FACOLTA’ DI MEDICINA VETERINARIA - radvet.unina.it · 7 IL TESSUTO OSSEO Le ossa rappresentano i...

100
1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II FACOLTA’ DI MEDICINA VETERINARIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA VETERINARIA DIPARTIMENTO DI SCIENZE CLINICHE VETERINARIE CENTRO INTERDIPARTIMENTALE DI RADIOLOGIA VETERINARIA TESI SPERIMENTALE DI LAUREA IN RADIOLOGIA VETERINARIA E MEDICINA NUCLEARE “LA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI NEI TUMORI OSSEI DEL CANE” RELATORE CANDIDATA CH.MO PROF. MARIALUISA MANZO LEONARDO MEOMARTINO MATR. 550/072 ANNO ACCADEMICO 2008/2009

Transcript of FACOLTA’ DI MEDICINA VETERINARIA - radvet.unina.it · 7 IL TESSUTO OSSEO Le ossa rappresentano i...

1

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II

FACOLTA’ DI MEDICINA VETERINARIA

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA VETERINARIA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE CLINICHE VETERINARIE CENTRO INTERDIPARTIMENTALE DI RADIOLOGIA VETERINARIA

TESI SPERIMENTALE DI LAUREA IN

RADIOLOGIA VETERINARIA E MEDICINA NUCLEARE

“LA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI NEI TUMORI OSSEI DEL CANE” RELATORE CANDIDATA CH.MO PROF. MARIALUISA MANZO LEONARDO MEOMARTINO MATR. 550/072

ANNO ACCADEMICO 2008/2009

2

3

INDICE

Introduzione Pag. 4

Parte generale

Il tessuto osseo Pag. 6

I tumori ossei nel cane Pag.15

Classificazione dei tumori ossei Pag. 17

Etiopatogenesi dei tumori ossei Pag. 30

Segni clinici dei tumori ossei Pag. 34

Diagnosi dei tumori ossei Pag. 38

Stadiazione dei tumori ossei Pag. 42

Terapia dei tumori ossei Pag. 48

Ruolo della Diagnostica per Immagini nei tumori ossei Pag. 53

Caratteri radiografici dei tumori ossei Pag. 56

Parte sperimentale

Introduzione alla parte sperimentale Pag. 66

Materiali e Metodi Pag. 68

Risultati Pag. 70

Discussione Pag. 83

Conclusioni Pag. 92

Bibliografia Pag. 93

4

INTRODUZIONE

L’importanza clinica delle affezioni oncologiche riconosce un crescente

interesse anche in campo Veterinario.

I tumori ossei, benigni e maligni, rappresentano una forma neoplastica

relativamente frequente nel cane e, tra essi, l’osteosarcoma è il più comune.

I tumori ossei del cane, inoltre, appaiono sostanzialmente sovrapponibili a

quelli umani da un punto di vista morfologico, clinico ed eziopatogenetico.

Le neoplasie del tessuto osseo sono oggetto di numerosi studi e ricerche. In

tal senso, le tecniche di Diagnostica per Immagini costituiscono un ausilio

essenziale per la diagnosi, la stadiazione e la conseguente prognosi. La

Radiografia è la tecnica considerata di scelta: infatti, essa, solitamente, è in

grado di fornire tutte le informazioni necessarie alla caratterizzazione della

patologia. Le altre tecniche di Imaging sono considerate, invece, di secondo

o di terzo livello. La Tomografia Computerizzata (TC) basata sui raggi X, è

in grado di fornire informazioni più dettagliate sulle alterazioni strutturali

scheletriche e sulle eventuali lesioni secondarie ma, al contempo, determina

una maggiore radioesposizione, maggiori rischi legati all’anestesia e ai

mezzi di contrasto e costi decisamente superiori. L’ecografia, sebbene non

in grado di dare immagini della struttura scheletrica interna, può fornire

delle preziose informazioni sul periostio e sui tessuti molli periferici. La

Risonanza Magnetica (RM) e le tecniche di Medicina Nucleare (es.

5

scintigrafia ossea) potenzialmente sono delle metodiche in grado di dare

notizie uniche, in particolare sull’aggressività della neoplasia. Tuttavia,

ambedue sono raramente accessibili in campo Veterinario sia per la loro

scarsa presenza sul territorio sia per i costi. Come per altre patologie, la

diagnosi di certezza è, come sempre, affidata agli esami cito- ed isto-

patologici sebbene, non sia raro che le tecniche di Diagnostica per

Immagini si dimostrino più sensibili e specifiche.

Con questa tesi abbiamo voluto analizzare gli aspetti radiografici, TC ed

ecografici, delle neoplasie ossee di cani riferiti al Centro

Interdipartimentale di Radiologia Veterinaria della Facoltà di Napoli,

prendendo in considerazione gli ultimi 10 anni di attività.

La tesi si articola in una Parte Generale introduttiva e in una Parte

Sperimentale. La prima comprende un capitolo relativo all’anatomia del

tessuto osseo, uno dedicato alla descrizione dei principali tumori ossei, ai

segni clinici, alla diagnosi e alla terapia ed, infine, un capitolo che descrive

le tecniche di diagnostica per immagini e uno relativo all’applicazione delle

stesse alla patologia in esame. La Parte Sperimentale si apre con una breve

Introduzione alla quale fanno seguito un capitolo sui Materiali e Metodi,

uno sui Risultati e uno di Discussione. Chiude la tesi un breve capitolo

dedicato alle Conclusioni.

6

Parte generale

7

IL TESSUTO OSSEO

Le ossa rappresentano i principali costituenti dell’apparato locomotore.

Esse, pur rappresentando elementi passivi, assolvono numerose funzioni. In

particolare, proteggono gli organi interni, rappresentano una riserva per gli

elementi minerali, contengono il midollo ma, soprattutto, fungono da

sostegno dando attacco ai muscoli.

Nell’ambito dell’apparato scheletrico distinguiamo due principali porzioni:

lo scheletro assiale e lo scheletro delle cinture e degli arti o

appendicolare.

Il primo comprende la testa (formata dalle ossa del cranio e dalle ossa

della mandibola), e la colonna vertebrale (costituita da segmenti ossei, le

vertebre cervicali, toraciche, lombari, sacrali e caudali) alla quale si

collegano, a livello della regione toracica, le coste, che vanno, poi, a unirsi

ventralmente allo sterno, formando, così, la gabbia toracica.

Lo scheletro delle cinture e degli arti è, invece, disposto lateralmente e in

maniera simmetrica al precedente. Le cinture, toracica e pelvica,

forniscono l’attacco per il primo segmento osseo degli arti. La prima è

formata dalla scapola, la seconda da tre elementi ossei, ileo, ischio e pube,

che si saldano su ciascun lato e vanno a unirsi al sacro, andando a

costituire, nell’insieme, il bacino o pelvi. Gli arti vengono, invece,

suddivisi in due coppie, toracica e pelvica. L’arto toracico è formato,

8

procedendo in senso prossimo-distale, dall’omero, da radio e ulna (che

insieme vanno a formare l’avambraccio), dal carpo (formato nei Carnivori

da sette piccoli elementi ossei), dal metacarpo (costituito da quattro o

cinque metacarpei) e dalle falangi. L’arto pelvico è costituito, invece, dal

femore, dalla rotula, da tibia e fibula, a livello della gamba, dal tarso, dal

metatarso e dalle falangi.

Oltre che per la forma le ossa vengono distinte anche per la loro origine in

ossa encondrali, che si sviluppano a partire da un modello cartilagineo, e

ossa membranose, che si sviluppano da un modello connettivale.

Le ossa vengono ulteriormente suddivise in base alla loro forma in: lunghe,

che partecipano soprattutto alla costituzione degli arti e in cui un diametro

prevale in maniera evidente sugli altri; piatte, riscontrabili a livello del

cranio, della faccia e delle cinture e nelle quali i diametri di lunghezza e

larghezza prevalgono sul terzo; corte, come quelle della colonna

vertebrale, del carpo, del tarso e nelle quali nessun diametro prevale sugli

altri.

L’aspetto caratteristico di ciascun osso è determinato dalla presenza di

eminenze, ovvero, rilievi che partecipano alla formazione di strutture

articolari (teste, condili, denti) o di inserzioni tendinee o legamentose

(processi, tuberosità, spine, creste) e di cavità, di tipo articolare (cavi

articolari, troclee) e non (fosse e fossette, docce, solchi, incisure). A

9

quest’ultimo gruppo appartengono anche i fori e i canali ossei, che

permettono il passaggio di vasi e nervi, e i fori nutritizi, destinati a

contenere i vasi e i nervi propri delle ossa.

Le ossa sono formate da più tessuti, tutti, però, di origine connettivale. In

particolare, distinguiamo il tessuto osseo propriamente detto, il periostio, la

cartilagine, il midollo osseo e, inoltre, vasi e nervi.

Il tessuto osseo rappresenta il principale costituente dello scheletro. Esso è

formato da una sostanza intercellulare o matrice (comprendente, a sua

volta, la sostanza amorfa e le fibre collagene che insieme vanno a formare

strutture lamellari, le lamelle ossee), e dalle cellule ossee, gli osteociti.

Distinguiamo, inoltre, tre diversi tipi di tessuto osseo: quello

endocondrale, transitorio e che funge da riserva per la formazione del

tessuto haversiano che andrà, poi, a sostituirlo; il tessuto periostale che si

forma a livello della faccia interna del periostio ed è costituito da una serie

di lamelle ossee che vanno a sovrapporsi e a formare uno strato più o meno

spesso che circonda l’osso haversiano; il tessuto osseo haversiano,

costituito dai sistemi di Havers od osteoni. Questi ultimi in base alla loro

disposizione, vanno a formare due differenti tipologie di tessuto osseo:

quello compatto, nel quale gli osteoni presentano un piccolo canale

centrale, il canale di Havers, contenente un particolare tipo di tessuto

connettivo attraversato da vasi e nervi di calibro molto ridotto e attorno al

10

quale le lamelle ossee si dispongono in maniera concentrica e vanno a

formare anche i cosiddetti canali di Volkmann, che mettono in

comunicazione tra loro i canali di Havers; il tessuto osseo spugnoso, di

aspetto molto più poroso, con osteoni molto dilatati e irregolari e midollo

osseo più abbondante rispetto al tessuto compatto.

Nell’ambito di un segmento osseo, il tessuto compatto va ad occupare

soprattutto la porzione più superficiale (tavolato); nelle ossa lunghe, inoltre,

delimita la cavità midollare. Quello spugnoso, invece, occupa le estremità

(epifisi) delle ossa lunghe e la porzione più profonda delle ossa corte e

piatte. Caratteristica essenziale del tessuto osseo è la presenza di una

sostanza fondamentale mineralizzata, ovvero, un insieme di elementi

minerali tra i quali prevale il calcio (idrossiapatite di calcio); esso viene,

inoltre, utilizzato dal sangue per mantenere inalterata la sua composizione

chimica (omeostasi).

Le ossa si presentano ricoperte per tutta la loro superficie, meno che a

livello delle articolazioni e delle inserzioni muscolari e tendinee, da un

tessuto connettivo denso a fibre incrociate denominato periostio. La faccia

più profonda di questa membrana fibrosa è a diretto contatto con l’osso e

costituisce il cosiddetto strato osteogeno o blastema sottoperiostale. Esso

viene attraversato da numerose fibre ( fibre di Sharpey) provenienti dalla

porzione più superficiale e del tutto simili a quelle presenti a livello delle

11

connessioni tendinee e legamentose, che, poi, si immettono nel tessuto

osseo.

Nelle ossa di origine encondrale alcune zone, le cosiddette cartilagini

articolari (o di incrostazione), non subiscono il processo di ossificazione e

ricoprono le eminenze e le cavità articolari. Altre, invece, vanno incontro a

ossificazione solo in un secondo momento, in particolare, alla fine

dell’accrescimento osseo, e sono le cosiddette fisi o cartilagini di

coniugazione o dischi epifisari. (Fig. 1)

Il midollo osseo occupa la cavità centro-midollare e le areole del tessuto

spugnoso, e può presentarsi in tre diverse varietà: rosso, giallo e grigio. Il

midollo rosso, detto anche “midollo fetale”, è tipico delle ossa in via di

sviluppo ed è contenuto nei corpi vertebrali, nelle sternebre, nelle ossa del

cranio e nelle coste. Il colore tipico gli è conferito dalla sua principale

funzione, ovvero, l’emopoiesi. Il midollo giallo ha, invece, perso la

capacità di produrre globuli rossi ed è formato soprattutto da adipociti; si

riscontra a carico della cavità centrale delle ossa lunghe e nel tessuto

spugnoso di molte ossa. Il midollo grigio è tipico delle ossa facciali e della

volta del cranio; rappresenta una variante del precedente tipo, caratterizzata

dall’assenza di adipociti.

La vascolarizzazione dell’osso è fornita da un gran numero di arterie e

vene. L’arteria nutritizia rappresenta il vaso principale e si immette nel

12

segmento osseo attraverso il foro omonimo. Essa, nelle ossa lunghe,

attraverso il canale nutritizio, raggiunge il canale midollare, mentre in tutte

le tipologie di ossa si ramifica per irrorare il tessuto spugnoso, formando

anastomosi con le altre arterie, in modo da andare a costituire una fitta rete

di vasi. Queste ultime presentano un calibro minore e penetrano nell’osso

attraverso fori presenti a livello delle epifisi delle ossa lunghe e delle

regioni più periferiche delle altre ossa. Sono, inoltre, presenti arterie

periostali, le quali vanno a formare una rete al di sotto del periostio e che

si approfondano nel tessuto osseo attraverso piccolissimi forellini. Le vene

formano all’interno dell’osso una rete ancora più fitta e a livello delle ossa

corte, in particolare, nei corpi vertebrali, costituiscono anche una sorta di

piccoli laghi che interessano il tessuto spugnoso.

I vasi linfatici sono presenti a livello del periostio ma non del tessuto

osseo; in quest’ultimo, tuttavia, sono state descritte guaine perivascolari

aventi la medesima funzione.

I nervi seguono l’andamento delle arterie e abbondano a livello sub-

periostale e nel tessuto spugnoso, mentre risultano scarsi nel tessuto osseo

compatto. (Pelagalli e Botte, 1999; Barone, 1974; Netter, 1990) (Fig.2).

13

Fig. 1 - Disegno schematico della cartilagine fisaria ed epifisaria di un osso di origine

condromatosa (Modificato da Netter, 1987).

14

Fig. 2 - Disegno schematico della struttura del tessuto osseo (Modificato da Netter,

1987).

15

I TUMORI OSSEI NEL CANE

I tumori del tessuto osseo rappresentano circa il 5-7% di tutte le neoplasie

dei piccoli animali (Foster & Smith, 2007; Davis et al., 2002; Thompson,

Fugent, 1992; Britt et al., 2007; Egenvall et al., 2007; Theilen e Madewell,

1987; LaRue, Withrow, 1989). Essi risultano molto più diffusi nel cane che

nel gatto.

Circa il 95-98% dei tumori ossei del cane è di tipo maligno e, in

particolare, l’82-85% circa è classificato, da un punto di vista istologico,

come osteosarcoma. Il restante 15% include il condrosarcoma (10%),

l’emangiosarcoma, il fibrosarcoma, il linfoma e il mieloma (3%),

l’osteoma e il condroma (2%) (Theilen e Madewell, 1987).

Sono colpiti soprattutto cani di taglia grande-gigante (Rottweiler, San

Bernardo, Alano, Golden Retriever, Labrador Retriever, Setter Inglese,

ecc.), con un'età media di 5-7 anni (l'incidenza è direttamente proporzionale

all'età, anche se molti osteosarcomi insorgono anche in soggetti con meno

di 2 anni di vita) e con una moderata maggiore prevalenza nei maschi

(55%), fatta eccezione per alcune razze, come il San Bernardo, il

Rottweiler e l’Alano, in cui sembra siano le femmine a essere

maggiormente colpite (Luppi et al., 2000; Theilen e Madewell, 1987;

Papparella, 2007; LaRue, Withrow, 1989; Heyman et al., 1992).

Solo il 5% circa dei cani affetti da tumore osseo è di piccola taglia; in essi

16

la patologia colpisce più frequentemente (59% dei casi circa) lo scheletro

assiale (Heyman et al., 1992).

17

Classificazione dei tumori ossei

Diverse sono le classificazioni riportate in letteratura circa le neoplasie

ossee.

Un primo schema fu quello proposto dal WHO (Misdorp e Van Der Heul,

1974), in cui i tumori erano indicati in base al tipo cellulare o tissutale.

Sulla base di una nuova classificazione, formulata da Moulton nel 1984 e

basata sui criteri di benignità o malignità delle neoplasie ossee e sulla loro

localizzazione nell’ambito del segmento coinvolto, Slayter ha proposto una

nuova classificazione istologica pubblicata nel 1994 dall’AFIP e tutt’oggi

utilizzata:

TUMORI BENIGNI: Osteoma

Fibroma ossificante

Myxoma della mandibola

Osteocondroma

Condroma

Emangioma

TUMORI MALIGNI:

Centrali: Osteosarcoma poco differenziato

osteoblastico produttivo

osteoblastico non produttivo

condroblastico

18

fibroblastico

teleangectasico

a cellule giganti

Condrosarcoma

Fibrosarcoma

Emangiosarcoma

Tumore a cellule giganti dell’osso

Tumore multilobulare dell’osso

Periferici: Condrosarcoma periostale

Fibrosarcoma periostale

Fibrosarcoma mascellare (cane)

Osteosarcoma periostale

Osteosarcoma parostale

Tumori vari: Liposarcoma

Mesenchimoma maligno

Altri

Tumori del midollo osseo: Mieloma

Linfoma

19

Lesioni “tumor-like”: Displasia fibrosa

Cisti ossee solitarie

Cisti ossee juxtacorticali

Cisti epidermioidi delle falangi

Miosite ossificante

Gli osteosarcomi possono essere ulteriormente classificati in base alla loro

sede d’origine, che può essere:

-convenzionale (o midollare), se interessano primariamente le cavità

midollari delle estremità metafisarie delle ossa lunghe;

- parostale (o juxtacorticale), riscontrati, nel cane, a livello delle ossa del

cranio e delle diafisi delle ossa lunghe. Generalmente, hanno una prognosi

favorevole in quanto mostrano un’evoluzione molto lenta e metastatizzano

tardivamente;

- periostale, che originano dalla zona superficiale dell’osso coinvolto.

Reperto quasi costante è il coinvolgimento dei tessuti molli circostanti;

- intracorticale;

- extrascheletrica, anch’essi coinvolgenti i tessuti molli.

20

Osteosarcoma

L’osteosarcoma appendicolare è una neoplasia localmente aggressiva e

altamente metastatica. Tuttavia, solo il 10- 15% dei soggetti presenta, al

momento della prima visita, delle metastasi, in particolar modo ai polmoni,

i quali rappresentano il primo sito di disseminazione, poichè la via di

diffusione è, soprattutto, quella ematica (Thompson, Fugent, 1992;

Papparella, 2007). A questi ultimi seguono, in percentuali via via

decrescenti, il fegato, il rene, i linfonodi, il miocardio, i muscoli (Cheli R.,

1969). In tal senso, le tecniche di Diagnostica per Immagini e, in

particolare, l'esame radiografico, risultano essere essenziali per una corretta

stadiazione della neoplasia (Kuntz, 2001; Feeney et al., 1982).

Circa il 3% degli OSA dissemina, invece, per via linfatica; soggetti con

metastasi linfonodali presenterebbero una sopravvivenza media ridotta.

Per quanto riguarda, invece, la comparsa di metastasi ossee, in media, su 15

soggetti (di cui 13 con metastasi multiple) le localizzazioni più frequenti

sono rappresentate dalla colonna vertebrale (8 casi), dalle costole (7), le

ossa lunghe (5), le ossa pelviche (1), lo sterno (1). Nei cani trattati con

chemioterapici è stato notato un aumento di questo tipo di metastasi

(Spodnick et al., 1992).

Da un punto di vista anatomo-patologico l’osteosarcoma si presenta come

una massa di elevata consistenza, difficile da incidere. La superficie di

21

taglio appare di un colore bianco-grigiastro, con striature di colore rossastro

e pochi residui ossei nelle neoplasie a carattere osteolitico. Queste ultime

presenteranno in periferia un addensamento tissutale, spesso di tipo

ossificato, corrispondente al processo di reazione periostale.

Nell’osteosarcoma di tipo osteogenetico, invece, la superficie di taglio

presenta un aspetto prevalentemente osseo; anche il canale midollare risulta

occupato da tessuto osseo neoformato. La corticale appare spesso erosa e a

livello periostale si riscontra la presenza di trabecole ossee che possono

avere andamento di vario tipo (Cheli, 1969).

22

Condrosarcoma

Il condrosarcoma nel cane rappresenta il secondo tumore più frequente tra

tutte le neoplasie primarie del tessuto osseo (5-10% del totale) (Dernell et

al., 2007; Goldschmidt and Thrall, 1985).

Esso prende origine dal tessuto cartilagineo e, durante il suo sviluppo,

tende a mantenere le caratteristiche proprie della cartilagine.

Il condrosarcoma risulta essere più frequentemente in soggetti di età adulta

(5-7 anni), senza particolare predilezione per quanto riguarda il sesso.

Colpisce nella maggior parte dei casi cani di grossa taglia. Può coinvolgere

tutti i segmenti scheletrici, ma sembra vada a interessare più di frequente le

ossa piatte e, in particolare, quelle del cranio (Cheli, 1969; Dernell et al.,

2007; Goldschmidt and Thrall, 1985).

L’eziologia del condrosarcoma è, generalmente, sconosciuta; esso può,

tuttavia, originarsi da una trasformazione di esostosi cartilaginee multiple

(Dernell et al., 2007).

Può essere centrale o periferico e, ancora, primario, se prende origine

direttamente dal tessuto cartilagineo, o secondario, se deriva da una

trasformazione maligna di esostosi osteocartilaginee (Cheli, 1969;

Goldschmidt and Thrall, 1985).

In quelli di tipo centrale l’aspetto, quasi patognomonico, è caratterizzato

dalla presenza di aree di lisi, a cui si associano calcificazioni

23

irregolarmente distribuite. Il condrosarcoma periferico si presenta, invece,

come una massa fortemente calcificata, addossata al tessuto osseo dal quale

si è originato.

Da un punto di vista anatomo-patologico appare mal delimitato, con

superficie bernoccoluta e di consistenza fibrosa. Al taglio si riscontra la

presenza di tessuto cartilagineo a cui si associano aree di calcificazione e di

tessuto fibroso, con piccole vacuolizzazioni contenenti un liquido citrino

filante.

Il condrosarcoma è una neoplasia altamente maligna, tendente più alla

diffusione locale che alla produzione di metastasi. Questa caratteristica

rappresenta un dato favorevole circa la prognosi, qualora la localizzazione

permettesse di intervenire mediante ampie escissioni o l’amputazione

(Cheli, 1969; Goldschmidt and Thrall, 1985).

24

Fibrosarcoma

Il fibrosarcoma è una neoplasia piuttosto rara, corrispondente a meno del

5% di tutti i tumori ossei del cane (Dernell et al., 2007; Goldschmidt and

Thrall, 1985). E’ di tipo maligno e la sua origine non è ben chiara. Esso

potrebbe derivare da una trasformazione dei tessuti extrascheletrici

(connettivi perivascolare, perineurale, ecc.) e invadere secondariamente i

segmenti ossei, oppure, prendere origine dal tessuto connettivo fibrillare

dell’osso, dei canali di Havers, del midollo osseo, del periostio.

Il fibrosarcoma può essere riscontrato in soggetti di ogni età, con una

maggiore incidenza intorno ai 3-4 anni di vita. Non esistono predilezioni di

razza, sesso o localizzazione (Cheli, 1969).

Questo tipo di neoplasia produce una vasta lisi ossea alla quale si associa,

nella maggior parte dei casi, un coinvolgimento dei tessuti molli

circostanti.

L’aspetto anatomo-patologico del fibrosarcoma può essere quello di un

tessuto simil-lardaceo, molle, contenente piccole aree emorragiche

frammiste a cavità occupate da un liquido citrino, oppure, di una

consistente massa di colore bianco-grigiastro, tendente all’invasione e alla

distruzione locale (Cheli, 1969; Goldschmidt and Thrall, 1985).

La prognosi relativa al fibrosarcoma è strettamente connessa alla

localizzazione della patologia, quindi, alla possibilità di intervenire

25

chirurgicamente (Cheli, 1969).

26

Angiosarcoma

L’angiosarcoma è una neoplasia di tipo maligno che si origina dal tessuto

vascolare dell’osso. E’ un tumore raro che, insieme al fibrosarcoma,

rappresenta circa il 7% di tutte le neoplasie del tessuto osseo del cane

(Cheli, 1969; Goldschmidt and Thrall, 1985).

Esso colpisce più frequentemente soggetti aventi un’età compresa tra i 6 e i

9 anni, senza predilezione di razza o sesso (Cheli, 1969).

All’esame radiografico l’angiosarcoma si presenta come un’estesa area di

lisi alla quale, tuttavia, non si associa alcun tipo di reazione periostale

(Cheli, 1969).

L’aspetto anatomo-patologico della neoplasia è quello di una formazione di

colore rossastro, particolarmente vascolarizzata, di consistenza spugnosa e

friabile. Talvolta, il tessuto vascolare non è ben rappresentato e lascia il

posto a una struttura solida di colore grigiastro (Cheli, 1969; Goldschmidt

and Thrall, 1985).

La prognosi relativa all’insorgenza di un angiosarcoma è strettamente

connessa alla localizzazione della patologia e alla possibilità di intervenire

chirurgicamente (Cheli, 1969).

27

Plasmocitoma (Mieloma)

Il plasmocitoma o mieloma rappresenta un’affezione del S. R. E.,

caratterizzata da una vasta e disordinata proliferazione di plasmacellule,

che si presentano in diversi stadi di maturazione.

Esso può essere solitario o multiplo e, in riferimento al tessuto osseo,

midollare o extramidollare.

Il plasmocitoma è una neoplasia piuttosto infrequente. Pertanto, basandoci

su di un numero limitato di casi, sembra che l’incidenza sia maggiore nei

maschi di età adulta. Non è, tuttavia, possibile indicare l’esistenza di una

predilezione per quanto riguarda la razza e la localizzazione di questo tipo

di tumore (Cheli, 1969).

Ai segni clinici che comunemente accompagnano i tumori ossei

(tumefazione, edema, functio laesa, ecc.) si associano in questo caso anche

ipertermia, anoressia e deperimento. In caso di plasmocitoma le indagini di

laboratorio assumono un’importanza fondamentale, sia relativamente alla

diagnosi che alla prognosi. Le alterazioni di maggiore riscontro sono

rappresentate da: anemia (alla quale si associa, talvolta, leucemia),

leucocitosi, iperglobulinemia e ipoalbuminemia.

Anche l’aspetto radiografico del plasmocitoma è “tipico”. Esso è

caratterizzato dalla presenza di tanti, piccoli foci radiotrasparenti,

rotondeggianti e a limiti netti, detti “a stampo” o “a macchia di leopardo”.

28

La corticale appare assottigliata, erosa negli stadi più avanzati. Sono,

talvolta, presenti fratture patologiche.

Da un punto di vista anatomo-patologico, il tessuto neoplastico appare

disseminato da aree di lisi contenenti un materiale di colore bruno-

rossastro.

La prognosi conseguente a una diagnosi di plasmocitoma è decisamente

infausta (Cheli, 1969).

29

Tumori ossei secondari

Pur non rappresentando un frequente riscontro, il tessuto osseo può essere

interessato da lesioni di tipo secondario, che si stabiliscono per contiguità o

sottoforma di metastasi. Nel primo caso, l’osso viene coinvolto per

estensione di una neoplasia originatasi dai tessuti molli peri- e paraostali

(sinoviosarcomi, fibrosarcomi, emangiosarcomi, emangiopericitomi,

carcinomi, ecc.). Nel secondo caso, la localizzazione ossea può aversi a

partire da carcinomi (in particolare, quelli mammari) o, molto più

raramente, da sarcomi, come lo stesso osteosarcoma. Talvolta, è possibile

riscontrare le cosiddette “skip-metastates” o “metastasi a salto”, le quali si

manifestano a carico dello stesso segmento osseo colpito dal tumore

primario, ma non si mostrano in continuità con quest’ultimo. Le cellule

tumorali, in questo caso, non utilizzano la via ematica per diffondere, bensì

i sinusoidi midollari (Papparella, 2007).

Anche nel caso dei tumori ossei secondari le modificazioni della regione

coinvolta potranno avere carattere litico, produttivo o misto.

30

Etiopatogenesi dei tumori ossei

Come per molti altri tipi di tumori, le cause responsabili dell’insorgenza

delle neoplasie ossee sono tuttora ignote o identificate come possibili

fattori predisponenti.

La prima potrebbe essere rappresentata da una particolare evoluzione delle

fratture e, soprattutto, da processi di mancata o ritardata unione dei

monconi ossei. Inoltre, tutte le patologie e le modificazioni delle strutture

ossee, i traumi ripetuti, e, in particolar modo, quelli che si rendono

responsabili di alterazioni dell’accrescimento, potrebbero rappresentare

dei fattori predisponenti per la comparsa di tumori ossei. A questi vanno

aggiunti processi di natura cronica e, in particolar modo, le osteomieliti

(LaRue, Withrow, 1989; Egenvall et al., 2007).

Nel cane è stata dimostrata la comparsa di sarcomi del tessuto osseo come

conseguenza di infarti ossei. Questi ultimi pare si verifichino più di

frequente in soggetti di taglia piccola (Theilen e Madewell, 1987; LaRue,

Withrow, 1989).

Un’altra possibile causa è rappresentata dai corpi estranei. Tra questi,

soprattutto, gli impianti metallici utilizzati per l’osteosintesi interna di

fratture, non rimossi immediatamente dopo la guarigione. Numerose sono

le ipotesi circa gli effetti cancerogeni “propri” di questi ausili terapeutici: la

risposta immunitaria dell’organismo nei confronti dell'impianto;

31

l’eventuale tossicità dei materiali utilizzati (nickel, cobalto, cadmio); le

alterazioni di tipo elettrostatico causate dalle loro superfici e gli effetti sui

potenziali cellulari contigui (Van Bree et al, 1980).

I sarcomi causati da impianti metallici interessano più frequentemente la

diafisi delle ossa lunghe, sebbene, di norma, quest’ ultima venga colpita da

tumori primari in meno dell’1% dei casi; sono, infatti, le regioni epifisarie a

essere più frequentemente interessate. E’, quindi, evidente come questa

condizione sia legata a un processo infiammatorio cronico causato dalla

presenza dell’impianto stesso. La comparsa della neoplasia si verifica,

generalmente, dopo un periodo di tempo compreso tra i 6 mesi e gli 11 anni

dall’applicazione dell’impianto (Theilen e Madewell, 1987).

Come visto, i tumori ossei si manifestano più di frequente nei maschi

rispetto alle femmine; questo può far pensare a una predisposizione del

sesso maschile verso lo sviluppo della patologia (Luppi et al., 2000;

Theilen e Madewell, 1987; Papparella, 2007; LaRue, Withrow, 1989;

Heyman et al., 1992). Soltanto uno dei lavori da noi consultati contraddice

quest’affermazione e, in particolare, afferma che il sesso sembra non

rappresentare un fattore di rischio per la comparsa di tumori ossei

(Rosemberger et al., 2007).

Gli interventi di sterilizzazione/castrazione pare, invece, predispongano alla

comparsa di questo tipo patologie. Infatti, le modificazioni ormonali che ne

32

derivano vanno a influire sul metabolismo basale, oltre che sulla

regolazione dell’appetito; a questo può conseguire un aumento di peso, il

quale rappresenta un rischio per lo sviluppo di neoplasie ossee (Egenvall et

al., 2007).

Un’altra possibile causa di tumori ossei è rappresentata dalle radiazioni

ionizzanti. Da queste può dipendere la comparsa di osteosarcomi,

condrosarcomi, fibrosarcomi ed emangiosarcomi. Queste neoplasie

possono, ad esempio, manifestarsi in seguito a un trattamento radioterapico

contro il cancro con alte dosi di raggi o in seguito alla somministrazione di

radioisotopi nell’ambito di una terapia di tipo farmacologico. La comparsa

di uno di questi tumori, generalmente, si verifica dopo un periodo piuttosto

lungo, che risulta essere inversamente proporzionale alla quantità di raggi

assorbita. E’, inoltre, dimostrato che i soggetti più giovani sono più

sensibili a questo tipo di radiazioni (Theilen e Madewell, 1987).

Così come per l'uomo, si è visto che anche nei piccoli animali, in

particolare nel cane, è possibile che mutazioni genetiche possano

determinare la comparsa di osteosarcomi. In particolare, la

sovraespressione cellulare del gene MDM2, che sembra vada a legare la

proteina p53, la quale è, normalmente, responsabile del controllo

dell'integrità del DNA cellulare durante la divisione, causa un blocco

nell'attività di apoptosi. Inoltre, lo studio delle caratteristiche genetiche di

33

alcuni soggetti colpiti da tumore osseo ha dimostrato l’esistenza di specifici

geni capaci di influenzare significativamente la comparsa della patologia;

questo dimostra l’esistenza di una certa ereditarietà relativa alla comparsa

dei tumori ossei (Theilen e Madewell, 1987).

Infine, è facilmente comprensibile come un gran numero di neoplasie ossee

si localizzi nelle regioni ad attività mitotica più elevata, quindi, a livello

delle aree di maggiore accrescimento osseo, corrispondenti ai dischi

epifisari (radio distale e omero prossimale). In particolare, nelle razze di

taglia gigante risultano essere frequenti le neoplasie a carico della porzione

distale del radio, causate proprio dall'eccessivo peso che va a gravare sugli

arti anteriori (Luppi et al., 2000; Kramer et al., 2003).

34

Segni clinici dei tumori ossei

Di tutte le neoplasie ossee il 75-82 % interessa lo scheletro appendicolare,

il 18-25% quello assiale (Heyman et al., 1992; Goldschmidt, Thrall, 2007;

LaRue, Withrow, 1989). Nel cane sono coinvolti più frequentemente gli

arti anteriori (47%), rispetto ai posteriori (29%), seguiti dal cranio (11%) e,

infine, da altre sedi, quali vertebre, coste, bacino, ecc. (13%) (Wolke,

Nielsen, 1966; Theilen e Madewell, 1987).

L'osteosarcoma colpisce nel 72,8% segmenti ossei quali omero, radio,

ulna, femore e tibia (Thompson e Fugent, 1992). In particolare, ad essere

maggiormente interessate sono l’epifisi prossimale dell’omero e quella

distale del radio (rispettivamente, nel 19,1-29,4% e 22,6-32,9% dei casi). I

restanti segmenti ossei sono coinvolti in misura minore: epifisi distale del

femore (8,3-15,3%); porzione prossimale (3,3-9,9%) e distale della tibia

(7,4-13,9 %); epifisi distale dell’omero (0,3-4,9%); tratto distale dell’ulna

(2,2-2,5%); scapola (0,96-1,9%) (Spodnick et al., 1992; LaRue, Withrow,

1989; Wolke and Nielsen, 1966; Britt et l., 2007) (Fig. 3).

La localizzazione dei tumori ossei sembra variare in relazione all’età del

soggetto. Ad esempio, una neoplasia a carico delle costole colpisce più

frequentemente cani più giovani rispetto alla media (4,5 anni), mentre

tumori del cranio e delle cavità nasali sembrano presentarsi più spesso in

animali più vecchi (Heyman et al., 1992; Owen, 1969; Hardy et al., 1967;

35

Patnaik et al., 1984).

Fig. 3 Sedi di più frequente localizzazione di

neoplasie ossee.

Da un punto di vista clinico, le

neoplasie ossee avranno

caratteristiche differenti in base

al livello di aggressività e,

soprattutto, alla loro

localizzazione.

Uno dei sintomi più comuni è il

Figura 4 – Aspetto clinico di osteosarcoma del radio distale: marcata tumefazione dei tessuti molli (freccia).

36

dolore molto intenso che si manifesta in seguito alla comparsa di

microfratture e/o al coinvolgimento della corticale ossea e del periostio. Al

dolore consegue la comparsa di una zoppia, inizialmente lieve e

intermittente, ma che, man mano, va sempre più aggravandosi. Spesso la

zoppia si manifesta in seguito a un episodio traumatico non grave.

Frequentemente, la lesione è caratterizzata da un coinvolgimento dei tessuti

molli che circondano l'area neoplastica, con congestione, fibroplasia ed

edema, dovuto alla compressione esercitata dalla neoformazione sui vasi

venosi o linfatici (Fig. 4) (LaRue, Withrow, 1989).

Possono, ancora, essere presenti atrofia muscolare, fratture patologiche

(soprattutto in caso di tumori osteolitici caratterizzati da una rapida

evoluzione) e, più raramente, linfoadenopatia.

Fig. 5 - Fibrosarcoma. Scansione TC, pre e postcontrasto, portata a livello di S2: è evidente un’estesa lisi del sacro (frecce); il retto (punte di freccia) risulta spostato a destra e schiacciato sul pavimento del canale pelvico.

37

Altri sintomi sono correlati al distretto anatomico coinvolto: ad esempio, in

una neoplasia del bacino, oltre a una deformazione della parte, si potranno

avere costipazione, tenesmo e produzione di feci nastriformi (Fig. 5); o,

ancora, un tumore a carico della mandibola o del mascellare determinerà

difficoltà masticatoria e, nei casi più gravi, mancata funzione o anchilosi

temporo-mandibolare (Luppi et al., 2000) (Fig. 6).

Fig. 6 – Neoplasia dell’osso zigomatico sn secondaria a carcinoma della gh. salivare mascellare: estesa lisi e reazione periostale (freccia); il processo coronoideo mandibolare è intrappolato dalla reazione periostale con conseguente anchilosi temporo-mandibolare.

38

Diagnosi dei tumori ossei

La diagnosi di tumore osseo si basa sull’anamnesi, sui segni clinici

rilevabili, sulle indagini di laboratorio e, soprattutto, sulle tecniche di

Diagnostica per Immagini e sugli esami cito-istopatologici. Delle tecniche

di Diagnostica per Immagini parleremo in maniera più approfondita in un

prossimo capitolo.

Per quanto riguarda le indagini di laboratorio, si può, innanzitutto, valutare

l’attività sierica della fosfatasi alcalina, i cui livelli potranno risultare

compresi nell’intervallo di riferimento, oppure, essere aumentati.

Nell’ambito della fosfatasi alcalina totale (Total Alcaline Phosphatase -

TALP) è possibile quantificare l’isoenzima specifico del tessuto osseo:

Bone Alcaline Phosphatase (BALP).

La fosfatasi alcalina rappresenta un buon indicatore di quella che è la

differenziazione osteogenica delle cellule, di conseguenza, nel caso di un

osteosarcoma ben differenziato (osteoblastico) si avrà una produzione di

ALP minore rispetto a un osteosarcoma poco differenziato.

La valutazione dell’attività sierica della fosfatasi alcalina assume una certa

importanza anche da un punto di vista prognostico. In particolare, valori di

TALP superiori ai 110 U/L sono, generalmente, indice di un tempo di

sopravvivenza molto limitato; la stessa prognosi sarà riferita a soggetti nei

quali in seguito a un intervento chirurgico non si realizza una netta

39

diminuzione dei valori di fosfatasi alcalina.

Sembra, inoltre, che in soggetti con valori di ALP elevati la chemioterapia

non sia efficace (Britt et al., 2007; Luppi et al., 2000).

Gli esami ematologici potranno, ancora, mettere in evidenza la presenza di

anemia, leucocitosi, iperglobulinemia e ipoalbuminemia (Cheli, 1969).

Nei soggetti affetti da tumore osseo è stata osservata una riduzione della

capacità di legare il ferro ematico e, allo stesso modo, una diminuzione dei

livelli sierici di zinco e cromo. Si verifica, inoltre, una riduzione della

sintesi proteica e un aumento della perdita di azoto con le urine (Kramer M.

T. et al., 2003).

La diagnosi di certezza e la tipizzazione del tumore è ottenuta utilizzando

indagini di tipo citologico e istologico. Nel primo caso, il materiale

ottenuto mediante ago-aspirato (Fig. 7), ad esempio, da un osteosarcoma

mostrerà la presenza di cellule tondeggianti o fusate, singole o a piccoli

gruppi, con i caratteri tipici degli elementi neoplastici, come anisocariosi,

anisocitosi, cariomegalia, eccentricità del nucleo, nucleoli ben evidenti,

basofilia, presenza di vacuoli nel citoplasma e di una fine granulazione

rosata.

La matrice che accompagna un tumore osseo può presentare caratteristiche

differenti, in neoplasie di tipo diverso, ma anche nell’ambito dello stesso

tipo di alterazione (LaRue, Withrow, 1989).

40

E’ stato dimostrato che su di un totale di 27 prelievi effettuati mediante

ago-aspirazione, nel 70 % dei casi è stato possibile distinguere una lesione

di tipo maligno da una benigna (Britt et el., 2007).

Tuttavia, non sempre il materiale raccolto mediante ago-aspirazione

permette di giungere ad una diagnosi definitiva. La biopsia, invece, è in

grado di fornire la diagnosi di certezza (LaRue, Withrow, 1989; Dernell et

al, 2001 e 2007). Per i tumori che interessano gli arti il materiale bioptico

può essere ottenuto con tecnica la incisionale. Nel caso di lesioni a carico

del bacino o delle vertebre, invece, si preferisce intervenire sotto guida TC,

in quanto una biopsia incisionale risulterebbe essere troppo invasiva.

Il principale vantaggio dell’esame bioptico è che permette di avere una

maggiori quantità di materiale da esaminare rispetto all’esame citologico.

Tuttavia, anche nel caso della biopsia, il materiale potrebbe risultare non

diagnostico se il prelievo è eseguito alla “cieca”, senza l’uso, ad esempio,

Il materiale necessario all’esame istologico è ottenuto utilizzando un ago

Jamshidi (Fig. 8) e deve essere prelevato al centro della lesione, dove c’è

osteolisi, questo, soprattutto, perché il tessuto posto più ai margini della

lesione è fortemente reattivo, quindi, non specifico. È necessario effettuare

almeno due prelievi: uno riguardante esclusivamente il centro della lesione

e l’altro che interessi anche la periferia. Quando la lesione ha carattere

estremamente litico, al fine di ottenere un campione di dimensioni

Fig. 7 - Ago-aspirazione TC guidata mediante ago-spinale (osteosarcoma di C3).

41

sufficienti, è necessario effettuare il prelievo bioptico nella porzione più

periferica della neoplasia. È di fondamentale importanza eseguire la biopsia

in condizioni di assoluta sterilità; è, allo stesso modo, essenziale intervenire

secondo una metodica corretta al fine di evitare l’insorgenza di

complicazioni che potrebbero, ad esempio, impedire una chirurgia

conservativa che inizialmente era stata considerata. Inoltre, il prelievo di un

campione bioptico aumenta i rischi d’insorgenza di fratture patologiche.

Anche se ciò si verifica raramente, qualora in corso di osteosarcoma i

linfonodi siano aumentati di volume e ci sia sospetto di un loro

interessamento da parte di lesioni metastatiche è possibile eseguire anche a

carico di questi ultimi un prelievo mediante ago-aspirazione. (LaRue,1989)

989) Withrow, 1989).

Fig. 8 – Biopsia TC-guidata mediante ago Jamshidi (mieloma T2).

42

Stadiazione dei tumori ossei

Da un punto di vista istologico, tutte le neoplasie ossee si caratterizzano per

la perdita della normale architettura tissutale, la tendenza alla

proliferazione ossea, sia a livello endostale che periostale, e la deposizione

di sostanza osteoide. Caratteri più specifici riguarderanno, poi, le singole

tipologie di neoplasie ossee.

Al fine di ottenere maggiori indicazioni circa la prognosi e l’eventuale

trattamento terapeutico cui sottoporre il paziente, è possibile eseguire il

grading istologico e la stadiazione della neoplasia.

Il grading viene effettuato mediante la valutazione delle caratteristiche

cellulari (grado di differenziazione, indice mitotico, presenza di necrosi,

numero di nucleoli, ecc. ) di un campione cito-istologico.

Al grading è possibile affiancare lo staging (stadiazione) del tumore.

Esistono due differenti sistemi per la stadiazione dei tumori ossei: quello

proposto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) e quello del

Surgical Staging System (SSS). Quest’ultimo, è stato messo a punto

nell’uomo ed è utilizzato nel processo decisionale sul tipo di trattamento,

conservativo o chirurgico, più adatto.

Nel sistema proposto dallo WHO si prendono in considerazione

caratteristiche locali (T), regionali (N) e metastatiche (M).

I valori possono variare per:

43

-T: da 0 (per le lesioni in situ) a 4 (per quelle molto estese);

-N: da 0 (quando è assente il coinvolgimento linfonodale) a 3;

-M: 0 (in assenza di metastasi), 1 (quando le metastasi coinvolgono un

unico apparato), 2 (quando vengono coinvolti più organi di diversi

apparati).

In base a questi criteri, le neoplasie ossee vengono distinte, in lesioni a

basso grado di malignità istologica (stadio I) e lesioni ad alto grado (stadio

II). Lo stadio III è, invece, quello riservato a pazienti in cui è già stata

riscontrata la presenza di lesioni metastatiche.(Withrow, MacEwen, 2001;

Meuten, 2002).

Il sistema di stadiazione proposto dal SSS (Fig. 9), specifico per l’apparato

muscolo scheletrico, comprende due diversi tipi di classificazione: una

riservata alle neoplasie di tipo benigno e l’altra a quelle maligne.

Per ciascuna vengono valutati:

- il grado di malignità istologica (G);

- il grado di diffusione della neoplasia (T);

- la presenza di metastasi (M).

Per i tumori di tipo benigno il valore G, ovviamente, sarà sempre uguale a

0.

Vengono considerati, poi, 3 diversi stadi:

44

1) Latente: in cui la neoplasia è ben delimitata, poiché circoscritta da

una capsula e il decorso clinico è silente (T e M=0);

2) Attivo: con accrescimento progressivo, che può dar luogo alla

comparsa di segni clinici; la neoformazione è delimitata da strutture

anatomiche che possono, tuttavia, risultare deformate dall’azione

compressiva esercitata dalla stessa (T e M=0);

3) Aggressivo: il tumore non è delimitato da barriere anatomiche e,

tantomeno, da una capsula propria, per cui, può coinvolgere la

corticale dell’osso (T=1-2; M=0-1).

Anche i tumori maligni vengono classificati utilizzando 3 diversi stadi.

Il primo riguarda le neoplasie che da un punto di vista istologico

presentano un basso grado di malignità (G=1) e per le quali si descrive

soltanto una tendenza alla recidiva locale (M=0).

Il secondo stadio comprende i tumori caratterizzati, da un punto di vista

istologico, da un alto grado di malignità (G=2). Esse sono solitamente

accompagnate da un elevata incidenza di metastasi.

Nel terzo stadio la neoplasia può essere di basso o alto grado di malignità

(G=1-2) ed è sempre caratterizzata dalla presenza di metastasi di tipo

regionale o meno (M=1).

In tutti e tre i casi la neoplasia viene, ancora, classificata come:

- intraossea o intracompartimentale (stadio A), ben circoscritta e non

45

infiltrante (T=1);

- extraossea o extracompartimentale (stadio B), coinvolgente, invece, anche

la corticale (T=2). (Netter, 1990).

46

Fig. 9 - Rappresentazione schematica della stadiazione dei tumori ossei secondo il

sistema GTM (modificato da Netter, 1987).

47

Fig. 10 - Proiezione latero-laterale del torace di un cane affetto da osteosarcoma:

massiva presenza di metastasi polmonari.

48

Terapia dei tumori ossei

La terapia dei tumori ossei può essere diretta sia ad ottenere la risoluzione

definitiva, mediante ablazione locale e controllo delle metastasi, sia alla

riduzione delle dimensioni e del dolore, mediante rimedi di tipo palliativo.

Gli strumenti per approntare le terapie sono vari e vanno dalla chirurgia,

demolitiva e protesica, alla chemioterapia, alla radioterapia o,

semplicemente, alla somministrazione di antinfiammatori e analgesici.

L’approccio chirurgico può essere demolitivo (amputazione) o

conservativo (varie tecniche protesiche). E’ di fondamentale importanza

effettuare una rimozione en bloc del tumore, sebbene questa comporti

l’asportazione di strutture neurovascolari fondamentali per la funzionalità e

la vitalità dell’arto. L’amputazione consente di ottenere un ottimo controllo

locale della patologia, ma circa il 90% dei soggetti colpiti sviluppa

metastasi (soprattutto ai polmoni) nell’anno successivo all’intervento

chirurgico (LaRue, Withrow, 1989). Per questo motivo, la terapia

chirurgica deve essere sempre abbinata a farmaci chemioterapici, la cui

somministrazione deve cominciare nell’immediato post-operatorio, cioè

quando le eventuali micrometastasi aumentano il loro tasso proliferativo e

sono, allo stesso tempo, maggiormente chemiosensibili. L’impiego

combinato dell’amputazione e della chemioterapia sembra raddoppiare i

tempi di sopravvivenza rispetto alla sola amputazione (Thompson e Fugent,

49

1992; Dernell et al., 2001).

Esistono diversi principi attivi utilizzati per i trattamenti chemioterapici, da

soli o in varie combinazioni. I più utilizzati sono il cisplatino, la

doxorubicina, l’ifosfamide e il mitoxantrone (Coomer et al., 2009;

Thompson et al., 1992; LaRue, Withrow, 1989).

Una delle principali cause di recidiva è la non completa rimozione

chirurgica: spesso, al momento della diagnosi, il tumore osseo è già

accompagnato da metastasi occulte, non visibili, per cui ne viene fatta una

stadiazione sottostimata. Di conseguenza, la presenza delle metastasi limita

i benefici del trattamento e, soprattutto, riduce i tempi di sopravvivenza

previsti. In particolare, è stato dimostrato che soltanto in meno del 5-15%

dei casi è possibile, al momento della diagnosi, rilevare la presenza di

metastasi (LaRue, Withrow, 1989; Chun et al., 2005; Heyman et al., 1992;

Egenvall et al., 2007). La capacità di produrre metastasi da parte della

neoplasia ossea sembra, inoltre, sia strettamente connessa alla sua

localizzazione. In particolare, un tumore a carico delle ossa mascellare e

mandibolare, presumibilmente, sviluppa metastasi più tardi rispetto agli

altri (Heyman et al., 1992; Gamblin et al., 1995).

Un’alternativa al trattamento chirurgico e alla chemioterapia è l’utilizzo

locale, intratumorale di un sale di platino in olio di sesamo, che,

ovviamente, non offre le stesse garanzie in riferimento alla sopravvivenza

50

del paziente.

Quando, tuttavia, per evitare complicazioni di natura ortopedica e/o

neurologica, si preferisce non sottoporre il soggetto alla terapia chirurgica,

è possibile optare per la radioterapia, in associazione al trattamento

chemioterapico. In particolare, mentre quest’ultimo viene impiegato nella

prevenzione o nel trattamento di lesioni metastatiche, la radioterapia può

risultare utile nel controllo locale della patologia. Il suo impiego, infatti,

può ridurre l’infiammazione, quindi, i sintomi, rallentare il processo di

diffusione metastatica e, talvolta, far sì che l’animale torni a utilizzare

l’arto colpito.

La radioterapia può essere eseguita attraverso un’applicazione dei raggi

“esterna” alla regione interessata o per mezzo dell’impiego di radiofarmaci.

Il numero dei trattamenti varia da un minimo di 2 a un massimo di 4, a

distanza di circa 7 giorni l’uno dall’altro.

Alla radioterapia si associano, tuttavia, numerosi effetti collaterali come la

comparsa di alopecia, iperpigmentazione, desquamazione, necrosi del

tessuto osseo, ecc. (Coomer et al., 2009).

Si può, ancora, scegliere un trattamento terapeutico finalizzato alla sola

limitazione del dolore. A tal proposito, è importante informare i proprietari

circa il possibile aumento del rischio di fratture patologiche causato dalla

terapia analgesica, dato che l'animale riprende a caricare l'arto, che in

51

precedenza restava inutilizzato a causa del dolore. I farmaci utilizzatibili

sono i difosfonati (alendronato, pamidronato), la doxorubicina a basso

dosaggio e gli antidolorifici, come la morfina, il butorfanolo, il tramadolo .

Quando si decide di optare per il solo trattamento analgesico i tempi medi

di sopravvivenza per il paziente sono, generalmente, compresi tra 1 e 3

mesi. La sola terapia chirurgica dovrebbe, invece, garantire un’aspettativa

di vita compresa tra i 103 e i 175 giorni. Quando a quest’ultimo si affianca

il trattamento chemioterapico questi tempi aumentano significativamente,

fino a raddoppiare e raggiungere i 366 giorni (Coomer et al., 2009; LaRue,

Withrow, 1989; Egenvall et al., 2007) (Fig. 11). Tuttavia, il 90% dei

soggetti colpiti da osteosarcoma non viene sottoposto al trattamento

chemioterapico e massimo a un anno di distanza dall’amputazione

sviluppa metastasi, che colpiscono, più frequentemente, i polmoni (LaRue,

Withrow, 1989) (Fig. 10).

52

Fig. 11 – Grafico della percentuale di sopravvivenza su 2 gruppi di cani trattati con la

sola amputazione o con l’amputazione associata a chemioterapia con cisplatino. La

differenza è statisticamente significativa.(modificato da Dernell et al., 2001).

Sono stati, inoltre, riportati in letteratura casi relativi alla regressione

spontanea di neoplasie del tessuto osseo, testimoniata da controlli

radiografici effettuati a distanza di 9 mesi/2 anni dalla diagnosi. Questo

dato, tuttavia, non è mai stato confermato istologicamente (Mehl et al.,

2001).

53

RUOLO DELLA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

NEI TUMORI OSSEI

Le tecniche di Diagnostica per Immagini rappresentano un ausilio

essenziale per la diagnosi dei tumori ossei, per una corretta stadiazione e

per il controllo della risposta alla terapia. La tecnica di primo livello è la

Radiografia. Il contrasto fornito dal tessuto osseo è, di solito, sufficiente

per fornire le informazioni necessarie per esprimere una diagnosi di

sospetto.

L’indagine radiografica deve comprendere almeno due proiezioni della

regione colpita. L’esecuzione di un esame radiografico del torace consente,

inoltre, di stadiare la lesione. Quest’ultimo deve essere effettuato in fase di

inspirazione e deve comprendere le due proiezioni laterali, ciascuna per

ogni lato, eventualmente associata ad una proiezione sagittale (ventro-

dorsale o dorso-ventrale). La presenza di metastasi polmonari è

diagnosticabile soltanto se le lesioni raggiungono almeno i 6-8 mm di

diametro. I noduli sono solitamente localizzati nelle regioni più periferiche

dei polmoni e, più frequentemente, riuniti a formare piccoli gruppi

(clusters).

E’ importante effettuare dei controlli del torace anche dopo aver sottoposto

il paziente a un trattamento chirurgico; in particolare, l’esame radiografico

54

del torace dovrebbe essere eseguito all’incirca ogni 3 mesi (LaRue,

Withrow, 1989).

In alcuni casi, può essere necessario ricorrere a indagini di secondo livello,

quali la Tomografia Computerizzata (TC), la Risonanza Magnetica (RM) e

la Medicina Nucleare (MN) in particolare la scintigrafia. Informazioni

aggiuntive, soprattutto a livello dell’interfaccia osso/tessuti molli possono,

essere fornite dall’Ecografia.

Le tecniche di Diagnostica per Immagini, oltre che per definire la presenza

di un tumore del tessuto osseo, risultano fondamentali anche per verificare

l’estensione della patologia. A tal proposito, è possibile affermare che

l’esclusivo impiego dell’indagine radiografica è, certamente, insufficiente

per una corretta valutazione della neoplasia; in particolar modo, la

radiografia sembra vada a sottostimare l’estensione della modificazione

ossea (Wallack et al., 2002; Lamb et al., 1990; Davis et al., 2002; Park et

al., 1992; Hanlon, 1982). Un maggior grado di precisione è fornito dalla Tc

(Davis et al., 2002;Park et al., 1992). La RM garantisce un minor grado di

precisione, ma, allo stesso tempo, non dà un’immagine falsata circa la reale

estensione della patologia (Davis et al., 2002; Lipsitz et al., 2000).

La scintigrafia, pur essendo un esame molto sensibile, è poco specifico,

poiché non in grado di differenziare focolai infiammatori e, comunque, di

aumentata attività metabolica, da lesioni ossee primarie o metastasi a carico

55

dei tessuti molli (Berg et al., 1990). Questo tipo di esame può, tuttavia,

risultare utile nella valutazione di pazienti sottoposti a trattamento

chemioterapico, in quanto questi risultano maggiormente predisposti allo

sviluppo di metastasi a carico del tessuto osseo rispetto a soggetti sottoposti

a escissione chirurgica (Lamb et al., 1990).

56

CARATTERI RADIOGRAFICI DEI TUMORI OSSEI

I tumori ossei, pur presentando, in linea generale, un aspetto radiografico

piuttosto variabile, sono, comunque, sempre caratterizzati da importanti

modificazioni strutturali, le quali possono assumere caratteri

prevalentemente litici, di proliferazione o di tipo misto (Fig. 12).

Fig. 12 - Osteosarcomi con aspetti radiografici diversi. A. Osteosarcoma a carattere

prevalentemente addensante dell’estremità distale del radio (asterisco); ampio

rimaneggiamento strutturale con marcata reazione produttiva periostale (punte di

freccia) ed infiltrazione dei tessuti molli e dell’ulna. B. Osteosarcoma a carattere

prevalentemente litico dell’epifisi distale del femore sinistro (asterisco) con

assottigliamento e interruzione della corticale, associata a tumefazione dei tessuti molli

circostanti (frecce). (Modificato da Brunetti-Bertoni-Pozzi, 2005).

57

Radiograficamente, in corso di tumori ossei, bisogna valutare:

♦ I margini della lesione

♦ L’aspetto della corticale

♦ La presenza di lisi

Le prime alterazioni osservabili riguardano l'assottigliamento della

corticale, poi, la comparsa di soluzioni di continuo a carico della stessa. A

questa condizione si associano, gradualmente, una marcata reazione

periostale e tumefazione dei tessuti molli, a livello dei quali, talvolta,

possono riscontrarsi aree di calcificazione.

La valutazione dei margini della lesione, ovvero la “zona di transizione”,

tra la neoplasia e la porzione ossea non colpita dalla patologia, può fornire

dati circa il grado di aggressività: se breve e netta è, di solito, indice di

benignità; se lunga e a limiti indefiniti, è indicativa di malignità (LaRue,

Withrow, 1989).

Le modificazioni a carattere osteolitico vengono classificate in base al loro

aspetto tipico in:

- a carta geografica, a limiti netti, che ben si distinguono dal restante

tessuto osseo non colpito. E’ caratterizzata da una singola, larga e ben

definita area, o come aree larghe a volte confluenti. Questa lesione pare sia

dovuta a patologie benigne o poco aggressive quali, cisti ossee,

58

encondromi.

- tarlate, così dette per la presenza di piccoli focolai di lisi, variamente

confluenti, così da rendere i confini tra la neoformazione e la parte di

tessuto integra più sfumati; tali alterazioni sono tipiche, in genere, di lesioni

più aggressive. Solitamente è coinvolta la corticale per cui queste lesioni

possono esitare in fratture patologiche.

- infiltranti, nelle quali, di solito, non è semplice differenziare la porzione

colpita da quella sana e che caratterizzano le neoplasie fortemente

aggressive, come gli osteosarcomi.

- mista, non ben definita, con contemporanea presenza di tutti i tipi descritti

precedentemente. Caratteristica anche questa di aggressività del processo

patologico.

Le modificazioni di tipo osteoproliferativo sono rappresentate dalla

osteosclerosi e dalle reazioni periostali. Il periostio potrà presentare

modificazioni particolari, via via più aggressive, identificabili come

reazioni liscie continue “a foglie di cipolla”, interrotte “a spazzola” o “ a

palizzata”, oppure, interrotte “a spicule” o “coralliforme”.

59

Fig. 13 - Osteosarcoma del femore distale a carattere prevalentemente addensante (stella), caratterizzata da una zona di transizione lunga e sfumata (freccia doppia); distacco periostale (triangolo di Codman) (punta di freccia) con marcata reazione periostale di tipo “coralliforme” (frecce) sul versante caudale (forze di compressione) e “a foglie di cipolla” (arco) su quello craniale (forze di trazione).

60

Fig. 14 - Osteosarcoma del radio, caratterizzato da osteolisi “ a tarlatura” (stella), reazione periostale “a spicule” (punta di freccia) e tumefazione dei tessuti molli circostanti (frecce).

61

Fig. 15 - Osteosarcoma dell’epifisi distale del radio, caratterizzata da un’ampia area di lisi “a carta geografica” (stella) e da una zona di transizione breve e netta (freccia).

62

Fig. 16 - Osteosarcoma dell’olecrano destro caratterizzata da grave lisi e da una vasta reazione periostale “a scoppio di granata” (stella) e “a palizzata” (arco); è presente un significativo coinvolgimento dei tessuti molli circostanti (frecce).

Caratteristica delle neoplasie ossee, sebbene non patognomonica, è una

formazione nota come “triangolo di Codman”, ovvero, la produzione,

appunto, di una triangolo di tessuto osseo neoformato, posto al di sotto del

periostio che viene progressivamente scollato dal fronte neoplastico. Il

triangolo di Codman è, di solito, associato a lesioni maligne, fortemente

63

aggressive. Questa caratteristica formazione può, tuttavia, non essere

presente al momento della diagnosi, poiché già demolita dalla rapida e

tumultuosa espansione del tumore (LaRue e Withrow, 1989).

Il quadro radiografico può essere complicato dalla presenza di fratture

patologiche.

Un carattere radiografico comune ai tumori ossei primari è la tendenza ad

essere monostotici e a non interessare le strutture articolari. La presenza di

lesioni che interessino i capi articolari può indirizzare verso una neoplasia

sinoviale (sarcoma sinoviale) o, comunque, verso una neoplasia originatasi

dai tessuti molli e che successivamente ha coinvolto l’osso.

Tuttavia, i tumori ossei primari, quando notevolmente aggressivi ed estesi,

possono coinvolgere per contiguità segmenti ossei adiacenti: inizialmente,

tale coinvolgimento determina soltanto processi di tipo infiammatorio che

si manifestano con una reazione periostale; successivamente, può aversi la

diffusione del processo neoplastico (LaRue, Withrow, 1989).

L’esame radiografico, in alcuni casi, può fornire indicazioni circa la natura

del tumore sulla base, ad esempio della localizzazione che, nel caso di

alcune neoplasie ossee, tende ad essere caratteristica: ad esempio, il

condrosarcoma interessa più frequentemente le coste, la scapola, il bacino

e produce una rarefazione del tessuto osseo attraverso la formazione di una

lesione di forma piuttosto ovalare, a margini irregolari, a cui, talvolta, si

64

associa un margine di sclerosi corticale; il mieloma che è, ovviamente, di

origine midollare si localizza, di solito, a livello di ossa piatte e corte, le

quali presenteranno aspetto “tarlato”, che andrà, via via, aumentando nel

tempo causando la formazione di estese aree di lisi tissutale (Kramer e al.,

2003).

65

Parte sperimentale

66

INTRODUZIONE ALLA PARTE SPERIMENTALE

Come abbiamo detto nell’Introduzione generale e ribadito nel capitolo

dedicato alla clinica dei tumori ossei, essi rappresentano un’evenienza

clinica non infrequente nella specie canina. La maggior parte degli studi

presenti in letteratura veterinaria riguardano l’osteosarcoma. La prevalenza

riportata dell’osteosarcoma varia dallo 0,73% allo 0,94% (Berg et al., 1990;

Feeney et al., 1982; Wykes et al., 1985; Lamb et al., 1990; Stevenson et al.,

1982).

Negli ultimi tempi l’importanza delle malattie neoplastiche nei piccoli

animali è andata crescendo. I motivi di tale incremento possono essere

ricercati nella maggiore sensibilità dei proprietari, che si manifesta con

un’aumentata propensione al ricorso a cure di tipo specialistico ed indagini

diagnostiche avanzate, nella maggiore durata della vita dei piccoli animali

di affezione e, infine, nella maggiore presenza nell’ambiente di sostanze

oncogene. Inoltre, non va trascurato il ruolo che le patologie neoplastiche

animali possono assumere se considerate come modelli per lo studio di

analoghe patologie umane.

La radiografia è universalmente conosciuta come la tecnica diagnostica di

scelta per lo studio dello scheletro. La sua semplicità di esecuzione, la

sensibilità e la specificità la rendono il “gold standard” fra le indagini

diagnostiche collaterali. Oggi sono, però, disponibili anche altre tecniche

67

quali l’ecografia e la TC la cui importanza non è stata ancora definita nella

valutazione delle neoplasie ossee.

Come per altre patologie, la diagnosi deve essere confermata da esami

istologici di materiale prelevato direttamente dalla lesione. Tuttavia, non è

infrequente evidenziare lesioni scheletriche che radiograficamente sono

compatibili con neoplasie mentre non risultano tali ad esami cito- o

istopatologici. Inoltre, in letteratura le diverse neoplasie scheletriche hanno

descrizioni radiografiche a volte tra loro contrastanti.

Pertanto, allo scopo di valutare l’importanza delle tecniche di Diagnostica

per Immagini nella diagnosi delle neoplasie scheletriche, primarie e

secondarie, e dei relativi quadri radiografici, TC ed ecografici è stato

condotto uno studio di revisione del database del Centro di Radiologia

Veterinaria degli ultimi 10 anni. Allo stesso tempo, in considerazione

dell’ampiezza del campione analizzato, è stato effettuato uno studio

epidemiologico descrittivo per verificare quale fosse la prevalenza di tali

neoplasie nei cani del nostro bacino di utenza, l’area metropolitana di

Napoli.

68

MATERIALI E METODI

In maniera retrospettiva, è stato analizzato il database del Centro

Interdipartimentale di Radiologia Veterinaria della Facoltà di Medicina

Veterinaria di Napoli “Federico II”, relativo ai cani riferiti nel periodo

compreso tra il 1 gennaio 2000 e il 31 luglio 2009.

Criterio di inclusione era la presenza di una lesione neoplastica scheletrica

confermata da studi cito-istologici, dal follow-up, eseguito mediante

interviste telefoniche, o dall’aspetto radiografico, ecografico e/o TC

associato all’evidenza di lesioni secondarie metastatiche. Non sono stati

inclusi i soggetti affetti da lesioni scheletriche “tumor-like” o da lesioni

craniche secondarie a turbinatopatie neoplastiche.

Di tutti i cani sono stati registrati la razza e, nel caso dei meticci, la taglia, il

sesso, l’età, l’esame diagnostico utilizzato e il segmento scheletrico colpito.

L’esame radiografico, quando richiesto dal veterinario referente, è stato

integrato dallo studio del torace. Se l’esame era condotto su soggetto

sveglio, l’esecuzione delle due proiezioni ortogonali era condizionato dal

dolore, per cui in molti casi lo studio radiografico si limitava alla

proiezione che richiedeva il posizionamento meno disagevole per il

paziente.

Se ritenuto utile, l’esame RX era associato all’ecografia e/o alla TC.

Inoltre, questi ultimi sono stati utilizzati per l’esecuzione di prelievi assistiti

69

dalla lesione. L’ecografia è stata sempre eseguita con sonda lineare ad alta

frequenza (11 MHz). Tutti gli studi TC prevedevano due serie, pre- e post-

contrasto iodato e.v.

Tutti gli esami radiografici sono stati valutati qualitativamente per la

presenza di alterazioni strutturali scheletriche (osteolisi, osteosclerosi,

reazione periostale, fratture patologiche, coinvolgimento dei tessuti molli,

presenza di metastasi polmonari).

Per stimare la prevalenza dei tumori ossei nel nostro bacino di utenza, il

numero dei casi raccolti è stato riferito al campione totale di cani pervenuti

al Centro di Radiologia nel periodo considerato. Per analizzare la

distribuzione dei casi per la razza, sesso ed età è stato utilizzato il test del

χ2 con limite di significatività di P<0,05.

70

RISULTATI

Nel periodo considerato, sono stati riferiti al Centro di Radiologia 10793

cani e da questi, sulla base dei criteri di inclusione, è stato selezionato un

campione composto da 112 soggetti (1%).

Il campione è risultato composto da 44 femmine (di cui 12 sterilizzate) e 68

maschi (di cui 3 castrati). Sebbene i maschi fossero in numero maggiore

rispetto alle femmine (rapporto 1,5:1), tale distribuzione non è risultata

significativamente diversa rispetto a quella della popolazione di riferimento

(P<0,25). Nemmeno il confronto effettuato considerando lo stato di

sterilizzazione o meno era statisticamente diverso da quello della

popolazione di riferimento (P<0,9).

L’età media dei soggetti del campione era di 8,7 anni (range: 5 mesi - 16

anni) con una prevalenza maggiore nella fascia di età compresa tra 8 e 12

anni (Fig. 17). La distribuzione dei soggetti del campione, suddiviso per

classi di età, non mostrava differenze statisticamente significative rispetto

alla popolazione di riferimento (P<0,1).

71

1 A

NN

O

2 A

NN

I

3 A

NN

I

4AN

NI

5 A

NN

I

6 A

NN

I

7 A

NN

I

8 A

NN

I

9 A

NN

I

10 A

NN

I

11 A

NN

I

12 A

NN

I

13 A

NN

I

14 A

NN

I

15 A

NN

I

16 A

NN

I

S1

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

Fig. 17 – Distribuzione per età dei soggetti del campione.

Le razze risultate più colpite sono state i meticci (36), i Rottweiler (25), i

Pastori Tedeschi (11), gli Schnauzer giganti (5), i Boxer (4), i Pittbull (4),

gli Alani (3), i Dalmata (3), gli Yorkshire Terrier (3), i Dobermann (2), i

Mastini Napoletani (2), i San Bernardo (2) e altre 12 razze con un solo

soggetto (Fig. 18). Tuttavia la prevalenza risultava significativamente

maggiore rispetto alla popolazione di riferimento solo per i Rottweiler

(P<0,0001) (Fig. 18).

72

METIC

CI

ROTT

WEI

LER

PAST

ORE TED

ESCO

SCHNAU

ZER

BOXE

R

PITT

BULL

ALAN

O

DALMAT

A

YORK

SHIR

E TE

RRIE

R

DOBERM

ANN

MASTI

NO NAP

OLETA

NO

SAN B

ERNAR

DO

BASS

OTTO

BICH

ON FRI

SEE'

BULL

MAS

TIFF

CHOW

CHOW

CORS

O

FILA

BRA

SILE

IRO

PAST

ORE M

AREM

MAN

O

SETT

ER IN

GLESE

SETT

ER G

ORDON

SETT

ER IR

LANDES

E

SPIT

Z MED

IO

WHW

T

S1

0

5

10

15

20

25

30

35

40

Fig. 18 – Distribuzione per razza dei soggetti del campione.

L’esame radiografico è stato completato dalla proiezione ortogonale in 62

soggetti. Nei restanti casi, il dolore impediva di completare l’esame. In 30

soggetti, l’esame dell’arto è stato integrato dalla radiografia del torace,

eseguita almeno nelle due proiezioni laterali, eventualmente, associate ad

una proiezione sagittale. In 9 soggetti la radiografia del torace evidenziava

metastasi (in 2 casi la positività dell’esame si aveva nei controlli a distanza,

dopo 1-2 mesi dal primo esame).

In 9 pazienti l’esame radiografico è stato integrato dall’ecografia che

forniva informazioni aggiuntive sull’interfaccia tessuti molli/periostio e

sulla vascolarizzazione perilesionale e, nel caso di 3 soggetti affetti da

73

sinoviosarcoma al ginocchio, oltre che caratterizzare il tessuto coinvolto,

veniva utilizzata come guida per la raccolta di materiale mediante ago-

aspirazione.

In 7 casi è stato eseguito un esame TC: in 3 soggetti (1 neoplasia del radio,

1 neoplasia dell’ulna, 1 neoplasia di C3) esso integrava l’esame

radiografico; in 4 casi (1 di neoplasia dell’orecchio medio, 1 neoplasia

dell’omero sn, 1 neoplasia della scapola e 1 neoplasia del bacino) la TC è

stato il solo esame eseguito. In 6/7 casi, oltre al segmento scheletrico

interessato, l’esame TC si estendeva anche al torace.

In un Dobermann di 5 mesi con una tumefazione mediale al ginocchio dx

che ecograficamente appariva a contenuto fluido, l’introduzione di mezzo

Fig. 19 – Esame diretto e dopo introduzione di mdc iodato in una tumefazione mediale del ginocchio dx: il mdc passa nel cavo articolare. Sinoviosarcoma.

74

di contrasto iodato si traduceva in un’artrografia perché la cavità della

tumefazione era in diretta comunicazione con il cavo articolare. La lesione

risultò essere un sinoviosarcoma (Fig. 19).

Per quanto riguarda i tipi di tumore riscontrati, il campione è risultato

costituito da 90 tumori primari (70 osteosarcomi, 8 fibrosarcomi, 5

condrosarcomi, 4 mielomi, 1 emangiosarcoma, 1 linfoma, 1

osteocondroma) e 22 secondari (11 carcinomi, 6 sinoviosarcomi, 2

emangiopericitoma, 1 epulide carcinomatosa, 1 sarcoma non caratterizzato

Fig. 20 – Vari aspetti radiografici dell’osteosarcoma dello scheletro appendicolare.

75

del tarso, 1 neoplasia retroorbitaria non caratterizzata). In 40 soggetti

(36%) la diagnosi è stata definita da esami istologici o citologici. In 3 casi

(2 osteosarcomi e 1 condrosarcoma), la diagnosi radiografica di neoplasia

non veniva inizialmente confermata dagli esami istologici ma essa si

rivelava esatta in 2 soggetti al secondo prelievo bioptico e, nel terzo,

all’esame istologico eseguito durante l’autopsia. Nei rimanenti soggetti, la

diagnosi di neoplasia è stata stabilita sulla base dell’aspetto radiografico,

ecografico e/o TC, dell’evoluzione clinica e della presenza di eventuali

lesioni secondarie polmonari.

Tra i tumori primari ha prevalso l’osteosarcoma (78,7%) seguito dal

fibrosarcoma (9%), dal mieloma e dal condrosarcoma (ambedue 4,5%) .

Tra i tumori secondari prevalevano i carcinomi (12/22), soprattutto

localizzati alle estremità distali degli arti (falangi, metacarpi o metatarsi)

(8/12) oppure al cranio, e i sinoviosarcomi, in 5 casi su 6 localizzati al

ginocchio.

76

In 19 soggetti (17,1%) la neoplasia era localizzata allo scheletro assiale: in

2 casi la mandibola; in 8 il cranio (orecchio medio, osso zigomatico, ossa

frontali, temporale, mascellare); in 2 casi l’ileo; in 2 casi l’ileo e le vertebre

lombari e sacrali; in 5 casi un corpo vertebrale (2 cervicale, 1 toracico, 2

lombari).

In 93 soggetti (82,1%) la neoplasia era localizzata allo scheletro

appendicolare (Fig. 20). L’arto anteriore era colpito maggiormente rispetto

al posteriore: 61 (65,2%) contro 32 (34,8%) e l’omero era il segmento dove

Fig. 21 – Vari aspetti di Osteosarcoma localizzato al femore distale.

77

più frequentemente affetto (29/93) in particolare nelle porzioni prossimali

(23/29). Il femore ed il radio, al contrario, sono risultati più frequentemente

colpiti nelle porzioni distali (Fig. 21). La tibia e l’ulna hanno mostrato un

comportamento intermedio.

In un soggetto, oltre alla lesione primaria, era evidente una “skip lesion”

nel segmento subito prossimale (Fig. 26). In un soggetto, la lesione

primaria localizzata all’epifisi distale del radio era associata ad una lesione

scheletrica secondaria a distanza (tibia distale).

78

Radiograficamente, l’osteosarcoma ha presentato quadri estremamente

variabili: nella maggior parte dei casi la lesione si caratterizzava

esclusivamente per la lisi, in genere associata ad una zona di transizione

lunga, e, in 6 casi, a frattura patologica; in molti altri casi, la reazione

periostale, sempre di tipo interrotto, era più intensa rispetto alla lisi e

presentava aspetti di tipo misto, con una maggiore prevalenza del tipo “a

palizzata” e “ a spicule”.

Fig. 22 - Aspetti radiografici del condrosarcoma. In A alla scapola e in B al corpo di L7 e all’ala dell’ileo dx (frecce: lisi; punte di frecce: reazione periostale).

79

I mielomi hanno mostrato il classico aspetto di lisi “a tarlatura” ma in un

soggetto esso veniva visualizzato solo nel corso di un esame TC in quanto i

foci di lisi, di piccole dimensioni, non erano apprezzabili all’esame

Fig. 23 - Osteosarcoma delle ossa frontali. Aspetto ecografico e radiografico. Ecograficamente è possibile distinguere il profilo dell’osso intatto (asterisco) dalla reazione periostale neoplastica (punta di freccia). Radiograficamente è evidente la lisi che interessa tutto lo spessore del frontale (freccia) e la reazione periostale a spicule (punta di freccia).

80

radiografico.

I condrosarcomi hanno presentato aspetti variabili (Fig. 22), ma

prevalentemente con una zona di lisi centrale a carta geografica e reazione

periostale da lieve e a sfoglia di cipolla a intensa e a palizzata o a spicule.

In questi ultimi casi, l’aspetto era, per certi versi, non dissimile

dall’osteosarcoma.

81

Fig. 24 – Mieloma multiplo. Scansioni TC assiali portate a livello di L7, S1 e S2. Sono evidenti piccoli foci di lisi midollare. Tali lesioni, data la localizzazione e le dimensioni, non erano visibili all’esame radiografico.

82

Nel caso dei fibrosarcomi, i quadri radiografici erano caratterizzati da una

prevalente lisi a carta geografica, solitamente periferica, e con scarsa

reazione periostale. Tale quadro si confermava anche nei due soggetti

studiati con la TC.

L’unico caso di tumore osseo benigno, un osteocondroma, era

caratterizzato solo da una lieve proliferazione periostale radiale simulante

un quadro di osteoperiostite.

I tumori secondari presentavano come principale differenza con i tumori

primari un interessamento di più segmenti scheletrici contemporaneamente,

che non teneva conto della barriera articolare.

Nel caso degli emangiopericitomi, le lesioni si caratterizzavano per la

presenza di lisi “a carta geografica” di tipo cistico associata a marcato

ispessimento dei tessuti molli periferici alla lesione ossea.

I sinoviosarcomi presentavano caratteri radiografici variabili e dipendenti

dalla cronicità e dalla gravità della lesione: nei casi lievi, i quadri

radiografici erano assolutamente sovrapponibili a quelli di un’artropatia

secondaria (ad esempio, da rottura del leg. crociato craniale). Tuttavia,

l’aggressività della lesione si rendeva, di solito, rapidamente apprezzabile

con la comparsa di focolai di lisi e di reazione periostale. Nel caso dei

sinoviosarcomi, l’esame ecografico ha fornito informazioni uniche

soprattutto sullo stato della membrana sinoviale (Fig. 25).

83

DISCUSSIONE

Sulla base del confronto dei risultati da noi ottenuti e delle informazioni

ricavabili dalla letteratura da noi consultata in alcuni casi essi concordano

mentre, in altri casi, i nostri risultati contrastano con i dati riferiti da altri

Autori.

Per quanto riguarda il sesso, sebbene nel nostro campione fosse presente

una netta prevalenza dei maschi con un rapporto all’incirca doppio rispetto

alle femmine, tale differenza non è risultata statisticamente diversa rispetto

alla popolazione di riferimento. Nessuno degli studi da noi consultato

presenta analisi statistiche relative alla distribuzione tra i due sessi. Inoltre,

esistono dati contrastanti perché, se per molti la distribuzione è simile alla

nostra (Rosemberger et al., 2007; Egenvall et al., 2007) e viene descritta

come significativamente maggiore nei maschi, in altri i campioni sono

costituiti in maggioranza da femmine, le quali, talvolta, sono addirittura il

doppio rispetto ai maschi (Heyman et. Al., 1992; Feeney et al., 1982; Chun

et al., 2005). Anche per quanto riguarda la condizione di sterilizzazione o

meno, esistono dati contrastanti: uno studio riferisce che i soggetti

sottoposti a sterilizzazione/castrazione sviluppano più frequentemente

tumori ossei rispetto a quelli interi perché essi tendono a diventare più

pesanti (Rosemberger et al., 2007); in un altro lavoro, al contrario, si

riporta un rischio maggiore per i soggetti interi (Dernell, 2007). Nel nostro

84

campione la distribuzione fra soggetti interi e soggetti sterilizzati non è

risultata diversa rispetto a quella della popolazione di riferimento. Bisogna

considerare che nei paesi anglo-sassoni è una pratica comune sterilizzare i

cani da compagnia, sia maschi che femmine. Questa differenza nella

composizione della popolazione di riferimento potrebbe essere alla base

delle diverse conclusioni. È evidente che ulteriori studi sono necessari per

stabilire se il sesso abbia un’influenza sulla comparsa dei tumori ossei.

Per quanto riguarda l’età, la composizione del nostro campione è

sovrapponibile a quella di altri studi. È interessante notare come le

neoplasie ossee non siano infrequenti nei soggetti giovani, a volte

Fig. 25 – Sinoviosarcoma ginocchio dx. Radiograficamente si apprezzano piccole zone di lisi a carattere infiltrante (frecce) e obliterazione del cuscinetto infrapatellare. Ecograficamente è possibile distinguere un marcato ispessimento della sinovia (punta di freccia).

85

addirittura al di sotto dell’anno di età. Come per la specie umana, le

neoplasie rilevate nei soggetti giovani si caratterizzano solitamente per una

notevole aggressività e malignità.

Per quanto riguarda le razze, nel nostro campione, in termini assoluti,

prevalgono i meticci di media e grande taglia. Tuttavia questo dato dipende

dalla composizione generale della popolazione di riferimento. Infatti, nel

nostro bacino di utenza, prevalgono in maniera preponderante i meticci

rispetto ai soggetti di razza pura. Per questo, se si confronta la distribuzione

per razze del campione rispetto alla popolazione considerata, non vi sono

differenze statisticamente significative per quanto riguarda i meticci.

L’unica razza che risulta sovrarappresentata nel nostro campione è il

Rottweiler. Altre razze riportate come maggiormente a rischio per la

comparsa di OSA sono il Levriero, assente nella nostra casistica

(Rosenberger et al., 2007) il Labrador, il Boxer (più frequentemente colpiti

alle ossa piatte) (Heyman et al., 1992; Egenvall et al., 2007). In particolare,

per quanto riguarda i Labrador ed i Boxer, razze relativamente diffuse

anche sul nostro territorio, questo dato non trova riscontro nella nostra

casistica.

La nostra casistica comprende 5 soggetti di taglia piccola (3 Yorkshire, 1

Bassotto, 1 WHWT); in 4 di questi ad essere colpito è lo scheletro assiale.

Questo dato è, grossomodo, sovrapponibile a quanto riportato in letteratura:

86

i soggetti di piccola taglia sono circa il 5% dei casi con una netta

prevalenza della localizzazione allo scheletro assiale (59% dei casi circa)

(Heyman et al., 1992).

La localizzazione dei tumori ossei nel nostro campione è simile a quanto

riportato da altri lavori: prevale l’interessamento dello scheletro

appendicolare rispetto a quello assiale.

Si rilevano lievi differenze per lo scheletro appendicolare in quanto nel

nostro campione è l’omero il segmento più colpito, mentre in altri lavori si

riporta una maggiore presenza a carico del radio (Britt et al., 2007; Wallack

et al., 2002; Mehl et al., 2001; Wolke and Nielsen, 1966; Chun et al.,

2005).

Per quanto riguarda lo scheletro assiale, sebbene la prevalenza sia simile a

quella riportata da altri Autori (Wolke and Nielsen, 1966; Moore et al.,

2000; Thompson et al., 1992) nella nostra casistica non è presente alcun

caso di tumore a carico delle costole. Queste ultime vengono, infatti,

indicate come una delle localizzazioni più frequenti da alcuni Autori

(Wolke et al., 1966; Heyman et al., 1992), mentre per altri esse

rappresentano una localizzazione rara (Feeney et al., 1982).

L’osteosarcoma a carico delle vertebre sembra non sia frequente (Moore et

al., 2000) ma nel nostro campione in 9 soggetti sono coinvolti i metameri

vertebrali (8%).

87

Considerando i campioni riportati da due studi (Gamblin et al., 1995;

Egenvall et al., 2007), su di un totale di 898 soggetti, sono stati descritti

solo 12 casi di neoplasia ossea a carico di metacarpo/metatarso e falangi

(1,3%). Nel nostro campione in ben 10 soggetti il tumore ha questo tipo di

localizzazione (9%); in effetti, questa maggiore prevalenza è giustificata

dal fatto che si tratta di neoplasie ossee secondarie, inizialmente carcinomi

dei tessuti periungueali.

Dai nostri risultati si conferma che gli aspetti radiografici

dell’osteosarcoma sono estremamente variabili potendo andare da lievi

lesioni litiche fino a grave coinvolgimento, sia litico sia di reazione

periostale, di tutto il segmento. Più caratteristici sono i quadri del

Fig. 26 – Osteosarcoma dell’ulna distale sn con una skip-lesion localizzata sulla porzione caudale delle testa dell’omero sn.

88

fibrosarcoma, solitamente caratterizzati da una prevalente lisi. Di tipo

intermedio il comportamento del mieloma che, sebbene caratterizzato da

una prevalenza della lisi, può presentare anche una discreta reazione

periostale. La localizzazione poliostotica può aiutare nella diagnosi

differenziale.

Nei casi molto iniziali, la radiografia non è in grado di evidenziare i

focolai di lisi come è successo in uno dei soggetti del nostro campione.

Anzi, in quest’ultimo, riferito per problemi di tipo neurologico localizzati

alla giunzione lombo-sacrale, la diagnosi di mieloma è stata possibile solo

grazie alla TC che evidenziava multipli foci di lisi midollare in più corpi

vertebrali. La diagnosi di sospetto veniva poi confermata da un prelievo di

midollo da un ala dell’ileo.

Per i tumori secondari, il principale carattere distintivo rispetto ai tumori

primari era costituito dalla localizzazione poliostotica, spesso a livello di

un’articolazione dove coinvolgeva più capi articolari. In questi casi, si è

dimostrato prezioso l’esame ecografico perché meglio caratterizzava la

componente originaria costituita da tessuti molli (ad esempio la membrana

sinoviale).

La TC e l’ecografia si sono dimostrati essenziali come guida per

l’esecuzione di prelievi di materiale patologico. In tutti i casi occorsici, il

prelievo TC- o eco-guidato ha dato luogo sempre a materiale utile per la

89

diagnosi. In 4 casi, il prelievo era successivo ad altri prelievi effettuati “alla

cieca” che avevano dato risultati non definitivi o, addirittura, negativi.

Il problema dei prelievi bioptici è particolarmente importante per

l’osteosarcoma. Come abbiamo detto nel capitolo della diagnosi, il

materiale andrebbe prelevato al centro della lesione, e quando la procedura

viene effettuata senza l’ausilio delle tecniche di Imaging, la probabilità di

andare in zone non significative è molto elevata.

Infine, un discorso a parte merita la stadiazione: l’esame radiografico del

torace, sebbene dichiarato come molto sensibile nell’evidenziare alterazioni

polmonari secondarie, in condizioni ideali, di ottima esecuzione tecnica e

di soggetto particolarmente collaborativo, permette di evidenziare lesioni

aventi un diametro di almeno 5 mm. L’esame TC, invece, è notevolmente

più sensibile perché in grado di evidenziare metastasi anche di soli 2 mm di

diametro (Fig. 27). Inoltre, solitamente il protocollo di stadiazione di una

neoplasia ossea prevede solo l’esame RX del torace perché sono le

metastasi polmonari le più frequenti. Tuttavia, sebbene più raramente,

possono verificarsi lesioni secondarie linfonodali o a carico di organi

parenchimatosi addominali (fegato e reni). L’esclusione o l’inclusione di

queste metastasi richiede necessariamente l’ecografia o la TC. Bisogna

ricordare, però, che in campo Veterinario tutte le prestazioni sono a

pagamento non essendo coperte da alcuna forma di assistenza pubblica.

90

Pertanto, la scelta dei percorsi diagnostici più appropriati non può esimersi

da una valutazione anche di carattere economico. Per questo, la

completezza dei dati relativi alle tecniche di Diagnostica per Immagini

risulta limitata solo a pochi pazienti. Questo limite rende più difficile

l’approccio terapeutico nei nostri pazienti rispetto all’uomo. Ci si augura

che in un prossimo futuro, venga estesa anche agli animali d’affezione una

qualche forma di assistenza sanitaria pubblica, riconoscendone così

l’importanza sia dal punto di vista sociale sia, anche, come possibili

modelli di patologie spontanee.

91

Fig. 27 – Osteosarcoma della scapola sn. L’esame TC evidenzia l’intensa reazione periostale (freccia) associata al marcato ispessimento dei tessuti molli perilesionali. L’esame del torace, in questo soggetto, ha permesso di evidenziare molto precocemente delle metastasi polmonari (punte di freccia).

92

CONCLUSIONI

Da un punto di vista epidemiologico descrittivo, il nostro campione

conferma che le neoplasie ossee siano relativamente frequenti in particolare

in soggetti adulti o anziani, di grossa taglia. I Rottweiler, come in altri

studi, presentano un rischio di neoplasia ossea significativamente superiore

alle altre razze del nostro campione. I dati relativi al sesso, soprattutto se

confrontati con i dati presenti in letteratura, non sono definitivi e

richiedono ulteriori approfondimenti.

L’esame radiografico si conferma l’esame d’elezione per lo studio

dell’apparato scheletrico. La sua sensibilità è spesso superiore a quella

delle tecniche anatomo-patologiche, in particolare quando il prelievo di

materiale viene eseguito “alla cieca”.

Quando è stato possibile integrare l’esame radiografico, la TC si è

dimostrata essenziale per l’individuazione di lesioni ossee o polmonari

estremamente piccole e non visibili radiograficamente.

L’ecografia si è mostrata, invece, utile nello studio dei tumori ossei

secondari, coinvolgenti le strutture articolari, per il rilievo di eventuali

alterazioni a carico dei tessuti molli, come, ad esempio, la membrana

sinoviale.

La TC e l’ecografia si sono dimostrate, inoltre, estremamente utili come

guida per ottenere campioni bioptici “significativi”.

93

BIBLIOGRAFIA

1. Barone R.- Anatomia comparata degli animali domestici, 1974.

2. Berg J., Lamb C. R., O’callaghan M. W. Bone scintigraphy in the

initial evaluation of dogs with primary bone tumors. JAVMA, Vol

196, No. 6, March 15, 1990.

3. Brunetti A. e Petruzzi V. “L’apparato locomotore. Tecniche di

studio e semeiologia radiologica” in: “Radiologia veterinaria”

Bertoni G., Brunetti A., Pozzi L., Idelson-Gnocchi, 2005.

4. Britt T., Clifford C., Barger A., Moroff S., Drobatz K., Thacher

C. and Davis G. Diagnosis appendicular osteosarcoma with

ultrasound-guided fine-needle aspiration: 36 cases. Journal of Small

Animal Practice (2007) 48, 145-150.

5. Cheli R.- “I tumori ossei del cane”, 1969.

6. Chun R., Garrett L. D., Henry C., Wall M., Smith A., Azene N.

M. Toxicity and efficacy of cisplatin and doxorubicin combination

chemotherapy for the treatment of canine osteosarcoma. Journal of

the american animal hospital association, 2005; 41:382 – 387.

7. Coomer A., Farese J., Milner R., Liptak J., Bacon N, Lurie D.

Radiation therapy for canine appendicular osteosarcoma.

Veterinary and Comparative oncology, 7, 1, 15-27.

8. Cullen J.M., Page R., Misdorp W. “Tumors in domestic animals”

94

in: “Tumors in domestic animals”, Meuten D. J., Iowa State Press,

2002.

9. Dernell W.S., Ehrhart N.p:, Straw R.C., Vail D.M. “Tumors of

the skeletal system” in “Small animal clinical oncology” Withrow

S. J., MacEwen E. G., W.B. Sauders Co., 3th Ed., 2001.

10. Dernell W.S., Ehrhart N.p:, Straw R.C., Vail D.M. “Tumors of

the skeletal system” in “Small animal clinical oncology” Withrow

S. J., MacEwen E. G., W.B. Sauders Co., 4th Ed., 2007.

11. Egenvall A., Nodtvedt A., Von Euler H. Bone tumors in a

population of 400000 insured Swedish dogs up to 10 y of age:

incidence and survival. The Canadian Journal of Veterinary

Research, 2007; 71: 292-299.

12. Feeney D. A., Johnston G. R., Gindem C. B., Toombs J. P.,

Caywood D. D., Hanlon G. F. Malignant neoplasia of canine ribs:

clinical, radiographic, and pathologic findings. JAVMA, Vol 180,

No. 8, April 15, 1982.

13. Gamblin R. M., Straw R. C., Powers B. E., Park R. D., Bunge

M. M., Withrow S. J. Primary osteosarcoma distal to the

antebrachiocarpal and tarsocrural joints in nine dogs (1980-1992).

Journal of the American Animal Hospital Association,

January/February 1995, Vol.31.

95

14. Garrett D. J., Kapatkin A. S., Craig L. E., Heins G. S., Wortman

J. A. Comparison of radiography, computed tomography, and

magnetic resonance imaging for evaluation of appendicular

osteosarcoma in dogs. JAVMA, Vol 220, No. 8. April 15, 2002.

15. Goldschmidt M. H. And Thrall D. E.– Malignant bone tumors in

the dog.Textbook of small animal orthopaedics, 1985.

16. Green E. M., Adams W. M., Steinberg H. Malignant

transformation of solitary spinal osteochondroma in two mature

dogs. Veterinary Radiology & Ultrasound, Vol. 40, No. 6, 1999, pp

634-637.

17. Hahn K. A., Hurd C., Dan Cantwell H. Single-phase methylene

diphosphate bone scintigraphy in the diagnostic evaluation of dogs

with osteosarcoma. JAVMA, Vol. 196, No. 9, May 1, 1990.

18. Hanlon G. F. A radiologic approach to bone neoplasm. Veterinary

clinics of North America: small animal practice – Vol. 12, No. 2,

May, 1982.

19. Hardy W.D., Brodey R. S., Riser W. H.Osteosarcoma of the

canine skull. J Am Vet Radiol Soc 1967; 8: 5-16.

20. Heyman S. J., Diefenderfer D. L., Goldschmidt M. H., Newton

C. D. Canine axial skeletal osteosarcoma: a retrospective study of

116 cases ( 1986 to 1989). Veterinary Surgery, 21, 4, 304-310,

96

1992.

21. Kramer M. T., Latimer K. S., Rakich P. M., Roberts R. E.,

Northrup N. C., Bain P. J. Canine osteosarcoma. Veterinary

Clinical Pathology Clerkship Program, 2003.

22. Kuntz C. A. – “Appendix B: Canine osteosarcoma”in:

Muscoloskeletal cancer surgery – Treatment of sarcomasand allied

diseases, Malawer M. M. and Sugarbaker P. H.- Kluwer Academic

Publishers, 2001; pg. 603-607.

23. Lamb C. R., Berg J., Bengtson A. E., Preoperative measurement

of canine primary bone tumors, using radiography and bone

scintigraphy. JAVMA, Vol 196, No. 9, May 1, 1990.

24. LaRue S. M., Withrow S. J. “Tumor of the skeletal system” in:

Clinical veterinary oncology, Withrow S. J.; Mac Ewen E. G.-

Lippincott Company- Philadelphia, 1989; pg. 234-254.

25. Lipsitz D., Levitski R. E., Berry W. L., Magnetic resonance

imaging features of multilobular osteochondrosarcoma in 3 dogs.

Veterinary Radiology & Ultrasound, Vol. 42, No. 1, 2001, pp 14-19.

26. Lucroy M. D., Peck J. N., Berry C. R., Osteosarcoma of the

patella with pulmonary metastases in a dog. Veterinary Radiology

& Ultrasound, Vol. 42, No. 3, 2001, pp 218-220.

27. Luppi A., Cantoni A. M., Corradi A., Cabassi E- Contributo allo

97

studio dell’osteosarcoma del cane: valutazioni istologiche e

immunoistochimiche. Annali della facoltà di Medicina Veterinaria di

Parma, 2000, pp 271-292.

28. Mehl M. L., Withrow S. J., Seguin B., Powers B. E., Dernell W.

S., Pardo A. D., Rosenthal R. C., Dolginow S. Z., Park R. D.,

Spontaneous regression of osteosarcoma in four dogs. JAVMA,

Vol. 219, No. 5, September 1, 2001.

29. Misdorp W., van der Heul RO- Tumors of bones and joints. WHO

53:265-282, 1976.

30. Meomartino L., Fatone G., De Vico G. - Osteocondromatosi

(esostosi cartilaginee multiple) nel cane: segnalazione di un caso

clinico. Veterinaria, Anno 11, n.1, Febbraio 1997.

31. Moore G. E., Mathey W. S., Eggers J. S., Estep J. S.

Osteosarcoma in adjacent lumbar vertebrae in a dog. JAVMA, Vol

217, No. 7, October 1, 2000.

32. Netter F. H.- Atlante di anatomia fisiopatologia e clinica- Vol. 8,

Apparato muscolo-scheletrico, 1990; Parte I: pg. 164-172; Parte II:

pg.118-153.

33. Owen L. N. – Bone tumors in man and animals. London:

Butterworth and Co., 1969: 29-52.

34. Papparella S. - Atti di “Corsi e percorsi in oncologia veterinaria” ,

98

2007.

35. Patnaik A. K., Lieberman P. H., Erlandson R. A., Liu S. K. –

Canine sinonasal skeletal neoplasms: chondrosarcomas and

osteosarcomas. Vet Pathol 1984; 21: 475-482.

36. Pelagalli G. V., Botte V.- “Anatomia veterinaria sistematica e

comparata”, 1999.

37. Richard D., Beck E. R., Lecouteur R. A. Comparison of

computed tomography and radiography for detecting changes

induced by malignant nasal neoplasia in dogs. JAVMA, Vol 201,

No. 11, December 1, 1992.

38. Rosenberger J. A., Pablo N. V., P. Crawford C. Prevalence of

and intrinsic risk factors for appendicular osteosarcoma in dogs:

179 cases (1996-2005). JAVMA, Vol. 231, No. 7, October 1, 2007.

39. Slayter M.V., Boosinger T.R., Pool R.R., Dammrich K., Misdorp

W. and Larsen S.: WHO Histological classification of bone and

joint tumors of domestical animals, 2nd series, Vol. I, pp 11, 13-14,

34-35, AFIP, Washington DC, 1994.

40. Spodnick G. J., Berg J., Rand W. M., Schelling S. H., Couto G.,

Harvey H. J., Henderson R. A., Macewen G., Mauldin N.,

Mccaw D. L., Moore A. S., Morrison W., Norris A. N.,

O’bradovich J., O’keefe D. A., Page R., Ruslander D., Klausner

99

J., Straw R., Thompson J. P., Withrow S. J. Prognosis for dogs

with appendicular osteosarcoma treated by amputation alone: 162

cases (1978- 1988). JAVMA, Vol. 200, No. 7, April 1, 1992.

41. Stevenson S., Hohn R. B., Pohler O. E. M., Fetter A. W.,

OlMStead M. L., Wind A. P. Fracture-associated sarcoma in the

dog. Journal of the American Veterinary Madical Association, May

15, 1982.

42. Straw R. C., LeCouteur R. A., Powers B. E., Withrow S. J.

Multilobular osteochondrosarcoma of the canine skull: 16 cases.

JAVMA, Vol 195, No. 12, December 15, 1989.

43. Theilen G. H.; Madewell B. R. “Tumors of the skeleton” in:

Veterinary cancer medicine, Theilen G. H.; Madewell B. R.-

Lea&Febiger, Philadelphia, 1987.

44. Thomas W. B., Daniel G. B., McGavin M. D. Parosteal

osteosarcoma of the cervical vertebra in a dog. Veterinary

Radiology & Ultrasound, Vol. 38, No. 2, 1997, pp 120-123.

45. Thompson J. P. e Fugent M. J. Evaluation of survival times after

limb amputation, with and without subsequent administration of

cisplatin, for treatment of appendicular osteosarcoma in dogs: 30

cases ( 1979-1990). JAVMA, Vol. 200, No. 4, February 15, 1992.

46. Van Bree H., Verschooten F., Hoorens J., Mattheeuws D.

100

Internal fixation of a fractured humerus in a dog and late

osteosarcoma development. The Veterinary Record, November 19,

1980.

47. Wallack S. T., Wisner E. R., Werner J. A., Walsh P. J., Kent M.

S., Fairley R. A., Hornof W. J. Accuracy of magnetic resonance

imaging for estimating intramedullary osteosarcoma extent in pre-

operative planning of canine limb-salvage procedures. Veterinary

Radiology & Ultrasound, Vol. 43, No, 5, 2002, pp. 432-441.

48. Wolke R. E. And Nielsen S. W. Site incidence of canine

osteosarcoma. J. SMALL. ANIM. PRACT. Vol. 7, 489 – 492, 1966;

49. Wykes P.M., Withrow S. J., Powers B. E., Park R. D., Closed

biopsy for diagnosis of long bone tumors: acuuracy and results.

Journal of the American Animal Hospital Association, July/Aug

1985, Vol. 21.