Facetime di gruppo cambia e diventa 10 14 Google One Apple ... · Arriva OnePlus 6T Tacca più...

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MAGAZINE n.187 / 18 5 NOVEMBRE 2018 Arriva OnePlus 6T Tacca più piccola, prezzo più alto 10 34 TV Sony OLED AF9 Immagine pura 38 Sony Xperia XZ3 Xperia sposa l’OLED 42 Huawei Mate 20 Pro Fotocamera super IN PROVA IN QUESTO NUMERO Arriva un nuovo bollino per le TV compatibili Sky e Premium Un nuovo adesivo per certificare i TV che tramite CAM ossono ricevere correttamente i servizi pay DTT sia di Mediaset sia di Sky 25 Amazon Alexa in Italia con gli smart speaker Echo Alexa, l’assistente vocale di Amazon, è ora disponibile in Italia e parla italiano. Con Alexa arriva anche la gamma di smart speaker Echo Google Drive cambia e diventa Google One 23 Frigoriferi, quanto consumano e quando cambiarli? 28 Apple rinnova: MacBook Air col Retina iPad Pro senza bordi, Mac Mini più potente Retina display sul Mac più venduto ma solo con USB-C Niente SD card e porta USB standard. Su iPad Pro porta USB-C e Face ID. Il MacMini migliorato cresce di prezzo 22 48 Il pico-proiettore Sony Piccolo e luminoso 07 Xiaomi Mi Mix 3 è tutto schermo 51 Tesla, ricavi oltre ogni aspettativa iOS 12.1: Dual Sim, Facetime di gruppo e molto altro 14 30

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

Arriva OnePlus 6T Tacca più piccola, prezzo più alto 10

34

TV Sony OLED AF9 Immagine pura

38

Sony Xperia XZ3 Xperia sposa l’OLED

42

Huawei Mate 20 Pro Fotocamera super

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

Arriva un nuovo bollino per le TV compatibili Sky e Premium Un nuovo adesivo per certificare i TV che tramite CAM ossono ricevere correttamente i servizi pay DTT sia di Mediaset sia di Sky

25

Amazon Alexa in Italia con gli smart speaker EchoAlexa, l’assistente vocale di Amazon, è ora disponibile in Italia e parla italiano. Con Alexa arriva anche la gamma di smart speaker Echo

Google Drive cambia e diventa Google One 23

Frigoriferi, quanto consumano e quando cambiarli? 28

Apple rinnova: MacBook Air col Retina iPad Pro senza bordi, Mac Mini più potenteRetina display sul Mac più venduto ma solo con USB-C Niente SD card e porta USB standard. Su iPad Pro porta USB-C e Face ID. Il MacMini migliorato cresce di prezzo

22

48

Il pico-proiettore Sony Piccolo e luminoso

07

Xiaomi Mi Mix 3 è tutto schermo

51

Tesla, ricavi oltre ogni aspettativa

iOS 12.1: Dual Sim, Facetime di gruppo e molto altro 14

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

Apple e Samsung sono state multa-

te dall’antitrust italiana: 10 milioni di

euro la prima, 5 milioni di euro la

seconda, al termine di due lunghe istrut-

torie che hanno cercato di capire se dav-

vero i due colossi hanno deliberatamente

“provocato gravi disfunzioni e ridotto in

modo significativo le prestazioni degli

smartphone, in tal modo accelerando il

processo di sostituzione degli stessi”. Un

discorso complesso, che è difficile riassu-

mere banalmente con il termine “obso-

lescenza programmata”. Soprattutto se

la questione è legata agli aggiornamenti

software, quegli aggiornamenti che gran

parte della popolazione ignora e gran

parte chiede, perché avere un prodotto

più sicuro e con le nuove funzioni senza

doverne comprare un altro è buona cosa.

Una diatriba paradossale da un certo

punto di vista, soprattutto per Apple che

è forse l’unica azienda che garantisce

anche cinque anni di aggiornamenti sof-

tware gratuiti e, dove possibile, ha sem-

pre aggiunto tramite software funzioni sui

vecchi modelli per tenerli al passo con le

librerie e le funzioni delle ultime release

dei sistemi operativi. Senza dimenticare

che iOS 12 è stato pensato proprio per

i prodotti più vecchi, migliorando le pre-

stazioni di smartphone come l’iPhone 5C

che sono “rinati” dopo l’update come di-

mostrano più test. Ma è anche vero che

con la questione della batteria Apple non

è stata affatto chiara nella comunicazio-

ne. Ma cosa esattamente ha contestato

l’Agcm a Apple e Samsung?

Il caso Apple Partiamo con la prima, Apple, che paga

proprio per la questione legata alla bat-

teria. Secondo l’Agcm “Apple ha insisten-

temente proposto, dal settembre 2016, ai

possessori di vari modelli di iPhone 6 e

6S di installare il nuovo sistema operativo

iOS 10 sviluppato per il nuovo iPhone 7

senza informare delle maggiori richieste

di energia del nuovo sistema operativo e

dei possibili inconvenienti – quali spegni-

menti improvvisi – che tale installazione

avrebbe potuto comportare.” La questio-

ne l’abbiamo affrontata più volte: Apple

ha sbagliato a ridurre le prestazioni dei

dispositivi nel caso di batteria deteriora-

ta senza avvisare i consumatori, avrebbe

MERCATO L’Antitrust ha multato Apple per 10 milioni di euro e Samsung per 5 milioni di euro

Samsung e Apple multate: “Smartphone rallentati per far comprare nuovi modelli”Alcuni aggiornamenti del firmware avrebbero provocato gravi disfunzioni e ridotto le prestazioni

dovuto chiedere se si volevano mantene-

re le piene funzionalità sacrificando l’au-

tonomia. Opzione che è stata introdotta

successivamente, con iOS 11. Secondo

l’Agcm Apple avrebbe violato anche l’art.

20 del Codice del Consumo perchè “non

ha fornito ai consumatori adeguate in-

formazioni circa alcune caratteristiche

essenziali delle batterie al lito, quali la

loro vita media e deteriorabilità, nonché

circa le corrette procedure per mantene-

re, verificare e sostituire le batterie al fine

di conservare la piena funzionalità dei

dispositivi.” Questa è una multa che po-

trebbe essere data a tutti i produttori che

usano batterie: la batteria è soggetta ad

usura, e le prestazioni calano nel tempo.

Soprattutto quelle degli smartphone, sot-

toposte a continue sollecitazioni e oggi

stressate dalle ricariche rapide. Tanto che

quasi nessuno inserisce la batteria negli

elementi in garanzia.

Il caso Samsung Per Samsung il caso è un po’ diverso:

secondo l’Agcm “Samsung ha insisten-

temente proposto, dal maggio 2016, ai

consumatori che avevano acquistato

un Note 4 (immesso sul mercato nel set-

tembre 2014) di procedere ad installare

il nuovo firmware di Android denominato

Marshmallow predisposto per il nuovo

modello di telefono Note 7, senza infor-

mare dei gravi malfunzionamenti dovuti

alle maggiori sollecitazioni dell’hardware

e richiedendo, per le riparazioni fuori ga-

ranzia connesse a tali malfunzionamenti,

un elevato costo di riparazione.”

Altra questione delicata, perché come

sappiamo Samsung ha centinaia di smar-

tphone e un aggiornamento può uscire

male. Ci sono casi negli ultimi anni di

decine di smartphone che hanno avuto

problemi con gli aggiornamenti, ma la

cosa può essere estesa a decine di altre

categorie merceologiche.

Samsung ha rilasciato questo statement:

“Per Samsung la soddisfazione dei propri

clienti è obiettivo primario, strettamente

legato al proprio business. Samsung non

condivide la decisione presa dall’AGCM

in quanto la società non ha mai rilasciato

aggiornamenti software con l’obiettivo di

ridurre le performance del Galaxy Note 4.

Al contrario, Samsung ha sempre rilascia-

to aggiornamenti software che consen-

tissero ai propri utenti di avere la migliore

esperienza possibile. L’azienda si vede

quindi costretta a ricorrere in appello

contro la decisione presa dall’Autorità.”

Crediamo che sia difficile parlare di ob-

solescenza programmata, più facile par-

lare di obsolescenza legata ad un mer-

cato che viaggia velocissimo. Perché allo

stesso modo si potrebbe parlare di ob-

solescenza programmata per tutte quel-

le aziende che, dopo aver lanciato i pro-

dotti, se ne fregano degli aggiornamenti,

oppure che aggiungono certe funzioni

solo sui prodotti nuovi quando potreb-

bero farlo anche su altri vecchi. Non è

obsolescenza programmata lasciar mo-

rire un prodotto senza curarsene o ag-

giornarlo? La realtà a nostro avviso è di-

versa: oggi le aziende per tenere il ritmo

lanciano troppi prodotti e troppo veloce-

mente, e un prodotto è fatto al 50% da

hardware e al 50% dal software. Tenere

un prodotto aggiornato, controllare che

non abbia problemi anche dopo qualche

mese richiede investimenti e risorse che

pochi vogliono investire per prodotti che

ormai hanno venduto. Paradossalmente

se Apple e Samsung si fossero limitate

a ignorare il Note 4 o l’iPhone 6 dopo

averli venduti, avrebbero risparmiato 15

milioni di euro. Ma sarebbe stato corret-

to nei confronti dei consumatori?

Pubblicità al telefono, pronto il prefisso unico: con 0844 le riconosci subitoL’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha stabilito un prefisso univoco per le telecomunicazioni commerciali: 0844. E ce n’è un altro: 0843, per le telefonate a fini statistici di M. DI MARCO0844. Sarà questo il prefisso che identificherà tutte le telefonate commerciali, cioè quelle pubbli-citarie. A stabilirlo è una delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), che in-troduce anche un altro prefisso: 0843. Quest’ultimo sarà finalizzato, invece, alle “chiamate telefoniche finalizzate ad attività statistiche”. Uno strumento in più nelle mani dell’utente per anticipare le tele-fonate promozionali o a fini stati-stici, che spesso rappresentano un fastidio. C’è già un primo limite: se le aziende che promuovono of-ferte per la linea fissa o la pay TV, per esempio, si affidano a un call center, quest’ultimo non sarà ob-bligato a usare il nuovo prefisso. Anche in questo caso, però, è stata introdotta da Agcom una novità: i call center devono assicurare che “i numeri utilizzati siano contattabili dall’utente”. Basta numeri privati; l’utente deve avere la possibilità di richiamare lo stesso numero. Con un simile provvedimento Agcom mette anche mano al costo dei numeri di supporto a pagamento. Nello specifico, “la tassazione del-la chiamata ha inizio solo dal mo-mento della risposta dell’operatore del centro servizi oppure dall’inizio della fornitura del contenuto trami-te risponditore automatico o della specifica prestazione”. L’utente in-somma pagherà soltanto il tempo effettivo in cui ha ricevuto suppor-to. Tali modifiche saranno appli-cate entro tre mesi dalla data del documento.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di M. DI MARCO

H uawei è di nuovo sopra ad Apple per numero di

smartphone spediti in tutto il mondo: l’azienda

cinese è il secondo produttore al mondo per

unità distribuite nel terzo trimestre dell’anno. Un

dato certamente significativo perché rappresenta la

crescita di Huawei e del suo catalogo, ma che da

solo non dà un’indicazione chiara dei rispettivi giri

d’affari. L’ultima indagine di Strategy Analytics è

chiara: per volume di smartphone distribuiti, Sam-

sung è la migliore con oltre 72 milioni di unità spedi-

te. La seguono Huawei (51,8 milioni), appunto, e poi

Apple (46,9 milioni). Huawei stupisce soprattutto per

un tasso di crescita su base annua in doppia cifra:

32,5%. Apple è praticamente stabile (+0,4%) laddove

Samsung è scesa del 13,3%. Tali dati, però, devono

essere contestualizzati. Senza conoscere il prezzo

di vendita medio o il volume d’affari dei produttori

di smartphone, basare giudizi di mercato sarebbe

affrettato. Perché valutando le recentissime trime-

strali di Samsung e Apple (Huawei non è un’azienda

pubblica e quindi comunica soltanto annualmente il

proprio bilancio) la situazione è chiara: Apple ingur-

gita la stragrande maggioranza dei profitti del mon-

do mobile; né Samsung né Huawei si avvicinano al

fatturato degli iPhone.

I profitti iPhone sono quasi il doppio dei guadagni dei Samsung GalaxyAnalizzando unicamente il mercato smartphone, i

46,9 milioni di iPhone spediti hanno significato profit-

ti per oltre 37 miliardi di dollari tra luglio e settembre.

I 72 milioni di smartphone Samsung, invece, hanno

portato in cassa 20 miliardi di dollari.

Un riferimento che includa anche Huawei si può ave-

re dal confronto diretto che sempre Strategy Analyti-

cs ha fatto per il quarto trimestre del 2017: Apple ha

raccolto il 51% dei profitti del mercato smartphone,

Samsung il 15,7% e Huawei il 7%. Da allora le per-

MERCATO Per il secondo trimestre consecutivo Huawei distribuisce più smartphone di Apple e Samsung continua a dominare

Per Samsung e Huawei i profitti di iPhone sono un miraggio. Ma Apple deve guardarsi le spalleLa verità è che nessuna delle due si avvicina ai guadagni degli iPhone, ma l’ascesa delle cinesi crea dei grattacapi ad Apple

centuali potranno essere cambiate, ma gli equilibri

sono rimasti i medesimi: anche nel secondo trime-

stre 2018 la classifica è rimasta invariata. Come detto

Huawei non comunica le sue trimestrali poiché non

è un’azienda quotata in borsa. Possiamo però pren-

dere come secondo riferimento l’intero 2017, anno

durante il quale Huawei ha distribuito 153 milioni di

smartphone. La divisione Consumer Business ha così

registrato un fatturato di di 237 miliardi di yuan, ossia

34 miliardi di dollari. Cioè quanto Apple ha fatto nel

suo più recente trimestre. Il perché di tale situazio-

ne - abbastanza scontato - è presto detto: i prezzi

degli iPhone sono mediamente più alti. Guardando i

prezzi di listino, iPhone 7 è il più economico (iPhone

SE non è più in catalogo) a 549 euro. Samsung e

Huawei hanno ovviamente maggiore scelta, ma tale

eterogeneità “si paga”; il prezzo di vendita medio è

più basso e così anche i profitti. Strategie di mercato

diverse. Samsung, specialmente, è un’azienda dalle

molte facce, perché il suo giro d’affari ha ramifica-

zioni importanti anche nelle TV e nei chip per le me-

morie, per esempio. Ed è innegabile che Huawei sia

tra i produttori smartphone che più sta crescendo,

forte di dispositivi, come Mate 20 Pro, attraverso i

quali sta dimostrando una grande maturità hardwa-

re. freddi numeri, però, dicono che da anni Apple

sta raccogliendo la fetta più grande dei profitti del

mercato mobile.

Le società cinesi rappresentano comunque un rischio per AppleL’ascesa di Huawei e Xiaomi, tanto per citare due dei

produttori mobile che hanno registrato la crescita

maggiore negli ultimi mesi, sta comunque creando

dei grattacapi ad Apple. Perché se è vero che l’azien-

da californiana gode di ottima salute, i vertici di Apple

hanno già avvisato gli azionisti: il prossimo trimestre

non rispetterà le aspettative di Wall Street. Colpa so-

prattutto delle difficoltà a vendere i suoi iPhone nei

mercati emergenti, dove sono appunti i marchi cinesi

e locali (come anche Oppo o Vivo) ad andare per la

maggiore. Ciò significa, essenzialmente, che Apple

crescerà a un ritmo minore rispetto al passato. Ed è

esattamente ciò che sta preoccupando gli investitori

e che nonostante gli straordinari dell’ultima trime-

strale ha fatto perdere ad Apple 70 miliardi di dollari

“virtuali” con un calo del 7% del suo valore azionario.

Perché non bastano 62,9 miliardi di dollari di fattura-

to; gli azionisti vogliono sempre più crescita. E quan-

do tale crescita non viene promessa, iniziano i timori.

È proprio qui che entrano in gioco Huawei e Xiaomi,

che stanno mordendo le caviglie di Apple impeden-

dole di crescere allo stesso ritmo di prima. Al punto

che Apple ha deciso che non comunicherà più i dati

di vendita dell’hardware (come già faceva per Apple

Watch): non sapremo più effettivamente quanti iPho-

ne, iPad e Mac sono stati venduti ogni trimestre.

La dirigenza si giustifica dichiarando che le presta-

zioni, in crescita, dei servizi su abbonamento come

Apple Music e iCloud non possono essere misurabili

attraverso le vendite hardware, che quindi non sa-

rebbero più un indicatore valido. Ma è difficile non

vedere dietro tale dichiarazione una manovra protet-

tiva: meglio non dire le unità vendute, così da ma-

scherare eventuali cali o mancate crescite.

In tal senso la crescita delle società cinesi sì che

deve preoccupare Apple. Il cui giro d’affari degli

iPhone, però, è ancora incredibilmente stabile, flo-

rido e proficuo. Anche dovesse diventare il quarto

produttore mobile al mondo.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Gianfranco GIARDINA

P arte dalla Riviera ligure di Levante il rinnovamen-

to in chiave green e tecnologica delle stazioni

ferroviarie italiane. Come avevamo anticipato lo scorso luglio, infatti, è stata selezionata la stazione di

Rapallo come sito pilota per il varo di un nuovo pro-

getto: si chiama GreenHub e di fatto mira a migliorare

l’esperienza di utilizzo della stazione per i viaggiatori,

creando una serie di servizi a impatto zero in termini

energetici ed ambientali. L’inaugurazione della prima

installazione sperimentale si è tenuta alla presenza del

sindaco di Rapallo Carlo Bagnasco, da Franco Stivali di

Ferrovie dello Stato, responsabile Innovazione e Siste-

mi Informativi, e Urbano Mimmo, direttore innovazione

e comunicazione di Sirti.

Per ottenere questo scopo, Ferrovie dello Stato si è

fatta affiancare da Sirti e un gruppo di diverse startup

innovative, per integrare nell’infrastruttura della stazio-

ne una serie di soluzioni hi-tech.

Si parte dalla generazione dell’energia rinnovabile,

ottenuta tramite una struttura rivestita di pannelli foto-

voltaici, nel caso di Rapallo una piramide: questa è in

grado di catturare energia per una potenza di picco di

1,3 KW, quanto basta per tenere il sistema in funzione

giorno e notte, grazie anche a un sistema di accumulo

integrato.

Inoltre l’energia viene catturata anche da porzioni di

pavimento fotovoltaico e da panchine anch’esse dotate

di pannelli solari. L’energia serve in buona parte per ali-

mentare un depuratore d’aria che è in grado di creare

attorno alla piramide una sorta di “bolla” di aria pulita,

priva di inquinanti e allergeni. Inoltre alimenta una serie

MERCATO Sirti e Ferrovie dello Stato hanno inaugurato una sperimentazione per rendere le stazioni più ecologiche e smart

L’esperimento della stazione eco-smart di Rapallo Inaugurato il bel progetto hi-tech di GreenHubLo scopo è offrire ai viaggiatori servizi a impatto zero in termini energetici ed ambientali. Area aperta solo fino a fine anno

di prese USB e superfici per

il caricamento wireless di

smartphone disposte sulle

panchine dell’area.

Ovviamente non manca un

hot spot wifi gratuito al quale

gli utenti possono accedere

mentre si intrattengono in

quest’area. E sempre trami-

te lo stesso hotspot, l’utenza

può vedere in diretta l’ener-

gia accumulata, il numero

delle persone che sono

passate e i dati sulla qualità

dell’aria.

Ai servizi per l’utenza, si affiancano delle funzioni di

GreenHub destinate al monitoraggio ambientale: una

sonda rileva la qualità dell’aria, anche in maniera dif-

ferenziale rispetto a un’area sempre della stazione

ma lontana dal purificatore d’aria; inoltre, a bordo del-

la piramide è implementato un sistema di telecamere

che non trasferiscono i dati da nessuna parte (anche

per motivi di privacy), ma li analizzano grazie all’utiliz-

zo dell’intelligenza artificiale, per determinare quante

persone popolano l’area e soprattutto se sono in cor-

so comportamenti giudicati anomali, sia per la sicu-

rezza delle cose come per quella delle persone.

A Rapallo, per questa installazione sperimentale, è

stata scelta un’area totalmente esterna (la terrazza

dell’area di attesa della stazione, al livello dei bina-

ri), sia evidentemente per i pannelli solari che per le

aree di stazionamento delle persone; ma una possi-

bile implementazione che Ferrovie dello Stato e Sirti

hanno ipotizzato riguarda proprio la revisione della

dotazione delle classiche sale d’aspetto interne che,

grazie a strutture esterne di cattura dei raggi solari,

potrebbero rendere l’attesa del treno più proficua e

gradevole.

Purtroppo l’installazione di Rapallo durerà poco: en-

tro fine anno infatti il suo destino è quello di essere

smontata, dopo aver fornito a Ferrovie e a Sirti gli ele-

menti per capire il grado di accettazione, i veri costi

e la replicabilità, con eventuali perfezionamenti. Fer-

rovie però è già al lavoro per verificare l’applicabilità

della soluzione GreenHub a stazioni del taglio medio

piccolo come quelle di Rapallo, perfette per installa-

zioni snelle e circoscritte. Sarebbe una buona noti-

zia per la nostra rete ferroviaria che negli ultimi anni

sembra aver parlato solo la lingua dell’alta velocità,

lasciando spesso indietro, sia nelle strutture fisse che

in quelle rotabili, tutto il resto.

Una parte della piramide è trasparente (anche se grazie a un vetro che integra comunque la superficie fotovoltaica) e cela una delle camere collegate a una rete neurale per l’analisi del com-portamento delle persone.

Sulle panchine c’è anche un’area per la ricarica wireless di smartphone compatibili

GreenHubFerrovie e Sirti per stazione smart ed eco

lab

video

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

Chi vuole acquistare la nuova

Chromecast 3 di Google può far-

lo sul sito di Unieuro e portarsi a

casa gratis anche un Google Home Mini.

MERCATO Promozione super di Unieuro per chi compra insieme Chromecast e Google Home Mini

Unieuro: Chromecast e Google Home a soli 36 euro Incredibile promozione, ma il prezzo è “furbetto”Al posto di 108 euro si pagano 36 euro, ma i prezzi sono “gonfiati” rispetto a quelli suggeriti

Oppure, girando la

promozione, chi vuole

un Google Home Mini

può averlo a pagando

solo 36 euro e portan-

dosi a casa anche una

Chromecast gratis.

La promozione è valida

sia sul sito che nei ne-

gozi, ma sul sito si può

sfruttare uno sconto

particolare che garanti-

sce un extra sconto di 10 euro su tutto

il catalogo: basta inserire come coupon

CLICK10 in fase di finalizzazione dell’or-

dine. Google Home secondo Unieuro

costa 59 euro, Chromecast costa 49

euro, insieme dovrebbero costare 108,0

euro ma combinando le promozioni il

totale è molto più basso. Nonostante

di Roberto FAGGIANO

N uovo appuntamento sul canale

Rai 4K di Tivùsat; dal 23 ottobre

vanno in onda ogni martedì le

quattro nuove puntate della seconda

serie de I Medici, lo sceneggiato che

ha raccolto grandi ascolti nella scorsa

stagione. Nelle nuove puntate conti-

nueremo a seguire la saga romanzata

della famiglia fiorentina, ritrovando al-

cuni protagonisti della prima stagione e

altri nuovi personaggi. Tra i protagonisti

il nuovo arrivo Daniel Sharman che in-

terpreta Lorenzo il magnifico, del quale

vedremo l’irresistibile ascesa al pote-

re mentre nel resto del cast vedremo

Alessandra Mastronardi, Sarah Parish

e Bradley James. I Medici 2 sarà tra-

smesso in HD su Rai 1 HD ed è invece

già disponibile su RaiPlay. Cattive noti-

zie invece per la trasmissione in moda-

lità Ultra HD delle partite di Champions

League trasmesse dalla Rai: al momento

MERCATO Inizia sul canale Rai 4K di Tivùsat la seconda serie dello sceneggiato sui Medici

Rai 4K, rinviata la Champions League Tornano “I Medici” con 4 nuovi episodiLe 4 puntate saranno trasmessi dal 23/10, rinviate le partite di Champions League in Ultra HD

non è prevista nessuna diretta su Rai

4K, probabilmente è tutto rimandato alla

prossima primavera, quando inizieran-

no le sfide dirette dopo la fase a giro-

ni. Evidentemente l’annuncio sul sito di

Tivùsat è stato il frutto di una svista di

qualche addetto ai lavori. Contrariamen-

te al passato il canale Rai 4K è rimasto

acceso dopo il termine dell’ultima pun-

tata del programma di Alberto Angela lo

scorso sabato e non ha nemmeno cam-

biato frequenza, restando sugli 11.705

verticale. Ricordiamo che per la visione

del canale Rai 4K sul 210 di Tivùsat è ne-

cessario possedere una cam di Tivùsat

con tessera Gold attiva.

Passare da Vodafone a Ho adesso costa 29.99 € Voleva dar fastidio a Iliad, si è data fastidio da solaHo aumenta ulteriormente il prezzo di attivazione di una SIM nel caso di portabilità dall’operatore madre Vodafone: prima erano 9.99 euro, poi 19.99 euro e ora 29.99 euro. Basteranno a frenare l’emorragia di clienti?? di Roberto PEZZALI

Lo abbiamo scritto diversi mesi fa: che senso ha fare Vodafone ora che c’è Ho? Ho Mobile, l’ope-ratore virtuale che Vodafone ha lanciato per contrastare la “Rivolu-zione Iliad” ha fatto probabilmente più male a Vodafone che ad Iliad stessa. Non ci sono numeri precisi, ma dalle SIM distribuite con il con-tagocce passando ai ritardi nella portabilità dei numeri, Vodafone ha fatto di tutto per cercare di te-nere controllata la crescita di Ho. Perché Ho, a tutti gli effetti, è una soluzione eccellente per prezzo e qualità della rete. Tuttavia, sembra che il travaso di clienti dalla casa madre Vodafone a Ho non si sia arrestato, e Vodafone ha dovuto aumentare ulteriormente il prezzo della portabilità: inizialmente l’atti-vazione costava 9.99€, poi il prez-zo è salito a 19.99€ e ora a 29.99€. Ho, in realtà, ha alzato il prezzo per tutti gli operatori, ma per ogni ope-ratore che non è “Vodafone” viene applicato uno sconto di 20€. Il ri-sultato non cambia: se si proviene da Vodafone si pagano 20€ in più. Basterà questo ennesimo aumen-to a limitare il passaggio di clienti da Vodafone a Ho?

l’ottima promozione, non possiamo non

segnalare il classico comportamento

furbetto delle catene che alzano un po’

i prezzi rispetto a quelli suggeriti dalle

aziende: Chromecast non costa 49 euro,

ne costa solo 39 come riporta la stessa

Google sul suo sito e sul comunicato

inviato. Lo sconto resta importante, che

bisogno c’era di esagerare?

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Emanuele VILLA

D opo averne parlato per anni, stiamo finalmente

entrando nell’era del 5G. In Italia prosegue la spe-

rimentazione dei grandi operatori, che puntano

forte sulla rete di prossima generazione; ma attenzio-

ne: il discorso dell’aumento esponenziale della banda,

di poter scaricare più rapidamente e velocemente con

il nostro smartphone non è per nulla prioritario; lo è,

piuttosto, l’interpretazione del 5G come ‘abilitatore’ di

funzionalità e opportunità oggi impossibili con la rete

4G. Il 5G si rivolgerà sì all’utente finale, ma soprattutto

alle città, alle amministrazioni comunali, alle industrie e

al mercato automotive. Partiamo proprio dalle auto, mer-

cato che dovrebbe accogliere il 5G a braccia aperte: a

Torino veniamo accolti da una BMW i3 senza conducen-

te che passeggia serenamente all’interno di un recinto in

piena Piazza Castello. A differenza di quanto si potrebbe

pensare, non si tratta dell’ennesima sperimentazione

dell’auto a guida autonoma ma di un modello a controllo

remoto su rete 5G sperimentale, usando la prima anten-

na 5G accesa nel centro storico della città. La console di

controllo, che non differisce più di tanto da un setup da

gamer, è a un centinaio di metri di distanza: la comuni-

cazione tra la vettura - al cui interno c’è comunque una

persona, ma non al posto di guida - avviene via voce.

A livello pratico, ci spiegano, l’auto a guida remota avrà

applicazioni importanti: la sala di controllo potrà gestire

contemporaneamente diverse auto per servizi di car sha-

ring di prossima generazione. Per esempio è già prevista

la possibilità di portare l’auto in modo remoto fino al pun-

to in cui si trova il cliente, che la troverà tranquillamente

sotto casa/ufficio come fosse un taxi. Se non è guida

autonoma ci va vicino: tutte le tecnologie di assistenza

alla guida e gli algoritmi di guida autonoma saranno pre-

senti in-car e aiuteranno il conducente ‘remoto’ a portare

l’auto a destinazione. Ma in tutto questo, come si pone il

5G? La tecnologia di ultima generazione abiliterà questa

MOBILE Ultimo appuntamento prima del lancio del 5G. TIM ha mostrato a Torino tutte le potenzialità della prossima rete mobile

TIM ha mostrato le grandi potenzialità del 5G L’auto a controllo remoto è il futuro del car sharingDalle applicazioni industriali alle smart city, da quelle più consumer all’automotive. Spicca la macchina controllata da remoto

funzione, oggi non possibile. O meglio, oggi è possibile

ma non con i livelli di sicurezza e affidabilità che sono

fondamentali per un servizio del genere. L’auto coman-

data da remoto non può fermarsi per assenza di linea,

non può rispondere in ritardo e causare un incidente: è

fondamentale che la comunicazione sia affidabilissima e

sicura. Solo il 5G offre, grazie al network slicing, questo

tipo di affidabilità, oltre alla possibilità di collegare fino a

1 milione di oggetti per Km2 tenendo la latenza sui 2-3

millisecondi. Per quanto riguarda il mercato consumer,

le esigenze sono diverse: Federico Rigoni, amministra-

tore delegato di Ericsson, ha identificato nei “gigabyte

al secondo” la prima grande richiesta dei consumatori

nel mondo. Come dire: la banda sarà forse secondaria

nell’economia globale del 5G, ma stiamo comunque par-

lando di 20 Gbps. Ce n’è davvero per tutti.

Lancio commerciale nel 2019. Ma cosa ci faremo col 5G?Elisabetta Romano, CTO di TIM, ha parlato di 2019 come

anno del lancio commerciale del 5G. Evidentemente

in TIM, dopo aver acquisito lo sfruttamento di tutte le

bande disponibili, si stanno preparando per presentare

i servizi, prevedendo applicazioni sia enterprise che bu-

siness e consumer. Ci sarà dunque anche un bel “pac-

chetto” consumer che sarà

principalmente improntato

sull’entertainment ma non

si esclude qualche applica-

zione in ambito di realtà vir-

tuale. Tutto mentre proprio

a Torino Intel ha mostrato

- per la prima volta in Italia

- il suo PC 2-in-1 con sche-

da di rete 5G: un prototipo

con antenne integrate nello

stand posteriore, ma l’azien-

da - ci dicono - è già al la-

voro con grandi nomi del

mondo PC (Asus, Acer, Mi-

crosoft…) per fare in modo

che la prossima generazio-

ne di laptop sia pronta per

le sfide del 5G. ’evento piemontese è stata l’occasione

per mostrare ai presenti tutte le applicazioni del 5G che

saranno disponibili al lancio: oltre all’auto di cui sopra, la

collaborazione tra TIM e Comau ha portato, per esem-

pio, il primo braccio robotico completamente controllato

in 5G. Lo scopo, in ambito di industria 4.0, è nobile: eli-

minare i cavi all’interno delle linee di produzione mante-

nendone però l’affidabilità e la rapidità di trasmissione

degli input. A Torino, TIM e Comau hanno mostrato un

braccio controllato in 5G che si muoveva in sync per-

fetto col suo gemello virtuale controllato dall’operatore,

a dimostrazione della latenza infinitesimale della nuova

tecnologia. Ma c’erano anche i droni di Seikey, prodotti

specializzati nell’acquisizione area di dati e nel map-

ping di superfici estese, per non parlare di interessanti

applicazioni in materia di Smart City. Qui le possibilità

sono infinite: abbiamo assistito a una demo relativa

ai sensori del traffico e a quelli pedonali, controllati in

tempo reale da una centrale operativa. olto interessanti,

infine, le potenzialità del 5G per l’impiego da parte delle

forze dell’ordine: ci riferiamo soprattutto alle body-cam,

che paiono determinanti per le attività di controllo del

territorio e prevenzione di attività criminali. Un disposi-

tivo “smart” a tutti gli effetti, anche prima di entrare in

azione: visto che le body cam vengono inserite di notte

nella medesima dock per la ricarica e lo scaricamento

automatico dei filmati, prima di prenderne una l’agente

avvicina il suo badge al lettore e la body-cam più carica

lampeggia. A quel punto il dispositivo viene associato

a una persona, che può iniziare il lavoro. La bodycam

registra e trasmette in tempo reale a una centrale ope-

rativa che “vede” con gli occhi della camera e sa dove

gli agenti sono dislocati sul territorio: in caso di pericolo,

l’agente attiva una specifica funzionalità e la centrale

dovrà decidere in tempi ristrettissimi come reagire, se

inviare rinforzi, suggerire strade alternative o il da farsi

per fronteggiare un pericolo. È chiaro che in casi come

questo, la presenza di una rete affidabile al 100% è vitale:

non saranno magari i 10 millisecondi in più o meno a fare

la differenza, ma l’ipotesi di rimanere senza rete o con

una latenza esagerata deve essere scartata sul nascere.

Il 5G è questo. Ora attendiamo il lancio commerciale, che

è il prossimo vero passaggio.

La persona presente nell’abitacolo non è seduta al posto di guida, la BMW si guida da qui

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Candido ROMANO

Xiaomi Mi Mix 3 è arrivato tra noi, presentato ufficial-

mente a Pechino. Continua il viaggio dell’azienda

cinese per la produzione del suo smartphone “tutto

schermo”, che non cede al notch e che si vanta di un

rapporto schermo/scocca in effetti invidiabile. Con un

display OLED da 6.39 pollici e un rapporto scher-

mo/scocca del 93,4%, Xiaomi Mi Mix 3 porta diver-

se novità, partendo dal meccanismo che regola la

fotocamera.

L’azienda cinese ha infatti risolto l’assenza del

notch questa volta con un meccanismo scorrevole

che di fatto nasconde la fotocamera quando non si

deve usare. Si tratta però di un sistema magnetico e

“non motorizzato” per scongiurare aperture non vo-

lute come potrebbe avvenire sull’Oppo Find X, altro

smartphone in cui si è visto uno slide del genere.

MOBILE Xiaomi Mi Mix 3 porta con sé diverse novità, dal rapporto schermo/scocca migliorato a uno schermo di 6.39” senza notch

Xiaomi Mi Mix 3 è ora ufficiale. 5G, fotocamera scorrevole, niente notch e fino a 10 GB di RAMNel 2019 in Europa arriverà il modello con connettività 5G. L’arrivo in Italia di Mi Mix 3 è previsto per dicembre/gennaio

Un movimento che funziona

con due magneti al neodimio:

lo scorrimento non serve solo

a scattare foto ma a risponde-

re alle telefonate, usarlo per

scorciatoie personalizzabili

e accedere alle app. Sì, allo

scorrimento potranno essere

associati preset di 5 effetti so-

nori, chiamati hit-tech, warrior,

mechanics, intellect e lighter.

Una soluzione che mette in

pensione il compromesso del-

la fotocamera frontale in bas-

so, sotto lo schermo, vista sui

precedenti modelli di Mi Mix.

Questo ha permesso di ridur-

re la cornice di 4,46 millimetri

rispetto al Mi Mix 2S, con un

rapporto schermo/scocca mi-

gliorato del 3,82%. Inoltre il

sistema delle antenne è sta-

to ridisegnato, una soluzione

obbligata dato il poco spazio

dove inserirle. Come si vede

le caratteristiche offrono il meglio attualmente sul

mercato, passando dal processore Snapdragon

845 a una RAM che arriva fino a 10 GB, per una

variante però prevista solo per il mercato cinese. Le

fotocamere in tutto sono 4 ed è supportato anche la

ripresa in slow motion a 960fps, oltre ai video in 4k

a 60fps. Comparto fotocamere che ha ricevuto un

punteggio molto alto su DxOMark, 103 di totale, ma

andranno provate con mano per saggiarne l’effetti-

va bontà. Supporta anche la ricarica Wireless 10W,

con il caricatore incluso in bundle.

Xiaomi Mi Mix 3: prezzi e uscitaIl prezzo parte al cambio da circa 415 euro per la

versione da 6 G e 128 GB di memoria, per poco più

di 500 euro invece ci si porta a casa la versione da

8 GB e 256 GB di memoria interna. La variante da 10

GB arriva con 256 GB di memoria interna al prezzo

circa di 630 euro. Preordini aperti in Cina con dispo-

nibilità dal primo novembre, mentre nel 2019 in Eu-

ropa arriverà il modello con connettività 5G. In Italia

è atteso per dicembre /gennaio e al momento non

conosciamo il prezzo di vendita.

Processore: Qualcomm Snapdragon 845 con GPU Adreno 630Schermo: da 6,39 pollici OLED QHD+ con risolu-zione di 1080 x 2340 pixel, 19,5:9 con rapporto schermo/scoscca del 93,4%, 600 nitRAM: 6/8/10 GB di RAM LPDDR4XMemoria interna: 128/256 GB UFS 2.1Fotocamera posteriore: Sony IMX363 da 12MP f/1.8, pixel da 1,4 micron con Dual Pixel Autofocus insieme alla seconda sempre da 12MP ma f/2.4 e zoom ottico con OIS.Fotocamera frontale: Sony IMX576 da 24MP più una seconda da 2MP megapixelFunzionalità: sblocco facciale 3D Face Unlock, lettore impronte posterioreConnettività: 4G/VoLTE, 5G nel nel primo trimestre 2019, WiFi 802.11 ac dual band, Bluetooth 5.0, GPS, GLONASS, USB Type-C, dual SIMBatteria: 3.850 mAh, ricarica rapida wireless e ricarica rapida cablataSistema operativo: Android 8.1 Oreo MIUI 10Colori: Onyx Black, Jade Green e Sapphire Blue

Xiaomi Mi Mix 3: caratteristiche tecniche

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di M. DI MARCO

M i Mix 3 di Xiaomi arriverà in

Italia a dicembre, ma abbiamo

già potuto vederlo dal vivo per

poter avere una prima impressione del

nuovo top di gamma che raccoglie una

eredità importante. Una prova breve - e

per di più con un modello totalmente

in cinese, software incluso - che ci ha

comunque permesso di fare le prime

valutazioni sul design e anche di scio-

gliere alcuni dubbi riguardanti le fun-

zionalità del dispositivo.

La fotocamera frontale scompare sotto lo schermoMi Mix 3 si fa notare per il design a tutto

schermo: niente tacca, a cui si aggiun-

ge una fotocamera a comparsa con un

meccanismo di scorrimento magnetico,

simile a quello usato dai cellulari dei

tempi andati per far comparire la tastie-

ra. In questo modo la parte superiore è

pulita e lo schermo integrato è più am-

pio rispetto a Mi Mix 2S (6,39” contro i

5,99” del precedente modello).

Qualche “stranezza” va segnalata, in-

vece, per i sensori della fotocamera

posteriore, identici a quelli integrati in

Mi 8, ossia due sensori da 12 mega-

pixel l’uno dove uno è un classico wide

e l’altro un tele 2x. Xiaomi promette

fotografie superiori, e il miglioramen-

to nella qualità finale delle foto non è

dovuto quindi all’hardware rinnovato

ma all’utilizzo di alcuni algoritmi auto-

matici che entrano in funzione durante

lo scatto, inclusa la modalità notte che

ormai adottano tutti.

Nonostante tale novità sia software, e

quindi sulla carta potrebbe essere tra-

sposta anche sui precedenti modelli,

Xiaomi ci ha confermato che i nuovi al-

goritmi fotografici resteranno un’esclu-

siva di Mi Mix 3. “Non è possibile ag-

giornare i vecchi dispositivi” hanno

MOBILE Abbiamo toccato con mano e provato Mi Mix 3, lo smartphone tutto schermo di Xiaomi

Xiaomi Mi Mix 3 è quasi tutto schermo La fotocamera frontale scompare: un meccanismo a scorrimento magnetico cela i sensori

riferito i rappresentanti dell’azienda

quando abbiamo chiesto informazioni

specifiche.

La cornice è ridotta, ma c’è: tutta colpa di un’antennaIl meccanismo a comparsa della foto-

camera frontale ha permesso a Xiaomi

di nascondere il sensore della foto-

camera frontale, che in Mi Mix 2S e

precedenti versioni era stato integrato

nella porzione inferiore, obbligando il

produttore cinese a tenere più alte del

dovuto le dimensioni della cornice. Pur

ridotta di 4 millimetri in Mi Mix 3, la cor-

nice inferiore non è sparita del tutto: al

suo interno, infatti, è inclusa un’anten-

na. “Impossibile da spostare” ha sottoli-

neato Xiaomi quando abbiamo chiesto

lumi. Mi Mix 3 insomma non è davvero

“tutto schermo” e quei pochi millimetri

di cornice rovinano parzialmente un

design che, altrimenti, sarebbe senz’al-

tro praticamente perfetto. Un’occasione

sprecata, secondo noi. C’è poi la que-

stione della compatibilità con la rete

5G. Mi Mix 3 sarà tra i primi dispositivi

che, il prossimo anno, supporteranno

la rete mobile di quinta generazione.

Rimangono molti dubbi, però, sulla co-

pertura di tutti gli aspetti del 5G, che a

oggi non è possibile verificare. L’arrivo

in Italia è previsto per dicembre / gennaio

e al momento non conosciamo il prezzo

di vendita. Nella confezione ci sarà il cari-

cabatterie wireless.

Google: tutte le app che vuoi con l’abbonamento al Play StoreGoogle sta valutando seriamente di offrire ai suoi utenti Android un servizio ad abbonamento per usufruire di un pacchetto di app per un valore di centinaia o migliaia di euro

di Paolo MOLINELLI

Di solito alla gente non piace pa-gare per le App, soprattutto per quelle Android. Per questo motivo Google sta studiando un servizio in abbonamento mensile per usu-fruire di un pacchetto contenente decine di app, per un valore di cen-tinaia di euro, chiamato Play Pass.Lo scopo è quello di convincere sempre più utenti a comprare sul Play Store e di colmare il gap di guadagni con il più proficuo con-corrente App Store di Apple. Non è un segreto che i profitti di quest’ul-timo siano almeno il doppio del cor-rispettivo di Google, nonostante il numero di download sia nettamen-te a favore del Play Store. Alcune indiscrezioni farebbero pensare a questo nuovo servizio, ma la data di lancio non è ancora fissata. An-che perché sorgono dubbi sulla tipologia di abbonamento e quali app inserire al loro interno, che po-trebbero generare favoritismi e/o malumori tra gli sviluppatori che da una parte vedrebbero le loro app spinte da un nuovo servizio, dal al-tra avrebbero guadagni parziali pa-gati direttamente da Google e non dagli utenti finali. Col rischio che la somma riconosciuta da Google sia molto più bassa rispetto a quella dell’abbonamento diretto.Dal punto di vista di Google po-trebbe essere una bella idea; gli utenti pagherebbero più volentieri una quota mensile per usare molte app, altrimenti dispendiose se non corrispondenti alle proprie esigen-ze. Dal punto di vista degli svilup-patori c’è l’incognita di cui sopra: meglio poco da molti o molto da pochi?

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di M. DI MARCO

Come migliorare OnePlus 6, uno

smartphone che, per prestazioni

e prezzo, ci aveva convinto? Ap-

pena ufficializzato dall’azienda OnePlus

6T non rivoluziona, ma introduce alcune

novità che affinano l’offerta sia nel desi-

gn sia nella forma. Un prodotto che non

può essere definito “nuovo”, anzi sono

tantissimi i punti in comune con OnePlus

6, ma che rappresenta comunque un’in-

teressante evoluzione del precedente

top di gamma. La novità più rilevante è

anche quella che è stata più chiacchie-

rata negli ultimi mesi: il lettore d’impronte

è integrato sotto lo schermo. Ciò è stato

possibile anche salutando il jack da 3,5

mm: per l’audio bisogna optare tra wire-

less o USB C. I vantaggi di avere questa

porta per l’audio, secondo OnePlus, non

giustificavano più la sua presenza. To-

gliere il jack ha permesso di allargare lo

schermo, inserire una batteria più grande

e introdurre, appunto, il sistema di rico-

noscimento biometrico sotto il pannello.

Una tecnologia a cui OnePlus ha lavorato

sin dai tempi del 5T, ma che soltanto ora

è riuscita a implementare in modo soddi-

sfacente in uno smartphone.

Schermo più grande, addio modello da 64 GBLo schermo passa dai 6,28 pollici di

OnePlus 6 a 6,4 pollici (2340x1080, 402

ppi), sebbene il dispositivo mantenga

le stesse dimensioni generali. Merito

anche di una tacca più piccola - con

una forma a goccia - rispetto a quella

di OnePlus 6, tacca sotto la quale sono

integrati il sensore della fotocamera

frontale da 16 megapixel, l’altoparlante

MOBILE Nessun distacco netto da OnePlus 6, ma è comunque un’interessante evoluzione

OnePlus 6T: tacca più piccola, prezzo più alto. Il lettore d’impronte è sotto lo schermoOnePlus 6T non rivoluziona, ma introduce novità che affinano l’offerta nel design e nella forma

e il sensore RGB.

Sotto la scocca l’hardware non

presenta sostanziali novità ri-

spetto a OnePlus 6: il proces-

sore resta lo Snapdragon 845,

affiancato da 6 o 8 GB di RAM. Il

taglio di memoria minimo sale a

128 GB (fuori, quindi, il modello

da 64 GB) e si sale fino a 256

GB. La batteria ha una capacità

di 3.700 mAh, più grande di quella inte-

grata in OnePlus 6.

Una caratteristica inedita di OnePlus 6T

è Smart Boost, che migliora fino al 20%

la velocità d’avvio a freddo delle appli-

cazioni, memorizzando i dati delle ap-

plicazioni utilizzate più frequentemente

nella RAM del dispositivo.

Fotocamera, arriva la modalità NotteLa fotocamera posteriore si affida nuo-

vamente a due sensori, il primo da 16

megapixel con apertura f/1,7 e stabiliz-

zatore ottico e il secondo da 20 mega-

pixel (f/1,7). La principale novità riguarda

il software: anche in OnePlus 6T, come

già visto nei recenti top di gamma

Huawei e in Google Pixel 3, è stata in-

trodotta una moda-

lità Notte (chiamata

Nightscape), che

migliora le fotogra-

fie in condizioni di

scarsissima lumi-

nosità. Inoltre sarà

presente una moda-

lità Studio Lightning,

una funzione messa

a punto per ricono-

scere i volti e rego-

lare l’illuminazione

simulando l’illumi-

nazione professionale.

Le fotocamere posteriori registrano

video fino alla risoluzione 4K a 60 fo-

togrammi al secondo, con un’opzione

Super Slow Motion a 1080p/240fps o

720p/480 fps. Aver tolto il lettore d’im-

pronte dalla scocca posteriore ha dato

maggiore simmetria al retro di OnePlus

6T; i sensori della fotocamera, il flash e

il logo OnePlus sono disposti in modo

ordinato. Piccoli dettagli che nell’eco-

nomia generale fanno la differenza. La

scocca posteriore è interamente realiz-

zata in vetro. Solo due le colorazioni di-

sponibili: Midnight Black e Mirror Black,

il primo opaco e il secondo lucido.

Confermato l’aumento di prezzo. Disponibile dal 6 novembreOnePlus 6T sarà venduto sul sito ufficia-

le e, per la prima volta, nei punti vendita

MediaWorld dal 6 novembre. Si parte da

559 euro e si sale fino a 639 euro. Con-

fermato il rialzo del prezzo rispetto alla

scorsa generazione.

Nel dettaglio i prezzi sono così configu-

rati: Mirror Black con 6 GB di RAM e 128

GB di memoria a 559 euro; Mirror Black

e Midnight Black con 8 GB di RAM e 128

GB di memoria a 589 euro e Midnight

Black con 8 GB di RAM e 256 GB di me-

moria a 639 euro.

FlexiPai, il primo smartphone pieghevole e super potente, ma a cosa serve?Lo smartphone, prodotto dalla cinese Rouyu, è il primo al mondo a piegarsi completamente e il primo a montare il nuovo SoC Qualcomm Snapdragon 8150 a 7 nanometri di F. AQUINI

Alla fine l’hanno fatto, lo smartpho-ne pieghevole. Si chiama FlexiPai, è prodotto dalla cinese Rouyu Te-chnology e misura 7,8 pollici con un display in formato 4:3. Poi però si può piegare a metà trasforman-dosi in uno smartphone da 4 polli-ci. FlexiPai è anche sottile. Misura infatti 7.6mm da aperto e da chiu-so, ovviamente, il doppio. Interes-sante anche l’hardware, sul quale si apre un piccolo mistero. Duran-te la presentazione si è parlato di un SoC Qualcomm a 7 nanometri, ma attualmente l’unico che corri-sponde a questa caratteristica è lo Snapdragon 8150. Cosa c’è di strano? Semplicemente il fatto che sarebbe il primo dispositivo a mon-tarlo, ma staremo a vedere.Accanto al processore trovano posto tre configurazioni diverse: 6GB di RAM con 128GB di archi-viazione, 8GB con 256GB e 8GB con 512GB. n più ci sarebbe una ri-carica rapida proprietaria, denomi-nata Ro-Charge, che garantirebbe l’80% di ricarica in un’ora. Il prez-zo? Al cambio circa 1.136 euro. La domanda sorge quindi spontanea: a cosa servirà? A dirlo sarà, come sempre, il mercato.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di M. DI MARCO

L ’Italia si posiziona al quintultimo

posto della classifica di OpenSignal

delle esperienze video in streaming

in Europa. Il risultato italiano è comunque

sufficiente per rientrare nella fascia “Buo-

no”, con un punteggio di 57,2 punti. Un

punteggio superiore a quello di Romania,

Polonia, Irlanda e Francia, ultimissima con

53,9 punti, ma inferiore ai nostri “vicini” di

Germania, Austria, Portogallo e Spagna.

La migliore in Europa per esperienza

video mobile in streaming è la Repub-

blica Ceca con un punteggio di 68,5. Il

punteggio “tiene conto del tempo di ca-

ricamento dei video, dei tempi di attesa

durante la riproduzione video e la qualità

dell’immagine”. Analizzando il dettaglio

dei dati relativi ai singoli operatori italiani,

vengono parzialmente rivisti gli equilibri

registrati nella classifica legata alle pre-stazioni della rete mobile: TIM regna con

un punteggio medio di 64,21 punti, se-

guita da Vodafone (60,38) e Iliad (53,85).

Chiudono il cerchio Tre (51,34) e Wind

MOBILE L’analisi OpenSignal sullo streaming video da mobile premia l’Europa. Italia quintultima

Situazione streaming video su rete mobile Dopo TIM e Vodafone, c’è la sorpresa IliadTra gli operatori trionfano TIM e Vodafone e Iliad supera Wind e Tre per esperienza video

(48,70), ultima. Soltanto TIM e Vodafone

rientrano nella fascia “Buono”; gli altri tre

operatori invece sono sufficienti. In gene-

rale l’Europa si è comportata molto bene

nel test di OpenSignal sui video in strea-

ming sotto rete mobile, battendo anche

l’Asia orientale: sei Paesi europei si sono

posizionati nella top 10 mondiale.

OpenSignal: per i video la velocità di scaricamento non è tuttoPur avendo ottenuto risultati peggiori di

Wind nella gara della velocità media di

scaricamento sotto rete 4G, prendendo

in esame lo streaming video da rete mo-

bile Iliad ha raggiunto un risultato miglio-

re. “Ciò riflette un fenomeno più ampio

- ha specificato Peter Boyland di Open-

Signal - che abbiamo osservato secondo

cui velocità più alte non equivalgono

necessariamente a una paritaria espe-

rienza video”. In una precedente analisi OpenSignal aveva infatti specificato che

“la velocità di rete non è l’unico fattore

determinante nell’esperienza video”

e che anche “la latenza e la resilienza

della connessione dei singoli operato-

ri” influenzano il risultato dei video in

streaming sotto rete mobile.

MOBILE OnePlus ha collaborato con Qualcomm per eseguire con successo il test della rete 5G

OnePlus pronta per il 5G: primo smartphone nel 2019Carl Pei, co-fondatore di OnePlus: “Saremo tra le prime aziende in tutto il mondo a farlo”

di Massimiliano DI MARCO

Anche OnePlus sale a bordo della

nave del 5G. L’azienda cinese ha

stabilito con successo la connessio-

ne 5G lavorando insieme a Qualcomm,

collaborazione forgiata già nel 2017. L’an-

nuncio è arrivato nel corso del Qualcomm

45/5G Summit di Hong Kong. “OnePlus è

da sempre all’avan-

guardia nella tecnolo-

gia e nell’innovazione:

speriamo di continua-

re a superare i limiti

esistenti e di essere i

primi a mettere in com-

mercio un telefono che

supporti il 5G” è stato il

commento di Carl Pei,

co-fondatore di One-

Plus. I lavori legati al

5G del reparto Ricerca & Sviluppo della

società cinese su OnePlus sono partiti nel

2016. La società sta studiando la connet-

tività 5G in un momento in cui si inizia a

parlare di dispositivi che supporteranno

la quinta generazione di reti mobile. Non

sarà OnePlus 6T lo smartphone attraver-

so il quale l’azienda cinese debutterà con

un dispositivo 5G, ma Pei ha anticipato

Cristiano Amon, presidente di Qual-comm, (a sinistra) e Carl Pei, co-fondatore di OnePlus, al Qualcomm 4G/5G Summit

che il prossimo anno OnePlus lancerà

uno smartphone con connettività 5G e

sarà tra le primissime aziende in tutto il

mondo a farlo. Quest’anno potremmo,

invece, vedere già uno smartphone 5G

prodotto da Xiaomi, che nelle prossime

settimane potrebbe lanciare sul merca-

to uno smartphone Android compatibile

con la rete 5G: il Mi Mix 3.

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

Per [email protected]

Per la pubblicità[email protected]

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MOBILE

OnePlus 6T da MediaWorld: per la prima volta OnePlus sbarca nei negoziPer la prima volta OnePlus arriva in negozio, dopo 5 anni di vendite online. Una scelta che farà crescere la quota di questo piccolo ma validissimo player del settore della telefonia. I dispositivi premium OnePlus saranno in vendita nei negozi italiani grazie a una partner-ship con MediaWorld. A partire dal 6 novembre, il nuovo modello OnePlus 6T sarà disponibile in tutti i 115 punti vendita della catena su tutto il territorio nazionale. È presumibile vedere, oltre al nuovo flagship, anche altri modelli. «Siamo entusiasti di portare per la prima volta i nostri prodotti nei negozi italiani grazie a un’eccellenza come MediaWorld. Questa partnership ci permette di rendere i nostri prodotti accessibili alla nostra community, ovunque si trovi sul territorio nazionale, e di far scoprire il brand a un pubblico italiano più ampio», ha dichiarato Carl Pei, co-fondatore di OnePlus.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Gaetano MERO

È ora disponibile in Italia Motorola

One, lo smartphone con a bordo

Android stock e un design che ri-

corda da vicino iPhone X, proposto con

un prezzo di listino aggressivo pari a

299 euro. È il primo esemplare proget-

tato dallo storico brand americano, di

proprietà di Lenovo, dotato di notch e

Intelligenza Artificiale. Il display è un IPS

MOBILE Motorola One è in vendita con un prezzo di listino aggressivo pari a 299 euro

Motorola One è ora in vendita in Italia Sembra l’iPhone, ma costa 4 volte menoUno smartphone dotato di Android stock, Intelligenza Artificiale e display con tacca

LCD da 5,9 pollici con

risoluzione HD+ (720 x

1520 pixel) e rapporto

19:9, la tacca abbraccia

la capsula auricolare e

la selfie camera da 8

MP. Sul retro si trovano

la doppia fotocame-

ra da 13+2 MP dotata

flashLED e il sensore

di impronte.

Il sistema è gestito dal

processore octa-core Snapdragon 625

di Qualcomm, a cui si aggiungono 4GB

di RAM e 64GB per l’archiviazione inter-

na. Il comparto fotografico comprende

le funzioni avanzate offerte da Google

Lens e dall’AI che consentono ad esem-

pio di riconoscere testi, cercare ricette,

tradurre da altre lingue. Il logo Android

One garantirà agli utenti aggiornamenti

con cadenza mensile delle patch per al-

meno 36 mesi, aumentando il livello di

sicurezza e stabilità del sistema.

Motorola One è equipaggiato con una

batteria da 3.000 mAh che, secondo il

produttore, garantisce un’intera gior-

nata di autonomia. In dotazione anche

il caricabatterie turbopower il quale rie-

sce ad assicurare allo smartphone 6 ore

di funzionamento con soli 20 minuti di

ricarica. Motorola One è già in vendita

su Amazon, nella versione Dual SIM con

colorazione Ceramic Black e cover pro-

tettiva inclusa.

di M. DI MARCO

D al 31 ottobre la maggior parte de-

gli utenti Kena potranno passare

gratuitamente alla rete 4G. Fino a

oggi, infatti, la connessione 4G (limitata

in realtà a 30 Mbis in scaricamento e a

MOBILE Kena estende a tutti i suoi utenti la possibilità di connettersi alla rete 4G Basic di TIM

Kena, rete 4G ai vecchi utenti dal 31 ottobre Ma il passaggio non vale per tutte le offerte L’adozione estesa della rete 4G è un importante passo avanti per l’operatore virtuale

5,7 Mbis in caricamento)

era riservata alle offerte

più recenti; dal 31 ottobre

sarà sbloccata anche per

gli altri utenti. Ci sono però

alcune specifiche da tene-

re da conto. Innanzitutto lo

sblocco automatico della

rete 4G sarà disponibile

soltanto per gli utenti che

hanno sottoscritto un abbonamento

con Kena entro il 9 ottobre, come visibi-

le nel video ufficiale condiviso sui social

network. Coloro che hanno sottoscrit-

to un abbonamento a un’offerta Kena

dopo il 9 ottobre dovranno per forza

cambiare offerta se sono interessati alla

rete veloce. Inoltre sono emersi ulterio-

ri dettagli: soltanto chi ha sottoscritto

un’offerta con costo mensile di almeno

8 euro potrà usufruire del passaggio

automatico al 4G; tutti gli altri, invece,

dovranno telefonare al 40181 oppure

usare il sito ufficiale o l’applicazione

dedicata e richiedere lo sblocco della

rete 4G. L’adozione estesa della rete

4G anche per Kena, in ogni caso, è un

importante passo avanti per l’operatore

virtuale, che opera su rete TIM. La bat-

taglia commerciale delle tariffe a basso

costo - che comprende anche Iliad e Ho

- si fa sempre più intensa e ricca.

iPhone Xs, con iOS 12.1 addio “filtro bellezza” per i selfie: è colpa di un bugiPhone Xs scatta selfie troppo “belli”? Niente del genere: il sistema di Smart HDR sbaglia a scegliere il fotogramma a cui implementare l’HDR. Con l’aggiornamento a iOS 12.1 Apple promette che sarà tutto risolto di Massimiliano DI MARCO

È stata tutta colpa di un bug. Così l’aggiornamento a iOS 12.1 risol-verà il “filtro bellezza” applicato ai selfie di iPhone Xs e Xs Max, che comportava, per esempio, pelli troppo lisce. Fotografie che hanno dato il via a un “beautygate”, in quanto molti ritenevano che Apple avesse in-trodotto un filtro automatico na-scosto per far apparire migliori i selfie scattati dalla fotocamera frontale dei suoi smartphone.Apple ha invece riferito a The Verge che si tratta di un bug. Nello specifico è coinvolto il si-stema automatico di Smart HDR, che sbaglia a selezionare il foto-gramma a cui applicare l’effetto. Quando applicato ai selfie il si-stema basa l’implementazione dell’HDR su un fotogramma a lunga esposizione anziché un fotogramma catturato con un tempo di esposizione inferio-re. Al tempo di esposizione più lungo del previsto va aggiunta l’assenza di stabilizzatore otti-co nella fotocamera frontale di iPhone Xs. Il risultato finale di questa com-binazione? I selfie escono più mossi e ciò significa che qualche dettaglio viene naturalmente perso nei selfie. Insomma, l’ef-fetto finale non sarebbe voluto, motivo per il quale Apple correg-gerà il tiro. Una situazione desti-nata a risolversi non appena iOS 12.1 sarà disponibile.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di M. DI MARCO

Con una porta USB C e la potenza

del nuovo A12X Bionic, viene qua-

si da pensare che i nuovi iPad Pro

possano fare concorrenza ai MacBook:

più versatili, più portatili e più conve-

nienti rispetto a un portatile Mac.

L’adozione della porta USB C è il primo

segnale - un altro segnale - della ferma

volontà di Apple di proporre iPad Pro

come un vero sostituto di un laptop. Ora

si collega senza adattatori a fotocame-

ra, schermi, notebook e smartphone di

ogni tipo.

L’addio al tasto Home, ampiamente pre-

visto, ha permesso agli ingegneri Apple

di ampliare lo schermo della versione

da 10,5” e portarlo fino a 11”. Niente

cambia, invece, per lo schermo della

versione da 12,9”, che riduce, però, le

dimensioni generali del dispositivo.

Lo sblocco ora passa attraverso il Face

ID che, sui nuovi iPad Pro, non ha si-

gnificato introdurre una tacca: i sensori

sono sotto le cornici superiori, più sottili

rispetto alla precedente generazione.

Tutte le novità annunciate da Apple

sono finalizzate alla produttività; poco

spazio è stato dedicato all’intratteni-

mento durante l’evento di presenta-

zione. Così la nuova Apple Pencil può

essere ricaricata senza fili quando è ag-

ganciata all’iPad Pro, grazie a un siste-

ma magnetico che ricorda tanto quelli

dei Surface Pro di Microsoft.

C’è anche più spazio d’archiviazione:

i nuovi iPad Pro arrivano fino a 1 TB.

Dispositivi, insomma, configurati per

l’utilizzo lavorativo, che diventa ancora

più credibile alla luce di Photoshop in

versione completa su iOS, come aveva

MOBILE Apple alza il tiro per gli iPad Pro, sempre più vicini (anche nel prezzo) ai MacBook

Nuovo iPad Pro, via il jack audio, sì a USB C e Face ID. Un notebook nella pelle di un tabletIntroduce l’USB C, il Face ID e migliora il design, ora senza cornice. In Italia si parte da 899 euro

già annunciato Adobe nelle scorse set-

timane.

Prezzi al rialzo, ma resta iPad Pro da 10,5”Più potenza, design migliorato, maggio-

re versatilità hanno un costo. Si parte da

899 euro per iPad Pro da 11 pollici con

64 GB di memoria integrata e si sale a

1.119 euro per avere la versione da 12,9

pollici. Per 1 TB di memoria servono al-

meno 1.949 euro e senza connettività

LTE. Restano in catalogo iPad Pro da

10,5”, che non viene aggiornato nel-

l’hardware (è basato sull’A10X), a 739

euro e iPad 9,7” a 359 euro.

I nuovi iPad Pro propongono prezzi im-

portanti, ma per un prodotto che ormai

è sempre più difficile catalogare come

“tablet”: sono strumenti a tutto tondo,

sempre più pensati per sostituire (per

davvero) un notebook.

In quest’ottica vanno considerati i costi

degli accessori che rappresentano il

vero “ponte” tra tablet e notebook: 135

euro per Apple Pencil e 199 o 219 euro

(dipende dal modello di iPad Pro) per

Smart Keyboard Folio. Per rendere iPad

Pro un vero notebook, insomma, servo-

no almeno 1.098 euro (per il modello da

11 pollici). L’USB C è un passo significa-

tivo nella giusta direzione, ma servono

altre app che, come Photoshop, per-

mettano un’esperienza completa senza

i compromessi di un sistema operativo

mobile. E Apple, lo sappiamo, ci sta la-

vorando.

WhatsApp come Telegram e Messenger: arrivano gli adesivi su Android e iOSWhatsApp ha annunciato ufficialmente l’arrivo degli adesivi sul proprio servizio. Gli utenti Android e iOS potranno scaricare e scambiarsi adesivi al posto delle classiche emoji

di Gaetano MERO

A circa dieci anni dal debutto, dopo aver letteralmente rivoluzio-nato il settore della messaggistica, WhatsApp annuncia ufficialmente l’arrivo degli adesivi sulla propria piattaforma. Una funzionalità am-piamente richiesta e desiderata dagli utenti più giovani e che alcu-ne app rivali, tra cui Messenger e Telegram, offrono ormai da tempo. Gli adesivi sono pronti dunque a invadere le conversazioni di tutti i giorni, rendendo di colpo le clas-siche emoji obsolete. Inizialmen-te saranno disponibili pacchetti di adesivi creati dai designer di WhatsApp e una selezione di ade-sivi disegnati da altri artisti, che dovranno essere installati tramite l’applicazione principale.Per designer e sviluppatori, che intendono creare applicazioni di adesivi per WhatsApp su Android e iOS, la società ha reso disponi-bile una serie di API e interfacce dedicate. Chiunque potrà pub-blicare la propria applicazione di adesivi sul Play Store di Google o sull’App Store di Apple, dopodiché gli altri utenti potranno scaricarla e cominciare a inviare gli adesivi direttamente da WhatsApp. Per in-viare gli adesivi durante una chat basterà toccare il tasto dedicato e selezionare lo sticker desiderato. È possibile aggiungere nuovi pac-chetti di sticker toccando l’icona “+”. La funzionalità sarà disponi-bile gradualmente su Android e iPhone nel corso delle prossime settimane.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Franco AQUINI

D urante l’evento Apple, tra i tanti (e

attesi da tempo) dispositivi aggior-

nati, è stato dato il via all’aggiorna-

mento del sistema operativo di iPhone e

iPad: iOS 12.1. Un aggiornamento minore,

vista il rilascio recente dei iOS12, ma che

porta con sé novità importanti, sopratutto

per chi ha appena acquistato un nuovo

iPhone Xs o XR.

Finalmente chiamate FaceTime di gruppoSi scrive “chiamata FaceTime di gruppo”,

si legge videoconferenza. Con questo

aggiornamento di iOS infatti si possono

aggiungere diverse persone a una chia-

mata video FaceTime. Fino a qui nulla di

nuovo, se non fosse che a distinguere le

novità introdotte da Apple sono sempre

le modalità.

FaceTime di gruppo avrà un sistema in-

telligente che metterà in evidenza (quin-

di con un riquadro più grande) gli utenti

che parlano di più e che quindi meritano

più importanza all’interno del mosaico di

avatar. Per distinguere la persona da met-

tere in evidenza si baserà sulla durata di

quello che dice, sul volume e persino sui

movimenti. Inoltre si potranno usare gli

stessi sticker e filtri già visti su iMessage e

in più, questa non di certo una funzionalità

pensata per chi lo userà per lavoro, ci si

potrà presentare agli altri con la propria

Animoji o Memoji.

Nuove Emoji per tutti Nonostante vengano liquidate

puntualmente con una smorfia di

sufficienza, le nuove Emoji sono

MOBILE 12.1 di iOS abilita molte delle funzionalità mostrate alla presentazione di iPhone Xs e XR

iOS 12.1 è qui: Facetime di gruppo, nuove emoji e super ritratti. C’è la Dual Sim ma non in ItaliaSi completano così le promesse del nuovo sistema operativo non presenti al lancio di iOS12

in realtà tra le novità più utilizzate e pun-

tualmente vengono aggiornate versione

dopo versione. In questo iOS 12.1 ce ne

sono 70 nuove di zecca, fra cui personag-

gi con i capelli rossi, ricci, grigi e comple-

tamente calvi. Non mancano poi nuove

Emoji che riguardano lo sport, i viaggi e

gli animali. Insomma, se vi piace espri-

mervi tramite Emoji, ora avrete 70 oppor-

tunità in più.

La fotocamera: arriva il pieno controllo della profonditàDurante la presentazione dei nuovi iPho-

ne è stata mostrata la possibilità di varia-

re con un dito la profondità di campo, in

modo da sfocare più o meno lo sfondo

nei ritratti, ovvero il cosiddetto effetto

bokeh. Una funzionalità che, seppur pre-

sentata al lancio dei nuovi telefoni, non

è stata resa disponibile da subito. Ora è

stata finalmente im-

plementata anche a

livello software. iOS

12.1 introduce il con-

trollo tramite il quale

è possibile, spostan-

do una rotella gialla verso destra o verso

sinistra, modificare il livello di sfocatura

(ovvero di profondità di campo).

Un supporto completo alla Dual-Sim, ma in Italia ancora niente Infine una delle novità più controverse.

Presentata come l’arrivo del dual-sim su

iPhone, è stata in realtà una novità a metà

visto che, almeno in occidente, si tratta

di una SIM fisica e una eSIM, ovvero una

SIM virtuale. In occidente perché, al con-

trario, le versioni cinesi dei nuovi iPhone

Xs e XR hanno la doppia SIM fisica. Al-

l’inizio si è detto che in Italia la doppia

SIM non sarebbe stata supportata, ma il

recente ingresso di Vodafone Italia nel ri-

stretto cerchio degli operatori compatibili

con la eSIM presente su Apple Watch 4

ha riacceso le speranze. iOS 12.1, in ogni

caso, le supporta pienamente entrambe

e chi pensava che la seconda SIM fosse

adatta soltanto ai dati cellulari, quindi a

un uso prettamente business per chi

si muove spesso, dovrà ricredersi. La

tecnologia è quella della Dual Sim Dual

Standby, quindi con entrambe le SIM

sarà possibile inviare e ricevere chiama-

te, messaggi e utilizzare i dati.

iOS 12.1, in altre parole, è stato pensato

principalmente per abilitare una serie di

funzionalità di iPhone Xs, Xs Max e Xr.

Presentate ma non ancora disponibili al

lancio. Tuttavia godranno delle novità

anche parecchi possessori delle vec-

chie edizioni di iPhone, soprattutto per

quanto riguarda FaceTime e le Emoji.

L’aggiornamento a iOS 12.1 è già pronto

per il download.

WatchOS 5.1 rende inutilizzabili alcuni Apple Watch, e Apple ritira l’aggiornamentoDopo diverse segnalazioni di inattesi malfunzionamenti, Apple ha ritirato temporaneamente l’ultima versione di WatchOS, la versione 5.1

di Matteo SERVADIO

Dopo che in agosto Apple aveva deciso di bloccare la diffusione di iOS 12 Beta 7 per i troppi problemi, è ora il turno di watchOS 5.1 che viene richiamato a Cupertino in seguito alle diverse segnalazioni di anomalie causate dall’aggior-namento. Il rilascio dell’ultima ver-sione di watchOS arrivava di pari passo con iOS 12.1, e portava con sé il pacchetto di 70 nuove emoji, group FaceTime audio e nuove watch face. Non l’app per l’elettro-cardiogramma per il Series 4, non ancora almeno. Sfortunatamente dopo il rollout sono giunte segna-lazioni di Apple Watch bloccati per ore sulla schermata di avvio duran-te il processo di installazione. Appa-rentemente i dispositivi avrebbero scaricato correttamente watchOS 5.1, per poi bloccarsi nell’installare il firmware. Al momento non ci sareb-bero soluzioni immediate al proble-ma (che parrebbe essere limitato agli Apple Watch Series 4) se non quella di rivolgersi direttamente all’azienda, nel caso vi troviate nel-la stessa situazione. E per chi non avesse ancora installato l’aggiorna-mento ci sarà da attendere ancora un po’, in attesa che Apple sciolga il nodo e rilasci una versione non compromessa.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Massimiliano DI MARCO

A lungo Samsung ha tenuto banco

mantenendo il jack da 3,5 mm per

le cuffie. Galaxy S10 potrebbe cam-

biare tutto in quanto l’azienda starebbe

testando un prototipo del prossimo top di

gamma Samsung privo della porta jack da

3,5 mm. Il candidato chiamato a sostituire

il jack potrebbe essere l’USB C, sebbene

Samsung potrebbe spingere la vendita

dei suoi auricolari wireless Gear Icon X.

Lo ha riportato Bloomberg, dettagliando

ulteriori novità che potrebbero travolgere

Samsung Galaxy S10.

Come abbiamo già riportato, Samsung

integrerà probabilmente il lettore d’im-

pronte digitali sotto lo schermo, anche se

è possibile che farà molto di più. Secondo

Bloomberg l’azienda coreana proporrà

MOBILE Samsung sta già sperimentando un prototipo privo della porta jack da 3,5 mm

Niente jack da 3,5 mm per Galaxy S10? Per lo smartphone pieghevole ci vuole tempoC’è ancora da attendere per lo smartphone pieghevole, ma a novembre l’azienda ne parlerà

anche una fotocamera frontale “visibile,

ma incastrata nello schermo”, sebbene i

dettagli di tale applicazione non sia chia-

ri. Sul retro, invece, spazio a tre sensori

per la fotocamera principale, che per la

linea top di gamma sarebbe una carat-

teristica inedita, sebbene recentemente

Samsung si sia spinta fino a quattro sen-

sori per Galaxy A9. Si parla, poi, di uno

schermo OLED curvato da 5,8”. Oltre a

Galaxy S10 e S10+ (la cui diagonale dello

schermo non viene citata) Samsung po-

trebbe commercializzare anche un terzo

modello più economico privo del lettore

d’impronte integrato nello schermo e

del pannello OLED curvato. Tale terzo

modello sarebbe pensato soprattutto

per fare concorrenza diretta a produttori

come Huawei e Oppo, che in Cina, il più

grande mercato mobile al mondo, sono i

marchi dominanti.

Smartphone con schermo pieghevole, Samsung ci sta ancora lavorandoDa anni si parla ormai di uno smartphone

firmato Samsung con schermo pieghevo-

le, attualmente noto internamente con il

nome di “Winner”. Le sfide tecnologiche,

d’altronde, sono molte, soprattutto legate

al fatto che oltre allo schermo anche il re-

sto dei componenti - dal processore alla

batteria - deve adeguarsi al design pie-

ghevole. Ci sono molti rischi e molte dif-

ficoltà. Alla Developers Conference di no-

vembre Samsung potrebbe mostrare un

altro concept, sebbene molto dettagliato

e con la descrizione delle caratteristiche

e delle funzionalità dello smartphone; sì,

nessun modello funzionante nemmeno

quest’anno. Ciò perché, secondo Bloom-

berg, la società starebbe ancora valutan-

do, per esempio, attorno a quale asse

(orizzontale o verticale) far piegare lo

schermo. Uno dei design citati è molto si-

mile ai cellulari a conchiglia: chiuso ha uno

schermo da 4”, mentre aperto si allunga

in verticale. Lo smartphone non include-

rebbe il lettore d’impronte integrato nello

schermo a causa di difficoltà tecnologi-

che intrinseche negli schermi pieghevoli.

Restano validi i dubbi sulla longevità dello

schermo pieghevole. L’attuale modello in

sviluppo resiste a 200.000 piegamenti,

ma nella produzione di massa potrebbe-

ro insorgere problemi precedentemente

non considerati, che potrebbero limitare

la durabilità del dispositivo.

Qualcomm Snapdragon 675, tripla fotocamera e gaming spinto sugli smartphone di fascia mediaIl colosso americano getta benzina sul fuoco dell’intelligenza artificiale e della proliferazione delle fotocamere. Lo Snapdragon 675 spinge anche con il gaming di M. SPASIANOQualcomm ha svelato il nuovo SoC che andrà a rimpolpare la famiglia Snapdragon nella fascia medio-alta. Si tratta dello Snapdragon 675 con processo produttivo a 11 nano-metri, con cui Qualcomm porterà funzionalità che erano prerogativa esclusiva dei processori di fascia più alta ad un prezzo più accessi-bile. Sulla carta, non si fa mancare nulla: AI Engine, lo Spectra 200 ISP, la CPU con architettura Kryo 460 ed una GPU Adreno 612. In so-stanza, però, il colosso americano si è focalizzato su tre aspetti: l’intel-ligenza artificiale, la fotocamera e il gaming. Per il primo, è chiaramente l’AI Engine con architettura multi-core a fare la differenza. I campi di applicazione sono molteplici e van-no dal supporto nella fotografia, al miglioramento del riconoscimento della voce dell’utente, passando per l’ottimizzazione dell’autono-mia. A proposito di fotocamera: lo Snapdragon 675 è il primo SoC a supportare nativamente una con-figurazione con tripla fotocamera (frontale o posteriore). Chicca fina-le: lo Snapdragon 675 supporta la ripresa di clip video a rallentatore senza limiti di durata (ma solo in HD). Infine, l’azienda ci ha tenuto a mettere in luce i progressi fatti nel gaming. I primi dispositivi con “Snapdragon 675 Inside” debut-teranno nel primo quarto dell’anno venturo.

Galaxy S9 potrebbe essere l’ultimo top di gamma Samsung a integrare il jack da 3,5 mm

Ambassador Samsung usa iPhone in TV. Rischia 1,5 milioni di euroKsenia Anatolyevna Sobchak è una giovane celebrità russa: conosciuta come attrice, giornalista e perso-naggio politico, viene per questo considerata la “Paris Hilton” di Russia, ed è anche brand ambassador di Samsung Mobile. Proprio questa sua ultima attività potrebbe costarle circa 1,5 milioni di euro dato che, durante una intervista televisiva, è stata vista utilizzare niente di meno che un iPhone X, affronto che i coreani non hanno assolutamente perdonato. Del resto la Sobchak, come altre celebrità, è sotto contratto con Samsung e ben pagata per utilizzare uno smartphone del brand coreano, quindi gli etremi per una causa e una richiesta di risarci-mento ci sono tutti, anche se finora la cifra dichiarata è solo una speculazio-ne di AppleInsider. Ad oggi, nessun rappresentante di Samsung o della Sobchak ha commentato o lasciato dichiarazioni in merito.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di R. PEZZALI

T itolo forte, lo sappiamo, ma è quello

che è successo in questi mesi a de-

cine di utilizzatori dell’applicazione

Eurosport su iPhone. Mentre utilizzavano

l’app regolarmente scaricata dall’AppSto-

re per leggere le notizie, molti utenti si

sono visti consegnare un SMS di attivazio-

ne di servizi a pagamento con il classico

costo di 5 euro a settimana. Servizi inutili,

soldi rubati ad utenti ignari.

La cosa colpisce, perché le parti in gio-

co sono Apple e Eurosport. La prima è

maniacale nel controllo dello store e dei

contenuti presenti, ma questa cosa è sicu-

ramente sfuggita: le recensioni pubblica-

te dagli utenti sulla pagina dell’AppStore

sono chiare.

Nessuno incolpa Apple, ma è evidente

che l’app arriva dallo store ufficiale. Apple

tuttavia in questa vicenda è parte “lesa”:

la reputazione dello store viene danneg-

MOBILE Usando l’app di Eurosport su iPhone si attivano senza volere servizi a pagamento

L’app di Eurosport “mangiasoldi”: attiva da sola servizi a 5€ a settimana su iPhone Le aziende coinvolte, Apple e Discovery, si sono subito attivate per risolvere il problema

giata dalla presenza di una applicazione

di terzi che si appropria dei dati degli

utenti e sottoscrive in autonomia servizi a

pagamento indesiderati.

Dall’altra parte c’è Eurosport, gruppo Di-

scovery: l’app è di proprietà di Eurosport,

che è la responsabile di quello che viene

fatto dall’applicazione. Come è possibile

tutto questo? Abbiamo ovviamente con-

tattato sia Apple che Discovery, e come

spesso accade in queste situazioni nes-

suno era al corrente della cosa. Nessuna

delle due aziende ha voluto rilasciare una

dichiarazione, ma sappiamo per certo

che entrambe si sono attivate per risolve-

re la questione. Il problema, da quanto

abbiamo capito, sono i circuiti pubblicitari

con annunci che spesso non vengono

controllati. Un po’ come capita su molti

siti dove, navigando da smartphone e

cliccando su qualche banner, si attivano

gli abbonamenti ai servizi a pagamento.

Nel caso dell’app di Eurosport questo ac-

cade senza cliccare alcun banner, sempli-

cemente leggendo e sfogliando le news:

se sulla pagina viene mostrata una pub-

blicità “trappola” all’ignaro lettore viene

attivato l’abbonamento e inviato l’SMS,

sempre che non siano stati bloccati i

servizi a pagamento facendone richiesta

esplicita all’operatore. L’operatore è l’ulti-

mo nodo della questione, perché questo

senza il suo benestare non potrebbe mai

accadere: per poter mandare l’SMS di at-

tivazione chi gestisce la pubblicità deve

conoscere il numero dell’utente e questi

servizi si attivano solo se si sta usando la

rete 3G o 4G e solo con alcuni operatori.

Nel caso degli utenti colpiti dall’app Eu-

rosport, c’è anche un nostro redattore,

l’operatore che ha permesso l’attivazione

è stato Wind Tre. Speriamo ovviamente

che la questione si risolva al più presto, e

che in qualche modo le persone coinvol-

te vengano risarcite. Apple paga solo in

reputazione, e siamo certi che ora che è

a conoscenza della cosa si è già messa in

moto per bloccare ogni attività di questo

tipo. La stessa cosa dovrebbe aver fatto

Eurosport, che ha aperto una indagine

sulla cosa. Il problema è legato ai banner,

e agli accordi tra servizi pubblicitari e ope-

ratori TLC come nel caso di Wind Tre, che

continuano a supportare e fornire questi

servizi succhiasoldi, nonostante le multe

che l’Agcom gli ha comminato più volte.

Per gli utenti, come sempre, la soluzione

è bloccare questi servizi in partenza.

Smartphone Moto, arrivano i kit ufficiali per ripararli da soliMotorola è il primo grande produttore a supportare ufficialmente i kit di riparazionte fai-da-te di iFixit, autorità del settore. Gli utenti Moto esperti possono far vivere il proprio smartphone un po’ più a lungo

di Matteo SERVADIOIn un mondo dove smartphone e laptop sono spesso non aggiorna-bili nell’hardware, la notizia della partnership tra Motorola e iFixit è di quelle che spezzano le consue-tudini. Ad annunciarlo è la stessa organizzazione che spesso finisce sulle homepage delle testate di tecnologia per i suoi teardown dei dispositivi del momento: Motorola è il primo grande produttore a sup-portare ufficialmente i kit di ripara-zione fai-da-te di iFixit. Il sito già of-fre numerosi pacchetti, completi di tutti gli strumenti necessari e guide online, ma è la prima volta che “un grande produttore supporta ciò che iFixit rappresenta.”I kit Motorola vanno dai 40 ai 200 dollari e permettono di sostituire i componenti principali dello smar-tphone, tra batterie, schermi e di-gitizer. L’unico neo è che, stando a quanto riportato da The Verge, la riparazione artigianale invalide-rebbe comunque la garanzia del produttore, il che potrebbe risul-tare un problema. C’è da conside-rare che i singoli pezzi di ricambio sono coperti da una garanzia di 1 anno e che quasi tutti i kit offerti al momento sono di dispositivi meno recenti. La partnership tra Motorola e iFixit risulta una sicurezza in più per chi vuole fare manutenzione al suo vecchio smartphone Moto anche oltre il periodo di supporto garantito dal produttore. E quindi i vari Moto Z, Moto Z Play e Moto X possono essere rimessi in sesto anche quando la garanzia di Moto-rola è ormai scaduta.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Emanuele VILLA

Apple non è nuova al discorso

dello streaming video: iTunes c’è

da un bel po’ e in alcuni Paesi è

disponibile il servizio ‘TV’ che funge da

aggregatore di tutti i canali e le fonti di

video streaming a disposizione del sin-

golo mercato. Per esempio, negli USA

(mercato frammentato per definizione),

tramite la TV app di Apple TV è pos-

sibile integrare in una sola piattaforma

i video acquistati da iTunes, i canali

HBO, ESPN, ABC, Showtime, DAZN e

via dicendo, senza la necessità di di-

sporre di una singola app per ogni

network o canale. Lo stesso vale an-

che per UK e Francia, mentre da noi il

servizio non è ancora attivo. La notizia

arriva direttamente dalle parti di Cu-

pertino: alcune persone ‘a conoscenza

dei fatti’ avrebbero dichiarato a The

Information che Apple è in procinto di

presentare in grande stile una nuova

piattaforma internazionale che andrà

a posizionarsi nel medesimo mercato

occupato da Netflix e Amazon. Il lan-

cio è previsto per la metà del 2019 con

estensione, entro la fine dell’anno, in

100 Paesi: fatte salve clamorose smen-

tite, in 100 Paesi l’Italia c’è di diritto.

ENTERTAINMENT Emergono nuovi dettagli sulla prossima piattaforma di streaming video di Apple

Apple attacca Netflix: la piattaforma di streaming anche in Italia entro fine 2019Debutterà nel 2019 in 100 Paesi. L’azienda investe 1 miliardo per i contenuti originali

Diverso il discorso dei contenuti, per

i quali si possono solo fare congettu-

re: il punto di partenza saranno quelli

prodotti direttamente da Apple, per i

quali l’azienda avrebbe stanziato addi-

rittura 1 miliardo di dollari per arrivare

al livello (e magari superare) di Netflix

e Amazon, ma sicuramente si tratterà

di un’estensione dell’attuale TV app

e quindi conterrà anche programmi e

canali in streaming. Ripetiamo, qui si

possono solo fare congetture a causa

dell’estrema differenza tra i vari merca-

ti: negli USA un ‘raccoglitore’ di decine

di network è un vero toccasana, qui da

noi le piattaforme sono di meno e Sky,

per esempio, funge già da ‘hub’ per di-

versi produttori a stelle e strisce. L’ipo-

tesi più probabile è che comunque il

core dell’offerta siano le produzioni

originali, esattamente come fanno Net-

flix e Amazon.

Staremo a vedere, ma c’è un altro

aspetto su cui vale la pena riflettere:

la piattaforma Apple sarà accessibile

solo con dispositivi Apple, quindi iOS,

Mac e Apple TV. Questo potrebbe limi-

tare un po’ le ambizioni della piattafor-

ma, visto che a livello globale gli utenti

Android sono molti di più.

di Massimiliano DI MARCO

Dopo la TV, Sky Italia potrebbe pre-

sto presentare offerte per la tele-

fonia fissa e le connessioni in fibra

ottica già nei primi mesi del 2019. Se il

passo verso la fibra ottica era nell’aria,

addirittiura, secondo quanto riportato

da Il Fatto Quotidiano, l’azienda potreb-

be mettere a punto anche un’offerta

mobile, appoggiandosi alla rete Voda-

fone e TIM, per lanciarsi come operato-

re virtuale in Italia. Anche se - va detto

- questa indiscrezione de Il Fatto non

pare trovare riscontro nei fatti, almeno

per il momento.

L’idea di un’offerta omnicomprensiva

ENTERTAINMENT Nel 2019 l’offerta residenziale in fibra e forse più avanti anche il mercato mobile

Oltre la pay TV: Sky diventerà un operatore telefonicoCome è accaduto già molte volte, ciò che Sky fa in UK prima o poi si propaga anche in Italia

La nuova Chromecast arriva in Italia: c’è lo streaming Full HD a 60 FPSLa terza generazione di Chromecast è disponibile in Italia. Dimensioni più compatte e nuovo design, ma la principale novità è lo streaming più fluido a 60 FPS a risoluzione Full HD di Massimiliano DI MARCO

Più piccola e in due colori. La nuova Chromecast, presentata insieme ai Pixel 3 e Pixel 3 XL, arriva anche in Italia, allo stesso prezzo della precedente gene-razione: 39 euro, già disponibile sul Google Store e nei rivenditori autorizzati.Parliamo del modello base e non di Chromecast Ultra, che sup-porta anche la risoluzione 4K. La Chromecast di terza generazione arriva, però, alla risoluzione Full HD a 60 FPS per uno streaming più fluido. La forma della nuova Chromecast è più arrotondata, in linea con altri prodotti destinati alla smart home come Google Home Mini, e le di-mensioni sono state ridotte del 15% rispetto alla precedente ge-nerazione. I due colori disponibili sono bianco e grigio antracite.Entro fine anno, poi, Chromecast riceverà un aggiornamento gra-zie al quale potrà essere parte di un sistema audio multi-room, interagendo con gli altoparlan-ti collegati ai dispositivi smart home di Google, diventando di fatto una Chromecast Audio.

contenente TV, linea fissa e

mobile sarebbe tutt’altro che

assurda anto più che c’è un

precedente importante: Sky

Mobile, operatore disponi-

bile nel Regno Unito, a oggi

detiene circa 500mila utenti.

Per quanto riguarda la linea

fissa, l’accordo con Open Fiber già c’è: annunciato

nei mesi scorsi, permetterà di

avere Sky Q con i contenuti in streaming

attraverso la fibra ottica il prossimo anno,

genericamente in estate.

Attualmente, invece, il decoder Sky Q (e

con esso il 4K HDR) è disponibile soltanto

con l’installazione di una parabola. Il 2019,

insomma, potrebbe essere un anno di

grandi novità per Sky Italia. Già previsto,

infatti, l’accordo con Netflix per un abbo-namento “tutto incluso” per Sky Q, an-

ch’esso già attivo nel Regno Unito.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Gaetano MERO

Appuntamento consueto con le novità del mese

Netflix. In arrivo a novembre la controversia serie

Baby, prodotta interamente in Italia, che esplora

le vite segrete di un gruppo di adolescenti romani. De-

buttano inoltre Narcos: Messico, Il metodo Kominsky e il

cooking show The Final Table con la partecipazione di

Carlo Cracco. In programma per i più romantici anche tre

lungometraggi dedicati al Natale.

Baby, Narcos: Messico e Il Metodo Kominsky, le serie TV di novembreIl mese si apre con il debutto della serie Westside a cui è

stato aggiunto il sottotitolo “La loro vita. La loro musica”.

La storia racconta le vicende di nove musicisti di talento

a cui viene offerta un’occasione imperdibile: preparare

uno spettacolo a Hollywood. L’esperimento, in collabo-

razione con Warner Bros. Records, ricorda in qualche

modo Glee e prevede il lancio di carriere musicali dei

protagonisti con tanto di spettacoli dal vivo e videoclip,

già disponibili su YouTube. In onda dal 9 novembre.

Arrivano il 9 novembre le coloratissime e scanzonate

Super Drags. Si tratta di una serie animata per adulti che

vede come protagoniste tre scintillanti Drag Queen: Le-

mon Chiffon, Safira Cian e Scarlet Carmesim alle prese

con la lotta per i diritti LGBT. Grazie ai loro poteri le tre

eroine sono pronte a seminare lustrini e a farsi valere

tra un twerking e l’altro. Diego Luna e Michael Peña sa-

ranno i principali interpreti del prequel Narcos: Messico.

La serie illustrerà le origini del cartello della droga mes-

sicano negli anni ‘80. La storia è ambientata a Guada-

lajara e vedrà contrapporsi l’agente DEA Kiki Camarena

(Peña) al boss del traffico di stupefacenti Félix Gallardo

(Luna). Narcos: Messico è stata scritta e prodotta da Car-

lo Bernard e Doug Miro e sarà disponibile su Netflix in

esclusiva mondiale dal 16 novembre. Il 16 novembre ar-

riva anche Il Metodo Kominsky, nuova creatura di Chuck

Lorre famoso per aver ideato la serie cult Big Bang

Theory. Cast d’eccezione con gli attori premi Oscar Mi-

chael Douglas (Kominsky) e Alan Arkin (Newlander) che

si cimenteranno per la prima volta nel genere dramedy.

Kominsky e Newlander sono due amici intenti ad af-

frontare gli inevitabili colpi bassi della vita durante i loro

anni d’argento a Los Angeles, una città in cui gioventù

ENTERTAINMENT Tante novità in arrivo su Netflix a novembre. Attesa per le serie Baby, Narcos: Messico e Il Metodo Kominsky

Netflix, novembre ricco di novità: arrivano Baby, Narcos: Messico e lo speciale su Orson WellesSpazio anche ai film d’autore con l’opera postuma di Welles e l’ultimo lavoro dei fratelli Coen sulla frontiera americana

e bellezza sono essenziali. Otto gli episodi previsti per

questo primo capitolo, che vede tra i produttori esecutivi

lo stesso Douglas.

In prima visione venerdì 23 novembre sarà disponibi-

le su Netflix la terza stagione di Frontiera, la serie che

racconta la violenta e caotica lotta per il controllo del

commercio di pellicce nel Nord America del XVIII seco-

lo. Scritta da Rob Blackie e Peter Blackie, vede nel cast

Jason Momoa, Landon Liboiron, Alun Armstrong.

Grande attesa per il debutto il 30 novembre di Baby, se-

rie prodotta in Italia e ispirata allo scandalo delle baby

squillo scoppiato a Roma nell’estate 2014. La storia rac-

conta le vicende di un gruppo di adolescenti del quar-

tiere Parioli di Roma, in cerca di una propria identità e

indipendenza, sullo sfondo di amori proibiti, pressioni

familiari e segreti condivisi. Il cast principale è composto

da Benedetta Porcaroli, Alice Pagani, Riccardo Mandoli-

ni, Isabella Ferrari, Claudia Pandolfi, Paolo Calabresi, con

la regia di Andrea De Sica e Anna Negri. Molta curiosità

anche per 1983, prima produzione interamente polacca.

La storia si svolge in un mondo distopico, in due mo-

menti storici, durante la guerra fredda nel 1983 e venti

anni dopo, nel 2003. Uno studente di legge ispirato da

alti ideali e un detective caduto in disgrazia s’imbattono

in un complotto che ha tenuto in piedi la cortina di ferro

e la nazione polacca in uno stato di polizia repressivo.

Quanto scoperto ha il potere d’innescare una rivoluzio-

ne. 1983 ha visto alla regia quattro illustri registe polac-

che Kasia Adamik, Olga Chajdas, Agnieszka Holland e

Agnieszka Smoczyńska. Disponibile dal 30 novembre.

Film originali, cinema d’autore e tante nuove storie per NataleNovembre parte col botto con The Other Side of the

Wind, l’ultima opera del leggendario regista Orson Wel-

les (Quarto Potere), girata tra il 1970 e il 1976 e rimasta

inedita fino ad oggi. Il lungometraggio racconta la storia

del famoso regista J.J. “Jake” Hannaford (interpretato da

John Huston) il quale, dopo anni di esilio volontario in Narcos: Messico / trailer

Europa, ricompare a Hollywood con l’intenzione di finire

l’innovativo film che avrebbe segnato il suo ritorno.

L’ultima opera di Welles è una satira del tradizionale si-

stema degli studi cinematografici e della dirigenza appe-

na arrivata che, in quel periodo, stava rivoluzionando le

cose. La colonna sonora è stata completamente riscritta

dal premio Oscar Michel Legrand (Les parapluies de

Cherbourg). Il lungometraggio, su Netflix dal 2 novem-

bre, è stato presentato fuori concorso all’ultima Mostra

internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Arriva il 2 novembre il magico Il Calendario di Natale,

per la regia di Bradley Walsh. Una brava fotografa con

un lavoro senza sbocchi riceve in eredità un antico ca-

lendario dell’Avvento che forse può prevedere il futuro

e guidarla verso l’amore. Nel cast Kat Graham, Quincy

Brown, Ethan Peck.

La vera storia di Roberto I di Scozia, è questo ciò che

racconta Outlaw King - Il re fuorilegge. Diretto da David

Mackenzie, vede come protagonista assoluto Chris Pine,

affiancato da Aaron Taylor-Johnson, Florence Pugh e

Billy Howle. Disponibile dal 9 novembre su Netflix.

Dopo esser stato premiato alla 75a Mostra Internazio-

nale d’Arte Cinematografica di Venezia per la migliore

sceneggiatura, La ballata di Buster Scruggs arriva su

Netflix il prossimo 16 novembre. Si tratta di un film an-

tologico suddiviso in sei parti, sei diversi racconti sulla

frontiera americana narrati dalle voci di Joel ed Ethan

Coen, che hanno scritto e diretto l’intero progetto.

Ogni capitolo presenta una vicenda diversa ambienta-

ta nel vecchio West. Il 22 novembre arriva Qualcuno

salvi il Natale, un’avventura per tutta la famiglia ideata

da Chris Columbus, già produttore di film diventati clas-

sici tra cui “Harry Potter e la pietra filosofale” e “Mam-

ma, ho perso l’aereo”. Protagonista della storia, Babbo

Natale interpretato da Kurt Russell e due fratelli che lo

aiuteranno nella notte più impegnativa dell’anno. An-

cora un film sul Natale conclude il mese Netflix. Dal 30

segue a pagina 20

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torna al sommario 20

MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

novembre sarà disponibile Un Principe per Natale: Ma-

trimonio Reale, sequel dell’omonimo film del 2017. Un

anno dopo aver aiutato Richard a salire al trono, Amber

si prepara a diventare sua moglie, ma non è certa di

avere la stoffa per fare la regina.

Show e programmi per i più piccoliSbarca il 20 novembre il primo cooking show targato

Netflix, The Final Table. Si tratta di una competizione

culinaria globale in cui gli chef di maggiore talento

del pianeta lottano per un posto all’am-

bita tavolata finale, dove siedono i più

grandi chef al mondo. Solo uno dei 24

chef in gara vincerà un posto alla Final

Table, a fianco di nove icone leggendarie

dell’universo culinario in cui l’Italia è rap-

presentata da Carlo Cracco. La serie sarà

presentata da Andrew Knowlton, scrittore

vincitore di James Beard Award e curato-

re editoriale di Bon Appétit. Da venerdì 30

novembre sarà disponibile il docu-reality

Death by Magic. In questa serie il mago

Drummond Money-Coutts viaggia per il

mondo, condividendo la sua contagiosa

passione per la magia e provando nume-

ri che sono stati fatali per i suoi colleghi.

Mi ameranno quando sarò morto è il documentario

dedicato a Orson Welles, legato all’uscita postuma

del film The Other Side of the Wind. Le immagini rac-

contano gli ultimi anni di vita del regista tra lavoro e

vita privata. Disponibile dal 2 novembre. Sempre il 2

novembre, per la serie di documentari musicali chia-

mata Remastered arriva l’episodio Tricky Dick & The

Man in Black. Le immagini racconteranno la visita di

Johnny Cash alla Casa Bianca nel 1970, al quale se-

guì uno scontro tra il cantante e la politica di Richard

Nixon. Parte il 9 novembre la prima stagione di Medal

of Honor, una docuserie in cui viene reso omaggio a

otto destinatari della più alta decorazione militare al

valore degli Stati Uniti. Spazio anche per il pubblico

più giovane con lo show Piccoli Geni, in cui scienza,

natura ed argomenti di attualità verranno spiegati in

modo semplice e con esperimenti divertenti. In onda

dal 2 novembre. Dal 9 novembre sarà disponibile la

terza stagione di Beat Bugs, il 16 novembre arriva la

nuova serie animata She-Ra e le Principesse Guer-

riere, il 20 novembre è la volta di Motown Magic in

cui ogni storia sarà ispirata ad un famoso brano della

casa discografica in attività dagli anni ‘60.

ENTERTAINMENT

Netflix, novembre ricco di novitàsegue Da pagina 19

di Gaetano MERO

Amazon Prime Video continua a

consolidare il proprio catalogo con

una serie di produzioni originali in

arrivo sulla piattaforma nelle prossime

settimane. Si parte il 2 novembre con

Homecoming, la serie evento che vede

come protagonista assoluta il premio

Oscar Julia Roberts. La storia, basata

sul popolarissimo podcast omonimo,

è stata ideata da Eli Horowitz e Micah

Bloomberg, con la regia di Sam Esmail.

Heidi Bergman (Julia Roberts) è un’as-

sistente sociale all’ Homecoming Tran-

sitional Support Center, una struttura di

supporto del Geist Group che aiuta e

sostiene i soldati di ritorno dalla guerra

a reinserirsi nella vita civile in cui incon-

tra il veterano Walter Cruz (Stephan Ja-

mes). Ritroviamo Heidi quattro anni più

tardi, ha intrapreso una nuova vita, vive

con sua madre (Sissy Spacek) e lavora

come cameriera, quando un ispetto-

re del Dipartimento della Difesa (Shea

Whigham) la rintraccia per capire il moti-

vo che l’ha indotta a lasciare la struttura

militare. Homecoming sarà inizialmente

disponibile in versione originale e sot-

totitolata, le puntate doppiate in italia-

no arriveranno nel 2019. Il 9 novembre

sarà disponibile per tutti i clienti Prime

la seconda stagione di Patriot, una com-

ENTERTAINMENT Novembre ricco per gli utenti Prime Video. Annunciato anche il secondo capitolo di The Marvelous Mrs. Maisel

Novità Prime Video novembre: Homecoming, Beat e PatriotContinua a consolidarsi il catalogo Prime Video con una serie di produzioni originali in arrivo nelle prossime settimane

media scritta e diretta da Steve Conrad.

Per impedire all’Iran di diventare una

potenza nucleare, John Tavner (Michael

Dorman), agente dei servizi segreti,

inizia a lavorare come ingegnere sotto

una pericolosa “copertura non ufficia-

le” in un’impresa di tubature industriali

nel Midwest. La serie illustra gli aspetti

meno conosciuti e meno glamour della

vita dell’agente segreto profondamen-

te intrecciata con il lavoro, che spesso

mette John in situazioni insopportabili.

Nel cast anche Terry O’Quinn, Michael

Chernus e Kathleen Munroe. Arriva ve-

nerdì 9 novembre anche la serie Prime

Original tedesca Beat. La storia è incen-

trata sulla vita di Robert Schlag (Jannis

Niewöhner), soprannominato Beat, pro-

moter di uno dei club techno più famosi

di Berlino. Proprio per le sue conoscen-

ze, i suoi contatti e il fatto di essere per-

fettamente introdotto nel mondo della

vita notturna, viene ingaggiato dai Ser-

vizi Segreti Europei.

Il crimine organizzato è ormai spietata-

mente coinvolto in tutto ciò che porta

denaro: droghe, armi e organi. L’unico

modo che le agenzie statali hanno per

arrivare alle menti della rete criminale

è attraverso metodi non convenzionali

e Beat è proprio uno di questi. Per gli

appassionati di sport estremi il 16 no-

vembre è una data da segnare sul ca-

lendario grazie a The Gymkhana Files.

Lo show porterà gli spettatori dietro le

quinte di una delle serie di video più

folli e di successo al mondo, con più

di mezzo miliardo di visualizzazioni.

The Gymkhana Files segue la nota

star del motorsport e imprenditore Ken

Block e il suo Hoonigan team mentre si

accingono a girare uno dei video au-

tomobilistici più rischiosi della storia,

GymkhanaTEN, il decimo episodio del-

la serie pluripremiata Gymkhana Film,

e allo stesso tempo alle prese con gli

alti e bassi del Campionato del Mondo

di Rallycross. Produttori esecutivi della

serie Block, Brian Scotto, Gil Marsden,

che ricopre anche il ruolo di showrun-

ner, e Steve Astephen. Otto in totale gli

episodi, che saranno rilasciati settima-

nalmente in lingua originale e sottoti-

tolata. Il 23 novembre sarà disponibile

la versione sottotitolata di The Purge,

serie basata sull’omonima saga di suc-

cesso, conosciuta in Italia con il titolo

La Notte del Giudizio, prodotta dalla

Blumhouse Productions e scritta da

James DeMonaco. La storia è ambien-

tata in un’America irreale, governata

da un partito politico totalitario. Tra le

anticipazioni per il mese di dicembre,

Amazon ha annunciato la data di pub-

blicazione della seconda stagione di

The Marvelous Mrs. Maisel, definita la

serie comedy dell’anno, che ha come

protagonista Rachel Brosnahan (Hou-

se of Cards) e si è aggiudicata 8 Emmy

Awards con il primo capitolo. The Mar-

velous Mrs. Maisel sarà disponibile su

Prime Video a partire dal 5 Dicembre

in versione originale e sottotitolata.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Massimiliano DI MARCO

Abuso di posizione dominante. Con

questa accusa l’Autorità Garante

della Concorrenza e del Mercato

(AGCM), nota anche come Antitrust, ha

accertato che Società Italiana degli Au-

tori e degli Editori (SIAE) ha messo in

atto condotte finalizzate a “escludere i

concorrenti dai mercati relativi ai servi-

zi di gestione dei diritti d’autore” non-

ché “a impedire il ricorso all’autoprodu-

zione da parte dei titolari dei diritti”. La

sanzione pecuniaria comminata a SIAE

viene definita “simbolica”: 1.000 euro.

Il procedimento dell’Antitrust è parti-

to da una denuncia di Soundreef, che

detiene i diritti di artisti come Gigi

D’Alessio, Fedez e Nesli, e Innovaetica,

che gestisce il portale online Patamu,

per accertare l’esistenza di un abuso

di posizione dominante. Tale posizio-

ne è stata accertata perché, secondo

l’Antitrust, SIAE ha messo in atto “una

complessa strategia escludente che

ha determinato, attraverso la pervica-

ce affermazione di un monopolio non

supportato dalla normativa, la compro-

missione del diritto di scelta dell’autore

e la preclusione all’offerta dei servizi

di gestione dei diritti d’autore da parte

dei concorrenti”.

In particolare SIAE viene giudicata col-

pevole dell’imposizione di vincoli “volti

ad assicurare alla SIAE la gestione dei

diritti d’autore dei titolari non iscritti

alla SIAE, anche persino là dove questi

ultimi avevano espressamente mani-

festato la volontà di non avvalersi dei

servizi da essa erogati” e dell’imposi-

zione di “ostacoli nella stipulazione da

parte degli utilizzatori - in particolare,

emittenti TV nazionali e organizzatori

di concerti live - di altri contratti di li-

cenza d’uso delle opere con i concor-

renti della SIAE”.

Entrando nello specifico l’Antitrust, nel

documento, ritiene che SIAE “si è spinta

fino a esercitare pressioni sugli editori

affinché depositassero i brani presso la

SIAE stessa, onde poter raccogliere il

100% dei diritti ed evitare che tale atti-

vità potesse essere svolta direttamen-

te dagli autori”. Una strategia non giu-

stificata “da ragioni organizzative né da

esigenze degli operatori del settore”.

ENTERTAINMENT Dopo la denuncia di Soundreef e Innovaetica, l’indagine di Antitrust e la decisione

SIAE, accusa di abuso di posizione dominante Gioisce Soundreef ma SIAE non piangeVittoria di Pirro per Soundreef che non ottiene soluzioni per il futuro. Multa “simbolica” di 1.000€

Una pratica commerciale, insomma,

estremamente scorretta. L’AGCM chie-

de che “la Società Italiana degli Autori

ed Editori ponga immediatamente fine

ai comportamenti distorsivi della con-

correnza” entro 60 giorni dal provve-

dimento. La sanzione “simbolica” di

1.000 euro è stata definita nel contesto

che “le condotte abusive sono state

realizzate dalla SIAE in mercati caratte-

rizzati da una stretta contiguità con gli

ambiti coperti dalla riserva vigente fino

al 15 ottobre 2017”. Tale multa dev’es-

sere pagata entro 90 giorni dalla data

del provvedimento dell’Antitrust.

D’Atri (Soundreef): “Giustizia ristabilita, ora Governo e Parlamento aprano completamente il mercato”Gioisce della decisione dell’Antitrust

Davide D’Atri, amministratore delegato

di Soundreef: “Siamo felicissimi per la

decisione appena espressa dall’Anti-

trust che, di fatto, ristabilisce giustizia

nel mondo del diritto d’autore. Così

come affermato dall’Autorità, SIAE do-

vrà porre immediatamente fine ai com-

portamenti distorsivi della concorrenza

accertati e astenersi in futuro dal porre

in essere comportamenti analoghi”.

“Tutti i comportamenti da noi denunciati

- conclude D’Atri - sono stati sanzionati

e ringraziamo i funzionari dell’Autorità

che hanno condotto un lavoro incre-

dibile di ricerca e di analisi in un con-

testo complicato e molto complesso.

Auspichiamo quindi che entro il 2018

il Governo e il Parlamento prevedano

una misura finalizzata ad aprire com-

pletamente il mercato, modificando il

Decreto Fiscale dello scorso anno che

non permette, ad oggi, agli Enti di Ge-

stione Indipendente come Soundreef

di poter operare in piena concorrenza

con SIAE e con gli Organismi di Gestio-

ne Collettiva.”

In Italia, infatti, Soundreef gestire i dirit-

ti degli artisti tramite l’ente senza sco-

po di lucro Liberi Editori Autori (LEA).

Un accordo stipulato con l’obiettivo

di arginare un decreto fiscale di fine

2017 che, di fatto, ha introdotto una li-bera concorrenza “a metà” in tema di

raccolta dei diritti d’autore e che sem-

brava pensato proprio per escludere

Soundreef e avvantaggiare SIAE.

Rapetti (SIAE): “Provvedimento senza giustificazioni”Dal lato opposto il presidente SIAE

Giulio Rapetti, noto anche come Mo-

gol, commenta amaramente il verdetto

dell’Antitrust sottolineando che “seb-

bene accompagnato da una sanzione

simbolica di 1.000 euro, è un provve-

dimento che non trova giustificazione

nelle norme”. SIAE è certa di poter

dimostrare che nessuna violazione o

abuso abbia avuto luogo e che il suo

operato è stato sempre rispettoso

della legge sul diritto d’autore e delle

norme in generale, anche in materia di

concorrenza.

Per tale motivo “leggeremo e valutere-

mo con grande attenzione il testo” del

provvedimento dell’Antitrust, ha speci-

ficato SIAE.

Sky rinnova: la Premier League rimane un’esclusiva fino al 2022Sky prolunga l’accordo con la Premier League per trasmettere in esclusiva italiana per altre tre stagioni. Il calcio inglese continua a essere “diviso”: la Premier su Sky, la Coppa di Lega su DAZN di Massimiliano DI MARCO

Fino al 2022 la Premier Lea-gue, il massimo campionato di calcio inglese, rimane un’esclu-siva italiana di Sky. L’emittente ha annunciato di aver rinnovato l’accordo di trasmissione con la Premier League, prolungando di altri tre anni l’esclusività delle partite di campionato, fino alla stagione 2021/2022. In totale si parla di 235 partite a stagio-ne, anche in 4K HDR attraverso il decoder Sky Q. La Premier League viene trasmessa su Sky Sport su tutte le piattaforme, quindi anche sul digitale terre-stre. In quest’ultimo caso, però, è disponibile su Sky Sport Uno soltanto una selezione di partite del fine settimana di campionato. Gli abbonati satellite e fibra otti-ca faranno riferimento, invece, al canale Sky Sport Football. Gli appassionati di calcio inglese, in-somma, continueranno a essere “spezzettati”: la Premier League è esclusiva Sky, mentre la Cop-pa di Lega inglese è trasmessa esclusivamente da DAZN.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

L a divisione Mac di Apple va a gonfie

vele: sono 100 milioni di Mac attivi

nel mondo. E il numero è destinato

a salire, perché milioni di utilizzatori del

MacBook Air non aspettavano altro che

un nuovo modello. E Apple, dopo anni di

design invariato, ha deciso finalmente di

rinnovare quello che è il suo Mac più ven-

duto e apprezzato di sempre, quel legge-

rissimo foglio di alluminio che Steve Jobs

tirò fuori da una busta nel 2008 e da

quel giorno è cambiato pochissimo.

Il nuovo modello, realizzato intera-

mente in alluminio riciclato grazie ad

un nuovo tipo di lavorazione, è un mix

tra il MacBook Pro e il MacBook: dal

MacBook Pro eredita infatti l’ampio

trackpad, il display retina da 13.3”, il

sistema audio stereo, il processore T2

che garantisce la sicurezza e la tastiera

butterfly a passo basso di nuova gene-

razione, quella silenziata con le mem-

brane in silicone per evitare blocchi e

inceppamenti. Dal MacBook eredita

invece forme, e profilo, con la scocca

disponibile in tre diverse colorazioni

(gray, gold e silver), il peso, le dimensio-

ni ridotte e (purtroppo) la disponibilità di

ingressi ridotta al minimo.

Sul MacBook c’è solo una porta Thun-

derbolt 3, qui ne sono previste due ma,

oltre al jack audio, sono le uniche due

porte disponibili. Gli utenti del MacBook

Air hanno sempre apprezzato la pre-

senza del lettore di card SD e

la porta USB standard, il nuovo

modello ne è totalmente privo.

La vera sfida di Apple si gioca

però sull’autonomia: il MacBook

Air ancora oggi garantisce le 12

ore di durata che Apple promet-

te, e non solo in ambito web. Il

MacBook Pro, nonostante le “10

ore di navigazione web” che

PC Apple ha deciso finalmente di rinnovare il suo Mac più venduto e apprezzato di sempre

Apple rinnova: MacBook Air con schermo RetinaArriva finalmente il Retina Display, ma spariscono lettore di card SD e la porta USB standard

Apple dichiara sul sito sito, ha una au-

tonomia reale decisamente più bassa.

Il MacBook Air per confermarsi deve

eguagliare se non migliorare le presta-

zioni del suo predecessore, e con uno

schermo Retina non sarà semplice. Il

nuovo modello è più compatto e più

leggero dell’attuale Air, questo grazie

alle cornici ridotte attorno allo schermo

retina. Anche il peso è stato ridotto di

qualche grammo.

Lo schermo è da 13.3” retina, uno scher-

mo wide color gamut con risoluzione

quadrupla rispetto al precedente, 4

milioni di pixel, 2560×1600 a 227 pixel

per pollice. Sopra lo schermo troviamo

la camera FaceTime HD, mentre come

sistema di sicurezza Apple ha inserito

come sui MacBook Pro il Touch ID: inu-

tile aspettarsi il Face ID, non c’è abba-

stanza spazio per il sistema di autenti-

cazione basato sul volto, serve qualche

millimetro in più. Guardando alle con-

figurazioni disponibili si parte sul base

con un processore Intel Core i5 1.6 Ghz,

8 GB di RAM e 128 GB di disco, ma ci

sono configurazioni che prevedono 16

GB di memoria e fino a 1.5 TB di SSD,

disco che è del 60% più veloce di quello

dell’attuale Air.

L’attuale MacBook Air è ad oggi il

MacBook più economico della gamma:

parte da 1129 euro, ma si può acquista-

re anche a molto meno ed è un pro-

dotto perfetto per chi deve soprattutto

lavorare, senza troppo preoccuparsi

della qualità dello schermo, che è il

punto debole. Il nuovo modello parte

da 1.379 euro (1.629,00 quello da 265

GB), e pur essendo il Mac più econo-

mico della gamma “notebook” costa

comunque 260 euro in più del model-

lo attuale. E, a questa cifra,

rende di fatto inutile anche

il MacBook da 12”, che a

1.549 euro diventa una ver-

sione meno potente e più

costosa di un Air che, a sua

volta, sembra un MacBook

Pro leggermente meno po-

tente ma con autonomia mi-

gliore e prezzo più basso.

Le motherboard ASUS installano i driver senza connessione a internetDurante l’installazione di un PC basato sulla scheda madre ASUS Z390, alcuni utenti si sono accorti che il sistema ha installato in automatico alcuni driver non presenti in Windows, senza accesso a internet di F. AQUINI

Secondo Techpowerup.com, un modello particolare di scheda madre ASUS, la Z390, sarebbe in grado di installare alcuni driver fondamentali senza la necessità di avere una connessione a internet. Si monta il PC, si installa Windows e si scopre che per installare tutte le periferiche si ha bisogno della connessione a internet. Peccato che anche la scheda di rete abbia bisogno di un driver da installare. Per fortuna con la scheda madre viene fornito un CD con i driver ma, la maggior parte di PC non ha più un lettore CD. Cosa fare? Bisogna appoggiarsi a un altro computer, scaricare il driver su una chiavetta e una volta installato procedere al download degli altri driver. I ragaz-zi di techpowerup invece hanno scoperto che sul modello Z390 di Asus, tutto ciò avviene in automati-co. Dopo l’installazione di Windows 10, al successivo reboot, sono stati accolti da una notifica sullo scher-mo che gli chiedeva se volessero installare il driver della scheda di rete. Il responsabile di tutto ciò sa-rebbe da ricercare nel programma “ASUS Armoury Crate”, che fa un check del proprio hardware e sca-rica i driver aggiornati dai server ASUS. ASUS deve aver intelligen-temente pensato che scaricare il driver della scheda di rete è spes-so una scocciatura e l’ha quindi inserito direttamente a bordo della scheda madre. Comodità o enne-sima invasione non richiesta nel sistema operativo dell’utente?

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Massimiliano DI MARCO

Apple s’è desta e s’è ricordata, oltre

che di MacBook Air, anche di Mac

Mini. Il “piccolo” computer di casa

Apple non stravolge la forma né la formu-

la che ha fatto la storia di questa linea, per

anni dimenticata dall’azienda. All’esterno

il design è infatti quello familiare del “cu-

betto” macOS, realizzato totalmente in

alluminio. Le novità principali sono ovvia-

mente all’interno, a cominciare dai pro-

cessori: via CPU dual-core; si parte dalle

CPU quad-core e, per chi è disposto a

spendere di più, si arriva a sei core.

Con prestazioni che, secondo Apple,

sono 5 volte superiori a quelle del prece-

dente Mac Mini (e ci mancherebbe). Pre-

vedibili e significativi miglioramenti anche

alla memoria RAM, che arriva fino a 64 GB

con frequenza di calcolo a 2.666 MHz. La

memoria interna, disponibile unicamen-

te in formato flash, si spinge fino a 2 TB.

Portare Mac Mini nel 2018 ha significato

introdurre anche il chip T2, dedicato alla

sicurezza dell’hardware. La connettività

è completa: USB A, quattro porte Thun-

derbolt 3, porta Ethernet compatibile per

PC Mac Mini si evolve e approda nel 2018 con tutte le caratteristiche tecniche a lungo attese

Mac Mini è cresciuto, non solo in prestazioni ma anche nel prezzoApple rinnova, ma alza il prezzo d’ingresso: entrare nel mondo Mac diventa sempre più costoso

connessioni fino a 10 Gbps, HDMI.

Un rinnovamento rilevante, insomma per

un Mac compatto moderno che per anni

è stato una delle lacune più criticate nel

catalogo Apple. Dal 7 novembre sarà nel-

la versione “base”: Intel Core i3, 8 GB di

RAM e 128 GB di SSD. Un aggiornamento

hardware affiancato da un significativo

aumento di prezzo: da 569 euro la versio-

ne base di Mac Mini passa a 919 euro in

Italia. Un rialzo importante e che cambia

l’impronta di Mac Mini nel catalogo Apple.

Prima era il più accessibile tra i computer

Mac, la porta d’ingresso al mondo Apple,

oggi il target è totalmente diverso. Se si

fosse chiamato “Mac Pro Mini” nessuno

avrebbe avuto da ridire, anche perché

nella versione con 6 core può essere usa-

to in stack per creare piccoli server tutta

CPU. Per lavori di grafica, abbinato a una

GPU esterna, si possono fare grandi cose.

Insomma è una workstation - con prezzi

da workstation - anche se non capiamo

molto la politica dei prezzi di Apple. Il Mac

Mini Core i3 con 128 GB di SSD costa 919

euro, ma la versione Intel Core i5 6-core

con 256 GB di SSD 1.269 euro. A conti fat-

ti, è molto più conveniente quest’ultima.

Intel ha cancellato la produzione di CPU a 10nm? Secondo un report sì, ma Intel smentisceAlcune testate pubblicano un report secondo cui Intel avrebbe cancellato la produzione di CPU a 10nm per problemi finanziari. Intel smentisce immediatamente, ma in molti si interrogano sul futuro dell’azienda di Franco AQUINIStando a quanto riporta SemiAccu-rate, Intel avrebbe addirittura can-cellato, dopo tanti ritardi, le nuove CPU con processo produttivo a 10nm. Un processo che doveva esser pronto già nel 2016 e che recentemente era stato spostato al 2019. Secondo il report, il processo produttivo non sarebbe sostenibile a livello finanziario. Non solo, dietro la decisione ci sarebbero alcune complicazioni che l’azienda stareb-be affrontando, come la vociferata decisione di Apple di abbandona-re Intel per prodursi i processori in casa, quantomeno quelli di alcuni MacBook. Che sia stato un anno complicato per Intel è fuor di dub-bio. Tuttavia appare poco probabi-le che a impedire l’uscita dei nuovi Cannon Lake a 10nm siano state difficoltà legate alla sostenibilità finanziaria del processo. Prontamente infatti è arrivata la ri-sposta ufficiale di Intel direttamen-te su Twitter.“Il report pubblicato da alcuni me-dia secondo cui Intel ha smesso di lavorare sul processo produttivo a 10nm è falso. Stiamo facendo otti-mi progressi sui 10nm. I rendimenti stanno crescendo in maniera con-sistente insieme alla previsione che abbiamo condiviso durante l’ultimo rapporto sui guadagni.”Non rimane che attendere il 2019 per testare i nuovi Cannon Lake a 10nm (sempre che escano, ovvio).

di M. DI MARCO

D imenticate Google Drive: nasce

Google One. Nasce sotto l’auspi-

cio di permettere di “sfruttare al

meglio il potenziale di Google” il nuovo

servizio di cloud, che nei prossimi mesi

sbarcherà anche in Italia, e che racchiu-

de Drive, Foto, Gmail sotto un unico ser-

vizio. In alcuni casi i prezzi diventeranno

più vantaggiosi. Laddove oggi gli utenti

devono pagare 9,99 euro al mese per 1

TB di spazio d’archiviazione per Google

Drive, con Google One lo stesso prezzo

permetterà di accedere al doppio dello

spazio, cioè 2 TB. Sono previsti altri due

piani per l’Italia: 100 GB a 1,99 euro al

SOCIAL MEDIA E WEB Il cloud Google Drive sarà sostituito da Google One nei prossimi mesi

Google Drive cambia e diventa Google One 2 TeraByte in cloud a 9,99 euro al mese Non soltanto un cambio di nome ma un servizio completo che includerà anche piani familiari

mese (o 19,99 euro all’an-

no) e 200 GB a 2,99 euro

al mese (o 29,99 euro

all’anno). Per il momento

non ci sono informazioni

ufficiali sui prezzi dei piani

più alti, che arrivano fino

a 30 TB. Chi non vuole

spendere niente potrà

avere accesso a 15 GB di spazio.

“Nei prossimi mesi - spiega Google - per

tutti i piani consumer a pagamento di

Google Drive verrà eseguito l’upgrade

a Google One”. L’aggiornamento da Dri-

ve a One sarà automatico; non saran-

no modificati, invece, i piani dei clienti

business di G Suite. Ma non solo più

spazio: Google One prevederà anche

piani familiari per condividere con altri

cinque persone il piano, con un unico

pagamento. Previsti poi altri vantaggi,

come l’assistenza degli esperti e l’ac-

cesso ai crediti di Google Play.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Candido ROMANO

N uova stretta ai pirati online sulla

violazione del diritto d’autore con

interventi più veloci e utili a con-

trastare chi aggira le regole. Il Consiglio

dell’Autorità per le Garanzie nelle Comu-

nicazioni, AGCOM, ha approvato all’una-

nimità le modifiche al regolamento per

la tutela del diritto d’autore sulle reti di

comunicazione elettronica. In particolare

AGCOM potrà aggiornare rapidamente

l’elenco dei siti chiusi, che spesso cam-

biano dominio o parzialmente nome e

tornano subito online. È proprio questo

il cambiamento più importante. “AGCOM

può inoltre imporre ai provider - si legge

nel comunicato stampa - di adottare le mi-

sure più idonee per evitare la reiterazione

di violazioni già accertate e contrastare le

iniziative volte ad eludere l’applicazione

dei propri provvedimenti”. Di fatto si va a

ostacolare il principale metodo di “fuga”

dei siti di streaming illegale. Nella pra-

tica, infatti, ecco ciò che accade: i siti di

streaming illegale vengono chiusi, come

è accaduto recentemente, ma riescono

SOCIAL MEDIA Nuove regole dal Consiglio AGCOM per la tutela del diritto d’autore sulle reti

AGCOM contro la pirateria: cambiare il dominio del sito chiuso non basta Più potere per l’Autorità, per arginare la principale “via di fuga” dei siti di streaming illegale

a eludere l’inibizione

cambiando dominio

o leggermente nome.

Tornano subito online,

insomma, di fatto conti-

nuando a portare avanti

il servizio per il quale

sono stati inibiti. Attra-

verso le nuove regole

AGCOM può ora ag-

giornare rapidamente l’elenco dei siti che

hanno eluso l’istanza e che ripropongono

altrove la violazione già identificata entro

tre giorni dall’istanza. Per verificare che il

sito sia essenzialmente lo stesso, AGCOM

valuterà “la similarità del nome a dominio

con quello del sito già oggetto di provve-

dimento, la corrispondenza dell’indirizzo

IP, l’identità dei soggetti che hanno regi-

strato il nome a dominio, l’impostazione

grafica del sito, la struttura con cui sono

costruiti gli indirizzi URL delle pagine dei

siti, il rinvio ai medesimi profili, pagine o

gruppi sui social network, in cui peraltro

spesso gli utenti vengono avvisati diret-

tamente ed esplicitamente del cambio di

Arrivano le foto “3D” su Facebook Come funzionano e come si pubblicano Facebook ha annunciato la possibilità di postare foto 3D per tutti, realizzabili direttamente dallo smartphone ma solo con le foto in modalità ritratto di C. ROMANO

Facebook ha annunciato la possi-bilità di postare le cosiddette foto 3D. In realtà, non si tratta di foto in un “vero” 3D, insomma non si potrà vedere il soggetto da ogni angola-zione, ma si potranno “muovere” spostando leggermente lo smar-tphone o il puntatore del mouse per avere la sensazione di osser-vare una maggiore profondità di campo. Le foto sono visualizzabili sull’app, da PC o con visori VR come Oculus Go. Ci sono però del-le limitazioni. Innanzitutto lo scatto deve essere in modalità ritratto e catturato con uno smartphone con almeno due fotocamere. In que-sto modo le immagini catturate, grazie all’intelligenza artificiale di Facebook, mantengono una netta separazione tra i soggetti in primo piano, secondo piano e sfondo. L’IA parte dalla foto e “disegna” le parti dell’immagine che la camera dello smartphone non mostra. Scorren-do il feed di Facebook si noteranno foto un po’ diverse: se si inclina lo smartphone si vede nelle immagini il cosiddetto effetto parallasse, che dona alla foto più profondità. Pare che il rollout di questa funzione stia procedendo in maniera graduale, quindi prima o poi tutti la vedran-no comparire tra la lista di attività. Bisognerà quindi rispettare alcuni requisiti per creare foto in 3D:- Scattare una foto in modalità ri-tratto, ma lo smartphone deve es-sere un dual camera- Creare un nuovo post su FB- Si dovrebbe trovare la voce Foto 3D nella lista delle attività, sticker ecc. Basterà scegliere la foto e condividerla.

di Candido ROMANO

I I nuovi utenti di PC con Windows 10 de-

vono stare molto attenti quando scari-

cano il browser Google Chrome da

Microsoft Edge. Alcune segnalazioni ri-

portano infatti che il browser di Microsoft,

che si affida ovviamente a Bing, mostra

risultati di ricerca che contengono malwa-

re e adware. Non ci è cascato lo svilup-

patore Gabriel Landau, che ha capito che

la pagina mostrata da Bing su Edge era

semplicemente un pericoloso falso. In un

video postato su Twitter ha mostrato la ri-

cerca su Edge “download Chrome”. Il pri-

mo risultato sembra inizialmente proprio

la pagina ufficiale del download, “google.

com”, ma guardando l’URL qualcosa non

quadra: una volta atterrati sul sito l’indiriz-

zo è “googleonline2018.com”. La pagina

SOCIAL MEDIA Problemi per i nuovi utenti PC di Windows 10 quando scaricano Chrome da Edge

Attenzione a scaricare Chrome da Edge Uno sviluppatore ha capito che la pagina mostrata da Bing su Edge era un pericoloso falso

non sembra essere una repli-

ca esatta della landing page di

Google Chrome, ma è abba-

stanza realistica da truffare po-

tenzialmente un utente meno

attento. Clliccando sul tasto

di download viene scaricato

il file ChromeSetup.exe, ma

guardando le proprietà si nota

che è firmato digitalmente da

una compagnia chiamata Alpha Criteria.

No, non è riconducibile a Google, quindi è

molto probabile che questo file contenga

un malware. How to Geek riporta che il

finto indirizzo è indicato come “sito ingan-

nevole” da Google Chrome, ma la stes-

sa cosa non avviene con Edge e Bing. Il

problema principale sembra risiedere nel

fatto che Bing non fa un check dell’URL e

un problema del genere è stato riportato

anche lo scorso aprile, quindi è ricorrente.

Un portavoce di Microsoft ha dichiarato

che la pubblicità a questo sito è stata ri-

mossa da Bing (era un’ad, non un risultato

organico) e l’account associato è stato

bannato. Non è stato però spiegato come

questa pubblicità sia riuscita ad apparire

e non ci sono rassicurazioni che il proble-

ma non possa avvenire in futuro.

nome a dominio intervenuto dopo l’ordi-

ne dell’Autorità”. Le nuove norme mirano

a contrastare le violazioni più gravi con

appositi strumenti cautelari, ma introdu-

cono anche misure contro la reiterazione

delle violazioni. “È prevista, in particolare,

la possibilità di adottare, in via d’urgenza

e ove ne ricorrano i presupposti, prov-

vedimenti cautelari entro tre giorni dalla

ricezione della relativa istanza. Nel caso

di proposizione di reclamo avverso tali

provvedimenti, l’Autorità decide in via

definitiva nei successivi 7 giorni”, si legge

nella comunicazione ufficiale. Significa

che ci sarà più tempestività se online si

viene violato il diritto d’autore.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

N on manca nulla: c’è il piccolo Echo Dot, c’è Echo

Spot con display, c’è anche Echo Plus con modulo

zigbee per la domotica e il normale Echo. A questi

si aggiungono anche il subwoofer e la presa smart, an-

che loro parte dell’ecosistema Echo. Lo sbarco di Alexa

in Italia parte con il botto, e con lo sconto: Amazon deve

recuperare velocemente il terreno perso, con Google

Home ormai sul mercato da mesi, e propone i dispositivi

al 40% di sconto. Ma andiamo con ordine, perché molti

non sanno cosa siano Alexa e Echo.

Alexa è la mente, un assistente basato sull’intelligen-

za artificiale che vive nel cloud sui server di Amazon

Web Services e si evolve con il passare del tempo,

acquisendo “skill” e conoscenza. Non è facile spiega-

re in poche righe cosa fa Alexa, ma ci proviamo: Alexa

prova a rispondere ad ogni richiesta fatta cercando

all’interno delle sue abilità, le cosiddette skill. “Alexa,

quanto è finito il di Milano” o “Alexa, che tempo fa do-

mani?” sono alcune delle domande che possono es-

sere fatte. Solo utilizzandolo, però, si riesce davvero a

capire quanto siano vaste le conoscenze di Alexa. Molte

di queste sono “innate”: Alexa conosce già moltissime

cose e trova subito la risposta senza problemi, altre ri-

sposte devono invece essere sbloccate abilitando una

serie di abilità, le skill, tramite l’applicazione dedicata

di controllo. Una skill potrebbe essere accrescere le

conoscenze di Alexa in tema di ricette, di notizie di un

SMARTHOME Alexa, l’assistente di Amazon basato sull’intelligenza artificiale, arriva finalmente in Italia e parla italiano

Amazon Alexa in Italia con gli smart speaker Echo Lancio col botto: sconto del 40% sui dispositiviCon Alexa arriva anche tutta la gamma di smart speaker Echo: Echo Dot, Echo Spot con display, Echo Plus e il normale Echo

giornale, di canzoni di un servizio musicale: le skill sono

il contributo degli sviluppatori esterni al vastissimo mon-

do di conoscenze di Alexa. Ogni produttore di hardware

e software può aggiungere “skill” ad Alexa abilitando il

controllo e l’interazione vocale per i prodotti.

Perché Alexa ci ha messo tanto ad arrivare in Italia?Gianmaria Visconti, Country Manager Alexa per l’Italia

ci spiega che Amazon ha voluto personalizzare l’espe-

rienza, non si è limitata ad una semplice traduzione

dell’Alexa americana. Usando il centro di intelligenza

artificiale di Torino è stato rivisto tutto il motore di rico-

noscimento vocale prendendo non solo l’italiano ma

anche i suoi dialetti. “Alexa puoi spengere la luce”, come

direbbero in Toscana, viene riconosciuto ugualmente e

lo stesso vale per molti altri modi di dire. Migliaia di beta

tester hanno aiutato Alexa in questi mesi con tutti i dia-

letti e le inflessioni italiane, e anche le risposte sono sta-

te personalizzate e contestualizzate. Se si chiede “Cosa

fa la mucca?” Alexa risponde “Muuuu”, e se si prosegue

con “Alexa, e il coccodrillo?” simpaticamente risponde

“Non c’è nessuno che lo sa”, richiamando la canzone

dello Zecchino d’Oro. Barzellette, modi di dire, tipi di ri-

sposte, ogni cosa è stata adattata e rivista per l’Italia.

Cosa può fare Alexa in italiano?Alexa può leggere le notizie e fornire aggiornamenti

personalizzati: tra le fonti ci sono Repubblica, IlSo-

le24Ore, TGCOM24 e tanti altri (DDay ancora no). Ad

Alexa si possono chiedere i risultati delle squadra di

calcio o le previsioni del tempo a livello locale, nazionale

e internazionale. Basta chiedere: “Alexa, pioverà doma-

ni?”, “Alexa, che tempo fa a Milano?” oppure “Alexa, che

tempo fa a Roma questo weekend?”

Non manca l’esperienza musicale: si possono chiedere

album, radio e playlist dai principali servizi come Ama-

zon Music, Spotify Premium e Deezer. Tramite comandi

vocali è possibile controllare il volume e la riproduzione

pronunciando frasi come “Alexa, alza il volume” o “Alexa,

salta questa canzone”. Chiedendo “Alexa, che canzone

è questa?” si attiva un riconoscimento alla “Shazam”.

Per quanto riguarda la musica un abbonato Prime at-

tinge al catalogo gratuito Prime Music, e se un album o

una traccia non è presente viene riprodotto un estratto

da Amazon Music Unlimited. Acquistando un qualsiasi

dispositivo Echo verrà dato un periodo di uso gratuito

di tre mesi. Music Unlimited, che solitamente ha un co-

sto di 9.99 euro al mese o 99 euro all’anno per i clienti

Prime, sarà disponibile anche a 3.99 euro al mese se

viene associato ad un singolo dispositivo Echo. Questo

“Piano Echo” permette quindi ad un prezzo accessibi-

le di avere in casa un juke-box con oltre 50 milioni di

brani, ovviamente non fruibile in mobilità. Uno smart

speaker è pur sempre un diffusore, e Amazon non ha

trascurato aspetti come il multi room o la stereofonia:

si possono gestire i dispositivi su più stanze oppure

a coppie, per una riproduzione stereo. Chi vuole può

anche aggiungere il subwoofer. Tra le altre funzioni di

Alexa possiamo inserire chiamate e messaggi “hand-

sfree”: usando un dispositivo Echo si può parlare con

L’interno di Amazon Echo segue a pagina 26

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

chiunque disponga di un altro device compatibile o con

l’app Alexa. Basta dire “Alexa, chiama papà” o “Alexa,

manda un messaggio a Federica”: usando Echo Spot,

che ha display e fotocamera, si abilita la funzione di vi-

deochiamata. Ad Alexa si può fare ogni tipo di doman-

da, dalle date ai luoghi passando ai calcoli matematici

e allo spelling delle parole. Alexa permette anche di im-

postare sveglie e timer, esempio “Alexa, svegliami alle 6

di domani mattina” e di aggiungere cose alla lista della

spesa o delle cose da fare. “Alexa, aggiungi pomodori

alla mia lista della spesa” oppure “Alexa, aggiungi ‘riti-

rare camicia’ nella mia Lista delle cose da fare”. C’è un

aspetto che ci piace moltissimo, ed è il controllo della

casa. Con Alexa è possibile gestire a voce luci, termo-

stati, prese intelligenti e interruttori di marche. Questo

viene fatto tramite Wi-fi con i prodotti Echo classici o

tramite Zigbee con Echo Plus. Tra i prodotti sopportati ci

sono le Philips Hue, le lampade IKEA, i termostati Netat-

mo e Honeywell, le videocamere TP-Link. Le immagini

di queste ultime sono visibili anche su Echo Spot in tem-

po reale. Alexa, oltre al controllo, gestisce anche scena-

ri e routine come un sistema di domotica complesso:

dicendo “Alexa, buonanotte” Alexa spegnerà le luci e

abbasserà le tapparelle. Si possono impostare “Routi-

ne” di ogni tipo. Il cuore di Alexa, come abbiamo già

detto, è rappresentato dalle skill, ovvero dai plugin rea-

lizzati dagli sviluppatori tramite la piattaforma gratuita

Alexa Skill Kit (ASK). Tra le skill realizzate appositamente

per l’Italia troviamo le ricette di GialloZafferano, la pos-

sibilità di ordinare una pizza su Just Eat, le definizioni

della Treccani, Super GuidaTv, MyMovies, le storie per

bambini della Giunti e i quiz sempre per bambini di De

Agostini e Clementoni. Si può anche conoscere lo stato

del proprio treno con Trenitalia, utile per chi la mattina

deve prendere il treno per andare al lavoro.

Lo abbiamo provato: il riconoscimento è impeccabileAbbiamo Alexa ormai da qualche mese e dobbiamo dire

che a nostro avviso è più avanti rispetto ad Home, nono-

stante sia arrivato dopo. Alexa capisce tutto, anche con

la TV accesa. Se ci sono più dispositivi Echo in ascolto

una tecnologia proprietaria di Amazon calcola in base

alla chiarezza della voce quale Echo è più vicino e lo usa

per risponde all’istante alla richiesta.

Michele Butti, director di Alexa international, italianissi-

mo, ci ha spiegato il segreto della facilità con cui Alexa

capisce ogni parola, anche se a pronunciarla è un bim-

bo di sette anni. Ogni Echo è dotato di un array di sette

microfoni che utilizzano la tecnologia beamforming e

isolano il rumore, in questo modo Echo può sentire i co-

mandi in modo chiaro anche dall’altra parte della stanza.

I segnali dei singoli microfoni vengono usati per elimina-

re il rumore, il riverbero, la musica in riproduzione e per-

sino le conversazioni in sottofondo, ed effettivamente è

difficile che Alexa sbagli. Nessun timore per la privacy:

i comandi vocali vengono inviati al server e ogni perso-

na, dall’app, può vedere tutto quello che è stato inviato

e cancellarlo. Inoltre i dispositivi Echo ascoltano solo

quando c’è la luce blu accesa, e c’è un tasto che stacca

fisicamente il microfono impedendo, anche volendo, di

ascoltare. Su un dispositivo di questo tipo Amazon è sta-

ta molto attenta a gestire accuratamente la privacy.

Quattro dispositivi al lancio e due accessoriVeniamo ora ai dispositivi: Alexa si chiama infatti tramite

l’app oppure tramite gli smart speaker Echo. In Italia ne

arrivano quattro, dove il modello standard è chiamato

semplicemente Echo.

Amazon Echo costa 99,99€ ed è per qualità audio e

prezzo sicuramente il prodotto più indicato per una

stanza di dimensioni medio grandi. Ha un woofer down-

firing da 63 mm, un tweeter dedicato, audio Dolby e una

resa omnidirezionale a 360°. Si collega ad Alexa tramite

wi-fi, è alimentato dalla rete ed è dotato anche di blue-

tooth, per chi lo vuole usare come speaker wireless con

servizi che non sono Alexa compatibili. Amazon Echo è

disponibile in grigio chiaro, melange e antracite.

Echo Plus costa 149,99€, e offre tutte le funzionalità in-

cluse in Echo con l’aggiunta di Zigbee. Ha un sensore

di temperatura incorporato, una qualità audio migliore

e nasce per fare da hub per la casa smart. Echo Plus ha

anche un woofer con magnete al neodimio da 76,2 mm

ed è anche lui disponibile nei colori grigio chiaro, me-

lange e antracite. Se non si hanno in casa dispositivi o

Gateway che usano Zigbee come protocollo forse è inu-

tile spendere di più per il Plus, anche se esteticamente

è più accattivante di Echo semplice. Echo Dot è adatto

alle piccole stanze, costa 59,99€ e dispone sia di blue-

tooth che di ingresso audio stereo 3.5 millimetri. Piace-

vole il design, con il rivestimento in tessuto disponibile

nei colori grigio chiaro, melange e antracite. Spot, che è

anche il più particolare, costa 129,99€ ed è disponibile

in bianco o nero: è l’unico dotato di schermo LCD che

arricchisce le informazioni vocali con informazioni visi-

ve. È perfetto per una scrivania o per il comodino, dove

grazie al display funziona come orologio. Echo Spot è

utilizzabile anche in cucina o ovunque si vogliano fare

chiamate a mano libera. Amazon ha inserito a catalogo

oltre ai quattro speaker Echo anche due accessori: ci

ha colpito Echo Sub, un subwoofer wireless perfetto da

SMARTHOME

Amazon lancia in Italia Alexasegue Da pagina 25

accoppiare agli smart speaker per creare un sistema 1.1

o 2.1 nel caso di l’audio stereo. Costa 129 euro e la resa

è abbastanza sorprendente: a breve faremo un sistema

2.1 smart basato proprio sul sub. C’è poi Amazon Smart

Plug, una presa intelligente che costa 29,99€ ed è dota-

ta di modulo Wi-Fi powered by Alexa. Grazie alla presa

smart si può integrare ogni dispositivo “non connesso”

nelle routing, anche se ovviamente si gestisce solo la

semplice accensione o o spegnimento. I dispositivi Echo

di Amazon non sono i soli a poter accedere ad Alexa:

ci sono anche dispositivi di terze parti come le cuffie

Bose, gli speaker Sonos, i sistemi Harman Kardon e le

cuffie Jabra. Anche lo smart Hub di TIM è compatibile

con Alexa. Gli smart speaker Amazon Echo, Echo Plus,

Echo Dot, Echo Spot, Echo Sub e Amazon Smart Plug

sono disponibili in pre-ordine su www.amazon.it/echo a

partire dal 30 ottobre. Tutti i prodotti si possono acqui-

stare ad un prezzo di lancio scontato del 40%. Echo Dot

costa quindi 35,99€, Echo 59,99 €, Echo Plus 89,99€ e

Echo Spot a 77,99€.

Nella foto sopra, Amazon Echo e sotto, Amazon Echo Dot

Amazon Echo Spot, dotato di schermo LCD

Amazon Smart Plug, la presa intelligente dotata di modulo Wi-Fi powered by Alexa.

Amazon Echo Sub, subwoofer wireless e accesso-rio perfetto da accoppiare agli smart speaker.

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www.audiogamma.it

P5 Wireless.Abbiamo eliminatoil cavo ma il suonoè rimasto lo stesso.

P5 Bluethooth, musica in mobilitàsenza compromessi con 17 ore diautonomia e ricarica veloce perperformance allo stato dell'arte. Lasolita qualità e cura nei materiali diBowers & Wilkins adesso senza filigrazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.

133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Emauele VILLA

Tra tutti gli elettrodomestici che campeggiano

in casa ce n’è uno che resta sempre acceso: il

frigorifero. Che sia inverno o estate, giornate la-

vorative o vacanze, lui è sempre in azione per offrirci

alimenti freschi e ben conservati. La maggior parte

delle persone studia l’acquisto di un frigorifero in fun-

zione del prezzo di vendita, che come in tutti gli altri

ambiti subisce le logiche di mercato: con qualche

centinaio di euro si porta a casa un modello discreto,

per i modelli di altissimo profilo di passa a un ordine

di spesa superiore.

Poi, però, c’è la manutenzione: il frigo è acceso 24

ore al giorno, consuma corrente in modo continuo e,

nonostante ci siano svariate tecnologie di risparmio,

incide in modo più o meno considerevole sulla bol-

letta annuale. Ci siamo quindi posti qualche interro-

gativo. Il primo, semplice, è relativo ai costi annuali in

euro dei frigoriferi di ultima generazione: supponendo

di comprarne uno oggi, quanto avremo pagato tra un

anno in costi di esercizio? Poi però vogliamo appro-

fondire: supponendo che il nostro frigorifero di 15 anni

sia ancora funzionante, conviene passare a un model-

lo di oggi, considerando la sua maggiore efficienza?

Frigorifero, i costi di un annoAlla base dell’indagine sui costi di esercizio c’è la fa-

mosa etichetta energetica della quale abbiamo par-

lato svariate volte e che riporta, in sintesi, i principali

fattori che incidono sui consumi dell’elettrodomesti-

SMARTHOME Il frigorifero, restando acceso 24 ore su 24, potrebbe avere un consumo elettrico importante, ma quanto?

Sappiamo quanto consuma il nostro frigorifero e quando è il momento giusto per cambiarlo?Sostituendo un modello vecchio di 15 anni con uno di oggi, quanto impiegheremmo per ammortizzarne la spesa?

co, oltre a una valutazione sintetica dell’efficienza

espressa con una lettera e un valore associato. L’eti-

chetta è esposta su tutti i prodotti in commercio ed è il

primo elemento da valutare in sede d’acquisto quan-

do si cerca un dispositivo che non sia solo funzionale

ed evoluto, ma anche attento all’efficienza.

Ai nostri fini, le cose da guardare sono poche: la clas-

se energetica, che su un frigo di ultima generazione

è almeno A+, ma più probabilmente A++ o A+++, e so-

prattutto il costo anno in kWh. In modo estremamen-

te semplice, moltiplicando questo dato per il costo

dell’energia (che è di circa 0,2 € / kWh) si ottiene la

spesa annua. Da notare tra l’altro che le attuali eti-

chette energetiche stanno per andare incontro a un

totale restyling (2019) che eliminerà tutte le classi su-

periori alla A e rivedrà i parametri di accesso alle sin-

gole classi. Per ora, comunque, abbiamo i vari “più” e

non solo: i prodotti in assoluto più efficienti abbassa-

no ulteriormente i consumi di una certa percentuale,

come nel caso dell’A+++ -20%.

Attenzione, però: i dati che riportiamo non possono

essere considerati come comparabili. Ai fini della

compilazione dell’etichetta energetica, infatti, il calco-

lo dei consumi viene fatto in condizioni di laboratorio,

che poi spesso e volentieri non rispecchiano quelle

concrete di utilizzo. Banalmente, questi dati non ten-

gono conto che le porte vengono aperte e chiuse,

che la temperatura esterna varia di continuo e che i

frigoriferi attuali sono stracolmi di tecnologie che inci-

dono sui consumi. In pratica, anche qui dipende molto

da come lo si usa. Inoltre, i modelli che riportiamo in

tabella, pur più o meno ‘simili’ a livello di volumi e di-

mensioni (tutti doppia porta, per esempio) non sono

direttamente comparabili poiché il consumo è stretta-

mente legato alla capacità del frigo: per dirla in modo

semplice, è normale che un A+ di dimensioni compat-

te consumi meno di un A++ col doppio del volume.

Ciò nonostante, considerando il suo carattere di in-

stancabile lavoratore per 24 ore al giorno, 7 giorni su

7, il frigorifero è un buon candidato a previsioni tutto

sommato attendibili.

A differenza di altre categorie di prodotto, la tabella

di cui sopra non serve per identificare il proprio frigo

e scoprire quanto consuma: sul mercato ce ne sono

troppi (ogni produttore ne decine e decine a catalogo)

e quasi nessuno conosce l’incomprensibile sigla che

identifica il proprio modello, che magari è in cucina

da anni.

Ma abbiamo voluto riportare comunque qualche

esempio per dimostrare alcune cose: intanto una me-

dia di costo annuo tra i modelli disponibili (tra 30 e 70

segue a pagina 29

Marca Modello Classe Capacità (L) Consumo annuo Costo annuoAEG SCE81826TS A+ 268 291 kWh 58,2 €AEG SCE81826TS A++ 253 228 kWh 45,6 €AEG SCE81831FS A+++ 266 151 kWh 30,2 €Electrolux RJ2803AOW2 A+ 270 242 kWh 48,4 €Electrolux EJ2823AOX2 A++ 220 198 kWh 39,6 €Electrolux ENN2815COW A+++ 264 151 kWh 30,2 €LG GTB583PZCZD A++ 393 270 kWh 54 €LG GBP20DSQFS A+++ 343 178 kWh 35,6 €Miele KFN 28132 WS A++ 304 232 kWh 46,4 €Miele KFN 29132 EDT/CS A++ 338 242 kWh 48,4 €Miele KFN 29283 D EDT/CS A+++ 343 186 kWh 37,2 €Samsung RB29HER2CSA A++ 296 252 kWh 50,4 €Samsung RB33N340NSA/EF A+++ 315 175 kWh 35 €Smeg FC40PXNE4 A+ 357 368 kWh 73,6 €Smeg FC182PBN A++ 324 263 kWh 52,6 €Smeg FC370X3PE A+++ 343 262 kWh 52,4 €Whirlpool ART 6603/A+ SF A+ 275 299 kWh 59,8 €Whirlpool ART 8810/A++ SF A++ 275 235 kWh 47 €Whirlpool WDNF 93D B H A+++ 349 181 kWh 36,2 €

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

euro), ma soprattutto il fatto che lo scarto tra il costo

dei modelli in commercio possa essere importante e

la scelta vada fatta con cura. Ci sono modelli, come

l’Electrolux da 264 litri in classe A+++, che per fun-

zionare costano 30 euro all’anno e altri che, con una

cubatura maggiore e una classe inferiore, arrivano

quasi al doppio. Andando a spulciare tra i cataloghi

ne troveremo sicuramente di più costosi.

Conviene cambiare il frigo di 10 anni? E quello che ne ha 20?

Supponiamo ora di avere un frigo di 10 anni, acqui-

stato nel 2008, perfettamente funzionante ma che

non può essere ottimizzato per quanto concerne i

consumi. Che non può, in pratica, essere confrontato

con uno attuale in termini di tecnologia e anche di

consumi. Ha senso cambiarlo adesso, anche se fun-

zionante, o è meglio attendere che il classico guasto

ci dia la spinta di cui abbiamo bisogno?

Siamo andati a spulciare vecchi cataloghi per verifi-

care quale fosse la classe d’elezione nel 2007 e sco-

priamo che la base era la A, mentre i migliori modelli

si stavano affacciando all’A+. Un po’ come capita oggi

SMARTHOME

Quanto consuma il nostro frigorifero?segue Da pagina 28

per A+++: il fatto che si tratti della classe migliore non

significa che siano tutti così, anzi di solito una quo-

ta piuttosto bassa del totale si può vantare di questa

certifica. Bene, cambiare un prodotto in classe A con

uno di oggi in classe A++ avrebbe poco senso ai fini

del risparmio: pur con tutte le cautele del caso, se un

300 litri in classe A++ di oggi consuma 250 kWh, un

A del 2007 ne consumava 380 kWh, con un risparmio

annuo di circa 25 euro all’anno a fronte di una spesa

di almeno 600-700 euro: poi è chiaro che i fattori che

incidono sono diversi, ma partendo da un risparmio

stimato di 25 euro, difficilmente potremo andare a più

di 35/40. Morale: per ammortizzare la spesa ci impie-

ghiamo ben più di 10 anni.

Diverso il caso del passaggio da A ad A+++: prenden-

do il modello più efficiente della tabella (l’AEG da 266

litri) avremmo un risparmio annuo di poco meno di 40

euro rispetto al “vetusto” (per modo di dire) modello

A del 2007. Qui iniziamo a fare delle valutazioni: se si

riesce a cogliere l’offerta giusta, c’è la possibilità di

ripagare il nuovo frigo solo con il risparmio in bolletta

tenendolo una decina d’anni, che è il ciclo di vita me-

dio di questi apparecchi. Ma anche andando in pari,

un frigo nuovo è più bello, curato, silenzioso e stracol-

mo di tecnologie.

Diverso è il caso che il nostro frigo sia dei primi anni

2000 e sia ancora in vita: qui gli anni sulle spalle sono

quasi 20 e la classe può essere serenamente una C o

una D. Andiamo un po’ a spanne, vista la scarsa docu-

mentazione disponibile, ma ipotizziamo che un frigo

in classe C del 2002 consumi il massimo consenti-

to dai regolamenti UE, ovvero 590 kWh/anno per un

modello da 300 litri. Il passaggio a un A+++ attuale,

che si trova anche a 500/600 euro, è impietoso e arri-

va anche a 80/90 euro di risparmio all’anno. Valutate

la cosa in funzione della vostra bolletta elettrica: in

una buona percentuale di casi, togliere 90 euro dal

cumulo annuale fa la differenza.

Quasi superfluo dire che se per caso il frigo è ancora

in attività, va cambiato alla velocità della luce poiché

verrebbe ripagato solo con il risparmio in 4 o 5 anni di

media. Con in più un milione altri vantaggi: silenziosi-

tà, design decisamente più moderno, evolute tecno-

logie di controllo, minore sensibilità alle temperature

esterne e alimenti freschi più a lungo.

L’efficienza energetica influisce sulla longevitàCapire quanto consuma l’unico elettrodomestico di

casa che resta sempre acceso è una curiosità che

avevamo da un po’: la media dei modelli attuali, pur

con tutte le precisazioni di cui sopra, va dai 30 ai 70

euro all’anno, una spesa sostenibile non fosse che si

somma a quella di tutti gli altri elettrodomestici che

usiamo quotidianamente. Per quanto concerne il di-

scorso della sostituzione, a nostro avviso dipende

tutto dal livello di efficienza del modello che andiamo

a sostituire: se nel “lontano” 2008 avessimo acqui-

stato un modello dai consumi molto contenuti (un A+,

per intenderci), potremo considerarlo ancora attuale

e non da sostituire con una classe più efficiente, a

meno che non concorrano altri fattori. Diverso il caso

dei modelli molto datati e, soprattutto, di quelli che

si acquistano senza valutare il fattore efficienza: qui

dopo 10 anni è proprio meglio guardarsi attorno…

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

S ne volete giocare al superenalot-

to, forse i numeri dovreste farveli

dare da Renato Farina, ammini-

stratore delegato di Eutelsat. Sì, per-

ché già nel giugno dello scorso anno

aveva fatto una previsione, da noi raccolta e rilanciata, sul miglior ap-

proccio per gestire la cessione della

banda 700 del digitale terrestre: pas-

sare all’MPEG4 rimanendo in DVB-T e

appoggiarsi al satellite per tutto quello

che inevitabilmente sarebbe rimasto

tagliato fuori.

Ora che siamo di fronte alla concre-

ta difficoltà di stringere tutti i canali

odierni nei 10 multiplex nazionali per

ora pianificati e che il passaggio al-

l’MPEG4 è stato pianificato per il 2020,

lo scenario ipotizzato da Farina più

di un anno fa, che a tanti osservatori

sembrava del tutto fantasioso, appare

invece decisamente realistico.

E per trasformare l’auspicio in realtà,

Eutelsat si dichiara pronta a incenti-

vare il passaggio al satellite delle TV

locali, immaginiamo con un sostegno

economico che andrebbe a sommarsi

agli inevitabili indennizzi che spette-

rebbero a chi decidesse di rilasciare

frequenze del digitale terrestre.

“Eutelsat – annuncia l’Amministrato-

re Delegato di Eutelsat Italia Renato

Farina - è pronta a mettere in campo

un piano di incentivi per agevolare il

passaggio delle televisioni locali su

HOTBIRD in modo da arginare le con-

seguenze più estreme derivanti dalla

liberazione della banda 700 MHz. La

piattaforma satellitare - spiega - pos-

siede capacità trasmissiva e potenza

TV E VIDEO Eutelsat si dichiara pronta a incentivare il passaggio al satellite delle TV locali

Eutelsat: “Vogliamo dare una mano alle TV locali ad andare su satellite”Gli incentivi aiuterebbero a risolvere i problemi della cessione della banda 700 destinata al 5G

di banda adeguata non solo per assi-

curare una copertura uniforme del ter-

ritorio, ma anche per veicolare il se-

gnale delle emittenti regionali in alta

definizione. A breve ci saranno nuovi

sviluppi – conclude Farina – dopo una

stagione segnata dall’incremento dei

contenuti in HDR veicolati da Sky e di

quelli in 4K trasmessi da Tivùsat, che

diffonde anche le versioni HD dei ca-

nali di punta di Mediaset”.

C’è da ritenere che le emittenti che,

grazie all’incentivo, dovessero decide-

re il passaggio sul satellite, aderiscano

alla piattaforma Tivusat, che a questo

punto dovrebbe uscire dagli equivoci

e impostare una politica di presenza

commerciale e di marketing tesa a rag-

giungere una popolarità capillare non

solo nelle aree di difficile ricezione del

digitale terrestre. Pare che le prime

trattative tra Eutelsat ed alcuni grup-

pi di emittenti private e locali siano in

corso: resta solo da aspettare.

I vantaggi del satelliteOggi il satellite ha indubbi vantaggi:

copre tutta l’Italia, non ha limiti tra-

smissivi e può veicolare i segnali alla

migliore qualità possibile senza pro-

blemi di banda. Oltre al fatto che oggi

il satellite gode dell’appoggio della

prima pay TV italiana e di TivùSat, la

piattaforma satellitare gratuita che

grazie ai vantaggi offerti dal satellite

riesce a trasmettere la TV pubblica

italiana con una qualità sicuramente

superiore rispetto a quella del digitale

terrestre. La pay TV in 4K e HDR è su

satellite, la TV pubblica è su satellite

in HD, e gli italiani che hanno acces-

so con una parabola a Hotbird 13° Est,

il satellite più importante che serve il

nostro paese, sono quasi 10 milioni.

Mancano le TV locali, elemento che

oggi differenzia Sat da DVB-T, ma le

cose potrebbero cambiare presto.

Se le TV locali dovessero passare sul

satellite, l’offerta del satellite sarebbe

ben più ampia e più completa di quel-

la del DVB-T.

Con un fattore di non poco conto: una

qualità superiore, con un ricorso po-

tenziale al 4K praticamente illimitato.

Dopo aver fatto una legge che impo-

ne la vendita di apparecchi DVB-T2

con HEVC, dopo aver raccontato agli

italiani che senza questi prodotti non

vedranno più la TV, chi lo spiega ora

che forse era meglio richiedere come

obbligatoria la presenza di un tuner

sat all’interno?

Digitale terrestre e pay TV: arriva un nuovo bollino per le TV compatibili Sky e PremiumArriva un nuovo bollino per certificare i TV che, tramite CAM, potranno ricevere correttamente i servizi pay sia di Mediaset che di Sky. I bollini realizzati fino ad oggi assicuravano la piena compatibilità con un solo operatore pay di Roberto PEZZALI

Il cliente Pay Tv su piattaforma digi-tale terrestre ha da qualche mese una nuova opportunità: da giugno infatti Sky è sbarcata con la pro-pria offerta di canali a pagamento anche su questa piattaforma. La tecnologia abilitante è comune ai due operatori presenti (Mediaset Premium e Sky): il modulo CAM, una volta appannaggio della sola Premium, abilita oggi anche alla visione dell’offerta Sky per chi la sottoscrive. Ecco perché i produt-tori di TV stanno gradualmente sostituendo il bollino “PREMIUM SMART CAM READY” con il più generico “CAM READY – Pay TV digitale Terrestre”. La CAM gesti-sce infatti tutti gli aspetti della Pay TV su piattaforma digitale terre-stre: non solo la visione dei conte-nuti codificati, ma anche il rinnovo delle chiavi oppure l’acquisto dei singoli eventi. A distribuire il bol-lino, e a garantire la compatibilità delle CAM con le due piattaforme pay, ci penserà R2, la società che gestisce le attività operative della piattaforma DTT. e CAM già distri-buite (Premium CAM HD, Premium CAM, Samsung CAM HD, LG CAM HD, Smart CAMCAM Premium wi-fi e nuova Cam Sky marchiata i-Cam) sono tutte compatibili con i TV cer-tificati. L’elenco sarà disponibile presto sui siti di Mediaset e Sky.

Renato Farina, amministratore delegato di Eutelsat.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Gianfranco GIARDINA

“La situazione (della cessione della

banda 700, ndr) è particolarmente

complessa: l’Italia non dispone di

un’alternativa credibile al digitale ter-

restre. Il satellitare non va oltre il 16%”.

Affermazione pesante quella rilasciata

ieri nel suo intervento alla conferenza

annuale di HD Forum Italia da parte

del commissario AGCOM Antonio Mar-

tusciello. Pesante e profondamente

sbagliata, il che purtroppo apre scena-

ri apocalittici su come possa finire la

vicenda del reframing delle frequenze

TV per la cessione della banda 700 se

l’AGCOM, che deve governare buona

parte di questo processo, ha dati sba-

gliati sulla diffusione del satellite. Sa-

tellite che invece dovrebbe svolgere

un ruolo decisivo per dare visibilità e

banda a tutti quei canali TV che non vo-

gliono rimanere schiacciati nelle risor-

se frequenziali dimezzate del digitale

terrestre e che non vogliono scendere

a compromessi in termini di eccessiva

compressione dei segnali.

Infatti la copertura del satellite è eviden-

temente su tutto il territorio nazionale

e la diffusione di impianti di ricezione

riguarda oramai un terzo delle prime

case, come certifica il dato Auditel (che

AGCOM dovrebbe conoscere bene): 7.1

milioni di famiglie hanno il satellite nel-

la loro prima casa, il che corrisponde a

praticamente il 30% della popolazione.

Un errore, che se non fosse ascrivibile

a una semplice svista (ma non c’è stato

occasione di verificarlo perché il Com-

missario Martusciello è corso via dopo

il suo intervento), sarebbe grave per-

ché dimostrerebbe che AGCOM ha dei

pregiudizi ingiustificati nei confronti del

mezzo satellitare che, non solo ha una

diffusione praticamente doppia di quan-

to descritto dal Commissario, ma ha già

anche una piattaforma gratuita attiva e

operante (tivusat), con milioni di appara-

ti di ricezione certificati già installati. Se

queste sono le premesse ci stupisce un

po’ meno il fatto che il tema del satellite

non sia ancora entrato nell’agenda del

tavolo TV 4.0: chi pensa oggi, nell’era

del 4k (l’85% dei TV da 55” in su vendu-

TV E VIDEO Intervento criticato del Commissario AGCOM Antonio Martusciello all’HD Forum Italia

Povera Italia: l’AGCOM disegna il futuro della TV ma non conosce la diffusione del satellitePer una svista o per convinzione, il Commissario ha dimezzato la diffusione di impianti di ricezione del satellite. Si vuole forse tenere il satellite fuori dal tavolo TV 4.0?

ti oggi sono Ul-

traHD) e anche

dell’8K, di gio-

care la partita

ancora sul di-

gitale terrestre

e sulla banda

ultra larga, che

però non rag-

giunge ampie

aree d’Italia,

è fuori dalla

realtà.

La reazione di Eutelsat: “Quello di AGCOM è un dato inesatto”Pronta la reazione di Eutelsat: “Quello

dato dal Commissario Martusciello è

un dato inesatto - ha affermato in una

nota l’amministratore delegato Renato

Farina -. Il satellite HOTBIRD di Eutelsat

porta la televisione all’incirca a 10 milio-

ni di famiglie su una platea complessiva

stimata in 24 milioni telespettatori. Stia-

mo parlando di oltre il 30% della platea

televisiva italiana”.

Basta parlare solo di digitale terrestre: già oggi è limitante e antieconomico, figurarsi domaniIl fatto che il satellite debba entrare nel-

le discussioni del tavolo TV 4.0 è evi-

dente: come ha chiarito durante i lavori

della conferenza HD Forum Italia Alber-

to Sigismondi di Mediaset, il costo della

messa in onda di un canale in standard

definition sul digitale terrestre è pari - in-

credibilmente - a quello della messa in

onda su satellite di un ipotetico canale

8K. Stiamo parlando di una quantità di

pixel di 80 volte superiore trasportata a

casa degli utenti con un costo identico

a carico dell’emittente, con una coper-

tura del territorio - quella del setallite,

che è strutturalmente maggiore. Tanto

più che lo stesso Commissario Martu-

sciello, nel suo intervento, ha chiarito

che pensare che il 4K possa sbarcare

in pianta stabile sul digitale terrestre è

irrealistico: vogliamo essere condannati

a non avere contenuti migliori dell’HD?

Quando l’HD c’è, ovviamente, visto che

sul digitale terrestre ci sono ancora mol-

ti canali SD... Per questo, se vogliamo

davvero che la TV diventi come mini-

mo HD su tutti i canali, ma se possibile

anche 4K e, più avanti, 8K, il satellite

non può che far parte della soluzio-

ne. E sapere che all’AGCOM credono

- sbagliando - che la parabola sia un

stranezza per una sparuta nicchia di

persone, ci preoccupa alquanto.

LG OLED 8K I primi TV nei negozi a giugno 2019Il tema dell’8K continua a tenere banco. Dopo il lancio dei primi TV a marchio Samsung e l’esposizione di qualche prototipo alle fiere di settore (CES, IFA), tocca a LG fare un passo avanti concreto: i primi TV OLED 8K saranno nei negozi a metà 2019 di E. VILLAQuando vedremo nei negozi gli OLED 8K di LG che tanto fanno parlare di sé durante le fiere di settore? A metà del prossimo anno, secondo il CEO di LG Di-splay, che ha identificato in mag-gio il momento giusto per partire con la produzione di massa. Dato l’anticipo, è impossibile sa-pere di più circa le caratteristiche di questo modello: è più che pro-babile che si tratti dell’OLED 8K da 88’’ che l’azienda ha prima mostrato al CES 2019 e poi all’IFA di due mesi fa, un modello di di-mensioni estremamente genero-se che permetterà - se osservato dalla giusta distanza - di percepi-re la qualità dell’8K. Nella stessa occasione, il CEO di LG Display ha anche conferma-to la produzione di pannelli LCD 8K; qui però si arriverà dopo sul mercato, visto che i primi pannelli verranno prodotti nella seconda parte del 2019. Sia per l’OLED che per gli LCD 8K la presentazio-ne ufficiale, con tanto di modelli, sigle e prezzi indicativi, potrebbe arrivare già il prossimo gennaio, ovviamente al CES di Las Vegas.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Candido ROMANO

Se si chiedesse ad un comune mortale cosa sia il

Wi-Fi, probabilmente risponderebbe che si tratta

del mezzo attraverso il quale smartphone, tablet e

PC accedono a internet. Sebbene ciò sia innegabile, è

una definizione maccheronica che, soprattutto in ottica

futura, definire arcaica è riduttivo.

Da semplice mezzo per “connettersi a internet”, a pie-

tra miliare della smart home: i progressi compiuti dalle

reti Wi-Fi sono impressionanti al punto che alcune ap-

plicazioni – come quelle del cosiddetto Wi-Fi Sensing

– paiono tuttora futuristiche. Il punto di svolta, però, è

stata la nascita delle reti mesh, che ha segnato il debut-

to delle “reti intelligenti”. Su queste solide fondamenta

sono state costruite, poi, le basi per il supporto all’IoT e

gli assistenti virtuali, per una profonda mutazione fisica

e funzionale dei router che sono più vicini all’immagi-

nario collettivo.

Dalla corsa a velocità sempre più alte, alla massimizzazione della capacitàFino alla seconda generazione del Wi-Fi 802.11ac – che

oggi si definisce Wi-Fi 5 –, fondamentalmente si è cerca-

to di aumentare sempre più le massime velocità di con-

nessione in downlink e in uplink. Dai modesti 54 Mbps

della Wi-Fi 802.11a, la classe con la quale ha debuttato il

Wi-Fi, si è arrivati ai 3 Gbps del Wi-Fi 5. In realtà, il Wi-Fi

6 – ovvero quello che è conosciuto anche come Wi-Fi

802.11ax – fa ancora meglio: oltre 10 Gbps. Di fatto, però,

la corsa sfrenata verso la massimizzazione della velocità

di connessione è finita. Adesso, ci confessa Jesse Burke

– Staff Marketing Manager di Qualcomm – il focus è un

altro: massimizzare la capacità della rete.

“Se un cliente paga un operatore di rete per avere una connessione da 1 Gbps, noi dobbia-mo fare in modo che quello non resti solo un numeretto teorico, raggiungibile magari sol-tanto con una connessione cablata. Dobbiamo quantomeno avvicinarci anche tramite Wi-Fi, tenendo conto anche che il contesto delle reti domestiche è cambiato radicalmente.”

E Burke ha assolutamente ragione: da sparute attività di

browsing, che impegnano poca banda, oggi si è passati

ad un utilizzo della rete che vede lo streaming, magari

anche simultaneo attraverso dispositivi di diversa natu-

ra, protagonista assoluto. A tutto ciò si somma il fatto

incontrovertibile che oggi il Wi-Fi non connette più le

persone, ma i dispositivi. La quantità di aggeggi elettro-

nici “smart” che si collegano alla rete domestica cresce

esponenzialmente e senza tregua: PC, smartphone,

termostati, lampadine, serrature e chi più ne ha, più ne

SCIENZA E FUTURO Al Broadband World Forum di Berlino abbiamo fatto il punto sullo stato dell’arte delle reti Wi-Fi moderne

Da semplice connettività a rete “senziente” La pazzesca evoluzione del Wi-Fi domesticoI progressi compiuti dalle reti Wi-Fi nel tempo sono impressionanti. Il punto di svolta sono le reti mesh, più intelligenti e semplici

metta. Con modalità di utilizzo profondamente muta-

te, il Wi-Fi non poteva che evolversi di conseguenza,

grazie all’introduzione di tecnologie come il MIMO ed il

MU-MIMO ed ora l’OFDMA. Volendo semplificare molto

– forse anche troppo –, con le prime due si moltiplica la

capacità della rete sfruttando più antenne in parallelo,

mentre con la terza si ottimizza la trasmissione dei dati

attraverso la modulazione dello spettro delle onde.

Le reti mesh: più copertura, più semplici, più intelligentiCon i graduali progressi nel campo delle velocità e suc-

cessivamente della capacità, parallelamente non poteva

che svilupparsi un Wi-Fi più consumer friendly e più…in-

telligente. Sebbene ormai abusato, quest’ultimo attribu-

to è assolutamente calzante per le reti Wi-Fi moderne;

reti che Burke definisce sinteticamente SON, l’acronimo

di self organizing networks.

Allo scopo di semplificare l’esperienza utente, miglioran-

do contestualmente la copertura della rete in ambienti

molto ampi, le cosiddette reti mesh sono state adattate

anche al contesto domestico. Queste, di fatto, hanno po-

tenzialmente una struttura a maglie e fortemente adat-

tiva. In sostanza, queste vengono realizzate mediante

una base e uno o più satelliti, ove questi ultimi fungono

da ripetitori del segnale. Il risultato, però, è un’unica rete

– identificata dal medesimo SSID – all’interno della qua-

le ci si può spostare senza mai perdere la connessione.

Ma non è tutto: anzi, questa è solo la punta dell’iceberg:

la quintessenza delle reti mesh è proprio il loro essere

SON: base e satelliti si auto-configurano per massimiz-

zare la potenza e la copertura del segnale, scegliendo

autonomamente i canali meno congestionati. Spesso,

come il Netgear Orbi – che abbiamo provato un po’ di tempo fa –, poggiano su una banda supplementare,

diversa da quella a 2,4 e 5 GHz, adibita esclusivamente

segue a pagina 33

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

alla comunicazione base-satellite e satellite-satellite.

Inoltre, se due satelliti sono connessi a cascata con la

base ed il satellite “intermedio” dovesse venir meno

– per problemi hardware o di qualsiasi altra natura – il

satellite più a valle cerca autonomamente un percorso

alternativo per trasmettere/ricevere il segnale; di riflesso,

tutti i dispositivi connessi al “nodo” della rete andato KO

vengono reindirizzati automaticamente sugli altri nodi.

Infine, quasi tutti dispositivi mesh adottano una filosofia

simil-plug & play. Di fatto, attivata l’alimentazione, alla

pressione di un tasto si connettono tra loro ed entra in

gioco la natura di SON, con tutte le necessarie configu-

razioni che hanno luogo in background.

IoT e assistenti virtuali: i confini tra i dispositivi che usano la rete e la creano si stanno assottigliandoBenché tutt’oggi vi sia ancora tanto spazio per miglio-

rare e rendere il Wi-Fi alla portata di tutti, negli ultimi

mesi sono stati aggiunti alcuni mattoncini fondamentali

per l’automazione domestica. Il primo è stato il supporto

a protocolli essenziali come ZigBee e Thread per l’in-

tegrazione nativa con gli accessori della smart home.

L’internet delle cose è entrato nel cuore dei router mesh

con tecnologia Qualcomm. E non sono certo pochi: al-

l’inizio di quest’anno, il 99% delle quote di mercato dei

router mesh per le SON era powered by Qualcomm. Il

secondo passo è stato, poi, quello di implementare gli

assistenti virtuali direttamente nei router o nei repea-

ter. Sotto questo profilo, il Netgear Orbi Voice – qui la nostra anteprima all’IFA di Berlino – ne è un fulgido

esempio: funge da ripetitore del segnale Wi-Fi, da diffu-

sore Hi-Fi e da portale di accesso ad Alexa. Il commento

in merito di Burke è laconico.

“Quello che vogliamo è far cadere questo muro che separa i dispositivi che usufruiscono della rete Wi-Fi da quelli che la creano.”

Avere dispositivi smart sparpagliati per la casa che mi-

gliorano le performance della rete domestica è un’idea

fantastica. C’è un’unica controindicazione: ad oggi, non

è scontato che dispositivi di due produttori diversi rie-

scano a dialogare tra loro. Burke, però, si è detto molto

ottimista in merito, confermando che l’azienda america-

na si è prodigata per definire gli standard del cosiddetto

Wi-Fi EasyMesh con la Wi-Fi Alliance. Di fatto, i prodotti

che vantano questa certificazione sono tutti compatibili

tra loro, indipendentemente dal brand che sfoggiano.

Uno sguardo al futuro: reti senzienti che interagiscono con l’ambienteTuttavia, il settore nel quale il Wi-Fi mostra tutto il suo po-

tenziale nell’ambito della smart home, è il cosiddetto Wi-

Fi Sensing. Grazie alle peculiarità delle reti mesh, il Wi-Fi

diventerà presto una rete senziente nel vero senso del

termine. ’ultima frontiera delle reti mesh riguarda, infatti,

la percezione dell’ambiente, ovvero, tra le altre cose, il

rilevamento della presenza di persone, inclusi i relativi

movimenti e le reciproche posizioni. La presenza di indi-

vidui, anche se in movimento, determina infatti un distur-

bo nelle onde generate dai router, che, opportunamente

elaborato, fornisce informazioni preziose. Lo stesso può

dirsi anche nel caso in cui vi sia una finestra o una porta

aperta: le correnti d’aria provocano interferenze dinami-

che sulle reti che sono facilmente percepibili.

Poter individuare una presenza all’interno di un am-

biente domestico consente di innescare particolari

scenari di automazione domestica: dalla regolazione

della temperatura a quella dell’illuminazione, passan-

do per i sistemi d’allarme. I campi di applicazione sono

innumerevoli e toccano persino la sicurezza personale,

visto che è possibile riconoscere anche una caduta ac-

cidentale (alla quale potrebbe seguire una notifica ad

un contatto di emergenza). Secondo Rahul Patel – Se-

nior Vice President & General Manager della divisione

Connectivity & Networking Business Unit di Qualcomm

–, col quale abbiamo chiacchierato di smartphone 5G, il Sensing non è una mera appendice delle reti

mesh, ma si tratta di un campo d’interesse primario per

lo sviluppo futuro del Wi-Fi. L’aspetto migliore è che i

suddetti scenari di automazione, oggi possibili attraver-

so una moltitudine di dispositivi da collegare alla rete

Wi-Fi, nel prossimo futuro potrebbero avverarsi senza

l’ausilio di ulteriori accessori.

SCIENZA E FUTURO

L’evoluzione del Wi-Fi domesticosegue Da pagina 32

di Gianfranco GIARDINA

Come nei film di fantascienza: creare

l’acqua potabile estraendola dal-

l’umidità dell’aria. È quello che ha

fatto Sharp con Skywell 5T, una macchina

compatta, un piccolo totem, che integra al

proprio interno un sistema di condensa-

SCIENZA E FUTURO Sharp lancia il primo prodotto che è stato sviluppato dalla holding della nuova proprietaria, Foxconn

Sharp estrae l’acqua potabile (ottima) dall’aria Un solo apparecchio genera 18 litri di acqua potabile di ottima qualità al giorno. L’abbiamo bevuta ed è davvero buona

zione d’acqua strappata all’aria, un piccolo

laboratorio di analisi acqua e un impianto

di riminireralizzazione. In pratica un solo

apparecchio che, una volta attaccato alla

corrente elettrica, genera in autonomia 18

litri di acqua potabile di ottima qualità al

giorno, senza alcun allacciamento idrico

e senza altra materia prima se non l’aria.

In realtà, qualcosa d’altro

c’è: si tratta dei mix di mi-

nerali che devono essere

addizionati all’acqua cattu-

rata che altrimenti sarebbe

semplicemente acqua di-

stillata. L’abbiamo provata

e l’acqua è decisamente

buona. E sicura, visto che

l’apparecchio la analizza

costantemente rispetto a

moltissimi parametri e, se

qualche valore diverge Sharp estrae l’acqua dall’aria...

lab

video

rispetto ai dati target, interrompe imme-

diatamente l’erogazione. Inoltre l’acqua

è sanificata, grazie a cicli di ozonizzazio-

ne ed esposizione ad appositi raggi ul-

travioletti. L’acqua può essere spillata sia

fredda che bollente, con le temperature

regolabili a piacere. Il costo è elevato,

almeno per il momento: 4299 euro, con

una vita prevista di minimo 60 mesi. Il

costo del litro d’acqua prodotto, tenendo

conto anche della corrente elettrica e dei

consumabili, arriva a 0,38 euro, un valore

non così distante da quello dei boccioni

d’acqua tipici degli uffici. E proprio gli

uffici sono il target giusto per la Skywell

5T, che possono eliminare la logistica di

approvvigionamento, come anche la ge-

nerazione di rifiuti plastici.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

TEST Sony AF9 ha un design mozzafiato, un sistema audio super e una qualità video ai massimi livelli. Lo abbiamo provato a fondo

Sony OLED AF9, la recensione. Immagine puraNuovo processore, calibrazione automatica, audio migliorato e tanti altri particolari. Solo il telecomando non è all’altezza

di Roberto PEZZALI, Gianfranco GIARDINA

D esign che vince non si cambia: il nuovo OLED

AF9 ricalca la linea di quello che è stato rite-

nuto da tutti il TV più bello dello scorso anno,

quell’OLED A1 che è riuscito ad apparire diverso in un

mercato fatto di TV tutti simili, base a parte.

Sony AF9, disponibile nelle versioni da 55”, 2.999

euro, e da 65”, 3.999 euro, è solo schermo: una la-

stra monolitica di vetro nero appoggiata ad un sup-

porto che si apre a compasso all’interno del quale è

stata inserita tutta la parte elettronica. Siamo davanti

ad una linea molto particolare, che richiede anche un

posizionamento particolare: con il vetro leggermente

inclinato il Sony AF9 è un TV che si riesce ad ap-

prezzare maggiormente se appoggiato a pavimento,

o leggermente rialzato, ma non certo su un mobile

che lo tiene all’altezza degli occhi. Per chi vuole po-

sizionarlo più in alto esiste una staffa per l’aggancio

a muro, ma l’AF9 non è certo il modello più adegua-

to per una installazione a parete, complice anche il

grosso blocco che contiene ingressi ed elettronica.

La qualità costruttiva è ai massimi livelli, ogni detta-

glio è stato curato con attenzione, dalle giunture ai

profili che proteggono lo schermo. Un vero spetta-

colo.

Audio dallo schermo E si sente benissimoL’Acoustic Surface Sound (qui nella versione +) ha evi-

denti vantaggi: con un TV che oramai ha perso ogni

connotazione di design frontale ed è tutto e solo

schermo, avere la possibilità di un’emissione frontale,

almeno per le alte frequenze, quelle più direzionali, è

decisamente un valore aggiunto importante.

La resa acustica di questo AF9 è sicuramente mol-

to buona, soprattutto se paragonata ai sistemi audio

dei TV di ultima generazione. Con il 65”, più ancora

che con il 55”, la direzionalità del suono proveniente

dallo schermo si fa sentire; e la resa nei panning de-

Sony OLED AF9L’UNICO NEO È IL TELECOMANDO: LA PERFEZIONE È AD UN PASSO 2.999,00 €Il Sony AF9 è probabilmente il miglior OLED che si possa acquistare se si guarda all’insieme: unisce un design mozzafiato e un sistema audio super ad una qualità video ai massimi livelli. Sony ha progettato l’AF9 per alzare ulteriormente il livello raggiunto da OLED A1 e AF8, e sicu-ramente ci è riuscita. Il TV che sotto il profilo della qualità video si avvicina di più al nuovo OLED Sony è il Panasonic FZ800, che però non può contare né sul design e neppure sulla qualità audio che il Sony riesce a offrire. Oltre alla presenza, sull’AF9, del Dolby Vision che rappresenta un notevole valore aggiunto. Sony è riuscita a migliorare anche quelli che erano gli aspetti critici dei modelli precedenti: tutte le porte HDMI ora gestiscono a pieno segnali 4K a 60p con HDR, prima solo due erano porte complete, e con un nuovo SoC Android TV è finalmente veloce e per nulla legnoso. Per chi puoi vuole spremerlo al massimo arrivano anche un completo CMS e il supporto alla calibrazione con Calman. L’unico punto debole è un telecomando infrarosso che non è ancora all’altezza di un prodotto così bello. Ma è davvero un piccolo neo, e se l’unico aspetto criticabile è il telecomando, si capisce quanto il Sony AF9 rappresenti per molti il TV perfetto.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

10 8 9 8 9 88.9COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità d’immagine ai massimi livelliResa audio superiore alla mediaAndroid TV è finalmente veloce

Telecomando non all’altezzaIl TV richiede un posizionamento particolareSi può definire Master solo se calibrato bene

lab

video

stra-sinistra è evidente e percepibile, soprattutto nei

videogame, dove l’effetto è forzato.

La resa direzionale è migliorata rispetto alle edizio-

ni precedenti di A1 e AF8 grazie all’adozione di

un’ulteriore coppia di trasduttori sullo schermo,

che passano così a tre: al destro e sinistro, si ag-

giunge anche il centrale. Il trasduttore aggiunto

è posizionato al centro, mentre canali destro e

sinistro sono rispettivamente a un quarto e tre

quarti della larghezza dello schermo. Anche il

sub-woofer raddoppia, passando da uno a due.

In realtà più che di sub-woofer bisognerebbe

parlare di woofer, visto che l’emissione dei tra-

sduttori applicati allo schermo è decisamente

polarizzata sulle alte frequenze mentre il resto

viene fatto egregiamente dai due speaker siste-

mati nel supporto posteriore. Sistemati, tra l’al-

tro, in modo intelligente: l’emissione dei woofer

è infatti prevalentemente laterale, permettendo

così anche l’installazione a parete senza “stroz-

zare” l’uscita del suono. In casi come questi, con

l’unione di sistemi di diffusione molto diversi,

come il trasduttore sullo schermo affiancato ai woo-

fer tradizionali, la maggiore difficoltà è garantire una

buona continuità timbrica, soprattutto nelle frequen-

ze di incrocio. Il risultato è sicuramente buono, mi-

gliore degli altri TV top di gamma, ma comunque non

all’altezza a quello di un buon diffusore tradizionale,

soprattutto per quanto riguarda le voci, a cui manca

un po’ di corpo nelle medio basse. Non abbiamo dati

tecnici di taglio in frequenza delle due componenti

del sistema audio, ma la sensazione è che l’incrocio

più critico sia proprio attorno ai timbri della voce ma-

schile. Ottima invece la resa con la musica pop, le cui

componenti principali, le basse frequenze e le alte,

sono ben gestite ognuna dalla sua componete elet-

tiva. Certamente possiamo dire che i bassi non sono

strabordanti: ci sono ma non basteranno a coloro che

cercano quell’estetica acustica super pompata, quasi

da car stereo. I 10 watt per woofer più di così non

possono fare. In definitiva, il sistema audio è netta-

mente al di sopra della concorrenza “tradizionale”,

segue a pagina 35

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

ma non quanto basta per far passare la voglia di un

buon impianto audio hi-fi collegato al TV, mentre il

senso di affiancare a questo TV una soundbar vie-

ne meno. In questo senso, la possibilità di collegare

l’uscita amplificata di un canale centrale ai morsetti

appositi convince solo se il centrale che si va a so-

stituire è un piccolo satellite. Se si dovesse trattare

invece di un buon diffusore esterno, è probabilmente

meglio propendere per questo, anche a costo di ave-

re un suono non precisamente proveniente

dallo schermo.

Telecomando inadeguato. Android TV finalmente va veloceIl telecomando è lo stesso della scorsa

generazione di TV: completo e convenzio-

nale, ma tutt’altro che adeguato alla classe

del TV. Al di là del materiale plastico, non è

più tempo di telecomandi a infrarossi, con i

relativi limiti di funzionamento, compresa la

necessità di puntare il telecomando verso

il TV. O meglio verso il rilevatore IR che è

posto nella parte bassa dello schermo. In

alcune condizioni, come per esempio il TV

appoggiato su un piano non troppo basso,

è facile che il rilevatore IR sia raggiungibile solo pun-

tando il telecomando a braccio alto. La cosa è strana,

anche in considerazione del fatto che il telecomando

ha funzionalità Bluetooth, visto che integra il micro-

fono per impartire comandi vocali. C’è il tasto scor-

ciatoia per Netflix e per Google Play; manca invece

quello per il più diffuso Amazon Prime Video.

Da segnalare anche la possibilità di impartire coman-

di vocali al TV (ma non c’è ancora il Google Assistant

integrato) anche senza utilizzare il telecomando: in-

fatti il TV integra un set di microfoni che - dobbiamo

dirlo - funzionano assolutamente bene e, dal divano,

anche parlando a voce bassa, reagiscono corret-

tamente all’invocazione “OK Google” e capiscono

chiaramente quello che viene detto. In pratica, si

può controllare il TV anche se non si trova tempo-

raneamente il telecomando, semplicemente con un

comando vocale.

La sintonia è veloce; il cambio canale forse potrebbe

esserlo di più, anche se siamo nella media. Più veloce

e per nulla legnosa è invece la navigazione nel menù

di Android TV, fra le diverse app: la latenza è minima

e la sensazione buona. Anche le app principali, come

Netflix e Youtube, partono velocemente, senza gran-

di attese. L’unica cosa che si fa attendere riguarda

ancora il tuner: nel menù principale è possibile vede-

re i minimali in movimento del canale selezionato, ma

il video parte con un paio di secondi di ritardo, troppo

per rendere questa funzione veramente utile.

Quattro HDMI vere per soddisfare ogni esigenzaMolto interessante la gestione degli ingressi: il si-

stema riconosce automaticamente il nome della

sorgente, almeno nel caso di quelle più diffuse. Se il

collegamento è mediato attraverso un amplificatore

home theater, il Sony AF9 è in grado comunque di

dialogare con le sorgenti e, man mano che vengono

commutate, le riconosce e crea per ognuna di esse

una sorta di ingresso virtuale: selezionandolo, non

solo si va sull’ingresso HDMI giusto ma si invia anche

all’amplificatore l’ordine di commutare direttamente

sull’ingresso corrispondente. Tutti e 4 gli ingressi

HDMI accettano segnali 4K a 10 bit, ma questa mo-

dalità deve essere attivata da menù, almeno per gli

ingressi HDMI 2, 3 e 4 (sull’1 la modalità estesa è at-

tiva di default).

Se non si attiva la modalità a 10 bit, le sorgenti, come

per esempio Sky Q, non sono in grado di riconoscere

il TV come compatibile e potrebbero non commutare

in 4K HDR. L’input lag è relativamente basso, attorno

ai 30 millisecondi, qualcosa meno in qualche situa-

zione.

L’immagine lascia davvero a bocca apertaCon la serie Master Sony vuole trasferire un messag-

gio chiaro: il motto “non è bello ciò che è bello ma è

bello ciò che piace” non vale se si sta parlando di un

televisore. Non esistono gusti personali, esiste una

immagine di riferimento che registi e direttori della

fotografia, profumatamente pagati, hanno scelto per

noi. È questa l’unica l’immagine che dev’essere vista,

ed è anche questa l’immagine che il Sony AF9 cerca

di portare nelle case di tutti.

Per farlo Sony non ha potuto servirsi di un nuovo tipo

di pannello OLED, perché di pannelli ne esiste solo

un tipo, ma ha cercato di dare ugualmente qualco-

sa in più rispetto a quanto viene dato dal già ottimo

AF8. C’è una nuova tecnologia chiamata Pixel Boo-

ster Master, che dovrebbe migliorare la dinamica

senza aumentare la luminosità di picco del pannello,

e c’è il nuovo processore X1 Ultimate che rispetto

alla versione Extreme usata sull’AF8 integra un nuo-

TEST

Sony OLED AF9segue Da pagina 34

segue a pagina 36

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

vo sistema “Object-based Super Resolution” che ri-

sulta ancora più preciso nell’eseguire l’upscaling dei

contenuti, segmentando la scena in diversi oggetti da

trattare singolarmente. Le novità però più apprezza-

te del nuovo AF9 sotto il profilo dell’immagine sono

però una semplificazione generale della gestione e

l’arrivo, finalmente, del CMS per la regolazione dei

colori. Le modalità di visione sono state ridotte da

dodici a sette, resta una modalità game con input

lag basso, una modalità cinema per la visione di film

out of the box e arrivano nuove modalità Custom,

una disponibile per chi vuole personalizzare la ca-

librazione di base e due che appaiono solo dopo

aver installato l’app Calman for Bravia dal Play Store.

Questa applicazione permette infatti di effettuare la

calibrazione automatica del TV utilizzando il softwa-

re Calman, una sonda e un generatore di segnali 4K.

L’abbiamo fatto, anche se la prova di visione è incen-

trata soprattutto sulle due modalità Cinema e sulla

modalità Netflix Calibrated Mode, che si attiva solo

utilizzando l’app di Netflix. Quest’ultima è una mo-

dalità unica che lavora sia con contenuti HDR e che

con tenuti a dinamica standard e dovrebbe garanti-

re la miglior resta possibile con i flussi distribuiti dal

noto servizio di streaming. Abbiamo cercato più

volte di capire in cosa è diversa questa modalità

rispetto alla normale “Cinema”, ma non siamo giun-

ti ad una conclusione: l’unica certezza è la quali-

tà di visione, anche con i contenuti di Netflix, che

soddisfa decisamente le nostre aspettative. Come

si vede l’AF9? Si vede meglio dell’AF8? Discorso

abbastanza complesso: il pannello è uguale, ma

qualcosa è cambiato nella gestione della dinamica

e soprattutto nel trattamento dei contenuti com-

pressi, sia da TV che da streaming. L’immagine ap-

pare più pulita, le sfumature più uniformi, il quadro

più compatto. Differenze davvero marginali, ma su

alcune sequenze di riferimento un piccolo margine

di miglioramento c’è. L’AF8 era già un eccellente

TV, l’AF9 alza la qualità di in gradino. Stiamo par-

lando comunque di un miglioramento difficile da

percepire se non si analizza bene la scena e se

non si conosce benissimo un contenuto: se dob-

biamo scegliere tra audio, velocità della smart TV

e qualità di visione cosa è migliorato di più tra AF8

e AF9 quasi sicuramente la qualità occupa il terzo

gradino del podio.

Non perché non sia migliorata, ma perché l’AF8 è

già uno dei migliori TV sul mercato e di migliorabi-

le c’era ben poco. Dalla TV ai blu-ray, passando per

Netflix a Amazon, l’immagine in modalità cinema ha

una resa impeccabile. Ottimo anche il gaming, no-

nostante resta presente il sistema di protezione del

pannello che abbassa la luminosità in certe situazio-

ni. Ed è un bene che ci sia: se si lascia un menu aper-

to in modalità HDR l’immagine resta impressa qual-

che minuto, probabilmente va via, ma chi ha appena

speso 4.000 euro per un TV e vede in sovraimpres-

sione un’immagine stampata, anche se temporanea,

potrebbe perdere qualche anno di vita. Dell’AF9

in realtà non abbiamo detto tutto, perché Sony ha

lavorato con Calman per aggiungere il CMS e per-

mettere la calibrazione automatica del pannello. Non

è una calibrazione hardware, è semplicemente una

automatizzazione di quello che un utente potrebbe

fare con l’attrezzatura giusta e il telecomando, impie-

gando però tantissimo tempo. In pochi minuti siamo

riusciti invece a portare il profilo Cinema Pro 1 ad un

livello vicino alla perfezione.

Non abbiamo un monitor OLED Sony broadcast per

fare un confronto, ma siamo certi che la scritta “Ma-

ster” si riferisce proprio a

quel grafico di linearità

piatto, a quell’errore sui

colori praticamente nullo e

ad una serie di misure che,

grafici alla mano, fanno

impallidire. L’AF9, calibrato

in automatico, diventa un

monitor di riferimento con

una resa che ricalca alla

perfezione gli standard.

Qui si potrebbero solleva-

re due questioni: la prima

è per qualche motivo, su

un TV di questo calibro,

Sony non effettui una ca-

librazione di questo tipo esemplare per esemplare.

La risposta a questa domanda in realtà la conoscia-

mo, è il tempo: Toshiyuki Ogura, Sony’s Chief Distin-

guished Engineer for TV, ci ha detto che volendo in

fabbrica, con una calibrazione sul singolo esemplare

a livello di pannello, si riuscirebbe a portare ogni

OLED allo stesso livello qualitativo dei monitor broa-

dcast da 30” BVM-X300, ma il costo sarebbe esage-

rato. La seconda questione è per quale motivo Sony

non venda l’AF9 insieme ad un servizio di calibrazio-

ne a domicilio. L’AF9 calibrato è sicuramente uno dei

migliori TV che ci sia mai capitato di vedere: solo in

queste condizioni si può parlare di “Master Series”,

perché solo dopo la calibrazione l’immagine rispec-

chia il messaggio che Sony vuole trasmettere. Sen-

za resta un TV eccellente, ma è questo passaggio

a fare la vera differenza e chi compra un TV Master

dovrebbe essere messo nelle condizioni di raggiun-

gere il livello promesso. La visione di contenuti 4K e

HDR con il TV tirato a lucido è quasi commovente: il

TV sparisce, è l’immagine pura. Ogni singolo difetto,

dalla grana video alla perdita di dettaglio, non è più

da imputare al televisore e alle sue mancanze, ma al

contenuto che si sta guardando.

CLICCA SULLE IMMAGINI PER L’INGRANDIMENTO

TEST

Sony OLED AF9segue Da pagina 35

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Emanuele VILLA

Xperia XZ3 è l’ultimo smartphone top di gamma

targato Sony, l’ennesimo tentativo dell’azienda

giapponese di colpire al cuore gli appassionati e

far dimenticare loro i vari iPhone, Galaxy e Huawei.

Le premesse ci sono tutte ma questa volta si aggiun-

ge un aspetto da non sottovalutare: il prezzo. In occa-

sione del lancio italiano, Sony ha quantificato in 799

euro il costo finale di listino, decisamente ‘sostenuto’

ma pur sempre inferiore rispetto a molti competitor:

meno degli 879 euro di Galaxy S9, meno dei 1.189

euro di iPhone Xs e via dicendo.

In giro con XZ3: attira gli sguardi, ma ‘scivola’XZ3 fa una buona impressione fin dal primo utilizzo: il

telefono appare sottile e dalle linee morbide, compre-

sa la classica smussatura ai lati del display che abilita

una delle funzioni particolari di XZ3, il sensore laterale

di cui si dirà successivamente. XZ3 è un telefono ro-

busto e di sicuro non il massimo della leggerezza, ma

in quanto ad eleganza è notevole. Abbiamo provato il

modello con finitura nera, ma immaginiamo che gli altri

colori disponibili, nella fattispecie il verde foresta, pos-

sa essere anche più piacevole ed attraente alla vista.

Portandolo in giro per una decina di giorni abbiamo

rischiato più volte di farlo cadere: il telefono è lucidis-

simo e abbastanza scivoloso, bisogna prestare un po’

di attenzione per evitare che cada rovinosamente. C’è

sempre il Gorilla Glass 5 che promette miracolo, e nella

peggiore delle ipotesi ci si può affidare a una cover, ma

a quel punto si saluta la finezza del design.

Ci dispiace un po’ il fatto che il vetro della scocca po-

steriore si possa facilmente sporcare con le classiche

ditate, ma è un effetto collaterale cui ci si abitua in

fretta: XZ3 non può andare sott’acqua ma grazie alla

certifica IP65/68, resiste a schizzi, piogge e temporali

inattesi. Tutti i tasti sono disposti sul bordo destro del

dispositivo e constano, oltre al classico bilanciere del

volume, del tasto di accensione/spegnimento e quel-

lo dedicato alla fotocamera, come da tradizione Sony.

Non c’è il jack per le cuffie, ma nella confezione è com-

preso l’adattatore per chi non volesse ancora ‘cedere’

TEST Abbiamo vissuto con l’ultimo top di gamma Sony per testarlo bene: ha punti di forza assoluti ma non tali da distiguerlo da tutti

Sony Xperia XZ3: completezza a un prezzo giustoUn buon rapporto qualità/prezzo e un ottimo display OLED lo rendono un prodotto assolutamente da non sottovalutare

Sony Xperia XZ3A UN PASSO DALLA VETTA. MA IL PREZZO È GIUSTO 799,00 €Strano posizionamento questo di Xperia XZ3: è un prodotto di fascia molto alta che Sony propone a un listino accettabile (in senso relativo, ovvio) e ha punti di forza assoluti che però non sono sufficienti per renderlo il migliore di tutti, il best buy per eccellenza. Il display OLED è ottimo, la piattaforma Snapdragon 845 non ha bisogno di presentazioni, Android Pie è una piacevole sorpresa e 64GB di storage non saranno il massimo ma sono più che sufficienti. Manca il sistema di riconoscimento del volto in stile Face ID ma non è una tragedia, così come non lo è una fotocamera “nella norma” e un’autonomia che garantisca il classico giorno di utilizzo. La sensazione, perchè di questo si tratta, è che Sony abbia voluto ottimizzare il rapporto qualità/prezzo più che scavalcare i rivali con qualche finezza tecnica o innovazione forte: Xperia XZ3 è uno smartphone che fa bene quello che deve fare, che vale quello che costa (oltretutto il listino si ridimensionerà con l’andare del tempo) e che ti lascia soddisfatto, ma è anche molto simile a tutti gli altri, OLED e design esclusi.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 7 9 8 8 98.2

COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni generaliDisplay OLEDDesign eccellente

Posizione sensore impronteAutonomia migliorabile

lab

video

passando al bluetooth. Da notare, cosa curiosa, che lo

slot per la SIM e la SD Card non ha il solito pin da rag-

giungere con la pinzetta in dotazione ma è all’interno di

un carrellino facilmente estraibile: non ci è sembrata la

soluzione più solida del lotto (il carrellino è sottilissimo),

ma senza dubbio è la più comoda.

Finalmente OLED in uno smartphone Sony: una marcia in più?Non è un mistero che Sony stia finalmente investendo

in modo deciso nel mondo dei TV OLED, ma finora era

piuttosto restia ad impiegarlo anche negli smartpho-

ne. XZ3 è infatti il primo telefono Sony con pannello

OLED compatibile HDR e tutte le tecnologie di tratta-

mento d’immagine di casa Sony: Triluminos Display

for Mobile, ma anche la tecnologia X-Reality for Mobi-

le che nella fattispecie converte in simil-HDR i classici

video riprodotti su dispositivo mobile, da YouTube a

quelli registrati con la videocamera del telefono.

Tutto ciò su 6’’ di diagonale con risoluzione QHD+

da 1.440 x 2.880 pixel. Avendo in prova la versione

nera dell’XZ3, possiamo confermare che lo spetta-

colo è notevole: il display generoso lo rende adatto

a guardare un film o una puntata di serie TV durante

gli spostamenti e non c’è modo di scorgere lo stacco

tra il display e la scocca a meno di osservare il display

controluce. Durante la riproduzione l’impressione che

il telefono sia “tutto schermo” è forte. In realtà, pur

sposando la filosofia bezel-less, Sony ha optato per

ridurre al minimo le porzioni superiore e inferiore del

telefono ma senza esagerare: gli ingegneri non han-

no cercato di eliminarle inserendo il notch (la famosa

tacca) o qualche soluzione più o meno fantasiosa, si

sono limitati a renderne le dimensioni contenute sen-

za voler strafare. Complice l’aspect ratio del telefono,

l’ormai classico 18:9, XZ3 si impugna con semplicità

e non è scomodo da portare con sé. Unico neo di

un telefono stretto e alto è la digitazione: chi ha una

mano abbastanza grande può trovare difficoltà a di-

gitare bene sul tastierino che rimane, in condizioni di

default, piuttosto stretto. Ci sono ovviamente tutti gli

strumenti di assistenza e c’è, soprattutto, l’abitudine,

che da questo punto di vista fa miracoli. La qualità del-

segue a pagina 39

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TEST

Sony Xperia XZ3segue Da pagina 38

le immagini è e resta notevole notevole. Il pannello è

un OLED Pentile capace di una resa davvero notevole

sulle alte e le basse luci, il tutto appoggiato alla “so-

lita” resa cromatica brillante dell’OLED. Osservando

un buon video di YouTube o Netflix, l’attivazione della

modalità X-Reality in sequenze originali molto contra-

state porta benefici tangibili: oltre a un innalzamen-

to percepibile della luminosità, l’immagine appare

comunque più dettagliata e con una dose di vivacità

ulteriore, ma senza esagerare diventando fortemente

innaturale. Sony ha ottimizzato gli algoritmi per dare

un effetto HDR al materiale d’origine SDR: l’effetto è

piacevole proprio perché l’immagine diventa più inci-

siva ma senza eccedere creando fastidiosi artefatti.

Che dire della luminosità? Discreta, abbiamo visto di

meglio ma non possiamo di sicuro considerarla un

problema: in condizioni di forte luminosità ambientale,

come in questi ultimi giorni di ottobre, si fatica un po’ a

leggere il display ma alla fine ce la si fa.

Prestazioni di alto profilo, batteria migliorabileCome spesso accade, la parte in cui parliamo delle

prestazioni non è più quella determinante: basta dire

snapdragon 845, 4GB di RAM e 64GB di memoria di

storage per trovarsi di fronte a un prodotto di fascia

alta (c’è di meglio ma di poco) che non può temere

giochi di ultima generazione, multitasking massiccio

o funzionalità particolari: fa tutto, lo fa bene (qualche

rallentamento qua e là ma niente che sia meritevole

di menzione) ed è assistito dalla versatilità di Android

Pie 9. Anzi, quest’ultima è proprio una delle novità più

interessanti di questo terminale: troviamo così le nuo-

ve funzionalità come la batteria e la luminosità adatti-

ve, le nuove funzioni di accessibilità, di sicurezza e via

dicendo. Piacevole il fatto che si parta direttamente

con Pie, e ancor più interessante la prova delle nuove

funzionalità: per quanto riguarda l’autonomia, di cui

si dirà poco sotto, la batteria adattiva sfrutta algoritmi

di machine learning

per assegnare alle

app in background

più o meno ener-

gia a seconda della

frequenza d’uso, e

la stessa cosa ca-

pita con la lumino-

sità, che appunto si

adatta a specifiche

app e funzionalità

a seconda della

frequenza e del-

l’insistenza con cui

le usiamo. Ma so-

prattutto troviamo,

tornando a XZ3, i

“sensori laterali”,

funzionalità che

Sony ha assegnato

ai bordi del telefo-

no (o meglio, ai bordi del display,

non ci sono veri e propri sensori

sulla scocca) e che si attivano

con un doppio tap su uno dei due

lati: è sostanzialmente un modo

per accedere in modo rapido alle

applicazioni con una mano sola.

Per usare questa funzionalità bi-

sogna fare un doppio tap su uno

dei due bordi del telefono e com-

paiono le icone delle app, debi-

tamente rimpicciolite per essere

facilmente accessibili con una

mano sola; qui è anche disponi-

bile l’Intelligent Engine di Sony,

utile a mostrare solo le app di

uso più frequente. La funzionalità

è comoda, di sicuro non indispensabile ma quando ci

si abitua poi la si usa abbastanza. Tutto sta a volersi

abituare, perchè di sicuro non è un “must”. Il doppio

tap è reattivo il giusto, lo slide per scorrere tra le app

un po’ meno ma non è la funzionalità principale.

Discorso batteria: tra le funzionalità di Android Pie e

quelle dell’Xperia, la gestione dell’autonomia è stra-

colma di possibilità. Abbiamo la famosa Batteria Adat-

tiva di Android Pie, una gestione avanzata delle appli-

cazioni che consumano di più, una ricarica intelligente

e le modalità Stamina e Ultra Stamina per prolungare

l’autonomia. Stamina, in particolare, permette la rego-

lazione fine delle funzionalità (hardware e software)

che più incidono sull’autonomia del dispositivo, men-

tre Ultra Stamina è un’opzione estrema che porta al

minimo le funzioni dello smartphone per permettergli

un po’ di vita utile in più. In generale si può afferma-

re che l’autonomia sia bilanciata, ma la sensazione è

che si potesse fare meglio: questo non è un telefono

da cui un power user può ottenere due giorni di uso

intenso, è il classico modello che arriva a sera agevol-

mente ma poi va ricaricato. Un uso parsimonioso, ma-

gari con la modalità Stamina, può andare all’attacco

dei due giorni, ma è difficile ipotizzare l’acquisto di un

telefono come questo per poi tirare il freno a mano.

Audio notevole. Trema tutto, ma è giusto cosìCome da tradizione, anche questo Xperia XZ3 consi-

dera l’audio un aspetto fondamentale dell’esperienza

d’uso. E fa bene, considerando quanta gente va in giro

con gli auricolari nelle orecchie e un po’ di buona mu-

sica per stemperare le tensioni della giornata. Come

sempre, il numero di sigle è impressionante: abbiamo

LDAC, DSEE HX e Clear Audio+, ma poi proseguia-

mo con Clear Bass ed S-Force Front Surround per

non farci mancare proprio nulla, confidando inoltre

nel pieno supporto per l’audio HD in formato LPCM,

FLAC, ALAC e DSD. Sigle a parte, Xperia XZ3 non ha

il jack da 3,5’’, rendendo bluetooth o adattatore USB-

C/Jack le uniche due possibilità. Quest’ultima, inoltre,

è l’unica che permette l’attivazione del circuito DSEE

HX che effettua l’upscaling dell’audio compresso per

offrire un suono più simile a quello della sorgente: nel

caso si usi una cuffia/auricolare bluetooth “standard”,

la possibilità è il Clear Audio+, mentre la trasmissione

LDAC di audio HD via bluetooth (a 990 kbps contro i

384 del bluetooth tradizionale) vale solo se si usano

dispositivi compatibili, come le cuffie di alta gamma

della stessa Sony. Volendo invece replicare un caso

più comune, usando quindi auricolari bluetooth classi-

ci, il risultato è comunque interessante: senza alcuna

elaborazione, l’audio appare pieno e bilanciato, deci-

samente migliore rispetto alla media degli smartpho-

ne concorrenti. Notevole il livello sonoro e molto am-

pia la scena, con bassi forse leggermente in secondo

piano che poi emergono in modo “importante” atti-

vando il Clear Audio+, che sostanzialmente espande

la dinamica mettendo a dura prova gli auricolari. Se ce

la fanno, il quadro diventa di sicuro più coinvolgente

anche se un filo meno dettagliato

Poi c’è il discorso dell’S-Force Front Surround, di cui

abbiamo difficoltà a capire il senso. Ma funziona, fun-

ziona esattamente come dice: insieme alla classica

regolazione del volume c’è la “Vibrazione dinamica”,

che fa esattamente quanto è suggerito dal nome: fa

vibrare la scocca in modo più o meno intenso a se-

conda dell’intenzione dell’utente. Il tutto a ritmo di

musica. Nulla di trascendentale e/o utile, ma il livello

di pressione sonora che i piccoli altoparlanti riescono

a raggiungere è notevole: è solo un piccolo extra, ma

a volte, come quando si vuole mostrare un breve vi-

deo agli amici, può essere utile.

Fotocamera discreta, senza strafareDall’esperienza Sony in ambito fotografico ci si aspetta

sempre il meglio. Questa volta, complice anche un listi-

USB-C e nessun jack per le cuffie. Soluzioni: adattatore o Bluetooth.

segue a pagina 40

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

no più abbordabile di molti competitor, le prestazioni

restano buone ma - nostra sensazione - manca quella

ricerca dell’eccellenza assoluta che si ritrova in altri

smartphone. Fa un certo effetto vedere una sola foto-

camera: a prescindere che sia moda o reale utilità, or-

mai il mondo degli smartphone di alto livello ha almeno

2 “occhi” con cui cattura la realtà circostante. Qui Sony

ha invece optato per un modulo ‘Motion Eye’ da 19

mpixel basato sul noto sensore IMX400 da 1/2,3” con

memoria di tipo stacked e Pixel pitch 1,22 μm. L’obiet-

tivo è un Sony G grandangolare F2.0 da 25 mm (equi-

valente 35mm), sprovvisto di stabilizzazione ottica. Alla

base delle funzionalità fotografiche e di videoripresa

abbiamo il Bionz per mobile e algoritmi di intelligen-

za artificiale che animano alcune funzioni (secondarie)

come Smart Launch che attiva la fotocamera e scatta

quando si fa il gesto di estrarre lo smartphone e posi-

zionarlo per scattare una foto: funziona, è un po’ lento

ma funziona. Ma non è trascendentale: con un pulsante

fisico dedicato che avvia la fotocamera in mezzo se-

condo scarso non c’è bisogno di grandi trovate extra.

A proposito di pulsanti o pseudo-pulsanti, il sensore

d’impronte ha una collocazione un po’ infelice.

È esattamente nel mezzo della scocca posteriore, ma

se la dimensione della mano non è delle più piccole, si

finisce quasi sempre per toccare la lente della fotoca-

mera e poi abbassare il dito per raggiungere il sensore.

Alzarli entrambi in XZ4 è un’ipotesi da non sottovalu-

tare. Torniamo alle foto. L’interfaccia studiata da Sony

per l’app Fotocamera è notevole e intuitiva il giusto: la

modalità di default è quella completamente automati-

ca, ma è possibile avventurarsi con regolazioni manua-

li oppure sfruttare una delle modalità speciali (come il

Bokeh o il panorama, vedi immagini qui sotto) in modo

TEST

Sony Xperia XZ3segue Da pagina 39

I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca sulle immagini per l’ingrandimento

abbastanza rapido e intuitivo. Fa comunque piacere

notare la ricchezza di funzionalità, anche se poi molte

verranno usare con una certa parsimonia. Per gli scatti

in condizioni di luce ottimale abbiamo usato la modalità

automatica, come si usa fare nella maggior parte dei

casi: il livello di dettaglio è notevole così come la rapi-

dità di scatto, grazie anche alla memoria stacked che

accelera tutto il processo di scatto e cattura dell’imma-

gine. La rapidità di messa a fuoco è nella norma, l’espo-

sizione leggermente alta ci ha portato a compensare

in alcune occasioni, ma niente di importante. I risultati,

pubblicati qui sotto, mostrano una piacevole fedeltà al

reale e una buona resa di dettaglio, sia pur nell’ambito

delle possibilità di un sensore di queste dimensioni. La

compressione, avvertibile, non dà fastidio. Capace di

ottimi risultati la modalità Panorama, ancora da perfe-

zionare il bokeh che funziona al massimo a 8 mpixel in

modalità wide: la strada fatta dai primi tentativi si vede,

ma il processo di affinamento degli algoritmi ha ancora

strada da percorrere.

Nelle immagini che abbiamo scattato si capisce perfet-

tamente che se il soggetto è posizionato su un piano

verticale lo scatto è ottimo; quando invece il soggetto è

tridimensionale (le foglie) il gioco si fa duro e impreciso:

intervenire in un secondo momento è possibile e ren-

de l’immagine accettabile, ma il ‘trucco’ è chiaramente

visibile come nell’immagine delle foglie. Infine, le foto

notturne. Premesso che gli scatti pubblicati sono not-

turni al 100% (oltre le 22) con scarsa illuminazione

ambientale e alti ISO, il rapporto tra informazione

visibile e rumore non è un granché ma rappresenta

senz’altro la norma, senza infamia e senza lode.

L’immagine ci sembra leggermente più dettagliata

della media degli smartphone di fascia medio-alta,

ma i risultati sono chiaramente condizionati dalla na-

tura del prodotto.

Il bokeh ha margini di miglioramento

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

D a diverse settimane abbiamo sottomano l’Xperia

XZ3: insieme alla prova, abbiamo deciso di dedi-

care un po’ di spazio anche allo schermo. Per la

prima volta infatti su uno smartphone Xperia viene usato

uno schermo OLED e da Sony, che ha una tradizione nel

campo dell’immagine e del video di lunga data, non pos-

siamo che aspettarci una resa eccezionale. Lo schermo

OLED dell’Xperia XZ3 è davvero eccelso? Come si com-

porta nelle diverse situazioni? Siamo davanti ad un vero

display HDR? Cerchiamo di dare tutte le risposte.

Lo schermo OLED dell’Xperia XZ3 non è un OLED RGB

come si pensava ma è un tipico display PenTile. Il pro-

duttore è probabilmente JDI, Japan Display Inc, e lo

diciamo perché nei suoi tratti non abbiamo riscontrato

le caratteristiche tipiche degli altri produttori di schermi

OLED per smartphone. Il display ha una risoluzione di

1440 x 2880 pixel ed è compatibile HDR10, tra le par-

ticolarità Sony parla di X-Reality for Mobile ma siamo di

fronte ad un classico filtro di enhancing che rende solo

le immagini più accattivanti, ma non necessariamente

più accurate.

Nel pannello impostazioni dell’Xperia XZ3 è possibile

regolare sia la gestione dello spazio colore sia il punto

di bianco. Per il primo ci sono tre opzioni, una modalità

“professionale” che dovrebbe rispecchiare l’sRGB, una

modalità chiamata “standard” che dovrebbe produrre

colori intensi e una opzione “super vivid” che accresce

ulteriormente la saturazione. Le analizzeremo nel det-

taglio successivamente. A questo si abbina anche una

regolazione del punto di bianco con tre livelli preimpo-

stati, caldo, standard e freddo e la possibilità di regola-

re il punto di bianco ma solo su un punto, agendo sui

classici controlli R/G/B. Come sempre riteniamo queste

regolazioni totalmente superflue, fanno scena e non

portano benefici reali. Se si potesse regolare il bianco

due due o più punti, e con una schermata totalmente

TEST Per la prima volta su uno smartphone Xperia viene usato uno schermo OLED e da Sony ci si aspetta una resa eccezionale

Sony Xperia XZ3 ha davvero il miglior schermo mai usato su uno smartphone? La nostra analisiL’abbiamo messo alla prova per vedere come si comporta in varie situazioni e per capire se è una meraviglia come tutti dicono

bianca, sarebbe sicuramente più utile. Partiamo dalla

scala di grigi: tutte e tre le modalità di Sony sono un po’

troppo fredde, anche quella paradossalmente chiama-

ta “calda”. Il grafico mostra un andamento comunque

discreto, ma abbiamo visto display decisamente mi-

gliori: quello degli iPhone e quello del Note 9 sono

decisamente più calibrati, quello del Mate 20 Pro fa

leggermente peggio. Abbiamo provato a correggere

la situazione con la regolazione personalizzata (rosso

90, verde 57, blu 0 le impostazioni nostre), ma agisce

su un singolo punto: per correggere il bianco 100 ab-

biamo alterato il resto della scala. Purtroppo è impos-

sibile tenere un comportamento lineare con un errore

ridotto (a breve arriveranno una serie di contenuti che

spiegano bene cosa vuol dire errore / DeltaE) su tutti i

livelli, se si correggono le alte luci si sballano le basse

luci e viceversa. Sul fronte della luminosità il display ha

una luminosità di picco standard di 450 nits, e questo

picco che non viene alzato neppure se c’è forte luce in

ambiente. Tuttavia ci troviamo davanti ad un pannello

che può spingersi senza problemi oltre: arriva a 680

nits con contenuti HDR10.

Sul fronte della resa cromatica ci troviamo davanti ad

un ottimo schermo che, nonostante una scala di grigi

non perfetta, all’atto pratico riesce a coprire agevo-

lemente lo spazio colore sRGB e lo spazio colore P3

restando nell’ambito dell’errore tollerabile, invisibile ad

occhio umano. Nel caso di modalità “professionale”,

quindi sRGB, l’errore medio è molto basso, ma molti

non apprezzeranno la resa troppo poco impattante.

Nel caso di modalità “standard”, che alla fine è lo spa-

zio colore P3, la resa è altrettanto buona. Se si sceglie

invece la modalità Super Vivid ci si fa del male da soli: è

fatta apposta per impressionare con colori super saturi

e super accesi che sono la cosa più lontana dalla realtà.

Il miglior schermo per smartphone? No, ma è davvero un buono schermoL’Xperia XZ3 ha un ottimo schermo, con una luminosità

buona che viene gestita da Sony in modo un po’ con-

servativo. L’erogazione vicina ai 700 nits, ad esempio,

avviene solo con contenuti HDR10. La calibrazione della

scala di grigi è discreta, nonostante questo però le ri-

percussioni sulla resa a schermo sono minime. Buona la

gestione degli spazi colore, che vorremmo automatica

e non manuale: scegliere sRGB è la scelta migliore, ma

qualcuno potrebbe non apprezzare i colori poco accesi.

La via di mezzo è forse quella giusta. Quello dell’Xperia

XZ3 non è tuttavia il miglior schermo per smartphone: gli

OLED Samsung sono più lineari e più luminosi, il pannel-

lo del Note 9 resta ancora oggi tra i migliori in assoluto

seguito da quello dell’iPhone XS Max.

In modalità P3 la precisione non è eccelsa ma il risultato si può considerare buono.

Nel caso di modalità “standard”: l’errore nel grafico è decisamente ridotto, sotto la media.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

I l Mate 20 Pro è finalmente disponibile per la ven-

dita, a pochi giorni dall’annuncio ufficiale. L’ultimo

aggiornamento software, quello stabile, ci ha per-

messo così di andare a completare una prova che, a

piccoli passi, ci ha tenuto occupati nelle scorse set-

timane. La versione finale del software ha rivisto e

aggiunto alcune funzioni della fotocamera, andando

a migliorare sia lo zoom AI sia i filtri video novità del

Mate 20. A questo si aggiunge anche una maggiore

stabilità, le patch di sicurezza di ottobre oltre ad una

serie di correzione generale di bug. Con il Mate 20

Pro, Huawei per la prima volta ha sfondato la soglia

dei 1099 euro, e nonostante in fase di pre-order e nel

weekend di lancio insieme al Mate 20 Pro si portino a

casa il caricatore wireless e l’orologio Huawei Watch

GT, resta comunque un prezzo importante, soprattut-

to se c’è un iPhone Xr che costa meno, ha stampato

sulla scocca colorata il fascinoso logo della Mela e ha

a bordo iOS. Il Mate 20 Pro è uno smartphone che

vale 1099 euro? Abbiamo parlato a lungo e abbiamo

già fatto diverse considerazioni: il Mate 20 Pro non

ha motivo per costare meno se si guarda la concor-

renza. Ci troviamo davanti ad un prodotto che, come

già fatto da Huawei sul P20 Pro, alza ulteriormente

l’asticella della qualità aggiungendo anche qualche

soluzione nuova.

Huawei ha realizzato quello che è sulla carta il mi-

glior smartphone al mondo per completezza, design

e soluzioni trovate, ma come sempre quando si usa

per un po’ un prodotto ci si rende davvero conto di

quanto sia fatto bene. Ed è quello che abbiamo fatto

in queste settimane: ecco, punto per punto, cosa ci

è piaciuto del Mate 20 Pro e cosa invece non ci ha

impressionato.

Design bellissimo, colpisce e incantaIl design del Mate 20 Pro è senza dubbio azzeccato.

Tenerlo in mano è un piacere, per bilanciamento di

pesi ed ergonomia è forse uno degli smartphone che

riesce a sembrare compatto nonostante lo schermo

enorme. I bordi leggermente curvati e il fianco sottile

MOBILE Huawei Mate 20 Pro è ora disponibile per la vendita poco dopo l’annuncio uficiale e noi l’abbiamo provato a fondo

Huawei Mate 20 Pro tra le nostre mani per la prova Una fotocamera super e un’autonomia da recordIl top di gamma di Huawei è uno smartphone con un processore così veloce da regalare un’eccellente esperienza d’uso

Huawei Mate 20 Pro 4K sample video

lab

video

Huawei Mate 20 ProUNA PICCOLA GEMMA CHE HUAWEI DEVE COCCOLARE 1.099,00 €Il Mate 20 Pro è un ottimo smartphone per tre semplici motivi, che possono essere riassunti in “ha tutto quello che le persone desiderano da uno smartphone”. Un design che colpisca, che sia distintivo, e il Mate 20 Pro con quel layout di fotocamere sul retro e il vetro in tinta Twilight è una ventata di aria nuova in un mercato dove tutti sembrano aver copiato un po’ qua e un po’ là. Una batteria che duri tantissimo: la gestione è come sempre un po’ aggressiva, ma con l’autonomia che il Mate 20 Pro garantisce 9 persone su 10 potrebbero arrivare tranquil-lamente a sera con il 50% di carica residua. E foto magnifiche, che per molti sono un aspetto fondamentale: la varietà di opzioni offerte dal Mate 20 Pro, con il suo obiettivo super grandangolare, lo zoom efficace, la modalità notte che fa miracoli e tutte le altre opzioni permettono a chiunque non solo di portare a casa scatti di livello, ma anche di dominare i social lasciando molti a bocca aperta. Gli smartphone con il super grandangolo si contano sulla punta delle dita, e non è una cosa che si può ottenere con un’app: Mate 20 Pro fotograficamente è un fuoriserie, per completezza e possibilità offerte non ha rivali. Tutto il resto lascia lo spazio che trova: si può discutere della card di memoria proprietaria, a nostro avviso scelta corretta, delle performance del Kirin 980 confrontate con quelle dell’A12 di Apple, dell’interfaccia che magari non è elegantissima, anche se migliorata, ma sono cose che interessano a pochi e che non spostano certo i giudizi su quello che è uno dei migliori smartphone che si possono comprare oggi. Il migliore per certi aspetti, perché se si guarda alla fotocamera e a quello che ci può fare con le triple ottiche iPhone, Pixel e Note sono tutti dietro. Altri aspetti possono essere migliorati, ma ci sembra comunque di trovarci davanti ad una Huawei più matura che inizia a pensare ai prodotti in chiave “devono soddisfare i consumatori” piuttosto che “devo far vedere ai concorrenti che sono più brava di loro”.Il Mate 20 Pro è una piccola gemma che ora Huawei deve coccolare: lo smartphone è perfetto, il software no. C’è una’interfaccia della fotocamera da rivedere, un sistema operativo che talvolta, sia dal punto di vista grafico che funzionale, fa i capricci, una calibrazione dello schermo non ottimale in qualche situazione e un sistema di sblocco che potrebbe non essere così sicuro. Tutte cose che si sistemano, basta un po’ di impegno: ci piacerebbe vedere una Huawei che usa i prossimi mesi per far capire a chi ha comprato il Mate 20 Pro che ha speso bene 1099 euro, e questo con aggiornamenti, miglioramenti di stabilità, applicazioni “AI powered” e funzionalità nuove.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 8 9 8 10 88.7COSA CI PIACE COSA NON CI PIACELa fotocamera è eccezionale e permette una varietà di scatti unicaAutonomia eccellente e ricarica velocePer fluidità e immediatezza sembra di usare un iPhone

EMUI è migliorata, ma non quanto ci si aspettavaCosta caroLo schermo stupisce con colori sgargianti ma innaturali

lab

video

non sono solo un vezzo estetico, aiutano davvero nel-

la presa e nell’utilizzo dello smartphone usando una

sola mano.

Piacevole la scelta di tenere il tasto di accensione co-

lorato, e piacevole anche il colore Twilight: da vedere

è bellissimo, a patto di tenerlo bello pulito, cosa non

sempre se lo si usa senza cover. Cover che non è più

inclusa, va acquistata a parte. Probabilmente i due co-

lori verde e blu, anche loro disponibili come finitura,

mascherano molto di più le impronte. Lo schermo è

bello e molto luminoso, anche troppo: della sua cali-

brazione abbiamo già parlato in modo molto appro-

fondito nell’articolo dedicato, e riassumendo si può

dire che è uno schermo luminoso con una modalità

“intensa” che tende a rendere le immagini troppo sa-

ture, un po’ innaturali forse.

Gli schermi “fedeli” sono altri, ma resta comunque un

OLED con una altissima definizione.

Attenzione solo a non esagerare con la luminosità, e

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

consigliamo per risparmiare anche batteria, oltre che i

fosfori, di tenere il tema scuro, oltre ad essere più rilas-

sante è anche più salutare per lo schermo. Del notch

abbiamo già detto quasi tutto: se non piace basta to-

glierlo con l’opzione software, il nero dell’OLED farà il

resto, risulta totalmente invisibile. Il notch è necessa-

rio, non può sparire. Più che il notch può dar fastidio

l’arrotondamento dello schermo ai bordi: uno schermo

piatto alla P20 Pro è più pratico, soprattutto quando si

usa la tastiera.

Il sistema di rilevamento del doppio tocco casuale poi

non è sempre precisissimo, e con lo schermo arroton-

dato capita di toccare inavvertitamente lo schermo

semplicemente tenendo il Mate 20 Pro tra le mani. In

qualche occasione poi lo schermo arrotondato crea

distorsioni quando si guardano video in modalità lan-

dscape: con il calcio su Sky o Dazn la curvatura cade

esattamente sul punteggio.

La batteria colpisce per le dimensioni oltre che per la capacitàIl Mate 20 Pro è lo smartphone con una delle batterie

più grandi e capienti che siano mai state utilizzate su

uno smartphone standard. Eppure, se si pensa a quel

4200 mAh, si fa fatica a capire come Huawei sia riusci-

ta a inserire una batteria così grande in un corpo così

piccolo, leggero e maneggevole. La batteria dura tan-

to, tantissimo: crediamo che 9 persone su 10 possano

arrivare a sera con oltre il 50% di autonomia, con un

uso mix tra 4G e wi-fi. Noi lo abbiamo usato tanto, ci

abbiamo giocato, ci abbiamo guardato video e scatta-

to foto, e siamo davanti ad uno degli smartphone che

riesce a gestire meglio il consumo di batteria nei suo

diversi stati. In stand-by l’assorbimento è quasi irrisorio:

si può tenere sulla scrivania acceso tre giorni vedendo

scendere l’indicatore di una percentuale bassissima,

20% circa.

Giocandoci, guardando video e scattando foto il con-

sumo è comunque moderato, lo scambio di dati 4G

è probabilmente il tipo di utilizzo che impatta mag-

giormente su un consumo che è comunque inferiore

a quello di molti altri smartphone simili. C’è da dire

che Huawei continua a mantenere un atteggiamento

piuttosto aggressivo con tutte le applicazioni che non

sono in primo piano, ovvero quelle che l’utente non sta

usando: giusto per fare un esempio, utilizzando un’app

che abbiamo scritto noi per le misure video, ogni volta

che usando il multitasking passavamo dall’app al menu

impostazioni la connettività di rete viene interrotta. La

EMUI gestisce automaticamente le app in secondo pia-

no e quell’automaticamente vuol dire che decide lei, e

decide con un solo obiettivo: far durar di più la batteria.

Quindi se su app che sono note, come Whatsapp, Spo-

tify, Instagram e Facebook, Huawei si è assicurata che

la gestione in background non crei evidenti problemi

all’utente, su moltissime altre app qualche problema

può emergere, notifiche non consegnate o interruzio-

ne di audio. C’è un menù dedicato ad ogni singola app

che permette di risolvere ogni comportamento anoma-

lo, ma è una cosa un po’ da “smanettone”, non è facile

trovarlo. Mate 20 Pro non è solo tanta autonomia, ma è

anche facilità nella ricarica e questo è forse quello che

più conta. Con il caricabatterie da 40 watt la ricarica è

velocissima, ma sconsigliano di usare questo caricato-

re come “principale”, è più utile da portare in giro per le

emergenze. La sera meglio un caricatore più lento, da

1 ampere, oppure un caricatore wireless, che è in asso-

luto la soluzione più comoda. uawei ha attivato anche

il reverse charging, ovvero la possibilità di generare un

campo di ricarica con la bobina interna al Mate 20 Pro.

Funzione innovativa, ma di dubbia utilità al momento,

sempre che non si voglia comprare un costoso Mate

20 da usare come powerbank per ricaricare un altro

smartphone. La ricarica “reverse” è poi decisamente

lenta, abbiamo provato a ricaricare un iPhone e per

guadagnare un 5% ci abbiamo messo quasi 30 minuti:

la ricarica wireless è già un sistema a bassa efficienza,

molta energia si disperde, ricaricare uno smartphone

con un altro smartphone, effetto “wow” a parte, è un

po’ uno spreco di preziosa carica. Meglio usare un ca-

vetto a questo punto.

Il sensore sotto lo schermo funziona, ma forse non servivaMate 20 Pro ha un notch più generoso di quello del

P20, ma nascondere tutti i sensori di cui aveva bisogno

per emulare il Face ID di Apple non è facile. Il sistema

del Mate 20 è analogo: riconoscimento biometrico 3D

a illuminazione di punti con proiettore e camere IR.

Funziona benissimo, alla luce, al buio, con lo smartpho-

ne in modalità ritratto o con lo smartphone in modali-

tà portrait: un fulmine. Purtroppo non siamo in grado

di dire quando questo sistema sia sicuro: lo sblocco

avviene con una velocità talmente fulminea che viene

quasi da pensare che il controllo sul volto sia fatto un

po’ come i poliziotti a Linate controllano i passaporti,

senza neppure guardarti in faccia. Non vogliamo dire

che lo sblocco del Mate 20 Pro non è preciso: come

per il Face ID non abbiamo elementi per poter dire

quale sia il livello di accuratezza.

Servirebbero un set di sosia, gemelli, persone simili

per fare test più approfonditi. All’estero sono state fat-

te alcune prove e si è parlato di sblocco troppo facile,

ma ricordiamo che anche qui in Italia FaceID di Apple

ha sbloccato un iPhone riconoscendo la persona sba-

gliata, ed erano solo amici, neppure gemelli. Huawei

ha voluto esagerare aggiungendo anche un sensore

sotto lo schermo: per essere una tecnologia nuova è

veloce, ma i vecchi sensori Huawei erano molto più

rapidi. Nel caso del Mate 20 Pro tuttavia il sensore sot-

to lo schermo ci è parso un po’ un in utile doppione:

se lo si usa insieme a quello basato sul volto nel 99%

dei casi lo smartphone è già sbloccato ancora prima di

appoggiare il dito sullo schermo. Quest’ultimo si rivela

utile solo se abbiamo il Mate appoggiato alla scrivania

e vogliamo sbloccarlo senza sollevarlo.

Il Mate 20 Pro è davvero veloceIl nuovo flagship Huawei è una scheggia: il display

ad alto refresh, il processore più veloce e la latenza

bassissima mettono tra le mani di chi usa il Mate 20

Pro uno smartphone che per fluidità, reattività e velo-

cità di apertura delle app non ha nulla da invidiare ad

un iPhone. Il Kirin 980 d’altra parte è un processore di

nuova generazione, 7 nanometri, e si dovrà attendere il

2019 prima di vedere altri smartphone Android con un

processore analogo: Qualcomm non è ancora scesa

in campo con l’erede dell’845. Il Mate 20 Pro, qualche

bug a parte (dopo ne parliamo) è un vero piacere da

usare.

Giochi come Fortnite o PUBG si lasciano giocare senza

il minimo calo di prestazioni, soprattutto PUBG Mobile

che gode anche dell’ottimizzazione GPU Turbo. In mo-

dalità Gaming il Mate 20 Pro consuma pochissimo, è

fluido e costante come pochi altri smartphone, e anche

se giocare su uno schermo così piccolo non è facile

le prestazioni sono davvero paragonabili con quelle

dell’ultimo nato di casa Apple. L’iPhone Xs è oggi l’u-

nico prodotto che insieme al Mate 20 appartiene alla

nuova generazione di smartphone con SoC a 7 nm,

GPU e CPU con architetture più recenti, consumi più

TEST

Huawei Mate 20 Pro, la provasegue Da pagina 42

segue a pagina 44

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torna al sommario 44

MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

bassi e anche una miglior dissipazione del calore. In

tutti questi giorni non abbiamo mai avuto la sensazione

che il Mate 20 Pro fosse troppo caldo o stesse fatican-

do a raggiungere le prestazioni richieste. Inutile discu-

tere di numeri, di RAM, di GB e di velocità dello storage:

come tutti i top di gamma moderni oggi il Mate 20 Pro è

velocissimo. Huawei permette che lo sarà anche tra un

anno, noi questo non lo possiamo dire.

Android 9 e interfaccia EMUI, ci sono miglioramenti ma non bastano La nuova versione di EMUI, basata su Android Pie, è

migliorata notevolmente rispetto alla versione vista sul

P20 Pro, ma Huawei continua a portarsi dietro una se-

rie di problematiche dovute fondamentalmente ad una

cosa: quando non hai idea di cosa fare, o quando vuole

fare qualcosa di diverso, copia iOS.

L’EMUI 9 dal punto di vista della user experience e

dell’interfaccia grafica è un misto di Huawei e Android

in infusione iOS. Il lucchetto per lo sblocco con il volto,

la registrazione del “face ID”, le icone della modalità ri-

tratto / luci, il pannello di condivisione dei file che va a

sostituire quello nativo di Android, tutto ricorda iOS, an-

che gli switch nelle opzioni. Huawei Share, che funziona

bene ed è molto più veloce ora, è la copia di AirDrop. La

stessa interfaccia del multitasking, con le gesture, è una

versione Huawei dell’interfaccia di iOS 11 per iPhone X,

che Huawei ha copiato e anche migliorato aggiungendo

un tasto per chiudere tutto. Dove non si può guardare a

quello che fa Apple si guarda in casa Samsung: difficile

non trovare nel menu impostazione Huawei e nella sua

semplificazione una traccia di quello che ha fatto Sam-

sung su Galaxy S8 e S9, con le impostazioni avanzate

e meno comuni racchiuse in menu secondari richiamati

da un “Stai cercando altre impostazioni?”

A questo si aggiunge un Always On Display non molto

funzionale (le informazioni non sono interattive), qualche

app che crasha saltuariamente, una certa incoerenza

TEST

Huawei Mate 20 Pro, la provasegue Da pagina 43

nelle icone che Huawei si porta dietro da tempo, e qual-

che altro piccolo bug di visualizzazione dovuto al notch

e ai bordi stondati. Nulla che non si possa sistemare,

serve comunque volontà. Se Huawei ha ormai trovato

una sua identità sull’hardware, con il software continua

a pasticciare guardando un po’ tutti gli altri produttori

cosa fanno: o si decide a dare un bel colpo di spugna,

ripensando da zero tutta la user experience, o passa ad

Android One liscio e tutti sarebbero molto più contenti.

Fotocamera, a usarla bene fa miracoliLa fotocamera del P20 Pro era eccezionale, la foto-

camera del Mate 20 Pro supera quella del modello

precedente. Non migliora la qualità, era già ottima, mi-

gliorano le possibilità fotografiche. La sostituzione del

sensore in bianco e nero con un sensore a colori dota-

to però di un super grandangolo da 16mm è stata una

scelta azzeccata e permette davvero di scattare foto-

grafie che non possono essere scattate con smartpho-

ne come l’iPhone o il Galaxy S9 per limiti fisici. Oltre

alla possibilità di scattare foto con messa a fuoco fino a

2.5 cm di distanza, non un vero macro ma quasi. Come

ogni prodotto di un certo livello bisogna saperlo usare

bene, e l’aggiunta di molte modalità di scatto ha reso

l’applicazione fotocamera non molto intuitiva. Usando

l’automatico, o AI Master come lo chiama Huawei, lo

smartphone sceglie la modalità migliore e cerca anche

di correggere la fotografia. Il risultato è ottimo, ma si

possono raggiungere livelli ancora più alti usando altre

modalità magari meno “automatiche”, basta perdere

un po’ di tempo per sfogliare tutte le funzioni dispo-

nibili e fare un po’ di prove. Con qualche giorno, e un

centinaio di foto, siamo certi che molti riusciranno a ot-

tenere fotografie migliori facendo da soli piuttosto che

ricorrere alla modalità “Master AI”.

Abbiamo fatto una prova molto approfondita della qualità della fotocamera, e vi invitiamo a leggerla

per capire quanto davvero Huawei ha lavorato bene

riuscendo a creare quello che è forse oggi il came-

ra-phone più versatile del mercato. Resta da sottoli-

neare come purtroppo la frammentazione del mondo

Android e la chiusura di questi sistemi non permetta ad

esempio di avere tutte le funzioni della camera Huawei

su app di terze parti. Usando l’app di Instagram, o

usando Lightroom Mo-

bile, l’unica fotocamera

che le applicazioni ve-

dranno è quella da 40

megapixel e la vedran-

no come una camera

da 40 megapixel. Ogni

beneficio del software

Huawei viene perso,

ma viene persa anche

la fotocamera super

wide: non si può fare

una diretta Facebook

con la camera super

grandangolare, ma

solo con quella princi-

pale.

Per quanto riguarda i

video abbiamo fatto

una prova molto ap-

profondita confron-

tando anche i video fatti dal Mate 20 Pro con i video

realizzati usando un Galaxy Note 9 e un Pixel 3 XL, la

pubblicheremo a breve. Nel frattempo vi lasciamo con

questa clip in 4K. Due note: la prima è una distorsio-

ne della lente ai bordi visibile nella prima sequenza in

movimento, sulla destra, la seconda è la difficoltà con

l’ottica super wide ad utilizzare un gimbal come l’Osmo

mobile.

Soluzione audio geniale, il wireless è il punto forteNella zona inferiore, di fianco all’USB Type C, non è

presente uno speaker aggiuntivo. Possibile che sia solo

mono? In realtà il Mate 20 Pro ha audio stereo, ma per i

due piccoli diffusori sono stati utilizzati la capsula auricola-

re superiore e un piccolo speaker inserito nel connettore

dell’USB Type C. La soluzione è geniale nell’implementa-

zione, un po’ meno nel risultato dove la timbrica dei due

speaker è totalmente diversa, e questo si nota ascoltando

un brano in stereo o un film, sbilanciamento totale a fa-

vore dello speaker incassato nel connettore che ha un

volume più alto e un suono molto più corposo anche sulle

basse frequenze. L’audio si attutisce parecchio inserendo

il cavo di ricarica, anche perché si va a tappare parzial-

mente l’uscita, ma paradossalmente con il connettore

inserito la timbrica è molto più bilanciata anche se la pres-

sione sonora ridotta. L’audio in capsula è molto buono,

chiaro, come è eccellente la ricezione. Nella norma gli

auricolari in dotazione, scopiazzati dagli EarPods Apple:

sono USB Type C, scelta obbligata mancando il jack au-

dio, e non si sentono né male né divinamente.

Huawei non tradisce, sia per la connettività 4G sia per

quella Wi-fi. Ottima la stabilità del segnale, anche in

movimento: l’abbiamo provato sulla tratta ferroviaria

Milano - Lodi, dove solitamente altri smartphone sono

interessati da qualche interruzione di segnale soprattut-

to nei pressi delle gallerie di San Giuliano. Il Mate 20 Pro

non perde segnale, neppure entrando e uscendo dalla

metropolitana, telefonando in galleria (se non è lunghis-

sima), e la qualità della chiamata è sempre eccelsa.

La velocità del Wi-fi raggiunta è tra le più alte che si pos-

sano registrare su uno smartphone: in linea teorica arriva

a 1.7 Gbps, ma in pratica è meno e comunque dipende

molto da infrastruttura, tipo di access point e distanza.

In ogni caso il wi-fi non è cosa di cui ci si deve preoc-

cupare: il Mate 20 Pro è un fulmine. Come è un fulmine

ad agganciare anche il segnale GPS, precisissimo tra i

grattacieli della city: l’uso del GPS a doppia frequenza

effettivamente migliora in modo drastico la precisione.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

I l 26 di ottobre il Mate 20 Pro è arrivato nei negozi

italiani e noi abbiamo voluto fare qualche “esperi-

mento” per andare ad approfondire alcuni aspetti

dei prodotto, affiancando alle normali recensioni ar-

ticoli un po’ più tecnici: qualcuno potrebbe trovarli

magari un po’ difficili. Al centro ora vogliamo mette-

re il display OLED del Mate 20 Pro: Huawei ha fatto

un lavoro incredibile sulla fotocamera, e parte del

merito va senza dubbio a Eero Salmelin, il creatore

dei Nokia 808 che oggi è Director, Imaging e Video

Technology di Huawei.

Sulla parte schermo Huawei non ha mai avuto una

grande tradizione: non basta comprare un buon di-

splay, bisogna saperlo integrare al meglio e regolar-

lo. Sul Mate 20 Pro Huawei si serve di uno schermo

OLED con matrice PenTile prodotto probabilmente da

BOE, azienda cinese. La scelta del PenTile è obbliga-

ta, anche perché oggi nessun produttore di schermi

OLED per smartphone riesce ad utilizzare una vera

configurazione RGB: la struttura dei pixel, viste le di-

mensioni in gioco, è comunque invisibile ad occhio

nudo. Lo schermo è un pannello da 6.39” leggermen-

te curvato ai bordi da 1440x3120 (538 PPI): l’utente

può scegliere la risoluzione di rendering, e crediamo

che quella di default impostata da Huawei, 2340 x

1080, sia un ottimo compromesso tra definizione e

risparmio. Volendo si può spingere lo schermo a 3120

x 1440 aumentando i dpi e anche i consumi, ma le

differenze da una distanza di visione standard sono

minime. Huawei non ha cambiato affatto la gestione

dello schermo ma ha aggiunto la modalità “Tonalità

Naturale” che, un po’ come il TrueTone di Apple, usa

TEST Abbiamo voluto andare più a fondo nell’analisi del top di gamma di Huawei, misurando e valutando lo schermo OLED

Huawei Mate 20 Pro, schermo OLED migliorabileOttimo lavoro sulla fotocamera, ma L’OLED, o meglio la sua resa, non è certamente uno dei punti di forza del Mate 20 Pro

il sensore frontale RGB per leggere il punto di bianco

della luce ambientale e compensa il bilanciamento

del bianco sullo schermo, in tempo reale. Questa va-

riazione lavora “on top” alla calibrazione di fabbrica

effettuata da Huawei.

Come si vede questo schermo? È regolato bene?Huawei offre due modalità di visione: la prima viene

chiamata “Normale”, la seconda “Intensa”. A queste

si aggiungono anche tre diversi bilanciamenti del

bianco con una opzione “predefinita”, una opzione

“caldo” e una opzione “freddo”. Quella predefinita

permette di variare il punto di bianco, ma il tipo di cur-

sore non permette affatto una regolazione precisa. Si

deve andare a tentativi, ma è come cercare l’ago in

un pagliaio. Inoltre non aiuta se si tratta di

andare a regolare la linearità, e sappiamo

che un buon punto di bianco e una buona

linearità sono la base per un display accu-

rato: ogni errore o deviazione sulla scala

di grigi influenza quella che è la resa cro-

matica del display. La luminosità di picco è

900 nits ma con lo schermo così luminoso

l’OLED tende a stamparsi

Ma andiamo con ordine, partendo dalla

luminosità.

La luminosità standard che il display riesce

ad erogare è di 485 nits (cd/m2) con una

schermata completamente bianca. Una

condizione questa che non si verifica mai,

ed è per questo motivo che preferiamo va-

lutare la luminosità con contenuto “misto”.

In questo caso si arriva ad un ottimo 696

nits, luminosità di picco che viene mante-

nuta anche in presenza di materiale HDR.

La luminosità, come per tutti gli OLED, è

inversamente proporzionale alla quantità

di bianco sullo schermo, e in questo caso

si perde circa il 7% per un aumento del 10%

di bianco: 700 nits al 10% equivalgono a 635 nits al

20% di bianco, e così via.

In realtà lo schermo del Mate 20 Pro può spingere

molto di più: sotto forte luce, ad esempio la luce del

sole, Huawei sprigiona tutta la luminosità arrivando a

registrare 904 nits. Purtroppo il display risente e non

poco di questo picco di luce, tanto che rimane legger-

mente impresso per qualche secondo.

segue a pagina 46

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

La stessa cosa succede anche con contenuti video,

ma è molto meno evidente. Ci era venuto il sospet-

to che, davanti ad un pattern, il Mate 20 provasse

ad erogare una luminosità di picco elevatissima per

risultare più luminoso di quello che è, ma poi ci siamo

accorti che lo fa anche con i video, basta che ci sia una

forte luce che colpisce il sensore (come in esterno sot-

to il sole). Il display del Mate 20 Pro ha quindi una lumi-

nosità di picco pari a quella dell’ottimo Note 9, anche

se consigliamo di tenere la luminosità più bassa per

compensare la tendenza dell’OLED Boe a stamparsi,

anche solo provvisoriamente.

Calibrazione un po’ approssimativa, soprattutto sul gamma: chiude le basse luciPassando alle due modalità cromatiche ci trovia-

mo davanti a due situazioni diverse. Come molti altri

smartphone Android Huawei non usa (e non è bello)

il sistema di gestione degli spazi colore di Android,

TEST

Schermo OLED di Huawei Mate 20 Prosegue Da pagina 45

Sul player interno il bordo arrotondato crea una fantasiosa finestra stondata, decisamente poco godibile. Ecco un esempio con un video in formato 2:35:1. A destra, un dettaglio del taglio un po’ approssimativo.

Questo video mostra chiaramente cosa succede usando un video e un pattern di misura.

Huawei Mate 20 ProDisplay

lab

video

quindi vuol dire che non è l’app a sce-

gliere che spazio colore usare, come

dovrebbe essere, ma è l’impostazio-

ne selezionata dall’utente a guidare. Il

profilo “normale” cerca di rispecchiare

quello che dovrebbe essere un sRGB

con punto di bianco D65 e gamma 2.2,

quindi il profilo standard di un conte-

nuto HD. Nonostante una calibrazione

molto approssimativa la precisione

dei colori primari è abbastanza buo-

na. Quello che non è assolutamente

buono sono linearità e gamma, con un

errore importante che va ad impattare

poi su quella che è la resa cromatica

non al 100%. I Pixel, il Sony XZ3 (a bre-

ve pubblichiamo la prova), gli iPhone

e i Samsung Galaxy sono decisamen-

te più accurati dello schermo Huawei.

Inoltre il gamma, oltre a non seguire

affatto la curva, è troppo alto: 2.4 è un

target che solitamente si usa in ambito

cinematografico per la visione di con-

tenuti in ambiente buio, uno smartpho-

ne è un prodotto che non si usa al bui,

anzi, è bene il contrario.

Paradossalmente sarebbe stato meglio

avere una media più bassa, vicino al 2.

Il profilo “esteso” è privo di ogni sorta

di controllo: Huawei cerca di raggiun-

gere il gamut nativo dello schermo e

non sembra preoccuparsi troppo della

calibrazione. Il blu, ad esempio, passa quello che è il

vertice dello spazio colore Wide Gamut. Usando la mo-

dalità estesa il Mate 20 Pro riesce ad offrire una carica

cromatica molto estesa, ma questo non vuol dire che

riproduce accuratamente i colori dei contenuti, anzi, in

qualche caso esagera anche.

L’OLED, o meglio la sua resa, non è sicuramente uno

dei punti di forza del Mate 20 Pro: Huawei poteva fare

di più, e probabilmente cambiando fornitore e passan-

do a Samsung (ma non lo farà mai) sicuramente alze-

rebbe ulteriormente la qualità di un prodotto che è già

di suo ottimo. Lo schermo non è regolato al meglio,

e anche se si tratta pur sempre di uno smartphone e

di un display piccolo, sono i dettagli che spesso fanno

la differenza. Guardando Netflix, ad esempio, si nota

come il Mate 20 Pro tenda a chiudere di più sulle basse

luci, affogando qualche dettaglio. E allo stesso modo

sulle alte luci, soprattutto se interviene la modalità che

“pompa” la luminosità, c’è un evidente clipping sui

bianchi. Tutta questione di dettagli. Se a una persona

una resa cromatica troppo spinta, un verde innaturale

e fosforescente o un incarnato poco naturale non dan-

no fastidio più di tanto, può invece dare fastidio il modo

in cui vengono gestiti alcuni contenuti sulle app video.

Tra bordi arrotondati e notch la gestione dei video è pasticciataSul player interno il bordo arrotondato crea una fan-

tasiosa finestra stondata, decisamente poco godibile.

Fatta eccezione per lo schermo che tende a stamparsi

a luminosità elevata, e basta tenere un logo passan-

do ad una schermata grigia per notarlo, alcune cose

sono tutte risolvibili con un aggiornamento, soprattut-

to la calibrazione cromatica. Tuttavia, volendo fare una

cosa fatta bene come fanno Apple, Samsung o Goo-

gle sui Pixel questa dovrebbe essere fatta in fabbrica,

cosa che probabilmente Huawei non fa. Lo schermo

è un dettaglio, a pochi interessa se davvero il rosso

visualizzato è il rosso “giusto” o se si perde qualche

dettaglio nelle zone d’ombra, ma trattandosi di un

prodotto top è giusto pretendere il meglio in ogni

reparto. Anche perché Huawei, dove vuole, ha dimo-

strato che può davvero essere la prima della classe.

Con Netflix ci troviamo davanti, su alcuni formati, a scene dove la parte sinistra è arrotondata e la parte destra ha gli spigoli vivi. Ecco ad esempio Daredevil.

Volendo si può usare la funzione che porta l’app a tutto scher-mo, ma viene applicato un resize che taglia parte dei contenuti.

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MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

di Massimiliano DI MARCO

L ’utilità dei proiettori portatili è indubbia: avere in

tasca uno schermo da 40 pollici è particolar-

mente utile soprattutto nel caso in cui si debba

effettuare una presentazione. Dimensioni compatte

e batteria integrata portano, però, ad avere qualche

compromesso soprattutto per non alzare troppo il

prezzo: un costo eccessivo, infatti, azzererebbe il

vantaggio della praticità dei proiettori portatili.

Nel caso del Sony MP-CD1, che abbiamo testato in

vari scenari, significa innanzitutto focalizzarsi sul

segmento business. Le presentazioni in ufficio, infat-

ti, sono il principale riferimento per valutare le pre-

stazioni di un proiettore portatile, che per forza di

cose deve andare a tarare al ribasso le prestazioni

video, come risoluzione e contrasto. A volerci prova-

re - e lo abbiamo fatto - lo si può usare per l’intratte-

nimento, ma ci sono diversi limiti da considerare.

Dimensioni compatte e c’è anche l’USB CLe dimensioni (83 × 16 × 150 millimetri) e il peso con-

tenuto (280 grammi) danno al proiettore di Sony il

giusto equilibrio tra portatilità e solidità. La risolu-

zione di 854 x 480 è bassa in termini assoluti, ma

relativamente alla categoria è più che sufficiente per

avere un secondo schermo che, complice i 105 lu-

mens di luminosità di picco, significa che l’immagine

risultante è tra le migliori sul mercato.

Sony ha insomma preferito un’immagine chiara e

facilmente visibile, tagliando qualcosa sulla risolu-

zione nativa. Per quanto molto buona, la luminosità

di 105 lumens implica che per guardare facilmente i

contenuti proiettati servirà una stanza molto buia.

Oltre alle presentazioni in ufficio, il Sony MP-CD1 non

sfigurerebbe nemmeno in un’aula magna di un’uni-

versità, considerato che arriva a proiettare un’imma-

gine da 120 pollici di diagonale a una distanza di

3,45 metri (si parte da 40 pollici a 1,15 metri).

A seconda del punto in cui viene proiettata l’imma-

gine e dalla posizione del proiettore, inoltre, il tra-

pezio dell’immagine viene automaticamente adatta-

to, il che comporta il vantaggio di non dover avere

immagini storte o sproporzionate. A onor del vero,

il sistema automatico di correzione non funziona

sempre perfettamente, ma nella maggior parte dei

casi riesce a bilanciare le proporzioni.

L’adozione della porta USB C, inoltre, è un plus che

tanti altri prodotti concorrenti non hanno e che ga-

rantisce al proiettore di Sony una compatibilità im-

mediata con molti dispositivi moderni, considerato

che tantissimi smartphone e notebook si stanno

spostando verso l’USB C; in ogni caso nella con-

fezione è presente anche un adattatore microU-

SB-USB C. La porta USB C diventa ancora più utile

in funzione del fatto che la batteria da 5.000 mAh

del Sony MP-CD1 può essere usata per ricaricare i

dispositivi portatili. Sono poi presenti anche un jack

audio da 3,5 mm e l’obbligatoria HDMI 1.4, attraver-

so la quale connettere i dispositivi esterni. L’altopar-

lante integrato da 1 Watt fa il suo dovere e, anzi,

il volume è piuttosto elevato, anche se la qualità

dell’audio in mono è giusto sufficiente.

Da solo non riproduce nullaIl primo limite che chiunque voglia usare il Sony MP-

CD1 deve considerare è l’assenza di un riproduttore

multimediale integrato. Il proiettore è insomma un

guscio “vuoto”: senza un dispositivo esterno non

può riprodurre i contenuti. Mentre in altri casi (come

il proiettore portatile di Kodak) basta una scheda mi-

croSD per riprodurre immagini e video, il prodotto di

Sony necessita di una sorgente esterna da cui tra-

smettere il contenuto. La trasmissione wireless dei

contenuti è possibile, ma soltanto attraverso chia-

vette come Chromecast e Now TV Stick. L’assenza

di una qualsiasi connettività wireless integrata, in

ogni caso, fa storcere il naso considerato il prezzo

di listino di 399 euro.

Il limite dell’assenza del riproduttore integrato è fa-

cilmente bilanciata dal fatto che tutti i professionisti

portano con sé un computer portatile o un tablet per

TEST Il proiettore portatile compatto e con porta USB C di Sony MP-CD1 assicura prestazioni di ottimo livello per la categoria

Il proiettore portatile Sony MP-CD1 in prova Piccolo e luminoso, ma da solo non fa nienteIl prezzo di listino di 399 euro e alcune assenze, come quella di un riproduttore multimediale integrato, pesano sul giudizio finale

segue a pagina 49

L’adozione dell’USB C permette al Sony MP-CD1 di diventare un pratico power bank compatibile con gli smartphone moderni.

Per film e serie TV il principale limite del Sony MP-CD1 è la scarsa risoluzione.

Lo schermo proiettato del Sony MP-CD1 arriva fino a 120 pollici.

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WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.

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torna al sommario 49

MAGAZINEn.187 / 185 NOVEMBRE 2018

lavorare in mobilità. Avere la possibilità di riprodut-

tore i contenuti multimediali autonomamente sareb-

be comunque stato meglio, anche perché avrebbe

ridotto la necessità di avere un cavo HDMI a portata

di mano rimarcando la vena portatile del dispositivo.

La necessità di usare una sorgente esterna è pro-

babilmente la ragione di un’altra assenza: non c’è

un tasto del volume direttamente sul proiettore

portatile. L’audio dev’essere gestito, invece, tramite

la sorgente esterna, il che è abbastanza scomodo

perché significa che ogni volta che viene cambiata

la sorgente il volume dev’essere tarato nuovamente.

Sarebbe stato preferibile un tasto per abbassare o

alzare il volume del proiettore.

Risoluzione e autonomia limitano film e videogiochiNell’ottica dell’intrattenimento, la risoluzione di 480p

è un altro limite. L’alta definizione è infatti lontana, il

che diventa un ostacolo per godere appieno di con-

tenuti come film, serie TV e videogiochi. Lo abbiamo

testato con una Nintendo Switch per valutare come

si comportasse con i videogiochi: avere uno scher-

mo di dimensioni ultragenerose è divertente, ma è

preferibile giocare su uno schermo convenzionale

per una migliore riproduzione dei colori e una riso-

luzione più alta. L’immagine, infatti, non è pensata

per permettere a contenuti complessi di esprimer-

si al meglio: è sbiadita e ovviamente scarsamente

definita. Il fatto, poi, che l’autonomia non superi le

due ore rende difficile immaginare uno scenario in

cui il Sony MP-CD1 venga sfruttato per una partita su

console. Ma a 399 euro è chiaro che Sony non si ri-

volga agli utenti che userebbero il MP-CD1 una volta

ogni tanto con gli amici, bensì a coloro che ne han-

no una necessità quotidiana (o quasi). isoluzione e

prezzo evidenziano ancora di più, insomma, come il

Sony MP-CD1 sia innanzitutto pensato per il pubblico

di professionisti bisognoso di un proiettore sempre

pronto all’uso.

Il prezzo di 399 euro lo posiziona in una fascia piut-

tosto alta di questa categoria. Proposte a costi più

Sul lato sinistro del Sony MP-CD1 è disponibile un tasto dedicato alla messa a fuoco.

contenuti sono ampiamente presenti, ma sono privi

di alcune delle caratteristiche che rendono il Sony

MP-CD1 un prodotto di punta: risoluzione e luminosi-

tà più alte della media, la presenza di una porta USB-

C e una capiente batteria, per esempio.

Si tratta comunque di un’opzione intermedia tra il

proiettore portatile di Kodak e la Nebula Capsule di

Anker, che costa di più ma offre 500 lumens di lumi-

nosità, un altoparlante per l’audio a 360 gradi e An-

droid 7.1 integrato.

Sony MP-CD1 è un riferimento per chi cerca un buon

compromesso tra prestazioni e portatilità. A 100 euro

meno sarebbe stato consigliatissimo; a 399 euro rap-

presenta, comunque, un riferimento per i professio-

nisti, ma il costo potrebbe essere giudicato da molti

esagerato alla luce di alcune assenze.

Senza una sorgente esterna il Sony MP-CD1 non può riprodurre alcun contenuto.

TEST

Proiettore portatile Sony MP-CD1segue Da pagina 48

di Franco AQUINI

D -Link, da tempo attiva anche nel

settore delle piccole telecamere

connesse e nella videosorve-

glianza della casa, lancia un nuovo

kit pensato per chi ha bisogno di due

punti di ripresa e non ha tempo da per-

dere con la posa dei cavi o con confi-

gurazioni complicate.

Si chiama DCS-2802KT-EU mydlink

Pro Wire-Free Camera Kit e, a dispetto

del nome, è un kit formato da un hub e

due videocamere estremamente sem-

plice da posizionare e da installare. Si

tratta infatti di videocamere totalmen-

te wireless, sia nella connessione sia

nell’alimentazione. Vengono infatti ali-

mentate da una batteria che, secondo

D-Link, garantisce mesi di funziona-

mento con una sola ricarica (ma si ri-

ferisce a un’accensione media di circa

3 minuti al giorno e senza connessioni

da remoto per la visualizzazione).

TV E VIDEO Il kit di videosorveglianza D-Link promette un’installazione lampo, ha connessione wireless e batteria integrata

Il kit wireless a batteria D-Link è operativo in pochi minuti CS-2802KT-EU mydlink Pro Wire-Free Camera Kit include anche il pacchetto premium di registrazione nel cloud

Tecnicamente le due videocamere

registrano video in FullHD con zoom

digitale fino a 4x. Hanno la rilevazio-

ne avanzata dei movimenti e l’audio

a due vie. Riesce quindi a permettere

sia l’ascolto di quello che accade sulla

scena ripresa, che a trasmettere il pro-

prio audio. Da dove? Dallo smartpho-

ne ovviamente dove, grazie all’app

MyDlink, si possono visualizzare le im-

magini in tempo reale e le registrazioni.

Inoltre è incluso il pacchetto Premium

del Cloud Recording mydlink, che per-

mette di mantenere le registrazioni sul

cloud D-Link fino a 14 giorni senza limi-

ti di durata dei video, per un massimo

di 5 videocamere. Un servizio il cui

costo si aggira intorno ai 49,99 euro,

ma che in questo kit, appunto, viene

offerto gratuitamente.

Infine c’è la compatibilità con Ama-

zon Alexa e Google Assistant, con

i quali si può accedere alle riprese

e alle registrazioni tramite coman-

di vocali, oppure con l’uso di Goo-

gle Chromecast o Fire TV Stick per

proiettare le immagini su un TV. Il kit

è già disponibile a un prezzo che si

aggira intorno ai 499 euro.

DCS-2802KT-EU clip

SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.

JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA

Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.

400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.

jaguar.it

WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.

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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018

AUTO ELETTRICA L’accordo che era nell’aria da mesi pare si sia finalmente concretizzato

FCA vende Magneti Marelli, proprio ora che il know-how nell’elettrico è fondamentaleMagneti Marelli passerà al gruppo Calsonic Kansei per poco oltre i 6 miliardi di euro

di Massimiliano ZOCCHI

M agneti Marelli è un’azienda fiore

all’occhiello dell’industria italia-

na e per molto tempo è stata

l’ancora a cui si aggrappavano gli ap-

passionati di mobilità elettrica parlando

di FCA. “Magneti Marelli ha già tutto il

pacchetto pronto, FCA farà l’elettrico

appena è pronto”, si sentiva dire spes-

so, anche perché la stessa Magneti

Marelli era fornitore del team Mahindra

Racing in Formula E, con anche discreti

risultati. Il know-how raccolto in questi

anni probabilmente andrà davvero a fa-

vorire lo sviluppo di nuove auto elettri-

che, ma non sarà per una casa italiana.

L’accordo è stato raggiunto e Magneti

Marelli passerà a Calsonic Kansei per

circa 6.2 miliardi di euro, come annun-

ciato da Bloomberg. A sua volta la mul-

tinazionale giapponese è controllata

dall’americana Kkr, che così dà vita a un

gruppo enorme nel settore automotive,

e lo fa guadagnando l’esperienza di chi

era già leader nei motori elettrici e nella

produzione di batterie.

Mossa si direbbe con un tempismo per-

fetto, data la direzione del mercato che

va chiaramente verso una progressiva e

rapida elettrificazione. Al contrario Fiat-

URBAN MOBILITY Il progetto di un designer esperto in mecha design, annoiato dalle solite moto

La pazzesca moto elettrica del designer Un mix perfetto tra cyberpunk e futuro Il concept SASUGA di Matt Tkocz anticipa la direzione che potrebbe prendere la tecnica

di M. Z.

S fogliando il portfolio di Matt

Tkocz, designer di origini polac-

che ma cresciuto in Germania e

ora residente a Los Angeles, si intuisce

subito la sua bravura, nonché la passio-

ne per la fantascienza, i mecha giganti,

un occhio di riguardo per Star Wars, e

un pizzico di cyberpunk.

Non stupisce quindi che annoiato dallo

stile delle moto, sempre troppo simile

a se stesso, abbia deciso di dare libe-

ro sfogo alla sua fantasia e disegnarsi

il mezzo dei suoi sogni, elettrico ovvia-

mente. Lo stesso Matt ha spiegato, ha

sentito il bisogno di dedicarsi ancora

alle due ruote, forse per colpa del film

Mission Impossible Fallout, ed ha de-

ciso di cercare un de-

sign che lo soddisfa-

cesse.

Nel concept SASUGA,

così si chiama anche

in onore agli ideo-

grammi sulla carena,

non c’è però solo im-

maginazione ma an-

che una parte di verità

e una anticipazione della direzione che

potrebbe prendere la tecnica. Il motore

cosiddetto hub, posto direttamente nel-

la ruota posteriore, è spesso richiesto a

gran voce, anche se sposterebbe i pesi

molto sul posteriore. I moduli che si

vedono nei render di Tkocz sono simili

alle batterie modulari che già si usano

per gli scooter elettrici.

Potrebbero anticipare batterie del futu-

ro con una densità energetica superio-

re, ricaricabili singolarmente ed anche

lontano dalla moto, e soprattutto con

la possibilità di scegliere la quantità da

montare in base al tragitto. Vedremo

mai qualcosa di simile?

Active Hybrid è l’eBike di BMW elegante e potente, perfetta per la cittàBMW nella sua gamma LifeStyle propone anche un ampio catalogo di biciclette. Tra queste anche Active Hybrid con i migliori componenti di Massimiliano ZOCCHI

BMW non è più solo un marchio legato al mondo delle automobi-li e delle moto, ma ha tutta una gamma di accessori, vestiario e

altri articoli lifestyle. Tra questi c’è anche un vasto catalogo di biciclette, dove spicca il model-lo eBike Active Hybrid che ab-biamo potuto vedere da vicino. Il telaio è in alluminio idrofor-mato, dalle linee pulite grazie anche alla batteria integrata nel tubo obliquo. Per il moto-re BMW si è affidata a un’unità Brose da 250 Watt con 90 Nm di coppia, sostenuti dai 504 Wh dell’accumulatore. La luce po-steriore a LED è integrata nel parafango e anche quella fron-tale dal design classico trova una collocazione ben integrata nelle linee della bicicletta. Sul fronte puramente tecnico, Acti-ve Hybrid monta ruote da 28” gommate 2.0” con pneumatici Continental CruiseContact. Per i freni a disco la scelta è ricaduta su Shimano, 180 mm anteriori e 160 mm posteriori. Anche il cambio è Shimano, con Deore a 10 velocità. La bicicletta è una hardtail con la forcella Suntour NCX. A disposizione ci sono tre taglie, S, M e L a un prezzo di 3.214,70 euro.

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Chrysler chiude un accordo per cifre

importanti ma nel momento peggiore,

ovvero dopo aver annunciato lo stesso

tipo di cambiamento nella propria flotta,

l’elettrificazione globale di tutti i brand

controllati. Tra le informazioni filtrate al

momento c’è la garanzia che il marchio

Magneti Marelli continuerà a vivere,

così come verranno salvaguardati tutti

i posti di lavoro e l’operatività in Italia.

Si prevede che il passaggio definitivo

possa avvenire entro la metà del 2019,

non appena le autorità antitrust avranno

vagliato l’accordo.

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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018

BICI ELETTRICA Le eBike sono agglomerate nei mezzi a motore: ma serve l’assicurazione RC?

Assicurazione RC obbligatoria per le eBike? La Commissione Europea sta valutando Il mondo dei pedali insorge per esprimere il dissenso verso una normativa troppo punitiva

di Massimiliano ZOCCHI

I l maggio scorso la Commissione Eu-

ropea ha inserito le eBike, o bici a

pedalata assistita, tra i veicoli a moto-

re che necessitano di una assicurazione

obbligatoria, di fatto equiparandole a

qualsiasi mezzo, sia esso una vettura, una

moto, a motore endotermico o elettrico.

Chi ne possiede una non si spaventi però,

questa novità per essere operativa deve

passare attraverso l’approvazione del

Parlamento Europeo e del Consiglio EU.

Questo ha permesso al mondo delle due

ruote a pedali di insorgere e di esprimere

tutto il dissenso per una normativa che

appare troppo punitiva verso un tipo di

mobilità completamente diverso da quelli

con cui viene paragonata.

Guidano la protesta la Federazione Cicli-

sti Europei (ECF) e

la Confederazione

dell’Industria Euro-

pea del ciclo (CO-

NEBI), sottolinean-

do come le eBike

non abbiano,

proprio per regola-

mentazione euro-

pea, la possibilità

di accelerazione

indipendente, ma

siano sempre legate alla pedalata, e co-

munque non oltre i 25 km/h e 250 Watt

di potenza. Il rischio secondo gli addetti

ai lavori è di mettere in crisi un intero set-

tore, fatto di prodotti che spesso hanno

anche prezzi considerevoli, spingendo

quindi il consumatore a non finalizzare

un ipotetico acquisto, sentendosi vessa-

to dall’ennesima spesa obbligatoria. La

Commissione Europea ha quindi fatto

un ulteriore passo istituendo una consul-

tazione pubblica nel mese di luglio, per

verificare l’impatto verso i cittadini. Inutile

dire che più di 500 sondaggi, da diversi

Paesi, hanno confermato il presentimen-

to di azione negativa verso il mercato e

l’adozione di una mobilità più sostenibile.

Tutto congelato dunque, in attesa che la

Commissione ritorni sull’argomento per

decidere come agire e se ritirare la pro-

posta precedente. Vi terremo aggiornati.

AUTO ELETTRICA Come da tradizione, Tesla ha rilasciato i risultati fiscali del terzo trimestre 2018

Trimestrale storica per Tesla MotorsRicavi sopra ogni rosea previsione Finalmente arrivano i profitti. A Wall Street chi aveva scommesso al ribasso, ora piange

di M. ZOCCHI

Alzi la mano chi aspettava l’ennesimo

trimestre in perdita per Tesla. Erano

sicuramente in molti nella stessa

posizione, tra addetti ai lavori e analisti

finanziari e invece Elon Musk ha lasciato

tutti a bocca aperta. Il terzo trimestre si è

chiuso con ricavi per oltre 6.8 miliardi di

dollari, ma soprattutto con un profitto di

312 milioni. Numeri che forse dicono poco

ma che sono significativi se confrontati

con quanto il mercato si aspettava. Gli

analisti avevano previsto ricavi per 5.67

miliardi, quindi ben al di sotto di quanto

invece è accaduto, ma anche 0.53 dollari

di perdita per ogni azione, cifra che inve-

ce si è rivelata essere in positivo di più del

doppio, 1.75 dollari per share.

A Wall Street in tanti avevano scommesso

al ribasso, sicuri che Tesla avrebbe inanel-

lato l’ennesimo trimestre in perdita, e ora

Tesla, arriva Navigate on Autopilot, l’auto cambia corsia e prende gli svincoli da sola Tesla aggiorna ancora il SW delle sue auto che adesso include la capacità dell’autopilot di gestire svincoli e uscite dall’autostrada di A. CUCCA

La versione 9 del software delle auto Tesla è stata rilasciata poche settimane fa, ricco di novità e mi-glioramenti, e adesso arriva una nuova versione. Alcune auto in Nord America hanno iniziato a rice-vere una nuova versione del sof-tware V9, la 2018.42, che adesso include la funzione dell’Autopilot in Navigazione. Questa funzione doveva essere disponibile con il primo rilascio della V9, ma la casa di Fremont si è presa quale setti-mana in più per effettuare ulteriori test. Navigate on Autopilot permet-te alle auto Tesla, una volta impo-stata una rotta, di gestire in manie-ra autonoma l’entrata/uscita dalle autostrade e la percorrenza degli svincoli oltre che i cambi di corsia. La funzione è ancora in versione beta e necessita dell’iniziativa del guidatore per intraprendere la ma-novra: quando il navigatore sugge-risce una svolta infatti, il guidatore dovrà mettere la freccia nella dire-zione giusta, e l’auto effettuerà la correzione di rotta. Tutto questo ac-cade in Nord America, mentre per l’Europa ci vorranno ancora diversi mesi a causa delle differenze tra i vari stati della comunità sul modo di dipingere le linee di mezzeria e bordo nelle strade. La nuova ver-sione porta altri piccoli aggiorna-menti, come il supporto alla futura chiave della Model 3 (un classico KeyFob come già visto in Model S e X) che affiancherà la attuale card, e aggiornamenti dell’inter-faccia utente che adesso permette un uso più pratico e multitasking di più applicazioni all’interno dello schermo dell’auto.

piangono lacrime amare. Protagonista di

questo risultato è la Model 3 che ha avuto

un margine di guadagno, sia GAAP che

non-GAAP, di oltre il 20%, segno che l’ot-

timizzazione della catena di montaggio e

dei volumi produttivi hanno portato a un

miglioramento globale. Perfezionamen-

to sottolineato anche dal fatto che le ore

di lavoro necessarie sono diminuite del

30% rispetto al Q2. Qualcuno, nel tenta-

tivo di mitigare la figuraccia degli esperti

di finanza ha puntato il dito sul fatto che

Tesla avrebbe fatto leva sul credito per

raggiungere il profitto, credito che però

ammonterebbe a soli 52 milioni, lascian-

do comunque un utile netto di 260 mi-

lioni. Il titolo è subito cresciuto in Borsa,

volando dai 250 dollari di due giorni fa, a

330 dollari, il tutto in una giornata in cui

la Borsa ha invece perso il 3%.

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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018

TRASPORTI Il CEO di EasyJet dichiara che la sua azienda va avanti nel progetto di aereo elettrico

EasyJet ha quasi pronto l’aereo elettrico I piani prevedono i primi test già nel 2019, precisamente con un aereo elettrico a nove posti

di Massimiliano ZOCCHI

L o scorso anno EasyJet aveva an-

nunciato una collaborazione con

Wright Electric per la realizzazione

di aerei elettrici per tratte commerciali.

Ora scopriamo che in 12 mesi i lavori

sono proseguiti e le novità sono con-

sistenti. Il CEO di EasyJet, Johan Lun-

dgren, ha dichiarato che la partnership

ha fatto progressi e tra pochissimo ne

vedremo i risultati:

“Il volo elettrico sta diventando una realtà, e ora possiamo imma-ginare un futuro che non è esclu-sivamente dipendente dal carbu-rante per jet” (Johan Lundgren)

Nel dettaglio i piani prevedono i primi test

già nel 2019, precisamente con un aereo

elettrico a nove posti. I primi voli di prova

saranno ovviamente effettuati su piccoli

velivoli, ma EasyJet e Wright pensano

di aggredire il settore degli aerei di me-

dia grandezza. I voli sotto le 300 miglia

con circa 150 passeggeri rappresentano

il 30% del totale, con le compagnie più

note, Boeing e Airbus, che hanno ven-

duto circa 1.000 aerei lo scorso anno.

Questo è il mercato in cui i due partner

si vogliono inserire, controbilanciando il

prezzo più alto di vendita, con un incre-

dibile risparmio dovuto all’assenza del

costo del carburante.

BICI ELETTRICA Dopo la collaborazione con Bianchi, Ducati stringe un’altra alleanza

Anche Thok collabora con Borgo Panigale: ecco la eBike Ducati Mig-RR Ad EICMA, Ducati è pronta a presentare la Mig-RR, realizzata con gli esperti di Thok

di M. ZOCCHI

Avevamo parlato del progetto portato avanti da Ducati insieme a Bianchi per una eBike senza compromessi,

e ora l’azienda italiana annuncia un’altra

collaborazione, sempre con un partner

italiano e sempre nel campo delle eBike.

È pronta per il debutto in occasione della

Ducati World Premiere, e subito dopo a

EICMA 2018, la Ducati Mig-RR, eBike da

enduro realizzata con Thok Ebikes. Una

Harley-Davidson LiveWire, la prima elettrica di Milwaukee arriva ad EICMA Voci insistenti danno come possibile l’apparizione della Harley-Davidson LiveWire a EICMA, in anteprima europea di A. ZOCCHI

Il mito Harley-Davidson si avvi-cina all’ennesima rivoluzione e prende il nome di LiveWire, la prima moto elettrica della casa americana, destinata ad arrivare sul mercato nel 2019. Così Har-ley, dopo aver lasciato a bocca asciutta il pubblico di Intermot 2018, molto probabilmente pre-senterà, per la prima volta in Europa, il suo bolide elettrico durante EICMA. Al momento non c’è una confer-ma ufficiale, ma le voci si stanno facendo molto insistenti con l’av-vicinarsi della kermesse milane-se. Tra l’altro non si tratterebbe di una prima assoluta, dato che LiveWire era già apparsa ad EI-CMA in passato, quando ancora era solo un prototipo, e l’elettri-co non era così in voga come ora. Sul sito ufficiale della casa è stata anche creata una pagina dedicata, con i pochi dettagli di-sponibili fino ad ora. Proprio su questa pagina Harley-Davidson conferma l’intenzione di realiz-zare una intera gamma di moto elettriche, di cui LiveWire sarà la capostipite. Confermato an-che il lancio, in un periodo non precisato del 2019, con la moto che verrà realizzata nello stabi-limento di York in Pennsylvania. Tra una settimana esatta scopri-remo se l’Italia sarà il teatro del debutto.

eMTB di altissimo livello come ci ha abi-

tuati Thok, che però si avvale di alcune

scelte distintive del modello Ducati, oltre

alla grafica sviluppata dalla D-Perf in col-

laborazione con il Centro Stile Ducati.

Ovviamente derivata dalla serie Mig

prodotta da Thok, la Ducati Mig-RR pre-

senta ruote dal diametro differente, 29”

all’anteriore e 27.5” al posteriore, che do-

vrebbero garantire un frontale più sicuro

e una trazione maggiore. L’escursione è

rispettivamente di 170 mm e 160 mm. La

Forcella è una Fox 36 Float Kashima men-

tre l’ammortizzatore è sempre Fox, DPX2

Factory Series con Horst Link. Freni Shi-

mano Saint, mentre per le ruote l’inedita

coppia si è affidata a Mavic, gommate con

Maxxis EXO+. Per la parte elettrica se con

Bianchi e la TT Evo la scelta era ricaduta

su Bosch, Thok punta invece su Shimano,

con il solito motore Steps E8000 da 250

Watt e 70 Nm di coppia, supportato dalla

batteria da 504 Wh. Il prezzo è ancora

sconosciuto, ma Ducati Mig-RR verrà di-

stribuita in tutta Europa attraverso la rete

di concessionari Ducati a partire dalla pri-

mavera 2019, ma sarà possibile ordinarla

anche su www.ducati.com.

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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018

AUTO ELETTRICA Tesla ha deciso di sostituire l’incentivo di 100 dollari di ricariche free

Tesla, torna il Supercharger gratuito solo per 6 mesiQuesta nuova offerta potrà essere utilizzata solo tramite un invito di un proprietario

di Marco MIKHAIL

Tesla offre 6 mesi di ricariche Super-

charger gratuite per i nuovi clienti,

utilizzando un referral di chi è già

proprietario. La casa automobilistica

statunitense ha sostituito il precedente

incentivo del valore di 100 dollari in rica-

riche ultra fast, dando l’opportunità a chi

acquisterà la nuova Model S, Model X o

Model 3 di usufruire di questa offerta.

La promozione è valida anche per chi

ha già acquistato dallo scorso 16 set-

tembre i nuovi modelli Tesla. Coloro che

hanno già utilizzato il precedente bonus

dei 100 dollari, quindi, potranno così ri-

cevere un ulteriore benefit di 6 mesi di

ricariche gratuite. Inizialmente il piano

di Tesla era di offrire ai nuovi clienti la

possibilità di ricaricare gratuitamente

il veicolo per l’intero ciclo di vita del

mezzo, sempre tramite il meccanismo

dell’invito da parte di chi possedeva già

una vettura di Elon Musk. In seguito, la

casa automobilistica aveva limitato le

ricariche gratuite per una valore com-

di Massimiliano ZOCCHI

S olo poco tempo fa vi abbiamo raccontato di come il Ministero

dei Trasporti, su sollecito di diver-

si Comuni, sia intenzionato a modifica-

re il Codice della Strada per includere

in qualche modo anche i mezzi elettrici

di mobilità personale, come monopat-

tini e hoverboard. La società Helbiz, in

corsa nel bando di Milano per fornire

monopattini in sharing, ha deciso di

bypassare ogni normativa e autorità,

lanciando il servizio in anticipo. L’app

è subito balzata ai primi posti di App-

Store, a dimostrazione dell’interesse

dei milanesi per questo tipo di nuova

mobilità urbana. I monopattini, o scoo-

ter elettrici come li chiamano all’estero,

sono però difficili da trovare perché al

momento sono solo 20 sui 500 che do-

vrebbero essere distribuiti a regime.

Non si è fatta attendere la replica di Pa-

lazzo Marino, con l’Assessore alla Mo-

bilità Marco Granelli decisamente stu-

pito da questo colpo di coda di Helbiz.

L’Amministrazione milanese chiama in

causa il Ministero e chiede che le rego-

le vengano rispettate da tutti, soprat-

tutto considerando che c’è un regolare

bando al momento “congelato”.

Alle lamentele di Granelli si aggiungo-

no anche quelle dei competitor, come

Limebike, che si sentono in qualche

modo scavalcati e ingannati dalla mos-

sa di Helbiz. Il servizio funziona come

qualsiasi altro sharing cittadino, con il

meccanismo del free floating. E’ possi-

bile tramite l’app di supporto localizza-

re i monopattini (1 euro per ogni corsa

e poi 15 centesimi per ogni minuto di

utilizzo) e poi a fine corsa lasciarli dove

si vuole, purché sia all’interno dell’area

operativa.

Resta il dubbio per i cittadini che voles-

sero provare i monopattini in sharing:

è legale utilizzarli se per il codice della

strada sono tutt’ora vietati?

AGGIORNAMENTO: Dopo il trambusto

mediatico, Helbiz ci ha contattato per

dei chiarimenti, spiegando che da di-

versi mesi è in contatto con il Comune,

e che quindi le voci di malcontento di

Palazzo Marino non sono veritiere. Lo

stesso Assessore Granelli ha pubblica-

to sul suo profilo Facebook un post

eloquente, dove mostra il riscontro del

servizio ed esorta il Ministero ad acce-

lerare le pratiche che consentirebbero

l’uso dei monopattini elettrici.

I 20 monopattini di test sono posizionati

sul territorio con personale presente a

spiegare il funzionamento del servi-

zio per dare alla gente l’opportunità

di provarlo e raccogliere così preziosi

feedback. Anche le indiscrezioni circo-

late riguardo le dichiarazioni dell’AD di

Helbiz, su una possibile responsabilità

civile in caso di problemi sono quindi

infondate. Ringraziamo Helbiz per le

precisazioni.

URBAN MOBILITY

Boring Company, apre il primo tunnelIniziata quasi come un passatempo, la Boring Company di Elon Musk procede spedita, tanto che lo stesso imprenditore ha annunciato che il pri-mo tunnel è praticamente pronto. Pre-sentazione il 10 dicembre, e dal giorno dopo corse gratuite al pubblico per mostrare le potenzialità. Per chi non lo sapesse, Boring Company si occupa di scavare tunnel sotto le città, all’inter-no dei quali trasportare ad altissima velocità vetture e pod autonomi su particolari slitte, così da bypassare il traffico cittadino e collegare punti di particolare interesse. Questa prima galleria è in pratica un laboratorio per il primo vero sistema urbano che ha già ricevuto una pre-autorizzazione, quello di Chicago.

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Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.

400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.

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URBAN MOBILITY Helbiz porta in centro a Milano 20 dei suoi monopattini elettrici per far testare lo sharing ai cittadini

Milano testa lo sharing dei monopattini Helbiz I 20 monopattini elettrici di test sono posizionati sul territorio con personale presente a spiegare il funzionamento del servizio

plessivo di 100 dollari, equivalenti ad

una percorrenza media di circa 4.800

km. Questa novità fa parte della riorga-

nizzazione del programma premi refer-

ral, il quale prevede nuovi premi come

la possibilità di spedire la propria foto nello spazio.

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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018

BMC Trailfox AMP SX 2019 Enduro elettrico ai massimi livelliC’è anche BMC tra le novità targate 2019. La nuova Trailfox AMP SX è pensata per l’enduro senza compromessi. Carbonio e motore Shimano per spingere al massimo

di M. Z.

Tra le novità che si fregiano della dicitura 2019 non poteva certo mancare BMC, con la sua Trailfox AMP SX. Si parte dalla scelta dei materiali, il giusto mix tra carbonio e alluminio per ottenere leggerez-za e robustezza. Il particolare de-sign del tubo obliquo si apre per alloggiare la batteria, una Shimano STEPS da 500 Wh.Shimano è il filo conduttore della parte tecnica, sempre della serie STEPS anche il motore, con l’E-8000 da 70 Nm di coppia. Anche selettore, comandi, cambio, cate-na e cassetta sono Shimano, men-tre per i freni BMC ha puntato sui Magura MT7.Forcella e ammortizzatore sono entrambi Fox Float, con rispettiva-mente 170 mm e 150 mm di escur-sione. Le ruote sono da 27.5” ma il movimento centrale è leggermen-te più alto per evitare di toccare a terra nei passaggi più impegnativi, mentre l’angolo di sterzo aperto e i foderi compatti garantiscono maneggevolezza e agilità in tutte le situazioni.Per verificare tutte le geometrie è possibile consultare il sito ufficiale. BMC Trailfox AMP SX è disponibile nelle taglie S/M/L, in colore Party Blue - Fluo yellow, al prezzo di 7.999 euro.

MOTORSPORT Gare ancora più avvincenti con le nuove regole per la stagione che sta iniziando

Formula E, arriva il nuovo regolamento 2018-2019 Gara a tempo, super pole e power mode in stile videogame sono alcune novità in arrivo

di Massimiliano ZOCCHI

Scordatevi la noia delle gare di

Formula 1. La ABB FIA Formula E fin

dalla sua nascita ha fatto di tutto per

rendere le gare più avvincenti, adrenalini-

che e divertenti da vedere, dal vivo e in tv.

E il nuovo regolamento già approvato va

esattamente in questa direzione, aggiun-

gendo qualche novità e correggendo il

tiro dove si poteva migliorare. La novità

più importante, lo sappiamo da molto

tempo, è l’adozione della nuova mono-posto Gen2, che introduce anche la nuo-

va batteria con capacità doppia, il che ha

portato all’abbandono del cambio vettura

a metà gara. Per sfruttare ancora al me-

glio la nuova auto, si è deciso di cambiare

il regolamento sulla durata di gara, che

non sarà più per un numero prefissato di

giri, ma a tempo. I piloti dovranno correre

per 45 minuti, allo scadere dei quali

compiere un giro aggiuntivo per arriva-

re sotto la bandiera a scacchi. Questa

nuova modalità permetterà un numero

crescente di strategie, soprattutto per

la gestione energetica, con un numero

infinito di variabili. Potremo assistere a

gare più tranquille in fase iniziale con

finali da brivido, o magari qualcuno cer-

cherà la fuga iniziale rischiando di dover

alzare il piede agli ultimi giri. Anche per-

ché un’altra novità sarà il power mode,

delle zone in cui i piloti decideranno di

passare e attivare un surplus di potenza.

In queste fasi l’halo (da questa stagione

obbligatorio anche in FE) si illuminerà con

dei LED, per far capire ai tifosi che il pilota

sta usando energia in più. Ultima novità,

ma non meno importante, riguarda le

qualifiche. I piloti saranno sempre divisi

a gruppi, ma la superpole finale ora se la

giocheranno i migliori 6, contro i migliori

5 delle passate stagioni. Questo aumen-

terà la competitività anche in prova con

la speranza di un posto in più per partire

davanti. Infine, ricordiamo le novità tecni-

che della monoposto. La potenza ora è di

250 kW, un aumento considerevole dai

200 della passata stagione, che in gara si

abbassa a 225 kW, per una velocità mas-

sima di 280 km/h, con accelerazione da

0 a 100 in soli 2.8 secondi. Potete anche

consultare il calendario completo nel-l’articolo dedicato.

AUTO ELETTRICA Anche Alfa Romeo verrà coinvolta dal nuovo piano strategico di FCA

Alfa Romeo Giulia elettrica? Prima si passa dal turbo elettrico e dall’ibrida plug-inFCA va verso l’elettrificazione completa, ma in un primo momento niente elettriche pure

di Massimiliano ZOCCHI

P roseguiamo nell’analisi di quello

che sarà il futuro a breve termine di

FCA. Dopo aver parlato della nuo-

va Fiat Panda, che potrebbe accogliere

un motore mild hybrid, lo stesso che è

stato più volte indicato come una pos-

sibilità per la nuova Fiat 500, passiamo

ad Alfa Romeo, tra tutti il marchio che ha

avuto un maggiore rilancio, soprattutto

nella considerazione che ne hanno anche

all’estero. E proprio per rincorrere la per-

duta reputazione fuori dall’Italia, Alfa Ro-

meo non poteva esimersi dall’affrontare

la questione elettrico. Come ricordato in

fase di presentazione del nuovo piano in-

dustriale da 9 miliardi, entro il 2022 tutta

la flotta sarà in qualche modo elettrificata,

quindi compresa anche Alfa Romeo, ma

per il momento non si parla di una possi-

bile Giulia 100% elettrica.

La strategia di Alfa Romeo sarà inizial-

mente più conservativa e sempre legata

ai motori a combustione, anche se con un

cambio di paradigma graduale. La prima

novità è rappresentata dal turbo elettrico,

chiamato E-Booster. In pratica un’unità

elettrica verrà abbinata alla turbina per

diminuirne la latenza ai bassi regimi e al

tempo stesso aumentare la potenza del

25% e contemporaneamente abbassare

le emissioni di CO2.

Dopo questa prima soluzione si passerà

al più classico ibrido plug-in. Con questa

tecnologia una vettura con motore en-

dotermico può essere spinta per alcune

decine di km solo dall’unità elettrica, con

batterie ricaricabili da una colonnina o da

una normale presa. Alfa Romeo punta ad

autonomie di circa 50 km, oltre che con la

Giulia anche con il SUV Stelvio, un futuro

SUV, GTV e 8C, mentre per Giulietta sem-

bra arriverà solo il mild hybrid. Lo sviluppo

dei powertrain dovrebbe essere trasver-

sale per tutti i marchi controllati, dato che

il cambiamento interesserà anche Mase-

rati, Jeep e persino RAM. Non esistono

al momento dichiarazioni precise su una

tabella di marcia, ma essendo che entro il

2022 il piano dovrebbe essere completa-

to è plausibile che possa venir presentato

qualcosa già a fine 2019, magari puntan-

do a una presentazione in grande stile

per il Salone di Ginevra 2020.

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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018

AUTO ELETTRICA A sorpresa le due aziende stringono una partnership per creare una moto straordinaria e unica nel suo genere

Energica e Samsung presentano SmartRide Bolid-E La moto elettrica con l’intelligenza artificiale Salta all’occhio la mancanza degli specchietti, sostituiti da due smartphone Samsung Galaxy A8. Diventerà realtà?

di M. ZOCCHI

E nergica e Samsung alleate che non ti aspetti. Si

potrebbe riassumere così la serata nella suggestiva

cornice del Samsung District di Milano, dove le due

aziende hanno presentato SmartRide Bolid-E, una moto

elettrica a prima vista incredibile, nella quale troviamo un

concentrato del know how di entrambe le aziende.

Come ovvio Energica ci ha messo la base, che è la sua

EVA EsseEsse9, old-style proclamata Best Electric Bike

2018, mentre Samsung ha messo a disposizione la tec-

nologia sviluppata in diversi settori, così da creare la pri-

ma vera moto del futuro. A prima vista Bolid-E ha subito

qualcosa di diverso dalle altre moto. Salta all’occhio la

mancanza degli specchietti, sostituiti da due smartpho-

ne Samsung Galaxy A8, in cui il normale sistema opera-

tivo è disabilitato. Gli schermi sostituiscono i retrovisori,

ma possono anche fornire informazioni aggiuntive come

la presenza di pedoni o ostacoli di vario genere, grazie

al collegamento con la videocamera frontale e quella

posteriore, e al sistema di intelligenza artificiale che ana-

lizza i dati in tempo reale.

Per mantenere la sicurezza il touchscreen è ovviamente

disabilitato, ma può essere sbloccato nei momenti di so-

sta. Gli smartwatch hanno sempre più un ruolo centrale

nel settore dei device mobile, non poteva quindi man-

care la chiave digitale, simulata in questo caso con un

Samsung Galaxy Watch. E’ sufficiente avvicinare l’orolo-

gio al blocchetto di avviamento per accendere Bolid-E,

e ricevere di ritorno tutta una serie di informazioni utili

(compatibile con Gear S3 o successivo).

Si va dalla ricarica residua delle batterie, ai dati istanta-

nei di consumo, corrente erogata, o anche odometro

totale o parziale. Nel caso sia necessaria una sosta è

possibile anche rintracciare le colonnine più vicine, sia

AC sia fast DC. Ultimo ma non per ordine di importanza,

il GPS, per rintracciare la moto con la possibilità anche di

far suonare il clacson da remoto.

Condividere l’esperienza, grazie a Samsung si puòNel caso (molto raro, come sottolineato dal presenta-

tore della serata, Nico Cereghini) si debba prestare la

moto a un amico, è possibile anche inviare una chiave

di accensione provvisoria a un secondo Galaxy Watch.

Completa la dotazione tecnologica e l’esperienza emo-

zionale il Track Recording. Le videocamere su Bolid-E

non servono solo per questioni di sicurezza, ma anche

per registrare il tragitto effettuato: come avere a bordo

una action cam di serie. Con un TV Samsung Smart è

anche possibile andare a rivivere l’esperienza, con il

video del percorso arricchito dai dati registrati, compre-

so anche battito cardiaco per individuare i momenti più

emozionanti.

In strada è una Energica veraLivia Cevolini, CEO di Energica, nel corso della serata

ha ricordato come il lavoro della sua azienda sia profon-

damente radicato nella Motor Valley italiana, pensando

sempre alla tradizione ma al tempo stesso puntando

anche all’innovazione. La dimostrazione è l’imminen-

te campionato di MotoE, di cui Energica sarà fornitore

unico. Bolid-E, come detto, è derivata da una EVA già

a listino da cui eredita tutte le caratteristiche tecniche.

Velocità massima limitata di 200 km/h, coppia di 180 Nm

disponibile a zero giri e potenza di 80 kW. La batteria è

da 11.7 kWh, che può garantire una autonomia fino a 200

km in Eco Mode. La ricarica può essere fast charge in DC

per un tempo di 30 minuti da 0 a 85%, oppure 3.5 ore in

AC per andare da 0 a 100%. Anche Francesco Cordani

di Samsung è intervenuto, sottolineando la ricerca di un

valore aggiunto per la clientela quale obiettivo primario

di Samsung. Nel campo delle due ruote quindi hanno

scelto Energica come partner, individuato come leader

per la mobilità elettrica e di fatto il migliore per mettere

in strada il progetto SmartRide.

La vedremo davvero in vendita?Ovviamente, in una prima presentazione di questo gene-

re le bocche sono tutte cucite. Energica dovrà vagliare la

risposta di interesse da parte dei suoi potenziali clienti,

per capire se si potrà fare di Bolid-E una moto di serie o

se dovrà restare solo l’esempio della massima tecnolo-

gia, per applicarla poi case by case ad altri modelli. La

sensazione è che tra tanti concept impossibili, questo

sia quello più possibile, avendo come base una moto

vera, e introducendo funzionalità, come gli specchietti

virtuali, già realtà nel mondo automobilistico, e quindi

non particolarmente difficoltosi da omologare. Come

sempre vi terremo aggiornati.

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MAGAZINEn.20 / 185 NOVEMBRE 2018

Priority Embark, la city eBike con motore Bosch e niente catena: usa una cinghia in carbonioPriority Bicycles ha aperto le prevendite per Embark, una eBike da città con motore e batteria Bosch con una particolarità, non ha la catena

di M. Z.

Priority Bicycles è una start up nata tramite Kickstarter, ormai nel 2014. Dopo una campagna di suc-cesso e dopo migliaia di bici ven-dute ai propri clienti, ora si lancia anche nelle mondo delle eBike, precisamente un modello da città chiamato Embark. Il prodotto, al momento venduto solo negli Stati Uniti in attesa di accordi commer-ciali, non ha la pretesa di essere un top di gamma, ma cerca di offrire all’utente qualità, buona compo-nentistica e manutenzione ridotta ai minimi termini. Per la parte elet-trica Priority si è affidata a Bosch con il motore centrale Active Line Plus e la batteria Powerpack che offre fino a 80 km di assistenza alla pedalata. Ma la parte più inte-ressante probabilmente riguarda la trasmissione, non relegata alla classica catena, ma ad una cinghia in carbonio prodotta da Gates Car-bon Drive Belt. Sulla ruota poste-riore non troviamo le solite corone con cambio a deragliatore, ma la soluzione di Enviolo Trekking, una trasmissione variabile continua, che offre infinite regolazioni al rapporto di marcia. Addio anche ai rischi di forature grazie alle coper-ture tubeless di WTB. Prezzo in of-ferta al momento di 3.499 dollari, nelle misure S, M e L.

BICI ELETTRICA ll Parlamento Europeo è chiamato ad approvare un nuovo regolamento

Otto posti per biciclette su tutti i treni europei, regolamento quasi approvato Tutti i treni nuovi o ricondizionati dovranno avere minimo 8 posti per il trasporto delle bici

di Massimiliano ZOCCHI

M olto probabilmente diremo

addio a treni senza un minimo

spazio per alloggiare una bici,

dovendo sempre occupare malamen-

te l’atrio di ingresso delle carrozze. Il

Comitato Trasporti e Turismo del Par-

lamento Europeo ha già redatto una

bozza di regolamento, secondo cui tutti

i treni nuovi o ricondizionati dovranno

avere un minimo di 8 posti dedicati al

trasporti di biciclette.

Il nuovo regolamento non è ancora at-

tivo, dovrà prima passare il vaglio del

Parlamento Europeo per essere poi di-

scussa dal Consiglio dei Capi di Stato

e di Governo, e in caso

positivo approvarla de-

finitivamente Secondo

la proposta sarebbero

interessati tutti i treni eu-

ropei, senza distinzione

di tipologia, dai treni per

pendolari all’alta veloci-

tà, locali o internazionali.

Fondamentale poi la spe-

cifica “biciclette assem-

blate”, in quanto già oggi in alcuni treni

è possibile trasportare bici, ma solo se

pieghevoli o smontate e imballate. Con

il nuovo regolamento invece si vuole

facilitare la congiunzione tra diverse

BICI ELETTRICA La CE potrebbe cancellare i dazi imposti alle eBike cinesi importate in Europa

EBike importate dalla Cina: via i dazi e i blocchi perché danneggiano anche le aziende europeeL’EBMA non aveva fatto i conti gli importatori, per i quali i prodotti cinesi sono una linfa vitale

di Massimiliano ZOCCHI

N el maggio 2018 la Commissione

Europea, dopo attenta procedura

di investigazione, concluse che le

eBike e le bici importate dalla Cina erano

prodotti oggetto di dumping, ovvero di

agevolazioni non dovute ed eccessive,

da parte del Governo locale per facili-

tarne l’esportazione. Pratiche di queste

genere possono impattare fino al 50% sul

costo di una eBike di fascia entry level,

motivo per cui questi prodotti si sono po-

sti in una posizione di concorrenza sleale

rispetto a quelli sviluppati direttamente

da aziende europee. La Commissione

quindi, su esplicita richiesta dell’Euro-

pean Bicycle Manufacturer’s Association

(EBMA) decise per controlli più stretti e

l’applicazione di pesanti dazi. Dopo po-

chi mesi la scelta intrapresa sembra però

che verrà rivista, su richiesta dello stesso

ente che l’aveva proposta. L’EBMA infatti

non aveva fatto i conti con gli importatori,

per i quali i prodotti cinesi rappresentano

una linfa vitale, se non addirittura l’unica

fonte di guadagno, alcune con il prodotto

finito, altre per componentistica e assem-

blaggio. Le tasse aggiuntive sui prodotti

in arrivo dalla Cina rischiavano si causare

perdite fino a 90 milioni di euro al settore

delle importazioni, con il rischio che al-

cune aziende potessero anche chiudere

i battenti, vedendosi abbattuti in modo

drastico i guadagni. L’ultima parola resta

sempre della Commissione Europea, che

fino ad ora però ha sempre ascoltato i

suggerimenti delle associazioni di cate-

goria. Con la liberalizzazione in vista, le

bici cinesi in Europa potrebbero raggiun-

gere numeri mai visti finora, superando

addirittura il mezzo milione di unità.

città tramite il treno, per poi muoversi

localmente con la bici. Una norma del

genere andrebbe ovviamente a interes-

sare anche le eBike, che in città trovano

un terreno molto fertile per il cosiddetto

ultimo miglio.

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