Facetime di gruppo cambia e diventa 10 14 Google One Apple ... · Arriva OnePlus 6T Tacca più...
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
Arriva OnePlus 6T Tacca più piccola, prezzo più alto 10
34
TV Sony OLED AF9 Immagine pura
38
Sony Xperia XZ3 Xperia sposa l’OLED
42
Huawei Mate 20 Pro Fotocamera super
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
Arriva un nuovo bollino per le TV compatibili Sky e Premium Un nuovo adesivo per certificare i TV che tramite CAM ossono ricevere correttamente i servizi pay DTT sia di Mediaset sia di Sky
25
Amazon Alexa in Italia con gli smart speaker EchoAlexa, l’assistente vocale di Amazon, è ora disponibile in Italia e parla italiano. Con Alexa arriva anche la gamma di smart speaker Echo
Google Drive cambia e diventa Google One 23
Frigoriferi, quanto consumano e quando cambiarli? 28
Apple rinnova: MacBook Air col Retina iPad Pro senza bordi, Mac Mini più potenteRetina display sul Mac più venduto ma solo con USB-C Niente SD card e porta USB standard. Su iPad Pro porta USB-C e Face ID. Il MacMini migliorato cresce di prezzo
22
48
Il pico-proiettore Sony Piccolo e luminoso
07
Xiaomi Mi Mix 3 è tutto schermo
51
Tesla, ricavi oltre ogni aspettativa
iOS 12.1: Dual Sim, Facetime di gruppo e molto altro 14
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
Apple e Samsung sono state multa-
te dall’antitrust italiana: 10 milioni di
euro la prima, 5 milioni di euro la
seconda, al termine di due lunghe istrut-
torie che hanno cercato di capire se dav-
vero i due colossi hanno deliberatamente
“provocato gravi disfunzioni e ridotto in
modo significativo le prestazioni degli
smartphone, in tal modo accelerando il
processo di sostituzione degli stessi”. Un
discorso complesso, che è difficile riassu-
mere banalmente con il termine “obso-
lescenza programmata”. Soprattutto se
la questione è legata agli aggiornamenti
software, quegli aggiornamenti che gran
parte della popolazione ignora e gran
parte chiede, perché avere un prodotto
più sicuro e con le nuove funzioni senza
doverne comprare un altro è buona cosa.
Una diatriba paradossale da un certo
punto di vista, soprattutto per Apple che
è forse l’unica azienda che garantisce
anche cinque anni di aggiornamenti sof-
tware gratuiti e, dove possibile, ha sem-
pre aggiunto tramite software funzioni sui
vecchi modelli per tenerli al passo con le
librerie e le funzioni delle ultime release
dei sistemi operativi. Senza dimenticare
che iOS 12 è stato pensato proprio per
i prodotti più vecchi, migliorando le pre-
stazioni di smartphone come l’iPhone 5C
che sono “rinati” dopo l’update come di-
mostrano più test. Ma è anche vero che
con la questione della batteria Apple non
è stata affatto chiara nella comunicazio-
ne. Ma cosa esattamente ha contestato
l’Agcm a Apple e Samsung?
Il caso Apple Partiamo con la prima, Apple, che paga
proprio per la questione legata alla bat-
teria. Secondo l’Agcm “Apple ha insisten-
temente proposto, dal settembre 2016, ai
possessori di vari modelli di iPhone 6 e
6S di installare il nuovo sistema operativo
iOS 10 sviluppato per il nuovo iPhone 7
senza informare delle maggiori richieste
di energia del nuovo sistema operativo e
dei possibili inconvenienti – quali spegni-
menti improvvisi – che tale installazione
avrebbe potuto comportare.” La questio-
ne l’abbiamo affrontata più volte: Apple
ha sbagliato a ridurre le prestazioni dei
dispositivi nel caso di batteria deteriora-
ta senza avvisare i consumatori, avrebbe
MERCATO L’Antitrust ha multato Apple per 10 milioni di euro e Samsung per 5 milioni di euro
Samsung e Apple multate: “Smartphone rallentati per far comprare nuovi modelli”Alcuni aggiornamenti del firmware avrebbero provocato gravi disfunzioni e ridotto le prestazioni
dovuto chiedere se si volevano mantene-
re le piene funzionalità sacrificando l’au-
tonomia. Opzione che è stata introdotta
successivamente, con iOS 11. Secondo
l’Agcm Apple avrebbe violato anche l’art.
20 del Codice del Consumo perchè “non
ha fornito ai consumatori adeguate in-
formazioni circa alcune caratteristiche
essenziali delle batterie al lito, quali la
loro vita media e deteriorabilità, nonché
circa le corrette procedure per mantene-
re, verificare e sostituire le batterie al fine
di conservare la piena funzionalità dei
dispositivi.” Questa è una multa che po-
trebbe essere data a tutti i produttori che
usano batterie: la batteria è soggetta ad
usura, e le prestazioni calano nel tempo.
Soprattutto quelle degli smartphone, sot-
toposte a continue sollecitazioni e oggi
stressate dalle ricariche rapide. Tanto che
quasi nessuno inserisce la batteria negli
elementi in garanzia.
Il caso Samsung Per Samsung il caso è un po’ diverso:
secondo l’Agcm “Samsung ha insisten-
temente proposto, dal maggio 2016, ai
consumatori che avevano acquistato
un Note 4 (immesso sul mercato nel set-
tembre 2014) di procedere ad installare
il nuovo firmware di Android denominato
Marshmallow predisposto per il nuovo
modello di telefono Note 7, senza infor-
mare dei gravi malfunzionamenti dovuti
alle maggiori sollecitazioni dell’hardware
e richiedendo, per le riparazioni fuori ga-
ranzia connesse a tali malfunzionamenti,
un elevato costo di riparazione.”
Altra questione delicata, perché come
sappiamo Samsung ha centinaia di smar-
tphone e un aggiornamento può uscire
male. Ci sono casi negli ultimi anni di
decine di smartphone che hanno avuto
problemi con gli aggiornamenti, ma la
cosa può essere estesa a decine di altre
categorie merceologiche.
Samsung ha rilasciato questo statement:
“Per Samsung la soddisfazione dei propri
clienti è obiettivo primario, strettamente
legato al proprio business. Samsung non
condivide la decisione presa dall’AGCM
in quanto la società non ha mai rilasciato
aggiornamenti software con l’obiettivo di
ridurre le performance del Galaxy Note 4.
Al contrario, Samsung ha sempre rilascia-
to aggiornamenti software che consen-
tissero ai propri utenti di avere la migliore
esperienza possibile. L’azienda si vede
quindi costretta a ricorrere in appello
contro la decisione presa dall’Autorità.”
Crediamo che sia difficile parlare di ob-
solescenza programmata, più facile par-
lare di obsolescenza legata ad un mer-
cato che viaggia velocissimo. Perché allo
stesso modo si potrebbe parlare di ob-
solescenza programmata per tutte quel-
le aziende che, dopo aver lanciato i pro-
dotti, se ne fregano degli aggiornamenti,
oppure che aggiungono certe funzioni
solo sui prodotti nuovi quando potreb-
bero farlo anche su altri vecchi. Non è
obsolescenza programmata lasciar mo-
rire un prodotto senza curarsene o ag-
giornarlo? La realtà a nostro avviso è di-
versa: oggi le aziende per tenere il ritmo
lanciano troppi prodotti e troppo veloce-
mente, e un prodotto è fatto al 50% da
hardware e al 50% dal software. Tenere
un prodotto aggiornato, controllare che
non abbia problemi anche dopo qualche
mese richiede investimenti e risorse che
pochi vogliono investire per prodotti che
ormai hanno venduto. Paradossalmente
se Apple e Samsung si fossero limitate
a ignorare il Note 4 o l’iPhone 6 dopo
averli venduti, avrebbero risparmiato 15
milioni di euro. Ma sarebbe stato corret-
to nei confronti dei consumatori?
Pubblicità al telefono, pronto il prefisso unico: con 0844 le riconosci subitoL’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha stabilito un prefisso univoco per le telecomunicazioni commerciali: 0844. E ce n’è un altro: 0843, per le telefonate a fini statistici di M. DI MARCO0844. Sarà questo il prefisso che identificherà tutte le telefonate commerciali, cioè quelle pubbli-citarie. A stabilirlo è una delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), che in-troduce anche un altro prefisso: 0843. Quest’ultimo sarà finalizzato, invece, alle “chiamate telefoniche finalizzate ad attività statistiche”. Uno strumento in più nelle mani dell’utente per anticipare le tele-fonate promozionali o a fini stati-stici, che spesso rappresentano un fastidio. C’è già un primo limite: se le aziende che promuovono of-ferte per la linea fissa o la pay TV, per esempio, si affidano a un call center, quest’ultimo non sarà ob-bligato a usare il nuovo prefisso. Anche in questo caso, però, è stata introdotta da Agcom una novità: i call center devono assicurare che “i numeri utilizzati siano contattabili dall’utente”. Basta numeri privati; l’utente deve avere la possibilità di richiamare lo stesso numero. Con un simile provvedimento Agcom mette anche mano al costo dei numeri di supporto a pagamento. Nello specifico, “la tassazione del-la chiamata ha inizio solo dal mo-mento della risposta dell’operatore del centro servizi oppure dall’inizio della fornitura del contenuto trami-te risponditore automatico o della specifica prestazione”. L’utente in-somma pagherà soltanto il tempo effettivo in cui ha ricevuto suppor-to. Tali modifiche saranno appli-cate entro tre mesi dalla data del documento.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di M. DI MARCO
H uawei è di nuovo sopra ad Apple per numero di
smartphone spediti in tutto il mondo: l’azienda
cinese è il secondo produttore al mondo per
unità distribuite nel terzo trimestre dell’anno. Un
dato certamente significativo perché rappresenta la
crescita di Huawei e del suo catalogo, ma che da
solo non dà un’indicazione chiara dei rispettivi giri
d’affari. L’ultima indagine di Strategy Analytics è
chiara: per volume di smartphone distribuiti, Sam-
sung è la migliore con oltre 72 milioni di unità spedi-
te. La seguono Huawei (51,8 milioni), appunto, e poi
Apple (46,9 milioni). Huawei stupisce soprattutto per
un tasso di crescita su base annua in doppia cifra:
32,5%. Apple è praticamente stabile (+0,4%) laddove
Samsung è scesa del 13,3%. Tali dati, però, devono
essere contestualizzati. Senza conoscere il prezzo
di vendita medio o il volume d’affari dei produttori
di smartphone, basare giudizi di mercato sarebbe
affrettato. Perché valutando le recentissime trime-
strali di Samsung e Apple (Huawei non è un’azienda
pubblica e quindi comunica soltanto annualmente il
proprio bilancio) la situazione è chiara: Apple ingur-
gita la stragrande maggioranza dei profitti del mon-
do mobile; né Samsung né Huawei si avvicinano al
fatturato degli iPhone.
I profitti iPhone sono quasi il doppio dei guadagni dei Samsung GalaxyAnalizzando unicamente il mercato smartphone, i
46,9 milioni di iPhone spediti hanno significato profit-
ti per oltre 37 miliardi di dollari tra luglio e settembre.
I 72 milioni di smartphone Samsung, invece, hanno
portato in cassa 20 miliardi di dollari.
Un riferimento che includa anche Huawei si può ave-
re dal confronto diretto che sempre Strategy Analyti-
cs ha fatto per il quarto trimestre del 2017: Apple ha
raccolto il 51% dei profitti del mercato smartphone,
Samsung il 15,7% e Huawei il 7%. Da allora le per-
MERCATO Per il secondo trimestre consecutivo Huawei distribuisce più smartphone di Apple e Samsung continua a dominare
Per Samsung e Huawei i profitti di iPhone sono un miraggio. Ma Apple deve guardarsi le spalleLa verità è che nessuna delle due si avvicina ai guadagni degli iPhone, ma l’ascesa delle cinesi crea dei grattacapi ad Apple
centuali potranno essere cambiate, ma gli equilibri
sono rimasti i medesimi: anche nel secondo trime-
stre 2018 la classifica è rimasta invariata. Come detto
Huawei non comunica le sue trimestrali poiché non
è un’azienda quotata in borsa. Possiamo però pren-
dere come secondo riferimento l’intero 2017, anno
durante il quale Huawei ha distribuito 153 milioni di
smartphone. La divisione Consumer Business ha così
registrato un fatturato di di 237 miliardi di yuan, ossia
34 miliardi di dollari. Cioè quanto Apple ha fatto nel
suo più recente trimestre. Il perché di tale situazio-
ne - abbastanza scontato - è presto detto: i prezzi
degli iPhone sono mediamente più alti. Guardando i
prezzi di listino, iPhone 7 è il più economico (iPhone
SE non è più in catalogo) a 549 euro. Samsung e
Huawei hanno ovviamente maggiore scelta, ma tale
eterogeneità “si paga”; il prezzo di vendita medio è
più basso e così anche i profitti. Strategie di mercato
diverse. Samsung, specialmente, è un’azienda dalle
molte facce, perché il suo giro d’affari ha ramifica-
zioni importanti anche nelle TV e nei chip per le me-
morie, per esempio. Ed è innegabile che Huawei sia
tra i produttori smartphone che più sta crescendo,
forte di dispositivi, come Mate 20 Pro, attraverso i
quali sta dimostrando una grande maturità hardwa-
re. freddi numeri, però, dicono che da anni Apple
sta raccogliendo la fetta più grande dei profitti del
mercato mobile.
Le società cinesi rappresentano comunque un rischio per AppleL’ascesa di Huawei e Xiaomi, tanto per citare due dei
produttori mobile che hanno registrato la crescita
maggiore negli ultimi mesi, sta comunque creando
dei grattacapi ad Apple. Perché se è vero che l’azien-
da californiana gode di ottima salute, i vertici di Apple
hanno già avvisato gli azionisti: il prossimo trimestre
non rispetterà le aspettative di Wall Street. Colpa so-
prattutto delle difficoltà a vendere i suoi iPhone nei
mercati emergenti, dove sono appunti i marchi cinesi
e locali (come anche Oppo o Vivo) ad andare per la
maggiore. Ciò significa, essenzialmente, che Apple
crescerà a un ritmo minore rispetto al passato. Ed è
esattamente ciò che sta preoccupando gli investitori
e che nonostante gli straordinari dell’ultima trime-
strale ha fatto perdere ad Apple 70 miliardi di dollari
“virtuali” con un calo del 7% del suo valore azionario.
Perché non bastano 62,9 miliardi di dollari di fattura-
to; gli azionisti vogliono sempre più crescita. E quan-
do tale crescita non viene promessa, iniziano i timori.
È proprio qui che entrano in gioco Huawei e Xiaomi,
che stanno mordendo le caviglie di Apple impeden-
dole di crescere allo stesso ritmo di prima. Al punto
che Apple ha deciso che non comunicherà più i dati
di vendita dell’hardware (come già faceva per Apple
Watch): non sapremo più effettivamente quanti iPho-
ne, iPad e Mac sono stati venduti ogni trimestre.
La dirigenza si giustifica dichiarando che le presta-
zioni, in crescita, dei servizi su abbonamento come
Apple Music e iCloud non possono essere misurabili
attraverso le vendite hardware, che quindi non sa-
rebbero più un indicatore valido. Ma è difficile non
vedere dietro tale dichiarazione una manovra protet-
tiva: meglio non dire le unità vendute, così da ma-
scherare eventuali cali o mancate crescite.
In tal senso la crescita delle società cinesi sì che
deve preoccupare Apple. Il cui giro d’affari degli
iPhone, però, è ancora incredibilmente stabile, flo-
rido e proficuo. Anche dovesse diventare il quarto
produttore mobile al mondo.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Gianfranco GIARDINA
P arte dalla Riviera ligure di Levante il rinnovamen-
to in chiave green e tecnologica delle stazioni
ferroviarie italiane. Come avevamo anticipato lo scorso luglio, infatti, è stata selezionata la stazione di
Rapallo come sito pilota per il varo di un nuovo pro-
getto: si chiama GreenHub e di fatto mira a migliorare
l’esperienza di utilizzo della stazione per i viaggiatori,
creando una serie di servizi a impatto zero in termini
energetici ed ambientali. L’inaugurazione della prima
installazione sperimentale si è tenuta alla presenza del
sindaco di Rapallo Carlo Bagnasco, da Franco Stivali di
Ferrovie dello Stato, responsabile Innovazione e Siste-
mi Informativi, e Urbano Mimmo, direttore innovazione
e comunicazione di Sirti.
Per ottenere questo scopo, Ferrovie dello Stato si è
fatta affiancare da Sirti e un gruppo di diverse startup
innovative, per integrare nell’infrastruttura della stazio-
ne una serie di soluzioni hi-tech.
Si parte dalla generazione dell’energia rinnovabile,
ottenuta tramite una struttura rivestita di pannelli foto-
voltaici, nel caso di Rapallo una piramide: questa è in
grado di catturare energia per una potenza di picco di
1,3 KW, quanto basta per tenere il sistema in funzione
giorno e notte, grazie anche a un sistema di accumulo
integrato.
Inoltre l’energia viene catturata anche da porzioni di
pavimento fotovoltaico e da panchine anch’esse dotate
di pannelli solari. L’energia serve in buona parte per ali-
mentare un depuratore d’aria che è in grado di creare
attorno alla piramide una sorta di “bolla” di aria pulita,
priva di inquinanti e allergeni. Inoltre alimenta una serie
MERCATO Sirti e Ferrovie dello Stato hanno inaugurato una sperimentazione per rendere le stazioni più ecologiche e smart
L’esperimento della stazione eco-smart di Rapallo Inaugurato il bel progetto hi-tech di GreenHubLo scopo è offrire ai viaggiatori servizi a impatto zero in termini energetici ed ambientali. Area aperta solo fino a fine anno
di prese USB e superfici per
il caricamento wireless di
smartphone disposte sulle
panchine dell’area.
Ovviamente non manca un
hot spot wifi gratuito al quale
gli utenti possono accedere
mentre si intrattengono in
quest’area. E sempre trami-
te lo stesso hotspot, l’utenza
può vedere in diretta l’ener-
gia accumulata, il numero
delle persone che sono
passate e i dati sulla qualità
dell’aria.
Ai servizi per l’utenza, si affiancano delle funzioni di
GreenHub destinate al monitoraggio ambientale: una
sonda rileva la qualità dell’aria, anche in maniera dif-
ferenziale rispetto a un’area sempre della stazione
ma lontana dal purificatore d’aria; inoltre, a bordo del-
la piramide è implementato un sistema di telecamere
che non trasferiscono i dati da nessuna parte (anche
per motivi di privacy), ma li analizzano grazie all’utiliz-
zo dell’intelligenza artificiale, per determinare quante
persone popolano l’area e soprattutto se sono in cor-
so comportamenti giudicati anomali, sia per la sicu-
rezza delle cose come per quella delle persone.
A Rapallo, per questa installazione sperimentale, è
stata scelta un’area totalmente esterna (la terrazza
dell’area di attesa della stazione, al livello dei bina-
ri), sia evidentemente per i pannelli solari che per le
aree di stazionamento delle persone; ma una possi-
bile implementazione che Ferrovie dello Stato e Sirti
hanno ipotizzato riguarda proprio la revisione della
dotazione delle classiche sale d’aspetto interne che,
grazie a strutture esterne di cattura dei raggi solari,
potrebbero rendere l’attesa del treno più proficua e
gradevole.
Purtroppo l’installazione di Rapallo durerà poco: en-
tro fine anno infatti il suo destino è quello di essere
smontata, dopo aver fornito a Ferrovie e a Sirti gli ele-
menti per capire il grado di accettazione, i veri costi
e la replicabilità, con eventuali perfezionamenti. Fer-
rovie però è già al lavoro per verificare l’applicabilità
della soluzione GreenHub a stazioni del taglio medio
piccolo come quelle di Rapallo, perfette per installa-
zioni snelle e circoscritte. Sarebbe una buona noti-
zia per la nostra rete ferroviaria che negli ultimi anni
sembra aver parlato solo la lingua dell’alta velocità,
lasciando spesso indietro, sia nelle strutture fisse che
in quelle rotabili, tutto il resto.
Una parte della piramide è trasparente (anche se grazie a un vetro che integra comunque la superficie fotovoltaica) e cela una delle camere collegate a una rete neurale per l’analisi del com-portamento delle persone.
Sulle panchine c’è anche un’area per la ricarica wireless di smartphone compatibili
GreenHubFerrovie e Sirti per stazione smart ed eco
lab
video
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
Chi vuole acquistare la nuova
Chromecast 3 di Google può far-
lo sul sito di Unieuro e portarsi a
casa gratis anche un Google Home Mini.
MERCATO Promozione super di Unieuro per chi compra insieme Chromecast e Google Home Mini
Unieuro: Chromecast e Google Home a soli 36 euro Incredibile promozione, ma il prezzo è “furbetto”Al posto di 108 euro si pagano 36 euro, ma i prezzi sono “gonfiati” rispetto a quelli suggeriti
Oppure, girando la
promozione, chi vuole
un Google Home Mini
può averlo a pagando
solo 36 euro e portan-
dosi a casa anche una
Chromecast gratis.
La promozione è valida
sia sul sito che nei ne-
gozi, ma sul sito si può
sfruttare uno sconto
particolare che garanti-
sce un extra sconto di 10 euro su tutto
il catalogo: basta inserire come coupon
CLICK10 in fase di finalizzazione dell’or-
dine. Google Home secondo Unieuro
costa 59 euro, Chromecast costa 49
euro, insieme dovrebbero costare 108,0
euro ma combinando le promozioni il
totale è molto più basso. Nonostante
di Roberto FAGGIANO
N uovo appuntamento sul canale
Rai 4K di Tivùsat; dal 23 ottobre
vanno in onda ogni martedì le
quattro nuove puntate della seconda
serie de I Medici, lo sceneggiato che
ha raccolto grandi ascolti nella scorsa
stagione. Nelle nuove puntate conti-
nueremo a seguire la saga romanzata
della famiglia fiorentina, ritrovando al-
cuni protagonisti della prima stagione e
altri nuovi personaggi. Tra i protagonisti
il nuovo arrivo Daniel Sharman che in-
terpreta Lorenzo il magnifico, del quale
vedremo l’irresistibile ascesa al pote-
re mentre nel resto del cast vedremo
Alessandra Mastronardi, Sarah Parish
e Bradley James. I Medici 2 sarà tra-
smesso in HD su Rai 1 HD ed è invece
già disponibile su RaiPlay. Cattive noti-
zie invece per la trasmissione in moda-
lità Ultra HD delle partite di Champions
League trasmesse dalla Rai: al momento
MERCATO Inizia sul canale Rai 4K di Tivùsat la seconda serie dello sceneggiato sui Medici
Rai 4K, rinviata la Champions League Tornano “I Medici” con 4 nuovi episodiLe 4 puntate saranno trasmessi dal 23/10, rinviate le partite di Champions League in Ultra HD
non è prevista nessuna diretta su Rai
4K, probabilmente è tutto rimandato alla
prossima primavera, quando inizieran-
no le sfide dirette dopo la fase a giro-
ni. Evidentemente l’annuncio sul sito di
Tivùsat è stato il frutto di una svista di
qualche addetto ai lavori. Contrariamen-
te al passato il canale Rai 4K è rimasto
acceso dopo il termine dell’ultima pun-
tata del programma di Alberto Angela lo
scorso sabato e non ha nemmeno cam-
biato frequenza, restando sugli 11.705
verticale. Ricordiamo che per la visione
del canale Rai 4K sul 210 di Tivùsat è ne-
cessario possedere una cam di Tivùsat
con tessera Gold attiva.
Passare da Vodafone a Ho adesso costa 29.99 € Voleva dar fastidio a Iliad, si è data fastidio da solaHo aumenta ulteriormente il prezzo di attivazione di una SIM nel caso di portabilità dall’operatore madre Vodafone: prima erano 9.99 euro, poi 19.99 euro e ora 29.99 euro. Basteranno a frenare l’emorragia di clienti?? di Roberto PEZZALI
Lo abbiamo scritto diversi mesi fa: che senso ha fare Vodafone ora che c’è Ho? Ho Mobile, l’ope-ratore virtuale che Vodafone ha lanciato per contrastare la “Rivolu-zione Iliad” ha fatto probabilmente più male a Vodafone che ad Iliad stessa. Non ci sono numeri precisi, ma dalle SIM distribuite con il con-tagocce passando ai ritardi nella portabilità dei numeri, Vodafone ha fatto di tutto per cercare di te-nere controllata la crescita di Ho. Perché Ho, a tutti gli effetti, è una soluzione eccellente per prezzo e qualità della rete. Tuttavia, sembra che il travaso di clienti dalla casa madre Vodafone a Ho non si sia arrestato, e Vodafone ha dovuto aumentare ulteriormente il prezzo della portabilità: inizialmente l’atti-vazione costava 9.99€, poi il prez-zo è salito a 19.99€ e ora a 29.99€. Ho, in realtà, ha alzato il prezzo per tutti gli operatori, ma per ogni ope-ratore che non è “Vodafone” viene applicato uno sconto di 20€. Il ri-sultato non cambia: se si proviene da Vodafone si pagano 20€ in più. Basterà questo ennesimo aumen-to a limitare il passaggio di clienti da Vodafone a Ho?
l’ottima promozione, non possiamo non
segnalare il classico comportamento
furbetto delle catene che alzano un po’
i prezzi rispetto a quelli suggeriti dalle
aziende: Chromecast non costa 49 euro,
ne costa solo 39 come riporta la stessa
Google sul suo sito e sul comunicato
inviato. Lo sconto resta importante, che
bisogno c’era di esagerare?
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Emanuele VILLA
D opo averne parlato per anni, stiamo finalmente
entrando nell’era del 5G. In Italia prosegue la spe-
rimentazione dei grandi operatori, che puntano
forte sulla rete di prossima generazione; ma attenzio-
ne: il discorso dell’aumento esponenziale della banda,
di poter scaricare più rapidamente e velocemente con
il nostro smartphone non è per nulla prioritario; lo è,
piuttosto, l’interpretazione del 5G come ‘abilitatore’ di
funzionalità e opportunità oggi impossibili con la rete
4G. Il 5G si rivolgerà sì all’utente finale, ma soprattutto
alle città, alle amministrazioni comunali, alle industrie e
al mercato automotive. Partiamo proprio dalle auto, mer-
cato che dovrebbe accogliere il 5G a braccia aperte: a
Torino veniamo accolti da una BMW i3 senza conducen-
te che passeggia serenamente all’interno di un recinto in
piena Piazza Castello. A differenza di quanto si potrebbe
pensare, non si tratta dell’ennesima sperimentazione
dell’auto a guida autonoma ma di un modello a controllo
remoto su rete 5G sperimentale, usando la prima anten-
na 5G accesa nel centro storico della città. La console di
controllo, che non differisce più di tanto da un setup da
gamer, è a un centinaio di metri di distanza: la comuni-
cazione tra la vettura - al cui interno c’è comunque una
persona, ma non al posto di guida - avviene via voce.
A livello pratico, ci spiegano, l’auto a guida remota avrà
applicazioni importanti: la sala di controllo potrà gestire
contemporaneamente diverse auto per servizi di car sha-
ring di prossima generazione. Per esempio è già prevista
la possibilità di portare l’auto in modo remoto fino al pun-
to in cui si trova il cliente, che la troverà tranquillamente
sotto casa/ufficio come fosse un taxi. Se non è guida
autonoma ci va vicino: tutte le tecnologie di assistenza
alla guida e gli algoritmi di guida autonoma saranno pre-
senti in-car e aiuteranno il conducente ‘remoto’ a portare
l’auto a destinazione. Ma in tutto questo, come si pone il
5G? La tecnologia di ultima generazione abiliterà questa
MOBILE Ultimo appuntamento prima del lancio del 5G. TIM ha mostrato a Torino tutte le potenzialità della prossima rete mobile
TIM ha mostrato le grandi potenzialità del 5G L’auto a controllo remoto è il futuro del car sharingDalle applicazioni industriali alle smart city, da quelle più consumer all’automotive. Spicca la macchina controllata da remoto
funzione, oggi non possibile. O meglio, oggi è possibile
ma non con i livelli di sicurezza e affidabilità che sono
fondamentali per un servizio del genere. L’auto coman-
data da remoto non può fermarsi per assenza di linea,
non può rispondere in ritardo e causare un incidente: è
fondamentale che la comunicazione sia affidabilissima e
sicura. Solo il 5G offre, grazie al network slicing, questo
tipo di affidabilità, oltre alla possibilità di collegare fino a
1 milione di oggetti per Km2 tenendo la latenza sui 2-3
millisecondi. Per quanto riguarda il mercato consumer,
le esigenze sono diverse: Federico Rigoni, amministra-
tore delegato di Ericsson, ha identificato nei “gigabyte
al secondo” la prima grande richiesta dei consumatori
nel mondo. Come dire: la banda sarà forse secondaria
nell’economia globale del 5G, ma stiamo comunque par-
lando di 20 Gbps. Ce n’è davvero per tutti.
Lancio commerciale nel 2019. Ma cosa ci faremo col 5G?Elisabetta Romano, CTO di TIM, ha parlato di 2019 come
anno del lancio commerciale del 5G. Evidentemente
in TIM, dopo aver acquisito lo sfruttamento di tutte le
bande disponibili, si stanno preparando per presentare
i servizi, prevedendo applicazioni sia enterprise che bu-
siness e consumer. Ci sarà dunque anche un bel “pac-
chetto” consumer che sarà
principalmente improntato
sull’entertainment ma non
si esclude qualche applica-
zione in ambito di realtà vir-
tuale. Tutto mentre proprio
a Torino Intel ha mostrato
- per la prima volta in Italia
- il suo PC 2-in-1 con sche-
da di rete 5G: un prototipo
con antenne integrate nello
stand posteriore, ma l’azien-
da - ci dicono - è già al la-
voro con grandi nomi del
mondo PC (Asus, Acer, Mi-
crosoft…) per fare in modo
che la prossima generazio-
ne di laptop sia pronta per
le sfide del 5G. ’evento piemontese è stata l’occasione
per mostrare ai presenti tutte le applicazioni del 5G che
saranno disponibili al lancio: oltre all’auto di cui sopra, la
collaborazione tra TIM e Comau ha portato, per esem-
pio, il primo braccio robotico completamente controllato
in 5G. Lo scopo, in ambito di industria 4.0, è nobile: eli-
minare i cavi all’interno delle linee di produzione mante-
nendone però l’affidabilità e la rapidità di trasmissione
degli input. A Torino, TIM e Comau hanno mostrato un
braccio controllato in 5G che si muoveva in sync per-
fetto col suo gemello virtuale controllato dall’operatore,
a dimostrazione della latenza infinitesimale della nuova
tecnologia. Ma c’erano anche i droni di Seikey, prodotti
specializzati nell’acquisizione area di dati e nel map-
ping di superfici estese, per non parlare di interessanti
applicazioni in materia di Smart City. Qui le possibilità
sono infinite: abbiamo assistito a una demo relativa
ai sensori del traffico e a quelli pedonali, controllati in
tempo reale da una centrale operativa. olto interessanti,
infine, le potenzialità del 5G per l’impiego da parte delle
forze dell’ordine: ci riferiamo soprattutto alle body-cam,
che paiono determinanti per le attività di controllo del
territorio e prevenzione di attività criminali. Un disposi-
tivo “smart” a tutti gli effetti, anche prima di entrare in
azione: visto che le body cam vengono inserite di notte
nella medesima dock per la ricarica e lo scaricamento
automatico dei filmati, prima di prenderne una l’agente
avvicina il suo badge al lettore e la body-cam più carica
lampeggia. A quel punto il dispositivo viene associato
a una persona, che può iniziare il lavoro. La bodycam
registra e trasmette in tempo reale a una centrale ope-
rativa che “vede” con gli occhi della camera e sa dove
gli agenti sono dislocati sul territorio: in caso di pericolo,
l’agente attiva una specifica funzionalità e la centrale
dovrà decidere in tempi ristrettissimi come reagire, se
inviare rinforzi, suggerire strade alternative o il da farsi
per fronteggiare un pericolo. È chiaro che in casi come
questo, la presenza di una rete affidabile al 100% è vitale:
non saranno magari i 10 millisecondi in più o meno a fare
la differenza, ma l’ipotesi di rimanere senza rete o con
una latenza esagerata deve essere scartata sul nascere.
Il 5G è questo. Ora attendiamo il lancio commerciale, che
è il prossimo vero passaggio.
La persona presente nell’abitacolo non è seduta al posto di guida, la BMW si guida da qui
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Candido ROMANO
Xiaomi Mi Mix 3 è arrivato tra noi, presentato ufficial-
mente a Pechino. Continua il viaggio dell’azienda
cinese per la produzione del suo smartphone “tutto
schermo”, che non cede al notch e che si vanta di un
rapporto schermo/scocca in effetti invidiabile. Con un
display OLED da 6.39 pollici e un rapporto scher-
mo/scocca del 93,4%, Xiaomi Mi Mix 3 porta diver-
se novità, partendo dal meccanismo che regola la
fotocamera.
L’azienda cinese ha infatti risolto l’assenza del
notch questa volta con un meccanismo scorrevole
che di fatto nasconde la fotocamera quando non si
deve usare. Si tratta però di un sistema magnetico e
“non motorizzato” per scongiurare aperture non vo-
lute come potrebbe avvenire sull’Oppo Find X, altro
smartphone in cui si è visto uno slide del genere.
MOBILE Xiaomi Mi Mix 3 porta con sé diverse novità, dal rapporto schermo/scocca migliorato a uno schermo di 6.39” senza notch
Xiaomi Mi Mix 3 è ora ufficiale. 5G, fotocamera scorrevole, niente notch e fino a 10 GB di RAMNel 2019 in Europa arriverà il modello con connettività 5G. L’arrivo in Italia di Mi Mix 3 è previsto per dicembre/gennaio
Un movimento che funziona
con due magneti al neodimio:
lo scorrimento non serve solo
a scattare foto ma a risponde-
re alle telefonate, usarlo per
scorciatoie personalizzabili
e accedere alle app. Sì, allo
scorrimento potranno essere
associati preset di 5 effetti so-
nori, chiamati hit-tech, warrior,
mechanics, intellect e lighter.
Una soluzione che mette in
pensione il compromesso del-
la fotocamera frontale in bas-
so, sotto lo schermo, vista sui
precedenti modelli di Mi Mix.
Questo ha permesso di ridur-
re la cornice di 4,46 millimetri
rispetto al Mi Mix 2S, con un
rapporto schermo/scocca mi-
gliorato del 3,82%. Inoltre il
sistema delle antenne è sta-
to ridisegnato, una soluzione
obbligata dato il poco spazio
dove inserirle. Come si vede
le caratteristiche offrono il meglio attualmente sul
mercato, passando dal processore Snapdragon
845 a una RAM che arriva fino a 10 GB, per una
variante però prevista solo per il mercato cinese. Le
fotocamere in tutto sono 4 ed è supportato anche la
ripresa in slow motion a 960fps, oltre ai video in 4k
a 60fps. Comparto fotocamere che ha ricevuto un
punteggio molto alto su DxOMark, 103 di totale, ma
andranno provate con mano per saggiarne l’effetti-
va bontà. Supporta anche la ricarica Wireless 10W,
con il caricatore incluso in bundle.
Xiaomi Mi Mix 3: prezzi e uscitaIl prezzo parte al cambio da circa 415 euro per la
versione da 6 G e 128 GB di memoria, per poco più
di 500 euro invece ci si porta a casa la versione da
8 GB e 256 GB di memoria interna. La variante da 10
GB arriva con 256 GB di memoria interna al prezzo
circa di 630 euro. Preordini aperti in Cina con dispo-
nibilità dal primo novembre, mentre nel 2019 in Eu-
ropa arriverà il modello con connettività 5G. In Italia
è atteso per dicembre /gennaio e al momento non
conosciamo il prezzo di vendita.
Processore: Qualcomm Snapdragon 845 con GPU Adreno 630Schermo: da 6,39 pollici OLED QHD+ con risolu-zione di 1080 x 2340 pixel, 19,5:9 con rapporto schermo/scoscca del 93,4%, 600 nitRAM: 6/8/10 GB di RAM LPDDR4XMemoria interna: 128/256 GB UFS 2.1Fotocamera posteriore: Sony IMX363 da 12MP f/1.8, pixel da 1,4 micron con Dual Pixel Autofocus insieme alla seconda sempre da 12MP ma f/2.4 e zoom ottico con OIS.Fotocamera frontale: Sony IMX576 da 24MP più una seconda da 2MP megapixelFunzionalità: sblocco facciale 3D Face Unlock, lettore impronte posterioreConnettività: 4G/VoLTE, 5G nel nel primo trimestre 2019, WiFi 802.11 ac dual band, Bluetooth 5.0, GPS, GLONASS, USB Type-C, dual SIMBatteria: 3.850 mAh, ricarica rapida wireless e ricarica rapida cablataSistema operativo: Android 8.1 Oreo MIUI 10Colori: Onyx Black, Jade Green e Sapphire Blue
Xiaomi Mi Mix 3: caratteristiche tecniche
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di M. DI MARCO
M i Mix 3 di Xiaomi arriverà in
Italia a dicembre, ma abbiamo
già potuto vederlo dal vivo per
poter avere una prima impressione del
nuovo top di gamma che raccoglie una
eredità importante. Una prova breve - e
per di più con un modello totalmente
in cinese, software incluso - che ci ha
comunque permesso di fare le prime
valutazioni sul design e anche di scio-
gliere alcuni dubbi riguardanti le fun-
zionalità del dispositivo.
La fotocamera frontale scompare sotto lo schermoMi Mix 3 si fa notare per il design a tutto
schermo: niente tacca, a cui si aggiun-
ge una fotocamera a comparsa con un
meccanismo di scorrimento magnetico,
simile a quello usato dai cellulari dei
tempi andati per far comparire la tastie-
ra. In questo modo la parte superiore è
pulita e lo schermo integrato è più am-
pio rispetto a Mi Mix 2S (6,39” contro i
5,99” del precedente modello).
Qualche “stranezza” va segnalata, in-
vece, per i sensori della fotocamera
posteriore, identici a quelli integrati in
Mi 8, ossia due sensori da 12 mega-
pixel l’uno dove uno è un classico wide
e l’altro un tele 2x. Xiaomi promette
fotografie superiori, e il miglioramen-
to nella qualità finale delle foto non è
dovuto quindi all’hardware rinnovato
ma all’utilizzo di alcuni algoritmi auto-
matici che entrano in funzione durante
lo scatto, inclusa la modalità notte che
ormai adottano tutti.
Nonostante tale novità sia software, e
quindi sulla carta potrebbe essere tra-
sposta anche sui precedenti modelli,
Xiaomi ci ha confermato che i nuovi al-
goritmi fotografici resteranno un’esclu-
siva di Mi Mix 3. “Non è possibile ag-
giornare i vecchi dispositivi” hanno
MOBILE Abbiamo toccato con mano e provato Mi Mix 3, lo smartphone tutto schermo di Xiaomi
Xiaomi Mi Mix 3 è quasi tutto schermo La fotocamera frontale scompare: un meccanismo a scorrimento magnetico cela i sensori
riferito i rappresentanti dell’azienda
quando abbiamo chiesto informazioni
specifiche.
La cornice è ridotta, ma c’è: tutta colpa di un’antennaIl meccanismo a comparsa della foto-
camera frontale ha permesso a Xiaomi
di nascondere il sensore della foto-
camera frontale, che in Mi Mix 2S e
precedenti versioni era stato integrato
nella porzione inferiore, obbligando il
produttore cinese a tenere più alte del
dovuto le dimensioni della cornice. Pur
ridotta di 4 millimetri in Mi Mix 3, la cor-
nice inferiore non è sparita del tutto: al
suo interno, infatti, è inclusa un’anten-
na. “Impossibile da spostare” ha sottoli-
neato Xiaomi quando abbiamo chiesto
lumi. Mi Mix 3 insomma non è davvero
“tutto schermo” e quei pochi millimetri
di cornice rovinano parzialmente un
design che, altrimenti, sarebbe senz’al-
tro praticamente perfetto. Un’occasione
sprecata, secondo noi. C’è poi la que-
stione della compatibilità con la rete
5G. Mi Mix 3 sarà tra i primi dispositivi
che, il prossimo anno, supporteranno
la rete mobile di quinta generazione.
Rimangono molti dubbi, però, sulla co-
pertura di tutti gli aspetti del 5G, che a
oggi non è possibile verificare. L’arrivo
in Italia è previsto per dicembre / gennaio
e al momento non conosciamo il prezzo
di vendita. Nella confezione ci sarà il cari-
cabatterie wireless.
Google: tutte le app che vuoi con l’abbonamento al Play StoreGoogle sta valutando seriamente di offrire ai suoi utenti Android un servizio ad abbonamento per usufruire di un pacchetto di app per un valore di centinaia o migliaia di euro
di Paolo MOLINELLI
Di solito alla gente non piace pa-gare per le App, soprattutto per quelle Android. Per questo motivo Google sta studiando un servizio in abbonamento mensile per usu-fruire di un pacchetto contenente decine di app, per un valore di cen-tinaia di euro, chiamato Play Pass.Lo scopo è quello di convincere sempre più utenti a comprare sul Play Store e di colmare il gap di guadagni con il più proficuo con-corrente App Store di Apple. Non è un segreto che i profitti di quest’ul-timo siano almeno il doppio del cor-rispettivo di Google, nonostante il numero di download sia nettamen-te a favore del Play Store. Alcune indiscrezioni farebbero pensare a questo nuovo servizio, ma la data di lancio non è ancora fissata. An-che perché sorgono dubbi sulla tipologia di abbonamento e quali app inserire al loro interno, che po-trebbero generare favoritismi e/o malumori tra gli sviluppatori che da una parte vedrebbero le loro app spinte da un nuovo servizio, dal al-tra avrebbero guadagni parziali pa-gati direttamente da Google e non dagli utenti finali. Col rischio che la somma riconosciuta da Google sia molto più bassa rispetto a quella dell’abbonamento diretto.Dal punto di vista di Google po-trebbe essere una bella idea; gli utenti pagherebbero più volentieri una quota mensile per usare molte app, altrimenti dispendiose se non corrispondenti alle proprie esigen-ze. Dal punto di vista degli svilup-patori c’è l’incognita di cui sopra: meglio poco da molti o molto da pochi?
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di M. DI MARCO
Come migliorare OnePlus 6, uno
smartphone che, per prestazioni
e prezzo, ci aveva convinto? Ap-
pena ufficializzato dall’azienda OnePlus
6T non rivoluziona, ma introduce alcune
novità che affinano l’offerta sia nel desi-
gn sia nella forma. Un prodotto che non
può essere definito “nuovo”, anzi sono
tantissimi i punti in comune con OnePlus
6, ma che rappresenta comunque un’in-
teressante evoluzione del precedente
top di gamma. La novità più rilevante è
anche quella che è stata più chiacchie-
rata negli ultimi mesi: il lettore d’impronte
è integrato sotto lo schermo. Ciò è stato
possibile anche salutando il jack da 3,5
mm: per l’audio bisogna optare tra wire-
less o USB C. I vantaggi di avere questa
porta per l’audio, secondo OnePlus, non
giustificavano più la sua presenza. To-
gliere il jack ha permesso di allargare lo
schermo, inserire una batteria più grande
e introdurre, appunto, il sistema di rico-
noscimento biometrico sotto il pannello.
Una tecnologia a cui OnePlus ha lavorato
sin dai tempi del 5T, ma che soltanto ora
è riuscita a implementare in modo soddi-
sfacente in uno smartphone.
Schermo più grande, addio modello da 64 GBLo schermo passa dai 6,28 pollici di
OnePlus 6 a 6,4 pollici (2340x1080, 402
ppi), sebbene il dispositivo mantenga
le stesse dimensioni generali. Merito
anche di una tacca più piccola - con
una forma a goccia - rispetto a quella
di OnePlus 6, tacca sotto la quale sono
integrati il sensore della fotocamera
frontale da 16 megapixel, l’altoparlante
MOBILE Nessun distacco netto da OnePlus 6, ma è comunque un’interessante evoluzione
OnePlus 6T: tacca più piccola, prezzo più alto. Il lettore d’impronte è sotto lo schermoOnePlus 6T non rivoluziona, ma introduce novità che affinano l’offerta nel design e nella forma
e il sensore RGB.
Sotto la scocca l’hardware non
presenta sostanziali novità ri-
spetto a OnePlus 6: il proces-
sore resta lo Snapdragon 845,
affiancato da 6 o 8 GB di RAM. Il
taglio di memoria minimo sale a
128 GB (fuori, quindi, il modello
da 64 GB) e si sale fino a 256
GB. La batteria ha una capacità
di 3.700 mAh, più grande di quella inte-
grata in OnePlus 6.
Una caratteristica inedita di OnePlus 6T
è Smart Boost, che migliora fino al 20%
la velocità d’avvio a freddo delle appli-
cazioni, memorizzando i dati delle ap-
plicazioni utilizzate più frequentemente
nella RAM del dispositivo.
Fotocamera, arriva la modalità NotteLa fotocamera posteriore si affida nuo-
vamente a due sensori, il primo da 16
megapixel con apertura f/1,7 e stabiliz-
zatore ottico e il secondo da 20 mega-
pixel (f/1,7). La principale novità riguarda
il software: anche in OnePlus 6T, come
già visto nei recenti top di gamma
Huawei e in Google Pixel 3, è stata in-
trodotta una moda-
lità Notte (chiamata
Nightscape), che
migliora le fotogra-
fie in condizioni di
scarsissima lumi-
nosità. Inoltre sarà
presente una moda-
lità Studio Lightning,
una funzione messa
a punto per ricono-
scere i volti e rego-
lare l’illuminazione
simulando l’illumi-
nazione professionale.
Le fotocamere posteriori registrano
video fino alla risoluzione 4K a 60 fo-
togrammi al secondo, con un’opzione
Super Slow Motion a 1080p/240fps o
720p/480 fps. Aver tolto il lettore d’im-
pronte dalla scocca posteriore ha dato
maggiore simmetria al retro di OnePlus
6T; i sensori della fotocamera, il flash e
il logo OnePlus sono disposti in modo
ordinato. Piccoli dettagli che nell’eco-
nomia generale fanno la differenza. La
scocca posteriore è interamente realiz-
zata in vetro. Solo due le colorazioni di-
sponibili: Midnight Black e Mirror Black,
il primo opaco e il secondo lucido.
Confermato l’aumento di prezzo. Disponibile dal 6 novembreOnePlus 6T sarà venduto sul sito ufficia-
le e, per la prima volta, nei punti vendita
MediaWorld dal 6 novembre. Si parte da
559 euro e si sale fino a 639 euro. Con-
fermato il rialzo del prezzo rispetto alla
scorsa generazione.
Nel dettaglio i prezzi sono così configu-
rati: Mirror Black con 6 GB di RAM e 128
GB di memoria a 559 euro; Mirror Black
e Midnight Black con 8 GB di RAM e 128
GB di memoria a 589 euro e Midnight
Black con 8 GB di RAM e 256 GB di me-
moria a 639 euro.
FlexiPai, il primo smartphone pieghevole e super potente, ma a cosa serve?Lo smartphone, prodotto dalla cinese Rouyu, è il primo al mondo a piegarsi completamente e il primo a montare il nuovo SoC Qualcomm Snapdragon 8150 a 7 nanometri di F. AQUINI
Alla fine l’hanno fatto, lo smartpho-ne pieghevole. Si chiama FlexiPai, è prodotto dalla cinese Rouyu Te-chnology e misura 7,8 pollici con un display in formato 4:3. Poi però si può piegare a metà trasforman-dosi in uno smartphone da 4 polli-ci. FlexiPai è anche sottile. Misura infatti 7.6mm da aperto e da chiu-so, ovviamente, il doppio. Interes-sante anche l’hardware, sul quale si apre un piccolo mistero. Duran-te la presentazione si è parlato di un SoC Qualcomm a 7 nanometri, ma attualmente l’unico che corri-sponde a questa caratteristica è lo Snapdragon 8150. Cosa c’è di strano? Semplicemente il fatto che sarebbe il primo dispositivo a mon-tarlo, ma staremo a vedere.Accanto al processore trovano posto tre configurazioni diverse: 6GB di RAM con 128GB di archi-viazione, 8GB con 256GB e 8GB con 512GB. n più ci sarebbe una ri-carica rapida proprietaria, denomi-nata Ro-Charge, che garantirebbe l’80% di ricarica in un’ora. Il prez-zo? Al cambio circa 1.136 euro. La domanda sorge quindi spontanea: a cosa servirà? A dirlo sarà, come sempre, il mercato.
torna al sommario 11
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di M. DI MARCO
L ’Italia si posiziona al quintultimo
posto della classifica di OpenSignal
delle esperienze video in streaming
in Europa. Il risultato italiano è comunque
sufficiente per rientrare nella fascia “Buo-
no”, con un punteggio di 57,2 punti. Un
punteggio superiore a quello di Romania,
Polonia, Irlanda e Francia, ultimissima con
53,9 punti, ma inferiore ai nostri “vicini” di
Germania, Austria, Portogallo e Spagna.
La migliore in Europa per esperienza
video mobile in streaming è la Repub-
blica Ceca con un punteggio di 68,5. Il
punteggio “tiene conto del tempo di ca-
ricamento dei video, dei tempi di attesa
durante la riproduzione video e la qualità
dell’immagine”. Analizzando il dettaglio
dei dati relativi ai singoli operatori italiani,
vengono parzialmente rivisti gli equilibri
registrati nella classifica legata alle pre-stazioni della rete mobile: TIM regna con
un punteggio medio di 64,21 punti, se-
guita da Vodafone (60,38) e Iliad (53,85).
Chiudono il cerchio Tre (51,34) e Wind
MOBILE L’analisi OpenSignal sullo streaming video da mobile premia l’Europa. Italia quintultima
Situazione streaming video su rete mobile Dopo TIM e Vodafone, c’è la sorpresa IliadTra gli operatori trionfano TIM e Vodafone e Iliad supera Wind e Tre per esperienza video
(48,70), ultima. Soltanto TIM e Vodafone
rientrano nella fascia “Buono”; gli altri tre
operatori invece sono sufficienti. In gene-
rale l’Europa si è comportata molto bene
nel test di OpenSignal sui video in strea-
ming sotto rete mobile, battendo anche
l’Asia orientale: sei Paesi europei si sono
posizionati nella top 10 mondiale.
OpenSignal: per i video la velocità di scaricamento non è tuttoPur avendo ottenuto risultati peggiori di
Wind nella gara della velocità media di
scaricamento sotto rete 4G, prendendo
in esame lo streaming video da rete mo-
bile Iliad ha raggiunto un risultato miglio-
re. “Ciò riflette un fenomeno più ampio
- ha specificato Peter Boyland di Open-
Signal - che abbiamo osservato secondo
cui velocità più alte non equivalgono
necessariamente a una paritaria espe-
rienza video”. In una precedente analisi OpenSignal aveva infatti specificato che
“la velocità di rete non è l’unico fattore
determinante nell’esperienza video”
e che anche “la latenza e la resilienza
della connessione dei singoli operato-
ri” influenzano il risultato dei video in
streaming sotto rete mobile.
MOBILE OnePlus ha collaborato con Qualcomm per eseguire con successo il test della rete 5G
OnePlus pronta per il 5G: primo smartphone nel 2019Carl Pei, co-fondatore di OnePlus: “Saremo tra le prime aziende in tutto il mondo a farlo”
di Massimiliano DI MARCO
Anche OnePlus sale a bordo della
nave del 5G. L’azienda cinese ha
stabilito con successo la connessio-
ne 5G lavorando insieme a Qualcomm,
collaborazione forgiata già nel 2017. L’an-
nuncio è arrivato nel corso del Qualcomm
45/5G Summit di Hong Kong. “OnePlus è
da sempre all’avan-
guardia nella tecnolo-
gia e nell’innovazione:
speriamo di continua-
re a superare i limiti
esistenti e di essere i
primi a mettere in com-
mercio un telefono che
supporti il 5G” è stato il
commento di Carl Pei,
co-fondatore di One-
Plus. I lavori legati al
5G del reparto Ricerca & Sviluppo della
società cinese su OnePlus sono partiti nel
2016. La società sta studiando la connet-
tività 5G in un momento in cui si inizia a
parlare di dispositivi che supporteranno
la quinta generazione di reti mobile. Non
sarà OnePlus 6T lo smartphone attraver-
so il quale l’azienda cinese debutterà con
un dispositivo 5G, ma Pei ha anticipato
Cristiano Amon, presidente di Qual-comm, (a sinistra) e Carl Pei, co-fondatore di OnePlus, al Qualcomm 4G/5G Summit
che il prossimo anno OnePlus lancerà
uno smartphone con connettività 5G e
sarà tra le primissime aziende in tutto il
mondo a farlo. Quest’anno potremmo,
invece, vedere già uno smartphone 5G
prodotto da Xiaomi, che nelle prossime
settimane potrebbe lanciare sul merca-
to uno smartphone Android compatibile
con la rete 5G: il Mi Mix 3.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingMaria Chiara Candiago
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
Per la pubblicità[email protected]
MAGAZINE
MAGAZINE
MOBILE
OnePlus 6T da MediaWorld: per la prima volta OnePlus sbarca nei negoziPer la prima volta OnePlus arriva in negozio, dopo 5 anni di vendite online. Una scelta che farà crescere la quota di questo piccolo ma validissimo player del settore della telefonia. I dispositivi premium OnePlus saranno in vendita nei negozi italiani grazie a una partner-ship con MediaWorld. A partire dal 6 novembre, il nuovo modello OnePlus 6T sarà disponibile in tutti i 115 punti vendita della catena su tutto il territorio nazionale. È presumibile vedere, oltre al nuovo flagship, anche altri modelli. «Siamo entusiasti di portare per la prima volta i nostri prodotti nei negozi italiani grazie a un’eccellenza come MediaWorld. Questa partnership ci permette di rendere i nostri prodotti accessibili alla nostra community, ovunque si trovi sul territorio nazionale, e di far scoprire il brand a un pubblico italiano più ampio», ha dichiarato Carl Pei, co-fondatore di OnePlus.
torna al sommario 12
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Gaetano MERO
È ora disponibile in Italia Motorola
One, lo smartphone con a bordo
Android stock e un design che ri-
corda da vicino iPhone X, proposto con
un prezzo di listino aggressivo pari a
299 euro. È il primo esemplare proget-
tato dallo storico brand americano, di
proprietà di Lenovo, dotato di notch e
Intelligenza Artificiale. Il display è un IPS
MOBILE Motorola One è in vendita con un prezzo di listino aggressivo pari a 299 euro
Motorola One è ora in vendita in Italia Sembra l’iPhone, ma costa 4 volte menoUno smartphone dotato di Android stock, Intelligenza Artificiale e display con tacca
LCD da 5,9 pollici con
risoluzione HD+ (720 x
1520 pixel) e rapporto
19:9, la tacca abbraccia
la capsula auricolare e
la selfie camera da 8
MP. Sul retro si trovano
la doppia fotocame-
ra da 13+2 MP dotata
flashLED e il sensore
di impronte.
Il sistema è gestito dal
processore octa-core Snapdragon 625
di Qualcomm, a cui si aggiungono 4GB
di RAM e 64GB per l’archiviazione inter-
na. Il comparto fotografico comprende
le funzioni avanzate offerte da Google
Lens e dall’AI che consentono ad esem-
pio di riconoscere testi, cercare ricette,
tradurre da altre lingue. Il logo Android
One garantirà agli utenti aggiornamenti
con cadenza mensile delle patch per al-
meno 36 mesi, aumentando il livello di
sicurezza e stabilità del sistema.
Motorola One è equipaggiato con una
batteria da 3.000 mAh che, secondo il
produttore, garantisce un’intera gior-
nata di autonomia. In dotazione anche
il caricabatterie turbopower il quale rie-
sce ad assicurare allo smartphone 6 ore
di funzionamento con soli 20 minuti di
ricarica. Motorola One è già in vendita
su Amazon, nella versione Dual SIM con
colorazione Ceramic Black e cover pro-
tettiva inclusa.
di M. DI MARCO
D al 31 ottobre la maggior parte de-
gli utenti Kena potranno passare
gratuitamente alla rete 4G. Fino a
oggi, infatti, la connessione 4G (limitata
in realtà a 30 Mbis in scaricamento e a
MOBILE Kena estende a tutti i suoi utenti la possibilità di connettersi alla rete 4G Basic di TIM
Kena, rete 4G ai vecchi utenti dal 31 ottobre Ma il passaggio non vale per tutte le offerte L’adozione estesa della rete 4G è un importante passo avanti per l’operatore virtuale
5,7 Mbis in caricamento)
era riservata alle offerte
più recenti; dal 31 ottobre
sarà sbloccata anche per
gli altri utenti. Ci sono però
alcune specifiche da tene-
re da conto. Innanzitutto lo
sblocco automatico della
rete 4G sarà disponibile
soltanto per gli utenti che
hanno sottoscritto un abbonamento
con Kena entro il 9 ottobre, come visibi-
le nel video ufficiale condiviso sui social
network. Coloro che hanno sottoscrit-
to un abbonamento a un’offerta Kena
dopo il 9 ottobre dovranno per forza
cambiare offerta se sono interessati alla
rete veloce. Inoltre sono emersi ulterio-
ri dettagli: soltanto chi ha sottoscritto
un’offerta con costo mensile di almeno
8 euro potrà usufruire del passaggio
automatico al 4G; tutti gli altri, invece,
dovranno telefonare al 40181 oppure
usare il sito ufficiale o l’applicazione
dedicata e richiedere lo sblocco della
rete 4G. L’adozione estesa della rete
4G anche per Kena, in ogni caso, è un
importante passo avanti per l’operatore
virtuale, che opera su rete TIM. La bat-
taglia commerciale delle tariffe a basso
costo - che comprende anche Iliad e Ho
- si fa sempre più intensa e ricca.
iPhone Xs, con iOS 12.1 addio “filtro bellezza” per i selfie: è colpa di un bugiPhone Xs scatta selfie troppo “belli”? Niente del genere: il sistema di Smart HDR sbaglia a scegliere il fotogramma a cui implementare l’HDR. Con l’aggiornamento a iOS 12.1 Apple promette che sarà tutto risolto di Massimiliano DI MARCO
È stata tutta colpa di un bug. Così l’aggiornamento a iOS 12.1 risol-verà il “filtro bellezza” applicato ai selfie di iPhone Xs e Xs Max, che comportava, per esempio, pelli troppo lisce. Fotografie che hanno dato il via a un “beautygate”, in quanto molti ritenevano che Apple avesse in-trodotto un filtro automatico na-scosto per far apparire migliori i selfie scattati dalla fotocamera frontale dei suoi smartphone.Apple ha invece riferito a The Verge che si tratta di un bug. Nello specifico è coinvolto il si-stema automatico di Smart HDR, che sbaglia a selezionare il foto-gramma a cui applicare l’effetto. Quando applicato ai selfie il si-stema basa l’implementazione dell’HDR su un fotogramma a lunga esposizione anziché un fotogramma catturato con un tempo di esposizione inferio-re. Al tempo di esposizione più lungo del previsto va aggiunta l’assenza di stabilizzatore otti-co nella fotocamera frontale di iPhone Xs. Il risultato finale di questa com-binazione? I selfie escono più mossi e ciò significa che qualche dettaglio viene naturalmente perso nei selfie. Insomma, l’ef-fetto finale non sarebbe voluto, motivo per il quale Apple correg-gerà il tiro. Una situazione desti-nata a risolversi non appena iOS 12.1 sarà disponibile.
torna al sommario 13
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di M. DI MARCO
Con una porta USB C e la potenza
del nuovo A12X Bionic, viene qua-
si da pensare che i nuovi iPad Pro
possano fare concorrenza ai MacBook:
più versatili, più portatili e più conve-
nienti rispetto a un portatile Mac.
L’adozione della porta USB C è il primo
segnale - un altro segnale - della ferma
volontà di Apple di proporre iPad Pro
come un vero sostituto di un laptop. Ora
si collega senza adattatori a fotocame-
ra, schermi, notebook e smartphone di
ogni tipo.
L’addio al tasto Home, ampiamente pre-
visto, ha permesso agli ingegneri Apple
di ampliare lo schermo della versione
da 10,5” e portarlo fino a 11”. Niente
cambia, invece, per lo schermo della
versione da 12,9”, che riduce, però, le
dimensioni generali del dispositivo.
Lo sblocco ora passa attraverso il Face
ID che, sui nuovi iPad Pro, non ha si-
gnificato introdurre una tacca: i sensori
sono sotto le cornici superiori, più sottili
rispetto alla precedente generazione.
Tutte le novità annunciate da Apple
sono finalizzate alla produttività; poco
spazio è stato dedicato all’intratteni-
mento durante l’evento di presenta-
zione. Così la nuova Apple Pencil può
essere ricaricata senza fili quando è ag-
ganciata all’iPad Pro, grazie a un siste-
ma magnetico che ricorda tanto quelli
dei Surface Pro di Microsoft.
C’è anche più spazio d’archiviazione:
i nuovi iPad Pro arrivano fino a 1 TB.
Dispositivi, insomma, configurati per
l’utilizzo lavorativo, che diventa ancora
più credibile alla luce di Photoshop in
versione completa su iOS, come aveva
MOBILE Apple alza il tiro per gli iPad Pro, sempre più vicini (anche nel prezzo) ai MacBook
Nuovo iPad Pro, via il jack audio, sì a USB C e Face ID. Un notebook nella pelle di un tabletIntroduce l’USB C, il Face ID e migliora il design, ora senza cornice. In Italia si parte da 899 euro
già annunciato Adobe nelle scorse set-
timane.
Prezzi al rialzo, ma resta iPad Pro da 10,5”Più potenza, design migliorato, maggio-
re versatilità hanno un costo. Si parte da
899 euro per iPad Pro da 11 pollici con
64 GB di memoria integrata e si sale a
1.119 euro per avere la versione da 12,9
pollici. Per 1 TB di memoria servono al-
meno 1.949 euro e senza connettività
LTE. Restano in catalogo iPad Pro da
10,5”, che non viene aggiornato nel-
l’hardware (è basato sull’A10X), a 739
euro e iPad 9,7” a 359 euro.
I nuovi iPad Pro propongono prezzi im-
portanti, ma per un prodotto che ormai
è sempre più difficile catalogare come
“tablet”: sono strumenti a tutto tondo,
sempre più pensati per sostituire (per
davvero) un notebook.
In quest’ottica vanno considerati i costi
degli accessori che rappresentano il
vero “ponte” tra tablet e notebook: 135
euro per Apple Pencil e 199 o 219 euro
(dipende dal modello di iPad Pro) per
Smart Keyboard Folio. Per rendere iPad
Pro un vero notebook, insomma, servo-
no almeno 1.098 euro (per il modello da
11 pollici). L’USB C è un passo significa-
tivo nella giusta direzione, ma servono
altre app che, come Photoshop, per-
mettano un’esperienza completa senza
i compromessi di un sistema operativo
mobile. E Apple, lo sappiamo, ci sta la-
vorando.
WhatsApp come Telegram e Messenger: arrivano gli adesivi su Android e iOSWhatsApp ha annunciato ufficialmente l’arrivo degli adesivi sul proprio servizio. Gli utenti Android e iOS potranno scaricare e scambiarsi adesivi al posto delle classiche emoji
di Gaetano MERO
A circa dieci anni dal debutto, dopo aver letteralmente rivoluzio-nato il settore della messaggistica, WhatsApp annuncia ufficialmente l’arrivo degli adesivi sulla propria piattaforma. Una funzionalità am-piamente richiesta e desiderata dagli utenti più giovani e che alcu-ne app rivali, tra cui Messenger e Telegram, offrono ormai da tempo. Gli adesivi sono pronti dunque a invadere le conversazioni di tutti i giorni, rendendo di colpo le clas-siche emoji obsolete. Inizialmen-te saranno disponibili pacchetti di adesivi creati dai designer di WhatsApp e una selezione di ade-sivi disegnati da altri artisti, che dovranno essere installati tramite l’applicazione principale.Per designer e sviluppatori, che intendono creare applicazioni di adesivi per WhatsApp su Android e iOS, la società ha reso disponi-bile una serie di API e interfacce dedicate. Chiunque potrà pub-blicare la propria applicazione di adesivi sul Play Store di Google o sull’App Store di Apple, dopodiché gli altri utenti potranno scaricarla e cominciare a inviare gli adesivi direttamente da WhatsApp. Per in-viare gli adesivi durante una chat basterà toccare il tasto dedicato e selezionare lo sticker desiderato. È possibile aggiungere nuovi pac-chetti di sticker toccando l’icona “+”. La funzionalità sarà disponi-bile gradualmente su Android e iPhone nel corso delle prossime settimane.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Franco AQUINI
D urante l’evento Apple, tra i tanti (e
attesi da tempo) dispositivi aggior-
nati, è stato dato il via all’aggiorna-
mento del sistema operativo di iPhone e
iPad: iOS 12.1. Un aggiornamento minore,
vista il rilascio recente dei iOS12, ma che
porta con sé novità importanti, sopratutto
per chi ha appena acquistato un nuovo
iPhone Xs o XR.
Finalmente chiamate FaceTime di gruppoSi scrive “chiamata FaceTime di gruppo”,
si legge videoconferenza. Con questo
aggiornamento di iOS infatti si possono
aggiungere diverse persone a una chia-
mata video FaceTime. Fino a qui nulla di
nuovo, se non fosse che a distinguere le
novità introdotte da Apple sono sempre
le modalità.
FaceTime di gruppo avrà un sistema in-
telligente che metterà in evidenza (quin-
di con un riquadro più grande) gli utenti
che parlano di più e che quindi meritano
più importanza all’interno del mosaico di
avatar. Per distinguere la persona da met-
tere in evidenza si baserà sulla durata di
quello che dice, sul volume e persino sui
movimenti. Inoltre si potranno usare gli
stessi sticker e filtri già visti su iMessage e
in più, questa non di certo una funzionalità
pensata per chi lo userà per lavoro, ci si
potrà presentare agli altri con la propria
Animoji o Memoji.
Nuove Emoji per tutti Nonostante vengano liquidate
puntualmente con una smorfia di
sufficienza, le nuove Emoji sono
MOBILE 12.1 di iOS abilita molte delle funzionalità mostrate alla presentazione di iPhone Xs e XR
iOS 12.1 è qui: Facetime di gruppo, nuove emoji e super ritratti. C’è la Dual Sim ma non in ItaliaSi completano così le promesse del nuovo sistema operativo non presenti al lancio di iOS12
in realtà tra le novità più utilizzate e pun-
tualmente vengono aggiornate versione
dopo versione. In questo iOS 12.1 ce ne
sono 70 nuove di zecca, fra cui personag-
gi con i capelli rossi, ricci, grigi e comple-
tamente calvi. Non mancano poi nuove
Emoji che riguardano lo sport, i viaggi e
gli animali. Insomma, se vi piace espri-
mervi tramite Emoji, ora avrete 70 oppor-
tunità in più.
La fotocamera: arriva il pieno controllo della profonditàDurante la presentazione dei nuovi iPho-
ne è stata mostrata la possibilità di varia-
re con un dito la profondità di campo, in
modo da sfocare più o meno lo sfondo
nei ritratti, ovvero il cosiddetto effetto
bokeh. Una funzionalità che, seppur pre-
sentata al lancio dei nuovi telefoni, non
è stata resa disponibile da subito. Ora è
stata finalmente im-
plementata anche a
livello software. iOS
12.1 introduce il con-
trollo tramite il quale
è possibile, spostan-
do una rotella gialla verso destra o verso
sinistra, modificare il livello di sfocatura
(ovvero di profondità di campo).
Un supporto completo alla Dual-Sim, ma in Italia ancora niente Infine una delle novità più controverse.
Presentata come l’arrivo del dual-sim su
iPhone, è stata in realtà una novità a metà
visto che, almeno in occidente, si tratta
di una SIM fisica e una eSIM, ovvero una
SIM virtuale. In occidente perché, al con-
trario, le versioni cinesi dei nuovi iPhone
Xs e XR hanno la doppia SIM fisica. Al-
l’inizio si è detto che in Italia la doppia
SIM non sarebbe stata supportata, ma il
recente ingresso di Vodafone Italia nel ri-
stretto cerchio degli operatori compatibili
con la eSIM presente su Apple Watch 4
ha riacceso le speranze. iOS 12.1, in ogni
caso, le supporta pienamente entrambe
e chi pensava che la seconda SIM fosse
adatta soltanto ai dati cellulari, quindi a
un uso prettamente business per chi
si muove spesso, dovrà ricredersi. La
tecnologia è quella della Dual Sim Dual
Standby, quindi con entrambe le SIM
sarà possibile inviare e ricevere chiama-
te, messaggi e utilizzare i dati.
iOS 12.1, in altre parole, è stato pensato
principalmente per abilitare una serie di
funzionalità di iPhone Xs, Xs Max e Xr.
Presentate ma non ancora disponibili al
lancio. Tuttavia godranno delle novità
anche parecchi possessori delle vec-
chie edizioni di iPhone, soprattutto per
quanto riguarda FaceTime e le Emoji.
L’aggiornamento a iOS 12.1 è già pronto
per il download.
WatchOS 5.1 rende inutilizzabili alcuni Apple Watch, e Apple ritira l’aggiornamentoDopo diverse segnalazioni di inattesi malfunzionamenti, Apple ha ritirato temporaneamente l’ultima versione di WatchOS, la versione 5.1
di Matteo SERVADIO
Dopo che in agosto Apple aveva deciso di bloccare la diffusione di iOS 12 Beta 7 per i troppi problemi, è ora il turno di watchOS 5.1 che viene richiamato a Cupertino in seguito alle diverse segnalazioni di anomalie causate dall’aggior-namento. Il rilascio dell’ultima ver-sione di watchOS arrivava di pari passo con iOS 12.1, e portava con sé il pacchetto di 70 nuove emoji, group FaceTime audio e nuove watch face. Non l’app per l’elettro-cardiogramma per il Series 4, non ancora almeno. Sfortunatamente dopo il rollout sono giunte segna-lazioni di Apple Watch bloccati per ore sulla schermata di avvio duran-te il processo di installazione. Appa-rentemente i dispositivi avrebbero scaricato correttamente watchOS 5.1, per poi bloccarsi nell’installare il firmware. Al momento non ci sareb-bero soluzioni immediate al proble-ma (che parrebbe essere limitato agli Apple Watch Series 4) se non quella di rivolgersi direttamente all’azienda, nel caso vi troviate nel-la stessa situazione. E per chi non avesse ancora installato l’aggiorna-mento ci sarà da attendere ancora un po’, in attesa che Apple sciolga il nodo e rilasci una versione non compromessa.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
A lungo Samsung ha tenuto banco
mantenendo il jack da 3,5 mm per
le cuffie. Galaxy S10 potrebbe cam-
biare tutto in quanto l’azienda starebbe
testando un prototipo del prossimo top di
gamma Samsung privo della porta jack da
3,5 mm. Il candidato chiamato a sostituire
il jack potrebbe essere l’USB C, sebbene
Samsung potrebbe spingere la vendita
dei suoi auricolari wireless Gear Icon X.
Lo ha riportato Bloomberg, dettagliando
ulteriori novità che potrebbero travolgere
Samsung Galaxy S10.
Come abbiamo già riportato, Samsung
integrerà probabilmente il lettore d’im-
pronte digitali sotto lo schermo, anche se
è possibile che farà molto di più. Secondo
Bloomberg l’azienda coreana proporrà
MOBILE Samsung sta già sperimentando un prototipo privo della porta jack da 3,5 mm
Niente jack da 3,5 mm per Galaxy S10? Per lo smartphone pieghevole ci vuole tempoC’è ancora da attendere per lo smartphone pieghevole, ma a novembre l’azienda ne parlerà
anche una fotocamera frontale “visibile,
ma incastrata nello schermo”, sebbene i
dettagli di tale applicazione non sia chia-
ri. Sul retro, invece, spazio a tre sensori
per la fotocamera principale, che per la
linea top di gamma sarebbe una carat-
teristica inedita, sebbene recentemente
Samsung si sia spinta fino a quattro sen-
sori per Galaxy A9. Si parla, poi, di uno
schermo OLED curvato da 5,8”. Oltre a
Galaxy S10 e S10+ (la cui diagonale dello
schermo non viene citata) Samsung po-
trebbe commercializzare anche un terzo
modello più economico privo del lettore
d’impronte integrato nello schermo e
del pannello OLED curvato. Tale terzo
modello sarebbe pensato soprattutto
per fare concorrenza diretta a produttori
come Huawei e Oppo, che in Cina, il più
grande mercato mobile al mondo, sono i
marchi dominanti.
Smartphone con schermo pieghevole, Samsung ci sta ancora lavorandoDa anni si parla ormai di uno smartphone
firmato Samsung con schermo pieghevo-
le, attualmente noto internamente con il
nome di “Winner”. Le sfide tecnologiche,
d’altronde, sono molte, soprattutto legate
al fatto che oltre allo schermo anche il re-
sto dei componenti - dal processore alla
batteria - deve adeguarsi al design pie-
ghevole. Ci sono molti rischi e molte dif-
ficoltà. Alla Developers Conference di no-
vembre Samsung potrebbe mostrare un
altro concept, sebbene molto dettagliato
e con la descrizione delle caratteristiche
e delle funzionalità dello smartphone; sì,
nessun modello funzionante nemmeno
quest’anno. Ciò perché, secondo Bloom-
berg, la società starebbe ancora valutan-
do, per esempio, attorno a quale asse
(orizzontale o verticale) far piegare lo
schermo. Uno dei design citati è molto si-
mile ai cellulari a conchiglia: chiuso ha uno
schermo da 4”, mentre aperto si allunga
in verticale. Lo smartphone non include-
rebbe il lettore d’impronte integrato nello
schermo a causa di difficoltà tecnologi-
che intrinseche negli schermi pieghevoli.
Restano validi i dubbi sulla longevità dello
schermo pieghevole. L’attuale modello in
sviluppo resiste a 200.000 piegamenti,
ma nella produzione di massa potrebbe-
ro insorgere problemi precedentemente
non considerati, che potrebbero limitare
la durabilità del dispositivo.
Qualcomm Snapdragon 675, tripla fotocamera e gaming spinto sugli smartphone di fascia mediaIl colosso americano getta benzina sul fuoco dell’intelligenza artificiale e della proliferazione delle fotocamere. Lo Snapdragon 675 spinge anche con il gaming di M. SPASIANOQualcomm ha svelato il nuovo SoC che andrà a rimpolpare la famiglia Snapdragon nella fascia medio-alta. Si tratta dello Snapdragon 675 con processo produttivo a 11 nano-metri, con cui Qualcomm porterà funzionalità che erano prerogativa esclusiva dei processori di fascia più alta ad un prezzo più accessi-bile. Sulla carta, non si fa mancare nulla: AI Engine, lo Spectra 200 ISP, la CPU con architettura Kryo 460 ed una GPU Adreno 612. In so-stanza, però, il colosso americano si è focalizzato su tre aspetti: l’intel-ligenza artificiale, la fotocamera e il gaming. Per il primo, è chiaramente l’AI Engine con architettura multi-core a fare la differenza. I campi di applicazione sono molteplici e van-no dal supporto nella fotografia, al miglioramento del riconoscimento della voce dell’utente, passando per l’ottimizzazione dell’autono-mia. A proposito di fotocamera: lo Snapdragon 675 è il primo SoC a supportare nativamente una con-figurazione con tripla fotocamera (frontale o posteriore). Chicca fina-le: lo Snapdragon 675 supporta la ripresa di clip video a rallentatore senza limiti di durata (ma solo in HD). Infine, l’azienda ci ha tenuto a mettere in luce i progressi fatti nel gaming. I primi dispositivi con “Snapdragon 675 Inside” debut-teranno nel primo quarto dell’anno venturo.
Galaxy S9 potrebbe essere l’ultimo top di gamma Samsung a integrare il jack da 3,5 mm
Ambassador Samsung usa iPhone in TV. Rischia 1,5 milioni di euroKsenia Anatolyevna Sobchak è una giovane celebrità russa: conosciuta come attrice, giornalista e perso-naggio politico, viene per questo considerata la “Paris Hilton” di Russia, ed è anche brand ambassador di Samsung Mobile. Proprio questa sua ultima attività potrebbe costarle circa 1,5 milioni di euro dato che, durante una intervista televisiva, è stata vista utilizzare niente di meno che un iPhone X, affronto che i coreani non hanno assolutamente perdonato. Del resto la Sobchak, come altre celebrità, è sotto contratto con Samsung e ben pagata per utilizzare uno smartphone del brand coreano, quindi gli etremi per una causa e una richiesta di risarci-mento ci sono tutti, anche se finora la cifra dichiarata è solo una speculazio-ne di AppleInsider. Ad oggi, nessun rappresentante di Samsung o della Sobchak ha commentato o lasciato dichiarazioni in merito.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di R. PEZZALI
T itolo forte, lo sappiamo, ma è quello
che è successo in questi mesi a de-
cine di utilizzatori dell’applicazione
Eurosport su iPhone. Mentre utilizzavano
l’app regolarmente scaricata dall’AppSto-
re per leggere le notizie, molti utenti si
sono visti consegnare un SMS di attivazio-
ne di servizi a pagamento con il classico
costo di 5 euro a settimana. Servizi inutili,
soldi rubati ad utenti ignari.
La cosa colpisce, perché le parti in gio-
co sono Apple e Eurosport. La prima è
maniacale nel controllo dello store e dei
contenuti presenti, ma questa cosa è sicu-
ramente sfuggita: le recensioni pubblica-
te dagli utenti sulla pagina dell’AppStore
sono chiare.
Nessuno incolpa Apple, ma è evidente
che l’app arriva dallo store ufficiale. Apple
tuttavia in questa vicenda è parte “lesa”:
la reputazione dello store viene danneg-
MOBILE Usando l’app di Eurosport su iPhone si attivano senza volere servizi a pagamento
L’app di Eurosport “mangiasoldi”: attiva da sola servizi a 5€ a settimana su iPhone Le aziende coinvolte, Apple e Discovery, si sono subito attivate per risolvere il problema
giata dalla presenza di una applicazione
di terzi che si appropria dei dati degli
utenti e sottoscrive in autonomia servizi a
pagamento indesiderati.
Dall’altra parte c’è Eurosport, gruppo Di-
scovery: l’app è di proprietà di Eurosport,
che è la responsabile di quello che viene
fatto dall’applicazione. Come è possibile
tutto questo? Abbiamo ovviamente con-
tattato sia Apple che Discovery, e come
spesso accade in queste situazioni nes-
suno era al corrente della cosa. Nessuna
delle due aziende ha voluto rilasciare una
dichiarazione, ma sappiamo per certo
che entrambe si sono attivate per risolve-
re la questione. Il problema, da quanto
abbiamo capito, sono i circuiti pubblicitari
con annunci che spesso non vengono
controllati. Un po’ come capita su molti
siti dove, navigando da smartphone e
cliccando su qualche banner, si attivano
gli abbonamenti ai servizi a pagamento.
Nel caso dell’app di Eurosport questo ac-
cade senza cliccare alcun banner, sempli-
cemente leggendo e sfogliando le news:
se sulla pagina viene mostrata una pub-
blicità “trappola” all’ignaro lettore viene
attivato l’abbonamento e inviato l’SMS,
sempre che non siano stati bloccati i
servizi a pagamento facendone richiesta
esplicita all’operatore. L’operatore è l’ulti-
mo nodo della questione, perché questo
senza il suo benestare non potrebbe mai
accadere: per poter mandare l’SMS di at-
tivazione chi gestisce la pubblicità deve
conoscere il numero dell’utente e questi
servizi si attivano solo se si sta usando la
rete 3G o 4G e solo con alcuni operatori.
Nel caso degli utenti colpiti dall’app Eu-
rosport, c’è anche un nostro redattore,
l’operatore che ha permesso l’attivazione
è stato Wind Tre. Speriamo ovviamente
che la questione si risolva al più presto, e
che in qualche modo le persone coinvol-
te vengano risarcite. Apple paga solo in
reputazione, e siamo certi che ora che è
a conoscenza della cosa si è già messa in
moto per bloccare ogni attività di questo
tipo. La stessa cosa dovrebbe aver fatto
Eurosport, che ha aperto una indagine
sulla cosa. Il problema è legato ai banner,
e agli accordi tra servizi pubblicitari e ope-
ratori TLC come nel caso di Wind Tre, che
continuano a supportare e fornire questi
servizi succhiasoldi, nonostante le multe
che l’Agcom gli ha comminato più volte.
Per gli utenti, come sempre, la soluzione
è bloccare questi servizi in partenza.
Smartphone Moto, arrivano i kit ufficiali per ripararli da soliMotorola è il primo grande produttore a supportare ufficialmente i kit di riparazionte fai-da-te di iFixit, autorità del settore. Gli utenti Moto esperti possono far vivere il proprio smartphone un po’ più a lungo
di Matteo SERVADIOIn un mondo dove smartphone e laptop sono spesso non aggiorna-bili nell’hardware, la notizia della partnership tra Motorola e iFixit è di quelle che spezzano le consue-tudini. Ad annunciarlo è la stessa organizzazione che spesso finisce sulle homepage delle testate di tecnologia per i suoi teardown dei dispositivi del momento: Motorola è il primo grande produttore a sup-portare ufficialmente i kit di ripara-zione fai-da-te di iFixit. Il sito già of-fre numerosi pacchetti, completi di tutti gli strumenti necessari e guide online, ma è la prima volta che “un grande produttore supporta ciò che iFixit rappresenta.”I kit Motorola vanno dai 40 ai 200 dollari e permettono di sostituire i componenti principali dello smar-tphone, tra batterie, schermi e di-gitizer. L’unico neo è che, stando a quanto riportato da The Verge, la riparazione artigianale invalide-rebbe comunque la garanzia del produttore, il che potrebbe risul-tare un problema. C’è da conside-rare che i singoli pezzi di ricambio sono coperti da una garanzia di 1 anno e che quasi tutti i kit offerti al momento sono di dispositivi meno recenti. La partnership tra Motorola e iFixit risulta una sicurezza in più per chi vuole fare manutenzione al suo vecchio smartphone Moto anche oltre il periodo di supporto garantito dal produttore. E quindi i vari Moto Z, Moto Z Play e Moto X possono essere rimessi in sesto anche quando la garanzia di Moto-rola è ormai scaduta.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Emanuele VILLA
Apple non è nuova al discorso
dello streaming video: iTunes c’è
da un bel po’ e in alcuni Paesi è
disponibile il servizio ‘TV’ che funge da
aggregatore di tutti i canali e le fonti di
video streaming a disposizione del sin-
golo mercato. Per esempio, negli USA
(mercato frammentato per definizione),
tramite la TV app di Apple TV è pos-
sibile integrare in una sola piattaforma
i video acquistati da iTunes, i canali
HBO, ESPN, ABC, Showtime, DAZN e
via dicendo, senza la necessità di di-
sporre di una singola app per ogni
network o canale. Lo stesso vale an-
che per UK e Francia, mentre da noi il
servizio non è ancora attivo. La notizia
arriva direttamente dalle parti di Cu-
pertino: alcune persone ‘a conoscenza
dei fatti’ avrebbero dichiarato a The
Information che Apple è in procinto di
presentare in grande stile una nuova
piattaforma internazionale che andrà
a posizionarsi nel medesimo mercato
occupato da Netflix e Amazon. Il lan-
cio è previsto per la metà del 2019 con
estensione, entro la fine dell’anno, in
100 Paesi: fatte salve clamorose smen-
tite, in 100 Paesi l’Italia c’è di diritto.
ENTERTAINMENT Emergono nuovi dettagli sulla prossima piattaforma di streaming video di Apple
Apple attacca Netflix: la piattaforma di streaming anche in Italia entro fine 2019Debutterà nel 2019 in 100 Paesi. L’azienda investe 1 miliardo per i contenuti originali
Diverso il discorso dei contenuti, per
i quali si possono solo fare congettu-
re: il punto di partenza saranno quelli
prodotti direttamente da Apple, per i
quali l’azienda avrebbe stanziato addi-
rittura 1 miliardo di dollari per arrivare
al livello (e magari superare) di Netflix
e Amazon, ma sicuramente si tratterà
di un’estensione dell’attuale TV app
e quindi conterrà anche programmi e
canali in streaming. Ripetiamo, qui si
possono solo fare congetture a causa
dell’estrema differenza tra i vari merca-
ti: negli USA un ‘raccoglitore’ di decine
di network è un vero toccasana, qui da
noi le piattaforme sono di meno e Sky,
per esempio, funge già da ‘hub’ per di-
versi produttori a stelle e strisce. L’ipo-
tesi più probabile è che comunque il
core dell’offerta siano le produzioni
originali, esattamente come fanno Net-
flix e Amazon.
Staremo a vedere, ma c’è un altro
aspetto su cui vale la pena riflettere:
la piattaforma Apple sarà accessibile
solo con dispositivi Apple, quindi iOS,
Mac e Apple TV. Questo potrebbe limi-
tare un po’ le ambizioni della piattafor-
ma, visto che a livello globale gli utenti
Android sono molti di più.
di Massimiliano DI MARCO
Dopo la TV, Sky Italia potrebbe pre-
sto presentare offerte per la tele-
fonia fissa e le connessioni in fibra
ottica già nei primi mesi del 2019. Se il
passo verso la fibra ottica era nell’aria,
addirittiura, secondo quanto riportato
da Il Fatto Quotidiano, l’azienda potreb-
be mettere a punto anche un’offerta
mobile, appoggiandosi alla rete Voda-
fone e TIM, per lanciarsi come operato-
re virtuale in Italia. Anche se - va detto
- questa indiscrezione de Il Fatto non
pare trovare riscontro nei fatti, almeno
per il momento.
L’idea di un’offerta omnicomprensiva
ENTERTAINMENT Nel 2019 l’offerta residenziale in fibra e forse più avanti anche il mercato mobile
Oltre la pay TV: Sky diventerà un operatore telefonicoCome è accaduto già molte volte, ciò che Sky fa in UK prima o poi si propaga anche in Italia
La nuova Chromecast arriva in Italia: c’è lo streaming Full HD a 60 FPSLa terza generazione di Chromecast è disponibile in Italia. Dimensioni più compatte e nuovo design, ma la principale novità è lo streaming più fluido a 60 FPS a risoluzione Full HD di Massimiliano DI MARCO
Più piccola e in due colori. La nuova Chromecast, presentata insieme ai Pixel 3 e Pixel 3 XL, arriva anche in Italia, allo stesso prezzo della precedente gene-razione: 39 euro, già disponibile sul Google Store e nei rivenditori autorizzati.Parliamo del modello base e non di Chromecast Ultra, che sup-porta anche la risoluzione 4K. La Chromecast di terza generazione arriva, però, alla risoluzione Full HD a 60 FPS per uno streaming più fluido. La forma della nuova Chromecast è più arrotondata, in linea con altri prodotti destinati alla smart home come Google Home Mini, e le di-mensioni sono state ridotte del 15% rispetto alla precedente ge-nerazione. I due colori disponibili sono bianco e grigio antracite.Entro fine anno, poi, Chromecast riceverà un aggiornamento gra-zie al quale potrà essere parte di un sistema audio multi-room, interagendo con gli altoparlan-ti collegati ai dispositivi smart home di Google, diventando di fatto una Chromecast Audio.
contenente TV, linea fissa e
mobile sarebbe tutt’altro che
assurda anto più che c’è un
precedente importante: Sky
Mobile, operatore disponi-
bile nel Regno Unito, a oggi
detiene circa 500mila utenti.
Per quanto riguarda la linea
fissa, l’accordo con Open Fiber già c’è: annunciato
nei mesi scorsi, permetterà di
avere Sky Q con i contenuti in streaming
attraverso la fibra ottica il prossimo anno,
genericamente in estate.
Attualmente, invece, il decoder Sky Q (e
con esso il 4K HDR) è disponibile soltanto
con l’installazione di una parabola. Il 2019,
insomma, potrebbe essere un anno di
grandi novità per Sky Italia. Già previsto,
infatti, l’accordo con Netflix per un abbo-namento “tutto incluso” per Sky Q, an-
ch’esso già attivo nel Regno Unito.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Gaetano MERO
Appuntamento consueto con le novità del mese
Netflix. In arrivo a novembre la controversia serie
Baby, prodotta interamente in Italia, che esplora
le vite segrete di un gruppo di adolescenti romani. De-
buttano inoltre Narcos: Messico, Il metodo Kominsky e il
cooking show The Final Table con la partecipazione di
Carlo Cracco. In programma per i più romantici anche tre
lungometraggi dedicati al Natale.
Baby, Narcos: Messico e Il Metodo Kominsky, le serie TV di novembreIl mese si apre con il debutto della serie Westside a cui è
stato aggiunto il sottotitolo “La loro vita. La loro musica”.
La storia racconta le vicende di nove musicisti di talento
a cui viene offerta un’occasione imperdibile: preparare
uno spettacolo a Hollywood. L’esperimento, in collabo-
razione con Warner Bros. Records, ricorda in qualche
modo Glee e prevede il lancio di carriere musicali dei
protagonisti con tanto di spettacoli dal vivo e videoclip,
già disponibili su YouTube. In onda dal 9 novembre.
Arrivano il 9 novembre le coloratissime e scanzonate
Super Drags. Si tratta di una serie animata per adulti che
vede come protagoniste tre scintillanti Drag Queen: Le-
mon Chiffon, Safira Cian e Scarlet Carmesim alle prese
con la lotta per i diritti LGBT. Grazie ai loro poteri le tre
eroine sono pronte a seminare lustrini e a farsi valere
tra un twerking e l’altro. Diego Luna e Michael Peña sa-
ranno i principali interpreti del prequel Narcos: Messico.
La serie illustrerà le origini del cartello della droga mes-
sicano negli anni ‘80. La storia è ambientata a Guada-
lajara e vedrà contrapporsi l’agente DEA Kiki Camarena
(Peña) al boss del traffico di stupefacenti Félix Gallardo
(Luna). Narcos: Messico è stata scritta e prodotta da Car-
lo Bernard e Doug Miro e sarà disponibile su Netflix in
esclusiva mondiale dal 16 novembre. Il 16 novembre ar-
riva anche Il Metodo Kominsky, nuova creatura di Chuck
Lorre famoso per aver ideato la serie cult Big Bang
Theory. Cast d’eccezione con gli attori premi Oscar Mi-
chael Douglas (Kominsky) e Alan Arkin (Newlander) che
si cimenteranno per la prima volta nel genere dramedy.
Kominsky e Newlander sono due amici intenti ad af-
frontare gli inevitabili colpi bassi della vita durante i loro
anni d’argento a Los Angeles, una città in cui gioventù
ENTERTAINMENT Tante novità in arrivo su Netflix a novembre. Attesa per le serie Baby, Narcos: Messico e Il Metodo Kominsky
Netflix, novembre ricco di novità: arrivano Baby, Narcos: Messico e lo speciale su Orson WellesSpazio anche ai film d’autore con l’opera postuma di Welles e l’ultimo lavoro dei fratelli Coen sulla frontiera americana
e bellezza sono essenziali. Otto gli episodi previsti per
questo primo capitolo, che vede tra i produttori esecutivi
lo stesso Douglas.
In prima visione venerdì 23 novembre sarà disponibi-
le su Netflix la terza stagione di Frontiera, la serie che
racconta la violenta e caotica lotta per il controllo del
commercio di pellicce nel Nord America del XVIII seco-
lo. Scritta da Rob Blackie e Peter Blackie, vede nel cast
Jason Momoa, Landon Liboiron, Alun Armstrong.
Grande attesa per il debutto il 30 novembre di Baby, se-
rie prodotta in Italia e ispirata allo scandalo delle baby
squillo scoppiato a Roma nell’estate 2014. La storia rac-
conta le vicende di un gruppo di adolescenti del quar-
tiere Parioli di Roma, in cerca di una propria identità e
indipendenza, sullo sfondo di amori proibiti, pressioni
familiari e segreti condivisi. Il cast principale è composto
da Benedetta Porcaroli, Alice Pagani, Riccardo Mandoli-
ni, Isabella Ferrari, Claudia Pandolfi, Paolo Calabresi, con
la regia di Andrea De Sica e Anna Negri. Molta curiosità
anche per 1983, prima produzione interamente polacca.
La storia si svolge in un mondo distopico, in due mo-
menti storici, durante la guerra fredda nel 1983 e venti
anni dopo, nel 2003. Uno studente di legge ispirato da
alti ideali e un detective caduto in disgrazia s’imbattono
in un complotto che ha tenuto in piedi la cortina di ferro
e la nazione polacca in uno stato di polizia repressivo.
Quanto scoperto ha il potere d’innescare una rivoluzio-
ne. 1983 ha visto alla regia quattro illustri registe polac-
che Kasia Adamik, Olga Chajdas, Agnieszka Holland e
Agnieszka Smoczyńska. Disponibile dal 30 novembre.
Film originali, cinema d’autore e tante nuove storie per NataleNovembre parte col botto con The Other Side of the
Wind, l’ultima opera del leggendario regista Orson Wel-
les (Quarto Potere), girata tra il 1970 e il 1976 e rimasta
inedita fino ad oggi. Il lungometraggio racconta la storia
del famoso regista J.J. “Jake” Hannaford (interpretato da
John Huston) il quale, dopo anni di esilio volontario in Narcos: Messico / trailer
Europa, ricompare a Hollywood con l’intenzione di finire
l’innovativo film che avrebbe segnato il suo ritorno.
L’ultima opera di Welles è una satira del tradizionale si-
stema degli studi cinematografici e della dirigenza appe-
na arrivata che, in quel periodo, stava rivoluzionando le
cose. La colonna sonora è stata completamente riscritta
dal premio Oscar Michel Legrand (Les parapluies de
Cherbourg). Il lungometraggio, su Netflix dal 2 novem-
bre, è stato presentato fuori concorso all’ultima Mostra
internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Arriva il 2 novembre il magico Il Calendario di Natale,
per la regia di Bradley Walsh. Una brava fotografa con
un lavoro senza sbocchi riceve in eredità un antico ca-
lendario dell’Avvento che forse può prevedere il futuro
e guidarla verso l’amore. Nel cast Kat Graham, Quincy
Brown, Ethan Peck.
La vera storia di Roberto I di Scozia, è questo ciò che
racconta Outlaw King - Il re fuorilegge. Diretto da David
Mackenzie, vede come protagonista assoluto Chris Pine,
affiancato da Aaron Taylor-Johnson, Florence Pugh e
Billy Howle. Disponibile dal 9 novembre su Netflix.
Dopo esser stato premiato alla 75a Mostra Internazio-
nale d’Arte Cinematografica di Venezia per la migliore
sceneggiatura, La ballata di Buster Scruggs arriva su
Netflix il prossimo 16 novembre. Si tratta di un film an-
tologico suddiviso in sei parti, sei diversi racconti sulla
frontiera americana narrati dalle voci di Joel ed Ethan
Coen, che hanno scritto e diretto l’intero progetto.
Ogni capitolo presenta una vicenda diversa ambienta-
ta nel vecchio West. Il 22 novembre arriva Qualcuno
salvi il Natale, un’avventura per tutta la famiglia ideata
da Chris Columbus, già produttore di film diventati clas-
sici tra cui “Harry Potter e la pietra filosofale” e “Mam-
ma, ho perso l’aereo”. Protagonista della storia, Babbo
Natale interpretato da Kurt Russell e due fratelli che lo
aiuteranno nella notte più impegnativa dell’anno. An-
cora un film sul Natale conclude il mese Netflix. Dal 30
segue a pagina 20
torna al sommario 20
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
novembre sarà disponibile Un Principe per Natale: Ma-
trimonio Reale, sequel dell’omonimo film del 2017. Un
anno dopo aver aiutato Richard a salire al trono, Amber
si prepara a diventare sua moglie, ma non è certa di
avere la stoffa per fare la regina.
Show e programmi per i più piccoliSbarca il 20 novembre il primo cooking show targato
Netflix, The Final Table. Si tratta di una competizione
culinaria globale in cui gli chef di maggiore talento
del pianeta lottano per un posto all’am-
bita tavolata finale, dove siedono i più
grandi chef al mondo. Solo uno dei 24
chef in gara vincerà un posto alla Final
Table, a fianco di nove icone leggendarie
dell’universo culinario in cui l’Italia è rap-
presentata da Carlo Cracco. La serie sarà
presentata da Andrew Knowlton, scrittore
vincitore di James Beard Award e curato-
re editoriale di Bon Appétit. Da venerdì 30
novembre sarà disponibile il docu-reality
Death by Magic. In questa serie il mago
Drummond Money-Coutts viaggia per il
mondo, condividendo la sua contagiosa
passione per la magia e provando nume-
ri che sono stati fatali per i suoi colleghi.
Mi ameranno quando sarò morto è il documentario
dedicato a Orson Welles, legato all’uscita postuma
del film The Other Side of the Wind. Le immagini rac-
contano gli ultimi anni di vita del regista tra lavoro e
vita privata. Disponibile dal 2 novembre. Sempre il 2
novembre, per la serie di documentari musicali chia-
mata Remastered arriva l’episodio Tricky Dick & The
Man in Black. Le immagini racconteranno la visita di
Johnny Cash alla Casa Bianca nel 1970, al quale se-
guì uno scontro tra il cantante e la politica di Richard
Nixon. Parte il 9 novembre la prima stagione di Medal
of Honor, una docuserie in cui viene reso omaggio a
otto destinatari della più alta decorazione militare al
valore degli Stati Uniti. Spazio anche per il pubblico
più giovane con lo show Piccoli Geni, in cui scienza,
natura ed argomenti di attualità verranno spiegati in
modo semplice e con esperimenti divertenti. In onda
dal 2 novembre. Dal 9 novembre sarà disponibile la
terza stagione di Beat Bugs, il 16 novembre arriva la
nuova serie animata She-Ra e le Principesse Guer-
riere, il 20 novembre è la volta di Motown Magic in
cui ogni storia sarà ispirata ad un famoso brano della
casa discografica in attività dagli anni ‘60.
ENTERTAINMENT
Netflix, novembre ricco di novitàsegue Da pagina 19
di Gaetano MERO
Amazon Prime Video continua a
consolidare il proprio catalogo con
una serie di produzioni originali in
arrivo sulla piattaforma nelle prossime
settimane. Si parte il 2 novembre con
Homecoming, la serie evento che vede
come protagonista assoluta il premio
Oscar Julia Roberts. La storia, basata
sul popolarissimo podcast omonimo,
è stata ideata da Eli Horowitz e Micah
Bloomberg, con la regia di Sam Esmail.
Heidi Bergman (Julia Roberts) è un’as-
sistente sociale all’ Homecoming Tran-
sitional Support Center, una struttura di
supporto del Geist Group che aiuta e
sostiene i soldati di ritorno dalla guerra
a reinserirsi nella vita civile in cui incon-
tra il veterano Walter Cruz (Stephan Ja-
mes). Ritroviamo Heidi quattro anni più
tardi, ha intrapreso una nuova vita, vive
con sua madre (Sissy Spacek) e lavora
come cameriera, quando un ispetto-
re del Dipartimento della Difesa (Shea
Whigham) la rintraccia per capire il moti-
vo che l’ha indotta a lasciare la struttura
militare. Homecoming sarà inizialmente
disponibile in versione originale e sot-
totitolata, le puntate doppiate in italia-
no arriveranno nel 2019. Il 9 novembre
sarà disponibile per tutti i clienti Prime
la seconda stagione di Patriot, una com-
ENTERTAINMENT Novembre ricco per gli utenti Prime Video. Annunciato anche il secondo capitolo di The Marvelous Mrs. Maisel
Novità Prime Video novembre: Homecoming, Beat e PatriotContinua a consolidarsi il catalogo Prime Video con una serie di produzioni originali in arrivo nelle prossime settimane
media scritta e diretta da Steve Conrad.
Per impedire all’Iran di diventare una
potenza nucleare, John Tavner (Michael
Dorman), agente dei servizi segreti,
inizia a lavorare come ingegnere sotto
una pericolosa “copertura non ufficia-
le” in un’impresa di tubature industriali
nel Midwest. La serie illustra gli aspetti
meno conosciuti e meno glamour della
vita dell’agente segreto profondamen-
te intrecciata con il lavoro, che spesso
mette John in situazioni insopportabili.
Nel cast anche Terry O’Quinn, Michael
Chernus e Kathleen Munroe. Arriva ve-
nerdì 9 novembre anche la serie Prime
Original tedesca Beat. La storia è incen-
trata sulla vita di Robert Schlag (Jannis
Niewöhner), soprannominato Beat, pro-
moter di uno dei club techno più famosi
di Berlino. Proprio per le sue conoscen-
ze, i suoi contatti e il fatto di essere per-
fettamente introdotto nel mondo della
vita notturna, viene ingaggiato dai Ser-
vizi Segreti Europei.
Il crimine organizzato è ormai spietata-
mente coinvolto in tutto ciò che porta
denaro: droghe, armi e organi. L’unico
modo che le agenzie statali hanno per
arrivare alle menti della rete criminale
è attraverso metodi non convenzionali
e Beat è proprio uno di questi. Per gli
appassionati di sport estremi il 16 no-
vembre è una data da segnare sul ca-
lendario grazie a The Gymkhana Files.
Lo show porterà gli spettatori dietro le
quinte di una delle serie di video più
folli e di successo al mondo, con più
di mezzo miliardo di visualizzazioni.
The Gymkhana Files segue la nota
star del motorsport e imprenditore Ken
Block e il suo Hoonigan team mentre si
accingono a girare uno dei video au-
tomobilistici più rischiosi della storia,
GymkhanaTEN, il decimo episodio del-
la serie pluripremiata Gymkhana Film,
e allo stesso tempo alle prese con gli
alti e bassi del Campionato del Mondo
di Rallycross. Produttori esecutivi della
serie Block, Brian Scotto, Gil Marsden,
che ricopre anche il ruolo di showrun-
ner, e Steve Astephen. Otto in totale gli
episodi, che saranno rilasciati settima-
nalmente in lingua originale e sottoti-
tolata. Il 23 novembre sarà disponibile
la versione sottotitolata di The Purge,
serie basata sull’omonima saga di suc-
cesso, conosciuta in Italia con il titolo
La Notte del Giudizio, prodotta dalla
Blumhouse Productions e scritta da
James DeMonaco. La storia è ambien-
tata in un’America irreale, governata
da un partito politico totalitario. Tra le
anticipazioni per il mese di dicembre,
Amazon ha annunciato la data di pub-
blicazione della seconda stagione di
The Marvelous Mrs. Maisel, definita la
serie comedy dell’anno, che ha come
protagonista Rachel Brosnahan (Hou-
se of Cards) e si è aggiudicata 8 Emmy
Awards con il primo capitolo. The Mar-
velous Mrs. Maisel sarà disponibile su
Prime Video a partire dal 5 Dicembre
in versione originale e sottotitolata.
torna al sommario 21
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
Abuso di posizione dominante. Con
questa accusa l’Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato
(AGCM), nota anche come Antitrust, ha
accertato che Società Italiana degli Au-
tori e degli Editori (SIAE) ha messo in
atto condotte finalizzate a “escludere i
concorrenti dai mercati relativi ai servi-
zi di gestione dei diritti d’autore” non-
ché “a impedire il ricorso all’autoprodu-
zione da parte dei titolari dei diritti”. La
sanzione pecuniaria comminata a SIAE
viene definita “simbolica”: 1.000 euro.
Il procedimento dell’Antitrust è parti-
to da una denuncia di Soundreef, che
detiene i diritti di artisti come Gigi
D’Alessio, Fedez e Nesli, e Innovaetica,
che gestisce il portale online Patamu,
per accertare l’esistenza di un abuso
di posizione dominante. Tale posizio-
ne è stata accertata perché, secondo
l’Antitrust, SIAE ha messo in atto “una
complessa strategia escludente che
ha determinato, attraverso la pervica-
ce affermazione di un monopolio non
supportato dalla normativa, la compro-
missione del diritto di scelta dell’autore
e la preclusione all’offerta dei servizi
di gestione dei diritti d’autore da parte
dei concorrenti”.
In particolare SIAE viene giudicata col-
pevole dell’imposizione di vincoli “volti
ad assicurare alla SIAE la gestione dei
diritti d’autore dei titolari non iscritti
alla SIAE, anche persino là dove questi
ultimi avevano espressamente mani-
festato la volontà di non avvalersi dei
servizi da essa erogati” e dell’imposi-
zione di “ostacoli nella stipulazione da
parte degli utilizzatori - in particolare,
emittenti TV nazionali e organizzatori
di concerti live - di altri contratti di li-
cenza d’uso delle opere con i concor-
renti della SIAE”.
Entrando nello specifico l’Antitrust, nel
documento, ritiene che SIAE “si è spinta
fino a esercitare pressioni sugli editori
affinché depositassero i brani presso la
SIAE stessa, onde poter raccogliere il
100% dei diritti ed evitare che tale atti-
vità potesse essere svolta direttamen-
te dagli autori”. Una strategia non giu-
stificata “da ragioni organizzative né da
esigenze degli operatori del settore”.
ENTERTAINMENT Dopo la denuncia di Soundreef e Innovaetica, l’indagine di Antitrust e la decisione
SIAE, accusa di abuso di posizione dominante Gioisce Soundreef ma SIAE non piangeVittoria di Pirro per Soundreef che non ottiene soluzioni per il futuro. Multa “simbolica” di 1.000€
Una pratica commerciale, insomma,
estremamente scorretta. L’AGCM chie-
de che “la Società Italiana degli Autori
ed Editori ponga immediatamente fine
ai comportamenti distorsivi della con-
correnza” entro 60 giorni dal provve-
dimento. La sanzione “simbolica” di
1.000 euro è stata definita nel contesto
che “le condotte abusive sono state
realizzate dalla SIAE in mercati caratte-
rizzati da una stretta contiguità con gli
ambiti coperti dalla riserva vigente fino
al 15 ottobre 2017”. Tale multa dev’es-
sere pagata entro 90 giorni dalla data
del provvedimento dell’Antitrust.
D’Atri (Soundreef): “Giustizia ristabilita, ora Governo e Parlamento aprano completamente il mercato”Gioisce della decisione dell’Antitrust
Davide D’Atri, amministratore delegato
di Soundreef: “Siamo felicissimi per la
decisione appena espressa dall’Anti-
trust che, di fatto, ristabilisce giustizia
nel mondo del diritto d’autore. Così
come affermato dall’Autorità, SIAE do-
vrà porre immediatamente fine ai com-
portamenti distorsivi della concorrenza
accertati e astenersi in futuro dal porre
in essere comportamenti analoghi”.
“Tutti i comportamenti da noi denunciati
- conclude D’Atri - sono stati sanzionati
e ringraziamo i funzionari dell’Autorità
che hanno condotto un lavoro incre-
dibile di ricerca e di analisi in un con-
testo complicato e molto complesso.
Auspichiamo quindi che entro il 2018
il Governo e il Parlamento prevedano
una misura finalizzata ad aprire com-
pletamente il mercato, modificando il
Decreto Fiscale dello scorso anno che
non permette, ad oggi, agli Enti di Ge-
stione Indipendente come Soundreef
di poter operare in piena concorrenza
con SIAE e con gli Organismi di Gestio-
ne Collettiva.”
In Italia, infatti, Soundreef gestire i dirit-
ti degli artisti tramite l’ente senza sco-
po di lucro Liberi Editori Autori (LEA).
Un accordo stipulato con l’obiettivo
di arginare un decreto fiscale di fine
2017 che, di fatto, ha introdotto una li-bera concorrenza “a metà” in tema di
raccolta dei diritti d’autore e che sem-
brava pensato proprio per escludere
Soundreef e avvantaggiare SIAE.
Rapetti (SIAE): “Provvedimento senza giustificazioni”Dal lato opposto il presidente SIAE
Giulio Rapetti, noto anche come Mo-
gol, commenta amaramente il verdetto
dell’Antitrust sottolineando che “seb-
bene accompagnato da una sanzione
simbolica di 1.000 euro, è un provve-
dimento che non trova giustificazione
nelle norme”. SIAE è certa di poter
dimostrare che nessuna violazione o
abuso abbia avuto luogo e che il suo
operato è stato sempre rispettoso
della legge sul diritto d’autore e delle
norme in generale, anche in materia di
concorrenza.
Per tale motivo “leggeremo e valutere-
mo con grande attenzione il testo” del
provvedimento dell’Antitrust, ha speci-
ficato SIAE.
Sky rinnova: la Premier League rimane un’esclusiva fino al 2022Sky prolunga l’accordo con la Premier League per trasmettere in esclusiva italiana per altre tre stagioni. Il calcio inglese continua a essere “diviso”: la Premier su Sky, la Coppa di Lega su DAZN di Massimiliano DI MARCO
Fino al 2022 la Premier Lea-gue, il massimo campionato di calcio inglese, rimane un’esclu-siva italiana di Sky. L’emittente ha annunciato di aver rinnovato l’accordo di trasmissione con la Premier League, prolungando di altri tre anni l’esclusività delle partite di campionato, fino alla stagione 2021/2022. In totale si parla di 235 partite a stagio-ne, anche in 4K HDR attraverso il decoder Sky Q. La Premier League viene trasmessa su Sky Sport su tutte le piattaforme, quindi anche sul digitale terre-stre. In quest’ultimo caso, però, è disponibile su Sky Sport Uno soltanto una selezione di partite del fine settimana di campionato. Gli abbonati satellite e fibra otti-ca faranno riferimento, invece, al canale Sky Sport Football. Gli appassionati di calcio inglese, in-somma, continueranno a essere “spezzettati”: la Premier League è esclusiva Sky, mentre la Cop-pa di Lega inglese è trasmessa esclusivamente da DAZN.
torna al sommario 22
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
L a divisione Mac di Apple va a gonfie
vele: sono 100 milioni di Mac attivi
nel mondo. E il numero è destinato
a salire, perché milioni di utilizzatori del
MacBook Air non aspettavano altro che
un nuovo modello. E Apple, dopo anni di
design invariato, ha deciso finalmente di
rinnovare quello che è il suo Mac più ven-
duto e apprezzato di sempre, quel legge-
rissimo foglio di alluminio che Steve Jobs
tirò fuori da una busta nel 2008 e da
quel giorno è cambiato pochissimo.
Il nuovo modello, realizzato intera-
mente in alluminio riciclato grazie ad
un nuovo tipo di lavorazione, è un mix
tra il MacBook Pro e il MacBook: dal
MacBook Pro eredita infatti l’ampio
trackpad, il display retina da 13.3”, il
sistema audio stereo, il processore T2
che garantisce la sicurezza e la tastiera
butterfly a passo basso di nuova gene-
razione, quella silenziata con le mem-
brane in silicone per evitare blocchi e
inceppamenti. Dal MacBook eredita
invece forme, e profilo, con la scocca
disponibile in tre diverse colorazioni
(gray, gold e silver), il peso, le dimensio-
ni ridotte e (purtroppo) la disponibilità di
ingressi ridotta al minimo.
Sul MacBook c’è solo una porta Thun-
derbolt 3, qui ne sono previste due ma,
oltre al jack audio, sono le uniche due
porte disponibili. Gli utenti del MacBook
Air hanno sempre apprezzato la pre-
senza del lettore di card SD e
la porta USB standard, il nuovo
modello ne è totalmente privo.
La vera sfida di Apple si gioca
però sull’autonomia: il MacBook
Air ancora oggi garantisce le 12
ore di durata che Apple promet-
te, e non solo in ambito web. Il
MacBook Pro, nonostante le “10
ore di navigazione web” che
PC Apple ha deciso finalmente di rinnovare il suo Mac più venduto e apprezzato di sempre
Apple rinnova: MacBook Air con schermo RetinaArriva finalmente il Retina Display, ma spariscono lettore di card SD e la porta USB standard
Apple dichiara sul sito sito, ha una au-
tonomia reale decisamente più bassa.
Il MacBook Air per confermarsi deve
eguagliare se non migliorare le presta-
zioni del suo predecessore, e con uno
schermo Retina non sarà semplice. Il
nuovo modello è più compatto e più
leggero dell’attuale Air, questo grazie
alle cornici ridotte attorno allo schermo
retina. Anche il peso è stato ridotto di
qualche grammo.
Lo schermo è da 13.3” retina, uno scher-
mo wide color gamut con risoluzione
quadrupla rispetto al precedente, 4
milioni di pixel, 2560×1600 a 227 pixel
per pollice. Sopra lo schermo troviamo
la camera FaceTime HD, mentre come
sistema di sicurezza Apple ha inserito
come sui MacBook Pro il Touch ID: inu-
tile aspettarsi il Face ID, non c’è abba-
stanza spazio per il sistema di autenti-
cazione basato sul volto, serve qualche
millimetro in più. Guardando alle con-
figurazioni disponibili si parte sul base
con un processore Intel Core i5 1.6 Ghz,
8 GB di RAM e 128 GB di disco, ma ci
sono configurazioni che prevedono 16
GB di memoria e fino a 1.5 TB di SSD,
disco che è del 60% più veloce di quello
dell’attuale Air.
L’attuale MacBook Air è ad oggi il
MacBook più economico della gamma:
parte da 1129 euro, ma si può acquista-
re anche a molto meno ed è un pro-
dotto perfetto per chi deve soprattutto
lavorare, senza troppo preoccuparsi
della qualità dello schermo, che è il
punto debole. Il nuovo modello parte
da 1.379 euro (1.629,00 quello da 265
GB), e pur essendo il Mac più econo-
mico della gamma “notebook” costa
comunque 260 euro in più del model-
lo attuale. E, a questa cifra,
rende di fatto inutile anche
il MacBook da 12”, che a
1.549 euro diventa una ver-
sione meno potente e più
costosa di un Air che, a sua
volta, sembra un MacBook
Pro leggermente meno po-
tente ma con autonomia mi-
gliore e prezzo più basso.
Le motherboard ASUS installano i driver senza connessione a internetDurante l’installazione di un PC basato sulla scheda madre ASUS Z390, alcuni utenti si sono accorti che il sistema ha installato in automatico alcuni driver non presenti in Windows, senza accesso a internet di F. AQUINI
Secondo Techpowerup.com, un modello particolare di scheda madre ASUS, la Z390, sarebbe in grado di installare alcuni driver fondamentali senza la necessità di avere una connessione a internet. Si monta il PC, si installa Windows e si scopre che per installare tutte le periferiche si ha bisogno della connessione a internet. Peccato che anche la scheda di rete abbia bisogno di un driver da installare. Per fortuna con la scheda madre viene fornito un CD con i driver ma, la maggior parte di PC non ha più un lettore CD. Cosa fare? Bisogna appoggiarsi a un altro computer, scaricare il driver su una chiavetta e una volta installato procedere al download degli altri driver. I ragaz-zi di techpowerup invece hanno scoperto che sul modello Z390 di Asus, tutto ciò avviene in automati-co. Dopo l’installazione di Windows 10, al successivo reboot, sono stati accolti da una notifica sullo scher-mo che gli chiedeva se volessero installare il driver della scheda di rete. Il responsabile di tutto ciò sa-rebbe da ricercare nel programma “ASUS Armoury Crate”, che fa un check del proprio hardware e sca-rica i driver aggiornati dai server ASUS. ASUS deve aver intelligen-temente pensato che scaricare il driver della scheda di rete è spes-so una scocciatura e l’ha quindi inserito direttamente a bordo della scheda madre. Comodità o enne-sima invasione non richiesta nel sistema operativo dell’utente?
torna al sommario 23
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
Apple s’è desta e s’è ricordata, oltre
che di MacBook Air, anche di Mac
Mini. Il “piccolo” computer di casa
Apple non stravolge la forma né la formu-
la che ha fatto la storia di questa linea, per
anni dimenticata dall’azienda. All’esterno
il design è infatti quello familiare del “cu-
betto” macOS, realizzato totalmente in
alluminio. Le novità principali sono ovvia-
mente all’interno, a cominciare dai pro-
cessori: via CPU dual-core; si parte dalle
CPU quad-core e, per chi è disposto a
spendere di più, si arriva a sei core.
Con prestazioni che, secondo Apple,
sono 5 volte superiori a quelle del prece-
dente Mac Mini (e ci mancherebbe). Pre-
vedibili e significativi miglioramenti anche
alla memoria RAM, che arriva fino a 64 GB
con frequenza di calcolo a 2.666 MHz. La
memoria interna, disponibile unicamen-
te in formato flash, si spinge fino a 2 TB.
Portare Mac Mini nel 2018 ha significato
introdurre anche il chip T2, dedicato alla
sicurezza dell’hardware. La connettività
è completa: USB A, quattro porte Thun-
derbolt 3, porta Ethernet compatibile per
PC Mac Mini si evolve e approda nel 2018 con tutte le caratteristiche tecniche a lungo attese
Mac Mini è cresciuto, non solo in prestazioni ma anche nel prezzoApple rinnova, ma alza il prezzo d’ingresso: entrare nel mondo Mac diventa sempre più costoso
connessioni fino a 10 Gbps, HDMI.
Un rinnovamento rilevante, insomma per
un Mac compatto moderno che per anni
è stato una delle lacune più criticate nel
catalogo Apple. Dal 7 novembre sarà nel-
la versione “base”: Intel Core i3, 8 GB di
RAM e 128 GB di SSD. Un aggiornamento
hardware affiancato da un significativo
aumento di prezzo: da 569 euro la versio-
ne base di Mac Mini passa a 919 euro in
Italia. Un rialzo importante e che cambia
l’impronta di Mac Mini nel catalogo Apple.
Prima era il più accessibile tra i computer
Mac, la porta d’ingresso al mondo Apple,
oggi il target è totalmente diverso. Se si
fosse chiamato “Mac Pro Mini” nessuno
avrebbe avuto da ridire, anche perché
nella versione con 6 core può essere usa-
to in stack per creare piccoli server tutta
CPU. Per lavori di grafica, abbinato a una
GPU esterna, si possono fare grandi cose.
Insomma è una workstation - con prezzi
da workstation - anche se non capiamo
molto la politica dei prezzi di Apple. Il Mac
Mini Core i3 con 128 GB di SSD costa 919
euro, ma la versione Intel Core i5 6-core
con 256 GB di SSD 1.269 euro. A conti fat-
ti, è molto più conveniente quest’ultima.
Intel ha cancellato la produzione di CPU a 10nm? Secondo un report sì, ma Intel smentisceAlcune testate pubblicano un report secondo cui Intel avrebbe cancellato la produzione di CPU a 10nm per problemi finanziari. Intel smentisce immediatamente, ma in molti si interrogano sul futuro dell’azienda di Franco AQUINIStando a quanto riporta SemiAccu-rate, Intel avrebbe addirittura can-cellato, dopo tanti ritardi, le nuove CPU con processo produttivo a 10nm. Un processo che doveva esser pronto già nel 2016 e che recentemente era stato spostato al 2019. Secondo il report, il processo produttivo non sarebbe sostenibile a livello finanziario. Non solo, dietro la decisione ci sarebbero alcune complicazioni che l’azienda stareb-be affrontando, come la vociferata decisione di Apple di abbandona-re Intel per prodursi i processori in casa, quantomeno quelli di alcuni MacBook. Che sia stato un anno complicato per Intel è fuor di dub-bio. Tuttavia appare poco probabi-le che a impedire l’uscita dei nuovi Cannon Lake a 10nm siano state difficoltà legate alla sostenibilità finanziaria del processo. Prontamente infatti è arrivata la ri-sposta ufficiale di Intel direttamen-te su Twitter.“Il report pubblicato da alcuni me-dia secondo cui Intel ha smesso di lavorare sul processo produttivo a 10nm è falso. Stiamo facendo otti-mi progressi sui 10nm. I rendimenti stanno crescendo in maniera con-sistente insieme alla previsione che abbiamo condiviso durante l’ultimo rapporto sui guadagni.”Non rimane che attendere il 2019 per testare i nuovi Cannon Lake a 10nm (sempre che escano, ovvio).
di M. DI MARCO
D imenticate Google Drive: nasce
Google One. Nasce sotto l’auspi-
cio di permettere di “sfruttare al
meglio il potenziale di Google” il nuovo
servizio di cloud, che nei prossimi mesi
sbarcherà anche in Italia, e che racchiu-
de Drive, Foto, Gmail sotto un unico ser-
vizio. In alcuni casi i prezzi diventeranno
più vantaggiosi. Laddove oggi gli utenti
devono pagare 9,99 euro al mese per 1
TB di spazio d’archiviazione per Google
Drive, con Google One lo stesso prezzo
permetterà di accedere al doppio dello
spazio, cioè 2 TB. Sono previsti altri due
piani per l’Italia: 100 GB a 1,99 euro al
SOCIAL MEDIA E WEB Il cloud Google Drive sarà sostituito da Google One nei prossimi mesi
Google Drive cambia e diventa Google One 2 TeraByte in cloud a 9,99 euro al mese Non soltanto un cambio di nome ma un servizio completo che includerà anche piani familiari
mese (o 19,99 euro all’an-
no) e 200 GB a 2,99 euro
al mese (o 29,99 euro
all’anno). Per il momento
non ci sono informazioni
ufficiali sui prezzi dei piani
più alti, che arrivano fino
a 30 TB. Chi non vuole
spendere niente potrà
avere accesso a 15 GB di spazio.
“Nei prossimi mesi - spiega Google - per
tutti i piani consumer a pagamento di
Google Drive verrà eseguito l’upgrade
a Google One”. L’aggiornamento da Dri-
ve a One sarà automatico; non saran-
no modificati, invece, i piani dei clienti
business di G Suite. Ma non solo più
spazio: Google One prevederà anche
piani familiari per condividere con altri
cinque persone il piano, con un unico
pagamento. Previsti poi altri vantaggi,
come l’assistenza degli esperti e l’ac-
cesso ai crediti di Google Play.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Candido ROMANO
N uova stretta ai pirati online sulla
violazione del diritto d’autore con
interventi più veloci e utili a con-
trastare chi aggira le regole. Il Consiglio
dell’Autorità per le Garanzie nelle Comu-
nicazioni, AGCOM, ha approvato all’una-
nimità le modifiche al regolamento per
la tutela del diritto d’autore sulle reti di
comunicazione elettronica. In particolare
AGCOM potrà aggiornare rapidamente
l’elenco dei siti chiusi, che spesso cam-
biano dominio o parzialmente nome e
tornano subito online. È proprio questo
il cambiamento più importante. “AGCOM
può inoltre imporre ai provider - si legge
nel comunicato stampa - di adottare le mi-
sure più idonee per evitare la reiterazione
di violazioni già accertate e contrastare le
iniziative volte ad eludere l’applicazione
dei propri provvedimenti”. Di fatto si va a
ostacolare il principale metodo di “fuga”
dei siti di streaming illegale. Nella pra-
tica, infatti, ecco ciò che accade: i siti di
streaming illegale vengono chiusi, come
è accaduto recentemente, ma riescono
SOCIAL MEDIA Nuove regole dal Consiglio AGCOM per la tutela del diritto d’autore sulle reti
AGCOM contro la pirateria: cambiare il dominio del sito chiuso non basta Più potere per l’Autorità, per arginare la principale “via di fuga” dei siti di streaming illegale
a eludere l’inibizione
cambiando dominio
o leggermente nome.
Tornano subito online,
insomma, di fatto conti-
nuando a portare avanti
il servizio per il quale
sono stati inibiti. Attra-
verso le nuove regole
AGCOM può ora ag-
giornare rapidamente l’elenco dei siti che
hanno eluso l’istanza e che ripropongono
altrove la violazione già identificata entro
tre giorni dall’istanza. Per verificare che il
sito sia essenzialmente lo stesso, AGCOM
valuterà “la similarità del nome a dominio
con quello del sito già oggetto di provve-
dimento, la corrispondenza dell’indirizzo
IP, l’identità dei soggetti che hanno regi-
strato il nome a dominio, l’impostazione
grafica del sito, la struttura con cui sono
costruiti gli indirizzi URL delle pagine dei
siti, il rinvio ai medesimi profili, pagine o
gruppi sui social network, in cui peraltro
spesso gli utenti vengono avvisati diret-
tamente ed esplicitamente del cambio di
Arrivano le foto “3D” su Facebook Come funzionano e come si pubblicano Facebook ha annunciato la possibilità di postare foto 3D per tutti, realizzabili direttamente dallo smartphone ma solo con le foto in modalità ritratto di C. ROMANO
Facebook ha annunciato la possi-bilità di postare le cosiddette foto 3D. In realtà, non si tratta di foto in un “vero” 3D, insomma non si potrà vedere il soggetto da ogni angola-zione, ma si potranno “muovere” spostando leggermente lo smar-tphone o il puntatore del mouse per avere la sensazione di osser-vare una maggiore profondità di campo. Le foto sono visualizzabili sull’app, da PC o con visori VR come Oculus Go. Ci sono però del-le limitazioni. Innanzitutto lo scatto deve essere in modalità ritratto e catturato con uno smartphone con almeno due fotocamere. In que-sto modo le immagini catturate, grazie all’intelligenza artificiale di Facebook, mantengono una netta separazione tra i soggetti in primo piano, secondo piano e sfondo. L’IA parte dalla foto e “disegna” le parti dell’immagine che la camera dello smartphone non mostra. Scorren-do il feed di Facebook si noteranno foto un po’ diverse: se si inclina lo smartphone si vede nelle immagini il cosiddetto effetto parallasse, che dona alla foto più profondità. Pare che il rollout di questa funzione stia procedendo in maniera graduale, quindi prima o poi tutti la vedran-no comparire tra la lista di attività. Bisognerà quindi rispettare alcuni requisiti per creare foto in 3D:- Scattare una foto in modalità ri-tratto, ma lo smartphone deve es-sere un dual camera- Creare un nuovo post su FB- Si dovrebbe trovare la voce Foto 3D nella lista delle attività, sticker ecc. Basterà scegliere la foto e condividerla.
di Candido ROMANO
I I nuovi utenti di PC con Windows 10 de-
vono stare molto attenti quando scari-
cano il browser Google Chrome da
Microsoft Edge. Alcune segnalazioni ri-
portano infatti che il browser di Microsoft,
che si affida ovviamente a Bing, mostra
risultati di ricerca che contengono malwa-
re e adware. Non ci è cascato lo svilup-
patore Gabriel Landau, che ha capito che
la pagina mostrata da Bing su Edge era
semplicemente un pericoloso falso. In un
video postato su Twitter ha mostrato la ri-
cerca su Edge “download Chrome”. Il pri-
mo risultato sembra inizialmente proprio
la pagina ufficiale del download, “google.
com”, ma guardando l’URL qualcosa non
quadra: una volta atterrati sul sito l’indiriz-
zo è “googleonline2018.com”. La pagina
SOCIAL MEDIA Problemi per i nuovi utenti PC di Windows 10 quando scaricano Chrome da Edge
Attenzione a scaricare Chrome da Edge Uno sviluppatore ha capito che la pagina mostrata da Bing su Edge era un pericoloso falso
non sembra essere una repli-
ca esatta della landing page di
Google Chrome, ma è abba-
stanza realistica da truffare po-
tenzialmente un utente meno
attento. Clliccando sul tasto
di download viene scaricato
il file ChromeSetup.exe, ma
guardando le proprietà si nota
che è firmato digitalmente da
una compagnia chiamata Alpha Criteria.
No, non è riconducibile a Google, quindi è
molto probabile che questo file contenga
un malware. How to Geek riporta che il
finto indirizzo è indicato come “sito ingan-
nevole” da Google Chrome, ma la stes-
sa cosa non avviene con Edge e Bing. Il
problema principale sembra risiedere nel
fatto che Bing non fa un check dell’URL e
un problema del genere è stato riportato
anche lo scorso aprile, quindi è ricorrente.
Un portavoce di Microsoft ha dichiarato
che la pubblicità a questo sito è stata ri-
mossa da Bing (era un’ad, non un risultato
organico) e l’account associato è stato
bannato. Non è stato però spiegato come
questa pubblicità sia riuscita ad apparire
e non ci sono rassicurazioni che il proble-
ma non possa avvenire in futuro.
nome a dominio intervenuto dopo l’ordi-
ne dell’Autorità”. Le nuove norme mirano
a contrastare le violazioni più gravi con
appositi strumenti cautelari, ma introdu-
cono anche misure contro la reiterazione
delle violazioni. “È prevista, in particolare,
la possibilità di adottare, in via d’urgenza
e ove ne ricorrano i presupposti, prov-
vedimenti cautelari entro tre giorni dalla
ricezione della relativa istanza. Nel caso
di proposizione di reclamo avverso tali
provvedimenti, l’Autorità decide in via
definitiva nei successivi 7 giorni”, si legge
nella comunicazione ufficiale. Significa
che ci sarà più tempestività se online si
viene violato il diritto d’autore.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
N on manca nulla: c’è il piccolo Echo Dot, c’è Echo
Spot con display, c’è anche Echo Plus con modulo
zigbee per la domotica e il normale Echo. A questi
si aggiungono anche il subwoofer e la presa smart, an-
che loro parte dell’ecosistema Echo. Lo sbarco di Alexa
in Italia parte con il botto, e con lo sconto: Amazon deve
recuperare velocemente il terreno perso, con Google
Home ormai sul mercato da mesi, e propone i dispositivi
al 40% di sconto. Ma andiamo con ordine, perché molti
non sanno cosa siano Alexa e Echo.
Alexa è la mente, un assistente basato sull’intelligen-
za artificiale che vive nel cloud sui server di Amazon
Web Services e si evolve con il passare del tempo,
acquisendo “skill” e conoscenza. Non è facile spiega-
re in poche righe cosa fa Alexa, ma ci proviamo: Alexa
prova a rispondere ad ogni richiesta fatta cercando
all’interno delle sue abilità, le cosiddette skill. “Alexa,
quanto è finito il di Milano” o “Alexa, che tempo fa do-
mani?” sono alcune delle domande che possono es-
sere fatte. Solo utilizzandolo, però, si riesce davvero a
capire quanto siano vaste le conoscenze di Alexa. Molte
di queste sono “innate”: Alexa conosce già moltissime
cose e trova subito la risposta senza problemi, altre ri-
sposte devono invece essere sbloccate abilitando una
serie di abilità, le skill, tramite l’applicazione dedicata
di controllo. Una skill potrebbe essere accrescere le
conoscenze di Alexa in tema di ricette, di notizie di un
SMARTHOME Alexa, l’assistente di Amazon basato sull’intelligenza artificiale, arriva finalmente in Italia e parla italiano
Amazon Alexa in Italia con gli smart speaker Echo Lancio col botto: sconto del 40% sui dispositiviCon Alexa arriva anche tutta la gamma di smart speaker Echo: Echo Dot, Echo Spot con display, Echo Plus e il normale Echo
giornale, di canzoni di un servizio musicale: le skill sono
il contributo degli sviluppatori esterni al vastissimo mon-
do di conoscenze di Alexa. Ogni produttore di hardware
e software può aggiungere “skill” ad Alexa abilitando il
controllo e l’interazione vocale per i prodotti.
Perché Alexa ci ha messo tanto ad arrivare in Italia?Gianmaria Visconti, Country Manager Alexa per l’Italia
ci spiega che Amazon ha voluto personalizzare l’espe-
rienza, non si è limitata ad una semplice traduzione
dell’Alexa americana. Usando il centro di intelligenza
artificiale di Torino è stato rivisto tutto il motore di rico-
noscimento vocale prendendo non solo l’italiano ma
anche i suoi dialetti. “Alexa puoi spengere la luce”, come
direbbero in Toscana, viene riconosciuto ugualmente e
lo stesso vale per molti altri modi di dire. Migliaia di beta
tester hanno aiutato Alexa in questi mesi con tutti i dia-
letti e le inflessioni italiane, e anche le risposte sono sta-
te personalizzate e contestualizzate. Se si chiede “Cosa
fa la mucca?” Alexa risponde “Muuuu”, e se si prosegue
con “Alexa, e il coccodrillo?” simpaticamente risponde
“Non c’è nessuno che lo sa”, richiamando la canzone
dello Zecchino d’Oro. Barzellette, modi di dire, tipi di ri-
sposte, ogni cosa è stata adattata e rivista per l’Italia.
Cosa può fare Alexa in italiano?Alexa può leggere le notizie e fornire aggiornamenti
personalizzati: tra le fonti ci sono Repubblica, IlSo-
le24Ore, TGCOM24 e tanti altri (DDay ancora no). Ad
Alexa si possono chiedere i risultati delle squadra di
calcio o le previsioni del tempo a livello locale, nazionale
e internazionale. Basta chiedere: “Alexa, pioverà doma-
ni?”, “Alexa, che tempo fa a Milano?” oppure “Alexa, che
tempo fa a Roma questo weekend?”
Non manca l’esperienza musicale: si possono chiedere
album, radio e playlist dai principali servizi come Ama-
zon Music, Spotify Premium e Deezer. Tramite comandi
vocali è possibile controllare il volume e la riproduzione
pronunciando frasi come “Alexa, alza il volume” o “Alexa,
salta questa canzone”. Chiedendo “Alexa, che canzone
è questa?” si attiva un riconoscimento alla “Shazam”.
Per quanto riguarda la musica un abbonato Prime at-
tinge al catalogo gratuito Prime Music, e se un album o
una traccia non è presente viene riprodotto un estratto
da Amazon Music Unlimited. Acquistando un qualsiasi
dispositivo Echo verrà dato un periodo di uso gratuito
di tre mesi. Music Unlimited, che solitamente ha un co-
sto di 9.99 euro al mese o 99 euro all’anno per i clienti
Prime, sarà disponibile anche a 3.99 euro al mese se
viene associato ad un singolo dispositivo Echo. Questo
“Piano Echo” permette quindi ad un prezzo accessibi-
le di avere in casa un juke-box con oltre 50 milioni di
brani, ovviamente non fruibile in mobilità. Uno smart
speaker è pur sempre un diffusore, e Amazon non ha
trascurato aspetti come il multi room o la stereofonia:
si possono gestire i dispositivi su più stanze oppure
a coppie, per una riproduzione stereo. Chi vuole può
anche aggiungere il subwoofer. Tra le altre funzioni di
Alexa possiamo inserire chiamate e messaggi “hand-
sfree”: usando un dispositivo Echo si può parlare con
L’interno di Amazon Echo segue a pagina 26
torna al sommario 26
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
chiunque disponga di un altro device compatibile o con
l’app Alexa. Basta dire “Alexa, chiama papà” o “Alexa,
manda un messaggio a Federica”: usando Echo Spot,
che ha display e fotocamera, si abilita la funzione di vi-
deochiamata. Ad Alexa si può fare ogni tipo di doman-
da, dalle date ai luoghi passando ai calcoli matematici
e allo spelling delle parole. Alexa permette anche di im-
postare sveglie e timer, esempio “Alexa, svegliami alle 6
di domani mattina” e di aggiungere cose alla lista della
spesa o delle cose da fare. “Alexa, aggiungi pomodori
alla mia lista della spesa” oppure “Alexa, aggiungi ‘riti-
rare camicia’ nella mia Lista delle cose da fare”. C’è un
aspetto che ci piace moltissimo, ed è il controllo della
casa. Con Alexa è possibile gestire a voce luci, termo-
stati, prese intelligenti e interruttori di marche. Questo
viene fatto tramite Wi-fi con i prodotti Echo classici o
tramite Zigbee con Echo Plus. Tra i prodotti sopportati ci
sono le Philips Hue, le lampade IKEA, i termostati Netat-
mo e Honeywell, le videocamere TP-Link. Le immagini
di queste ultime sono visibili anche su Echo Spot in tem-
po reale. Alexa, oltre al controllo, gestisce anche scena-
ri e routine come un sistema di domotica complesso:
dicendo “Alexa, buonanotte” Alexa spegnerà le luci e
abbasserà le tapparelle. Si possono impostare “Routi-
ne” di ogni tipo. Il cuore di Alexa, come abbiamo già
detto, è rappresentato dalle skill, ovvero dai plugin rea-
lizzati dagli sviluppatori tramite la piattaforma gratuita
Alexa Skill Kit (ASK). Tra le skill realizzate appositamente
per l’Italia troviamo le ricette di GialloZafferano, la pos-
sibilità di ordinare una pizza su Just Eat, le definizioni
della Treccani, Super GuidaTv, MyMovies, le storie per
bambini della Giunti e i quiz sempre per bambini di De
Agostini e Clementoni. Si può anche conoscere lo stato
del proprio treno con Trenitalia, utile per chi la mattina
deve prendere il treno per andare al lavoro.
Lo abbiamo provato: il riconoscimento è impeccabileAbbiamo Alexa ormai da qualche mese e dobbiamo dire
che a nostro avviso è più avanti rispetto ad Home, nono-
stante sia arrivato dopo. Alexa capisce tutto, anche con
la TV accesa. Se ci sono più dispositivi Echo in ascolto
una tecnologia proprietaria di Amazon calcola in base
alla chiarezza della voce quale Echo è più vicino e lo usa
per risponde all’istante alla richiesta.
Michele Butti, director di Alexa international, italianissi-
mo, ci ha spiegato il segreto della facilità con cui Alexa
capisce ogni parola, anche se a pronunciarla è un bim-
bo di sette anni. Ogni Echo è dotato di un array di sette
microfoni che utilizzano la tecnologia beamforming e
isolano il rumore, in questo modo Echo può sentire i co-
mandi in modo chiaro anche dall’altra parte della stanza.
I segnali dei singoli microfoni vengono usati per elimina-
re il rumore, il riverbero, la musica in riproduzione e per-
sino le conversazioni in sottofondo, ed effettivamente è
difficile che Alexa sbagli. Nessun timore per la privacy:
i comandi vocali vengono inviati al server e ogni perso-
na, dall’app, può vedere tutto quello che è stato inviato
e cancellarlo. Inoltre i dispositivi Echo ascoltano solo
quando c’è la luce blu accesa, e c’è un tasto che stacca
fisicamente il microfono impedendo, anche volendo, di
ascoltare. Su un dispositivo di questo tipo Amazon è sta-
ta molto attenta a gestire accuratamente la privacy.
Quattro dispositivi al lancio e due accessoriVeniamo ora ai dispositivi: Alexa si chiama infatti tramite
l’app oppure tramite gli smart speaker Echo. In Italia ne
arrivano quattro, dove il modello standard è chiamato
semplicemente Echo.
Amazon Echo costa 99,99€ ed è per qualità audio e
prezzo sicuramente il prodotto più indicato per una
stanza di dimensioni medio grandi. Ha un woofer down-
firing da 63 mm, un tweeter dedicato, audio Dolby e una
resa omnidirezionale a 360°. Si collega ad Alexa tramite
wi-fi, è alimentato dalla rete ed è dotato anche di blue-
tooth, per chi lo vuole usare come speaker wireless con
servizi che non sono Alexa compatibili. Amazon Echo è
disponibile in grigio chiaro, melange e antracite.
Echo Plus costa 149,99€, e offre tutte le funzionalità in-
cluse in Echo con l’aggiunta di Zigbee. Ha un sensore
di temperatura incorporato, una qualità audio migliore
e nasce per fare da hub per la casa smart. Echo Plus ha
anche un woofer con magnete al neodimio da 76,2 mm
ed è anche lui disponibile nei colori grigio chiaro, me-
lange e antracite. Se non si hanno in casa dispositivi o
Gateway che usano Zigbee come protocollo forse è inu-
tile spendere di più per il Plus, anche se esteticamente
è più accattivante di Echo semplice. Echo Dot è adatto
alle piccole stanze, costa 59,99€ e dispone sia di blue-
tooth che di ingresso audio stereo 3.5 millimetri. Piace-
vole il design, con il rivestimento in tessuto disponibile
nei colori grigio chiaro, melange e antracite. Spot, che è
anche il più particolare, costa 129,99€ ed è disponibile
in bianco o nero: è l’unico dotato di schermo LCD che
arricchisce le informazioni vocali con informazioni visi-
ve. È perfetto per una scrivania o per il comodino, dove
grazie al display funziona come orologio. Echo Spot è
utilizzabile anche in cucina o ovunque si vogliano fare
chiamate a mano libera. Amazon ha inserito a catalogo
oltre ai quattro speaker Echo anche due accessori: ci
ha colpito Echo Sub, un subwoofer wireless perfetto da
SMARTHOME
Amazon lancia in Italia Alexasegue Da pagina 25
accoppiare agli smart speaker per creare un sistema 1.1
o 2.1 nel caso di l’audio stereo. Costa 129 euro e la resa
è abbastanza sorprendente: a breve faremo un sistema
2.1 smart basato proprio sul sub. C’è poi Amazon Smart
Plug, una presa intelligente che costa 29,99€ ed è dota-
ta di modulo Wi-Fi powered by Alexa. Grazie alla presa
smart si può integrare ogni dispositivo “non connesso”
nelle routing, anche se ovviamente si gestisce solo la
semplice accensione o o spegnimento. I dispositivi Echo
di Amazon non sono i soli a poter accedere ad Alexa:
ci sono anche dispositivi di terze parti come le cuffie
Bose, gli speaker Sonos, i sistemi Harman Kardon e le
cuffie Jabra. Anche lo smart Hub di TIM è compatibile
con Alexa. Gli smart speaker Amazon Echo, Echo Plus,
Echo Dot, Echo Spot, Echo Sub e Amazon Smart Plug
sono disponibili in pre-ordine su www.amazon.it/echo a
partire dal 30 ottobre. Tutti i prodotti si possono acqui-
stare ad un prezzo di lancio scontato del 40%. Echo Dot
costa quindi 35,99€, Echo 59,99 €, Echo Plus 89,99€ e
Echo Spot a 77,99€.
Nella foto sopra, Amazon Echo e sotto, Amazon Echo Dot
Amazon Echo Spot, dotato di schermo LCD
Amazon Smart Plug, la presa intelligente dotata di modulo Wi-Fi powered by Alexa.
Amazon Echo Sub, subwoofer wireless e accesso-rio perfetto da accoppiare agli smart speaker.
www.audiogamma.it
P5 Wireless.Abbiamo eliminatoil cavo ma il suonoè rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilitàsenza compromessi con 17 ore diautonomia e ricarica veloce perperformance allo stato dell'arte. Lasolita qualità e cura nei materiali diBowers & Wilkins adesso senza filigrazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Emauele VILLA
Tra tutti gli elettrodomestici che campeggiano
in casa ce n’è uno che resta sempre acceso: il
frigorifero. Che sia inverno o estate, giornate la-
vorative o vacanze, lui è sempre in azione per offrirci
alimenti freschi e ben conservati. La maggior parte
delle persone studia l’acquisto di un frigorifero in fun-
zione del prezzo di vendita, che come in tutti gli altri
ambiti subisce le logiche di mercato: con qualche
centinaio di euro si porta a casa un modello discreto,
per i modelli di altissimo profilo di passa a un ordine
di spesa superiore.
Poi, però, c’è la manutenzione: il frigo è acceso 24
ore al giorno, consuma corrente in modo continuo e,
nonostante ci siano svariate tecnologie di risparmio,
incide in modo più o meno considerevole sulla bol-
letta annuale. Ci siamo quindi posti qualche interro-
gativo. Il primo, semplice, è relativo ai costi annuali in
euro dei frigoriferi di ultima generazione: supponendo
di comprarne uno oggi, quanto avremo pagato tra un
anno in costi di esercizio? Poi però vogliamo appro-
fondire: supponendo che il nostro frigorifero di 15 anni
sia ancora funzionante, conviene passare a un model-
lo di oggi, considerando la sua maggiore efficienza?
Frigorifero, i costi di un annoAlla base dell’indagine sui costi di esercizio c’è la fa-
mosa etichetta energetica della quale abbiamo par-
lato svariate volte e che riporta, in sintesi, i principali
fattori che incidono sui consumi dell’elettrodomesti-
SMARTHOME Il frigorifero, restando acceso 24 ore su 24, potrebbe avere un consumo elettrico importante, ma quanto?
Sappiamo quanto consuma il nostro frigorifero e quando è il momento giusto per cambiarlo?Sostituendo un modello vecchio di 15 anni con uno di oggi, quanto impiegheremmo per ammortizzarne la spesa?
co, oltre a una valutazione sintetica dell’efficienza
espressa con una lettera e un valore associato. L’eti-
chetta è esposta su tutti i prodotti in commercio ed è il
primo elemento da valutare in sede d’acquisto quan-
do si cerca un dispositivo che non sia solo funzionale
ed evoluto, ma anche attento all’efficienza.
Ai nostri fini, le cose da guardare sono poche: la clas-
se energetica, che su un frigo di ultima generazione
è almeno A+, ma più probabilmente A++ o A+++, e so-
prattutto il costo anno in kWh. In modo estremamen-
te semplice, moltiplicando questo dato per il costo
dell’energia (che è di circa 0,2 € / kWh) si ottiene la
spesa annua. Da notare tra l’altro che le attuali eti-
chette energetiche stanno per andare incontro a un
totale restyling (2019) che eliminerà tutte le classi su-
periori alla A e rivedrà i parametri di accesso alle sin-
gole classi. Per ora, comunque, abbiamo i vari “più” e
non solo: i prodotti in assoluto più efficienti abbassa-
no ulteriormente i consumi di una certa percentuale,
come nel caso dell’A+++ -20%.
Attenzione, però: i dati che riportiamo non possono
essere considerati come comparabili. Ai fini della
compilazione dell’etichetta energetica, infatti, il calco-
lo dei consumi viene fatto in condizioni di laboratorio,
che poi spesso e volentieri non rispecchiano quelle
concrete di utilizzo. Banalmente, questi dati non ten-
gono conto che le porte vengono aperte e chiuse,
che la temperatura esterna varia di continuo e che i
frigoriferi attuali sono stracolmi di tecnologie che inci-
dono sui consumi. In pratica, anche qui dipende molto
da come lo si usa. Inoltre, i modelli che riportiamo in
tabella, pur più o meno ‘simili’ a livello di volumi e di-
mensioni (tutti doppia porta, per esempio) non sono
direttamente comparabili poiché il consumo è stretta-
mente legato alla capacità del frigo: per dirla in modo
semplice, è normale che un A+ di dimensioni compat-
te consumi meno di un A++ col doppio del volume.
Ciò nonostante, considerando il suo carattere di in-
stancabile lavoratore per 24 ore al giorno, 7 giorni su
7, il frigorifero è un buon candidato a previsioni tutto
sommato attendibili.
A differenza di altre categorie di prodotto, la tabella
di cui sopra non serve per identificare il proprio frigo
e scoprire quanto consuma: sul mercato ce ne sono
troppi (ogni produttore ne decine e decine a catalogo)
e quasi nessuno conosce l’incomprensibile sigla che
identifica il proprio modello, che magari è in cucina
da anni.
Ma abbiamo voluto riportare comunque qualche
esempio per dimostrare alcune cose: intanto una me-
dia di costo annuo tra i modelli disponibili (tra 30 e 70
segue a pagina 29
Marca Modello Classe Capacità (L) Consumo annuo Costo annuoAEG SCE81826TS A+ 268 291 kWh 58,2 €AEG SCE81826TS A++ 253 228 kWh 45,6 €AEG SCE81831FS A+++ 266 151 kWh 30,2 €Electrolux RJ2803AOW2 A+ 270 242 kWh 48,4 €Electrolux EJ2823AOX2 A++ 220 198 kWh 39,6 €Electrolux ENN2815COW A+++ 264 151 kWh 30,2 €LG GTB583PZCZD A++ 393 270 kWh 54 €LG GBP20DSQFS A+++ 343 178 kWh 35,6 €Miele KFN 28132 WS A++ 304 232 kWh 46,4 €Miele KFN 29132 EDT/CS A++ 338 242 kWh 48,4 €Miele KFN 29283 D EDT/CS A+++ 343 186 kWh 37,2 €Samsung RB29HER2CSA A++ 296 252 kWh 50,4 €Samsung RB33N340NSA/EF A+++ 315 175 kWh 35 €Smeg FC40PXNE4 A+ 357 368 kWh 73,6 €Smeg FC182PBN A++ 324 263 kWh 52,6 €Smeg FC370X3PE A+++ 343 262 kWh 52,4 €Whirlpool ART 6603/A+ SF A+ 275 299 kWh 59,8 €Whirlpool ART 8810/A++ SF A++ 275 235 kWh 47 €Whirlpool WDNF 93D B H A+++ 349 181 kWh 36,2 €
torna al sommario 29
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
euro), ma soprattutto il fatto che lo scarto tra il costo
dei modelli in commercio possa essere importante e
la scelta vada fatta con cura. Ci sono modelli, come
l’Electrolux da 264 litri in classe A+++, che per fun-
zionare costano 30 euro all’anno e altri che, con una
cubatura maggiore e una classe inferiore, arrivano
quasi al doppio. Andando a spulciare tra i cataloghi
ne troveremo sicuramente di più costosi.
Conviene cambiare il frigo di 10 anni? E quello che ne ha 20?
Supponiamo ora di avere un frigo di 10 anni, acqui-
stato nel 2008, perfettamente funzionante ma che
non può essere ottimizzato per quanto concerne i
consumi. Che non può, in pratica, essere confrontato
con uno attuale in termini di tecnologia e anche di
consumi. Ha senso cambiarlo adesso, anche se fun-
zionante, o è meglio attendere che il classico guasto
ci dia la spinta di cui abbiamo bisogno?
Siamo andati a spulciare vecchi cataloghi per verifi-
care quale fosse la classe d’elezione nel 2007 e sco-
priamo che la base era la A, mentre i migliori modelli
si stavano affacciando all’A+. Un po’ come capita oggi
SMARTHOME
Quanto consuma il nostro frigorifero?segue Da pagina 28
per A+++: il fatto che si tratti della classe migliore non
significa che siano tutti così, anzi di solito una quo-
ta piuttosto bassa del totale si può vantare di questa
certifica. Bene, cambiare un prodotto in classe A con
uno di oggi in classe A++ avrebbe poco senso ai fini
del risparmio: pur con tutte le cautele del caso, se un
300 litri in classe A++ di oggi consuma 250 kWh, un
A del 2007 ne consumava 380 kWh, con un risparmio
annuo di circa 25 euro all’anno a fronte di una spesa
di almeno 600-700 euro: poi è chiaro che i fattori che
incidono sono diversi, ma partendo da un risparmio
stimato di 25 euro, difficilmente potremo andare a più
di 35/40. Morale: per ammortizzare la spesa ci impie-
ghiamo ben più di 10 anni.
Diverso il caso del passaggio da A ad A+++: prenden-
do il modello più efficiente della tabella (l’AEG da 266
litri) avremmo un risparmio annuo di poco meno di 40
euro rispetto al “vetusto” (per modo di dire) modello
A del 2007. Qui iniziamo a fare delle valutazioni: se si
riesce a cogliere l’offerta giusta, c’è la possibilità di
ripagare il nuovo frigo solo con il risparmio in bolletta
tenendolo una decina d’anni, che è il ciclo di vita me-
dio di questi apparecchi. Ma anche andando in pari,
un frigo nuovo è più bello, curato, silenzioso e stracol-
mo di tecnologie.
Diverso è il caso che il nostro frigo sia dei primi anni
2000 e sia ancora in vita: qui gli anni sulle spalle sono
quasi 20 e la classe può essere serenamente una C o
una D. Andiamo un po’ a spanne, vista la scarsa docu-
mentazione disponibile, ma ipotizziamo che un frigo
in classe C del 2002 consumi il massimo consenti-
to dai regolamenti UE, ovvero 590 kWh/anno per un
modello da 300 litri. Il passaggio a un A+++ attuale,
che si trova anche a 500/600 euro, è impietoso e arri-
va anche a 80/90 euro di risparmio all’anno. Valutate
la cosa in funzione della vostra bolletta elettrica: in
una buona percentuale di casi, togliere 90 euro dal
cumulo annuale fa la differenza.
Quasi superfluo dire che se per caso il frigo è ancora
in attività, va cambiato alla velocità della luce poiché
verrebbe ripagato solo con il risparmio in 4 o 5 anni di
media. Con in più un milione altri vantaggi: silenziosi-
tà, design decisamente più moderno, evolute tecno-
logie di controllo, minore sensibilità alle temperature
esterne e alimenti freschi più a lungo.
L’efficienza energetica influisce sulla longevitàCapire quanto consuma l’unico elettrodomestico di
casa che resta sempre acceso è una curiosità che
avevamo da un po’: la media dei modelli attuali, pur
con tutte le precisazioni di cui sopra, va dai 30 ai 70
euro all’anno, una spesa sostenibile non fosse che si
somma a quella di tutti gli altri elettrodomestici che
usiamo quotidianamente. Per quanto concerne il di-
scorso della sostituzione, a nostro avviso dipende
tutto dal livello di efficienza del modello che andiamo
a sostituire: se nel “lontano” 2008 avessimo acqui-
stato un modello dai consumi molto contenuti (un A+,
per intenderci), potremo considerarlo ancora attuale
e non da sostituire con una classe più efficiente, a
meno che non concorrano altri fattori. Diverso il caso
dei modelli molto datati e, soprattutto, di quelli che
si acquistano senza valutare il fattore efficienza: qui
dopo 10 anni è proprio meglio guardarsi attorno…
torna al sommario 30
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
S ne volete giocare al superenalot-
to, forse i numeri dovreste farveli
dare da Renato Farina, ammini-
stratore delegato di Eutelsat. Sì, per-
ché già nel giugno dello scorso anno
aveva fatto una previsione, da noi raccolta e rilanciata, sul miglior ap-
proccio per gestire la cessione della
banda 700 del digitale terrestre: pas-
sare all’MPEG4 rimanendo in DVB-T e
appoggiarsi al satellite per tutto quello
che inevitabilmente sarebbe rimasto
tagliato fuori.
Ora che siamo di fronte alla concre-
ta difficoltà di stringere tutti i canali
odierni nei 10 multiplex nazionali per
ora pianificati e che il passaggio al-
l’MPEG4 è stato pianificato per il 2020,
lo scenario ipotizzato da Farina più
di un anno fa, che a tanti osservatori
sembrava del tutto fantasioso, appare
invece decisamente realistico.
E per trasformare l’auspicio in realtà,
Eutelsat si dichiara pronta a incenti-
vare il passaggio al satellite delle TV
locali, immaginiamo con un sostegno
economico che andrebbe a sommarsi
agli inevitabili indennizzi che spette-
rebbero a chi decidesse di rilasciare
frequenze del digitale terrestre.
“Eutelsat – annuncia l’Amministrato-
re Delegato di Eutelsat Italia Renato
Farina - è pronta a mettere in campo
un piano di incentivi per agevolare il
passaggio delle televisioni locali su
HOTBIRD in modo da arginare le con-
seguenze più estreme derivanti dalla
liberazione della banda 700 MHz. La
piattaforma satellitare - spiega - pos-
siede capacità trasmissiva e potenza
TV E VIDEO Eutelsat si dichiara pronta a incentivare il passaggio al satellite delle TV locali
Eutelsat: “Vogliamo dare una mano alle TV locali ad andare su satellite”Gli incentivi aiuterebbero a risolvere i problemi della cessione della banda 700 destinata al 5G
di banda adeguata non solo per assi-
curare una copertura uniforme del ter-
ritorio, ma anche per veicolare il se-
gnale delle emittenti regionali in alta
definizione. A breve ci saranno nuovi
sviluppi – conclude Farina – dopo una
stagione segnata dall’incremento dei
contenuti in HDR veicolati da Sky e di
quelli in 4K trasmessi da Tivùsat, che
diffonde anche le versioni HD dei ca-
nali di punta di Mediaset”.
C’è da ritenere che le emittenti che,
grazie all’incentivo, dovessero decide-
re il passaggio sul satellite, aderiscano
alla piattaforma Tivusat, che a questo
punto dovrebbe uscire dagli equivoci
e impostare una politica di presenza
commerciale e di marketing tesa a rag-
giungere una popolarità capillare non
solo nelle aree di difficile ricezione del
digitale terrestre. Pare che le prime
trattative tra Eutelsat ed alcuni grup-
pi di emittenti private e locali siano in
corso: resta solo da aspettare.
I vantaggi del satelliteOggi il satellite ha indubbi vantaggi:
copre tutta l’Italia, non ha limiti tra-
smissivi e può veicolare i segnali alla
migliore qualità possibile senza pro-
blemi di banda. Oltre al fatto che oggi
il satellite gode dell’appoggio della
prima pay TV italiana e di TivùSat, la
piattaforma satellitare gratuita che
grazie ai vantaggi offerti dal satellite
riesce a trasmettere la TV pubblica
italiana con una qualità sicuramente
superiore rispetto a quella del digitale
terrestre. La pay TV in 4K e HDR è su
satellite, la TV pubblica è su satellite
in HD, e gli italiani che hanno acces-
so con una parabola a Hotbird 13° Est,
il satellite più importante che serve il
nostro paese, sono quasi 10 milioni.
Mancano le TV locali, elemento che
oggi differenzia Sat da DVB-T, ma le
cose potrebbero cambiare presto.
Se le TV locali dovessero passare sul
satellite, l’offerta del satellite sarebbe
ben più ampia e più completa di quel-
la del DVB-T.
Con un fattore di non poco conto: una
qualità superiore, con un ricorso po-
tenziale al 4K praticamente illimitato.
Dopo aver fatto una legge che impo-
ne la vendita di apparecchi DVB-T2
con HEVC, dopo aver raccontato agli
italiani che senza questi prodotti non
vedranno più la TV, chi lo spiega ora
che forse era meglio richiedere come
obbligatoria la presenza di un tuner
sat all’interno?
Digitale terrestre e pay TV: arriva un nuovo bollino per le TV compatibili Sky e PremiumArriva un nuovo bollino per certificare i TV che, tramite CAM, potranno ricevere correttamente i servizi pay sia di Mediaset che di Sky. I bollini realizzati fino ad oggi assicuravano la piena compatibilità con un solo operatore pay di Roberto PEZZALI
Il cliente Pay Tv su piattaforma digi-tale terrestre ha da qualche mese una nuova opportunità: da giugno infatti Sky è sbarcata con la pro-pria offerta di canali a pagamento anche su questa piattaforma. La tecnologia abilitante è comune ai due operatori presenti (Mediaset Premium e Sky): il modulo CAM, una volta appannaggio della sola Premium, abilita oggi anche alla visione dell’offerta Sky per chi la sottoscrive. Ecco perché i produt-tori di TV stanno gradualmente sostituendo il bollino “PREMIUM SMART CAM READY” con il più generico “CAM READY – Pay TV digitale Terrestre”. La CAM gesti-sce infatti tutti gli aspetti della Pay TV su piattaforma digitale terre-stre: non solo la visione dei conte-nuti codificati, ma anche il rinnovo delle chiavi oppure l’acquisto dei singoli eventi. A distribuire il bol-lino, e a garantire la compatibilità delle CAM con le due piattaforme pay, ci penserà R2, la società che gestisce le attività operative della piattaforma DTT. e CAM già distri-buite (Premium CAM HD, Premium CAM, Samsung CAM HD, LG CAM HD, Smart CAMCAM Premium wi-fi e nuova Cam Sky marchiata i-Cam) sono tutte compatibili con i TV cer-tificati. L’elenco sarà disponibile presto sui siti di Mediaset e Sky.
Renato Farina, amministratore delegato di Eutelsat.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Gianfranco GIARDINA
“La situazione (della cessione della
banda 700, ndr) è particolarmente
complessa: l’Italia non dispone di
un’alternativa credibile al digitale ter-
restre. Il satellitare non va oltre il 16%”.
Affermazione pesante quella rilasciata
ieri nel suo intervento alla conferenza
annuale di HD Forum Italia da parte
del commissario AGCOM Antonio Mar-
tusciello. Pesante e profondamente
sbagliata, il che purtroppo apre scena-
ri apocalittici su come possa finire la
vicenda del reframing delle frequenze
TV per la cessione della banda 700 se
l’AGCOM, che deve governare buona
parte di questo processo, ha dati sba-
gliati sulla diffusione del satellite. Sa-
tellite che invece dovrebbe svolgere
un ruolo decisivo per dare visibilità e
banda a tutti quei canali TV che non vo-
gliono rimanere schiacciati nelle risor-
se frequenziali dimezzate del digitale
terrestre e che non vogliono scendere
a compromessi in termini di eccessiva
compressione dei segnali.
Infatti la copertura del satellite è eviden-
temente su tutto il territorio nazionale
e la diffusione di impianti di ricezione
riguarda oramai un terzo delle prime
case, come certifica il dato Auditel (che
AGCOM dovrebbe conoscere bene): 7.1
milioni di famiglie hanno il satellite nel-
la loro prima casa, il che corrisponde a
praticamente il 30% della popolazione.
Un errore, che se non fosse ascrivibile
a una semplice svista (ma non c’è stato
occasione di verificarlo perché il Com-
missario Martusciello è corso via dopo
il suo intervento), sarebbe grave per-
ché dimostrerebbe che AGCOM ha dei
pregiudizi ingiustificati nei confronti del
mezzo satellitare che, non solo ha una
diffusione praticamente doppia di quan-
to descritto dal Commissario, ma ha già
anche una piattaforma gratuita attiva e
operante (tivusat), con milioni di appara-
ti di ricezione certificati già installati. Se
queste sono le premesse ci stupisce un
po’ meno il fatto che il tema del satellite
non sia ancora entrato nell’agenda del
tavolo TV 4.0: chi pensa oggi, nell’era
del 4k (l’85% dei TV da 55” in su vendu-
TV E VIDEO Intervento criticato del Commissario AGCOM Antonio Martusciello all’HD Forum Italia
Povera Italia: l’AGCOM disegna il futuro della TV ma non conosce la diffusione del satellitePer una svista o per convinzione, il Commissario ha dimezzato la diffusione di impianti di ricezione del satellite. Si vuole forse tenere il satellite fuori dal tavolo TV 4.0?
ti oggi sono Ul-
traHD) e anche
dell’8K, di gio-
care la partita
ancora sul di-
gitale terrestre
e sulla banda
ultra larga, che
però non rag-
giunge ampie
aree d’Italia,
è fuori dalla
realtà.
La reazione di Eutelsat: “Quello di AGCOM è un dato inesatto”Pronta la reazione di Eutelsat: “Quello
dato dal Commissario Martusciello è
un dato inesatto - ha affermato in una
nota l’amministratore delegato Renato
Farina -. Il satellite HOTBIRD di Eutelsat
porta la televisione all’incirca a 10 milio-
ni di famiglie su una platea complessiva
stimata in 24 milioni telespettatori. Stia-
mo parlando di oltre il 30% della platea
televisiva italiana”.
Basta parlare solo di digitale terrestre: già oggi è limitante e antieconomico, figurarsi domaniIl fatto che il satellite debba entrare nel-
le discussioni del tavolo TV 4.0 è evi-
dente: come ha chiarito durante i lavori
della conferenza HD Forum Italia Alber-
to Sigismondi di Mediaset, il costo della
messa in onda di un canale in standard
definition sul digitale terrestre è pari - in-
credibilmente - a quello della messa in
onda su satellite di un ipotetico canale
8K. Stiamo parlando di una quantità di
pixel di 80 volte superiore trasportata a
casa degli utenti con un costo identico
a carico dell’emittente, con una coper-
tura del territorio - quella del setallite,
che è strutturalmente maggiore. Tanto
più che lo stesso Commissario Martu-
sciello, nel suo intervento, ha chiarito
che pensare che il 4K possa sbarcare
in pianta stabile sul digitale terrestre è
irrealistico: vogliamo essere condannati
a non avere contenuti migliori dell’HD?
Quando l’HD c’è, ovviamente, visto che
sul digitale terrestre ci sono ancora mol-
ti canali SD... Per questo, se vogliamo
davvero che la TV diventi come mini-
mo HD su tutti i canali, ma se possibile
anche 4K e, più avanti, 8K, il satellite
non può che far parte della soluzio-
ne. E sapere che all’AGCOM credono
- sbagliando - che la parabola sia un
stranezza per una sparuta nicchia di
persone, ci preoccupa alquanto.
LG OLED 8K I primi TV nei negozi a giugno 2019Il tema dell’8K continua a tenere banco. Dopo il lancio dei primi TV a marchio Samsung e l’esposizione di qualche prototipo alle fiere di settore (CES, IFA), tocca a LG fare un passo avanti concreto: i primi TV OLED 8K saranno nei negozi a metà 2019 di E. VILLAQuando vedremo nei negozi gli OLED 8K di LG che tanto fanno parlare di sé durante le fiere di settore? A metà del prossimo anno, secondo il CEO di LG Di-splay, che ha identificato in mag-gio il momento giusto per partire con la produzione di massa. Dato l’anticipo, è impossibile sa-pere di più circa le caratteristiche di questo modello: è più che pro-babile che si tratti dell’OLED 8K da 88’’ che l’azienda ha prima mostrato al CES 2019 e poi all’IFA di due mesi fa, un modello di di-mensioni estremamente genero-se che permetterà - se osservato dalla giusta distanza - di percepi-re la qualità dell’8K. Nella stessa occasione, il CEO di LG Display ha anche conferma-to la produzione di pannelli LCD 8K; qui però si arriverà dopo sul mercato, visto che i primi pannelli verranno prodotti nella seconda parte del 2019. Sia per l’OLED che per gli LCD 8K la presentazio-ne ufficiale, con tanto di modelli, sigle e prezzi indicativi, potrebbe arrivare già il prossimo gennaio, ovviamente al CES di Las Vegas.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Candido ROMANO
Se si chiedesse ad un comune mortale cosa sia il
Wi-Fi, probabilmente risponderebbe che si tratta
del mezzo attraverso il quale smartphone, tablet e
PC accedono a internet. Sebbene ciò sia innegabile, è
una definizione maccheronica che, soprattutto in ottica
futura, definire arcaica è riduttivo.
Da semplice mezzo per “connettersi a internet”, a pie-
tra miliare della smart home: i progressi compiuti dalle
reti Wi-Fi sono impressionanti al punto che alcune ap-
plicazioni – come quelle del cosiddetto Wi-Fi Sensing
– paiono tuttora futuristiche. Il punto di svolta, però, è
stata la nascita delle reti mesh, che ha segnato il debut-
to delle “reti intelligenti”. Su queste solide fondamenta
sono state costruite, poi, le basi per il supporto all’IoT e
gli assistenti virtuali, per una profonda mutazione fisica
e funzionale dei router che sono più vicini all’immagi-
nario collettivo.
Dalla corsa a velocità sempre più alte, alla massimizzazione della capacitàFino alla seconda generazione del Wi-Fi 802.11ac – che
oggi si definisce Wi-Fi 5 –, fondamentalmente si è cerca-
to di aumentare sempre più le massime velocità di con-
nessione in downlink e in uplink. Dai modesti 54 Mbps
della Wi-Fi 802.11a, la classe con la quale ha debuttato il
Wi-Fi, si è arrivati ai 3 Gbps del Wi-Fi 5. In realtà, il Wi-Fi
6 – ovvero quello che è conosciuto anche come Wi-Fi
802.11ax – fa ancora meglio: oltre 10 Gbps. Di fatto, però,
la corsa sfrenata verso la massimizzazione della velocità
di connessione è finita. Adesso, ci confessa Jesse Burke
– Staff Marketing Manager di Qualcomm – il focus è un
altro: massimizzare la capacità della rete.
“Se un cliente paga un operatore di rete per avere una connessione da 1 Gbps, noi dobbia-mo fare in modo che quello non resti solo un numeretto teorico, raggiungibile magari sol-tanto con una connessione cablata. Dobbiamo quantomeno avvicinarci anche tramite Wi-Fi, tenendo conto anche che il contesto delle reti domestiche è cambiato radicalmente.”
E Burke ha assolutamente ragione: da sparute attività di
browsing, che impegnano poca banda, oggi si è passati
ad un utilizzo della rete che vede lo streaming, magari
anche simultaneo attraverso dispositivi di diversa natu-
ra, protagonista assoluto. A tutto ciò si somma il fatto
incontrovertibile che oggi il Wi-Fi non connette più le
persone, ma i dispositivi. La quantità di aggeggi elettro-
nici “smart” che si collegano alla rete domestica cresce
esponenzialmente e senza tregua: PC, smartphone,
termostati, lampadine, serrature e chi più ne ha, più ne
SCIENZA E FUTURO Al Broadband World Forum di Berlino abbiamo fatto il punto sullo stato dell’arte delle reti Wi-Fi moderne
Da semplice connettività a rete “senziente” La pazzesca evoluzione del Wi-Fi domesticoI progressi compiuti dalle reti Wi-Fi nel tempo sono impressionanti. Il punto di svolta sono le reti mesh, più intelligenti e semplici
metta. Con modalità di utilizzo profondamente muta-
te, il Wi-Fi non poteva che evolversi di conseguenza,
grazie all’introduzione di tecnologie come il MIMO ed il
MU-MIMO ed ora l’OFDMA. Volendo semplificare molto
– forse anche troppo –, con le prime due si moltiplica la
capacità della rete sfruttando più antenne in parallelo,
mentre con la terza si ottimizza la trasmissione dei dati
attraverso la modulazione dello spettro delle onde.
Le reti mesh: più copertura, più semplici, più intelligentiCon i graduali progressi nel campo delle velocità e suc-
cessivamente della capacità, parallelamente non poteva
che svilupparsi un Wi-Fi più consumer friendly e più…in-
telligente. Sebbene ormai abusato, quest’ultimo attribu-
to è assolutamente calzante per le reti Wi-Fi moderne;
reti che Burke definisce sinteticamente SON, l’acronimo
di self organizing networks.
Allo scopo di semplificare l’esperienza utente, miglioran-
do contestualmente la copertura della rete in ambienti
molto ampi, le cosiddette reti mesh sono state adattate
anche al contesto domestico. Queste, di fatto, hanno po-
tenzialmente una struttura a maglie e fortemente adat-
tiva. In sostanza, queste vengono realizzate mediante
una base e uno o più satelliti, ove questi ultimi fungono
da ripetitori del segnale. Il risultato, però, è un’unica rete
– identificata dal medesimo SSID – all’interno della qua-
le ci si può spostare senza mai perdere la connessione.
Ma non è tutto: anzi, questa è solo la punta dell’iceberg:
la quintessenza delle reti mesh è proprio il loro essere
SON: base e satelliti si auto-configurano per massimiz-
zare la potenza e la copertura del segnale, scegliendo
autonomamente i canali meno congestionati. Spesso,
come il Netgear Orbi – che abbiamo provato un po’ di tempo fa –, poggiano su una banda supplementare,
diversa da quella a 2,4 e 5 GHz, adibita esclusivamente
segue a pagina 33
torna al sommario 33
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
alla comunicazione base-satellite e satellite-satellite.
Inoltre, se due satelliti sono connessi a cascata con la
base ed il satellite “intermedio” dovesse venir meno
– per problemi hardware o di qualsiasi altra natura – il
satellite più a valle cerca autonomamente un percorso
alternativo per trasmettere/ricevere il segnale; di riflesso,
tutti i dispositivi connessi al “nodo” della rete andato KO
vengono reindirizzati automaticamente sugli altri nodi.
Infine, quasi tutti dispositivi mesh adottano una filosofia
simil-plug & play. Di fatto, attivata l’alimentazione, alla
pressione di un tasto si connettono tra loro ed entra in
gioco la natura di SON, con tutte le necessarie configu-
razioni che hanno luogo in background.
IoT e assistenti virtuali: i confini tra i dispositivi che usano la rete e la creano si stanno assottigliandoBenché tutt’oggi vi sia ancora tanto spazio per miglio-
rare e rendere il Wi-Fi alla portata di tutti, negli ultimi
mesi sono stati aggiunti alcuni mattoncini fondamentali
per l’automazione domestica. Il primo è stato il supporto
a protocolli essenziali come ZigBee e Thread per l’in-
tegrazione nativa con gli accessori della smart home.
L’internet delle cose è entrato nel cuore dei router mesh
con tecnologia Qualcomm. E non sono certo pochi: al-
l’inizio di quest’anno, il 99% delle quote di mercato dei
router mesh per le SON era powered by Qualcomm. Il
secondo passo è stato, poi, quello di implementare gli
assistenti virtuali direttamente nei router o nei repea-
ter. Sotto questo profilo, il Netgear Orbi Voice – qui la nostra anteprima all’IFA di Berlino – ne è un fulgido
esempio: funge da ripetitore del segnale Wi-Fi, da diffu-
sore Hi-Fi e da portale di accesso ad Alexa. Il commento
in merito di Burke è laconico.
“Quello che vogliamo è far cadere questo muro che separa i dispositivi che usufruiscono della rete Wi-Fi da quelli che la creano.”
Avere dispositivi smart sparpagliati per la casa che mi-
gliorano le performance della rete domestica è un’idea
fantastica. C’è un’unica controindicazione: ad oggi, non
è scontato che dispositivi di due produttori diversi rie-
scano a dialogare tra loro. Burke, però, si è detto molto
ottimista in merito, confermando che l’azienda america-
na si è prodigata per definire gli standard del cosiddetto
Wi-Fi EasyMesh con la Wi-Fi Alliance. Di fatto, i prodotti
che vantano questa certificazione sono tutti compatibili
tra loro, indipendentemente dal brand che sfoggiano.
Uno sguardo al futuro: reti senzienti che interagiscono con l’ambienteTuttavia, il settore nel quale il Wi-Fi mostra tutto il suo po-
tenziale nell’ambito della smart home, è il cosiddetto Wi-
Fi Sensing. Grazie alle peculiarità delle reti mesh, il Wi-Fi
diventerà presto una rete senziente nel vero senso del
termine. ’ultima frontiera delle reti mesh riguarda, infatti,
la percezione dell’ambiente, ovvero, tra le altre cose, il
rilevamento della presenza di persone, inclusi i relativi
movimenti e le reciproche posizioni. La presenza di indi-
vidui, anche se in movimento, determina infatti un distur-
bo nelle onde generate dai router, che, opportunamente
elaborato, fornisce informazioni preziose. Lo stesso può
dirsi anche nel caso in cui vi sia una finestra o una porta
aperta: le correnti d’aria provocano interferenze dinami-
che sulle reti che sono facilmente percepibili.
Poter individuare una presenza all’interno di un am-
biente domestico consente di innescare particolari
scenari di automazione domestica: dalla regolazione
della temperatura a quella dell’illuminazione, passan-
do per i sistemi d’allarme. I campi di applicazione sono
innumerevoli e toccano persino la sicurezza personale,
visto che è possibile riconoscere anche una caduta ac-
cidentale (alla quale potrebbe seguire una notifica ad
un contatto di emergenza). Secondo Rahul Patel – Se-
nior Vice President & General Manager della divisione
Connectivity & Networking Business Unit di Qualcomm
–, col quale abbiamo chiacchierato di smartphone 5G, il Sensing non è una mera appendice delle reti
mesh, ma si tratta di un campo d’interesse primario per
lo sviluppo futuro del Wi-Fi. L’aspetto migliore è che i
suddetti scenari di automazione, oggi possibili attraver-
so una moltitudine di dispositivi da collegare alla rete
Wi-Fi, nel prossimo futuro potrebbero avverarsi senza
l’ausilio di ulteriori accessori.
SCIENZA E FUTURO
L’evoluzione del Wi-Fi domesticosegue Da pagina 32
di Gianfranco GIARDINA
Come nei film di fantascienza: creare
l’acqua potabile estraendola dal-
l’umidità dell’aria. È quello che ha
fatto Sharp con Skywell 5T, una macchina
compatta, un piccolo totem, che integra al
proprio interno un sistema di condensa-
SCIENZA E FUTURO Sharp lancia il primo prodotto che è stato sviluppato dalla holding della nuova proprietaria, Foxconn
Sharp estrae l’acqua potabile (ottima) dall’aria Un solo apparecchio genera 18 litri di acqua potabile di ottima qualità al giorno. L’abbiamo bevuta ed è davvero buona
zione d’acqua strappata all’aria, un piccolo
laboratorio di analisi acqua e un impianto
di riminireralizzazione. In pratica un solo
apparecchio che, una volta attaccato alla
corrente elettrica, genera in autonomia 18
litri di acqua potabile di ottima qualità al
giorno, senza alcun allacciamento idrico
e senza altra materia prima se non l’aria.
In realtà, qualcosa d’altro
c’è: si tratta dei mix di mi-
nerali che devono essere
addizionati all’acqua cattu-
rata che altrimenti sarebbe
semplicemente acqua di-
stillata. L’abbiamo provata
e l’acqua è decisamente
buona. E sicura, visto che
l’apparecchio la analizza
costantemente rispetto a
moltissimi parametri e, se
qualche valore diverge Sharp estrae l’acqua dall’aria...
lab
video
rispetto ai dati target, interrompe imme-
diatamente l’erogazione. Inoltre l’acqua
è sanificata, grazie a cicli di ozonizzazio-
ne ed esposizione ad appositi raggi ul-
travioletti. L’acqua può essere spillata sia
fredda che bollente, con le temperature
regolabili a piacere. Il costo è elevato,
almeno per il momento: 4299 euro, con
una vita prevista di minimo 60 mesi. Il
costo del litro d’acqua prodotto, tenendo
conto anche della corrente elettrica e dei
consumabili, arriva a 0,38 euro, un valore
non così distante da quello dei boccioni
d’acqua tipici degli uffici. E proprio gli
uffici sono il target giusto per la Skywell
5T, che possono eliminare la logistica di
approvvigionamento, come anche la ge-
nerazione di rifiuti plastici.
torna al sommario 34
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
TEST Sony AF9 ha un design mozzafiato, un sistema audio super e una qualità video ai massimi livelli. Lo abbiamo provato a fondo
Sony OLED AF9, la recensione. Immagine puraNuovo processore, calibrazione automatica, audio migliorato e tanti altri particolari. Solo il telecomando non è all’altezza
di Roberto PEZZALI, Gianfranco GIARDINA
D esign che vince non si cambia: il nuovo OLED
AF9 ricalca la linea di quello che è stato rite-
nuto da tutti il TV più bello dello scorso anno,
quell’OLED A1 che è riuscito ad apparire diverso in un
mercato fatto di TV tutti simili, base a parte.
Sony AF9, disponibile nelle versioni da 55”, 2.999
euro, e da 65”, 3.999 euro, è solo schermo: una la-
stra monolitica di vetro nero appoggiata ad un sup-
porto che si apre a compasso all’interno del quale è
stata inserita tutta la parte elettronica. Siamo davanti
ad una linea molto particolare, che richiede anche un
posizionamento particolare: con il vetro leggermente
inclinato il Sony AF9 è un TV che si riesce ad ap-
prezzare maggiormente se appoggiato a pavimento,
o leggermente rialzato, ma non certo su un mobile
che lo tiene all’altezza degli occhi. Per chi vuole po-
sizionarlo più in alto esiste una staffa per l’aggancio
a muro, ma l’AF9 non è certo il modello più adegua-
to per una installazione a parete, complice anche il
grosso blocco che contiene ingressi ed elettronica.
La qualità costruttiva è ai massimi livelli, ogni detta-
glio è stato curato con attenzione, dalle giunture ai
profili che proteggono lo schermo. Un vero spetta-
colo.
Audio dallo schermo E si sente benissimoL’Acoustic Surface Sound (qui nella versione +) ha evi-
denti vantaggi: con un TV che oramai ha perso ogni
connotazione di design frontale ed è tutto e solo
schermo, avere la possibilità di un’emissione frontale,
almeno per le alte frequenze, quelle più direzionali, è
decisamente un valore aggiunto importante.
La resa acustica di questo AF9 è sicuramente mol-
to buona, soprattutto se paragonata ai sistemi audio
dei TV di ultima generazione. Con il 65”, più ancora
che con il 55”, la direzionalità del suono proveniente
dallo schermo si fa sentire; e la resa nei panning de-
Sony OLED AF9L’UNICO NEO È IL TELECOMANDO: LA PERFEZIONE È AD UN PASSO 2.999,00 €Il Sony AF9 è probabilmente il miglior OLED che si possa acquistare se si guarda all’insieme: unisce un design mozzafiato e un sistema audio super ad una qualità video ai massimi livelli. Sony ha progettato l’AF9 per alzare ulteriormente il livello raggiunto da OLED A1 e AF8, e sicu-ramente ci è riuscita. Il TV che sotto il profilo della qualità video si avvicina di più al nuovo OLED Sony è il Panasonic FZ800, che però non può contare né sul design e neppure sulla qualità audio che il Sony riesce a offrire. Oltre alla presenza, sull’AF9, del Dolby Vision che rappresenta un notevole valore aggiunto. Sony è riuscita a migliorare anche quelli che erano gli aspetti critici dei modelli precedenti: tutte le porte HDMI ora gestiscono a pieno segnali 4K a 60p con HDR, prima solo due erano porte complete, e con un nuovo SoC Android TV è finalmente veloce e per nulla legnoso. Per chi puoi vuole spremerlo al massimo arrivano anche un completo CMS e il supporto alla calibrazione con Calman. L’unico punto debole è un telecomando infrarosso che non è ancora all’altezza di un prodotto così bello. Ma è davvero un piccolo neo, e se l’unico aspetto criticabile è il telecomando, si capisce quanto il Sony AF9 rappresenti per molti il TV perfetto.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
10 8 9 8 9 88.9COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità d’immagine ai massimi livelliResa audio superiore alla mediaAndroid TV è finalmente veloce
Telecomando non all’altezzaIl TV richiede un posizionamento particolareSi può definire Master solo se calibrato bene
lab
video
stra-sinistra è evidente e percepibile, soprattutto nei
videogame, dove l’effetto è forzato.
La resa direzionale è migliorata rispetto alle edizio-
ni precedenti di A1 e AF8 grazie all’adozione di
un’ulteriore coppia di trasduttori sullo schermo,
che passano così a tre: al destro e sinistro, si ag-
giunge anche il centrale. Il trasduttore aggiunto
è posizionato al centro, mentre canali destro e
sinistro sono rispettivamente a un quarto e tre
quarti della larghezza dello schermo. Anche il
sub-woofer raddoppia, passando da uno a due.
In realtà più che di sub-woofer bisognerebbe
parlare di woofer, visto che l’emissione dei tra-
sduttori applicati allo schermo è decisamente
polarizzata sulle alte frequenze mentre il resto
viene fatto egregiamente dai due speaker siste-
mati nel supporto posteriore. Sistemati, tra l’al-
tro, in modo intelligente: l’emissione dei woofer
è infatti prevalentemente laterale, permettendo
così anche l’installazione a parete senza “stroz-
zare” l’uscita del suono. In casi come questi, con
l’unione di sistemi di diffusione molto diversi,
come il trasduttore sullo schermo affiancato ai woo-
fer tradizionali, la maggiore difficoltà è garantire una
buona continuità timbrica, soprattutto nelle frequen-
ze di incrocio. Il risultato è sicuramente buono, mi-
gliore degli altri TV top di gamma, ma comunque non
all’altezza a quello di un buon diffusore tradizionale,
soprattutto per quanto riguarda le voci, a cui manca
un po’ di corpo nelle medio basse. Non abbiamo dati
tecnici di taglio in frequenza delle due componenti
del sistema audio, ma la sensazione è che l’incrocio
più critico sia proprio attorno ai timbri della voce ma-
schile. Ottima invece la resa con la musica pop, le cui
componenti principali, le basse frequenze e le alte,
sono ben gestite ognuna dalla sua componete elet-
tiva. Certamente possiamo dire che i bassi non sono
strabordanti: ci sono ma non basteranno a coloro che
cercano quell’estetica acustica super pompata, quasi
da car stereo. I 10 watt per woofer più di così non
possono fare. In definitiva, il sistema audio è netta-
mente al di sopra della concorrenza “tradizionale”,
segue a pagina 35
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
ma non quanto basta per far passare la voglia di un
buon impianto audio hi-fi collegato al TV, mentre il
senso di affiancare a questo TV una soundbar vie-
ne meno. In questo senso, la possibilità di collegare
l’uscita amplificata di un canale centrale ai morsetti
appositi convince solo se il centrale che si va a so-
stituire è un piccolo satellite. Se si dovesse trattare
invece di un buon diffusore esterno, è probabilmente
meglio propendere per questo, anche a costo di ave-
re un suono non precisamente proveniente
dallo schermo.
Telecomando inadeguato. Android TV finalmente va veloceIl telecomando è lo stesso della scorsa
generazione di TV: completo e convenzio-
nale, ma tutt’altro che adeguato alla classe
del TV. Al di là del materiale plastico, non è
più tempo di telecomandi a infrarossi, con i
relativi limiti di funzionamento, compresa la
necessità di puntare il telecomando verso
il TV. O meglio verso il rilevatore IR che è
posto nella parte bassa dello schermo. In
alcune condizioni, come per esempio il TV
appoggiato su un piano non troppo basso,
è facile che il rilevatore IR sia raggiungibile solo pun-
tando il telecomando a braccio alto. La cosa è strana,
anche in considerazione del fatto che il telecomando
ha funzionalità Bluetooth, visto che integra il micro-
fono per impartire comandi vocali. C’è il tasto scor-
ciatoia per Netflix e per Google Play; manca invece
quello per il più diffuso Amazon Prime Video.
Da segnalare anche la possibilità di impartire coman-
di vocali al TV (ma non c’è ancora il Google Assistant
integrato) anche senza utilizzare il telecomando: in-
fatti il TV integra un set di microfoni che - dobbiamo
dirlo - funzionano assolutamente bene e, dal divano,
anche parlando a voce bassa, reagiscono corret-
tamente all’invocazione “OK Google” e capiscono
chiaramente quello che viene detto. In pratica, si
può controllare il TV anche se non si trova tempo-
raneamente il telecomando, semplicemente con un
comando vocale.
La sintonia è veloce; il cambio canale forse potrebbe
esserlo di più, anche se siamo nella media. Più veloce
e per nulla legnosa è invece la navigazione nel menù
di Android TV, fra le diverse app: la latenza è minima
e la sensazione buona. Anche le app principali, come
Netflix e Youtube, partono velocemente, senza gran-
di attese. L’unica cosa che si fa attendere riguarda
ancora il tuner: nel menù principale è possibile vede-
re i minimali in movimento del canale selezionato, ma
il video parte con un paio di secondi di ritardo, troppo
per rendere questa funzione veramente utile.
Quattro HDMI vere per soddisfare ogni esigenzaMolto interessante la gestione degli ingressi: il si-
stema riconosce automaticamente il nome della
sorgente, almeno nel caso di quelle più diffuse. Se il
collegamento è mediato attraverso un amplificatore
home theater, il Sony AF9 è in grado comunque di
dialogare con le sorgenti e, man mano che vengono
commutate, le riconosce e crea per ognuna di esse
una sorta di ingresso virtuale: selezionandolo, non
solo si va sull’ingresso HDMI giusto ma si invia anche
all’amplificatore l’ordine di commutare direttamente
sull’ingresso corrispondente. Tutti e 4 gli ingressi
HDMI accettano segnali 4K a 10 bit, ma questa mo-
dalità deve essere attivata da menù, almeno per gli
ingressi HDMI 2, 3 e 4 (sull’1 la modalità estesa è at-
tiva di default).
Se non si attiva la modalità a 10 bit, le sorgenti, come
per esempio Sky Q, non sono in grado di riconoscere
il TV come compatibile e potrebbero non commutare
in 4K HDR. L’input lag è relativamente basso, attorno
ai 30 millisecondi, qualcosa meno in qualche situa-
zione.
L’immagine lascia davvero a bocca apertaCon la serie Master Sony vuole trasferire un messag-
gio chiaro: il motto “non è bello ciò che è bello ma è
bello ciò che piace” non vale se si sta parlando di un
televisore. Non esistono gusti personali, esiste una
immagine di riferimento che registi e direttori della
fotografia, profumatamente pagati, hanno scelto per
noi. È questa l’unica l’immagine che dev’essere vista,
ed è anche questa l’immagine che il Sony AF9 cerca
di portare nelle case di tutti.
Per farlo Sony non ha potuto servirsi di un nuovo tipo
di pannello OLED, perché di pannelli ne esiste solo
un tipo, ma ha cercato di dare ugualmente qualco-
sa in più rispetto a quanto viene dato dal già ottimo
AF8. C’è una nuova tecnologia chiamata Pixel Boo-
ster Master, che dovrebbe migliorare la dinamica
senza aumentare la luminosità di picco del pannello,
e c’è il nuovo processore X1 Ultimate che rispetto
alla versione Extreme usata sull’AF8 integra un nuo-
TEST
Sony OLED AF9segue Da pagina 34
segue a pagina 36
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
vo sistema “Object-based Super Resolution” che ri-
sulta ancora più preciso nell’eseguire l’upscaling dei
contenuti, segmentando la scena in diversi oggetti da
trattare singolarmente. Le novità però più apprezza-
te del nuovo AF9 sotto il profilo dell’immagine sono
però una semplificazione generale della gestione e
l’arrivo, finalmente, del CMS per la regolazione dei
colori. Le modalità di visione sono state ridotte da
dodici a sette, resta una modalità game con input
lag basso, una modalità cinema per la visione di film
out of the box e arrivano nuove modalità Custom,
una disponibile per chi vuole personalizzare la ca-
librazione di base e due che appaiono solo dopo
aver installato l’app Calman for Bravia dal Play Store.
Questa applicazione permette infatti di effettuare la
calibrazione automatica del TV utilizzando il softwa-
re Calman, una sonda e un generatore di segnali 4K.
L’abbiamo fatto, anche se la prova di visione è incen-
trata soprattutto sulle due modalità Cinema e sulla
modalità Netflix Calibrated Mode, che si attiva solo
utilizzando l’app di Netflix. Quest’ultima è una mo-
dalità unica che lavora sia con contenuti HDR e che
con tenuti a dinamica standard e dovrebbe garanti-
re la miglior resta possibile con i flussi distribuiti dal
noto servizio di streaming. Abbiamo cercato più
volte di capire in cosa è diversa questa modalità
rispetto alla normale “Cinema”, ma non siamo giun-
ti ad una conclusione: l’unica certezza è la quali-
tà di visione, anche con i contenuti di Netflix, che
soddisfa decisamente le nostre aspettative. Come
si vede l’AF9? Si vede meglio dell’AF8? Discorso
abbastanza complesso: il pannello è uguale, ma
qualcosa è cambiato nella gestione della dinamica
e soprattutto nel trattamento dei contenuti com-
pressi, sia da TV che da streaming. L’immagine ap-
pare più pulita, le sfumature più uniformi, il quadro
più compatto. Differenze davvero marginali, ma su
alcune sequenze di riferimento un piccolo margine
di miglioramento c’è. L’AF8 era già un eccellente
TV, l’AF9 alza la qualità di in gradino. Stiamo par-
lando comunque di un miglioramento difficile da
percepire se non si analizza bene la scena e se
non si conosce benissimo un contenuto: se dob-
biamo scegliere tra audio, velocità della smart TV
e qualità di visione cosa è migliorato di più tra AF8
e AF9 quasi sicuramente la qualità occupa il terzo
gradino del podio.
Non perché non sia migliorata, ma perché l’AF8 è
già uno dei migliori TV sul mercato e di migliorabi-
le c’era ben poco. Dalla TV ai blu-ray, passando per
Netflix a Amazon, l’immagine in modalità cinema ha
una resa impeccabile. Ottimo anche il gaming, no-
nostante resta presente il sistema di protezione del
pannello che abbassa la luminosità in certe situazio-
ni. Ed è un bene che ci sia: se si lascia un menu aper-
to in modalità HDR l’immagine resta impressa qual-
che minuto, probabilmente va via, ma chi ha appena
speso 4.000 euro per un TV e vede in sovraimpres-
sione un’immagine stampata, anche se temporanea,
potrebbe perdere qualche anno di vita. Dell’AF9
in realtà non abbiamo detto tutto, perché Sony ha
lavorato con Calman per aggiungere il CMS e per-
mettere la calibrazione automatica del pannello. Non
è una calibrazione hardware, è semplicemente una
automatizzazione di quello che un utente potrebbe
fare con l’attrezzatura giusta e il telecomando, impie-
gando però tantissimo tempo. In pochi minuti siamo
riusciti invece a portare il profilo Cinema Pro 1 ad un
livello vicino alla perfezione.
Non abbiamo un monitor OLED Sony broadcast per
fare un confronto, ma siamo certi che la scritta “Ma-
ster” si riferisce proprio a
quel grafico di linearità
piatto, a quell’errore sui
colori praticamente nullo e
ad una serie di misure che,
grafici alla mano, fanno
impallidire. L’AF9, calibrato
in automatico, diventa un
monitor di riferimento con
una resa che ricalca alla
perfezione gli standard.
Qui si potrebbero solleva-
re due questioni: la prima
è per qualche motivo, su
un TV di questo calibro,
Sony non effettui una ca-
librazione di questo tipo esemplare per esemplare.
La risposta a questa domanda in realtà la conoscia-
mo, è il tempo: Toshiyuki Ogura, Sony’s Chief Distin-
guished Engineer for TV, ci ha detto che volendo in
fabbrica, con una calibrazione sul singolo esemplare
a livello di pannello, si riuscirebbe a portare ogni
OLED allo stesso livello qualitativo dei monitor broa-
dcast da 30” BVM-X300, ma il costo sarebbe esage-
rato. La seconda questione è per quale motivo Sony
non venda l’AF9 insieme ad un servizio di calibrazio-
ne a domicilio. L’AF9 calibrato è sicuramente uno dei
migliori TV che ci sia mai capitato di vedere: solo in
queste condizioni si può parlare di “Master Series”,
perché solo dopo la calibrazione l’immagine rispec-
chia il messaggio che Sony vuole trasmettere. Sen-
za resta un TV eccellente, ma è questo passaggio
a fare la vera differenza e chi compra un TV Master
dovrebbe essere messo nelle condizioni di raggiun-
gere il livello promesso. La visione di contenuti 4K e
HDR con il TV tirato a lucido è quasi commovente: il
TV sparisce, è l’immagine pura. Ogni singolo difetto,
dalla grana video alla perdita di dettaglio, non è più
da imputare al televisore e alle sue mancanze, ma al
contenuto che si sta guardando.
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TEST
Sony OLED AF9segue Da pagina 35
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Ci sono capacità evolute, come l'intelligenza artificiale, che possono rendere uno smartphone straordinario nei gesti di tutti i giorni:per esempio capire la luce, riconoscere una voce a distanza, distinguere i soggetti ad ogni inquadratura per regalarti la foto perfetta. Tutto questo è LG G7 il nuovo smartphone di LG che offre un’esperienza unica in un corpo dal design speciale, maneggevolee leggero. LG G7, Mente Smart in Corpo Speciale.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Emanuele VILLA
Xperia XZ3 è l’ultimo smartphone top di gamma
targato Sony, l’ennesimo tentativo dell’azienda
giapponese di colpire al cuore gli appassionati e
far dimenticare loro i vari iPhone, Galaxy e Huawei.
Le premesse ci sono tutte ma questa volta si aggiun-
ge un aspetto da non sottovalutare: il prezzo. In occa-
sione del lancio italiano, Sony ha quantificato in 799
euro il costo finale di listino, decisamente ‘sostenuto’
ma pur sempre inferiore rispetto a molti competitor:
meno degli 879 euro di Galaxy S9, meno dei 1.189
euro di iPhone Xs e via dicendo.
In giro con XZ3: attira gli sguardi, ma ‘scivola’XZ3 fa una buona impressione fin dal primo utilizzo: il
telefono appare sottile e dalle linee morbide, compre-
sa la classica smussatura ai lati del display che abilita
una delle funzioni particolari di XZ3, il sensore laterale
di cui si dirà successivamente. XZ3 è un telefono ro-
busto e di sicuro non il massimo della leggerezza, ma
in quanto ad eleganza è notevole. Abbiamo provato il
modello con finitura nera, ma immaginiamo che gli altri
colori disponibili, nella fattispecie il verde foresta, pos-
sa essere anche più piacevole ed attraente alla vista.
Portandolo in giro per una decina di giorni abbiamo
rischiato più volte di farlo cadere: il telefono è lucidis-
simo e abbastanza scivoloso, bisogna prestare un po’
di attenzione per evitare che cada rovinosamente. C’è
sempre il Gorilla Glass 5 che promette miracolo, e nella
peggiore delle ipotesi ci si può affidare a una cover, ma
a quel punto si saluta la finezza del design.
Ci dispiace un po’ il fatto che il vetro della scocca po-
steriore si possa facilmente sporcare con le classiche
ditate, ma è un effetto collaterale cui ci si abitua in
fretta: XZ3 non può andare sott’acqua ma grazie alla
certifica IP65/68, resiste a schizzi, piogge e temporali
inattesi. Tutti i tasti sono disposti sul bordo destro del
dispositivo e constano, oltre al classico bilanciere del
volume, del tasto di accensione/spegnimento e quel-
lo dedicato alla fotocamera, come da tradizione Sony.
Non c’è il jack per le cuffie, ma nella confezione è com-
preso l’adattatore per chi non volesse ancora ‘cedere’
TEST Abbiamo vissuto con l’ultimo top di gamma Sony per testarlo bene: ha punti di forza assoluti ma non tali da distiguerlo da tutti
Sony Xperia XZ3: completezza a un prezzo giustoUn buon rapporto qualità/prezzo e un ottimo display OLED lo rendono un prodotto assolutamente da non sottovalutare
Sony Xperia XZ3A UN PASSO DALLA VETTA. MA IL PREZZO È GIUSTO 799,00 €Strano posizionamento questo di Xperia XZ3: è un prodotto di fascia molto alta che Sony propone a un listino accettabile (in senso relativo, ovvio) e ha punti di forza assoluti che però non sono sufficienti per renderlo il migliore di tutti, il best buy per eccellenza. Il display OLED è ottimo, la piattaforma Snapdragon 845 non ha bisogno di presentazioni, Android Pie è una piacevole sorpresa e 64GB di storage non saranno il massimo ma sono più che sufficienti. Manca il sistema di riconoscimento del volto in stile Face ID ma non è una tragedia, così come non lo è una fotocamera “nella norma” e un’autonomia che garantisca il classico giorno di utilizzo. La sensazione, perchè di questo si tratta, è che Sony abbia voluto ottimizzare il rapporto qualità/prezzo più che scavalcare i rivali con qualche finezza tecnica o innovazione forte: Xperia XZ3 è uno smartphone che fa bene quello che deve fare, che vale quello che costa (oltretutto il listino si ridimensionerà con l’andare del tempo) e che ti lascia soddisfatto, ma è anche molto simile a tutti gli altri, OLED e design esclusi.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 7 9 8 8 98.2
COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni generaliDisplay OLEDDesign eccellente
Posizione sensore impronteAutonomia migliorabile
lab
video
passando al bluetooth. Da notare, cosa curiosa, che lo
slot per la SIM e la SD Card non ha il solito pin da rag-
giungere con la pinzetta in dotazione ma è all’interno di
un carrellino facilmente estraibile: non ci è sembrata la
soluzione più solida del lotto (il carrellino è sottilissimo),
ma senza dubbio è la più comoda.
Finalmente OLED in uno smartphone Sony: una marcia in più?Non è un mistero che Sony stia finalmente investendo
in modo deciso nel mondo dei TV OLED, ma finora era
piuttosto restia ad impiegarlo anche negli smartpho-
ne. XZ3 è infatti il primo telefono Sony con pannello
OLED compatibile HDR e tutte le tecnologie di tratta-
mento d’immagine di casa Sony: Triluminos Display
for Mobile, ma anche la tecnologia X-Reality for Mobi-
le che nella fattispecie converte in simil-HDR i classici
video riprodotti su dispositivo mobile, da YouTube a
quelli registrati con la videocamera del telefono.
Tutto ciò su 6’’ di diagonale con risoluzione QHD+
da 1.440 x 2.880 pixel. Avendo in prova la versione
nera dell’XZ3, possiamo confermare che lo spetta-
colo è notevole: il display generoso lo rende adatto
a guardare un film o una puntata di serie TV durante
gli spostamenti e non c’è modo di scorgere lo stacco
tra il display e la scocca a meno di osservare il display
controluce. Durante la riproduzione l’impressione che
il telefono sia “tutto schermo” è forte. In realtà, pur
sposando la filosofia bezel-less, Sony ha optato per
ridurre al minimo le porzioni superiore e inferiore del
telefono ma senza esagerare: gli ingegneri non han-
no cercato di eliminarle inserendo il notch (la famosa
tacca) o qualche soluzione più o meno fantasiosa, si
sono limitati a renderne le dimensioni contenute sen-
za voler strafare. Complice l’aspect ratio del telefono,
l’ormai classico 18:9, XZ3 si impugna con semplicità
e non è scomodo da portare con sé. Unico neo di
un telefono stretto e alto è la digitazione: chi ha una
mano abbastanza grande può trovare difficoltà a di-
gitare bene sul tastierino che rimane, in condizioni di
default, piuttosto stretto. Ci sono ovviamente tutti gli
strumenti di assistenza e c’è, soprattutto, l’abitudine,
che da questo punto di vista fa miracoli. La qualità del-
segue a pagina 39
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
TEST
Sony Xperia XZ3segue Da pagina 38
le immagini è e resta notevole notevole. Il pannello è
un OLED Pentile capace di una resa davvero notevole
sulle alte e le basse luci, il tutto appoggiato alla “so-
lita” resa cromatica brillante dell’OLED. Osservando
un buon video di YouTube o Netflix, l’attivazione della
modalità X-Reality in sequenze originali molto contra-
state porta benefici tangibili: oltre a un innalzamen-
to percepibile della luminosità, l’immagine appare
comunque più dettagliata e con una dose di vivacità
ulteriore, ma senza esagerare diventando fortemente
innaturale. Sony ha ottimizzato gli algoritmi per dare
un effetto HDR al materiale d’origine SDR: l’effetto è
piacevole proprio perché l’immagine diventa più inci-
siva ma senza eccedere creando fastidiosi artefatti.
Che dire della luminosità? Discreta, abbiamo visto di
meglio ma non possiamo di sicuro considerarla un
problema: in condizioni di forte luminosità ambientale,
come in questi ultimi giorni di ottobre, si fatica un po’ a
leggere il display ma alla fine ce la si fa.
Prestazioni di alto profilo, batteria migliorabileCome spesso accade, la parte in cui parliamo delle
prestazioni non è più quella determinante: basta dire
snapdragon 845, 4GB di RAM e 64GB di memoria di
storage per trovarsi di fronte a un prodotto di fascia
alta (c’è di meglio ma di poco) che non può temere
giochi di ultima generazione, multitasking massiccio
o funzionalità particolari: fa tutto, lo fa bene (qualche
rallentamento qua e là ma niente che sia meritevole
di menzione) ed è assistito dalla versatilità di Android
Pie 9. Anzi, quest’ultima è proprio una delle novità più
interessanti di questo terminale: troviamo così le nuo-
ve funzionalità come la batteria e la luminosità adatti-
ve, le nuove funzioni di accessibilità, di sicurezza e via
dicendo. Piacevole il fatto che si parta direttamente
con Pie, e ancor più interessante la prova delle nuove
funzionalità: per quanto riguarda l’autonomia, di cui
si dirà poco sotto, la batteria adattiva sfrutta algoritmi
di machine learning
per assegnare alle
app in background
più o meno ener-
gia a seconda della
frequenza d’uso, e
la stessa cosa ca-
pita con la lumino-
sità, che appunto si
adatta a specifiche
app e funzionalità
a seconda della
frequenza e del-
l’insistenza con cui
le usiamo. Ma so-
prattutto troviamo,
tornando a XZ3, i
“sensori laterali”,
funzionalità che
Sony ha assegnato
ai bordi del telefo-
no (o meglio, ai bordi del display,
non ci sono veri e propri sensori
sulla scocca) e che si attivano
con un doppio tap su uno dei due
lati: è sostanzialmente un modo
per accedere in modo rapido alle
applicazioni con una mano sola.
Per usare questa funzionalità bi-
sogna fare un doppio tap su uno
dei due bordi del telefono e com-
paiono le icone delle app, debi-
tamente rimpicciolite per essere
facilmente accessibili con una
mano sola; qui è anche disponi-
bile l’Intelligent Engine di Sony,
utile a mostrare solo le app di
uso più frequente. La funzionalità
è comoda, di sicuro non indispensabile ma quando ci
si abitua poi la si usa abbastanza. Tutto sta a volersi
abituare, perchè di sicuro non è un “must”. Il doppio
tap è reattivo il giusto, lo slide per scorrere tra le app
un po’ meno ma non è la funzionalità principale.
Discorso batteria: tra le funzionalità di Android Pie e
quelle dell’Xperia, la gestione dell’autonomia è stra-
colma di possibilità. Abbiamo la famosa Batteria Adat-
tiva di Android Pie, una gestione avanzata delle appli-
cazioni che consumano di più, una ricarica intelligente
e le modalità Stamina e Ultra Stamina per prolungare
l’autonomia. Stamina, in particolare, permette la rego-
lazione fine delle funzionalità (hardware e software)
che più incidono sull’autonomia del dispositivo, men-
tre Ultra Stamina è un’opzione estrema che porta al
minimo le funzioni dello smartphone per permettergli
un po’ di vita utile in più. In generale si può afferma-
re che l’autonomia sia bilanciata, ma la sensazione è
che si potesse fare meglio: questo non è un telefono
da cui un power user può ottenere due giorni di uso
intenso, è il classico modello che arriva a sera agevol-
mente ma poi va ricaricato. Un uso parsimonioso, ma-
gari con la modalità Stamina, può andare all’attacco
dei due giorni, ma è difficile ipotizzare l’acquisto di un
telefono come questo per poi tirare il freno a mano.
Audio notevole. Trema tutto, ma è giusto cosìCome da tradizione, anche questo Xperia XZ3 consi-
dera l’audio un aspetto fondamentale dell’esperienza
d’uso. E fa bene, considerando quanta gente va in giro
con gli auricolari nelle orecchie e un po’ di buona mu-
sica per stemperare le tensioni della giornata. Come
sempre, il numero di sigle è impressionante: abbiamo
LDAC, DSEE HX e Clear Audio+, ma poi proseguia-
mo con Clear Bass ed S-Force Front Surround per
non farci mancare proprio nulla, confidando inoltre
nel pieno supporto per l’audio HD in formato LPCM,
FLAC, ALAC e DSD. Sigle a parte, Xperia XZ3 non ha
il jack da 3,5’’, rendendo bluetooth o adattatore USB-
C/Jack le uniche due possibilità. Quest’ultima, inoltre,
è l’unica che permette l’attivazione del circuito DSEE
HX che effettua l’upscaling dell’audio compresso per
offrire un suono più simile a quello della sorgente: nel
caso si usi una cuffia/auricolare bluetooth “standard”,
la possibilità è il Clear Audio+, mentre la trasmissione
LDAC di audio HD via bluetooth (a 990 kbps contro i
384 del bluetooth tradizionale) vale solo se si usano
dispositivi compatibili, come le cuffie di alta gamma
della stessa Sony. Volendo invece replicare un caso
più comune, usando quindi auricolari bluetooth classi-
ci, il risultato è comunque interessante: senza alcuna
elaborazione, l’audio appare pieno e bilanciato, deci-
samente migliore rispetto alla media degli smartpho-
ne concorrenti. Notevole il livello sonoro e molto am-
pia la scena, con bassi forse leggermente in secondo
piano che poi emergono in modo “importante” atti-
vando il Clear Audio+, che sostanzialmente espande
la dinamica mettendo a dura prova gli auricolari. Se ce
la fanno, il quadro diventa di sicuro più coinvolgente
anche se un filo meno dettagliato
Poi c’è il discorso dell’S-Force Front Surround, di cui
abbiamo difficoltà a capire il senso. Ma funziona, fun-
ziona esattamente come dice: insieme alla classica
regolazione del volume c’è la “Vibrazione dinamica”,
che fa esattamente quanto è suggerito dal nome: fa
vibrare la scocca in modo più o meno intenso a se-
conda dell’intenzione dell’utente. Il tutto a ritmo di
musica. Nulla di trascendentale e/o utile, ma il livello
di pressione sonora che i piccoli altoparlanti riescono
a raggiungere è notevole: è solo un piccolo extra, ma
a volte, come quando si vuole mostrare un breve vi-
deo agli amici, può essere utile.
Fotocamera discreta, senza strafareDall’esperienza Sony in ambito fotografico ci si aspetta
sempre il meglio. Questa volta, complice anche un listi-
USB-C e nessun jack per le cuffie. Soluzioni: adattatore o Bluetooth.
segue a pagina 40
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
no più abbordabile di molti competitor, le prestazioni
restano buone ma - nostra sensazione - manca quella
ricerca dell’eccellenza assoluta che si ritrova in altri
smartphone. Fa un certo effetto vedere una sola foto-
camera: a prescindere che sia moda o reale utilità, or-
mai il mondo degli smartphone di alto livello ha almeno
2 “occhi” con cui cattura la realtà circostante. Qui Sony
ha invece optato per un modulo ‘Motion Eye’ da 19
mpixel basato sul noto sensore IMX400 da 1/2,3” con
memoria di tipo stacked e Pixel pitch 1,22 μm. L’obiet-
tivo è un Sony G grandangolare F2.0 da 25 mm (equi-
valente 35mm), sprovvisto di stabilizzazione ottica. Alla
base delle funzionalità fotografiche e di videoripresa
abbiamo il Bionz per mobile e algoritmi di intelligen-
za artificiale che animano alcune funzioni (secondarie)
come Smart Launch che attiva la fotocamera e scatta
quando si fa il gesto di estrarre lo smartphone e posi-
zionarlo per scattare una foto: funziona, è un po’ lento
ma funziona. Ma non è trascendentale: con un pulsante
fisico dedicato che avvia la fotocamera in mezzo se-
condo scarso non c’è bisogno di grandi trovate extra.
A proposito di pulsanti o pseudo-pulsanti, il sensore
d’impronte ha una collocazione un po’ infelice.
È esattamente nel mezzo della scocca posteriore, ma
se la dimensione della mano non è delle più piccole, si
finisce quasi sempre per toccare la lente della fotoca-
mera e poi abbassare il dito per raggiungere il sensore.
Alzarli entrambi in XZ4 è un’ipotesi da non sottovalu-
tare. Torniamo alle foto. L’interfaccia studiata da Sony
per l’app Fotocamera è notevole e intuitiva il giusto: la
modalità di default è quella completamente automati-
ca, ma è possibile avventurarsi con regolazioni manua-
li oppure sfruttare una delle modalità speciali (come il
Bokeh o il panorama, vedi immagini qui sotto) in modo
TEST
Sony Xperia XZ3segue Da pagina 39
I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca sulle immagini per l’ingrandimento
abbastanza rapido e intuitivo. Fa comunque piacere
notare la ricchezza di funzionalità, anche se poi molte
verranno usare con una certa parsimonia. Per gli scatti
in condizioni di luce ottimale abbiamo usato la modalità
automatica, come si usa fare nella maggior parte dei
casi: il livello di dettaglio è notevole così come la rapi-
dità di scatto, grazie anche alla memoria stacked che
accelera tutto il processo di scatto e cattura dell’imma-
gine. La rapidità di messa a fuoco è nella norma, l’espo-
sizione leggermente alta ci ha portato a compensare
in alcune occasioni, ma niente di importante. I risultati,
pubblicati qui sotto, mostrano una piacevole fedeltà al
reale e una buona resa di dettaglio, sia pur nell’ambito
delle possibilità di un sensore di queste dimensioni. La
compressione, avvertibile, non dà fastidio. Capace di
ottimi risultati la modalità Panorama, ancora da perfe-
zionare il bokeh che funziona al massimo a 8 mpixel in
modalità wide: la strada fatta dai primi tentativi si vede,
ma il processo di affinamento degli algoritmi ha ancora
strada da percorrere.
Nelle immagini che abbiamo scattato si capisce perfet-
tamente che se il soggetto è posizionato su un piano
verticale lo scatto è ottimo; quando invece il soggetto è
tridimensionale (le foglie) il gioco si fa duro e impreciso:
intervenire in un secondo momento è possibile e ren-
de l’immagine accettabile, ma il ‘trucco’ è chiaramente
visibile come nell’immagine delle foglie. Infine, le foto
notturne. Premesso che gli scatti pubblicati sono not-
turni al 100% (oltre le 22) con scarsa illuminazione
ambientale e alti ISO, il rapporto tra informazione
visibile e rumore non è un granché ma rappresenta
senz’altro la norma, senza infamia e senza lode.
L’immagine ci sembra leggermente più dettagliata
della media degli smartphone di fascia medio-alta,
ma i risultati sono chiaramente condizionati dalla na-
tura del prodotto.
Il bokeh ha margini di miglioramento
torna al sommario 41
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
D a diverse settimane abbiamo sottomano l’Xperia
XZ3: insieme alla prova, abbiamo deciso di dedi-
care un po’ di spazio anche allo schermo. Per la
prima volta infatti su uno smartphone Xperia viene usato
uno schermo OLED e da Sony, che ha una tradizione nel
campo dell’immagine e del video di lunga data, non pos-
siamo che aspettarci una resa eccezionale. Lo schermo
OLED dell’Xperia XZ3 è davvero eccelso? Come si com-
porta nelle diverse situazioni? Siamo davanti ad un vero
display HDR? Cerchiamo di dare tutte le risposte.
Lo schermo OLED dell’Xperia XZ3 non è un OLED RGB
come si pensava ma è un tipico display PenTile. Il pro-
duttore è probabilmente JDI, Japan Display Inc, e lo
diciamo perché nei suoi tratti non abbiamo riscontrato
le caratteristiche tipiche degli altri produttori di schermi
OLED per smartphone. Il display ha una risoluzione di
1440 x 2880 pixel ed è compatibile HDR10, tra le par-
ticolarità Sony parla di X-Reality for Mobile ma siamo di
fronte ad un classico filtro di enhancing che rende solo
le immagini più accattivanti, ma non necessariamente
più accurate.
Nel pannello impostazioni dell’Xperia XZ3 è possibile
regolare sia la gestione dello spazio colore sia il punto
di bianco. Per il primo ci sono tre opzioni, una modalità
“professionale” che dovrebbe rispecchiare l’sRGB, una
modalità chiamata “standard” che dovrebbe produrre
colori intensi e una opzione “super vivid” che accresce
ulteriormente la saturazione. Le analizzeremo nel det-
taglio successivamente. A questo si abbina anche una
regolazione del punto di bianco con tre livelli preimpo-
stati, caldo, standard e freddo e la possibilità di regola-
re il punto di bianco ma solo su un punto, agendo sui
classici controlli R/G/B. Come sempre riteniamo queste
regolazioni totalmente superflue, fanno scena e non
portano benefici reali. Se si potesse regolare il bianco
due due o più punti, e con una schermata totalmente
TEST Per la prima volta su uno smartphone Xperia viene usato uno schermo OLED e da Sony ci si aspetta una resa eccezionale
Sony Xperia XZ3 ha davvero il miglior schermo mai usato su uno smartphone? La nostra analisiL’abbiamo messo alla prova per vedere come si comporta in varie situazioni e per capire se è una meraviglia come tutti dicono
bianca, sarebbe sicuramente più utile. Partiamo dalla
scala di grigi: tutte e tre le modalità di Sony sono un po’
troppo fredde, anche quella paradossalmente chiama-
ta “calda”. Il grafico mostra un andamento comunque
discreto, ma abbiamo visto display decisamente mi-
gliori: quello degli iPhone e quello del Note 9 sono
decisamente più calibrati, quello del Mate 20 Pro fa
leggermente peggio. Abbiamo provato a correggere
la situazione con la regolazione personalizzata (rosso
90, verde 57, blu 0 le impostazioni nostre), ma agisce
su un singolo punto: per correggere il bianco 100 ab-
biamo alterato il resto della scala. Purtroppo è impos-
sibile tenere un comportamento lineare con un errore
ridotto (a breve arriveranno una serie di contenuti che
spiegano bene cosa vuol dire errore / DeltaE) su tutti i
livelli, se si correggono le alte luci si sballano le basse
luci e viceversa. Sul fronte della luminosità il display ha
una luminosità di picco standard di 450 nits, e questo
picco che non viene alzato neppure se c’è forte luce in
ambiente. Tuttavia ci troviamo davanti ad un pannello
che può spingersi senza problemi oltre: arriva a 680
nits con contenuti HDR10.
Sul fronte della resa cromatica ci troviamo davanti ad
un ottimo schermo che, nonostante una scala di grigi
non perfetta, all’atto pratico riesce a coprire agevo-
lemente lo spazio colore sRGB e lo spazio colore P3
restando nell’ambito dell’errore tollerabile, invisibile ad
occhio umano. Nel caso di modalità “professionale”,
quindi sRGB, l’errore medio è molto basso, ma molti
non apprezzeranno la resa troppo poco impattante.
Nel caso di modalità “standard”, che alla fine è lo spa-
zio colore P3, la resa è altrettanto buona. Se si sceglie
invece la modalità Super Vivid ci si fa del male da soli: è
fatta apposta per impressionare con colori super saturi
e super accesi che sono la cosa più lontana dalla realtà.
Il miglior schermo per smartphone? No, ma è davvero un buono schermoL’Xperia XZ3 ha un ottimo schermo, con una luminosità
buona che viene gestita da Sony in modo un po’ con-
servativo. L’erogazione vicina ai 700 nits, ad esempio,
avviene solo con contenuti HDR10. La calibrazione della
scala di grigi è discreta, nonostante questo però le ri-
percussioni sulla resa a schermo sono minime. Buona la
gestione degli spazi colore, che vorremmo automatica
e non manuale: scegliere sRGB è la scelta migliore, ma
qualcuno potrebbe non apprezzare i colori poco accesi.
La via di mezzo è forse quella giusta. Quello dell’Xperia
XZ3 non è tuttavia il miglior schermo per smartphone: gli
OLED Samsung sono più lineari e più luminosi, il pannel-
lo del Note 9 resta ancora oggi tra i migliori in assoluto
seguito da quello dell’iPhone XS Max.
In modalità P3 la precisione non è eccelsa ma il risultato si può considerare buono.
Nel caso di modalità “standard”: l’errore nel grafico è decisamente ridotto, sotto la media.
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I l Mate 20 Pro è finalmente disponibile per la ven-
dita, a pochi giorni dall’annuncio ufficiale. L’ultimo
aggiornamento software, quello stabile, ci ha per-
messo così di andare a completare una prova che, a
piccoli passi, ci ha tenuto occupati nelle scorse set-
timane. La versione finale del software ha rivisto e
aggiunto alcune funzioni della fotocamera, andando
a migliorare sia lo zoom AI sia i filtri video novità del
Mate 20. A questo si aggiunge anche una maggiore
stabilità, le patch di sicurezza di ottobre oltre ad una
serie di correzione generale di bug. Con il Mate 20
Pro, Huawei per la prima volta ha sfondato la soglia
dei 1099 euro, e nonostante in fase di pre-order e nel
weekend di lancio insieme al Mate 20 Pro si portino a
casa il caricatore wireless e l’orologio Huawei Watch
GT, resta comunque un prezzo importante, soprattut-
to se c’è un iPhone Xr che costa meno, ha stampato
sulla scocca colorata il fascinoso logo della Mela e ha
a bordo iOS. Il Mate 20 Pro è uno smartphone che
vale 1099 euro? Abbiamo parlato a lungo e abbiamo
già fatto diverse considerazioni: il Mate 20 Pro non
ha motivo per costare meno se si guarda la concor-
renza. Ci troviamo davanti ad un prodotto che, come
già fatto da Huawei sul P20 Pro, alza ulteriormente
l’asticella della qualità aggiungendo anche qualche
soluzione nuova.
Huawei ha realizzato quello che è sulla carta il mi-
glior smartphone al mondo per completezza, design
e soluzioni trovate, ma come sempre quando si usa
per un po’ un prodotto ci si rende davvero conto di
quanto sia fatto bene. Ed è quello che abbiamo fatto
in queste settimane: ecco, punto per punto, cosa ci
è piaciuto del Mate 20 Pro e cosa invece non ci ha
impressionato.
Design bellissimo, colpisce e incantaIl design del Mate 20 Pro è senza dubbio azzeccato.
Tenerlo in mano è un piacere, per bilanciamento di
pesi ed ergonomia è forse uno degli smartphone che
riesce a sembrare compatto nonostante lo schermo
enorme. I bordi leggermente curvati e il fianco sottile
MOBILE Huawei Mate 20 Pro è ora disponibile per la vendita poco dopo l’annuncio uficiale e noi l’abbiamo provato a fondo
Huawei Mate 20 Pro tra le nostre mani per la prova Una fotocamera super e un’autonomia da recordIl top di gamma di Huawei è uno smartphone con un processore così veloce da regalare un’eccellente esperienza d’uso
Huawei Mate 20 Pro 4K sample video
lab
video
Huawei Mate 20 ProUNA PICCOLA GEMMA CHE HUAWEI DEVE COCCOLARE 1.099,00 €Il Mate 20 Pro è un ottimo smartphone per tre semplici motivi, che possono essere riassunti in “ha tutto quello che le persone desiderano da uno smartphone”. Un design che colpisca, che sia distintivo, e il Mate 20 Pro con quel layout di fotocamere sul retro e il vetro in tinta Twilight è una ventata di aria nuova in un mercato dove tutti sembrano aver copiato un po’ qua e un po’ là. Una batteria che duri tantissimo: la gestione è come sempre un po’ aggressiva, ma con l’autonomia che il Mate 20 Pro garantisce 9 persone su 10 potrebbero arrivare tranquil-lamente a sera con il 50% di carica residua. E foto magnifiche, che per molti sono un aspetto fondamentale: la varietà di opzioni offerte dal Mate 20 Pro, con il suo obiettivo super grandangolare, lo zoom efficace, la modalità notte che fa miracoli e tutte le altre opzioni permettono a chiunque non solo di portare a casa scatti di livello, ma anche di dominare i social lasciando molti a bocca aperta. Gli smartphone con il super grandangolo si contano sulla punta delle dita, e non è una cosa che si può ottenere con un’app: Mate 20 Pro fotograficamente è un fuoriserie, per completezza e possibilità offerte non ha rivali. Tutto il resto lascia lo spazio che trova: si può discutere della card di memoria proprietaria, a nostro avviso scelta corretta, delle performance del Kirin 980 confrontate con quelle dell’A12 di Apple, dell’interfaccia che magari non è elegantissima, anche se migliorata, ma sono cose che interessano a pochi e che non spostano certo i giudizi su quello che è uno dei migliori smartphone che si possono comprare oggi. Il migliore per certi aspetti, perché se si guarda alla fotocamera e a quello che ci può fare con le triple ottiche iPhone, Pixel e Note sono tutti dietro. Altri aspetti possono essere migliorati, ma ci sembra comunque di trovarci davanti ad una Huawei più matura che inizia a pensare ai prodotti in chiave “devono soddisfare i consumatori” piuttosto che “devo far vedere ai concorrenti che sono più brava di loro”.Il Mate 20 Pro è una piccola gemma che ora Huawei deve coccolare: lo smartphone è perfetto, il software no. C’è una’interfaccia della fotocamera da rivedere, un sistema operativo che talvolta, sia dal punto di vista grafico che funzionale, fa i capricci, una calibrazione dello schermo non ottimale in qualche situazione e un sistema di sblocco che potrebbe non essere così sicuro. Tutte cose che si sistemano, basta un po’ di impegno: ci piacerebbe vedere una Huawei che usa i prossimi mesi per far capire a chi ha comprato il Mate 20 Pro che ha speso bene 1099 euro, e questo con aggiornamenti, miglioramenti di stabilità, applicazioni “AI powered” e funzionalità nuove.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 8 9 8 10 88.7COSA CI PIACE COSA NON CI PIACELa fotocamera è eccezionale e permette una varietà di scatti unicaAutonomia eccellente e ricarica velocePer fluidità e immediatezza sembra di usare un iPhone
EMUI è migliorata, ma non quanto ci si aspettavaCosta caroLo schermo stupisce con colori sgargianti ma innaturali
lab
video
non sono solo un vezzo estetico, aiutano davvero nel-
la presa e nell’utilizzo dello smartphone usando una
sola mano.
Piacevole la scelta di tenere il tasto di accensione co-
lorato, e piacevole anche il colore Twilight: da vedere
è bellissimo, a patto di tenerlo bello pulito, cosa non
sempre se lo si usa senza cover. Cover che non è più
inclusa, va acquistata a parte. Probabilmente i due co-
lori verde e blu, anche loro disponibili come finitura,
mascherano molto di più le impronte. Lo schermo è
bello e molto luminoso, anche troppo: della sua cali-
brazione abbiamo già parlato in modo molto appro-
fondito nell’articolo dedicato, e riassumendo si può
dire che è uno schermo luminoso con una modalità
“intensa” che tende a rendere le immagini troppo sa-
ture, un po’ innaturali forse.
Gli schermi “fedeli” sono altri, ma resta comunque un
OLED con una altissima definizione.
Attenzione solo a non esagerare con la luminosità, e
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consigliamo per risparmiare anche batteria, oltre che i
fosfori, di tenere il tema scuro, oltre ad essere più rilas-
sante è anche più salutare per lo schermo. Del notch
abbiamo già detto quasi tutto: se non piace basta to-
glierlo con l’opzione software, il nero dell’OLED farà il
resto, risulta totalmente invisibile. Il notch è necessa-
rio, non può sparire. Più che il notch può dar fastidio
l’arrotondamento dello schermo ai bordi: uno schermo
piatto alla P20 Pro è più pratico, soprattutto quando si
usa la tastiera.
Il sistema di rilevamento del doppio tocco casuale poi
non è sempre precisissimo, e con lo schermo arroton-
dato capita di toccare inavvertitamente lo schermo
semplicemente tenendo il Mate 20 Pro tra le mani. In
qualche occasione poi lo schermo arrotondato crea
distorsioni quando si guardano video in modalità lan-
dscape: con il calcio su Sky o Dazn la curvatura cade
esattamente sul punteggio.
La batteria colpisce per le dimensioni oltre che per la capacitàIl Mate 20 Pro è lo smartphone con una delle batterie
più grandi e capienti che siano mai state utilizzate su
uno smartphone standard. Eppure, se si pensa a quel
4200 mAh, si fa fatica a capire come Huawei sia riusci-
ta a inserire una batteria così grande in un corpo così
piccolo, leggero e maneggevole. La batteria dura tan-
to, tantissimo: crediamo che 9 persone su 10 possano
arrivare a sera con oltre il 50% di autonomia, con un
uso mix tra 4G e wi-fi. Noi lo abbiamo usato tanto, ci
abbiamo giocato, ci abbiamo guardato video e scatta-
to foto, e siamo davanti ad uno degli smartphone che
riesce a gestire meglio il consumo di batteria nei suo
diversi stati. In stand-by l’assorbimento è quasi irrisorio:
si può tenere sulla scrivania acceso tre giorni vedendo
scendere l’indicatore di una percentuale bassissima,
20% circa.
Giocandoci, guardando video e scattando foto il con-
sumo è comunque moderato, lo scambio di dati 4G
è probabilmente il tipo di utilizzo che impatta mag-
giormente su un consumo che è comunque inferiore
a quello di molti altri smartphone simili. C’è da dire
che Huawei continua a mantenere un atteggiamento
piuttosto aggressivo con tutte le applicazioni che non
sono in primo piano, ovvero quelle che l’utente non sta
usando: giusto per fare un esempio, utilizzando un’app
che abbiamo scritto noi per le misure video, ogni volta
che usando il multitasking passavamo dall’app al menu
impostazioni la connettività di rete viene interrotta. La
EMUI gestisce automaticamente le app in secondo pia-
no e quell’automaticamente vuol dire che decide lei, e
decide con un solo obiettivo: far durar di più la batteria.
Quindi se su app che sono note, come Whatsapp, Spo-
tify, Instagram e Facebook, Huawei si è assicurata che
la gestione in background non crei evidenti problemi
all’utente, su moltissime altre app qualche problema
può emergere, notifiche non consegnate o interruzio-
ne di audio. C’è un menù dedicato ad ogni singola app
che permette di risolvere ogni comportamento anoma-
lo, ma è una cosa un po’ da “smanettone”, non è facile
trovarlo. Mate 20 Pro non è solo tanta autonomia, ma è
anche facilità nella ricarica e questo è forse quello che
più conta. Con il caricabatterie da 40 watt la ricarica è
velocissima, ma sconsigliano di usare questo caricato-
re come “principale”, è più utile da portare in giro per le
emergenze. La sera meglio un caricatore più lento, da
1 ampere, oppure un caricatore wireless, che è in asso-
luto la soluzione più comoda. uawei ha attivato anche
il reverse charging, ovvero la possibilità di generare un
campo di ricarica con la bobina interna al Mate 20 Pro.
Funzione innovativa, ma di dubbia utilità al momento,
sempre che non si voglia comprare un costoso Mate
20 da usare come powerbank per ricaricare un altro
smartphone. La ricarica “reverse” è poi decisamente
lenta, abbiamo provato a ricaricare un iPhone e per
guadagnare un 5% ci abbiamo messo quasi 30 minuti:
la ricarica wireless è già un sistema a bassa efficienza,
molta energia si disperde, ricaricare uno smartphone
con un altro smartphone, effetto “wow” a parte, è un
po’ uno spreco di preziosa carica. Meglio usare un ca-
vetto a questo punto.
Il sensore sotto lo schermo funziona, ma forse non servivaMate 20 Pro ha un notch più generoso di quello del
P20, ma nascondere tutti i sensori di cui aveva bisogno
per emulare il Face ID di Apple non è facile. Il sistema
del Mate 20 è analogo: riconoscimento biometrico 3D
a illuminazione di punti con proiettore e camere IR.
Funziona benissimo, alla luce, al buio, con lo smartpho-
ne in modalità ritratto o con lo smartphone in modali-
tà portrait: un fulmine. Purtroppo non siamo in grado
di dire quando questo sistema sia sicuro: lo sblocco
avviene con una velocità talmente fulminea che viene
quasi da pensare che il controllo sul volto sia fatto un
po’ come i poliziotti a Linate controllano i passaporti,
senza neppure guardarti in faccia. Non vogliamo dire
che lo sblocco del Mate 20 Pro non è preciso: come
per il Face ID non abbiamo elementi per poter dire
quale sia il livello di accuratezza.
Servirebbero un set di sosia, gemelli, persone simili
per fare test più approfonditi. All’estero sono state fat-
te alcune prove e si è parlato di sblocco troppo facile,
ma ricordiamo che anche qui in Italia FaceID di Apple
ha sbloccato un iPhone riconoscendo la persona sba-
gliata, ed erano solo amici, neppure gemelli. Huawei
ha voluto esagerare aggiungendo anche un sensore
sotto lo schermo: per essere una tecnologia nuova è
veloce, ma i vecchi sensori Huawei erano molto più
rapidi. Nel caso del Mate 20 Pro tuttavia il sensore sot-
to lo schermo ci è parso un po’ un in utile doppione:
se lo si usa insieme a quello basato sul volto nel 99%
dei casi lo smartphone è già sbloccato ancora prima di
appoggiare il dito sullo schermo. Quest’ultimo si rivela
utile solo se abbiamo il Mate appoggiato alla scrivania
e vogliamo sbloccarlo senza sollevarlo.
Il Mate 20 Pro è davvero veloceIl nuovo flagship Huawei è una scheggia: il display
ad alto refresh, il processore più veloce e la latenza
bassissima mettono tra le mani di chi usa il Mate 20
Pro uno smartphone che per fluidità, reattività e velo-
cità di apertura delle app non ha nulla da invidiare ad
un iPhone. Il Kirin 980 d’altra parte è un processore di
nuova generazione, 7 nanometri, e si dovrà attendere il
2019 prima di vedere altri smartphone Android con un
processore analogo: Qualcomm non è ancora scesa
in campo con l’erede dell’845. Il Mate 20 Pro, qualche
bug a parte (dopo ne parliamo) è un vero piacere da
usare.
Giochi come Fortnite o PUBG si lasciano giocare senza
il minimo calo di prestazioni, soprattutto PUBG Mobile
che gode anche dell’ottimizzazione GPU Turbo. In mo-
dalità Gaming il Mate 20 Pro consuma pochissimo, è
fluido e costante come pochi altri smartphone, e anche
se giocare su uno schermo così piccolo non è facile
le prestazioni sono davvero paragonabili con quelle
dell’ultimo nato di casa Apple. L’iPhone Xs è oggi l’u-
nico prodotto che insieme al Mate 20 appartiene alla
nuova generazione di smartphone con SoC a 7 nm,
GPU e CPU con architetture più recenti, consumi più
TEST
Huawei Mate 20 Pro, la provasegue Da pagina 42
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bassi e anche una miglior dissipazione del calore. In
tutti questi giorni non abbiamo mai avuto la sensazione
che il Mate 20 Pro fosse troppo caldo o stesse fatican-
do a raggiungere le prestazioni richieste. Inutile discu-
tere di numeri, di RAM, di GB e di velocità dello storage:
come tutti i top di gamma moderni oggi il Mate 20 Pro è
velocissimo. Huawei permette che lo sarà anche tra un
anno, noi questo non lo possiamo dire.
Android 9 e interfaccia EMUI, ci sono miglioramenti ma non bastano La nuova versione di EMUI, basata su Android Pie, è
migliorata notevolmente rispetto alla versione vista sul
P20 Pro, ma Huawei continua a portarsi dietro una se-
rie di problematiche dovute fondamentalmente ad una
cosa: quando non hai idea di cosa fare, o quando vuole
fare qualcosa di diverso, copia iOS.
L’EMUI 9 dal punto di vista della user experience e
dell’interfaccia grafica è un misto di Huawei e Android
in infusione iOS. Il lucchetto per lo sblocco con il volto,
la registrazione del “face ID”, le icone della modalità ri-
tratto / luci, il pannello di condivisione dei file che va a
sostituire quello nativo di Android, tutto ricorda iOS, an-
che gli switch nelle opzioni. Huawei Share, che funziona
bene ed è molto più veloce ora, è la copia di AirDrop. La
stessa interfaccia del multitasking, con le gesture, è una
versione Huawei dell’interfaccia di iOS 11 per iPhone X,
che Huawei ha copiato e anche migliorato aggiungendo
un tasto per chiudere tutto. Dove non si può guardare a
quello che fa Apple si guarda in casa Samsung: difficile
non trovare nel menu impostazione Huawei e nella sua
semplificazione una traccia di quello che ha fatto Sam-
sung su Galaxy S8 e S9, con le impostazioni avanzate
e meno comuni racchiuse in menu secondari richiamati
da un “Stai cercando altre impostazioni?”
A questo si aggiunge un Always On Display non molto
funzionale (le informazioni non sono interattive), qualche
app che crasha saltuariamente, una certa incoerenza
TEST
Huawei Mate 20 Pro, la provasegue Da pagina 43
nelle icone che Huawei si porta dietro da tempo, e qual-
che altro piccolo bug di visualizzazione dovuto al notch
e ai bordi stondati. Nulla che non si possa sistemare,
serve comunque volontà. Se Huawei ha ormai trovato
una sua identità sull’hardware, con il software continua
a pasticciare guardando un po’ tutti gli altri produttori
cosa fanno: o si decide a dare un bel colpo di spugna,
ripensando da zero tutta la user experience, o passa ad
Android One liscio e tutti sarebbero molto più contenti.
Fotocamera, a usarla bene fa miracoliLa fotocamera del P20 Pro era eccezionale, la foto-
camera del Mate 20 Pro supera quella del modello
precedente. Non migliora la qualità, era già ottima, mi-
gliorano le possibilità fotografiche. La sostituzione del
sensore in bianco e nero con un sensore a colori dota-
to però di un super grandangolo da 16mm è stata una
scelta azzeccata e permette davvero di scattare foto-
grafie che non possono essere scattate con smartpho-
ne come l’iPhone o il Galaxy S9 per limiti fisici. Oltre
alla possibilità di scattare foto con messa a fuoco fino a
2.5 cm di distanza, non un vero macro ma quasi. Come
ogni prodotto di un certo livello bisogna saperlo usare
bene, e l’aggiunta di molte modalità di scatto ha reso
l’applicazione fotocamera non molto intuitiva. Usando
l’automatico, o AI Master come lo chiama Huawei, lo
smartphone sceglie la modalità migliore e cerca anche
di correggere la fotografia. Il risultato è ottimo, ma si
possono raggiungere livelli ancora più alti usando altre
modalità magari meno “automatiche”, basta perdere
un po’ di tempo per sfogliare tutte le funzioni dispo-
nibili e fare un po’ di prove. Con qualche giorno, e un
centinaio di foto, siamo certi che molti riusciranno a ot-
tenere fotografie migliori facendo da soli piuttosto che
ricorrere alla modalità “Master AI”.
Abbiamo fatto una prova molto approfondita della qualità della fotocamera, e vi invitiamo a leggerla
per capire quanto davvero Huawei ha lavorato bene
riuscendo a creare quello che è forse oggi il came-
ra-phone più versatile del mercato. Resta da sottoli-
neare come purtroppo la frammentazione del mondo
Android e la chiusura di questi sistemi non permetta ad
esempio di avere tutte le funzioni della camera Huawei
su app di terze parti. Usando l’app di Instagram, o
usando Lightroom Mo-
bile, l’unica fotocamera
che le applicazioni ve-
dranno è quella da 40
megapixel e la vedran-
no come una camera
da 40 megapixel. Ogni
beneficio del software
Huawei viene perso,
ma viene persa anche
la fotocamera super
wide: non si può fare
una diretta Facebook
con la camera super
grandangolare, ma
solo con quella princi-
pale.
Per quanto riguarda i
video abbiamo fatto
una prova molto ap-
profondita confron-
tando anche i video fatti dal Mate 20 Pro con i video
realizzati usando un Galaxy Note 9 e un Pixel 3 XL, la
pubblicheremo a breve. Nel frattempo vi lasciamo con
questa clip in 4K. Due note: la prima è una distorsio-
ne della lente ai bordi visibile nella prima sequenza in
movimento, sulla destra, la seconda è la difficoltà con
l’ottica super wide ad utilizzare un gimbal come l’Osmo
mobile.
Soluzione audio geniale, il wireless è il punto forteNella zona inferiore, di fianco all’USB Type C, non è
presente uno speaker aggiuntivo. Possibile che sia solo
mono? In realtà il Mate 20 Pro ha audio stereo, ma per i
due piccoli diffusori sono stati utilizzati la capsula auricola-
re superiore e un piccolo speaker inserito nel connettore
dell’USB Type C. La soluzione è geniale nell’implementa-
zione, un po’ meno nel risultato dove la timbrica dei due
speaker è totalmente diversa, e questo si nota ascoltando
un brano in stereo o un film, sbilanciamento totale a fa-
vore dello speaker incassato nel connettore che ha un
volume più alto e un suono molto più corposo anche sulle
basse frequenze. L’audio si attutisce parecchio inserendo
il cavo di ricarica, anche perché si va a tappare parzial-
mente l’uscita, ma paradossalmente con il connettore
inserito la timbrica è molto più bilanciata anche se la pres-
sione sonora ridotta. L’audio in capsula è molto buono,
chiaro, come è eccellente la ricezione. Nella norma gli
auricolari in dotazione, scopiazzati dagli EarPods Apple:
sono USB Type C, scelta obbligata mancando il jack au-
dio, e non si sentono né male né divinamente.
Huawei non tradisce, sia per la connettività 4G sia per
quella Wi-fi. Ottima la stabilità del segnale, anche in
movimento: l’abbiamo provato sulla tratta ferroviaria
Milano - Lodi, dove solitamente altri smartphone sono
interessati da qualche interruzione di segnale soprattut-
to nei pressi delle gallerie di San Giuliano. Il Mate 20 Pro
non perde segnale, neppure entrando e uscendo dalla
metropolitana, telefonando in galleria (se non è lunghis-
sima), e la qualità della chiamata è sempre eccelsa.
La velocità del Wi-fi raggiunta è tra le più alte che si pos-
sano registrare su uno smartphone: in linea teorica arriva
a 1.7 Gbps, ma in pratica è meno e comunque dipende
molto da infrastruttura, tipo di access point e distanza.
In ogni caso il wi-fi non è cosa di cui ci si deve preoc-
cupare: il Mate 20 Pro è un fulmine. Come è un fulmine
ad agganciare anche il segnale GPS, precisissimo tra i
grattacieli della city: l’uso del GPS a doppia frequenza
effettivamente migliora in modo drastico la precisione.
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I l 26 di ottobre il Mate 20 Pro è arrivato nei negozi
italiani e noi abbiamo voluto fare qualche “esperi-
mento” per andare ad approfondire alcuni aspetti
dei prodotto, affiancando alle normali recensioni ar-
ticoli un po’ più tecnici: qualcuno potrebbe trovarli
magari un po’ difficili. Al centro ora vogliamo mette-
re il display OLED del Mate 20 Pro: Huawei ha fatto
un lavoro incredibile sulla fotocamera, e parte del
merito va senza dubbio a Eero Salmelin, il creatore
dei Nokia 808 che oggi è Director, Imaging e Video
Technology di Huawei.
Sulla parte schermo Huawei non ha mai avuto una
grande tradizione: non basta comprare un buon di-
splay, bisogna saperlo integrare al meglio e regolar-
lo. Sul Mate 20 Pro Huawei si serve di uno schermo
OLED con matrice PenTile prodotto probabilmente da
BOE, azienda cinese. La scelta del PenTile è obbliga-
ta, anche perché oggi nessun produttore di schermi
OLED per smartphone riesce ad utilizzare una vera
configurazione RGB: la struttura dei pixel, viste le di-
mensioni in gioco, è comunque invisibile ad occhio
nudo. Lo schermo è un pannello da 6.39” leggermen-
te curvato ai bordi da 1440x3120 (538 PPI): l’utente
può scegliere la risoluzione di rendering, e crediamo
che quella di default impostata da Huawei, 2340 x
1080, sia un ottimo compromesso tra definizione e
risparmio. Volendo si può spingere lo schermo a 3120
x 1440 aumentando i dpi e anche i consumi, ma le
differenze da una distanza di visione standard sono
minime. Huawei non ha cambiato affatto la gestione
dello schermo ma ha aggiunto la modalità “Tonalità
Naturale” che, un po’ come il TrueTone di Apple, usa
TEST Abbiamo voluto andare più a fondo nell’analisi del top di gamma di Huawei, misurando e valutando lo schermo OLED
Huawei Mate 20 Pro, schermo OLED migliorabileOttimo lavoro sulla fotocamera, ma L’OLED, o meglio la sua resa, non è certamente uno dei punti di forza del Mate 20 Pro
il sensore frontale RGB per leggere il punto di bianco
della luce ambientale e compensa il bilanciamento
del bianco sullo schermo, in tempo reale. Questa va-
riazione lavora “on top” alla calibrazione di fabbrica
effettuata da Huawei.
Come si vede questo schermo? È regolato bene?Huawei offre due modalità di visione: la prima viene
chiamata “Normale”, la seconda “Intensa”. A queste
si aggiungono anche tre diversi bilanciamenti del
bianco con una opzione “predefinita”, una opzione
“caldo” e una opzione “freddo”. Quella predefinita
permette di variare il punto di bianco, ma il tipo di cur-
sore non permette affatto una regolazione precisa. Si
deve andare a tentativi, ma è come cercare l’ago in
un pagliaio. Inoltre non aiuta se si tratta di
andare a regolare la linearità, e sappiamo
che un buon punto di bianco e una buona
linearità sono la base per un display accu-
rato: ogni errore o deviazione sulla scala
di grigi influenza quella che è la resa cro-
matica del display. La luminosità di picco è
900 nits ma con lo schermo così luminoso
l’OLED tende a stamparsi
Ma andiamo con ordine, partendo dalla
luminosità.
La luminosità standard che il display riesce
ad erogare è di 485 nits (cd/m2) con una
schermata completamente bianca. Una
condizione questa che non si verifica mai,
ed è per questo motivo che preferiamo va-
lutare la luminosità con contenuto “misto”.
In questo caso si arriva ad un ottimo 696
nits, luminosità di picco che viene mante-
nuta anche in presenza di materiale HDR.
La luminosità, come per tutti gli OLED, è
inversamente proporzionale alla quantità
di bianco sullo schermo, e in questo caso
si perde circa il 7% per un aumento del 10%
di bianco: 700 nits al 10% equivalgono a 635 nits al
20% di bianco, e così via.
In realtà lo schermo del Mate 20 Pro può spingere
molto di più: sotto forte luce, ad esempio la luce del
sole, Huawei sprigiona tutta la luminosità arrivando a
registrare 904 nits. Purtroppo il display risente e non
poco di questo picco di luce, tanto che rimane legger-
mente impresso per qualche secondo.
segue a pagina 46
torna al sommario 46
MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
La stessa cosa succede anche con contenuti video,
ma è molto meno evidente. Ci era venuto il sospet-
to che, davanti ad un pattern, il Mate 20 provasse
ad erogare una luminosità di picco elevatissima per
risultare più luminoso di quello che è, ma poi ci siamo
accorti che lo fa anche con i video, basta che ci sia una
forte luce che colpisce il sensore (come in esterno sot-
to il sole). Il display del Mate 20 Pro ha quindi una lumi-
nosità di picco pari a quella dell’ottimo Note 9, anche
se consigliamo di tenere la luminosità più bassa per
compensare la tendenza dell’OLED Boe a stamparsi,
anche solo provvisoriamente.
Calibrazione un po’ approssimativa, soprattutto sul gamma: chiude le basse luciPassando alle due modalità cromatiche ci trovia-
mo davanti a due situazioni diverse. Come molti altri
smartphone Android Huawei non usa (e non è bello)
il sistema di gestione degli spazi colore di Android,
TEST
Schermo OLED di Huawei Mate 20 Prosegue Da pagina 45
Sul player interno il bordo arrotondato crea una fantasiosa finestra stondata, decisamente poco godibile. Ecco un esempio con un video in formato 2:35:1. A destra, un dettaglio del taglio un po’ approssimativo.
Questo video mostra chiaramente cosa succede usando un video e un pattern di misura.
Huawei Mate 20 ProDisplay
lab
video
quindi vuol dire che non è l’app a sce-
gliere che spazio colore usare, come
dovrebbe essere, ma è l’impostazio-
ne selezionata dall’utente a guidare. Il
profilo “normale” cerca di rispecchiare
quello che dovrebbe essere un sRGB
con punto di bianco D65 e gamma 2.2,
quindi il profilo standard di un conte-
nuto HD. Nonostante una calibrazione
molto approssimativa la precisione
dei colori primari è abbastanza buo-
na. Quello che non è assolutamente
buono sono linearità e gamma, con un
errore importante che va ad impattare
poi su quella che è la resa cromatica
non al 100%. I Pixel, il Sony XZ3 (a bre-
ve pubblichiamo la prova), gli iPhone
e i Samsung Galaxy sono decisamen-
te più accurati dello schermo Huawei.
Inoltre il gamma, oltre a non seguire
affatto la curva, è troppo alto: 2.4 è un
target che solitamente si usa in ambito
cinematografico per la visione di con-
tenuti in ambiente buio, uno smartpho-
ne è un prodotto che non si usa al bui,
anzi, è bene il contrario.
Paradossalmente sarebbe stato meglio
avere una media più bassa, vicino al 2.
Il profilo “esteso” è privo di ogni sorta
di controllo: Huawei cerca di raggiun-
gere il gamut nativo dello schermo e
non sembra preoccuparsi troppo della
calibrazione. Il blu, ad esempio, passa quello che è il
vertice dello spazio colore Wide Gamut. Usando la mo-
dalità estesa il Mate 20 Pro riesce ad offrire una carica
cromatica molto estesa, ma questo non vuol dire che
riproduce accuratamente i colori dei contenuti, anzi, in
qualche caso esagera anche.
L’OLED, o meglio la sua resa, non è sicuramente uno
dei punti di forza del Mate 20 Pro: Huawei poteva fare
di più, e probabilmente cambiando fornitore e passan-
do a Samsung (ma non lo farà mai) sicuramente alze-
rebbe ulteriormente la qualità di un prodotto che è già
di suo ottimo. Lo schermo non è regolato al meglio,
e anche se si tratta pur sempre di uno smartphone e
di un display piccolo, sono i dettagli che spesso fanno
la differenza. Guardando Netflix, ad esempio, si nota
come il Mate 20 Pro tenda a chiudere di più sulle basse
luci, affogando qualche dettaglio. E allo stesso modo
sulle alte luci, soprattutto se interviene la modalità che
“pompa” la luminosità, c’è un evidente clipping sui
bianchi. Tutta questione di dettagli. Se a una persona
una resa cromatica troppo spinta, un verde innaturale
e fosforescente o un incarnato poco naturale non dan-
no fastidio più di tanto, può invece dare fastidio il modo
in cui vengono gestiti alcuni contenuti sulle app video.
Tra bordi arrotondati e notch la gestione dei video è pasticciataSul player interno il bordo arrotondato crea una fan-
tasiosa finestra stondata, decisamente poco godibile.
Fatta eccezione per lo schermo che tende a stamparsi
a luminosità elevata, e basta tenere un logo passan-
do ad una schermata grigia per notarlo, alcune cose
sono tutte risolvibili con un aggiornamento, soprattut-
to la calibrazione cromatica. Tuttavia, volendo fare una
cosa fatta bene come fanno Apple, Samsung o Goo-
gle sui Pixel questa dovrebbe essere fatta in fabbrica,
cosa che probabilmente Huawei non fa. Lo schermo
è un dettaglio, a pochi interessa se davvero il rosso
visualizzato è il rosso “giusto” o se si perde qualche
dettaglio nelle zone d’ombra, ma trattandosi di un
prodotto top è giusto pretendere il meglio in ogni
reparto. Anche perché Huawei, dove vuole, ha dimo-
strato che può davvero essere la prima della classe.
Con Netflix ci troviamo davanti, su alcuni formati, a scene dove la parte sinistra è arrotondata e la parte destra ha gli spigoli vivi. Ecco ad esempio Daredevil.
Volendo si può usare la funzione che porta l’app a tutto scher-mo, ma viene applicato un resize che taglia parte dei contenuti.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
L ’utilità dei proiettori portatili è indubbia: avere in
tasca uno schermo da 40 pollici è particolar-
mente utile soprattutto nel caso in cui si debba
effettuare una presentazione. Dimensioni compatte
e batteria integrata portano, però, ad avere qualche
compromesso soprattutto per non alzare troppo il
prezzo: un costo eccessivo, infatti, azzererebbe il
vantaggio della praticità dei proiettori portatili.
Nel caso del Sony MP-CD1, che abbiamo testato in
vari scenari, significa innanzitutto focalizzarsi sul
segmento business. Le presentazioni in ufficio, infat-
ti, sono il principale riferimento per valutare le pre-
stazioni di un proiettore portatile, che per forza di
cose deve andare a tarare al ribasso le prestazioni
video, come risoluzione e contrasto. A volerci prova-
re - e lo abbiamo fatto - lo si può usare per l’intratte-
nimento, ma ci sono diversi limiti da considerare.
Dimensioni compatte e c’è anche l’USB CLe dimensioni (83 × 16 × 150 millimetri) e il peso con-
tenuto (280 grammi) danno al proiettore di Sony il
giusto equilibrio tra portatilità e solidità. La risolu-
zione di 854 x 480 è bassa in termini assoluti, ma
relativamente alla categoria è più che sufficiente per
avere un secondo schermo che, complice i 105 lu-
mens di luminosità di picco, significa che l’immagine
risultante è tra le migliori sul mercato.
Sony ha insomma preferito un’immagine chiara e
facilmente visibile, tagliando qualcosa sulla risolu-
zione nativa. Per quanto molto buona, la luminosità
di 105 lumens implica che per guardare facilmente i
contenuti proiettati servirà una stanza molto buia.
Oltre alle presentazioni in ufficio, il Sony MP-CD1 non
sfigurerebbe nemmeno in un’aula magna di un’uni-
versità, considerato che arriva a proiettare un’imma-
gine da 120 pollici di diagonale a una distanza di
3,45 metri (si parte da 40 pollici a 1,15 metri).
A seconda del punto in cui viene proiettata l’imma-
gine e dalla posizione del proiettore, inoltre, il tra-
pezio dell’immagine viene automaticamente adatta-
to, il che comporta il vantaggio di non dover avere
immagini storte o sproporzionate. A onor del vero,
il sistema automatico di correzione non funziona
sempre perfettamente, ma nella maggior parte dei
casi riesce a bilanciare le proporzioni.
L’adozione della porta USB C, inoltre, è un plus che
tanti altri prodotti concorrenti non hanno e che ga-
rantisce al proiettore di Sony una compatibilità im-
mediata con molti dispositivi moderni, considerato
che tantissimi smartphone e notebook si stanno
spostando verso l’USB C; in ogni caso nella con-
fezione è presente anche un adattatore microU-
SB-USB C. La porta USB C diventa ancora più utile
in funzione del fatto che la batteria da 5.000 mAh
del Sony MP-CD1 può essere usata per ricaricare i
dispositivi portatili. Sono poi presenti anche un jack
audio da 3,5 mm e l’obbligatoria HDMI 1.4, attraver-
so la quale connettere i dispositivi esterni. L’altopar-
lante integrato da 1 Watt fa il suo dovere e, anzi,
il volume è piuttosto elevato, anche se la qualità
dell’audio in mono è giusto sufficiente.
Da solo non riproduce nullaIl primo limite che chiunque voglia usare il Sony MP-
CD1 deve considerare è l’assenza di un riproduttore
multimediale integrato. Il proiettore è insomma un
guscio “vuoto”: senza un dispositivo esterno non
può riprodurre i contenuti. Mentre in altri casi (come
il proiettore portatile di Kodak) basta una scheda mi-
croSD per riprodurre immagini e video, il prodotto di
Sony necessita di una sorgente esterna da cui tra-
smettere il contenuto. La trasmissione wireless dei
contenuti è possibile, ma soltanto attraverso chia-
vette come Chromecast e Now TV Stick. L’assenza
di una qualsiasi connettività wireless integrata, in
ogni caso, fa storcere il naso considerato il prezzo
di listino di 399 euro.
Il limite dell’assenza del riproduttore integrato è fa-
cilmente bilanciata dal fatto che tutti i professionisti
portano con sé un computer portatile o un tablet per
TEST Il proiettore portatile compatto e con porta USB C di Sony MP-CD1 assicura prestazioni di ottimo livello per la categoria
Il proiettore portatile Sony MP-CD1 in prova Piccolo e luminoso, ma da solo non fa nienteIl prezzo di listino di 399 euro e alcune assenze, come quella di un riproduttore multimediale integrato, pesano sul giudizio finale
segue a pagina 49
L’adozione dell’USB C permette al Sony MP-CD1 di diventare un pratico power bank compatibile con gli smartphone moderni.
Per film e serie TV il principale limite del Sony MP-CD1 è la scarsa risoluzione.
Lo schermo proiettato del Sony MP-CD1 arriva fino a 120 pollici.
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400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018
lavorare in mobilità. Avere la possibilità di riprodut-
tore i contenuti multimediali autonomamente sareb-
be comunque stato meglio, anche perché avrebbe
ridotto la necessità di avere un cavo HDMI a portata
di mano rimarcando la vena portatile del dispositivo.
La necessità di usare una sorgente esterna è pro-
babilmente la ragione di un’altra assenza: non c’è
un tasto del volume direttamente sul proiettore
portatile. L’audio dev’essere gestito, invece, tramite
la sorgente esterna, il che è abbastanza scomodo
perché significa che ogni volta che viene cambiata
la sorgente il volume dev’essere tarato nuovamente.
Sarebbe stato preferibile un tasto per abbassare o
alzare il volume del proiettore.
Risoluzione e autonomia limitano film e videogiochiNell’ottica dell’intrattenimento, la risoluzione di 480p
è un altro limite. L’alta definizione è infatti lontana, il
che diventa un ostacolo per godere appieno di con-
tenuti come film, serie TV e videogiochi. Lo abbiamo
testato con una Nintendo Switch per valutare come
si comportasse con i videogiochi: avere uno scher-
mo di dimensioni ultragenerose è divertente, ma è
preferibile giocare su uno schermo convenzionale
per una migliore riproduzione dei colori e una riso-
luzione più alta. L’immagine, infatti, non è pensata
per permettere a contenuti complessi di esprimer-
si al meglio: è sbiadita e ovviamente scarsamente
definita. Il fatto, poi, che l’autonomia non superi le
due ore rende difficile immaginare uno scenario in
cui il Sony MP-CD1 venga sfruttato per una partita su
console. Ma a 399 euro è chiaro che Sony non si ri-
volga agli utenti che userebbero il MP-CD1 una volta
ogni tanto con gli amici, bensì a coloro che ne han-
no una necessità quotidiana (o quasi). isoluzione e
prezzo evidenziano ancora di più, insomma, come il
Sony MP-CD1 sia innanzitutto pensato per il pubblico
di professionisti bisognoso di un proiettore sempre
pronto all’uso.
Il prezzo di 399 euro lo posiziona in una fascia piut-
tosto alta di questa categoria. Proposte a costi più
Sul lato sinistro del Sony MP-CD1 è disponibile un tasto dedicato alla messa a fuoco.
contenuti sono ampiamente presenti, ma sono privi
di alcune delle caratteristiche che rendono il Sony
MP-CD1 un prodotto di punta: risoluzione e luminosi-
tà più alte della media, la presenza di una porta USB-
C e una capiente batteria, per esempio.
Si tratta comunque di un’opzione intermedia tra il
proiettore portatile di Kodak e la Nebula Capsule di
Anker, che costa di più ma offre 500 lumens di lumi-
nosità, un altoparlante per l’audio a 360 gradi e An-
droid 7.1 integrato.
Sony MP-CD1 è un riferimento per chi cerca un buon
compromesso tra prestazioni e portatilità. A 100 euro
meno sarebbe stato consigliatissimo; a 399 euro rap-
presenta, comunque, un riferimento per i professio-
nisti, ma il costo potrebbe essere giudicato da molti
esagerato alla luce di alcune assenze.
Senza una sorgente esterna il Sony MP-CD1 non può riprodurre alcun contenuto.
TEST
Proiettore portatile Sony MP-CD1segue Da pagina 48
di Franco AQUINI
D -Link, da tempo attiva anche nel
settore delle piccole telecamere
connesse e nella videosorve-
glianza della casa, lancia un nuovo
kit pensato per chi ha bisogno di due
punti di ripresa e non ha tempo da per-
dere con la posa dei cavi o con confi-
gurazioni complicate.
Si chiama DCS-2802KT-EU mydlink
Pro Wire-Free Camera Kit e, a dispetto
del nome, è un kit formato da un hub e
due videocamere estremamente sem-
plice da posizionare e da installare. Si
tratta infatti di videocamere totalmen-
te wireless, sia nella connessione sia
nell’alimentazione. Vengono infatti ali-
mentate da una batteria che, secondo
D-Link, garantisce mesi di funziona-
mento con una sola ricarica (ma si ri-
ferisce a un’accensione media di circa
3 minuti al giorno e senza connessioni
da remoto per la visualizzazione).
TV E VIDEO Il kit di videosorveglianza D-Link promette un’installazione lampo, ha connessione wireless e batteria integrata
Il kit wireless a batteria D-Link è operativo in pochi minuti CS-2802KT-EU mydlink Pro Wire-Free Camera Kit include anche il pacchetto premium di registrazione nel cloud
Tecnicamente le due videocamere
registrano video in FullHD con zoom
digitale fino a 4x. Hanno la rilevazio-
ne avanzata dei movimenti e l’audio
a due vie. Riesce quindi a permettere
sia l’ascolto di quello che accade sulla
scena ripresa, che a trasmettere il pro-
prio audio. Da dove? Dallo smartpho-
ne ovviamente dove, grazie all’app
MyDlink, si possono visualizzare le im-
magini in tempo reale e le registrazioni.
Inoltre è incluso il pacchetto Premium
del Cloud Recording mydlink, che per-
mette di mantenere le registrazioni sul
cloud D-Link fino a 14 giorni senza limi-
ti di durata dei video, per un massimo
di 5 videocamere. Un servizio il cui
costo si aggira intorno ai 49,99 euro,
ma che in questo kit, appunto, viene
offerto gratuitamente.
Infine c’è la compatibilità con Ama-
zon Alexa e Google Assistant, con
i quali si può accedere alle riprese
e alle registrazioni tramite coman-
di vocali, oppure con l’uso di Goo-
gle Chromecast o Fire TV Stick per
proiettare le immagini su un TV. Il kit
è già disponibile a un prezzo che si
aggira intorno ai 499 euro.
DCS-2802KT-EU clip
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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018
AUTO ELETTRICA L’accordo che era nell’aria da mesi pare si sia finalmente concretizzato
FCA vende Magneti Marelli, proprio ora che il know-how nell’elettrico è fondamentaleMagneti Marelli passerà al gruppo Calsonic Kansei per poco oltre i 6 miliardi di euro
di Massimiliano ZOCCHI
M agneti Marelli è un’azienda fiore
all’occhiello dell’industria italia-
na e per molto tempo è stata
l’ancora a cui si aggrappavano gli ap-
passionati di mobilità elettrica parlando
di FCA. “Magneti Marelli ha già tutto il
pacchetto pronto, FCA farà l’elettrico
appena è pronto”, si sentiva dire spes-
so, anche perché la stessa Magneti
Marelli era fornitore del team Mahindra
Racing in Formula E, con anche discreti
risultati. Il know-how raccolto in questi
anni probabilmente andrà davvero a fa-
vorire lo sviluppo di nuove auto elettri-
che, ma non sarà per una casa italiana.
L’accordo è stato raggiunto e Magneti
Marelli passerà a Calsonic Kansei per
circa 6.2 miliardi di euro, come annun-
ciato da Bloomberg. A sua volta la mul-
tinazionale giapponese è controllata
dall’americana Kkr, che così dà vita a un
gruppo enorme nel settore automotive,
e lo fa guadagnando l’esperienza di chi
era già leader nei motori elettrici e nella
produzione di batterie.
Mossa si direbbe con un tempismo per-
fetto, data la direzione del mercato che
va chiaramente verso una progressiva e
rapida elettrificazione. Al contrario Fiat-
URBAN MOBILITY Il progetto di un designer esperto in mecha design, annoiato dalle solite moto
La pazzesca moto elettrica del designer Un mix perfetto tra cyberpunk e futuro Il concept SASUGA di Matt Tkocz anticipa la direzione che potrebbe prendere la tecnica
di M. Z.
S fogliando il portfolio di Matt
Tkocz, designer di origini polac-
che ma cresciuto in Germania e
ora residente a Los Angeles, si intuisce
subito la sua bravura, nonché la passio-
ne per la fantascienza, i mecha giganti,
un occhio di riguardo per Star Wars, e
un pizzico di cyberpunk.
Non stupisce quindi che annoiato dallo
stile delle moto, sempre troppo simile
a se stesso, abbia deciso di dare libe-
ro sfogo alla sua fantasia e disegnarsi
il mezzo dei suoi sogni, elettrico ovvia-
mente. Lo stesso Matt ha spiegato, ha
sentito il bisogno di dedicarsi ancora
alle due ruote, forse per colpa del film
Mission Impossible Fallout, ed ha de-
ciso di cercare un de-
sign che lo soddisfa-
cesse.
Nel concept SASUGA,
così si chiama anche
in onore agli ideo-
grammi sulla carena,
non c’è però solo im-
maginazione ma an-
che una parte di verità
e una anticipazione della direzione che
potrebbe prendere la tecnica. Il motore
cosiddetto hub, posto direttamente nel-
la ruota posteriore, è spesso richiesto a
gran voce, anche se sposterebbe i pesi
molto sul posteriore. I moduli che si
vedono nei render di Tkocz sono simili
alle batterie modulari che già si usano
per gli scooter elettrici.
Potrebbero anticipare batterie del futu-
ro con una densità energetica superio-
re, ricaricabili singolarmente ed anche
lontano dalla moto, e soprattutto con
la possibilità di scegliere la quantità da
montare in base al tragitto. Vedremo
mai qualcosa di simile?
Active Hybrid è l’eBike di BMW elegante e potente, perfetta per la cittàBMW nella sua gamma LifeStyle propone anche un ampio catalogo di biciclette. Tra queste anche Active Hybrid con i migliori componenti di Massimiliano ZOCCHI
BMW non è più solo un marchio legato al mondo delle automobi-li e delle moto, ma ha tutta una gamma di accessori, vestiario e
altri articoli lifestyle. Tra questi c’è anche un vasto catalogo di biciclette, dove spicca il model-lo eBike Active Hybrid che ab-biamo potuto vedere da vicino. Il telaio è in alluminio idrofor-mato, dalle linee pulite grazie anche alla batteria integrata nel tubo obliquo. Per il moto-re BMW si è affidata a un’unità Brose da 250 Watt con 90 Nm di coppia, sostenuti dai 504 Wh dell’accumulatore. La luce po-steriore a LED è integrata nel parafango e anche quella fron-tale dal design classico trova una collocazione ben integrata nelle linee della bicicletta. Sul fronte puramente tecnico, Acti-ve Hybrid monta ruote da 28” gommate 2.0” con pneumatici Continental CruiseContact. Per i freni a disco la scelta è ricaduta su Shimano, 180 mm anteriori e 160 mm posteriori. Anche il cambio è Shimano, con Deore a 10 velocità. La bicicletta è una hardtail con la forcella Suntour NCX. A disposizione ci sono tre taglie, S, M e L a un prezzo di 3.214,70 euro.
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Chrysler chiude un accordo per cifre
importanti ma nel momento peggiore,
ovvero dopo aver annunciato lo stesso
tipo di cambiamento nella propria flotta,
l’elettrificazione globale di tutti i brand
controllati. Tra le informazioni filtrate al
momento c’è la garanzia che il marchio
Magneti Marelli continuerà a vivere,
così come verranno salvaguardati tutti
i posti di lavoro e l’operatività in Italia.
Si prevede che il passaggio definitivo
possa avvenire entro la metà del 2019,
non appena le autorità antitrust avranno
vagliato l’accordo.
torna al sommario 51
MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018
BICI ELETTRICA Le eBike sono agglomerate nei mezzi a motore: ma serve l’assicurazione RC?
Assicurazione RC obbligatoria per le eBike? La Commissione Europea sta valutando Il mondo dei pedali insorge per esprimere il dissenso verso una normativa troppo punitiva
di Massimiliano ZOCCHI
I l maggio scorso la Commissione Eu-
ropea ha inserito le eBike, o bici a
pedalata assistita, tra i veicoli a moto-
re che necessitano di una assicurazione
obbligatoria, di fatto equiparandole a
qualsiasi mezzo, sia esso una vettura, una
moto, a motore endotermico o elettrico.
Chi ne possiede una non si spaventi però,
questa novità per essere operativa deve
passare attraverso l’approvazione del
Parlamento Europeo e del Consiglio EU.
Questo ha permesso al mondo delle due
ruote a pedali di insorgere e di esprimere
tutto il dissenso per una normativa che
appare troppo punitiva verso un tipo di
mobilità completamente diverso da quelli
con cui viene paragonata.
Guidano la protesta la Federazione Cicli-
sti Europei (ECF) e
la Confederazione
dell’Industria Euro-
pea del ciclo (CO-
NEBI), sottolinean-
do come le eBike
non abbiano,
proprio per regola-
mentazione euro-
pea, la possibilità
di accelerazione
indipendente, ma
siano sempre legate alla pedalata, e co-
munque non oltre i 25 km/h e 250 Watt
di potenza. Il rischio secondo gli addetti
ai lavori è di mettere in crisi un intero set-
tore, fatto di prodotti che spesso hanno
anche prezzi considerevoli, spingendo
quindi il consumatore a non finalizzare
un ipotetico acquisto, sentendosi vessa-
to dall’ennesima spesa obbligatoria. La
Commissione Europea ha quindi fatto
un ulteriore passo istituendo una consul-
tazione pubblica nel mese di luglio, per
verificare l’impatto verso i cittadini. Inutile
dire che più di 500 sondaggi, da diversi
Paesi, hanno confermato il presentimen-
to di azione negativa verso il mercato e
l’adozione di una mobilità più sostenibile.
Tutto congelato dunque, in attesa che la
Commissione ritorni sull’argomento per
decidere come agire e se ritirare la pro-
posta precedente. Vi terremo aggiornati.
AUTO ELETTRICA Come da tradizione, Tesla ha rilasciato i risultati fiscali del terzo trimestre 2018
Trimestrale storica per Tesla MotorsRicavi sopra ogni rosea previsione Finalmente arrivano i profitti. A Wall Street chi aveva scommesso al ribasso, ora piange
di M. ZOCCHI
Alzi la mano chi aspettava l’ennesimo
trimestre in perdita per Tesla. Erano
sicuramente in molti nella stessa
posizione, tra addetti ai lavori e analisti
finanziari e invece Elon Musk ha lasciato
tutti a bocca aperta. Il terzo trimestre si è
chiuso con ricavi per oltre 6.8 miliardi di
dollari, ma soprattutto con un profitto di
312 milioni. Numeri che forse dicono poco
ma che sono significativi se confrontati
con quanto il mercato si aspettava. Gli
analisti avevano previsto ricavi per 5.67
miliardi, quindi ben al di sotto di quanto
invece è accaduto, ma anche 0.53 dollari
di perdita per ogni azione, cifra che inve-
ce si è rivelata essere in positivo di più del
doppio, 1.75 dollari per share.
A Wall Street in tanti avevano scommesso
al ribasso, sicuri che Tesla avrebbe inanel-
lato l’ennesimo trimestre in perdita, e ora
Tesla, arriva Navigate on Autopilot, l’auto cambia corsia e prende gli svincoli da sola Tesla aggiorna ancora il SW delle sue auto che adesso include la capacità dell’autopilot di gestire svincoli e uscite dall’autostrada di A. CUCCA
La versione 9 del software delle auto Tesla è stata rilasciata poche settimane fa, ricco di novità e mi-glioramenti, e adesso arriva una nuova versione. Alcune auto in Nord America hanno iniziato a rice-vere una nuova versione del sof-tware V9, la 2018.42, che adesso include la funzione dell’Autopilot in Navigazione. Questa funzione doveva essere disponibile con il primo rilascio della V9, ma la casa di Fremont si è presa quale setti-mana in più per effettuare ulteriori test. Navigate on Autopilot permet-te alle auto Tesla, una volta impo-stata una rotta, di gestire in manie-ra autonoma l’entrata/uscita dalle autostrade e la percorrenza degli svincoli oltre che i cambi di corsia. La funzione è ancora in versione beta e necessita dell’iniziativa del guidatore per intraprendere la ma-novra: quando il navigatore sugge-risce una svolta infatti, il guidatore dovrà mettere la freccia nella dire-zione giusta, e l’auto effettuerà la correzione di rotta. Tutto questo ac-cade in Nord America, mentre per l’Europa ci vorranno ancora diversi mesi a causa delle differenze tra i vari stati della comunità sul modo di dipingere le linee di mezzeria e bordo nelle strade. La nuova ver-sione porta altri piccoli aggiorna-menti, come il supporto alla futura chiave della Model 3 (un classico KeyFob come già visto in Model S e X) che affiancherà la attuale card, e aggiornamenti dell’inter-faccia utente che adesso permette un uso più pratico e multitasking di più applicazioni all’interno dello schermo dell’auto.
piangono lacrime amare. Protagonista di
questo risultato è la Model 3 che ha avuto
un margine di guadagno, sia GAAP che
non-GAAP, di oltre il 20%, segno che l’ot-
timizzazione della catena di montaggio e
dei volumi produttivi hanno portato a un
miglioramento globale. Perfezionamen-
to sottolineato anche dal fatto che le ore
di lavoro necessarie sono diminuite del
30% rispetto al Q2. Qualcuno, nel tenta-
tivo di mitigare la figuraccia degli esperti
di finanza ha puntato il dito sul fatto che
Tesla avrebbe fatto leva sul credito per
raggiungere il profitto, credito che però
ammonterebbe a soli 52 milioni, lascian-
do comunque un utile netto di 260 mi-
lioni. Il titolo è subito cresciuto in Borsa,
volando dai 250 dollari di due giorni fa, a
330 dollari, il tutto in una giornata in cui
la Borsa ha invece perso il 3%.
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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018
TRASPORTI Il CEO di EasyJet dichiara che la sua azienda va avanti nel progetto di aereo elettrico
EasyJet ha quasi pronto l’aereo elettrico I piani prevedono i primi test già nel 2019, precisamente con un aereo elettrico a nove posti
di Massimiliano ZOCCHI
L o scorso anno EasyJet aveva an-
nunciato una collaborazione con
Wright Electric per la realizzazione
di aerei elettrici per tratte commerciali.
Ora scopriamo che in 12 mesi i lavori
sono proseguiti e le novità sono con-
sistenti. Il CEO di EasyJet, Johan Lun-
dgren, ha dichiarato che la partnership
ha fatto progressi e tra pochissimo ne
vedremo i risultati:
“Il volo elettrico sta diventando una realtà, e ora possiamo imma-ginare un futuro che non è esclu-sivamente dipendente dal carbu-rante per jet” (Johan Lundgren)
Nel dettaglio i piani prevedono i primi test
già nel 2019, precisamente con un aereo
elettrico a nove posti. I primi voli di prova
saranno ovviamente effettuati su piccoli
velivoli, ma EasyJet e Wright pensano
di aggredire il settore degli aerei di me-
dia grandezza. I voli sotto le 300 miglia
con circa 150 passeggeri rappresentano
il 30% del totale, con le compagnie più
note, Boeing e Airbus, che hanno ven-
duto circa 1.000 aerei lo scorso anno.
Questo è il mercato in cui i due partner
si vogliono inserire, controbilanciando il
prezzo più alto di vendita, con un incre-
dibile risparmio dovuto all’assenza del
costo del carburante.
BICI ELETTRICA Dopo la collaborazione con Bianchi, Ducati stringe un’altra alleanza
Anche Thok collabora con Borgo Panigale: ecco la eBike Ducati Mig-RR Ad EICMA, Ducati è pronta a presentare la Mig-RR, realizzata con gli esperti di Thok
di M. ZOCCHI
Avevamo parlato del progetto portato avanti da Ducati insieme a Bianchi per una eBike senza compromessi,
e ora l’azienda italiana annuncia un’altra
collaborazione, sempre con un partner
italiano e sempre nel campo delle eBike.
È pronta per il debutto in occasione della
Ducati World Premiere, e subito dopo a
EICMA 2018, la Ducati Mig-RR, eBike da
enduro realizzata con Thok Ebikes. Una
Harley-Davidson LiveWire, la prima elettrica di Milwaukee arriva ad EICMA Voci insistenti danno come possibile l’apparizione della Harley-Davidson LiveWire a EICMA, in anteprima europea di A. ZOCCHI
Il mito Harley-Davidson si avvi-cina all’ennesima rivoluzione e prende il nome di LiveWire, la prima moto elettrica della casa americana, destinata ad arrivare sul mercato nel 2019. Così Har-ley, dopo aver lasciato a bocca asciutta il pubblico di Intermot 2018, molto probabilmente pre-senterà, per la prima volta in Europa, il suo bolide elettrico durante EICMA. Al momento non c’è una confer-ma ufficiale, ma le voci si stanno facendo molto insistenti con l’av-vicinarsi della kermesse milane-se. Tra l’altro non si tratterebbe di una prima assoluta, dato che LiveWire era già apparsa ad EI-CMA in passato, quando ancora era solo un prototipo, e l’elettri-co non era così in voga come ora. Sul sito ufficiale della casa è stata anche creata una pagina dedicata, con i pochi dettagli di-sponibili fino ad ora. Proprio su questa pagina Harley-Davidson conferma l’intenzione di realiz-zare una intera gamma di moto elettriche, di cui LiveWire sarà la capostipite. Confermato an-che il lancio, in un periodo non precisato del 2019, con la moto che verrà realizzata nello stabi-limento di York in Pennsylvania. Tra una settimana esatta scopri-remo se l’Italia sarà il teatro del debutto.
eMTB di altissimo livello come ci ha abi-
tuati Thok, che però si avvale di alcune
scelte distintive del modello Ducati, oltre
alla grafica sviluppata dalla D-Perf in col-
laborazione con il Centro Stile Ducati.
Ovviamente derivata dalla serie Mig
prodotta da Thok, la Ducati Mig-RR pre-
senta ruote dal diametro differente, 29”
all’anteriore e 27.5” al posteriore, che do-
vrebbero garantire un frontale più sicuro
e una trazione maggiore. L’escursione è
rispettivamente di 170 mm e 160 mm. La
Forcella è una Fox 36 Float Kashima men-
tre l’ammortizzatore è sempre Fox, DPX2
Factory Series con Horst Link. Freni Shi-
mano Saint, mentre per le ruote l’inedita
coppia si è affidata a Mavic, gommate con
Maxxis EXO+. Per la parte elettrica se con
Bianchi e la TT Evo la scelta era ricaduta
su Bosch, Thok punta invece su Shimano,
con il solito motore Steps E8000 da 250
Watt e 70 Nm di coppia, supportato dalla
batteria da 504 Wh. Il prezzo è ancora
sconosciuto, ma Ducati Mig-RR verrà di-
stribuita in tutta Europa attraverso la rete
di concessionari Ducati a partire dalla pri-
mavera 2019, ma sarà possibile ordinarla
anche su www.ducati.com.
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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018
AUTO ELETTRICA Tesla ha deciso di sostituire l’incentivo di 100 dollari di ricariche free
Tesla, torna il Supercharger gratuito solo per 6 mesiQuesta nuova offerta potrà essere utilizzata solo tramite un invito di un proprietario
di Marco MIKHAIL
Tesla offre 6 mesi di ricariche Super-
charger gratuite per i nuovi clienti,
utilizzando un referral di chi è già
proprietario. La casa automobilistica
statunitense ha sostituito il precedente
incentivo del valore di 100 dollari in rica-
riche ultra fast, dando l’opportunità a chi
acquisterà la nuova Model S, Model X o
Model 3 di usufruire di questa offerta.
La promozione è valida anche per chi
ha già acquistato dallo scorso 16 set-
tembre i nuovi modelli Tesla. Coloro che
hanno già utilizzato il precedente bonus
dei 100 dollari, quindi, potranno così ri-
cevere un ulteriore benefit di 6 mesi di
ricariche gratuite. Inizialmente il piano
di Tesla era di offrire ai nuovi clienti la
possibilità di ricaricare gratuitamente
il veicolo per l’intero ciclo di vita del
mezzo, sempre tramite il meccanismo
dell’invito da parte di chi possedeva già
una vettura di Elon Musk. In seguito, la
casa automobilistica aveva limitato le
ricariche gratuite per una valore com-
di Massimiliano ZOCCHI
S olo poco tempo fa vi abbiamo raccontato di come il Ministero
dei Trasporti, su sollecito di diver-
si Comuni, sia intenzionato a modifica-
re il Codice della Strada per includere
in qualche modo anche i mezzi elettrici
di mobilità personale, come monopat-
tini e hoverboard. La società Helbiz, in
corsa nel bando di Milano per fornire
monopattini in sharing, ha deciso di
bypassare ogni normativa e autorità,
lanciando il servizio in anticipo. L’app
è subito balzata ai primi posti di App-
Store, a dimostrazione dell’interesse
dei milanesi per questo tipo di nuova
mobilità urbana. I monopattini, o scoo-
ter elettrici come li chiamano all’estero,
sono però difficili da trovare perché al
momento sono solo 20 sui 500 che do-
vrebbero essere distribuiti a regime.
Non si è fatta attendere la replica di Pa-
lazzo Marino, con l’Assessore alla Mo-
bilità Marco Granelli decisamente stu-
pito da questo colpo di coda di Helbiz.
L’Amministrazione milanese chiama in
causa il Ministero e chiede che le rego-
le vengano rispettate da tutti, soprat-
tutto considerando che c’è un regolare
bando al momento “congelato”.
Alle lamentele di Granelli si aggiungo-
no anche quelle dei competitor, come
Limebike, che si sentono in qualche
modo scavalcati e ingannati dalla mos-
sa di Helbiz. Il servizio funziona come
qualsiasi altro sharing cittadino, con il
meccanismo del free floating. E’ possi-
bile tramite l’app di supporto localizza-
re i monopattini (1 euro per ogni corsa
e poi 15 centesimi per ogni minuto di
utilizzo) e poi a fine corsa lasciarli dove
si vuole, purché sia all’interno dell’area
operativa.
Resta il dubbio per i cittadini che voles-
sero provare i monopattini in sharing:
è legale utilizzarli se per il codice della
strada sono tutt’ora vietati?
AGGIORNAMENTO: Dopo il trambusto
mediatico, Helbiz ci ha contattato per
dei chiarimenti, spiegando che da di-
versi mesi è in contatto con il Comune,
e che quindi le voci di malcontento di
Palazzo Marino non sono veritiere. Lo
stesso Assessore Granelli ha pubblica-
to sul suo profilo Facebook un post
eloquente, dove mostra il riscontro del
servizio ed esorta il Ministero ad acce-
lerare le pratiche che consentirebbero
l’uso dei monopattini elettrici.
I 20 monopattini di test sono posizionati
sul territorio con personale presente a
spiegare il funzionamento del servi-
zio per dare alla gente l’opportunità
di provarlo e raccogliere così preziosi
feedback. Anche le indiscrezioni circo-
late riguardo le dichiarazioni dell’AD di
Helbiz, su una possibile responsabilità
civile in caso di problemi sono quindi
infondate. Ringraziamo Helbiz per le
precisazioni.
URBAN MOBILITY
Boring Company, apre il primo tunnelIniziata quasi come un passatempo, la Boring Company di Elon Musk procede spedita, tanto che lo stesso imprenditore ha annunciato che il pri-mo tunnel è praticamente pronto. Pre-sentazione il 10 dicembre, e dal giorno dopo corse gratuite al pubblico per mostrare le potenzialità. Per chi non lo sapesse, Boring Company si occupa di scavare tunnel sotto le città, all’inter-no dei quali trasportare ad altissima velocità vetture e pod autonomi su particolari slitte, così da bypassare il traffico cittadino e collegare punti di particolare interesse. Questa prima galleria è in pratica un laboratorio per il primo vero sistema urbano che ha già ricevuto una pre-autorizzazione, quello di Chicago.
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URBAN MOBILITY Helbiz porta in centro a Milano 20 dei suoi monopattini elettrici per far testare lo sharing ai cittadini
Milano testa lo sharing dei monopattini Helbiz I 20 monopattini elettrici di test sono posizionati sul territorio con personale presente a spiegare il funzionamento del servizio
plessivo di 100 dollari, equivalenti ad
una percorrenza media di circa 4.800
km. Questa novità fa parte della riorga-
nizzazione del programma premi refer-
ral, il quale prevede nuovi premi come
la possibilità di spedire la propria foto nello spazio.
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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018
BMC Trailfox AMP SX 2019 Enduro elettrico ai massimi livelliC’è anche BMC tra le novità targate 2019. La nuova Trailfox AMP SX è pensata per l’enduro senza compromessi. Carbonio e motore Shimano per spingere al massimo
di M. Z.
Tra le novità che si fregiano della dicitura 2019 non poteva certo mancare BMC, con la sua Trailfox AMP SX. Si parte dalla scelta dei materiali, il giusto mix tra carbonio e alluminio per ottenere leggerez-za e robustezza. Il particolare de-sign del tubo obliquo si apre per alloggiare la batteria, una Shimano STEPS da 500 Wh.Shimano è il filo conduttore della parte tecnica, sempre della serie STEPS anche il motore, con l’E-8000 da 70 Nm di coppia. Anche selettore, comandi, cambio, cate-na e cassetta sono Shimano, men-tre per i freni BMC ha puntato sui Magura MT7.Forcella e ammortizzatore sono entrambi Fox Float, con rispettiva-mente 170 mm e 150 mm di escur-sione. Le ruote sono da 27.5” ma il movimento centrale è leggermen-te più alto per evitare di toccare a terra nei passaggi più impegnativi, mentre l’angolo di sterzo aperto e i foderi compatti garantiscono maneggevolezza e agilità in tutte le situazioni.Per verificare tutte le geometrie è possibile consultare il sito ufficiale. BMC Trailfox AMP SX è disponibile nelle taglie S/M/L, in colore Party Blue - Fluo yellow, al prezzo di 7.999 euro.
MOTORSPORT Gare ancora più avvincenti con le nuove regole per la stagione che sta iniziando
Formula E, arriva il nuovo regolamento 2018-2019 Gara a tempo, super pole e power mode in stile videogame sono alcune novità in arrivo
di Massimiliano ZOCCHI
Scordatevi la noia delle gare di
Formula 1. La ABB FIA Formula E fin
dalla sua nascita ha fatto di tutto per
rendere le gare più avvincenti, adrenalini-
che e divertenti da vedere, dal vivo e in tv.
E il nuovo regolamento già approvato va
esattamente in questa direzione, aggiun-
gendo qualche novità e correggendo il
tiro dove si poteva migliorare. La novità
più importante, lo sappiamo da molto
tempo, è l’adozione della nuova mono-posto Gen2, che introduce anche la nuo-
va batteria con capacità doppia, il che ha
portato all’abbandono del cambio vettura
a metà gara. Per sfruttare ancora al me-
glio la nuova auto, si è deciso di cambiare
il regolamento sulla durata di gara, che
non sarà più per un numero prefissato di
giri, ma a tempo. I piloti dovranno correre
per 45 minuti, allo scadere dei quali
compiere un giro aggiuntivo per arriva-
re sotto la bandiera a scacchi. Questa
nuova modalità permetterà un numero
crescente di strategie, soprattutto per
la gestione energetica, con un numero
infinito di variabili. Potremo assistere a
gare più tranquille in fase iniziale con
finali da brivido, o magari qualcuno cer-
cherà la fuga iniziale rischiando di dover
alzare il piede agli ultimi giri. Anche per-
ché un’altra novità sarà il power mode,
delle zone in cui i piloti decideranno di
passare e attivare un surplus di potenza.
In queste fasi l’halo (da questa stagione
obbligatorio anche in FE) si illuminerà con
dei LED, per far capire ai tifosi che il pilota
sta usando energia in più. Ultima novità,
ma non meno importante, riguarda le
qualifiche. I piloti saranno sempre divisi
a gruppi, ma la superpole finale ora se la
giocheranno i migliori 6, contro i migliori
5 delle passate stagioni. Questo aumen-
terà la competitività anche in prova con
la speranza di un posto in più per partire
davanti. Infine, ricordiamo le novità tecni-
che della monoposto. La potenza ora è di
250 kW, un aumento considerevole dai
200 della passata stagione, che in gara si
abbassa a 225 kW, per una velocità mas-
sima di 280 km/h, con accelerazione da
0 a 100 in soli 2.8 secondi. Potete anche
consultare il calendario completo nel-l’articolo dedicato.
AUTO ELETTRICA Anche Alfa Romeo verrà coinvolta dal nuovo piano strategico di FCA
Alfa Romeo Giulia elettrica? Prima si passa dal turbo elettrico e dall’ibrida plug-inFCA va verso l’elettrificazione completa, ma in un primo momento niente elettriche pure
di Massimiliano ZOCCHI
P roseguiamo nell’analisi di quello
che sarà il futuro a breve termine di
FCA. Dopo aver parlato della nuo-
va Fiat Panda, che potrebbe accogliere
un motore mild hybrid, lo stesso che è
stato più volte indicato come una pos-
sibilità per la nuova Fiat 500, passiamo
ad Alfa Romeo, tra tutti il marchio che ha
avuto un maggiore rilancio, soprattutto
nella considerazione che ne hanno anche
all’estero. E proprio per rincorrere la per-
duta reputazione fuori dall’Italia, Alfa Ro-
meo non poteva esimersi dall’affrontare
la questione elettrico. Come ricordato in
fase di presentazione del nuovo piano in-
dustriale da 9 miliardi, entro il 2022 tutta
la flotta sarà in qualche modo elettrificata,
quindi compresa anche Alfa Romeo, ma
per il momento non si parla di una possi-
bile Giulia 100% elettrica.
La strategia di Alfa Romeo sarà inizial-
mente più conservativa e sempre legata
ai motori a combustione, anche se con un
cambio di paradigma graduale. La prima
novità è rappresentata dal turbo elettrico,
chiamato E-Booster. In pratica un’unità
elettrica verrà abbinata alla turbina per
diminuirne la latenza ai bassi regimi e al
tempo stesso aumentare la potenza del
25% e contemporaneamente abbassare
le emissioni di CO2.
Dopo questa prima soluzione si passerà
al più classico ibrido plug-in. Con questa
tecnologia una vettura con motore en-
dotermico può essere spinta per alcune
decine di km solo dall’unità elettrica, con
batterie ricaricabili da una colonnina o da
una normale presa. Alfa Romeo punta ad
autonomie di circa 50 km, oltre che con la
Giulia anche con il SUV Stelvio, un futuro
SUV, GTV e 8C, mentre per Giulietta sem-
bra arriverà solo il mild hybrid. Lo sviluppo
dei powertrain dovrebbe essere trasver-
sale per tutti i marchi controllati, dato che
il cambiamento interesserà anche Mase-
rati, Jeep e persino RAM. Non esistono
al momento dichiarazioni precise su una
tabella di marcia, ma essendo che entro il
2022 il piano dovrebbe essere completa-
to è plausibile che possa venir presentato
qualcosa già a fine 2019, magari puntan-
do a una presentazione in grande stile
per il Salone di Ginevra 2020.
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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018
AUTO ELETTRICA A sorpresa le due aziende stringono una partnership per creare una moto straordinaria e unica nel suo genere
Energica e Samsung presentano SmartRide Bolid-E La moto elettrica con l’intelligenza artificiale Salta all’occhio la mancanza degli specchietti, sostituiti da due smartphone Samsung Galaxy A8. Diventerà realtà?
di M. ZOCCHI
E nergica e Samsung alleate che non ti aspetti. Si
potrebbe riassumere così la serata nella suggestiva
cornice del Samsung District di Milano, dove le due
aziende hanno presentato SmartRide Bolid-E, una moto
elettrica a prima vista incredibile, nella quale troviamo un
concentrato del know how di entrambe le aziende.
Come ovvio Energica ci ha messo la base, che è la sua
EVA EsseEsse9, old-style proclamata Best Electric Bike
2018, mentre Samsung ha messo a disposizione la tec-
nologia sviluppata in diversi settori, così da creare la pri-
ma vera moto del futuro. A prima vista Bolid-E ha subito
qualcosa di diverso dalle altre moto. Salta all’occhio la
mancanza degli specchietti, sostituiti da due smartpho-
ne Samsung Galaxy A8, in cui il normale sistema opera-
tivo è disabilitato. Gli schermi sostituiscono i retrovisori,
ma possono anche fornire informazioni aggiuntive come
la presenza di pedoni o ostacoli di vario genere, grazie
al collegamento con la videocamera frontale e quella
posteriore, e al sistema di intelligenza artificiale che ana-
lizza i dati in tempo reale.
Per mantenere la sicurezza il touchscreen è ovviamente
disabilitato, ma può essere sbloccato nei momenti di so-
sta. Gli smartwatch hanno sempre più un ruolo centrale
nel settore dei device mobile, non poteva quindi man-
care la chiave digitale, simulata in questo caso con un
Samsung Galaxy Watch. E’ sufficiente avvicinare l’orolo-
gio al blocchetto di avviamento per accendere Bolid-E,
e ricevere di ritorno tutta una serie di informazioni utili
(compatibile con Gear S3 o successivo).
Si va dalla ricarica residua delle batterie, ai dati istanta-
nei di consumo, corrente erogata, o anche odometro
totale o parziale. Nel caso sia necessaria una sosta è
possibile anche rintracciare le colonnine più vicine, sia
AC sia fast DC. Ultimo ma non per ordine di importanza,
il GPS, per rintracciare la moto con la possibilità anche di
far suonare il clacson da remoto.
Condividere l’esperienza, grazie a Samsung si puòNel caso (molto raro, come sottolineato dal presenta-
tore della serata, Nico Cereghini) si debba prestare la
moto a un amico, è possibile anche inviare una chiave
di accensione provvisoria a un secondo Galaxy Watch.
Completa la dotazione tecnologica e l’esperienza emo-
zionale il Track Recording. Le videocamere su Bolid-E
non servono solo per questioni di sicurezza, ma anche
per registrare il tragitto effettuato: come avere a bordo
una action cam di serie. Con un TV Samsung Smart è
anche possibile andare a rivivere l’esperienza, con il
video del percorso arricchito dai dati registrati, compre-
so anche battito cardiaco per individuare i momenti più
emozionanti.
In strada è una Energica veraLivia Cevolini, CEO di Energica, nel corso della serata
ha ricordato come il lavoro della sua azienda sia profon-
damente radicato nella Motor Valley italiana, pensando
sempre alla tradizione ma al tempo stesso puntando
anche all’innovazione. La dimostrazione è l’imminen-
te campionato di MotoE, di cui Energica sarà fornitore
unico. Bolid-E, come detto, è derivata da una EVA già
a listino da cui eredita tutte le caratteristiche tecniche.
Velocità massima limitata di 200 km/h, coppia di 180 Nm
disponibile a zero giri e potenza di 80 kW. La batteria è
da 11.7 kWh, che può garantire una autonomia fino a 200
km in Eco Mode. La ricarica può essere fast charge in DC
per un tempo di 30 minuti da 0 a 85%, oppure 3.5 ore in
AC per andare da 0 a 100%. Anche Francesco Cordani
di Samsung è intervenuto, sottolineando la ricerca di un
valore aggiunto per la clientela quale obiettivo primario
di Samsung. Nel campo delle due ruote quindi hanno
scelto Energica come partner, individuato come leader
per la mobilità elettrica e di fatto il migliore per mettere
in strada il progetto SmartRide.
La vedremo davvero in vendita?Ovviamente, in una prima presentazione di questo gene-
re le bocche sono tutte cucite. Energica dovrà vagliare la
risposta di interesse da parte dei suoi potenziali clienti,
per capire se si potrà fare di Bolid-E una moto di serie o
se dovrà restare solo l’esempio della massima tecnolo-
gia, per applicarla poi case by case ad altri modelli. La
sensazione è che tra tanti concept impossibili, questo
sia quello più possibile, avendo come base una moto
vera, e introducendo funzionalità, come gli specchietti
virtuali, già realtà nel mondo automobilistico, e quindi
non particolarmente difficoltosi da omologare. Come
sempre vi terremo aggiornati.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
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WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018
Priority Embark, la city eBike con motore Bosch e niente catena: usa una cinghia in carbonioPriority Bicycles ha aperto le prevendite per Embark, una eBike da città con motore e batteria Bosch con una particolarità, non ha la catena
di M. Z.
Priority Bicycles è una start up nata tramite Kickstarter, ormai nel 2014. Dopo una campagna di suc-cesso e dopo migliaia di bici ven-dute ai propri clienti, ora si lancia anche nelle mondo delle eBike, precisamente un modello da città chiamato Embark. Il prodotto, al momento venduto solo negli Stati Uniti in attesa di accordi commer-ciali, non ha la pretesa di essere un top di gamma, ma cerca di offrire all’utente qualità, buona compo-nentistica e manutenzione ridotta ai minimi termini. Per la parte elet-trica Priority si è affidata a Bosch con il motore centrale Active Line Plus e la batteria Powerpack che offre fino a 80 km di assistenza alla pedalata. Ma la parte più inte-ressante probabilmente riguarda la trasmissione, non relegata alla classica catena, ma ad una cinghia in carbonio prodotta da Gates Car-bon Drive Belt. Sulla ruota poste-riore non troviamo le solite corone con cambio a deragliatore, ma la soluzione di Enviolo Trekking, una trasmissione variabile continua, che offre infinite regolazioni al rapporto di marcia. Addio anche ai rischi di forature grazie alle coper-ture tubeless di WTB. Prezzo in of-ferta al momento di 3.499 dollari, nelle misure S, M e L.
BICI ELETTRICA ll Parlamento Europeo è chiamato ad approvare un nuovo regolamento
Otto posti per biciclette su tutti i treni europei, regolamento quasi approvato Tutti i treni nuovi o ricondizionati dovranno avere minimo 8 posti per il trasporto delle bici
di Massimiliano ZOCCHI
M olto probabilmente diremo
addio a treni senza un minimo
spazio per alloggiare una bici,
dovendo sempre occupare malamen-
te l’atrio di ingresso delle carrozze. Il
Comitato Trasporti e Turismo del Par-
lamento Europeo ha già redatto una
bozza di regolamento, secondo cui tutti
i treni nuovi o ricondizionati dovranno
avere un minimo di 8 posti dedicati al
trasporti di biciclette.
Il nuovo regolamento non è ancora at-
tivo, dovrà prima passare il vaglio del
Parlamento Europeo per essere poi di-
scussa dal Consiglio dei Capi di Stato
e di Governo, e in caso
positivo approvarla de-
finitivamente Secondo
la proposta sarebbero
interessati tutti i treni eu-
ropei, senza distinzione
di tipologia, dai treni per
pendolari all’alta veloci-
tà, locali o internazionali.
Fondamentale poi la spe-
cifica “biciclette assem-
blate”, in quanto già oggi in alcuni treni
è possibile trasportare bici, ma solo se
pieghevoli o smontate e imballate. Con
il nuovo regolamento invece si vuole
facilitare la congiunzione tra diverse
BICI ELETTRICA La CE potrebbe cancellare i dazi imposti alle eBike cinesi importate in Europa
EBike importate dalla Cina: via i dazi e i blocchi perché danneggiano anche le aziende europeeL’EBMA non aveva fatto i conti gli importatori, per i quali i prodotti cinesi sono una linfa vitale
di Massimiliano ZOCCHI
N el maggio 2018 la Commissione
Europea, dopo attenta procedura
di investigazione, concluse che le
eBike e le bici importate dalla Cina erano
prodotti oggetto di dumping, ovvero di
agevolazioni non dovute ed eccessive,
da parte del Governo locale per facili-
tarne l’esportazione. Pratiche di queste
genere possono impattare fino al 50% sul
costo di una eBike di fascia entry level,
motivo per cui questi prodotti si sono po-
sti in una posizione di concorrenza sleale
rispetto a quelli sviluppati direttamente
da aziende europee. La Commissione
quindi, su esplicita richiesta dell’Euro-
pean Bicycle Manufacturer’s Association
(EBMA) decise per controlli più stretti e
l’applicazione di pesanti dazi. Dopo po-
chi mesi la scelta intrapresa sembra però
che verrà rivista, su richiesta dello stesso
ente che l’aveva proposta. L’EBMA infatti
non aveva fatto i conti con gli importatori,
per i quali i prodotti cinesi rappresentano
una linfa vitale, se non addirittura l’unica
fonte di guadagno, alcune con il prodotto
finito, altre per componentistica e assem-
blaggio. Le tasse aggiuntive sui prodotti
in arrivo dalla Cina rischiavano si causare
perdite fino a 90 milioni di euro al settore
delle importazioni, con il rischio che al-
cune aziende potessero anche chiudere
i battenti, vedendosi abbattuti in modo
drastico i guadagni. L’ultima parola resta
sempre della Commissione Europea, che
fino ad ora però ha sempre ascoltato i
suggerimenti delle associazioni di cate-
goria. Con la liberalizzazione in vista, le
bici cinesi in Europa potrebbero raggiun-
gere numeri mai visti finora, superando
addirittura il mezzo milione di unità.
città tramite il treno, per poi muoversi
localmente con la bici. Una norma del
genere andrebbe ovviamente a interes-
sare anche le eBike, che in città trovano
un terreno molto fertile per il cosiddetto
ultimo miglio.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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