ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY...

14
ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato o se ingoio 1 Il romanzo di Mary Shelley vede la sua prima stesura nel 1818 (edito in tre volumi) in forma semianonima con prefazione di Percy Shelley, la seconda, sulla scia del successo della prima riduzione teatrale nel 1825, curata da William Godwin, padre di Mary, e quella definitiva (in due volumi) nel 1831. Frankenstein rappresenta uno snodo cruciale del romanzo gotico e della letteratura moderna europea: la creazione del più significativo e popolare dei moderni simboli del terrore e l’archetipo, ancora oggi valido, della relazione uomo-conoscenza nell’epoca della modernità e della contemporaneità scientifica. Frankenstein è un uomo di scienza che mira a superare ed allargare i confini della conoscenza umana, dominando la fenomenologia della vita e della morte, della creazione e della distruzione, rispondendo alle paure millenarie della specie umana. Frankenstein è la proiezione delle paure e dei desideri più remoti dell’uomo: la paura della morte e il potere della conoscenza suprema, quella capace di creare la vita. Io mi detti molto da fare a pensare a una storia […] Una storia che parlasse alle misteriose paure sepolte nella nostra natura, e che risvegliasse brividi di orrore 2 Il Frankenstein di Mary Shelley ha prodotto una storia che per prima fissa gli elementi della moderna concezione del corpo umano e della sua violazione, del suo divenire assemblaggio di parti da sistema armonico rispecchiante la traccia del divino. Il corpo umano di Victor Frankenstein è sia un terreno stabile per gli esperimenti in un tempo di cambiamenti rapidi come mai prima, sia un fragile, limitato ricettacolo che desideriamo fare, disfare e rifare; e da questa prima incredibile creazione il mito di Frankenstein si riproporrà nel rapporto postmoderno dell’uomo con la tecnologia, nel cyborg, nel robocop, nel trapianto di organi ed arti, nelle amputazioni e negli innesti 1 A. ZANZOTTO, epigramma, In In questo progresso scorsoio, Milano, Garzanti, 2009, p. 10 2 M. SHELLEY, prefazione in Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno, Milano, Rizzoli, 1987, traduzione di Bruno Tasso

Transcript of ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY...

Page 1: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY

Di Emiliano Gennaro matr. 963193

In questo progresso scorsoio

non so se vengo ingoiato

o se ingoio1  

Il romanzo di Mary Shelley vede la sua prima stesura nel 1818 (edito in tre volumi) in forma

semianonima con prefazione di Percy Shelley, la seconda, sulla scia del successo della prima

riduzione teatrale nel 1825, curata da William Godwin, padre di Mary, e quella definitiva (in due

volumi) nel 1831. Frankenstein rappresenta uno snodo cruciale del romanzo gotico e della

letteratura moderna europea: la creazione del più significativo e popolare dei moderni simboli del

terrore e l’archetipo, ancora oggi valido, della relazione uomo-conoscenza nell’epoca della

modernità e della contemporaneità scientifica. Frankenstein è un uomo di scienza che mira a

superare ed allargare i confini della conoscenza umana, dominando la fenomenologia della vita e

della morte, della creazione e della distruzione, rispondendo alle paure millenarie della specie

umana. Frankenstein è la proiezione delle paure e dei desideri più remoti dell’uomo: la paura della

morte e il potere della conoscenza suprema, quella capace di creare la vita.

Io mi detti molto da fare a pensare a una storia […] Una storia che parlasse alle misteriose

paure sepolte nella nostra natura, e che risvegliasse brividi di orrore2

Il Frankenstein di Mary Shelley ha prodotto una storia che per prima fissa gli elementi della

moderna concezione del corpo umano e della sua violazione, del suo divenire assemblaggio di parti

da sistema armonico rispecchiante la traccia del divino. Il corpo umano di Victor Frankenstein è sia

un terreno stabile per gli esperimenti in un tempo di cambiamenti rapidi come mai prima, sia un

fragile, limitato ricettacolo che desideriamo fare, disfare e rifare; e da questa prima incredibile

creazione il mito di Frankenstein si riproporrà nel rapporto postmoderno dell’uomo con la

tecnologia, nel cyborg, nel robocop, nel trapianto di organi ed arti, nelle amputazioni e negli innesti

                                                                                                                         1  A. ZANZOTTO, epigramma, In In questo progresso scorsoio, Milano, Garzanti, 2009, p. 10  

2 M. SHELLEY, prefazione in Frankenstein, ovvero il Prometeo moderno, Milano, Rizzoli, 1987, traduzione di Bruno Tasso

Page 2: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

di silicone, nella body-art, negli esperimenti genetici di clonazione fino alle nuove vite artificiali

simulate nei programmi stile “A-life”.

Che cosa accade in Frankenstein? La domanda evoca un plot abbastanza semplice. Un uomo, uno

scienziato, crea un essere vivente che, divenuto mostruoso, si rivolta contro il suo creatore. Vi sono

molti motivi nel romanzo, ma il motivo portante del mito di Frankenstein è centrato sul

conseguimento e sull’uso della conoscenza, sul potere che la conoscenza può conferire, un potere

drammatizzato dalla creazione della vita. Tuttavia l’opera risulta essere di tipo problematico e

presenta un reticolato di rara complessità che ha dato adito alle interpretazioni ed alla letteratura

critica più contrastante. Nel romanzo di Shelley la creazione del Mostro avviene in una dimensione

puramente materiale e scientifica, con l’assemblaggio di varie parti che convergono nella creazione

di un unico corpo. Parallelamente l’opera vede la mescolanza di vari livelli tematici e narrativi;

quello mitologico, quello psicologico, quello politico, quello scientifico, quello miltoniano, in una

dimensione di polisemicità che inscrive il romanzo in un ipotetico Canone della modernità.

LIVELLO STRUTTURALE NARRATIVO.

Frankenstein fu pubblicato per la prima volta nel 1818 in tre volumi e corredato di una

prefazione di Percy Shelley, cui segue la seconda edizione del 1823 curata dal padre di Mary,

William Godwin, ed infine la terza e definitiva edizione del 1831 con testo completamente

riveduto su cui si basano tutte le edizioni e le traduzioni successive. La complessità poco sopra

accennata si evidenzia già ad un livello epidermico-strutturale e di meccanismi narrativi.

Il romanzo mostra infatti una struttura di tipo epistolare mutuata molto probabilmente da Samuel

Richardson, autore del romanzo epistolare Pamela, o la virtù premiata che ebbe notevole influenza

sulla letteratura sentimentale e romantica successiva, che mostra una struttura concentrica in una

sorta di incastro a bambole russe. C’è un contenitore esterno rappresentato dallo scambio epistolare

tra il capitano Robert Walton e la sorella, Mrs Saville, di cui si fa menzione esclusivamente come

mera destinataria passiva delle lettere del fratello. Le lettere di Walton a loro volta contengono la

narrazione di Victor e poi quella del Mostro, che opera una narrazione di secondo grado,

raccontando anche le vicissitudini della famiglia De Lacey, con una graduale penetrazione nel

profondo dell’oscurità e delle paure che contraddistingue tutta la narrativa gotica. La forma

epistolare permette alla Shelley di esprimere i sentimenti ed i pensieri più intimi attraverso una

regolazione ed una rielaborazione operata dalla scrittura, lasciando intenzionalmente Frankenstein e

il suo Mostro tragicamente isolati nella loro solitudine, rivolti unicamente l’uno contro l’altro, l’uno

specchio dell’altro, mentre il capitano Walton ha un’interlocutrice, la signora Saville, nella quale il

lettore si rispecchia: anch’egli è passivo fruitore della storia narrata. Da questo punto di vista la

Page 3: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

narrazione gotica della Shelley prende a prestito3 la strumentazione del romanzo “realista” (anche

se com’è noto questo termine designerà un certo tipo di narrativa solo nella seconda metà

dell’ottocento) per aumentare il proprio tasso di credibilità: il romanzo gotico utilizza una

narrazione in qualche modo oggettivizzante tessendo il sublime e l’orrorifico in meccanismi di

credibilità narrativa. Inoltre questa complicata struttura narrativa, studiata per aumentare la dose di

realismo, aumentare il gioco delle attese e della suspance, crea una moltiplicazione dei soggetti

narranti e permette all’autrice di creare una “distanza di sicurezza” da ognuno dei personaggi,

nessuno dei quali risulta essere un narratore più credibile degli altri e nessuno dei quali permette

un’identificazione con l’autrice: è per questo che gran parte della critica4 proiettano la figura

dell’autrice in quella passiva di Mrs Saville. Il gioco di narrazioni a incastro si configura infine

anche come vera e propria azione metalinguistica: Frankenstein è una storia gotica, è la scrittura di

un mito dell’immaginario moderno, ma è anche una storia di Narrazione, ed in questo senso è

significativo che tutti i personaggi, in special modo il Mostro, siano in grado di ergersi ad entità

narranti. La valenza metaletteraria dell’opera è così evidente che nel corso della storia viene fatta

una vera e propria operazione di Canone con la citazione diretta ed indiretta dei punti di riferimento

letterari (ma anche storico-culturali) dell’autrice, un canone molto vicino ad opere che saranno punti

di riferimento per i romantici:

I dolori del giovane werther di Goethe, la ballata del vecchio marinaio, di Coleridge, il paradiso

perduto di Milton, un richiamo diretto all’inferno dantesco, le vite di Plutarco e Ruins of Empire di

Volney (fiosofo e orientalista francese che visse a cavallo tra sette e ottocento), oltre che la

perturbante presenza del mito faustiano di Marlowe che attraversa ed impregna una buona metà del

romanzo.

L’ambientazione della vicenda al polo, il personaggio di Robert Walton, l’inseguimento perenne tra

Victor ed il suo Mostro richiamano chiaramente il poemetto la ballata del vecchio marinaio ed

anticipa i temi dell’epico scontro tra l’uomo e il suo doppio-selvaggio (penso al capitano Acab e a

Moby dick o alla discesa selvaggia in Cuore di Tenebra) . I personaggi di Walton e Victor

sembrano configurarsi l’uno come specchio dell’altro ed appaiono come chiaro riferimento alla

figura prometeica o di Ulisse: essi sono a tutto tondo degli ulissidi, dei personaggi che riprendono la

                                                                                                                         3 Questa posizione di “utilizzo dei meccanismi della narrazione “realista” ” è stata esposta dal Prof. Capoferro nel suo seminario del 28/03/2014

4 Cfr. C. CORTI, Sul discorso fantastico. La narrazione nel romanzo gotico, Ets Editori, Pisa, 1989, pp. 118-119

 

Page 4: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

figura dell’Ulisse dantesco che si spinge al di là dei limiti del conoscibile e viene per questo punito.

Ma lo sono alla luce della modernità: il moderno Prometeo non è un’eroica figura mitologica che

sfida la collera divina, egli non appartiene più alla dimensione mitologico-letteraria bensì a quella

materiale e scientifica (sintomatico a questo proposito il passaggio dl capitano Walton che

abbandona la sua passione letteraria e la sua vocazione poetica per abbracciare la moderna scienza e

la navigazione): il prometeo moderno non è più figlio dell’epos, bensì della tecnica.

Walton nel suo incontro con Victor dirà ben presto allo scienziato “I would sacrifice my fortune,

my existence. My every hope to the furtherance of my enterprise. One’s man life or death

were but a small price to pay for the acquirement of the Knowledge wich I sought5”, il quale

metterà in guardia il navigatore dal rischio di una simile follia: “Unhappy man! Do you share my

madness? Have you drank also of the intoxicating draught? Hear me, let me reveal my tale,

and you will dash the cup from your lips6” ma poi condannerà senza appello lui e la sua ciurma

(ribadendo la sua condizione ontologica prometeica-ulissianica) nella scelta di fermare la traversata

artica e fare ritorno a casa.

Etica Tecnica Pathos Thanatos

La Modernità, dunque. Un Prometeo in “camice bianco” che maneggia il fuoco della moderna

conoscenza o che solca il mare nella pretesa di inscrivere le immensità oceaniche ed artiche, un

tempo irraggiungibili per l’uomo e dimora per demoni più o meno pagani, dentro una mappa

cartografica o un sistema cartesiano. Il moderno Prometeo potrebbe essere Galileo, o Cartesio, o

Copernico; il moderno prometeo è un Konrad Dippel armato di attrezzature mediche e manuali

scientifici appena stampati. Il Frankenstein è quindi senza dubbio un romanzo ed un’opera della

modernità scientifica ed è a tutti gli effetti un’opera figlia dell’illuminismo e di quei grandi

stravolgimenti epocali che avevano acceso i propri lumi sulla cultura europea, dei lumi che tuttavia

avevano contemporaneamente proiettato anche le ombre e il soggettivismo che hanno

compartecipato alla diffusione dei movimenti di stampo irrazionalistico. A questo proposito decisivi

elementi di rinnovamento sono certamente state le grandi rivoluzioni scientifiche e culturali che,

dalla seconda metà del Cinquecento in poi, hanno determinato e rivoluzionato l’orizzonte culturale

Europeo. Dapprima Galilei e, più sistematicamente, Cartesio gettano un pesantissimo dubbio circa

                                                                                                                         5  Sacrificherei la mia fortuna, la mia esistenza, ogni speranza a favore della mia impresa. La vita o la morte di un uomo sarebbe solo un piccolo prezzo da pagare per acquisire la conoscenza che cerco

6  Infelice! Condividi la mia follia?Ne hai bevuto anche tu di quella dose intossicante? Ascoltami!Lascia che ti riveli la mia storia e scaglierai via la coppa dalle tue labbra  

Page 5: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

la veridicità delle sensazioni corporee (con le logiche conseguenze che questo ha sulla semantica

del linguaggio degli affetti dell’artista) e della natura stessa della realtà oggettiva che si osserva.

All’assenza di affetti della natura Galilei aggiunge l’assenza delle qualità sensoriali, affermando

che sapori, odori, suoni non sono caratteristiche intrinseche dell’oggetto materiale in sé, ma

costituiscono mera percezione del soggetto senziente

Per lo che io vo pensando che questi sapori, colori, odori ecc. per la parte del suggetto nel

quale ci par che riseggano, non siano altri che puri nomi, ma tengano solamente lor residenza

nel corpo sensitivo, sì che rimosso l’animale, sieno levate e annichilate tutte queste qualità7.

Tutte queste sensazioni sono apparenze soggettive del soggetto vivente: ogni ulteriore legame con

un tu, con un oggetto, viene definitivamente smantellato nella sua oggettività e permane unicamente

la realtà irreale delle qualità sensoriali del soggetto. Questo elemento è fondamentale in quanto

viene messo in discussione il rapporto di rispecchiamento diretto tra oggetto esterno, sensi e

intelletto, ch’era stato viceversa un presupposto “realista” pur discusso ma saldo delle teorie della

conoscenza delle filosofie antiche e medievali, così come delle filosofie umanistiche e

rinascimentali8. La stessa idea del sapere e della conoscenza come corpus unitario viene smantellata

e l’idea di un sapere come organismo vivente viene sostituita da un sapere di tipo modulare9 in cui i

vari aspetti dal sapere sono mobili ed intercambiabili, quasi fossero pezzi assemblabili di un corpus

indefinito e frankensteiniano. E’ questo l’humus in cui si muove lo scienziato Victor e la scrittrice

Shelley: il linguaggio letterario deve caricare su di sé l’esperienza della verità sotto la forma

dell’esperienza del disinganno operata dalla moderna scienza. Su questa via non rimane che il

regresso in quelle regioni primitive del sensibile: il mostro, il selvaggio, l’irrazionale, il discorso

etico-filosofico, anche se strutturato in una dimensione materialista e scientifica. Il passaggio del

giovane Victor dai modelli “antico-medievali”, incarnati da autori come Cornelio Agrippa e Alberto

Magno, punti di riferimento iniziali dello scienziato, alla moderna chimica organica dell’università

di Inglostad è il rispecchiamento dell’evoluzione delle teorie scientifiche da quelle alchemiche,

costruite su un sistema teologico cristiano, a quelle moderne, costruite riflettendo il metodo

scientifico galileiano, dalla figura del Golem e dell’homunculus a quella di un uomo creato

artificialmente in laboratorio. Durante il medioevo si passa da racconti di uomini che modellavano

                                                                                                                         7 G. GALILEI, Il Saggiatore, in Opere di Galileo Galilei (a cura di F. BRUNETTI), UTET, Torino, 1980, vol. I

8 G. STABILE, scienza e disincantamento del mondo: poesia, verità, nulla in Leopardi, In Leopardi e il pensiero scientifico, 14-16 maggio 1998 Roma, p. 201

9 Cfr. G. STABILE, puzzle e lego: l’enciclopedia e le sue forme, in Critica del testo: il canone alla fine del millennio, III/1, 2000  

Page 6: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

un rozzo simulacro e vi infondevano la vita con l’aiuto del soprannaturale a uomini che costruivano

le loro creature secondo progetti scientifici o pseudoscientifici. Ad Alberto Magno nel 13esimo

secolo fu attribuita la costruzione di un servitore di ottone, mentre l’alchimista Cornelio Agrippa

(che visse nel 16esimo secolo) lascia tra i suoi scritti una sorta di “ricetta” a base di sangue, feci e

sperma su come generare un omuncolo. Ci si sarebbe potuti quindi aspettare che Mary si rivolgesse

all’alchimia o all’esoterismo, al soprannaturale, per trovare il principio animatore della vicenda.

Suo padre, William Godwin aveva scritto Lives of the Necromancers, che comprendeva dei capitoli

su Paracelso (Cornelio Agrippa) e Alberto Magno, e in effetti i due “scienziati” sono i primi punti di

riferimento del giovane Victor (e, molto probabilmente, in un’ottica autobiografica, della

giovanissima Mary) che però ben presto abbandonerà a favore della moderna chimica e della

biologia. In questo senso, simbolicamente, Frankenstein abbandona l’alchimia ed il passato per la

scienza ed il futuro, ed è ricompensato con il suo orribile successo. Per Victor, una volta abbracciata

la nuova scienza, “Darkness had no effect upon my fancy, and a churchyard was to me merely the

receptacle of bodies deprived of life, which, from being the seat of beauty and strength, had become

food for the worm10”. La stessa stimolazione elettrica dei cadaveri, che sarà lo stratagemma

narrativo più utilizzato dalle riletture del Frankenstein per visualizzare la scena della creazione (la

forza elettrica è solo accennata da Victor in un suo ricordo infantile di un albero annichilito da un

fulmine) era una tradizione inaugurata da Giovanni Aldini (nipote di Galvani) nel 1804: i corpi

oggetto di questi esperimenti si agitavano violentemente e si drizzavano persino in piedi come se

stessero per riprendere vita. Ben presto questo tipo di rianimazioni divennero l’attrazione principale

di dimostrazioni tenute da Aldini ed altri suoi colleghi nei teatri di Londra ed Edimburgo,

dimostrando contestualmente il tratto spettacolare-artistico della nuova scienza, le sue potenzialità e

i suoi tratti oscuri. La stessa dissezione dei cadaveri a scopo scientifico fu oggetto di grande

dibattito nell’Inghilterra di Mary, dalla promulgazione del Murder Act nel 1752 a quella dell’

Anatomy act nel 1832 che stabiliva che i corpi dei poveri, che nessuno reclamava, fossero trasferiti

nelle scuole di medicina, fino ai dibattiti sulla vivisezione in epoca vittoriana. Inoltre si ritiene che

fosse giunta all’attenzione degli Shelley i successi di Jacques Vaucanson che aveva fabbricato tre

famosi automi che erano stati mostrati in tutta Europa ed anche a Londra (nel 1742), un suonatore di

flauto, un tamburino e un’anatra che digeriva11.

                                                                                                                         10  “la tenebra non aveva alcun effetto sulla mia fantasia e un cimitero era solo il ricettacolo di corpi privi di vita che dall’essere stati sede di bellezza e di forza, eran divenuti alimento del verme”  

11  Cfr. J. TURNEY, Sulle tracce di Frankenstein. Scienza, genetica e cultura popolare, Edizioni di Comunità, Torino, 2000. Jon Turney insegna al dipartimento di studi scientifici e tecnologici presso lo University College di Londra. Nel libro l’autore sostiene che la storia di Frankenstein ha influenzato e continua a influenzare il dibattito scientifico e

Page 7: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

Per comprendere la portata e l’adesione alla realtà della tematica frankensteiniana si possono

ricordare, oltre che l’incremento massiccio della sperimentazione su cavie animali in epoca

vittoriana, anche i successivi esperimenti dei sovietici fin dagli anni ’20 del ‘900 di cui si hanno

documenti audiovisivi. I Sovietici si dilettavano con pratiche più sinistre di quelle che una mente normale

potrebbe immaginare: rianimavano singoli organi e parti del corpo delle loro cavie dando vita a

raccapriccianti creature, cani a due teste, pezzi di corpo funzionanti,ed altre creature deformi12 (e il sospetto

che la sperimentazione abbia interessato anche cavie umane appare plausibile). Ancora più recente è

l’esperimento tenuto nel 2005 a Pittsburgh da alcuni scienziati statunitensi che hanno artificialmente indotto

uno stato di morte nei cani-cavie per alcune ore, per poi resuscitarli, per simulare situazioni cliniche del

paziente. Gli scienziati di Pittsburgh hanno preso un gruppo di cani, hanno svuotato le loro vene e hanno

sostituito il sangue con una soluzione salina a 7 gradi centigradi di temperatura. In questo modo, hanno

indotto negli animali uno stato di morte apparente: niente respiro, nessuna attività cardiaca, nessun segnale

cerebrale. Dopo tre ore in queste condizioni, hanno ripompato il sangue nel corpo delle bestie che, stimolate

con elettroshock e ossigeno per rimettere in moto cuore e polmoni, hanno ripreso a vivere, apparentemente

senza alcun danno agli organi vitali: siamo tuttoggi in pieno Frankenstein!

La stessa figura di Victor Frankenstein ha delle precise radici storiche nella figura quasi leggendaria del

medico alchimista Konrad Dippel, nato nel 1673 a Darmstad e morto in circostanze misteriose nel 1734

(forse per aver ingerito del veleno) dopo aver passato la propria vita alla ricerca dell’elisir di lunga vita,

violando cimiteri e cercando di dar vita in laboratorio ad un essere mostruoso.

Appare quindi un dato di fatto incontrovertibile che Mary Shelly si muovesse in una dimensione

assolutamente materialistica e fisiologica, lo dimostra che la stessa scelta di assemblare un gigante è dettata

da una esigenza di praticità (gli organi troppo piccoli sono più “scomodi”) piuttosto che da una scelta di

drammatizzazione gotica della vicenda: il soprannaturale Walpoliano, i fantasmi, gli spiriti, i demoni,

personaggi sublimi della narrativa tradizionale gotica sono sostituiti da questo gigantesco totem della

modernità umana, da questo feticcio della conoscenza.

Tuttavia, nonostante questa scelta di tipo materialista, in Frankenstein esiste/resiste/trionfa una fortissima

componente etico-religiosa in cui la distruzione di Victor (e del suo doppio orrori fero) appare inevitabile

poiché l’uomo ha commesso il peccato imperdonabile di proprorsi di superare i confini umani13. In questo è

evidente la comunanza di temi col Vathek di Beckford, che gli Shelley avevano letto: anche nella novella di

Beckford il protagonista siglerà un patto faustiano con il Giaurro per l’acquisizione dei Talismani di                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    traccia una lunghissima cronaca dell’intreccio tra la metafora frankensteiana e il dibattito scientifico dal 18esimo secolo fino al contemporaneo dibattito sulle biotecnologie.    

12 https://www.youtube.com/watch?v=HgiL4Xsb20g a questo link è possibile visionare un breve documentario sovietico del 1940 dove vengono mostrati alcuni di questi esperimenti

13 Cfr. M. PRAZ, Frankenstein, introduzione, BUR, 2013

Page 8: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

Solimano, simbolo della conoscenza suprema e quindi del potere assoluto sul mondo. La concezione che qui

predomina è ancora quella del trasgressore faustiano, non a caso Ingolstad, la località in cui Victor va a

studiare è la stessa università del Faust di Marlowe, ma nel caso del Frankenstein di Mary Shelley la

componente divina risulta essere assente, non vi è un patto mefistofelico ma “fisiomefistotelico”; il patto è

proposto, siglato e poi rotto da Victor e dal suo doppio demoniaco ma materiale, il Mostro, e la punizione

sembra ricadere non esclusivamente sullo scienziato, ma su entrambi , come fossero due facce della stessa

medaglia, poiché ai tormenti personali e familiari di Victor corrisponde la solitudine angosciosa del Mostro,

il disprezzo degli altri e l’impossibilità di integrarsi col genere umano. Nel mondo “laico” e “materialista”

della scienza contemporanea di Victor non vi è più spazio per la vendetta divina, bensì soltanto per la

“punizione ecologica14” ed al potere divino si sostituisce quello fisico, economico e politico. A questo

proposito risulta essere illuminante un passaggio del romanzo: nel secondo capitolo Victor svela a Robert

Walton il suo intento di creare un uomo artificiale e che anzi lui medesimo è divenuto capace di conferire

vita alla materia inanimata. Quindi Victor si rivolge a Walton in questi termini:

I see by your eagerness and the wonder and hope which your eyes express, my friend, that you expect

to be informed of the secret with which I am acquainted; that cannot be; listen patiently until the end

of my story, and you will easily perceive why I am reserved upon that subject. I will not lead you on,

unguarded and ardent as I then was, to your destruction and infallible misery. Learn from me, if not

by my precepts, at least by my example, how dangerous is the acquirement of knowledge and how

much happier that man is who believes his native town to be the world, than he who aspires to become

greater than his nature will allow15.

Il modo per animare la materia inanimata resta un segreto che Victor non svela a Robert né Shelley rivela al

lettore, e proprio in questo emergerebbe una possibile debolezza del romanzo. Qui, proprio in questo

passaggio, l’esitazione ontologica16 (che in fondo si sovrappone in parte col concetto di “incertezza

intellettuale” proposto da Jentsch, lo psicanalista citato da Freud ne il perturbante) sembrerebbe venir meno,

e, almeno per qualche istante, il carattere di finzione baluginerebbe dal testo: il lettore, specie quello

moderno, può accontentarsi di questa (non)spiegazione? In genere gli autori successivi di romanzi horror-

fantascientifici cercano di alzare il velo, sia pure per un momento, ed invece in Frankenstein il mistero

rimane tale, con una certa delusione per il lettore moderno. Tuttavia questa scelta non appartiene solo ad una

retorica dell’indicibile tipica del romanzo gotico per cui almeno una parte della materia viva deve rimanere

avvolta nel mistero, ma anche ad una precisa volontà dell’autrice che colloca la storia in una dimensione

                                                                                                                         14  Ivi.  P.  6  

15  “Vedo dalla vostra impazienza, dalla meraviglia e dalla speranza che i vostri occhi esprimono, amico mio, che vi aspettate di venire informato del segreto di cui io sono a conoscenza; ma ciò non può essere […] Imparate da me, se non dai miei precetti, almeno dal mio esempio, quanto sia pericolosa la conquista del sapere”  

16  L’esitazione e l’accrescimento ontologico sono due meccanismi tipici del romanzo gotico di cui ha parlato il Prof. Capoferro durante il suo seminario del 26/03  

Page 9: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

etica e filosofica. La stessa famosa scena con la descrizione del Mostro occupa in fondo solo un paio di

paginette all’interno dell’intero romanzo ed il Mostro è descritto soprattutto per via indiretta, usando parole

che denotano la reazione del narratore e dei personaggi disgustati di fronte alla sua deformità piuttosto che

dei termini chiari e dirette che descrivano la materialità corporea del Mostro. Non è un caso che i termini che

andranno via via a designare il Mostro saranno epiteti come “demone”, la sua voce sarà simile a “ululati

bestiali” e il carattere materiale della creatura lascerà il passo ad un’aura malefica. E’ per questo che,

nonostante tutto, il Mostro di Frankenstein sembra non essere una forza che risiede nella natura, né nel

corpus sociale, quanto un mostro che risiede nell’immaginario umano. Ci troviamo, malgrado tutto,ancora in

un’area di sicurezza, o di speculazione filosofica.

L’altro grande mito rielaborato dal Frankenstein è certamente il mito biblico della creazione, che riprende il

tema miltoniano, affrontato dal Mostro a seguito della lettura del Paradiso Perduto. Il Mostro prende per

buona la storia raccontata da Milton ed opera un processo di identificazione tra la sua condizione e quella dei

protagonisti della vicenda, immedesimandosi prima in Adamo e poi in Satana. Inizialmente egli si sente

proprio come un Adamo, un essere unico e diverso da tutti gli altri, ma ben presto si rende conto che il vero

Adamo è accompagnato da una compagna, è amato dal suo Creatore, mentre lui vive nella profonda

solitudine. Subito dopo la sua attenzione ricade sulla figura di Satana: Il Mostro si trova a spiare la famiglia

di Lacey e di fronte a quella beatitudine in cui nonostante tutto vivono avverte una profonda invidia, la stessa

che prova Satana nei confronti della felicità umana. Ma anche in questo caso Il Mostro avverte come la sua

condizione sia ontologicamente solitaria, poiché anche Satana era, nonostante tutto, accompagnato dagli altri

diavoli nella sua eterna perdizione.

Molti critici avevano affermato che Milton, operando una conciliazione della teologia cristiana e delle nuove

tendenze razionalizzanti del suo tempo ed elevando in qualche modo Satana ad una sorta di eroica e sublime

figura ribelle, aveva operato una dissacrazione della materia sacra, e la Shelley sembra prendere parte a

favore di questa dissacrazione proiettando una certa dose di solidarietà al Mostro e a Satana, quasi fossero

entrambi l’emanazione del senso di colpa umano.

Tuttavia ci accorgiamo che la materia mitologica è rielaborata alla luce della modernità scientifica e

materialistica: ci troviamo di fronte ad un Prometeo privo di Giove, un Faust privo di Mefisto, un Adamo

senza Dio e, nonostante il tema etico persista e resista (e trionfi), i ruoli sembrano confondersi e fondersi tra

di loro. Il ruolo di buono e cattivo non è delineato, vittima e carnefice, schiavo e padrone si alternano, la

stessa “punizione”, lo stesso tragico destino investirà sia Victor che la sua Creatura, che, simbolicamente si

ricongiungeranno alle estremità del polo per poi morire quasi simultaneamente.

ALTRI LIVELLI – CENNI.

Il tema del viaggio è caratteristico del genere gotico e riprende da una parte le imprese dei cavalieri erranti,

dall’altra le escursioni effettuate in continente da parte degli aristocratici nel Grand Tour, il viaggio di

formazione. Il Grand Tour è direttamente omaggiato dall’autrice del Frankenstein sia nel racconto di Victor e

Page 10: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

del suo disperato inseguimento tra le montagne e le lande desolate della Russia e dell’Europa, sia

nell’ambientazione del primo incontro tra Victor ed il Mostro nelle alpi Svizzere che tanto avevano

affascinato la giovane Mary. Anche l’assassinio di William, fratello minore di Victor può essere un accenno

di tipo autobiografico: William era il nome del secondogenito di Mary scomparso prematuramente in tenera

età, la cui morte fu fonte di ispirazione per alcune revisioni del romanzo.

LIVELLO FEMMINILE

Il Frankenstein segna anche una fase di rottura con la tradizione femminista del tempo (1815-1820), iniziata,

com’è noto, proprio dalla madre dell’autrice: gli studiosi vi hanno riconosciuto una sorta di disillusione nei

confronti del movimento femminista, perché i personaggi femminili nel romanzo sono statici e apatici. Tutte

i personaggi femminili del romanzo hanno una macabra fine: La madre di Victor in seguito alla scarlattina

trasmessale da Justine, la cameriera di famiglia, che sarà ingiustamente giustiziata poiché ritenuta colpevole

dell’assassinio di William. La stessa promessa sposa di Victor Elizabeth verrà uccisa, secondo la “profezia”

del Mostro, durante la prima notte di nozze. Proprio per questo alcuni studiosi hanno addirittura trovato nella

“Creatura” i tratti di una figura femminile che non riesce a conformarsi con le richieste della società moderna

e viene trattata quindi come una “creatura” differente

LIVELLO POLITICO

Alcuni studiosi hanno visto nel Frankenstein una sorta di allegoria della lotta di classe nel tempo della

primissima rivoluzione industriale inglese; in questo senso la deformità del mostro non sarebbe altro che

diretta metafora delle mostruosità politico-sociali che avevano investito l’Europa. Questo livello appare

evidente nei momenti in cui assistiamo al Mostro intento a spiare le conversazioni della famiglia De Lacey,

specie nell’istruzione della donna araba da parte di Felix sugli usi e costumi della società occidentale, in cui

viene letto il Ruins of Empire scritto dal conte di Volney nel 1791, in cui Il Mostro viene a conoscenza di

temi della nobiltà e della proprietà ottenendo un’ulteriore conferma circa la sua angosciosa solitudine

essendo lui ignaro della sua creazione, senza denaro, né amici, né alcun genere di proprietà. In questo senso

Mary Shelley riprende i temi del dibattito sulla Rivouzione Francese suggerendo indirettamente che forse la

violenza degli oppressi può essere motivata dalla frustrazione generata in loro dalla totale negligenza e

ingiustizia dei loro “genitori sociali”.

FRANKENSTEIN RACCONTATO DA CAPO: IL FRANKENSTEIN DI JAMES WHALE17

Basterebbero i semplici numeri ad indicare in quale modo la pervasività del mito Frankesteiniano nella

cultura di massa fin, elemento fondamentale, dalla sua prima edizione nel 1818. L’illustrated Frankenstein

Movie Guide compilato nel 1992 da Stephen Jones e il The frankenstein Catalogue di Donald Glut elencano

più di 400 film più o meno basati sullo script di Frankenstein, almeno 50 serie di fiction ed oltre 100

                                                                                                                         17 Cfr. J. TURNEY, Sulle tracce di Frankenstein, op. cit., CAP II

Page 11: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

produzioni teatrali. Nei fumetti, a causa della debordante massa di materiale, l’elenco si ferma a quasi 600

voci singole e oltre 30 serie, senza contare le vignette sui giornali. Alla sua pubblicazione (semianonima) nel

1818 il romanzo fu salutato più o meno come uno scandalo dai recensori (con la lodevole eccezione dell’

Edinburg Magazine di Sir Walter Scott), ma le dure critiche non servirono ad allontanare il pubblico dei

lettori borghesi. Oggigiorno c’è una certa tendenza ad attribuire la diffusa familiarità con Frankenstein

soltanto al potere del cinema del XX secolo, questa tendenza è presto smentita dai fatti. La prima produzione

in palcoscenico del Frankenstein fu messa in scena per la prima volta a Londra nel 1823, Presumption; or the

Fate of Frankenstein di Richard Brinsley Peake, che ebbe un successo sensazionale aprendo la strada sia alla

prima ristampa del romanzo (dello stesso anno) sia ad una serie di ulteriori riduzioni teatrali (14 in Francia e

Inghilterra nei soli 3 anni successivi). La storia della ri-mediazione del Frankenstein è parallela alla storia dei

mezzi di comunicazione di massa e del nascere della società dei consumi che ha rimodulato e rielaborato il

mito frankensteniano, parola questa, che Steven Forry segnala sul Times già dopo appena un mese dalla

prima di Peake. Le esigenze del palcoscenico spinsero i drammaturghi a concentrarsi sullo sfondo gotico,

demonizzando la creatura ed ampliando il laboratorio, a cui spesso venivano conferite forti caratterizzazioni

alchemiche,e l’immagine del mostro fu legata a Frankenstein dai vignettisti politici per tutto il resto del

secolo.

Proprio una di queste produzioni teatrali è alla base del primo film su Frankenstein, del 1910, il cui Mostro

viene mostrato come generato da una sorta di calderone alchemico. Il punto di svolta avviene con le grandi

produzioni hollywoodiane che fissarono indelebilmente l’immagine (o forse lo stereotipo) del mito: il celebre

film di James Whale fu realizzato dalla Universal (che aveva appena registrato un grande successo con

Dracula interpretato da Bela Lugosi) nel 1931 con l’interpretazione di Boris Karlof. Il capo tagliato

orizzontalmente, la cicatrice sulla fronte a sottolineare l’innesto del cervello, il colorito cadaverico, elettrodi

impiantati nel collo, cerone. Questa muta, patetica ma minacciosa figura diventerà l’immagine di

Frankenstein (operando definitivamente l’identificazione del nome con la creatura e non con il creatore) di

quasi tutte le produzioni (di massa e non, di serie A fino alla serie Z) successive.

Seguono quindi “la moglie di Frankenstein” “il figlio di Frankenstein” “il cervello di Frankenstein” “la casa

di Frankenstein” rivisitazioni parodiche come il celebre “Frankenstein Junior” (che fu realizzato usando

attrezzature e materiali del Frankenstein di Whale).

La versione di James Whale non è tratta direttamente dal romanzo bensì dal dramma appena messo

in scena con successo a Londra, Frankenstein: An Aventure in the Macabre.

La storia si apre non con Walton ma con Henry (e non Victor) Frankenstein e il suo assistente Fritz,

che riesumano da un cimitero un cadavere da poco sepolto. La scena della creazione, alla presenza

di tutti i personaggi principali della vicenda, avviene dopo che abbiamo visto Fritz rubare un

“cervello criminale” dalla scuola di medicina. Insultato e drogato il Mostro fugge, ritorna nel giorno

Page 12: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

delle nozze di Frankenstein (come nel romanzo), per trovare la morte nel fuoco in un mulino a

vento in fiamme.

Le differenze rispetto al romanzo sono lampanti, ma ciò che risulta più interessante sono due

elementi di banalizzazione della storia di Shelley. Nel film di Whale infatti, la catastrofe finale della

morte quasi contemporanea di Victor e del Mostro viene sostituita da un happy-end finale (il

Mostro muore, Henry si salva e può sposarsi con Elizabeth) che da un lato si inscrive nella

tradizione gotica, ma dall’altro costituisce una palese opera di banalizzazione ad uso e consumo

delle mere esigenze di mercato.

La stessa figura del mostro subisce una medesima opera di banalizzazione: nel romanzo di Shelley

abbiamo di fronte un assemblaggio artificiale che costituisce un chiaro esempio di quella “tabula

rasa” di cui parla John Locke; il mostro non ha opinioni innate, è un autodidatta che deve

apprendere tutto attraverso l’esperienza diretta, egli vive uno stato di incoscienza su cui tutto deve

essere ancora scritto. In questo senso egli è anche espressione dell’idea romantica di umana

innocenza associata a Jean-Jacques Rousseau (e ripresa, per esempio, da Leopardi soprattutto la sua

prima produzione lirica e nei primi anni di scrittura dello Zibaldone). Egli è quindi di natura

potenzialmente positiva, agile, istruito e dall’ottimo eloquio, le caratteristiche demoniache e bestiali

emergono solo in un secondo momento. La figura di Boris Karlof è invece un gigante subnormale18,

dai movimenti impacciati, muto, incolto, ontologicamente crudele, ontologicamente cattivo per un

mero scambio di cervelli, un escamotage narrativo tanto banale quanto riduttivo.

Medesima sorte subisce la figura di Victor che viene presentato con lo stereotipo dello “scienziato

pazzo” o del “ricercatore faustiano19” a seconda delle convenienze i cui echi sono rintracciabili nel

Dott. Stranamore di Kubrick, nello scienziato di “Ritorno al Futuro” fino al Dott. House,

protagonista dell’omonima serie televisiva.

Quest’esigenza di riduzione a stereotipi da un lato è insita nelle grammatiche dei moderni media di

massa, che funzionano proprio attraverso l’utilizzo di materiale banale e ben riconoscibile, ma

dall’altro può anche indicare la volontà della società contemporanea di relegare l’immagine

archetipale di Frankenstein in una dimensione di “sicurezza”: quel mostro in fondo non ci fa più

così tanta paura perché è diventato la macchietta di se stesso, i nostri sensi di colpa si dissolvono

nella sua condanna, che esclude, in fondo, la nostra.

                                                                                                                         18  Vedi  fig.  1  

19  Vedi  fig.  2  

Page 13: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

Fig.1 Il Dott. Xabaras (anagramma di Abraxas, uno dei nomi del Diavolo) è il principale

antagonista della serie fumettistica Dylan Dog, edita dalla Sergio Bonelli Editore. Qui appare nel

numero 1 (del 1986) intento a sintetizzare un siero, che poi si rivelerà un particolare virus, che

iniettato nei cadaveri riesce a ridestarli, trasformandoli in non-morti

Page 14: ETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY · PDF fileETICA E TECNICA NEL FRANKENSTEIN DI MARY SHELLEY Di Emiliano Gennaro matr. 963193 In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato

Fig. 2 Il Frank di Carletto il principe dei mostri, serie anime giapponese del 1968 e del 1980, è una

parodia del Frankenstein di James Whale: maggiordomo della casa dei mostriciattoli, è d’animo

sensibile, incline al pianto e si esprime spesso con un linguaggio incomprensibile

BIBLIOGRAFIA CRITICA

C. CORTI, Sul discorso fantastico. La narrazione nel romanzo gotico, Ets Editori, Pisa, 1989

G. GALILEI, Il Saggiatore, in Opere di Galileo Galilei (a cura di F. BRUNETTI), UTET, Torino, 1980

M. PRAZ, Frankenstein, introduzione, BUR, 2013

G. STABILE, scienza e disincantamento del mondo: poesia, verità, nulla in Leopardi, In Leopardi e il

pensiero scientifico, 14-16 maggio 1998 Roma

G. STABILE, puzzle e lego: l’enciclopedia e le sue forme, in Critica del testo: il canone alla fine del

millennio, III/1, 2000

J. TURNEY, Sulle tracce di Frankenstein. Scienza, genetica e cultura popolare, Edizioni di Comunità,

Torino, 2000