moltis-simo da dare a noi.

Marco Cassettai

Sviluppo umano e associazionismo

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Un’esperienza che lascia il segno

Clinton: nel 1994 avrei potuto salvare migliaia di vite

Due settimane in Rwanda in compagnia di Angelo, Franco e Martino esponenti dell' associazione kwizera, due settimane inten-se piene di emozioni forti e contrastanti . Il paesaggio è piacevole, collinare, verde, le persone socievoli, i bambini festosi, curiosi, ma oltre la superficie ci sono i problemi: manca l' acqua, la nutrizione spesso è scarsa o ina-deguata, mancano scuole, ospedali strade ecc. Abbiamo visitato più zone del paese seguendo i kwizera boys nei loro progetti.Ci è piaciuto molto il loro modo di entrare nel paese, di fare amicizia, lavorare in modo da ottenere buoni risultati.Il loro principale intento non è quello di fare sussistenza portando fondi e distribuendoli, bensì quello di mettere in atto progetti specifici che diano modo alla popolazione di raggiungere la possibilità di vivere con i propri mezzi.Tutti i progetti sono prima studiati a tavolino sulla base delle necessità riscontrate nei viaggi precedenti, i loro obbiettivi sono concreti e realizzati in tempi brevi. È necessario un constante controllo dei lavori in corso, per cui più persone si alternano in questo compito. Una volta terminato il progetto, viene fatto in modo che il popolo Rwandese prosegua nel cammino in autonomia riproducendo le esperienze acquisite. Negli anni in varie località del paese sono nate: fattorie, colline

L’ex presidente americano Bill Clinton, in occasione di un incontro/dibattito con l’altro ex presidente George W. Bush tenutosi nei giorni scorsi a Toronto, ha fatto un sentito mea culpa sul Rwanda, accusandosi di essere stato incapace di bloccare il geno-cidio nel 1994, e riconoscendo di non avere alcuna attenuante. "E' uno dei due o tre rimpianti della mia presidenza", ha detto Clinton, spiegando che, se avesse mandato ventimila soldati in loco, forse si sarebbero salvate fino a 400 mila vite. Purtroppo la sincerità dell’ex presidente non servirà a restituire tante vite, è comunque un contri-

terrazzate, scuole, abitazioni, acquedotti, che funzionano grazie all' impegno costante dei kwizera boys. Non è certo una vacanza, l'abbiamo sperimentato di persona; il clima

è pesante, la vita frugale, manca l'acqua e spesso la luce, le strade sterrate rendono difficile e massacranti i lungi spostamenti, ma niente ferma l'entusiasmo e la passione di queste lodevoli persone.

buto storico per mettere a nudo le colpe di cui si sono macchiati diversi protagonisti della politica internazionale che, per ignavia o per inconfessabili interessi, hanno assisti-to da spettatori al consumarsi del sacrificio di centinaia di migliaia di rwandesi.

Durante il percorso incontriamo anche Martino, una delle menti che partorisce i vari progetti; abile economista conosce anche lui profondamente il paese e "alla fine della

fiera", come spesso dice di meglio questo paese non poteva augurarsi.Nei primi giorni abbiamo visitato Nymawimana, una località della dio-cesi di Byumba, una splendida collina terrazzata coltivata a grano e patate, mentre sulla sommità si trova una fat-toria che niente ha da invidiare a quelle del nostro paese.I lavori vengono eseguiti manualmente nel rispetto delle abitudini locali, in modo di impiegare la gran quantità di persone che li vive. L'utilizzo di mac-chinari moderni avrebbe solo creato problemi, dato che al primo guasto sarebbero rimasti inutilizzati e dato che nessuno è in grado di fare riparazione e manutenzione. Sfruttare le capacità naturali, migliorarle, incentivarle inve-ce dimostra sensibilità e intelligenza da parte dell' associazione. La gioia e la soddisfazione che ho letto negli occhi di Angelo e Franco all' arrivo in questa località era grande ed è tutto ciò che chiedono in cambio. Al ritorno abbiamo portato con noi esperien-ze che difficilmente svaniranno nelle nostre menti. Tanta è la voglia di ritor-

nare presto in questo paese che ti prende e ti dà moltissimo. Alessandro e Nicoletta

Alessandro e Nicoletta a Kiruri

Un attimo di riposo a Bungwe.

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 33

Torno in AfricaCi torno e questa volta, sarà quella buona. In agenda viaggio ad Agosto del 2010 in compagnia del presidente Franco. Saranno già passati tre anni dall’agosto del 2007, mia prima volta in Rwanda e nel continente africano, eppure sembra un periodo appena trascorso, con quei ricordi talmente vividi da essere lì, nella dimensione a-tempo-rale dell’eterno presente e quell’atmosfera stampata nell’anima come un immutabile e quotidiana abitudine che silenziosa, resta al suo posto. Stavolta so già cosa mi attende, o almeno la fantasia vaga meno a briglia sciolta. Ciononostante è intatta la curiosità che suscita l’idea della visita in quel di Byumba. Mi capita di tornare col pensie-ro a visitare il paese dalle mille colline, rivedere i suoi colori inconfondibili, la sua gente sorridente, l’affetto degli innumere-voli bambini. I ricordi mi riempiono l’immaginazione di quella fantastica esperienza vissuta, eppure certamente saranno tantissime le differenze col mio primo viaggio. Già quella volta notai, come nel piccolo paese centrafrica-no, fossero in atto mutamenti di considere-vole rilevanza; sembrava di essere sempre al centro di un cantiere a cielo aperto: stra-de nuove, altre in via di essere migliorate, kilometri e kilometri di fibra ottica collocati all’interno di tubazioni sotterranee, aero-porti in costruzione, a tutti gli effetti un paese in forte crescita e mutamento. Ad oggi, certamente queste differenze saranno ancora più marcate e di certo la strada verso uno sviluppo economico maggiore, sarà in parte già stata percorsa. Spero di poter sperimentare direttamente questi cambiamenti e mi auguro di non dovermi sforzare per rendermi conto dei passi in avanti compiuti in tre anni. Certamente, leggendo su internet e giornali le nuove dal Rwanda, sembra proprio che si stia procedendo verso un maggior grado

di sviluppo a tempo di record. Alcuni gior-nalisti, sbilanciandosi, arrivano a definire il Rwanda la Montecarlo d’Africa e c’è chi scommette che in pochissimi anni avremo una nazione ad economia avanzata. Il mio timore è quello che una crescita tanto improvvisa e rilevante non trovi preparata la popolazione, con le inevitabili ricadute sociali che questo comporterebbe e che ciò dia vita ad un capitalismo selvaggio, ad un modello economico volto più al passato che al futuro, senza imparare niente dagli errori altrove commessi. Per questo il mio orgoglio cresce quando rifletto sulla struttura dei progetti dell’as-sociazione Kwizera, che si dimostrano ogni volta forieri di “VERO,, benessere per i destinatari. A piccoli passi… questo e il metodo migliore per imparare a camminare e poi a correre, la popolazione locale deve essere coinvolta attorno ad ogni progetto, deve in qualche modo sentirlo proprio non solo per parteciparvi ab origine, ma anche perché possa apprenderne appieno le potenzialità, trovandosi poi in condizione di usufruirne al meglio. Del resto i rimpatriati dagli ultimi viaggi confermano con entusiasmo che i più recenti progetti portati a con-clusione, danno prova di quanto e come effettivamente la mentalità delle persone in contatto con l'associazione, stia evolvendo verso un coinvolgimento sempre maggiore e che questo di riflesso ricada sulla effica-cia stessa dell'operato, in quanto garantisce la sua manutenzione e curabilità, evitando ai beneficiari di trovarsi di fronte ad una specie di mostro di cui mal potrebbero comprendere il funzionamento ed i criteri di utilizzo.Dopo anni di duro lavoro e (perchè no?) qualche momento di rabbia e delusione in terra africana, siamo forse giunti ad un momento di svolta e ci si avvia alla

raccolta dei frutti di quanto è stato tena-cemente seminato. Pertanto occorre non cadere nell'errore di sedersi compiaciuti a contemplare quanto realizzato, al contrario l'essenza stessa del mio viaggio vuol essere quella di monitorare, testimoniare, coadiu-vare queste tensioni di crescita, come una mano tesa sempre pronta a dare un appiglio in momenti di difficoltà.Mi aspetto insomma di trovarmi di fronte un Rwanda più moderno, cresciuto economi-camente e socialmente, ma che nonostante tutto (ed è cosa parimenti importante) sappia trasmettermi quella stessa carica del viaggio precedente, quella carica che solo i sorrisi sanno dare, le persone benevole e festanti, le verdi e morbide colline e quel ritmo di vita a misura d'uomo non contami-nato dalla frenesia tipica di chi è abituato a combattere quotidianamente con un paio di semoventi lancette.

Marco Cassettai

Marco, in Rwanda nel 2007

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In memoria di AlbertoQuanto è difficile, in momenti come questo, trovare le parole appropriate per descrivere le nostre emozioni e cercare di estrarre, dal profondo del cuore, l’espressione più esatta per definire il nostro dolore. Tutto questo è ancora più difficoltoso quanto più, la per-sona che ci ha lasciato, è vicina a noi, alla nostra sfera vitale, al nostro cuore. È que-sto il caso… Alberto non era un semplice collega di lavoro, ma un amico. Con quella faccia da bravo ragazzo che rispecchiava in pieno la sua personalità era straordinario. Una persona serena e sorridente, 31 anni, fisico maestoso ed una profonda umanità. Un uomo mite, sensibile, cordiale, leale, onesto e generoso. Un ragazzo con il quale era pia-cevole lavorare e stare insieme. Operavamo in sedi diverse e al di là delle frequenti tele-fonate quotidiane difficilmente riuscivamo a stare insieme. Ricordo con chiarezza l’ultimo giorno che ho trascorso in sua compagnia. Eravamo “compagni di corso” alla presen-tazione del nuovo modello della neonata ammiraglia di casa Opel. Era il 19 febbraio 2009, in quell’occasione, ci avevano inviato a Grosseto per partecipare alla convention di presentazione del prodotto alla forza vendite. Una bella giornata, trascorsa scambiando idee con i colleghi provenienti da tutta Italia e conclusa parlando del più e del meno, delle nostre passioni, durante il viaggio di ritorno a casa. È strano come ti rimangono in mente certi momenti, piccoli dettagli che a cose normali passerebbero sicuramente inosser-vati ma diventano importanti quando restano gli ultimi ricordi che ti legano ad una persona cara. Con la scomparsa di Alberto tutti hanno

perso qualcosa: Massimo e Stefania un figlio, Chiara un fratello, Gemma il compagno di vita. L’Autotecnica Lucchese, io e tutti i col-leghi di lavoro un amico, mentre il mondo ha perso una gran brava persona.A volte cerchiamo di dare una spiegazione alle cose che avvengono, ma una spiegazione non c’è, fatto sta che queste disgrazie suc-cedono e basta; mentre noi sprofondiamo in una totale impotenza davanti agli eventi e ci accorgiamo della nostra nullità. Può capitare e capita che tanto più scava il dolore, quanto più spazio lascia al bene. È forse per questo, che i familiari di Alberto, hanno deciso di far vivere il loro caro nelle persone a cui sono stati impiantati i suoi organi e tessuti vitali, altro segno evidente, dell’immensa genero-sità e dell’elevata statura morale della sua famiglia. La perdita di una persona cara lascia, ogni volta, in noi un vuoto impossibile da colmare, uno spazio, che può essere attenuato solo dal ricordo stesso di chi lo ha creato. Una ferita che non guarirà mai, una cicatrice che rimarrà lì per sempre, a ricordarci di essere esistita. Mi piace pensare che le persone care che abbiamo amato continuino a vivere in noi, nei nostri ricordi, nelle emozioni condivise, negli attimi che hanno segnato la nostra esistenza e finché noi li ricorderemo loro vivranno.Per volontà della famiglia è stato richiesto a tutti, amici e conoscenti, di non donare fiori al funerale, ma di effettuare offerte alla nostra associazione, alla quale Alberto era molto affezionato. Con le donazioni raccolte, in suo ricordo, della sua umanità e dell’amore che

riservava per i poveri del nulla, realizzeremo a Nyagahanga un’aula di informatica. In questa struttura gli amici rwandesi avranno modo di imparare l’uso del computer ed aprire lo sguardo ad un nuovo universo di conoscenze. Tutti coloro che frequenteranno la struttura sapranno chi era Alberto Biagioni ed il suo ricordo vivrà per sempre anche in quel picco-lo, sperduto, angolo del mondo.Per Alberto e per tutti i nostri cari defunti, in particolare per coloro che ci hanno tanto amato, possa ciò che essi hanno seminato crescere e portare frutto in noi, nelle nostre famiglie, nelle persone che ci circondano e nell’intera umanità. Possa l’amico Alberto, dalla volta celeste, intercedere per noi, pro-teggerci e guidarci, nell’attesa di ritrovarci uniti nella casa del Padre.

Angelo BertolucciAmico di Alberto

Alberto Biagioni

Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con

me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.

(Libri Poetici - Salmi Sal 22,4)

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 35

Un esempio da imitareNel costante fracasso delle negative notizie che quotidianamente si sovrappongono e ci bombardano, deside-riamo in questo spa-zio, segnalare una delle tante iniziative che troppo spesso passano inosservate e non vengono mai o quasi messe in evidenza quanto in realtà meriterebbero. Una delle tante pro-poste che chi, come noi, opera nell’uni-verso della solidarie-tà è abituato a vedere ed incontrare durante il quotidiano impegno. Piccole storie che faticano a sfondare sul palcoscenico dell’informazione che, al con-trario, predilige il dramma e lo scandalo alla speranza, la catastrofe al lieto evento. Un mondo dell’informazione che amplifica le brutte notizie, quel-le che portano grandi ascolti e non invita mai o quasi al buon esem-pio all’emulazione positiva ed alla mora-lità. Tante “buone azio-ni”, se maggiormente evidenziate, potrebbero essere imitate e ripetu-te in modo da attivare un vero e proprio cir-colo virtuoso che, mai come oggi, sarebbe necessario al mondo per uscire da questo stato di disarmante squallore che imperversa in ogni dove. Vogliamo raccontarvi la storia di una azienda del nord Italia che ha voluto fare qualcosa per aiutare chi è meno fortunato e fatica quotidianamente per tirare avanti. Non sappiamo con precisione come da Mantova queste persone siano venute a nostra cono-scenza, se tramite internet o mediante pas-saparola, fatto sta che due dei titolari hanno da alcuni anni attivato un aiuto a distanza. Contribuiscono in questo modo, a livello personale, al miglioramento delle condizioni di vita di altrettante famiglie rwandesi.Non contenti e pienamente appagati di com-piere questo gesto di solidarietà, Graziano e Mariangela, hanno deciso di coinvolgere gli altri soci dell’ azienda a dare vita ad un

progetto di aiuto a distanza più consistente. Così scrivono sul sito ufficiale della loro

azienda, il Pennellificio Zenit srl www.pennel-lificiozenit.it nella apposita pagina dedicata al sociale: “Da qualche anno a questa parte la nostra ditta ha maturato l'interesse per il sostegno di realtà in paesi meno fortunati del

nostro. Recentemente siamo entrati in con-tatto con l'Associazione Kwizera Onlus che opera nel nord del Rwanda, con la quale ci siamo impegnati per un intervento importan-te in parte sostenuto devolvendo la somma destinata all'acquisto degli omaggi natalizi. Questo contributo si è realizzato con l'ado-zione a distanza di 11 ragazzi della scuola di Bungwe, le cui storie sono particolarmente difficili”.I bambini aiutati dal Pennellificio Zenit, appartengono ad una associazione “Amici di Dio” che il vice parroco di Bungwe ha organizzato per dare speranza ai 250 orfani del villaggio. Il progetto di aiuto a distanza, iniziato dalla ditta di Mantova, si affianca alla realizzazione di una struttura atta alla

produzione di maglieria che l’associazione di giovani orfani gestisce. L’attività produtti-va, diretta dal parroco, è portata avanti dalle ragazze più grandi che, dopo un corso spe-cifico relativo all’utilizzo dei macchinari da maglieria, soddisfano i numerosi ordinativi fatti da diversi istituti scolastici del Rwanda. Il ricavato dell’attività viene utilizzato per finanziare borse di studio, acquistare alimenti, provvedere alle cure mediche ed a tutte le piccole e grandi necessità della comunità degli “Amici di Dio”. Queste iniziative in aiuto degli orfani di Bungwe, unitamente ad altre adozioni che singole famiglie stanno effet-tuando, ci darà la possibilità di risolvere i pro-blemi prioritari della comunità. Un impegno particolare, che assorbe notevoli energie e richiede grande tatto e delicatezza, è l’aspetto della salute mentale dei piccoli, che molto spesso hanno subito tremendi traumi per la perdita dei genitori. Non è sufficiente riempi-re gli stomaci dei bambini, ma è necessario creare un’atmosfera familiare che ridia loro sicurezza, fiducia e prospettiva di un futuro migliore. Nella speranza che altre realtà pro-duttive possano imitare questo straordinario gesto di solidarietà, ringraziamo dal profondo del cuore gli amici del Pennellificio Zenit srl per essersi presi cura di questi piccoli orfani. Pennellificio Zenit srl….dà colore al futuro!

Angelo Bertolucci

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Aumentano gli stipendi per esercito e polizia, un po’ meno per gli insegnanti

Sono circa 42.000 gli insegnanti rwandesi. Di questi, 35.672 insegnano nelle scuole primarie e 16.105 nelle scuole secondarie, di cui 9.076 in quelle pubbliche e 6.099 nelle private. Un insegnante di scuola primaria, con diploma di scuola secondaria, al livello A2 percepisce attualmente uno stipendio di Rwf 39.500 , pari a circa 50 euro, quelli con livello A1 guadagnano circa Rwf 98.000 (122 euro), mentre i titolari di diploma di istruzione di formazione con livello A0 gua-dagnano Rwf 113.000 ( 141 euro).Un recente provvedimento governativo ha previsto un aumento del 10% del budget per gli stipendi del personale della scuola unitamente a quel-li della polizia e dell’esercito. Mentre i nuovi

stanziamenti si tradurranno in un aumento di stipendio per le ultime due categorie, in particolare per adeguare gli stipendi di coloro che sono avanzati di grado, per quanto riguarda gli insegnanti, il nuovo stanziamento dovrebbe andare ad alimentare un fondo cooperativo a cui gli insegnanti potranno ricorrere per ottenere dei piccoli prestiti. Il governo giustifica la scelta, rilevando che lo stanziamento per gli insegnanti si sarebbe tramutato in un incremento di stipendio vera-mente minimo e si è quindi preferito optare per la soluzione illustrata. D’altra parte, gli insegnanti non hanno il potere contrattuale dei colleghi.Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

Da una newsletter di Radio Maria

The New Times: critiche ai sacerdoti attratti dalle comodità e dal denaro

Cari amici, il nome di Maria, la cui festa si celebra il 12 Settembre, è, come dice la canzone, "un nome dolcissimo, un nome d'amore". Pronunciando col cuore questo nome, insie-me a quello di Gesù, ti è concesso di entrare nella profondità della preghiera. Invoca Maria, chiamandola per nome, nello svolgimento della tua giornata. Lei si farà subito presente.Invocala con cuore di figlio e la Madre accorrerà subito in tuo soccorso. Invocala nel pericolo, Lei ti salverà. Invocala nel biso-gno, Lei provvederà. Invocala nelle lacrime, Lei ti consolerà. Invocala nelle cadute, Lei ti rialzerà. Invocala nella disperazione, Lei ti indicherà la strada.Se pronunci il suo nome col cuore, la Madre si fa presente, ti prende per mano, ti accom-

Partendo dal caso del sacerdote della parroc-chia della Sacra Famiglia di Kigali accusato di aver utilizzato, per fini personali, dei fondi inviati da benefattori tedeschi per le vedove del genocidio, accusa peraltro tutta da dimo-strare, nell’editoriale odierno del The New Times viene stigmatizzato il comportamento di un certo clero rwandese troppo incline al richiamo mondano delle comodità e dei beni materiali. Con durezza il giornale di Kigali invita questi sacerdoti, non più disposti a una vita di sacrificio, a lasciare la tonaca e fare

pagna lungo il cammino, ti tiene sotto il suo manto, ti porta sulle sue spalle.Nel pellegrinaggio della vita, ristora le tue labbra riarse e assetate, con i dolcissimi nomi di Gesù e Maria.Vostro Padre Livio

ritorno alla vita laicale.Non siamo così ingenui da non compren-dere come certi attacchi abbiano ben altri fini che quello di una filiale correzione nei confronti della Chiesa, ma è lecito chiedersi come tali accuse possano essere mosse così apertamente senza che nella realtà ci siano, purtroppo, dei tristi riscontri. Forse una rifles-sione s'impone.Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

Occhio alla penna!

Da alcuni anni la nostraAssociazione aiuta la scuola

elementare di Kibali.In questa struttura scolastica

studiano oltre 2000 bambini, moltidi loro non hanno le possibilità percomperare nemmeno un quaderno

o una penna.Ogni anno portiamo loro un

quantitativo di penne, matite,gomme, appunta lapis, righelli equant’altro la provvidenza ci offre.

In Rwanda, negli istituti perl’educazione di base non ci sonolibri e i bambini studiano sugli

appunti che prendono durante lelezioni.

Compassi, goniometri, squadre erighelli sono una rarità, forniremoad ogni classe un quantitativo di

questi attrezzi che verrannoadoperati collettivamente.

Vogliamo dare la possibilità a tuttii bambini di avere il materialenecessario per trascrivere le

nozioni che riescono adapprendere durante le lezioni.Chi volesse aderire a questo

progetto può farci avere ilmateriale suddetto o contattarci.Non si raccolgono quaderni o

blocchi notes, perché il peso dellacarta è eccessivo e possiamo

trasportare bagagli per soli 46kga persona. Il materiale cartaceo

viene acquistato sul posto.Ringraziamo anticipatamente tutticoloro che aderiranno a questainiziativa, questa volta basta una

penna per donare un sorriso.

Materiale didattico alla Scuola di Kibali

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 37

Ricordi… del pellegrinaggio “Medjugorje 2009”Molti sono stati i pellegrinaggi a cui io e mia moglie Maria Grazia abbiamo partecipato, ma a Medjugoje, non eravamo mai andati. Con grande piacere ho da subito accolto la proposta che mi venne fatta e già nell’autunno del 2008 ci siamo messi a lavoro per organizzare il tutto nel migliore dei modi. Questo non è stato difficile grazie alla preparazione e l’esperienza di Angelo “segretario di Kwizera” che di quei luoghi è abbastanza pratico. Inizia per tanto la colla-borazione tra l’associazione Kwizera Onlus e l’Agezia AltroQuando Viaggi di Castelnuovo Garfagnana. In poco tempo si è raggiunto un bel gruppo di persone che volevano fare questa esperienza e così, la sera del Venerdì 19 Giugno 2009, siamo partiti dalla Garfagnana verso il piccolo villaggio della Bosnia Erzegovina. Poco a poco che salivano i partecipanti si notavano sia facce già cono-sciute sia molti volti nuovi, ma questo non è stato un problema in quanto il gruppo già dai primi minuti si è presentato unito e affiatato.Il viaggio di andata è stato fatto di notte, arrivando cosi la mattina del sabato a Medjugoje, dove ad aspettarci era la signora Bozena, proprietaria dell’ albergo, la quale subito dal primo istante si è dimostrata molto accogliente e disponibile. È con il sorriso sulle labbra e a braccia spalancate che ci ha aperto le porte di casa; proprio di casa, perchè in tutta la durata del pellegrinaggio ci ha fatto sentire perfettamente a nostro agio, come a casa nostra.Abbiamo pranzato e ci siamo riposati un po’, poi siamo partiti per salire sul monte delle apparizioni accompagnati da una guida locale. Be’ una guida anche spirituale che ci ha parlato, spiegato e aiutato a pregare con una particolare luce negli occhi, lasciando dentro di noi il segno per una testimonianza unica. Il sentiero che conduce alla Statua di Maria, posta sulla cima, è veramente impervio, completamente ricoperto di sassi e pietre resi lisci dai milioni di piedi che, a volte anche scalzi, lo hanno percorso.

Nonostante le difficoltà che alcuni di noi potevano avere a salire quel percorso ripido e scivoloso

sotto il sole, siamo giunti in alto nel raccogli-mento recitando il santo rosario. Giunti di fronte alla statua poi, come ci ha invitato a fare la nostra accompagnatrice, abbiamo affidato tutte le paure, difficoltà e richieste alla Madonna, la quale quotidianamente ci invita a pregare per ottenere la pace. Stranamente infatti la nostra discesa, ugualmente faticosa come la salita, è stata più

leggera con una bella sensazione di serenità. Siamo tornati in centro, giusto in tempo per la Messa Internazionale poi cena e tutti a dormire.La mattina successiva siamo partiti alla volta del monte della croce. Recitando la via Crucis siamo arrivati fino alla Croce alta 8 metri che contiene un Santa reliquia della croce di Gesù “donata dal papa in occasione della sua inaugurazione avvenuta nel 1933 in ricordo dei 1900 anni della passione di Cristo”. Anche qui la salita si presenta dura….. ma pregando abbiamo tranquillamente superato la fatica e le asperità del terreno.L’emozione è stata tanta alla vista della croce e la voglia di pregare veniva spontanea. Dopo una pausa di meditazione, via per fare rientro alla pen-sione per il pranzo. Nel pomeriggio siamo andati ad un incontro con alcuni ragazzi della comunità Cenacolo, comunità nata dalla volontà di una suora. Anche questa esperienza e stata veramente toccante, due giovani ragazzi ci hanno raccontato la loro vita…partendo dagli errori commessi, egoismi e difficoltà incontrate…toccare il fondo e grazie all’incontro con Dio rialzarsi in piedi e cercare una vita migliore. Questi giovani ci hanno raccontato l’ingresso e la vita in comunità,

essere aiutati da un angelo custode “un ragazzo della stessa comunità” e piano piano acquistare la voglia di vivere e la comunione fraterna. La riflessione sulla nostra vita sorge spontanea: quante volte invece di aiutare chi è in difficoltà abbiamo fatto finta di non vedere “Tanto è soltanto un drogato” senza considerare che dietro c’era solo una persona in difficoltà!! Tutti colpiti da

quest’ulteriore esperienza….siamo andati alla consueta messa serale. Alcuni fortunati di noi hanno avuto la possibilità di assistere all’ap-parizione della Madonna e l’emozione provata si leggeva nei loro occhi quando ci hanno rac-contato l’esperienza vissuta. Non si torna via da Medjugoie senza il desiderio di pregare e con la voglia di affidare la propria vita alla Regina della Pace. Anche il giorno successivo è stato ricco di importanti appuntamenti come la visita all’Oasi della Pace, un grande giardino con una piccola e raccolta chiesa, dove abbiamo ascol-tato la testimonianza di un suora che ci ha rac-

contato il passaggio da ragazza ribelle, fino alla nascita della vocazione. Santa messa in italiano in parrocchia e pranzo. Nel pomeriggio visita alla Parrocchia di San Biagio con preghiera di bene-dizione e guarigione con Padre Marino. Incontro con Padre Danko e anche lui con la sua parola ha reso più forte la nostra esperienza. Al’alba del giorno 23 giugno inizia il nostro viaggio di ritorno; salutando con molto affetto la signora che ci ha così gentilmente aiutalo nell’organizzazione, riprendiamo la via di casa.Una esperienza, questa di Medjugorje, che ci ha toccato nel profondo, lasciando in noi il ricordo di straordinari momenti di spiritualità. La carica trascendente che si riceve in quel luogo, tanto benedetto da Dio, ci invita a ripetere questa espe-rienza. È bello una volta l’anno staccare la spina ed andare a ristorare la nostra mente, il nostro cuore, la nostra anima, sotto il manto amoroso di Maria.Chi volesse unirsi a noi nel prossimo pellegri-naggio troverà di seguito alcune informazioni e numeri telefonici di riferimento. Che dire…vi aspettiamo!!! Simone Salotti, Maria Grazia Pioli

Il gruppo “Kwizera 2009” sulla collina delle apparizioni

Il viaggio in autobus, della durata di 5 giorni, si svolgerà con partenza alle ore 20,30 del giorno giovedì 17 giugno mentre il rientro è

previsto nella notte di martedì 22 .Le attività del pellegrinaggio saranno le seguenti:

• Escursione sulla collina delle apparizioni “Podbrdo”.• Escursione sulla montagna della croce “Krizevac”.• Visita alla comunità Mariana “Oasi della Pace” • Partecipazione alle attività religiose della parrocchia.• Visita ad una delle numerose comunità religiose.• Incontro con un veggente (se possibile)• Escursione, con preghiera, notturna sulla collina delle apparizioni.• Visita guidata alla città di Mostar.Tutte le attività del pellegrinaggio verranno pianificate sul posto, in base alle programmazioni locali ed alle rispettive disponibilità. In

particolare l’incontro con i veggenti sarà possibile compatibilmente con la presenza a Medjugorje dei veggenti stessi ed alla loro dis-

ponibilità a ricevere i pellegrini; disponibilità ormai sempre più ridotta considerando che i veggenti sono tutti sposati con figli ed alcuni

di loro vivono in altri luoghi. Anche se faremo il possibile per realizzare gli incontri, questi non possono essere da noi sempre garantiti.

Quota di partecipazione: € 370,00

Per prenotare o ricevere maggiori informazioni contattare:Altroquando Viaggi, via Fulvio Testi, 1E Castelnuovo Garfagnana (LU) Tel: 0583 641375 oppure la nostra Associazione al 0583 730440

PELLEGRINAGGIO A MEDJUGORJE 2010

Pellegrinaggio Kwizera 2009

Per offerte e donazioni: c/c postale: 32268427 - Istituto Bancario Credito Valtellinese IBAN IT 17 M0521652160000000092361 38

La settimana scorsa, il Presidente Paul Kagame ha firmato la nuova legge nazionale che limita la fabbricazione, l'uso, l'importa-zione e la vendita di sacchetti di polietilene in Rwanda. L'uso di questi sacchetti da parte delle imprese nelle loro operazioni commerciali è permessa solo su autorizza-zione scritta dell’Autorità che sovrintende alla gestione dell’Ambiente (REMA). Le imprese autorizzate all’utilizzo dei sacchetti di plastica dovranno garantire la gestione del relativo smaltimento.Gravi sanzioni sono previste per le società commerciali e per le persone trovate in possesso di sacchetti di polietilene vietati senza la prescritta autorizzazione: è prevista una reclusione da sei a dodici mesi o una multa tra 100.000 e 500.000 Rwf ( da 1500 a 7000 euro circa). Analogamente sono previste sanzioni per chi vende senza autorizzazione tali sacchetti. La nuova legge aggiorna la normativa in vigore fin dal 2006, che vietava in maniera drastica i sacchetti di

plastica inferiori a 100 micron di spessore e che aveva sollevato qualche perplessità in particolare fra i commercianti. Attenzione quindi quando si sbarca a Kigali a non por-tarsi al seguito i soliti sacchetti di plastica da duty free.

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

La bicicletta

La bicicletta è di gran lunga il mezzo di tra-sporto più diffuso in Rwanda, soprattutto in campagna. Fa da mezzo di trasporto per le persone e per le merci. Lungo le strade sterrate che s'inerpicano sulle colline è frequente incon-trare biciclette che fanno da taxi, con il pas-seggero accomodato sul sellino posto sulla ruota posteriore e il guidatore impegnato a pigiare sui pedali nei tratti in cui la pendenza lo permette.

Quando la salita si fa più dura si scende e si spinge, salvo poi recuperare quando si scollina e ci si tuffa in discese mozzafiato, anche quando la strada è sterrata. L'abilità dei guidatori è fuori discussione! Sui pochissimi tratti in asfalto sembrano ciclisti professio-nisti. Mancando in Rwanda, come in moltissimi altri paesi africani della fascia equatoriale, qualsiasi animale da soma ( il cui manteni-mento è ritenuto troppo oneroso in termini di alimentazione) la bicicletta è in pratica l'unico mezzo a disposizione degli abitanti dei villaggi per trasportare merci. E' per que-sto che sulle strade s'incontrano biciclette stracariche di caschi di banane, di sacchi di fagioli o di farina, di casse di birra e di tanto altro.Le biciclette, caricate all'inverosimile, non possono più essere condotte dal guidatore ma solo spinte. A volte si vedono anche dei carichi molto particolari. Avete provato a contare quante galline ci sono sul sellino di questa bicicletta?

Tratto dal Blog "Albe Rwandesi"

37Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è molta, ma gli operai sono

pochi! 38Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella

sua messe!".

(Mt 9,37/38)

Attenzione ai sacchetti di platica quando si arriva a Kigali

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 39

Grazie al vostro aiuto, abbiamo fatto: 1) Acquisto di un terreno nei pressi dell’ospedale di Muhura, destinato alla costruzione di uno spaccio, di alloggi per infermieri e personale sanitario.

2) Acquisto di un terreno di circa due ettari con annessa una pian-tagione di banane, destinato alla produzione di alimenti per la scuola superiore di Cyeza.

3) Acquisto di due piccoli terreni adatti alla costruzione di abitazioni da destinare alle famiglie più biso-gnose, anche questi sulla collina di Cyeza.

4) Acquisto del terreno dove ora sorge la fattoria di Cyeza.

5) Contributo per l’acquisto di un mezzo fuoristrada alla comunità delle suore Oblate dello Spirito Santo di Cyeza.

6) Finanziato la costruzione di un alloggio per i responsabili dei pro-getti.

7) Acquisto di un terreno di circa due ettari, destinato alla coltiva-zione di alimenti da distribuire alla mensa scolastica di Cyeza.

8) Costruzione di una fattoria di bestiame, sulla collina di Cyeza.

8. Fattoria di Cyeza. 2003

9) Realizzato un progetto di apicol-tura nella diocesi di Byumba.

10) Erogato un contributo econo-mico per la spedizione di un con-tainer in Rwanda.

11) Realizzati terrazzamenti radicali sulla collina di Nyinawimana .

11. Terrazzamento radicale. 2004

12) Consegnato materiale didattico per i bambini dalla scuola di Kibali.

13) Realizzato un progetto moder-no per l’allevamento di polli con l’incubatrice.

14) Inviate attrezzature didattiche (televisione, DVD, fotocopiatrice, computer, cancelleria ecc) alla scuola superiore di Cyeza.

15) Portato un contributo annuale alle missioni che ogni anno visi-tiamo.

16) Dal 2003 abbiamo iniziato un progetto di adozioni a distanza, che prosegue con successo, donando speranza ad un numero sempre maggiore di bambini.

16. Adozioni a distanza, dal 2003

17) Erogato un contributo in soste-gno delle Missioni del Burkina Faso.

18) Realizzata una stalla per muc-che e capre a Nyinawimana.

18. Stalla di Nyinawimana. 2005

19) Acquistato bestiame seleziona-to per dare inizio alla produzione.

20) Potenziato il progetto di apicol-tura, sulla collina di Nyinawimana, con tecniche moderne.

20. Apicoltura moderna. 2005

21) Contribuito alla costruzione di un edificio per gli orfani dello Sri Lanka colpiti dal maremoto del 26 Dicembre 2004.

21. Per gli orfani dello Sri Lanka. 2005

22) Realizzata una struttura mul-tifunzionale per lo stoccaggio e la lavorazione della produzione agri-cola della fattoria di Nyinawimana.

Per offerte e donazioni: c/c postale: 32268427 - Istituto Bancario Credito Valtellinese IBAN IT 17 M0521652160000000092361 40

22. Magazzino di Nyinawimana. 2006

23) Fabbricata una cisterna di circa 150.000 litri per la raccolta di acqua piovana da destinare all’irrigazione dei terrazzamenti di Nyinawimana.

23. Cisterna di Nyinawimana. 2006

24) Riforestato il lato sud ovest della collina di Nyinawimana.

25) Erogato un contributo economi-co in aiuto di Radio Maria Rwanda.

26) Progetto di microcredito nella Diocesi di Byumba.

27) Realizzate tre aule scolastiche presso l’istituto di Kibali.

27. Aule scolastiche di Kibali. 2007

28) Dal 2007 abbiamo dato vita ad un progetto di sostegno ai sacerdoti.

29) Costruzione di 47 abitazioni al villaggio BaTwa (pigmei) di Kibali.

29. Abitazioni Villaggio Twa. 2007/8

30) Recupero strutture Parrocchiali a Nyagahanga.

30. Recupero strutture Nyagahanga. 2008

31) Sviluppo attività produttive e cooperative di Nyagahanga.

31. Laboratori di Nyagahanga. 2008

32) Attrezzature Agricole per la fat-toria di Rwesero.

33) Centro Sociale “Alberto Ghilotti” di Nyagahanga.

33. Centro Sociale “Alberto Ghilotti”. 2008

34) Locale cucina annesso al Centro Sociale di Nyagahanga.

34. Locale cucina annessa al Centro Sociale. 2008

35) Realizzato l’acquedotto “Lake Angels” di Kiruri.

35. Acquedotto Lake Angels di Kiriri 2009

36) Progetto MikAn “Affidamento di capre alle famiglie”

36. Progetto MIKAR “consegna al gruppo di Ngarama”

37) Terrazzamento e bonifica agri-cola della collina dei BaTwa di Kibali.

37. Terrazzamento al villaggio Batwa. 2009

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 41

38) Realizzato un edificio atto ad ospitare un laboratorio per la pro-duzione di indumenti di maglieria nella parrocchia di Bungwe.

38. Laboratorio di maglieria a Bungwe 2009

39) Acquistato un motociclo per i responsabili del progetto adozioni.

40) Corsi di formazione e realizza-zione di manuali specifici in col-laborazione con il Centro Sociale “Alberto Ghilotti” di Nyagahanga.

40. Corsi di formazione presso il Centro Sociale. 2009

41) Dato inizio alla produzione su larga scala di jatropha.

42) Pasti quotidiani per i bambini indigenti presso il Centro Sociale di Nyagahanga “dal 2009 grazie al Gruppo Missioni, Caritas parroc-chiale di Piazza al Serchio (Lu)”

42. Locale mensa del Centro Sociale A.G. 2009

42. Pasti per i bambini bisognosi dal 2009

43) Nuove strutture e miglio-rie esterne al Centro Sociale di Nyagahanga.

43. Nuove strutture al Centro di Nyagahanga 2009

43. Pavimentazione esterna al Centro di Nyagahanga 2009

44) Contribuito all’acquisto di un fuoristrada a Nyagahanga.

Accendi un sorriso con il 5 x Mille.

Già dagli anni precedenti, l’Associazione Kwizera, rientra

nell’elenco delle Onlus che ben-eficiano del 5 x mille. Informiamo

quindi tutti i lettori della rivista affinché possano valutare la pos-

sibilità di devolvere alla causa degli “ultimi del mondo” la loro offerta. Vi ricordiamo che la donazione di

questa oblazione non è a vostro carico (non vi costa niente), ma verrà

erogata dallo stato, detraendo dalla dichiarazione dei redditi la suddetta

percentuale.

Passaparola!!!

Associazione Kwizera Onlus

INSERISCI SULLA TUADICHIARAZIONE DEI

REDDITI:

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Info: [email protected] tel. 0583 730440

cell. 328 1888534

“Andate in tutto il mondo e portate il

Vangelo ad ogni creatura”

(Mc 16,15)

Per offerte e donazioni: c/c postale: 32268427 - Istituto Bancario Credito Valtellinese IBAN IT 17 M0521652160000000092361 42

I nostri progetti per la Missione Kwizera 20101)Integrazione popolazione Batwa (Pigmei):Dopo avere completato, nella primavera del 2008, le 47 abitazioni per i rispettivi nuclei familiari che compongono l’esigua popola-zione dei 250 Batwa (pigmei) di Kibali, ci apprestiamo a compiere la prossima mossa in sostegno del popolo dei piccoli uomini. Il progetto abitativo si aggiunge ad un pro-gramma formativo per l’educazione di base, iniziato nel 2006, che mira alla piena inte-grazione di questa comunità nella società Rwandese.Alcuni bambini di piccola età sono stati inseriti nel progetto di “Adozione a distanza”, hanno avuto quindi la possibilità di accedere alle lezioni nel vicino Istituto Scolastico di Kibali. Potranno imparare a leggere e a scrivere, a fare i conti e avranno modo di socializzare con i bambini dei villaggi vicini. Il prossimo passo che a questo punto ci apprestiamo a compiere è quello di inse-gnare loro come si coltiva, facendo piantare ad ogni famiglia qualche albero da frutto ed insegnando i rudimenti dell’agricoltura. Per meglio riuscire in questo intento, prov-vederemo alla realizzazione di una serie di terrazze radicali sull’intero territorio colti-vabile occupato dai Batwa. La superficie complessiva da terrazzare è di circa nove ettari (pressappoco diciotto campi da calcio). Grazie al prezioso contributo del “Comitato Fiaccolata di Gallicano e Valle del Serchio” sono stati terrazzati nel 2009 i primi quattro ettari di collina. Il prossimo anno terrazze-remo i restanti cinque. Non appena avranno appreso queste prime nozioni e la coltivazio-ne degli “orti di famiglia” procederà senza particolari difficoltà, inizieremo ad avvicinare i Twa all’allevamento di piccoli animali come capre, conigli e maiali.È nostra intenzione di adoperarci per miglio-rare le condizioni di vita di questi “originali e stravaganti” abitanti delle foreste che, dopo la progressiva scomparsa del loro abitat naturale, faticano ad integrarsi nel mondo che li circonda.

2)Progetto MIKAN:Progetto: Donare a giovani coppie una capra con l’impegno di trasmettere il primo capretto a una nuova coppia e così di seguito.Finalità: valorizzare queste giovani famiglie, cercando di trasmettere loro il messaggio circa la necessità di affiancare a una vita di

fede anche l'impegno personale necessario a migliorare le proprie condizioni di vita e costruire un futuro migliore per sé e per i figli che verranno. Favorire la nascita di uno spirito comunitario con l’apertura alle altre coppie facenti parte del gruppo e con la cop-pia destinataria del primo capretto.Destinatari: giovani coppie, individuate tra quelle inserite nei percorsi di pastorale fami-liare parrocchiale (eventualmente anche tra i neo sposi all’esito del corso per fidanzati), riunite in gruppi di 25 e coordinate da un referente che dovrà operare in stretto contatto con il parroco, al quale farà capo la respon-sabilità del buon esito del progetto a livello parrocchiale.Riflessioni:E' indubbio che con il Progetto MIkAN, diversamente dai precedenti, abbiamo a che fare molto più direttamente con le persone, con la loro mentalità, con le loro abitudini, in una parola con la loro cultura, con tutte le conseguenze del caso. E' però questo il terreno su cui dobbiamo indirizzare, per il futuro, il nostro impegno come Ass. Kwizera. Come già si è avuto modo di sottolineare in altre occasioni, sembra sia giunto il tempo di privilegiare tutti quegli interventi che favori-scano, nei modi più diversi, la crescita della responsabilità e la valorizzazione delle qualità personali dei nostri amici rwandesi piutto-sto che continuare in realizzazione, magari importanti, ma non sempre adeguatamente valorizzate e vissute. 3)Sostegno alle Parrocchie:Mons. Nzakamwita Servilien, Vescovo di Byumba, chiede all’ Associazione Kwizera di continuare il servizio di dare la speranza alla comunità rwandese, portando il desiderio ai nostri cari amici e benefattori di sostenere i sacerdoti della Diocesi di Byumba offrendogli le Sante Messe da cele-brare per i loro defunti e per le loro intenzioni.Dice il Vescovo: “Sarebbe non soltanto un aiuto materiale per questa generazione di sacerdoti molto entusiasti di portare avanti la missione riconciliatrice del nostro popolo, ma anche una solidarietà tra le chiese offrendosi gli uni agli altri nell’unità di lode e di ringra-ziamento, donando al Signore le intenzioni particolari di ciascuno di noi”.L’augurio del Vescovo è che questo scambio di preghiere e di aiuto fraterno possa dare

ancor più vitalità all’ Associazione Kwizera Onlus che è il solido ponte di collegamento e di incontro tra il nostro popolo in cammino di liberazione dalle povertà ed i nostri cari benefattori.Giriamo questa richiesta di sua eccellenza a tutti i nostri sostenitori.Chiunque desiderasse far celebrare delle Sante Messe per i propri defunti o per le private intenzioni è pregato di contattarci per E-Mail [email protected] oppure per telefo-no al: 0583 730440, mobile: 328 1888534..

4)Sostegno logistico al centro polifun-zionale di Nyagahanga:L’Associazione Kwizera Onlus, per il trami-te del Centro Sociale A.G. di Nyagahanga, ha raggiunto un accordo di collaborazione con l’EFA, la scuola secondaria di indirizzo agricolo di Nyagahanga, avente la finalità di prestare alla popolazione locale, in pre-valenza dedita all’agricoltura, un’assistenza in termini di diffusione delle conoscenze e delle tecniche atte a migliorare le attività in campo agricolo, sia per quanto attiene le colture che l’allevamento degli animali, con l’obiettivo finale di migliorare le condizioni di vita della comunità locale. Quaderni del Centro Sociale A.G. Come primo ambito di collaborazione è stato individuata la realizza-zione di una serie di (Quaderni), di non più di quindici pagine che, con un linguaggio alla portata dei destinatari, forniscano le cono-scenze di base per l’allevamento di diverse specie animali e la coltivazione di prodotti, già localmente presenti, oltre che l’eventuale introduzione di nuove colture. L’EFA curerebbe la stesura del testo, restando alla responsabi-lità del Centro la pubblicazione e la diffusione.Per il contenuto si attingerebbe ai manuali CTA, con gli adattamenti ritenuti necessari per venire incontro alle esigenze della realtà locale.Il primo Quaderno dovrebbe riguardare l’alle-vamento delle capre in quanto di immediato uso nell’ambito del Progetto MIkAN. I titoli successivi saranno scelti sulla base delle riscontrate esigenze provenienti dalla comu-nità agricola locale.I Quaderni saranno diffusi nell’ambito della diocesi di Byumba a titolo gratuito. L’opera di diffusione delle conoscenze potrà essere supportata da altri strumenti ritenuti idonei quali per es. incontri di formazione o confe-

Associazione KWIZERA ONLUS Gruppo Missionario di Gallicano Via Cavour, 37 - 55027 Gallicano LU - Tel. 0583.730440 - Cell. 328.1888534 - e.mail: [email protected] - www.kwizera.it 43

renze. Progetto Jatropha Il progetto prevede l’in-troduzione in ambito locale della coltura della pianta della Jatropha. Si tratta di una pianta dai cui semi si ricava del biocarburante, che bene si adatta anche ai territori aridi e che in una zona collinare come quella rwandese avrebbe, per le sue caratteristiche, la funzione non secondaria di contrastare l'erosione dei terreni e di trattenere l'acqua piovana sui terrazzamenti. In collaborazione con l’ EFA, la scuola secondaria di agricoltura presente a Nyagahanga, si procederà alla creazione di un vivaio a cui potranno attingere i contadini che ne facciano richiesta per avere le piantine da mettere a dimora per la loro destinazione definitiva. Il vivaio è ritenuta la soluzione migliore in quanto, nella fase di semina e nei primi mesi immediatamente successivi, la jatropha necessita di acqua e di qualche attenzione. In questi mesi il Centro, per il tramite di Don Paolo, parroco di Nyagahanga, ha già avuto modo di procedere a una prima semina della jatropha e a ottenere le prime piantine.In previsione del primo raccolto, quindi a non meno di tre anni dall’avvio del progetto, il Centro studierà tutti gli interventi necessari per lo sfruttamento del seme. 5) Attrezzature didattiche e contributo economico alla scuola di Kibali: Continua questa iniziativa in aiuto dei bambini indigenti del nord del Rwanda. La scuola dista pochi chilometri dalla città di Byumba, situata in una zona molto povera del paese. È una struttura (scolastica) abbastanza grande, gli alunni dell’anno scolastico 2008 2009 sono stati 2003, molti di loro sono privi di mezzi e non riescono nemmeno ad acqui-stare un quaderno o una penna.Porteremo loro il materiale didattico neces-sario per consentirgli di ottenere una buona istruzione di base. Questo importante proget-to, di sostegno all’infanzia, si inserisce piena-mente con l’iniziativa di integrazione sociale dei bambini Twa (Pigmei) ed il programma di “Adozione a Distanza”. Tutte queste iniziative mirano all’aiuto concreto di quella che in real-tà è, a nostro parere, la classe più debole ed indifesa della comunità Rwandese: i bambini. Assegneremo inoltre alla direzione didat-tica un contributo economico da investire nell’ambito scolastico.

6) Istituto Scolastico di Kiruri:Dopo la brillante esecuzione dell’opera idrica “Acquedotto Lake Angels” realizzato nel 2009 abbiamo deciso di indirizzare un nuovo aiuto

alla popolazione di questo piccolo villaggio.Durante la visita è apparsa evidente la neces-sità di realizzare nuove aule capaci di ospitare una parte dei numerosi bambini che frequen-tano la struttura. Realizzeremo un edificio con cinque aule di 60 metri quadri ciascuna. L’edificio della lunghezza di oltre 41 metri servirà ad alleviare la penuria di aule scola-stiche. Fino ad oggi i bambini erano costretti a frequentare le lezioni ammassati anche in 4 per banchino. Nelle belle giornate le lezioni si spostavano sotto un albero con i problemi e le distrazioni che inevitabilmente si veri-ficano in uno spazio all’aperto. Il comitato locale che gestirà il progetto è lo stesso della realizzazione precedente. I lavori verranno eseguiti con tecniche d’avanguardia tenendo in considerazione l’aspetto della luminosità interna dei locali, in modo da agevolare la lettura degli studenti. Come al solito la manodopera non specializzata verrà fornita gratuitamente dai genitori degli alunni e dagli abitanti del villaggio. Questo modo di operare coinvolgendo al massimo tutte le realtà locali è, a nostro parere, il migliore per non cadere nell’assistenzialismo e creare una coscienza sociale all’interno delle piccole comunità. Come il precedente progetto eseguito a Kiruri anche l’edificio scolastico verrà realizzato con l’aiuto dei Lake Angels, gli amici di Barga in provincia di Lucca, che da anni condividono con noi progetti in aiuto degli amici rwandesi. 7) Aula di informatica: Conoscere per crescere, è questa la filosofia di Kwizera. Dai colloqui preparatori che hanno portato all’avvio del Progetto Cagefa è emersa la grave carenza di conoscenze informatiche fra il corpo docente dell’EFA e fra gli alun-ni della scuola. Esigenze di apprendere le conoscenze di base nell’uso del computer sono emerse anche all’interno della comunità locale.Si è pertanto deciso di allestire un’aula infor-matica con la strumentazione necessaria ( una decina di postazioni pc) nei locali del Centro A.G. , dove tenere dei corsi sull’uso del com-puter riservati al corpo docente dell’EFA e della scuola primaria di Nyagahanga, agli stu-denti che ne faranno richiesta e a esponenti interessati della comunità locale.L’aula di informatica verrà intitolata alla

memoria di Alberto Biagioni, amico di Borgo a Buggiano (Pt) deceduto nell’agosto del 2009 dopo un incidente stradale.

8) Progetto adozioni a distanza: Continua il progetto di adozione a distanza che fino ad oggi ha riscosso un grande inte-resse.Che cosa è: un servizio alla vita, nel nome della Speranza.Un gesto solidale e concreto, alla portata di tutti: singoli, famiglie, gruppi…Consiste nel sostegno economico mirato a garantire ad uno o più bambini i beni primari: alimenti, medicinali, vestiario, istruzione ed educazione.L’espressione “adozione a distanza” ha in sé alcune intuizioni importanti; gli aiuti vanno ai bambini che sono, presso tutti i popoli, la parte più debole ed indifesa, ancor più laddove regnano la guerra, la fame e molte altre difficoltà.La parola “adozione” contiene in sé l’idea di continuità; non basta dare un aiuto una tantum, ma trattandosi di bambini, bisogna essere loro vicini per un periodo relativamente lungo, come una madre si cura dei suoi figli e li aiuta fino a quando non sono grandi ed autonomi.A distanza, perchè i piccoli vengono aiu-tati dove sono nati, senza sradicarli dal loro mondo, dalla loro cultura, dalla loro terra e dall’ambiente familiare.L’adozione a distanza offre a tutti, giovani ed adulti, ma soprattutto alle famiglie ed alle comunità, la possibilità di “accendere” nella vita di questi bambini una luce di speranza e di gioia, contribuendo, con questo gesto di solidarietà concreta, ad offrire ad un bambino rwandese un’infanzia più serena.Informiamo chi fosse interessato, che il con-tributo per l’adozione è di 115,00 Euro annui.

Sono questi i progetti che ci sono stati presentati come prioritari dai nostri referenti locali, sono questi i pro-grammi che, con il vostro contributo, cercheremo di realizzare.

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Cinque per mille: una firma che può fare molto per chi ha nienteLa crisi che ormai da diversi mesi sta facendosi sentire in tutto il mondo, incidendo sulla vita quoti-diana delle famiglie e sulle economie degli stati, si ripercuote anche sull’attività delle associazione del volontariato che trovano sempre maggiori difficoltà a reperire nuovi fondi per finanziare le iniziative a favore dei più bisognosi. Per fortuna esiste il meritorio strumento del cosiddetto 5 per mille. Con una semplice firma, senza alcun aggravio sulle già provate tasche di ognuno di noi, si può decidere di asse-gnare il 5 per mille dell’IRPEF a un’associazione operante nel volontariato di nostra scelta. Tra queste c’è l’Associazione Kwizera Onlus operante a favore delle popolazioni del Rwanda. Perché Kwizera Onlus dovrebbe essere destinataria del tuo 5 per mille è subito detto. Perché per ogni euro raccolto ben 90 centesimi si concretizzano in progetti in terra rwandese. Nel 2008 sono stati destinati ai diversi progetti condotti in Rwanda centomila euro. Tale cifra rappresenta il 90,5% dell’intero ammontare dei fondi che benefattori e sponsor hanno messo a disposizione dell’Associazione. Un risultato che tiene conto di costi di gestione, contenuti nei limiti del 2,1% dei fondi raccolti, e delle spese per le pubblicazioni ( la bella rivista annuale e il calendario) e per le iniziative sociali che incidono complessivamente per il 6,9%. Tali risultati sono il frutto del grande impegno nella raccolta dei fondi e del contributo total-mente gratuito dei volontari impegnati nell’Associazione che arrivano a pagarsi di tasca propria anche il costo, non particolarmente contenuto, dei viaggi in Rwanda. Fa piacere sottolineare l’ottimo livello di efficienza con cui i responsabili di Kwizera hanno saputo gestire i fondi che con fiducia sono stati loro affidati da tanti benefattori. Efficienza e trasparenza nella gestione, coniugate con l'impegno e la dedizione dei volontari, sono il grande patrimonio di un’Associazione che da anni sa far incontrare generosità e bisogni. Tutti i progetti condotti a termine in questi anni e le iniziative in corso le puoi trovare sul sito www.kwizera.it o scorrendo i post di http://alberwandesi.blogspot.comMartino Ghilotti

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Per contribuire alla causa degli ultimi del mondo non servono particolari doti o straordi-narie capacità. Non occorre neppure avventurarsi in una faticosa trasferta in Rwanda…

ma portare i Rwandesi nel cuore!Solo quelli che sono tanto pazzi, da pensare di cambiare il mondo, a volte rie-

scono a farlo… Unisciti a noi e insieme, a piccoli passi lo cambieremo!