Età_Flavi

7
L’età dei Flavi Caratteristiche: Con la fine dell’anarchia militare, propria della dinastia Giulio-Claudia, il potere passò a Vespasiano, dando avvio alla dinastia dei Flavi, il quale comprese che era impossibile continuare a fidarsi dell’esercito per reggere il regno. Fu questa l'età di massima espansione dell'impero e insieme l'età in cui la forza vitale delle province supera quella dell'Italia, in cui il Senato era ormai largamente provinciale e in cui da un lato crebbe l'apporto culturale delle province romanizzate e, dall'altro, si fece più marcata l'indipendenza della cultura latina da quella greca. Sul piano politico i Flavi valorizzarono la centralità, in crisi, dell'Italia e stabilirono un rapporto meno conflittuale col Senato (con l'eccezione di Domiziano), sicché si preparò il passaggio al principato elettivo (scelta temporanea) con Traiano. Dopo l'anarchia dell'anno 69 d.C., Vespasiano riorganizzò lo stato e favorì un'opera di restaurazione culturale, che consisteva nell'assegnare una preminenza e una funzione di modello agli scrittori dell'età classica, quella di Cesare e di Augusto. In particolare, divennero punti di riferimento incontrastati Cicerone per la prosa e Virgilio per la poesia. A Virgilio guardarono una serie di narratori in versi quali Valerio Flacco, Silio Italico e Stazio. L'opera di quest'ultimo, e soprattutto la Tebaide, ebbe una particolare fortuna nel Medioevo, anche per la sua ortodossia virgiliana sul piano linguistico. Plinio il Vecchio Vita: Plinio il Vecchio nacque a Como nel 23-24 d.c. da una famiglia di rango equestre. Si trasferì a Roma per volere del padre, il quale volle dare un’ottima istruzione al figlio. Successivamente, grazie alle conoscenze della madre, riuscì ad ottenere l’incarico di ufficiale di cavalleria in Germania, dove trascorse tutta la sua giovinezza. Rientrato nuovamente a Roma, coprì delle cariche civili sotto il mandato imperiale di Vespasiano e di Tito, come ammiraglio della flotta di Miseno e consigliere privato dell’imperatore. Suo nipote, nonché figlio adottivo, Plinio il Giovane, ce lo presenta come un amante dello studio e della letteratura, che passava la sua vita ad osservare i fenomeni naturali, prendendo continuamente appunti. E fu proprio questa sua passione ad ucciderlo, morì nell’eruzione del Vesuvio del 79 d.c., che distrusse Pompei ed Ercolano, durante la quale stava facendo dei rilevamenti. Egli fu autore di numerose opere, di cui la gran parte è andata perduta, ma ne siamo a conoscenza grazie alle informazioni datici da Plinio il Giovane. L’unica opera pervenutaci è il Naturalis Historia, una sorta di enciclopedia in cui tentò di sintetizzare tutto il sapere scientifico del tempo. Naturalis Historia: L’opera è composta da ben 37 libri, trattanti temi di medicina, zoologia, biologia, cosmologia, geografia, mineralogia,

Transcript of Età_Flavi

Page 1: Età_Flavi

L’età dei FlaviCaratteristiche: Con la fine dell’anarchia militare, propria della dinastia Giulio-Claudia, il potere passò a Vespasiano, dando avvio alla dinastia dei Flavi, il quale comprese che era impossibile continuare a fidarsi dell’esercito per reggere il regno. Fu questa l'età di massima espansione dell'impero e insieme l'età in cui la forza vitale delle province supera quella dell'Italia, in cui il Senato era ormai largamente provinciale e in cui da un lato crebbe l'apporto culturale delle province romanizzate e, dall'altro, si fece più marcata l'indipendenza della cultura latina da quella greca. Sul piano politico i Flavi valorizzarono la centralità, in crisi, dell'Italia e stabilirono un rapporto meno conflittuale col Senato (con l'eccezione di Domiziano), sicché si preparò il passaggio al principato elettivo (scelta temporanea) con Traiano.Dopo l'anarchia dell'anno 69 d.C., Vespasiano riorganizzò lo stato e favorì un'opera di restaurazione culturale, che consisteva nell'assegnare una preminenza e una funzione di modello agli scrittori dell'età classica, quella di Cesare e di Augusto. In particolare, divennero punti di riferimento incontrastati Cicerone per la prosa e Virgilio per la poesia. A Virgilio guardarono una serie di narratori in versi quali Valerio Flacco, Silio Italico e Stazio. L'opera di quest'ultimo, e soprattutto la Tebaide, ebbe una particolare fortuna nel Medioevo, anche per la sua ortodossia virgiliana sul piano linguistico.

Plinio il VecchioVita: Plinio il Vecchio nacque a Como nel 23-24 d.c. da una famiglia di rango equestre. Si trasferì a Roma per volere del padre, il quale volle dare un’ottima istruzione al figlio. Successivamente, grazie alle conoscenze della madre, riuscì ad ottenere l’incarico di ufficiale di cavalleria in Germania, dove trascorse tutta la sua giovinezza. Rientrato nuovamente a Roma, coprì delle cariche civili sotto il mandato imperiale di Vespasiano e di Tito, come ammiraglio della flotta di Miseno e consigliere privato dell’imperatore. Suo nipote, nonché figlio adottivo, Plinio il Giovane, ce lo presenta come un amante dello studio e della letteratura, che passava la sua vita ad osservare i fenomeni naturali, prendendo continuamente appunti. E fu proprio questa sua passione ad ucciderlo, morì nell’eruzione del Vesuvio del 79 d.c., che distrusse Pompei ed Ercolano, durante la quale stava facendo dei rilevamenti. Egli fu autore di numerose opere, di cui la gran parte è andata perduta, ma ne siamo a conoscenza grazie alle informazioni datici da Plinio il Giovane. L’unica opera pervenutaci è il Naturalis Historia, una sorta di enciclopedia in cui tentò di sintetizzare tutto il sapere scientifico del tempo.

Naturalis Historia: L’opera è composta da ben 37 libri, trattanti temi di medicina, zoologia, biologia, cosmologia, geografia, mineralogia, botanica e agricoltura; venne pubblicata nel 77d.c e dedicata all’imperatore Tito. Il primo libro venne scritto dal nipote Plinio il Giovane, contenente la prefazione e una presentazione degli argomenti esaminati nei libri successivi, infatti espone anche le fonti, latine e straniere, cui Plinio il Vecchio aveva indicato in ogni libro, che testimonia la sua erudizione. L’enciclopedia di Plinio è di carattere teorico-culturale e non destinata dunque a una lettura continuativa, sennò per una consultazione. A dimostrazione di ciò, lo stile è disuguale e poco curato. Questo trattato si presenta come una raccolta di osservazioni sui fenomeni naturali e di una loro valutazione, ma non vi è alcuna traccia di una loro critica tipica di ogni scienziato. Per tale ragione l’opera manca di scientificità, anche se si rivela più superiore rispetto a quella di Seneca, il quale finì per spiegare i fenomeni naturali filosoficamente, mentre Plinio assunse un carattere empirico si limitò semplicemente ad esporre le proprie osservazioni, senza voler accrescerle con la metafisica. Il suo obiettivo è puntato tutto sull’uomo, infatti lui non si limita ad analizzare i fenomeni naturali in sé, ma come vengono sfruttati dall’uomo, ricollegandosi alla filosofia stoica della prima età imperiale.

QuintilianoCaratteristiche: Quintiliano è l’intellettuale dell’età dei flavi, che meglio ne esprime le tematiche e le aspirazioni letterarie. Egli assunse un ruolo importante nell’impero romano con l’ascesa del potere di

Page 2: Età_Flavi

Vespasiano, il quale comprendendo l’importanza del controllo della cultura ai fini del consenso e alla formazione dei giovani, che avrebbero formato la classe dirigente, per una buona amministrazione statale,lo nominò come insegnante statale e divenne il primo insegnante pubblico stipendiato (100 mila sterzi). Elaborò una cospicua produzione letteraria, andata però perduta, come le orazioni pronunciate da avvocato e il trattato De causis corruptae eloquentiae, opera in cui analizzò il problema più dibattuto all’epoca, la crisi dell’eloquenza. Secondo Quintiliano, la crisi dell’eloquenza si doveva non alla situazione politica vigente o al restringersi delle libertà, ma bensì a un mancato buon insegnamento e a una riforma scolastica, per tale ragione si delinea come un’opera politica-scolatica. Nonostante ciò, l’opera che raccoglie tutto il suo pensiero è le Istitutiones oratoriae, i quali erano:

Formare un ceto di buoni amministratori, ossia funzionari responsabili Sostenitore del Classicismo, tipico dell’età augustea Rifarsi, dunque, a un canone di modelli (in particolare a Cicerone) con la tecnica dell’imitazione e

adeguandoli alla situazione contemporanea

Intellettuale: All’epoca di Quintiliano l’eloquenza era in crisi, poiché la sua pratica si era spostata dal senato alle scuole di declamazione, quindi con nessun collegamento con la realtà e dove non vi era quella libertà di parola tipica della res publica. Contemporaneamente si affermavano la retorica epidittica (celebrativa), in particolare la gratiarum actio, ossia il discorso che teneva il console come ringraziamento per la sua elezione, prima di assumere effettivamente la carica, e l’oratoria dei delatori, cioè quei casi sostenuti da coloro, che dietro una retribuzione, assumevano casi contro personaggi caduti in disgrazia presso la corte. Quintiliano cercò di dare una soluzione a tutto ciò, proponendo una riforma della retorica, il cui punto fisso era la lotta contro il neoasianesimo, attraverso l’imitazione del vecchio modello ciceroniano, il quale agli occhi di Quintiliano apparve il più degno per essere imitato. Allo stesso tempo si schiera contro lo stile di Seneca, il quale piuttosto di conformarsi come oratore si comportava come un filosofo, che non si occupa dello stile ma cerca solamente di conciliare le proprie tesi filosofiche, mentre Cicerone aveva sostenuto l’importanza della filosofia nella formazione del perfetto oratore. Nonostante ciò, egli ammise sempre il maggior successo che riscuoteva Seneca nei giovani, i quali però erano soggiogati dai difetti di questo. La contrapposizione di Quintiliano e Seneca è visibile solo a livello teorico, poiché a livello stilistico in Quintiliano troviamo una traccia dell’anima senecana e ben distante la convinnitas ciceroniana.

Istitutio Oratoria: L’opera è formata da 12 libri ed è dedicata a Vittorio Marcello, funzionario di Domiziano, con il fine di ben educare il proprio figlio Geta: il componimento affronta tutta la discussione riguardo all’educazione ed istruzione dei bambini fino a formare questi come degli intellettuali completi. L’istitutio Oratoria possiede un fine puramente pedagogico.

LIBRO I – II → argomento pedagogicoNel primo libro è una premessa per gli altri e illustra la distribuzione della materia nell’opera. L’autore affronta il tema della prima educazione del bambino e considera le varie tappe che lo fan acquisire, tramite l’insegnamento del grammatico, le capacità di scrivere e parlare bene. Nel secondo libro tratta il tema dell’insegnamento del retore, secondo cui l’alunno dove svolgere le letture-esercitazioni sugli scrittori più alti per apprendere uno stile più elevato

LIBRO III – IX → questioni tecnicheAnalizza i vari tipi di oratoria (politica, giudiziaria, epidittica) e l’ars dicendi, con tutte le sue componenti: l’inventio, la dispositivo, l’elocutio, ossia tutti quei strumenti che permettono a raggiungere una perfecta oratoria

LIBRO X → raccoglie un intero quadro panoramico sugli autori greci e latini, i quali sono adatti per le letture e l’imitazione

LIBRO XI → analizza le tecniche della memeoria e dell’actio LIBRO XII → tratteggia l’oratore ideale e sul rapporto che deve avere questo con il principe.

Contiene, inoltre, una digressione riguardo all’uso dell’eloquenza che questo deve fare all’interno del principato

All’interno dell’opera, Quintiliano da il primato all’eloquenza, ma con ciò non vuole porre in secondo piano le altre materie, le quali sono lo stesso importanti per la formazione dell’oratore, che deve possedere una formazione globale. Prima dell’istruzione, però è da impartire una buona educazione, in quanto

Page 3: Età_Flavi

l’insegnamento deve perseguire un precetto etico, in cui la formazione culturale è inseparabile da quella morale. Proprio da ciò, si riprende l’affermazione di Catullo, ripresa poi da Cicerone: “Vir bonus dicendi peritus” (= uomo integerrimo, esperto nell’arte di parlare in pubblico”, che rispondeva alle esigenze della res publica per il libero civis per difendere le libertà, ma anche a quelle del principato per il suddito fedele funzionario dell’imperatore. All’interno del suo componimento illustra i giusti metodi da applicare per l’educazione di un fanciullo:

Un’istruzione collettiva, che favorisce a stimolare l’intelligenza, il senso comune e l’imitazione Importante l’educazione impartita in ambito familiare Divieto del’uso delle punizioni corporali: il maestro si deve nutrire dei sentimenti di affetto e di

paternità verso i suoi allievi, il quale però non dovrà essere ne troppo permissivo ne autoritario, di conseguenza i maestri vanno scelti con cura, poiché non è solo tecnico ma anche educatore

Imitazione: nel libro X dell’opera, Quintiliano espone un’esposizione sistematica dei vari scrittori, che attraverso le loro letture migliorano la padronanza della lingua, suddivisi per generi. Questi autori dovranno essere presi come exempla e più di uno contemporaneamente, in quanto devono fungere da guide e da stimolo. Infatti gli exampla non devono fermare l’invettiva, quindi tramite l’imitazione si può attuare un superamento.

Vita: Marziale nacque attorno al 40 d.c. in Spagna, dove gli fu impartita un’ottima educazione, basata principalmente sulla grammatica e retorica. Decise di trasferirsi a Roma, in cerca di fortuna, all’età dei vent’anni. Qui si mise subito in contatto con le figure intellettuali di spicco di origine spagnola, le quali lo incoraggiarono ad intraprendere la carriera da avvocato. Tale mansione non era di buon gusto al letterato, che preferiva vivere da cliente, cioè donare omaggi, compagnia ed amicizia ai potenti, con i cambio da questi del cibo o denaro. Acquistò molta fama nell’80 d.c., quando con l’inaugurazione del Colosseo, da parte dell’imperatore Tito, egli scrisse il Liber de spetaculis, composto da 33 epigrammi in cui illustrava tutti i giochi che si erano svoltosi. Come ringraziamento, l’imperatore gli offri i benefici dello ius trium liberorum, ossia quei vantaggi che spettavano a un padre di famiglia di almeno tre figli (la particolarità è che Marziale non possedeva ne figli ne una compagna). Nell’84 d.c. scrisse poi gli Xenia raccolta di epigrammi in onore dei Saturnali, festività in cui vi era l’usanza di allestire un banchetto e agli invitati che non partecipavano si inviava un bigliettino, detto xenia, accompagnato da un componimento. Nello stesso periodo scrisse gli Apophoreta, che comprendeva dediche unite ai doni che l’ospite estraeva a sorte per i convitati al momento del comitato. Da allora iniziò a pubblicare un libro all’anno per circa un decennio, tra 86-96 d.c., arrivando a comporre 12 libri (raccolti poi nell’opera Epigrammata), quasi tutti in distici eligiaci. Nonostante la grande fama di Marziale, ottenuta con le varie opere, egli non possedeva una posizione economica agiata, poiché i profitti andavo al libraio con la vendita dei libri. Con la morte di Domiziano però, gli imperatori, quali Nerva e Traiano, non gli concedevano quell’importanza datogli sotto il mandato di Tito. Ormai stanco di questa situazione decise di ritornare nella sua città natale, la quale gli appariva troppo stretta per la sua portata e così morì nel 104 d.c.

Epigrammi: Gli epigrammi argomentavano temi di vario genere, al loro interno l’autore inserì oscenità (per attirare maggiormente il pubblico) e si ricreavano situazioni reali complesse della vita quotidiana, in cui vi si nota la mancanza dei valori, come l’onesta, ormai considerata come un ostacolo. I personaggi della sua opera sono personaggi dunque reali, i quali hanno un collegamento con il suo presente mascherato, però, da un nome finto, infatti Marziale evitò di attaccare direttamente i potenti. La mancanza dei valori fa nascere nell’autore un senso del ridicolo e da come scopo ultimo alla sua opera il riso, ottenuto dalla battuta finale: Marziale punta tutto sull’ironia, per cui si tratta di una comicità intellettuale. Per tali caratteristiche molti studiosi lo hanno disegnato come la “pecora nera” dell’età dei Flavi, poiché tramite l’uso dell’umorismo egli tratta argomenti della vita del tempo assumendo un carattere anticonformista, che si contraddistingueva da quello conformista assunto dagli altri autori (si adeguavano alla situazione sociale, per cui non dimostravano nessun mal contento, oppure rimanevano neutrali, dedicandosi ad altre campi, come ad esempio Plinio il Vecchio che si cimentò nella prosa scientifica). Tale affermazione può essere

Page 4: Età_Flavi

smentita eseguendo una profonda analisi la scelta del suo anticonformismo diventa puramente commerciale, infatti nelle sue opere non c’è una presa di posizione ma soltanto un buon lavoro di retorica e per ciò si dice che assuma un “umorismo di maniera”.

Età di TraianoCaratteristiche: Con la morte di Domiziano, in seguito a una congiura esordita nei suoi confronti, il principato romano passò a Nerva, indicato come successore dagli stessi congiurati. Nerva durante il suo mandato riuscì a instaurare in rapporto con il senato, aggiudicandosi in questo modo l’appoggio della nobilitas. Incontrò maggiori difficoltà nel creare un’intesa con l’apparato militare, con cui poi ci riuscì nominando suo successore Marco Ulpio Traiano, il quale lo adottò come figlio. Con tale provvidimento si apre una nuova era per Roma, dove ora l’imperatore non veniva nominato per sangue, quindi per discendenza, ma ben sì per le sue qualità: si passò da un sistema di tipo ereditario a uno di tipo adottivo. Traiano applicò una politica più moderata, distinguendosi nettamente dal dispotismo di Domiziano, presentandosi come un imperatore tollerante e illuminato. Grazie a queste sue particolarità, riuscì a instaurare un nuovo rapporto con gli intellettuali, i quali furono meno condizionati nello scrivere e più liberi nell’esprimere le proprie idee. Anche se la libertas non viene acquisita come diritto del cittadino, ma come distribuita dal princeps ai cittadini. Ciò in un certo senso pose un limite agli intellettuali fu la loro origine, cioè essi si formarono nell’età dei Flavi, di conseguenza ne furono sempre influenzati da quel clima che li riporta al classicismo che aveva caratterizzato gli anni di Vespasiano, Tito e Domiziano. Ecco perché Giovenale prova un amore malinconico, a causa del fatto che gli antichi mos maiorum sono andati ormai perduti, ma che per il suo pensiero rimangono le basi della dignitas dell’impero. Il legame esistente con Plinio il Giovane è ancora più stretto, in quanto egli fu un allievo di Quintialiano; di conseguenza per via dei suoi insegnamenti dovrebbe rivelarsi un intellettuale capace di conformarsi con la realtà, ma così non fu e costruisce teorie politiche inapplicabili. I generi più usati sono la storiografia e la satira.La storiografia verrà utilizzata da Tacito, il quale gli ridarà una valenza morale. Secondo Tacito, per la salvezza di Roma è necessario recuperare i buoni costumi tradizionali andati perduti, processo che poi è stato accentuato nell’età dei Flavi e Gens Iulio-Claudia con i sconvolgimenti sociali e politici. In questo modo la storiografia non deve auspicare a un semplice modello del passato ormai improponibile, ma deve eseguire una profonda analisi del potere imperiale (secondo Tacito simbolo di Tirannia), permettendo ai lettori di rispecchiarvi e comprendere meglio la situazione in cui vive. La satira verrà utilizzata da Giovenale, attraverso cui denuncia i mali che affliggevano Roma all’epoca. Infatti la sua satira si scaglia contro i ricchi e la lussuria, denuncia poi alcuni inconvenienti della città di Roma, diventata ormai una megalopoli.Per cui la satira e la storiografia era un mezzo di denuncia per quei problemi che colpivano gravemente l’impero e che se non risolti avrebbero portato a una sua dissoluzione, come infatti avvenne.

Plinio il GiovaneCaratteristiche: Plinio il Giovane visse a cavallo tra il passaggio dalla dinastia dei Flavi a quella di Traiano, di cui ne risentirà nelle sue opere. Egli avvierà la sua carriera politica, il corsum honorum, sotto il mandato di Domiziano, con il quale non ebbe un rapporto ben definito, poiché non si seppe opporsi al dispotismo di questo. Arrivò poi ai vertici della carriera con Traiano, che gli diede il consolato (in onore del quale compose il Panegyricus) e altre cariche maggiori. Con la morte di Domiziano, l’autore si conformo con quel atteggiamento di sollievo per l’ascesa al potere di Nerva e Traiano. La sua estrema raffinatezza gli fecero stringere una forte amicizia con l’imperatore Traiano, il quale prima l’incarico come consigliere personale e poi, come persona fidata, gli diede l’incarico di riassettare la provincia della Bitinia. Le lettere scambiate con Traiano rappresentano un importantissimo documento, da cui emerge il carattere dell’imperatore, la difficile situazione in Bitinia e la delicata discussione attorno ai cristiani. In tal senso si muove la lettera 96 del libro X dell’epistolario, dove l’autore chiede all’imperatore il comportamento da assumere con il cristianesimo, la nuova religione, e a cui risponde Traiano, affermando che non è possibile fissare una

Page 5: Età_Flavi

norma generale: si deve punire coloro che vengono denunciati (senza dar peso alle denuncie anonime) e chi confessa, ricordando che coloro che abiurano hanno il merito di ottenere il perdono. Il Panegyrucus: Il termine panegirico deriva da una parola greca, con cui si indicava il discorso di carattere elogiativo, pronunciato per varie festività: infatti, si tratta di una celebrazione di Traiano, per le sue qualità umane, abilità militari e politiche, dote morale. L’opera viene scritta in occasione della carica di consolato affidatagli dallo stesso imperatore nel 100 d.c. e consiste in una rielaborazione del discorso tenuto in senato, ispirandosi al modello ciceroniano. In quest’opera si nota la sua piena fiducia nell’imperatore, poiché considera il passaggio dal dispotismo oppressivo di Domiziano alla carriera militare di Traiano come una salvezza. Si evidenzia sempre l’atteggiamento di devozione nei confronti del princips, intonato da un carattere sobrio e misurato, allontanando ogni forma di servilismo.