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CONVEGNO TEMATICO NAZIONALE informa FEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE n 27 novembre 2015 Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - N. 44 anno XII - SETTEMBRE 2015 PRESENTAZIONE LAVORI PERVENUTI GIOCO D’AZZARDO SOCIETÀ ISTITUZIONI SERVIZI Milano 10-11 novembre 2015 Centro Congressi Hotel Michelangelo

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CONVEGNO TEMATICO NAZIONALE

informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 27novembre 2015

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - N. 44 anno XII - SETTEMBRE 2015

PRESENTAZIONELAVORI PERVENUTI

GIOCOD’AZZARDOSOCIETÀ ISTITUZIONISERVIZI

Milano10-11 novembre 2015Centro Congressi Hotel Michelangelo

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 27

novembre2015

Supplemento a MissionPERIODICO TRIMESTRALEDELLA FEDERAZIONEITALIANADEGLI OPERATORIDEI DIPARTIMENTIE DEI SERVIZI DELLEDIPENDENZE

Supplemento al N. 44anno XII - sett. 2015Proprietà: FeDerSerDSede legaleVia Giotto 3,20144 Milano

Comitato di DirezionePietro Fausto D’Egidio,Felice Nava, GuidoFaillace, AlessandroCoacci, Alfio Lucchini,Giancarlo Ardissone,Roberta Balestra,Emanuele Bignamini,Giovanni Cordova,Edoardo Cozzolino,Francesco De Matteis,Tommaso Di Marco,Donato Donnoli,Giuseppe Faro, MaurizioFea, Roberta Ferrucci,Mara Gilioni, Maria LuisaGrech, FernandaMagnelli, Ezio Manzato,Gianna Sacchini, GiorgioSerio, VincenzoSimeone, CristinaStanic, ConcettinaVarango, Franco Zuin,Margherita Taddeo,Giovanni Villani

Direttore scientificoAlfio Lucchini

Comitato di RedazioneMaurizio Fea,Raffaele Lovaste,Vincenzo Marino,Cinzia Assi

Sede operativa eRedazione MissionVia Mazzini, 5420060 Gessate (Mi)tel. [email protected]

Direttore responsabileStefano Angeli

Copyright byFrancoAngeli s.r.l.Milano

Poste Italiane SpaSped. in Abb. Post.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 1 - DCBMilano AutorizzazioneTribunale di Milanon. 131 del 6.3.2002Edizione fuori commercio

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indicePoster e comunicazioni brevi

Introduzione e riflessioni strategiche sul gamblingMaurizio Fea

1. PROGETTO SPERIMENTALE PER L’INSERIMENTO IN COMUNITÀ TERAPEUTICA DI PAZIENTIAFFETTI DA GIOCO D’AZZARDO: PRIME RIFLESSIONIBadii Franco, Balugani Renzo, Chiarlone Maura, Conio Nicoletta, Giorgetti Enrica, Selis Mauro,Lequio Saveria

2. ANZIANI E GIOCO D’AZZARDO: DAI DATI ALLE AZIONIElvira Beato, Luca Biffi, Lara Marchesi, Marco Riglietta, Roberta Potente, Mercedes Gori,Sabrina Molinaro

3. IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICODue anni di attività progettuale della task force della ASL Milano2Paola Broggi, Alfio Lucchin

4. A CHE PUNTO SIAMO? Esperienza di organizzazione dei servizi della ASL NA1 CENTROnell’intervento sul GAPLuigia Cappuccio

5. UN APPROCCIO INTEGRATO PER IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO:L’ESPERIENZA DI UNA COOPERATIVA SOCIALEPaola Castellan, Daniele Nervo

6. QUANDO IL GIOCO NON È PIÙ UN GIOCO?Mauro Cecchetto, Elisabetta Bosi

7. UN SERVIZIO DEDICATO: L’ESPERIENZA DELL’ASL NAPOLI 2 NORDUn Ambulatorio di prevenzione, accoglienza, cura e riabilitazionedel gioco d’azzardo patologicoDi Lauro G., Capasso E., Di Marino M., Mautone A.G., Nasti F., Parascandolo I.F., Tuccillo R.,Vassallo M.

8. ESPERIENZA CLINICA E GRUPPI PSICOEDUCATIVI NELL’AMBITO DEL TRATTAMENTO DEL GIOCOD’AZZARDO PATOLOGICO. Studio osservazionale ASL-PaviaFavini P., Zanini M.T., Costantino E., Degani F., Nardulli C., Priora C., Brigada R., Verri A., Panzarasa A., Mauri A.

9. COOPERATIVE LEARNING E GAMBLING. Un progetto pilota nella realtà scolastica palermitanaBarbara Ferraro, Francesca Picone

10. PROGETTO PILOTA DI RICERCA E INTERVENTO SUL FENOMENO DEL GIOCO D’AZZARDONEL COMUNE DI OLGINATEFiocchi A., Bonvini M., Gusmeroli P., Cavalera C., Rovida D., Briganti R.

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novembre2015

11. FATE IL NOSTRO GIOCO. Progetto di comunicazione/sensibilizzazione in tema di Giocod’Azzardo in collaborazione tra Coordinamento Regionale Servizi GAP Piemonte e SocietàTAXI1729Roberto Fiorini, Loredana Acquadro, Paola Bogliaccino, Claudia Carnino, Franca Guerzoni, AntonioLeonetti, Signorella Nicosia, Luca Rossi, Marzia Villata, Paolo Canova, Diego Rizzuto, SaraZaccone

12. “IO NON SONO UN POLLO”, GRUPPO DI PSICOEDUCAZIONE PER PERSONE AFFETTE DADISTURBO DA GIOCO D’AZZARDOD. Micheli, G. Zita, E.Cozzolino

13. GRUPPO FAMILIARIDaniele Pavese

14. GIOCO D’AZZARDO: FUORI DAL GIOCO E PAROLE IN GIOCO,DUE INTERVENTI DI GRUPPO NEL DPD ASL TO1 OVESTLuisella Pianarosa, Claudia Carnino, Fabio Pellerano, Mariagrazia Bresciano, Francesca Rossi, Luca Giachero

15. IL GAMBLING PATOLOGICO NEL QUADRO DELL’ADDICTION:CONCETTUALIZZAZIONE DEL CASO E ORGANIZZAZIONE DELL’INTERVENTO PSICOTERAPEUTICOPozzato Marita, Zanon Susanna

16. “ADESSO PAGO IO” La gestione controllata del denaro come intervento sociale nel trattamentodel Disturbo da Gioco d’AzzardoSusanna Francesca Redaelli, Gaetana Mongiovì, Chiara Novichov, Gianmaria Zita, Edoardo Cozzolino

17. L’UTILIZZO DELLA PSICOEDUCAZIONE COME MODELLO DI INTERVENTO NEL TRATTAMENTO DEI GIOCATORI PATOLOGICI: L’ESPERIENZA DELLE SEDI SER.T. DELLA PROVINCIA DI VARESEManuela Scalas, Fabio Reina, Roberta Cantù, Giovanna Balsamo, Barbara Cala, Donatella Fiorentini,Claudio Tosetto, Laura Randazzo

18. LA RETE INTERISTITUZIONALE SARONNESE PER LE PROBLEMATICHE DEL GIOCO D’AZZARDOPATOLOGICO: PIANO DELLE AZIONI INFORMATIVE VS GLI ADOLESCENTI E LA CITTADINANZAPER L’ANNO 2015Fabio Reina, Maria Raffaella Guzzetti, Lanfranco Roviglio, Laura Randazzo, Vincenzo Marino

19. IL SISTEMA ITALIANO DI REGOLAZIONE DEL GIOCO D’AZZARDO:GIUSTIFICAZIONI E CONTROARGOMENTAZIONISara Rolando, Alice Scavarda

20. IL GAMBLING TRA SOCIETÀ, ISTITUZIONI E CURAAntonio Tomaselli, Margherita Taddeo, Lucia Ponzetta, Vincenza Ariano

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n 27 - NOVEMBRE 2015

INTRODUZIONE E RIFLESSIONISTRATEGICHE SUL GAMBLING

Maurizio FeaPsichiatra Responsabile Settore Gambling FeDerSerD

La forza delle proposizioniLa forza delle proposizioni sui rischi del gioco d’azzar-do sembra risiedere nella capacità di evocare tanto idanni alla salute che la loro curabilità, oltreché nellapossibilità di prevenire gli stati morbosi prodotti daglieccessi di gioco attraverso misure di controllo, piutto-sto che attraverso la capacità di produrre cambiamen-ti individuali e sociali mediante misure e processi diresponsabilizzazione. La realtà è complessa e non dico-tomica, così le tendenze verso l’uno o l’altro modellosi mescolano e coesistono. Accanto infatti alla indica-zione di curare la malattia da gioco, sta il richiamo aduna maggiore sobrietà nei consumi e nella pubblicità,fino a proposte di misure escludenti ogni forma digioco d’azzardo. Tuttavia osservando nel merito le pro-poste che emergono dal dibattito, si nota come la vi-sione che informa la maggior parte delle soluzioni, siafortemente ancorata al riduzionismo e alla semplifica-zione, di fenomeni complessi ai quali si pretende didare risposte puntuali come stabilire la distanza mini-ma ottimale dei luoghi di gioco, dai contesti di aggre-gazione ed educativi. Naturalmente è vero che il nume-ro delle persone che giocano, è direttamente correlataanche alla densità di occasioni di gioco, almeno finoalla saturazione teorica dei soggetti vulnerabili e alledisponibilità del mercato, tuttavia la soluzione propostaè più ispirata all’idea della fisicità del contatto con rela-zione causa effetto che non alle variabili del processodecisionale individuale che conducono alle scelte.

La complessità dei fenomeni C’è stato negli ultimi due anni, il calo complessivo deiconsumi così come la riduzione dell’ammontare gioca-to dagli italiani, per effetto del peggioramento dellecondizioni economiche, ma ciò ha prodotto la riduzio-ne degli impulsi patologici al gioco o semplicementeha ridotto la platea dei soggetti disposti a spenderedenaro in beni voluttuari e/o nel gioco d’azzardo?Ovvero la patologia è sensibile alle variazioni econo-miche e alle leve fiscali, come si è pensato che potes-se essere per esempio nel campo dell’alcol e del tabac-co, o queste condizioni influiscono solo sulla compo-sizione dei gruppi di consumatori nel contribuire alladiffusione o riduzione dei consumi. La teoria del con-sumo totale (totalconsumption model and the singledistributiontheory) sostiene che la distribuzione deiconsumi sia una misura parametrica, cioè, che vi sia unrapporto fisso tra la popolazione media che consuma ela varianza della distribuzione. Questa proprietà impli-

ca che i cambiamenti nella media dei consumi sonocausati da cambiamenti nei livelli di consumo lungol’intero arco dei consumatori. Essa implica anche chel’intera distribuzione dei consumi risulti più bassa inuna popolazione con un bassa media, che in una popo-lazione in cui la media dei consumi è alta. Ciò forsesembra banale, ma nel caso delle sostanze stupefacen-ti ad esempio, l’opinione popolare contraddice spessoqueste idee. L’idea che i consumatori pesanti siano unarazza speciale, diversa dai consumatori moderati, haavuto molti seguaci, e c’è anche chi afferma che i livel-li di consumo degli individui tossicodipendenti nonsono sensibili ai cambiamenti di circostanze esterne,quali i prezzi, disponibilità o livelli di consumo di altrepersone, perché la dipendenza controlla la loro assun-zione e non hanno scelta. Per spiegare un fenomeno complesso come il giocod’azzardo, del quale uno dei tanti aspetti è la possibi-le deriva nella patologia, non è sufficiente analizzaree comprendere il cambiamento di una sola variabilecome il costo, ancorché importante, ma serve unapproccio che tenga conto inevitabilmente dellanumerosità dei fattori che concorrono allo sviluppo ealla distribuzione nella popolazione di quei comporta-menti. Parimenti si può dire del dibattito aperto sulnumero dei soggetti che potrebbero necessitare dicure, dibattito parzialmente inquinato da interessi nonsempre trasparenti, che tuttavia parte da una questio-ne cruciale di definizione di malattia e di soggettomalato, che riverbera quindi sul numero dei malati esul costo per il sistema sanitario. Non si tratta solo diuna questione connessa ai metodi di rilevazione e aicriteri diagnostici adottati, che hanno il loro peso neldeterminare la variabilità dei risultati, ma del modo diapprocciare i problemi posti dai comportamenti disalute individuali e collettivi. L’approccio biomedicotende per sua natura a individuare relazioni lineari dicausa effetto, ma i comportamenti di salute sfuggonoalle interpretazioni riduzioniste.

Curare significa medicalizzare?Che cosa significa medicalizzare comportamenti comeil giocare eccessivo. È compatibile con la necessità dicontenimento dei costi sanitari, che effetti producesui comportamenti delle persone, sull’idea di malattiae sulle relazioni di cura? Gli studi dicono che la mag-gior parte delle persone che mettono in atto similicomportamenti non si considerano affatto malate, purriconoscendo spesso l’inadeguatezza dei propri com-portamenti rispetto al proprio sentire o alla propriasintonia relazionale e dunque non soltanto in rappor-to a norme e standard di accettabilità sociali chepotrebbero essere discutibili. Spesso c’è sofferenza edissintonia, ma basta questo per parlare di malattia?Parliamo del fatto che l’ambiente è sempre più densodi fattori di rischio che siamo noi stessi a produrre eche abbiamo la tendenza inarrestabile a produrne sem-pre di più e di nuovi. Siamo di fronte ad una ineditacrescita di questi fattori, frutto della collusione diinteressi di mercato e di stati di fatto che prima di oraerano elementi marginali nella vita delle persone, maora ne intrecciano a volte in modo indissolubile i per-corsi.

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Dunque la prospettiva è quella di una sempre maggio-re diffusione di forme di dipendenza da comportamen-ti che nelle modalità estreme producono sofferenza eprobabilmente inducono patologia, ma nelle forme piùpraticate da ampi strati di popolazione, sono ascrivibi-li al carattere culturalmente rilevante della propensio-ne ad eccedere, dell’indebolimento della capacità criti-che, della brama di successo, della voracità consuma-toria di relazioni e affetti. In analogia alla distinzionepsicologica del carattere tra stato e tratto, possiamodire che sono stati del carattere sociale, suscettibili divariazioni nel tempo, in grado di diffondersi tra perso-ne con caratteristiche simili e influenzare comporta-menti,generalmente autoregolati e controllati dallepersone stesse, fino a modificarne le finalità. Sono bennoti i substrati neurobiologici che sostengono questiprocessi che conducono all’addiction e che spieganocome solo alcune persone derivano verso la patologiamentre altri, in condizioni ambientali simili o analo-ghe, conservano le capacità critiche, le competenzeregolative ed il controllo efficace sui propri pensieri ecomportamenti. Basta questa evidenza a giustificare latendenza a medicalizzare le risposte sociali a tali com-portamenti? Sono risposte appropriate, colgono lanatura del problema, sono concretamente praticabili? La visione medicalizzata di taluni problemi di salute,irrompe in molti contesti che richiederebbero altriapprocci, meno semplificati di quelli usati come scor-ciatoie per risposte a situazioni spesso definite comeemergenziali, ma che sono tali, solo per la pigrizia o lacattiva volontà di riflettere e ragionare alla ricerca diinterpretazioni che non si limitino alla individuazionedel colpevole, per esorcizzarlo ed espellerlo dal circui-to dei pensieri socialmente accettabili, applicandoglil’etichetta di malattia e di curabilità. È storia anticaquesta, vista e praticata da secoli, anche quando esse-re classificati come malati non assicurava nessun van-taggio, anzi produceva in genere ulteriore sofferenza,ma ora che la scienza medica ha sviluppato ineditecapacità di trattare e guarire malattie complesse egravi e di migliorare la condizione di vita di molte per-sone, medicalizzare ha perso quell’aura di rischio nega-tiva, che fino ad un paio di secoli fa ne metteva indiscussione talora l’autorevolezza e a posteriori, anchela moralità. Non solo essere considerati malati puòoggi offrire dei vantaggi, come la cura al posto dellapunizione, ma colloca nell’orizzonte di senso e di futu-ro, la prospettiva della guarigione invece della espia-zione ed eventuale riparazione. L’approccio umanitario alle dipendenza deve essereprudentemente calibrato per prevenire problemi diazzardo morale: l’adozione di comportamenti rischiosiindotti dalla consapevolezza che i costi potranno esse-re scaricati, se non del tutto, almeno in parte su sog-getti terzi, la società in primo luogo. In questi casi l’a-dozione di un linguaggio che enfatizza la scelta piut-tosto della compulsione, è frutto dell’atteggiamentopolitico più che delle considerazioni sul libero arbitrio,per cui i sostenitori dell’intervento pubblico tendono asbilanciarsi sul lato umanitario, mentre chi avversal’ingerenza delle stato nel normare i comportamentiindividuali, è più orientato a individualizzare i costidella dipendenza, ma queste decisioni non sono ovvia-

mente estranee alla idea di malattia che viene social-mente proposta e condivisa.

Policy e strategie di controllo Il tema del controllo o del cambiamento dei comporta-menti individuali e collettivi interessa naturalmentetutte le strategie e le policy di chi ha compiti di gover-no; in questo contesto ci interessa esaminare le policyche riguardano i comportamenti suscettibili di produr-re dipendenza e danno alla salute. Le strategie di nud-gerevolution (spintarelle gentili) mirano a migliorareindirettamente le azioni individuali modificando gliscenari entro cui le persone decidono. La tecnica con-siste nel cambiare l’architettura delle scelte, ovveromodificare gli scenari e le informazioni presentate aidecisori, allo scopo di rendere facili e automatiche lescelte “buone” e più improbabili quelle “cattive”. L’usodella leva fiscale è un modo tipico per modificare gliscenari decisionali, così come la maggior parte delleforme di pubblicità promuove il prodotto mediante lapresentazione di scenari motivazionali e comportamen-tali che poco hanno a che fare con i prodotti in sé emolto con gli stili di vita proposti o immaginati. Inentrambi i casi si lavora sugli scenari decisionali perindurre cambiamenti, suggerire preferenze, motivare lescelte. Nel caso delle tasse la questione fondamentalediventa la vicinanza del prelievo fiscale al comporta-mento preso di mira. Più vicino è il punto di impostaal comportamento, più è probabile che la tassa abbiaun impatto positivo nella riduzione del consumo diquel prodotto che viene tassato, dunque è il consuma-tore finale che deve essere direttamente interessatodalla imposta.Gli effetti nocivi connessi con l’alcol e il consumo dicibo derivano principalmente da consumi eccessivi oinappropriati (ad esempio bere episodico pesante)mentre le imposte, ovviamente, colpiscono tutti i con-sumatori, anche se in gradi diversi. Questo non signi-fica che la tassazione è uno strumento inadeguato, mapiuttosto, che devono essere considerati gli impatti sulbenessere di un più ampio gruppo di consumatori oltreai danni che vengono scoraggiati dalla tassa. La giustificazione economica più forte per queste poli-tiche, di solito è offerta dalla presenza di esternalitànegative del consumo di una data merce, ad esempio idanni da fumo passivo, o la criminalità e la violenzaderivante da abuso di alcool. Da rilevare che la naturaadditiva del consumo di prodotti come il tabacco e l’al-col limita la razionalità delle scelte di consumo, e cosìsuccede per i meccanismi psicologici, come lo scontoiperbolico e le preferenze temporali incoerenti, cherendono difficile applicare a questi contesti ciò che laricerca in economia comportamentale ha messo in lucenegli ultimi anni. In assenza di giustificazioni comequelle citate sopra, l’uso di imposte tende ad esserevisto come una misura paternalistica, che interferisceindebitamente nelle scelte individuali e nella lealeconcorrenza del mercato. I governi che utilizzano que-ste leve fiscali sono a volte accusati di sfruttare i com-portamenti non salutari per scopi finanziari (statobiscazziere ad esempio).Nel caso del gioco d’azzardo, le regole della fiscalitàsono state orientate non a contenere i consumi bensì

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informa GIOCO D’AZZARDO

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ad incentivarli per aumentare il gettito fiscale.Applicare le logiche tecnocratiche descritte, per ridur-re i danni e le esternalità negative del gioco d’azzardo,sarebbe una vera e propria inversione di rotta, almenonel nostro paese. Difficile immaginare che possa acca-dere, almeno a breve termine, un tale cambiamentodelle politiche fiscali, volte a scoraggiare gli eccessidannosi. In primo luogo, come per le droghe, il merca-to dell’azzardo è conteso dalla criminalità organizzata,che potrebbe beneficiare di politiche fiscali deterrenti,ampliando la sua offerta e le sue quote di mercato, mabasterebbe la competizione legale di soggetti intra edextra Unione Europea a rendere difficile una tale poli-tica. Per quanto riguarda l’espansione del mercato ille-gale, l’argomento richiede opportuni approfondimenti,a partire ad esempio dagli studi sulle politiche delprezzo dei tabacchi e lo sviluppo del contrabbando inEuropa. Il tema è meritevole di molta attenzione,depurandolo dall’enfasi sugli effetti perversi che l’au-mento della tassazione avrebbe sullo sviluppo delgioco illegale, posta dalle fonti economiche diretta-mente interessate, sia concessionari che lo stato.

Responsabilizzare verso sanzionareNell’ambito del gioco d’azzardo stanno accadendo coseinteressanti come la mobilitazione dei cittadini e di unnumero sempre crescente di organizzazioni rappresen-tative di una pluralità di interessi, che vanno dallasolidarietà e attenzione ai problemi sociali, alla difesadi categorie ritenute vulnerabili, agli interessi profes-sionali, ai timori per le derive culturali indotte dalfenomeno, alla preoccupazione di famiglie toccate daidanni economici causati dal gioco. La mobilitazioneampia che sta scuotendo anche il mondo politico,costituisce un fenomeno davvero nuovo e interessanteper il nostro paese, che è utile analizzare anche peresplorare nuovi paradigmi che possano integrare ilmodello biomedico nell’approcciare queste forme com-portamentali potenzialmente additive.Due aspetti sono particolarmente rilevanti, uno relati-vo all’uso della fiscalità, l’altro relativo ai processi diresponsabilizzazione. Si va diffondendo la tendenza daparte di molte amministrazioni locali, ad incentivareper mezzo di riduzioni della fiscalità generale (Irapsugli esercizi commerciali ad esempio o altre tasselocali) per quegli esercenti che rinunciano o dismetto-no attività lucrative legate alla presenza nei loro loca-li, di apparecchi da gioco (Vlt e Awp). Il buon sensosuggerisce che può essere utile premiare i comporta-menti virtuosi sul fronte dell’offerta, più che punire icomportamenti sul fronte della domanda, come avvie-ne solitamente quando i governi nazionali e locali,intendono usare le leve fiscali per scoraggiare talunicomportamenti di consumo. L’approccio sul fronte dellaofferta e non solo della domanda, l’intenzione pre-miante verso quella punitiva, potrebbero esserecostrutti di un nuovo paradigma della responsabilità edella autoregolazione dei comportamenti. Vi sono tuttavia limiti concettuali e operativi nel con-cetto di scelta individuale responsabile, anche perquanto riguarda gli esercenti ad esempio, limiti che èimportante cercare di mettere a fuoco onde evitareparole e frasi che l’uso frequente e rituale, svuotano di

significato facendole assomigliare a dei mantra banalipiù che a concetti utili a definire cose e contesti. Intanto è necessario definire il perimetro entro il qualesi declina e prende corpo l’autoregolazione dei com-portamenti: la partecipazione di tutti gli attori che simuovono all’interno del perimetro è una delle condi-zioni necessarie affinché si possa parlare di scelteinformate. La pluralità degli attori concorre a stabilirele linee del perimetro, per esempio è necessario chesiano tutti i soggetti coinvolti nel gioco d’azzardo, aragionare e operare con il principio della autoregola-mentazione (giocatori, erario, concessionari, gestori,rivenditori). Darsi regole che si fondino sull’idea dilimite, di confine tra il mio vantaggio e il danno altrui,di riconoscimento dei reciproci interessi, di condivisio-ne delle informazioni necessarie a fare scelte appro-priate, di condizioni necessarie e sufficienti a cono-scere la natura dei problemi e i contesti decisionali. Aquali condizioni si può parlare di libertà e re-sponsa-bilità nelle scelte e nelle decisioni, cui sia possibileancorare incentivi, dissuasioni, premi e punizioni chenon impongano stili di vita normati da governi e auto-rità, ma che aiutino la ricerca di stili autoregolati,compatibili con l’esistenza di tutti gli attori che defi-niscono il perimetro in oggetto.L’abilità di percepire il mondo senza illusioni, di pensa-re con chiarezza, di guidare le proprie scelte alla lucedei propri giudizi e di resistere all’impulso di agire d’i-stinto, si presentano come caratteristiche essenziali perfare buone scelte, ma che sono generalmente carenti oindebolite, proprio in coloro che sono soggetti implica-ti nelle forme di dipendenza come il gioco d’azzardo.Dunque se proprio i requisiti individuati fanno difettonei soggetti dipendenti, possiamo ancora parlare diassunzioni di responsabilità per i propri agiti?Queste argomentazioni suggeriscono un percorsocostruttivo di sinergie tra pluralità di soggetti e diriferimenti disciplinari, quale condizione necessaria atradurre questi concetti ed argomentazioni, in praticheorientate a potenziare le caratteristiche indicate per laassunzione di responsabilità, nei singoli e nellasocietà.Non si può infatti pensare che i singoli individui, amaggior ragione se vulnerati in queste competenzedalla loro storia o dai loro geni, possano da soli farefronte al potere delle illusioni prodotte a getto conti-nuo dai maghi della pubblicità o dagli ideologi del suc-cesso, né resistere agli impulsi indotti o potenziati daivenditori di felicità a basso costo, reagire proattiva-mente ai numerosi sostenitori dell’uso parsimoniosodelle capacità critiche. Serve un processo socialmentesostenuto, fatto da azioni educative, pressioni lobbi-stiche di interessi sani, accordi che sappiano tempera-re gli interessi economici con la salute, regole che sap-piano valorizzare l’autonomia delle scelte e le capacitàcritiche, per poter parlare di scelte consapevoli eresponsabili da parte dei singoli. È necessario estende-re alla pluralità dei soggetti interessati alla modulazio-ne responsabile dei comportamenti potenzialmenteadditivi, l’applicazione dei requisiti individuati e con-divisi da parti consistenti del mondo scientifico e uma-nistico, per la diffusione di pratiche di responsabilità.Senza questo processo di integrazione di interessi e

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competenze, l’appello alla responsabilità individualesuona stonato e poco praticabile, soprattutto da colo-ro che potrebbero trarre i maggiori benefici da tali pra-tiche.

Dal modello della malattia al modello dell’erroreLa malattia si cura, l’errore si corregge, la malattiachiede il medico, l’errore si giova del maestro, lamalattia ci capita, l’errore lo commettiamo, prima diessere malati si è sani, prima di commettere errori sista imparando e si impara anche dagli errori. L’erroreripetuto e non corretto tende a stabilizzarsi comeregola e a cristallizzarsi come modello, regola e model-lo diventano allora di pertinenza dello specialista sesono disfunzionali, ma possono essere anche modifica-ti e corretti dal soggetto se adeguatamente sostenutoe orientato da fonti prossime, affidabili, coerenti, chefanno riferimento a regole condivise socialmente e pra-ticate.Le scienze della salute fanno spesso riferimento al con-cetto di errore. Si parla di errori cognitivi quando sivalutano o interpretano in modo sbagliato fatti o evi-denze, si parla di errori di trascrizione per spiegarealcuni processi che conducono a mutazioni nel patri-monio genetico (anche senza malattia), si parla dierrori del sistema immunitario quando si verificanomancati riconoscimenti del self biologico. Non è dun-que così strano provare a considerare taluni comporta-menti come errori piuttosto che come malattie, i van-taggi sono numerosi.

Vantaggi di ordine epistemico perché risultano piùsemplici e chiare le connessioni tra responsabilità per-sonale e responsabilità dell’ordine sociale che concor-re a determinati comportamenti di scelta. Difficilechiamarsi fuori dalla possibilità di essere responsabilidi errori, e dover rispondere del proprio operato, inrelazione a fatti concatenati che non si esauriscono neisingoli ambiti delle prassi aziendali, delle scelte poli-tiche miopi, delle relazioni frammentarie e segmentatetra parti di sistema, che generano regole farraginose,perniciose e spesso inutili. Basta dare uno sguardo alsistema di regole e norme che danno cornice e legitti-mità al gioco d’azzardo, per rendersi conto di come lacatena degli errori abbia prodotto ciò che ora moltidefiniscono una malattia sociale. Se gli errori sono ditutti, il richiamo alla responsabilità non può valeresolo per il giocatore, come tendenzialmente succedeora e con la complicità del modello biomedico, grazieal quale, se il giocatore è malato o potrebbe diventar-lo, allora il dispositivo è quello della cura che compe-te al servizio sanitario e non quello della correzionedell’errore che compete ad una pluralità di soggetti chenon è difficile individuare.

Vantaggi di ordine pratico rispetto al rifiuto diffuso eabbastanza generalizzato per ora, che i giocatori pato-logici e problematici hanno nei confronti dell’idea diessere considerati malati da curare, fatto che tiene lon-tane molte persone dagli ambiti della cura o ne ritardacomunque l’accesso. Da stigma a stigma potrebbe esse-re la chiave di lettura di questa condizione, dalla ver-gogna e mancato riconoscimento del problema, alla

inclusione nell’ordine della malattia. Il modello dell’er-rore potrebbe ridurre lo stigma e facilitare l’approdo asistemi di aiuto e autoaiuto dove si possono appren-dere e sperimentare sistemi di correzione dell’errorecon la guida o meno di maestri, indirizzando alla curasolo coloro che non sembrano essere sensibili allerisposte incentivanti dei premi o dei costi personali.

Vantaggi rispetto alla tendenza a considerare unsettore economico totalmente dannoso per la salutedei cittadini. Naturalmente è necessario che l’industriadel gioco d’azzardo attivi e metta a disposizione deigiocatori tutti i sistemi operativamente praticabili, diautolimitazione e autoregolazione delle modalità digioco, che cessi ogni forma di pubblicità ingannevolenon solo nelle forme spudorate e menzognere, maanche in quelle che fanno leva sulla forza degli erroricognitivi che tutte le persone commettono. Che si sta-biliscano limiti alla espansione delle opportunità digioco, negoziabili all’interno di un sistema regolatoriototalmente separato dai vincoli di ordine fiscale. Insostanza si devono realizzare nel miglior modo possi-bile, tutte quelle condizioni che favoriscono i processidi autoregolazione dei propri comportamenti.

Vantaggi rispetto al paradosso di uno stato costret-to a rimediare risorse per la cura di soggetti che lostesso ha contribuito a fare ammalare. È necessarioche le policy siano orientate non da finalità fiscali maeducative e responsabilizzanti nei riguardi delle sceltee del grado di consapevolezza massimo raggiungibilein condizioni di libertà di agire, di coltivare i propriinteressi senza danneggiare altri, di regolare la propriavita in funzione del benessere. Inoltre il modello del-l’errore potrebbe evitare la tendenza a ricorrere a formedi giustizia retributiva che vedono nella colpa dellaviolazione la ragione della punizione o per contrappas-so positivo il perdono e le facilitazioni al fine di redi-mersi. Soluzione tipicamente italiana, applicata condiscutibili risultati su tutto il fronte delle dipendenzeda sostanze.

Vantaggi rispetto ai costi, probabilmente, perchérisulterebbe più conveniente una architettura di solu-zioni che possa attivare risorse sia dall’ambito privatodella impresa, sia dai contesti professionali dei sog-getti potenzialmente interessati dalle problematiche,sia dai soggetti direttamente coinvolti (individui efamiglie). Per l’impresa si tratta di risorse economicheda dedicare in modo specifico, senza dover ricorrere atutte quelle sponsorizzazioni culturali o sportive perlegittimare la propria immagine. Per le professioni sitratta di risorse e competenze disciplinari messe inopera in contesti innovativi, differenziati ma coordina-ti che vanno dalla assistenza legale al supporto consu-lenziale e terapeutico alle interfacce con il mutuoaiuto che può essere reso più efficace e diffuso seopportunamente supportato dalla rete di competenze.Per i giocatori e le famiglie risulterebbe più facile inte-ragire con un sistema di gestione diffuso ad accessolibero, differenziato da quello sanitario con capacità diacquisire risorse per competenza.Anche la leva fiscale potrebbe trovare migliore appli-

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cazione, avendo spazio di azione sia sul fronte delladomanda che della offerta, per regolarle entrambe conla logica dei vantaggi acquisibili per i comportamentiresponsabili, che delle penalizzazioni forti per tutte leillegalità e irregolarità.

ConclusioniSorgono evidentemente molte domande e legittimiinterrogativi su come potrebbero cambiare le cose, conquesto modello interpretativo dell’errore. Scompare lamalattia? Tutto diventa errore che può essere corretto?Gli eccessi che ora vengono classificati nell’ordine dellapatologia rimangono dei residui più o meno marginalidei quali si occupano i professionisti delle cure? Chisono questi professionisti e quali funzioni svolgononelle interazioni sociali tra più soggetti titolari diresponsabilità differenziate? È ancora applicabile ilconcetto di prevenzione? Nell’ambito clinico quali teo-rie sono funzionali e utili? Diminuirebbero davvero icosti per il sistema sanitario? A quali condizionipotrebbe funzionare questo modello?Proviamo ad ipotizzare qualche risposta, cominciandoa considerare che i cambi di paradigma non rispondo-no alla legge del tutto o nulla, ma si instaurano conuna certa progressività che dà anche il tempo di fareadattamenti e correzioni, verificando innanzitutto se ilnuovo paradigma funziona meglio, è in grado di spie-gare più cose, soddisfa i bisogni per cui nasce.Potrebbero esserci ad esempio, dei cambiamenti nelmodo di pensare il ruolo della clinica nell’approccio aquesti comportamenti, non più collocati lungo il con-tinuum salute malattia ma errori che si configurano inprogressione fino a cristallizzarsi in modelli di azione,sui quali intervenire in diverse e numerose fasi del pro-cesso. Identificare i fattori di vulnerabilità correggibi-li non solo dalla clinica ma dai soggetti che ne porta-no responsabilità per averli ignorati o sfruttati a pro-prio vantaggio fino a che è stato possibile, assumendoun ruolo politico attivo nell’indicare con forza le azio-ni correttive possibili sulle condizioni di vulnerabilità.Declinare diversamente le proprie competenze nelcampo della disseminazione informativa e formativa,privilegiando approcci e visioni meno patologizzanti edeterministiche, quantunque richiesti ed apprezzatiproprio per il bisogno sociale di medicalizzare i com-portamenti che appaiono dannosi agli equilibri di salu-te individuali e collettivi. Questi cambiamenti potreb-bero contribuire a nuove definizioni di campi di azio-ne specifici per la clinica, anche per effetto dei muta-menti epistemici connessi alla trasformazione del para-digma nel pensiero degli altri soggetti interessati checambierebbero probabilmente la domanda clinica. Nonci sono dunque risposte precise alle domande postula-te, ma ipotesi di interazioni che potrebbero servire allaridefinizione dei campi e delle modalità di azione deidiversi soggetti coinvolti, concorrendo quindi alla for-mulazione e applicazione del paradigma, consentendola verifica della sua efficacia.

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1PROGETTO SPERIMENTALE PER L’INSERIMENTO IN COMUNITÀTERAPEUTICA DI PAZIENTI AFFETTI DA GIOCO D’AZZARDO: PRIME RIFLESSIONI

Badii Franco, Balugani Renzo, Chiarlone Maura,Conio Nicoletta, Giorgetti Enrica, Selis Mauro,Ser.T Asl2 SavoneseLequio Saveria, Comunità Cascina Piana

IntroduzioneIl fenomeno della dipendenza coinvolge sempre di piùindividui integrati socialmente, con una vita quotidia-na strutturata (casa e lavoro stabili), nessun contattocon i servizi e si manifesta al di fuori degli impegniquotidiani. Sono coinvolte quindi persone a caricodelle quali il disturbo di dipendenza si sviluppa in unasituazione per altri versi non problematica. È il casodei giocatori d’azzardo patologici.In Liguria i soggetti che nel 2013 hanno fatto doman-da ai servizi preposti per Gioco d’Azzardo Patologicosono stati 347(272 maschi e 75 femmine).Si evidenzia che il 53% è rappresentato da nuovi uten-ti, cioè soggetti che hanno fatto domanda di tratta-mento per la prima volta e che non erano noti aiservizi.

Grafico – soggetti in carico ai Sert dei DSMD liguri dis-tribuiti per ASL di appartenenza. Anno 2013

Da queste osservazioni deriva una prospettiva, relativaall’intervento terapeutico, diversa da quella abitualeper i pazienti dei Ser.T., in quanto indirizzato a indi-vidui che hanno risorse personali e sociali cui far rifer-imento nel percorso terapeutico. Allo stesso modocambia il senso del percorso comunitario per tali pa-zienti, che non necessitano del lavoro di crescitasocializzante e relazionale caratteristico dei percorsiterapeutici classicamente attuati dalle Comunità.

Sono attive da tempo comunità che attuano percorsibrevi per dipendenti da sostanze, (a partire dall’espe-rienza del Centro di Solidarietà di Genova negli anni90), come Villa Soranzo.Recentemente si sono aggiunte comunità brevi pergiocatori patologici, come Pluto, gestita dall’Associa-zione Papa Giovanni XIII a Reggio Emilia, una gestitadalla Fondazione Eris Onlus e dall’Associazione Orthosa Milano.La nostra stessa esperienza, attraverso la collabo-razione con la Comunità Cascina Piana, è andata inquesta direzione, sia per pazienti alcolisti che, ultima-mente, per persone con problemi legati alla cocaina.Il nuovo scenario che si va delineando, ha portato ilSer.T. dell’ASL 2 a rivedere l’assetto organizzativo, atti-vando la struttura semplice “Clinica delle Tossico-dipendenze e delle Dipendenze Comportamentali”. Lanecessità di tarare protocolli di intervento per taletipologia di pazienti ha aperto una riflessione all’in-terno della struttura semplice.La riflessione è poi stata estesa alla Cooperativa Socia-le Cascina Martello, a partire dalla condivisione delmodello fisiopatologico di dipendenza in base al qualearticolare i livelli di intensità di cura, all’individua-zione di una modalità di intervento focale di counse-ling per le dipendenze.Il riferimento all’intervento di counseling è basatosulla lettura fisiopatologica del processo di dipenden-za come un circuito che, una volta attivato, procedeper proprio conto, indipendentemente dalle cause chelo hanno determinato.

Le basi teoricheIl modello di dipendenza cui si fa riferimento è statosviluppato all’interno del Ser.T dell’ASL 2 Savonese.Sinteticamente può essere descritto dai seguentipunti:1. È necessario un oggetto, sia una sostanza che un

comportamento, con caratteristiche proprie tali daprocurare piacere, o alle quali, più raramente, è ilsoggetto ad attribuirle, prescindendo da quelleintrinseche dell’oggetto. Queste caratteristichepiacevoli inducono l’attivazione di un comporta-mento atto a ricercarle, che viene rinforzato dal suorisultato positivo.

2. In base al significato che un individuo attribuisce a tale oggetto si può andare da una fisiologicaappetizione ai diversi gradi di craving. In relazionead una attribuzione di significato che si lega adaspetti della personalità del soggetto, si incre-menterà la salienza, con conseguenti intensitàmaggiori di craving, che aumenteranno con ilcrescere del coinvolgimento di tali aspetti e dellaloro profondità.

3. Quando il significato attribuito all’oggetto è in re-lazione a meccanismi profondi della personalità, lasalienza può passare a determinare l’attivazione diun circuito di addiction, in cui il comportamentoper raggiungere l’oggetto della dipendenza vienepercepito come una sorta di meccanismo automati-co, che porta alla sua ripetitività.

Tale processo diviene parte integrante del funziona-mento del soggetto e contribuisce, comunque, al man-

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tenimento di una condizione di equilibrio a bassocosto emotivo. Nel momento in cui nel processo intervengono aspettidi critica, sia da parte del soggetto stesso, sia da altrepersone, che lo possono mettere in discussione, si atti-vano processi di distorsione cognitiva con la finalitàdel suo mantenimento, non essendovi al momentodisponibilità di elementi con i quali raggiungere undiverso tipo di equilibrio, anche se oggettivamente èpercepito come preferibile. Ne consegue l’ apparenteillogicità della ripetizione del comportamento e dellaricaduta.

Il processo della dipendenza

A partire da tali considerazioni, si è sviluppato unmodello di counseling indirizzato ai processi che, psi-cologicamente, sottostanno alla dipendenza, indicatinello schema dai numeri 1,2,3. All’interno di questomodello di counseling, il paziente è il vero artefice delcambiamento: con l’aiuto ad analizzare l’esperienza,per individuare gli snodi decisionali e superare il vis-suto di passività, può essere messo in condizione didivenire consapevole di questa evoluzione e parteci-parvi in modo attivo.Si possono descrivere le azioni legate alla dipendenzacome divise in due parti: una sotto il controllo dell’in-dividuo, anche se influenzato dal craving, ed una“automatica” che, una volta attivata, è incontrollabilee non può che giungere a compimento (Schema 1).

All’interno della porzione di esperienza sotto il con-

trollo del soggetto, sono individuabili i vari passi che,con una sequenza di “snodi decisionali”, possonoportare al comportamento di dipendenza o ad opzionicomportamentali diverse (Schema 2).

Considerando il processo che caratterizza una dipen-denza, emergono alcuni aspetti caratteristici del vissu-to del paziente:• impotenza, • ineluttabilità, • automatismo,cui, da un punto di vista terapeutico si possono con-trapporre: • l’intenzionalità degli atti,• le distorsioni cognitive,• i significati individuali legati alla dipendenza.

L’intervento mira a potenziare l’attenzione del sogget-to sulla parte del processo in cui può essere esercitatoil controllo, per aumentare la consapevolezza con l’o-biettivo di:• diventare consapevole dei punti di decisione (“snodi decisionali”),

• superare le distorsioni cognitive,• valutare le opzioni comportamentali, • prendere decisioni.

Il lavoro terapeutico si articola sui seguenti livelli:• Comportamentale: focalizzazione sul comportamento di dipendenza affinché si interrompa al più presto

• Cognitivo: ristrutturazione della propria immagine di sé alla luce del cambiamento in atto

• Emotivo: affrontare i risvolti emotivi suscitati dal cambiamento

• Relazionale: individuare le persone che potrebberoincentivare o ostacolare il cambiamento cercando diagire di conseguenza

Fasi e Livelli del progetto di intervento

Il progetto si sviluppa in quattro fasi:Le varie fasi del progetto, di seguito esemplificate, nonsono da intendersi in modo rigido e precostituito mavanno plasmate sulle esigenze del paziente. Non sono,quindi, da considerarsi necessariamente all’interno diun percorso standardizzato, ma possono essere utiliz-zate come moduli indipendenti uno dall’altro.

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Assessment e motivazione al cambiamentoIl paziente inizia il trattamento con sentimenti diambivalenza rispetto al fatto di impegnarsi o di volerinterrompere il comportamento di dipendenza.La motivazione al trattamento viene effettuata durantele prime fasi del counseling attraverso colloqui finaliz-zati ad aiutare il paziente a fare un bilancio tra gliaspetti positivi e negativi del comportamento dipen-dente e del recupero, esplorando gli obiettivi possibilie pianificando un cambiamento personalizzato e rea-listico.Durante l’Assessment vengono utilizzati altri strumentiquali il Mate ed il SOGS per valutare il grado di dipen-denza ed identificare il livello idoneo di intervento.Contemporaneamente si cerca di individuare una retesignificativa di relazioni di aiuto che possano agevo-lare e sostenere il cambiamento desiderato. Il lavoro con il paziente dovrebbe portare a valutarel’ipotesi di un periodo di ricovero in struttura che semesso in atto dovrebbe portare alle fasi successive.

Strumenti di questa fase:• Test• Colloquio motivazionale• Bilancia decisionale• Mappa cognitiva del comportamento di dipendenza• Controllo• Colloqui con la comunità per valutare l’inserimento e facilitare l’eventuale accesso

• Identificazione della rete di supporto ed eventuali colloqui con i componenti di tale rete

Razionale del progettoCriteri di inclusione: GAP con gravità valutata tramiteMate + SOGS; trattamento al Ser.T in atto.Criteri esclusione: disturbo psichiatrico franco, in fase

di scompenso clinico o stabilizzato.Durata: un mese, con rientri brevi programmabili diconsolidamento dei risultatiObiettivi: 1. consolidare l’astensione da comportamenti compulsivi2. guadagnare una tregua dal quotidiano 3. isolare i fattori ecologici che mantengono il problema4. individuare le principali distorsioni cognitive5. ideare strategie comportamentali alternative ade-

guate (prevenzione delle ricadute)

Metodologia di lavoro comunitarioAttività strutturateAttività libereOsservazioneInterventi di gruppoInterventi individuali

Gli inserimenti: dati disponibili

Tabella riassuntiva del percorso Dati di monitoraggio clinico: ricadute (Si/No) e craving(punteggio totale e punteggi parziali sulla scala delcraving prevista dal MATE)

* Non è stato possibile effettuare il test dopo l’uscitain quanto si è trasferita all’estero.

RiflessioniPur essendo il campione limitato ed essendo la speri-mentazione ancora in corso, è possibile rilevare che:1. i controlli sul l’intensità e sulla gestione del craving

hanno rivelato che, anche laddove il craving non èdiminuito c’è comunque una riduzione della compul-sività che ha portato ad un controllo efficace deldesiderio di gioco. Per coloro che sono ricaduti l’en-tità della ricaduta è stata minima ed ha consentitoun immediato recupero della situazione. Questo fapensare che un lavoro intensivo sulle strategie difronteggiamento porti a risultati in termini o di pre-venzione della ricadute o di riduzione notevole delgioco.

2. integrazione dei giocatori con gli altri ospiti dellastruttura. Se non sempre l’integrazione è armonicaper diversità socio culturali soprattutto, il lavoro digruppo incentrato sulle dinamiche della dipendenzae non sugli oggetti della stessa è frutto di buoni sti-moli.

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3. tutti i giocatori hanno mostrato queste caratteristi-che: fatica nel tollerare la noia, tendenza ad essereautoreferenziali e poco aperti ad un confronto traloro, forte spinta compulsiva che però in ambientecomunitario è stata veicolata su attività sane,sociali e fonte di gratificazione per i giocatori (cuci-na, bricolage, scrittura di un diario...).

4. I pazienti hanno sviluppato un intenso legame affet-tivo con la comunità che fa sì che la CT divenga unarisorsa in più unitamente al Ser.T. anche nei momen-ti di crisi.

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ANZIANI E GIOCO D’AZZARDO: DAI DATI ALLE AZIONI

Elvira Beato, Luca Biffi, Lara Marchesi, Marco Riglietta:ASL di Bergamo - Dipartimento DipendenzeRoberta Potente, Mercedes Gori, Sabrina Molinaro:CNR IFC

L’evidenza empirica delladiffusione del fenomenonella popolazione 65-84anni, confermata dall’au-mento delle prevalenze digioco annuo tra la popo-lazione anziana e di unincremento dei giocatoriproblematici1, la presenza dipeculiarità e aspetti di vul-nerabilità specifici propri diquesta fascia di età, la sem-pre maggiore accettabilitàsociale, legata al proliferaredi forme legalizzate di giocoe di luoghi in cui praticarlo,l’assenza in Italia di dati statistici su entità e carat-teristiche del fenomeno nella popolazione over 65anni, hanno portato a valutare l’opportunità di effet-tuare un’indagine sul GIOCO D’AZZARDO E STILI DIVITA NELLA POPOLAZIONE BERGAMASCA DI 65-84ANNI. La ricerca, promossa e coordinata dal Dipartimentodelle Dipendenze dell’ASL DI BERGAMO, in collabo-razione con Federconsumatori, Adiconsum, Sinda-cati pensionati CGIL e CISL, Consiglio di Rappresen-tanza dei Sindaci, L’Eco di Bergamo e con il coinvol-gimento dei Medici di Assistenza Primaria, è stata con-dotta dalla Sezione di Epidemiologia e ricerca suiServizi Sanitari del CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICER-CHE – Istituto di Fisiologia Clinica. Essa costituisce ilprimo studio statistico in Italia su questo target.Essa si colloca in un processo più ampio e all’internodel Piano di intervento preventivo sul Gioco d’AzzardoPatologico, condiviso all’interno del Tavolo interisti-tuzionale2 coordinato dal Dipartimento delle Dipen-denze dell’ASL di Bergamo.

Indagine e risultatiL’indagine, condotta tramite l’invio postale nel 2014 diun questionario appositamente predisposto, ha coin-volto un campione di 2.100 residenti nella provin-cia di Bergamo.Il tasso di rispondenza complessivo è stato del51%, risultato raggiunto grazie alla massiccia cam-pagna di sensibilizzazione (locandine, opuscoli infor-

mativi, articoli su quotidiani locali, comunicati radio evideo) e al coinvolgimento attivo di realtà e associa-zioni vicine a questa fascia di popolazione.

Quanti giocano, dove e a cosa?Il 49% ha giocato d’azzardo almeno una volta nelcorso della vita, il 42% l’ha fatto anche nel corso del-l’ultimo anno e il 18% nell’ultimo mese, sottolineandocome anche tra questo target il gioco d’azzardo siadiventato una pratica comune.I giochi maggiormente praticati sono costituiti dagiochi passivi e a bassa soglia di accesso: Gratta &Vinci e Lotto/Superenalotto, seguiti a distanza daLotterie istantanee e Tombola/Bingo, soprattutto tragli under 79enni. Una quota non trascurabile di gioca-tori preferisce il tradizionale gioco a carte a soldi.Si gioca prevalentemente nei Bar e tabacchi, seguitida abitazioni private propria o di amici e dai circoliricreativi.

Quanto spesso giocano e quali sono i giochi più praticati da chi gioca più frequentemente?Per quasi il 60% delle persone che hanno giocatodurante l’anno si è trattato di farlo occasionalmente(una volta al mese o meno), mentre per il 3% la fre-quenza è stata più assidua.I giochi praticati tra coloro che hanno giocato almeno2-3 volte a settimana, sono prevalentemente giochinon strategici, quali Lotto/Superenalotto, Gratta &Vinci e Lotterie istantanee.Non manca, tuttavia, un 18% ed un 11% che gioca piùvolte durante la settimana rispettivamente a Tombola/Bingo e alle New Slot Machine/ Videolottery.

Quanti sono gli anziani con un comportamento digioco definito a rischio o problematico?Per il 41% della popolazione indagata il gioco d’azzar-do praticato è di tipo “sociale”, cioè esente da rischio.Gli anziani con un comportamento di gioco definitoproblematico sono l’8,7% della popolazione studiata(circa 16.000 persone di questa specifica età). Se sianalizza il solo campione dei giocatori la percentualecorrisponde al 17,7%3.

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Non si evidenziano differenze statisticamente signi-ficative tra i generi e neppure a livello di età.

Quali tipologie di gioco contraddistinguono i giocatori A rischio o problematici Sono le Lotterie istantanee a contraddistinguere, inentrambi i generi, i giocatori A rischio o problematicirispetto a quelli Sociali, cui si aggiungono per le donnesi aggiungono il Lotto e Superenalotto. Nelle altretipologie di gioco, invece, non si evidenziano differen-ze significative tra giocatori A rischio/problematici eSociali.

Il 9,3% dei giocatori A rischio/Problematici riferisce digiocare frequentemente (4-5 volte a settimana o tuttii giorni) ai Gratta & Vinci, il 5,9% a Lotterie istanta-nee, il 2,1% alle VLT, l’1,9% a Lotto/superenalotto.

Quali sono le caratteristiche dei giocatori A rischio/Problematici rispetto a quelli Sociali?Un elemento che caratterizza una condizione di giocoA rischio/Problematico è lo stato civile: coloro che siritrovano nella condizione di “vedovi, celibi/nubili oseparati” tendono ad associarsi positivamente a profilidi gioco A rischio/Problematico piuttosto che l’essere“coniugati”, maggiormente tra gli uomini e tra le per-sone di 65-74 anni. Anche lo stato percepito di depressione e quello diansia risultano fortemente associati ad un comporta-mento di gioco A rischio/Problematico, sia nel generemaschile che nelle persone di 65-79 anni.Se da un lato il facile accesso al gioco d’azzardo puòavere un certo impatto sullo sviluppo di comporta-menti di gioco problematico, le condizioni mentali rap-presentano un contributo ancor più grande in talsenso. Le cause di questo tipo di comportamenti com-pulsivi e di dipendenza sono, infatti, da ricercare spes-so nella depressione e nell’ansiaCaratteristiche associate al profilo di gioco A rischio/Problematico sono:• la tendenza a giocare “quantità crescenti di de-naro”;

• un tipico schema comportamentale di “rincorsa” (chasing) delle proprie perdite, “tornando un altro

giorno per cercare di rivincere i soldi persi”;• la perdita della capacità di autocontrollo, in entram-bi i generi e per i 65-79enni;

• il “decadimento cognitivo” e la presenza di “distur-bi di natura nervosa”, in particolar modo nel generemaschile e tra gli anziani di 65-79 anni.

Viceversa, tra i giocatori, coloro che hanno unapercezione di positività e benessere, di vivere in unostato di buona salute in generale e di vitalità hannominori probabilità di presentare situazioni di gioco Arischio/Problematici.Tra i soggetti oggetto dell’indagine inoltre nessuno hariferito di aver chiesto aiuto per la problematica lega-ta al gioco. Le situazioni di gioco d’azzardo a rischio oproblematico risultano invece fortemente associateall’incremento del numero di patologie diagnosticatedal medico.

Cosa pensano rispetto al gioco d’azzardo e quale grado di rischio gli attribuiscono?Hanno maggiori probabilità di appartenere al gruppo digiocatori A Rischio/Problematici coloro che:• considerano il gioco un mezzo per facilitare lasocializzazione;

• ritengono il gioco un’azione eccitante;• hanno una scarsa percezione del rischio (ritengono che il gioco d’azzardo non possa, o possa solo inminima parte, provocare problemi familiari e nei rap-porti interpersonali).

Conclusioni I dati emersi evidenziano aspetti significativi, chepermettono di delineare ipotesi operative sul pianopreventivo. In particolare:1. La presenza di problematicità a livello psico-fisico

tra i giocatori “A rischio o problematici” segnalal’importanza di attivare un’azione di sensibiliz-zazione nei confronti dei Medici di AssistenzaPrimaria, affinché in presenza degli elementi emer-si come caratterizzanti il giocatore a rischio o pro-blematico (percezione di ansia e depressione, scarsaautopercezione del proprio stato di benessere/salute, difficoltà di auto controllo…), approfondi-scano la situazione e indaghino l’eventuale presen-za di problematicità legate al gioco d’azzardo;

2. la tendenza da parte dei giocatori problematici a non conoscere o a banalizzare i rischi legati algioco d’azzardo sollecita un intervento sul credonormativo, proseguendo nelle azioni di sensibiliz-zazione sul gioco d’azzardo, sui rischi ad esso con-nessi e sulle reali probabilità di vincita, con parti-colare attenzione ai giochi e ai luoghi evidenziaticome a maggior rischio. Perché l’azione di sensibi-lizzazione sia efficace è necessario coinvolgere idiversi soggetti delle reti e delle comunità territo-riali in rapporto con questa fascia della popolazione.

3. La correlazione tra problematicità del gioco e di-mensione di solitudine con conseguente bisognodi socializzazione, a cui il gioco d’azzardo diventapossibile risposta, confermano la necessità di inter-venire a livello delle comunità locali per promuo-vere e valorizzare iniziative di socializzazione indi-rizzate a questo target, coinvolgendo il variegato

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IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICODue anni di attività progettualedella task force della ASL Milano2

Paola Broggi, Psicologa, psicoterapeuta. ConsulenteDipartimento Dipendenze ASL Milano2. ConsulenteServizio Alcoldipendenze San Raffaele MilanoAlfio Lucchini, Psichiatra, specialista in psicologia e psicoterapeuta. Direttore Dipartimento DipendenzeASL Milano 2

Legislazione della Regione Lombardia in materia di gioco d’azzardo patologico: la legge n.8/2013 e il ruolo delle ASLIn Lombardia la legge regionale n.8 del 21 ottobre2013 definisce le norme per la prevenzione e il tratta-mento del gioco d’azzardo patologico. Gli obiettivi di tale legge comprendono la prevenzione,il contrasto, il trattamento ed il recupero dei giocato-ri patologici ed infine il sostegno alle famiglie. Se tra le competenze della Regione Lombardia vienedichiarata “l’attività di programmazione per la preven-zione e il contrasto della dipendenza da GAP” (artico-lo 4), un ruolo specifico viene affidato ai Comuni (arti-colo 5) ed alle ASL (articolo 6). Queste ultime hanno la consegna di promuovere “gliinterventi di prevenzione del rischio di dipendenza daGAP mediante iniziative di sensibilizzazione, informa-zione, educazione per fornire un primo servizio diascolto, assistenza e consulenza sul tema del giocod’azzardo patologico (...)”. La circolare regionale del 15/01/2014 (n°1) fornisce leprime indicazioni attuative della DRG n. 856/2013: inparticolare la Misura 5 della circolare, che entra nelmerito della “Presa in carico ambulatoriale delle perso-ne affette da gioco d’azzardo patologico”, si suddividein due azioni: “Sensibilizzazione ed informazione dellapopolazione” ed “Accoglienza, presa in carico e curadei soggetti affetti da gioco d’azzardo patologico”. L’Azione 1 dà rilievo soprattutto alla necessità di atti-vare la Prevenzione del GAP, includendola nei PianiLocali di Prevenzione e nella Rete Locale PrevenzioneDipendenze, e dispone che le azioni di sensibilizzazio-ne siano “capillari” sul territorio con coinvolgimentodelle amministrazioni locali.Declina quindi gli ambiti di intervento in 4 categorie:1. interventi di prevenzione specifici,2. interventi di sensibilizzazione alla popolazione gene-

rale,3. interventi informativi rivolti a target selezionati di

popolazione,4. interventi formativi/informativi.Di fatto, l’intento è di coprire a 360° i campi di appli-cazione per non trascurare alcun ambito di intervento.Di seguito vengono presentate le principali tappe del

3panorama di realtà già presenti nei territori, dall’as-sociazionismo ai gruppi di cammino.

4. Viene inoltre evidenziata l’importanza di attivare iniziative pilota di giochi alternativi a caratteredi socialità, esperienze ludiche in cui poter speri-mentare, in contesti inclusivi e di relazione, le pro-prie abilità e vivere emozioni piacevoli.

5. la diffusione tra i giocatori problematici della pra-tica di giochi passivi e l’emergere di bar e tabac-chi come luoghi in cui si gioca maggiormente, sol-lecitano la necessità di dare continuità alla ricer-ca di interlocuzioni e collaborazioni con i gestoridei locali in cui si pratica il gioco d’azzardo e allapromozione del codice etico per i gestori. Viene con-fermata inoltre la necessità di allargare l’inter-locuzione anche ai gestori di tabacchi e alle loroassociazioni di categoria.

In conclusione, l’indagine conferma che ci si trova difronte ad un fenomeno complesso ed articolato, chepuò essere affrontato, sia in chiave preventiva, sia diintercettazione e gestione precoci delle situazioni diproblematicità, solo attraverso la costruzione e ilconsolidamento di collaborazioni multilivello contutti i soggetti a diverso titolo coinvolti.

1 (Gori et al., 2014; Hodgins et al., 2013; Desai et al., 2007;Potenza et al., 2006). 2 ASCOM, Associazione Atena, Associazione Giocatori Anonimi,Associazione Libera, Associazione Provinciale Polizia Locale,Caritas Bergamo, Comune di Bergamo, Confcooperative –Federsolidarietà, CONFESERCENTI, Consiglio di Rappresentanza deiSindaci, L’Eco di Bergamo, Prefettura, Questura, Sindacato – CGIL,Sindacato – CISL, Tavolo Enti Accreditati, Tavolo del Terzo Settore.3 Classificazione effettuata in base ai risultati del test CanadianProblem Gambling Index – CPGI (Colasante et al., 2012)

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informa GIOCO D’AZZARDO

lavoro svolto sul territorio della Asl Milano 2, dalDipartimento delle Dipendenze: le attività svolte conle istituzioni sul territorio precedentemente alla pro-mulgazione della legge hanno facilitato la adeguataattuazione delle indicazioni regionali.

La storia e lo scenario: come ASL Milano 2 ha “anticipato” e recepito la legge n. 8/2013La Conferenza dei Sindaci della ASL Milano 2, organi-smo composto dai Sindaci dei 53 comuni che insistononel territorio della ASL Milano 2, ha sancito nel docu-mento programmatico di mandato del febbraio 2013 unrafforzamento della rete tra ASL e Comuni, evidenzian-do l’importanza della raccolta e dell’analisi omogeneadei dati così come della messa a sistema delle infor-mazioni nel campo delle dipendenze, tra cui anche delgioco d’azzardo patologico. A partire dai programmi di mandato della Conferenzadei Sindaci e dalle linee programmatiche della RegioneLombardia deliberate in aprile 2013, la ASL Milano 2 haapprovato a dicembre 2013 il Piano di InterventoTerritoriale sul GAP “Game over..e poi?”. Questo piano era già stato approvato all’unanimità nel-l’assemblea plenaria della Conferenza dei Sindaci del 7ottobre 2013, a segnalare un intento condiviso tra i rap-presentanti istituzionali del territorio di ASL Milano 2. In questo documento si afferma la necessità di inter-venire sui livelli individuale, sociale, territoriale edistituzionale sia da un punto di vista comunicativo cheda un punto di vista preventivo/informativo per af-frontare adeguatamente il fenomeno del GAP. Sempre nella medesima sede, si è posto l’accento sul-l’importanza di ottenere un quadro più nitido dellaeffettiva distribuzione di slot machine e sale da giocosul territorio della ASL Milano 2: si è dunque concor-dato che le amministrazioni comunali si impegnasseroa curare la mappatura dei luoghi deputati al gioco d’az-zardo lecito, con attenzione a rilevare le caratteristi-che qualitative degli stessi (quali ad esempio la tipo-logia dell’esercizio nelle quali si trovassero) oltre cheovviamente quantitative (quali ad esempio il numero diapparecchi installati in ciascun locale pubblico). Si è stabilito che al Dipartimento delle Dipendenzedella ASL Milano 2 dovessero convergere tutte le infor-mazioni derivanti da questo censimento: non sonomancati ritardi e resistenze nell’effettivo svolgimentodi questo censimento, che è quindi ancora in corso. Un altro passaggio significativo nella direzione di rea-lizzare sul territorio della ASL Milano 2 attività in coe-renza con la normativa regionale è avvenuto nel dicem-bre 2014: con deliberazione n. 440 dell’11 dicembre2014, infatti, la ASL Milano 2 ha approvato l’AccordoQuadro tra la medesima ASL e la Conferenza dei Sindacidel territorio, in merito alla realizzazione del Piano diintervento Territoriale sul gioco d’azzardo patologico. L’Accordo Quadro origina dalla convergenza tra gli attifondamentali di Regione Lombardia in merito al con-trasto, prevenzione e riduzione del rischio della dipen-denza da gioco patologico ed il Piano Territoriale“Game over..e poi?” di ASL Milano 2. Prevede quattro azioni: conoscenza e monitoraggio delterritorio, prevenzione, informazione e sensibilizzazio-ne, formazione.

Interventi realizzati da ASL Milano 2 secondo l’Accordo Quadro Verranno illustrati in questo paragrafo gli interventirealizzati da ASL Milano 2 tra il 2013 ed oggi, suddivi-si secondo le quattro azioni previste dall’AccordoQuadro e rappresentati sinteticamente in ultima pagi-na (figura 1).

1. Conoscenza e monitoraggio del fenomeno sul territorioL’attenzione che il Dipartimento delle Dipendenze dellaASL Milano 2 ha attribuito alla dimensione conoscitivadel fenomeno è stata elevata già in tempi antecedentiall’Accordo Quadro, il quale ha conferito una corniceformale a quanto era già in essere: negli ultimi annimolte sono state infatti le occasioni di incontro realiz-zate sul territorio. Questi incontri hanno anche per-messo al personale del Dipartimento di intercettare inmodo più mirato specifici bisogni che emergevano nelterritorio, e di intervenire quando necessario. Possiamo proporre a titolo esemplificativo di questamodalità di agire quanto successo rispetto alla diffu-sione del gioco d’azzardo lecito tra gli anziani: a segui-to di diverse segnalazioni mosse da associazioni divolontariato e da rappresentanti delle istituzioni didiversi Comuni del territorio della Asl Milano 2, la TaskForce Gap ha ideato un questionario che è rivolto pret-tamente agli over 65 (Senior Problem GamblingQuestionnaire – SPGQ). Caratterizzato da pochi item di semplice risposta, miraa rilevare sia la percezione dei possibili risvolti pato-logici del gioco d’azzardo sia la diffusione di tale com-portamento. Il questionario è in fase di somministrazione in diver-se realtà associative ed assistenziali per anziani. Sulla stessa linea, anche il questionario rivolto aglioperatori dei Comuni cui sono stati rivolti corsi di for-mazione sul gioco d’azzardo ha incluso alcuni quesitiin merito al livello di conoscenza del fenomeno primae dopo la partecipazione al corso.

2. PrevenzioneL’azione di prevenzione è stata realizzata attraverso ilprogramma LifeSkills Training rivolto agli studentidelle scuole secondarie di primo grado. Sul territorio della Asl Milano2, gli istituti coinvolti nelprogramma LST per l’anno scolastico 2014-2015 sonostati sei, che avevano già aderito al programma neglianni scolastici precedenti. I dati relativi all’anno scolastico 2013-2014 hannovisto più di 70 insegnanti coinvolti nella formazione adopera del personale della ASL Milano 2, per un totale dicirca 900 studenti coinvolti, appartenenti a 22 classi.

3. Informazione/sensibilizzazioneAl fine di intercettare, valorizzare ed integrare punti diosservazione differenti sul territorio, si è adottata unamodalità flessibile nel proporre incontri di informazio-ne e sensibilizzazione sul gioco d’azzardo: in alcuneoccasioni, infatti, gli incontri sono stati predispostiper mettere in contatto il più possibile attori diversiche operano sullo stesso territorio; in altri casi invecesi sono svolti incontri in contesti aggregativi partico-lari, accomunati da una disponibilità in tal senso e da

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una omogeneità tra i partecipanti. Per qualunque intervento restava come obiettivo pri-mario dei referenti di ASL Milano 2 quello di trasmet-tere informazioni utili rispetto al Piano di Interventomesso a punto, alle possibilità di presa in carico e ditrattamento per i giocatori e le loro famiglie sull’inte-ro territorio della ASL, così da favorire la costruzionedi una rete di sostegno più solida nella prevenzione econtrasto dei problemi connessi al gioco d’azzardo.Va segnalato in tale senso che alcuni di questi inter-venti sono stati svolti dagli operatori della Task ForceGAP della ASL Milano 2 precorrendo i tempi dell’Ac-cordo Quadro, e si sono posti all’interno delle attivitàche la ASL ha svolto in linea con la normativa regio-nale. Sempre nell’intento di comporre un lavoro di rete peraffrontare la tematica del gioco d’azzardo patologico,integrato con i soggetti istituzionali, il Dipartimentodelle Dipendenze dell’ASL Milano 2 ha previsto ancheun’attività di informazione e sensibilizzazione attra-verso vari canali di comunicazione. Il proprio sito istituzionale (www.aslmi2.it) è statocostantemente aggiornato sui piani di azione approva-ti e sulle iniziative che ASL Milano 2 programmava edattuava in tema di gioco d’azzardo. Sulla scia della campagna “Game over..e poi?” già inessere a livello territoriale dal 2013, nel 2014 si è svol-ta la preparazione e predisposizione di nuovo materia-le pubblicitario specifico. È stata pertanto ideata una brochure da utilizzare sia afini informativi che di supporto, per favorire che uneventuale problema col gioco venga intercettato intempo e non progredisca con modalità ingravescente. I target individuati sono stati tre: i giocatori, i fami-liari dei giocatori ed i giovani. Sono state dunque ideate tre brochure distinte, conalcune caratteristiche comuni ed alcune specifiche inbase al target considerato, tutte accomunate dal lin-guaggio colloquiale e immediato. La strategia comunicativa che è stata predisposta perl’uso di questo materiale cartaceo si è declinata opera-tivamente su vari livelli:• il materiale è utilizzato da parte degli operatori ASLa supporto delle iniziative organizzate per informaree sensibilizzare target selezionati (ad esempio negliincontri di formazione per gli esercenti dei locali conapparecchi da gioco; nei corsi di formazione per ope-ratori sociali, socio sanitari e di polizia municipaledell’Ente Locale);

• il materiale è diffuso attraverso gli Enti Locali in par-ticolari punti sensibili: per gli anziani, nei luoghi incui essi si ritrovano frequentemente (quali ad esem-pio Centri Anziani, Associazioni della terza età); peri giovani nei luoghi aggregativi (come ad esempio iCentri di Aggregazione pubblici e privati); per leAssociazioni di volontariato, nelle loro sedi; per lapopolazione generale, nei luoghi di maggior ritrovo(quali ad esempio biblioteche e uffici comunali);

• il materiale è stato distribuito all’interno dei Servizi dell’ASL Milano 2 nei vari dipartimenti, distretti, con-sultori familiari, SERD;

• il materiale è in fase di distribuzione ai Medici di Medicina Generale e Pediatri di libera scelta, per

rafforzare l’individuazione precoce delle persone condisturbi da Gioco d’azzardo problematico oPatologico e per l’invio mirato ai centri di cura e trat-tamento;

• in accordo con associazioni di categoria (Federfarma) il materiale è stato inviato alle farmacie del territo-rio, contesti frequentati in particolar modo dallapopolazione adulta e anziana;

• il materiale è stato inviato ai Medici Competenti delle Aziende presenti sul territorio per sensibilizzarli allaproblematica e ottenerne collaborazione nel far cir-colare informazioni utili tra i cittadini in età lavora-tiva sul fenomeno e sulle possibilità di contrasto.

Oltre al ricorso alla documentazione cartacea, le azio-ni di ascolto, consulenza e orientamento ai Servizidella ASL Milano 2 sono state valorizzate attraversoaltri canali di comunicazione. E’ stata attivata, segnalata sulle brochure e resa notain tutti i contesti di intervento con cui gli operatoriASL Milano 2 sono entrati in contatto, una casella diposta elettronica appositamente dedicata al giocod’azzardo ([email protected]): questo costi-tuisce un ulteriore canale comunicativo, utile per uncontatto iniziale tra gli operatori e i cittadini ed èutile per ottenere suggerimenti e risposte ad eventua-li quesiti. Stesse finalità per quanto riguarda l’istitu-zione di un numero verde dedicato (800 184 909) alquale rispondono gli operatori della Task Force GAP. In conclusione, si evince che il dispiegamento di risor-se in varie direzioni e secondo modalità comunicativedifferenti rappresenta un passaggio del più ampio pro-cesso che mira a costruire nel territorio una rete dialleanze tra “punti strategici”: i cittadini in generale,i soggetti che operano nel settore del gioco, gli opera-tori sanitari, l’associazionismo, l’ambito medico.

4. FormazioneIn questo ambito di intervento specifica attenzione èstata rivolta alla formazione ed informazione deglioperatori comunali del territorio della ASL Milano 2:essi rappresentano un’interfaccia primaria tra le istitu-zioni in senso ampio ed i cittadini che afferiscono adesse per le proprie necessità di assistenza e sostegno. Si è ravvisata una sostanziale convergenza di intentinel ritenere di grande importanza che gli operatori deiComuni siano informati e competenti nell’intercettaresituazioni di problematiche connesse al gioco d’azzar-do; si è ritenuto altrettanto importante che conoscanole possibilità per sostenere nel modo idoneo le perso-ne che hanno problemi con il gioco d’azzardo, in primisattivando la rete dei servizi specialistici esistenti sulproprio territorio per la presa in carico dei giocatoriproblematici e patologici e dei loro familiari.Agli operatori comunali sono stati proposti quindiseminari ad hoc della durata massima di quattro orecondotti da psicologi. Gli obiettivi erano sostanzialmente: presentare il servi-zio offerto dalla ASL Milano 2 in materia di gioco d’az-zardo patologico; sensibilizzare gli operatori rispettoalle caratteristiche del gioco d’azzardo problematico epatologico (ad esempio per quanto riguarda le fasce dietà a rischio); addestrare gli operatori all’impiego dibrevi questionari di screening validati in Italia che

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potessero agevolarli nell’individuare situazioni merite-voli di ulteriori approfondimenti (quali ad esempio, ilLie Bet Questionnaire).Questi seminari sono stati un’occasione preziosa ancheper lo scambio di informazioni tra operatori di serviziterritoriali differenti, nel quadro più ampio di costru-zione di rete che possa intervenire sempre più effica-cemente per rispondere ai bisogni e hanno consentitoagli operatori della ASL Milano 2 di conoscere in modopiù approfondito alcune peculiarità del territorio. Al termine del seminario veniva consegnato ai parteci-panti un questionario ideato appositamente per questatipologia di intervento) che conteneva una autovalu-tazione relativa alle competenze sui problemi connes-si al gioco d’azzardo, precedenti l’incontro. A questo proposito, alcuni ritenevano di non avere alcu-na conoscenza pregressa sull’argomento, altri una cono-scenza superficiale, altri una conoscenza adeguata. Sebbene molti dirigenti della Polizia Locale siano staticoinvolti negli incontri svoltisi nelle sedi dei Comuniinsieme a rappresentanti comunali (sindaci, assessori,dirigenti, etc…) e siano quindi stati partecipi in varieoccasioni anche nel segnalare situazioni specifiche delterritorio su cui operavano, non sono mancati inter-venti rivolti specificamente ai membri della PoliziaLocale, ai quali l’evoluzione del’iter legislativo ha affi-dato man mano compiti specifici coerenti con le normeapprovate. Queste attività hanno riguardato l’aggiornamento sullostatus legislativo e sui servizi di cura presenti sul ter-ritorio della ASL Milano 2, ma sono stati anche infor-mativi sulle caratteristiche peculiari della dipendenzada gioco: questo ai fini di offrire al personale dellaPolizia Locale strumenti idonei per intercettare piùconsapevolmente sia violazioni che situazioni proble-matiche e, quando possibile, poter indirizzare le perso-ne coinvolte verso i più adeguati contesti di cura. Obiettivo fondamentale della quarta azione dell’Ac-cordo Quadro ed ultimo solo in termini di realizzazio-ne nel tempo è stato l’attività formativa rivolta agliesercenti. Per la realizzazione dei corsi di formazione per eser-centi è stata stipulata una convenzione nell’ottobre2014 tra le ASL Milano 2, Milano 1 e Confcommercio, epoi nel giugno 2015, con AFOL (Agenzia FormazioneOrientamento Lavoro) Est e AFOL Sud. Sul territorio della ASL Milano 2, i corsi di formazioneper esercenti che hanno apparecchi da gioco d’azzardolecito nei loro locali pubblici sono cominciati dal mesedi novembre 2014. Ogni corso di formazione è stato condotto congiunta-mente da due membri della Task Force GAP e da unavvocato. Le quattro ore di corso previste sono state suddivise indue parti: una specificamente dedicata alla cornicelegislativa nazionale e lombarda, una riservata allapresentazione di dati relativi al gioco d’azzardo pato-logico, alle caratteristiche distintive del giocatored’azzardo patologico, con particolare attenzione alledifficoltà che l’esercente può incontrare nella gestionedi clienti con questo disturbo, alla presentazione delpiano territoriale e delle attività che la ASL Milano 2sta conducendo per la prevenzione ed il trattamento

del disturbo da gioco d’azzardo.Al termine di ogni corso, ai partecipanti è stata con-segnata una prova di verifica dell’apprendimento deicontenuti appresi con relativo attestato di partecipa-zione al corso rilasciato da Regione Lombardia.Analogamente ai corsi di formazione per operatorisociali, anche al termine di ciascun corso per esercen-ti i partecipanti hanno compilato un questionario digradimento. Sono stati realizzati al momento una trentina di corsi,con una media di 25 iscritti a corso, presso le sedi diConfcommercio di Melegnano, Vaprio d’Adda,Gorgonzola, Melzo, Binasco e presso le sedi di Afol Estdi San Donato Milanese. Il totale degli esercenti formati ad oggi si avvicina alle800 persone.

Azioni in corso e azioni futureLimitandoci all’anno in corso ad integrazione e a sup-porto di quanto già previsto nel Piano di interventoterritoriale sul GAP, sono programmate nella ASL, acura del Dipartimento delle Dipendenze, le seguentiattività:• Creazione di una pagina Facebook dedicata alle diver-se forme di dipendenza ed in particolare ai rischiconnessi al gioco d’azzardo.

• Apertura di spazi di informazione e consultazione presso un campione di Farmacie scelte in alcunidistretti del territorio ad uso della cittadinanza persuscitare una maggiore sensibilità su questa proble-matica ed offrire informazione sui Servizi dell’ASLdedicati alla presa in carico.

• Apertura di spazi di informazione e consultazione presso un campione di esercizi pubblici dotati diapparecchiature per il gioco d’azzardo lecito peroffrire ai giocatori la possibilità di valutare il propriostile di gioco ed offrire informazione sui Servizidell’ASL dedicati alla presa in carico.

• Creazione di un breve messaggio radiofonico da tra-smettere in alcune radio locali di sensibilizzazionesui rischi connessi al Gap e per pubblicizzare i servi-zi dell’ASL.

• Realizzazione di un video promozionale da utilizzare negli interventi informativi e di sensibilizzazione sultema.

• Prosecuzione del monitoraggio del fenomeno sul ter-ritorio attraverso la somministrazione dei questiona-ri ideati ad hoc, ovvero: questionario per popolazio-ne over 65 (Senior Problem Gambling Questionnaire– SPGQ) e questionario riservato agli operatori deiservizi e dei comuni

• Intensificazione del monitoraggio del fenomeno sul territorio anche attraverso la somministrazione dinuovi questionari che ASL Milano 2 impiegherà,rivolti alla popolazione adolescenziale (SOGS-RA,versione italiana; attività realizzata in collaborazio-ne con NEUROFARBA (Università di Firenze – Sezionedi Psicologia) e agli esercenti (ispirato a precedentequestionario realizzato da FeDerSerD).

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Figura 1

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A CHE PUNTO SIAMO? ESPERIENZA DI ORGANIZZAZIONEDEI SERVIZI DELLA ASL NA1 CENTRONELL’INTERVENTO SUL GAP

Luigia Cappuccio, Dirigente psicologo, referente giocopatologico ASL NA 1 CENTRO

Il gap rappresenta oramai una problematica ben rico-nosciuta e definita, attorno alla quale si è ragionato alungo rispetto all’inquadramento nosografico e alla suaclassificazione. Negli ultimi anni anche gli studi dineuroscienze hanno dedicato attenzione alle manife-stazioni cerebrali che possono essere associate a talecomportamento disfunzionale. Tali studi hanno appor-tato notevoli contributi, che ci hanno permesso dicomprendere i sistemi di funzionamento del cervello ele aree interessate rispetto alla sfera della gratificazio-ne e al controllo degli impulsi nei giocatori patologici.Vari autori si sono occupati di classificare le diversetipologie di giocatori problematici e patologici, diffe-renziando le diverse tipologie di personalità e le fun-zioni cui il sintomo del gioco assolve (M. Croce, 2002).La conseguenza di tali riflessioni e approfondimentiscientifici ha determinato la nuova classificazionenosografica del GAP che nel DSM V° è traghettato nelcapitolo delle New addiction senza sostanze, con ladenominazione “disturbo da gioco d’azzardo patologi-co”. (Ricordiamo che nel DSM IV° r era ancora inseritonel capitolo dei disturbi del discontrollo degli impulsinon altrove classificati).Con il decreto BALDUZZI 158/2012, ai servizi per ledipendenze patologiche viene affidata la cura e la pre-venzione dei disturbi da gioco d’azzardo. Analizzandola situazione nei servizi prima e dopo il decretoBalduzzi, si evidenzia come prima del decreto esistevaun’accoglienza sporadica e spontanea dei giocatori neiSerD; alcune realtà del nord Italia avevano già provatoa organizzare e a ragionare su interventi dedicati aigiocatori patologici (E. Marcaccini, 2011). Dopo ildecreto emerge la necessità di accogliere i giocatori edi strutturare interventi specifici, creando condizioni,spazi dedicati e razionalizzando le risorse già spessoinsufficienti per gestire l’utenza in carico.Si fa subito strada l’interrogativo relativo al se fossegiusto o meno affidare tale problematica ai Sert, chenascono con la prerogativa di essere servizi per la curadelle tossicodipendenze, ma che oramai si sono tra-sformati in SerD, servizi quindi per le dipendenze insenso più ampio del termine. Il decreto Balduzzi defi-nisce operativamente un riconoscimento che i Sert sierano già dati implicitamente e empiricamente. Questoda un lato ha i suoi effetti positivi perché, come ciricorda anche G. Bellio, gli operatori dei SerD hannogià un bagaglio di esperienza da mettere a servizio diquesta nuova problematica, dall’altro si corre il rischio,

già in parte avvenuto, di appiattire anche questanuova, almeno nelle sue manifestazioni attuali, formadi addiction su modalità d’intervento cristallizzate emagari non del tutto appropriate. Si delinea l’esigenzadi creare momenti di formazione specifica e di sensibi-lizzazione alla problematica tra gli operatori, promuo-vere un linguaggio comune, aderire ad una filosofia diintervento. Sembra che i servizi debbano ritornare adun punto di partenza e giocare una nuova partita. Taledimensione, se da un lato spaventa e scoraggia (dateappunto le condizioni difficili da cui si parte), dall’al-tra rappresenta per gli operatori ancora motivati un’oc-casione stimolante che mette di nuovo al centro erilancia i Sert spesso addormentati in un torpore preoc-cupante e intrappolati in interventi stereotipati, inca-paci di adeguarsi ai cambiamenti della storia delledipendenze con e senza sostanze.IL DECRETO BALDUZZI QUINDI SMUOVE LE ACQUE, RIA-PRE DOMANDE.Dopo queste considerazioni di carattere generale, quidi seguito viene riportata l’esperienza della A.S.L. Na 1Centro relativa al processo di costruzione di una possi-bile organizzazione dei 10 SerT territoriali rispetto allepossibilità d’intervento da offrire ai giocatori patologi-ci che si rivolgono ai servizi. L’unità complessa dipar-timentale è partita dal cominciare a mettere insieme eriflettere sulle esperienze di lavoro col gap già presen-ti nei servizi della A.S.L. NA 1 Centro fino a prima deldecreto. E’ stato nominato dal responsabile della U.O.Cdipendenze un referente della A.S.L. per il gioco d’az-zardo, il quale ha partecipato alle riunioni del gruppodi lavoro istituite dalla Regione Campania. Si è suc-cessivamente costituito un gruppo di lavoro diparti-mentale formato dal referente A.S.L., da alcuni opera-tori pubblici interessati a lavorare sulla problematica eprovenienti dai diversi servizi territoriali per le dipen-denze, e da operatori del privato sociale che lavoranonelle strutture intermedie diurne della A.S.L. NA 1 enel servizio MAMACOCA (dedicato ai consumatori dicocaina). Alcuni di questi operatori avevano già espe-rienza di lavoro col gap, altri avevano interesse versola problematica. Tale gruppo allargato, che si è incon-trato per 6 volte, aveva due obbiettivi principali: pro-muovere uno scambio e un confronto di esperienze sullavoro già svolto in alcuni servizi; creare una strategiadi intervento comune per l’accoglienza e il supporto daoffrire ai giocatori patologici. Successivamente ungruppo più ristretto di operatori (formato dal referen-te gap per la A.S.L. e da altri 2 operatori dei servizi)hanno continuato a incontrarsi insieme col responsabi-le dell’unità complessa dipendenze per valutare la fat-tibilità delle proposte emerse.

COSA È EMERSO DAL LAVORO DEL GRUPPO: Alcuni ser-vizi avevano già una casistica, anche se con numerinon elevati, di giocatori patologici in trattamento. DueSert avevano aderito ad un progetto di FederSerD eLottomatica rispondendo alle richieste di aiuto chearrivavano in anonimato grazie ad un numero verde,che orientava presso due dei 10 servizi. Altri Sert ave-vano seguito solo alcuni casi, qualche altro servizionon aveva esperienza a riguardo. Si è da subito deli-neata per tutti l’esigenza di un percorso di formazione

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specifica. Tale richiesta è stata raccolta dal U.O.CDipendenze che ha organizzato all’interno del pro-gramma ECM 2013 un corso specifico sul gioco d’azzar-do patologico. Si è delineata la possibilità di offrirealmeno un primo livello di intervento ai giocatori pato-logici senza pensare al pagamento di un ticket, talelinea testimonia la filosofia alla base della politica diintervento del nostro Dipartimento. Non è sembratoopportuno ipotizzare da subito un servizio specificodedicato al gap, ma concedersi un tempo di osserva-zione del fenomeno, del suo andamento anche in ter-mini numerici, in termini di analisi della domanda.Questo orientamento cauto era necessario anche pernon mandare in affanno risorse già sovraccariche neinostri servizi. Gli operatori hanno ipotizzato strategiedi intervento possibili nella realtà attuale dei servizi,tentando di mantenere un pensiero critico rispetto alleesigenze presentate dalla nuova problematica, provan-do a leggerla nelle sue sfaccettature e nella sua com-plessità (varia tipologia di utenza, fasce di età diver-se, tipologie di gioco diverse, comorbilità, ecc.). Iltentativo è stato quello di provare a mettere insiemele risorse già presenti nel nostro sistema di servizi(risorse del pubblico e del privato sociale che già damolti anni hanno nella A.S.L. NA 1 Centro una storia diintegrazione nell’intervento sulle dipendenze dasostanze). Si è quindi fatta strada l’idea che ognunodei 10 SerT potesse pensare di garantire ai giocatoriproblematici/ patologici un intervento ambulatorialeche si snoda attraverso l’accoglienza, la ridefinizionedella domanda e una valutazione del livello di gravitàdel comportamento disfunzionale di gioco patologico,cui può eventualmente seguire un percorso psicologicoindividuale. Due servizi in particolare, quelli che lavo-rano in stretto contatto con le strutture intermediediurne, invece riescono ad offrire ai giocatori proble-matici un percorso diurno più strutturato,con attivitàlaboratoriali giornaliere, di maggiore contenimento.Tale percorso appare appropriato quando la situazionedel giocatore è fortemente compromessa e necessita diun una fermata e di un allontanamento dalle dinami-che familiari e sociali che sono precipitate al punto dimettere la persona in situazioni di forte rischio. Inquesti servizi si sono costituiti gruppi di sostegnodedicati specificamente ai giocatori e/o ai familiari. Iltentativo è quello di tenere ben presente la specificitàdella problematica in oggetto, di favorire il riconosci-mento tra i giocatori stessi, di garantire spazi di rifles-sione intorno alla problematica comune. Anche se igiocatori vengono inseriti in percorsi di cura insieme apersone con dipendenza da sostanze, si cerca di crea-re spazi dedicati, specifici (gruppi - laboratori) soloper i giocatori, nei quali questi ultimi possono con-frontarsi il più possibile con la peculiarità del loro pro-blema. Si tenta di mantenere delle coordinate specifi-che negli interventi, come per esempio l’attenzionealle dinamiche di controllo e di gestione del denaronella mediazione familiare. In fine si sta delineando lafigura del tutor e del tutoraggio economico che spes-so viene svolto da chi segue la famiglia (educatore,ass. sociale).Le maggiori difficoltà si incontrano nell’aggancio deiragazzi molto giovani, ma tali resistenze non sembra-

no connesse al servizio troppo connotato rispetto allacura delle tossicodipendenze, quanto piuttosto al nonriconoscimento del problema e alla non accettazione diun percorso di cura.Si è inoltre sperimentata la possibilità di offrire ancheuna breve esperienza di residenzialità, nelle situazionidove è necessario un allontanamento dal proprio con-testo o quando il giocatore non riesce a sospendere ilcomportamento compulsivo di gioco. Queste esperien-ze sono nate sempre dalla disponibilità a mettere insinergia le risorse presenti in progrtti residenziali pre-senti nel circuito della nostra ASL. Il percorso di curaper i giocatori si pone due obiettivi principali: lavoroindividuale sulla motivazione e coinvolgimento in unpercorso terapeutico complesso, che prevede il soste-gno psicologico individuale - valutazione dello stato disalute globale - mediazione familiare - gruppo disostegno per giocatori – gruppo di sostegno per fami-liari - eventuale inserimento del giocatore in un per-corso diurno presso una delle strutture intermediesovradistrettuali. Pur ritenendo che ciascuno dei puntisopra riportati costituiscono dei passaggi imprescindi-bili per la riuscita del percorso terapeutico, per esi-genze di sintesi approfondiremo l’esperienza del grup-po giocatori.

GRUPPO GIOCATORI: Esso assolve ad alcune funzionicardine nel percorso di cura. In primis svolge una fun-zione di meta comunicazione perché rappresenta uncontenitore per soli giocatori, nel quale sperimentareuno spazio e un tempo per confrontarsi con lo specifi-co della problematica (è uno spazio importante all’in-terno di servizi connotati per le t.d. perchè invecedefinisce un’attenzione selettiva al problema del gap).Tale gruppo specifico permette inoltre una miglioreidentificazione del giocatore con i suoi pari e facilita-ta il confronto sulle dinamiche comuni: senso di colpaverso i propri cari; insofferenza verso il controllo eco-nomico richiesto dal percorso di cura; difficoltà nelconfrontarsi con i familiari; difficoltà ad identificare esuperare le idee irrazionali (tipiche dei giocatori),soprattutto quella legata all’idea di recuperare i soldipersi solo attraverso il gioco. Il gruppo ha un’imposta-zione cognitivista (sappiamo come l’approccio cogniti-vo - comportamentale venga considerato elettivo nellacura del gap - Serpelloni 2013) ma non si può definireun gruppo strettamente di psicoeducazione. Prevale unclima di accoglienza e di incoraggiamento a riportarela propria esperienza. Viene puntualmente stimolato ilconfronto tra le esperienze personali legate al giococompulsivo, rilanciando al centro la comunicazione estimolando la partecipazione di tutti. Il gruppo preve-de un numero di incontri prestabiliti (10-12), ancheperché in questo modo è tracciato un percorso breveche il giocatore può sentire come realizzabile e chi rie-sce a completare gli incontri riceve in tal modo unfeedback positivo rispetto all’idea di avere concluso unpezzo del percorso di cura. I primi incontri sono dedi-cati alla conoscenza e alla socializzazione del proble-ma, ci si ascolta rispetto a come si è strutturato il pro-blema (esempi: ricorrere della vincita - funzione delsintomo come strumento di fuga e/o di azione). Gliincontri successivi stimolano (partendo da un tema

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sollecitato dal conduttore o dalle esperienze riportate)il confronto, lo sviscerare alcune tematiche legate alladipendenza dal gioco, come il senso di colpa verso ifamiliari che si trovano spesso coinvolti in gravissimeconseguenze economiche; la sfida che contraddistin-gue lo stile nel relazionarsi del giocatore; il valore deisoldi; la perdita del controllo. Parallelamente si comin-cia a fare emergere gli aspetti cognitivi che caratteriz-zano in maniera ossessiva e invasiva il pensiero delgiocatore patologico, proponendo una rilettura di talimeccanismi; si pone l’attenzione sulle idee irrazionalilegate al gioco, sul pensiero magico, sullo stile cogni-tivo legato alla negazione del caso, sull’onnipotenzalegata all’illusione di gestire il caso, di controllare ilrisultato di un gioco dove prevale l’alea, il ripetereogni volta la sfida fra l’onnipotenza e la sconfitta. Iconduttori cercano di fare emergere tali disfunzionicognitive, di metterle a confronto, si prova a porle indiscussione con l’aiuto dell’esperienza di tutti.In alcuni momenti vengono utilizzati dei giochi permettere in evidenza in modo più chiaro il ragionamen-to e il comportamento irrazionale. Gli ultimi incontrisono dedicati a riconoscere gli stimoli che innescano ilcraving e il conduttore spinge ad un confronto sullestrategie di ognuno per superare tali momenti e a sti-molare nuove modalità di comportamento maggior-mente protettive rispetto al comportamento di abuso ealla perdita di controllo.Punti critici del gruppo: questo tipo di interventodovrebbe ripartire ogni volta che si crea un nuovogruppo di giocatori. E’ possibile, infatti, che le perso-ne ripetano l’esperienza massimo 2 volte, ma si è potu-to osservare che per chi ha aderito in maniera seria emotivata al percorso di gruppo, ripetere più volte l’e-sperienza così articolata non costituisce più uno sti-molo costruttivo per l’evoluzione del percorso di cura.Avendo osservato, invece, che i partecipanti al gruppo,manifestano l’esigenza di mantenere uno spazio riela-borativo gruppale si è provato quindi a orientare ilgruppo verso una modalità esperienziale, che può favo-rire la partecipazione ad esso da parte di chi ha giàripetuto l’esperienza, ma sente ancora utile questocontenitore. Gli incontri non hanno più una durata pre-stabilita ma comunque il tempo di partecipazione chesi prospetta al giocatore varia dai tre ai cinque mesi.Viene mantenuta sempre, da parte del conduttore,un’attenzione a lavorare sul cognitivo, stimolando taliriflessioni e rileggendole ogni qualvolta emergono neicontenuti riportati dai partecipanti. Viene dato ampiospazio alla ricaduta, che non viene esasperata ma uti-lizzata per esplorare le situazioni che stimolano il car-ving, analizzando le situazioni/stimolo che inducono laricaduta e gli effetti di essa sul piano personale e fami-liare. Il gruppo è aperto anche ai giocatori con unamotivazione debole. In questi casi è il gruppo stessoche risulta essere un contenitore adeguato per lavora-re sulla motivazione, uno specchio che in qualchemodo rimanda anche solo frammenti della propria con-dizione di giocatore problematico.

ConclusioniL’esperienza organizzativa riportata e l’esperienza dilavoro con un gruppo specifico e dedicato alla proble-

matica del gioco patologico è chiaramente ancora infase di osservazione ed è passibile di continui riaggiu-stamenti in funzione di poter fornire delle prestazionisempre più aderenti alle esigenze rilevate nel lavorocon i giocatori.

BIBLIOGRAFIA

Manuale sul gioco d’azzardo-diagnosi,valutazione e trat-tamenti a cura di G.Bellio e M.Croce FrancoAngeli 2014

Il Gioco e l’Azzardo - il fenomeno la clinica le possibilitàd’intervento a cura di M,croce e R. Zerbetto. FrancoAngeli 2002

Riflessioni su un’esperienza di trattamento del Gap in unseervizio sanitario territoriale. E. Marcaccini – rivista ARn. 2, 2011

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UN APPROCCIO INTEGRATO PER IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO:L’ESPERIENZA DI UNA COOPERATIVA SOCIALE

Paola Castellan, Psicologa, specializzanda inPsicoterapia Interattivo CognitivaDaniele Nervo, Operatore Socio Sanitario e Counselorad indirizzo sistemicoCooperativa Adelante Onlus, Bassano del Grappa (VI)

Il gioco d’azzardo patologico si configura sempre piùcome una dipendenza “multiproblematica” in cui ilcomportamento di dipendenza del giocatore si associaad altri aspetti che rivelano anch’essi la necessità diuna presa in carico; le ricadute del gioco problemati-co, infatti, sono a livello familiare, sociale, lavorativoe, naturalmente economico. Allo stesso tempo i gioca-tori “non sono tutti uguali” poiché si rifanno a moda-lità di gioco che possono essere ricondotte a diversetipologie che, a loro volta, rispecchiano diverse moda-lità di funzionamento e diverse personalità.Emerge quindi la necessità di dare vita ad un progettoche sia il più possibile unico e personalizzato e checoinvolga il giocatore e la sua situazione nella sua glo-balità, un intervento che non si limiti ai soli aspettiterapeutici e di cura ma che possa prevedere unapproccio integrato all’interno di uno spettro piùampio di discipline. È questo l’obiettivo generale cheha mosso il progetto sperimentale Mettiamoci in Giocodella Cooperativa Adelante Onlus, in accordo con ilSerD dell’Ulss 3 di Bassano del Grappa.

Descrizione sintetica del progettoIl progetto Mettiamoci in Gioco si focalizza sul tratta-mento delle persone che presentano problemi con ilgioco d’azzardo ed i loro familiari, certi che tale pro-blematica, così come molte altre che rientrano nel-l’ambito delle dipendenze, possano trovare una formadi risposta più adeguata se vengono coinvolte non solole persone che presentano il problema, bensì anche iloro familiari. Per tal motivo viene richiesta, fin dasubito e laddove possibile, la presenza di un familiaredi riferimento che possa sostenere il giocatore duran-te tutto il suo percorso di trattamento con un control-lo serrato rispetto ai soldi all’inizio per prevedere poi,con il passare del tempo, una maggiore acquisizione difiducia e una maggiore autonomia da parte del gioca-tore nella gestione dei suoi soldi e delle sue spese.A questo proposito l’attività centrale del progetto è iltrattamento di gruppo, trattamento elitario all’approc-cio delle dipendenze. Il gruppo, condotto da una psi-cologa psicoterapeuta in formazione ed un operatorecon formazione sistemica, si riunisce una volta a set-timana con una durata di un’ora e mezza circa.L’obiettivo principale è duplice: da una parte costruire

insieme agli altri giocatori e agli altri familiari tuttiquegli strumenti che possono essere utili per elimina-re il comportamento del gioco patologico e l’altro con-siste nell’agevolare una riflessione sulle proprie abilitàe risorse che, liberate dal gioco, possono essere atti-vate e concretizzate nella vita quotidiana e nel terri-torio di appartenenza del giocatore, evitando che siverifichi quella condizione che, spesso, è ben diffusatra i giocatori: la solitudine e l’isolamento. È previstauna supervisione mensile con un terapeuta da anniimpegnato nel trattamento di giocatori e loro famiglie. L’inserimento al gruppo del giocatore e/o dei familiariviene concordato con il SerD di riferimento (presso ilquale il giocatore viene sottoposto ad assessmentstandardizzato) e con la persona stessa, all’interno diuno o più colloqui psicologici preliminari in cui l’o-biettivo non è solo la valutazione delle condizioni psi-cologiche e familiari del giocatore, bensì la co-costru-zione di un progetto condiviso e concordato sulla basedei bisogni, delle necessità e delle risorse del nucleofamiliare e della persona stessa. Molta attenzione,soprattutto in fase iniziale, viene posta all’accoglienzadella persona, all’ascolto della sua realtà, dei suoipunti di vista e dei suoi bisogni.A seconda, quindi, delle necessità emerse in fase pre-liminare, possono seguire alcuni incontri con l’educa-tore per chiarire le condizioni economiche, finanziariee legali del giocatore e della sua famiglia. A tal propo-sito ci si avvale anche dell’eventuale consulenza di unlegale ed un esperto finanziario. Qualora vi fosse la necessità di un re-inserimento nelmondo del lavoro, la Cooperativa si avvale di un servi-zio già presente al suo interno con l’obiettivo di indi-viduare percorsi di orientamento – reinserimento nelmondo lavorativo qualora il giocatore avesse perso, acausa del gioco, il proprio posto di lavoro.

Finalità generale del progettoCon la realizzazione di questo progetto ed in strettasinergia con il Ser.D territoriale, si intende offrire unarisposta al problema sempre più diffuso della dipen-denza da gioco; in particolare il progetto è finalizzato:1. alla raccolta ed all’intercettazione della domanda di

trattamento e di informazioni sul territorio;2. al trattamento del giocatore teso all’eliminazione

del comportamento di dipendenza impedendone,allo stesso tempo, l’esclusione sociale;

3. al trattamento ed al sostegno della famiglia del gio-catore;

4. al re-inserimento del giocatore nel mondo del lavoro.

Dati del 2014Nel 2014, anno di avvio sperimentale del progetto,sono state seguite 36 persone, di cui 13 giocatori e 23familiari; al gruppo, poi, hanno preso parte 7 situazio-ni (7 giocatori di cui 2 non accompagnati da familia-ri); per un giocatore è stato attivato un tirocinio lavo-rativo, per un altro è stata stretta una collaborazionecon i servizi sociali comunali per l’attivazione di untirocinio lavorativo con il comune di riferimento.Durante il corso dell’anno si sono concluse 6 situazio-ni: 4 giocatori hanno concluso il loro percorso con uncompleto abbandono del comportamento di gioco

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patologico, un giocatore ha ricominciato a giocare inmaniera importante (e con il SerD di riferimento si èpensato ad un ricovero presso una struttura adeguata),un altro giocatore ha deciso di abbandonare il gruppopoiché non acconsentiva ad avere un controllo deisoldi da parte dei familiari.

ConclusioniCon tale progetto si intende offrire una risposta indi-vidualizzata a tutte quelle persone che presentano pro-blemi con il gioco d’azzardo ed ai loro familiari, age-volando e facilitando l’espressione di una richiestad’aiuto da parte loro, non più costretti a rivolgersi adun servizio specialistico che, nell’immaginario comune,è dedicato esclusivamente alla cura delle persone tos-sicodipendenti.La risposta che si intende dare a tali situazioni, però,non si configura solo come sanitaria, poiché le rispo-ste che possono essere date a tali situazioni sono divaria natura: economica, legale, finanziaria e, soprat-tutto, sociale. L’obiettivo, infatti, è quello di avere unosguardo attento anche al territorio, prevedendo la sen-sibilizzazione e l’attivazione di realtà territoriali eassociative in cui il giocatore possa essere inserito edin cui possa sperimentare le sue risorse, spesso dimen-ticate e trascurate per dedicarsi completamente algioco.Dopo il primo anno di sperimentazione possiamo affer-mare come il modello proposto sia valido e abbia pre-sentato dei risultati positivi, anche se i numeri sonoancora troppo esigui per poter avere una valutazionepiù efficace e validata.

ValutazioneLa valutazione del progetto viene fatta in itinere, inmodo tale da garantire un monitoraggio costante intermini di realizzazione, risultati raggiunti, impattonel territorio e di rendicontazione delle spese. Imomenti di incontro dell’equipe sono tappa fondamen-tale per tenere sotto controllo l’andamento del proget-to e per eventualmente individuare procedure migliora-tive.

Bibliografia e Sitografia

AA.VV. Censis Servizi S.p.A.(2012), Gioco ergo sum 2,Quando il gioco d’azzardo è un problema. Una guida perle famiglie, p. 17.

AA.VV. (2012) Il gioco d’azzardo patologico in ItaliaItalian Journal on Addiction, volume 2, Numero 3-4,Dipartimento Politiche Antidroga, Presidenza delConsiglio dei Ministri trova p. 8.

Camporese A., Simonato D. (2012) Un intervento multi-modale integrato per il gioco d’azzardo patologico: l’in-dividuo e la famiglia, Il gioco d’azzardo patologico inItalia, Italian Journal on Addiction, Volume 2, Numero3-4, Dipartimento Politiche Antidroga, Presidenza delConsiglio dei Ministri, pp. 148-152.

Cardullo S., Stivanello A., Cavallari G. (2012)

Trattamento di gruppo per il gioco d’azzardo patologico:studio preliminare, Il gioco d’azzardo patologico inItalia, Italian Journal on Addiction, Volume 2, Numero3-4, Dipartimento Politiche Antidroga, Presidenza delConsiglio dei Ministri, pp. 160-164.

Corti M., Riglietta M. (2014), Gioco d’azzardo patologi-co e clusters personologici. Una proposta di classifica-zione per possibili interventi differenziati, Mission,periodico trimestrale della federazione italiana deglioperatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze,42/2014.

Studi di J. Derevenski, Gupta e Al., Canada, su citazio-ne di D. Capitanucci, in www.andinrete.it – Azzardo eNuove Dipendenze Quando il gioco d’azzardo è un pro-blema. Una guida per le famiglie, p. 16.

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n 27 - NOVEMBRE 2015

QUANDO IL GIOCO NON È PIÙ UN GIOCO?

Mauro Cecchetto, Elisabetta BosiCoop. Sociale La Collina - Pavia

PremessaIl progetto di sensibilizzazione ed informazione dellapopolazione in tema di gioco d’azzardo patologico“Quando il gioco non è più un gioco?” realizzato suiterritori di Oltrepò Pavese e Lomellina, in attuazionedel piano biennale territoriale sul gioco d’azzardo pato-logico G.A.P. (2014-2015) dell’Asl di Pavia, si articola,in stretta collaborazione con la stessa Asl, in azioni diaggregazione e di coinvolgimento attivo del territo-rio finalizzate alla promozione di un “sistema” in gradodi operare in modo integrato e complementare, condi-videndo gli obiettivi, i metodi di lavoro, le linee e lestrategie d’azione, le risorse.Il progetto, realizzato dalla cooperativa sociale LaCollina di Pavia (ente capofila) in partnership con Enti,Associazioni del terzo settore e del mondo del volon-tariato ha anche condiviso un importante lavoro coor-dinato in rete con l’Asl e con l’ente gestore del proget-to “Azzardopatia 2.0”, sviluppato sul territorio diPavia.Le azioni previste sono state attivate su differentipiani di sensibilizzazione ed informazione1: • Un piano “universale” indirizzato alla popolazione generale che, essendo sempre di più esposta alla pre-senza di agenzie di gioco, necessita di essere accom-pagnata ad impattare i pressanti inviti al gioco conmaggior criticità e minor vulnerabilità

• Un piano “ambientale” indirizzato ai contesti dove si concentra il rischio (sale, bar, tabaccai, internet) conla produzione di materiale informativo

• Un piano “selettivo” indirizzato a quelle fasce di po-polazione definite vulnerabili per alcune propriecaratteristiche intrinseche (adolescenti, pensionati,disoccupati, detenuti, persone con fragilità psichia-trica o con già un’esperienza di dipendenza nellapropria storia di vita) con l’obiettivo di promuoverecomportamenti di autoregolazione e autodetermina-zione

• Un piano “indicato” indirizzato a persone che già presentano una modalità problematica di gioco d’az-zardo per promuoverne la presa di contatto con i ser-vizi di diagnosi e cura

Dal punto di vista metodologico si è preferito privile-giare e promuovere il lavoro con le persone (anche nel-l’approccio con i gestori dei locali di gioco) evitandodi entrare nel merito di azioni o proposte di contrastoall’offerta.L’articolazione del progetto, la rete di collaborazione esoprattutto la flessibilità dell’equipe coinvolta hannoinoltre permesso di adattare l’intervento ad un territo-

rio eterogeneo per conformazione geografica e demo-grafica.

ObiettiviI principali obiettivi del progetto sono:• incrementare nei diversi target i fattori protettivi (attraverso la promozione delle life skills), che con-sentono di diminuire la possibilità di sviluppare unadipendenza da gioco e di promuovere il precoce rico-noscimento della problematica al fine di orientare lapersona o i familiari alle competenti agenzie di curadel territorio.

• consolidare le strutture già operanti sul territorio e incrementare la loro accessibilità attraverso l’azioneformazione/informazione rivolta agli operatori diEnti, Associazioni e volontariato

• fornire attività di ascolto e di primo orientamento a persone e a familiari di persone che presentano unamodalità problematica o patologica di gioco d’azzardo.

AzioniIl tema che ha caratterizzato l’intero intervento inmodo trasversale nei diversi ambiti è stato la promo-zione delle life skills, in sintonia con quanto promossodal Dipartimento Dipendenze dell’Asl di Pavia nell’otti-ca di condividere obiettivi e strategie in un lavoro direte integrato. Ciò ha conferito ulteriore coerenza allaproposta che ha trovato riscontro positivo in partico-lare da parte dei dirigenti scolastici degli istituti delterritorio permettendo di organizzare, in più di 50 clas-si, incontri informativi/formativi di due ore ciascunoin dieci Istituti Superiori, che hanno coinvolto in tota-le 783 studenti e circa 40 docenti.Gli incontri sono stati condotti ponendo il focus sulladifferenza tra il gioco e l’azzardo, sulle distorsionicognitive, sui rischi insiti nel gioco, sul graduale pas-saggio dal gioco d’azzardo alla dipendenza; è inoltrestata promossa una modalità più critica di lettura deimessaggi promossi dai media in tema di gioco e dellepubblicità e sulle strategie messe in atto dall’industriadel gioco (spot, mailing, condizioni ambientali costrui-te ad hoc per stimolare e mantenere il desiderio, ecc.). Sono stati infine forniti ai docenti elementi utili acogliere negli studenti quei segnali comportamentali epsicologici che possano essere associati ad una proble-matica di gambling e informazioni su come intervenireper un corretto orientamento alla rete dei servizi.È stato predisposto un questionario anonimo di rile-vazione del gradimento degli incontri nel quale sonostate inserite alcune domande volte a indagare i com-portamenti di gioco dei ragazzi e delle famiglie.Sono stati restituiti 651 questionari compilati ed èemerso come dato significativo anche in vista di futu-re iniziative di prevenzione che l’82% degli alunni chehanno risposto ha presenziato mentre un adulto (ilgenitore nel 42% dei casi e un amico adulto nel 43%)giocava. Questo dato, a nostro avviso, conferma comesia in atto una sorta di “normalizzazione” del gioco daparte della famiglia che potrebbe valere la penaapprofondire.Rispetto alle modalità di gioco il 76% dei ragazzi hadichiarato di aver giocato almeno una volta, di questil’85% principalmente al gratta e vinci (l’88% di loro

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dichiara di acquistarli almeno una volta al mese).Rispetto all’efficacia dell’incontro percepita dagli stu-denti, il 58% ha dichiarato di sentire che la possibilitàdi spendere soldi nel gioco è diminuita, il 26% che èdiminuita parzialmente e il 14% che non è diminuita.Gli argomenti trattati sono risultati completamentenuovi per il 6%, parzialmente conosciuti per il 57%,mentre il 37% ha dichiarato di conoscerli già.Il 24% ha trovato l’incontro abbastanza interessante, il36% molto e il 24% moltissimo. Il 16% dichiara di nonaver trovato interessante l’incontro.A seguito degli incontri, con il Centro TerritorialePermanente Educazione degli Adulti “G. Plana” si èsperimentato uno spazio di ascolto settimanale perle tre classi di studenti che non sono riusciti a conse-guire la licenza media nei tempi canonici con etàmedia 16/17 anni (qualcuno più adulto si è rivolto anoi per problemi specifici di gioco), per la maggiorparte provenienti da famiglie multiproblematiche. Adogni apertura ci sono stati mediamente 7/8 accessi ela richiesta dei docenti è di potenziarlo e di poter pro-seguire nell’esperienza.Alcuni familiari (spesso già giocatori problematici)sono stati coinvolti ed hanno accettato di proseguireil percorso al di fuori della scuola. Attualmente sonodue le famiglie che vengono seguite nello spazio diascolto della cooperativa. Nell’ottica di promuovere un approccio in cui sia valo-rizzata l’attuale esperienza degli adolescenti a favoredelle future generazioni sono stati previsti incontri disensibilizzazione/informazione rivolti ai genitori dibambini dell’asilo e delle elementari2 nei quali pro-muovere una genitorialità più consapevole a partiredalla proiezione di spot prodotti dagli studenti di alcu-ne classi superiori che ben illustrano i rischi di unamodalità di gioco problematica nella popolazione ado-lescenziale e l’importanza di sviluppare adeguati fatto-ri di protezione al fine di prevenire tali ed altre con-dotte a rischio. Sul territorio, dal punto di vista strategico, si è datapreferenza al lavoro di potenziamento delle realtàesistenti (centri di ascolto volontari e professionali,associazioni, ecc.) nella logica di diffondere le cono-scenze in tema di azzardo al maggior numero di opera-tori possibile, raggiungendo così pressoché interamen-te l’area del territorio di competenza del progetto. La collaborazione con il progetto di Auser Comprenso-riale Pavia “Io non mi azzardo” ha inoltre permesso ilcensimento delle organizzazioni che nella provincia sioccupano di gioco d’azzardo e di realizzare un piano diinformazione/formazione che ha raggiunto tutte le64 Associazioni Auser Locali della provincia e ha coin-volto 153 volontari Auser e 96 persone appartenenti adaltri gruppi.Un’azione specifica è stata dedicata al mondo dellavoro coinvolgendo alcune associazioni di categoria:Confcooperative Pavia, Unione Artigiani e PMI diVoghera, Confartigianato Imprese Lomellina con l’o-biettivo di raggiungere con del materiale informativoappositamente prodotto, sull’intero territorio provin-ciale, attraverso le rispettive mailing list, circa 90 coo-perative (per un totale di circa 4.000 soci lavoratori) ecirca 630 artigiani e piccole imprese (per un totale di

circa 1.600 addetti).È stata prodotta una scheda formato A4 che riproducela locandina del progetto e, nel retro, le domande del“Canadian Problem Gambling Index” per promuoverel’autovalutazione delle abitudini di gioco. La scheda èstata inviata alle associazioni di categoria che si sonoimpegnate a diffonderla presso le aziende associatetramite le loro mailing list, raccomandando ai datori dilavoro di inserirla almeno una volta nella busta paga ditutti gli addetti. Ad oggi non abbiamo riscontri diquante siano effettivamente state stampate e inseritema l’idea è quella di proseguire periodicamente nellasensibilizzazione dei datori di lavoro attraverso la ripe-tizione periodica del mailing.Presso l’Unione Artigiani e PMI di Voghera è stato atti-vato in via sperimentale uno spazio di ascolto mensile.Con l’azione Sportello, infine, l’intento è quello difavorire un accesso precoce ai servizi di diagnosi e curafornendo ascolto, orientamento, assistenza e consu-lenza su problematiche di natura legale, sociale edeconomica per i problemi correlati a situazioni digioco. Le figure professionali impiegate sono una psi-cologa e un counselor professionista. Al bisogno, lapresenza di un professionista specifico (avvocato, assi-stente sociale, referente amministratori di sostegno,mediatore culturale) per la problematica presentatagarantisce interventi individualizzati. La collaborazio-ne con la cooperativa sociale Con-Tatto di Pavia hapermesso di tradurre il materiale informativo inromeno, spagnolo, inglese e francese e di sperimenta-re uno spazio di ascolto quindicinale con la presenzadi mediatori culturali con l’obiettivo di raggiungere lapopolazione straniera.L’attivazione di gruppi rivolti ai giocatori e loro fami-liari, utilizzando un modello basato sul potenziamentodelle abilità di vita, cerca di aumentare la consapevo-lezza del problema e di promuovere/mantenere un’ade-guata adesione al trattamento presso i centri speciali-stici di competenza (es. Ser.T).

Considerazioni finaliA nostro avviso la logica di aggregazione promossadall’Asl ha catalizzato l’interesse dei vari soggetti coin-volti ed ha gettato le basi per un intervento più effi-cace e duraturo ed ha consentito di iniziare a diffon-dere uno stile di lavoro per il quale la persona cheattraversa un momento di difficoltà possa essere orien-tata ai servizi competenti anche dagli operatori cheoffrono un primo ascolto (volontari o professionali) inmodo più mirato e consapevole. L’effetto è duplice: daun lato la persona percepisce di essere realmenteaccompagnata ai servizi e non, come spesso emergedai colloqui, “rimbalzata”, dall’altro l’operatore inizia apercepirsi come parte di un sistema e a pensare e agiredi conseguenza.L’impressione, confermata dai feedback ricevuti duran-te i momenti formativi e informativi, è che, nei nonaddetti ai lavori, è ancora molto radicato il concetto di“vizio” e la persona con problemi di dipendenza èancora vista come una persona di scarsa volontà e didubbi valori. Anche nel mondo del volontariato, seb-bene siano presenti sensibilità maggiori, questo mododi pensare è ancora presente, anche se abbiamo potu-

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to apprezzare in molti la disponibilità a cambiarepunto di vista e quindi, di conseguenza, l’approcciocon le persone in difficoltà.

RingraziamentiRingraziamo i Comuni, le scuole e le Associazioni chehanno aderito e hanno reso possibile la realizzazionedelle azioni. Un ringraziamento particolare va ai part-ner di progetto: Asl di Pavia - Dipartimento Dipen-denze, Fondazione Caritas di Vigevano, Caritas di Tor-tona, coop. sociale Agape di Voghera, Auser Compren-soriale di Pavia, coop. sociale Progetto Con-Tatto diPavia., coop. Comunità Betania di Vigevano.

1 Adattamento da: Dipartimento Politiche Antidroga, “G.A.P. –Gioco d’azzardo patologico. Piano Nazionale d’Azione 2013-2015”2 La modalità di organizzazione degli incontri prevede uno spaziobimbi, gestito da educatrici, per facilitare la partecipazione deigenitori.

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UN SERVIZIO DEDICATO: L’ESPERIENZA DELL’ASL NAPOLI 2NORDUn Ambulatorio di prevenzione,accoglienza, cura e riabilitazionedel gioco d’azzardo patologico

Di Lauro G., Capasso E., Di Marino M., Mautone A.G., Nasti F., Parascandolo I.F., Tuccillo R., Vassallo M.Dipartimento Dipendenze Patologiche ASL Napoli 2 Nord

PremessaCon il Decreto Legge del 13 settembre 2012, n. 158convertito in Legge 8 novembre 2012, n. 189, il leg-islatore italiano, al fine di assicurare un più alto livel-lo di tutela della salute, ha disposto l’aggiornamentodei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) introducen-dovi le “prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazionerivolte alle persone affette da ludopatia, intesa comepatologia che caratterizza i soggetti affetti da sindromeda gioco con vincita in denaro, così come definitadall’Organizzazione Mondiale della Sanità (G.A.P.)”.La disposizione legislativa introdotta manifesta laconsapevolezza, anche in ambito legislativo, che ladipendenza da gioco d’azzardo è una patologia chenecessita di un intervento riabilitativo, che, data ladiffusione sociale, non può esulare dalle prestazionifornite dal Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.).Dalla relazione della Consulta Nazionale Antiusuraemerge che le provincie che assorbono nell’azzardoquote in termini percentuali più alte del reddito per-sonale disponibile (e quindi del denaro delle famiglie)sono quelle delle regioni meridionali. Nelle prime 25provincie, per incidenza del consumo di gioco sul red-dito, 11 sono del sud, 5 del centro-sud, 2 del centro,3 del centro-nord e 4 del nord. Napoli è l’unica grandeprovincia italiana a superare il saggio del 5% del red-dito pro capite (cioè quello di 1 euro ogni 20) desti-nato all’area. Per la precisione quello partenopeo, conil valore di 6.96 è il contributo più imponente al giocoindustrializzato in massa alla ricchezza ufficialmentecensita. Ci si riferisce, ovviamente, al consumo supostazioni fisiche localizzate, perché sul gioco viainternet non si hanno elementi “georeferenziati”.In questo consumo di reddito la Campania è prima inItalia e coinvolge il 57,8 per cento degli studenti,contro la media nazionale del 47,1% dei giovani dellescuole medie superiori. Questo allarmante dato è con-tenuto nella relazione annuale 2013 del Garante perl’infanzia e l’adolescenza della Regione Campania,

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Cesare Romano, sulla condizione dell’infanzia e del-l’adolescenza in Campania.Tra le offerte commerciali più diffuse c’è quella delgioco d’azzardo. Passando per 161.252 differentisportelli dei quali 7.346 costituenti strutture specializ-zate dedicate, milioni di cittadini entrano in contattonei luoghi e nei tempi della loro vita quotidiana, conalmeno un’offerta di gioco d’azzardo. Ogni cittadinoitaliano incontra, ogni giorno e anzi più volte nelle 24ore, un macchinario di gioco, indipendentemente dallasua volontà, dalla sua propensione e dalla sua ricercadeliberata. Potendo constatare come la sua sfera per-sonale non costituisca alcuna barriera all’induzione algioco d’azzardo.La regione Campania e quelle aggregate (Abruzzo –Marche – Molise) presentano oltre 30 per “punti d’ac-cesso” per ogni 10.000 abitanti, il dato della Campaniaè quasi il doppio (1.98) della media nazionale.Il flusso di assistiti per problematiche GAP, presso iSer.T della Regione Campania, (138 in più solo nell’ul-timo anno rispetto a quello precedente) è espressionedi una possibile interconnessione tra l’offerta capillar-mente diffusa del prodotto gioco d’azzardo e il rischiopatologia correlato.Il mondo delle dipendenze è molto vasto e ogni dipen-denza ha le sue peculiarità, una distinzione primaria èquella tra dipendenze da uso/abuso di sostanza edipendenze senza sostanza, come quelle comporta-mentali. L’Asl Napoli 2 Nord, al fine di assicurare piena tutelaagli utenti, ha istituito un Servizio di prevenzione,accoglienza, cura e riabilitazione per Problematiche daGioco d’Azzardo (Servizio GAP), nell’ambito delDipartimento Dipendenza Patologiche.Scopo di tale lavoro è quello di illustrare l’importanzadi riorganizzare i Servizi Sanitari secondo criteri chefacilitino l’accesso ai servizi di cura e la compliance altrattamento.È sempre più importante in un contesto del generecreare offerte specialistiche, in grado di conteneresoggetti che attualmente vengono presi in carico daiServizi per le tossicodipendenze (Ser.T) o non trovanoalcuna risposta.

Metodi e strumentiIl Servizio di prevenzione, accoglienza, cura e riabili-tazione del gioco d’azzardo patologico, totalmente gra-tuito per l’utenza afferente, lavora secondo un approc-cio multidisciplinare. In particolare assicuraprestazioni, quali: - colloqui informativi e accoglienza;- osservazione e valutazione psicodiagnostica; - con-sulenze di sostegno psicologico, consulenze socioriabilitative di tutoraggio economico; - psicoterapiaindividuale, di coppia e familiare; - gruppi psicotera-peutici; - gruppi famiglia; - consulenze legali.L’approccio multidisciplinare alla cura e riabilitazionedei giocatori d’azzardo patologico è reso necessariodalla complessità del problema, che procura danni apiù livelli, ossia individuale, familiare, sociale e legale.Il primo contatto avviene nella maggior parte dei casitelefonicamente, segue un colloquio conoscitivo pres-so gli ambulatori del Servizio.I colloqui sono effettuati da psicologi – psicoterapeu-

ti ed hanno un fine diagnostico e riabilitativo. A questi colloqui seguono le consulenze di tutoraggioeconomico e la consulenze legali, che si compongonodi: colloquio conoscitivo e informativo sulle richiestedell’utenza per difficoltà di natura finanziaria, lavora-tiva e familiare; esame della documentazione affe-rente; individuazione di un piano di rientro debitorioed indicazione delle possibili soluzioni attinenti le pro-blematiche segnalate dall’utenza.Il processo diagnostico prevede che siano prese in con-siderazione molteplici aree di valutazione, utilizzandostrumenti standard per l’inquadramento diagnostico, lastadiazione in gioco problematico o patologico e lavalutazione dello stadio del cambiamento.Tra i vari strumenti diagnostici utilizzati, c’è il SOGS,strumento ideato da Lesieur e Blume (1987), che per-mette di evidenziare velocemente la presenza di prob-lemi di gioco. Fornisce informazioni su moltepliciaspetti: il tipo di gioco privilegiato, la frequenza delleattività di gioco, la difficoltà a giocare in modo con-trollato, la consapevolezza circa il proprio problema digioco, i mezzi usati per procurarsi il denaro per gio-care, il tornare a giocare per tentare di recuperare ildenaro perso, le menzogne circa le attività di gioco, ilgiocare più della somma prevista inizialmente, l’allon-tanarsi dal lavoro o dalla scuola, il prendere in presti-to denaro per giocare, e i prestiti non rimborsati. IlSOGS fornisce anche indizi preziosi sulla relazione delgiocatore con il suo ambiente, specificando se i fami-liari hanno già criticato le sue abitudini di gioco, o sela gestione delle sue finanze personali o del bilanciofamiliare susciti conflitti. Viene rilevata anche la fami-liarità della problematica, ossia se i familiari del gio-catore hanno avuto in passato o hanno, a loro volta,un problema di gioco. Il valore massimo che si può ottenere è venti punti.Secondo i suoi autori, un valore di tre o quattro puntiè indice di difficoltà potenziali circa il gioco, mentrecoloro i quali ottengono un livello di cinque punti opiù hanno un problema di gioco manifesto. È così cheun punteggio che raggiunge o supera nove testi-monierebbe la presenza di un problema grave. Avendo somministrato a tutti gli assistiti presi in cari-co dall’ambulatorio il SOGS è stato possibile stilare unprofilo tipo dell’utente che accede ai Servizi e pensaread un Piano di Trattamento Individualizzato, inserendoil soggetto nelle attività previste dall’ambulatorio.I dati sono stati analizzati con SPSS vers.17.

RisultatiL’utenza in carico all’ambulatorio, da settembre 2012al giugno 2015, constava di 167 utenti, che avevano lecaratteristiche riportate nella TAB.1. La tabella evidenzia una prevalenza di utenti maschi(92.8%), con una età media di 45 anni, per la maggiorparte coniugati (65.3%) e con figli (67.7%). Il livellodi istruzione è medio basso con un solo soggetto lau-reato. L’occupazione è, nella maggior parte dei casi,mantenuta (61.1%) con un livello di disoccupazione(27.7%) leggermente superiore al dato medio regionale(21.1%, anno 2015).Nella TAB.2 vengono riportati i dati relativi alla tipolo-gia di gioco, alla cifra massima giocata, alle relazioni

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messe in pericolo dall’attività di gioco.L’utenza predilige le slot machine (83.8%), con unacifra massima giocata in un solo giorno è in media 700euro. È da considerare che alcuni giocatori riportano diaver effettuato giocate di oltre 10.000 euro.

Tra le diverse tipologie di relazioni messe in pericolo acausa del Gioco d’Azzardo, emerge quella familiare(56.9%), mentre solo il 7.2% degli assistiti riporta dinon aver compromesso relazioni significative. La TAB. 3 evidenzia che il punteggio ottenuto al SOGS

Tabella 1 – Distribuzione delle caratteristiche deisoggetti (N=167)

Tabella 2 – Distribuzione tipologia di gioco (N=167)

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è decisamente elevato, con il 50% dei soggetti con unvalore superiore o uguale a 13 e il 25% dei soggetticon un valore superiore o uguale a 15. Il SOGS viene somministrato nelle primissime fasi dicontatto con il Servizio, per tanto è evidente che l’ac-cesso del soggetto avviene in una condizione già forte-mente patologica.È stata effettuata inoltre un’analisi per evidenziareeventuali associazioni tra le caratteristiche dei sogget-ti e i punteggi ottenuti al SOGS.L’associazione è stata testata utilizzando l’ANOVA e laregressione lineare. Sono stati considerati statistica-mente significativi i valori di p inferiore a 0.050. I risultati di questa analisi riportati nella tabella e nelsuccessivo grafico sottostante indicano una associa-zione significativa tra il punteggio ottenuto al SOGScon il titolo di studio (p = 0.026) e con l’età (p=0.049). Dall’analisi effettuata risulta che ad ottenere punteggielevati al SOGS sono stati i soggetti con titolo di stu-dio più basso ed età elevata. Non sono state evidenziate associazioni statistica-mente significative per le altre caratteristiche analiz-zate.

ConclusioniIn tre anni di attività del servizio è stato possibilesvolgere un buon lavoro di approfondimento diagno-stico e di presa in carico del giocatore. La riflessionepiù evidente è che l’ambulatorio abbia funzionatocome unità di soccorso psico-socio-legale: i nucleifamiliari giunti al servizio presentavano forti emergen-ze debitorie e legali; emergenze che sfociano spesso inrichieste di mutui e finanziamenti, con conseguentepregiudizio della rendita lavorativa, arrivando talvoltaa varcare la soglia della legalità, intessendo rapporticon l’usura. La vera emergenza è stata dover organizzare perognuno di questi casi una presa in carico globale, cheandasse a valorizzare la complessità dei problemi affe-renti all’area del gioco d’azzardo patologico, quali:ricadute psicofisiche, perdita dell’autorità genitoriale,distruzione dell’ambiente familiare, difficoltà di ge-stione del lavoro, isolamento sociale, scarsa cura di sé.Le numerose ore di lavoro psicologico e psicoterapicosono state necessarie per inquadrare, nel modo piùpreciso possibile, la gravità della malattia gioco d’az-zardo patologico e l’impatto sulla famiglia. Tale unitàdi offerta è andata a implementare le capacità dirisposta del sistema del Servizio Dipendenze Compor-tamentali dell’ASL NA2 Nord, pertanto può rappre-sentare un ottimo esempio di riorganizzazione deiServizi nel panorama nazionale.Infine, offre la possibilità di andare ad integrare latipologia di prestazione offerta dai Ser.T, che almomento devono prendersi cura di tutte dipendenze(patologiche e comportamentali).

Tabella 3 – Distribuzione Punteggio SOGS (N=167)Punteggio SOGS

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ESPERIENZA CLINICA E GRUPPIPSICOEDUCATIVI NELL’AMBITO DEL TRATTAMENTO DEL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICOStudio osservazionale ASL-Pavia

Favini P.*, Zanini M.T.**, Costantino E.**, Degani F.**, Nardulli C.**, Priora C.**, Brigada R.***, Verri A.***, Panzarasa A.***,Mauri A.*****Direttore Sociale-ASL Pavia; **SerT Pavese e Oltrepo-ASL Pavia; *** Osservatorio Territoriale delle Dipendenze-ASLPavia; Direttore Generale-ASL Pavia

IntroduzioneIl fenomeno “gioco d’azzardo” in Italia, pur avendoassunto dimensioni rilevanti, è difficilmente stimabilein quanto, ad oggi, non esistono studi accreditati,esaustivi e validamente rappresentativi. Si ritiene chesul totale della popolazione italiana stimata pari acirca 60 milioni di persone, il 54% sarebbero giocatorid’azzardo. La percentuale di giocatori d’azzardo proble-matici varia dall’1,3% al 3,8% della popolazione gene-rale, mentre quella dei giocatori d’azzardo patologicivaria dallo 0,5% al 2,2%1. Dai dati della letteraturainternazionale si evince che il gioco d’azzardo portacon sé un rischio che, in particolari gruppi di personead alta vulnerabilità per fattori individuali, ambienta-li, sociali e secondari alle caratteristiche dei giochi,può sfociare in una vera e propria dipendenza compor-tamentale definita: Gioco d’Azzardo Patologico (GAP)2.Il disturbo compulsivo complesso, responsabile dell’in-controllabilità del proprio comportamento di gioco,può generare gravi problemi sociali, finanziari oltre adaumentare la probabilità di entrare in contatto conorganizzazioni criminali dedite al gioco illegale3.Presentando il GAP una varietà di sfumature cliniche inrelazione alle caratteristiche individuali del soggetto,al tipo di gioco prevalentemente utilizzato, alle condi-zioni sociali, agli eventi scatenati, alla compresenza dipatologie psichiatriche e/o all’uso di sostanze stupefa-centi e/o all’abuso alcolico etc. si è cercato, con que-sta ricerca, di tracciare i differenti profili dei “giocato-ri patologici” per individuare gli interventi terapeuticipiù appropriati per le categorie identificate.

Materiali e metodiMediante uno studio osservazionale di un campione diutenti affetti da GAP (diagnosi secondo i criteri delDSM-IV), afferenti presso gli ambulatori SerT–ASL diPavia nell’anno 2014 è stato tracciato l’identikit del“giocatore patologico”, utilizzando i dati raccolti nellacartella informatizzata “Dipendenze” relativi agliaspetti socio-demografici, al compresente abuso/

dipendenza da sostanze e disturbi psichiatrici (diagno-si psicologica), terapia ed esito del programma tera-peutico. Mediante una puntuale raccolta anamnesticamedica, psicologica e sociale sono stati considerati l’e-vento gioco, i fattori scatenanti prevalenti, intesicome aumentata accessibilità ed esposizione al giocod’azzardo, e la vulnerabilità e resilienza individuale.L’indice di gravità è stato calcolato partendo dall’og-gettivazione della frequenza di gioco, dal grado dicompulsività, dalla tipologia dei giochi utilizzati, dalvolume di spesa mensile dedicato al gioco, dal grado difocalizzazione cognitiva comportamentale che il giocod’azzardo crea inibendo altre fonti di gratificazione esocializzazione (test SOGS). Gli interventi terapeuticiprevisti sono stati di tipo psicoterapico, di sostegnosociale sia individuali che di gruppo. Per quanto riguar-da i gruppi, sono stati costituiti gruppi psicoeducativi(I livello) della durata di due mesi con frequenza set-timanale; psicoterapici (II livello) della durata di unmese e mezzo con frequenza settimanale e in-formati-vi per familiari di quattro incontri a cadenza settima-nale. La terapia è stata supportata al bisogno da ade-guata terapia farmacologica4. Oltre alle usuali statisti-che descrittive, sono stati applicati ad hoc il test t diStudent per dati indipendenti e il test Chiquadrato.Tutte le analisi statistiche sono state effettuate con ilpacchetto statistico STATA10.

RisultatiLa percentuale di pazienti con problematiche GAP chesi sono rivolti ai Servizi per le Dipendenze, ASL Pavianell’anno 2014, è pari al 4% dei 3069 utenti in carico.Dopo un trend in aumento negli ultimi tre anni, nel2014 sembra che la presa in carico per questa patolo-gia si sia stabilizzata; infatti, si riscontra la stessa per-centuale della presa in carico per GAP rispetto al 2013(4% degli utenti nel 2013, 3,2% nel 2012 e 2,4% nel2011) (Fig. 1).

Figura 1 - Distribuzione % della sostanza primaria uti-lizzata dagli utenti delle sedi territoriali provinciali

Nella provincia di Pavia, nel 2014, si sono presentati oerano già in carico ai servizi per le dipendenze 107persone (di cui poco più del 81% maschi) con proble-matiche di gioco d’azzardo patologico; in particolarmodo persone con un’età compresa tra i 45 e 64 anni.L’età media degli uomini era di 45 anni (±13,2 anni)mentre l’età media delle donne era di 55,5 anni (±10,8anni); significativamente più alta (p-value=0,0011)rispetto a quella degli uomini. La tipologia di giocoche più frequentemente ha creato una dipendenzapatologica è l’uso delle slot machines (il 70% dei

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pazienti in carico), ed è il “gioco d’elezione” sia per gliuomini (circa il 75%) che per le donne (50%) e a qua-lunque età. Però, mentre gli uomini si accostano anchea molte altre tipologie di gioco (scommesse; lotterie,pocker on-line etc.), le donne prediligono invece lelotterie/bingo (20%-10%); questa associazione tragenere e tipologia di gioco è risultata statisticamentesignificativa (p=0,001). Il 13% dei pazienti in caricopresenta una dipendenza da più giochi (definibile conil termine ‘poligioco’) (78,6% uomini e 21,4% donne).Se si stratifica la variabile ‘poligioco’ all’interno delgenere, si nota come il 15% delle donne presentinouna dipendenza da più tipologie di gioco contro il12,6% degli uomini; l’associazione non è statistica-mente significativa tra il sesso e il ‘poligioco’(p=0,778). Esiste però un’associazione statisticamentesignificativa tra la tipologia di gioco e il ‘poligioco’(p=0,008), nel senso che i soggetti che dichiarano unadipendenza preponderante da lotto/superenalotto,poker on line o scommesse ippiche sono più portati adavere una dipendenza anche da altre tipologie digioco. Circa il 46% dei pazienti presi in carico ha comeunica diagnosi il ‘gioco d’azzardo patologico’, mentre ilrestante 54% presenta, oltre alla diagnosi di giocopatologico, anche diagnosi legate all’abuso di sostan-ze (9% circa) e/o alla sfera sociale e diagnosi psichi-che (45% circa). La presenza o meno anche di diagno-si psicologiche non legate al gioco non è associata algenere (p=0,675), anche se si nota che tra gli uominila percentuale dei soggetti con comorbidità è superio-re a quella della donne (55% circa vs 50%). Anche trala presenza di poligioco e le diagnosi di comorbiditànon esiste un’associazione statisticamente significati-va (p=0,789). Mettendo in relazione la tipologia digioco con il titolo di studio dei pazienti o con l’occu-pazione degli stessi, non è stata riscontrata alcunaassociazione statisticamente significativa. Analizzandol’esito dei cicli terapeutici legati al gioco d’azzardo, sinota che solo il 15% dei pazienti presi in carico perquesta patologia sono ancora seguiti dai servizi; men-tre il 38% dei pazienti è stato dimesso con esito posi-tivo e il restante 48% circa è stato perso di vista (Tab.1). In particolare, si è valutata un’eventuale relazionetra l’esito del ciclo e la partecipazione ai gruppi psico-educativi, rilevando come ci sia un’associazione stati-sticamente significativa (p<0,001) tra queste duevariabili; è più alta la frequenza dei soggetti chehanno un esito positivo del ciclo tra coloro che hannopartecipato ai gruppi rispetto a quelli che non vihanno partecipato.

Tabella 1 – Distribuzione % dell’esito del ciclo entro lapartecipazione ai gruppi psico-educativi dei soggettipresi in carico ai servizi territoriali (anno 2014)

Le cause scatenanti il gioco d’azzardo sono molteplicie riguardano varie sfaccettature della personalità degliutenti. Nonostante l’informazione sia stata recuperataper l’89% circa dei pazienti, in quanto il dato è regi-strato nei diari e pertanto non usufruibile medianteestrazione, si è rilevato che la causa scatenante riguar-da principalmente i problemi familiari (con il coniu-ge/convivente e con i genitori) per il 30,5% dei pa-zienti presi in cura, mentre il 10,5% dei pazienti è rap-presentata dai “sensation seekers”, il 9,5% da utenticon un lutto familiare e il 9,5% con problematiche distress e altri problemi. Prendendo in considerazioneanche l’esito del gioco e il sesso dei pazienti, si è vistocome non vi sia alcuna associazione tra queste duecaratteristiche dei pazienti e la causa scatenante. Dallavalutazione psicologica è emerso che circa il 59% deipazienti ha una comorbidità psichiatrica così distribui-ta: un terzo presenta un disturbo depressivo, mentrecirca il 24% ha un disturbo narcisistico (Tab. 2).

Tabella 2 – Distribuzione % delle diagnosi psicologichedei soggetti presi in carico ai servizi territoriali (anno2014)

Non è stata riscontrata alcuna associazione statistica-mente significativa (p=0,095) tra le diagnosi psicolo-giche e le cause scatenanti il gioco. Si segnala, però,che i giocatori afferenti ai Servizio con diagnosi didisturbo narcisistico hanno dichiarato prevalentemen-te di essersi avvicinati al gioco per una ricerca deglistimoli.

Conclusione La diagnosi di GAP riveste una particolare importanza,non solo per gli aspetti primari, cioè quelli relativi algioco d’azzardo e al suo indice di gravità, ma anche perquelli correlati alle possibili patologie psichiatricheesistenti, all’uso di sostanze stupefacenti/alcol e aicorrelati sociali e legali. Uno stato di vulnerabilità,preesistente al contatto con il gioco d’azzardo, defini-bile come carenza di fattori protettivi (scarso attacca-mento parentale, problematiche relazionali in famiglia,povertà di tessuto relazionale, etc.), conferma, anchenel nostro studio, l’attivazione di un percorso evoluti-vo e di meccanismi auto-generanti responsabili delladipendenza5. Nella popolazione osservata la comorbi-dità psichiatrica è stata rilevata in più della metà delcampione mentre scarsa è stata l’associazione con alcole droghe. Nonostante la complessità dei casi seguitinon sono stati segnalati rilevanti tentativi di suicidio

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diversamente da quanto emerge nella letteratura chene riporta, invece, un’alta frequenza6; mentre sonostati riferiti ‘pensieri di morte’ da parte di quasi tutti ipazienti seguiti. Significativa è, invece, la diversatipologia di gioco negli uomini rispetto alle donne;quest’ultime hanno anche un‘età anagrafica maggioredi circa 10 anni. Il dato sopra riportato, verosimil-mente correlato al senso di vergona/colpa etc., non èal momento quantificabile in quanto l’informazione ècontenuta nei diari clinici e pertanto non estrapolabi-le dal sistema informatico. La partecipazione ai grup-pi psicoeducativi è stata il presupposto significativoper il successo del percorso terapeutico. I gruppi psi-coeducativi hanno permesso ai partecipanti di acquisi-re una maggiore consapevolezza e un maggiore auto-controllo sul comportamento di gioco. Il coinvolgi-mento attivo della famiglia all’interno dei gruppi in-formativi ha garantito, invece, ai nuclei familiari sof-ferenti un’accoglienza utile a sbloccare l’impasse rela-zionale allo scopo di avviare un nuovo processo diristrutturazione delle relazioni familiari. La focalizza-zione dei bisogni emersi durante la terapia individua-le, di gruppo e nel contesto familiare ha suggerito l’i-stituzione di un ulteriore gruppo a carattere psicotera-pico per lavorare sull’approfondimento della funzionesimbolica riparatrice del gioco. “Il giocatore d’azzardo,depresso e disilluso, narcisista e ossessivo, speranzoso econfuso tra ansie aspettanti di fantastiche chimere”7potrebbe forse trovare, stante il suo illusivo stile esi-stenziale, un anfratto tranquillo all’interno di un siste-ma di cura competente, integrato e multidisciplinare.

1 Ministero della Salute – CCM, Dipendenze comportamentali /Gioco d’azzardo patologico: progetto sperimentale nazionale disorveglianza e coordinamento/monitoraggio degli interventi –Regione Piemonte, 20122 Potenza MN et al.Correlates of at-risk/problem internet gamblingin adolescents. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry. 2011 Feb; vol.50(2) pp. 150-159.e33 Jacobs DF et al. Children of problem gamblers. Journal ofGambling Behaviour 5: 261 – 267, 19894 E.Costantino et al. Giocatori d’azzardo patologico e i suoi fami-liari: modalità di presa in carico e trattamento nell’esperinza delSerT di Pavia Federserd Newsletter, 2 febbraio 2015 - Numero 85 Shaffer HJ et al. Estimating the prevalence of disordered gam-bling behavior in the United States and Canada: A Meta. Analysis.Boston, MA, Harvard Medical School, Division on Addictions, 19976 Raisamo S et al. Gambling-Related Harms Among Adolescents: APopulation-Based Study. J Gambl Stud. 2012 Feb 26. 7 Picone F. Il gioco d’azzardo patologico, Ed. Carocci 2010

COOPERATIVE LEARNING E GAMBLING. UN PROGETTO PILOTANELLA REALTÀ SCOLASTICA PALERMITANA

Barbara Ferraro, Psicologa e referente per Arci Sicilia diMettiamociingiocoFrancesca Picone, Psichiatra Asp Palermo - Dipendenzepatologiche Ser.T

Troppo spesso affrontare temi connessi alla salute coni bambini e gli adolescenti ha giustificato da parte del-l’adulto, l’assunzione esclusiva del punto di vista del-l’osservatore esterno. I comportamenti a rischio oadeguati dei giovani non possono essere letti in termi-ni di input/output; non è possibile d’altro canto (e daqui si parte) “informare” senza porre in relazionel’osservatore con il sistema osservato. Occorre pensarealla crescita come bisogno di mantenimento dell’iden-tità, specie nell’adolescente (chiusura organizzazio-nale - punto di vista del sistema) e necessità di cam-biamento ovvero di apertura e riorganizzazione auto-noma di stimoli, informazioni, relazioni e comporta-menti provenienti dall’ambiente ovvero dai contestirelazionali di riferimento.L’adulto educatore deve assumere un ruolo di mediatoretra generazioni e tra culture diverse che si confrontano.In un’ottica di animazione culturale, tutti gli individuisono costruttori di significati; responsabilità dell’adul-to è creare contesti nuovi per offrire la possibilità aigiovani di potersi sperimentare nella ricerca di nuovisignificati e nuovi contesti in modo sempre piùautonomo e complesso. Occorre quindi sceglie stru-menti e metodi di discussione e di insegnamento voltiad attivare competenze cognitive, metacognitive, rela-zionali e comunicative capaci di incidere sui valoridegli adolescenti e quindi sui loro stili di vita.L’OMS e la carta di Ottawa parlano di promozione dellasalute nei termini di “... processo che mette in grado lepersone e le comunità di avere un maggior controllosulla propria salute e di migliorarla”, inoltre, “la saluteè creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambien-ti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, silavora, si gioca e si ama” (OMS, 1986).La salute, quindi, viene posta in relazione ad alcunecompetenze individuali e di comunità, alla riduzionedelle diseguaglianze e risultano centrali i contesti divita. Tra quelli più significativi per un adolescente tro-viamo la Scuola, la famiglia e i pari, contesti in cui ilgiovane agisce quotidianamente e che hanno un diver-so impatto sul suo sviluppo. Tali contesti sono deter-minanti nel costruire il senso di autoefficacia emotivae interpersonale favorendo o ostacolando disposizionie prestazioni adattive. Nel 1993 l’OMS ha individuato

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informa GIOCO D’AZZARDO

nelle life skills le abilità utili che influenzano positiva-mente le determinanti personali dei bambini e degliadolescenti e la scuola come contesto elettivo per pro-muovere tali competenze. La capacità di auto-orientarsi e pianificare un progettopersonale è la finalità ultima di tutte le istituzionieducative affinché i cittadini possano affrontare conconsapevolezza i rischi legati alla scelte (formative,lavorative) che inevitabilmente dovranno affrontaredurante tutto l’arco di vita. Programmare e realizzare attività che promuavano epotenzino le life skills a scuola permetteranno ai bam-bini e ragazzi di diventare, oltre che persone “sane”,cittadini e lavoratori responsabili preservandoli dal ri-schio di dipendenze o da comportamenti non idonei inrisposta a situazioni problematiche.Coerentemente con tale visione, è necessario spostarel’attenzione dalla prevenzione di comportamenti a ri-schio (con cui tutti gli adolescenti anche se in mododiverso si misurano nella costruzione della loro identità)di devianza, patologia ed esclusione sociale alla pro-mozione di competenze trasversali, utili a favorire com-portamenti adattivi che strutturandosi in modo siste-mico si configurano in modo stabile come stili di vita. L’UE ha avviato programmi come UNPLUGGED-EUPAD(European Drug Addiction Prevention) dove le sceltemetodologiche sono poste in relazione con le LSE (LifeSkills Education), esse perseguono finalità di preven-zione contribuendo allo stesso tempo agli obiettivi pro-pri della scuola, consolidando apprendimenti e soste-nendo competenze quali: Autocoscienza, Gestione delleemozioni, Gestione dello stress, Senso critico, Decisionmaking, Problem solving, Creatività, Comunicazioneefficace, Empatia, Skill per le relazioni interpersonali. In questo nuovo contesto culturale della promozionedella salute va collocato il progetto pilota condotto inalcuni Istituti Superiori di Palermo sul gambling.Arci Sicilia, associazione di promozione sociale, da sem-pre attenta ai fenomeni sociali legati alla criminalità ealla salute dei cittadini, ha promosso la costituzione diuna rete informale di attori istituzionali (Avolab,Falacosagiusta, Addiopizzo, Fondazione Anti-usura,Istituti Scolastici, Mettiamociingioco) che si è impe-gnata a restituire complessità alla pratica del giocod’azzardo, a proporre e mettere in atto azioni concreteper il suo contrasto. In particolare con l’apporto volon-taristico di esperti-formatori, Arci Sicilia ha progettatoinsieme ai docenti di alcuni istituti superiori di Palermoe provincia un percorso laboratoriale da inserire tra leiniziative utili per informare/sensibilizzare docenti,genitori e studenti sui rischi psico-sociali correlati algioco d’azzardo. Inoltre, tale attività è stata condivisacon l’ambulatorio G.A.P. dell’ASP di Palermo che, a par-tire da questa, ha programmato specifiche attivitàprogettuali di prevenzione (universale, selettiva edindicata) secondo metodologie e tecniche di interventocoerenti con gli approcci proposti.Le attività laboratoriali avevano l’obiettivo di promuo-vere la diffusione di life skills, di favorire il pensierocritico, l’empowerment individuale e di gruppo utiliz-zando il tema del gioco d’azzardo in tutte le sue impli-cazioni psicologiche, sociali, economiche e di legalitàattraverso la metodologia del cooperative learning.

I docenti curriculari delle classi coinvolte, si erano for-mati in passato su tale metodologia e abitualmentesceglievano di utilizzarla per il consolidamento diapprendimenti propri delle materie insegnate. In accordo con quanto prospettato da alcuni autori(Benson PL e Saito RN, 2000; Damon W, 2004; ShekDaniel TL e Sun Rachel, 2011) si è supportato lo svilup-po positivo del giovane per incrementare i fattori pro-tettivi che possono contribuire a mantenere il ragazzolontano dal gioco d’azzardo. Secondo tali riferimenti, iprogrammi per lo sviluppo positivo del giovane pren-dono in forte considerazione e puntano a valorizzare esviluppare ulteriormente le caratteristiche e le attitudi-ni positive del ragazzo, i suoi punti di forza, i suoiinteressi e le sue potenzialità. (G. Serpelloni 2013).

L’approccio del Cooperative LearningLo “sviluppo positivo del giovane”, va perseguito attra-verso fattori protettivi come l’empowerment, le compe-tenze sociali e affettivo-relazionali, lo sviluppo di auto-efficacia, l’osservazione delle norme pro-sociali oltreche, la capacità di utilizzare strategie cognitive come:il problem solving, il coping e la capacità di auto-orien-tarsi, cioè la capacità di costruire progetti personali. Ilpotenziamento di tali fattori può essere favorito dall’u-tilizzo della metodologia del cooperative learning nelcontesto del gruppo classe. Tale metodo di insegna-mento-apprendimento è centrato sulla cooperazione trastudenti. Esso presuppone che l’apprendimento vengaottimizzato in virtù di uno scambio combinato di infor-mazioni tra i componenti di un gruppo e tra i gruppistessi in un clima di effettiva collaborazione(M.Camoglio, M.A. Cardoso 1998). Come sostengonoD.W. Johnson & R.T. Johnson (1989) l’efficacia delmetodo è provata dall’aumento del profitto scolasticospecie tra gli studenti il cui rendimento è al di sottodella media, dallo sviluppo di comportamenti socialipositivi, dal miglioramento dell’autostima e dellerelazioni sociali.Gli elementi fondamentali di tale metodologia sonoinfatti, l’interdipendenza positiva, la capacità di auto-monitoraggio dei comportamenti e il ricorso alla metacognizione per riflettere sulle scelte volte alla soluzionedi compiti individuali e di gruppo oltre che di problemidi interrelazione.

L’interdipendenza sociale positiva è il tipo di relazioneche si stabilisce tra le persone per il conseguimento diun obiettivo comune. In particolare l’interdipendenzapositiva si osserva nelle strutture cooperative dove laresponsabilità del successo è affidata all’intero gruppoed il conseguimento dell’obiettivo del singolo dipendedal conseguimento dell’obiettivo da parte degli altri eviceversa.

Responsabilità individualeQuesta metodologia evita la deresponsabilizzazionetipica di molte attività condotte in gruppo, il singolonon può nascondersi nel gruppo, poiché gli vieneassegnato un compito e un ruolo specifico che deveportare a termine, altrimenti compromette il raggiungi-mento dell’obiettivo. Il singolo, è responsabile del pro-prio apprendimento oltre che dei comportamenti pro-

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sociali che vengono valutati dall’insegnante.

La soluzione dei problemi I problemi di natura didattica o relazionale vengonoaffrontati con diversi modelli decisionali come lastrategia problem solving, il coping, strategie per la ge-stione positiva del conflitto.Nel cooperative learning è centrale “il gruppo-classe”come luogo che amplifica le competenze dei singoli,poiché come osservato da Vygotskij “il gruppo riesce adarrivare a soluzioni a cui nessuno dei suoi singoli com-ponenti sarebbe giunto da solo”. Le soluzioni date ingruppo sono più complesse, più creative, poichénascono dalla discussione, dall’argomentazione di idee,dalla necessità di negoziare le soluzioni. Come sostieneWinnicott: ”Ogni processo di apprendimento è possibilesolo quando si realizza un effettivo incontro tra menti”,il cooperative learning definisce le regole e il contestofavorendo l’incontro stesso.Il compito del docente/tutor diventa duplice: facilitarei processi cognitivi che non possono essere slegati dallecompetenze comunicative, di gestione del conflitto, dileadership. I compiti assegnati devono elicitare com-portamenti competenti su un piano dei contenuti, deiprocessi cognitivi, ma anche su un piano delle compe-tenze pro-sociali. Il docente deve lavorare metodologi-camente per favorire il potenziamento degli studenti suentrambi i piani di sviluppo.Centrale è l’ambiente di apprendimento cioè la Scuola,che a differenza della famiglia, permette ai giovani direlazionarsi con pari ed adulti con minore “intensità”affettiva. A scuola le dinamiche affettive se gestite conprofessionalità dagli insegnanti, diventano uno spazioprivilegiato dove potersi sperimentare in modo altro. Lascelta di laboratori con contenuti non prettamente sco-lastici, l’assenza della valutazione docimologica daparte dei docenti, la presenza di esperti del mondo del-l’associazionismo ricreativo, diventano un contestodove è più facile scollarsi da etichette e stereotipispecie per quegli adolescenti con temperamento novel-ty seeking. Riteniamo per le ragioni sopra descritte che la sceltadella metodologia del cooperative learning potenzi “ifattori protettivi degli adolescenti a rischio” specie seutilizzata in laboratori con contenuti non didattici chepermettono ai giovani di poter ampliare interessi ecompetenze sperimentando aspetti della loro intelli-genza multipla non valorizzata da una tradizionalevisione della Scuola che predilige le intelligenze logico-matematiche e linguistico-verbali. La strategia che ha guidato il progetto pilota è stataquella di utilizzare il tema del gioco d’azzardo comemetafora del “vincere facile”, a cui bisogna contrap-porre, quella del “mettersi in gioco”, come capacità diinfluenzare il proprio futuro argomentando le proprieidee, accrescendo le competenze personali e profes-sionali, studiando, formandosi e lavorando. Il “Gioco”allora, diventa un pretesto per parlare di merito per lapropria affermazione personale e di come l’azzardo nonsia l’unica chance su cui scommettere. In particolare siè posta attenzione sul ruolo della comunicazione pub-blicitaria. Nel lavoro con gli studenti è emerso come lapubblicità stia alimentando uno dei falsi-miti della cul-

tura consumistica, cioè il “vincere facile” comesoluzione acritica ai problemi economici, come unicoinvestimento possibile per coronare i propri desideri.Le attività svolte durante le ore curriculari e suppor-tate dall’attento lavoro dei docenti in classe sono statearticolate in quattro incontri. Importante è statodefinire insieme il concetto di gioco e gioco d’azzardoi concetti di abilità e sorte, la visione di alcuni docu-menti e video-documenti, l’analisi e le riflessioni suspecifiche aree di contenuto: dati statistici sulla diffu-sione del fenomeno, connessioni tra la pratica legale eillegale del gioco e la criminalità e il riciclaggio, legi-slazione e incongruenze sul territorio Italiano. Percezione come cittadini della capacità/possibilità dipotere incidere sulle scelte politiche inerenti il giocod’azzardo. Prodotti finali sono stati articoli pubblicatisul giornalino della scuola, e relazioni sul tema e sul-l’esperienza portate in incontri seminariali con alunni,genitori, docenti e rappresentanti istituzionali (Caro-vana antimafie. 2015 Monreale, incontro con operatoriambulatorio Gap Asp Palermo 2014, incontro con rapp-resentanti dei monopoli di stato). Inoltre, alcuni stu-denti del corso per operatore grafico di un IstitutoSuperiore palermitano hanno costruito una mappa con-cettuale su base della quale hanno realizzato un video-documento che evidenzia i paradossi comunicativi dellapubblicità sul gioco d’azzardo. Al termine del percorsoinsegnanti e operatori hanno valutato positivamente ilraggiungimento di alcuni obbiettivi specifici per learee: comunicazione/partecipazione, conoscenze speci-fiche sul tema trattato.In una prospettiva coerente con l’approccio proposto, illavoro continuo con e sulle life skills è la sfida cheattende non solo il mondo della scuola ma quelle delleorganizzazioni del lavoro in generale, secondo un’otti-ca life long learning e learning organizzation (Organiz-zazione che impara ad apprendere). Le organizzazionidel lavoro in quanto sistemi viventi devono esserecapaci di apprendere ad apprendere, il cambiamentoche si auspica negli stili di vita personali deve esserecondiviso da tutti i contesti in cui l’individuo è coin-volto sia a livello di micro-sistema ma anche di eso-sis-tema e macro-sistema. In tale prospettiva, il cambia-mento passa per un processo di apprendimento condi-viso che perturba il sistema di relazioni provocandoun’auto-organizzazione e la creazione di significaticondivisi (autopoiesi) in un gioco sistemico di aperturee chiusure organizzative. Heinz von Foester1: “Questa intuizione rappresenta uncambiamento...anche nel modo di percepire l’insegna-mento, l’apprendimento, il processo terapeutico, la ge-stione organizzativa, e, aggiungerei, nel modo di per-cepire le relazioni nella vita di tutti i giorni. Possiamocogliere questo fondamentale cambiamento epistemo-logico se paragoniamo la posizione di chi si ponga comeosservatore distaccato di fronte a un modello in sé, og-gettivo, con quella di chi veda se stesso come attoreimmerso nel dramma di un’interazione reciproca, quellodel dare e dell’avere nella circolarità delle relazioniumane”.

1 Etica e Cibernetica di secondo ordine, riportata in Terapia brevestrategica, a cura di P. Watzlawick, G. Nardone, 1997, pagg.43-44.

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PROGETTO PILOTA DI RICERCA EINTERVENTO SUL FENOMENO DEL GIOCO D’AZZARDO NELCOMUNE DI OLGINATE

Fiocchi A. (50 anni, Atipica cooperativa sociale),Bonvini M., Gusmeroli P., Cavalera C., Rovida D., Briganti R.

IntroduzioneAll’interno del piano complessivo di interventoCircolare Regionale n.1 del 15.01.2014 il ServizioNuove Dipendenze dell’Asl di Lecco ha sviluppatoun’attività di sensibilizzazione, in collaborazione conAtipica cooperativa sociale e l’Amministrazione Localedel Comune di Olginate, dove si è rilevata la presenzadel fenomeno della dipendenza da gioco d’azzardo.

ObiettiviComprendere i rischi e le possibilità di diffusione delGAP tra la popolazione, indagare su quali siano le cre-denze relative al gioco d’azzardo patologico e attivitàdi sensibilizzazione.

ProceduraSono stati somministrati a 714 partecipanti (F= 442 M= 307 suddivisi in 4 cluster per fasce di età 14-18 anni;18-30 anni; 30-66 anni; over 66 anni) il questionarioautosomministrato anonimo SOGS (Lesieur &Blume,1987) e le interviste semi-strutturate con que-siti tratti da ASI (GA 13-GA 25), McLellan et al., 1980).

RisultatiDi seguito sono presentate in forma grafica alcunedelle informazioni emerse dalla raccolta dati. Il con-fronto tra i gruppi mette in rilievo le seguenti dif-ferenze significative rispetto alla variabile dei graficisotto indicati.

• Somma più alta mai versata:

Il grafico dimostra come i maschi presentino un piùalto punteggio medio di puntata massima mai versatain un giorno.

• Nascondi a persone importanti oggetti legati algioco d’azzardo?

Sembra, inoltre, che i maschi tendano a nascondere piùspesso oggetti legati al gioco d’azzardo a personeimportanti rispetto alle femmine.

• I tuoi genitori hanno o hanno avuto problemi con ilgioco d’azzardo?

Il gruppo di persone appartenenti alla fascia dai 66anni o più presenta una maggiore tendenza ad ammet-tere problemi di gioco nella propria storia familiarerispetto a tutti gli altri gruppi.

• Hai mai giocato più di quanto volevi?

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Sembra in particolare che giovani della fascia di età18-30 anni tendano a giocare di più rispetto al lorodesiderio iniziale se confrontati con gli adolescenti di14-17 anni.

• Una volta a settimana:

• Più di una volta a settimana:

• Quanto spesso torni il giorno dopo per vincere lasomma persa?

Dal grafico sopra rappresentato, appare come il gruppodi persone appartenenti alla fascia 18-30 anni presen-

ti una maggiore tendenza a ritornare al gioco per vin-cere la somma persa rispetto a tutti gli altri gruppi.

• Nascondi a persone importanti oggetti legati al giocod’azzardo?

• Sottrai tempo a lavoro o scuola a causa del giocod’azzardo?

Sembra che il gruppo di persone appartenenti alla fa-scia 18-30 anni presenti una maggiore tendenza anascondere a persone importanti oggetti legati algioco d’azzardo e sottrarre tempo a lavoro o scuola acausa del gioco d’azzardo.Rispetto alla variabile genere è possibile individuareuna maggiore presenza di comportamenti a rischio digioco d’azzardo patologico tra i maschi. Rispetto allavariabile età sembra inoltre emergere una maggioresituazione a rischio relativamente ai giovani della fa-scia di età 18-30 anni. Confrontando i gruppi di etàsono infatti emerse le seguenti differenze:• Giocare di più rispetto al desiderio iniziale: i giovanidella fascia di età 18-30 anni tendono a giocare di piùrispetto al loro desiderio iniziale se confrontati con gliadolescenti di 14-17 anni.• Ritorno al gioco dopo aver perso: i giovani della fa-scia di età 18-30 anni tendono a tornare a giocare piùspesso per vincere la somma persa se confrontati conle altre fasce d’età.• Tempo sottratto ad altre attività a causa del gioco: igiovani della fascia di età 18-30 anni tendono a sot-trarre più tempo ad altre attività a causa del gioco piùspesso per vincere la somma persa, se confrontati congli adolescenti di 14-17 anni, con gli adulti di 30-66anni e con gli over 66 anni. Dato l’alto interesse tra i giovani sulla problematicaindagata, nonché la vicinanza a persone o situazionidefinibili a rischio, sarebbe opportuno promuovereinterventi di prevenzione all’interno delle scuole.

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Inoltre, si potrebbero approfondire le credenze rispet-to al gioco d’azzardo nella prima fascia adulta (18-35)e allargare il campione dei partecipanti oltre ai 66 anniper verificare se le presenti risultanze siano confer-mate.

ConclusioniA partire da questa prima sperimentazione sarebbeopportuno rendere il progetto di ricerca più informati-vo dal punto di vista quantitativo e proporlo attraver-so nuove progettazioni, approvate e finanziate dallaregione Lombardia ai sensi della l. R. 8/2013, nel ter-ritorio di Vimercate, Monza e Lecco (nuova ATS).

Bibliografia di riferimento

Capitanucci D. et al., (2009). Scommettiamo che non losai? Una guida preventiva specifica per il gioco d’azzar-do patologico. Personalità/Dipendenze, vol. 15, fascico-lo I. Pg. 59-76.

Lesieur H.R., Blume S.B. (1987). The South OaksGambling Screen (SOGS): A new instrument for the iden-tification of pathological gamblers, American Journal ofPsychiatry, 144 (9), 1184-1188.

McLellan, A., et al. (1980). The Addiction SeverityIndex: A diagnostic/evaluative profile of substanceabuse patients. Substance abuse and psychiatric illness,151-59.

Per la realizzazione del progetto pilota si ringraziano perla collaborazione Cristiana Rebecca Gualteroni, FiorenzaLatini e Lucia Borso.

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FATE IL NOSTRO GIOCOProgetto di comunicazione/sensibilizzazione in tema di Giocod’Azzardo in collaborazione traCoordinamento Regionale ServiziGAP Piemonte e Società TAXI1729

Roberto Fiorini, Educatore Professionale - ASLTO2Loredana Acquadro, Psicologa - Cossato - ASLBIPaola Bogliaccino, Educatrice Professionale ASLTO2Claudia Carnino, Educatrice Professionale ASLTO1Franca Guerzoni, Educatrice Professionale - Chieri - ASLTO5Antonio Leonetti, Medico Psichiatra - Mondovì - ASLCNSignorella Nicosia, Assistente Sociale - Vercelli - ASL VCLuca Rossi, Psicologo - Giaveno - ASLTO 3Marzia Villata, Educatrice Professionale ASLTO2Paolo Canova, Diego Rizzuto, Sara Zaccone, SOCIETÀTAXI1729

PremessaA partire dal 2012 il Consiglio Regionale e l’Osservato-rio sulla Legalità e sui Diritti (già OsservatorioAntiUsura) della Regione Piemonte, in accordo con laDirezione Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale,hanno indetto un concorso riservato agli studenti degliIstituti di Istruzione secondaria di II grado dellaRegione Piemonte: “Cultura della legalità e dell’usoresponsabile del denaro“.Il concorso consiste nella realizzazione a scelta di unprodotto multimediale e/o di un articolo o saggio brevesul tema del gioco d’azzardo con particolare riferimen-to a: Legalità, Famiglia, Salute ed Economia.Per fornire agli studenti maggiori informazioni, sugge-stioni e sollecitare interesse ai suddetti argomenti sonostate offerte alle scuole delle conferenze-spettacoloallestite dalla Società TAXI1729. Sin dalla prima edizione il Coordinamento Regionale deiServizi per il Gioco d’Azzardo Patologico ha collaboratocon gli esperti di TAXI1729 offrendo una prospettivasanitaria sulla patologia da gioco, ritagliandosi un mi-nuto spazio all’interno della conferenza.

Coordinamento Regionale Servizi GAP Regione PiemonteIl Coordinamento Regionale dei Servizi per il Giocod’Azzardo Patologico della Regione Piemonte si costitu-isce spontaneamente nel 2004 su iniziativa degli ope-ratori dei Ser.D. della Regione Piemonte che già daqualche anno si occupavano dei giocatori all’interno deiloro Servizi.Essi rilevavano fortemente la necessità di confrontosulle metodologie di lavoro e di approfondimento delletematiche inerenti al gioco d’azzardo, per rendere mag-

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giormente omogenei gli interventi, perlomeno a livelloregionale, ed attivare iniziative comuni di prevenzione,ricerca e formazione.Con la determinazione n. 120 del 10.03.2008 laRegione Piemonte ha riconosciuto e formalizzato l’e-sistenza del Coordinamento Regionale individuando inun Gruppo di Lavoro, formato da operatori rappresen-tanti del Coordinamento e dei Ser.D. piemontesi, ilriferimento istituzionale per le iniziative sul gioco d’az-zardo a respiro regionale.Il Coordinamento Regionale ha da sempre lavoratoanche per sottogruppi costituiti sulla base delle indi-cazioni condivise in assemblea plenaria.Questi gli ambiti in cui ha lavorato nel corso degli anni:• interventi di formazione del personale appositamente dedicato;

• raccolta e manutenzione dei dati esistenti nel sistema informativo regionale;

• interventi di sensibilizzazione e di informazione per la cittadinanza, sia sul tema del gioco d’azzardo, siasull’accessibilità ai Servizi per il trattamento da Giocod’Azzardo Patologico;

• attività di prevenzione rivolte alle Scuole e/o al Territorio;

• mappatura dettagliata dei Servizi (pubblici e privati) della Regione Piemonte;

• costruzione e manutenzione di rete con gli Enti Locali e del Privato Sociale (Giocatori Anonimi, A.M.A., EntiAusiliari del Piemonte, ecc.);

• organizzazione di seminari e convegni sul GAP.Nel 2010 è stato creato il sito internet www.giocopato-logicopiemonte.it in cui si trovano informazioni rivoltea giocatori e non, rispetto alle caratteristiche del giocod’azzardo, alla patologia di dipendenza da gioco, allapossibilità di riconoscere la presenza di problemi legatial gioco stesso e indicazioni rispetto ai Servizi dellaRegione deputati al trattamento. Inoltre nel sito ven-gono riportate segnalazioni di eventi o iniziative for-mative di particolare interesse.Nel 2014 è stata creata la pagina Facebook GAPPiemonte col fine di permettere confronto e condivi-sione di vari contenuti ad un maggior numero di per-sone.

TAXI1729Paolo Canova, matematico, e Diego Rizzuto, fisico,dopo esperienze diverse nel campo della comunicazionescientifica, hanno messo insieme competenze e obiet-tivi dando vita nel 2009 al Progetto Fate il Nostro Gioco.Una campagna di informazione con l’obiettivo di sve-lare, attraverso l’uso della matematica, le regole, i pic-coli segreti e le grandi verità che stanno dietro al pre-occupante fenomeno del gioco d’azzardo in Italia. Unesercizio di pensiero critico che ha in sé le caratteri-stiche della didattica e della promozione della saluteperché aumenta la consapevolezza sui rischi derivantidalla scarsa conoscenza delle leggi che governano lasorte ed espongono agli eccessi da gioco d’azzardo. Inpoco tempo il progetto ha avuto un successo e una vi-sibilità difficili da prevedere, rivelando grandi capacitàdi attirare su di sé l’attenzione del pubblico e dei mezzid’informazione. Insieme a Sara Zaccone, nel 2012 hanno fondato

TAXI1729, Società di Formazione e Comunicazione sci-entifica. «Il nostro lavoro è unire la precisione e il ri-gore di cui la scienza ha bisogno con la passione e, per-ché no, il divertimento che nascono da un modo diver-so di raccontarla - dicono -. Perché siamo convinti chela matematica sia esercizio di pensiero critico, e quindiun’occasione per creare un’opinione consapevole neicittadini, specialmente nei ragazzi».

Il progetto: Fate in nostro giocoL’incontro tra l’universo dell’Istruzione, con l’istituzionedel concorso, e quello della Sanità con il coinvolgi-mento degli operatori dei Ser.D. ha incentivato una col-laborazione nata da puntuali confronti tra operatori,Coordinamento Regionale e la società TAXI1729 sullemigliorie da apportare agli interventi fatti nelle scuole.Tale cooperazione, non così scontata né esente da cri-ticità, ha fatto intravedere interessanti prospettive disviluppo.Ed è in questo panorama che il CoordinamentoRegionale ha voluto investire cercando di mantenere edampliare gli aspetti positivi di tale collaborazione,costruendo un progetto di collaborazione che ha lavo-rato su una maggiore integrazione tra i saperi deiServizi per le Dipendenze (relativi alla malattia, allacura e al funzionamento dei Servizi) con i saperi diTAXI1729 (relativi alla matematica, agli errori cognitivie alla comunicazione).Così quando nell’a. s. 2014/2015 la Regione Piemonteha continuato a sostenere il progetto, finanziando 20conferenze da svolgersi in tutto il territorio piemon-tese, si è costituito un pool di operatori del Coordina-mento Regionale che ha ripensato alla conferenzainsieme ai divulgatori scientifici di TAXI 1729. Unprocesso di revisione della conferenza spettacolo già inessere, che ha obbligato gli operatori Ser.D a ristrut-turare le proprie competenze in un linguaggio semplicee senza tecnicismi, accessibile e diretto, più in sintoniacon lo stile di Taxi. Non è così scontato infatti riuscirea trasmettere in tale maniera concetti relativi al cir-cuito della ricompensa, della tolleranza e dell’astinen-za, parlare di fallacie cognitive e calcolo della proba-bilità, raccontare storie di dipendenza e di eventi prati-camente impossibili.Il medesimo pool ha garantito che un operatore con-ducesse insieme ai matematici le conferenze nei variterritori: un’azione necessaria per il tipo di comuni-cazione che il progetto ha deciso di sposare, ovveroquello di TAXI1729, che prevede un ritmo quasi teatraleche va provato, consolidato e corretto nel tempo, esclu-dendo improvvisazioni che possano abbassare il livellodi attenzione e concentrazione degli studenti.A differenza degli anni precedenti l’intervento deglioperatori è stato ideato, studiato, costruito e provatoda una squadra di 12 persone: 9 operatori Ser.D. e i socidi TAXI1729.L’obiettivo è stato quello di integrare meglio i diversilinguaggi in modo da rendere il messaggio maggior-mente accessibile ed esplicativo. Il gruppo di lavoro hadefinito i 4 relatori che, alternandosi nelle 20 con-ferenze, hanno condotto le conferenze spettacoloinsieme a TAXI1729.Al termine di ogni conferenza veniva fatta una verifica

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ed un confronto sull’andamento della medesima, cosìda poter operare gli eventuali aggiustamenti per lasuccessiva.Il Coordinamento è stato costantemente aggiornatosull’andamento del progetto che prevedeva inoltre ilcoinvolgimento del Servizio competente per il territo-rio di sede delle Scuole partecipanti al concorso e alleconferenze.

I numeriAnno scolastico 2014/201520 conferenze38 scuole126 classi3165 studenti100 insegnantiNegli anni precedenti (a. s. 2012/203 e 2013/2014))40 conferenze68 scuole 288 classi6014 studenti272 insegnanti

ConclusioniIl Progetto Fate il Nostro Gioco, nel panorama degliinterventi di Promozione della Salute dei Servizi per leDipendenze, si distingue per la capacità che ha avutodi mettere insieme differenti istituzioni del Pubblico edel Privato, creare contaminazione tra linguaggi ecompetenze molto diversi tra loro e realizzare unprodotto in grado di raggiungere la testa e il cuore ditanti, così da diventare un vero veicolo di consape-volezza e di informazione sui rischi che possonoderivare da determinati comportamenti, ma anche sullapossibilità di trattare il problema del gioco patologicoe sui luoghi deputati a tale scopo.Una collaborazione che trascende la competitività chepurtroppo, troppo spesso, i Servizi e le Istituzioni atti-vano tra loro e che si apre verso scenari ancora piùappassionanti per le diverse sfaccettature che consenteancora di esplorare, perfezionare e consolidare. Proprioper questi motivi non si possono tirare delle conclu-sioni senza dar loro il respiro di nuove premesse dilavoro, ovvero:• consolidare tale esperienza;• occuparsi della valutazione dell’efficacia;• strutturare un percorso più articolato che possa pre-vedere un prima e un dopo, nei quali gli studentidiventano essi stessi attori del processo e a lorovolta promotori di salute, conoscenza e consape-volezza.

Al di là della più o meno concreta possibilità che unnuovo ciclo di conferenze venga rifinanziato o meno, ecompatibilmente con gli impegni delle rispettive orga-nizzazioni di appartenenza, l’intenzione dei profession-isti finora ingaggiati in questo progetto è quella dicontinuare a lavorare sui suddetti temi, responsabilidel bisogno che la collettività ha per questo tipo diiniziative.

“IO NON SONO UN POLLO”, GRUPPO DI PSICOEDUCAZIONE PERPERSONE AFFETTE DA DISTURBO DAGIOCO D’AZZARDO

D. Micheli, Educatore Professionale Ser.T. Via Boifava diMilanoG. Zita, Medico Psichiatra, Responsabile Struttura sem-plice Ser.T. Via Canzio di Milano e Coordinatore del grup-po di lavoroE.Cozzolino, Direttore Struttura Complessa Ser.T. 1 AslMilanoTAXI1729

Perché un gruppo di psicoeducazione?Nel Gennaio 2014, a Milano, l’introduzione dei voucherha comportato l’individuazione di due sole sedi SerTpubbliche (e due SMI privati) che si sarebbero dovuteoccupare di ciò che oggi viene definito dal DSM 5“Disturbo da Gioco d’Azzardo” (DGA). Come si puòvedere dalla mappa a fianco, si prospettava una fortepolarizzazione dei potenziali pazienti del Servizio conun possibile aumento consistente dei casi trattati nor-malmente dallo stesso. Da qui la necessità di offrire inmaniera più efficiente il trattamento di psicoedu-cazione, offerta di partenza del nostro impianto tera-peutico, senza subire l’affanno derivante dall’arrivo dinuovi pazienti.Tale tipo di intervento è sempre stato condotto da unoperatore con il pz. e, possibilmente, un familiare o unapersona a lui vicina, quindi in una situazione “intima”di colloquio. Non sarebbe stato saggio mantenerequesto unica offerta trattamentale di fronte a un incre-mento della domanda. Tale offerta è rimasta comeopzione di riserva, qualora il paziente non possa, apriori, partecipare al gruppo.

La psicoeducazione individualeQuesto tipo di approccio, secondo i temi e le modalitàdi Ladouceaur e Carlevaro declinati nel nostro lavoroquotidiano, è stato ampiamente utilizzato nei nostriServizi da diverse figure professionali (assistentisociali, infermieri, educatori) con i pz affetti da DGA; èuna “danza” dialettica fra l’operatore e il paziente cheindaga il problema, stimola la riflessione, fa intravederepossibili soluzioni e strategie, aiuta il lavoro più intro-spettivo condotto da altre professionalità, migliora lamotivazione e la rende più chiara al paziente, il tuttofocalizzando l’obiettivo sull’aumento di consapevolezzarispetto alla patologia e al trattamento. Si snoda attra-verso 3 incontri settimanali che prevedono anche dei“compiti a casa” per il paziente. E’ un intervento checrea un legame forte, seppur di breve periodo, cheabbiamo visto essere più efficace all’inizio del tratta-mento, perché aiuta a condurre una riflessione su tem-

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atiche molto concrete e spesso fornisce indicazioni diprimo livello per arginare gli effetti della patologia.

La psicoeducazione in gruppoIl balletto delle parole che si mette in scena nella psi-coeducazione individuale non può essere rappresentatoin gruppo poiché, è evidente, manca la dimensione inti-ma. Questo è il primo e più importante limite che èpossibile sottolineare dopo 10 edizioni del gruppo “Ionon sono un pollo”, tutto il resto c’è e funziona: dopoanni di lavoro i contenuti si sono raffinati, cristallizza-ti e universalizzati, rendendoli utilizzabili in una di-mensione di gruppo.Così è stato strutturato un percorso di 4 incontri (i cuititoli potrebbero essere “presentazione”, “informazionisul gioco e sui giochi”, “strategie di approccio allapatologia”, “trattamento e motivazione”) che hannouna trama complessiva che si snoda attraverso la nar-razione che avviene in ciascun appuntamento.

Modalitàdove: sede SerT di via Canzio 18, è stata scelta questasede poiché centrale rispetto ai due poli trattamentali;a questo gruppo afferiscono quindi pazienti di entram-bi i Servizi.quando: il mercoledì nel tardo pomeriggio, dalle 18.00alle 19.30, questa fascia oraria è sembrata la più como-da per pazienti molto integrati dal punto di vistasociale e quindi con maggiori impedimenti dovuti, adesempio, alla condizione lavorativa.invio: la partecipazione al gruppo viene proposta infase di accoglienza a tutti i pazienti (in caso di dubbi,la decisione di proporre il gruppo viene rimandataall’équipe), fornendo loro locandina del prossimo grup-po disponibile e progetto sintetico del gruppo stesso.calendario: prima dell’inizio del gruppo è stato defini-to un calendario di edizioni molto lungo, a partire dalMaggio 2014 fino al Dicembre 2016; ogni edizione dura4 settimane e fra un’edizione e la successiva intercor-rono 2 settimane: i ltempo complessivo di 6 settimaneconsente di reclutare tutti i nuovi pazienti e di fornireloro questo tipo di offerta terapeutica in una faseiniziale del trattamento.conduzione: gli incontri di gruppo sono condotti dadue educatori professionali, si svolgono come unalezione frontale, con apposite sollecitazioni di inter-venti dei partecipanti. Vengono utilizzate delle slides ela proiezione diventa anche una lavagna sulla quale,grazie all’utilizzo di una tavoletta grafica, viene scrittoquanto emerge dal gruppo. Ciò facilita molto la raccol-ta e l’archiviazione dei materiali.Dalla 6° edizione in poi, il gruppo è stato aperto allapartecipazione dei familiari o delle persone vicine.Costoro non compilano test e non firmano il foglio pre-senze.

PartecipazioneNella tabella sottostante è presentata l’affluenza algruppo (testimoniata dai fogli firme archiviati); perciascuna edizione è espresso il numero di partecipantiprevisti, il numero di coloro che si sono effettivamentepresentati, il numero di coloro che hanno partecipato atutti e 4 gli incontri di quell’edizione e infine il dato di

quanti hanno partecipato a 3 soli incontri. Nel conteg-gio sono stati esclusi i pz. che hanno frequentato solo1 o 2 incontri e non vengono presi in considerazioni gliaccompagnatori.

Valutazione dell’efficaciaLa valutazione dell’efficacia del gruppo è stata misura-ta utilizzando il test GRCS (Gambling Related CognitionScale), somministrandolo all’inizio del primo incontro eripetendo la somministrazione alla fine dell’ultimoincontro. E’ un test che valuta la qualità dei pensieri edelle credenze relative al gioco d’azzardo.Nelle 10 edizioni del gruppo hanno partecipato 73 pz.,dei quali abbiamo 47 GRCS pre e post gruppo, questi irisultati:

Nel grafico sopra sono stati raccolti i risultati totali delGRCS prima (in blu) e dopo (in rosso) il gruppo; trannein 5 casi, sembra far diminuire in maniera variabile ilpunteggio del test.Nella tabella sottostante, per ciascun paziente, ven-gono mostrate le variazioni percentuali dei punteggidelle 5 sottoscale del test, oltre alla variazione per-centuale del punteggio totale. In particolare, eviden-ziati in rosso i punteggi che peggiorano dopo il grup-po, evidenziati in giallo i punteggi che rimangono sta-bili, in formato neutro i punteggi che migliorano dopoil gruppo. Questi ultimi sono nettamente superiori, atestimonianza del fatto che il gruppo provoca un cam-biamento rispetto a informazioni, pensieri e credenzerispetto al gioco d’azzardo.

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Mediamente il miglioramento del punteggio totale è del25% e, in particolare, delle 5 sottoscale è il seguente:Aspettative sul gambling: 25%Illusione di controllo: 28%Controllo predittivo: 20%Impossibilità a interrompere il gioco: 22%Bias interpretativo: 23%

Osservazioni e conclusioniLe variazioni dei punteggi del GRCS sono imputabili siaal lavoro di gruppo, sia al trattamento individuale chescorre parallelo al mese di gruppo; saper bilanciare conprecisione quanto sia merito di una condizione piut-tosto che dell’altra non è stato indagato dall’attualeanalisi.A ciascun paziente, in fase di accoglienza, viene som-ministrata una batteria di test composta da SCL90,TAS20, BIS11 e SOGS, con i dati in nostro possesso nonabbiamo la possibilità di stimare predittivamente irisultati di questi test per capire chi porterà a termineil gruppo o chi lo abbandonerà precocemente, quindinon abbiamo modo al momento di selezionare a priori i

pazienti che meglio beneficeranno di questo tipo diintervento.È in corso un lavoro rispetto al drop out dei pazienti,focalizzato a indagare motivazioni e condizioni che lohanno prodotto. Pensiamo che i dati di questa ulterioreindagine forniranno elementi utili alla predizione deipossibili abbandoni e quindi avranno ricadute significa-tive sulla modulazione del trattamento.È certo che nel gruppo viene veicolata in maniera effi-cace una notevole mole di contenuti, dai rimandi deipazienti la conduzione è stimolante e alimenta la ri-flessione personale sulla patologia, ma anche sul trat-tamento stesso; per questo motivo è allo studio un que-stionario di customer satisfaction ad hoc per aiutarel’evoluzione efficace ed efficiente dei contenuti delgruppo.

Bibliografia

1. R. Ladouceur et al. (2003) Il gioco d’azzardo eccessi-vo - Centro scientifico editore2. R.Caillois (1967) I giochi e gli uomini - Bompiani

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GRUPPO FAMILIARI

Daniele PavesePsicologo Psicoterapeuta ASL 4 Chiavarese

Il giocatore e il familiareIl gruppo nasce all’interno dell’Ambulatorio sul Giocod’Azzardo dell’Asl 4 Chiavarese, che è attivo dal 2008.Nel corso degli anni, i pazienti hanno spesso usufruitodi uno spazio di colloquio individuale e di uno di grup-po monosintomatico. L’implicazione dei familiari era sì prevista, ma sempre intermini di primo contatto o comunque di tutoraggio delpercorso del familiare implicato nella dipendenza. Aiprimi colloqui di valutazione il familiare (coniuge,fidanzato, amico ecc) è colui che fisicamente accompa-gna il paziente e che partecipa all’inizio attivamente.Il rapporto è connotato di volta in volta da vissuti diinsoddisfazione, di stanchezza e frustrazione, oltre chedi profonda rabbia e sconforto. Spesso il familiare haoccupato in famiglia una posizione collusiva, tale percui non gli ha permesso di accorgersi e di sottolineareil comportamento di dipendenza del paziente. Nellavarie storie, il familiare fa parte di una scena internaalla famiglia che copre, non esplicita, omette il vissutodell’altro. Questo avviene spesso perché la dinamica incistata delgioco ha una funzione che tiene, fino a che non sor-passa un certo limite. Il gioco permette di aggirare dif-ficoltà interne, incestate in equilibri disfunzionali,all’interno della coppia, del nucleo, delle generazioni. Ha una funzione attiva, di tentativo di svincolamento,di autonomizzazione, spesso rappresentata dalla fanta-sia magica e onnipotente di una vincita liberatoria; haanche però un versante passivo, di riproposizione ditendenze di dipendenza, sottomissione, adesione almandato familiare, proprio a causa degli effetti diindebitamento e perdita di denaro.Il comportamento di gioco, nel suo valore sintomaticodi compromesso, rappresenta il complesso, il croceviaparticolare di due tendenze contrapposte; tentativo diautonomia, di fuoriuscita da una situazione familiaretesa, che però si acuisce paradossalmente proprio acausa delle disfatte conseguenti. La soluzione (il com-portamento di gioco), alimenta in realtà i vissuti pro-dromici che portano al gioco, le cause scatenanti.Si giunge allora ad un punto di non ritorno; quella dellaconsultazione, in cui il giocatore arriva pressol’Ambulatorio, con una qualche idea di cura. Cura spon-tanea, cura imposta, cura sorgiva; spesso cura “spin-tanea”, nel senso che nel soggetto qualcosa spinge dal-l’interno affinché la sua condizione venga vista edunque arginata, ma anche nel senso che il trattamen-to viene imposto dal familiare che non ne può più dellasituazione di sofferenza indotta.

GruppoIl gruppo è improntato a cadenza quindicinale, sisvolge con due conduttori (uno psicoterapeuta e un’e-ducatrice), ha un setting chiaro, tale per cui vengonoesplicitate inzialmnete alcune regole:• La partecipazione è concordata e discussa innanzitut-to col paziente

• Le assenze vanno giustificateIl focus del gruppo è quello di lavorare intorno alle pro-prie questioni, in quanto familiare implicato in unasituazione di co-dipendenza. L’obiettivo del gruppo èquello di passare da una polarizzazione noi-loro, nor-mali-patologici, gioco-non gioco, ad elementi maggior-mente integrati, che vanno nella direzione di un’elabo-razione personale del proprio coinvolgimento nella si-tuazione di sofferenza.Esiste una sofferenza del singolo infatti, ma ne esisteuna propagazione all’interno della famiglia, che neacuisce la risonanza. Questo è l’effetto della sofferenzadovuta ad effetti materiali (debiti, insolvenze, prestiti,carenze economiche), che si trasmette nell’ansia deifamiliari, che spesso scoprono all’improvviso il nuovostatus economico in cui riversano.Vi è poi una sofferenza specifica del familiare, quelquantum di disagio che agisce nella dinamica familiare,improntata spesso da coppie patologiche, da segretimantenuti tali, da cripte psichiche che non gli permet-tono di cogliere la sofferenza del giocatore. Il familiareha un ruolo, una posizione attiva, alimenta spesso ladinamica alla base del processo di dipendenza; nonsapere, non voler sapere, non riuscire a vedere, adinterrompere. Nascondere perché l’altro è inattaccabile,perché va protetto, perché è colui da cui si dipendeaffettivamente ed economicamente. Sono queste alcunedelle situazioni che colludono (da cum-ludus, cioè stareinsieme nel gioco) con gli aspetti negatori e minimiz-zanti del giocatore.

Tecnica di gruppoIl gruppo prevede l’entrata e l’uscita continua, nuovifamiliari si sono inseriti strada facendo e hanno presoparte al processo gruppale di analisi, individuazione etrattamento delle questioni familiari.I conduttori hanno avuto un ruolo di facilitatori e dicustodi del setting; in alcuni momenti si sono permes-si interpretazioni dei vissuti più intense e soprattutto,tramite l’utilizzo del role-playing e dello psicodramma,hanno dato l’opportunità di ripercorrere passaggi criti-ci all’interno della famiglia.La messa in scena di situazioni personali ha avuto unanotevole efficacia di interruzione di meccanismi inci-stati; la coazione a ripetere certi modelli di comporta-mento anche all’interno della famiglia.Tramite il gioco, il soggetto può accorgersi, grazie allaconsapevolezza che ne scaturisce e dei feedback altrui,della posizione che sta occupando in famiglia; spesso èproprio l’inversione di ruolo, ovvero il mettersi neipanni dell’altro nel gioco, che permette di cogliere deipunti ciechi del proprio agire e dunque poterli vagliaree riattraversare criticamente.Le sedute si sono succedute per un anno e mezzo ehanno avuto una presenza media di 7/8 familiari.

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La costanza è indice della buona riuscita del tratta-mento integrato, mentre le assenze spesso sono statecollegate con momenti di crisi, di ricaduta o di fuganella guarigione. E’ risultato difficile connettere con glialtri elementi del gruppo i momenti di ricaduta del pro-prio familiare, momenti di tensione emotiva, in cuil’isolamento pare dettato da vissuti di vergogna einadeguatezza, che vanno di pari passo con l’ipercoin-volgimento rispetto alla problematica del familiare.Spesso infatti i vissuti di controllo sono tali da farpiombare in momenti di sconforto, ogni qual vota ilfamiliare sio distacchi dal percorso retto della cura; ciòa sottolineare anche un certo senso di colpa per la con-dizione della persona che sta affianco.

Roberto e Mara, dall’impasse alla ripartenza della coppiaRoberto e Mara sono una coppia sulla cinquantina. Luiarriva in ambulatorio portato dal figlio, studente dimedicina, che gli ha fatto compilare il test Sogs, inseguito alle preoccupazioni per i comportamenti digioco smodato del padre.Il figlio è il perno terapeutico, è un ragazzo eccessiva-mente responsabilizzato e adultizzato, che fa da padreal padre. R. Invece mi pare una persona nei primi col-loqui molto introversa e restia alla narrazione; soffre diacne e di allergie cutanee, è molto schivo e non vuoleparlare del suo problema del gioco di fronte al figlio.Emergerà una sua progressiva insoddisfazione nel rap-porto con la moglie, una donna molto brillante e cura-ta, che però negli anni in cui è nata la loro secondo-genita Anita, che ora ha 16 anni, ha iniziato a soffriredi una forma di depressione post-partum sempre piùimportante, che manifestava poi componenti ansiose,dovendo avere sempre sotto controllo la figlia, privan-dola anche spesso dei suoi spazi di gioco e di crescita.Parallelamente alla moglie è stato proposto un percor-so nel gruppo di sostegno per i familiari.Mara racconta in gruppo che l’esplosione del giocoavviene proporio quando la secondogenita è nata; daquel momento lui ha cominciato a rimanere sempre piùspesso fuori casa, rincasando la notte tardi e dedican-dosi per il resto della giornata al suo lavoro come arti-giano. Lui è sempre stato il cardine economico dellafamiglia, guadagnava bene e riusciva a mantenere tuttala famiglia; la moglie però in quegli anni non si èlamantata più di tanto dei comportamenti di gioco. Inparte sapeva, ma faceva finta di non allarmarsi più ditanto. Qualcosa nel loro equilibrio disfunzionale parevareggere. Come mai la moglie non notava, o comunquenon sottolienava col comportamento pericoloso delmarito, che la sera si ritirava nelle sale slot e a svolgeretornei di poker? Qual era il tornaconto emotivo per lamoglie?Sta di fatto che Roberto adesso inizia ad interrogarsi,nei colloqui individuali, sul rapporto con la moglie edappare motivato più che a smettere di giocare, a ripren-dersi un posto in famiglia, perché in lui si è incistatoun circolo vizioso; giocare per non stare a casa,perdere, sentirsi in colpa, sentire di non avere un val-ore, non cercare più la propria compagna e dunqueriprendere a giocare e così via...Nell’ultimo periodo riusciamo infatti a cogliere che

Roberto ha contratto un debito altissimo, di quasi 100mila euro, tra acquisti a rate, finanziarie, prestiti daamici, debiti con il benzinaio e le sale da gioco. Nonappena anche lui diventa cosciente del debito contrat-to sprofonda per qualche settimana in un baratrodepressivo, ma con la differenza rispetto a prima cheriece a venire ai colloqui con me, e che i familiariaccettano di partecipare al gruppo per i familiari, in cuicon cadenza settimanale si lavora sulle dinamiche inseno alla famiglia, sulle modalità comunicative, sugliincistamenti, per fare in modo che i familiari possanoriguadagnare un senso di vicinanza, di ascolto edempatia verso la percona che in casa ha problemi conl’azzardo.In questo momento della cura Roberto accetta una te-rapia farmacologica di sostegno a base di antidepres-sivi, cosa che prima rifiutava per la paura dice lui “didiventare come la moglie con le sue crisi” e intraprendeun percorso abbastanza fitto, composto da 6 mesi dicolloqui a cadenza settimanale.Riesce a raccontare come la scelta per sua moglie siaavvenuta in giovane età, come lui l’abbia di fatto strap-pata alla sua famiglia, originaria del Sud-Italia e l’abbiaportata con sé al nord. Lui che invece proveniva da unafamiglia numerosa, con parcchi figli e era l’ultimogenito. I suoi genitori sono mancati quando lui era molto gio-vane, in adolescenza, e lui si è ritrovato da solo. Con ifratelli già emigrati al Nord, ha deciso anch’egli ditrasferirsi, ma qui non stava bene, stava con una ragaz-za di Milano, che però ha lasciato per rimettersi con lafidanzata dell’adolescenza, che ha accettato di seguirloin Liguria, dove stava già un altro fratello.La moglie però inizia sempre più spesso in quel perio-do a sentirsi sola, senza riferimenti affettivi e per deiperiodi sparisce per andare a trovare i parenti al Sud. Roberto la asseconda anche perché molto spaventatodalle reazioni di sconforto, chiusura e tristezza dellamoglie. Quando poi nasce la secondogenita della cop-pia, al momento del distacco di questa affinché vadaall’asilo, la moglie inizia a chiudersi sempre più. La se-parazione dalla figlia riapre la ferita della precoce se-parazione sua nei confronti della famiglia d’origine.Negli anni successivi la moglie reagirà ai futuri distac-chi dalla figlia in maniera controfobica, cercando ditenerla il più possibile attaccata a sé. Tanto che le dueinzieranno a dormire nel lettone insieme fino ad oggi.La moglie non cerca il marito e il marito non cerca lamoglie, in un clima di apatia e di scarsa intimità. Luiarriva al Sevizio un pò trasandato, la sera si addormen-ta sul divano.Poi però inizia a riguadagnare fiducia, ottiene il soste-gno del Centro Antiusura con cui attua un piano di rien-tro dei debiti, cede il bancomat in famiglia ed è d’ac-cordo a dover rendicontare le spese all’Assistentesociale del nostro servizio che fa un operazione dimediazione come tutor rispetto al budget economico diRoberto. In ciò viene alleggerita la famiglia, nell’attesache la conflittualità marito-moglie dimunisca. I dueriniziano a parlarsi, lui viene riammesso nel letto e lafiglia ritorna al suo posto in camera sua, senza partico-lari scompensi. Riprende alcune sue passioni sportive in cui è moltobravo e riprende a curare anche la propria immagine. Ad

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oggi non ha più giocato e la moglie continua a fre-quentare il gruppo e la situazione di tensione paresmorzata; si è passati da un equilibrio di tipo disfun-zionale in cui i figli venivano triangolati nella coppiacome sostegno o figure genitoriali vicarie ad un rap-porto di coppia più maturo, dove permangono diffi-coltà, ma il sintomo gioco non ha più la necessità diesistere, perché la soddisfazione che ne conseguiva, halasciato spazio ad altri tipi di soddisfazione di tipoaffettivo, emotivo e personale.

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GIOCO D’AZZARDO: FUORI DALGIOCO E PAROLE IN GIOCO, DUE INTERVENTI DI GRUPPO NEL DPD ASL TO1 OVEST

Luisella Pianarosa*, Claudia Carnino**, Fabio Pellerano** Mariagrazia Bresciano***,Francesca Rossi***, Luca Giachero****Psicologa, Psicoterapeuta, Responsabile LaboratorioNuove Dipendenze, DPD ASLTO1 Ovest **Educatore Professionale DPD ASLTO1 Oovest ***Psicologo, Psicoterapeuta, DPD ASLTO1 Ovest

PremessaAttualmente si stima che la percentuale di giocatoripatologici su scala nazionale oscilli tra 1 e 3% dellapopolazione e in Piemonte le giocate si aggirinointorno a quasi 5 miliardi di euro l’anno (fonte AAMS2014).Il Dipartimento Patologia delle Dipendenze dell’Asl TO1Ovest ha registrato un elevato aumento del numero diutenti che hanno chiesto aiuto per problemi legati aldisturbo da gioco d’azzardo: nel 2007 i pazienti trattatierano stati 5, nel 2014 sono stati 104.Si evidenzia una maggioranza di utenti maschi, gene-ralmente di età che va dai 39 ai 45 anni, con una ten-denza al diffondersi della patologia anche ad utenti dietà più avanzata, in particolare nella fase del ciclo divita che corrisponde al post-pensionamento. Si registraanche un aumento del numero di donne di varie età, lecui problematiche di gioco patologico, benché spessomolto gravi, rimangono tuttora ampiamente sommerse.Il comportamento di gambling sembra interessaretrasversalmente tutte le condizioni socio-culturali eprofessionali e ha comportato, nella maggioranza deicasi da noi seguiti, un serio e più o meno gradualedeterioramento della situazione affettiva, sociale elavorativa.Per rispondere alla richiesta di aiuto ma anche alle re-gistrate difficoltà di ritenzione in trattamento di que-sta tipologia di utenza, il Dipartimento ha messo apunto un intervento specialistico per le problematichelegate alla dipendenza dal gioco d’azzardo.Nel 2007 nasceva, all’interno della definizione delPiano Locale per le Dipendenze, il primo progetto diattività di gruppo per giocatori patologici in collabo-razione con il privato sociale (Gruppo ARCO, ente ausi-liario della Regione Piemonte) denominato Play-Off.Nel 2010, terminata la collaborazione, il progetto veni-va assunto in toto dal DPD e ridefinito nella sua orga-nizzazione e nella sua metodologia prendendo il nomedi Fuori dal Gioco (F.d.G).Dal 2012, per rispondere in maniera ancora più mirataall’aumento della domanda e per fornire risposte tera-

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peutiche corrispondenti alla crescente diversificazionedelle tipologie di giocatori, è stato avviato, accanto alpercorso intensivo, un altro percorso di gruppo a carat-tere motivazionale, denominato Parole in Gioco(P.i.G.).

La presa in carico del giocatoreL’accoglienza del giocatore avviene attraverso un primocolloquio con lo psicologo, una visita medico-psichia-trica e un colloquio socio-anamnestico con l’assistentesociale. Terminato la prima fase di conoscenza il casoviene discusso in un’apposita riunione del gruppo dilavoro GAP, nella quale viene definito il percorso tera-peutico che verrà proposto al paziente nel colloquio direstituzione. Al giocatore può essere proposto, a seconda della valu-tazione clinica, un intervento terapeutico individuale ola partecipazione ai percorsi di gruppo. Nell’esperienzadel DPD la presa in carico individuale di questi pazien-ti, così come per altre tipologie di dipendenza, presen-ta delle difficoltà perché richiede una certa consape-volezza del problema, la presenza di una minima con-flittualità con la propria dipendenza e la disponibilità apresentarsi con una buona costanza e regolarità.Risulta invece più apprezzata e affrontabile la propostadi ritrovarsi in gruppo con altri giocatori, con cui sicondividono fatiche e difficoltà. In ogni caso le pro-poste terapeutiche vengono declinate in manieraflessibile e personalizzata e rivalutate periodicamentecon il progredire del percorso. L’inserimento in gruppoavviene attraverso una valutazione che considera criteridi esclusione la presenza di comorbilità psichiatrica,evidenti tratti antisociali, abuso di sostanze o alcol.Viene successivamente svolto un colloquio di conoscen-za con il giocatore per presentare le caratteristiche del-l’attività di gruppo al fine di condividerne importanza efinalità.

Il gruppo come strumento di interventoParole in Gioco e Fuori dal Gioco utilizzano come stru-mento di intervento principale il gruppo attraverso cuiè possibile confrontare la propria dipendenza con quel-la degli altri partecipanti e condividere i vissuti di dif-ficoltà e sofferenza ad essa connessi. Il gruppo è una realtà creativa, in continuo divenire el’intervento terapeutico viene continuamente ricalibra-to in base alle esperienze, ai sentimenti e ai vissuti chedi volta in volta vengono portati e condivisi da tutti ipartecipanti. Osservarsi e riconoscere le proprie reazioni nelle diffe-renti situazioni, di fronte a se stessi e agli altri conducead una migliore conoscenza di sé e in un’acquisizionedi maggiore sicurezza ed abilità nella gestione dei pro-pri comportamenti e delle proprie relazioni. Tuttoquesto è particolarmente importante e significativo peri giocatori, che spesso sono portatori di pensiero con-creto, scarsa attenzione e basse capacità di intro-spezione, frutto di storie di vita segnate da lutti etrascuratezze affettive spesso non riconosciute. Ciò sitraduce in gravi difficoltà di riconoscimento e gestionedei propri stati emotivi e in conseguenti problemi direlazione, rispetto a cui il gioco finisce per rappre-sentare un tentativo di evasione o autoterapia.

Parole in GiocoParole in Gioco ha come obiettivo il lavoro sulla moti-vazione del paziente, al fine di aumentare la consape-volezza del problema e la disponibilità al trattamento eal cambiamento. Si propone anche come uno spazioinformativo sul fenomeno del gioco d’azzardo e sulladipendenza. Il percorso si articola in otto incontri tematici di 2 ore,a cadenza settimanale e in orario pre-serale, co-con-dotti da un educatore professionale e da uno psicote-rapeuta; prevede anche modalità seminariali, con lacollaborazione di professionisti dell’ambulatorio. Tra ivari aspetti trattati vengono proposte riflessioni suglierrori cognitivi, gli aspetti medico-farmacologici, ilruolo delle relazioni familiari e le implicazioni eco-nomiche del gioco d’azzardo.Al termine del percorso viene valutata, in base al gradodi incremento di motivazione e consapevolezza regi-strato, l’opportunità di un passaggio al programmaintensivo Fuori dal Gioco, oppure l’eventuale ripe-tizione del percorso stesso. Spesso sono proprio i pa-zienti che, avendo apprezzato l’esperienza nel gruppo eavendone tratto giovamento rispetto all’entità di coin-volgimento nel gioco, pur non sentendosi pronti perl’inserimento nel percorso più impegnativo chiedono lapossibilità di ripetere gli otto incontri. La parteci-pazione al gruppo assume inoltre una valenza diagno-stica rispetto al funzionamento più o meno gravementepatologico del giocatore, che può determinare la deci-sione di avviare il paziente al trattamento individuale.

Fuori dal GiocoFuori dal Gioco è un percorso intensivo di secondo li-vello, con incontri bisettimanali, che si propone diver-si obiettivi terapeutici tra cui: favorire la gradualecapacità di mantenersi astinenti dall’attività di gioco edi riappropriarsi della gestione consapevole ed equili-brata del denaro, del tempo e delle relazioni; migliorarele capacità dei giocatori e dei loro familiari nelriconoscere ed inquadrare le determinanti psicologiche,relazionali e sociali sottese all’emergere di tale dipen-denza; promuovere nei giocatori patologici il cambia-mento delle modalità nell’affrontare il proprio disagio;promuovere nelle famiglie la capacità di contenimentoe di supporto del giocatore.Il percorso terapeutico si articola in cicli di quattromoduli, co-condotti da un educatore professionale e dauno psicoterapeuta, della durata di tre mesi ciascunocon un tema principale che costituisce il filo condut-tore degli incontri (gioco, caso ed errori cognitivi; ge-stione del denaro e tutoraggio economico; relazioniinterpersonali; lavoro e tempo libero).È prevista la frequenza di due giorni a settimana inorario pre-serale per 6 ore di attività in totale. Affinchéogni paziente possa usufruire dell’intero percorso dicura si valuta auspicabile la partecipazione a tutti equattro i moduli.La personalizzazione dell’iter terapeutico può prevederela ripetizione del modulo, o dell’intero ciclo, in consi-derazione degli obiettivi raggiunti e dell’autovalu-tazione del paziente. L’intervento prevede attività psi-coterapeutiche, psico-educative, formative, di tutorag-gio economico e di socializzazione. È previsto inoltre il

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coinvolgimento dei familiari, ai quali viene proposta lapartecipazione ad un gruppo a cadenza quindicinale,che si svolge in parallelo al percorso dei giocatori. All’inizio di ogni modulo sono previsti colloqui diconoscenza, di valutazione e di definizione degli obiet-tivi personalizzati del percorso, mentre al termine delmodulo si effettuano uno o più colloqui nei quali si va-luta il raggiungimento degli obiettivi e se ne defini-scono di nuovi per il modulo successivo. Come per i pazienti, anche per i familiari sono previsticolloqui iniziali di inserimento e colloqui di verifica.Durante l’iter terapeutico può presentarsi l’esigenza perle coppie o per i familiari di affrontare in colloquio, dasoli o insieme al loro congiunto eventuali proble-matiche che potrebbero interferire con lo svolgimentodel programma di gruppo.

Attività previsteIl gruppo psicoterapeutico è inteso come strumento diriflessione e agente di cambiamento, in sintonia con glialtri interventi gruppali previsti dal programma. Si trat-ta di un gruppo a conduzione gruppoanalitica, delladurata di un’ora e mezza a cadenza settimanale. Allesedute partecipa, oltre al conduttore, anche un osser-vatore con la funzione di fare memoria di quantoavviene durante il gruppo per restituirlo ai partecipan-ti al termine di ogni incontro. Obiettivo del gruppo èoffrire uno spazio per provare, attraverso il confronto ela condivisione tra i partecipanti, ad acquisire maggioreconsapevolezza in merito alle dinamiche sottese algioco. Come accade nei gruppi che possono avvalersi diuna storia relazionale, la storia degli individui nel grup-po diviene strumento terapeutico: permette di verbaliz-zare e riflettere sul modo di gestire le relazioni da partedei partecipanti, di passare informazioni, di speri-mentare l’universalità di alcuni vissuti, come le diffi-coltà e le tentazioni, di condividere esperienze catar-tiche, come parlare insieme di quanto forte sia il cra-ving rispetto al gioco. Mediante il lavoro attraverso ilgruppo si dispiegano i fattori terapeutici propri di taleassetto e l’obiettivo implicito cui si tende è provare ariconnettere la storia di gioco con la storia di vita deipazienti, dando voce al malessere che sta alla basedella dipendenza, e che spesso viene banalizzato comecolpevole vizio dagli stessi pazienti..L’attività del gruppo psico-educativo si svolge bisetti-manalmente. Obiettivo principale è far emergere i col-legamenti significativi tra la comparsa e lo sviluppodella patologia e il tema centrale di ogni modulo,sviluppato partendo dall’esperienza dei singoli, in mododa facilitare un cambiamento del comportamento di-sfunzionale. Aspetto significativo della metodologiautilizzata è la co-conduzione del gruppo da parte di unafigura educativa ed una figura psicologica, assetto chepermette l’integrazione di sguardi diversi e l’utilizzo diun più ampio ventaglio di strumenti e tecniche. Inoltrein questo spazio si propongono e condividono strategiee tecniche per gestire il craving e l’astinenza, cheandranno sperimentate poi al di fuori, per riportareall’interno del gruppo successi e difficoltà incontratenell’applicazione. In questo spazio viene molto usata lascrittura, sia da parte degli operatori che sintetizzanosu un cartellone il lavoro svolto, sia i giocatori, al quale

viene chiesto di compilare schede e questionariIl seminario formativo si incentra su tematiche ine-renti la dipendenza da gioco, con l’obiettivo di fornireelementi di conoscenza e strumenti utili all’apprendi-mento di strategie di gestione del problema. In talespazio l’assetto formativo frontale è arricchito dall’uti-lizzo di diversi strumenti e linguaggi, come quello ci-nematografico, documentaristico e musicale e si avvaledi strumenti multimediali.Lo spazio di socialità è pensato come un tempo dipausa tra il gruppo psicoterapeutico e il gruppo psico-educativo, in cui pazienti e operatori si ritrovano a con-dividere scambi di comunicazione informale e di socia-lità. Si è rivelato nel tempo come uno strumentoprezioso per la costruzione di legami tra i componentidel gruppo e gli operatori, a partire, anche, dalla con-divisione del cibo. La consulenza medica e psicofarmacologica. La pre-senza nel gruppo di lavoro del medico-psichiatra spe-cialista in GAP offre al paziente, oltre all’iniziale con-sulenza psichiatrica, con valutazione diagnostica circagli aspetti psicopatologici ed eventuale prescrizionedella terapia farmacologica, la possibilità di un moni-toraggio della situazione di compenso psichiatrico, coneventuale tempestivo intervento qualora durante il per-corso emergano problematiche emotive e comporta-mentali preoccupanti.Il tutoraggio economico individuale e la consulenzafinanziaria e legale. In alcune situazioni è prevista lapossibilità di effettuare un piano di tutoraggio eco-nomico individuale per realizzare una corretta gestionedel denaro, controllando e prevenendo le ricadute. Talepiano prevede il coinvolgimento di un familiare conruolo di tutor e il monitoraggio costante da parte deglioperatori. Da alcuni anni si è consolidato un rapportodi collaborazione con le fondazioni anti-usura dellacittà di Torino con l’invio di pazienti per una valu-tazione finanziaria e legale e l’eventuale erogazione diun finanziamento a tassi agevolati.Gruppi per familiari. Parallelamente al percorso tera-peutico del paziente si propone ad un familiare dipartecipare ad un gruppo che si tiene ogni 15 giorni inun orario diverso da quello dei gruppi dei giocatori. Ilpercorso accompagna i familiari ad una riflessione sulruolo che occupano rispetto allo svilupparsi delladipendenza, sostenendoli nel motivare il giocatore allacura e alla compliance al trattamento; costituisceinoltre uno strumento di verifica rispetto agli eventualiepisodi di gioco e consente di monitorare la situazioneeconomica per acquisire o recuperare una corretta ge-stione del denaro; favorisce una maggiore consape-volezza delle dinamiche disfunzionali del nucleo fami-liare, corresponsabili del comportamento di gioco edelle difficoltà al cambiamento. A questo gruppo possono partecipare anche familiari dipazienti inseriti in Parole in Gioco, o familiari che portanouna richiesta di aiuto anche in assenza di disponibilitàdel loro congiunto giocatore ad una presa in carico.

ConclusioniDal nostro punto di vista i due percorsi terapeuticidescritti rappresentano il tentativo di offrire opportu-nità di cura mirate, che contemplano un’offerta te-

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rapeutica che corrisponde ai bisogni ma anche ai limitidi funzionamento e di auto-rappresentazione dell’uten-za. Tutto ciò, che si è concretizzato in un aumento dellerichieste di aiuto, ci ha fornito una maggiore possibi-lità di osservazione e studio del funzionamento dei gio-catori nelle loro differenti tipologie, favorendo una piùpuntuale capacità diagnostica e terapeutica. L’esito di

tali percorsi si è tradotto, dal punto di vista clinico, inun significativo aumento della ritenzione in trattamen-to, nel raggiungimento, nella maggior parte dei gioca-tori trattati, di un progressivo controllo del sintomo; inalcuni casi si sono innescati veri e propri processitrasformativi nei pazienti e nelle loro famiglie.

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Alcuni dati

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IL GAMBLING PATOLOGICO NEL QUADRO DELL’ADDICTION: CONCETTUALIZZAZIONE DEL CASO EORGANIZZAZIONE DELL’INTERVENTOPSICOTERAPEUTICO

Pozzato Marita, Zanon Susanna, Psicologhe, Psicoterapeute, Dipartimento per le Dipendenze Azienda ULSS 15

Il gioco d’azzardo patologico (GAP) nel DSMV (2013)passa dai disturbi del controllo degli impulsi ai distur-bi di dipendenza (Bellio e Croce 2014), questo impor-tante cambiamento nella lettura del disturbo loinserisce a tutti gli effetti tra le patologie dell’addic-tion. S. Sussman e A. Sussman (2011) definiscono qualisono i criteri dell’addiction: innanzitutto mettere inatto un comportamento allo scopo di ricercare effettipiacevoli. Il DSMV mette in evidenza che il giocatorecerca gli effetti piacevoli incrementando la quantità didenaro utilizzata per raggiungere l’eccitazione e, comesostengono Bellio e Croce (2014), per rifarsi della quan-tità di denaro perso. Il secondo criterio dell’addiction fariferimento al tempo dedicato a pensare come pianifi-care e mettere in atto comportamenti di cui sopra(craving). Il DSMV riporta che il giocatore è completa-mente assorbito dal gioco d’azzardo per esempio hapersistenti pensieri che rievocano esperienze passate digioco, soppesa o programma l’azzardo successivo,escogita il modo di procurarsi il denaro con cui giocare.Bellio e Croce (2014) sottolineano come questo conti-nuo assorbimento sia un’espressione diretta di come ilgioco coinvolga la persona non solo in termini compor-tamentali ma anche affettivi e cognitivi, perché iltempo speso a giocare può anche essere limitato, maquello della pianificazione e della programmazione puòessere di gran lunga superiore con manifestazioni diirritabilità e irrequietezza se tenta di ridurre il gioco.Bellio e Croce (2014) aggiungono a questo criterio undesiderio incoercibile di giocare (craving) accompagna-to da ansia nervosismo insonnia. Il terzo criterio del-l’addiction prevede una temporanea saziazione (il cra-ving tace). Il quarto criterio prevede una perdita dicontrollo (oggettiva e di costrutto), nel DSM vieneriportato come il tentativo ripetuto senza successo dicontrollare o ridurre il comportamento di gioco. Bellioe Croce (2014) specificano che in questo criterio non èsufficiente il desiderio di smettere di giocare, ma è ne-cessario che il giocatore abbia ripetutamente provato asmettere ma non ci sia riuscito. L’ultimo criterioprevede che il soggetto manifesti sofferenza per le con-seguenze negative, per il DSM non solo il giocatoremente per occultare l’entità del gioco, ma mette a

repentaglio relazioni affettive, lavoro e opportunità divita.Se il gioco rientra nella cornice dell’addiction diventainteressante provare ad approfondire l’argomento conqualche spiegazione psicopatologica. Carretti e LaBarbera (2010) considerano il gioco patologico comefenomeno dell’addiction e ne danno una lettura dina-mico relazionale. Dal loro punto di vista l’addiction è lamanifestazione di un deficit di regolazione emotiva.Semplificando il substrato neurobiologico che sostienetale deficit riguarda l’iperattivazione dell’asse ipota-lamo-ipofisi-surrene (asse HPA) con un incremento disensibilità allo stress, dei livelli sottonorma di seroto-nina, dopamina e oppiacei endogeni. Sembra che i com-portamenti additivi aumentino la concentrazione didopamina nel nucleo accumbens e l’attivazione deirecettori post-sinaptici degli oppiacei consentendo vis-suti di gratificazione. La risonanza magnetica e la PETindividuano delle somiglianze nell’alterazione fun-zionale della corteccia prefrontale e del sistema limbi-co, centri deputati alla regolazione emotiva. Questodeficit di regolazione emotiva si collega a delle storieevolutive trascuranti, proprie di attaccamenti insicuri edisorganizzati, che finiscono con il compromettere losviluppo di quelle competenze cognitive e metacogni-tive coinvolte nella regolazione emotiva. Nel contestodi relazioni primarie abusanti e trascuranti le emozioniche non possono essere elaborate finiscono perassumere una “specifica funzione traumatogena” sullosviluppo psichico (Carretti, Craparo 08). Ciò che rendetraumatica l’emozione secondo Damasio (2003) risiede“nell’impossibilità di costruire rispetto ad essa una rap-presentazione cosciente, o meglio un’idea del corpoquando esso viene perturbato dall’attivazione fisiologi-ca corrispondente”. La componente dell’attivazione fisiologica di uno statoemotivo può essere di entità tale da rientrare o menonella finestra di tolleranza (Siegel 11) con conseguentesuccesso o fallimento della capacità integrativa delsoggetto e quindi del suo benessere psicologico. Lacapacità integrativa potremmo tradurla come la possi-bilità di vivere le esperienze emotive all’interno dellafinestra di tolleranza, ossia entro dei margini nei qualicondizioni di attivazione di diversa intensità possonoessere processate senza che questo comprometta il fun-zionamento del soggetto. Si tratta della possibilità chela persona ha di fronte ad un certo livello di attivazioneemotiva di poter sentire, pensare e attuare un compor-tamento efficace scegliendo tra più alternative inmaniera equilibrata.Nel modello della Ogden P. (12) si teorizza che all’in-terno dei confini della finestra di tolleranza si trovi unazona di arousal ottimale, dove la persona può tolleraree integrare le informazioni ricevute dagli stati interni edal contesto ambientale. Dentro la finestra di tolleran-za l’arousal è tale da consentire l’integrazione verticaledi Siegel (11) in cui la corteccia prefrontale mantienela sua attività di inibizione e coordinamento delle areesottocorticali. Negli stati di iper o ipo arousal, quindi fuori dalla fine-stra di tolleranza, vi è un’incapacità di integrare pen-sieri, emozioni, ricordi e risposte sensomotorie agli

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eventi traumatici. A livello neurologico la corteccia sisconnette a favore delle aree sottocorticali che media-no risposte automatiche, che non consentono l’inte-grazione perché la persona non può pensare su quantoaccade e scegliere come comportarsi. Successivamentei trigger che riportano al trauma riattivano memorieprocedurali legate alle risposte difensive automaticheche sono state adattive al tempo del trauma, ma non losono rispetto agli stimoli del presente. Tanto maggiore sarà lo spazio della finestra di tolleran-za tanto migliore sarà la capacità regolativa della per-sona. L’ampiezza della finestra di tolleranza dipende nellostesso soggetto dal tipo di emozione, più o menomaneggiabile sulla base temperamentale ed esperien-ziale; da condizioni fisiologiche contingenti, come famee stanchezza che aumentano l’irritabilità e la vulnera-bilità su un piano emotivo; dal contesto in cui ci sitrova, se sicuro o meno. La storia di sviluppo incide sul-l’ampiezza della finestra (Siegel 13): laddove in infanziala persona ha sperimentato situazioni ricorrenti dipaura o emozioni intense vissute senza nessun confor-to, viene compromessa la capacità di autoconforto, conuna riduzione dei margini della finestra di tolleranza.L’uscita dalla stessa produce degli stati emotivi disor-ganizzati, che possono divenire a loro volta fonte diangoscia, creando un circolo vizioso di mantenimento.A livello neurologico vi è un’inibizione dei meccanismipercettivi razionali superiori, con una dominanza diaspetti somatici-sensoriali più basici. L’effetto finale èche il soggetto non pensa più, ma sente intensamentee agisce a livello impulsivo. In condizioni di stress l’attivazione di condizioni trau-matiche e il dolore conseguente può portare ad un com-portamento di addiction il cui fine è quello di aneste-tizzare il soggetto generando stati somatosensorialialternativi a quelli della coscienza ordinaria (Carretti,La Barbera 2010). L’oggetto addiction diventa quindiuna sorta di regolatore di emozioni traumatiche. Considerate queste premesse da un punto di vista clin-ico ci è parso interessante provare a costruire un mo-dello di concettualizzazione del caso che tenesse

insieme le riflessioni proposte sull’addiction e sullaregolazione emotiva anche per quanto riguarda il pro-blema del gioco d’azzardo. Questa concettualizzazionepuò guidarci nella pianificazione del trattamentosoprattutto di quei soggetti che risultano più refrattariai vari interventi.

La presenza di emozioni traumatiche vissute fuori dallafinestra di tolleranza non regolate dalla relazione con ilcaregiver attivano stati di iper o ipo arousal non inte-grati nella coscienza ordinaria, creano stati impossibilida gestire che sono esperienze intollerabili perché nonmentalizzabili. Quindi vi è la necessità di escluderledalla consapevolezza e l’individuazione di un oggetto diaddiction può svolgere bene questo compito, mante-nendo lontani dei vissuti dolorosi intollerabili e garan-tendo la presenza di vissuti piacevoli. Il gioco diventain questo modo una fonte di interesse privilegiato versocui la persona inizia a indirizzare tempo e spazio men-tale per la programmazione dell’attività sovrainvesten-dola di importanza. Questo impedirà alla persona disviluppare alternative comportamentali e cognitive digestione di stati emotivi problematici incrementando laloro intolleranza e la necessità di ricorrere al giococome unica alternativa, allo stesso tempo l’incapacitàdi controllare il gioco alimenta i vissuti dolorosi diimpotenza e la necessità di incrementare soluzionipiacevoli.Tenendo conto di questa concettualizzazione il tratta-mento psicoterapeutico prevede varie fasi: la prima èun lavoro sui circoli viziosi di mantenimento del giocod’azzardo finalizzata alla loro interruzione e allo svilup-po di alternative cognitivo-comportamentali che sosti-tuiscano rispetto ai trigger attivanti il comportamentodel gioco. Questo lavoro clinico va fatto tenendo contodella presenza sottostante di emozioni e vissuti trau-matici e quindi della difficoltà di regolazione emotiva,che rimane scoperta nel momento in cui il paziente nonmette in campo il comportamento patologico e quindiva attrezzato in questa fase di risorse sensomotorie,cognitive e comportamentali di regolazione della fine-stra di tolleranza. Lo scopo è di rendere i vissuti

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dolorosi più tollerabili, contenuti nel corpo e pensabili,attivando delle sensazioni piacevoli. La seconda fase èdi elaborazione dei vissuti traumatici legati alla storiadi sviluppo. Questa fase delicata diventa necessaria perevitare che il giocatore si sposti alla ricerca di un nuovooggetto di addiction che sostituisca il gioco. La terzafase riguarda l’incremento della qualità di vita che hache vedere con il migliorarsi nelle attività e nei rappor-ti interpersonali.Presentazione di un caso clinico.

BIBLIOGRAFIA CITATA

APA – American Psychiatric Association 2013, Diagnosticand statistical Manual of Mental Disorders, V Edition,APA, Arlington VA.Bellio G e Croce M (a cura di) (2014), Manuale sul giocod’azzardo diagnosi, valutazione e trattamenti, FrancoAngeli. Carretti V, Craparo G (a cura di )(2008), Trauma e psi-copatologia. Un approccio evolutivo relazionale.Astrolabio Ubaldini.Carretti V, La Barbera D (2010) (a cura di), Addiction.Aspetti Biologici e di ricerca, Raffaello Cortina Editore.Damasio A. (2003), Alla ricerca di Spinosa. Emozioni,sentimenti e cervello. AdelphiOgden P. (2012). Emozioni, mindfullness e movimento.Espansione dei confini di regolazione della finestra ditolleranza affettiva. In Fosha D., Siegel D.J., Solom M.F.(2012). Attraversare le emozioni. Volume II. Nuovimodelli di sviluppo. Mimesis Edizioni.Siegel D.J. (2011). Mindsight. La nuova scienza dellatrasformazione personale. Ed. CortinaSiegel D.J. (2013). La mente relazionale. Neurobiologiadell’esperienza interpersonale. II edizione. Ed CortinaSussman S., Sussman A., (2011), Considering theDefinition of Addiction, Int. J. Environ. Res. PublicHealth, 8(10), 4025-4038.

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n 27 - NOVEMBRE 2015

“ADESSO PAGO IO”LA GESTIONE CONTROLLATA DEL DENARO COME INTERVENTOSOCIALE NEL TRATTAMENTO DELDISTURBO DA GIOCO D’AZZARDO

Susanna Francesca Redaelli*, Gaetana Mongiovì**,Chiara Novichov***, Gianmaria Zita****, Edoardo Cozzolino****** Assistente Sociale Ser.T. Via Boifava ASL Milano** Assistente Sociale Ser.T. Via Canzio ASL Milano *** Tirocinante Assistente Sociale Ser.T. Via Canzio ASLMilano****Responsabile Struttura Semplice Ser.T. Via Canzioe Coordinatore del gruppo di lavoro Equipe GAP ASLMilano*****Direttore Struttura Complessa Ser.T. 1 ASL Milano

Una premessa per cominciareLa sperimentazione del Voucher introdotta da RegioneLombardia nello scorso anno, pur con iniziali proble-matiche organizzative, per ASL Milano si è rivelata allafine uno strumento attraverso il quale costruire e con-solidare non solo un gruppo di lavoro, ma anche unmodello di presa in carico e di trattamento per ilDisturbo da Gioco d’Azzardo.L’equipe della SC Ser.T 1, nelle sue due articolazioni(sede di Milano via Boifava e sede di Cinisello Balsamo)ha, in quel periodo, individuato una modalità operati-va e un’offerta di trattamenti e prestazioni costruendoper l’utenza GAP percorsi di cura strutturati e definiti.Questo ci ha permesso di proporci nel panoramamilanese con un’offerta precisa da portare ai pazienticon un problema di gioco patologico. Cogliendo l’occasione del Convegno FeDerSerd, ci sem-bra quindi importante porre l’attenzione su una parti-colare tipologia di offerta trattamentale, ovvero quellache ha a che fare con la dimensione sociale, in parti-colare rispetto alla gestione controllata del denaro. Nel corso del 2014, infatti, ci siamo resi conto chenella presa i carico dei pazienti emergevano una seriedi elementi comuni nelle loro storie di vita che cihanno spinto a formulare l’ipotesi alla base di questolavoro, e cioè che il denaro rappresenti non solo un fat-tore di rischio per il giocatore in quanto strumentoindispensabile per accedere al gioco, ma anche un ele-mento cardine, sia per la sua dimensione materiale chesimbolica, legato al sostentamento dell’individuo edella famiglia, e quindi alla definizione dei ruoli e dellerapporti all’interno dei nuclei familiari, spesso caratte-rizzati dalla messa in crisi della fiducia proprio inrelazione a conflitti legati alla gestione non condivisadel denaro. Ci siamo chiesti quindi se fosse possibile utilizzare

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delle strategie di Servizio utili per affrontare tali areeproblematiche e migliorare l’outcome dei trattamenti.

L’intervento sociale nel trattamento del Disturbo da Gioco d’AzzardoGli interventi sociali attivati nel trattamento dei pa-

zienti con Disturbo da gioco d’Azzardo hanno a che farecon molteplici dimensioni, alcune specifiche rispettoalla diagnosi di patologia, altre più aspecifiche poiché,come sappiamo, anche dall’assistente sociale i pazientiportano sé stessi con tutte le aree problematiche checaratterizzano la loro situazione di vita.

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Sappiamo però che la condizione di dipendenza spessoaltera molti aspetti della vita di una persona: quello

lavorativo, familiare, relazionale, legale, abitativo edella gestione del tempo libero.

La valutazione della situazione debitoria e la gestione controllata del denaro come interventosociale nel trattamento del Disturbo da Giocod’Azzardo nella sede di Via BoifavaIl denaro è lo strumento attraverso il quale il giocatorepuò accedere al gioco e la disponibilità di denaro, pro-prio o altrui, o anche la sua indisponibilità per certiversi, può diventare un importante fattore di rischio direiterare il comportamento di gioco o di ricaduta dopoun periodo di astensione. Gli stessi dati relativi ai pa-zienti presi in carico nel 2014 nella sede di via Boifava,raccolti tramite somministrazione del South OaksGambling Screening, nella traduzione italiana a cura diD. Capitanucci e T. Carlevaro, (totale campione consi-derato 65 SOGS somministrati su 94 pazienti presi in

carico nel 2014) evidenziano che il 78,5% (ovvero 51pazienti) hanno dichiarato di aver contratto debiti peril gioco attingendo denaro da più fonti.

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Esaminando nel dettaglio il grafico qui sotto riportato(elaborazione delle risposte date alla domanda 16 delSOGS), che esplicita gli ambiti dai quali è stato sot-tratto denaro per giocare, spesso contraendo debiti,emergono due elementi degni di nota:• molti pazienti ricorrono a prestiti con usurai, metten-dosi quindi in situazioni delicate e spesso rischioseanche per la propria incolumità nel caso si trovino poinell’impossibilità di ripianare tali debiti nei tempiconcordati. Tale tipologia di debiti sono, come si puòben immaginare, di difficile trattazione proprio per-ché ai margini della legalità.

• la maggior parte dei pazienti utilizzano per giocaredenaro sottratto dal bilancio familiare o comunquegravando sul partner (coniuge, fidanzato/a, convi-vente) o su altri componenti della famiglia. Ciò nonpuò che contribuire a peggiorare da un punto di vistaeconomico la qualità della vita familiare, e ad aggra-vare la situazione dal punto di vista relazionale.

Ecco quindi che, secondo noi, è diventato più che maiimportante occuparsi in modo strutturato della que-stione debitoria e in generale della gestione del denaro. Per questi motivi, seguendo il modello proposto dal DrBellio e dalla sua Equipe di lavoro (G. Bellio, A. Fiorin,S. Giacomazzi, “Vincere il gioco d’azzardo”, aprile2011), nel 2015 abbiamo proposto un modulo di trat-tamento sociale che prevede una serie di incontri daeffettuare con il paziente ed un familiare o una personaa lui vicina che possa essere di supporto nel difficiletrattamento delle questioni economiche.

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ConclusioniNel corso di questi 10 mesi del 2015 abbiamo propostoin maniera mirata questo modulo a 16 pazienti e ai lorofamiliari. L’accesso è avvenuto:• su invio degli altri professionisti già sul caso (medicoe psicologo) per bisogni rilevati in corso di valu-tazione diagnostica;

• su presentazione spontanea dei pazienti dopo l’intro-duzione dell’argomento “gestione del denaro” nelcorso degli incontri di psicoeducazione di gruppo;

• su invito specifico da parte dell’assistente sociale come prosecuzione mirata degli incontri di psicoedu-cazione individuale.

Ad oggi la maggior parte dei trattamenti risulta ancorain corso, pertanto diventa difficile in questo momentomisurare l’efficacia dell’intervento nei termini dellaripresa dell’autonomia della gestione del denaro daparte dei pazienti nel mantenimento dell’astensione dalgioco. Di questi 16 pazienti, dai dati disponibili sievince che:• 5 hanno concluso positivamente il programma per remissione del sintomo;

• 6 hanno un trattamento ancora in corso ma sono riu-sciti a raggiungere l’astensione dal comportamento digioco;

• per 2 pazienti il lavoro è stato effettuato prevalente-mente con i familiari, in un caso per la compromis-sione del paziente anche per motivi di deterioramen-to a causa dell’età avanzata, e nell’altro per difficoltàdel paziente al raggiungimento dell’astensione;

• 3 pazienti non hanno accettato di effettuare la valu-tazione della situazione economica ma non hannoaccettato la proposta di trattamento elaborata inbase agli elementi raccolti, interrompendo di fatto iltrattamento.

Come accennato in premessa, ciò che comunque risultapercettivamente evidente per i pazienti che hannoaccettato di partecipare a questa parte di percorso, èspesso il miglioramento delle relazioni familiari, e quin-di forse della qualità della vita familiare non solo eco-nomica ma anche relazionale, là dove è stato possibilecoinvolgere attivamente un familiare come risorsa (chetalvolta è diventato anche Amministratore di sostegnodel paziente).

Milano, 19.10.2015

Bibliografia

G. Bellio, A. Fiorin, S. Giacomazzi, “Vincere il gioco d’az-zardo”, aprile 2011T. Carlevaro, “Psicoeducazione per chi ha problemi digioco d’azzardo eccessivo”, versione 2 del 2004

1Su questo particolare punto ci sembra utile sottolineare che le per-sone affette da problemi di dipendenza, come i giocatori d’azzardopatologici ma non solo, spesso perdono la dimensione del valore deldenaro, che diventa mero strumento per il raggiungimento del-l’oggetto della dipendenza o del comportamento compulsivo, o illu-sione di soddisfacimento di un bisogno che in realtà ha a che farecon ben altre dimensioni.Oltre a questo, in corso di trattamento non è infrequente rilevareche i giocatori patologici presentavano difficoltà relative alla ge-stione del denaro anche in assenza del comportamento di gioco.

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informa GIOCO D’AZZARDO

L’UTILIZZO DELLA PSICOEDUCAZIONECOME MODELLO DI INTERVENTO NEL TRATTAMENTO DEI GIOCATORIPATOLOGICI: L’ESPERIENZA DELLE SEDI SER.T.DELLA PROVINCIA DI VARESE

Manuela Scalas*, Fabio Reina**, Roberta Cantù***, Giovanna Balsamo****, Barbara Cala *****, Donatella Fiorentini******,Claudio Tosetto*******, Laura Randazzo ********, Vincenzo Marino ********** Assistente Sociale Sede Ser.T. Cittiglio - U.O.S.V.D.Prevenzione e Cura delle Condizioni di Dipendenza AreaNord - Dipartimento delle Dipendenze ASL Varese** Dirigente Medico Coordinatore Sede Ser.T. Saronno –U.O.S.V.D. Prevenzione e Cura delle Condizioni diDipendenza Area Sud - Dipartimento delle DipendenzeASL Varese*** Educatrice Professionale Sede Ser.T. Cittiglio –U.O.S.V.D. Prevenzione e Cura delle Condizioni diDipendenza Area Nord - Dipartimento delle DipendenzeASL Varese**** Dirigente Psicologa Sede Ser.T. Arcisate –U.O.S.V.D. Prevenzione e Cura delle Condizioni diDipendenza Area Nord - Dipartimento delle DipendenzeASL Varese ***** Dirigente Psicologa Sede Ser.T. Busto Arsizio –U.O.S.V.D. Prevenzione e Cura delle Condizioni diDipendenza Area Sud - Dipartimento delle DipendenzeASL Varese ****** Dirigente Medico Responsabile U.O.S.V.D.Prevenzione e Cura delle Condizioni di Dipendenza AreaSud - Dipartimento delle Dipendenze ASL Varese******* Dirigente Medico Responsabile U.O.S.V.D.Prevenzione e Cura delle Condizioni di Dipendenza AreaNord - Dipartimento delle Dipendenze ASL Varese******** Dirigente Psicologa Responsabile U.O.S.V.DAzioni di Rete territoriale nelle Dipendenze e Attività dicoordinamento - Dipartimento delle Dipendenze ASLVarese********* Dirigente Medico Direttore del Dipartimentodelle Dipendenze ASL Varese

ObiettiviA partire dai primi anni 2000 all’interno del Diparti-mento Dipendenze dell’ASL di Varese si è avviata unariflessione sui modelli di intervento per il trattamentodei giocatori patologici. In particolare si è sperimenta-to il modello della “psicoeducazione” elaboratodall’Equipe del Dr. Tazio Carlevaro, già Responsabile delServizio Psichiatrico di Bellinzona (CH), ideato come

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risposta alla cospicua tendenza ai drop-out in faseiniziale dei giocatori trattati al Servizio. Negli anni il “modello” è stato integrato e modificatoda successive riflessioni e verifiche sul campo, ultimadelle quali ha visto impegnati gli operatori co-estensoridel presente abstract in un gruppo di lavoro intra-Dipartimentale all’interno della Formazione sul Campoper l’anno 2015 dell’ASL di Varese, ed è attualmente inuso come strumento di lavoro presso sei Sedi Ser.T. delDipartimento.Obiettivi della psicoeducazione nel trattamento dei gio-catori patologici sono:a. Promuovere una riflessione sul comportamento di

gioco al fine di renderlo maggiormente consapevole;b. offrire elementi di conoscenza sul gioco e sul com-

portamento di gioco, in particolare sulle modalitàche caratterizzano il gioco problematico;

c. proporre alcune indicazioni per affrontare il pro-blema.

In sintesi, la psicoeducazione rappresenta un percorsofinito che, in un tempo breve, fornisce alcuni strumen-ti e conoscenze di base che possono preludere o menoad un lavoro successivo o a una continuazione dellapresa in carico.

Materiali e metodiL’intervento di psicoeducazione è strutturato in treincontri, della durata di circa un’ora e mezza, concadenza preferibilmente quindicinale e condotti da unsolo operatore assistente sociale, educatore, psicologo,medico o co-condotti da una figura socio-psico-educa-tiva con il medico ed è rivolto ai giocatori soli, oppureaccompagnati dai familiari o amici.Ciascun incontro ha un tema specifico oggetto di trat-tazione, in particolare:• nel primo incontro si ricostruisce la storia del gioco esi inquadra la situazione oggettiva (frequenza delgioco, situazione economica, problematiche ineren-ti);

• nel secondo incontro ci si focalizza sul tema del “pen-siero magico”, ovvero sulla convinzione di poterinfluenzare il risultato del gioco, come uno degli ele-menti cardine del gioco patologico. Viene inoltreintrodotto il tema del monitoraggio del denaro e delripianamento dei debiti;

• il terzo e ultimo incontro è di sintesi ed ha lo scoposia di monitorare eventuali cambiamenti già avvenutinel comportamento di gioco, sia di ipotizzare inter-venti successivi.

Il materiale di lavoro è costituito da “moduli” che ven-gono utilizzati durante la prima e la seconda ora e un“manuale” diviso in tre parti che viene consegnato divolta in volta al termine degli incontri al giocatore/famigliare.Vengono sempre anche proposti/suggeriti dei “compitia casa” che hanno l’obiettivo di rinforzare e proseguireil lavoro fatto durante i colloqui e che vengono discus-si nell’incontro successivo. Al termine degli incontri viene concordata con ilpaziente la chiusura o la prosecuzione del lavoro, attra-verso colloqui di monitoraggio a uno, tre, sei mesi e aun anno, oppure si rivaluta con il paziente/famigliarel’inizio di una nuova fase terapeutica ambulatoriale

(individuale, di coppia, presso gruppo di auto mutuoaiuto).

Risultati e conclusioniIn generale si è notata una tendenza alla remissione oalla riduzione del comportamento di gioco nella quasitotalità dei pazienti trattati fin dal primo incontro. La totalità dei pazienti trattati ha proseguito conincontri di monitoraggio mensili della durata media dicirca sei mesi, mentre circa il 30% ha proseguito il pro-gramma con interventi di supporto psicologico omedico.Si è notata in tutti i pazienti e, laddove coinvolti, i lorofamiliari una maggiore consapevolezza e conoscenzadelle tematiche relative il gioco d’azzardo e un mag-giore controllo delle spinte compulsive, soprattutto insoggetti che non presentavano altre problematiche. A distanza di tre/sei mesi dalla conclusione dell’inter-vento più del 70% dei pazienti ha mantenuto l’asten-sione da qualsiasi gioco illegale e/o legale e comunquele ricadute documentate sono state in generale menogravi ed inferiori al 20% dei soggetti trattati. Si è infine realizzato un aggancio con il Servizio che hapermesso di farvi ricorso, in caso di ricaduta nel gioco,in tempi più brevi e con conseguenze meno dram-matiche.

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informa GIOCO D’AZZARDO

LA RETE INTERISTITUZIONALESARONNESE PER LE PROBLEMATICHEDEL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO:PIANO DELLE AZIONI INFORMATIVEVS GLI ADOLESCENTI E LA CITTADINANZA PER L’ANNO 2015

Fabio Reina*, Maria Raffaella Guzzetti**,Lanfranco Roviglio***, Laura Randazzo ****,Vincenzo Marino ****** Dirigente Medico Coordinatore Sede Ser.T. Saronno –U.O.S.V.D. Prevenzione e Cura delle Condizioni diDipendenza Area Sud - Dipartimento delle DipendenzeASL Varese** Dirigente Medico Sede Ser.T. Saronno – U.O.S.V.D.Prevenzione e Cura delle Condizioni di Dipendenza AreaSud - Dipartimento delle Dipendenze ASL Varese*** Medico di Assistenza Primaria – Distretto SaronnoASL Varese**** Dirigente Psicologa Responsabile U.O.S.V.D Azionidi Rete territoriale nelle Dipendenze e Attività di coordi-namento - Dipartimento delle Dipendenze ASL Varese***** Dirigente Medico Direttore del Dipartimento delleDipendenze ASL Varese

ObiettiviNel maggio 2014 e stato attivato un tavolo tecnicointeristituzionale co-cordinato dalla Sede Ser.T diSaronno e dall’assessorato alle politiche sociali delcomune di Saronno relativamente alla problematica delgioco d’azzardo patologico nell’area saronnese. A dettotavolo hanno partecipato anche i referenti degli asses-sorati alla cultura e istruzione, del progetto Ragazzi diCittà (Ra.Di.Ci) e dell’ufficio commercio del comune diSaronno, oltre alla polizia locale e un rappresentantedel Lions Club del Teatro di Saronno. Gli obiettivi del tavolo di lavoro si sono orientati sulversante di garantire una “governance di rete“ tra i vari

attori istituzionali e del mondo associativo onderispondere alle indicazioni della Regione Lombardiacontenute nella legge 8/2013 relativamente all’infor-mazione, prevenzione e terapia vs le problematichederivanti dal gioco d’azzardo patologico. In seguito alle indicazioni del gruppo di lavoro, è statoanche predisposto un aggiornamento della “mappaturadel territorio saronnese” tramite l’anagrafe degli eser-cizi e dei locali adibiti e autorizzati al gioco: bar, salegiochi, sala scommesse. La Polizia Locale ha provveduto a programmare edeffettuare un piano dei controlli negli esercizi pubblicicon slot e nelle sale gioco. In particolare si è verifica-to la presenza obbligatoria nel locale, dell’informativasui rischi del gioco d’azzardo, secondo il modello pre-disposto dal Dipartimento delle Dipendenze dell’ASL diVarese, posizionato in modo chiaramente visibile, e leg-gibile al pubblico. Il Tavolo di lavoro ha condiviso e sostenuto il comunedi Saronno come ente capofila territoriale, alla parteci-pazione al Bando della Regione Lombardia per lo svilup-po e il consolidamento di azioni di prevenzione e con-trasto alle forme di dipendenza dal gioco d’azzardolecito – l.r. 8/2013 con il progetto GAP 2.0 attraversoil quale verranno realizzati e diffusi degli spot per ilweb, indirizzati vs la realtà giovanile e degli anziani el’attivazione di un laboratorio teatrale per un gruppo diventi alunni di un istituto secondario di secondo gradosaronnese, con la successiva messa in scena di unospettacolo teatrale informativo-preventivo vs il giocod’azzardo patologico per tutti gli studenti degli istitutisecondari di secondo grado di Saronno. Parallelamente una compagnia di quattro attori profes-sionisti elaborerà e porterà in scena uno spettacoloteatrale informativo-preventivo per tutta la cittadinan-za saronnese, in collaborazione con la Sede Ser.T diSaronno. Entrambe le rappresentazioni teatrali avver-ranno presso il Teatro Giuditta Pasta di Saronno nellaprimavera del 2016. Al progetto GAP 2.0 è stato con-cesso nel giugno 2015, il finanziamento richiestotramite il Bando, da parte della Regione Lombardia.

Materiali e metodiNell’ottica del governo delle azioni informativo-preven-tive vs target specifici, il tavolo tecnico di lavoro haprogettato degli interventi diretti verso gli alunni delleclassi III degli istituti scolastici secondari di primogrado di Saronno nel gennaio 2015 e nel febbraio 2015

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interventi calibrati per gli studenti delle classi III degliistituti scolastici secondari di secondo grado cittadini.Nello specifico lo schema di intervento ha visto il coin-volgimento del coordinatore e di un dirigente medicodella Sede SerT di Saronno, del comandante dellaTenenza della Guardia di Finanza di Saronno, di unoperatore della Polizia Locale, di un medico di assi-stenza primaria (medico di famiglia) e rappresentantedel Lions Club del Teatro di Saronno e della testimo-nianza di giovani giocatori frequentanti il grupposaronnese dell’associazione giocatori anonimi.Complessivamente sono stai incontrati 350 alunni delleclassi III degli istituti scolastici secondarie di primogrado e poco meno di 800 alunni delle classi III degliistituti scolastici di secondo grado di Saronno.Il 13 febbraio 2015 attraverso una serata pubblica ri-volta ai famigliari degli alunni degli istituti scolasticiincontrati e alla cittadinanza tutta, il Direttore delDipartimento delle Dipendenze dell’ASL di Varese e ilCoordinatore della Sede SerT di Saronno hanno illustra-to la problematica del gioco d’azzardo, soffermandosi inparticolare sull’andamento locale del fenomeno.

Risultati e ConclusioniLa “governance di rete“ tra i vari attori istituzionali edel mondo associativo ha permesso di elaborare eoffrire agli alunni degli istituti scolastici secondarie diprimo e secondo grado, una equipe interistituzionale dispecialisti, operatori e volontari, che con competenza eoggettivo apprezzamento, confermato dai riscontri delmodello complessivo d’intervento nel 95% dei gruppiclasse, durante le verifiche avvenute su stimolo deidocenti nei giorni successivi agli incontri d’aula.Particolarmente numerose sono state le richieste diapprofondimento agli specialisti della Sede Ser.T di

Saronno e al medico di assistenza primaria (medico difamiglia) dei possibili effetti “cerebrali” (neurologici,psicologici, di co-utilizzo di sostanze illegali e/o alcole tabacco vs gioco d’azzardo) nella fase adolescenzialein un ragazzo, derivanti da un “problematico rapporto”verso alcuni giochi: slot macchine, video poker, scom-messe sportive online, gratta e vinci, ecc.Particolare interesse è stato manifestato dagli studentianche vs le informazioni e gli aspetti legali (soprattut-to per l’ambito giochi online/Web) illustrati dal coman-date della Tenenza della Guardia di Finanza di Saronnoe dall’agente della Polizia Locale di Saronno.Durante gli incontri momenti di forte partecipazione“emotiva” si sono manifestati nei presenti, per le testi-monianze e i racconti in prima persona vissuti, dai gio-vani giocatori frequentanti il gruppo saronnese dell’as-sociazione giocatori anonimi.Dato confermativo del più che positivo esito degliinterventi è risultato, l’aumento delle conoscenze com-plessive medico-psicologiche-legali e dei possibilirischi connessi al gioco d’azzardo patologico espressoda oltre il 90% dagli alunni, durante i momenti di ve-rifica nei gruppi classe con i docenti.Anche l’incontro serale con i famigliari degli alunni e lacittadinanza saronnese è stato non solo l’atto conclusi-vo dei momenti informativi effettuati nella prima metàdel 2015, ma soprattutto ha confermato la necessità diproseguire nell’ambito della corretta informazione vstarget specifici della popolazione.Con l’attivazione e l’effettuazione del progetto GAP 2.0dal novembre 2015 alla primavera 2016, si proseguirà esi consoliderà l’attenzione alle problematiche derivantidal gioco d’azzardo patologico vs i giovani e gli anzianicon dei modelli ancor più innovativi e rispondenti alledomande del territorio.

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informa GIOCO D’AZZARDO

IL SISTEMA ITALIANO DI REGOLAZIONE DEL GIOCO D’AZZARDO: GIUSTIFICAZIONI ECONTROARGOMENTAZIONI

Sara Rolando, Alice ScavardaEclectica, Istituto di Ricerca e Formazione (Torino)

ObiettiviIl contributo è tratto da uno studio di caso condottoper l’Università di Helsinki nell’ambito del progetto“Gambling policy in European Welfare Regimes. A Euro-pean research project on the Profitability of Gambling”,finanziato dall’Academy of Finland. Lo studio si basa su un’analisi documentale (letteratu-ra, leggi promulgate a partire dagli anni Ottanta e fontisecondarie: discussioni parlamentari, report...) e seiinterviste individuali dirette a studiosi del tema e a te-stimoni privilegiati.Obiettivo principale era quello di ricostruire i principalipassaggi legislativi che hanno portato all’attuale asset-to regolativo del gioco d’azzardo italiano, descrivere leprincipali caratteristiche di quest’ultimo e analizzare leprincipali giustificazioni che il legislatore ha utilizzatoe utilizza in merito alle politiche adottate.

Caratteristiche peculiari del sistema di regolazionedel gioco italianoLa legislazione italiana in tema di gioco d’azzardo sicontraddistingue nel panorama europeo innanzituttoper l’assenza di una normativa completa, sistematica eomogenea (Zenaro 2006; Fiasco 2011). La CorteCostituzionale (sentenza 152/1985) ha da tempo invi-tato il legislatore a promulgare una legge quadronazionale, tuttavia questa richiesta non è ancora statasoddisfatta: la proposta di legge n. 23/2014, nonapprovata, rappresenta la più recente occasione manca-ta. Così l’attuale cornice regolativa mostra tutte le con-traddizioni di un lungo e complesso processo di strati-ficazione legislativa (Bonfiglioli 2014), che ha visto leriforme modificare prima i corollari che gli aspetti cen-trali (Fiasco 2010), principalmente attraverso le leggifinanziarie o di stabilità. Un’altra peculiarità del sistema italiano è il modello cheregola il monopolio di Stato, basato su un mercato go-vernato attraverso le “concessioni”, che rappresentanouna sorta di delega della funzione pubblica che permet-te di acquisire una posizione privilegiata in un mercatodove non c’è concorrenza. A differenza del sistema piùdiffuso in Europa basato sulla “licenza”, secondo cui leaziende autorizzate devono operare in accordo con leleggi ordinarie che riguardano il diritto privato, ammi-nistrativo e penale, la “concessione” rappresenta l’eser-cizio di una funzione pubblica che non implica respon-sabilità oltre a quelle imposte dalle condizioni opera-

tive, in primis la condivisione dei proventi. I conces-sionari non sono quindi responsabili delle conseguenzedel gioco sulla popolazione (Fiasco 2014) e i diritti deiconsumatori non trovano in questo modello – che difatto impedisce le c.d. “class action” – un’ade-guataconsiderazione e protezione.Infine, l’uso dei proventi del gambling non è traspa-rente, cioè non c’è un’informazione pubblica su comequesti vengano effettivamente spesi, anche quando,come nel caso del Decreto Abruzzo, il governo o unministero facciano appello a bisogni economici specifi-ci per introdurre dei cambiamenti normativi. Inoltre ilsistema di tassazione non è legato a scopi specifici.

Breve storia del sistema legislativo dagli anni 80Secondo Fiasco (2010) la legislazione italiana sul giocoha attraversato quattro periodi. Il primo è durato dal1889 al 1992, durante il quale il gambling era un’atti-vità da limitare attraverso la gestione diretta di pochitipi di gioco circoscritti a luoghi specifici, mentre l’in-stallazione di macchine da gioco in luoghi pubblici eravietata. I primi segni della liberalizzazione possonoessere però rintracciati nella legge 123/1987, cheautorizzò il gioco del lotto in più di 400.000 tabac-cherie che andavano a sostituire la rete delle ricevito-rie amministrate dallo Stato. Sempre secondo Fiasco(2010) la seconda fase ha avuto inizio nel 1992, annocaratterizzato da una profonda crisi istituzionale edeconomica, e dal bisogno urgente di entrate fiscali alfine di rientrare nei parametri di Maastricht. Da quelmomento in poi il gioco è diventato una delle leve fis-cali principali dello stato attraverso l’incremento delnumero e dei tipi di gioco consentiti e dei luoghi in cuiil gioco è possibile giocare (Pedroni 2014). Al fine diincrementare i proventi il governo adottò misure speci-fiche rispetto all’autorizzazione, la concessione e lagestione delle attività di gioco, dando inizio a unprocesso di esternalizzazione. In questo quadro siinseriscono l’introduzione delle lotterie istantanee(1994), il lancio del Superenalotto (1997) e soprattut-to la legalizzazione delle slot machine nei luoghi pub-blici (L.425/1995). Il processo di legalizzazione è cul-minato nella Finanziaria del 2001, che ha concesso aigoverni locali l’autorizzazione per l’apertura di salescommesse (previste fin dal 1997). Il 2003 segnal’inizio della terza fase caratterizzata da norme che, piùche ad aumentare i proventi, mirano a stimolare e pro-muovere gli investimenti nel settore del gioco (Fiasco,2010), diventato via via più libero dalle funzioni dicontrollo della pubblica sicurezza (Fiasco, 2012).Infatti con la legge 33 del 2002 l’AmministrazioneAutonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) ha acquisitoun’ampia autonomia nell’esercizio della funzione pub-blica di regolazione e controllo fiscale del mercato.Diverse funzioni (gestione, regolazione, pianificazionee strategia di mercato) sono state così concentrate inun’unica agenzia, la cui autonomia è stata aumentataulteriormente con il Decreto n. 138/11 e la sua inte-grazione nella nuova Agenzia delle Dogane e deiMonopoli (2012). E’ in questo periodo che secondoPedroni (2014) lo stato, rinunciando a esercitare unruolo forte sul settore, ha perso definitivamente il suo“capitale simbolico”, cioè credibilità, di fronte all’opi-

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nione pubblica. Una delle leggi più importanti di ques-ta fase è il Decreto Bersani (n. 248/2006) che, oltre adautorizzare il gioco online, ha aperto il mercato ai con-cessionari stranieri. Nella stessa ottica la Finanziariadel 2007 ha introdotto nuove forme di Lotto e diEnalotto online e la legge 149/2008 ha autorizzato levideolotterie, ufficialmente introdotte dal DecretoAbruzzo (L.39/2009). Se la prima decade del 2010 èstata caratterizzata da numerose norme atte a espan-dere il mercato del gioco online e ad aprire la stradaagli investitori stranieri, nello stesso tempo il legisla-tore ha preso atto per la prima volta dei problemi legatial gioco, introducendo il concetto di “ludopatia”(L.220/10). E’ del 2012 il c.d. decreto Balduzzi che haincluso il gioco patologico nei Livelli Essenziali diAssistenza (LEA), imposto agli operatori del sistemagioco l’affissione di informazioni sui servizi di tratta-mento e introdotto limitazioni sulla pubblicità delgioco e sulla dislocazione delle slot machine miranti aproteggere i minori. Secondo Pedroni (2014), almenoper il suo impatto simbolico e mediatico, questa leggeha segnato una svolta nella storia della regolamen-tazione caratterizzata da un approccio restrittivo. Alcontrario, secondo la maggior parte degli intervistati,la norma non ha avuto un impatto significativo in talsenso, considerato anche che la stessa legge introduceun nuovo tipo di SuperEnalotto. Molto più efficace, manella direzione opposta, è stato secondo Fiasco (2010)il Decreto n. 98/2011, che ha aperto la strada ai casi-no online, segnando l’inizio della quarta fase della sto-ria legislativa del gambling. Secondo l’autore la possi-bilità di giocare ovunque, grazie agli apparecchi mobili,quali cellulari e tablet, ha avuto l’effetto di una bombaall’idrogeno sul fenomeno, dal punto di vista legale,etico-politico e criminologico (ivi).

Giustificazioni e contro-argomentazioniIl legislatore ha sostenuto e giustificato le scelte chehanno determinato la liberalizzazione e l’espansione delmercato del gioco italiano con due argomenti princi-pali, spesso utilizzati insieme: il primo è il bisogno diincrementare le entrate fiscali, o meglio di generareflussi di cassa, il secondo è la necessità di contrastareil mercato illegale offrendo un’ampia gamma di giochilegali. Il Decreto Abruzzo (L. 39/2009) fornisce un esempioparticolarmente calzante in quanto implica l’uso stru-mentale di una tragedia nazionale, il terremoto occorsoa L’Aquila il 6 Aprile 2009, per estendere il mercato delgioco, sia introducendo nuovi giochi e ampliando lemodalità e i tempi in cui è possibile giocare, sia modi-ficando le aliquote fiscali. Il Decreto prevede inoltreche le tabaccherie possano restare aperte anche neigiorni festivi e rende legali il poker, la roulette e i casi-no online. Infine con questo provvedimento vengonolanciate le videolotterie (formalmente introdotte giàdalla legge 184/2008). Il voto di fiducia richiesto dairappresentanti del Popolo delle Libertà ha indotto isenatori del Partito Democratico e di Italia dei Valori aritirare tutti gli emendamenti presentati, in segno diresponsabilità politica verso le persone terremotate. Inquesto modo il Decreto è stato approvato con l’asten-sione dal voto da parte delle opposizioni.

Tuttavia, alla tesi del gambling quale investimento eco-nomico si contrappone la teoria del gioco come “molti-plicatore di povertà” (Fiasco, cit. in Zavattiero 2010),secondo la quale il gioco non genera guadagni, in quan-to rappresenta un bene dalla catena di distribuzionebreve e i giocatori raramente investono i soldi guada-gnati in attività produttive, ma piuttosto le reinvestonoin gioco. Secondo Fiasco (2009) il gambling ha con-tribuito all’impoverimento delle famiglie italiane,minando alla loro capacità di gestione dei consumi,secondo Dotti (2013) implica una “reale diseconomia”,che, attirando investimenti e risorse, cresce pro-porzionalmente alla crisi del commercio, dell’industria edei servizi creando un circolo vizioso. Un’altra argo-mentazione che si oppone all’utilità del gambling qualefonte di guadagno per lo Stato è quella del paradossoper cui nonostante il costante aumento della c.d. “rac-colta”, le entrate erariali non hanno avuto una crescitaproporzionale ma sono rimaste stabili o addiritturasono diminuite, come tra il 2010 e il 2012 (Fiasco 2010;Dotti 2013; Gandolfo e De Bonis 2013). Il paradosso sispiega con il fatto che il sistema di tassazione prevedealiquote differenti per i giochi tradizionali (lotterie,scommesse sportive…) e per i nuovi giochi (newslot,videolotterie, giochi online). Poiché i ricavi chederivano allo Stato da questi ultimi sono decisamenteinferiori rispetto alle entrate garantite dai primi, daquando nel 2009 la quota di mercato dei nuovi giochiha superato quella dei giochi tradizionali (i cui ricavatirappresentavano in questo anno il 71% del mercatototale) ciò è andato a scapito delle entrate erariali(Gandolfo e De Bonis 2013).Alla seconda giustificazione del gioco legale qualemezzo per contrastare la diffusione del gioco illegale,diffusa fin dagli anni Novanta, si oppongono i risultatidella “Relazione sul fenomeno delle infiltrazionimafiose nel gioco lecito e illecito”, frutto dell’indaginepromossa dalla Commissione Anti-Mafia e dallaCommissione Affari sociali della Camera, discussa eapprovata in Senato il 5 ottobre 2011, i cui risultatinon hanno curiosamente attirato l’attenzione mediati-ca. L’indagine sottolinea l’abilità delle organizzazionicriminali nel penetrare il mercato legale, diventandooperatori regolari. Le modalità sono molte e non man-cano gli esempi recenti, come la scoperta di dozzine disocietà straniere e di centinaia di siti di scommesse cheoffrivano un doppio canale di scommessa, legale e ille-gale (si veda ad es. La Stampa del 22 luglio 2015). Ilrapporto citato nota inoltre che l’introduzione delleslot-machines ha intenzionalmente offerto nuoveopportunità alla criminalità organizzata, sia per lascarsa possibilità di controllo dei flussi che per la pro-liferazione dei punti gioco, che a loro volta incentivanol’usura. Lo stesso processo legislativo mostra come iconfini tra il gioco legale e quello legale siano labili:Dotti (2013) ad esempio introduce il concetto di “lega-lizzazione dell’economia illegale” a proposito del fattoche le slot siano state illegali ma di fatto tollerate finoal 2003, quando la legge Finanziaria le ha autorizzate,proibendo nello stesso tempo i video poker, a loro voltaintrodotti negli anni Novanta con l’escamotage di vin-cite non in denaro. Non solo dunque il mercato legalee quello illegale coesistono, ma uno studio recente

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(Fiasco, 2014) ha evidenziato come quest’ultimo siacresciuto notevolmente negli ultimi vent’anni, nono-stante la parallela espansione del mercato pubblico.

ConclusioniLo studio mette in evidenza diversi aspetti peculiari delsistema italiano di regolazione del gioco d’azzardo ealcuni aspetti critici che meriterebbero di essere inda-gati e approfonditi in una prospettiva multidisciplinare,in modo da ottenere una comprensione del fenomenoche renda conto della sua complessità. In quest’otticaandrebbero incrementati anche gli studi sociologici sultema che nel nostro paese sono ancora scarsi e ricevonopoca attenzione.

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IL GAMBLING TRA SOCIETÀ, ISTITUZIONI E CURA

Antonio Tomaselli*, Margherita Taddeo**,Lucia Ponzetta***, Vincenza Ariano**** *Ph.D. Filosofia del Diritto Dipartimento ScienzeGiuridiche Università del Salento**Psicologo-Psicoterapeuta, Ref. Servizio GiocoPatologico e Dipendenze Comportamentali, DDP ASL TA***Infermiere CPS Servizio Gioco Patologico eDipendenze Comportamentali, DDP ASL Taranto****Medico, Tossicologo, Igienista,DirettoreDipartimento Dipendenze Patologiche ASL Taranto

AbstractWith this article we want to tell how the gambling rep-resents the most eloquent form of the complexity of con-temporary risk society. It recognized the inability of theinstitutions and law to manage the problem becauseorganized selectively, we show also how through thestate operation mode is producing more and more socialrisk and deviance of this type. We think that a solutionwill come from the creation of social bonds throughmutual assistance solidarity accompanied by observingpsycho-educational.

IL’argomento che viene affrontato in questo articolo rac-conta una delle forme che ha assunto negli ultimi anniil problema della devianza: il gambling. Esso si inscriveall’interno dell’alto livello di complessità raggiuntadalle società contemporanee, per questo il problemanecessita di essere osservato da punti differenti: quel-lo della società del mondo e del diritto, quello isti-tuzionale e socio-sanitario. Il punto di partenza in-tende circoscrivere il tema chiamando in causa i con-cetti di biopolitica, libertà e cura1. Viene alla luce comeil governo politico della vita sia un fenomeno com-plesso che mette in campo una serie di pratiche checorrelano la gestione di essa all’esercizio della libertà,dove quest’ultima si profila quale governo2 autonomodi sé. La cura invece appare riconducibile alla sfera deibisogni e dunque della necessità ed in questo sensopuò essere concepita come una condizione della libertàin cui l’analisi della biopolitica apre uno spazio teoricoper pensare il nesso intrinseco esistente tra la libertà ela produzione di essa attraverso un esercizio ancheascetico di trasformazione della propria persona. Inconsiderazione di ciò è interessante rilevare l’attualitàdel pensiero di M. Foucault che ebbe modo di affrontarela riflessione sul governo di sé e degli altri al muta-mento che a partire dalla fine degli anni ’70 subì il con-cetto di potere, il quale non venne più concepito comestato di dominio ma come la capacità di dirigere lacondotta dell’altro servendosi di giochi strategici aper-ti tra le libertà. In questo senso il potere è pratica di

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governo dal momento che esso non implica l’assogget-tamento a stati di dominio ma descrive un esercizioautonomo e diffuso della libertà. Esso allora entra inrelazione con la vita e la libertà attraverso la creazionedi forme frutto di una articolazione interna alla dinam-ica del vivente che si rappresenta come una rete di rap-porti di forza configuranti. È possibile quindi avvalorarequesto discorso se concepiamo la società del mondo dalpunto di vista della sua complessità la quale non tollerapiù una organizzazione verticistica di essa3. Sottoquesto profilo quindi il tema della devianza come gam-bling assume l’aspetto di una irritazione tra la gestionedella vita dell’individuo e la società che, in particolarmodo nella forma del liberalismo, costituisce il quadrogenerale della biopolitica. Da questo punto di vistaallora l’analisi dei dispositivi di governo della vita sirappresenta come gestione del rischio e del pericolo cheha bisogno di dominare e controllare al fine di unarazionalità governamentale dell’esistenza attraverso l’u-tilizzo di tecniche di sé che si richiamano alla filosofiagreca antica4. In questo senso l’intento è quello dicostruire la libertà suscitandola e producendola all’in-terno dei confini della sicurezza sociale, amministrandoi pericoli a cui la collettività è esposta nella com-plessità sociale in cui assistiamo all’aumento dei pro-cessi di precarizzazione sociale ed economica. Tutto ciòdetermina la diffusione di una insicurezza materialecome conseguenza della fine della società salariale,della diffusione della precarietà dei diritti, della insi-curezza del reddito, della crescita esponenziale dellaesclusione e della marginalità.

IIIl contesto in cui inserire il problema del gamblingappare caratterizzato dal passaggio della società indu-striale moderna alla società tardo moderna del rischio5

e del pericolo e dalla necessità di individuare dei vin-coli che creino sicurezza. Questo determina un alto li-vello di prestazioni che la società del mondo post-mo-derna esige dagli individui; la protezione dai pericoli el’appagamento dei bisogni di sicurezza da tutte le formedi minaccia. Tali richieste si scontrano con l’individua-lità di un numero sempre crescente di marginalizzati acui si nega la formazione delle loro identità per una vitache sia appunto civile. In queste situazioni diventasempre più difficile contenere il rischio sociale, il cuigoverno rinuncia al rapporto immediato con gli indi-vidui da controllare per limitarsi invece a regolare egestire categorie di soggetti disegnando i contesti diinterazione entro cui è consentito loro muoversi, comu-nicare, produrre. Le situazioni devianti da gamblingvengono allora descritte come conseguenza di azioniche non dipendono tanto da vere e proprie patologieindividuali, ma che provengono dalle routine quotidianein cui vengono prodotte situazioni criminogene più cheindividui criminali: cioè contesti di interazione checelano un potenziale di rischio che richiede di esserecontrollato. In questa maniera cambia la percezionestessa della devianza che non è più riconducibile allaforma classica di significato ma viene ad essere com-presa nel quadro di interazioni normali sociali come ri-schio che sfugge al calcolo, come incidente da evitareattraverso politiche criminali che agiscono sulla per-

sonalità del potenziale trasgressore attraverso l’indivi-duazione di situazioni di vulnerabilità che possonoappunto produrre occasioni criminali6. In questamaniera assistiamo ad una transizione dall’individuopatologico verso forme di immunizzazione di spazi oaggregati fisici e sociali che rappresentano invece unrischio per la collettività. La sicurezza allora non è con-seguenza di un ordine sociale giusto, bensì un proces-so soggettivo di eliminazione o riduzione dei danni e dicontrollo dei margini di esercizio della libertà; ciò ciconduce a rappresentare le nuove forme di devianzaattraverso la gestione economica del loro contenimen-to secondo il principio dell’ottimizzazione degli effettie della minimizzazione dei costi; è in questo senso chesi parla di “management del rischio criminalità”7 dele-gando quindi la costruzione di sicurezza sociale attra-verso la costruzione di tecniche attuariali che voglionoimpedire il peggio. “Tale sicurezza necessita di una pro-duzione simbolica in grado di compiere una trasfor-mazione delle immagini, delle rappresentazioni e delleaspettative. Tale condizione è soddisfatta dalla comu-nicazione sul rischio che rende possibile l’integrazionedel controllo del rischio con l’agire economico e comu-nicativo”8. In tutto ciò la mediazione delle relazioniumane è operata dal mercato che rappresenta unavisione del mondo in cui vengono canalizzate angosce,desideri ed aspettative e dove vengono organizzati ibisogni. In questa maniera la sicurezza diviene unaffare privato e non la costruzione dello stato comeistituzione, in cui il singolo deve saper ponderare pru-dentemente9 il proprio agire con i possibili rischi.Quanto più imprenditore il soggetto si dimostra nel pro-prio agire tanto più efficace sarà la rete di sicurezza checostruisce. Ma se la costruzione della sicurezza socialeviene delegata al singolo si comprende come muti pro-fondamente il ruolo dello stato nonché la strutturastessa dei rapporti con il cittadino e le istituzioni. Lostato moderno a cui siamo abituati a pensare infattinon è più in grado di legittimare e governare le societàtardo moderne. La rete di sicurezza dei secoli passatinon è più in grado di delimitare i rischi e tantomeno lemisure amministrative e le categorie come responsabi-lità e colpa su cui è stato costruito il diritto penalesono capaci a circoscrivere il rischio criminalità o a sot-toporlo ad un calcolo delle probabilità quando è sem-pre in gioco l’incertezza degli eventi. In questa manierala rappresentazione dello stato, intesa come tutela pri-maria e generale della sfera pubblica viene minata allebasi, minacciando il mito stesso fondatore dello statomoderno.

IIIL’osservazione del gambling dal punto di vista dellostato e del diritto necessita di dare una risposta ad unaquestione che si rappresenta come un paradosso: comeè possibile che il soggetto che dovrebbe essere deputa-to al contrasto ed al controllo di questa forma didevianza sia lo stesso che consente ed incentiva lastessa? La risposta si palesa in una dimensione propriadella società contemporanea come quella della violenzache richiede di essere regolata e che è insita nell’ope-rare stesso del diritto come sua dimensione propria. Ilproblema della violenza del diritto, soprattutto quando

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si tratta di affrontare tematiche come quelle delledevianze e del controllo sociale, è strettamente con-nesso al concetto giuridico di campo10 ed alla sua spe-cialità. “Esso, come i soggetti che lo abitano, rappre-senta un limite sia della politica che del diritto perchéindica lo spazio in cui il dispositivo sovrano opera comemeccanismo di produzione e trasformazione della vitanaturale in nuda vita, vita abbandonata che può essereuccisa senza commettere omicidio”11. Questo concettoserve ad argomentare il motivo per cui lo stato con-sente ed agevola la diffusione del gioco d’azzardo indi-cando lo spazio in cui le pratiche disciplinari e di con-trollo si integrano con il diritto sovrano di decidere lasoglia tra il lecito e l’illecito e in molti casi anche trala vita e la morte simbolica. L’eccezionalità sperimenta-ta nella forma di un diritto inscritto in un campo in cuilo stato incita alla produzione di vere e proprie tecnichedi esclusione sociale sono funzionali al mantenimentodi un sistema economico produttivo fortemente seletti-vo. “Esso rappresenta l’orizzonte estremo delle pratichedella sovranità statale […] il luogo in cui la leggesfuma in una pratica di controllo isolando a titolo pre-ventivo una parte del corpo sociale sulla base di unapresunzione di pericolosità; […] una struttura finaliz-zata ad assolvere una funzione non di rieducazione diun soggetto colpevole, ma di controllo di una popo-lazione che per dati caratteri e condizioni viene ritenu-ta pericolosa”12. Tutto questo è consentito e legittima-to da quella concezione dell’istituzione come eserciziodella forza, e la modalità con cui il potere sovranoappare e che giustifica la costruzione di campi di esclu-sione sociale è il razzismo13 che diviene così un mecca-nismo che opera all’interno dell’apparato statale. Tuttoquesto è fondamentale per la costruzione politica dellapaura e dell’insicurezza, due dei meccanismi basilari perla costituzione e il mantenimento dell’ordine all’internodella società borghese14. Così lo stato-istituzionedipende per la sua esistenza dalla costruzione di figuredevianti mostruose che hanno aiutato ed alimentanoancora il tipo di insicurezza da cui dipende l’eserciziodella sovranità statale. Attraverso l’emergenza di unpotere che vuole agire direttamente sulla vita è possi-bile l’iscrizione del razzismo all’interno delle tecnologiedello stato. In questo senso il razzismo di stato deter-mina una distinzione e divisione della popolazione,costruendo su di essa delle differenze e delle gerarchie.Ciò introduce il principio in base al quale la morte deglialtri significa come ebbe modo di scrivere Foucault “ilrafforzamento biologico di se stessi in quanto membridi una razza o d’una popolazione”15. La morte dell’altroè morte simbolica che produce nuove figure soggettivela cui esistenza istituzionale è interamente determina-ta da pratiche discriminatorie.

IVA questo punto si impone una reazione a questo dilem-ma da una parte con una politica di responsabiliz-zazione dei cittadini e di costruzione di buone pratiche,dall’altra attraverso un approccio socio-sanitario. Buona parte dei soggetti esposti alle molteplici formedi devianza sono persone socialmente deboli, declas-sate, maltrattate, abusate ed infelici che non sono ingrado di difendersi adeguatamente e da cui non c’è da

attendersi alcuna vendetta. Per questo è necessario,attraverso slogan quali help for selfhelp, organizzarecampagne con l’intento di produrre coscienza del ri-schio e senso del dovere; creare nelle safer cities reti disicurezza e di cooperazione nonché veri e propri saferpartners o tutors cui affidarsi. Alla creazione quindi diqueste reti socio-integrative di solidarietà deve neces-sariamente innestarsi l’osservazione sanitaria ed educa-tivo-comportamentale. Nell’approcciare la cura e lariabilitazione sanitaria di questi pazienti, è necessariotenere in considerazione che gli interventi, per essereefficaci, devono agire su due livelli in maniera integra-ta: il primo livello riguarda le funzioni cognitive e quin-di la mente, al fine di poter meglio controllare i disor-dini comportamentali; il secondo livello riguarda leneurostrutture e la compresenza di patologie psichia-triche che possono trarre a volte un beneficio da con-temporanei e integrati interventi farmacologici di sup-porto agli interventi psicologici e socio-ambientali. Laletteratura scientifica sull’argomento riporta una seriedi studi randomizzati pubblicati sui trattamenti cogni-tivi e comportamentali che sono risultati in assolutopiù efficaci per la cura e la riabilitazione di questi di-sturbi. Le opzioni di intervento finalizzate alla riabili-tazione possono essere molteplici e multidisciplinari,devono prendere in considerazione la cessazione delgioco d’azzardo, il counseling individuale e famigliare,iltrattamento ambulatoriale (di gruppo o individuale) eanche della famiglia e/o i programmi residenziali neicasi più gravi, ma anche la gestione della comorbilitàda sostanze e psichiatrica, nonché la consulenza legalee finanziaria. Ovviamente, i trattamenti devono esserepersonalizzati sulla base delle caratteristiche individua-li del soggetto. Tutto questo richiede Servizi multipro-fessionali come i Dipartimenti delle Dipendenze, ServiziSpecialistici che al momento si stanno facendo carico diinterventi di prevenzione cura e riabilitazione rivolti alGambling senza un riconoscimento ufficiale da partedello Stato ossia prima ancora che la patologia sia statainserita nei LEA.

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1 Cfr. Foucault, M. Biopolitica e liberalismo, Detti e scritti su potereed etica (a cura di) Marzocca, O. ed. Medusa, Milano 2001.2 Cfr. Foucault, M. governamentalità e ragion di Stato, in Bollettinodell’Archivio della Ragion di Stato, n.2, 1994, pp. 37-73; Senellart,M. Dalla ragion di Stato al liberalismo: genesi della governamenta-lità moderna, in Galzinga, M. (a cura di) Foucault, oggi, cit. p. 201.3 Cfr. De Giorgi, R.-Magnolo, S. Mondi della società del mondo, ed.Pensamultimedia, Lecce 2005. “…la società non tollera verticalitàe neppure gerarchie, non tollera più idee normative e neppure limi-ti esterni. Il limite della società è il mondo e il mondo è l’orizzontedelle possibilità, l’orizzonte entro il quale ciò che è possibile puòsempre essere attualizzato. E il mondo si espande con l’espandersidella società, cioè con l’espansione della comunicazione sociale. Epoiché questa società è l’unica società che esista, possiamo chia-marla società del mondo”.4 Nella società greca classica la cura di sé è stata il modo in cui lalibertà individuale si è riflessa come etica. Il precetto di prendersicura della propria persona era per i Greci uno dei principi basilaridella vita nella città, una delle regole fondamentali della condottasociale e personale e dell’arte di vivere. Nel periodo ellenistico eimperiale, la cura di sé divenne quindi un tema filosofico comune:fu accettata da Epicuro e dai suoi seguaci, dai cinici, dagli stoicicome Seneca, dai pitagorici. Essa divenne una sorta di meditazioneattiva, sviluppata attraverso formule che venivano ideate, praticatee insegnate. Fra queste pratiche, assunse un’importanza crescente lascrittura: “annotare riflessioni su se stessi da rileggere in seguito,scrivere trattati e lettere agli amici per aiutarli, tenere taccuini alloscopo di riattivare nel tempo le verità di cui si aveva bisogno”.5 Cfr. Luhmann, N. Sociologia del rischio, ed. Mondadori, Milano1996; Barcellona, P.-De Giorgi, R.-Natoli, S. Fine della storia emondo come sistema, (a cura di ) De Cristofaro E. ed. Dedalo, Bari.6 Cfr. Messner, C. Osservando il soggetto, ed. Pensamultimedia,Lecce, p. 139. Si pensi al controllo segregativo che si produce attra-verso la recinzione di no-go areas e la fortificazione urbana chelimita l’accesso di determinate categorie di individui a determinatezone della città. Si tratta di vere e proprie strategie di controlloattraverso apparati di sorveglianza rivolti ad intere categorie disoggetti. Zygmunt Bauman a tale proposito distingue le popolazioniin seduced e repressed: le prime controllate attraverso il mercato eil consumo, le seconde attraverso un sistema repressivo escludente.Cfr. Bauman Zygmunt, Is There a Postmodern Sociology? In “Theory,Culture and Society” 5, 2-3 (1988), pp. 217-237. 7 Cfr. Messner, C. Vittimità e prudenzialismo. Nuove forme di con-trollo sociale fra individualizzazione e globalizzazione, in Sociologiadel diritto, n.2/2000, cit. p. 139-140.8 Ibidem.9 Ivi, cit. p. 142. L’impostazione attuale non si basa più su strate-gie statali ma sul principio del prudenzialismo privato. Se la sicurez-za si trasforma in un affare privato, il singolo, seguendo gli impe-rativi da Kant definiti tecnico-pratici, “ della intelligenza (pruden-tia) e della propria felicità” partecipa alla produzione del nuovoordine postmoderno.10 Cfr. Nuzzo, L. Le anticamere del diritto, ed. Pensamultimedia,Lecce 2008.11 Ibidem.12 Ivi, pag.94.13 Sul razzismo come costruzione sociale di alterità non più fonda-ta sulla diversità biologica ma sul tasso di devianza si vedaStrazzeri, M. Il teatro della legge. L’enunciabile e il visibile, Palomar,Bari 2007, pp. 195-203.14 Neocleous, M, Il mostro e la morte, funzione politica dellamostruosità, ed. DeriveApprodi, Roma 2008.15 Foucaul, M, Bisogna difendere la società, cit. p. 166.

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