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Fabrizio Franceschini [email protected] t Anni Sessanta anni Duemila: una classe più ricca una sfida più difficile Pisa, Scuola Normale Superiore, 12 marzo 2015

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Fabrizio [email protected]

Anni Sessanta anni Duemila:

una classe più ricca

una sfida più difficile

Pisa, Scuola Normale Superiore, 12 marzo 2015

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La scuola italiana: due rivoluzioni istituzionali

‘extraparlamentari’Unità d’Italia (1859-61): «Legge Casati»Regio Decreto Legislativo n° 3725,13 novembre 1859, applicato al Regno di

Sardegna e alla Lombardia (II Guerra d’Indipendenza, Armistizio Villafranca 12-VI-1959), recepito nel 1861 dal Parlamento del Regno d’Italia

Dopo la scuola di base comunale (biennio obbligatorio e gratuito + biennio superiore nei comuni maggiori), biforcazione ginnasio-liceo / scuola tecnica

Istituzione delle scuole normali (tre anni) per la formazione dei maestri Aumento delle Facoltà Universitarie: alle tre Facoltà tradizionali di Teologia (poi

abolita nel 1873), Giurisprudenza e Medicina, si aggiungono le Facoltà di Lettere e Filosofia e di Scienze fisiche, matemat. e naturali (accessibile dalla scuola tecnica)

Fascismo, I governo Mussolini (1922-24):«Riforma Gentile»Regi Decreti Legislativi n°1679 31/12/1922, nn.1753,1054,2102,2185 a. 1923 Innalzamento obbligo sino al 14° anno d’età: 6-10° Sc. Elem; 10-14° 1-3ª ginnasio (+

4-5ª gin. + 3 anni L. Classico o Scientifico); Istituto tecnico (con accesso allo Scientifico), Ist. Magistrale, Scuola complementare (dal 1928 Avviamento professionale /al lavoro), senza sbocchi

Creazione del Liceo scientifico accanto al Classici e dell’Ist. Magistrale Accesso all’Università dal Classico e, per Medicina e Scienze,anche dallo scientifico

Riforma Bottai(1940): unificazione triennio delle tre scuole medie inf.

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La rivoluzione sociale degli anni Sessanta

e la mancata rivoluzione scolasticaUnificazione della società italiana

Boom economico e innalzamento del reddito pro-capite (pur con squiibri)

Rottura dell’isolamento regionale o locale per l’emigrazione di massa dal Sud e dalla montagna verso il “triangolo industriale”

Aumento della scolarizzazione (connesso coi fenomeni suddetti) Diffusione mezzi di comunicazione di massa (radio 1923-4,TV 1954)

La debole risposta di riforma della scuola Governi di centro-sinistra (DC,PSI e minori) Legge n. 1859 del 31 dicembre 1962: abolizione dell’avviamento e

scuola media unificata triennale 1968: Istituzione della Scuola Materna Statale Legge 910/1969 «Codignola»: liberalizzazione degli accessi alle

facoltà universitarie(cade invece la legge di riforma 612/17-4-69)

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Superamento della discriminazione, ma incomprensione

dei nuovi compiti dell’educazione linguistica

La scuola basata sui principi delle leggi Casati e Gentile è selettiva e canalizzante: formazione delle classi dirigenti nel percorso Liceo Classico (+ Scientifico) > Università, dei quadri tecnici nel percorso degli istituti tecnici e industriali.

I ragazzi che vanno al Liceo provengono da famiglie di condizione socioculturale alta o medio-alta, che garantiscono una certa formazione linguistica in ambito familiare.

La scuola di serie A (Liceo) deve correggere o migliorare l’italiano già posseduto, non insegnare l’italiano.

La scuola di serie B (Scuola tecnica) deve supplire al deficit di formazione linguistica familiare.

L’insegnamento della storia, della struttura e dei caratteri dell’italiano è al di fuori dell’orizzonte formativo degli insegnanti ed è di fatto assente, sino agli anni ’60, anche dall’Università.

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Alla rivoluzione linguistica degli anni Sessanta si doveva rispondere con una rivoluzione nella

formazione degli insegnanti Superare i condizionamenti del paradigma idealista (B. Croce,

Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale, Bari, Laterza, 1902/1908): riduzione del linguaggio a espressione poetica e della linguistica ad estetica (salvo lasciare uno spazio alla linguistica come pseudo-scienza o supporto tecnico); posizione privilegiata dell’insegnamento di letteratura italiana, mentre linguistica e lingua italiana non sono tematizzati al Liceo(elementi di linguistica entrano invece negli insegnamenti del greco e del latino).

Attingere alla migliore tradizione della cultura e della linguistica italiana (Alessandro Manzoni e Graziadio Isaia Ascoli) per attrezzare i docenti a insegnare l’italiano a neo-italofoni spontantei o a italo-dialettofoni, con bisogni formativi diversi dai ragazzi delle famiglie alte o medio-alte.

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A. Manzoni(a prescindere dalla Relazione del 1868 per il min. Broglio): I promessi sposi

1840-42 come laboratorio didattico Tratti “neostandard” (uso toscano vivo)

egli, ella > lui, lei (o soppressione del pronome) che cosa > cosa

Uso toscano vivo io aveva > io avevo giuoco > gioco, muove > move (ma: cuore, buono, uomo ecc.)

Eliminazione di arcaismi pargoli > bambini mi corco > mi metto a letto guatare > guardare

Eliminazione di lombardismi un zucchero > uno zucchero tosa > ragazza

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I promessi sposi dall’ed. 1827 all’ed. 1840-42

(cap. XXXIV)

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I promessi sposi dall’ed. 1827 all’ed. 1840-42

(cap. XXXIII)

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Il dialetto nelle scuole: “attrito”, comparazione, consapevolezza

metalinguistica Antonio Cesari, Dissertazione sopra lo stato presente della lingua italiana, Verona, Ramanzini, 1810: valorizzazione della “ scienza del nativo dialetto, nella quale [l’allievo] è pratichissimo”: tutti “nel lor dialetto parlando, sanno il valor delle voci e le parti dell’orazione”.

Graziadio Isaia Ascoli, L’insegnamento teorico della lingua mediante la grammatica è opportuno nelle scuole elementari […]?, Relazione al IX Congresso Pedagogico Italiano (1875):

“Siamo a Milano, e il maestro, nel punto che entriamo in scuola, fa notare a un discepolo che la proposizione milanese el fioeu el dis sarebbe in italiano tradotta parola per parola il figlio egli dice ” [ma l’italiano è una lingua PRO-Drop]. L’Italiano marca sempre il plurale ma all’it. i figli dicono il milanese risponde con i fioeu disen, con marca del plurale solo sul verbo ecc.

“Nessuno vorrà dire che sia impossibile, o assai difficile, il condurre l’allievo di una scuola rurale, o di una elementare qualsiasi, a far di queste distinzioni […]. Il giorno ch’egli incominci a farsene capace davvero, è il giorno in cui insieme si determina una nuova fase nelle facoltà della sua mente”.

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Una dialettica discente-docente più elevata e impegnativa

Centralità dell’allievo, che non è una tabula rasa (Crocioni, Gramsci) ed è anzi depositario della «scienza del nativo dialetto».

Forte responsabilizzazione dell’insegnante: l’insegnamento grammaticale, pur necessario, è legato a elevate

competenze di linguistica generale e dialettologia, ma anche al lavoro sui testi e alla capacità dialogica del docente:

«i principali attori erano i giovani. Il marchese [Basilio Puoti] non insegnava grammatica e retorica: facea notare più per esempli che per teoriche i pregi e i difetti degli scrittori […], aggiungendovi avvertenze grammaticali o di lingua o di rettorica» (Francesco De Sanctis).

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La reazione centralistica e repressiva: dialettofobia del Fascismo,

“omologazione” degli anni ’50-60 Negli anni ’30-’40 questa impostazione è sconfessata e

contrastata dal fascismo. Nel dopoguerra, la legge del 1955 sui libri per le

elementari porta all’adozione di testi unici per tutto il territorio nazionale.

L’educazione linguistica tradizionale trasforma in causa di svantaggio la diversità dialettale e culturale che negli anni ’50 e ’60 caratterizzava la grande massa della popolazione italiana.

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Dieci tesi sull’educazione linguistica democratica (1975) Gruppo di Intervento e Studio

nel Campo dell’Educazione Linguistica

Critica alla “pedagogia linguistica tradizionale”, dichiarazione della “parzialità, inutilità, nocività dell’insegnamento grammaticale tradizionale”.

Sottovalutazione dell’arricchimento delle competenze linguistiche e metalinguistiche come fine:“Se anche le grammatiche [...] fossero strumenti perfetti di conoscenza scientifica, il loro studio servirebbe allo sviluppo delle capacità linguistiche effettive soltanto assai poco, cioè solo per quel tanto che, tra i caratteri del linguaggio verbale, cioè anche la capacità di riflettere su sé stesso.

“Lo sviluppo e l’esercizio delle capacità linguistiche non vanno mai proposti e perseguiti come fini a se stessi”.

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Dieci Tesi e “Nuovi programmi per la scuola media” (G. U., 20 febbraio

1979, n. 50)

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“Requisiti minimi” che sono massimi (dalla Tesi n° 9)

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Dai «Programmi per la scuola media» del 1979 alla Gelmini (DM n. 37/2009) e interventi successivi

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Anni Sessanta anni Duemila:una classe più ricca una sfida più

difficileRivoluzione demografica e socio-culturale ben più profonda

di quella degli anni ’60:Rottura dell’isolamento nazionale e formazione di una popolazione italiana (di diritto o di fatto) multilingue e multiculturale;Classi con forti percentuali di ragazzi di famiglia non italiana per origine, lingua e cultura;Quartieri e aree con forti concentrazione di famiglie non italiane;Contesto di cultura globale in cui ai mezzi tradizionali di comunicazione di massa (radio,TV) si sono unite le grandi reti digitali (Internet, social networks ecc.).

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Quali “requisiti minimi” (che sono massimi) per l’insegnamento

scolastico dell’italiano nel 2015 ? La formazione universitaria e la formazione permanente

degli insegnanti deve includerelinguistica e sociolinguistica italiana (comunità dell’accoglienza o del rifiuto);psicologia del linguaggio e dell’apprendimento linguistico linguistica generale, tipologia delle lingue e studio dei processi di interferenza; linguistica acquisizionale: l’ambiente dei ragazzi non italiani, oltre alla lingue nativa e ad altre varietà proprie della famiglia di origine, comprende varietà di apprendimento dell’italiano.

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Quale ruolo de ragazzi di famiglia non italiana per origine, lingua e cultura?

Attenzione alle tendenze (spontanee?) verso la marginalizzazione e l’(auto)isolamento.

Centralità dell’allievo straniero, che non è una tabula rasa ma è anzi depositario della «scienza della nativa lingua» e spesso di un repertorio linguistico più ricco dei ragazzi italiani:

Ad es. famiglia proveniente dal Senegal con francese «langue officielle» a norma della Costituzione; wolof «langue nationale» maggioritaria e lingua franca non europea e/o Diola, Malinké, Pular, Serer, Soninké altre «langues nationales» come L1; inglese e/o italiano regionale o locale (ad es. accento livornese) come L2.

Per il ragazzo, si evita il rischio di una perdita delle lingue e culture di origine, che sono un valore da preservare.

Per la classe si ha un «allargamento degli orizzonti culturali, sociali e umani» (Programmi del 1979) molto più rilevante.

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Quale rapporto tra insegnanti, operatori educativi, risorse

informatiche e comunicative? Riflessione collettiva e organizzazioni di curricula o

percorsi formativi incrociati, all’interno della scuola e per certi versi del territorio, tra insegnanti di italiano, insegnanti di inglese e altre lingue europee, mediatori linguistico-culturali competenti in lingue e culture non pertinenti all’Europa occidentale.

Utilizzazione ampia ma criticamente verificata delle risorse, bibliografie e informazioni reperibili in rete.

Utilizzazione ampia, in sede didattica, del cinema e della televisione, inclusi prodotti e programmi non italiani.

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Il bello viene ora!

Dove il mio discorso termina, il lavoro, anche il lavoro di questo ciclo di lezioni e laboratori, inizia.

Grazie dell’attenzione!