TESTIMONI DELLA LUCE: SIMEONE E ANNA a cura di: Antonella Anghinoni e Silvia Franceschini © Silvia...

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TESTIMONI DELLA LUCE: SIMEONE E ANNA a cura di: Antonella Anghinoni e Silvia Franceschini © Silvia Franceschini, 2014

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TESTIMONI DELLA LUCE:

SIMEONE E ANNA

a cura di: Antonella Anghinoni e Silvia Franceschini

© Silvia Franceschini, 2014

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Un uomo di nome Simeone

… Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse

concepito nel grembo. Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore,

come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi,

come prescrive la Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo

Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo

Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: "Ora lascia, o

Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per

illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di

contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima“ … (Lc 2,21-35)

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1464 ca., Giovanni Bellini, Presentazione di Gesù al Tempio, Venezia, Galleria Querini Stampalia

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Obbedienza alla Legge

• Dopo il racconto della nascita (2,1-20) siamo nella vita normale di Israele. Maria e Giuseppe, dopo aver ubbidito al decreto dell’imperatore (2,1-6) sono ora in atteggiamento di ubbidienza a Dio. In Luca 2,22-24 per tre volte si parla della Legge di Mosè. La piccola famiglia è in tutto obbediente alla Legge

• Nel parlare biblico si è soliti contemplare il trascorrere del tempo nella sua tensione verso un atteso compimento in cui qualcosa di significativo deve realizzarsi

• È piccolo Gesù, ha appena quaranta giorni, e subito si reca a Gerusalemme. È il primo viaggio, ma già prefigura l’ultimo. Tornerà nella città santa al termine della sua vita, ma non più offerto nel Tempio e posto sulle braccia di Simeone, sarà invece condotto fuori le mura della città e sarà inchiodato sulle braccia della croce

• Luca conosceva bene la Scrittura e nel gesto di Maria vede ripetersi quanto, secoli prima, fece Anna dopo la nascita di Samuele. Essa andò al Tempio e disse al sacerdote: “Lo do al Signore perché appartiene al Signore” (1Sam 1,28). Per lei era un dono del Signore alla sua sterilità. E poi il primogenito secondo la Legge (Es 13,2.12) appartiene al Signore. Si legge infatti: “Ogni primogenito sarà chiamato santo (consacrato) al Signore”. Tutto ciò valeva anche per Maria

• L’anziano Simeone è il simbolo di tanti altri che in Israele aspettavano il Consolatore, la salvezza messianica

• Simeone viveva in questa ansiosa attesa guidato dallo Spirito come gli antichi profeti. Ora, lo Spirito gli fece sapere che non sarebbe morto prima di vedere il Cristo, il Messia. A questo titolo la comunità pasquale aggiunge: “il Signore”

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Metà XVIII ca., Louis de Boullogne, Presentazione di Gesù al Tempio, Parigi, Museo del Louvre

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Luce delle nazioni

• Era da molto tempo che mancavano i profeti (1Mac 2,8; 14,41; Sal 94,3). Ora però l’attesa è finita, il momento della salvezza è giunto, lo Spirito è in azione e Simeone mosso dallo Spirito va al Tempio e subito riconobbe il Messia in braccio alla madre. Lo prese tra le braccia e, alzando gli occhi e il bambino verso il cielo, intona la sua lode a Dio. La sua attesa è finita e perciò può concludere con gioia la sua vita perché ha visto il Salvatore

• Gesù è la “gloria di Israele” perché è segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo ed è una presenza dal respiro universale: è per tutti i popoli e rivelazione per tutte le genti. Sono parole che ricordano il terzo canto del Servo di Dio (Is 49) e che ora si compiono

• In Isaia infatti, il Servo sente l’inutilità della sua missione in Israele, ma Dio gli dice: “È troppo poco per te che tu sia mio servo per rialzare le tribù di Israele e ricondurre gli scampati del popolo, voglio fare di te la luce delle nazioni, lo strumento della mia salvezza fino alle estremità della terra” (Is 49,6)

• Maria e Giuseppe si stupirono delle cose che si dicevano di Gesù: Maria sente cantare il futuro di suo figlio. Ma subito sentirà parlare del futuro di sofferenza del Messia. Ha inizio così la presentazione di Maria, la Dolorosa (2,34-35)

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1510, Vittore Carpaccio, Presentazione al tempio, Venezia, Gallerie dell’Accademia

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Benedizione: un esubero di gioia• Simeone ci appare stupendo, presentato come un uomo giusto e pio al pari di Zaccaria, sebbene non fosse

un sacerdote. Lo Spirito muove e accompagna ogni suo passo, nel cuore, nel tempo, nei piedi• Il suo essere giusto consisteva in tre caratteristiche che egli viveva ogni giorno da un tempo ormai perduto

nel tempo: l’attesa del Messia, la fede nella promessa che non sarebbe morto prima che Lui arrivasse e il viaggio che egli fa al Tempio, sulle ali dello Spirito

• Qui si crea il contrasto con il sacerdote Zaccaria che del Tempio era un ufficiale, un ministro formalmente incaricato e riconosciuto: Zaccaria non vede e non crede alla venuta del dono di Dio, mentre Simeone parte dalla sua casa e va ad abbracciarlo. La fede dell’ebreo Simeone l’aveva trasformato in un’onda di speranza, l’aveva reso leggerezza di spirito

• Pur se tutti lo immaginano anziano, egli si mostra agile e lieve, pronto a credere e a sorridere. Simeone prende in braccio Gesù e benedice Dio: un gesto tipicamente sacerdotale e un’autentica liturgia dell’offerta del sacrificio. Egli officia nel Tempio la benedizione. Una benedizione che fa eco a quella di Zaccaria nel suo Cantico sacerdotale (Lc 1,68), ma anche a quella di Elisabetta che, insieme alla madre, impartì la prima benedizione al frutto del grembo che era Gesù

• Un sacerdote, un laico, una donna benedicono Dio e suo figlio: la benedizione non è ufficio d’èlite, ma un esubero di gioia che ciascuno può offrire a Dio

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1505 ca., Giovanni Bellini, Nunc Dimittis, Madrid, Museo Tyssen-Bornemisza

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Roccia della speranza • Tanta è la pienezza di questo giorno che Simeone chiede a Dio di morire, perché lo spazio del corpo

non può contenerla e anche il tempo si deve dilatare per poterne consegnare la grandezza• Simeone appare benedetto come il padre Abramo, che morì vecchio e sazio di giorni (Gen 25,1ss)

ricongiungendosi ai padri e fu sepolto dai suoi due figli: Isacco e Ismaele. Quel morire di Abramo era un nascere alla vita piena, così come adesso era quello di Simeone: la vita piena è la salvezza d’Israele, preparata da Dio davanti a tutti i popoli

• Benedizione e profezia sono sulla bocca dell’uomo di Dio Simeone• Simeone è l’uomo dell’attesa, un vero sapiente, biblicamente parlando. Non guarda all’indietro, ma in

avanti. Tiene gli occhi fissi sulla promessa, attende la grande consolazione messianica. E lo Spirito gli riserva la sorpresa della consolazione: un Bambino!

• Le braccia del santo vegliardo stringono tremanti quel bambino mentre dal cuore erompe il canto: Ora lascia…. Secondo la tua parola. Risuona l’eco della risposta della Vergine (Lc 1,38; 2,29)

• La Parola di Dio è l’ambiente vitale della grande attesa, la roccia della speranza. Cuore che canta, gioia degli occhi che hanno visto ciò per cui valeva la pena di vivere. Hanno visto l’Atteso. Gli occhi di Simeone vedono in profondità ciò che sta davanti al volto di tutti

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1438-40, Beato Angelico, Presentazione di Gesù al Tempio, Firenze Convento di San Marco

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Nunc dimittis

• Come prima fecero Maria e Giuseppe, ora anche Simeone "prende il Bambino con sé" ed è riempito di una consolazione senza limiti tanto che dal suo cuore salì una tra le preghiere più belle della Bibbia: "Ora lascia, o Signore che il tuo servo vada in pace... perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti”

• Il canto di Simeone è formato da due oracoli profetici di diverso contenuto: il Nunc dimittis vero e proprio (vv. 29-32) e la profezia della spada (vv. 34-35), legati dal leitmotiv dello stupore dei genitori che fa da transizione. Il Nunc dimittis cita soprattutto il Deutero Isaia (Is 40-55)

• Simeone (Shim‘on) il cui nome significa “ascolta”. Il primo Simeone che troviamo nella Bibbia è il figlio di Giacobbe e Lea che al momento della sua nascita pronunciò queste parole “il Signore ha udito che io ero odiata e mi ha dato anche questo. (Gen 29,33).

• Il vecchio Simeone non chiuse gli occhi sulla sua debolezza, sull’affievolirsi delle forze; in quel bambino trovò una nuova compagnia, una nuova energia

• Simeone in questo modo poté cantare il "Nunc dimittis" non con la tristezza di chi aveva sprecato la vita e non sapeva cosa sarebbe accaduto di lui; Simeone prima ed Anna poi, insieme al gruppo dei pastori e dei magi, furono i primi missionari del Vangelo

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1433, Fra’ Beato Angelico, Presentazione di Gesù al Tempio, Cortona, Museo Diocesano

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Una spada che trafigge

• Di fronte a questi fatti Maria continua a conservare e a confrontare parole-eventi cercando di capire

• La stessa spada che uccide il Figlio trapasserà l’anima di Maria. Non si tratta di due episodi, di due protagonisti, ma di una stessa passione sopportata allo stesso tempo dalla Madre e dal Figlio

• Le parole del testo si intrecciano e i due sono messi sullo stesso piano. Maria si trova associata intimamente al destino e alla morte di Gesù e non solo per il dolore che ha provato ai piedi della croce, ma per il posto che essa occupa nella storia della salvezza

• La metafora della spada è probabilmente un implicito richiamo al testo di Ezechiele 14,17 dove si legge: “Una Spada attraversa questo paese”. La spada che attraversa Israele è la predicazione di Gesù, la Parola di Dio, che “è più tagliente di ogni spada a doppio taglio. Essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito... e sa discernere i sentimenti e il pensieri del cuore” (Eb 4,12). Essa provoca la rovina di molti perché li obbligherà a svelare i pensieri occulti del loro cuore

• Questa stessa spada attraversa la vita di Maria: essa comunicando con i sentimenti del suo popolo ne sente tutta la tragedia dovuta al rifiuto di Gesù; e questa tragedia diventerà ancora più dolorosa ai piedi della croce. La parola dell’anziano Simeone segna un culmine di infinita sofferenza

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Donne nel Vangelo di Luca• È sorprendente il numero di donne descritte in Luca e l’enfasi posta sulla loro

presenza nella narrazione: 42 passi, di cui 23 si trovano solo in questo vangelo, 10 donne poi sono menzionate per nome, 10 donne innominate che svolgono un ruolo e 2 gruppi

• A differenza di Marco (16,7) in Luca nessuna donna riceve il mandato di apostolo. Qui le donne possono essere chiamate una comunità d’ascolto. Inoltre vi è anche una tendenza a difendere, rassicurare e lodare le donne

• La tecnica stilistica chiamata appaiamento è molto evidente: la versione di un racconto o insegnamento si riferisce a un uomo e l’altro a una donna, rafforzando il messaggio e incoraggiando sia le donne sia gli uomini a identificarsi con i personaggi. L’appaiamento si verifica più spesso nei discorsi di Gesù, per esempio: l’uomo che pianta il granello di senape e la donna che prende il lievito (13,18-21); l’uomo che cerca la pecora perduta e la donna che cerca la moneta perduta (15,4-10). Alcune guarigioni sono appaiate: l’unico figlio della vedova e l’unica figlia di Giairo (7,12; 8,42); le guarigioni di sabato della donna curva e dell’uomo idropico (13,10-17; 14,1-6). Esistono due liste dei nomi dei seguaci di Gesù: uno degli apostoli (6,12-19) e una delle donne (8,1-3)

• Infine, Luca si riferisce alle vedove più spesso degli altri vangeli (2,37; 4,25-26; 7,12; 18,3.5; 20,47; 21,2-3)

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1304-06, Giotto, Presentazione di Gesù al Tempio, Cappella degli Scrovegni, Padova

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La profetessa Anna

… C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuel, dalla tribù di Aser. Essa era molto avanzata in molti giorni (età), avendo vissuto con il marito sette anni dalla sua verginità ed essa (era

rimasta) vedova fino a ottantaquattro anni, che non si allontanava dal tempio con digiuni e con preghiere, rendendo culto (servendo) notte e giorno. Ed essendo sopraggiunta in quella stessa ora (in

quel momento), rendeva grazie a Dio e parlava di lui (bambino) a tutti gli aspettanti la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero

tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret … (Lc 2,36-39)

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1886-94, James Tissot, La profetessa Anna, Brooklyn Museum, New York

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Anna: luce di speranza • Questi 3 versetti del cap. 2 di Luca ci pongono all’interno del racconto più ampio

della presentazione di Gesù al tempio, che si apre al v. 22 con la descrizione del rito della purificazione della puerpera, 33 giorni dopo la circoncisione del bambino e 40 dopo la nascita. Siamo dunque nel conteso dell’infanzia di Gesù, nei suoi primi giorni di vita, ma già la forza del vangelo ci pone davanti la luce folgorante del mistero della salvezza che è Gesù Cristo

• Luca si sofferma a descrivere l’incontro di Maria e Giuseppe con Simeone e la sua profezia riguardo a Gesù e alla madre. Il vecchio Simeone ha appena pronunciato le sue profezie e benedetto Maria e Giuseppe. È a questo punto che compare Anna, dapprima silenziosa, quasi nascosta e poi a mano a mano, disgelata dalle parole precise dell’evangelista

• In quel momento, mentre risuonano le parole di sofferenza, di ferita nell’anima, lei sopraggiunge. Avvezza al dolore e vittoriosa su di esso, non si spaventa, non fugge davanti ad esso perché è capace di condividere anche la prova di chi le sta accanto. Infatti si accosta, si fa vicina, si ferma e rimane accanto. Non parla di sé, non offre semplicemente se stessa, con la sua esperienza e la sua saggezza; lei dona ciò che ha di più caro e prezioso, ciò che l’ha fatta rinascere, che le ha ridato speranza

• Anna comincia così a lodare Dio e a parlare di lui, di quel bambino presente, che è la redenzione, la liberazione, la rinascita di chiunque voglia accoglierlo, riceverlo, attenderlo

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1669, Rembrandt, Simeone al Tempio, Nationalmuseum, Stockholm

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Anna … Dio mi ha usato grazia

• Questa figura di donna, profetessa, vedova, orante, penitente, missionaria, è propria solo a Luca. Sembra quasi una presenza scaturita al suo cuore attento, tenero, sempre alla ricerca delle minime tracce di amore lungo le vie percorse da Gesù

• Solo pochi versetti, appena qualche pennellata, eppure riceviamo un’impressione fortissima da questo personaggio. Per coglierlo con la maggior profondità possibile, dobbiamo anche noi entrare nel tempio, dove già sono presenti Gesù, sua madre Maria, Giuseppe, Simeone e accanto a loro Anna

• La profetessa Anna era figlia di Fanuel; rimasta vedova giovanissima, ha dedicato la vita al Signore, vivendo nel Tempio di Gerusalemme e proprio lì è stata la prima a riconoscere la santità di Gesù, nel momento in cui fu portato al Tempio per registrarne la nascita

• Anna è una profetessa, cioè interpreta il senso degli eventi e il messaggio di Dio nascosto in essi

• Il suo nome significa: Dio mi ha usato grazia anche oggetto particolare della grazia di Dio e Fanuel: il volto di Dio. Nomi che parlano il linguaggio della fede.

• Anna ha 84 anni, cioè 7 X 12: il numero 7 significa perfezione e il numero 12, elezione. Il testo letterale dice: avanzata in giorni molti. Questa stessa espressione la troviamo riferita a Zaccaria ed Elisabetta (Lc 1,7) e indica un avanzamento continuo, come nella conquista di tappe progressive. Di giorno in giorno, di situazione in situazione, si va avanti, si attraversa, si giunge al di là. È uno spostarsi in avanti, un progredire

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1605, Ludovico Carracci, Presentazione di Gesù al Tempio, Madrid, Museo Tyssen-Bornemisza

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Anna della tribù di Aser• Il mistero di Anna è grande e molto ricco, siamo davanti a una figura gigantesca, nella sua

umiltà e piccolezza. Aser, suo antenato, è l’ottavo figlio nato a Giacobbe (da Zilpa, schiava di Lia Gen 30,12-13) e, come dice il suo nome, fu portatore di felicità e beatitudine

• Suo padre pronunciò questa benedizione su di lui: Aser, il suo pane è pingue, egli fornisce delizie da re (Gen 49,20). Mentre Mosè prima di morire disse così: sia il favorito tra i suoi fratelli e tuffi il suo piede nell’olio (Dt 33,24)

• Beatitudine, pane pingue e olio abbondante caratterizzano l’identità di questa tribù di Israele e già preannunciano la presenza salvifica del Messia: cibo sostanzioso, unguento di esultanza, felicità dell’anima. Inoltre all’ingresso nella terra promessa ad Aser fu destinata la porzione di territorio lungo la fascia costiera della Galilea, che va dal monte Carmelo fino a Tiro e Sidone (Gs 19, 24-31)

• Aser abita una terra pagana, inquinata dalla presenza dei Cananei (vedi Gdc 1,31; Mt 15,21-28; Gv 1,46). Eppure, in mezzo agli infedeli e impuri, nasce Anna, figlia di Fanuele, cioè di colui che ha visto Dio faccia a faccia, come dice il suo nome. E lei non si allontana da Dio, anzi vive un’esperienza di fede e di amore al Signore

• La troviamo nel tempio a vivere, a respirare di Dio, del servizio a lui. È bello pensare a questo pellegrinaggio d’amore e di fede che Anna ha compiuto: è scesa dalla Galilea alla Giudea, dalla periferia al cuore e scendendo, ha compiuto la più grande risalita che una creatura possa realizzare nella sua vita: quella verso Dio. Anna indica il cammino da percorrere, scendere verso Gerusalemme. Per questo si incontrano insieme nel cuore di Dio, che è il tempio

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1878, Anonimo, illustrazione, Simeone e Anna nel Tempio

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Anna: donna fedele al Signore

• Una donna fedele al Signore nelle avversità. Una vedova senza figli a quei tempi era in una condizione penosa. Se si fosse sposata, come la maggior parte delle ragazze di allora a 14 anni, sarebbe rimasta vedova a 20 circa

• Il verbo da cui deriva la parola vedova esprime privazione, vuoto, mancanza, solitudine, abbandono e richiama altri termini dal significato analogo, con sfumature appena diverse, come separazione, ampiezza

• La Scrittura sembra presentarci una situazione di solitudine estrema, inguaribile. Con la morte della persona amata sopraggiunge il vuoto più ampio, che avvolge ogni cosa, ogni pensiero. Eppure la storia di Anna dimostra che c’è una via d’uscita e tale da permettere di vivere ancora a lungo dopo il dramma di questa separazione. La via d’uscita è precisamente la discesa, il viaggio verso Dio, luogo vero dell’incontro per eccellenza

• Anna infatti non si arrabbia con Dio e continua a credere alle sue promesse. Lei sapeva che avrebbe potuto trovare rifugio presso Dio. Aveva pianto la scomparsa dell’uomo che amava, ma la valle del pianto si era trasformata in luogo di sorgenti, pioggia di benedizioni. Nell’afflizione Anna aveva trovato Dio, una forza sempre maggiore nel Signore. Anna è una donna speciale per la sua fedeltà e la fedeltà è uno dei principali tratti del carattere di Dio:

… Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele, che mantiene la sua alleanza e benevolenza per mille generazioni, con coloro che l’amano e osservano i

suoi comandamenti … Dt 7,9

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1700, Aert de Gelder, Simeone e Anna pregano su Gesù

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Anna: donna di ascolto

• Non si allontanava mai dal tempio: Anna bandisce dalla sua vita il verbo allontanarsi, perché il male sta proprio nel mettersi da parte, tenersi lontano e distaccarsi. La ferita è questa e lei la cura rimanendo, cercando presenza costante, fedele, forte. Ricostruisce relazioni, incontri, unioni. Comincia dal rapporto per eccellenza che è quello con Dio e poi con le persone che incontra. Vive in continua preghiera, in penitenza, chiusa nel santuario, ma tutto questo è l’immagine della scelta fondamentale di vivere la relazione, l’incontro, la presenza

• Una donna che serve il Signore. Il Signore diventa il punto focale della sua vita. Se la preghiera è il respiro dell’anima, il digiuno nasce dal desiderio di vivere una maggiore comunione con Lui. Anna pregava e digiunava per il popolo che si era sviato e contaminato, gli scandali erano all’ordine del giorno. Lei si impegna per i peccati del popolo e supplica Dio che li perdoni e conceda loro redenzione dai loro mali

• Anna una donna disponibile: era una profetessa, una di coloro alla quale il popolo si rivolgeva per ricevere parole di conforto, di saggezza, di consiglio. Non aveva un incarico ufficiale per questo, ma era una donna di ascolto

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1627, Rembrandt, Presentazione di Gesù al Tempio, Amburgo, Hamburger Kunshalle

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Anna: una donna che loda Dio

• Si mise anche lei a lodare Dio: Anna loda Dio, cioè è come se lei e Dio dicessero la stessa cosa l’uno di fronte all’altra. La sua lode è accettazione, accoglienza, sintonia con il pensiero e la proposta di Dio. Scorrendo i vari significati del verbo, capiamo che Anna acconsente, viene a un accordo, ammette apertamente e riconosce; infine anche rende grazie, esprimendo la sua riconoscenza. Tutto questo è lode, quindi canto e gioia

• Una donna dietro le quinte. Anna non ebbe nessun riconoscimento ufficiale, non fu elevata in alto grado. Dio può metterci anche all’ingresso della chiesa e nulla più. Che importa? Aveva un compito importante eppure era poco in vista. Il suo silenzioso servizio fu efficace ed ebbe la gioia di incontrare il Salvatore del mondo, mentre chi ricopriva un’alta carica non fece la stessa esperienza. Dalla storia di Anna impariamo ad essere fedeli nelle piccole cose e se Dio vorrà ci affiderà anche le grandi:

Lc 16,10: Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto

Mt 25,23: Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone

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1529, Girolamo Romanino, Presentazione di Gesù al Tempio, Milano Pinacoteca di Brera

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L’aurora della salvezza• La nascita di Gesù, come la sua morte, avviene fuori dalle mura della città, ai margini del

centro. Solo in un secondo tempo, l’obiettivo del narratore si sposta su Gerusalemme. E anche qui, pur collocata nel luogo centrale del Tempio, la scena ha come protagonisti personaggi minori, figure di una fede per nulla ufficiale. Lungo le pagine dell’AT si incontrano diverse vocazioni profetiche. La vocazione di Anna assomiglia, per certi versi, alla vicenda di Ezechiele

• Anche lei, come l’antico profeta, ha ricevuto la chiamata nella vedovanza, essa è anche lo specchio di una storia collettiva segnata dal lutto, chiusa, impossibilitata dunque a partorire la speranza. La novità tuttavia riguarda il fatto che questo incarnarsi della vicenda collettiva nell’esistenza del profeta ora si compie in una donna

• Il segno della vedovanza profetica che indica l’impossibilità di ogni speranza futura, si addolcisce nell’immagine femminile, mettendo in tensione quel venir meno della speranza nel presente con la possibilità che questa stessa storia trovi accoglienza

• Nel Tempio la profetessa – che, come il salmista 27,4-5 parla: 4 Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. 5Nella sua dimora mi offre riparo nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua tenda, sopra una roccia mi innalza

• Abita alla presenza del Signore tutti i giorni della sua vita, vigila nell’attesa di scorgere l’aurora della salvezza e con-templa: è in grado di vedere con lo sguardo di Dio e di annunciare a tutti la visione

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Anna: vero testimone della luce

• Lo Spirito Santo la rende cosciente che il bambino fra le braccia di quel vecchio era l’adempimento di tutte le sue aspettative

• Una donna con un messaggio. È una donna anziana, ora che le sue preghiere sono state esaudite, continua ad operare e a dire a tutti ciò che è avvenuto e avverrà. È sempre lei che diventa proclamatrice del Vangelo. Quella donna è messaggio fatto persona. Anna, la profetessa diventa voce di Dio per il suo popolo

• Il nostro brano si chiude con l’immagine di Anna missionaria, annunciatrice. Quello che lei ha ricevuto, vissuto, sperimentato nella sua vita, ora lo vuole trasmettere anche agli altri. Non si chiude, non si nasconde, ma si apre nel dono

• Il suo annuncio profetico risuona ora nelle nostre orecchie, esso è dato per noi. Se dunque siamo tra coloro che attendono la redenzione, la liberazione di Gerusalemme, cioè dell’uomo e della donna di oggi, dobbiamo far attenzione a ciò che Anna dice. E lei parla non solo con le sue parole, ma con tutta la sua persona, la sua storia passata, le sue scelte di ieri e di oggi