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ESTRATTO ANNALI VIII

Emanuela Fronza

NEGAZIONISMO (DIRITTO PENALE)

NNEGAZIONISMO (diritto penale)

SOMMARIO: Sez. I. Le premesse concettuali e il quadro europeo: 1. Ilnegazionismo: concetto e origini. — 2. Il reato di negazionismo.— 3. Un reato a geografia variabile. — 4. Il reato di negazionismodisegnato dal diritto dell’Unione europea. — 5. Il Consigliod’Europa e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo. — Sez.II. Il negazionismo nel quadro dell’ordinamento italiano: 6. Leproposte di penalizzazione del fenomeno negazionista. — 7. Ildiritto vigente. — 8. La legislazione italiana dinanzi agli obblighieuropei di penalizzazione. — Sez. III. I profili costituzionali: 9. Illegislatore attore di memoria: la sentenza di incostituzionalità delConseil constitutionnel. — 10. La distinzione tra il negare, lecito,e il giustificare, illecito: la sentenza del Tribunal constitucional. —11. La distinzione tra fatto e opinione: la sentenza del Bundes-verfassungsgericht. — 12. La criminalizzazione del discorso ne-gazionista: un primo asse di tensione tra libertà di espressione eintervento penale. — 13. Segue: un secondo asse di tensione:ricostruzione storica dei fatti e strumento penale. — 14. Ildiscorso negazionista come attacco al patto etico. — 15. L’ideo-logia negazionista e la necessità di una risposta di natura politica.

Sez. I. – LE PREMESSE CONCETTUALI E

IL QUADRO EUROPEO.

1. Il negazionismo: concetto e origini. — Iltermine negazionismo fu utilizzato per la primavolta in riferimento al manifestarsi di tesi chenegavano l’esistenza delle camere a gas nei campidi sterminio nazisti (1).

Va distinto dal fenomeno del revisionismo, acui spesso viene associato, che designa la ten-denza, inevitabile, a rivedere le opinioni storiogra-fiche consolidate alla luce di nuovi dati, testimo-nianze, documenti e interpretazioni, a partire dairisultati delle ricerche precedenti e rispettandoregole metodologiche correntemente accettate (2).

Il negazionismo, invero, rappresenta una gravedegenerazione del revisionismo (3): non dialogacon una base storica accertata, anzi la rifiuta (4). Èquindi un termine connotato univocamente insenso negativo e che definisce un preciso filone,sviluppatosi in maniera significativa negli anni im-mediatamente posteriori alla seconda guerra mon-diale, non sorretto da criteri scientifici e capace diattirare antisemiti e neonazisti (5).

Fenomeno avente ad oggetto, in origine, prin-cipalmente la Shoah, oggi il negazionismo è moltopiù esteso e ricomprende la messa in discussionesia di altri crimini di genocidio, contro l’umanità edi guerra, anche vicini nel tempo, sia di eventiriconducibili a contesti disciplinari diversi daquelli in cui interviene il diritto penale (6).

Sebbene l’origine del fenomeno negazionistasia collocabile nell’Europa del secondo dopo-guerra, è però negli Stati Uniti che si sviluppa,dalla fine degli anni ’70, grazie all’Institute forHistorical Review, centro di attrazione e luogo di

(1) Cfr. il libro dello storico francese Henry ROUSSO, Lesyndrome de Vichy: de 1984 à nos jours, 2a ed. rivista eaggiornata, Paris, 1990.

(2) Sulla ricerca storiografica come continua revisionedei risultati di ricerche precedenti cfr. VIDAL-NAQUET, Lesassassins de la mémoire. « Un Eichmann de papier » et autresessais sur le révisionnisme, Paris, 1981, 263 ss. (trad. it. Gliassassini della memoria. Saggi sul revisionismo e la Shoah,

Roma, 2008); LOSURDO, Il revisionismo storico. Problemi emiti5, Roma-Bari, 2002, 33 ss.

(3) Sul fenomeno storico del negazionismo cfr. VIDAL-NAQUET, op. cit., 108 ss.; GINZBURG, Beweis, Gedächtnis,Vergessen, in Werkstatt Geschichte, n. 30 (Memory), 2002, 50ss.; POGGIO, Nazismo e revisionismo storico, Roma, 1997;PISANTY, I negazionismi, in Storia della Shoah a cura diCATTARUZZA, FLORES, LEVIS SULLAM e TRAVERSO, I. La crisidell’Europa, lo sterminio degli ebrei e la memoria del XXsecolo, Torino, 2005, 425; SHERMER e GROBMAN, Negare lastoria. L’Olocausto non è mai avvenuto: chi lo dice e perché,trad. it., Roma, 2002.

(4) Così PISANTY, Sul negazionismo, in Fascismo e anti-fascismo. Rimozioni, revisioni, negazioni a cura di COLLOTTI,Roma-Bari, 2000, 44.

(5) Sull’origine e sullo sviluppo del negazionismo rife-rito alla Shoah cfr. VERCELLI, Il negazionismo. Storia di unamenzogna, Roma-Bari, 2013, 23 ss.

(6) Esistono, ad esempio, il negazionismo climatico,dell’allunaggio o dell’AIDS, che non costituiscono però og-getto della presente trattazione.

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elaborazione ed organizzazione delle strategie ne-gazioniste. Altro importante fattore di sviluppo ediffusione è stata la produzione bibliografica dinegazionisti della Shoah che hanno raggiunto unacerta notorietà come Bardèche e Rassinier, prima,e Faurisson e Irving poi (7).

L’offensiva negazionista ha continuato a mani-festarsi in questi anni in maniera intensa e specificasoprattutto in Europa, segnatamente in Germania,Austria, Francia e Spagna (8).

Giova anche precisare che esistono negazioni-smi professati da individui o gruppi politici e dipressione, ma anche veri e propri negazionismi diStato, come quello in Turchia, in relazione algenocidio armeno.

La metodologia e le strutture argomentativedelle espressioni negazioniste aventi ad oggetto laShoah hanno come punti centrali la negazionedelle camere a gas, la messa in discussione delnumero delle vittime, l’affermazione che la solu-zione finale (Endlösung), di cui i documenti delregime nazista parlano, non fosse uno sterminio,bensì solamente una emigrazione coatta e che ilTribunale militare di Norimberga fosse un tribu-nale dei vincitori e dunque poco attendibile. Comeper il negazionismo olocaustico (9), così anche perquello riguardante altri genocidi, crimini di guerrao contro l’umanità, esso può tradursi in negazione,giustificazione e minimizzazione dei fatti. Pur nonesistendo un unico paradigma storiografico nega-zionista, date talune differenze negli schemi argo-mentativi e nelle forme (negazione, riduzione, giu-stificazione), sussiste un nucleo “metodologico”comune agli « assassini della memoria » (10) che sisostanzia nel diniego dell’evidenza storica dei fatti.

L’insieme delle argomentazioni proposte dainegazionisti non rispettano alcuna deontologiascientifica: partendo dalle denunciate carenzedella storiografia ufficiale, dopo aver stravolto leprove documentarie, il negazionista non si preoc-cupa di fornire argomentazioni ed elementi chepossano fondare le sue affermazioni, né di rappor-tarsi coi fatti comprovati nella loro irrecusabilità,come parte integrante dell’esperienza storica. Ifatti vengono nascosti, stravolti, usati per provareora questa, ora quella opinione; gli eventi si spez-

zettano; i nessi causali che li hanno provocati,anche se indiscutibilmente accertati e testimoniati,si dissolvono; i fatti isolati diventano disponibili atecniche di vero e proprio “montaggio”, per so-stenere o negare, di volta in volta, quanto serve adavvalorare la tesi desiderata. I valori si invertono, ilvero si confonde col falso, la realtà con la finzione.Si è prossimi alle leggi orwelliane dei regimi tota-litari, che creano un mondo artificiale, non distur-bato dalla fattualità (11), e capace di competerecon il mondo reale. Si edifica un mondo nonlogico, ma organizzato in modo che sembri plau-sibile. Non si rilegge la storia (revisionismo), masemplicemente la si nega (negazionismo).

I negazionisti, naturalmente, rifiutano tale de-nominazione, rivendicando lo statuto epistemolo-gico di storici revisionisti a pieno titolo, e si diconoemarginati da un consesso accademico e politicoche accusano di essere schierato ideologicamente edi operare un sistematico occultamento dei “fatti”che essi, al contrario, svelerebbero.

2. Il reato di negazionismo. — Dinanzi all’au-mento dei fenomeni negazionisti, molti Paesihanno deciso di rispondere anche con lo stru-mento penale, attraverso l’inserimento nel proprioordinamento giuridico di un reato, autonomo, dinegazionismo.

La figura criminosa, in origine, era strutturatain modo da reprimere le condotte di negazione,giustificazione e minimizzazione aventi ad oggettola Shoah (reato di negazionismo “originario”).Oggi tale incriminazione traduce un’istanza di pe-nalizzazione differente e si presenta, nel contestoeuropeo, con una fisionomia più estesa: non sonopiù punibili soltanto le espressioni riguardanti icrimini del regime nazionalsocialista, ma anchequelle concernenti gli altri crimini internazionali(reato di negazionismo “derivato”).

La tutela mediante pena è quindi più ampia:include la Shoah e altri avvenimenti storici signifi-cativi, più lontani e più vicini, non sempre cosìstoricamente indiscussi. Per individuare i fatti sto-rici riconducibili a tale categoria, la norma incri-minatrice rinvia nella maggior parte dei casi alladefinizione di crimini internazionali contenutanello Statuto del Tribunale militare di Norimbergae nello Statuto della Corte penale internazio-nale (12). In altri casi, si assegna tale funzione al

(7) Su tali figure e anche sulla generazione successiva dinegazionisti, che appare all’inizio degli anni ’90, pure perulteriori riferimenti, cfr. VERCELLI, op. cit., 41-100.

(8) Sulla geografia del negazionismo, anche di quellocomparso nei Paesi arabo-musulmani, cfr. VERCELLI, op. cit.

(9) Tale definizione è di VERCELLI, op. cit., 23 ss.(10) L’espressione è di Yosef Yerushalmi, come precisa

VIDAL-NAQUET utilizzandola per intitolare il suo saggio sulnegazionismo (Les assassins de la mémoire, cit.).

(11) ARENDT, Le origini del totalitarismo, trad. it., Mi-lano, 1996, 13.

(12) Su tali figure criminose cfr. ampiamente WERLE eJESSBERGER, Principles of International Criminal Law3, Ox-ford, 2014, 289 ss.; AMBOS, Treatise on International Criminal

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giudice — tramite la sentenza — o al legislatore —con una legge —: entrambi, qualificando quel fattostorico come crimine internazionale, lo individue-ranno anche come fatto la cui memoria non puòessere violata. La fattispecie criminosa è quindistrutturata in modo da “far intervenire” — i giu-dici, in particolare — sulla storia, e ciò molto piùdi quanto sia mai accaduto prima, quando l’og-getto delle condotte punibili era prevalentementelimitato alla Shoah. I processi penali divengonocosì parte costitutiva dei “processi di memo-ria” (13) e vengono chiamati ad “arrestare” lanarrazione storica dei fatti tramite la sentenza, chepassa in giudicato, e che sancirà quale è la verità(ufficiale) (14). La sentenza possiede, infatti, l’auc-toritas idonea a riaffermare e ristabilire queglieventi e quei valori su cui si fondano le societàdemocratiche, messi in discussione dalle asserzioninegazioniste. Al nucleo originario del messaggioper cui non poteva tollerarsi l’attacco dell’universodi valori emerso dopo la seconda guerra mondiale,si aggiunge quello secondo cui la tutela e la co-struzione dell’identità delle democrazie europeeavvengono attorno al rispetto dei diritti umani ealla memoria di tutte le loro violazioni più gravi.La dinamica espansiva coinvolge la lista dei cri-mini che possono divenire oggetto delle condottepunibili, segnando anche una conseguente esten-sione dell’arco temporale che dovrà essere valu-tato, non più storicamente delimitato alla Shoah.

È opportuno sin da ora distinguere le normeche incriminano il negazionismo da altre disposi-zioni, che, senza ricorrere allo strumento penale,intervengono al fine di riconoscere e/o definiredeterminati fatti storici. Sono le cosiddette “leggidi memoria” e si sostanziano in leggi commemo-rative (15) o in leggi che introducono nel calenda-

rio, nazionale o internazionale, le “giornate dellamemoria”, sollecitando i cittadini in modo pre-ciso (16): “bisogna ricordare”. Il ricordo è neces-sario e appartiene all’etica pubblica alla quale ilcittadino è chiamato a conformarsi.

Pur in mancanza di un contenuto strettamentepenalistico, questi provvedimenti assumono im-portanza nella criminalizzazione dei negazionismi.

Le leggi di memoria, infatti, attribuiscono adun fatto il valore di evento storico, qualificandolo,e delimitando in questo modo anche l’ambito diapplicazione delle norme penali che tutelano lamemoria di quell’evento (17). Esse possono esseredunque il necessario quadro delle seconde, lequali, tuttavia, non derivano in modo automaticodalle prime, presupponendo la definizione di ul-teriori questioni nel passaggio dal riconoscimentovaloriale della memoria di un avvenimento storicoal divieto, penalmente sancito, di metterne comun-que in discussione il significato.

Il reato di negazionismo pone, invero, un im-perativo di memoria (18). La fattispecie criminosaveicola quindi un messaggio differente: “bisognaricordare in un determinato modo”. Così, non solosi attribuisce carattere ufficiale ad un’unica inter-pretazione della storia, ma si sanziona chi pre-tende di ricordare in maniera differente.

Una scelta, questa, motivata sull’assunto del

Law, II. The Crimes and Sentencing, Oxford, 2014, in par-ticolare 1-245; AMATI e altri, Introduzione al diritto penaleinternazionale2, Milano, 2010.

(13) Sul valore costituente di questi processi cfr. LOL-LINI, Costituzionalismo e giustizia di transizione. Il ruolocostituente della Commissione sudafricana verità e riconcilia-zione, Bologna, 2005, trad. inglese Constitutionalism andTransitional Justice in South Africa, Oxford, 2011.

(14) L’assegnazione di questo compito al processo pe-nale e alla sentenza è andata di pari passo con l’emersione diun “diritto alla verità”, identificato come diritto sia indivi-duale sia collettivo, che emerge a seguito di una graveviolazione dei diritti umani. Al riguardo, PASTOR, Acerca de laverdad como derecho y como objeto exclusivo del procesopenal, in MACULAN e PASTOR, El derecho a la verdad y surealización por medio del proceso penal, Buenos Aires, 2013,19 ss.

(15) In Francia, ad esempio, la cosiddetta “loi Taubira”(l. 21 maggio 2001, n. 2001-434) definisce crimine control’umanità la tratta dei neri e la schiavitù praticata a partire

dal XV secolo. Sul cambio di paradigma della politicafrancese del ricordo cfr. il cosiddetto “Rapport Accoyer” del18 novembre 2008, Rassembler la Nation autour d’une mé-moire partagée, Assemblea nazionale, XIII legislatura, doc.n. 1262, 116-119. Su tale forma di intervento del legislatorecfr. HOCHMANN, Le négationnisme face aux limites de laliberté d’expression, Paris, 2013, 133 ss.; nonché i contributiraccolti nella rivista Droit et Cultures, n. 66 (Espaces despolitiques mémorielles. Enjeux de mémoire), 2013.

(16) Anche l’Italia, con l. 20 luglio 2000, n. 211, hasegnato sul calendario una giornata « in ricordo dello ster-minio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportatimilitari e politici italiani nei campi nazisti »: il 27 gennaio;cfr. PUGIOTTO, Quando (e perché) la memoria si fa legge, inScritti in onore di Lorenza Carlassare a cura di BRUNELLI,PUGIOTTO e VERONESI, V, Napoli, 2009, 2337 ss.

(17) Cfr. la l. 29 gennaio 2001, n. 2001-70, che ricono-sce in Francia il genocidio degli armeni. È necessario anti-cipare che nel caso « Perinçek », che si esaminerà nel pro-sieguo, la Corte federale svizzera ha detto che questa quali-ficazione legislativa non è sufficiente per definire quali fatticostituiscano crimine di genocidio ai sensi dell’art. 261 biscomma 4 c.p.; sarebbero necessari altri fattori corroboranti,tra cui un consenso degli storici: Tribunal Fédéral 12 dicem-bre 2007, n. 398, in www.bger.ch (v. infra, § 5 e nt. 54).

(18) In riferimento alla storia degli imperativi di memo-ria cfr. LOLLINI, Le rôle (pré)constituant de la Commissionvérité et réconciliation. Le renouvellement du constitutionna-lisme en Afrique du Sud, Thèse de Doctorat, Ecole deshautes etudes en sciences sociales (EHESS), Paris, 2003, 449-470.

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carattere eversivo delle pratiche discorsive nega-zioniste. Non può essere tollerata, si sostiene, lamessa in discussione di momenti del passato checostituiscono l’esperienza storica fondante dellenostre comunità: un passato capace di orientare, aseconda di come lo si ricorda, la comprensionedegli eventi attuali e le scelte stesse dei cittadini.

Si intravede la complessità di tale opzione pu-nitiva, che reagisce ad un fenomeno grave, perico-loso, ma che può interferire con la libertà dipensiero, con la ricerca storica, con il confrontodialettico e aperto e, in definitiva, con gli stessifondamenti del diritto positivo e delle democra-zie (19).

Talune implicazioni problematiche sono ricon-ducibili a quelle proprie della più generale cate-goria dei reati di opinione; altre, invece, sonoesclusive del reato di negazionismo, a causa dellaprofonda intersezione tra diritto e memoria checolora questa incriminazione (20). Infine, ulteriorie nuove criticità vengono innescate dall’amplia-mento, già anticipato, dei crimini la cui memorianon può essere messa in discussione.

3. Un reato a geografia variabile. — Il nega-zionismo come reato è previsto oggi dalla maggio-ranza degli Stati europei (21), anche se con ecce-zioni significative (22).

Tale osservazione è molto rilevante se si riflettesul dato storico che questa fattispecie criminosa siè diffusa proprio in Europa e che, inoltre, il nucleooriginario dell’incriminazione individuava l’og-getto delle espressioni punibili prevalentementenella Shoah, quale evento fondante per la costru-zione dell’identità europea.

Il reato in esame sorge dapprima negli ordina-menti interni, per poi essere incorporato nellenorme sovranazionali. Il primo ordinamento adintrodurlo, nel 1990, è la Francia (con la “loiGayssot”, l. 13 luglio 1990, n. 90-615) (23). Daquel momento molti altri Paesi inseriranno questafigura delittuosa, distinguendola dall’apologia odall’istigazione alla discriminazione razziale, im-piegate fino ad allora per contrastare altre e piùgravi manifestazioni.

Solo in seguito il reato viene previsto, a livel-lo internazionale, segnatamente in una decisionequadro dell’Unione europea: decisione quadro delConsiglio 28 novembre 2008, n. 2008/913/GAI,« sulla lotta contro talune forme ed espressioni dirazzismo e xenofobia mediante il diritto penale ».Questa, oltre a confermare una tendenza punitiva,sancisce una dinamica espansiva, attraverso il mu-tamento del nucleo di tipicità originario, tuttoincentrato sulle dichiarazioni riguardanti i crimininazionalsocialisti (v. infra, § 4). Recependo quantostabilito dal legislatore europeo, gli ordinamentiintroducono, quindi, una fattispecie ex novo op-pure intervengono su quella già esistente, tenendopresente i nuovi contorni di tipicità.

Assieme a questi movimenti di interazione ver-ticale — ascendente e poi discendente (24) —,riguardanti prevalentemente il dato legislativo, simettono in moto movimenti di interazione oriz-zontale, segnatamente di tipo giudiziario, che con-tribuiscono anch’essi a determinare il volto con-creto del reato di negazionismo e che rendonoevidenti alcuni snodi problematici all’interno della

(19) Per approfondimenti e riferimenti cfr. FRONZA, Ilnegazionismo come reato, Milano, 2012.

(20) Si utilizza il binomio concettuale “diritto e memo-ria” e non quello “diritto e storia” perché la nozione dimemoria ricomprende quel processo sociale di rielabora-zione del passato nella sua interezza. Sebbene esistano di-verse declinazioni teoriche di tale concetto, esso è general-mente considerato come più ampio, comprensivo e dinamicorispetto alle indagini storiche e storiografiche. Si userà,invece, il concetto di storia per indicare l’insieme dellamemoria come complesso nel suo aspetto di narrazionecompiuta, strutturata secondo delle forme riconoscibili edidentificabili, quali ad esempio le storie nazionali, la storiasociale.

(21) Il primo Paese in assoluto ad introdurre il reato dinegazionismo è stato Israele. Tuttavia, è nel contesto euro-peo che esso si è affermato ed evoluto in maniera significa-tiva. Senza pretese di esaustività, incriminano il negazioni-smo la Francia, l’Austria, la Germania, la Spagna, il Belgio,il Portogallo, la Bulgaria, la Romania, la Lituania, Cipro,Malta e infine, più recentemente la Grecia. Fuori dal conti-nente europeo, ad esempio, prevedono il reato in esame,oltre ad Israele, la Nuova Zelanda, l’Australia, il Ruanda e laCambogia. Per un’analisi comparata cfr. MATUSCHEK, Erin-nerungsstrafrecht. Eine Neubegründung des Verbots der Ho-locaustleugnung auf rechtsvergleichender und sozialphiloso-phischer Grundlage, Berlin, 2012, 46 ss.; Genocide Denialsand the Law a cura di HENNEBEL e HOCHMANN, Oxford, 2011;The Content and Context of Hate Speech. Rethinking Regu-lation and Responses a cura di HERZ e MOLNAR, Cambridge,2012.

(22) È il caso dell’Italia (v. infra, sez. II). Nell’ambito

dei Paesi membri dell’Unione europea, anche il RegnoUnito, l’Olanda, la Danimarca e la Finlandia non prevedonouna fattispecie apposita.

(23) Rispetto al momento di introduzione del reato dinegazionismo, possono, semplificando, distinguersi due fasi:la prima ad inizio anni ’90 che interessa, oltre alla Francia,altri nove Paesi tra cui l’Austria, la Germania, il Belgio, laSpagna; una seconda fase, che inizia dopo il 2008, anno diadozione della decisione quadro del Consiglio 28 novembre2008, n. 2008/913/GAI (v. infra, nel testo), e che interessaaltri dieci Paesi, tra cui alcuni appartenenti all’Europa del-l’Est e, inoltre, la Grecia, il Lussemburgo, la Slovenia, Maltae Cipro.

(24) Per questa terminologia e ampiamente su tali dina-miche cfr. DELMAS-MARTY, Les forces imaginantes du droit, II.Le pluralisme ordonné, Paris, 2006.

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più generale tendenza di giuridicizzazione del pas-sato (25): nelle diverse applicazioni i giudici dellecorti nazionali citano, infatti, le pronunce dellaCorte europea dei diritti umani o di altre cortistraniere.

L’immagine è, dunque, quella di un’Europache tutela la propria memoria mediante il dirittopenale. Tuttavia, pur a fronte di questa opzionepunitiva comune (26), ribadita a livello internazio-nale, e pur a fronte di esigenze e principi di valorecostituzionale comuni, si scorge un reato a geogra-fia variabile, che rivela la specificità delle singoletradizioni storiche, politiche e giuridiche.

Le principali note differenziali riguardano lacollocazione del reato, le condotte punibili, l’og-getto di queste ultime e, infine, la previsione diulteriori elementi di tipicità attraverso l’inseri-mento di clausole di pericolo per non limitareeccessivamente la libertà di parola.

Con riferimento alla collocazione della fatti-specie di reato, essa si rinviene sia nel codicepenale (in Germania, tra i reati contro l’ordinepubblico: § 130; in Spagna, tra quelli contro lacomunità internazionale: art. 510 comma 1 lett. c),sia in una legge extra codicem adottata ad hoc(Grecia, l. 4 settembre 2014, n. 4285; Polonia, art.55 dell’Act on the Institute of National Remem-brance del 18 dicembre 1998; Belgio, l. 23 marzo1995) o già esistente (in quella sulla libertà distampa in Francia, art. 24 bis l. 29 luglio 1881).

I beni giuridici alla cui tutela sarebbe prepostala fattispecie di negazionismo, essenziali anche nelgiudizio di bilanciamento con la libertà di espres-sione, sono indicati di regola nell’ordine pubblicoo nella pace pubblica.

Soluzioni non uniformi si rinvengono altresìrispetto ai termini prescelti per definire le con-dotte punibili. Nella maggioranza dei casi il pre-cetto risulta centrato sul negare (27), giustifica-

re (28) e minimizzare (29). Taluni ordinamentirichiedono che la minimizzazione sia “grossolana”(Belgio; Lituania, art. 170 comma 2 c.p.; Croazia,art. 325 c.p.) o grave (Austria, l. 19 marzo 1992;Cipro, l. n. 134(I) del 2011). Tuttavia diversiordinamenti nominano, in aggiunta o in sostitu-zione ai termini sopra citati, anche l’approvazione(Austria, Belgio), la contestazione (Francia; Lus-semburgo, art. 457-3 c.p.) o la celebrazione (Let-tonia, art. 74 c.p.).

A tali diversificazioni definitorie non sembracorrispondere, tuttavia, una differenza nello spet-tro dei comportamenti negazionisti effettivamentesottoposti a pena. E ciò non solo per la scarsadeterminatezza dei lemmi utilizzati, ma anche per-ché spesso le forme attraverso cui si articola lacondotta negazionista tendono a sovrapporsi: peresemplificare, le affermazioni possono costituirecontemporaneamente sia negazione di certi eventistorici, sia apologia o giustificazione delle atrocitàcommesse.

Un indicatore eloquente delle specificità e dellecriticità del reato di negazionismo è rappresentatodall’oggetto delle esternazioni punibili (30).

Tale elemento è anche quello che, a tutta evi-denza, esprime la già sottolineata mutazione insenso espansivo, per cui, oltre alle affermazioni

(25) Si allude a quella tendenza — maggioritaria — che,in linea con il carattere irrinunciabile della memoria pub-blica e con il suo ruolo, centrale, nella società contempora-nea, individua nel diritto penale lo strumento privilegiato, ilmedium di connessione tra passato, presente e futuro; am-piamente FRONZA, op. cit., 1 ss.

(26) Parla di « consolidato (ancorché non indiscusso)indirizzo di politica criminale che da lunga pezza tiene bancoa livello sovranazionale e in moltissimi Paesi democratici »VISCONTI, Aspetti penalistici del discorso pubblico, Torino,2008, 218.

(27) Esprimere un dubbio non è sufficiente: occorremettere in discussione un avvenimento e pretendere che nonabbia avuto luogo. Si pensi a chi definisce la Shoah comeinvenzione o come menzogna. Va ricordata, per l’impor-tanza generale che ha assunto la distinzione, sorta in Ger-mania, tra “qualifizierte Auschwitzlüge” (negazionismo qua-lificato) e “bloße Auschwitzlüge” (negazionismo semplice).

Quest’ultimo prescinde da qualsiasi indice di lesività (Roma-nia, l. 13 marzo 2002), a differenza del “negazionismoqualificato” che richiede invece che la condotta sia accom-pagnata da un elemento ulteriore, come l’idoneità offensiva,ad esempio, a turbare la pace pubblica (§ 130 StGB, Ger-mania).

(28) Giustificare significa pretendere di provare la legit-timità dei comportamenti o almeno l’impossibilità di evitarli:“la Shoah fu un fatto spiacevole, ma inevitabile”.

(29) La minimizzazione significa relativizzazione e puòessere quantitativa o qualitativa. Quantitativa sarà, ad esem-pio, la minimizzazione che riduce il numero di vittime.Qualitativa, invece, quella in cui, ad esempio, si qualificanoi crimini gravissimi come non tanto atroci. Tale condottaricomprende anche la messa in dubbio: cfr. OSTENDORF, inStrafgesetzbuch. Kommentar a cura di KINDHÄUSER, NEUMANN

e PAEFFGEN, II, München, 2013, sub § 130, 685.(30) Vale la pena menzionare l’art. 301 del codice pe-

nale turco, che punisce chi pubblicamente denigra la na-zione, lo Stato, il Governo o gli organi giurisdizionali delloStato turco. A tale disposizione si è fatto ricorso per tentaredi sanzionare chi riconosceva ed affermava il genocidio degliarmeni. Essa si pone, dunque, in termini uguali e contrari aquella che contempla il reato di negazionismo: uguali, per-ché con la previsione di un reato autonomo è impedital’espressione di un’opinione non conforme ad una visioneufficiale e maggioritaria; contrari, perché, nel caso turco, nonsi punisce la negazione di un genocidio, ma la sua afferma-zione. Sebbene in antinomia espositiva (si sanziona l’affer-mazione e non la negazione), il reato contemplato dall’ordi-namento turco è assolutamente omogeneo dal punto di vistadella forma e della struttura: si vieta penalmente la messa indubbio di una “verità storica” sancita come tale dallo Stato.

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riguardanti la Shoah, il reato attualmente ricom-prende anche quelle riguardanti, più in generale, icrimini internazionali.

Alcuni ordinamenti prevedono tuttora, comeoggetto delle espressioni sottoposte a pena, esclu-sivamente il genocidio commesso dal regime na-zionalsocialista (Germania, Francia, Belgio e Ro-mania, ad esempio): in questo caso, affermazioniriguardanti genocidi o crimini contro l’umanitàdiversi non potranno essere punite.

Altri Paesi, invece, in linea con il nuovo voltodel reato, estendono l’area della tutela anche aiproclami aventi ad oggetto, più in generale, ilgenocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini diguerra (Grecia; Liechtenstein, art. 283 c.p.).

In ultimo, soprattutto dopo l’adozione, sulpiano europeo, della decisione quadro n. 2008/913/GAI, cit., alcuni legislatori, nell’introdurre exnovo la fattispecie criminosa, hanno inserito comeoggetto delle condotte punibili, accanto ai crimininazisti, anche i crimini commessi dal regime co-munista: è il caso della Repubblica Ceca (art. 405c.p.); della Polonia; dell’Ungheria (art. 333 c.p.).Altri Paesi invece, non facenti parte dell’Unione,ma considerabili come portavoce di una dinamicadi progressiva trasformazione del reato, hannoindicato esclusivamente i crimini commessi da unregime specifico, diverso da quello nazionalsocia-lista: così è accaduto, ad esempio, in Ucraina (31).

Il quadro di insieme che emerge dall’analisicomparata permette di misurare la disomogeneitàdelle traduzioni nazionali anche rispetto ai corret-tivi introdotti per rispondere ai timori che talereato comprima eccessivamente la libera manife-stazione del pensiero, correndo il rischio di esseredichiarato incostituzionale. A questo riguardo unrequisito, tendenzialmente comune, è che le ester-nazioni siano compiute pubblicamente. Non èdunque l’affermazione in sé a determinare l’offen-sività della condotta, che non è punibile se resta inuna sfera privata, bensì la sua dimensione pub-blica. Essa va interpretata esigendo non solo chel’esternazione sia avvenuta in un luogo pubblico,ma valutando anche la capacità del messaggio didiffondersi verso una cerchia potenzialmente am-pia e indeterminata di persone. Tale verifica dovràinoltre confrontarsi col dato di realtà che sempredi più i negazionisti pubblicano, senza alcunamediazione, le loro tesi attraverso il web.

Talune legislazioni, in coerenza con una con-cezione penale liberale e per scongiurare una so-

vrapposizione tra metodo storico e giudiziario,delimitano ulteriormente l’ambito di applicazionedella norma, introducendo elementi supplemen-tari di tipicità, attraverso l’inserimento di specifi-che clausole.

Queste possono variare di contenuto ed esserepreviste singolarmente o cumulativamente: si ri-chiede, ad esempio, l’idoneità delle condotte aturbare la pace pubblica (Germania) (32) o adincitare alla violenza o all’odio (Croazia) ovvero,ancora, che i comportamenti siano posti in esserein modo minaccioso, violento, offensivo o in di-sturbo dell’ordine pubblico (Malta, art. 82B c.p.).

Il correttivo può anche riguardare l’elementopsicologico: si esige che le affermazioni siano, adesempio, accompagnate da motivi discriminatori(Svizzera, art. 261 bis c.p.) o commesse con l’in-tenzione di incitare o incoraggiare alla discrimina-zione razziale o religiosa (Portogallo, art. 240 c.p.).

Infine, in altri casi, si individuano le fonti per ladefinizione dei crimini la cui memoria non puòessere violata, rinviando a disposizioni internazio-nali (l’art. 6 dello Statuto del Tribunale militareinternazionale di Norimberga, la Convenzione perla prevenzione e repressione del genocidio del 9dicembre 1948 o lo Statuto della Corte penaleinternazionale) o nazionali (Germania; Croazia;Bulgaria, art. 419a c.p.). O, ancora, si richiede chei crimini la cui memoria non può essere violatasiano stati accertati da decisioni interne o interna-zionali (Francia, Lussemburgo) (33) o qualificatitali dal legislatore (Grecia) (34). Tuttavia è evi-dente il rischio di creare in tal modo una ingiusti-ficata disparità di trattamento tra le vittime deicrimini, individuando una “gerarchia della memo-ria” e delle sofferenze umane.

L’esame comparato delle disposizioni nazionalifornisce elementi per svolgere un rilievo di carat-tere più generale, su cui occorre richiamare l’at-tenzione: ad una prima fase, connotata dalla cri-minalizzazione del discorso negazionista, ne segueuna seconda, caratterizzata dalla estensione delcampo della penalità e, di conseguenza, del qua-

(31) L’Ucraina dichiara l’Holodomor un atto di genoci-dio contro gli ucraini e illegittima la sua negazione (art. 2 l.28 novembre 2006, n. 376).

(32) Sul concetto di pace pubblica nel § 130 StGB cfr.FISCHER, Strafgesetzbuch mit Nebengesetze. Kommentar61,München, 2014, sub § 130 StGB, 994. Sul come strutturareil giudizio di idoneità offensiva e secondo quale modello dipericolo v. ivi, 993.

(33) Il giudicato diventa quindi elemento costitutivo delreato. Da tale correttivo discendono importanti implicazioniprocessuali rispetto alla legittimazione ad agire nei processiper negazionismo.

(34) Sul potere di qualificazione attribuito al legislatore,si veda il dibattito in Francia (v. infra, § 9).

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dro mnemonico protetto (35). La memoria deglieventi storicamente più significativi, dei più vicinicome dei più lontani, ha, infatti, un portato pub-blico determinante, è cioè elemento fondante delcorpo politico e istituzionale cui afferisce.

Ed ecco una prima difficoltà che tale reatopropone: da un lato, i giudici dovranno rappor-tarsi con una dimensione temporale remota, giu-dicando non un comportamento realizzato, bensìil racconto che se ne dà oggi; dall’altro, ai giudicipotrà capitare di doversi confrontare con unadimensione più vicina, interpretando e ricono-scendo come crimini determinati macroeventi,magari nemmeno mai studiati e valutati dagli sto-rici. Il tipo penale è dunque scolpito in modo taleda far intervenire i giudici sulla storia molto più diquanto sia mai accaduto prima, con il risultato dicoinvolgere gli stessi anche nelle “guerre di me-moria”. I mutamenti rispetto alla configurazioneoriginaria del reato di negazionismo potrebberorivelare così un’altra difficoltà della scelta punitiva:la natura plurale delle specifiche memorie nazio-nali. La memoria che si vuole comune non ècomune e diviene così terreno di scontro. Al giu-dice spetta di trasformare il passato o il presente inmemoria, investendola inevitabilmente dei con-flitti sottesi all’esercizio della giurisdizione.

4. Il reato di negazionismo disegnato dal di-ritto dell’Unione europea. — Tenendo conto del-l’intensità fenomenica del negazionismo e dellasua evoluzione come reato, è necessario soffer-marsi sul contesto europeo, e in particolare suldoppio circuito costituito rispettivamente dal-l’Unione europea e dal sistema normativo di tuteladei diritti umani del Consiglio d’Europa (in parti-colare, dalla Corte di Strasburgo). La disaminaservirà a mostrare la convergenza nel ricorrere alpenale per contrastare il negazionismo e a preci-sare il ruolo di questi due attori in tale movimentodi criminalizzazione (36).

Secondo una costante delle dinamiche che con-notano l’internazionalizzazione del sistema penale,anche il reato di negazionismo, dopo avere trovatospazio nelle legislazioni interne, diviene oggetto diprovvedimenti di armonizzazione a livello euro-peo (37). Nell’ambito della più generale azione dicontrasto al razzismo e alla xenofobia, la primainiziativa specifica dell’Unione europea sul feno-meno negazionista e sulla necessità di ricorrere allostrumento penale risale al 1996. Un’azione co-mune (38) descriveva precisamente i comporta-menti che gli Stati avrebbero potuto scegliere dipunire.

L’intervento fondamentale, per il suo caratterevincolante, ma anche per comprendere l’attualegenetica della fattispecie in esame, è tuttavia co-stituito dalla decisione quadro n. 2008/913/GAI,cit. (di cui si è detto anche nel paragrafo prece-dente). Con essa si chiede agli Stati membri diintervenire col diritto penale per reprimere lecondotte negazioniste (39).

Esaminare sinteticamente la dinamica di tra-sformazione riguardante la fisionomia del reatoche la decisione quadro sancisce è essenziale. Sutale costruzione tipica si sono infatti modellate leincriminazioni a livello nazionale introdotte dopoil 2008 (dieci Paesi dell’Unione europea, sui ventiche contemplano il reato in esame, lo hanno inse-rito dopo tale data) (40). Nella nuova fase dicriminalizzazione di queste forme espressive, san-cita dall’adozione della decisione quadro (41), si

(35) Il reato (e il nomen) mostra una capacità circola-toria, confermando le dinamiche espansive di cui si è giàaccennato. Esso è stato ripreso in contesti molto differenti: sifa riferimento alla proposta, presentata il 28 agosto 2012 inPerù, di introdurre il reato di negazionismo dei crimini diterrorismo: proyecto de ley n. 1464/2012-PE, recante « Leyque incorpora el artículo 316o-A [Negacionismo de los delitosde terrorismo] al Código penal », in www2.congreso.gob.pe.

(36) A livello mondiale cfr. delle Nazioni Unite la Re-solution on the Holocaust Remembrance (risoluzione dell’As-semblea generale 1o novembre 2005, n. A/RES/60/7) e laResolution on Holocaust Denial (risoluzione dell’Assembleagenerale 26 gennaio 2007, n. A/RES/61/255). Cfr. inoltre lacomunicazione del Comitato dei diritti dell’uomo nel caso« Faurisson c. Francia », n. 550/1993, dell’8 novembre 1996,

U.N. doc. CCPR/C/58/D/550/1993. Più ampiamente, allaluce della normativa internazionale, DELLA MORTE, L’intro-duzione del reato di negazionismo in Italia. Una prospettivacritica alla luce dell’ordinamento internazionale, in Dir. pubbl.comp. eur., 2014, n. 3, 1181 ss.

(37) Secondo Sotis, il legislatore europeo reagisce alfenomeno negazionista, in quanto quest’ultimo mette indiscussione le basi politico-identitarie e i valori etico-giuri-dici sul cui fondamento è stata costruita l’Europa odierna:SOTIS, Il diritto senza codice. Uno studio sul sistema penaleeuropeo vigente, Milano, 2007, 95 ss.

(38) Azione comune del Consiglio 16 luglio 1996, n.96/443/GAI, adottata nell’ambito delle misure intese a com-battere il razzismo e la xenofobia.

(39) Su tale decisione, approfonditamente, LOBBA, Pu-nishing Denialism Beyond Holocaust Denial: EU FrameworkDecision 2008/913/JHA and Other Expansive Trends, in 5New Journal of European Criminal Law, 2014, n. 1, 58 ss., ev. già ID., La lotta al razzismo nel diritto penale europeo dopoLisbona. Osservazioni sulla decisione quadro 2008/913/GAIe sul reato di negazionismo, in [email protected], 2011, n. 3,156 ss.

(40) Cfr. la Relazione della Commissione al Parlamentoeuropeo e al Consiglio sull’attuazione della decisione quadro2008/913/GAI del Consiglio sulla lotta contro talune formeed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il dirittopenale, COM(2014) 27 def., del 27 gennaio 2014.

(41) In proposito si vedano le proposte francesi di

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rendono più evidenti le divisioni tra i singoli Statiriguardanti le forme e l’oggetto di tutela del patri-monio di memoria di ciascun Paese. L’effetto èquasi paradossale: una disposizione che è parte diuna strategia ben più generale, introdotta nelnome di valori comuni e per la costruzione di unaidentità, di una immagine, di una definizione disenso e di una memoria che si vorrebbe parimenticomune (42), mostra che una memoria comunenon esiste.

La decisione quadro porta il reato di negazio-nismo fuori dall’universo della seconda guerramondiale e prevede come punibili l’apologia, lanegazione e la minimizzazione grossolana dei cri-mini di genocidio, dei crimini contro l’umanità edi guerra, “come definiti” dagli art. 6, 7 e 8 delloStatuto della Corte penale internazionale (art. 1comma 1 lett. c) e dall’art. 6 dello Statuto delTribunale militare internazionale di Norimberga(art. 1 comma 1 lett. d).

Il reato non rimane più interno all’esperienzaeuropea, ma viene agganciato al sistema globaledei diritti umani: si fa riferimento, da un lato,all’esperienza fondatrice, in particolare per l’Eu-ropa, con il rinvio allo Statuto di Norimberga e,dall’altro, al “nuovo” accordo costituito dallo Sta-tuto della Corte penale internazionale. Il rispettodei diritti umani ricomprende dunque anche ilriconoscere l’importanza del ricordo della loroviolazione. L’estensione dell’area di penalità coin-volge l’oggetto della tutela e, assieme, la dimen-sione temporale dei crimini di cui la norma e igiudici dovranno occuparsi: non più esclusiva-mente dei fatti collocabili nella storia europea,appartenenti a decodificazioni sedimentate delpassato, ma anche dei crimini attuali o apparte-nenti a un passato prossimo rispetto a cui lariflessione storica è ancora in corso.

In linea con le preoccupazioni che accompa-

gnano la criminalizzazione delle opinioni, una pre-visione comune, alle lett. c e d del comma 1dell’art. 1 della decisione, dispone che le condottedi apologia, negazione e minimizzazione grosso-lana sono punibili se poste in essere « in modo attoa istigare alla violenza o all’odio » nei confronti diun gruppo di persone o di un suo membro.

Questo elemento di fattispecie tende a restrin-gere l’ambito di applicabilità della norma: nonsaranno infatti punibili le esternazioni negazioni-ste in quanto tali (ipotesi forte di negazionismo),ma solo quelle dotate di una carica offensiva con-creta per il bene tutelato.

Come in altre ipotesi di criminalizzazione del-l’opinione, le potenzialità selettive delle condotterilevanti attraverso la categoria dell’istigazione po-trebbero essere compromesse — nei casi in esame— dalla mancanza di una condotta esecutiva ma-teriale su cui misurare l’effetto concreto di incita-mento del pensiero espresso (in particolare conriferimento « all’odio »). Difatti l’istigazione, al difuori di un contesto relazionale con l’azione, sicontraddistingue per il suo carattere astratto, per ilsuo vertere, cioè, su un itinerario di merito (affer-mazioni di fatti storici falsi o adesioni a valori), enon, piuttosto, su un itinerario di azione (43).Occorrerebbe allora cercare di sostanziarla in ter-mini di istigazione concreta: tuttavia, come noto,dinanzi ad asserzioni negazioniste risulta moltodifficoltoso fornire la prova del pericolo concreto.

L’art. 1 della decisione quadro, e precisamenteil comma 4, stabilisce che ogni Stato membro« può » adottare una dichiarazione in base a cuirenderà punibili la negazione o la minimizzazionegrossolana — non però l’apologia — dei crimini dicui al comma 1 lett. c e/o d « solo qualora sianostati accertati come tali da una decisione passata ingiudicato di un organo giurisdizionale nazionale didetto Stato membro e/o di un tribunale interna-zionale, oppure esclusivamente da una decisionepassata in giudicato di un tribunale internazio-nale ».

Se adottata a livello interno, tale clausola re-stringerebbe la punibilità solo a quei crimini, og-getto di negazione o minimizzazione, per cui vi siauna sentenza passata in giudicato delle giurisdi-

estendere la tutela al genocidio degli armeni: dopo unaprima proposta del 2006 (v. il testo adottato il 12 ottobre2006: Assemblea nazionale, XII legislatura, doc. n. 610),quella presentata il 6 febbraio 2013 da Boyer e altri (Assem-blea nazionale, XIV legislatura, doc. n. 690) e, infine, quellepresentate il 22 aprile 2014 da Fischer e altri (Senato, XIVlegislatura, doc. n. 479) e il 14 ottobre 2014 ancora da Boyere altri (Assemblea nazionale, XIV legislatura, doc. n. 2276);ma v. anche infra, § 9 e in particolare nt. 100.

(42) Con riferimento alla attenzione, prestata in sedeeuropea, alla costruzione di una “memoria comune” cfr.,ad esempio, Dichiarazione del Parlamento europeoP6_TA(2008)0439, Declaration of the European Parliamenton the proclamation of 23 August as European Day of Re-membrance for Victims of Stalinism and Nazism, del 23settembre 2008, e la Risoluzione del Parlamento europeoP6_TA(2009)0213, European Parliament resolution on Euro-pean conscience and totalitarianism, del 2 aprile 2009.

(43) L’accertamento dell’efficacia causale che dà origineal pericolo risulta particolarmente difficile per le condotteverbali. Sul punto cfr. ROMANO, Commentario sistematico alcodice penale, I, Milano, 2005, sub art. 40 c.p., 373; DONINI,La partecipazione al reato tra responsabilità per fatto proprio eresponsabilità per fatto altrui, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984,175 ss.; STELLA, Leggi scientifiche e spiegazione causale indiritto penale, ivi, 1988, 1222, e ID., Leggi scientifiche espiegazione causale nel diritto penale, Milano, 1975, 102 ss.

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zioni succitate (44). Questa impostazione, messa inconnessione con l’ampliamento della fattispecie, èla cartina di tornasole circa la dinamica di trasfor-mazione del reato in esame. Il giudice rimanedominus della semantica e della narrazione, e que-sto sia quando si tratta di definire il fatto, siaquando si tratta di definire la qualificazione giuri-dica del fatto storico. A partire dall’accertamentodei crimini sopra indicati, il giudice diviene peròin questo modo anche colui che seleziona le me-morie da tutelare mediante pena.

Tuttavia la sovrapposizione dell’attività giuri-sdizionale con una ricostruzione storica irrevoca-bile meritevole di tutela penale fa sorgere più di uninterrogativo. Il fatto accertato viene ipostatizzato.L’accertamento giurisdizionale diviene in questachiave — rectius potrebbe divenire, se la riservavenisse accolta dai singoli Stati — elemento costi-tutivo del tipo. Ma il rendere punibili solo i cri-mini accertati in via definitiva da una sentenzanazionale o internazionale (senza ulteriori distin-guo tra i vari organismi), oltre ad optare per unafabbricazione formale della memoria, suggerisceche la memoria condivisa coincida con quella giu-diziaria.

Ne consegue il duplice rischio di trovarsi insituazioni controverse in cui un fatto è consideratocrimine in uno Stato, ma non in un altro (45), e disancire così l’esistenza di “memorie forti” e di“memorie deboli”, memorie tutelate e memoriesprovviste di tutela. Per esemplificare, si pensi afatti di genocidio non definiti, né qualificati cometali da un processo: ciò basterebbe a ritenerne lanegazione penalmente irrilevante. Questa previ-sione, come detto, rischierebbe di fissare una ge-rarchia delle memorie storiche e dei negazionismi.

Tali osservazioni sono molto rilevanti rispettoal contesto in cui la disposizione dovrà essereattuata, caratterizzato da una pluralità di patri-moni storici e mnemonici e in cui la concorrenzadi memorie è fenomeno fortemente presente.

Oltre alla pubblicità della condotta, alla dire-zione delle condotte contemplate contro ungruppo o una persona determinata in base aicriteri menzionati dall’art. 1 e alla capacità istiga-trice, la decisione quadro introduce, al comma 2dell’art. 1, un’ulteriore clausola di pericolo comecondizione minima di offensività.

Nell’intento di arginare ulteriormente la poten-zialità liberticida insita in ogni reato di pensiero esulla falsariga di quanto già sperimentato in Ger-mania con la fattispecie di Auschwitzlüge (menzo-gna di Auschwitz), la decisione quadro disponeche gli Stati membri « possono » decidere di ren-dere punibili « soltanto i comportamenti atti aturbare l’ordine pubblico o che sono minacciosi,offensivi o ingiuriosi ».

Pertanto, nella dialettica tra Unione europea eStati membri, nell’individuazione delle condottepunibili, diviene elemento cruciale il concetto diordine pubblico, rispetto alla cui definizione gliStati nazionali godono di un notevole margine diautonomia. La disposizione europea apre nuova-mente la strada ad una geometria normativa varia-bile, con il risultato di scenari di punibilità diffe-renziati: in virtù di tale requisito, le opinioni ri-guardanti un certo evento storico potrebbero es-sere infatti punite in un Paese, ma non in un altro.

Riemergono altresì talune inquietudini corre-late all’indeterminatezza del concetto di ordinepubblico, non definito nella decisione quadro, cherinvia ad una problematica ben più ampia: qualepossa essere il bene protetto da tale fattispeciecriminosa, oggi in bilico tra tutela della memoriastorica, tutela dell’ordine pubblico e protezionedella dignità delle vittime.

5. Il Consiglio d’Europa e la giurisprudenzadella Corte di Strasburgo. — Il fenomeno negazio-nista viene trattato in diversi documenti del Con-siglio d’Europa (46) e in numerose decisioni deigiudici di Strasburgo. In generale non vi è nessundato diverso rispetto alle legislazioni nazionali eall’Unione europea: l’orientamento consolidatoanche in questo circuito è nella direzione di repri-mere tali forme di espressione mediante il dirittopenale.

Nell’ambito del sistema normativo in esamel’elemento di maggiore interesse è costituito dalledecisioni della Corte europea dei diritti dell’uomosia al fine di comprendere la complessità del reatodi negazionismo tout court, sia perché contengonostrutture argomentative e schemi di bilanciamentoche assumono significato per la risoluzione di altricasi concreti dinanzi ad altre giurisdizioni.

Chiamata sovente a pronunciarsi sulla compa-

(44) Tale clausola si ispira a quella prevista in Franciadalla “loi Gayssot” (l. n. 90-615 del 1990), che, come giàricordato, ha introdotto la fattispecie di negazionismo.

(45) CAJANI, Criminal Laws on History. The case of theEuropean Union, in 11 Historein, 2011 (Politics and History.How to Deal with Tormented Pasts), 28-29.

(46) Nell’ambito delle iniziative assunte dal Consigliod’Europa, occorre segnalare l’art. 6 del Protocollo addizio-nale alla Convenzione di Budapest sulla cybercriminalità del23 novembre 2001, adottato a Strasburgo il 28 gennaio 2003,che richiede agli Stati firmatari di punire la « Negazione,minimizzazione grossolana, approvazione o giustificazione digenocidi o crimini contro l’umanità ».

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tibilità del reato di negazionismo con la garanziadella libertà di espressione, la Corte inquadra ilfenomeno in questione nella più ampia figura del“discorso dell’odio” (47). Essa ribadisce la gravitàdelle affermazioni negazioniste e ritiene ammissi-bile il ricorso allo strumento penale per contra-starle. Due le norme che la Corte applica perconfrontarsi con i discorsi negazionisti e per affer-mare, nella maggioranza dei casi, che questi nontrovano tutela nella Convenzione europea dei di-ritti dell’uomo: l’art. 10, sulla libertà di espres-sione, e l’art. 17, norma generale che disciplinal’abuso del diritto (48). Nella prima ipotesi i giu-dici affermano che i proclami negazionisti rica-dono al di fuori della garanzia prevista nell’art. 10e giustificano l’intervento limitativo del diritto pe-nale sulla libertà di espressione, una volta effet-tuato il test di verifica previsto da quella disposi-zione (49). Nella seconda ipotesi invece, saltandosiffatta valutazione, i giudici dichiarano che lalibertà d’espressione, ai sensi dell’art. 17, non puòestendersi sino ai casi in cui la stessa venga utiliz-zata per fini contrari al testo e allo spirito dellaConvenzione, perché potrebbe portare alla distru-zione e all’eliminazione dei diritti e delle libertà inessa garantiti.

Non potendo svolgere un’analisi della giuri-sprudenza della Corte in questo settore, si ripor-teranno, seppure sinteticamente, due decisioni pa-radigmatiche dei “cortocircuiti” che può innescarela criminalizzazione del negazionismo, nella suaforma originaria e nella sua forma derivata (sulladistinzione v. supra, all’inizio del § 2): si tratta,rispettivamente, del caso « Garaudy c. Francia » edel caso « Perinçek c. Svizzera ».

Nel primo caso di specie la Corte europeadichiara irricevibile il ricorso presentato da Ga-

raudy (50), condannato in Francia per afferma-zioni negazioniste riguardanti la Shoah (51).

Di questa pronuncia, ricca di numerosi spunti,preme esclusivamente segnalare il significativopassaggio riguardante la distinzione tra le catego-rie dei « fatti storici chiaramente stabiliti, comel’Olocausto » (52) e dei fatti rispetto a cui « ètuttora in corso un dibattito tra gli storici circacome siano avvenuti e come possano essere inter-pretati » (53). La negazione dei primi non sarebbecoperta dalla tutela dell’art. 10 CEDU.

Il discrimine tra fatti accertati e fatti tuttoraoggetto di dibattito — ripreso in molte pronuncerelative a casi concreti di negazionismo — mette inrisalto l’intersezione profonda, in tale fattispecie,tra diritto penale e storia. Quest’ultima viene quideclinata secondo una concezione che la disegnacome processo di acquisizione graduale destinatoa produrre una “definitiva” conoscenza del pas-sato. Una impostazione peraltro risalente al posi-tivismo ottocentesco, largamente superata dalleriflessioni interne alla stessa comunità degli storicicontemporanei e, come tale, destinata a produrreun confine del tutto fragile e oscillante dello stessooggetto di tutela.

Ma vi è di più. Questa differenziazione apre lastrada a potenziali gerarchie di memorie, quelle sui“fatti stabiliti”, meritevoli di tutela, e quelle sui“fatti ancora in discussione”, che potrebbero an-che venire violate, in una dinamica ancor piùrilevante dinanzi alla attuale e più estesa configu-

(47) Molte le sentenze in tema di negazionismo: cfr.LOBBA, Holocaust Denial Before the European Court of Hu-man Rights: Evolution of an Exceptional Regime, in Eur.journ. intern. Law, 2015, n. 1; BILBAO UBILLOS, La negacióndel holocausto en la jurisprudencia del Tribunal Europeo deDerechos Humanos: la endeble justificación de tipos penalescontrarios a la libertad de expresión, in Revista de DerechoPolítico (Universidad nacional de educación a distancia-UNED), n. 71-72, 2008, 19 ss. (che segnala anche l’incoerenzadi tali decisioni, vista la rilevanza attribuita alla verità storicacome parte integrante della libertà di espressione).

(48) Sul ricorso all’una o all’altra disposizione nel trat-tamento del discorso negazionista si rinvia a BILBAO UBILLOS,lc. cit.

(49) Come noto, per accertare se la misura restrittiva siagiustificata, i giudici dovranno valutare se, nella situazioneconcreta, sia prescritta dalla legge, se persegue una dellefinalità legittime ex art. 10 comma 2 CEDU, e se è necessariain una società democratica.

(50) Cfr. C. eur. dir. uomo 24 giugno 2003, Garaudy c.Francia, ricorso n. 65831/01.

(51) Previsto all’art. 24 bis l. 29 luglio 1881, cit., il reatodi negazionismo è limitato ai crimini nazisti. Cfr. HOCHMANN,Le négationnisme, cit., 133 ss.; DROIN, État des lieux de larépression du négationnisme en France et en droit comparé, inRev. trim. dr. homme, 2014, 363 ss.; FRANCILLON, Pénalisationdes discours négationnistes et liberté d’expression, in Lesunivers du droit. Mélanges en hommage à Claude Bontems,Paris, 2013, 219 ss. Sulle numerose applicazioni giurispru-denziali, cfr. ADER, L’état de la jurisprudence sur la notion denégation depuis la loi Gayssot, in Légipresse, n. 293, aprile2012, 233 ss.

(52) Cfr. C. eur. dir. uomo 24 giugno 2003, Garaudy c.Francia, cit., punto 28. Per la prima volta tale categoria vienemenzionata in C. eur. dir. uomo 23 settembre 1998, Lehi-deux e Isorni c. Francia, ricorso n. 24662/94, punto 47. Siafferma che la negazione o la revisione di fatti storici chia-ramente stabiliti — come l’Olocausto — non sono tutelatedall’art. 10 CEDU, in virtù dell’art. 17 della medesima Con-venzione. Di « fatto storico stabilito » si parla anche, adesempio, in C. eur. dir. uomo 16 aprile 2012, Janowiec e altric. Russia, ricorsi n. 55508/07 e 29520/09 (v. anche la pro-nuncia definitiva: C. eur. dir. uomo, grande camera, 21ottobre 2013, punto 186).

(53) Cfr. C. eur. dir. uomo 23 settembre 1998, Lehi-deux e Isorni c. Francia, cit., punto 47.

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razione della fattispecie criminosa nella sua formaderivata.

Nel caso « Perinçek » la Corte europea si con-fronta, per la prima volta, con esternazioni riguar-danti il genocidio armeno, con cui si dichiaravache qualificare come crimine di genocidio le atro-cità commesse dall’Impero ottomano contro gliarmeni costituiva una « menzogna internazio-nale ». Secondo Perinçek, quindi, quei criminisarebbero stati sì commessi, ma per esigenze dinatura bellica e senza essere connotati da quell’in-tenzione specifica — essenziale per la sussistenzadel crimine di genocidio — di distruggere il po-polo armeno.

Condannato dalle autorità svizzere (54), Pe-rinçek ricorre dinanzi alla Corte europea, cheaccoglie le sue argomentazioni, ritenendo che siastata limitata ingiustificatamente la libertà diespressione (55). A questa conclusione i giudicipervengono con la distinzione tra “negazione delfatto storico” e “negazione della qualificazionegiuridica del fatto storico” come crimine interna-zionale di genocidio (56). Le affermazioni delricorrente, riguardanti la qualificazione giuridicadel fatto, non incitano all’odio o alla violenza esono protette dall’art. 10 della Convenzione.

Tale distinzione solleva diversi e importantiinterrogativi su chi abbia il potere di decidere che

un fatto possa essere considerato un fatto storico.Un evento costituisce un fatto storico in quantoassume un significato all’interno di una sequenzacausale e un contesto storico dato: il medesimoevento potrà costituire un fatto rilevante per laricostruzione di un fenomeno, ma essere una cir-costanza assolutamente ininfluente rispetto ad unaltro. È, di volta in volta, la domanda che poniamoal nostro passato a decidere quali, nell’infinitamolteplicità degli eventi accaduti, costituiscanofatti storici.

E ancora, risulta difficoltoso distinguere la nar-razione dei fatti dai fatti stessi, il significante dalsegno; nell’economia di una narrazione della me-moria storica, i fatti e il colore che si dà ai fattisembrerebbero stare e cadere insieme.

Un altro punto di questa lunga e articolatasentenza è degno di nota anche perché moltorilevante alla luce della nuova fisionomia (piùestesa) del reato di negazionismo.

I giudici affermano l’importanza della libertàdi espressione su temi di rilevanza pubblica, anchequando si tratti di opinioni offensive, e ribadi-scono la natura aperta per definizione (“par na-ture”) del dibattito storico, il quale « non si prestaa conclusioni definitive o a verità oggettive e asso-lute ». Contemporaneamente, però, stabilisconoun’eccezione, anche di trattamento, per quelleasserzioni che riguardano la Shoah (57).

La contraddizione qui è doppia. Sia rispetto alcaso specifico: il genocidio armeno gode di unatutela minore (sollevando nuovamente la proble-matica della gerarchia delle memorie stori-che) (58). Sia rispetto all’argomento generale: siafferma l’indipendenza della ricerca storica, mapoi nuovamente si cade nell’ambiguità di dire cheun evento (la Shoah) è “un fatto storico”, “stabi-lito” (59) ed è sottratto alla libertà di espressionese oggetto di una norma o di una pronunciagiudiziaria (60). Prima si separano le due sfere,

(54) Tribunal Fédéral 12 dicembre 2007, n. 398, cit. Nel1995, al comma 4 dell’art. 261 bis c.p. sulla discriminazionerazziale, è stata inserita una figura autonoma di negazioni-smo. Si punisce chiunque, pubblicamente, « neghi, mini-mizzi grossolanamente o cerchi di giustificare un genocidio oaltri crimini contro l’umanità ». Per un’analisi cfr. SCHLEI-MINGER, in Strafrecht II. Art. 111-392 StGB. Kommentar3 acura di NIGGLI e WIPRÄCHTIGER, Basel, 2013, sub art. 261 bis;STRATENWERTH e BOMMER, Schweizerisches Strafrecht, Beson-derer Teil, II. Straftaten gegen Gemeininteressen7, Bern,2013.

(55) C. eur. dir. uomo 17 dicembre 2013, Perinçek c.Svizzera, ricorso n. 27510/08. Per un commento cfr. LOBBA,A European Halt to Laws Against Genocide Denial? InPerinçek v. Switzerland, the European Court of Human RightsFinds that a Conviction for Denial of Armenian ‘Genocide’violates Freedom of Expression, in 4 European Criminal LawReview, 2014, n. 1, 59 ss.; HERVIEU, Le négationnisme, prismerévélateur du dilemme européen face à lutte contre l’extrémi-sme, in Revue des droits de l’homme (Centre de recherches etd’études sur les droits fondamentaux-CREDOF), Lettre « Ac-tualités Droits-Libertés », http://revdh.revues.org/290, 13gennaio 2014; GARIBIAN, De la rupture du consensus. L’affairePerinçek, le génocide arménien et le droit pénal international,in Le génocide des Arméniens. Cent ans de recherche 1915-2015 a cura di TERNON, Paris, 2015, 212 ss. (note a p. 347 ss.).Si attende ora la pronuncia definitiva della grande camera, aseguito della richiesta presentata dalla Svizzera, accolta il 2giugno 2014.

(56) C. eur. dir. uomo 17 dicembre 2013, Perinçek c.Svizzera, cit., punto 51.

(57) Cfr. C. eur. dir. uomo 17 dicembre 2013, Perinçekc. Svizzera, cit., punto 117.

(58) L’opinione parzialmente dissenziente dei giudiciVu!ini" e Pinto de Albuquerque sottolinea che il popoloarmeno, come quello ebraico, costituisce una minoranzavulnerabile: C. eur. dir. uomo 17 dicembre 2013, Perinçek c.Svizzera, cit., punti 21 e 22.

(59) C. eur. dir. uomo 17 dicembre 2013, Perinçek c.Svizzera, cit., punto 117. Secondo i giudici, la negazione deicrimini nazionalsocialisti può essere punita in quanto tale esenza che sia necessario riscontrare un incitamento all’odio oalla violenza.

(60) V. ancora C. eur. dir. uomo 17 dicembre 2013,Perinçek c. Svizzera, cit., punto 117. La negazione dell’in-quadramento giuridico delle atrocità commesse nei con-fronti del popolo armeno non può avere le stesse ripercus-

Negazionismo

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quella storica e quella giudiziaria e legale, poi sirinsaldano.

Sez. II. – IL NEGAZIONISMO

NEL QUADRO DELL’ORDINAMENTO ITALIANO.

6. Le proposte di penalizzazione del fenomenonegazionista. — L’Italia è tra i Paesi che noncontemplano un reato di negazionismo (61). Ciònonostante, il nostro ordinamento possiede unnutrito e sedimentato apparato normativo idoneoa colpire comportamenti di stampo discriminato-rio e razzista, anche quando essi vengano com-messi tramite manifestazioni verbali (62).

Prima di verificare se l’Italia disponga o meno,alla luce del diritto vigente sulla penalizzazione deldissenso, di disposizioni che consentano di repri-mere tali fenomeni, occorre ricordare che l’argo-mento non è stato privo di interesse nel corso dellepassate legislature e che non sono mancate leproposte per introdurre una figura criminosa adhoc.

La prima di queste, del gennaio 2007, propo-neva di introdurre gli art. 414 bis e 414 ter c.p.,prevedendo non una fattispecie autonoma, maun’aggravante dell’istigazione: « se il fatto è com-messo negando, in tutto o in parte, l’esistenza digenocidi e di crimini contro l’umanità per i qua-li vi sia stata una sentenza definitiva di condannadell’autorità giudiziaria italiana o internaziona-le » (63). Il coro di critiche a tale progetto ed inparticolare il Manifesto degli storici (64) porta-

rono ad un nuovo testo (65), in cui veniva elimi-nato il riferimento al negazionismo, limitandosi aproporre una modifica del reato di propagandarazzista, previsto dall’art. 3 l. 13 ottobre 1975, n.654, come modificato dal d.l. 26 aprile 1993, n.122, convertito con modificazioni dalla l. 25 giu-gno 1993, n. 205, cosiddetta “legge Mancino” (dalnome dell’allora Ministro dell’interno), e poi dallal. 24 gennaio 2006, n. 85 (su tali interventi diriforma v. infra, § 7 sub lett. b). L’iter di approva-zione fu interrotto dalla fine della legislatura.

L’8 ottobre 2012, la senatrice Amati ed altripresentavano al Senato nuovamente una proposta,contenente una ipotesi delittuosa autonoma. Que-st’ultima andava inserita nell’art. 3 comma 1 l. n.654, cit., alla lett. b-bis, e puniva: 1) l’apologia dei« crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanitàe dei crimini di guerra », come definiti dallo Statutodella Corte penale internazionale e dallo Statuto delTribunale militare internazionale di Norimberga;2) la negazione de « la realtà, la dimensione o ilcarattere genocida degli stessi » (66). Tali compor-tamenti sarebbero stati punibili soltanto se « idoneia turbare l’ordine pubblico o [se] costituiscanominaccia, offesa o ingiuria » (67).

sioni di affermazioni analoghe aventi però ad oggetto l’Olo-causto (ivi, punto 119).

(61) Cfr. BIFULCO, Negare l’evidenza. Diritto e storia difronte alla “menzogna di Auschwitz”, Milano, 2012, 77-79,85-88, secondo cui l’assenza del negazionismo in Italia sidovrebbe « all’incapacità della comunità politica di farfronte, con chiarezza d’intenti e con senso di responsabilità,al proprio passato storico » (ivi, 79).

(62) L’ordinamento italiano, pur non penalizzandoespressamente il negazionismo, possiede un insieme consi-stente di reati di opinione. E questo nel solco di unacontinuità della nostra tradizione legislativa; cfr. FIORE, Ireati di opinione, Padova, 1972, 18 ss.

(63) La bozza di disegno di legge, ad opera dell’alloraMinistro della giustizia Mastella, era intitolata « Introdu-zione nel codice penale dei delitti di istigazione a commet-tere crimini contro l’umanità e di apologia di crimini control’umanità » (cfr. Il Sole 24 ore, 25 gennaio 2007, suppl.Norme e tributi, n. 24, p. 32).

(64) Cfr. il Manifesto, firmato da oltre centocinquantastorici italiani, « Contro il negazionismo, per la libertà dellaricerca storica » del 22 gennaio 2007, in Storicamente, http://storicamente.org, n. 2, 2006 (sub « Dibattiti »). Cfr., semprein senso critico, PROSPERI, Se le bugie negazioniste divente-ranno un reato, in La Repubblica, 16 ottobre 2010; LUZZATTO,Shoah vera o falsa? Non si decide per legge, in Il Sole 24 ore,

17 ottobre 2010. Per un’opinione differente cfr. CATTARUZZA,La condanna del negazionismo limita la libertà della ricerca?,in L’Occidentale, www.loccidentale.it, sub « Cultura », 24gennaio 2007.

(65) Disegno di legge recante « Norme in materia disensibilizzazione e repressione della discriminazione raz-ziale, per l’orientamento sessuale e l’identità di genere.Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654 », in Atti parl.Sen., XV legislatura, doc. n. 1694, presentato al Senato il 5luglio 2007. Cfr. PULITANÒ, Sulla legittimità dei reati diopinione nella proposta Mastella, in Quaderni costituzionali,2007, n. 2, 371 ss.

(66) Questo disegno di legge, intitolato « Modifica al-l’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia dicontrasto e repressione dei crimini di genocidio, criminicontro l’umanità e crimini di guerra, come definiti dagliarticoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazio-nale », in Atti Parl. Sen., XVI legislatura, doc. n. 3511, nondichiara punibile la condotta di minimizzazione grossolana.Tuttavia essa potrebbe essere compresa nell’aver previstocome oggetto della negazione non solo la « realtà », maanche la « dimensione » o il « carattere genocidiario ». Alriguardo, si osserva come, per tale via, si consegua « l’effetto,non si sa quanto voluto, di aumentare il perimetro dellapunibilità, estendendola a revisioni storiografiche, incidentiad esempio sul dato quantitativo, che possono risolversianche in minimizzazioni non grossolane »: cfr. CAPUTO, La« menzogna di Auschwitz », le « verità » del diritto penale. Lacriminalizzazione del c.d. negazionismo tra ordine pubblico,dignità e senso di umanità, in « Verità » del precetto e dellasanzione penale alla prova del processo a cura di FORTI,VARRASO e CAPUTO, Napoli, 2014, 267.

(67) I promotori del progetto si avvalgono della possi-bilità offerta dall’art. 1 comma 2 della decisione quadro n.2008/913/GAI, cit.

Negazionismo

644

Terminata la XVI legislatura senza approva-zione, il 15 marzo 2013 la stessa senatrice Amati edaltri hanno proposto un ulteriore disegno dilegge (68), con la stessa struttura del precedente,ma con taluni correttivi: oltre ad una modifica deltrattamento sanzionatorio, si amplia lo spettrodelle condotte punibili, ricomprendendovi anchela « minimizzazione » (69). Quanto all’oggetto ditali esternazioni, poi, è stato eliminato il richiamoallo Statuto del Tribunale militare internazionaledi Norimberga (evadendo così il riferimento alcrimine di aggressione).

Incapace di adottare il testo in sede delibe-rante, la seconda Commissione permanente (Giu-stizia) ha trasmesso all’aula del Senato il disegno dilegge in esame, con sostanziali modifiche: essointerviene sull’art. 414 c.p., introducendo: a) unafattispecie autonoma che punisce chiunque « negal’esistenza di crimini di genocidio o contro l’uma-nità o di guerra »; e b) una circostanza aggravantea effetto speciale per chi compie il reato di istiga-zione o di apologia dei crimini anzidetti, nonchédei delitti di terrorismo (con una clausola di sus-sidiarietà rispetto al reato di istigazione di cuiall’art. 302 c.p.) (70). Si tratta di una formulazionedi dubbia compatibilità con lo schema dell’istiga-zione accolto dalla Corte costituzionale (71) oltre a

presentare talune differenze rispetto alla decisionequadro n. 2008/913/GAI, cit.

Trasmesso alla Commissione giustizia in sedereferente, il nuovo testo elaborato, comunicato allaPresidenza il 4 luglio 2014 (72), interviene siasull’art. 414 c.p. (73), sia sul già menzionato art. 3,ritornando quindi sui passi del progetto originario.La modifica dell’art. 3 l. n. 654, cit. prevede ilrequisito della pubblicità delle condotte previstenelle lett. a e b, e aggiunge un comma 3 bis,contenente un’aggravante comune per i fatti di cuial comma 1 lett. a e b, e al comma 3, « se lapropaganda, la pubblica istigazione e il pubblicoincitamento si fondano in tutto o in parte sullanegazione della Shoah ovvero dei crimini di geno-cidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini diguerra, come definiti » dallo Statuto della Cortepenale internazionale. In seguito all’approvazionein Commissione in sede referente, il disegno dilegge è stato approvato dal Senato in data 11febbraio 2015.

7. Il diritto vigente. — Dopo l’esame deiprogetti per introdurre una autonoma fattispeciedi reato per la punizione del negazionismo, ènecessario individuare le disposizioni vigenti nel-l’ordinamento italiano che potrebbero essere uti-lizzate per sanzionare eventuali esternazioni nega-zioniste.

Tale ricognizione assume particolare rilevanzaanche nella prospettiva di accertare in che misural’Italia possa essere considerata adempiente (omeno) in relazione agli obblighi di penalizzazionecontenuti nella decisione quadro n. 2008/913/GAI,cit.

Disposizioni utili per reprimere le asserzioninegazioniste si rinvengono sia nel codice penale,sia nell’ambito della legislazione complementare.

Un primo sottoinsieme di norme cui tali feno-meni potrebbero parzialmente essere ricondotti siritrova nel codice, in particolare in quei reati dipensiero collocati nel titolo dei reati contro l’or-dine pubblico (tit. V del libro II); v. ORDINE

PUBBLICO (dir. pen.).a) Innanzitutto, occorre richiamare il reato di

« Istigazione a delinquere » di cui all’art. 414 c.p.(e sul quale v. già ISTIGAZIONE A DELINQUERE). Inparticolare, interessa qui la figura prevista dalcomma 3, che incrimina « chi pubblicamente fa

(68) Si tratta del disegno di legge intitolato anch’esso« Modifica all’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654,in materia di contrasto e repressione dei crimini di genoci-dio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, comedefiniti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penaleinternazionale », in Atti parl. Sen., XVII legislatura, doc. n.54. Sulla mancata approvazione del precedente cfr. SPIGNO,La storia infinita e il reato di negazionismo, in Diritti compa-rati, www.diritticomparati.it, 9 gennaio 2014.

(69) Tale progetto di legge propone di punire anche lecondotte legate al web: cfr. la lett. b-bis della disposizionecitata.

(70) V. l’art. 1 del testo comunicato alla Presidenza delSenato il 22 ottobre 2013 (in Atti parl. Sen., XVII legislatura,doc. n. 54-A), ovviamente non definitivo. Per un commentocfr. MONTANARI, Il disegno di legge in materia di negazionismopassa all’esame dell’aula del Senato, in Diritto penale contem-poraneo, www.penalecontemporaneo.it, 28 ottobre 2013;FRONZA e GAMBERINI, Le ragioni che contrastano l’introdu-zione del negazionismo come reato, ivi, 29 ottobre 2013;critico anche DI MARTINO, Negazionismo, reato di opinione,in Il Manifesto, 20 novembre 2013; in ambito penalistico, cfr.la posizione critica espressa dall’Unione delle Camere penaliitaliane in un comunicato del 16 ottobre 2013, Al negazio-nismo si risponde con le armi della cultura non con quelle deldiritto penale, in www.camerepenali.it; in ambito storico, v.le reazioni riportate nel sito della Società italiana per lostudio della storia contemporanea (SISSCO), www.sissco.it,sub « Pubblicazioni », « Dossier », « Negazionismi, legisla-zioni ».

(71) Sul parametro costituzionale di compatibilità, cfr.C. cost. 4 maggio 1970, n. 65, in Giur. cost., 1970, 933.

(72) In Atti parl. Sen., XVII legislatura, doc. n. 54-A/R.(73) Non viene modificato il fatto tipico, ma ridotto da

cinque a tre anni il limite massimo di pena previsto perchiunque pubblicamente istiga a commettere delitti.

Negazionismo

645

l’apologia di uno o più delitti » (74). Rileva anchel’ipotesi delittuosa prevista dal comma 4, che pre-vede una figura sussidiaria ed aggravata « se l’apo-logia riguarda delitti di terrorismo o crimini con-tro l’umanità » (75).

L’apologia consiste, per definizione, in un di-scorso elogiativo, nell’esaltazione di un fatto costi-tuente reato o del suo autore; in questo senso sipuò definire l’apologia una mera e pura attività dipensiero (76): v. APOLOGIA E ISTIGAZIONE (REATI DI).

Come noto, in seguito a dubbi di legittimitàcostituzionale sulla conformità di tale fattispecierispetto al principio di offensività (sul quale v.infra, OFFENSIVITÀ DEL REATO: PRINCIPIO DI), la Con-sulta è intervenuta con una sentenza fondamen-tale (77). Quest’ultima, rigettando l’eccezione diincostituzionalità, reinterpreta il delitto di apolo-gia punibile, mutandone la fisionomia: esso puni-rebbe non « la manifestazione di pensiero pura esemplice, ma quella che per le sue modalità integricomportamento concretamente idoneo a provo-care la commissione di delitti » (78). La Corte,dunque, con una interpretazione che ha segnatouna svolta per questa fattispecie e più in generaleper i reati di opinione, giustifica la restrizionepenalistica della libertà di espressione per la tutela,non solo del buon costume, ma anche dell’ordinepubblico dinanzi ad una condotta come quellaapologetica, seppur richiedendo che essa sia « di-retta, e idonea, a provocare la violazione delle leggipenali » (79). Secondo quanto riconosciuto in que-sta pronuncia, l’apologia altro non sarebbe cheuna istigazione indiretta (80).

Anche nella legislazione penale extra codicempossono rinvenirsi disposizioni potenzialmenteutilizzabili per sanzionare condotte negazioniste.

b) Innanzitutto, va nuovamente richiamatol’art. 3 l. n. 654 del 1975, che eleva la « discrimi-nazione » a fatto penalmente rilevante (81). Taledisposizione, come ricordato, è stata riformatadapprima dalla legge Mancino (d.l. n. 122 del1993, come convertito dalla l. n. 205 del 1993) (82)e poi dalla l. n. 85 del 2006 (cfr. art. 13) (83).

Nella formulazione attualmente in vigore siincrimina chi propaganda idee fondate sulla supe-riorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga acommettere atti di discriminazione per motivi raz-ziali, etnici, nazionali o religiosi (lett. a); si san-ziona altresì chi istiga a commettere o commetteviolenza o atti di provocazione alla violenza permotivi nazionali, etnici, razziali o religiosi (lett.b) (84).

La preoccupazione di arginare la limitazionedella libertà di espressione insita in tali fattispeciesembra essere a monte della restrizione dei com-portamenti punibili operata non tanto con la so-stituzione dell’istigazione con l’incitamento, ma

(74) Così anche VISCONTI, Aspetti penalistici, cit., 229 ss.(75) Tale figura delittuosa fu introdotta dall’art. 15

comma 1 bis d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito conmodificazioni dalla l. 31 luglio 2005, n. 155.

(76) FORNASARI, in Reati contro l’ordine pubblico a curadi FORNASARI e RIONDATO, Torino, 2013, sub art. 414 c.p., 1.

(77) C. cost. 4 maggio 1970, n. 65, cit. Sulla definizionedell’apologia di delitti come istigazione indiretta cfr. GAM-BERINI, I “pensieri leciti” della Corte Costituzionale, in Riv. it.dir. proc. pen., 1973, 671; FIORE, Libera manifestazione delpensiero, in Arch. pen., 1971, II, 15 ss.; BOGNETTI, Apologia didelitto punibile a’ sensi della Costituzione e interpretazionedella norma dell’art. 414, comma ult. c.p., in Riv. it. dir. proc.pen., 1971, 18 ss.; JEMOLO, Lo Stato può difendersi, in Giur.cost., 1970, 957; su come tale sentenza abbia rimodellato ilvolto dell’apologia da delitto di pericolo astratto in delitto dipericolo concreto, cfr. PELISSERO, Reati contro la personalitàdello Stato e contro l’ordine pubblico, Torino, 2010, 235.

(78) Sull’apologia che diverrebbe un inutile doppionedell’art. 414 comma 1 c.p., cfr. FIANDACA e MUSCO, Dirittopenale. Parte speciale, I5, Bologna, 2012, 481.

(79) Tale orientamento è in linea con la prudenza dellaCorte: cfr. C. cost. 23 aprile 1974, n. 108, in Foro it., 1974,I, 1545, riguardante l’art. 415 c.p.

(80) Si constata che il riempimento, ad opera della

giurisprudenza, con un requisito di offensività ha reso sto-ricamente inservibili tali fattispecie: cfr. i rilievi di FORNASARI,op. cit., 18.

(81) Così LA ROSA, Tutela della pari dignità: normeantidiscriminazione, in Diritto penale. Parte speciale a cura diPULITANÒ, I. Tutela penale della persona, Torino, 2014, 369-370.

(82) Per un’analisi cfr. DE FRANCESCO, in Misure urgentiin materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa. D.l.26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni dalla l. 25giugno 1993, n. 205. Commento, in Leg. pen., 1994, sub art.1, 174 ss., sub art. 3 e sub art. 4, 211 ss.; DEL CORSO, ivi, subart. 2, 201 ss.; NOSENGO, ivi, sub art. 6, 229 ss.; STORTONI, Lenuove norme contro l’intolleranza: legge o proclama?, in Crit.dir., 1994, n. 1, 14 ss.

(83) In senso critico, cfr. PADOVANI, Un intervento nor-mativo scoordinato che investe anche i delitti contro lo Stato,in Guida al diritto, 2006, n. 14, 23 ss.; PULITANÒ, Riforma deireati di opinione?, in Corr. giur., 2006, 745 ss.; VISCONTI, Illegislatore azzeccagarbugli: le « modifiche in materia di reati diopinione » introdotte dalla l. 24 febbraio 2006 n. 85, in Foroit., V, 2006, 217 ss.; GAMBERINI e INSOLERA, Legislazionepenale compulsiva, buone ragioni e altro. A proposito dellariforma dei reati di opinione, in La legislazione penale com-pulsiva a cura di INSOLERA, Padova, 2006, 135 ss.

(84) La riforma del 2006 ha sostituito i termini diincitamento e diffusione con istigazione e propaganda, oltread avere ridotto la sanzione. Per approfondimenti cfr. PI-COTTI, Istigazione e propaganda della discriminazione razzialefra offesa dei diritti fondamentali della persona e libertà dimanifestazione del pensiero, in Discriminazione razziale, xe-nofobia, odio religioso. Diritti fondamentali e tutela penale acura di RIONDATO, Padova, 2006, 117 ss.; FORNARI, Discrimi-nazione razziale, in Commentario breve alle leggi penali com-plementari2 a cura di PALAZZO e PALIERO, Padova, 2007;VISCONTI, Il reato di propaganda razzista tra dignità umana elibertà di espressione, in [email protected], 2009, n. 1, 191 ss.

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piuttosto agganciando la rilevanza penale del com-portamento al concetto di propaganda, più ri-stretto rispetto a quello presente nella formula-zione previgente di « diffusione di idee in qualsiasimodo ». Tra le diverse letture proposte, sembrapreferibile quella che, in tema di discriminazionerazziale ed etnica, distingue tra queste due con-dotte (85). Il diffondere, infatti, è comportamentopiù ampio, che ricomprende il propagandare ideeodiose. Quest’ultimo sarebbe così solo una partedella condotta di diffusione, con conseguente re-strizione del campo dei comportamenti punibili eriespansione della libertà di manifestazione delpensiero (86). Con la propaganda, infatti, l’autorenon si limita a diffondere un’idea, un programma,un’ideologia, ma, attraverso la parola o lo scritto,mira a « condizionare o influenzare il comporta-mento o la psicologia di un vasto pubblico inmodo da raccogliere adesioni » (87).

c) Va menzionato anche il reato di incitamentoe apologia di genocidio previsto dall’art. 8 l. 9ottobre 1967, n. 962 (88), con cui si dà attuazionenel nostro ordinamento alla Convenzione interna-zionale per la prevenzione e la repressione delgenocidio del 1948. La previsione suddetta si in-serisce, dunque, in un provvedimento ampio, in-troducendo una tutela più estesa di quella previstaa livello internazionale. Una conferma di tale am-

pliamento si ritrova proprio nella disposizioneche, affermando la punibilità dell’incitamento di-retto e pubblico a commettere genocidio (previstodall’art. 3 lett. c della Convenzione), va oltre leindicazioni del testo pattizio e introduce, alcomma 2, anche la punibilità dell’apologia di ge-nocidio (89). Oggetto delle espressioni dovrannoessere crimini di genocidio, qualificati dall’essererealizzati con l’intenzione specifica di distruggerein tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico,razziale o religioso, come tale.

d) Infine, vi è una norma che può offrireun’ulteriore (ma parziale) tutela contro il discorsonegazionista. Si fa qui riferimento al reato di apo-logia di fascismo (90), introdotto con la l. 20giugno 1952, n. 645 (art. 4) per dare attuazionealla XII disp. trans., che vieta la « riorganizzazionesotto qualsiasi forma del disciolto partito fasci-sta ». Tale disposizione punisce chi fa propagandain favore della riorganizzazione del partito fascistao chi pubblicamente esalta gli esponenti, i principio metodi del fascismo oppure le sue finalità anti-democratiche (v. FASCISMO: SANZIONI CONTRO IL).

La rassegna delle disposizioni in vigore nelnostro ordinamento mostra che esistono alcuneprevisioni in grado di offrire una certa tuteladall’universo ideologico negazionista. Prendendole mosse dal quadro d’insieme, si può constatareche non è — o che non dovrebbe essere (91) —possibile punire la pura negazione, ma solo queldiscorso rispetto a cui si sia accertata una idoneitàad integrare una istigazione all’odio e/o alla vio-lenza, con un pericolo concreto ed immediato peril bene tutelato.

È a partire da tali constatazioni che occorre orachiedersi se vi sia una piena conformità dellanormativa già esistente al diritto dell’Unione eu-ropea o se invece potrebbe rendersi necessario unintervento di riforma da parte del legislatore (92).

8. La legislazione italiana dinanzi agli obblighieuropei di penalizzazione. — La decisione quadro

(85) Per una ricostruzione degli orientamenti (anchedella giurisprudenza) cfr. PAVICH e BONOMI, Reati in tema didiscriminazione: il punto sull’evoluzione normativa recente,sui principi e valori in gioco, sulle prospettive legislative e sullapossibilità di interpretare in senso conforme a Costituzione lanormativa vigente, in Diritto penale contemporaneo, www.pe-nalecontemporaneo.it, 13 ottobre 2014. Sulla difficoltà didistinguere la propaganda dall’istigazione indiretta a com-mettere atti discriminatori o di violenza cfr. TESAURO, Rifles-sioni in tema di dignità umana, bilanciamento e propagandarazzista, Torino, 2013, 123 ss.

(86) I concetti di propaganda, come quello di istiga-zione, introdotti dalla novella del 2006 andrebbero anch’essiricondotti allo schema interpretativo centrato sulla concretapericolosità e offensività.

(87) Cfr. LA ROSA, op. cit., 373, che cita da Cass., sez. III,28 marzo 2008, n. 13234, in Dir. pen. proc., 2008, 737.

(88) In tal senso anche VISCONTI, Aspetti penalistici, cit.,219, secondo cui pur non « del tutto assimilabile al modellotipico del reato di negazionismo » tale figura persegue fina-lità politico-criminali « molto simili ». Sulla scarsa applica-zione di questa disposizione cfr. Cass. 29 marzo 1985, inForo it., 1986, II, 19, con nota di FIANDACA; e in Ind. pen.,1986, 149, con nota di PISANI, L’apologia di genocidio inCassazione; per una soluzione diversa rispetto all’altra (pe-raltro) unica sentenza sull’apologia di genocidio, cfr. Ass.Milano 14 novembre 2001, in Cass. pen., 2003, 1006 ss., connota di FRONZA, Brevi note sulla teoria della « istigazioneindiretta » in tema di apologia, 1013 ss.; e in Giur. it., 2003,1921 ss., con nota di FIFI, Nuovo orientamento giurispruden-ziale per l’apologia di genocidio.

(89) Cfr. in proposito CANESTRARI, Genocidio, in Enc.giur., XV, 1989, 3; GRASSO, Genocidio, in D. disc. pen., V,1991, 407-408.

(90) Tale reato era previsto originariamente nell’art. 7 l.3 dicembre 1947, n. 1546, poi sostituito dal citato art. 4.

(91) Secondo una interpretazione costituzionalmenteorientata.

(92) Per una sintesi dell’analisi che la Commissione nelgià ricordato Rapporto — COM(2014) 27 def., cit. supra, nt.40 — riserva sull’attuazione nell’ordinamento italiano, cfr.MONTANARI, L’attuazione italiana della decisione quadro2008/913/GAI in materia di negazionismo, nel rapporto dellaCommissione europea, in Diritto penale contemporaneo,www.penalecontemporaneo.it, 18 febbraio 2014.

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n. 2008/913/GAI, cit., come anticipato, cristallizzaun significativo mutamento del reato di negazio-nismo sia in relazione alle condotte penalmenterilevanti (la apologia, la negazione e la minimizza-zione grossolana devono avere una idoneità istiga-toria), sia per l’oggetto di queste ultime, non piùlimitato alla Shoah, ma ampliato ora ad altri « cri-mini smisurati » (93), che coincidono in definitivacon quelle fattispecie su cui hanno oggi giurisdi-zione sia i Tribunali penali internazionali ad hoc,sia la Corte penale internazionale con funzionipermanenti.

Cominciando la verifica della conformità delnostro ordinamento in relazione proprio a questospecifico profilo, si constata che il reticolo dipenalità contenuto nella normativa antirazzismo,come pure nelle disposizioni specifiche sull’apolo-gia e sull’istigazione, può garantire una coperturaper quei discorsi che riguardano direttamente ilregime fascista, o che siano di stampo razzista o,ancora, per le espressioni apologetiche che ab-biano ad oggetto crimini di genocidio o control’umanità. Più problematica è l’individuazione diuna norma che copra quelle esternazioni riguar-danti fatti storici sussumibili nella categoria giuri-dica dei crimini di guerra, di stampo non razzista.

Per proseguire l’indagine sullo stato della legi-slazione italiana, occorre chiedersi se essa sia omeno adeguata relativamente alla definizione deicrimini internazionali prevista dallo Statuto dellaCorte penale internazionale, quale fonte richia-mata dal legislatore europeo. A differenza diquanto non possa ritenersi per i crimini di geno-cidio (in cui, come precisato, la tutela nel nostrosistema penale è più estesa rispetto alla Conven-zione internazionale del 1948), rispetto alla defi-nizione di crimini contro l’umanità e di crimini diguerra la nostra legislazione non sembra essere deltutto conforme alle indicazioni provenienti dalloStatuto di Roma (94).

Un altro importante elemento per la verificadel carattere adempiente o meno della nostra le-gislazione rispetto alla decisione quadro del 2008 ècostituito dalla possibilità di sanzionare le tre mo-dalità di condotta indicate dall’art. 1 di tale testo.Il legislatore europeo obbliga a punire l’apologia,la negazione e la minimizzazione grossolana eaggiunge, come già detto, alcune clausole limita-

tive della punibilità (v. supra, § 4). Ora, per ildiscorso apologetico, pur con la necessità di veri-ficare l’adeguamento delle disposizioni di partespeciale ai crimini come definiti nello Statuto dellaCorte penale internazionale, non pare esservi al-cun problema di copertura punitiva.

Più articolata è la risposta rispetto alle altredue condotte: la negazione e la minimizzazione.Con riferimento alla negazione, in linea conquanto stabilito dalla decisione quadro, anche nelnostro ordinamento non è immediatamente puni-bile la condotta di pura negazione. Tuttavia, po-trebbe ritenersi che in astratto alcune nozioniutilizzate dal nostro legislatore non pongano limitialla punibilità, in quanto scarsamente capaci dicircoscrivere in maniera adeguata l’illiceità penale.Riguardo al reato di propaganda di idee razziste,ad esempio, solo un’interpretazione costituzional-mente orientata degli elementi della propaganda(che dovrebbe venire letta come istigazione indi-retta) e dell’odio potrebbe scongiurare la sottopo-sizione a pena di quelle affermazioni che non sitraducono nemmeno in istigazione indiretta allaviolenza o all’odio razziale (95).

L’individuazione di figure cui ricondurre lanegazione e la minimizzazione, come presentatedalla decisione quadro, se prive di uno sfondorazzista, non è affatto semplice.

Con una operazione estensiva, infatti, i delittidi apologia succitati potrebbero abbracciare anchequeste ultime due ipotesi. Tuttavia, i casi in cuinegazione e minimizzazione, pur superando unadeterminata soglia di pericolosità, non si tradu-cano in un’apologia rimarranno fuori dalla tutelaoggi presente nel nostro ordinamento.

Correlata a tali rilievi sull’area della punibilità èuna ulteriore riflessione sui termini scelti per indi-care le asserzioni che, insieme alla funzione istiga-trice, costituiscono elementi portanti del reato dinegazionismo. La disciplina europea mette sullostesso piano le tre differenti condotte: apologia,negazione e minimizzazione.

Ora, se il dato linguistico utilizzato nella for-mulazione legislativa ha una sua logica, la manife-stazione apologetica, nonostante i tratti differen-ziali con l’istigazione, in quanto non univocamentediretta a persuadere i terzi a realizzare fatti crimi-nosi, è capace di trasformarsi in istigazione indi-retta.

Altrettanto non sembra, quanto meno inastratto, potersi sostenere per le condotte di nega-

(93) L’espressione è di INSOLERA, Negazionismo e con-trollo penale, in [email protected], 2014, n. 1, 1.

(94) Cfr. AMATI e MACULAN, Crimini contro l’umanità, inD. disc. pen., Aggiornamento,VI, 2011, 141 ss.; ACQUAVIVA,La repressione dei crimini di guerra nel diritto internazionalee nel diritto italiano, Milano, 2014, 71 ss.

(95) LOBBA, La lotta al razzismo nel diritto penale euro-peo dopo Lisbona, cit., 156-158.

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zione e minimizzazione, soprattutto tenendo contodell’oggetto, più ampio, del fenomeno negazioni-sta. Nei discorsi negazionisti in senso stretto ominimizzatori, il collegamento con la componenteistigatoria, come richiesto dalla norma europea,pare più debole o quanto meno non è un paralle-lismo implicito. La norma europea costruisce lafattispecie legale, dunque, combinando due ele-menti che non sembrano del tutto armonici. Potràallora accadere che i giudici stravolgano la dispo-sizione, col risultato che o la condotta o la clausoladi pericolo verranno sacrificate, facendo prevalerel’una sull’altra (96). Oppure, la disposizione po-trebbe divenire inapplicabile, riducendosi a merovessillo di una memoria da tutelare. Tale profilodella configurazione attuale del reato di negazio-nismo andrà tenuto in considerazione dal legisla-tore italiano nel caso in cui decida di introdurrequesto reato, per evitare di inserire una fattispeciecriminosa connotata, in via astratta, da elementidisarmonici.

Sez. III. – I PROFILI COSTITUZIONALI.

9. Il legislatore attore di memoria: la sentenzadi incostituzionalità del Conseil Constitutionnel.— Dei nodi problematici segnalati sino ad ora siritrovano tracce nella ormai copiosa giurispru-denza sul reato di negazionismo. Sono molte lesentenze dei tribunali ordinari (97) nonché gliinterventi delle corti costituzionali (98). Una di-

mensione applicativa significativa si rinviene an-che, come visto, nelle pronunce della Corte diStrasburgo.

Lo studio comparato della giurisprudenza sulreato di negazionismo mostra come siano ricor-renti alcuni schemi argomentativi nel bilancia-mento tra la libertà di espressione e altri interessitutelati e come siano ricorrenti pure alcune distin-zioni fondamentali — tra “vero e falso”, tra “af-fermazioni di fatti” ed “espressione di opinioni”— sebbene lo sviluppo dell’iter argomentativo egli esiti del ragionamento siano di volta in voltadifferenti. Ritorna ancora la dialettica tra diritto estoria, tra chi deve e può “dire” la storia — ilgiudice o il legislatore — e coloro che faticosa-mente la costruiscono.

Non potendo svolgere un’analisi onnicom-prensiva, si darà conto di alcune decisioni costitu-zionali emblematiche della diversità di orienta-menti sulla legittimità di questa figura di reato econtenenti talune categorie che costituiscono,oggi, un punto di riferimento per la risoluzione dialtri casi concreti. Infine, le decisioni esaminatedanno prova, se ancora ve ne fosse bisogno, deldialogo tra le Corti, tra le istituzioni, tra i diversiattori della memoria.

Il Conseil constitutionnel francese nel febbraio2012 (99) ha dichiarato incostituzionale la “leggeBoyer” (100), che attraverso l’inserimento, all’in-terno della legge sulla libertà di stampa del 1881,dell’art. 24 ter, dichiarava punibili « coloro checontestano o minimizzano in modo oltraggioso un

(96) A venir meno, altrimenti, è « la tipicità e con essa lacapacità di applicare la norma incriminatrice »: SOTIS, Latutela penale dei beni culturali mobili. Osservazioni in pro-spettiva de iure condendo, in Circolazione dei beni culturali etutela penale: un’analisi di diritto interno, comparato e inter-nazionale a cura di MANACORDA, Milano, 2015, 128.

(97) Senza pretesa di esaustività, in Europa si possonoricordare: in Francia, il caso « Faurisson », il caso « Ga-raudy » (sui quali v. supra, § 5); in Inghilterra e in Austria ilcaso « Irving »; infine, più recentemente, il caso « Perinçek »in Svizzera (v. supra, § 5).

(98) Oltre alle sentenze che si esamineranno, possonorammentarsi: Corte costituzionale ungherese 26 maggio1992, n. 30/1992, a cui si aggiungono le pronunce del 30giugno 2008, n. 95/2008 e n. 96/2008; Cour d’arbitrage (oraCorte suprema) del Belgio 12 luglio 1996, in Rev. trim. dr.homme, 1997, 111 ss.; Corte suprema olandese 27 ottobre1987. Si ricordi, infine, in Canada il caso « R. v. Zündel »:Corte suprema canadese 27 agosto 1992 (1992, 2 SCR 731,caso n. 21811). Sul negazionismo nella letteratura italiana didiritto costituzionale cfr. i contributi raccolti in Quadernicostituzionali, 2013, n. 4; PUGIOTTO, Le parole sono pietre? Idiscorsi di odio e la libertà di espressione nel diritto costitu-zionale, in Diritto penale contemporaneo. Rivista trimestrale,www.penalecontemporaneo.it/rivista, 2013, n. 3, 71 ss.; PI-CIOCCHI, La dignità come rappresentazione giuridica dellacondizione umana, Padova, 2013, 71 ss.; DI GIOVINE A., Ilpassato che non passa. “Eichmann di carta” e repressione

penale, in Dir. pubbl. comp. eur., 2006, n. 1, XIII ss.; v. ancheCARUSO, La libertà di espressione in azione. Contributo a unateoria costituzionale del discorso pubblico, Bologna, 2013.

(99) Conseil constitutionnel 28 febbraio 2012, n. 2012-647 DC. Su tale pronuncia, nella letteratura francese, ancheper ulteriori riferimenti, cfr. DROIN, L’avenir des lois mémo-rielles à la lumière de la décision du Conseil constitutionnel du28 février 2012 relative à la loi visant à réprimer la contesta-tion de l’existence des génocides reconnus par la loi, in Rev. fr.dr. const., n. 95, 2013, 589 ss.; CAMBY, La loi et le négation-nisme: de l’exploitation de la mémoire au droit au débat surl’histoire, in Les petites affiches, 6 aprile 2012, n. 70, 17 ss.;FRANCILLON, Pénalisation de la contestation de l’existence d’ungénocide reconnu par la loi, in Rev. sc. crim., 2012, n. 1, 179ss. Sull’impatto potenziale della pronuncia sulla “loi Gays-sot” (l. n. 90-615, cit.) e per un confronto tra le due leggi cfr.FRONZA, Il negazionismo come reato, cit., 101 ss.

(100) La legge « visant à réprimer la contestation del’existence des génocides reconnus par la loi », originata dallaproposta dei deputati Boyer e altri del 18 ottobre 2011(Assemblea nazionale, XIII legislatura, doc. n. 3842) adot-tata, con modifiche, dall’Assemblea il 22 dicembre 2011(doc. n. 813) e dal Senato il 23 gennaio 2012 (doc. n. 52), erastata sottoposta al giudizio di costituzionalità del Conseilconstitutionnel il 31 gennaio 2012, su iniziativa — comerichiesto dalla Costituzione — di oltre sessanta deputati esessanta senatori.

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genocidio riconosciuto come tale dalla legge fran-cese ».

Con una sentenza brevissima, il Conseil si pro-nuncia per la prima volta su una legge di memo-ria (101) e la dichiara incostituzionale, perché incontrasto con il diritto alla libertà di espressione ecomunicazione dell’individuo, tutelato dall’art. 11della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e delcittadino del 1789. La nuova fattispecie sarebbealtresì incompatibile con l’art. 6 della Dichiara-zione, secondo cui la legge è espressione dellavolontà generale.

Questa pronuncia pone l’accento su un profiloessenziale nell’ambito della penalizzazione del ne-gazionismo. In particolare solleva l’interrogativosu chi siano, il giudice o — come indica questaproposta — il legislatore, gli attori dei processi dicostruzione della memoria, cui spetta la qualifica-zione giuridica dei fatti storici (102). Se toccasse allegislatore sancire una verità storico-giuridica chenon può essere contestata, inquadrando determi-nati fatti storici in fattispecie criminose, egli diver-rebbe giudice. Il Conseil mette in discussione pro-prio questo metodo prescelto, che attribuisce allegislatore la possibilità esclusiva di dichiarare lastoria, di inquadrarla e di decidere, così, di pena-lizzarne la negazione. In tal modo il legislatoreandava a qualificare come genocidi specifici fatti,esaurendo o comprimendo indebitamente il mar-gine di discrezionalità normalmente spettante algiudice in questo tipo di valutazioni.

La conferma di quanto osservato si coglie an-che nell’affermazione del Conseil secondo cui leleggi devono avere una portata normativa: unalegge che riconosce un crimine di genocidio, nonintroducendo una regola di diritto, non sarebbedotata di quel carattere generale ed astratto neces-sario (103). Tale aspetto, tuttavia, non viene postoa fondamento della pronuncia del Conseil, che,

come detto, individua come argomento principaleil contrasto tra la suddetta legge e la libertà diopinione e comunicazione.

Alla sentenza del 2012 va senz’altro ricono-sciuto il merito di contribuire a porre un freno allatendenza ad attribuire con legge carattere ufficialealla storia, censurando l’irrigidimento che il dirittoopera sulla storia e garantendo la possibilità di undibattito intorno ad essa (104).

10. La distinzione tra il negare, lecito, e il giu-stificare, illecito: la sentenza del Tribunal constitu-cional. — Il Tribunal constitucional spagnolo, chia-mato a pronunciarsi sulla compatibilità del reato dinegazionismo con la libertà di parola (105), nel2007 ha dichiarato parzialmente illegittimo (106)l’art. 607 comma 2 c.p. (107), nella parte in cuipunisce la condotta di « negazione » dei crimini digenocidio. La « giustificazione » di tali crimini, pre-vista dal medesimo comma della norma, rimaneinvece reato, a condizione che le condotte ad essariconducibili costituiscano una istigazione indirettaa commettere genocidio.

Riconoscendo l’incostituzionalità parziale dellafattispecie, la pronuncia esprime una posizione

(101) Il Conseil non si è mai pronunciato sulla “loiGayssot” (l. n. 90-615, cit.). Anche l’orientamento della Courde cassation conferma la tendenza a non mettere in discus-sione le leggi memoriali, attraverso il rigetto costante dellequestioni prioritarie di costituzionalità che essa potrebbetrasmettere allo stesso Conseil: cfr. FRANCILLON, Questionsprioritaires de constitutionnalité en matière d’infractions depresse (délits d’apologie de crimes de guerre, de contestationde l’existence de crimes l’humanité, et de diffamation), obser-vations à propos de Crim. 2 et 19 mars 2010, no 09-81.23809-81.027, et 7 mai 2010, no 09-80.774, in Rev. sc. crim.,2010, n. 3, 640 ss.

(102) V., ad esempio, l’art. 2 della legge greca cheintroduce il reato di negazionismo, l. n. 4285 del 2014.

(103) Su questa disposizione, che invece di prescriveredescrive, cfr. ROUX, Le Conseil constitutionnel et le génocidearménien: de l’anormativité à l’inconstitutionnalité de la loi,in Rec. Dalloz, 12 aprile 2012, n. 15, 987.

(104) CAMBY, op. cit., 18.(105) L’eccezione di incostituzionalità fu sollevata du-

rante il processo di appello nel caso « Varela » (anche notocome “Libreria Europa”).

(106) Tribunal constitucional 7 novembre 2007, n. 235/2007. La dichiarazione di incostituzionalità non ha ottenutol’unanimità. Su tale pronuncia cfr. LANDA GOROSTIZA, Lallamada mentira de Auschwitz (art. 607-2o CP) y el delito deprovocación (art. 510 CP) a la luz del caso Varela: unaoportunidad perdida para la cuestión de inconstitucionalidad(Comentario a la Sentencia del Juzgado de lo Penal núm. 3 deBarcelona de 16 de noviembre de 1998), in Actualidad Penal,1999, 709; RAMOS VÁZQUEZ, La declaración de inconstitucio-nalidad del delito de “negacionismo” (artículo 607.2 del Có-digo Penal), in Revista penal, n. 23, 2009, 120 ss.; VISCONTI,Aspetti penalistici, cit., 224 ss.; FRONZA, op. ult. cit., 111 ss.

(107) Su questa figura criminosa, introdotta nel 1995,anche per ulteriori riferimenti, LANDA GOROSTIZA, « Nuevos »crímenes contra la humanidad: el nuevo delito de lesa huma-nidad (artículo 607 bis CP 1995) desde una perspectiva intra-sistemática, in Eguzkilore. Cuaderno del Instituto Vasco deCriminología, n. 17, 2003, 105 ss.; cfr. altresì MUÑOZ CONDE,Derecho Penal. Parte Especial19, Valencia, 2013, 709 ss.Dopo la decisione in esame del Tribunal constitucional l’ap-plicazione di tale figura è stata quasi inesistente: l’unicapronuncia in materia (caso « Libreria Kalki ») è del Tribunalsupremo, la 12 aprile 2011, n. 259, in cui si perviene all’as-soluzione degli imputati. La fattispecie in esame è statanovellata dalla recentissima riforma del codice penale spa-gnolo (legge organica 30 marzo 2015, n. 1/2015, che modi-fica la legge organica 23 novembre 1995, n. 10/1995), ed èora contemplata all’art. 510 comma 1 lett. c c.p. Va inoltresegnalato che è stata reintrodotta la possibilità di punireanche la negazione, sebbene si richieda, tenendo conto delleindicazioni del Tribunal constitucional, che la condotta siaidonea ad incitare all’odio.

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controcorrente rispetto a quella tendenzialmentedominante, che ammette la punibilità della con-dotta di negazione.

Per esaminare il precetto oggetto del giudiziodi costituzionalità, il Tribunale introduce la distin-zione tra « negazione » e « giustificazione » su cuifa leva per motivare il differente trattamento giu-ridico delle due condotte. La prima, infatti, vienefatta rientrare nell’area di liceità coperta dallalibertà di espressione, la seconda, invece, rimanesottoposta a pena. La giustificazione non impliche-rebbe la negazione assoluta dell’esistenza di undeterminato delitto di genocidio, ma la sua relati-vizzazione o la negazione dell’antigiuridicità, par-tendo dall’individuazione degli autori. Prevedernela penalizzazione è dunque costituzionalmente le-gittimo, se le esternazioni giustificative sconfinanonel “discorso dell’odio”, ovvero nell’incitamentodiretto alla violenza contro i cittadini, nonchécontro determinate razze o gruppi o nel disprezzodelle vittime dei reati di genocidio.

La « negazione di un genocidio » non è invecericonducibile al discorso dell’odio, in quanto « lamera diffusione di conclusioni sull’esistenza o nodi determinati fatti senza emettere giudizi di valu-tazione sugli stessi o sull’antigiuridicità, rientranell’ambito della libertà scientifica », che godenella Costituzione di una tutela ancor più estesadella libertà di espressione e di informazione. Ildiscorso “sul fatto”, in questa prospettiva, apparedunque lecito ed anzi doppiamente protetto, siacon riferimento alla libertà di opinione, sia conriferimento alla libertà di ricerca storica e scienti-fica (art. 20 comma 1 della Costituzione) e dicoscienza (art. 16 della Costituzione). « L’incer-tezza consustanziale al dibattito storico rappre-senta » — secondo il Tribunale — « l’elementopiù importante, che va rispettato e tutelato per ilruolo essenziale che gioca la formazione di unacoscienza storica adeguata alla dignità dei cittadinidi una società libera e democratica » (108). Lanegazione semplice, quindi, non implicando unaadesione valoriale al fatto criminoso risulta, se-condo il Tribunal constitucional, innocua (« penal-mente [...] inane »).

Sotto altro profilo poi, i giudici ribadisconoche la « negazione » non è finalizzata di per sé allacreazione di un clima sociale di ostilità contro levittime dei crimini di genocidio di cui si affermal’inesistenza (né risulta, di per sé, idonea a perse-guirlo).

A una diversa conclusione arrivano invece igiudici spagnoli con riferimento alla condotta di« giustificazione ». Questa, infatti, è espressione diun “giudizio di valore” sul fatto criminoso, colrisultato che in tali casi si perseguirebbe oggetti-vamente la creazione di un clima sociale di ostilitàcontro gli individui appartenenti agli stessi gruppivittime del genocidio. Il legislatore potrà quindisanzionare penalmente le affermazioni giustifica-zioniste, a condizione che le stesse siano realizzatepubblicamente e costituiscano, come detto, unaistigazione indiretta alla commissione di un geno-cidio (109).

La distinzione tra negare e giustificare è dun-que elemento centrale per le argomentazioni e pergli esiti della decisione (110). Essa ripropone ladistinzione tra fatto e valore: la condotta del giu-stificare, infatti, secondo i giudici deve rimanereillecita, perché va contro i “valori” cristallizzatinella Costituzione, non limitandosi ad una meranegazione del “fatto” storico.

11. La distinzione tra fatto e opinione: la sen-tenza del Bundesverfassungsgericht. — La sen-tenza della Corte costituzionale federale tedescache si esamina è quella che ha dichiarato compa-tibile la punibilità della negazione della Shoah conil diritto fondamentale alla libera manifestazionedel pensiero (111). La norma specifica, dichiaratalegittima dai giudici tedeschi, non era quella checontempla oggi il reato di negazionismo (intro-dotto pochi mesi dopo la sentenza) (112) ma

(108) Tribunal constitucional 7 novembre 2007, n. 235/2007, cit., fundamento juridico n. 4.

(109) Tribunal constitucional 7 novembre 2007, n. 235/2007, cit., fundamento juridico n. 9. Cfr. le quattro opinionidei giudici dissenzienti.

(110) Sulla (debole) distinzione tra negare e giustificarecfr. BIFULCO, Negare l’evidenza, cit., 46. V. anche CARUSO, Trail negare e l’istigare c’è di mezzo il giustificare: su unadecisione del Tribunale Costituzionale spagnolo, in Quadernicostituzionali, 2008, n. 3, 636.

(111) Cfr. BVerfG 13 aprile 1994 (BVerfGE 90, 241; iltesto in italiano è pubblicato in Giur. cost., 1994, 3379 ss.,con osservazione di VITUCCI, Olocausto, capacità di incorpo-razione del dissenso e tutela costituzionale dell’asserzione diun fatto in una recente sentenza della Corte Costituzionale diKarlsruhe, 3390 ss.). Per un’analisi cfr. VISCONTI, op. ult. cit.,223 ss.; FRONZA, op. ult. cit., 90 ss.

(112) Con legge del 28 ottobre 1994 (Gesetz zur Ände-rung des Strafgesetzbuches, der Strafprozessordnung und an-derer Gesetze) il legislatore tedesco ha modificato la normasulla « Istigazione all’odio razziale » (§ 130 StGB) e inseritoun terzo comma che punisce « chi pubblicamente o in unariunione, approva (billigt) nega (leugnet) o minimizza(verharmlost) le azioni commesse durante il periodo nazio-nalsocialista contemplate dal § 6 comma 1 del codice penaleinternazionale ». Cfr. ROHRßEN, Von der “Anreizung zumKlassenkampf” zur “Volksverhetzung” (§ 130 StGB). Reform-diskussion und Gesetzgebung seit dem 19. Jahrhundert, Ber-lin, 2009, 206 ss.; TOMA, Zur Strafbarkeit und Strafwürdigkeit

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quella riguardante il reato di ingiuria (§ 185 StGB),utilizzata allora, in assenza di una figura specifica,per reprimere le affermazioni negazioniste (113).

L’occasione concreta per effettuare il giudiziodi bilanciamento di tali figure con la libertà diespressione era costituita da fatti negazionisti. Inquesta pronuncia fondamentale (114), il Bundes-verfassungsgericht inquadra le esternazioni nega-zioniste nel comma 2 del § 5 GG, cioè comelimite-eccezione alla libertà d’espressione (115).

A fondamento della sua pronuncia introduceuna importante distinzione tra « manifestazione diun’opinione » (Meinungsäußerung) e « asserzionidi un fatto » (Tatsachenbehauptungen), entrambetutelate costituzionalmente.

Le asserzioni di un fatto, che non costituisconoopinioni in senso stretto, ricevono una tutela di-versa e soltanto nella misura in cui costituiscanopresupposto per la formazione di un’opinione. Seimprecise, perché scientemente o chiaramentefalse, non rientrano più nella garanzia costituzio-nale contemplata dall’art. 5 della Carta costituzio-nale (116). Solo nei casi in cui la distinzione traopinione e asserzione su fatti non sia possibile o siatroppo difficile, il comportamento va inquadratonella categoria della manifestazione di opinioneper non limitare in maniera eccessiva questo di-ritto fondamentale.

Il Tribunale prosegue il proprio ragionamentomettendo in rilievo l’importanza del giudizio diponderazione tra il diritto fondamentale alla li-bertà di espressione e il bene giuridico (la prote-zione della personalità) considerato meritevole ditutela.

Dinanzi a fatti affermati che siano chiaramentefalsi come nel caso di specie, la decisione in esamestabilisce la legittimità di un intervento che limitala libertà di espressione in nome della tutela deidiritti della personalità (117). Così procedendo, igiudici dispongono anche le « regole di pondera-zione » (118) per operare il bilanciamento tra talelibertà e la repressione penale: quest’ultima puòessere limitata in forza di un bilanciamento condiritti della personalità, da un lato, e dalla neces-sità di provare la veridicità del fatto rispetto a cuisi compiono affermazioni, dall’altro.

I passaggi richiamati della sentenza sollecitanotaluni spunti di riflessione in merito, ad esempio,all’individuazione di un valido criterio per distin-guere i fatti dalle opinioni. E ancora dubbi sor-gono intorno alla “verità” oggettiva del fatto che sivuole asserire e alla capacità di questa ad assurgerea parametro per decidere se si è di fronte adun’opinione tutelata, o ad un’affermazione fat-tuale, protetta solo alla condizione di non esserefalsa (119). Ci si deve chiedere quali strumenti hail giudice per valutare quando un fatto sia ogget-tivamente vero. Ed in ultimo, nella sentenza inesame i giudici sembrano trascurare i confini traverità storica e verità giudiziale, l’unica garantitadall’esito di un procedimento. La verità giudizialeha un ambito di vigenza delimitato e risponde adomande ben precise; infine si caratterizza per ilcarattere univoco e definitivo e per le conse-guenze, una volta divenuta irrevocabile, che pro-duce. La verità storica, al contrario, nasce in unprocesso sociale plurale e aperto. Dove una disci-plina ha come scopo la produzione di una veritàdelimitata, univoca e per convenzione definitiva,una verità strumentale, “singolare”, l’altra, al finedi comprendere il nostro passato, produce attra-verso ricerche e metodi differenti ricostruzionidiverse, risponde a domande altrettanto diverse erestituisce narrazioni e sequenze causali fra loronon omogenee attraverso una rielaborazione con-tinua, dalla quale non possono sorgere che veritàcostitutivamente “plurali”.

12. La criminalizzazione del discorso negazio-nista: un primo asse di tensione tra libertà di espres-sione e intervento penale. — Tensioni, paradossi eaporie connotano il reato di negazionismo (120).

des Billigens, Leugnens und Verharmlosens von Völkermordund Menschlichkeitsverbrechen, Hamburg, 2014; ZABEL, Solldas Strafrecht Erinnerungen schützen?, in ZStW, CXXII,2010, n. 4, 834 ss. Cfr. altresì LOHSE, in Strafgesetzbuch.Kommentar a cura di SATZGER, SCHLUCKEBIER e WIDMAIER,Köln, 2014, sub § 130, 937 ss. Sulle applicazioni giurispru-denziali cfr. GRAF, BGH-Rechtsprechung Strafrecht 2012-2013. Die wichtigsten Entscheidungen mit Erläuterung undPraxishinweisen, Berlin, 2013.

(113) Prima dell’introduzione del reato di negazionismochi esprimeva pubblicamente opinioni negazioniste venivapunito a titolo di ingiuria e diffamazione (§ 185 StGB), diinsulto alla memoria delle vittime del nazionalsocialismo (§194 comma 1 StGB), di offesa alla memoria dei defunti (§189 StGB) e di istigazione all’odio razziale (§ 130 StGB).

(114) La definisce « fondamentale » VISCONTI, op. ult.cit., 223-224.

(115) Sulla giustificazione costituzionale della fattispe-cie cfr. ZABEL, op. cit., 851-852; STEGBAUER, Der Straftatbe-stand gegen die Auschwitzleugnung - eine Zwischenbilanz, inNStZ, 2000, 284 ss.

(116) In tal senso BVerfG 7 dicembre 2011, 1 BvR2678/10, che riprende la distinzione tra giudizi di valore eaffermazioni di fatti, punti 1 ss.

(117) Pertanto, le affermazioni vere devono essere diregola accettate, anche se sfavorevoli per gli interessati,mentre quelle false no.

(118) L’espressione è di VISCONTI, op. ult. cit., 234.(119) Così VISCONTI, op. ult. cit., 223 ss.(120) Sul reato di negazionismo nella letteratura pena-

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La tensione principale di questa figura, propriadella più ampia categoria dei reati di opinione, èquella tra intervento penale e libertà di espres-sione.

Quest’ultima, pietra angolare del nostro si-stema democratico, viene concepita come dirittorelativo, suscettibile in base ad un giudizio dibilanciamento di essere limitato in nome di altriinteressi in gioco nelle diverse situazioni concrete(v. BILANCIAMENTO: giustizia costituzionale).

Occorre allora cercare indicazioni su qualebene o quali beni possono essere offesi dalle af-fermazioni gravi e spregevoli dei negazionisti. Taleprofilo rileva nella verifica, fondamentale, di legit-timità di tale fattispecie (121). Il bene protetto nonpuò essere individuato nella tutela della veritàstorica. Nessuno ha il dovere di verità storica, etanto meno nessuno può essere punito per avereviolato questo dovere, se non accettando che ilgiudice divenga arbitro della storia (122). Tanto

più che in tal modo si andrebbe a tutelare unoggetto mancante: non esiste alcuna versione “sta-bilita” della storia e nemmeno potrebbe o do-vrebbe esistere, in linea con la natura di siffattadisciplina, che vive di una continua rielaborazionedei risultati raggiunti.

L’indagine comparata sul reato di negazioni-smo di prima e seconda generazione ha mostratoche, pur con collocazioni differenti (nella legisla-zione penale complementare o nel codice penale),il bene protetto è stato in alcuni casi individuatonell’ordine pubblico (riempito anche dalla memo-ria identitaria), nella pace pubblica, nella reputa-zione, nell’onore altrui o di un gruppo (123) e,infine, nella dignità delle vittime (124).

Questi beni giuridici, alla cui tutela sarebbepreposta la fattispecie di negazionismo, essenzialianche ai fini del bilanciamento con la libertà diespressione, rinviano tuttavia a realtà socio-norma-tive poco afferrabili, così rivelando una fisiologicaindeterminatezza, con gli effetti distorsivi che nepossono conseguire. Il carattere astratto e protei-forme dei beni proposti può implicare una gravedifficoltà a relazionare la fattispecie in esame aifondamentali principi di offensività e materialità ead un distacco dai presupposti oggettivi del dirittopenale. Le nozioni richiamate non sarebbero,quindi, idonee a selezionare comportamenti effet-tivamente offensivi, né a contenere le potenzialitàespansive del reato di negazionismo.

A tali rilievi si aggiunge il dato per cui ilconcetto di ordine pubblico, nominato — ma nonprecisato — dalla decisione quadro n. 2008/913/GAI, cit., si connota, come la pace pubblica (125),

listica italiana, cfr. LOBBA, Il negazionismo come abuso dellalibertà di espressione: la giurisprudenza della Corte di Stra-sburgo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, 1815 ss.; INSOLERA,Negazionismo e controllo penale, cit.; CAPUTO, La « menzognadi Auschwitz », cit.; PULITANÒ, Cura della verità e dirittopenale, in « Verità » del precetto e della sanzione penale allaprova del processo a cura di FORTI, VARRASO e CAPUTO, cit., 63ss.; GAMBERINI, Tutela della memoria e diritto penale: unariflessione sistematica e comparativa a partire dal reato dinegazionismo, in Diritto penale contemporaneo, www.pena-lecontemporaneo.it, 19 dicembre 2013; FRONZA, Il negazio-nismo come reato, cit.; SEVERINO, La critica della storia tradiritto e delitto, in Quaderni degli Annali della Facoltà giu-ridica dell’Università di Camerino, n. 1 (Oggetto e limiti delpotere coercitivo dello Stato nelle democrazie costituzionali acura di VIOLANTE, GALIANI e MERLI, Atti del Convegno, AscoliPiceno, 5-7 marzo 2010), 2013, 83 ss.; DONINI, “Danno” e“offesa” nella c.d. tutela penale dei sentimenti. Note su moralee sicurezza come beni giuridici, a margine della categoriadell’“offense” di Joel Feinberg, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008,1588; PETRINI, I giuristi e il reato di negazionismo, in Con-temporanea, 2009, 112 ss.; MERLI, Relazione introduttiva, inQuaderni degli Annali della Facoltà Giuridica dell’Universitàdi Camerino, n. 1 (Oggetto e limiti del potere coercitivo delloStato, cit.), 2013, 18 ss.; ROMANO, Principio di laicità delloStato, religioni, norme penali, in Valori e secolarizzazione neldiritto penale a cura di CANESTRARI e STORTONI, Bologna,2009, 219 ss.; VISCONTI, op. ult. cit., 242 ss.; MANES, Attualitàe prospettive del giudizio di ragionevolezza in materia penale,in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, 782 ss.; ROXIN, Was darf derStaat unter Strafe stellen? Zur Legitimation von Strafdrohun-gen, in Studi in onore di Giorgio Marinucci a cura di DOLCINI

e PALIERO, I, Milano, 2006, 730 ss.; CANESTRARI, Laicità ediritto penale nelle democrazie costituzionali, ivi, 149.

(121) L’indicazione del bene giuridico protetto è moltosignificativa anche dal punto di vista processuale del sog-getto legittimato ad esercitare l’azione penale per fatti dinegazionismo. V. supra, nt. 33.

(122) Sulla memoria storica, quale bene giuridico, cfr.DONINI, lc. ult. cit. (secondo l’autore non può essere un benetutelabile penalmente); ROMANO, op. cit.; ROXIN, op. cit.;MANES, op. cit. Sulla memoria collettiva come bene tutelato

cfr. LUTHER, Costituzione, memoria e garanzie di innegabilità,in Opporsi al negazionismo. Un dibattito necessario tra filo-sofi, giuristi e storici a cura di RECCHIA LUCIANI e PATRUNO,Genova, 2013, 86; o di beni strumentali all’Unione europea,SOTIS, Il diritto senza codice, cit.

(123) Il diritto alla non diffamazione di un gruppo puòprevalere sulla libertà di espressione: cfr., ad esempio, C.cost. 12 aprile 1973, n. 38, in Giur. cost., 1973, I, 354 ss. Edancora BVerfG 3 giugno 1980 (BVerfGE 54, 208, 219).

(124) Su tale profilo cfr. HÖRNLE, Grob anstössigesVerhalten: strafrechtlicher Schutz von Moral, Gefühlen undTabus, Frankfurt am Main, 2005, 315 ss.; sulla dignitàumana come bene tutelato cfr. BIFULCO, Negare l’evidenza,cit., 89 ss.; RODOTÀ, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari,2012, passim; CAPUTO, op. cit. Per gli sforzi di attribuire unsignificato più preciso alla dignità umana: cfr. PICOTTI, Isti-gazione e propaganda della discriminazione razziale, cit., 136ss.; VISCONTI, op. ult. cit., 153 ss.

(125) Sulla individuazione della pace pubblica comebene protetto, anche in combinazione con la dignità umanao i diritti della personalità, cfr. STERNBERG e LIEBEN, inStrafgesetzbuch. Kommentar a cura di SCHÖNKE e SCHRÖDER,München, 2014, sub § 130 StGB, 1524; FISCHER, Strafgesetz-

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per essere un concetto non neutro, ma prodotto divalori ideologici.

Il rischio di penalizzare il mero pensiero nonsembra essere scongiurato nemmeno dalla previ-sione di quei correttivi, già menzionati, che cer-cano di riempire tale fattispecie in termini dioffensività. Oltre ai dubbi già esposti, si aggiungela constatazione che questi, singolarmente o con-giuntamente, erano già previsti da taluni ordina-menti interni; tuttavia, la punibilità era, solita-mente, limitata a discorsi riguardanti i crimini delregime nazista. Ora che il panorama si sta diver-sificando, e vista l’espansione dell’oggetto su cuipossono incidere le espressioni punibili (tutti icrimini internazionali), i dubbi sulla effettiva ca-pacità di tenuta delle clausole correttive di offen-sività che abbiamo ricordato appaiono senz’altromaggiori.

Tali osservazioni conducono ad un’altra que-stione, molto delicata ed ampia, ma essenziale edunque meritevole di essere almeno menzionata.

La scelta di punire il negazionismo e la trasfor-mazione di questo reato, che assume come ele-mento centrale di fattispecie la categoria dell’isti-gazione, sollecitano una riflessione intorno allalibertà di espressione e al nucleo che la contrad-distingue. Ci si deve chiedere se, nel momento incui viene dichiarata valore fondante delle societàdemocratiche, essa non sia effettivamente tale sol-tanto se dotata di un quoziente di pericolosità.Ricostruire il nucleo della libertà di opinione comelibertà, cioè, di mettere in pericolo l’esistente e leidee maggioritarie o condivise avrebbe ricaduteimmediate anche nel dibattito sulla penalizzazionedel negazionismo, all’interno del quale, come si èdetto, essa può essere protetta solo quando non èidonea a turbare l’ordine pubblico. A tale riguardovi è da chiedersi se l’essenza della libertà di espres-sione non consista proprio nel suo carattere ever-sivo, in quanto capace di modificare e mettere indiscussione decodificazioni consacrate e domi-nanti di eventi storici significativi.

13. (Segue): un secondo asse di tensione: rico-struzione storica dei fatti e strumento penale. —L’analisi del reato di negazionismo evidenzia unaltro fondamentale campo di tensione: il rapportotra diritto penale e storia.

La fattispecie di negazionismo, in seguito alprocesso di trasformazione che si è descritto,espande, rispetto al reato originario, il perimetroin cui lo strumento penale può interferire con la

ricostruzione storica. Al tempo stesso accentua lacentralità del rito penale. Quest’ultimo divieneluogo di poiesi della memoria e il giudice colui chedeve selezionare la memoria — ufficiale — datutelare mediante pena (126). Nella configura-zione originaria del reato il ruolo del giudice,tuttavia, appariva più confinato: si limitava a riba-dire che la memoria — così elevata a memoriaufficiale — di eventi storici e giuridicamente giàqualificati, quali la Shoah, non poteva essere messain discussione. Ora, nella configurazione derivatadella fattispecie, il giudice potrebbe trovarsi nellasituazione di doversi orientare nel pluralismo dellememorie presenti in ogni Paese e derivanti dallediverse tradizioni, per poi decidere in base allapropria sensibilità, estrapolando solo quei patri-moni di memoria che ritiene possano essere pro-tetti, qualificandoli. Il ruolo del giudice quindi,dinanzi ad un patrimonio identitario di memorienon prefissato, è quello di comporre un puzzle,selezionando e ritagliando gli eventi storici di voltain volta in considerazione.

Con tale operazione il giudice emette una verità,che confluisce in un provvedimento — la sentenza— autorevole e irrevocabile, così da sottrarre glieventi alla dimensione fluida della memoria e dellaricostruzione storica (127). La sentenza e il suocarattere definitivo divengono dunque un elementocentrale della più ampia politica della memoriaattraverso lo strumento penale (128).

buch mit Nebengesetze. Kommentar, sub § 130 StGB, cit.,989.

(126) Il giudice che seleziona la memoria da tutelarepotrà essere colui che giudica un caso di negazionismo, senon è prevista come elemento costitutivo del reato la sen-tenza passata in giudicato di un altro organismo nazionale ointernazionale; oppure il giudice di un caso riguardanteeventi suscettibili di essere inquadrati nelle tre categorie chepossono essere oggetto di condotte negazioniste, lato sensu,la cui sentenza — divenuta irrevocabile — costituirà poi labase per il giudizio di un processo per negazionismo.

(127) A proposito delle distorsioni che la tutela penaledella memoria può generare, degna di nota è la pronuncia diun tribunale argentino in cui si “dichiara” e si riconosce ilgenocidio degli armeni, a partire da eventi commessi in unterritorio straniero e nei confronti di cittadini non argentini.Il tribunale fonda la propria legittimazione sul “diritto allaverità” e, sulla base di questo, si attribuisce competenzauniversale per qualificare come crimini quei fatti storici:Juzgado criminal y correccional federal n. 5 de Buenos Aires,n. 2610/2001; su tale provvedimento cfr. FRONZA, op. ult. cit.,127 ss.

(128) « La conoscenza storica, invece, se è intangibilenon è più conoscenza. Anche per questo dobbiamo tuttitemere le spinte contemporanee a una elaborazione coattadel passato mediante sentenze penali »: cfr. DONINI, Lagestione penale del passaggio dal fascismo alla democrazia inItalia. Appunti sulla memoria storica e l’elaborazione delpassato « mediante il diritto penale », in Materiali per unastoria della cultura giuridica, 2009, 183. Definisce la resiudicata nelle questioni storiche come assurdità DAMA!KA,

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Questa geometria delle politiche pubblichedella memoria ha diverse implicazioni sia in am-bito giuridico, sia in quello storico. Il rischio,evidente, è quello di assegnare al giudice — oanche eventualmente al legislatore (129) — ilruolo di arbitro della storia (130).

Il diritto e il processo penale hanno però unalingua e una logica molto peculiari. La geometriagiurisdizionale è riduttiva, quella storica è poten-zialmente illimitata. E questo in virtù delle regoleche disciplinano l’una e l’altra procedura. Perquanto riguarda la decisione giudiziaria, basti ci-tarne alcune: il principio in dubio pro reo, i mec-canismi regolativi e preclusivi delle acquisizionidel materiale processuale, il rispetto del contrad-dittorio, la ragionevole durata del processo. Infine,la necessità di una conclusione obbligata, tran-chante, circa l’affermazione della responsabilità ela proclamazione dell’innocenza, che si solidificadefinitivamente col giudicato.

Il giudizio storico è invece un giudizio senzafine, che ammette di rivedere una interpretazionedei fatti già data. Anche la dialettica memoria/oblio non è retta da confini cronologici predeter-minati. Inoltre, ogni storico può servirsi anche diprove ottenute in modo illecito.

La commistione profonda dei piani — giuri-dico e storico — che si realizza con la penalizza-zione del negazionismo può generare pericolose

distorsioni (131). Per lo storico, se la narrazionedei fatti diviene verità legale (132), si trasforma laverità storica in verità ufficiale (133), così accre-ditando l’idea che esista un’unica scuola sto-rica (134) e una verità. Ma il rischio per la memo-ria e la storia (135) di vedersi espropriate nelle lorofunzioni dal momento giurisdizionale è più ampio:non soltanto è il giudice penale (o il legislatore) acircoscrivere i “fatti storicamente stabiliti”, chenon potranno più essere messi in discussione, maè sempre il giudice a decidere quale memoria, trale tante esistenti, vada tutelata.

Tutto ciò può determinare delle torsioni ancheall’interno del processo penale, influenzandoneprofondamente le dinamiche in nome di unoscopo — quello di fissare una narrazione storica— del tutto eccentrico rispetto a quello istituzio-nale: accertare le responsabilità individuali ri-spetto a fatti chiaramente individuati. I processipenali aventi ad oggetto manifestazioni negazioni-ste devono lanciare un messaggio coerente alleistanze di giustizia delle vittime e rispondere allaforte emozione che queste vicende suscitano nel-l’opinione pubblica. Proprio tale emozione nonpuò che condizionare gli esiti del processo, tantoda creare il pericolo di dare corpo ad una deci-sione giudiziaria appiattita su un’istanza punitivaesemplare che precede ogni accertamento.

In linea con una dinamica duplice, di espan-sione del diritto penale e di giuridicizzazione dellamemoria, il diritto penale viene individuato comelo strumento per rispondere all’ideologia negazio-nista, in quanto strumento ad alto potenziale evo-cativo e simbolico (136), inteso qui, tuttavia, in

L’incerta identità delle Corti penali internazionali, in Crimi-nalia, 2006, 17.

(129) Come nel caso della già citata soluzione introdottain Grecia o di quella proposta in Francia.

(130) Sui pericoli di affidare ai Tribunali la decisione suuna questione di storia e non di diritto cfr. VIDAL-NAQUET,Les assassins de la mémoire, cit., 183. Sulle differenze trametodo giuridico e metodo storico cfr., secondo una pro-spettiva storica: GINZBURG, Il giudice e lo storico. Considera-zioni a margine del processo Sofri, Torino, 1991, 108 ss.;secondo la prospettiva del giurista: CALAMANDREI, Il giudice elo storico, in Riv. dir. proc. civ., XVII, 1939, 105 ss.; criticosull’avvicinare le due attività TARUFFO, La prova dei fattigiuridici, Milano, 1992, 310 ss. Sottolinea le funzioni speci-fiche del diritto penale anche DONINI, op. ult. cit. Oltre adelle differenze esistono alcuni punti comuni tra il lavorodello storico e quello del giudice: cfr. GINZBURG, Rapporti diforza. Storia, retorica, prova, Milano, 2000, 66 (« giudici estorici sono accomunati dalla ricerca di prove, in vistadell’accertamento di fatti »). Entrambi inoltre usano il me-todo dell’inferenza induttiva: cfr. FERRAJOLI, Diritto e ragione.Teoria del garantismo penale, Roma, 1989; RICOEUR, La mé-moire, l’histoire, l’oubli, Paris, 2000, 413 ss.; ROSONI, Quaesingula non prosunt collecta iuvant. La teoria della provaindiziaria nell’età medievale e moderna, Milano, 1995. Ilprocesso penale ed i “processi di memoria” dialogano e siinfluenzano reciprocamente perché condividono alla radicedelle loro dinamiche, per utilizzare i termini di HannahArendt, l’efficacia fondamentale, politica, della parola pub-blica: cfr. ARENDT, Vita activa, trad. it., Milano, 1964, 18 ss.

(131) Su tale commistione cfr., altresì, l’interessantesentenza, in sede civile, riguardante il genocidio degli ar-meni, Trib. Torino, sez. VII, 27 novembre 2008, n. 7881, inGiur. cost., 2009, 3949.

(132) La verità è la verità e non ha bisogno di essereverità legale: VIDAL-NAQUET, Intervista su Le Quotidien deParis, 9 maggio 1998.

(133) La verità storica non dovrebbe mai divenire veritàufficiale, GINZBURG, Beweis, Gedächtnis, Vergessen, cit., 1.

(134) Così VIDAL-NAQUET, Les assassins de la mémoire,cit., 183.

(135) Per una ricognizione dell’articolazione fra le due,TRAVERSO, Il passato: istruzioni per l’uso. Storia, memoria,politica, Verona, 2006, 17 ss.

(136) Sul negazionismo, come reato che si iscrive nelparadigma simbolico, inteso in una accezione negativa, cfr.DONINI, “Danno” e “offesa” nella c.d. tutela penale dei senti-menti, cit., 1546 ss.; CANESTRARI, Laicità e diritto penale, cit.,149; ROXIN, Was darf der Staat unter Strafe stellen?, cit., 731;SOTIS, Il diritto senza codice, cit.

Il simbolismo di tale fattispecie, secondo Di Giovine,« non può, probabilmente, essere rigettato in toto »: DI

GIOVINE, Il passato che non passa, cit., XXVII.

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una accezione negativa (137). Lo scopo principaledell’intervento penale, infatti, non è quello di pu-nire i negazionisti, bensì, attraverso la liturgiaprocessuale (138), di trasmettere un messaggioall’opinione pubblica in termini di ricomposizionedell’identità collettiva e di fissazione di una me-moria pubblica. Non quindi, come invece do-vrebbe essere, della protezione di un interessemeritevole di tutela.

Tuttavia il problema non è tanto la funzionesimbolica che tale reato presenta, una funzioneinerente al diritto penale e da sempre presente edutilizzata dal legislatore e dal giudice. L’effettodistorsivo che potrebbe prodursi è il prevaleredella dimensione simbolica su quella precettiva,col rischio di punire delle idee, un tipo d’autore,più che un fatto. Nel rispetto della sua specificitàe riconoscibilità, il diritto penale non dovrebbemai intervenire per punire chi non è fedele a deivalori (sia pure condivisi dalla maggioranza, siapure stabiliti, sia pure consacrati in una sentenzapassata in giudicato), chi non li accolga comeverità e non li condivida, pena il ritorno a modellidi stampo autoritario. Quando l’ordinamento, conlo strumento penale — fortemente invasivo deidiritti fondamentali — interviene a tutelare unmomento fondatore, l’ordine della memoria, la“verità” storica stabilita, interviene esattamentesul piano dei valori che devono orientare la nostrasocietà. Si entra allora nella complessa dialetticatra diritto e valori. I valori, certo, sono tutelati epromossi dal diritto penale. Quest’ultimo, tutta-via, non può trasformarsi in uno strumento in cuiin luogo dell’accertamento della responsabilità pe-nale individuale vengano additati simbolicamentevalori fondanti, con la conseguente sovrapposi-zione tra funzioni repressive e funzioni etico-poli-tiche. Per di più, la tutela della libertà comune edel suo momento fondante riposa in tale caso, inmodo del tutto aporetico, sulla compressione di

quei medesimi diritti fondamentali che ne sono labase ed il portato.

14. Il discorso negazionista come attacco alpatto etico. — Il fenomeno negazionista e l’evolu-zione del reato di negazionismo, come già detto,ripropongono al penalista l’interrogativo se adaffermazioni gravi e spregevoli sia opportuno edefficace rispondere con lo strumento penale.

Dopo la seconda guerra mondiale vengonoadottate a livello internazionale e nazionale dispo-sizioni che formalizzano il rifiuto delle atrocità cheavevano segnato quel conflitto, indicando i valorifondanti i nuovi sistemi democratici. Proprio queifatti, all’origine di questa reazione, sono quelli chei negazionisti mettono in discussione, così attac-cando l’universo etico-politico sorto dopo la se-conda guerra mondiale. In questa maniera ven-gono non solamente colpiti i poteri costituiti, masoprattutto quel “patto etico” che fa, dell’assolutacondanna degli eventi che trascinarono l’Europanella tragedia dei totalitarismi e della guerra, ilcollante delle società democratiche contempora-nee.

I negazionisti, in altri termini, attaccano quel-l’impegno comune a decodificare in modo uni-forme l’avvenimento fondatore: il genocidio nazi-sta che ha influenzato in maniera determinantel’ordinamento giuridico internazionale e le Cartecostituzionali. Alla memoria di esso, e al monitoche ha lasciato in eredità, si ispirano i valoricostituenti e le idee della cultura politica contem-poranea. A riprova di ciò il fatto che, almenooriginariamente, l’oggetto del reato di negazioni-smo fosse, nella gran parte dei casi, limitato allaShoah. Il negazionismo quindi, come il razzismo,mina le fondamenta etico-giuridiche della rifonda-zione seguita al dopoguerra.

Oggi il reato di negazionismo, come si è visto,ricomprende anche le violazioni della memoria ditutti i crimini internazionali. La tutela del pattocostituente passa, dunque, dall’avere al centrol’evento fondante (Shoah) all’abbracciare altre ma-cro-violazioni dei diritti umani, rispetto a cui sivedono all’opera quelle stesse dinamiche che con-dussero alla tragedia dei totalitarismi e che cisiamo impegnati, collettivamente, a rifiutare.

La difesa del patto etico si traduce quindi nonsolo nel perseguire le violazioni dei diritti umani,ma anche nel contrastare la messa in dubbio delvalore fondativo che i diritti umani rappresentano.In questa accezione, tanto il ricordo del periodopiù tragico della storia del Novecento, quello fra il1914 e il 1945, quanto la memoria delle più gravi

(137) Con tale accezione, negativa, si allude ad undiritto penale declamatorio, privo di efficacia o destinato alladisapplicazione. Sul significato positivo che può avere undiritto penale simbolico cfr. DONINI, Il diritto penale diffe-renziato. La coesistenza di classico e postmoderno nella pena-lità contemporanea, in Crit. dir., 2006, n. 4, 277 ss.; ID.,Teoria del reato. Una introduzione, Padova, 1996, 145 nt. 73.

(138) Il doppio carattere pubblico del processo, ovverola sua capacità di influenzare la sfera pubblica e la sua naturaoriginaria di spazio pubblico, mostra anch’esso funzioniulteriori, diverse da quelle manifeste: funzioni politiche,ricostruttive, narrative e di verità storica prima che giudizia-ria. Se caratteri pubblici ineriscono sempre al processo per ilsuo rilievo e la sua origine, nei processi per negazionismo talicaratteri possono assumere una valenza maggiore, rispetto aquella — strutturale — che accompagna ogni rito penale.

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violazioni dei diritti umani (“così come definitedallo Statuto della Corte penale internazionale”)non rappresentano un mero fatto culturale, mahanno un portato pubblico preciso e determi-nante, divenendo elementi fondanti per la sferapolitica (139).

I negazionisti, consapevoli della portata di que-sta memoria e del suo significato rispetto allecomponenti costitutive delle nostre società, oraaperte a tante culture, utilizzano la libertà di pa-rola in tutto il suo potenziale eversivo e retoricoper sovvertire, attraverso l’attacco al patrimoniostorico comune, i fondamenti di quel patto etico:questo il vero e primario obiettivo della loroazione. In spregio alla stessa deontologia scienti-fica della ricerca storica, cui pretendono di appar-tenere, e alla libertà di opinione, essi mirano vo-lontariamente ad incrinare le basi su cui le demo-crazie si fondano (pluralismo, tolleranza, ugua-glianza). Si è dunque più sul piano etico-politico,che su quello propriamente giuridico-penale. Ilnegazionismo, infatti, attacca il “momento costi-tuente” della democrazia, molto più che le istitu-zioni e i suoi aspetti costituiti. L’aporia quindi siripresenta: l’attacco è profondo e colpisce il mo-mento costituente, ovvero i valori comuni fon-danti, ma lo strumento penale, comunemente ri-tenuto l’arma più potente di cui le società dispon-gono per combattere le minacce che le coinvol-gono, presenta molte contraddizioni.

E questo sia per l’intervento limitativo sullalibertà di espressione, sia sul piano dogmatico epolitico-criminale, sia infine perché innesca unadinamica di irrigidimento della verità nello stru-mento giuridico e chiede che venga, attraverso unprocesso penale, cristallizzata una consapevolezzastorica in una sentenza passata in giudicato. Larisposta penalistica potrebbe non essere la solu-zione del problema ed anzi rischia di contribuire arafforzare il male che si vuole combattere, conl’ulteriore pericolo di trasformare gli imputati inmartiri della libertà di espressione. La punizionedi costoro potrebbe fungere, infatti, da fattore dipossibile aggregazione di consensi intorno al feno-meno che si intendeva contrastare, raggiungendoun risultato opposto a quello sperato e fungendodi fatto, per di più, da megafono per le loro tesi.

Ulteriori perplessità sono degne di nota. Traqueste una merita di essere ribadita: il reato dinegazionismo sancisce per la legge e per il pro-cesso penale il compito di decidere cosa del nostropassato rimane vivo nel presente (e con qualesignificato), cosa invece può morire — o, con leparole di Enzo Traverso, cosa è forte e cosa èdebole (140) —. La narrazione penale si iscrive,dunque, in un’altra narrazione, quella politica,irrompendo con la forza giurisdizionale della sen-tenza. Se è opportuno, dinanzi a crimini gravis-simi, che il processo penale intervenga per accer-tare i fatti e per attribuire le responsabilità, l’atti-vità di selezione di che cosa del passato puòrimanere attivo, l’organizzazione della memoria edell’oblio, richiedono un intervento più propria-mente politico, che non può che essere elaboratoall’interno della sfera pubblica.

15. L’ideologia negazionista e la necessità diuna risposta di natura politica. — All’esito di taleriflessione si può affermare che dinanzi al feno-meno grave del negazionismo, che aggredisce ilpiano più propriamente politico-costituente, non èforse opportuno rispondere con lo strumento pe-nale (141). Molto più, e prima, della condannapenale di taluni oppositori della democrazia, cheutilizzano la finzione e la menzogna sul passato(remoto o vicino) come loro arma privilegiata,occorre un impegno profondo che solo il pianopolitico appare in grado di garantire (142). A talfine è necessario il ricorso agli spazi aperti dellasfera pubblica e non a quelli chiusi delle aule ditribunale e della scrittura dei disposti normativi,ricercando un’esposizione pubblica dei valori eticie morali, costitutivi, che la memoria conserva e citrasmette.

Alle opinioni aberranti ed eticamente esecra-bili degli « agenti dell’oblio » (143), che piegano eriscrivono la realtà secondo le loro esigenze e i loroobiettivi, dovrebbe reagirsi con opinioni basatesulla verità e sulla forza morale (144), non dele-

(139) Dal 1990 in poi inizia una nuova fase per losviluppo del diritto e della giustizia penale internazionale,con l’istituzione dei Tribunali penali internazionali ad hocper la ex Jugoslavia ed il Ruanda, prima, e con l’istituzionedella Corte penale internazionale permanente, dopo; cfr.AMATI, COSTI e FRONZA, Introduzione, in AMATI e altri, Intro-duzione al diritto penale internazionale, cit., 1 ss.

(140) TRAVERSO, op. cit., 51.(141) Secondo ROXIN, lc. ult. cit., « la verità storica come

tale dovrebbe potersi affermare senza il diritto penale ».(142) « L’impegno di verità ha bisogno di libertà: della

libertà incondizionata cui la ricerca scientifica ha diritto »:PULITANÒ, Di fronte all’infamia nel diritto, in Il diritto difronte all’infamia nel diritto. A 70 anni dalle leggi razziali acura di GALATI e VETTOR, Milano, 2009, 229.

(143) Così YERUSHALMI e altri, Usi dell’oblio, trad. it.,Parma, 1990, 23-24.

(144) In tal senso il comunicato dell’Unione delle Ca-mere penali Al negazionismo si risponde con le armi dellacultura, cit. (v. supra, nt. 70); nonché FRONZA e GAMBERINI, Leragioni che contrastano l’introduzione del negazionismo, cit.

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gando questa funzione di controllo democratico,che deve essere di tutti i cittadini, al (solo) stru-mento penale.

E m a n u e l a F r o n z a

LETTERATURA. — Nell’ambito di una vasta letteratura sisegnalano: BIFULCO, Negare l’evidenza. Diritto e storia difronte alla “menzogna di Auschwitz”, Milano, 2012; BILBAO

UBILLOS, La negación del holocausto en la jurisprudencia delTribunal Europeo de Derechos Humanos: la endeble justifica-ción de tipos penales contrarios a la libertad de expresión, inRevista de Derecho Político (Universidad Nacional de Edu-cación a Distancia-UNED), n. 71-72, 2008, 19 ss.; CALAMAN-DREI, Il giudice e lo storico, in Riv. dir. proc. civ., XVII, 1939,105 ss.; CANESTRARI, Genocidio, in Enc. giur., XV, 1989; ID.,Laicità e diritto penale nelle democrazie costituzionali, inStudi in onore di Giorgio Marinucci a cura di DOLCINI ePALIERO, I, Milano, 2006, 139 ss.; CAPUTO, La « menzogna diAuschwitz », le « verità » del diritto penale. La criminalizza-zione del c.d. negazionismo tra ordine pubblico, dignità esenso di umanità, in « Verità » del precetto e della sanzionepenale alla prova del processo a cura di FORTI, VARRASO eCAPUTO, Napoli, 2014, 263 ss.; DE FRANCESCO, in Misureurgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e reli-giosa. D.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazionidalla l. 25 giugno 1993, n. 205. Commento, in Leg. pen., 1994,sub art. 1, 174 ss., sub art. 3 e sub art. 4, 211 ss.; DEL CORSO,ivi, sub art. 2, 201 ss.; DELLA MORTE, L’introduzione del reatodi negazionismo in Italia. Una prospettiva critica alla lucedell’ordinamento internazionale, in Dir. pubbl. comp. eur.,2014, n. 3, 1181 ss.; DI GIOVINE A., Il passato che non passa.“Eichmann di carta” e repressione penale, ivi, 2006, n. 1, XIIIss.; DONINI, Il diritto penale differenziato. La coesistenza diclassico e postmoderno nella penalità contemporanea, in Crit.dir., 2006, n. 4, 277 ss.; ID., “Danno” e “offesa” nella c.d.tutela penale dei sentimenti. Note su morale e sicurezza comebeni giuridici, a margine della categoria dell’“offense” di JoelFeinberg, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, 1546 ss.; ID., Lagestione penale del passaggio dal fascismo alla democrazia inItalia. Appunti sulla memoria storica e l’elaborazione delpassato « mediante il diritto penale », in Materiali per unastoria della cultura giuridica, 2009, 183 ss.; DROIN, État deslieux de la répression du négationnisme en France et en droitcomparé, in Rev. trim. dr. homme, 2014, 363 ss.; FIORE, Liberamanifestazione del pensiero, in Arch. pen., 1971, II, 15 ss.; ID.,I reati di opinione, Padova, 1972; FORNARI, Discriminazionerazziale, in Commentario breve alle leggi penali complemen-tari2 a cura di PALAZZO e PALIERO, Padova, 2007; FORNASARI,in Reati contro l’ordine pubblico a cura di FORNASARI eRIONDATO, Torino, 2013, sub art. 414 c.p., 1 ss.; FRONZA, Ilnegazionismo come reato, Milano, 2012; FRONZA e GAMBERINI,Le ragioni che contrastano l’introduzione del negazionismocome reato, in Diritto penale contemporaneo, www.penale-contemporaneo.it, 29 ottobre 2013; GAMBERINI, I “pensierileciti” della Corte Costituzionale, in Riv. it. dir. proc. pen.,1973, 671 ss.; GAMBERINI e INSOLERA, Legislazione penale

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