Età Augustea e Virgilio
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Età AugusteaAugusto prende il potere nel 30 a.C., sino al 14 d.C.
Inizia con lui l’Impero di Roma
Egli si fa chiamare Princeps, ma vuole essere considerato un Primus inter pares
Seppur sia un imperatore, non viene chiamato Imperator, se non in ambito militare
Risistemazione dello StatoSi dedica alla ristrutturazione dell’Impero in ambito:
Architettonico - Edilizio : Risistemazione delle Strade e dei Monumenti
(Infrastrutture)
Giudiziario: istituisce il Prefetto del Pretorio, in modo che vegli sull’Imperatore
Territoriale: Formazione delle Provinciae
Economico : attua la Coniazione di nuove Monete
Amministrativo (del Denaro) : Istituzione di
Legislativo : Creazione delle Leges Iuliae (leggi già contenute del Codex Iuris Civilis di
Giustiniano) con cui pone l’accento sul valore del Mos maiorum
Intromissione nella LetteraturaAugusto chiede collaborazione a propagandare il Mos maiorum e a tessere le sue Lodi in cambio di un finanziamento
CAESARIS (sotto il diretto controllo di Augusto)
POPULI (governate dai Proconsoli)
Oro e Argento - emesse dall’Imperatore
Bronzo - emesse dal Senato
FISCUS (cassa dell’Imperatore) – Denaro Provinciae Caesaris
AERARIUM (cassa dello Stato) – Denaro Provinciae Populi
Finanzia i letterati attraverso i CIRCOLI di 1. MECENATE 2. ASINIO POLLIONE
Altro circolo dell’epoca: 3. MESSALLA CORVINO - Poeti “ribelli” che scrivevano d’altro (quindi non finanziati dall’imperatore e non conosciuti)
I poeti di quest’epoca preferiscono la Poesia BREVE ma RAFFINATA
concezione ripresa dalla Poesia Ellenistica CALLIMACO
(in Aitia dice che la lunghezza è un grande male) concezione ripresa anche dai Neoteri (Catullo)
- Per questo motivo c’è una decadenza del genere Tragico ed Epico, considerati pesanti ed impegnativi
- I 3 poeti facenti parte del circolo di Mecenate (Properzio, Virgilio, Orazio) li rifiutano scrivendo le RECUSATIONES (da recusatio, rifiuto)
Publio Virgilio MaroneLa sua Biografia ci è pervenuta grazie ad Elio Donato
(grammatico del IV secolo d.C), che in un commento all’Eneide
ha premesso una piccola biografia dell’autore, considerata la più attendibile
BiografiaNasce ad Andes (Mantova) nel 70 a.C.Nel 42 vengono espropriati i suoi terreni per essere distribuiti ai veterani dopo la battaglia di Filippi (ne parla nelle Bucoliche)Si traferisce con la famiglia a Roma, dove studia Retorica, ed in seguito a Napoli, dove si dedica allo studio della Filosofia Epicurea
Propaganda degli ideali del Princeps
Cavaliere Etrusco del I secolo a.C., diventato per Antonomasia colui che ospita, protegge e
finanzia gli intellettuali
Vi si programmavano delle Letture pubbliche per avere il parere degli altri
intellettuali (RECITATIONES)
Da Bukolikà“Canti dei Pastori”
Si reca in Grecia per compiere delle ricerche, ma a Megara si ammala e muore a Brindisi nel 19 a.C.
Opere:Virgilio dedicò tutta la sua vita alla composizione delle sue opere
1. Bucoliche – scritte fra il 42 e il 39 a.C. (poiché si parla dell’esproprio dei suoi terreni)
2. Georgiche – scritte fra il 38 e il 30 a.C. (poiché c’è la dedica a Mecenate, del cui circolo era entrato a far parte in quegli anni)
3. Eneide – scritta fra il 30 e il 19 a.C. (dedica gli ultimi anni della sua vita a scriverla, sino al 19 a.C., quando chiede all’amico Vario di bruciarla perché imperfetta, ma egli conserva gli scrinia in cui è contenuta e la fa pubblicare)
4. Appendix Vergiliana – Raccolta di testi teatrali e poetici non autentici, relegati in fondo ai manoscritti per la loro non autenticità già riconosciuta dai monaci Amanuensi
Bucoliche10 canti Bucolici
“ECLOGAE”
Modelli Poeta TEOCRITO (III secolo a.C.) 20 Epigrammi e 30 Idilli 10 BUCOLICI
Caratteristiche
Ambientazione
Campagna (Locus Amoenus) in cui inserisce tratti delle terre Mantovane
Stile
Ambientazione in un LOCUS AMOENUS (Presenza di Acqua, Vegetazione Verdeggiante – richiama l’Arcadia) Argomenti Vari, Quotidiani (Amore, ecc..) Stile Semplice ma Ricercato Metrica greca
si identifica con Virgilio
Per Virgilio è FUROR – Pazzia – incontrollabile e negativo
« Omnia vincit Amor; et nos cedamus Amori » (X, v. 69)
Il Puer viene identificato dai Cristiani con il Messia e per questo Virgilio nel Medioevo veniva considerato un
Profeta
Dante, infatti, lo considera la guida ideale per l’oltretomba (a causa di quella concezione medioevale)
Da Gheorgòs“Canti dei Contadini”
Semplice ma Elaborato (con un Lessico scelto) in Esametri
Struttura Simmetrica
RiferimentiNella 1a Ecloga c’è un riferimento alla VITA di Virgilio : ESPROPRIO dei terreni del 42
Si parla di due pastori rimasti vittime della confisca dei loro campi Titiro e Melibeo
Nella 2a e nella 10a ci sono dei riferimenti all’ AMORE
Nella 4a Ecloga c’è un riferimento all’avvento di un PUER che porterà Pace e Prosperità
Nella 6a (all’inizio) c’è una RECUSATIO, con la quale rifiuta la Poesia Epica
GeorgichePoema Epico Didascalico
4 Cantiin Esametri
Modelli Lucrezio – Poema Epico Didascalico
DISPARI sono in forma MIMICA (Dialoghi con botta e risposta)
PARI sono in forma NARRATIVA (Racconti in 3a persona)
Esiodo – “Le opere e i Giorni”, da cui prende il Calendario dei lavori che deve compiere il contadino durante l’anno
Stile
INNALZATO - si tratta di un Poema Epico Didascalico
Argomenti1. Coltivazione dei Cereali e Meteorologia (nei primi versi è sintetizzato il contenuto dei 4 libri)
2. Coltivazione degli Alberi e della Vite3. Allevamento4. Apicoltura
Struttura(esempio di Poesia Alessandrina)
Simmetrica
RiferimentiC’è un riferimento a LUCREZIO: si complimenta per l’opera complessa, ma prende le distanze dicendo che non si deve sdegnare il lavoro nei campi (dato che è la radice di Roma) + -
All’inizio del 3o libro c’è la RECUSATIO di scrivere un Poema Epico
DigressioniAMORE (3° libro) : inteso come Furor (pazzia) che può sfociare nella Dementia (De + mens – “uscire dalla razionalità”)
Virgilio lo applica alla vita agreste e sostiene che i Bovini non devono cedervi e accoppiarsi esageratamente, poiché finiscono per impazzire e morire
MORTE (fine 3° libro) : si parla della Pestilenza del Norico che colpisce gli animali (la sua descrizione richiama moltissimo quella di Lucrezio sulla Peste)
Concezione del Lavoro agresteNelle Georgiche il lavoro assume una sua DIGNITÀ (prima era considerato una Punizione divina inflitta all’uomo).
NEGATIVE
POSITIVE
1 Guerra Civile
3 Morte
2 Laus Italiae – Fecondità dell’Italia
4 Vita e Rinascita (Bugonia – rinascita delle Api)
EURIDICE API
RITO della BUGONIA per espiare la colpaDISCESA negli Inferi con risalita
Attraverso la POESIA d’AMORE
Raffina la cultura dei cittadini
Attraverso l’AGRICOLTURA
Produce i mezzi di sostentamento primari
Attraverso la POESIA d’AMORE
Raffina la cultura dei cittadini
DISCESA negli Inferi con risalita
Il lavoro è POSITIVO, nobilita l’uomo, è il modo che egli possiede per riscattarsi.
Mito di Orfeo ed Euridice (IV libro)
Incastonato in un’altra storia, quella del pastore Aristeo (protagonista del 4° libro)
Viene colpito da un lutto – perdita delle Api
Chiede quale sia il motivo di questa disgrazia a Pròteo, dio multiforme e profeta:
E’ colpevole della morte di Euridice che, scappando dal pastore che voleva possederla, viene morsa da un serpente
Poetica Insegnare che il Lavoro nei campi vince sull’Amore (del tutto inconsistente)
Spiegata con questo mito:
Aristeo, portavoce della poesia dei campi, vince su Orfeo, portavoce della poesia Amorosa
Analogietra Orfeo ed Aristeo
(Gian Biagio Conte)
Entrambi vengono colpiti da un
LUTTO
Devono affrontare una PROVA per recuperare il perduto
Hanno VALENZA CIVILIZZATRICE
EneidePoema Epico in Esametri
(30 / 19 a.C.)
12 Libri
FontiEPICA STORICA ROMANA
- Bellum Poenicum di Nevio – è il primo a identificare l’abbandono di Didone innamorata come la causa dell’odio tra Romani e Cartaginesi – Virgilio riprende questa concezione e la sviluppa nel suo poema - Annales di Ennio
EPICA CLASSICA - Odissea - Iliade - Argonautiche di Apollonio Rodio -
Virgilio, da qui, prende spunto per la figura di Didone Elaborata Profonda Diventa voce narrante che va a coincidere con l’opinione dell’autore
“Storie degli Argonauti”, guidati da Giàsone alla ricerca del Vello d’oro; arrivano in Colchide, dove riescono a sottrarlo al re grazie all’aiuto della strega Medea. Giàsone e Medea si sposano, ma lei viene in seguito abbandonata perché barbara e quindi malvista dai Romani
La drammatica storia viene ripresa e continuata da Euripide nella Tragedia “Medea” (presa dalla follia per l’abbandono, fa a pezzi i figli e li manda a Giàsone)
insolito per l’Epica,
trattandosi di una donna
58 di questi sono chiamati Tibicines, che facevano da sostegno provvisorio, poiché Virgilio
si riservava di metterli a posto in un secondo momento (INCOMPLETEZZA) e vi sono molte
parti uguali (RIPETIZIONI),ma è tipico, comunque, dell’Epica
Dall’ 1 / 6viene ripresa
l’ODISSEA
Peripezie di Enea
Dal 7 / 12viene ripresa
l’ILIADE
Guerre con i popoli del Lazio
ArgomentiPoema che parla delle Origini - carattere Eziologico
1. Arrivo a Cartagine2. Racconto della caduta di Troia ai Cartaginesi3. Racconto dell’avventuroso viaggio verso l’Italia4. Amore tra Enea e Didone (e sua morte)5. Approdo in Sicilia e Giochi funebri per il padre Anchise6. Catabasi con la Sibilla cumana 7. Guerre in Lazio8. Alleanza con Evandro9. Morte di due amici combattenti10. Morte di Pallante11. Morte di Camilla12. Scontro finale tra Enea e Turno
Ripresa dei Tòpoi classici (e loro Innovazione)
CATABASI – Enea entra nei Campi Elisi, viene istruito sul suo compito da Anchise, che gli mostra i suoi discendenti, tra cui AUGUSTO
DONNA INNAMORATA - con Profondità psicologica - causa dell’inimicizia tra Cartagine e Roma - identificata attraverso l’epiteto Infelix o Furens EROE ENEA ( ≠ eroe epico classico che mira alla Gloria individuale) - ha importanza COLLETTIVA e FUTURA - sacrifica sé stesso e l’Amore che prova per Didone per fondare Roma - possiede la virtù della PIETAS e le altre caratteristiche del BUON ROMANO - identificato attraverso l’epiteto Pius Aeneas
con questo espediente tesse le lodi al suo Princeps, proprio come gli era stato richiesto, e viene sintetizzata la politica di Augusto nei versi
"...tu regere imperio populos, Romane, memento(hae tibi erunt artes), pacique imponere morem,parcere subiectis et debellare superbos" (VI libro)
- Rispetto per la Famiglia- Senso della Patria- Devozione verso gli Dèi
“Erga Patres, erga Patria, erga Deos”
Flashback alla corte di Didone
- Genitivo in -ai- ARCAISMI- COMPOSTI (come “Arnipotens”)
- AGGETTIVAZIONE altisonante (“Magnus/ingens”)
- uso della PARATASSI (come nello stile Epico)
- uso di EPITETI FORMULARI- uso di Figure Retoriche di Suono, come l’ENJAMBEMENT- ANASTROFI- IPERBATI
StileVi è un progressivo INNALZAMENTO dello stile
Arriva ad essere SUBLIME
Figura di EneaEnea è importante all’epoca di Virgilio perché
- Figlio di VENERE- EROE (ha combattuto molte guerre uscendone vittorioso)- Progenitore della GENS IULIA- Abbandona l’Amore per seguire il Fato e combatte per il futuro del suo popolo
IV LibroSorta di Digressione sull’AmoreIn cui l’Amor è inteso come Furor (Pazzia), sentimento IRRAZIONALE che distoglie l’uomo dai suoi obiettivi
Struttura (IV Libro) : :
Diviso in 3 parti: 1. 1 – 170 Inizio della Storia d’Amore 2. 170 – 390 Rottura del Rapporto 3. 390 – 700 Dramma dell’Abbandono
Progressivo Aumento del Numero dei versi
corrisponde
Aumento del Pathòs
(Tipico della Tragedia)
453
455
460
465
Orfeo ed Euridice(Georgiche, IV)
«Non te nullius exercent numinis irae;magna luis commissa: tibi has miserabilis Orpheushautquaquam ob meritum poenas, ni fata resistant,suscitat, et rapta graviter pro coniuge saevit.Illa quidem, dum te fugeret per flumina praeceps,immanem ante pedes hydrum moritura puellaservantem ripas alta non vidit in herba.At chorus aequalis Dryadum clamore supremosimplerunt montis; flerunt Rhodopeiae arcesaltaque Pangaea et Rhesi Mavortia tellusatque Getae atque Hebrus et Actias Orithyia.Ipse cava solans aegrum testudine amoremte, dulcis coniunx, te solo in litore secum,te veniente die, te decedente canebat.
(453) L’incipit è la rivelazione di Pròteo: Aristeo ha suscitato la grande ira di un grande dio e l’indeterminazione di entrambe rende ancora più temibile la condizione del contadino(454) Lŭis – dal verbo Lŭo, lŭis, lui, lŭĕre – Scontare una pena(454) Has: Iperbato(455) Hautquaquam ob meritum: Anastrofe(456) Suscitat: Anastrofe (verbo lontano dal suo soggetto, Orpheus) (456) Coniuge: Euridice – il suo nome non viene pronunciato, dal momento che era troppo noto ai lettori; Virgilio dà per scontato che si conosca la storia, che aveva una grandissima fama all’epoca (457) Dum…fugeret: Dum + congiuntivo = Finale(459) In 10 versi racconta tutta la vicenda in modo rapido e denso: - la colpa di Aristeo - il cieco terrore di Euridice inseguita - la deplorazione per la sua morte (moritura puella) - l’insidia mortale(460) Dopo aver designato sinteticamente la storia, passa direttamente alla conseguenza: le grida(460) Dryadum: Driadi, Ninfe dei boschi – da drys, “Quercia”(461) Montis: Montes – Arcaico per innalzare lo stile
(461) Fa parte della Poesia Alessandrina identificare la terra d’origine citando gli elementi che vi si trovano e i miti su di essa. Tracia, patria di Orfeo:
Riferimenti Geografici ed Etnici: Monti (Rodope, monti Pangei), Fiumi (Ebro), Popolazioni (Geti), Personaggi mitici (Reso)
Riferimento Mitologico: “Attica Orizia”, Orizia venne rapita e trasportata in Tracia da Borea, gelido vento del nord innamorato di lei
Riferimenti Geografici che si intrecciano ai riferimenti Mitologici – RAFFINATEZZA
(462) Mavortia: da Mavors, Arcaico di Mars (Marte), dio della guerra(462) Rhesi Mavortia tellus: Perifrasi per identificare la Tracia, patria di Reso(463) Actias: Arcaismo per Attica(464) Cava testudine: Mercurio ricavò la cetra da un guscio di testuggine vuoto e ne insegnò l’uso agli uomini(465) Te..te..te..te: Anafora per sottolineare che Orfeo può solo cantare il rimpianto d’Amore e il suono è come un’eco che si propaga senza che nessuno l’ascolti e senza che l’amata ritorni da lui
«Le ire di un qualche nume ti perseguitano;grave è la colpa che tu sconti. E’ l’infelice Orfeo che
contro di te suscita questi castighi per nulla pari a ciò che meriti e incrudelisce per la coniuge sottrattagli.
Quella certamente, mentre fuggiva a precipizio da te, lungo un fiume, fanciulla destinata a morire, non vide,
davanti ai suoi piedi, un enorme serpente fermo in agguato sulla riva, nell’erba alta. Ma il coro delle
coetanee Driadi riempì di grida le cime dei monti più alti; piansero le vette del Ròdope, l’alto Pangeo e la
terra guerriera di Reso, e i Geti e l’Ebro e l’Attica Orinzia. Ed egli, per consolare l'amore doloroso, con la
cava testuggine (cetra) cantava te, o dolce sposa, te nella spiaggia deserta, con sé stesso, cantava te alle
prime luci del giorno, te al tramonto.
467
470
475
480
485
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Taenarias etiam fauces, alta ostia Ditis,et caligantem nigra formidine lucumingressus, Manisque adiit regemque tremendumnesciaque humanis precibus mansuescere corda.At cantu commotae Erebi de sedibus imisumbrae ibant tenues simulacraque luce carentum,quam multa in foliis avium se milia condunt,vesper ubi aut hibernus agit de montibus imber,matres atque viri defunctaque corpora vitamagnanimum heroum, pueri innuptaeque puellae,impositique rogis iuvenes ante ora parentum,quos circum limus niger et deformis harundoCocyti tardaque palus inamabilis undaalligat et novies Styx interfusa coercet.
(467) Inizia la discesa di Orfeo negli Inferi, che passa da uno degli ingressi all’Ade: Taenariae fauces (il Tenaro è un promontorio del Peloponneso), ma Virgilio tralascia la parte della richiesta di discesa(468) Lucum: termine Aulico, di ambito Religioso(469) Manisque – Manes,is – “Dèi Mani”– era un Epiteto Eufemistico per indicare i morti e gli spiriti maligni, in modo da ingraziarseli e renderli propizi (infatti Manis = Sinonimo arcaico di Bonus) – “i Buoni”(469) Regemque tremendum: Plutone/Ade, figlio di Crono e Rea, chiamato anche Dite. Sua moglie è Persèfone (Prosèrpina) figlia di Demetra (Cèrere), rapita dallo stesso dio delle tenebre(472) Tenuis: “Impalpabili”, riferito alle ombre (così dice anche Omero) - L’oltretomba virgiliano conserva i tratti di quello omerico e questo perché era frequente il tòpos della Catabasi (Discesa negli Inferi), presente nell’Odissea nell’ 11° libro, nell’Eneide nel 6° (480) Noviens: 9 volte
Quin ipsae stupuere domus atque intima LetiTartara caeruleosque implexae crinibus anguisEumenides, tenuitque inhians tria Cerberus ora,atque Ixionii vento rota constitit orbis.Iamque pedem referens casus evaserat omnis,redditaque Eurydice superas veniebat ad auraspone sequens (namque hanc dederat Proserpina legem),cum subita incautum dementia cepit amantem,ignoscenda quidem, scirent si ignoscere manes:restitit, Eurydicenque suam iam luce sub ipsaimmemor heu! Victusque animi respexit. Ibi omniseffusus labor atque immitis rupta tyrannifoedera, terque fragor stagnist auditus Averni.
Persino nelle gole tenarie egli entrò, alte porte di Dite, nel bosco scuro di nera paura
e giunse sino ai Mani e al tremendo sovranoe ai cuori che non sanno intenerirsi nemmeno con le
preghiere degli uomini. Ma, da quel canto commosse, giungono dalle sedi più
profonde dell’Erebo le ombre e le parvenze più leggere delle anime prive di luce, quante sono le migliaia di
uccelli che si rifugiano fra le foglie quando la sera o la pioggia invernale li fa scappare dai monti,
madri e uomini e corpi privi di vita di generosi eroi, fanciulli, fanciulle ignare di nozze
e giovani messi al rogo dinanzi allo sguardo dei genitori, li circonda(no) il fango nero e l’orrido canneto di Cocito e la
sgradevole palude dall’onda ristagnantee li stringe Stige che scorre in mezzo, avvolto in nove giri.
E anzi, si fermarono (dallo stupore) le stesse regge della morte e gli abissi del Tartaro, e le Eumenidi, con
i capelli intrecciati di serpenti cerulei, e Cerbero, attonito, tenne aperte le 3 bocche, e si fermò, con il
vento, la ruota su cui gira Issìone. E già riportando indietro il piede che aveva superato
ogni ostacolo ed Euridice, restituita, saliva verso la superficie terrestre seguendolo alle spalle (infatti
Proserpina aveva stabilito questa condizione), quando all’improvviso la pazzia prese l’incauto
amante [da perdonarsi certamente se i Mani sapessero perdonare]: si fermò, e già la luce era
vicina. [Immemore, ahimè, sconfitto dalla passione, volse indietro lo sguardo alla sua Euridice!]. In quel
momento tutta la fatica divenne inutile e furono rotti i patti con lo spietato tiranno, fu udito per tre volte
un tonfo negli stagni Averni.
495
Illa «Quis et me» inquit «miseram et te perdidit, Orpheu,quis tantus furor? en iterum crudelia retrofata vocant, conditque natantia lumina somnus.Iamque vale: feror ingenti circumdata nocteinvalidasque tibi tendens, heu non tua, palmas».
(481) Stupuere: “Meravigliarsi, bloccarsi per lo stupore”(482) Caeruleosque angues: Accusativo di Relazione (484) Issione è un personaggio mitologico che venne condannato ad essere affisso ad una ruota che gira in eterno per la sua tracotanza (voleva possedere Giunone, ma ne è riuscito ad abbracciare solo l’immagine) (485) Sulla via del ritorno Orfeo non sa resistere alla tentazione di girarsi, violando così la condizione che gli era stata imposta(486) Eurydice: è nominata qui per la prima volta(488) Dementia cepit amantem: Orfeo è preso dalla dementia, in quanto innamorato(489) [Ignoscenda quidem, scirent si ignoscere manes]: “Intromissione dell’autore” - Apostrofe di Virgilio che esprime Solidarietà; cerca la Compartecipazione Emotiva del lettore (sua caratteristica tipica), soprattutto se si parla di personaggi femminili, perché egli è, sì, un poeta epico, ma in lui rimane quella sensibilità tipica della poesia d’Amore. Ha una concezione negativa dell’Amor, ma riesce a rappresentare alla perfezione ed in modo profondo il dolore e la tragicità che si avvolgono intorno ad esso (anche nelle vicende dell’infelice Didone userà la stessa delicatezza) (490) [Eurydicenque suam iam luce sub ipsa immemor heu!]: Apostrofe in cui il nome di Euridice viene affiancato da suam, poiché è vicino alla luce e Orfeo la sente già vicina a sé, sua. (493) Terque fragor : il richiamo dell’Ade sono 3 colpi (appartiene alla tradizione)(494) «Quis et me»: Discorso diretto (“discorso nel discorso”) per creare una teatralizzazione e maggiore drammaticità dell’evento, in modo che diventi più coinvolgente(496) Lumina: Metonimia per “occhi” – attraverso la luce degli occhi si delineano proprio questi ultimi(497) Vale: Saluto con il quale si lasciano, rassegnati al loro destino e distrutti dal sentimento che li aveva uniti(498) Heu non tua: il possessivo tua si oppone drammaticamente a suam(498) Palmas: Sineddoche (per delineare le mani utilizza i palmi)
Dixit et ex oculis subito, ceu fumus in aurascommixtus tenuis, fugit diversa, neque illumprensantem nequiquam umbras et multa volentemdicere praeterea vidit; nec portitor Orciamplius obiectam passus transire paludem.Quid faceret? quo se rapta bis coniuge ferret?quo fletu manis, quae numina voce moveret?Illa quidem Stygia nabat iam frigida cumba.Septem illum totos perhibent ex ordine mensisrupe sub aeria deserti ad Strymonis undamflesse sibi, et gelidis haec evoluisse sub astrismulcentem tigris et agentem carmine quercus:qualis populea maerens philomela sub umbraamissos queritur fetus, quos durus aratorobservans nido implumis detraxit; at illaflet noctem, ramoque sedens miserabile carmenintegrat, et maestis late loca questibus implet.
E quella disse «Chi mandò in rovina me misera e te, Orfeo, quale tanto grande pazzia? Per la seconda
volta i crudeli fatti mi chiamano indietro e il sonno chiude gli occhi smarriti. E allora addio; sono
trasportata via, avvolta da una notte immensa tendendo a te le mani senza forze, ahimè, non più
tua».
Disse queste parole e subito lontano dagli occhi fuggì nella direzione opposta, come fumo misto all’aria
lieve, né vide più quello che cercava di prendere l’ombra e (che) voleva dirle ancora molte cose; né il trasportatore dell’Orco gli permise di attraversare la
palude che era un ostacolo. Che cosa avrebbe potuto fare? Dove andare, sottrattagli due volte la sposa?
Con quale pianto commuovere i Mani? Quale divinità affascinare con il canto? Quella certamente navigava
già fredda sulla barca di Stige. Raccontano che per sette mesi interi, uno dopo l’altro, quello, sotto
un’altra rupe presso le acque del deserto Strimone, pianse con sé stesso e continuò a raccontare questa
storia, nelle grotte gelide, addolcendo le tigri e muovendo le querce con il suo canto: come un
usignolo triste sotto l’ombra del pioppo lamenta dei pulcini perduti che il crudele contadino, avendoli visti,
ha sottratto ancora implumi dal nido; ma quella piange di notte sedendo su un ramo, ripete il
miserabile canto e riempie largamente i luoghi di tristi lamenti.
(499) Ceu fumus: Immagine dell’amata che si dissolve come fumo (presa dal mondo della natura)
Tipiche caratteristiche che fanno parte della sensibilità di Virgilio: - Similitudini con il mondo della Natura (1) - Tendenza ad Identificare lo Stato d’animo con il paesaggio (2) Vengono riprese anche da altri autori successivi - Dante (1): nel canto V dell’Inferno descrive i Lussuriosi come uccelli che vengono sbatacchiati qua e là nel canto III dell’Inferno descrive i dannati che salgono sulla barca di Caronte come foglie - Tasso (2): nella Gerusalemme Liberata si nota lo stato d’animo dei personaggi anche nei paesaggi
(500) Diversa: Participio di Diverto, da Vorto – Dirigersi nella parte opposta(501) Orfeo le tende le mani, cerca di abbracciarla invano, ma non stringe altro che ombre(502) Portitor Orci: Caronte(505) Moveret: Zeugma – verbo che regge 2 frasi con il costrutto leggermente diverso(507) Septem…totos…menses: Complemento di Tempo continuato; si trova staccato per esigenze poetiche(507) Ex ordine: elemento che rende l’idea della continuità – “uno dopo l’altro”(507) Perhibent: Arcaismo che regge 2 Infinitive – Flesse sibi Evolvisse (509) Evolvisse: “Srotolare”, tipico del linguaggio Epico, sottolinea il continuare a dire (ribadire)(510) Mulcentem tigris et agentem carmine quercus: Il canto di Orfeo è così affascinante che riesce ad ammansire le belve e a far muovere le cose immobili(511) Philomela: Philos (amico) + melos (canto) – “amante del canto”: Usignolo(512) Fetus: “Pulcini”, immagine della Natura ripresa da Omero – Similitudine omerica(513) Nido…detraxit: “Traxit de nido”(513) Inplumis: Predicativo dell’Oggetto
Nulla Venus, non ulli animum flexere hymenaei:solus Hyperboreas glacies Tanaimque nivalemarvaque Riphaeis numquam viduata pruinislustrabat, raptam Eurydicen atque inrita Ditisdona querens; Spretae Ciconum quo munere matresinter sacra deum nocturnique orgia Bacchidiscerptum latos iuvenem sparsere per agros.Tum quoque marmorea caput a cervice revulsumgurgite cum medio portans Oeagrius Hebrusvolueret, Eurydicen uox ipsa et frigida linguaa miseram Eurydicen! anima fugiente vocabat:Eurydicen toto referebant flumine ripae. »
(516) Excursus sui Paesaggi caratterizzati dal gelo(516) Venus: Antonomasia per l’Innamoramento e la storia d’Amore La fides che lega Orfeo alla memoria di Euridice fa sì che egli rifiuti qualsiasi altro rapporto d’Amore(521) Nocturnique: Ipallage - l’aggettivo dovrebbe essere riferito a orgia(524) Oeagrius: mitico Re, il cui nome viene utilizzato per indicare la Grecia (come Minosse per la civiltà cretese)(527) Tutto quello che rimane è un suono ridondante: Orfeo è ridotto a una voce, e quella voce sa soltanto un nome.
Nessun Amore, nessun altro matrimonio piegò il suo animo: percorreva da solo i ghiacci Iperborei e il Tanai
ricoperto di neve e le lande rifee mai abbandonate dalla brina, lamentando Euridice rapita e i vani doni di
Dite; ma le donne dei Ciconi, spregiate dalla sua fedeltà, durante i riti sacrali degli dèi e le orge
notturne di Bacco, sparsero per l’intera campagna il giovane fatto a pezzi. Anche quando il fiume Ebro,
trasportandola nel mezzo dei borghi, fa girare la testa strappata dal collo marmoreo, la stessa voce e la fredda lingua chiamava Euridice mentre l’anima fuggiva e le rive ripetevano ‘Euridice, sventurata
Euridice’ lungo tutto il fiume”.
Proemio(Eneide, I)
Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris Italiam fato profugus Laviniaque venit litora, multum ille et terris iactatus et alto vi superum, saevae memore Iunonis ob iram, multa quoque et bello passus, dum conderet urbem inferretque deos Latio, genus unde Latinum Albanique patres atque altae moenia Romae. Musa, mihi causas memora, quo numine laeso quidve dolens regina deum tot volvere casus insignem pietate virum, tot adire labores impulerit. Tantaene animis caelestibus irae?
Didone innamorataDialogo con la sorella Anna, in cui confessa il suo Amore per Enea
(Eneide, IV)
At regina gravi iamdudum saucia curavulnus alit venis et caeco carpitur igni.Multa viri virtus animo multusque recursatgentis honos; haerent infixi pectore vultusverbaque nec placidam membris dat cura quietem.[…]sic unanimam adloquitur male sana sororem:"Anna soror, quae me suspensam insomnia terrent!Quis novus hic nostris successit sedibus hospes,quem sese ore ferens, quam forti pectore et armis!Credo equidem, nec vana fides, genus esse deorum.Degeneres animos timor arguit. Heu, quibus illeiactatus fatis! Quae bella exhausta canebat!Si mihi non animo fixum immotumque sederetne cui me vinclo vellem sociare iugali,postquam primus amor deceptam morte fefellit;si non pertaesum thalami taedaeque fuisset,huic uni forsan potui succumbere culpae.Anna (fatebor enim) miseri post fata Sychaei
Canto le armi e l’uomo, che per primo dai lidi di Troia,profugo per volere del fato, giunse al litorale di
Lavinio, quello molto travagliato per terra e per mare dalla forza degli dèi a causa della crudele Giunone
e avendo molto sopportato in guerra pur di fondare la città e di portare nel Lazio gli dèi da cui (deriva) la stirpe latina, i padri Albani e le alte mura di Roma.
Musa, ricordami le cause, per quale divinità offesa, dolendosi di che cosa, la regina degli dèi costrinse
l’uomo insigne per pietà ad affrontare tante prove e a superare tante fatiche. Tanto grandi sono le ire negli
animi celesti?
Ma la regina, colpita ormai da una grande sofferenza, nutre una ferita nelle vene ed è presa da un cieco fuoco.
Le ritornano in mente le grandi virtù dell’uomo e la sua grande gloria tra le genti; restano impressi nel cuore il volto e le parole, e la sofferenza non dà placida quiete
alle membra. […] E lei, che non ragionava, così parlò alla sorella solidale: “Anna, sorella, quali sogni atterriscono
me agitata! Quale straordinario ospite è giunto nel nostro regno, quale mostrandosi nell’aspetto, come si
mostra forte nel petto e nelle spalle/armi! Credo certamente, né la mia idea è infondata, che sia figlio
degli dèi. Il timore sveglia gli animi ignobili. Quello, travagliato da quante avversità! Quali guerre combattute
cantava! Se non rimanesse fisso e immobile nel mio animo il proposito di nono volermi unire a nessuno col
vincolo coniugale, dopo che il primo Amore ingannò me, abbandonata, con la morte; se non avessi provato
disgusto per il talamo e per le fiaccole nuziali, a questa sola colpa avrei potuto soccombere. Anna, (infatti ti
confesso) dopo la morte del misero marito Sicheo,
Subito la Fama corre attraverso le grandi città della Libia, la Fama della quale nessun altro male è più veloce: si accresce con il movimento e prende
forza andando, dapprima piccola per timore, poi si innalza al cielo e cammina sulla Terra e nasconde il capo tra le nubi. La Terra genitrice, irritata per l’ira degli dèi, generò quella come ultima sorella, come raccontano, a Ceo ed Encelado, veloce nei
piedi e dalle ali agili, un enorme mostro orrendo, al quale, quanto numerose sono le piume del
corpo, tanti vigili occhi ha sotto (mirabile a dirsi), tante lingue, altrettante bocche risuonano e
altrettanti orecchi si rizzano.
coniugis et sparsos fraterna caede penatissolus hic inflexit sensus animumque labantemimpulit. Agnosco veteris vestigia flammae.Sed mihi vel tellus optem prius ima dehiscatvel pater omnipotens adigat me fulmine ad umbras,pallentis umbras Erebo noctemque profundam,ante, Pudor, quam te violo aut tua iura resolvo.Ille meos, primus qui me sibi iunxit, amoresabstulit; ille habeat secum servetque sepulcro".Sic effata sinum lacrimis implevit obortis.
Le nozze segrete: l’illusione di Didone
(Eneide, IV)
Interea magno misceri murmure caelum 160Incipit; insequitur commixta grandine nimbus,et Tyrii comites passim et Troiana iuventusDardaniusque nepos Veneris diversa per agrostecta metu petiere; ruunt de montibus amnes.Speluncam Dido dux et Troianus eandemdeveniunt. Prima et Tellus et pronuba Iunodant signum; fulsere ignes et conscius aetherconubiis summoque ulularunt vertice Nymphae.Ille dies primus leti primusque malorumcausa fuit; neque enim specie famave moveturnec iam furtivum Dido meditatur amorem:coniugium vocat, hoc praetexit nomine culpam.
Digressione sulla Fama(Eneide, IV)
Extemplo Libyae magnas it Fama per urbes,Fama, malum qua non aliud velocius ullum:mobilitate viget virisque adquirit eundo,parva metu primo, mox sese attollit in aurasingrediturque solo et caput inter nubila condit.Illam Terra parens ira inritata deorumextremam, ut perhibent, Coeo Enceladoque sororemprogenuit pedibus celerem et pernicibus alis, 180
e i Penati cosparsi di sangue fraterno, solo questo toccò i miei sentimenti e spinse l’animo vacillante.
Riconosco i segni dell’antica fiamma. Ma vorrei, o che la terra più profonda si aprisse o che il
padre onnipotente mi scaraventasse con un fulmine nelle ombre, le pallide ombre e la notte profonda
dell’Erebo, prima che io ti violi, Pudore, o infranga i tuoi giuramenti. Prese il mio Amore quello che per
primo si congiunse a me; quello lo tenga con sé e lo conservi nel sepolcro”.
Avendo così parlato, riempì il seno di lacrime improvvise.
Intanto il cielo iniziò a turbarsi con grande rumore;e subito scroscia un acquazzone misto a grandine, e gli uomini di Tiro e la gioventù troiana e il Dardanio nipote
di Venere cercano, per il timore, ripari sparpagliati nei campi; i fiumi si precipitano giù dai monti.
Didone e il generale troiano si trovano nella stessa grotta. Per prima la Terra e Giunone pronuba ne danno
segnale; brillarono i fulmini e il cielo testimone di queste nozze e le Ninfe ulularono dalle cime delle montagne. Quel giorno fu per primo la causa della
morte e dei mali; né infatti era mossa dall’aspetto o dalla fama, né pensa a un Amore furtivo:
lo chiama matrimonio e con questo nome ha mascherato la colpa.
Vola di notte fra il cielo e la terra nell’ombra,
stridendo, né chiude gli occhi al dolce sonno; siede vigile di giorno, o sulla sommità di una casa, o sulle
alte torri, e atterrisce le grandi città, tenace messaggera tanto del falso e del malvagio quanto del
vero. Questa riempiva i popoli di molteplici dicerie godendo, e parimenti cantava il certo e l’incerto: che
era giunto Enea, nato da sangue troiano, al quale degnava di unirsi la bella Didone; come un marito, che
ora godevano l’inverno, per quanto lungo, nel lusso, immemori dei loro regni e presi da turpe desiderio.
La dea malvagia diffonde questa cosa sulle bocche degli uomini. Infine volge il suo corso verso il re Iarba e ne accende l’animo con le sue parole e ne accresce
l’ira.
Ma la regina presentì l’inganno (chi infatti potrebbe ingannare l’amante?) e intuì per prima i movimenti futuri, temendo ogni cosa, anche quelle già sicure. L’empia Fama riferì le stesse cose a lei furente, che
veniva allestita una flotta e che si preparava la partenza. Lei, priva di animo, incrudelisce e, accesa , va baccheggiando per tutta la città. Alla fine affronta
Enea, di sua iniziativa, con queste parole: “Speravi forse, o perfido, di poter nascondere una tanto grande
scelleratezza e di allontanarti dalla mia terra senza dire una parola? Non ti trattiene il nostro Amore, né la destra data un tempo, né Didone destinata a morire di
morte crudele? Che anche allestisci una flotta sotto il cielo invernale e ti prepari ad andare per mare in
mezzo ai venti aquiloni, o crudele?
monstrum horrendum, ingens, cui quot sunt corpore plumae,tot vigiles oculi subter mirabile dictu,tot linguae, totidem ora sonant, tot subrigit auris.Nocte volat caeli medio terraeque per umbramstridens, nec dulci declinat lumina somno;luce sedet custos aut summi culmine tectiturribus aut altis, et magnas territat urbes,tam ficti pravique tenax quam nuntia veri.Haec tum multiplici populos sermone replebatgaudens, et pariter facta atque infecta canebat:venisse Aenean Troiano sanguine cretum,cui se pulchra viro dignetur iungere Dido;nunc hiemem inter se luxu, quam longa, fovereregnorum immemores turpique cupidine captos.Haec passim dea foeda virum diffundit in ora.protinus ad regem cursus detorquet Iarbanincenditque animum dictis atque aggerat iras.
Didone cerca di trattenere Enea(Eneide, IV)
At regina dolos (quis fallere possit amantem?) praesensit, motusque excepit prima futurosomnia tuta timens. Eadem impia Fama furentidetulit armari classem cursumque parari.saevit inops animi totamque incensa per urbembacchatur […]Tandem his Aenean compellat vocibus ultro:"Dissimulare etiam sperasti, perfide, tantumposse nefas tacitusque mea decedere terra?Nec te noster amor nec te data dextera quondamnec moritura tenet crudeli funere Dido?Quin etiam hiberno moliri sidere classemet mediis properas Aquilonibus ire per altum,crudelis? Quid, si non arva aliena domosqueignotas peteres, et Troia antiqua maneret,Troia per undosum peteretur classibus aequor?Mene fugis? Per ego has lacrimas dextramque tuam te(quando aliud mihi iam miserae nihil ipsa reliqui),per conubia nostra, per inceptos hymenaeos,si bene quid de te merui, fuit aut tibi quicquamdulce meum, miserere domus labentis et istam,oro, si quis adhuc precibus locus, exve mentem.te propter Libycae gentes Nomadumque tyranni
odere, infensi Tyrii; te propter eundemexstinctus pudor et, qua sola sidera adibam,fama prior. Cui me moribundam deseris hospes(hoc solum nomen quoniam de coniuge restat)?Quid moror? An mea Pygmalion dum moenia fraterdestruat aut captam ducat Gaetulus Iarbas?Saltem si qua mihi de te suscepta fuissetante fugam suboles, si quis mihi parvulus aulaluderet Aeneas, qui te tamen ore referret,non equidem omnino capta ac deserta viderer".Dixerat. Ille Iovis monitis immota tenebatlumina et obnixus curam sub corde premebat.
Linea 60
Caselle ……………………………………………… 12.20
Sommacampagna ……………………………… 12.27
Ganfardine ………………………………………… 12.32
Villafranca centro ……………………………… 12.37
[Villafranca via Custoza (scuole) ………… 12.40]
Linea Scuola
Villafranca …………………………….………….. 12.54
Povegliano ………………………..……………… 13.06