Evoluzione

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Argomento generale: Eredità biologica di capacità cognitive Concetti chiave: evoluzione, interazione, adattività, inclusive fitness, selezione naturale, problemi adattivi, psicologia evoluzionista, psicologia evolutiva, predisposizioni cognitive innate, filogenesi, ontogenesi Il mondo biologico mise studiosi come Darwin, Wallace e loro successori a confronto con due problemi centrali: quello della diversità degli organismi viventi e quello dell’adattamento degli organismi al mondo. Il mondo degli esseri viventi è straordinariamente ricco di diversità anche se la vita sulla terra oggi è solo una piccola frazione della diversità totale nella dimensione storica. Si tende a sottostimare la bio-diversità perché ci si sofferma perlopiù a considerare gli animali grandi, i vertebrati come noi. Ma la varietà di organismi enormemente diversi da noi (e diversi fra loro) è straordinaria. L’altro aspetto centrale è quello che riguarda la capacità degli organismi di mantenere una compatibilità dinamica fra se stessi e l’ambiente. Esistono sulla terra tanti organismi diversi e ognuno è dotato della capacità di adattarsi plasticamente alla sua nicchia ambientale. Per esempio, una formica del deserto ha un meccanismo specializzato che le consente di ritornare al nido, attraverso il percorso più breve, dopo aver effettuato un lungo e tortuoso percorso nel deserto per trovare il cibo, anche se non ha a disposizione nessun punto di riferimento se non il sole. Animali molto più complessi e intelligenti come le grandi balene, o megattere, hanno tattiche specializzate di ricerca del cibo che sono rese possibili dalla loro capacità di rappresentare l’ambiente. Queste tattiche sono perfettamente efficaci dati i comportamenti e le caratteristiche fisiche dei pesciolini e dei piccoli invertebrati di cui esse si nutrono e più in generale, dell’ambiente marino in cui vivono. Esse consentono alle balene di nutrirsi e quindi di sopravvivere all’interno della propria nicchia ambientale. Una prima definizione di adattività (o fitness) comprende quindi l’idea che gli esseri viventi siano in grado di sopravvivere grazie alle loro caratteristiche e ai loro comportamenti.

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Argomento generale: Eredità biologica di capacità cognitive

Concetti chiave: evoluzione, interazione, adattività, inclusive fitness, selezione naturale, problemi adattivi, psicologia evoluzionista, psicologia evolutiva, predisposizioni cognitive innate, filogenesi, ontogenesi

Il mondo biologico mise studiosi come Darwin, Wallace e loro successori a confronto con due problemi centrali: quello della diversità degli organismi viventi e quello dell’adattamento degli organismi al mondo. Il mondo degli esseri viventi è straordinariamente ricco di diversità anche se la vita sulla terra oggi è solo una piccola frazione della diversità totale nella dimensione storica. Si tende a sottostimare la bio-diversità perché ci si sofferma perlopiù a considerare gli animali grandi, i vertebrati come noi. Ma la varietà di organismi enormemente diversi da noi (e diversi fra loro) è straordinaria. L’altro aspetto centrale è quello che riguarda la capacità degli organismi di mantenere una compatibilità dinamica fra se stessi e l’ambiente. Esistono sulla terra tanti organismi diversi e ognuno è dotato della capacità di adattarsi plasticamente alla sua nicchia ambientale. Per esempio, una formica del deserto ha un meccanismo specializzato che le consente di ritornare al nido, attraverso il percorso più breve, dopo aver effettuato un lungo e tortuoso percorso nel deserto per trovare il cibo, anche se non ha a disposizione nessun punto di riferimento se non il sole. Animali molto più complessi e intelligenti come le grandi balene, o megattere, hanno tattiche specializzate di ricerca del cibo che sono rese possibili dalla loro capacità di rappresentare l’ambiente. Queste tattiche sono perfettamente efficaci dati i comportamenti e le caratteristiche fisiche dei pesciolini e dei piccoli invertebrati di cui esse si nutrono e più in generale, dell’ambiente marino in cui vivono. Esse consentono alle balene di nutrirsi e quindi di sopravvivere all’interno della propria nicchia ambientale.

Una prima definizione di adattività (o fitness) comprende quindi l’idea che gli esseri viventi siano in grado di sopravvivere grazie alle loro caratteristiche e ai loro comportamenti.

Nel definire le capacità di adattamento all’ambiente, Hamilton introdusse nel 1946 un concetto più ricco, quello di “inclusive fitness” come capacità degli organismi di propagare il proprio patrimonio genetico direttamente o indirettamente. Il patrimonio genetico di un organismo viene propagato direttamente attraverso la procreazione, indirettamente preservando la vita e le probabilità di successo dei propri parenti stretti proprio perché questi sono portatori del medesimo patrimonio genetico. Se una marmotta emettendo un grido di allarme salva la vita di un suo parente stretto, presente nelle vicinanze e minacciato da un predatore, favorisce il fatto che un pool genetico del tutto simile al suo venga preservato e trasmesso alle generazioni future.

Il concetto di inclusive fitness sottolinea che la funzione fondamentale di ogni essere vivente, non è la sopravvivenza in sé, ma la propagazione del proprio patrimonio genetico ed è in grado di spiegare non solo i comportamenti che negli animali assolvono lo scopo di preservare la propria integrità e stato vitale, ma anche i comportamenti definiti dagli etologi come “altruisti” ovvero quei comportamenti atti a proteggere la vita di altri membri della propria specie. I gridi di allarme delle marmotte citati prima ne costituiscono un esempio.

Comportamenti di questo tipo, più volte osservati dagli studiosi, sono stati spiegati in termini di “inclusive fitness” rilevando che chi era oggetto di comportamenti “altruisti” era sempre un consanguineo di chi emetteva il comportamento e quindi portatore di un medesimo patrimonio genetico. Naturalmente, per gli esseri umani vale un discorso a parte in quanto questi agiscono non solo sulla base di spinte biologiche e neanche solo in base ai propri desideri ed obiettivi personali ma in base a ragioni di tipo diverso: possono decidere di attuare comportamenti verso l’altro, sia che si tratti di un consanguineo che di qualsiasi altro essere umano, realmente altruisti mirati alla sua protezione e al rispondere alle sue necessità e mete. Tutto questo discende, come

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vedremo ampiamente nel corso, dalle particolari caratteristiche della mente umana, capace di stabilire relazioni interpersonali con l’altro, di comprendere e di condividere.

Ma torniamo al concetto di “inclusive fitness”. Per mantenerla un animale deve essere in grado di alimentarsi, di accoppiarsi, di fare il nido, e di risolvere una serie di altri importanti problemi. Gli esseri viventi interagiscono perciò attivamente con l’ambiente e lo fanno in un modo speciale, in un modo che, come abbiamo detto prima, è adattivo.

Ciò che rende possibile la generazione di interazioni adattive da parte di un organismo è la sua costituzione fisica, percettiva, motoria e per una parte di specie, anche cognitiva. Rimaniamo colpiti se consideriamo quanto complessi siano gli animali nella loro struttura. Nella letteratura scientifica, i termini tecnici sono “complessità strutturale”, o “strutture complesse”.

I sistemi percettivi degli animali sono un buon esempio di strutture complesse e finemente sintonizzate con l’ambiente. L’eco-locazione dei pipistrelli (e cioè la localizzazione degli oggetti attraverso un sonar), per esempio, richiede una serie di meccanismi che consentono ai pipistrelli di produrre onde sonore ad alta energia. In concomitanza a questo essi hanno anche dei meccanismi che proteggono le loro orecchie mentre producono questi suoni. Essi hanno un muso che è strutturato in modo da massimizzare la possibilità di catturare gli echi di ritorno e tutto ciò è integrato da apposite strutture del sistema nervoso specializzate a sfruttare le informazioni contenute negli echi per guidare il volo verso una meta. Altre abilità consentono all’animale di formarsi rappresentazioni dello spazio circostante così da mantenere un ricordo di come è fatto un certo ambiente.

Vediamo quindi che le interazioni adattive del pipistrello col suo ambiente, per esempio il movimento rapido attraverso varchi sottili, è garantito dall’integrazione fra caratteristiche somatiche (la forma del muso, delle ali, delle zampe e del corpo in generale), funzionamento degli organi di senso, funzionamento di altre parti del sistema nervoso deputate a gestire e controllare l’interazione (come i sistemi neuronali deputati a “calcolare” una rotta di volo).

L’eco-locazione è una delle soluzioni a problemi di movimento e orientamento nello spazio presenti nelle diverse specie animali, una fra le tante possibili in linea di principio.

Abbiamo visto che la vita è contrassegnata dalla presenza di strutture adattive complesse. Gli esseri viventi non sono miscugli di elementi, ma sistemi di componenti funzionali capaci di generare interazioni complesse come nuotare, volare, fare il miele, cacciare, o migrare a migliaia di chilometri di distanza.

Strutture adattive complesse: gli animali (a differenza delle rocce o dei fiumi) possono vedere perché hanno gli occhi e gli occhi hanno precise strutturazioni di materiali inusuali capaci di formare un’immagine: una cornea, una lente che aggiusta il fuoco in funzione della distanza di un oggetto, un’iride che si apre e chiude per lasciar entrare la giusta quantità di luce, una sfera di materiale trasparente che mantiene la forma dell’occhio, muscoli che permettono all’occhio di ruotare su e giù o lateralmente, coni e bastoncelli che trasformano l’intensità della luce che colpisce la retina in segnali neurali che il cervello elabora per formare immagini. E inoltre, il sistema visivo, di cui gli occhi fanno parte, è a sua volta integrato con altri sistemi (sistema muscolare, sistema nervoso, sistema circolatorio..) che tutti insieme producono il funzionamento globale del corpo umano, il suo mantenimento in vita e le sue possibilità di interazione col mondo.

È difficile pensare che questi sistemi integrati siano il prodotto del caso. Il contributo scientifico di Darwin fu molto prezioso perché con la teoria della selezione naturale riuscì a dare una spiegazione scientifica del processo attraverso il quale si formano le strutture complesse degli animali che garantiscono la loro inclusive fitness.

Molto sinteticamente, la teoria della selezione naturale prevede che il motore dell'evoluzione sia la variabilità individuale degli esseri viventi. Gli appartenenti ad una stessa specie sono simili ma non uguali, differenziandosi l'uno dall'altro per le caratteristiche

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morfologiche, fisiologiche e comportamentali. L’ambiente in cui una specie vive mette alla prova gli organismi: nell’interazione con l’ambiente, alcune caratteristiche daranno vantaggio all'organismo che le porta, altre saranno indifferenti e altre ancora saranno di ostacolo alla sua attività vitale. Secondo la teoria della selezione naturale proposta da Darwin nel 1858, le caratteristiche che rendono alcuni organismi adattati all'ambiente meglio degli altri vengono selezionate. Infatti gli individui che hanno caratteristiche vantaggiose in un certo ambiente hanno vita più facile, si procurano più facilmente il cibo, si accoppiano più rapidamente degli altri individui della stessa specie propagando i propri geni alle generazioni successive in misura maggiore rispetto agli altri (riproduzione differenziale). Questo significa che col passare del tempo, gli aspetti adattivi sono presenti in una specie in misura sempre più ampia rendendo la specie sempre più sintonizzata agli aspetti dell’ambiente in cui vive.

I processi che conducono al cambiamento della struttura degli organismi ricadono in due famiglie caso e selezione. I processi legati al caso (deriva genetica, mutazioni, cambiamenti ambientali) producono cambiamenti casuali che non necessariamente sono vantaggiosi. Tuttavia essi svolgono un ruolo importante perché allargano il ventaglio di possibilità da mettere alla prova nell’interazione con il mondo. Per esempio, un lieve cambiamento della curvatura della cornea in un individuo, dovuta al semplice caso o ad errori nei meccanismi di replicazione del codice genetico, può far sì che quell’individuo veda meglio. Questa caratteristica introdotta dal caso viene poi selezionata e mantenuta perché conferisce all’individuo che la porta una maggior acuità visiva e quindi una maggior capacità di predare o sfuggire ad un predatore. Quindi il caso introduce la novità e su di esso agisce la selezione naturale che è la sola componente del processo di cambiamento che garantisce l’adattività: infatti essa toglie o lascia nella struttura dell’organismo delle caratteristiche (o “tratti” in termini tecnici) a seconda che questi funzionino o meno.

La teoria della selezione naturale è stata integrata in tempi più recenti di quelli in cui Darwin la introdusse, con le scoperte della genetica. Fu infatti mostrato come il patrimonio genetico di un individuo ne determina i tratti caratteristici e come questi vengono ereditati di generazione in generazione.

Concetti utili: genotipo e fenotipo

Il genotipo è il profilo genetico di un individuo.

Il fenotipo di un individuo vivente è l’insieme di tutte le caratteristiche dell’organismo che sono prodotte sotto il controllo del genotipo. Queste comprendono tratti della costituzione fisica dell’organismo come il colore degli occhi o l’altezza, comportamenti complessi come la danza delle api o i rituali di corteggiamento di un uccello, e altri aspetti dell’architettura cognitiva di una specie come la memoria, la capacità di riconoscere un volto, o di provare emozioni.

E` importante notare che il fenotipo è determinato soltanto in parte dal genotipo: i fattori ambientali hanno un’influenza importante così da rendere spesso imprevedibile il fenotipo anche conoscendo il genotipo.

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Evoluzione

Nella sua forma più semplice la teoria dell’evoluzione esprime l’idea che la vita sia cambiata nel tempo, attraverso un processo nel quale nuove forme di vita si sviluppano da quelle precedenti. Questa idea era presente in un’epoca molto precedente rispetto a quella di Darwin, ma fu questo studioso e i suoi successori a svilupparla così da spiegare sia la diversità delle specie che l’adattamento di queste alle loro circostanze di vita. Secondo Mayr (1991) il concetto di evoluzione combina diverse idee:

1. il mondo degli esseri viventi non è costante; avviene un processo di cambiamento evolutivo2. Il cambiamento evolutivo ha una struttura ad albero (branching pattern). Le specie che

sono presenti ora discendono da uno (o pochi) antenati (albero della vita, o albero filogenetico)

3. Il cambiamento evolutivo è graduale e cumulativo 4. Il meccanismo sottostante al cambiamento adattivo è la selezione naturale

Considera il concetto di :

Filogenesi: è l’origine ed evoluzione di un insieme di organismi, usualmente un insieme di specie. L’indagine scientifica è volta anche a determinare le relazioni ancestrali fra le specie conosciute (viventi o estinte).

Alcune fondamentali capacità, in particolare quelle cognitive, di una specie (pensiamo all’uomo in particolare) sono state acquisite attraverso un lungo processo di selezione naturale , in “tempi filogenetici” si dice.

Possibili approfondimenti: http://www.treccani.it/enciclopedia/evoluzione/

Psicologia ed evoluzione

Ciò che abbiamo detto finora riguarda l’ambito disciplinare della biologia e in particolare della biologia evoluzionista. Dal 1960 circa, si è sviluppato un nuovo campo disciplinare , quello della psicologia evoluzionista (Barkow, Cosmides & Tooby, 1992) interessata ad estendere le indagini della biologia evoluzionista per capire come si evoluta la mente umana. In questo campo si cerca di individuare quali siano stati gli importanti problemi adattivi che la nostra specie ha incontrato in modo iterato e regolare lungo la propria storia evolutiva ricostruendo attraverso la paleoantropologia le condizioni di vita dell’uomo. In particolare sono state studiate le condizioni ambientali dell’epoca in cui gli esseri umani erano cacciatori-raccoglitori, condizioni a cui noi siamo ancora adattati al presente. I problemi adattivi sono i problemi la cui soluzione influenza la riproduzione del singolo organismo e sono particolarmente importanti perché la riproduzione differenziale, e cioè la misura in cui un organismo si riproduce in rapporto ad altri organismi presenti nella sua nicchia ambientale (e non la sopravvivenza in sé), è il motore della selezione naturale. L’ipotesi è che problemi come il procurarsi il cibo, la cura dei piccoli, la relazione con gli altri membri della specie e in generale il controllo del mondo fisico e sociale tipico di quel periodo abbiano dato forma all’architettura cognitiva della nostra specie e cioè all’insieme di capacità cognitive che ci consentono di agire in modo efficace nel nostro ambiente. Un esempio: partendo

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dall’ipotesi che già in tempi ancestrali, la capacità di identificare la direzione dello sguardo abbia potuto dare informazioni preziose sulle intenzioni di un conspecifico o di un predatore, si è scoperto che esiste un meccanismo del sistema nervoso specializzato a questo (eye-detector). L’identificatore dello sguardo è stato quindi considerato come una componente dell’architettura cognitiva, che tutti gli esseri umani possiedono, che non dipende dalla cultura, che non deve essere appreso.

Con obbiettivi analoghi, diversi autori si sono concentrati sullo studio di ciò che sanno fare i bambini in età molto precoce, addirittura da neonati, presupponendo così di poter risalire a ciò che nella nostra specie è innato dal punto di vista mentale. Questi studiosi hanno scoperto ad esempio che un bambino di tre mesi o poco più ha delle precise aspettative sul comportamento degli oggetti fisici e si stupisce se gli oggetti si comportano in modo strano, violando queste aspettative. A differenza di quanto asseriva Piaget, attraverso molteplici esperimenti, essi hanno mostrato che gli esseri umani hanno in età precocissima la permanenza dell’oggetto e cioè credono che un oggetto continui ad esistere anche se sparisce momentaneamente dalla vista. Se una palla scivola sotto una sedia e il bambino piccolo non può più vederla, egli pensa che la palla non sia sparita nel nulla ma che continui ad esistere anche se non è più accessibile visivamente.

Questi studi, a cui Tomasello fa ampio riferimento, non sono solo utili per capire la psicologia del bambino, ma gettano luce sulle predisposizioni che tutti gli esseri umani hanno a concepire il mondo in un certo modo, chiariscono qual è la base di partenza per lo sviluppo delle conoscenze umane e sono quindi indispensabili per capire come è fatta la mente dell’adulto. Come vedremo il riferimento alle capacità socio-cognitive innate ci consente di caratterizzare la comunicazione umana e di capire come essa funziona.

Stiamo attenti a questo aspetto:

Innato: Non si confonda una proprietà innata con una proprietà presente fin dalla nascita, né con una statica impronta genetica. Qualunque componente innata invochiamo, è soltanto attraverso l’interazione con l’ambiente che essa diventa parte del nostro potenziale biologico: finchè non riceve influenze esterne resta latente.

Per questo “innato” significa “che si sviluppa su base genetica”. Per esempio, i sistemi motivazionali di cui parleremo sono qualcosa che si sviluppa negli esseri umani su base genetica entrando in interazione con altri esseri umani particolarmente significativi

Seguendo il filo di Tomasello queste predisposizioni innate, studiate dalla psicologia evoluzionista, sono frutto dell’eredità biologica e cioè si sviluppano su base genetica attraverso l’interazione con l’ambiente.

Tomasello (pag. 68): gli esseri umani hanno abilità cognitive che sono frutto dell’eredità biologica che opera in tempi filogenetici (attraverso la selezione naturale); queste abilità danno poi origine ad abilità più complesse lungo l’arco della vita attraverso l’interazione con il mondo (e in particolare la cultura), tutto questo avviene in tempi storici nel corso dell’ontogenesi.

Ontogenesi: è il percorso attraverso il quale un individuo, nell’arco della sua vita sviluppa appieno le capacità che ha ereditato su base genetica. Nei termini di Tomasello (pag.68): “genesi delle strutture mature della cognizione umana”.

Un’area della psicologia, la psicologia evolutiva o psicologia dello sviluppo, si occupa di questo processo e in particolare di ciò che accade nelle prime fasi della vita quando un individuo cresce in relazione con il mondo. Un esempio: si studia come si sviluppano nel bambino le competenze atte a comprendere la mente degli altri, o le competenze linguistiche e comunicative.

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Attenzione allora alla differenza fra Psicologia evoluzionista (filogenesi) e Psicologia evolutiva o Psicologia dello sviluppo (ontogenesi).

Bibliografia:

Barkow J., Cosmides L., Tooby J., 1992. The adapted mind: Evolutionary psychology and the evolution of culture. NY: Oxford University Press.

Darwin C., 1859/1964. On the origin of species. Cambridge, Mass: Harvard University Press.

Hamilton W. D., 1963. The evolution of altruistic behaviour. American Naturalist, 97, 354-356.

Hirschfeld L., Gelman S., 1994. Mapping the mind: Domain specificity in cognition and culture. NY: Cambridge University Press.

Karmiloff-Smith A. , 1992. Beyond modularity: A developmental perspective on cognitive science. Cambridge, Mass., The MIT Press. Trad.it.: Oltre la mente modulare. Una prospettiva evolutiva sulla scienza cognitiva. Bologna: Il Mulino, 1995.

Tomasello M. 1999. The cultural origins of human cognition. Cambridge, Mass: Harvard University Press. Trad. It.: Le origini culturali della cognizione umana. Bologna: Il Mulino, 2005.

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