FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di...

63
Universit ` a degli studi di Trieste FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Fisica Progetto e costruzione di un apparato per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo Milotti Sessione Straordinaria Anno Accademico 2008/2009

Transcript of FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di...

Page 1: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

Universita degli studi di Trieste

FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea in Fisica

Progetto e costruzionedi un apparato

per la realizzazione di ologrammi

Tesi di Laurea triennale in Fisica

Laureando:

Nevio Daneluz

Relatore:

Chiar.mo Prof.

Edoardo Milotti

Sessione Straordinaria

Anno Accademico 2008/2009

Page 2: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

2

Page 3: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

Indice

Introduzione 1

1 Teoria 3

2 Tecniche olografiche e tipi di ologrammi 9

2.1 Classificazioni generali possibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

2.2 Metodi diretti per la registrazione olografica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2.2.1 Ologramma fuori asse (di Leith-Upatnieks) . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.2.2 Ologramma a riflessione (di Denisyuk) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.3 Metodi indiretti per la registrazione olografica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.3.1 Ologramma image-plane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2.3.2 Ologramma a riflessione ed a trasmissione in due passi . . . . . . . . . 17

2.3.3 Ologramma rainbow . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

3 Apparato sperimentale 23

3.1 Banco ottico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

3.2 Laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

3.3 Filtro spaziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

3.4 Specchi e beam splitters . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

3.5 Lenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

3.6 Otturatore elettronico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

3.7 Staffe per il bloccaggio dei componenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3.8 Supporti per le lastre olografiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3.9 Lastre olografiche e reagenti per lo sviluppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

4 Configurazioni usate, risultati 37

4.1 Ologrammi a riflessione a singolo fascio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

4.2 Ologrammi a riflessione a doppio fascio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

4.3 Ologrammi a trasmissione a doppio fascio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

i

Page 4: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

ii

4.4 Ologrammi a trasmissione a triplo fascio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

4.5 Ologrammi a riflessione in due passi (H1-H2) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

4.6 Ologrammi a trasmissione in due passi (H1-H2) . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

4.7 Ologrammi rainbow . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

4.8 Ologrammi image-plane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

4.9 Ologrammi a 360° . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

5 Appendice 51

5.1 Appendice A: tecniche olografiche, complementi . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

5.1.1 Ologramma in asse (di Gabor) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

5.1.2 Ologramma di Fourier (senza lenti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

5.1.3 Ologramma di Fraunhofer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

5.1.4 Ologramma di Fourier (con lenti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

5.2 Appendice B: schemi elettrici dell’otturatore

elettronico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

5.3 Appendice C: soluzioni e procedimento per lo

sviluppo degli ologrammi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

Bibliografia 59

Page 5: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

Introduzione

L’olografia - dal greco holos (completa) e graphein (scrivere) - consiste in un sistema per

la registrazione e successiva visualizzazione tridimensionale di immagini e informazioni. Tale

tecnica fu ideata da Denis Gabor, premio premio Nobel nel 1971. Le numerose applicazioni

di questa tecnica nel campo della scienza, dell’ingegneria, della grafica e dell’arte hanno fatto

sı che, al giorno d’oggi, quello dell’olografia risulti uno tra i campi maggiormente in via di

sviluppo nell’ottica moderna.

Per una chiara comprensione del fenomeno che sta alla base dell’olografia, puo esser utile

comparare la tecnica fotografica e quella olografica.

Per esser in grado di vedere un oggetto, dobbiamo permettere ai nostri occhi di ricevere la

luce emessa dallo stesso, che siamo quindi tenuti a illuminare. La luce diffusa dall’oggetto

e quella che chiamiamo onda oggetto e contiene tutte le informazioni che riguardano la sua

forma esteriore; essa e costituita dalla sovrapposizione di tutte le onde emesse da ogni punto

dell’oggetto. Se si riuscisse a registrare questa luce e ad emetterla successivamente con un

proiettore o display, l’immagine dell’oggetto non sarebbe distinguibile dall’oggetto stesso.

Utilizzando una comune macchina fotografica per immagazzinare l’informazione dell’onda

oggetto, sulla pellicola viene registrata solamente la distribuzione delle intensita di luce che

la colpisce, mentre tutte le informazioni riguardanti fase e ampiezza vengono perse. Di con-

seguenza l’onda luminosa registrata - e quindi quella che viene emessa quando si riproduce

l’immagine - contiene un’informazione minore rispetto all’onda emessa dall’oggetto. Ne risul-

ta un’immagine bidimensionale.

Nella banda radio, fino alle microonde, e possibile rivelare direttamente ampiezza e fase,

ma questo non e ancora possibile nel caso della radiazione visibile: le pellicole fotosensibili

e i sensori ottici elettronici (CMOS, CCD, fotodiodi, fotomoltiplicatori) sono in grado di

captare solamente l’irradianza della luce visibile. Per registrare ampiezza e fase dell’onda

elettromagnetica nella regione visibile e dunque necessario ricorrere ad alcuni stratagemmi.

L’olografia, in particolare, sfrutta l’interferenza della luce convertendo l’informazione di fase

e ampiezza in informazione d’irradianza.

Per realizzare un ologramma e indispensabile, in primo luogo, l’uso di una sorgente di luce

1

Page 6: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

2 INTRODUZIONE

coerente (laser) da utilizzare per l’illuminazione della pellicola olografica e dell’oggetto in

questione. La pellicola quindi deve essere raggiunta sia dalla luce di riferimento emessa di-

rettamente dal laser che da quella emessa dall’oggetto; queste, interferendo creano sulla pel-

licola una ben precisa sequenza di frange d’interferenza. E in questo schema d’interferenza

che s’immagazzina sia l’informazione sull’ampiezza dell’onda oggetto che quella riguardante

la sua fase, persa nella tecnica fotografica. L’informazione su ampiezza e fase sono contenute,

rispettivamente, nella modulazione della luminosita delle frange d’interferenza e nella distan-

za che le separa. Dopo aver sviluppato chimicamente la pellicola olografica, si ottiene cio che

viene chiamato ologramma. Per riprodurre l’onda oggetto desiderata, e sufficiente inviare

all’ologramma un fascio di luce coerente il piu possibile simile al fascio di riferimento utilizza-

to nella registrazione. La diffrazione data data dallo schema d’interferenza dell’ologramma,

permette di ricostruire l’onda oggetto desiderata, e di avere un’immagine tridimensionale

dell’oggetto di partenza.

Lo scopo di questa tesi e quello di dare una breve descrizione sperimentale di come si puo

costruire ed utilizzare un apparato ottico per la realizzazione di ologrammi a trasmissione

e a riflessione in luce bianca. La tesi si aprira con una breve trattazione teorica del meto-

do di registrazione olografica; si parlera, poi, delle diverse tipologie di ologrammi; in seguito

verra descritta la strumentazione costruita con i relativi problemi incontrati durante la realiz-

zazione; infine, si vedranno gli ologrammi creati, discutendo di volta in volta le configurazioni

sperimentali adottate.

Page 7: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

1

Teoria

Prima di affrontare la parte sperimentale, riassumo le basi teoriche che permettono la

registrazione di un’immagine tridimensionale con tecnica olografica.

La luce visibile e un’onda elettromagnetica con lunghezza d’onda tra i 400 ed i 700 nm circa.

In questa breve trattazione matematica considero solamente il suo campo elettrico E, che si

puo descrivere nel tempo come la parte reale di una funzione oscillante del seguente tipo

E(z, t) = Ae−i(ωt−kz+ϕ) = Ae−i(ωt+Φ) (1.1)

ω indica la frequenza angolare, k = 2π/λ e il numero d’onda, ϕ e il fattore di fase (per

le quantita complesse usiamo il carattere grassetto). Per comodita ho introdotto la fase

Φ = ϕ − kz. In questo scritto non vengono discusse le questioni relative alla polarizzazione

della luce, in quanto fortemente legate alle proprieta di coerenza della stessa.

Le emulsioni fotografiche sono rivelatori che integrano l’irradianza della luce su tempi che

sono molto piu lunghi del periodo di oscillazione della luce visibile, e quindi l’annerimento di

una pellicola e funzione del valore medio dell’irradianza:

I(r) = ε0〈|E(r, t)|2〉 (1.2)

dove I(r) indica l’irradianza nel punto r e la parentesi triangolare denota la media temporale.

Per un’onda monocromatica il campo elettrico fattorizza in una parte E(r) dipendente soltan-

to dalla posizione e in un’oscillazione di tipo sinusoidale; quindi l’espressione per l’irradianza

diventa:

I(r) =ε0

2|E(r)|2 (1.3)

La descrizione degli ologrammi richiede il campo elettrico in alcuni punti dello spazio dunque

la parte temporale viene fattorizzata ed infine eliminata dall’operazione di media: possiamo

3

Page 8: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

4 TEORIA

Figura 1.1: Onda piana incidente su un ologramma.

percio eliminare l’esponenziale oscillante dipendente dal tempo gia nella descrizione dei campi

elettrici, e semplificare in questo modo la trattazione matematica:

E(z) = Ae−i(ϕ−kz) = Ae−iΦ (1.4)

Vediamo ora l’interferenza delle due onde sopra descritte (onda oggetto o e onda di riferimento

r) sullo strato olografico. Sia l’ampiezza complessa del loro campo elettrico che la fase

dipendono dalle coordinate x, y che delineano il piano della pellicola olografica. Possiamo

scrivere le due ampiezze sul piano dell’ologramma

o(x, y) = |o(x, y)|e−iΦ = o(x, y)e−iΦ (1.5)

r(x, y) = re−iΨ = re2πiσrx (1.6)

dove r e costante perche assumiamo un’illuminazione uniforme; la fase Ψ dipende dall’angolo

d’incidenza δ nel seguente modo:

Ψ = −2πsin δ

λx = −2πσrx (1.7)

σr e la frequenza spaziale, ed il suo inverso corrisponde alla distanza dei fronti d’onda del-

l’onda di riferimento sulla pellicola olografica (σr = 1/dr).

Prima di proseguire, precisiamo che la seguente trattazione riguarda la tipologia di ologramma

piu importante, ovvero quella fuori asse a trasmissione (off-axis transmission holography).

L’intensita risultante nel piano della pellicola e data dal modulo quadro della somma delle

Page 9: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

5

ampiezze complesse dei due campi:

I = |r(x, y) + o(x, y)|2

= |r(x, y)|2 + |o(x, y)|2 + r∗(x, y)o(x, y) + r(x, y)o∗(x, y)

= r2 + o2 + ro(x, y)e−2πiσrxe−iΦ(x,y) + ro(x, y)e2πσrxeiΦ(x,y)

= r2 + o2(x, y) + 2ro(x, y) cos[2πiσrx+ Φ(x, y)] (1.8)

Quest’espressione ci fa vedere come la distribuzione delle intensita sulla pellicola olografi-

ca contenga sia l’ampiezza dell’onda oggetto o(x, y) che la sua fase Φ(x, y). L’ampiezza

o(x, y), in particolare, modula la luminosita, mentre la fase modula la frequenza spaziale

(frange/lunghezza) σr. Nei materiali fotografici comunemente utilizzati, la trasparenza (o la

trasmissione) della pellicola diminuisce proporzionalmente all’irradianza nel punto in consi-

derazione ed alla durata dell’esposizione τ . Possiamo scrivere il coefficiente di trasmissione

per l’irradianza come

t = t0 + γτI = t0 + γρ (1.9)

con t0 coefficiente di trasmissione per τ = 0, ρ densita di energia della luce (energia per unita

di superficie) nel punto, chiamata comunemente esposizione, e γ parametro negativo caratte-

ristico del materiale fotosensibile. Inserendo l’espressione dell’irradianza I precedentemente

ricavata, possiamo esplicitare il coefficiente di trasmissione t ottenendo:

t(x, y) = t0 + γτ(r2 + o2(x, y) + ro(x, y)e−2πiσrxe−Φ(x,y) +

+ro(x, y)e2πiσrxeΦ(x,y)) (1.10)

che costituisce la funzione di trasmissione registrata sull’ologramma vero e proprio (ovvero

lo schema d’interferenza). Per la ricostruzione dell’immagine tridimensionale dell’oggetto di

partenza, si deve illuminare l’ologramma appena creato con un fascio uguale a quello usato

come riferimento nella registrazione r(x, y). Ovviamente tale fascio puo differirne per quanto

riguarda l’ampiezza, che essendo sempre un fattore comune nelle espressioni non influisce nel

ragionamento, bensı solamente nella visibilita finale dell’immagine olografica. L’ologramma

t(x, y) agisce su tale onda di riferimento semplicemente come un filtro, e l’ampiezza complessa

u della luce che ne emerge e data dal prodotto

u(x, y) = r(x, y)t(x, y) (1.11)

Dalla 1.11 e dalle equazioni precedenti, si ricava:

u(x, y) = (t0 + βτr2)r(x, y)

+γτo2(x, y)r(x, y)

+γτr2o(x, y)

+γτr2o∗(x, y)e4πiσrx (1.12)

Page 10: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

6 TEORIA

Il primo termine indica una riduzione dell’intensita luminosa dell’onda di riferimento.

Il secondo termine e generalmente piccolo, in quanto durante la registrazione o(x, y) < r(x, y).

A differenza del primo che e costante (r(x, y) = cost) questo varia lentamente nel piano (basse

frequenze spaziali) e crea un’alone luminoso attorno all’immagine dell’oggetto. Questi primi

due termini formano l’ordine di diffrazione zero.

Il terzo termine riporta l’onda oggetto moltiplicata per un fattore costante, ed e questo che

permette la visione dell’immagine olografica dell’oggetto. Tale onda e divergente nella di-

rezione dell’osservatore, e quindi crea un’immagine virtuale dal lato opposto di costui (nella

posizione originale dell’oggetto). Tale immagine e virtuale in quanto l’onda non converge in

un’immagine reale (quindi non si puo proiettare su di uno schermo). Questo rappresenta il

primo ordine di diffrazione.

Il quarto termine contiene il complesso coniugato dell’onda oggetto, e rappresenta l’ordine

di diffrazione -1. Quest’onda non e piu divergente come per il terzo termine, bensı conver-

gente, creando cosı un’immagine coniugata reale dalla parte dell’osservatore (che puo essere

proiettata su uno schermo). Nell’onda coniugata la fase cambia segno rispetto a quella non

coniugata o, e la prospettiva cambia in modo da trasformare una superficie da concava a

convessa, e viceversa. Questa immagine reale e chiamata pseudoscopica al contrario della

normale immagine che e chiamata ortoscopica. Di solito in olografia vengono create quasi

sempre due immagini, quella normale e quella coniugata. Per quanto riguarda la posizione di

tale immagine, notiamo che l’onda oggetto coniugata e moltiplicata per un fattore costante

e per un’esponenziale complesso; quest’ultimo fa sı che l’immagine stia ad un angolo che e

doppio rispetto all’angolo d’incidenza misurato rispetto all’onda di riferimento. A causa di

questo fattore esponenziale, la posizione geometrica dell’immagine reale risulta molte volte

sfavorevole. Dato che questa e l’unica immagine che puo esser utilizzata come “nuovo ogget-

to” nell’olografia a due stadi, si e cercato un modo di riprodurla che consenta una maggior

accessibilita. In particolare si e ottenuto cio invertendo la direzione dell’onda di riferimento.

Lo stesso effetto puo esser ottenuto ruotando l’ologramma di 180 attorno ad un’asse perpen-

dicolare alla direzione del fascio di riferimento. Matematicamente possiamo scrivere l’onda

di riferimento invertita come

r′(x, y) = re−iΨ′

(1.13)

dove

Ψ′ = −2πsin(δ + π)

λx = 2π

sin δ

λx = 2πσrx = −Ψ (1.14)

Quindi:

r′(x, y) = re2πiσrx = (reiΨ)∗ = r∗(x, y) (1.15)

Page 11: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

7

Dunque r′(x, y) non e altro che la precedente espressione di r(x, y) complessa coniugata.

L’onda ricostruita sara percio:

u′(x, y) = r∗(x, y)t(x, y) (1.16)

Da cui:

u′(x, y) = (t0 + βτr2)r∗(x, y)

+γτo2(x, y)r∗(x, y)

+γτr2o(x, y)e4πiσrx

+γτr2o∗(x, y) (1.17)

I tre ordini di diffrazione possono essere interpretati come i precedenti. Come si puo vedere

i primi due termini sono equivalenti a quelli ricavati utilizzando come onda di riferimento

r anziche r∗, con la differenza che qui la direzione dell’onda di riferimento e opposta. Nei

rimanenti due termini invece si puo notare come il fattore esponenziale (quello che preceden-

temente era responsabile della scomoda posizione dell’immagine reale pseudoscopica) si sia

spostato dal quarto al terzo termine, andando cosı ad influire sulla posizione dell’immagine

virtuale ortoscopica anziche su quella della reale pseudoscopica data dall’onda oggetto coniu-

gata. In questo modo viene proiettata un’immagine reale nella posizione in cui originaria-

mente era presente l’oggetto, immagine che puo essere usata come nuovo oggetto nell’olografia

a due stadi.

Page 12: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo
Page 13: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

2

Tecniche olografiche e tipi di ologrammi

Vediamo ora che diverse tipologie di ologrammi esistono, in che cosa si differenziano l’una

dall’altra e che schemi ottici sono utilizzati per la loro realizzazione.

2.1 Classificazioni generali possibili

La classificazione degli ologrammi e solitamente basata sul sistema adottato per la visua-

lizzazione dell’immagine olografica che essi contengono. Si hanno ologrammi a trasmissione

se tale immagine e riprodotta osservando la luce trasmessa, ed ologrammi a riflessione se essa

e visibile osservando la luce riflessa.

Un’altra distinzione viene fatta in base al sistema tramite il quale la figura di diffrazione

dell’ologramma riesce a costruire l’immagine olografica. Nella maggior parte dei casi, lo stra-

to fotosensibile dopo lo sviluppo chimico e formato da frange opache costituite da piccoli

grani d’argento e frange trasparenti. Durante la ricostruzione la luce di riferimento inviata

viene diffratta dalla figura d’interferenza: le frange scure assorbono la luce mentre quelle

chiare la lasciano passare. Un ologramma che produce l’immagine in questo modo e detto

ologramma in ampiezza (amplitude hologram) in quanto il compito del reticolo di diffrazione

e quello di modulare l’ampiezza puntuale dell’onda di riferimento entrante. A causa della loro

bassa efficienza pero, gli ologrammi in ampiezza sono sottoposti molte volte ad un processo

che li rende in grado di modulare la fase dell’onda anziche l’ampiezza, aumentandone cosı l’ef-

ficienza. Il metodo piu comune consiste nell’immergere l’ologramma in un bagno sbiancante,

in grado di convertire grani d’argento in un alogenuro d’argento translucido dall’alto indice di

rifrazione. In alternativa l’argento puo esser rimosso completamente dall’emulsione adottando

altri bagni chimici. L’immagine di diffrazione ottenuta e dunque formata da aree adiacen-

9

Page 14: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

10 TECNICHE OLOGRAFICHE E TIPI DI OLOGRAMMI

Figura 2.1: Rappresentazione di un ologramma volumetrico a trasmissione (a) e di un

ologramma volumetrico a riflessione (b).

ti aventi differente indice di rifrazione, e quello che prima era un ologramma in ampiezza e

trasformato in questo modo in un ologramma in fase (phase hologram).

Una terza caratteristica che permette di distinguere gli ologrammi e lo spessore d del-

l’emulsione, comparato alla distanza media tra le frange d’interferenza dg dell’ologramma.

Se d � dg si parla di ologrammi sottili, mentre nel caso d � dg di ologrammi spessi o

volumetrici. Lo spessore dell’emulsione olografica gioca un ruolo molto importante nell’effi-

cienza di diffrazione, ovvero nella luminosita dell’immagine ricostruita. Ologrammi sottili in

genere hanno una bassa efficienza di diffrazione mentre ologrammi spessi riescono a genera-

re un’immagine molto luminosa. Gli ologrammi sottili in ampiezza presentano un’efficienza

massima del 6.25%, valore che si puo ottenere dal rapporto tra le intensita delle onde diffratte

nel primo ordine di diffrazione e l’intensita dell’onda entrante. Gli ologrammi sottili in fase

invece hanno un assorbimento di luce molto minore a causa della rimozione dei grani d’ar-

gento opachi che costituivano le frange scure della figura d’interferenza. Possiamo scrivere la

trasmissione dell’ologramma (complessa) come

t(x) = t(x)eiΦ(x) (2.1)

Negli ologrammi in ampiezza quella ad esser modulata e t(x), mentre Φ(x) rimane costante.

Negli ologrammi in fase invece accade esattamente l’opposto, ovvero t(x) e costante e Φ(x)

modulata con una funzione periodica (seno-coseno). Si puo vedere che per tali ologrammi

l’efficienza massima e del 33.9%.

La prima registrazione di un ologramma spesso fu eseguita da Denisyuk nel 1962. A dif-

ferenza degli ologrammi sottili, in questo caso lo spessore dello strato di emulsione riveste un

ruolo fondamentale. Il parametro piu importante per la classificazione e il rapporto tra la

distanza delle righe o piani d’interferenza e lo spessore del layer fotosensibile.

La figura 2.1 riporta un esempio di un ologramma spesso a trasmissione e di uno spesso a

riflessione. La distanza particolare dei piani reticolari (zone scure) che agiscono da spec-

Page 15: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

2.2 Metodi diretti per la registrazione olografica 11

chi semitrasparenti, dipende fondamentalmente dall’angolo formato tra l’onda di riferimento

e l’onda oggetto durante la registrazione. La prima figura (a) riguarda un ologramma a

trasmissione, e come tale possiede piani reticolari perpendicolari (o vicini alla posizione per-

pendicolare) allo strato fotosensibile. Tale disposizione dei piani e generata quando le due

onde colpiscono lo strato dallo stesso lato; la loro differenza di cammino infatti si mantiene

pressocche costante lungo tutto lo spessore dell’emulsione, facendo si che esse interferiscano

dando sempre la stessa intensita luminosa. La seconda figura (b) riguarda invece un olo-

gramma a riflessione. In esso i piani reticolari sono approssimativamente paralleli allo strato

fotografico. Questo perche le due onde che generano la figura di diffrazione provengono dai

due lati opposti, e quindi uno spostamento nella direzione perpendicolare al piano implica

una grande differenza di cammino delle due onde, con conseguente variazione d’intensita lu-

minosa. In figura e rappresentata anche la costruzione dell’onda oggetto attraverso l’invio di

un’onda di riferimento.

2.2 Metodi diretti per la registrazione olografica

Per registrare un ologramma e necessario far interferire tra loro due fasci di luce, quello

proveniente dall’oggetto e quello di riferimento. In tal modo si registra nell’immagine d’inter-

ferenza tutte le informazioni riguardanti l’onda oggetto. In base alla direzione di provenienza

delle due onde ed alla posizione della lastra olografica rispetto a quella dell’oggetto, possono

essere definiti diversi metodi olografici, aventi ognuno delle specifiche proprieta. Analizzeremo

in primo luogo quelli che prendono il nome di metodi diretti ovvero che non usano nessun’im-

magine intermedia generata da lenti od altri ologrammi durante la registrazione. Possiamo

schematizzare la sovrapposizione dell’onda oggetto e l’onda di riferimento con la figura 2.2.

In figura 2.2a possiamo vedere i fronti d’onda creati dall’interferenza di un’onda di riferimen-

to sferica e un’onda oggetto anch’essa sferica (consideriamo l’oggetto come puntiforme). La

figura 2.2b riporta invece lo stesso fenomeno d’interferenza nel quale si e usata come riferi-

mento un’onda piana. In funzione della posizione in cui collochiamo lo strato fotosensibile,

possiamo definire i seguenti tipi di ologrammi:

� Ologramma in asse (di Gabor)

� Ologramma fuori asse (di Leith-Upatnieks)

� Ologramma di Fourier (senza lenti)

� Ologramma di Fraunhofer

� Ologramma a riflessione (di Denisyuk)

Page 16: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

12 TECNICHE OLOGRAFICHE E TIPI DI OLOGRAMMI

Figura 2.2: Frange d’interferenza durante la registrazione di ologrammi di un oggetto pun-

tiforme O. 1 Ologramma in asse di Gabor; 2, 2’ Ologrammi fuori asse di Leith-Upatnieks

(sottili); 2” Ologramma fuori asse (spesso); 3 Ologramma di Fourier (senza lenti); 4 Olo-

gramma di Fraunhofer; 5 Ologramma a riflessione di Denisyuk (spesso); 5’ Ologramma

a riflessione (transizione spesso-sottile). Figura tratta da: [1]

Di queste, le tipologie di ologrammi che ho testato sperimentalmente sono quella fuori asse

e quella a riflessione. Nel seguito si riporta una descrizione di tali due tecniche olografiche,

lasciando all’appendice A le rimanenti.

2.2.1 Ologramma fuori asse (di Leith-Upatnieks)

Questo tipo di ologramma nasce dalla necessita di ovviare al problema riguardante la

sovrapposizione di immagine reale e virtuale presente negli ologrammi in asse (vedi appen-

dice A). Si e pensato cosı di traslare la pellicola fotografica o l’oggetto dalla posizione assiale

assunta in precedenza (posizione 2 o 2’ di figura 2.2). Anche qui, come nell’olografia di Gabor,

si formano due immagini, quella reale quella virtuale, ma anziche risultare sovrapposte alla

vista dell’osservatore, ora giacciono su due posizioni angolari diverse.

Il generico set-up per l’olografia fuori asse e raffigurato nella fig 2.3. La condizione neces-

saria per produrre tali ologrammi e che l’angolo tra il fascio di riferimento e la congiungente

pellicola-oggetto sia diverso da zero; solo cosı e permessa la separazione dei tre ordini di

diffrazione al momento della ricostruzione dell’immagine. Se a primo acchito questa puo

apparire una condizione sperimentalmente scomoda, ci si rende subito conto che e proprio il

contrario. Solo cosı infatti si possono produrre ologrammi di oggetti opachi alla luce.

Il set-up descritto (fig 2.3) genera come gia noto, degli ologrammi a trasmissione. La for-

mazione di una figura di diffrazione sottile o spessa dipende dallo spessore del layer olografico,

Page 17: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

2.2 Metodi diretti per la registrazione olografica 13

Figura 2.3: Olografia fuori asse

dalla spaziatura reticolare (dipendente dalla direzione delle due onde che interferiscono) e dal-

la direzione dei piani del reticolo formato, ma possiamo gia anticipare che nella pratica la

maggior parte dei casi l’ologramma a trasmissione prodotto sara sottile. Per la ricostruzione

dell’immagine e necessario illuminare l’ologramma con luce monocromatica avente lunghez-

za di coerenza sufficientemente grande (in funzione della vicinanza o meno dell’immagine

olografica dalla lastra). Nel caso si usi della luce bianca come riferimento, ogni compo-

nente cromatica dello spettro verra diffratta dal reticolo con angolo diverso, dipendente dalla

lunghezza d’onda della luce. A causa di cio non sara ricostruita una sola immagine olo-

grafica ben delineata (come nel caso si usi luce monocromatica) bensı immagini adiacenti di

colore diverso, con spostamento laterale dipendente dalla profondita dell’immagine. L’osser-

vatore vedra dunque una sorta d’immagine olografica totalmente sfumata contenente tutti i

colori dello spettro visibile in sequenza. Se invece si adotta una particolare configurazione

adeguata alla produzione di ologrammi a trasmissione spessi, si puo verificare che in tal caso la

trasmissione dei piani d’interferenza si somma costruttivamente soltanto per una ben definita

lunghezza d’onda della luce incidente (non necessariamente quella usata per la registrazione

in quanto nel processo di sviluppo chimico potrebbe esser avvenuta una compressione o di-

latazione dei piani). Questo implica che anche illuminando l’ologramma con luce bianca, si

ottiene comunque un’immagine ben definita, e non piu diverse immagini colorate sovrapposte.

Questi effetti diventano piu evidenti su ologrammi aventi piani d’interferenza maggiormente

angolati rispetto alla superficie dell’ologramma. Piu essi sono paralleli a tale superficie, e

piu la ricostruzione con luce bianca garantisce ottimi risultati visivi. Generalmente il limi-

te tra costruzione con luce bianca e costruzione con luce monocromatica, e fissato ad un

angolo dei piani reticolari di 45°. Da notare che in tal caso l’immagine reale (coniugata)

Page 18: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

14 TECNICHE OLOGRAFICHE E TIPI DI OLOGRAMMI

Figura 2.4: Olografia a riflessione

non sara prodotta in quanto dovrebbe giacere ad un angolo doppio rispetto a quello formato

dall’onda di riferimento con l’onda oggetto (quindi a 90° misurati dalla normale al layer olo-

grafico). Come conseguenza utile pero si avra un incremento nell’efficienza nella diffrazione

per l’immagine virtuale, che apparira piu luminosa e brillante.

2.2.2 Ologramma a riflessione (di Denisyuk)

Gli ologrammi a riflessione, ovvero con immagine ricostruibile dalla luce riflessa, hanno

una grande importanza soprattutto nel campo della grafica e delle arti. Per riprodurre l’im-

magine olografica nella maggior parte dei casi e sufficiente usare una luce bianca ed illuminare

l’ologramma dalla parte dell’osservatore, cercando la posizione piu simile a quella che aveva

la luce di riferimento al momento della registrazione. In questo modo osservatore e sorgente

luminosa stanno dalla stessa parte, e l’ologramma puo comodamente esser appeso ad una

parete come se fosse un quadro (cosa non possibile con un ologramma a trasmissione). Per

quanto riguarda la fase di registrazione, per ottenere un ologramma a riflessione e necessario

che l’onda di riferimento e l’onda oggetto incidano sul layer olografico dal lato opposto (po-

sizione 5 e 5’ in figura 2.2).

Di notevole importanza e il set-up messo a punto da Denisyuk nel quale il layer olografico

e posizionato tra la sorgente e l’oggetto. Come conseguenza di cio si ha la creazione di un

ologramma spesso (per eccellenza) con piani reticolari che giacciono approssimativamente

paralleli al piano dello strato fotosensibile. Possiamo anche stimare il numero di piani retico-

lari contenuti nello spessore di un comune ologramma a riflessione (con spessore dello strato

fotosensibile di 6 µm circa) notando che nel caso si usi un laser He-Ne (λ = 633 nm) la

distanza dei piani reticolari e di circa λ/2 = 300 nm, e quindi sono creati circa 20 piani

reticolari.

Per gli ologrammi a riflessione la teoria vista precedentemente per l’olografia fuori asse non

puo esser applicata. I reticoli spessi infatti hanno un comportamento totalmente diverso da

Page 19: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

2.3 Metodi indiretti per la registrazione olografica 15

quelli sottili, ed a causa della sua notevole complessita tale teoria non verra trattata in questo

scritto.

La particolarita degli ologrammi a riflessione e che l’immagine virtuale dell’oggetto e formata

dalla luce riflessa dai piani reticolari. Tra tutta la luce riflessa dai piani reticolari, solo quella

di una certa lunghezza d’onda si trova in condizioni di sfasamento tale da dar luogo ad inter-

ferenza costruttiva. In questo modo noi vediamo una sola immagine olografica nitida e ben

definita anche illuminando l’ologramma con luce bianca, ed anzi e possibile che illuminandolo

con la luce del laser utilizzato per la registrazione non si riesca a veder alcun ologramma. Tale

lunghezza d’onda riflessa dipende dalla distanza reciproca dei piani reticolari, che dipende a

sua volta dalla lunghezza d’onda del laser usato e dalle soluzioni di sviluppo e sbiancamento.

Da qui il nome ologrammi in luce bianca attribuito spesso agli ologrammi a riflessione. In

figura 2.4 riportiamo schematicamente la tecnica utilizzata per la registrazione e successiva

ricostruzione di ologrammi a riflessione.

Nel caso si vogliano ottenere degli ologrammi a riflessione aventi piani reticolari obliqui rispet-

to a quelli usuali (considerati paralleli allo strato fotosensibile) si puo usare la posizione 5’ di

figura 2.2. In questo caso la selezione in lunghezza d’onda operata dalla riflessione dei piani

reticolari e meno marcata e il comportamento della figura d’interferenza si avvicina a quello

di un ologramma sottile. Per distinguere tale tecnica che origina ologrammi a riflessione,

da quella per creare ologrammi a trasmissione fuori asse (aventi simile inclinazione dei piani

reticolari), questa e spesso chiamata olografia con fascio di riferimento invertito”.

2.3 Metodi indiretti per la registrazione olografica

Finora sono stati presi in considerazione i principali metodi olografici diretti, ovvero quelli

in cui durante la registrazione l’onda oggetto colpisce direttamente l’ologramma senza alcu-

na modifica dovuta alla presenza di componenti ottici. Una delle caratteristiche di questa

tecnica e che l’immagine normale (ortoscopica) appare virtualmente (quindi e visibile) ed e

al di la della lastra olografica durante l’osservazione.

Ora invece vediamo delle tecniche olografiche che durante la registrazione fanno uso di com-

ponenti ottici quali lenti oppure di ologrammi master. Alcune di esse permettono di creare

un’immagine olografica virtuale in fronte all’ologramma, visibile come uscente dalla pellicola

fotografica verso l’osservatore. Per ottenere questo effetto e usata al posto di un oggetto,

un’immagine tridimensionale creata da una lente o da un altro ologramma. Per tale motivo

questo tipo di ologrammi sono chiamati ologrammi immagine. Queste tecniche rivestono un

ruolo importante soprattutto in applicazioni grafiche, artistiche, e nello sviluppo di display

olografici. Gli ologrammi prodotti in questo modo si dividono in:

Page 20: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

16 TECNICHE OLOGRAFICHE E TIPI DI OLOGRAMMI

Figura 2.5: Olografia image-plane

� Ologramma image-plane

� Ologramma a trasmissione o riflessione in due passi (di Leith-Upatnieks)

� Ologramma rainbow

� Ologramma di Fourier (con lenti)

Anche qui come nella sezione precedente si riportano solamente le descrizioni delle diverse

tipologie di ologrammi sperimentate personalmente, lasciando all’appendice A l’olografia di

Fourier (con lenti) della quale non si e fatto uso.

2.3.1 Ologramma image-plane

Per la creazione di un ologramma image-plane si fa uso generalmente di una grande lente

biconvessa, posta in modo tale da proiettare l’immagine reale dell’oggetto sul piano della pel-

licola fotografica. Si posiziona - nel seguente ordine - oggetto, lente, e strato fotosensibile, in

modo che sia soddisfatta l’equazione delle lenti sottili 1/f = 1/q+ 1/p. Anche in questo caso

possiamo vedere l’immagine reale creata dalla lente ponendo uno schermo bianco al posto

Page 21: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

2.3 Metodi indiretti per la registrazione olografica 17

della pellicola olografica, e variando leggermente la distanza tra la lente e la pellicola siamo

in grado di decidere la posizione in cui vogliamo venga registrata l’immagine dell’oggetto.

Variando le lunghezze p e q e possibile ingrandire o rimpicciolire l’immagine dell’oggetto in

questione, adattandola alle dimensioni della lastra sensibile usata.

I vantaggi nel registrare un’immagine dell’oggetto anziche l’oggetto reale in questo caso con-

sistono nella possibilita di porre l’immagine dell’oggetto parzialmente oltre e parzialmente

dietro alla pellicola fotografica. Col piano dell’ologramma posto a meta dell’immagine (in

modo da tagliarla in due), la differenza massima del cammino ottico della luce e minore

rispetto alle altre tecniche in cui l’oggetto e interamente dietro allo strato sensibile, e quindi

e richiesta una minor lunghezza di coerenza della luce nella ricostruzione dell’immagine (sia

che si tratti di ologramma a trasmissione, che a riflessione). Se la profondita dell’oggetto

non e grande e l’ologramma e del tipo a trasmissione, puo esser utilizzata per la riproduzione

anche una sorgente non propriamente monocromatica come un led colorato. Un altro vantag-

gio di questi ologrammi sta nella luminosita e brillantezza, mentre lo svantaggio principale

e legato all’angolo di osservazione limitato fortemente dall’apertura della lente usata. Per

la ricostruzione e necessario invertire la direzione dell’onda di riferimento (sia nel caso di

ologramma a trasmissione che a riflessione), pertanto e consigliabile usare un’onda piana al

posto di un’onda sferica come riferimento (preservando cosı la scala dell’immagine olografica).

Uno schema esemplificativo e riportato in figura 2.5.

2.3.2 Ologramma a riflessione ed a trasmissione in due passi

Vediamo ora come possiamo creare degli ologrammi immagine senza l’uso di alcuna lente,

facendo uso altresı della tecnica di registrazione olografica a due passi. Con questo sistema

i vincoli sull’angolo di osservazione che prima erano dettati dal diametro della lente e dalla

sua distanza dalla pellicola olografica, sono sostituiti da quelli imposti dalle dimensioni del-

l’ologramma madre ed ancora dalla sua distanza dalla pellicola. Per creare un ologramma in

due passi e innanzitutto necessario creare un’immagine reale dell’oggetto in questione (senza

l’uso di alcuna lente); creiamo cosı un ologramma fuori asse a trasmissione, come da figura

2.6, che chiamiamo master o ologramma H1. La sua ricostruzione abbiamo visto che crea

un’immagine virtuale ortoscopica ed una immagine reale pseudoscopica. Ora utilizziamo tale

immagine reale per sostituire l’onda oggetto nella registrazione dell’ologramma relativo al

secondo passo, che chiamiamo ologramma H2. E in questo modo che con l’olografia a due

passi si crea un ologramma di un’immagine olografica. Usando questa tecnica e possibile

creare immagini reali ortoscopiche, questo perche l’immagine pseudoscopica di un’immagine

pseudoscopica e ortoscopica. La figura 2.6 schematizza la costruzione di un ologramma H2

a trasmissione. Come abbiamo visto, per la creazione di un ologramma H2 a riflessione, e

Page 22: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

18 TECNICHE OLOGRAFICHE E TIPI DI OLOGRAMMI

Immagine reale ortoscopica

Onda di riferimento

Ricostruzione dell'immagine reale ortoscopica

Ologramma H2

Immagine virtuale pseudoscopica

Onda di riferimento

x

Immagine reale pseudoscopica

Onda di riferimento

Registrazione ologramma H2

Layer fotosensibile H2

z

x

Ologramma H1Immagine virtuale ortoscopica

Registrazione ologramma Master (H1)

x

Oggetto

Onda di riferimento

zOnda oggetto

xIlluminazione oggetto

Figura 2.6: Olografia a due passi; primo metodo

Page 23: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

2.3 Metodi indiretti per la registrazione olografica 19

Ricostruzione

Onda di riferimento

Registrazione ologramma H2

Registrazione ologramma Master (H1)

Oggetto

Osservatore

Immagine virtuale ortoscopica

Ologramma H2

Onda di riferimento

x

Immagine reale pseudoscopica

Ologramma H1

x

Layer fotosensibile H2

x

z

Onda di riferimento

Onda di riferimento

Onda oggetto

z

Illuminazione oggetto

x

Figura 2.7: Olografia a due passi; secondo metodo

necessario invertire la direzione dell’onda di riferimento durante la registrazione (rispetto a

quella usata per la creazione di un ologramma a trasmissione) facendo collidere le due onde

dai due lati opposti della lastra fotosensibile. Per la ricostruzione dell’ologramma a riflessione

H2 cosı ottenuto e necessario infine invertire la direzione dell’onda di riferimento usata nella

registrazione. Solo cosı si formera un’immagine virtuale ortoscopica che potra esser vista da

un osservatore.

Uno svantaggio del set-up appena descritto e raffigurato in fig 2.6 sta nello spostamento

laterale dell’immagine reale pseudoscopica di H1, che pero puo essere rimediato con l’ac-

corgimento descritto nel seguito. L’alternativa frequentemente usata per la creazione di

un’immagine olografica reale (che quindi puo essere registrata su un secondo ologramma H2)

Page 24: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

20 TECNICHE OLOGRAFICHE E TIPI DI OLOGRAMMI

e raffigurata in fig 2.7. Dopo aver creato l’ologramma H1 a trasmissione, come nel caso

appena visto, anziche illuminarlo come di consueto, viene ruotato di 180° (su un’asse nor-

male al fascio). Questa rotazione avra gli stessi effetti dell’inversione di direzione dell’onda di

riferimento, e come analizzato nella sezione teorica, si otterra la ricostruzione di un’immagine

reale pseudoscopica capovolta nella posizione originale dell’oggetto (e non piu molto angolata

come nel caso precedente). Si noti che nell’immagine 2.7 e stato aggiunto un piccolo segno

marcatore per distinguere un lato della pellicola dall’altro e poter dunque apprezzarne la

rotazione di 180°.

Di solito, per quanto riguarda le applicazioni grafiche ed artistiche di tale tecnica olografica,

si usa posizionare il la pellicola fotosensibile dell’ologramma H2 in un piano a cavallo dell’im-

magine olografica reale e quindi registrare tale immagine reale pseudoscopica dell’ologramma

master su H2. Esempi di ologrammi a riflessione in due passi si possono trovare principal-

mente in gallerie artistiche – olografiche. Per quanto riguarda l’illuminazione sono usate di

frequente lampadine ad incandescenza (alogene in particolare) a 12V , posizionate in modo

tale che l’angolo d’incidenza della luce si avvicini il piu possibile a quello che aveva il fascio

di riferimento durante la registrazione dell’ologramma H2.

2.3.3 Ologramma rainbow

Gli ologrammi rainbow sono particolari ologrammi a trasmissione che permettono la ri-

costruzione dell’immagine usando luce bianca. Come negli altri ologrammi a trasmissione

anche qui le diverse componenti cromatiche della luce sono diffratte con angoli diversi, ma

tramite un piccolo accorgimento si puo osservare le immagini una alla volta anziche tutte

assieme sovrapposte. In particolare ciascuna delle immagini olografiche prodotte e visibile

da un’angolazione diversa, quindi ruotando leggermente l’ologramma si e in grado di vedere

l’immagine con colore ogni volta diverso dipendente dall’angolo d’osservazione.

La tecnica per la registrazione degli ologrammi rainbow consiste in due passi. Nel primo pas-

so viene creato un ologramma a trasmissione fuori asse col metodo usuale. Successivamente

lo si ruota di 180° come nel caso precedente, in modo da proiettare in avanti un’immagine

reale pseudoscopica. A questo punto si fissa tale ologramma master sull’apposito supporto,

montando assieme un’apertura orizzontale (fessura) dietro all’ologramma (sul lato da cui

esce la luce). Facendo questo molta dell’informazione originale dell’ologramma viene persa

(praticamente tutta la parte di H1 che non rientra nella fessura non gioca alcun ruolo, percio

tutta la ricostruzione e dovuta solamente dalla strisciolina non oscurata). Come risultato

l’immagine ricostruita perde la parallasse verticale, ovvero la sensazione tridimensionale del-

la dimensione verticale. Di solito questo non viene notato dall’osservatore perche i nostri

occhi sono orientati orizzontalmente. Infine la pellicola fotosensibile di H2 viene posizionata

Page 25: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

2.3 Metodi indiretti per la registrazione olografica 21

Ricostruzione con luce bianca

Ricostruzione con luce monocromatica

Registrazione ologramma H2

blu

rossoImmagine virtuale ortoscopica

Ologramma Rainbow

xluce bianca

Osservatore

Osservatore

Ologramma Rainbow

Onda di riferimento (monocromatica)

x

Immagine virtuale ortoscopica

Onda di riferimento

z

Immagine reale pseudoscopica

Registrazione ologramma Master (H1)

Illuminazione oggetto

Layer fotosensibile H2

Onda di riferimento

FendituraOlogramma H1

xxOnda di

riferimento

Onda oggetto

Oggetto

z

x

Figura 2.8: Olografia rainbow

Page 26: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

22 TECNICHE OLOGRAFICHE E TIPI DI OLOGRAMMI

a cavallo dell’immagine reale prodotta (si noti che viene prodotta tutta l’immagine reale di

H1 anche se la maggior parte di esso e oscurato) registrando cosı l’ologramma H2 (figura

2.8). In questo modo sull’ologramma H2 viene registrata sia l’informazione dell’immagine

pseudoscopica reale di H1 (senza parallasse verticale) che la larghezza della slitta usata. Per

ricostruire l’immagine dell’ologramma rainbow H2 e necessario illuminarlo con luce bian-

ca mediante un fascio di direzione opposta a quello usato nella registrazione; si crea cosı

un’immagine ortoscopica virtuale da quella pseudoscopica reale registrata. Come tutti gli

ologrammi creati in due passi pero l’angolo visuale dell’ologramma H2 e abbastanza ridotto.

Questo perche esso e stato creato da un ologramma master H1 e non da un oggetto vero.

In pratica, quando si osserva H2, si deve tener conto che e come se si stesse osservando H2

attraverso H1, ovvero si deve immaginare di aver l’ologramma H1 davanti ad H2 (alla stessa

distanza adottata nella registrazione di H2), e quindi solo guardando attraverso entrambe

le lastre e possibile osservare l’immagine olografica di H2. Appena la linea di mira esce dal

profilo immaginario di H1, non si vede piu alcuna immagine su H2. In questo caso, avendo

oscurato quasi completamente H1 a causa della fenditura nella registrazione di H2, l’angolo

visuale di quest’ultimo sara ancora piu ridotto. Anche qui possiamo guardare l’ologramma

solamente attraverso una fenditura immaginaria uguale ed alla stessa distanza di quella usa-

ta nella registrazione. Solo cosı riusciamo a veder l’immagine olografica di H2. Tutta la

luce diffratta da H2 e concentrata nel solo angolo visibile, quindi in questa fenditura fittizia

e raccolta una grande intensita luminosa. Quando pero viene usata luce bianca per la ri-

costruzione, a causa della diversa lunghezza d’onda delle sue componenti si ha la creazione

di piu immagini olografiche, ognuna con una posizione angolare diversa. In particolare e

come se si potesse osservare l’ologramma H2 non piu attraverso una sola fenditura, bensı

attraverso piu fenditure contigue; in ciascuna di esse possiamo vedere l’immagine olografica

di un diverso colore (relativo appunto alla lunghezza d’onda della luce che ci consente la

visione da quella prospettiva). Muovendo la testa nella direzione verticale, un osservatore

vedra immagini successivamente di color rosso, arancio, giallo, verde e blu, ovvero nei colori

spettrali (i.e. i colori dell’arcobaleno, da cui il nome).

Page 27: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

3

Apparato sperimentale

Passiamo ora alla parte piu propriamente sperimentale della tesi, discutendo le apparec-

chiature ed il materiale necessari per la realizzazione delle piu comuni tipologie di ologrammi.

Sono necessari in particolare:

� Un banco ottico

� Un laser

� Due filtri spaziali

� Alcuni specchi e beam splitters

� Due lenti biconvesse di notevole apertura

� Un otturatore elettronico

� Alcune staffe per il bloccaggio dei componenti sul banco

� Due supporti per lastre olografiche

� Delle lastre olografiche e i reagenti per lo sviluppo

3.1 Banco ottico

La stabilita meccanica del set-up ottico durante la registrazione di un ologramma e di

importanza fondamentale. In tale operazione infatti vengono registrate sul layer olografico

delle frange d’interferenza, il cui movimento e molto sensibile a piccole variazioni del cammi-

no ottico delle onde che interferiscono. Per esempio e possibile vedere che anche vibrazioni

23

Page 28: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

24 APPARATO SPERIMENTALE

con ampiezza dell’ordine di λ/20 ≈ 30 nm danno come conseguenza un evidente abbassa-

mento del contrasto delle frange d’interferenza, influendo sulla luminosita dell’ologramma

finale. L’unico caso in cui e possibile evitare l’uso di un banco ottico (molte volte scomodo

e fastidioso) e quello in cui al posto di usare un comune laser continuo a gas venga usato un

laser impulsato ad alta potenza. In questo modo infatti si potra ridurre il tempo di espo-

sizione dai 10-60 secondi usuali (con laser He-Ne da 10 mW) a qualche decina di nanosecondi

(laser a rubino) riuscendo in tal modo a ritrarre anche oggetti non perfettamente fermi o

addirittura in movimento. Chiaramente le pellicole fotografiche da utilizzare in questo caso

devono avere una sensibilita molto maggiore rispetto a quelle utilizzate con un laser continuo

a gas, per compensare i 9 ordini di grandezza nella differenza dell’esposizione. In tutti gli

altri casi anche le piu piccole vibrazioni a bassa frequenza del pavimento o dell’edificio in cui

si sta operando possono causare un evidente calo nella visibilita delle frange d’interferenza

dell’ologramma (nel migliore dei casi) o il totale fallimento del processo di registrazione olo-

grafica. E quindi necessario usare tavoli antivibrazioni provvisti di opportuni isolatori che

smorzino e riducano le vibrazioni sempre presenti nel terreno. Possibili cause di vibrazioni

possono essere: automobili o mezzi pesanti in moto nelle vicinanze, condizionatori accesi o

movimento di persone nell’ambiente in cui si sta operando, rumori o suoni intensi.

Un banco ottico e solitamente costituito di due parti: un piano di lavoro molto rigido, pe-

sante ed in grado di assorbire le vibrazioni, e degli isolatori, che posti appena sotto ad esso,

riducono la trasmissione delle vibrazioni del terreno. Nel mio caso ho deciso di usare, come

banco, una lamiera d’acciaio delle dimensioni di 2000 × 1000 mm e spessore 45 mm, avente

un peso complessivo di circa 700 kg. Per sorreggerla ho costruito due cavalletti in acciaio

dell’altezza di circa 80 cm, sopra ai quali ho posizionato 4 isolatori in gomma antivibrazione

(gli stessi usati comunemente per fissare il motore al telaio nelle macchine per il movimento

terra). Sul banco ho praticato 200 fori filettati M8 posizionati secondo un reticolo quadra-

to con passo pari a 100 mm, necessari per un successivo bloccaggio dei componenti ottici.

Infine ho verniciato il tutto di color nero opaco, per evitare riflessioni spurie nella fase di

registrazione olografica.

Per provare la stabilita del banco ed osservarne il comportamento in seguito a sollecitazioni

esterne volute (leggera pressione sul banco, salti sul pavimento, passaggio di automobili nelle

vicinanze ecc...) ho allestito un interferometro di Michelson, che se da un lato ha messo

in evidenza la sensibilita estremamente alta alle sollecitazioni esterne, dall’altro ha rivelato

un’ottima stabilita in condizioni normali di non sollecitazione. Nelle sperimentazioni eseguite

successivamente si sono riscontrati raramente problemi dovuti alla presenza di vibrazioni (2

casi su 20 circa), pertanto possiamo considerare questo banco appena sufficiente all’impiego

richiesto.

Page 29: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

3.2 Laser 25

800

2000

100

M8

100

1000

Figura 3.1: Banco ottico

Possibili miglioramenti riguardano un ulteriore isolamento del banco tramite un secondo stra-

to di isolatori in gomma o camere d’aria; in tal caso si dovrebbe costruire una struttura a

sandwich con un secondo piano, in modo da porre isolatori o camere d’aria nel mezzo. Si

riporta nel seguito un disegno dello stesso. E bene ricordare pero che l’acciaio usato per la

realizzazione di questo banco non costituisce il materiale migliore che si possa adottare per

tale impiego, in quanto soggetto a dilatazioni piuttosto rilevanti dovute a variazioni di tem-

peratura, e non propriamente rigido. Si otterrebbero risultati piu sicuri adottando un banco

in marmo o meglio granito nero, provvisto di fori con tasselli filettati per il bloccaggio dei

componenti. Dall’altro lato pero, dati i tempi d’esposizione relativamente brevi (dell’ordine

del minuto) e la grande massa del banco (700 kg), movimenti relativi dei componenti dovuti

a variazioni termiche durante l’esposizione sono praticamente impercettibili.

Un test interessante che potrebbe esser effettuato sul banco per verificarne ulteriormente

la stabilita e l’efficienza nello smorzare le vibrazioni consiste nel registrare tramite un sen-

sore ottico, lo spostamento delle frange d’interferenza di un interferometro di Michelson in

funzione del tempo, in seguito a sollecitazioni indotte. In questo modo potremmo misurar-

ne la frequenza di risonanza, la costante elastica e di smorzamento a diverse frequenze di

sollecitazione.

3.2 Laser

Il laser che ho usato per la realizzazione degli ologrammi e di tipo continuo a gas He-Ne

prodotto dalla Melles Griot, modello 05-LHP-928 (2004). La lunghezza d’onda della sua

luce e di 632.8 nm e con 75 mW dichiarati dalla casa e uno dei modelli di maggiore potenza

Page 30: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

26 APPARATO SPERIMENTALE

LASER

Figura 3.2: Laser He-Ne

prodotti. Personalmente l’ho acquistato presso un laboratorio di ottica degli Stati Uniti come

apparecchiatura usata, e la sua potenza residua misurata risulta essere di circa 38 mW. Il

corpo del laser ha sezione rettangolare e lunghezza di circa 1 metro. Per il suo posizionamento

sul banco ottico ho costruito un supporto rigido e stabile poggiante su 3 piedi, che consente

di ottenere un’altezza del fascio di circa 17 cm; e inoltre regolabile in altezza ed inclinazione

e di facile fissaggio al banco.

Per quanto riguarda la coerenza della luce impiegata, cominciamo col darne una breve

definizione. Col termine coerenza indichiamo quanto l’onda teorica con cui approssimiamo

la luce emessa dal laser segue le variazioni statistiche di fase ed ampiezza di un’onda ideale.

E una grandezza fondamentale in quanto e quella che permette l’osservazione degli effetti

d’interferenza, alla base della tecnica olografica. In particolare possiamo distinguere due tipi

di coerenza, quella spaziale e quella temporale. La coerenza spaziale descrive la correlazione

dell’ampiezza del campo in due differenti punti ad un istante di tempo fissato ed e definita

come la differenza di cammino che devono aver due onde affinche la loro interferenza crei delle

frange con un contrasto del 37%. La coerenza temporale invece si riferisce alla correlazione

dell’ampiezza del campo nel medesimo punto in istanti di tempo successivi l’un l’altro. Per

fornire un’idea indicativa, la luce bianca emessa da una lampadina ad incandescenza (che

contiene l’intero spettro) ha una lunghezza di coerenza di circa 1 µm, mentre per la luce

emessa da questo laser, tale lunghezza e di circa 50 cm. Il laser usato ha un diametro del

fascio di 1.23 ±10% mm, oscilla in un singolo modo trasversale (> 90% TEM00) ed ha percio

un profilo del fascio gaussiano. La sua divergenza e di 0.66 ± 10% mrad e la polarizzazione

della luce (molto importante in olografia, ma non essenziale) e di 500 : 1.

Page 31: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

3.3 Filtro spaziale 27

Figura 3.3: Filtro spaziale

3.3 Filtro spaziale

Per esser utilizzato in olografia il fascio laser avente diametro di circa 1 mm deve essere

espanso con un sistema di lenti, in modo da permettergli d’illuminare uniformemente tutta

l’area occupata dalla lastra olografica. Per ottenere cio si utilizzano lenti biconvesse di piccole

apertura e lunghezza focale (entrambi dell’ordine del millimetro), oppure piu semplicemente

un obiettivo da microscopio. A questo punto pero sorge un problema: il fascio laser allargato

mostra una sovrapposizione di strutture d’interferenza irregolari causate dalla diffrazione di

piccoli granelli di polvere sempre presenti nell’ottica usata. Quando andiamo ad espandere

il fascio infatti possiamo notare diverse macchie di luce d’intensita diversa, anelli concentrici

alternativamente chiari e scuri delle dimensioni di qualche centimetro, segno di queste inter-

ferenze spurie. Per pulire il fascio in modo da aver un’illuminazione uniforme su una grande

area si usa filtrare il fascio tramite un piccolo diaframma, detto filtro spaziale. Questo con-

siste sostanzialmente in un pinhole (solitamente di diametro dai 10 ai 40 µm) posizionabile

con grande accuratezza nelle vicinanze del fuoco della lente utilizzata per far divergere il fa-

scio (nel mio caso un obiettivo di microscopio da 40×). Tale pinhole deve avere un diametro

leggermente superiore a quello dello spot nel fuoco, e la sua particolare posizione permettera

solamente il passaggio del modo fondamentale del laser (TEM00). La luce diffusa dai granelli

di polvere infatti, avendo un grande angolo di diffrazione (ovvero grande frequenza spaziale)

non riuscira a passare il pinhole. In altre parole il filtro spaziale compie un’operazione di

filtraggio in frequenza sulla trasformata di Fourier del fascio, che viene compiuta dalla lente.

Nella pratica e necessario il piu delle volte porre un filtro spaziale ogni volta che il fascio

viene espanso per illuminare la lastra olografica o l’oggetto in questione, garantendo un’illu-

Page 32: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

28 APPARATO SPERIMENTALE

fs.jpg

Figura 3.4: Principio di funzionamento di un filtro spaziale

minazione uniforme. Dall’altro lato pero se l’illuminazione della lastra olografica dev’essere

necessariamente omogenea (pena la realizzazione di un ologramma a chiazze piu o meno es-

poste), quella dell’oggetto permette margini piu ampi. Personalmente, dopo le prime prove,

ho deciso di acquistare 2 soli filtri spaziali, entrambi con pinhole del diametro di 25 µm (ideali

per esser utilizzati con obiettivi dai 10 ai 40 ingrandimenti). In particolare con 2 filtri spaziali

e possibile realizzare ottimi ologrammi a trasmissione o riflessione a 3 fasci (non filtrando

dunque uno dei due fasci d’illuminazione dell’oggetto), ed e attuabile inoltre la tecnica olo-

grafica a due passi vista precedentemente (che necessita l’illuminazione uniforme di due lastre

olografiche allo stesso tempo).

I due filtri spaziali che ho utilizzato sono stati costruiti dalla casa produttrice Newport

(modello 910A, pinhole PH-25), sono predisposti per l’utilizzo con i piu comuni obiettivi

da microscopio ed inglobano tre regolazioni micrometriche (x, y, z) per quanto riguarda la

posizione del pinhole, piu due regolazioni angolari dell’insieme filtro-obiettivo. Per un agevole

allineamento di tali filtri sarebbe risultato utile possedere altre due regolazioni micrometriche

d’insieme, orientate sui due assi perpendicolari al fascio laser; dopo aver acquisito un po’ d’e-

sperienza ed abilita nell’allineamento pero ho potuto constatare che anche in loro assenza e

stato possibile raggiungere la configurazione voluta. Si puo notare inoltre la presenza di un

diaframma con apertura regolabile sul lato obiettivo, utile per ridurre l’accettanza angolare

della luce entrante.

Per il posizionamento e fissaggio di tali filtri sul banco ottico, ho costruito 2 supporti in

acciaio regolabili manualmente in altezza.

3.4 Specchi e beam splitters

Sia gli specchi che i due beam splitter che ho usato in queste applicazioni sono materiali

a bassissimo costo acquistati presso comuni vetrai o trovati in apparecchiature fuori uso. Per

Page 33: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

3.4 Specchi e beam splitters 29

Figura 3.5: Specchi e beam splitter

quanto riguarda i beam splitter, ho utilizzato un vetro semitrasparente reperito da un vetraio,

che a differenza di un comune vetro si presenta piu scuro alla vista, e quindi con un indice

di trasmissione minore ed indice di riflessione maggiore. Nel caso non si riesca a reperire un

tale vetro, e possibile utilizzarne uno comune di qualsiasi tipo, facendo attenzione che abbia

spessore costante ovvero che le due superfici siano parallele.

Nel mio caso, avendo realizzato ologrammi con tecniche aventi al massimo 3 fasci, il numero

di beam splitters strettamente necessari e soltanto 2. C’e da sottolineare pero che talvolta

puo risultare comodo ridurre l’intensita del fascio di riferimento (che va ad incidere sulla

lastra olografica) affinche onda oggetto ed onda di riferimento risultino il piu possibile simili

in intensita; questo per ottenere il miglior contrasto nelle frange d’interferenza prodotte sulla

lastra e quindi un ologramma piu luminoso. Puo risultare utile percio un terzo beam splitter

posizionato in modo a sottrarre potenza al fascio di riferimento.

A differenza dei beam splitter, per quanto riguarda gli specchi sono ricorso ad apparecchia-

ture ottiche guaste quali dei vecchi scanner per pc. Questi al loro interno contengono parecchi

specchi argentati biriflettenti di alta qualita. In particolare possono esser utilizzati dal lato

del ricoprimento metallico, evitando cosı il problema della doppia riflessione data dallo strato

di vetro, che si avrebbe utilizzando un volgare specchio.

Sia per i 2 beam splitters che per i 5 specchi utilizzati, ho costruito dei supporti in ac-

ciaio aventi regolazione in altezza (grossolana) ed in inclinazione (a due assi, tramite viti

micrometriche) come da figura 3.5.

Page 34: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

30 APPARATO SPERIMENTALE

Figura 3.6: Lente biconvessa φ 110 mm

3.5 Lenti

Per la realizzazione degli ologrammi a due passi abbiamo visto come sia necessario il-

luminare l’ologramma master con un’onda piana. Per ottenerla utilizziamo l’onda sferica

uscente da un filtro spaziale, e la facciamo passare attraverso una lente d’ingrandimento

posta ad una distanza uguale alla sua lunghezza focale. Le lenti che ho utilizzato a tale

scopo sono entrambe biconvesse, hanno un diametro rispettivamente di 100 e 110 mm ed una

lunghezza focale di 230 e 340 cm. Per il loro posizionamento ho costruito due supporti di

forma cilindrica simili ai precedenti, aventi ciascuno un anello in acciaio in grado d’ospitare

la lente. Per bloccare quest’ultima ho utilizzato tre viti in plastica disposte a 120° l’una

rispetto all’altra.

3.6 Otturatore elettronico

I requisiti fondamentali a cui deve rispondere l’otturatore che andremo ad usare sono i

seguenti:

� Velocita: la velocita richiesta non e molto alta in quanto i tempi d’esposizione come

vedremo, vanno dai 6 ai 60 secondi circa. Tempi d’apertura e chiusura intorno ai

0.2− 0.5 secondi dunque sono piu che accettabili.

� Non indurre vibrazioni apprezzabili: questo e senza dubbio il requisito di maggiore

importanza in quanto eventuali vibrazioni indotte sul banco olografico all’apertura

dell’otturatore, causerebbero il movimento delle frange d’interferenza dell’ologramma,

con conseguente calo di contrasto e luminosita dello stesso.

Page 35: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

3.6 Otturatore elettronico 31

Figura 3.7: Otturatore elettronico

� Poter esser azionato a distanza: per il motivo appena citato non e consigliabile l’azion-

amento manuale dell’otturatore sul banco, in quanto e possibile vedere che solamente

toccando quest’ultimo con un dito, s’introducono spostamenti notevoli delle frange d’in-

terferenza qualora si costruisca un interferometro di Michelson. E consigliabile percio

un azionamento a distanza via cavo o wireless.

Per la realizzazione pratica dell’otturatore ho tentato personalmente diversi sistemi: il primo

riguardava l’utilizzo di un otturatore elettronico di una fotocamera digitale, molto veloce

(millisecondo), facile da comandare (impulso rettangolare in tensione), molto leggero e ot-

timo dal punto di vista delle vibrazioni. Dall’altro lato pero, essendo costruito in plastica

nera, la potenza del fascio laser riuscı a bucarlo completamente, fondendo la plastica. Per

il secondo tentativo mi sono servito invece di un tipico sistema a lancetta: in particolare ho

utilizzato un piccolo disco di alluminio anodizzato nero, in cui ho praticato un foro fuori asse

per il passaggio del fascio laser. Un piccolo motorino elettrico ne causava la rotazione di 180°,

bloccando o lasciando passare il fascio laser attraverso il foro. Dopo qualche prova ho dovuto

scartare anche questa soluzione in quanto la luce riflessa all’indietro dal disco metallico era

troppa, e non essendo schermato a dovere tale luce raggiungeva la pellicola anche ad ottura-

tore chiuso.

Come ultima e definitiva soluzione ho optato per mantenere il precedente concetto di siste-

ma a lancetta, azionando pero il meccanismo tramite il movimento della testina di un hard

disk di un vecchio computer. Ho chiuso il sistema in un piccolo contenitore in acciaio nero,

praticando un foro del diametro di 5 mm per il passaggio del fascio laser. Al suo interno ho

foderato la superficie con del velluto nero, per assorbire eventuali riflessioni e dunque far usci-

re all’indietro la minor quantita di luce possibile ad otturatore chiuso. Dopo aver fissato due

finecorsa in prossimita della testina dell’hard disk e bastato comandare il suo avvolgimento

con una tensione di ±5 V per causarne la rotazione e quindi l’apertura e chiusura dell’ot-

Page 36: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

32 APPARATO SPERIMENTALE

Figura 3.8: Segnali in tensione relativi alla modulazione dei due canali

turatore. I vantaggi di questo sistema consistono in una notevole velocita dell’otturatore

(centesimo di secondo) ed una bassissima intensita di luce riflessa. Dall’altro lato pero tale

sistema risulta piuttosto violento e quindi origine di piccole vibrazioni. Per risolvere anche

questo problema ho deciso di montare il tutto su un apposito supporto provvisto di gommini

antivibrazione (sottratti da alcuni hard disk). Tale soluzione si e rivelata ottima in quanto

dopo averlo testato sul banco assieme ad un interferometro di Michelson ho potuto constatare

la totale assenza di vibrazioni indotte da esso. Per quanto riguarda il sistema di comando

dello shutter ho deciso di adottarne uno senza fili, precisamente a raggi infrarossi, costruendo

dunque un telecomando ed un ricevitore a due canali (aperto/chiuso). Per quanto riguarda

il telecomando, ho costruito un circuito oscillante con tre oscillatori astabili (NE555) tarati

rispettivamente sulle frequenze di 38 kHz (portante), 500 Hz (modulante del primo canale)

e 5 kHz (modulante del secondo canale). Alla pressione di uno dei due tasti vengono attivati

contemporaneamente l’oscillatore relativo alla portante e quello della rispettiva modulante.

Tale segnale andra ad alimentare infine un diodo led all’infrarosso tramite un transistor.

Per quanto riguarda il ricevitore invece, ho utilizzato un fotodiodo della famiglia TSOP (quelli

presenti usualmente nei televisori) che integra in un unico corpo un filtro infrarossi, un foto-

diodo amplificato, ed un filtro in frequenza centrato sui 38 kHz precedentemente citati. Per

decodificare le due modulanti del segnale ricevuto ho usato due circuiti integrati decodificatori

di tono (NE567) centrati rispettivamente sulle frequenze di 500 Hz e 5 kHz, collegati poi ad

un circuito del tipo latch S-R. In questo modo ho ottenuto un sistema bistabile comandato a

distanza. Per finire, servendomi di 4 transistor collegati a ponte H ho trasformato il segnale

precedente nelle due tensioni desiderate (+5 V e -5 V) necessarie per il controllo della testina

dell’hard disk. Si riportano in appendice B gli schemi dei due circuiti realizzati.

Page 37: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

3.7 Staffe per il bloccaggio dei componenti 33

Figura 3.9: Staffe per il bloccaggio dell’ottica.

3.7 Staffe per il bloccaggio dei componenti

Per evitare che l’ottica presente sul banco subisca spostamenti (anche micrometrici) a

causa della non perfetta aderenza al banco, e bene provvedere al fissaggio di ciascun compo-

nente su di esso tramite opportune staffe metalliche. Questo e reso possibile dalla serie di fori

filettati presenti sul banco ottico. Personalmente ho deciso di disegnare due diversi tipi di

staffe: il primo da utilizzare con i componenti ottici aventi supporto a base circolare (specchi,

beam splitter, lenti, otturatore, filtri spaziali), ed un secondo tipo per fissare supporti diversi

come quello relativo al laser, alle lastre olografiche, ecc. Data la forma piuttosto complessa di

queste staffe, ho pensato di farle tagliare appositamente da una ditta specializzata in taglio

al plasma. Se ne riporta un disegno tecnico in figura 3.9.

3.8 Supporti per le lastre olografiche

Le comuni lastre olografiche sono costituite in genere da un vetro trasparente (di spes-

sore dai 2 ai 4 mm) su cui e stato depositato uno strato molto sottile (6 µm circa) di gel

fotosensibile. Per il loro posizionamento e necessario dunque un supporto di modeste dimen-

sioni, rigido e molto stabile e che consenta di poter fissare lastre di diverse dimensioni. In

genere e conveniente posizionare le lastre olografiche su piani perpendicolari al banco ottico.

I primi supporti che ho realizzato sono costituiti da un’intelaiatura metallica rettangolare

e permettono di fissare verticalmente lastre aventi dimensioni massime di 200 × 180 mm,

sono in acciaio, pesano circa 2 kg e poggiano su una grossa e pesante base rettificata. Se

ne riporta un disegno in figura 3.10a. Il difetto di tali supporti pero consiste nel necessitare

di volta in volta di una regolazione ad hoc in funzione delle dimensioni della lastra che si

sta utilizzando, manovra rivelatasi piuttosto scomoda e laboriosa in fase di registrazione. Le

lastre olografiche che ho utilizzato infatti non possiedono tutte le stesse dimensioni ma si

discostano di 4-5 mm l’una dall’altra. Ho deciso pertanto di costruire un secondo tipo di

supporto, provvisto di due guide cilindriche verticali che permettono di regolare i punti di

fissaggio della lastra olografica quasi istantaneamente. In conclusione possiamo affermare che

questo componente si e rivelato molto stabile, pratico e piu funzionale del precedente.

Page 38: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

34 APPARATO SPERIMENTALE

Figura 3.10: Supporti per le lastre olografiche. a) Prima realizzazione; b) Seconda

realizzazione.

3.9 Lastre olografiche e reagenti per lo sviluppo

Una delle scelte a cui ci si trova di fronte prima di effettuare la registrazione olografica

riguarda il tipo di supporto fotosensibile da utilizzare. Le possibilita sono sostanzialmente

due: pellicole o lastre olografiche. La differenza tra le due sta solamente nel tipo di sub-

strato su cui e stato depositato lo strato di gel fotosensibile, che nel primo caso consiste

in un sottile foglio flessibile di acetilcellulosa mentre nel secondo in comune vetro traspa-

rente. Per quanto riguarda i rispettivi vantaggi e svantaggi, possiamo dire da un lato che

le pellicole olografiche risultano piu scomode in quanto, data la loro flessibilita, necessitano

di un fissaggio a sandwich durante l’esposizione. Tale operazione viene fatta generalmente

utilizzando due vetri, aventi dimensioni leggermente maggiori della pellicola olografica. Per

tener ben pressati tra loro i due vetri, con la pellicola nel mezzo, si usano in genere delle

mollette in acciaio. Questo sistema pero presenta il problema dato dalla presenza di piu

interfacce vetro-aria e pellicola-aria, entrambe alla causa di riflessioni spurie non trascurabili.

Per risolvere tale questione vengono utilizzati in genere dei liquidi intex-matching tra i due

vetri e la pellicola, aventi indice di rifrazione simile a quello del vetro (n = 1.5). Degli esempi

di sostanze utilizzate a tale scopo sono glicerolo, paraffina liquida, tetracloruro di carbonio,

xilene, white spirit (molto raccomandato per la sua grande tensione superficiale). Come

Page 39: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

3.9 Lastre olografiche e reagenti per lo sviluppo 35

dicevamo, questo e il principale svantaggio dovuto alle pellicole olografiche. Le lastre infatti,

avendo lo strato fotosensibile depositato direttamente su vetro, non hanno bisogno di alcun

liquido index-matching, sono di per se rigide, e quindi possono esser fissate solamente agli

estremi tramite per esempio due morsetti.

Dall’altro lato pero, se le lastre olografiche sono molto piu comode da usare, esse presentano

usualmente un costo doppio-quadruplo rispetto alle pellicole olografiche. Altresı le lastre

vengono prodotte in dimensioni piuttosto limitate mentre le pellicole sono prodotte anche a

rotoli aventi larghezza di 1–1.5 metri e lunghezza molto maggiore.

Personalmente nelle realizzazioni olografiche che ho compiuto, ho sempre utilizzato per co-

modita delle lastre olografiche. Inizialmente acquistai alcune lastre olografiche dalla casa

produttrice lituana Slavich (www.geola.com) in particolare della tipologia PFG-01, aventi le

seguenti caratteristiche:

Tipo: PFG-01

Sostanza: bromuro d’argento

Regione spettrale: 600-660 nm

Dimensione media dei grani: 40 nm

Potere risolutivo: > 3000 linee/mm

Spessore coating: 2.5 µm

Esposizione ottimale: 110 µJ/cm2

Le soluzioni utilizzate per lo sviluppo e lo sbiancamento sono riportate in appendice.

Dopo aver realizzato 6-7 ologrammi con tali lastre, non fui particolarmente soddisfatto dei

risultati ottenuti (ologrammi molto scuri e poco definiti) e cercai dunque di trovare una

soluzione a questo problema. Dopo aver constatato la stabilita dell’ottica ed aver scongiu-

rato problemi legati a vibrazioni, decisi di ripiegare su un altro tipo di lastre olografiche

prodotte amatorialmente da un appassionato di olografia conosciuto tramite la rete internet

(sig. Perrucci Cristiano), dimostratesi in seguito di qualita molto superiore alle precedenti:

Tipo: HRM-650-2

Sostanza: bromuro d’argento

Regione spettrale: 620-670 nm

Dimensione media dei grani: 10 nm

Potere risolutivo: > 5000 linee/mm

Spessore coating: 7 µm

Esposizione ottimale: 2 mJ/cm2

Gli ottimi risultati che ho ottenuto con tali lastre mi hanno permesso di sperimentare diverse

tecniche olografiche, sia per la realizzazione di ologrammi sottili che spessi, a trasmissione ed

a riflessione.

Page 40: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo
Page 41: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

4

Configurazioni usate, risultati

Gli ologrammi che personalmente ho realizzato sono:

� A riflessione a singolo fascio, fuori asse (in luce bianca)

� A riflessione a doppio fascio, fuori asse (in luce bianca)

� A trasmissione a doppio fascio

� A trasmissione a triplo fascio

� A riflessione in due passi (H1-H2) (in luce bianca)

� A trasmissione in due passi (H1-H2)

� Rainbow

� Image-Plane

� Ologrammi a 360°

4.1 Ologrammi a riflessione a singolo fascio

La tecnica olografica a singolo fascio per la realizzazione di ologrammi a riflessione puo

essere considerata senza dubbio la procedura piu semplice. Non sono necessari ne specchi ne

beam splitter, e le condizioni di stabilita richieste per il banco ottico sono meno stringenti

rispetto a tecniche a piu fasci. Il set-up sperimentale che ho adottato e riportato in figura

4.1.

In genere la lastra olografica e posizionata entro il fascio espanso ad un angolo di circa 30°.

Questo lo si fa per permettere all’osservatore di guardare l’ologramma da di fronte in modo

37

Page 42: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

38 CONFIGURAZIONI USATE, RISULTATI

SCHERMO BIANCO

LASTRA OLOGRAFICA

OGGETTO

OTTURATORE

FS1He-Ne LASER

Figura 4.1: Configurazione per ologrammi a riflessione a singolo fascio.

Figura 4.2: Ologramma a riflessione a singolo fascio.

da non esser ostruito dalla sorgente di luce che lo illumina; in questo caso, per una visione

ottimale dell’ologramma, la sorgente di luce bianca dovra esser posta a destra dell’osservatore.

Offre dei vantaggi rispetto alla tecnica con lastra a 90° in quanto in questo modo l’onda di

ricostruzione che viene riflessa dalla lastra procede in una direzione diversa rispetto all’onda

oggetto, non abbagliando l’osservatore come succederebbe invece con lastra normale all’asse

ottico. In figura 4.2 e riportato un ologramma ottenuto con tale tecnica.

L’oggetto e posto dietro la lastra, in modo che sia illuminato il piu possibile dal laser. In

questo tipo di ologrammi l’onda di riferimento funge anche da illuminazione dell’oggetto,

in quanto la luce oltrepassa per la maggior parte la lastra fotosensibile. Da notare che la

differenza nel cammino ottico tra il fascio di riferimento e quello dell’oggetto e in questo caso

doppia rispetto alla distanza tra oggetto e lastra fotosensibile, pertanto per stare entro la

Page 43: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

4.2 Ologrammi a riflessione a doppio fascio 39

OTTURATORE

LASTRA OLOGRAFICA

M1 BS1

FS1

OGGETTO

M2

FS2

He-Ne LASER

Figura 4.3: Configurazione per ologrammi a riflessione a doppio fascio.

lunghezza di coerenza del laser L (20-30 cm), l’oggetto non dev’esser posto ad una distanza

maggiore di L/2 dalla lastra.

4.2 Ologrammi a riflessione a doppio fascio

La configurazione per produrre questo tipo di ologrammi si complica un poco rispetto alla

precedente a causa dell’uso di due fasci anziche uno solo. Si utilizza cosı un beam splitter,

due specchi e due filtri spaziali. In tal caso uno dei due fasci ha la sola funzione d’illuminare

l’oggetto, mentre l’altro fa sia da onda di riferimento che da ulteriore illuminazione dell’ogget-

to. Per la messa a punto del set-up sperimentale si deve far molta attenzione al cammino

ottico dei due fasci, in quanto per ottener un’ottimale figura d’interferenza sulla lastra, essi

dovranno aver la medesima lunghezza, o comunque la loro differenza dovra stare entro la

lunghezza di coerenza del laser.

Importante e saper dosare opportunamente le due intensita dei fasci; per ottener un ologram-

ma luminoso, e quindi con righe d’interferenza molto ben contrastate, e necessario che l’onda

oggetto e l’onda di riferimento che interferiscono sulla lastra abbiano intensita comparabili.

Dato che di solito l’intensita di luce diffusa dall’oggetto e molto minore rispetto a quella

inviatagli, e consigliabile illuminare l’oggetto con maggiore potenza di quanta se ne usi per

l’onda di riferimento (in proporzione, 70-80% sull’oggetto e 30-20% come riferimento). Si

riporta un disegno della configurazione sperimentale utilizzata in figura 4.3.

Page 44: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

40 CONFIGURAZIONI USATE, RISULTATI

LASTRA OLOGRAFICA

FS1

BS1M1

OTTURATORE

M2

FS2

OGGETTO

He-Ne LASER

Figura 4.4: Configurazione per ologrammi a trasmissione a doppio fascio.

4.3 Ologrammi a trasmissione a doppio fascio

La configurazione che ho utilizzato per la realizzazione di ologrammi a trasmissione a

doppio fascio e riportata in figura 4.4.

Dalla figura e evidente che onda oggetto e onda di riferimento colpiscono la lastra olografica

sullo stesso lato a differenza del set-up a riflessione precedente. Anche qui, come gia detto, e

bene aggiustare il rapporto delle intensita dei due fasci in modo che l’oggetto sia illuminato

con una potenza almeno doppia rispetto a quella diretta verso la lastra (beam splitter 70:30).

Questo set-up che utilizza un solo fascio per illuminare l’oggetto non e particolarmente indi-

cato per ottenere un ottimo ologramma (per esempio da usare come master nell’olografia a

due passi), in quanto parte dell’oggetto rischia di restare nella zona d’ombra e quindi di non

emettere sufficiente luce. E utile comunque nei primi esperimenti di produzione di ologrammi

a trasmissione, in quanto necessita di pochi componenti. Gli ologrammi a trasmissione, a

differenza di quelli in luce bianca, possono avere una grande profondita. In particolare e possi-

bile uguagliare il cammino ottico dei due fasci anche collocando l’oggetto molto distante dalla

lastra, quindi la lunghezza di coerenza richiesta non e necessariamente grande. L’immagine

dell’ologramma e ricostruita usando la radiazione monocromatica del laser con cui lo si ha re-

gistrato, oppure una qualsiasi altra sorgente di luce monocromatica coerente (in tal caso pero

l’immagine ricostruita sara affetta da uno spostamento laterale proporzionale alla differenza

tra la lunghezza d’onda usata per la registrazione e quella usata per la ricostruzione).

Page 45: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

4.4 Ologrammi a trasmissione a triplo fascio 41

M5

M1

OTTURATORE

M2

M4BS1

FS2

FS1

OGGETTO

He-Ne LASER

M3

BS2

LASTRA OLOGRAFICA

FS3

Figura 4.5: Configurazione per ologrammi a trasmissione a triplo fascio.

4.4 Ologrammi a trasmissione a triplo fascio

Tale configurazione sperimentale, a differenza della precedente, permette di ottenere degli

ottimi ologrammi a trasmissione, in quanto utilizza due fasci per l’illuminazione dell’oggetto

anziche uno solo. Come fascio di riferimento e possibile utilizzare sia un’onda sferica (figura

4.5) che un’onda piana (figura 4.7), scelta da effettuare in base all’uso a cui e volto l’olo-

gramma che si sta costruendo. Infatti se si vuole produrre un ologramma a trasmissione fine

a se stesso, e piu conveniente utilizzare un’onda sferica (in modo da riprodurre l’immagine

olografica con un normale diodo laser commerciale, senza la necessita di creare un’onda piana

mediante una lente), mentre se si vuole utilizzare successivamente tale ologramma nell’olo-

grafia a due passi, vedremo che e conveniente utilizzare un’onda piana.

Come per le configurazioni precedenti, quando si posiziona l’oggetto e bene far attenzione

che la lastra olografica non abbia nessuna zona d’ombra, ovvero non raggiunta dalla luce di

riferimento. Allo scopo in genere si usa porre cartoncino bianco nel posto esatto in cui suc-

cessivamente va fissata la lastra olografica, controllandone l’illuminazione. Anche qui, prima

di procedere con la registrazione e bene controllare che la lastra non sia raggiunta da luce

proveniente dalla riflessione involontaria di qualche componente ottico. In tal caso si possono

usare piccoli schermi neri per bloccare i fasci indesiderati. Da notare che i filtri spaziali qui

richiesti sono 3, uno per fascio; personalmente, avendone a disposizione solamente 2 ho dovu-

to lasciare senza pinhole uno dei due fasci atti all’illuminazione dell’oggetto, accettandone

quindi l’illuminazione non completamente omogenea. Dai risultati ottenuti pero non si nota

Page 46: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

42 CONFIGURAZIONI USATE, RISULTATI

Figura 4.6: Ologramma a trasmissione a triplo fascio.

alcuna imperfezione dovuta a tale fattore; se infatti la lastra per non presentare macchie di

luce sovresposte/sottoesposte ha bisogno di un’illuminazione con fascio di riferimento omoge-

neo (quindi filtrato spazialmente), l’illuminazione dell’oggetto e soggetta a condizioni meno

severe, permettendo l’uso del solo obiettivo per microscopio sprovvisto di filtro spaziale. In

figura 4.6 si riporta uno degli ologrammi a trasmissione a triplo fascio realizzati.

4.5 Ologrammi a riflessione in due passi (H1-H2)

Nell’olografia a due passi, come spiegato precedentemente, e necessario creare un primo

ologramma a trasmissione H1, e successivamente utilizzare questo per la registrazione di un

secondo ologramma H2. Per la realizzazione dell’ologramma master e necessario utilizzare

come fascio di riferimento un’onda piana, in modo che nella fase di registrazione di H2 si pos-

sa utilizzare l’ologramma master ruotato di 180° sull’asse normale al banco, ed illuminandolo

con la stessa onda piana proietti un’immagine reale in prossimita della lastra fotosensibile

H2. Si riporta schematicamente la configurazione per la realizzazione di H1 in figura 4.7 ed

una fotografia del set-up sperimentale in figura 4.11.

Per quanto riguarda la registrazione dell’ologramma figlio H2 (figura 4.8) si noti che l’onda di

riferimento di quest’ultimo e l’onda oggetto (che in questo caso e quella proveniente da H1)

incidono sulla lastra dai due lati opposti, permettendo quindi la creazione di un ologramma a

riflessione. E bene prestare particolare attenzione alla direzione dei due fasci di riferimento,

facendo sı che ognuno illumini solamente la lastra olografica a cui e destinato. Se per esempio

il fascio di riferimento indirizzato su H2 illuminasse anche solo parzialmente l’ologramma H1,

oltre all’immagine reale su H2 si produrrebbe anche un’immagine virtuale sulla stessa linea

di mira, e verrebbe anch’essa registrata sull’ologramma H2 sovrapponendosi a quella volu-

ta. L’osservatore di H2 vedrebbe dunque due immagini sovrapposte, una delle quali virtuale

convergente (quella voluta) mentre l’altra reale divergente (fastidiosa da vedere).

Page 47: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

4.5 Ologrammi a riflessione in due passi (H1-H2) 43

M5

M2

M1

OTTURATOREHe-Ne LASER

BS1 M4

FS1

L1

M3

FS2BS2

H1

OGGETTO

FS3

Figura 4.7: Configurazione per ologrammi master H1.

M2

M1

OTTURATORE

BS1

SCHERMO

He-Ne LASER

M3

FS1

L1

H2

H1 L2

SCHERMO

FS2M4

Figura 4.8: Configurazione per ologrammi H2 a riflessione.

OTTURATOREHe-Ne LASER

M2

M1

FS2

BS1

SCHERMO

FS1

M4

L1

M3

L2

H1

H2

Figura 4.9: Configurazione per ologrammi H2 a trasmissione.

Page 48: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

44 CONFIGURAZIONI USATE, RISULTATI

Figura 4.10: Ologramma a riflessione in due passi.

Si riporta in figura 4.12 una fotografia del set-up sperimentale adottato. Con questa con-

figurazione e possibile produrre ologrammi a riflessione in luce bianca aventi l’immagine

olografica posizionata a cavallo della lastra, ovvero in parte sporgente anteriormente ed in

parte posteriormente. Anche in questo caso nella registrazione di H2 risulta quasi d’obbligo

gestire la potenza dei due fasci con un ulteriore beam splitter in modo da ottenere un ottimo

contrasto. In particolare si deve inviare un’onda piana su H1 molto piu intensa rispetto a

quella di riferimento su H2 (rapporto 80:20). Uno degli ologrammi realizzati con tale tecnica

e riportato in figura 4.10.

4.6 Ologrammi a trasmissione in due passi (H1-H2)

A differenza del paragrafo precedente, per produrre un ologramma a trasmissione H2 da

un ologramma master a trasmissione H1 si deve far incidere i due fasci dal medesimo lato.

La configurazione sperimentale e molto simile alla precedente (molti componenti ottici pos-

sono esser tenuti esattamente nella posizione usata nel set-up precedente) con la differenza

dell’inversione di direzione dell’onda di riferimento di H2 (figura 4.9).

Come nel caso precedente, anche qui si puo produrre un ologramma avente l’immagine olo-

grafica compenetrata nella lastra, ovvero con una parte in rilievo ed una in profondita. A

differenza degli ologrammi a riflessione pero le righe d’interferenza prodotte sono prevalente-

mente normali al piano della lastra, e quindi per la visione di H2 e necessaria una sorgente di

luce monocromatica. Nel caso in cui l’immagine olografica sia situata in una posizione parti-

colarmente vicina alla lastra, e possibile utilizzare per la visione anche un normale diodo led

monocromatico in quanto, sebbene i diodi led non emettano luce propriamente monocroma-

tica, lo spostamento e sfuocamento dell’immagine prodotto dalla banda emessa e comunque

accettabile alla vista (a differenza del caso in cui l’immagine sia situata piu in profondita).

Page 49: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

4.6 Ologrammi a trasmissione in due passi (H1-H2) 45

Figura 4.11: Configurazione per ologrammi master H1 a trasmissione.

Page 50: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

46 CONFIGURAZIONI USATE, RISULTATI

Figura 4.12: Configurazione per ologrammi H2 a riflessione.

Page 51: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

4.7 Ologrammi rainbow 47

4.7 Ologrammi rainbow

La configurazione richiesta per la produzione di un ologramma rainbow e sostanzialmente

uguale alla configurazione necessaria per la realizzazione di un ologramma a trasmissione H2

a partire dal suo ologramma master a trasmissione H1. La sola differenza sta nell’aggiunta

di una sottile fenditura (nel mio caso di apertura 2 mm) a contatto con H1. A causa di tale

fenditura l’immagine reale che viene proiettata da H1 su H2 ha un’intensita molto bassa per

cui e opportuno riaggiustare il rapporto delle intensita dei due fasci aumentando ulterior-

mente la potenza del fascio di ricostruzione di H1 e diminuendo parecchio quella del fascio

di riferimento di H2 (90:10). In seguito a tale operazione la lastra H2 e sottoposta ad un’in-

tensita luminosa molto bassa, il che richie un sostanziale aumento del tempo d’esposizione.

Personalmente i risultati che ho ottenuto con tale tecnica non sono stati particolarmente

soddisfacenti in quanto illuminando l’ologramma rainbow con luce bianca, lo scostamento

delle diverse immagini prodotto dalla larghezza dello spettro non era sufficiente a separare

angolarmente le diverse immagini. Questo penso sia dovuto alla poca profondita dell’imma-

gine olografica rispetto alla posizione della fenditura, che non ha ridotto a sufficienza l’angolo

visuale (in questo caso vorremmo fosse appositamente molto piccolo).

4.8 Ologrammi image-plane

Per la produzione di questa tipologia di ologrammi ho utilizzato la configurazione speri-

mentale di figura 4.13. Tramite la lente L1 viene catturata parte della luce diffusa dall’oggetto,

che e messa a fuoco nel secondo piano focale in modo da creare un’immagine reale di quest’ul-

timo in prossimita della lastra olografica. Variando la distanza della lente dall’oggetto e la

distanza della lastra olografica dalla lente e possibile ottenere un’immagine reale ingrandita

o rimpicciolita rispetto alle dimensioni dell’oggetto reale. Osservando l’angolo sotto il quale

viene vista la lente da parte dell’oggetto, si nota che la luce catturata da questa e solo una

piccola percentuale di quella diffusa dall’oggetto, pertanto l’immagine reale proiettata sulla

lastra e molto tenue. Risulta dunque necessario scegliere un rapporto tra le intensita dei due

fasci molto sbilanciato, come per esempio 10:90 (10% per il fascio di riferimento, e 90% per

il fascio d’illuminazione oggetto).

Con tale tecnica e possibile registrare in un solo passo un’immagine olografica a cavallo della

lastra fotosensibile, ovvero in parte sporgente ed in parte rientrante, senza avvalersi dunque

della laboriosa tecnica a due passi. Il grande svantaggio di tale tecnica e pero il ridottissimo

angolo solido sotto il quale e possibile osservare l’ologramma, che dipende esclusivamente dal

diametro della lente utilizzata e dalla sua lunghezza focale. Interessante potrebbe esser l’uso

Page 52: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

48 CONFIGURAZIONI USATE, RISULTATI

He-Ne LASER

BS1

OTTURATORE

FS1

OGGETTO L1LASTRA OLOGRAFICA

M1

FS2

Figura 4.13: Configurazione per ologrammi a riflessione image-plane.

di una lente di Fresnel, reperibile di grandi dimensioni ed a basso costo, sebbene la qualita di

tali lenti sia molto limitata. Piu costose ma sicuramente in grado di garantire migliori risul-

tati risulterebbero invece spesse lenti biconvesse in vetro con specifico trattamento antiriflesso

per la lunghezza d’onda del laser utilizzato.

4.9 Ologrammi a 360°

Un ologramma a 360° e una particolare tipologia di ologramma a trasmissione che per-

mette all’osservatore di girar intorno all’ologramma in modo da poter osservare l’immagine

olografica a 360°, ovvero da davanti, dietro e lateralmente. Per la creazione di ologrammi a

360° viene utilizzata in genere una pellicola olografica rettangolare lunga e stretta, arrotolata

su se stessa in modo da creare un anello. Successivamente viene inserito al suo interno l’ogget-

to, ed infine s’illumina il tutto con un’onda sferica posizionata sull’asse dell’anello, come in

figura 4.14. Personalmente, non possedendo pellicole olografiche, ho cercato di metter in atto

la stessa tecnica per registrare un ologramma su 4 lastre olografiche da 50 × 50 mm. Ho

dunque progettato e costruito un supporto che mi consentisse di fissare opportunamente le 4

lastre olografiche e l’oggetto, ottenendo l’elemento di sostegno di figure 4.15 e 4.16. Da notare

che in questa configurazione a singolo fascio l’onda sferica di riferimento ha sia la funzione

di onda di riferimento (porzione di fascio che illumina direttamente le lastre) che quella di

illuminare l’oggetto posto al centro. Per un’illuminazione ottimale dell’oggetto ho ritenuto

opportuno aggiungere alla configurazione 4 specchi inclinati di 6° rispetto all’asse come vi-

sibile nella figura 4.15. La configurazione sperimentale adottata in questo caso e riportata

Page 53: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

4.9 Ologrammi a 360° 49

Figura 4.14: Olografia a riflessione a 360°.

4 lastre olografiche

4 specchi

Figura 4.15: Schema supporto per ologrammi a riflessione a 360°.

Figura 4.16: Supporto per ologrammi a riflessione a 360°.

Page 54: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

50 CONFIGURAZIONI USATE, RISULTATI

He-Ne LASER

FS1

4 LASTRE OLOGRAFICHE

OGGETTO

OTTURATORE

Figura 4.17: Configurazione per ologrammi a riflessione a 360°.

in figura 4.17. Purtroppo il risultato che ho ottenuto con tale tecnica olografica non e stato

soddisfacente in quanto 2 delle 4 lastre olografiche, causa uno sbalzo termico hanno subito

un ritiro dello strato fotosensibile in fase d’asciugamento, con conseguente distacco dal vetro.

Sulle altre due rimaste intatte invece e stato possibile ricostruire l’immagine dell’oggetto solo

in parte, che risultava pero molto tenue, poco contrastata e quasi non visibile.

Una delle possibili cause potrebbe essere legata ad un leggero movimento dell’oggetto in fase

di posa. Un’altra possibile causa di tale insuccesso potrebbe esser dovuta alla riflessione (non

voluta) della luce di riferimento da parte del supporto. Sebbene l’alloggiamento di forma

cubica all’interno del quale erano fissate le 4 lastre olografiche fosse rivestito in velluto nero

per assorbire la luce incidente, parte della luce dopo aver oltrepassato le lastre olografiche e

senza dubbio stata riflessa all’indietro su di esse, contribuendo a l’abbassamento del contrasto

dei 4 ologrammi.

Page 55: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

5

Appendice

5.1 Appendice A: tecniche olografiche, complementi

Si riportano nel seguito le tecniche olografiche tralasciate precedentemente. I metodi

diretti comprendono l’olografia in asse, l’olografia di Fourier (senza lenti) e di Fraunhofer.

Per quanto riguarda i metodi di registrazione indiretti si riporta invece l’olografia di Fourier

facente uso di lenti.

5.1.1 Ologramma in asse (di Gabor)

Negli ologrammi in asse la sorgente, l’oggetto ed il layer olografico sono posti uno di

seguito all’altro sulla stessa linea di mira; in particolare l’oggetto dev’essere trasparente e

la superficie fotosensibile normale a tale asse. Una parte della luce emessa dalla sorgente e

assorbita e diffusa dall’oggetto (onda oggetto) mentre l’altra parte lo oltrepassa indisturbata e

costituisce l’onda di riferimento. Se prendiamo come oggetto un solo punto assiale, possiamo

vedere tale oggetto come una sorgente di onde sferiche e pertanto l’ologramma che ne risulta

e una lente a zone di Fresnel.

Lo svantaggio principale degli ologrammi in asse sta nel fatto che la loro configurazione

assiale crea un’immagine reale dell’oggetto che sta sulla stessa linea di mira di quella virtuale.

L’osservatore vede dunque due immagini una davanti all’altra, ed e inoltre abbagliato dalla

luce di ricostruzione che oltrepassa la pellicola. Per questi motivi l’olografia in asse offre

pochi interessi d’ordine pratico e costituisce piu che altro una tecnica d’interesse storico.

Questo tipo d’ologramma e del tipo a trasmissione e viene dunque osservato illuminandolo

posteriormente.

51

Page 56: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

52 APPENDICE

Figura 5.1: Olografia in asse.

Figura 5.2: Olografia di Fourier senza lenti.

5.1.2 Ologramma di Fourier (senza lenti)

L’espressione ologramma di Fourier e attribuita a quei tipi di ologrammi registrati ponen-

do la sorgente di luce puntiforme R e l’oggetto O sullo stesso piano, parallelo a quello della

pellicola fotografica (posizione 3 nella figura 2.2). Tale condizione geometrica puo esser sod-

disfatta a rigore solamente per oggetti piani. Lo schema d’interferenza registrato e costituito

da una serie di iperbole (ologramma sottile) sul piano dello strato fotosensibile in quanto la

sorgente di luce usata come riferimento e puntiforme. Tali iperbole non sono altro che sezioni

normali della serie di circonferenze che negli ologrammi in asse costituiscono la cosiddetta

lente a zone di Fresnel.

La figura 5.2 riporta lo schema che permette la registrazione e ricostruzione di ologrammi

di Fourier (senza lenti). Come in tutti gli ologrammi sottili, anche in questi appaiono due

immagini durante la ricostruzione; la particolarita e che in tal caso queste sono entrambe vir-

tuali, quindi visibili dall’osservatore come fossero due oggetti materiali. Un’immagine (quella

regolare) appare nella posizione originale dell’oggetto, mentre la sua coniugata e situata nello

Page 57: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

5.1 Appendice A: tecniche olografiche, complementi 53

Figura 5.3: Olografia di Fraunhofer.

stesso piano, con simmetria puntuale rispetto alla sorgente puntiforme R.

5.1.3 Ologramma di Fraunhofer

Gli ologrammi di Fraunhofer costituiscono un particolare caso degli ologrammi di Fourier.

In particolare sono formati come i precedenti dalla sovrapposizione di onde sferiche i cui centri

hanno la stessa distanza dalla pellicola fotografica, con la differenza che in tal caso quest’ul-

tima viene spostata molto lontano in modo che le due onde (oggetto e riferimento) possano

esser considerate piane (figura 2.2 riferimento 4). Il nome e dovuto al fatto che la diffrazione

nel campo lontano e stata conosciuta per molto tempo come diffrazione di Fraunhofer.

Questi ologrammi sono usati soprattutto per oggetti di piccola grandezza come per esem-

pio aerosol, per i quali puo esser approssimata la condizione di campo lontano con distanze

dell’ordine di pochi millimetri. Un generico set-up per la registrazione di questo tipo di olo-

grammi e rappresentato nella figura 5.3. In linea di principio, se consideriamo un piccolo

oggetto di raggio r0 (una particella), la condizione per la produzione di questo tipo di olo-

grammi e che la distanza oggetto-ologramma z0 possa essere considerata molto maggiore di

r20/λ.

5.1.4 Ologramma di Fourier (con lenti)

Vediamo ora la realizzazione di un ologramma di Fourier tramite l’uso di una lente bicon-

vessa. L’oggetto da olografare deve essere un oggetto piano ed e posto sul primo piano focale

Page 58: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

54 APPENDICE

Ricostruzione

Onda di riferimento

immagine reale coniugata

ordine di diffrazione 0

immagine reale

fx

f

Ologramma di Fourier

z

Registrazione

OggettoOnda oggetto

f

Onda di riferimento

x = -b

f

x

z

Figura 5.4: Olografia di Fourier con lenti.

della lente assieme alla sorgente puntiforme della luce di riferimento. La pellicola olografica e

posizionata invece nel secondo piano focale della lente. In questo modo lo strato fotosensibile

e colpito sia dalla luce emessa dalla sorgente (l’apertura del fascio dev’esser sufficiente per

permettere cio) che da quella emessa dall’oggetto che possono cosı interferire generando la

figura di diffrazione caratteristica dell’ologramma.

Per la ricostruzione invece la configurazione usata e diversa: l’ologramma trova collocazione

nel primo piano focale della lente, ed e illuminato in trasmissione con un’onda piana avente

stessa direzione dell’asse della lente. La luce cosı viene filtrata dall’ologramma e dopo aver

oltrepassato la lente forma nel secondo piano focale le due immagini: quella primaria e quella

coniugata. Queste sono simmetriche l’una rispetto all’altra secondo l’asse ottico della lente.

L’onda di riferimento non diffratta dall’ologramma forma invece uno spot di luce assiale (sul

fuoco della lente) che rappresenta l’ordine di diffrazione zero. Si puo vedere che l’immagi-

ne ricostruita rimane stazionaria quando l’ologramma viene spostato nel piano. Questo e

dovuto al fatto che la trasformata di Fourier di un tale movimento nel primo piano (indicato

successivamente con le coordinate ξ ed η) si trasforma solamente in uno spostamento in fase,

che non va ad incidere sulla distribuzione d’intensita dell’immagine ricostruita. Matematica-

mente possiamo descrivere la lente come un componente in grado di operare la trasformata di

Fourier dell’onda incidente. Lo strato olografico e percio colpito dalla trasformata di Fourier

Page 59: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

5.1 Appendice A: tecniche olografiche, complementi 55

dell’onda di riferimento r e da quella dell’onda oggetto o, indicate rispettivamente con R ed

O.

r(x, y) = δ(x+ b, y) (5.1)

R(ξ, η) = F{r(x, y)} = e−2πξb (5.2)

O(ξ, η) = F{o(x, y)} (5.3)

L’intensita e quindi:

I = {O(ξ, η) + R(ξ, η)}2

= R2 + |O(ξ, η)|2 + O(ξ, η)R∗(ξ, η) + O∗(ξ, η)R(ξ, η) (5.4)

Nella quale |R(ξ, η)|2 = 1. Consideriamo ora la trasparenza in ampiezza dell’ologramma

come funzione lineare dell’intensita. Illuminando l’ologramma otteniamo in uscita:

U(ξ, η) = r(ξ, η) · (t0 + γTI(ξ, η)) = t0 + γTI(ξ, η) (5.5)

In cui e stata presa come onda di riferimento r un’onda piana di ampiezza costante unitaria.

Al di la della lente infine abbiamo la trasformata di Fourier dell’onda entrante U :

u(x, y) = F{U(ξ, η)}

= (t0 + γτ) · δ(x, y)

+γτ ·∫ ∞−∞

o(x′, y′) · o(x′ − x, y′ − y)dx′dy′

+γτ · o(x− b, y)

+γτ · o∗(−x+ b,−y) (5.6)

in cui possiamo riconoscere lo spot centrale (primo termine), circondato da un alone-ombra

(secondo termine), e le due immagini reali in posizione simmetrica (terzo e quarto termine).

Page 60: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

56 APPENDICE

5.2 Appendice B: schemi elettrici dell’otturatore

elettronico

Figura 5.5: Schema elettrico del trasmettitore all’infrarosso.

Figura 5.6: Schema elettrico del ricevitore all’infrarosso.

Page 61: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

5.3 Appendice C: soluzioni e procedimento per losviluppo degli ologrammi 57

5.3 Appendice C: soluzioni e procedimento per lo

sviluppo degli ologrammi

Le operazioni di esposizione e di sviluppo della lastra olografica vanno eseguite, come e

ovvio pensare, in un ambiente buio, a causa della estrema sensibilita alla luce delle lastre

fotografiche usate. La sola luce consentita (per permetterci di vedere cio che stiamo facendo)

e quella prodotta da uno o due led colorati con lunghezza d’onda di picco nella regione non

sensibile della pellicola. Personalmente ho usato un led da 5 mm e 10000 mcd di colore verde,

coperto con un foglio di carta per favorire la diffusione della luce prodotta.

Dopo l’esposizione della lastra fotografica si crea su di essa la cosiddetta immagine latente

che diventa visibile solo in segiuto alla procedura di sviluppo. Tale operazione consiste nel-

l’immersione della lastra in una soluzione ottenuta miscelando i sali indicati nella figura

5.7. Questa soluzione, come anche le altre, deve essere contenuta in una vaschetta di plastica

(non in una vaschetta metallica). La lastra fotografica va immersa totalmente nella soluzione,

facendo attenzione che il lato con l’emulsione sia rivolto verso l’alto, e quindi non si graffi

a contatto con il fondo della vaschetta. E bene agitare lievemente la soluzione con la lastra

immersa, in modo da favorire ed uniformare lo svolgimento della reazione chimica su tutta la

superficie fotosensibile. Tale operazione va effettuata indossando dei guanti in lattice, degli

occhiali ed adottando tutte le precauzioni del caso, in quanto le soluzioni usate sono tossiche.

Il tempo richiesto per lo sviluppo della lastra a temperatura di 20°C e di circa 30 secondi.

Successivamente la lastra viene immersa in una vaschetta contenente acqua distillata, allo

scopo di rimuovere il piu possibile la soluzione di sviluppo da essa. Il tempo necessario per

questa operazione e di circa 1 minuto. Ora la lastra fotografica non e piu sensibile alla luce,

dunque possiamo accendere l’illuminazione ambientale.

Con questo processo otteniamo un ologramma in ampiezza, quasi completamente opaco alla

vista. Ora possiamo decidere se mantenerlo tale ed asciugarlo, oppure trasformarlo in un

piu efficiente ologramma in fase attraverso il processo di sbiancamento (operazione che ho

sempre adottato nell’esecuzione dei miei campioni). I sali utilizzati per ottenere la soluzione

sbiancante sono indicati in figura 5.7.

Anche in questo caso la lastra va costantemente agitata nella soluzione per tutto il tempo

in cui resta immersa. La durata di questo processo va decisa di volta in volta in base alla

trasparenza dell’ologramma, in modo che ne risulti un ologramma completamente trasparen-

te e tutte le aree scure del precedente sviluppo siano completamente svanite. Come ultima

operazione si sciacqua in una bacinella d’acqua corrente l’ologramma ottenuto, azione da

protrarsi per circa 4-5 minuti.

Se lo strato fotosensibile non e completamente asciutto non si e in grado di vedere alcun

Page 62: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

58 APPENDICE

Figura 5.7: Soluzioni per lo sviluppo degli ologrammi.

ologramma in quanto l’emulsione ricca d’acqua e dilatata rispetto alla condizione normale

di registrazione (e quindi la lunghezza d’onda della luce che permette di veder l’ologramma

e notevolmente superiore). Si deve dunque permettere all’ologramma di asciugarsi (general-

mente in posizione verticale onde evitare la formazione di aloni) possibilmente a temperatura

ambiente. E fondamentale inoltre che la lastra olografica non subisca sbalzi termici in quanto

oltre ad una possibile dilatazione o contrazione anomala della gelatina fotosensibile, e possi-

bile che si provochi il suo distacco dalla superficie di vetro su cui e depositata, danneggiando

irrimediabile dell’ologramma.

Page 63: FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI … per la realizzazione di ologrammi Tesi di Laurea triennale in Fisica Laureando: Nevio Daneluz Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo

Bibliografia

[1] Ackermann, G. K.; Eichler, J. (2007). Holography. Weinheim: Wiley-VCH

[2] Hariharan, P. (2002). Basic of Holography. Cambridge: Cambridge University Press

[3] Newport (2003). Projects in Holography. Irvine: Newport Corporation

[4] Parker, M. G. (1967). Introduction to Holography. Am. J. Phys. 35(11), 1056-1064

[5] Porter, A. G.; George, S. (1967). An elementary introduction to practical holography.

Am. J. Phys. 43(11), 954-959

[6] Rudmin, J. W.; Taylor, G. R.; Hand, P. M.; Ashworth, J. N.; Wehr, P. H. (1980).

Simple ultra-low-cost undergraduate holography using a modified Michelson interferometer.

Am. J. Phys. 48(9), 746-748

[7] Wise, J. (1972). Holography on a Low Budget. Am. J. Phys. 40(11), 1866-1867

59