Esse - Lo sport nel Bassanese

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Lo sport nel Bassanese Editrice Artistica Bassano www.editriceartistica.it www.facebook.com/bassanonews GENNAIO DUEMILATREDICI In collaborazione con il Panathlon Club di Bassano del Grappa

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Gennaio 2013

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Lo sport nel Bassanese

Editrice Artistica Bassano www.editriceartistica.itwww.facebook.com/bassanonews

GENNAIO DUEMILATREDICI

In collaborazione con il Panathlon Club di

Bassano del Grappa

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RIQUADRO SOMMARIOCover p. 4Fides et Robur. Quando una grande tradizione riparte...di Andrea Minchio

Antiche glorie p. 10Fides et Robur, sinonimo di vittoriedi Ruggero Remonato

Primo piano p. 13Scuola Italiana Quad. Emozioni, avventure... e spirito di serviziodi Elisa Minchio

In punta di penna p. 18Il calcio deve crescere con l’aiuto della culturadi Sergio Campana

Tackle p. 19Alessandro Dal Monte. Valori e concretezza al Bassano Virtusdi Antonio Finco

Mens sana p. 20Allungati... fino a eliminare il doloredi Anna Camonico

L’incontro p. 22Andreino Zonta. Il sergente di ferro che ha conquistato gli Appalachi di Andrea Minchio

Fellowship p. 28Sfida in bicicletta (con vista sull’Egeo)di Antonio Ficno

Focus p. 32Team in Rosa. La creatività femminile sulle piste da scidi Elena Trivini Bellini

Qui Panathlon p. 36Marisa Tottene fra impegno agonistico ed elevati ideali educativi di Aldo Primon e Giuseppe Parolin

ESSE - La rivista di sport nel BassaneseSupplemento al numero 138 di Bassano News

Direttore responsabile Andrea MinchioEDITRICE ARTISTICA BASSANOPiazzetta delle Poste, 22 - Bassano del GrappaTel. 0424 523199 - Fax 0424 523199 - [email protected] - © Copyright Tutti i diritti riservatiCon il patrocinio del Panathlon Club di Bassano del GrappaDirezione artistica Andrea MinchioRedazione Elena Trivini Bellini, Diego Bontorin, Elisa Minchio,Roberto Grandesso Hanno collaboratoF. Basso, S. Campana, A. Camonico, M. Camonico, A. Finco, S. Menetti, I. Orso, G. Parolin, G. Pauletto, A. Primon, R. Remonato, L. Scuccato, M. Tottene Stampa Arti Grafiche Bassano - Pove del Grappa Distribuzione Bassano e comprensorioEsse è stampato su carta patinata ecologica Hello Gloss TCFEditrice Artistica Bassano pubblica anche:

QUANDO LO SPORT SI COLORA DI ROSAUn tocco di dolce femminilità tinge questo numero di ESSEdi Andrea Minchio

Eleganza e armonia, con il sorriso sullelabbra e senza tradire mai lo sforzo diprestazioni molto impegnative: leragazze della Fides et Robur sembrano

essere consapevoli della responsabilità che si sono assun-te, praticando uno degli sport più nobili ed entrando a far parte di un sodalizio blasonato.Non a caso, come ci raccontano il presidente Silvano Menetti (per la storia recente, dal1982 ai giorni nostri) e Ruggero Remonato (nella parte relativa alle origini e allo sviluppo),questa società ginnastica rappresenta una delle realtà sportive più antiche del nostro ter-ritorio. Dalle immagini, davvero spettacolari, emerge però anche la freschezza e la vita-lità delle sue giovanissime atlete, il loro ardimento, così come la passione e la professiona-lità delle numerose e dinamiche istruttrici.Il dinamismo e una particolare inclinazione per l’insegnamento ai bambini caratterizzanoanche le maestre di sci del Team in Rosa: una formazione nuova (è nata nel settembre del2012) che si è rapidamente affermata quest’inverno sulle nevi del Passo Brocon. L’idea diconiugare l’apprendimento con il divertimento, gli aspetti tecnici con il gioco, si è infattirivelata vincente e ha portato numerosi piccoli sciatori ad affrontare le piste.Fra i paletti, qualche anno prima, si era trovata pure Marisa Tottene: storica segretariadel Panathlon bassanese (così la definisce Aldo Primon), oltre a essere una grande patitadella montagna e degli sport invernali, ha il merito di avere dato vita nella nostra città aiGiochi della Gioventù avvicinando così allo sport migliaia di bambini, Il denominatore di questo numero, dunque, appare chiaro: la declinazione al femminiledi discipline fra loro diverse ma connotate dalla stessa gioiosa interpretazione, che anche almomento agonistico imprime un tocco particolare. Detto questo, però, non mancano i rappresentanti dell’universo maschile: alludo a IgorOrso, fondatore della Scuola Italiana Quad, ad Antonio Finco, giornalista bassanese alleprese con impegni ciclistici internazionali e -soprattutto- a quel fenomeno di AndreinoZonta: è proprio a quest’ultimo, che nel 2011 ha percorso in solitaria tremilaseicentochilometri di sentieri montani dalla Georgia al Maine, è dedicato il servizio centrale. Perquest’anno ha intenzione di affrontare (con venticinque chili di zaino sulle spalle) il PacificCrest Trail, vale a dire 4.288 chilometri dal Messico al Canada, parallelamente alla costadell’Oceano Pacifico. Una bella scarpinata, considerato pure il fatto che non si tratta più diun giovincello. Ma l’uomo è allenato e motivato. Siamo certi che porterà a casa il risultato!

CopertinaClaudia Favrin, atleta della Fides et Robur e campionessainterregionale di categoria nel2011, alla finale nazionale di ginnastica artistica del 2010 aJesolo (ph. F. Veronese, archivioFides et Robur). Alla storicasocietà di Romano d’Ezzelino èdedicato il servizio a pagina 4.

Le istruttrici della Fides et Robur. Sopra, da sinistra, Luciana Marin, Francesca Basso, Marialuisa Tonietto,Dolores Bertoncello e Michela Basso; sotto, sempre da sinistra, Annachiara Carlesso, Elisa Carlesso, Chiara Marin,Luisa Sanna, Arianna Bontorin, Marta Baldan e Cristina Bortignon.

Le maestre del Team in Rosa, una ventata di creativitàfemminile sulle piste da sci (pag. 32).

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FIDES ET ROBURQuando una grande

tradizione riparte e festeggiatrent’anni di attività

La prestigiosa società di Romano d’Ezzelino ha celebratolo scorso luglio l’importante anniversario

Sopra, da sinistra, Giorgia Torresan, Claudia Favrin, Sara Masaro e Alice Strappazzon, terze classificate alla finalenazionale di ginnastica artistica (serie C2) a Jesolo nel 2010.Pagina a fianco, Giorgia Torresan vola alta ed elegante sulla trave durante una competizione.

“Fides et Robur”: un nome prestigioso che evoca immediatamente l’immagine diantiche e nobili tradizioni.Due parole, chiaramente latine, unite fra loro da una congiunzione a formareun binomio di grande efficacia espressiva.Già... ma che significano?Sostanzialmente fede (ma anche lealtào impegno) e forza (robustezza o vigore):prerogative fisiche e morali che ben siattagliano a un’associazione sportiva conun obiettivo preciso come, per esempio, quello di competere educando.Nell’Italia della Belle Époque diversesocietà, alcune delle quali legate proprioalla disciplina della ginnastica, assunseroquesta denominazione; soprattutto negliambienti di ispirazione cattolica, orientatia imprimere ai giovani atleti -anche neicontesti agonistici- uno spirito in lineacon la propria identità religiosa.Pure a Bassano, presso il Patronato San Giuseppe (l’attuale Centro Giovanile),si costituì nel 1909 una società Fides et Robur: iniziativa, come ci racconta lo studioso Ruggero Remonato qualchepagina più avanti, dovuta a GaetanoZellini, ginnasta di spicco che seppe portare tale sodalizio a competere consuccesso a livello internazionale.

Nel 1982, tuttavia, un gruppo di appas-sionati -fra i quali Franco Moretto,Giancarlo Ottaviano e Silvano Menetti-,trascinato dall’entusiasmo di GiulianaPauletto (docente di educazione fisica,giudice nazionale e allenatrice innamoratadella ginnastica), ha dato vita alla “Asd

Testo di Andrea Minchio - Fotografie: archivio Fides et Robur, Masterfoto Cesena, Francesco Veronese

Intervista al presidente Silvano Menetti, socio fondatore del sodalizio: breve excursus sull’associazione biancoverde,dal progetto di “rinascita” alla successiva affermazione agonistica nelle palestre di mezza Italia.

Un’esperienza importante, segnata dagrandi risultati negli anni Venti del secoloscorso, sciolta d’autorità nel 1938 perfavorire l’Opera Nazionale Balilla, faticosamente rinata dopo la SecondaGuerra Mondiale e infine sfumata pianopiano, fino a esaurirsi nel silenzio.

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Gruppo Ginnico Sportivo Fides et Robur”,riprendendo così -con la riproposizione di un nome glorioso- una tradizione cherischiava di cadere nell’oblio. Silvano Menetti, attuale presidente dellasocietà (che lo scorso anno ha festeggiatoil trentesimo compleanno), ricorda conemozione quel momento: “Il 27 luglio 1982,pochi giorni dopo la storica conquista delMondiale di calcio da parte della Nazionaleazzurra, firmammo l’atto costitutivo. Eroil più giovane fra i soci fondatori e certonon immaginavo che la nostra associazioneavrebbe percorso tanta strada. Un successodovuto anche alla scelta di concentrarcisul settore femminile e al fondamentalesostegno del Comune di Romano d’Ezzelino,che nel 1987 ci ha dato la disponibilità dellapalestra di Fellette; impianto che tuttoracostituisce la nostra sede principale, doveoperiamo per diverse ore ogni giorno”.

Il 1982...Solo due anni prima Nadia Comaneciaveva bissato a Mosca i successi olimpicidi Montreal: tre Ori in Canada (nel 1976) e due in Russia (nel 1982). Giovanissima,aveva cambiato il volto della ginnasticaartistica meravigliando il mondo. Prima di lei un’altra atleta, la sovieticaOlga Korbut, aveva avviato la disciplinaverso una profonda trasformazioneinventando due movimenti ginnici chehanno assunto il suo nome.Sulla scia di un entusiasmo contagioso,nella seconda metà degli anni Settanta anche Bassano cominciò a rivalutarequesto sport, così elegante e armoniosoma al tempo stesso tremendamente tecnico.Orazio Parisotto, docente di educazionefisica al Liceo Brocchi, costituì il GruppoSportivo San Marco: un primo vivaioespressamente creato per la ginnastica

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In alto, Giorgia Torresan impegnatain un enjambèe durante una provadi corpo libero.A destra, Elena Favrin (campionessaregionale di categoria nel 2009) inverticale sulle parallele asimmetriche.

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artistica, sebbene ancora caratterizzatoda una connotazione sperimentale.Si trattò di un’esperienza di breve durata,ma molto significativa. Infatti...“Inizialmente molte atlete -prosegueSilvano Menetti- provennero proprio daquelle file. Poco dopo, però, la specificapreparazione dei nostri insegnanti ci consentì di aumentare e rafforzare autonomamente l’organico, potendo cosìperseguire con la massima efficacia dueobiettivi: la diffusione della ginnasticaartistica in tutto il comprensorio e la

partecipazione alle competizioni della FGI,la più antica federazione sportiva italiana(fondata nel 1869 a Venezia), alla qualesiamo orgogliosamente affiliati dalla(ri)nascita della Fides et Robur”.Già alla fine degli anni Ottanta la società biancoverde (questi i colori che compaiono nel logo) contava oltre duecento ginnaste,ripartite per fasce anagrafiche e tipi diattività. Una struttura ben organizzata, e rimasta invariata nel tempo, che ancheoggi coinvolge atlete dai quattro/cinqueanni fino alla maggiore età.

“Il grande lavoro svolto dalle allenatrici a quell’epoca -ci spiega il presidente- è statobasilare per cementare tutti quei rapportiche nel tempo determinano un successocontinuativo. Fra le principali protagonistedel nostro consolidamento è doverosocitare Ketty Bizzotto, divenuta direttricetecnica, Marialuisa Tonietto, MonicaBellon, Evvj Corvaglia, Francesca Basso eLuciana Marin. Un team affiatato al qualesi sono poi aggiunte Dolores Bertoncello,Ada Pattanaro e Arianna Alberton”.La preparazione dello staff, sostenuto daun formidabile entusiasmo, ha consentitoalla Fides et Robur di formare un validogruppo agonistico. Così, verso la metàdegli anni Novanta, sono giunti i primiemblematici successi. Nel 1997 le sue atletehanno sfiorato la finale nazionale, mentrepiano piano iniziavano a imporsi all’at-tenzione del pubblico e dei tecnici i nomidi Chiara Marin (classe 1987) e SabrinaCecchin (classe 1989), destinate a emer-gere a livello nazionale. Da quel momento le squadre di serie B eC del sodalizio biancoverde hanno conti-nuato a “volteggiare” con successo nellepalestre di mezza Italia, coinvolgendo eappassionando decine e decine di ragazze.“Nel 2002 -riprende il presidente Menetti-la Fides et Robur ha festeggiato i vent’annidi attività: un anniversario importante, cheha coinciso con la dotazione di attrezzature

LA GINNASTICA ARTISTICA

FEMMINILE

L’aspetto acrobatico rappresenta, per cosìdire, lo spirito più autentico della ginnasticaartistica sportiva che non a caso prevede,oltre agli esercizi al suolo (detti a corpolibero), anche quelli agli attrezzi. In ambitofemminile le atlete si cimentano infatti sutrave, parallele asimmetriche e volteggio.

Il corpo liberoConsiste in una prova dinamica compostada elementi di acrobatica e brevi rincorse,preludio ai salti e alle rotazioni in volo.Le evoluzioni consistono in rotazioni delcorpo lungo gli assi trasversale, sagittale elongitudinale (anche combinati fra loro).

La traveAttrezzo tipico della ginnastica femminile,la trave offre poco appoggio (è larga cm 10,

lunga m 5 e posta a un’altezza di m 1,25).In equilibrio precario, l’atleta deve compiereesercizi acrobatici e composizioni artistiche.

Le parallele asimmetricheSono costituite da due staggi in legno lun-ghi m 2,40 m e posti a diverse altezze.Anche in questo caso si devono eseguireesercizi con passaggi di notevole agilità espettacolarità dall’uno all’altro staggio.

Il volteggioL’esecuzione avviene al termine di unarincorsa lunga al massimo m 25.I volteggi sono caratterizzati dalla velocitàd’esecuzione e si sviluppano in due fasi:primo e secondo volo. Il primo costituiscel’azione d’ingresso, con la presa da partedell’atleta; il secondo deve avvenire conun’elevazione del corpo (rimbalzo) più ampiarispetto al primo volo. La conclusione, aterra, deve avvenire senza alcuna sbavatura.

In alto, Beatrice Zilio, specialista alla trave, in una gara di Coppa Italia a Rimini nel 2010.Riquadri: Elena Favrin si esibisce in un difficile “salto del montone”; Chiara Marin, campionessa nazionaledi specialità nel volteggio (nel 2002), esegue un “salto del pesce”.

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In alto, a sinistra, la squadra finalista al campionato di serie B del 2007 a Bassano. Da sinistra, AnnachiaraCarlesso, Samantha Stragliotto, Sabrina Cecchin, Arianna Masaro, Virginia Zanini e Beatrice Zilio.Sopra il testo, da sinistra in senso orario, Claudia Favrin, Beatrice Zilio e Giulia Conca.

all’avanguardia (tappeti, tavole e varistrumenti) in grado di soddisfare ogni tipodi esigenza. Risale invece al 2009 unascelta a tutto campo, volta a espandere ilnostro raggio d’azione: quella cioè di darevita a due società sorelle, sempre con ilnostro glorioso nome, a San Zenone eLoreggia. Società con le quali collaboriamopositivamente, all’insegna di una proficuae fruttuosa sinergia, con evidenti beneficiin termini di scambio di esperienze e di ottimizzazione dell’attività didattica e agonistica. Prova ne sono la vitalitàassociativa, caratterizzata dalla numerosa

presenza di atlete, e i lusinghieri risultatiagonistici. A questo proposito ricordo, peresempio, la partecipazione al Campionatodi serie B, nel 2007, con l’ingresso infinale; circostanza in cui la Fides et Roburha figurato fra le migliori otto squadreitaliane. Come pure il terzo postoagguantato in occasione della finale diserie C2, nel 2010, in gara contro unacinquantina di altre agguerrite società.Insomma grandi soddisfazioni, che miinducono a ringraziare tutte le nostreragazze per la lealtà e l’impegno profuso(fides) e il vigore (robur), con cui sono

state ottenute affermazioni sportive diindubbio rilievo. Complimenti sinceripure alle fortissime ginnaste dell’attualesquadra agonistica: Erica Acoleo, ClaudiaFavrin, Liu Xin Yu ed Elisa Lovison(Allieve); Giulia Conca, Elena Favrin,Alice Strappazzon e Giorgia Torresan(Juniores). Sono certo che anche nel 2013sapranno tenere alta, con entusiasmo emotivato orgoglio la bandiera della società”. Condividendo tale auspicio in vista di futurisuccessi, crediamo doveroso chiuderequeste righe con due parole di speranza(ovviamente in latino, secondo la miglioretradizione della società): ad maiora!

A.S.D. G.G.S. FIDES ET ROBURVia G. Leopardi, 1736060 - Romano d’Ezzelino (VI)Francesca: tel 0424 523783 / 340 [email protected]

FIdES ET ROBUR - Staff dirigenziale e tecnicoPresidente Menetti Silvano A.S.D. G.G.S. Fides et RoburPresidente Baldan Maurizio A.S.D. Fides et Robur S. ZenonePresidente Poletto Fernando A.S.D. Fides et Robur LoreggiaVicepresidente Pauletto Giuliana Consigliere Ceccato Roberta Consigliere Conca Dario Medico societarioConsigliere Lovison PaoloConsigliere Valente DanielaDirigente Favrin Sergio

Istruttori Tonietto Marialuisa Responsabile tecnicoBasso Francesca Tecnico F.G.I.Basso Michela Tecnico F.G.I.Bertoncello Dolores Tecnico F.G.I.Carlesso Elisa Tecnico F.G.I.Galvan Lisa Tecnico F.G.I.Marin Chiara Tecnico F.G.I.Marin Luciana Tecnico F.G.I.Mascotto Fabiola Tecnico F.G.I.Sanna Luisa Tecnico F.G.I.Bontorin Arianna Ex Ginnasta Fides et RoburCarlesso Annachiara Ex Ginnasta Fides et RoburCecchin Sabrina Ex Ginnasta Fides et RoburBaldan Marta Ginnasta Fides et RoburBortignon Cristina Ginnasta Fides et RoburPettenuzzo Arianna Ginnasta Fides et Robur

IL pRESIdENTE MENETTIUna vita dedicata ai valori dello sport

Silvano Menetti, socio fondatore della Fides etRobur, ne è presidente dal 1998; prima di luiavevano guidato la società Giancarlo Ottaviano(1982-’86), Camillo Farronato (1987-’90) eGiuseppe Bozzoni (1991-’97).Classe 1960, bassanese doc (sebbene ora viva aVicenza), Silvano Menetti ha iniziato la carrierasportiva nel 1981 come dirigente del BasketCentro Giovanile. Passato poi al Basket Bassano,ne è stato lo “storico” segretario dall’epoca dellapresidenza Pasinato fino agli anni recenti. Dallaricostituzione della Fides et Robur, animato dagrande passione per entrambe le discipline, si è sem-pre diviso fra pallacanestro e ginnastica artistica.

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Gaetano Zellini abitava nella enclavebassanese di borgo Bonaguro, “paesemagico” che pungolava i suoi abitanti ad adoperarsi per onorare quanti eranocolà vissuti o lo avrebbero fatto in futuro.Si tratta sicuramente di una persona da annoverare fra i bassanesi illustri: tutta la sua vita è stata infatti uno “scorrevole monologo” sulla strada del dovere, all’insegna di una costante e fedele passione per la ginnastica.La modestia del “maestro Zellini”, cosìlo chiamavano i suoi concittadini, erapari alla sua bravura e alla sua volontà.Nato a Bassano l’11 luglio 1872 daGiuseppe e Pierina Roberti abitò, sempre,in via Bonaguro al civico numero 14.Orafo di professione e ginnasta pervocazione, nel lontano 1923 condusse i“suoi ragazzi” alla gloria conquistando ilprimo posto al concorso internazionaledi ginnastica a Parigi. Nel venticinquesimo anniversario di questa importante vittoria (1948)Piero Bonazzo, indimenticato dipendentecomunale nonché appassionato cronistadei fatti riguardanti la nostra città, cosìricordava Zellini: “Di media statura,

snello, dal passo svelto malgrado i suoisettantaquattro anni, dal portamentotuttora fiero, grigio nei capelli ma con i baffi che ancora hanno il colore dellagiovinezza, il maestro di ginnasticaGaetano Zellini personifica i fatti e gliantichi allori che l’atletica e la ginnasticaebbero all’epoca dei nostri nonni”. E ancora: “Tutta la sua vita è trascorsatra il banco d’orafo (sua professione) e lapalestra. Per quest’ultima ha trascuratola gioia della giovinezza, ma in essa hacolto le sue più grandi soddisfazioni enon s’è accorto del tempo che passava”.

Alla fine dell’Ottocento nella nostra cittàc’era la Società Ginnastica Bassano;anche il collegio Vinanti aveva allora unasquadra con la quale partecipava, conimpegno, all’attività sportiva regionale. Già nel 1909 Zellini fece parlare di sé:per motivi politici lasciò infatti la SocietàGinnastica Bassano e si pose alla testadi un gruppo di “clericali” (termine usatodalla stampa del tempo), intenzionati afondare presso il Patronato San Giuseppe(ora Centro Giovanile) la Fides et Robur.Va da sé che, prima di diventare un

Nel 1923, al Concorso Internazionale di Parigi, la società ginnastica bassanesetrionfò su 777 squadre e 28.000 atletiprovenienti da tutto il mondo

“maestro”, Zellini si era messo in evi-denza (1896) in diverse attività ginniche,con particolare predisposizione per ilsalto con l’asta. Egli era inoltre solitooffrire medaglie, acquistate a sue spese,ai giovani atleti: un incentivo a perseve-rare nelle varie discipline. Vantava pureun grande ascendente fra di essi, tantoda avere ingaggiato nella Fides et Roburnon pochi suoi “paesani”.Nel 1920, alla ripresa dell’attività subitodopo il primo conflitto mondiale, riuscì

Costituita nel 1909 dal maestro Gaetano Zellini ebbe per sede il Patronato San Giuseppe

ANTICHE GLORIETesto di Ruggero RemonatoFotografie: raccolta Giuliana Pauletto, raccolta Ruggero Remonato

FIDES ETROBURSinonimo di vittorie

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La squadra della Fides et Robur fotografata all’entrata del Patronato San Giuseppe, dove si allenava, all’iniziodegli anni Venti del secolo scorso.

A sinistraLa Fides et Robur sfila a Parigi, pressoNotre Dame, dopo la vittoria su 777squadre provenienti da tutto il mondo. Questa cartolina, datata 22 luglio1923, è stata “offerta” dal maestroGaetano Zellini al suo “bravo vecchioallievo ginnasta Moretto”.

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a portare la sua squadra al prestigioso“Congresso Ginnastico di Roma”, alquale potè partecipare grazie a una sot-toscrizione fra i bassanesi che gli con-sentì di sostenere le spese per il viaggio.Nonostante il distacco della sua Fides etRobur dalla squadra ginnastica bassaneseavesse creato -come abbiamo detto- diversiattriti fra i nostri concittadini, nel 1923Zellini portò i suoi ragazzi al concorsointernazionale di ginnastica di Parigi.Gli scontri politici si sopirono quando

liberali e clericali si recarono, assieme,alla stazione ferroviaria di Bassano perricevere la “loro squadra”, che avevariportato la palma della vittoria su settecentosettantasette squadre e 28.000atleti di tutte le nazioni.Come è noto tale entusiasmo venne congelato quando l’autorità governativa,con disposizione del 30 dicembre 1928,ordinò di sciogliere tutte le organizza-zioni -sportive e non, clericali e non- edi inquadrare i loro componenti negli

organici delle omologhe attività statali.Sembra che il giorno più bello Zellinil’abbia vissuto, dopo la fine della secondaguerra mondiale, quando potè ricostituirela sua Fides et Robur.Il 7 giugno 1959 il maestro Zellini andò adallenare una squadra di angeli lasciando,fra quanti erano rimasti sulla terra diBassano, una scia luminosa che ancoraoggi ci insegna i valori della modestia edell’integrità fisica e morale.

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PRIMO PIANO

In questa pagina, e alle seguenti, alcune emblematiche immagini tratte dall’archivio della Scuola Italiana Quad.Riquadro, il bassanese Igor Orso, fondatore dell’organizzazione. ESSE • 13

Corsi di formazione articolati su più livelli (con una precisa attività didattica concepita per le personediversamente abili), escursioni ed esercitazioni su terreni di ogni tipo, spedizioni e tour nelle aree piùaspre del globo, dai ghiacci polari alle sabbie dei deserti. Tutto questo, e molto altro ancora, è quantopuò offrire l’organizzazione costituita dell’ex disc jockey giramondo bassanese.

Se fosse possibile identificare una persona con il concetto di “avventura”,così come ci è stato tramandato dai mitidel Romanticismo, probabilmenteavrebbe le sembianze di Igor Orso:

SCUOLA ITALIANA QUAD

Emozioni, avventure...e spirito di servizio

Il fondatore Igor Orso ci illustra le finalitàe le molte iniziative della roboante associazione

Testo di Elisa Minchio - Foto: Scuola Italiana QuadServizio publiredazionale a cura di Editrice Artistica Bassano

bassanese, sulla soglia dei quarant’anni,questo inarrestabile “cittadino delmondo” ha infatti impresso alla propriaesistenza una connotazione davveroparticolare e invidiabile. Appassionatovelista e skipper molto ricercato, IgorOrso è da antica data un frequentatoreabituale delle acque dalmate, animatoda un amore viscerale per le Incoronate.Negli ambienti musicali -soprattutto di lingua tedesca (Igor ha svolto per

vent’anni un’intensa attività discograficain Germania, Svizzera e Austria, oltreche in Italia e Spagna)- è noto per i trascorsi di disc jockey e autore: suo, per esempio, il fortunato single DerHammertanz (“La danza del martello”).Il suo principale impegno, tuttavia,riguarda un mondo ancora non moltoconosciuto sebbene in progressivaespansione: l’universo dei quad.Naturalmente non stiamo parlando di

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PRIMO PIANO

Qui sopra, a sinistra, il single “Der Hammertanz”, sulla cui copertina è ritratto Igor Orso ai tempi in cui partecipava alla trasmissionetelevisiva austriaca “Absolute Life”, una specie di “Mai dire gol”. L’ex giramondo vanta infatti trascorsi da disc jockey e autore.Tuttora, in occasione delle escursioni e delle spedizioni organizzate dalla scuola, non manca mai di curare l’accompagnamento musicale.

stelle o di strani oggetti volanti, bensì diun versatilissimo mezzo ibrido, a metàstrada fra la motocicletta e l’automobile.“L’acronimo quad -ci spiega Igor Orso-sta per quadriciclo e proprio con questotermine lo definiamo in Italia. Trovotuttavia che la sigla adottata nei paesianglofoni, atv, sia molto più efficace:all terrain vehicles. In effetti si tratta di un veicolo a tutto terreno, in gradodi affrontare contesti morfologici chefino a pochi anni fa erano ritenuti quasiinsormontabili. Non a caso i quad sono

utilizzati da numerosi eserciti del mondo,ma anche da corpi di polizia e vigili delfuoco. Opportunamente predisposti,consentono alle persone disabili unamobilità quasi impossibile con altri mezzi;caratteristica, questa, che trovo signifi-cativa per gli evidenti risvolti sociali”.Concepiti per il trasporto di persone eoggetti su percorsi fuoristradistici moltodifficili e accidentati (pensiamo per esem-pio alle mulattiere), i quad si distinguonosecondo diverse tipologie, in base allequali possono muoversi su fondi sterratio asfaltati, superare pendenze elevate oaffrontare addirittura passaggi trialistici.Estremamente versatili, si possonoinoltre accessoriare con verricello, paleda neve, spargisale, tagliaerba e moltialtri dispositivi.Prerogative singolari che, ancora allafine dello scorso millennio, non sonosfuggite all’occhio di un viaggiatoreattento quale Igor Orso, reduce daprecedenti spedizioni in ambienti estremi

quali il Circolo Polare Artico o il desertodel Sahara: “Grazie alle mie esperienzeho subito compreso le infinite opportu-nità offerte dal quad. Ho iniziato così a impiegarlo nelle mie diverse attivitàsperimentandone sul campo le molteplicipossibilità. Agli aspetti razionali, legatialle effettive necessità d’uso, in brevetempo si sono aggiunte anche forti moti-vazioni emozionali. In parole povere, ènata una passione travolgente!”. Una passione cresciuta via via attraversoun uso pressochè quotidiano, corroboratada un’applicazione costante (filtrata da test severissimi) e infine sfociata,nel 2007, in un progetto ambizioso: la costituzione, proprio a opera di IgorOrso, della Scuola Italiana Quad.“Oggi questa realtà, nella quale sonocoinvolte persone molto preparate,opera in ambito formativo: procuracioè un adeguato supporto di competenzeed esperienze sul corretto utilizzo di talimezzi di trasporto. Ne cura inoltre,

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grazie alle iniziative della FederazioneItaliana Quad (sempre istituita dal sottoscritto), lo sviluppo nei termini diuna vera e propria disciplina sportiva,con un occhio di riguardo per la mobi-lità delle persone diversamente abili. Il quad è infatti un valido strumentoeducativo, riabilitativo, pedagogico eterapeutico; un veicolo nato e sviluppatoappositamente per superare le barrierearchitettoniche, naturali e non, che

bene si sposa sul piano tecnico con legenerali esigenze del mondo diversa-mente abile. In effetti lo scopo principaledella nostra Scuola è quello di dare aogni persona la possibilità, dopo averepreso parte a un corso, di viaggiare insicurezza, con una conoscenza di basedel mezzo e la capacità di effettuare inautonomia una minima manutenzione eun controllo prima di ogni escursione”.L’attività principale della Scuola Italiana

Qui sopra, il logo della Federazione Italiana Quad.A sinistra, la Scuola Italiana Quad, come testimonia anche questa foto, ha portato il Tricolore nelle zone piùaspre del pianeta: dai deserti africani all’Antartide...

STRUTTURAZIONE dEI CORSI

1) CORSO BASE

Dieci ore di lezione in due fasi + pratica

Durante questi corsi gli insegnanti illustrano a

livello teorico e pratico il primo approccio con il

quad, gli accorgimenti da adottare prima di salire

sul mezzo e tutto quanto riguarda il primo utilizzo.

2) CORSO AVANZATO 1° 2° 3° LIVELLO

Quindici ore di lezione in tre fasi + pratica

Nei corsi avanzati invece verrà spiegato come

affrontare un’escursione impegnativa, come ese-

guire un tagliando del mezzo, come fare per tal-

lonare una gomma.

3) CORSO dI pREpARATORE TECNICO

Tutto ciò che si deve sapere per attrezzare ade-

guatamente un mezzo e per la preparazione tec-

nica di un’escursione impegnativa.

4) GUIdA IN OFF ROAd

Approfondimento nella conoscenza del terreno;

quali comportamenti adottare in base alle diverse

condizioni atmosferiche dei luoghi interessati

dalla spedizione.

5) CORSO INSEGNANTI

Sessanta ore di lezione

Fornisce, oltre alle informazioni teorico-pratiche

di base e avanzate, nozioni di pronto intervento

e primo soccorso. Dopo il superamento degli

esami e il rilascio dell’attestato di partecipazione,

prevede continui aggiornamenti durante l’anno.

6) CORSO ISTRUTTORI

Centoventi ore di lezione

Oltre alle informazioni teorico-pratiche di base e

avanzate, fornisce nozioni di pronto intervento e

primo soccorso. Dopo il superamento degli esami

e il rilascio della certificazione e dell’abilitazione

all’insegnamento, prevede continui aggiorna-

menti durante l’anno.

7) CORSO pER ENTI E ASSOCIAZIONI

La Scuola Italiana Quad ha attivato una serie di

convenzioni con enti pubblici e associazioni private

con percorsi formativi personalizzati.

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ESSE • 16

PRIMO PIANO

Quad consiste nell’organizzazione dicorsi, strutturati su tre diversi livelli,rivolti tanto ai privati (anche e soprat-tutto diversamente abili), quanto al per-sonale di enti pubblici e a militari.Ampio spazio è assegnato pure alla programmazione di viaggi, escursioni e spedizioni e alla produzione di materialeinformativo e di studio (fra i quali uncompleto manuale di guida sicura). La scuola è inoltre strutturata persettori. Si passa infatti dalla divisioneracing (che cura la preparazione allacorsa in pista e alle gare) alla utility offroad: è proprio su questo specifico ambitoche si concentra la principale attivitàdidattica. I mezzi interessati sono tuttidotati di trazione integrale, cambioautomatico (con le ridotte) e blocco dif-ferenziale. Impensabile, quindi, cimen-tarsi alla guida senza un’adeguata pre-parazione; una formazione che vieneimpartita anche al “gentil sesso”, targetche è cresciuto significativamente negliultimi tempi dopo avere superato uniniziale periodo di diffidenza.“Nonostante diversi tentativi di imitazione,che peraltro non hanno sortito grandi

risultati, posso affermare con orgoglio -conclude Igor Orso- che la ScuolaItaliana Quad è il primo e vero riferi-mento nazionale per questa disciplina.Naturalmente siamo sempre disponibili afornire tutte le informazioni necessarieper cominciare. Un primo avvicinamentoè possibile pure tramite il nostro sito e poi, da navigato disc jockey, posso

ESCURSIONI IN QUOTA dIURNE E/O NOTTURNE

Nella stagione invernale, a cura

della Scuola Italiana Quad

programma

Partenza dal Ponte di Domegge di

Cadore (BL), dove si trovano i mezzi

cingolati, tutti dotati di slitte al traino.

Trasferimento dei partecipanti in un

rifugio in quota, secondo le seguenti

opzioni:

A) solo trasferimento in quota e ritorno a

piedi oppure con bob o slittino;

B) solo trasferimento in quota e ritorno

sempre su slitta al traino di mezzo cin-

golato;

C) trasferimento in quota al mattino,

ristorazione a mezzogiorno, rientro nel

pomeriggio al punto di partenza;

D) trasferimento in quota al pomeriggio,

ristorazione, pernottamento in rifugio e, il

mattino seguente, prima colazione con

rientro al punto di partenza.

E’ richiesta la prenotazione

Tel. 348 2653245

[email protected]

SCUOLA ITALIANA QUADVia Siemens, 23 - 39100 BolzanoTel. 348 2653245Fax 0424 [email protected]

garantire fin d’ora una certezza: la presenza di buona musica!”.

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ESSE • 18

di Sergio Campana

IL CALCIO DEVE CRESCERE con l’aiuto della culturaL’ultimo episodio di razzismo in uno

stadio di calcio, quello avvenuto aBusto Arsizio, incredibilmente duranteuna partita amichevole, ha giustamentesollevato sdegno e indignazione nonsolo nell’ambiente calcistico. Sono stati molti i personaggi del calcio,con in testa i giocatori, a esprimeresolidarietà a Boateng, bersaglio dellevergognose offese di un gruppo sparutodi pseudo tifosi (tra i quali purtroppoun assessore allo sport) e ad auspicareinterventi severi per contrastarefinalmente e in modo concreto unfenomeno che purtroppo continua aripetersi nei nostri stadi.Il ministro degli Interni Cancellieri haassunto una dura presa di posizionee tempestivamente è stato disposto unvertice al Viminale, al quale hannopartecipato il capo della poliziaAntonio Manganelli, il presidentedell’Osservatorio sulle manifestazionisportive Ciullo e il presidente dellaFedercalcio Abete. Dall’incontro tra lemassime autorità dell’ordine pubblicoe del calcio è emersa la precisa volontàdi operare nei confronti delle mani-festazioni di razzismo allo stadioadottando il principio della tolleranzazero. Non poteva essere altrimenti.Da tutti i partecipanti al vertice èstato affermato con forza l’obiettivodi rafforzare la collaborazione ditutti gli attori protagonisti all’internodello stadio, in modo da effettuare ilmassimo livello di contrapposizioneal fenomeno del razzismo. E alloradeve esserci una maggiore capacità diconcentrazione fra giocatori, arbitro,quarto uomo e responsabile dell’or-dine pubblico, al quale è riconosciutain via esclusiva la titolarità di valu-tare le varie specifiche situazioni eordinare eventualmente la sospensionedella partita. E’ evidente che quantoaccaduto allo stadio di Busto Arsizio,con la diretta decisione del Milan dilasciare il campo, non può avvenirein una partita ufficiale per evidentiragioni di ordine pubblico. Deveessere quindi l’arbitro, sollecitatoeventualmente dal giocatore oggettodi cori o gesti razzisti, a chiedere lostop (temporaneo o definitivo) dellapartita al responsabile dell’ordinepubblico. Dunque non si potràlasciare il campo senza l’interventodi chi ha la titolarità di ordinarlo.

Resta il problema primario di allon-tanare dagli stadi tutti coloro che nonhanno titolo a starci perché inquinanopesantemente la convivenza civile diun evento sportivo. E quindi il verticeal Viminale ha deciso anche che ilDaspo, cioè il provvedimento diallontanamento dagli stadi dei tifosiviolenti, sia applicato in questo casocon durezza e rigore.Non si può abbassare la guardia: idati sono allarmanti. Dagli inizi deglianni ’90 a oggi gli episodi di razzismoe discriminazione durante le partitedelle serie professionistiche e serieminori sono decuplicati. Negli ultimidieci anni negli stadi italiani sonoavvenuti 630 episodi di razzismo (coricon il famigerato “buuu”, striscionivergognosi e altro). Per migliorare lasituazione non basterà certo la tolle-ranza zero proclamata dal Viminale,come in tante altre cose italiche, civuole una vera rivoluzione culturale.

Non si può dire che il nostro calciomandi spesso messaggi positivi,

ma certamente di negativi è sempreben provvisto. Un esempio spiacevo-le, ma significativo ci è stato datorecentemente. Attorno al giocatoredell’Atalanta Stendardo, laureato inGiurisprudenza, che si apprestava asostenere gli esami di avvocato, si èaperto un caso incredibile. Ancora unmese fa il calciatore aveva avvertitola società, nella persona del direttoregenerale Marino, che si sarebbeassentato tre giorni da Bergamo persostenere all’Università degli Studi diSalerno l’esame di Stato per l’abili-tazione alla professione. La societàaveva preso atto, non sollevandoalcuna obiezione; era ovvio cheavvertisse l’allenatore Colantuono cheper quei tre giorni, in concomitanzacon la partita di Coppa Italia controla Roma, non avrebbe potuto contaresu Stendardo. Colantuono però nonl’ha presa bene e ha apertamenteaccusato il giocatore di non averloavvisato prima e di non aver rispet-tato il regolamento interno; insommasosteneva che la società doveva san-zionare l’inadempienza del giocatore.

E dichiarava che non l’ avrebbe convocato per la successiva partita dicampionato contro la Juve. Forti lereazioni, tutte a favore del calciatoree decisamente critiche nei confrontidell’Atalanta, che dovrebbe inveceessere orgogliosa di un tale giocatore.Colantuono ha ricordato a Stendardol’esistenza di un regolamento interno,da lui violato, che impone ai giocatoricerti comportamenti, soprattutto neiconfronti dei compagni di squadra.Ma l’allenatore dovrebbe anchesapere che esiste e prevale quantoprevisto dal contratto collettivo sullaformazione culturale dei calciatori.L’articolo 6 recita testualmente: “LaSocietà deve promuovere e sostenere,in armonia con le aspirazioni dei calciatori con cui è legata da rapportocontrattuale, iniziative o istituzioniper il miglioramento e incrementodella cultura. Spetta alla Figc, d’in-tesa con l’Aic, indicare le condizionicui devono attenersi le Società, compa-tibilmente con le esigenze dell’attivitàsportiva, per agevolare la frequenzadei corsi e la preparazione agli esamidei calciatori che intendono prose-guire gli studi o conseguire una qua-lificazione personale”.Sul caso sono intervenuti il presidentedel Coni Petrucci e il presidentedell’Aic Tommasi, che hanno affer-mato il diritto del calciatore di conci-liare lo sport con lo studio, e di esserecosì un esempio importante per i giovani. Il dg Marino e l’allenatoreColantuono, dopo le loro esternazionie forse con l’intervento del presidentePercassi, hanno mitigato i toni e fattoqualche rettifica, per cui il casopotrebbe considerarsi chiuso.Evidentemente nel calcio certi modidi agire non cambiano. Ai miei tempiero l’unico calciatore di A a esserearrivato alla laurea. Ma quanta faticae quanti ostacoli! Durante i ritiri miportavo i libri per preparare gli esami.Ebbene, l’allenatore mi riprendevaperché restavo troppo seduto, dan-neggiando i muscoli. Replicavo che i miei compagni, per giocare allecarte, lo facevano per molte più ore. E’ diverso, mi diceva, è diverso…

IN PUNTA DI PENNA

In alto, da sinistra verso destra, il giocatore dell’Atalanta Guglielmo Stendardo e il mister Stefano Colantuono.

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TACKLEdi Antonio Finco

E’giovanissimo ma sa il fatto suo.E soprattutto nei suoi occhi, che

ridono, si può leggere la passione per il proprio lavoro. Un lavoro che era il sogno della vita: fin da piccolo conle idee chiare, buon segno. Alessandro Dal Monte è nato a Bassanoil 18 ottobre 1983, è cioè più giovanedi qualcuno dei giocatori che allena. Un anno prima l’Italia aveva vinto iltitolo Mondiale grazie ai gol di PablitoRossi. Altro calcio, altra storia...Allora i calciatori erano normotipigeneralmente magri, poco muscolarinella parte superiore del corpo, condue grossi polpacci. Si allenavano piùo meno intensamente, spesso meno.

“Una volta il calcio era considerato unosport da endurance e la preparazionesi basava sulle distanze lunghe. Moltigiri di campo. Adesso il calcio è diventa-to più rapido, più dinamico, si fannolavori aerobici più brevi e lavori moltopiù specifici. La cultura della parteatletica si è evoluta, il calciatore deveessere più preparato fisicamente,esplosivo, possibilmente rapido neicambi di direzione, nei salti”.Ha le idee chiare Alessandro, laureatosinel 2010 in Scienze Motorie con una tesisull’allenamento della forza nel calcio.Come dire non lasciare nulla al caso.La sua è una famiglia di sportivi: papà Claudio, con i fratelli Danilo eFerruccio, ha giocato nell’Angaranodei tempi d’oro, quando la squadragiallo-azzurra arrivò a sfidare ilBassano al Mercante in uno storicoderby. Il fratello Francesco, poliziotto,è un amante della corsa, la sorellaMary lavora nel fitness.“Allenavo gli esordienti del Pove -ricorda Ale- quando un responsabiledelle giovanili del Bassano, LuigiMilani (ora alla Juventus), mi chiesela disponibilità di trasferirmi in gial-lorosso. Allora ero in ballo anche conil Vicenza. Non mi interessava moltofare l’allenatore, il mio obiettivo era unaltro, anche perché a Scienze Motoriea Padova avevo conosciuto il professorDe Bellis che aveva la cattedra di Preparazione atletica nel calcio. Inquel momento era anche preparatoredel Chievo in serie A e la sua esperienzafu utile per capire che quella sarebbestata anche la mia strada. Così per il settore giovanile del Bassano inizial-

mente mi fu assegnato un ruolo inter-medio, allenatore ma anche preparatorecoordinativo delle prime fasce d’età.Era il 2004. Nel 2009 è cominciata lamia avventura con la prima squadra.In principio ho collaborato con il preparatore Faedo (con allenatoreRoselli), poi con il preparatore Longhi(con allenatore Jaconi) fino a esserenominato, l’anno scorso, responsabilecon l’avvento in panchina di Brucato”.

Dapprima la gavetta con le giovanili,poi il salto in alto con i professionisti,dove c’è un mondo da scoprire e viverea tutto tondo: “Sono meticoloso, mipiace guardare all’indietro, scrivotutto quello che faccio. La crescitaviene con l’esperienza, anche perchéogni allenatore ha le sue idee e bisognaconfrontarsi. Il nostro è un lavoro distaff, cerchiamo di elaborare proposteinnovative e combinazioni di lavorocon la palla. Con il mister Rastelli mitrovo benissimo perché, oltre a essereun ottimo professionista, è una personavera con cui si riesce a lavorare bene,in sintonia. Ogni giorno non vedo l’oradi andare al campo, e questo è ilsegreto per dare il meglio di se stessi”.

Se il Bassano corre, insomma, c’è dietro il lavoro fondamentale (anche seoscuro per la buona parte di tifosi chefrequentano il Mercante) di questobravo ragazzo diventato in breve tempomarito di Francesca e padre di Cesare.Gioie familiari a parte, Alessandro è stato recentemente gratificato dalpunto di vista professionale. “Il momento più bello da quando sonoal Bassano è stata la telefonata deldirettore Seeber, lo scorso giugno, chemi ha assegnato la responsabilità dellapreparazione fisica della prima squadra.Sono ambizioso, devo dire che ci spe-ravo, ma nella vita non bisogna maidare nulla per scontato. Se invecedovessi indicare il momento peggiore,non avrei dubbi a indicare la partitadi Trapani, quando dopo dieci minutieravamo già sotto di due gol. Lì hocapito che eravamo davvero retrocessi”.

Per amor del vero quella retrocessioneha pesato anche nell’avvio di questastagione: “Abbiamo fatto 2 punti in 5 gare e in queste situazioni diventatutto più difficile, ma fortunatamente

ne siamo usciti anche perché alleniamogente che ci mette l’anima. A livelloaerobico Mateos, Basso, Lorenzini,Stevanin e Ferretti si avvicinano allamedia della serie A, mentre Furlan è in assoluto il più veloce: a livelloatletico è esplosivo, nei 15 metri hauno scatto ragguardevole”.Ora il Bassano ha innestato la marciagiusta posizionandosi stabilmentenelle zone di vertice della classifica: “Abbiamo valori importanti per lacategoria. Delle avversarie mi sonopiaciute indubbiamente la Pro Patriae il Savona, anche il Renate mi è parsauna squadra molto compatta e solida:in parte pure l’Alessandria. E’ bellovedere giocare squadre come l’attualeJuve di Antonio Conte. Specifico chenon sono juventino, anzi da bambinoero milanista, ma la Juve mi piaceperché si vede che alle spalle è statofatto un lavoro importante. E’ belloammirare undici calciatori che corronocon quell’intensità; magari non sonocampionissimi, ma giocano di squadraa livelli elevati. Marchisio è l’esempiopiù calzante di giocatore che si metteal servizio del gruppo”.

Non c’è che dire. Il senso della concretezza applicata al lavoro e ai valori non mancano adAlessandro. Sono gli stessi tramandatidella nostra vecchia gente veneta, chetanta strada ha fatto nel mondo. La farà anche lui, c’è da scommetterci.

In alto, Alessandro Dal Monte, preparatore tecnico del Bassano Virtus.ESSE • 19

Alessandro Dal Monte, valori e concretezza al Bassano Virtus

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Testo di Anna Camonico - Fotografie di Mario Camonico

MENS SANA

1 - 2 - 3) Alcuni esercizi di allungamento dei muscoli antigravitari.4 - 5) Un esercizio di respirazione addominale.

La vita di ogni giorno, lo stress, i traumi,i diversi tipi di attività impongono ainostri muscoli una continua tensione che, nel tempo, sfocia nella perdita dilunghezza degli stessi con una conse-guente rigidità articolare.Da qui nasce il desiderio istintivo, daparte del corpo, di stirarsi soprattutto almattino e “sgranchire” le articolazioni.E’ questo uno dei motivi che porta moltepersone a frequentare le palestre e aiscriversi a specifici corsi di ginnastica

punta dei piedi alla nuca. In questo casosi agisce proprio sui distretti muscolariresponsabili di posture scorrette, algie,alterata percezione del corpo o scarsirendimenti sportivi. Ogni trauma odolore che l’organismo accusa innescaun sistema di “compenso antalgico”,attivato al fine di non soffrire e poterecontinuare ad agire in base alle proprieesigenze. Se tale difesa persiste nel tempo,tuttavia, le tensioni muscolari (createallo scopo di evitare il dolore) rischianodi fissarsi e divenire irreversibili; tensioniche si possono fortunatamente superare,a patto che il soggetto riesca a rilassarsi.

E’ inoltre da sottolineare come un dolo-re muscolo-articolare che si manifestain un determinato punto del corpo abbiaspesso origine in altre parti (anchemolto lontane). Poiché i singoli muscolirappresentano gli anelli di un’interacatena, bisogna tener conto di ogni segmento corporeo del soggetto. E’ fondamentale l’uso del muscolo dia-framma che, interagendo con la colonnavertebrale attraverso le sue inserzioni,può deformare la gabbia toracica e coin-volgere pure le spalle e la zona cervicalese è bloccato. Per tale motivo è indi-spensabile sbloccarlo attraverso un’a-deguata ginnastica respiratoria, correg-gendo l’accentuazione delle curve fisio-logiche della colonna stessa ed evitandocompensi. Naturalmente solo una seria eattenta indagine posturale può suggerireuna mirata azione di riequilibrio globalee la successiva regressione del dolore.In conclusione, per migliorare la posturae ridare corrette informazioni proprio-cettive al corpo, si deve usare la respi-razione addominale, eseguendo esercizid’allungamento globale mirati ai muscoliantigravitari, ma senza compensi.Altrimenti sarebbe come avere una coper-ta corta e cercare di proteggere la partealta del corpo, lasciando fuori i piedi!

PUNTO MOTORIO [email protected]

antalgica, posturale e vertebrale. Perfinoatleti che hanno eseguito esercizi di stret-ching tradizionale per anni, se rimangonoinattivi per poco tempo, vedono ridursiprogressivamente la propria mobilità.

Per evitare tale inconveniente è neces-sario eseguire alcuni esercizi mirati: in particolare quelli che inducono un“allungamento globale decompensato”dei muscoli antigravitari ovvero quellidella catena posteriore del corpo, dalla

ALLUNGATI... FINO AELIMINARE IL DOLORE!

Come mantenere nel tempo una buona mobilità articolare

Ogni trauma o dolore innescato dall’organismo accusa un sistema di “compenso antalgico”...

Françoise Mézières e il suo metodo

Nel 1947 la fisioterapeuta francese Françoise Mézières(1909-1991) insegnava anatomia, fisiologia e ginnasti-ca classica in una scuola di Ortopedia. In occasionedi un’esperienza su una paziente affetta da gravedeformazione nel tratto dorsale della colonna verte-brale, intuì che i numerosi muscoli posteriori si com-portano come un unico grande e forte muscolo, sulquale non può essere effettuato un lavoro segmentariomirato sul singolo tratto. Studiò così un metodo adhoc, basato su “posture di stiramento muscolare attivoche mirano ad allungare nel loro insieme i muscoli anti-

gravitari, i muscoli rotatori interni e i muscoli inspirato-ri, allo scopo di risalire dal sintomo alla causa dellelesioni, di restituire la buona morfologia e, come conse-guenza, di recuperare la funzione” (Philippe Souchard,Ginnastica posturale e tecnica Mézierès. Roma, 1982). Successivamente Philippe Souchard, allievo e colla-boratore dell’illustre posturologa, sottolineò come siaessenziale in tutti gli esercizi di elasticizzazione dellacatena posteriore allineare occipite, regione medio-dorsale e bacino, nonché insistere sull’espirazioneprofonda in tutte le posture. Oggi tale metodo, ancoravalido, è adottato da fisioterapisti e insegnanti specia-lizzati in ginnastica antalgica vertebrale posturale.

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L’INCONTRO

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Nel 2011 ha percorso in solitaria tremilaseicento chilometri di sentieri montani dalla Georgia al Maine

ANDREINO ZONTAIl sergente di ferro che ha conquistato gli Appalachi

Testo di Andrea Minchio - Fotografie: raccolta Andreino Zonta

L’irriducibile thru hiker bassanese ha affrontato -candidamente ma con molta determinazione- impreseche hanno dell’incredibile. E nel 2013, sponsor permettendo, sarà la volta del Pacific Crest Trail...

Dall’alpinista Carlo Zonta, incontratonel numero di giugno, abbiamo appresocome sia indispensabile coniugare lagrande passione per la montagna con unapproccio ragionato. Governare cioèl’ardore e l’entusiasmo, necessari peraffrontare imprese destinate a rimanerenella storia, con la forza della mente:avere insomma la capacità di calcolareil rischio non lasciando mai nulla alcaso e, allo stesso tempo, manteneresempre vivo il desiderio di sognare.Forse, nel caso specifico, è anche unaquestione di Dna o, più semplicemente,un denominatore comune della gente diAngarano: la storia di Andreino Zonta,infaticabile e sorprendente fratello diCarlo, sembra proprio confermareentrambe queste audaci ipotesi.

Classe 1940 e socio CAI d’antica data,Andreino Zonta (il diminuitivo, oggifuorviante, è un retaggio dell’infanzia)è infatti un impareggiabile “thru hiker”appartenendo di fatto alla categoriadei grandi camminatori: atleti che simisurano sulle lunghissime distanze,percorrendo in modo continuativomigliaia e migliaia di chilometri.

“Da ragazzo -ci racconta- ho praticatoanch’io l’alpinismo. Potevo contare sullagrande abilità di Carlo, con il quale hoscalato alcune importanti vette delleDolomiti. Ricordo in particolare l’aper-tura di una bella via sulla Pala Canali,che tra noi abbiamo poi scherzosamentedenominato Zonta/Zonta. Quella dellaroccia, però, è stata per me un’espe-

Sopra, la targa in bronzo posta sulla cima dello Springer Mountain, punto di partenza dell’Appalachian Trail.Pagina a fianco, Andreino Zonta, il “thru hiker” bassanese conosciuto negli Stati Uniti come “Iron Sergeant”(significativo retaggio del grado militare ricoperto durante il servizio di leva negli Alpini).

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In queste pagine, alcune emblematiche immagini colte da Andreino Zonta in occasione della sua ardimentosa sfidaall’Appalachian Trail: un’impresa coronata da pieno successo, come testimonia il “Certificate of Congratulations”rilasciato dall’ente preposto alla tutela del lunghissimo itinerario.

L’INCONTRO

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rienza compiuta: nel 1968, infatti,sono emigrato in Canada, dove ho trovato impiego come attrezzista inun’azienda specializzata nella produ-zione di gruppi frenanti per camion.Alla sera frequentavo i corsi d’ingleseper stranieri; durante una lezione l’insegnante ci chiese di sintetizzare inuna parola l’aspirazione della nostravita. Non ci pensai un attimo, fu unafolgorazione che stupì prima di tuttiproprio me, un anelito improvviso einaspettato. Dissi semplicemente scout”.

Già scout, un vocabolo che in italianopossiamo tradurre con esploratore.Questo era dunque il desiderio nonancora confessato di Andreino Zonta:

l’emozione del viaggio e dell’avventurala scoperta di territori sconosciuti, laconquista -fisica e mentale- di nuoveesperienze e nuovi mondi. Evocatrice diimprese fantastiche, scout suonò per luiquasi come una parola magica, il vati-cinio per un intrepido futuro che -primao poi- si sarebbe dovuto avverare.“Accantonai quell’espressione per unatrentina d’anni in qualche reconditorecesso della memoria senza tuttaviadimenticarla. Nel Duemila, quandoandai in pensione, le aspirazioni dellagioventù tornarono prepotentemente agalla. Così, a sessant’anni suonati, cominciai a partecipare ad alcunitrekking proposti da agenzie specializzatenell’organizzazione di grandi raid.

Partii proprio dal sogno: la California”.

Impossibile non rispolverare la celebre canzone di The Mamas & the Papas,sorta di colonna sonora del romantico“avventuriero” bassanese alle presecon i luoghi mitici del golden State:deserti, montagne, parchi naturali,canaloni, precipizi... All’inizio della sua seconda vitaAndreino Zonta, giusto per gradire,scalò El Capitan e l’Half Dome, siinoltrò nel Grand Canyon e percorse laValle della Morte. Insomma un antipastotanto leggendario quanto propedeuticoalle gesta successive; che, naturalmente,non tardarono a giungere.“Nel 2002 -prosegue Andreino Zonta-

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Springer Mountain (GEO

RGIA)

Mount Katahdin (MAINE)

Springer Mountain (GEO

RGIA)

Mount Katahdin (MAINE)

La cartografia del percorso: tremilaseicento chilometri attraverso quattordici Stati, dalla Georgia al Maine. Trai “compagni” di viaggio del sergente di ferro, anche orsi, alci e serpenti a sonagli...

ho avuto modo di compiere, assieme adamici della sottosezione CAI di Valstagna,la traversata dei Lagorai. Un classicotour dell’escursionismo montano, daPasso Rolle a Levico in una settimana,caratterizzato dal profilo altimetricoestremamente vario (ricco di dislivelli e difficoltà). In quella circostanza, unaspecie di prova generale, ho compresoche avrei potuto fronteggiare con unacerta facilità impegni più gravosi. Così,curandone in proprio l’organizzazione(fondamentale la conoscenza dell’ingleseper studiare dettagliamente le guide e la cartografia), l’anno successivo hocompiuto la traversata da nord a suddella Nuova Zelanda: ventiquattro giornidi cammino e oltre mille chilometri,percorsi in compagnia di mia moglieLoredana. Una bella soddisfazione!”.

Nel 2004 è stata la volta del Camino deSantiago, con partenza da Saint JeanPied de Port in Francia: una tratta di

ottocento chilometri, poi allungata daldesiderio di una passeggiata supple-mentare fino a Finisterre, sull’Atlantico(in totale un migliaio di chilometri).Si dice che l’appetito vien mangiando:infatti, poco meno di un anno dopo,Andreino e Loredana hanno “attaccato”la Via de la Plata, camminando inin-terrottamente per una quarantina digiorni da Siviglia a Santiago e, da qui,ancora a Finisterre. L’impresa successiva, autentico vantodel camminatore bassanese, ne rivelaanche la fantasia: si tratta del percorsoSiviglia-Roma, risultato del concatena-mento di quattro classici itinerari deipellegrini in Europa: il cammino porto-ghese, il cammino francese di Santiago(in senso inverso), la Via Domizia(dai Pirenei al Monginevro) e la ViaFrancigena (nel tratto compreso fra ilMonginevro e Roma). Quattromila chilometri in 132 giorni, molti dei qualitrascorsi in totale solitudine.

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ESSE • 26Andreino Zonta in alcune fotografie giovanili: impegnato nella scalata diimportanti vette dolomitiche e, emigrante in Australia a meno di vent’anni,al lavoro nelle piantagioni della canna da zucchero.

L’INCONTRO

“E’ stata la prova generale per il miocapolavoro: l’Appalachian Trail negliUSA. Si tratta di un sentiero leggendarioche si snoda lungo la costa orientale,dalla Georgia al Maine, inoltrandosinella catena degli Appalachi e attraver-sando la bellezza di quattordici Stati. Un itinerario particolarmente difficoltosotanto per i dislivelli che include quantoper la quasi totale assenza di strutturericettive. Senza contare il rischio costi-tuito dalla presenza di animali perico-losi, quali orsi e serpenti a sonagli.Tremilaseicento chilometri, portati inte-ramente a termine nel 2011, che mi sonovalsi il Certificate of Congratulationsda parte del prestigioso ente di tutela.Nell’attestato figura anche il trail name,retaggio del mio grado durante il serviziodi leva negli Alpini: Iron Sergeant.Così sono conosciuto negli USA, cosìmi chiamano i colleghi camminatori, imitici thru hiker americani, dai qualiho ricevuto numerose dimostrazioni distima e amicizia”.

Nel 2012 il “sergente di ferro” si èdedicato al Deserto Roccioso australiano,percorrendo una parte del LarapintaTrail, che serpeggia per oltre duecentochilometri lungo il crinale dei WestMacDonnell Ranges, da Alice Springsfino a Mount Sonder: un sentiero percamminatori provetti ed esperti cheattraversa alcune fra le più antiche zonedella terra, ricche di quasi seicentodiverse specie botaniche (classificatodal National Geographic tra i primiventi itinerari di trekking al mondo).Pochissimi mesi fa, ad agosto, Andreinoe suo figlio Alberto (qualis pater, talisfilius) hanno affrontato la Via Francigenada Canterbury a Roma: un’autostradaeuropea ante litteram inaugurata dadall’arcivescovo inglese Sigerico, che nel994 si recò nella città eterna per riceverel’investitura papale (annotando nel suodiario, poi divenuto un’ottima guidaper i pellegrini, le ottanta tappe in cuiaveva suddiviso il viaggio).Fondamentale, ci spiega infine il thruhiker, la preparazione: fisica, mentalee culturale. Prima di affrontare impresedi questa portata è indispensabile studiare nei minimi dettagli il percorso,

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In alto, a sinistra, Andreino Zonta con la moglie Loredana e il figlio Alberto nella Translagorai. Alcuni indimenticabili scenari dell’Applachian Trail rimasti indelebilmente impressi nel cuore del’avventurosoesploratore bassanese.

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munirsi di guide adeguate, consultare in Internet il maggior numero di siti possibile. L’ignoranza non è ammessa,perché potrebbe rivelarsi fatale.Necessario, ovviamente, un equipag-giamento performante: dagli scarponiagli indumenti (tecnici e leggeri), allozaino (con il quale portare circa 20/25chili per 10/12 ore al giorno) e allatenda. Utilissimo pure un bag fooda tenuta stagna, nel quale conservareviveri per almeno una decina di giorni:nelle sue pellegrinazioni sugli AppalachiAndreino era costretto ad appenderlosugli alberi (“a quattro metri da terra,su rami non troppo grossi”), per tute-lare il rancio dai furti di orsi e procioni.Dulcis in fundo, l’esperienza. Meglioinfatti avvicinarsi a questa disciplinagiovandosi della compagnia di chi hagià macinato qualche migliaio di chilo-metri e conosce “la materia”, non

dimenticando mai di mettere nellozaino una selezione di farmaci di base(se disgraziatamente ci si ammala,bisogna sapersi curare da soli).Un pizzico di sana incoscienza, infine,non guasta mai, soprattutto dai set-tant’anni in su...“Camminando per mezzo mondo -conclude Andreino Zonta- ho appresodavvero molte cose. Esperienze mera-vigliose che insegnano a non arrendersimai, a provare cimenti sempre nuovi,a salire di volta in volta di uno scalino(in barba all’età). Nel 2013, infatti,intendo affrontare il Pacific Crest Trail,4.288 chilometri dal Messico al Canadaparallelamente alla costa dell’OceanoPacifico. Un itinerario che inizia pressoSan Diego (California), scavalca innu-merevoli catene montuose (fra le qualila Sierra Nevada), attraversa alcunideserti e termina a Manning Park, nella

British Columbia. Le difficoltà dunquenon mancano. Soprattutto se si consi-dera che è possibile rifornirsi solo ognicentocinquanta miglia è che i pernotta-menti saranno tutti in tenda: lungo ilpercorso non ci sono infatti gli shelter, piccole e rudimentali costruzioni inlegno (chiuse su tre lati e aperte sulquarto) che invece fungono da ricoveronell’Appalachian. E poi, problema nontrascurabile, dovrò trovare i necessarifinanziamenti. Speriamo bene...”.

Dal canto nostro abbiamo la certezzache l’iron sergeant bassanese vinceràanche questa nuova sfida.Già, perché conosciamo il segreto delsuo successo. Nel corso di una cena, a casa di suo fratello Carlo, ce lo hacandidamente rivelato: in fin dei continon si tratta che di “compiere un passodopo l’altro!”.

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FELLOWSHIP

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SFIDA IN BICICLETTA(con vista sull’Egeo)

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Testo di Antonio Finco - Fotografie: Marilisa Scremin

Lo scorso ottobre si è svolto a Creta il World Press Cycling Championship,Campionato del Mondo di Ciclismo della Stampa. Antonio Finco, professionistabassanese e nostro collaboratore, era fra i concorrenti...

In queste pagine, alcune emblematiche immagini della trasferta agonistica di Antonio Finco, giornalista bassaneseimpegnato a Creta nel World Press Cycling Championship.Nella foto in alto a destra, Antonio Finco posa con il belga Erwin De Clercq e l’olandese Harry Ruiterkamp.

Il World Press Cycling Championship,ovvero il Campionato del Mondo diCiclismo della Stampa, si è svolto dal 19al 21 ottobre scorso a Rethymno nellasplendida isola di Creta. Chi pensava a una gara dedicata a giornalisti pelati,con i rotoli di grasso della pancetta chestrabordano dalle magliette tecniche, hadovuto ricredersi: il livello è molto alto,anche per cicloamatori ben allenati eperformanti. Per il sottoscritto era la prima esperienza.Ben mi aveva avvisato il bologneseRoberto Ronchi, nostro capo delegazione,che si è occupato dell’organizzazione:“Ci sarà gente che di mestiere fa il ciclistae di hobby il giornalista”. Spero di non sfigurare troppo, ma sonocerto che la sfida sia oltremodo affasci-nante. E lo sarà. Innanzitutto vestiamola divisa azzurra fornita dall’UCI e dallaCastelli, un onore non da poco e ancheuna responsabilità perché noi italiani,generalmente molto disincantati suivalori della bandiera e del patriottismo,quando si tratta di sport cambiamo pellee ci sentiamo l’inno di Mameli dentro. E poi perché comunque si tratta di una festa, di una settimana dedicata alciclismo, alla scoperta di una splendidacittadina come Rethymno, e alla possi-bilità di fare conoscenze con colleghi didiciotto diversi Paesi, uniti dalla stessaviva passione: le due ruote. Bello, come è bella l’atmosfera, come è straordinaria la condizione meteo:temperatura che di giorno sfiora i trentagradi, poca umidità, poche nuvole, acquapiacevolissima per un bagno in spiaggiaanche al tramonto, pochissimi turisti.L’ottobrata di Creta è davvero fantastica,tanto da farti venire voglia di tornare.E poi la gente locale, molto accogliente,con l’evento sportivo che regala una

L’evento sportivo, di alto livello agonistico, ha registrato la presenza di giornalisti giunti da diciotto Paesi.

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settimana diversa, bici che sfreccianoovunque, bandiere, colori in sovrab-bondanza con quelli greci bianco-azzurria farla da padroni. In fin dei conti pureper loro è una piccola sfida: dimostrareche, nonostante la devastante crisi eco-nomica, il popolo ellenico è in grado direagire, di trovare nuove risorse, nuoveiniziative turistiche. Così la calata digiornalisti di mezza Europa è vista comela manna dal cielo, una vetrina impor-tante per un futuro incerto. Le “cycling routes”, strade per il ciclismofuori-stagione che il clima favorevolebenedice, non sono bellissime (l’asfaltomolto spesso lascia a desiderare), ma ipanorami sono mozzafiato. I percorsi si inerpicano e attraversano le colline e le campagne tra alberi di ulivo (qui

molti ristoratori si dedicano in invernoalla raccolta di olive e alla produzionedi un fine olio extravergine dai saporimediterranei), aranci, platani e castagni.Si ha la possibilità di visitare splendidimonasteri, attorno ai quali regna unsilenzio baciato dal vento del mare, epiccoli villaggi dell’entroterra comePangalochori e Viran Episkopi, dove iltempo sembra essersi fermato.Rethymno è una cittadina universitariamolto vivace, con tantissimi giovani chenelle serate invadono i music-bar dellungomare, con un porto veneziano e lepittoresche viuzze del centro sospese traEuropa e Oriente, con chiari i segni deldominio ottomano (una meravigliosa loggia veneziana del XVI secolo è statapoi trasformata in moschea).

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FELLOWSHIP

In attesa delle gare ci si allena, ma senzaforzare troppo: rapporti agili, massimosessanta chilometri al giorno. Mio figlioOrazio (due anni e mezzo) se la spassa inspiaggia tra secchielli e palette control-lato a vista da mamma Marilisa, mentreil nostro gruppo suda perlustrando ipercorsi delle competizioni. Ci accompagna un ciclista ex-professio-nista, il tedesco Steffen Wesemann, chenella sua carriera ha vinto la bellezza di47 gare e il Giro delle Fiandre nel 2004;gran fisico, due gambe grosse di cementoarmato, anche se ora appensantito daqualche birra di troppo. In inglese ci dàqualche consiglio su come affrontare ilpercorso della cronometro, ci spiega irischi del vento che viene dal mare el’importanza di essere sempre pronti alleinsidie dell’asfalto irregolare. Le weatherforecast di Creta danno irregolaritànuvolosa proprio per il sabato della gara.Speriamo non piova. Non pioverà.Intanto stringo amicizia con i colleghiitaliani, più giovani o meno; del resto laclassifica sarà stilata per categorie: siva dalla M1 degli “sbarbati” fino allaM4 dei “veterani”. Io sono tesserato comeM3 ovvero faccio parte dei “gentleman”,modo elegante per dichiarare la mezza età.Alla sera all’Hotel Pearl Aegean, dopocena come una vera squadra in ritiropre-competizione, ci scambiano tattichee pronostici. “Nella corsa su strada dobbiamo stare coperti, mai prendereiniziative pericolose, perché partirannoforte”: mi dice Eugenio Capodacqua,firma storica di Repubblica alla suaquarta partecipazione a un Mondiale. “Attento a quel tedesco”, mi dice l’av-vocato Pasqualin, medaglia di bronzosu strada un anno fa a Gabicce a Mare.Quale tedesco? “Quello”, risponde indi-candomi un signore canuto e smilzo chein vestiti borghesi sembra un pensionatodi Monaco di Baviera. Scoprirò che è unasorta di fenomeno. Si chiama GerhardHack, ha 59 anni e l’anno scorso habattuto “nientepopòdimenoche” Moser,dico Francesco Moser, a cronometro.Mi metto l’animo in pace, ma tanto non

ho cullato sogni di podio. Dopo cinque giorni di studio e attesaarriva la gara a cronometro, diciassettechilometri pianeggianti sul lungomareavanti e indietro. Per me la prima voltadi una gara contro il tempo. Diciassettechilometri piatti possono essere unapiacevole passeggiata di salute oppureun inferno, dipende da come li affronti.Per me sono stati un inferno. La gentelungo la strada incita, ma la sento e nonla vedo. Testa bassa sul manubrio acontrollare frequenza cardiaca e velocità,con rapporti duri, anche se subito nondurissimi. “Controlla la RPM (RitmoPedalata Media) per decidere il rapportoda usare”, mi aveva suggerito GrazianoCalovi, giornalista di una TV trentina,iridato nel mondiale di Gabicce ed exdilettante nella squadra Car Supermercaticon Gilberto Simoni.Parto alle 14 e 40, a distanza di un minu-to da un greco dal nome impronunciabile,lo vedo, lo raggiungo, lo supero, lo rivedoscendere dalla bicletta e ritirarsi.Sono andato forte io o troppo piano lui?Saperlo... Gli occhi mi bruciano dalsudore che mi cala dalla fronte, le gambemi bruciano dallo sforzo muscolare.Sembra non finire mai: taglio il tra-guardo con un tempo di 18 minuti e 14secondi; non so se ho fatto bene o male,non ho idea, ho solo la certezza di averfatto una gran fatica. Lo speaker annun-cia che sono sesto della mia categoria, a 1’21 dalla Medaglia d’oro, l’olandeseKarel Verdonschot, e a 32 secondi dallaMedaglia di bronzo, il greco Panagiotis.Sono moderatamente soddisfatto, comedicono i politici dopo il risultato di ele-zioni che non li hanno visti vincere manemmeno soccombere. Nella classificaassoluta (e degli M1) vince il franceseCristophe Moec, con una media di 47chilometri all’ora. Pazzesco. Se qualcunodi voi pratica il ciclismo amatoriale sacosa significa una media del genere, siapure su un circuito piatto. Alla sera,dopo un piatto maxi di pasta (in questeoccasioni serve il carboidrato per recu-perare un minimo di energie), faccio

fatica ad addormentarmi: ripenso allagara fatta e a quella del giorno successivo,la prestigiosa corsa su strada, sessanta-cinque chilometri per un circuito ditrentadue e mezzo da ripetere due volte;ma con saliscendi spezza ritmo, spezzafiato e la previsione di vento contrario.Prima di volare a Creta l’amico CheccoFontana, esperto ciclista e interprete divalore dei circuiti locali Udace, mi avevaraccomandato: “Nel ciclismo primabisogna mangiare nel piatto degli altri, poinel tuo”, il che significa mai esporsi,stare a ruota vuol dire fare il trenta percento in meno di fatica. Una parola.Pronti via! Un gruppo, con un paio diitaliani, diversi olandesi e belgi, duefrancesi, due russi, e quattro greci schizzavia a cinquanta chilometri all’ora. Fraloro almeno quattro o cinque fanno partedella mia categoria; se mollo significaaver già perso tutto in partenza. Tengo, mi metto a ruota del russo Medved,che so essere più o meno al mio livello,e non demordo. Gli osservo le gambe.vedo che girano e non oso far altro chetenere, nascosto come mi ha ripetutoChecco. Nascosto in mezzo a questogruppo di pazzi scatenati. Mi domandoper quanto continueranno con ‘sti ritmi?Dopo otto chilometri, ai piedi della primasalita, la mia media è di 46,5 all’ora, ilmio cuore schizza a 165 battiti. Resisto,in salita ho tenuta, mi sono allenato suè giù da Bassano a Rubbio per mesi.Questa in confronto è una salitina.Peccato che il diavolo ci metta la coda.Sento la ruota posteriore calare di pres-sione. Spero sia solo una sensazione.No, ho forato, alzo il braccio, arrivasubito l’assistenza ma gli altri se ne vanno.Perdo quei trenta secondi fatali chenon recupererò più. Mi raggiunge ungruppo che stava dietro; mi rassegno afinire con loro, anche perché la delusionee la rabbia mi hanno segnato il morale.Poi penso che va bene così, comunque,l’importante è arrivare in fondo, gustarsimetro dopo metro la bellissima espe-rienza. Respiro l’aria che arriva dalmare, saluto la gente lungo le strade cheapprezza i colori italiani, mi diverto, misento bene. Sarò ottavo di categoria.Vince il solito olandese con la prestigiosamaglia Orange. A pranzo, dopo le pre-miazioni, mi infilo con Marilisa e babyOrazio nella taverna bianco e azzurrasul porto che tanto mi è piaciuta: cucinacasalinga, pesce fresco, buon vino bianco,amicizia e brindisi. Il prossimo settembre siripete a Maiorca, Dio permettendo ci sarò.

Il gruppo dei concorrenti italiani a Creta: Antonio Finco è il secondo da sinistra.

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FOCUSTesto di Elena Trivini Bellini - Foto: Team in RosaServizio publiredazionale a cura di Editrice Artistica Bassano

Coniugare l’insegnamento della disciplina con il divertimento, assegnando al momentodel gioco una complementare funzione di riequilibrio: è questo, oltre a una naturalepredisposizione verso i più piccoli, il suo vero punto di forza...

Dallo scorso dicembre, sulle nevi del Passo Brocon,opera un gruppo di otto maestre che si dedicano ai bambiniall’insegna del motto “Ski and Smile”

TEAM IN ROSALa creatività femminile sulle piste da sci

Otto dinamiche amiche, animate da grandepassione per lo sci e il mondo della neve,hanno recentemente lanciato una sfidaimportante e per certi versi provocatoria:tutte maestre, cresciute fin da piccole nell’ambiente agonistico, hanno infatticostituito un particolare gruppo, il Team in Rosa, con il chiaro proposito diinsegnare ai bambini la pratica del loro

sport secondo una logica nuova e inparte rivoluzionaria. Di cosa si tratta? Lo chiediamo a Lelio Passuello, da sempregrande appassionato di sci nonché titolare di Trade Off, attrezzato negoziodi articoli sportivi in quel di Schiavon.Unico maschio nell’organico del direttivo,è proprio lui l’ideologo del gruppo.“Ormai da lunghi anni -ci spiega- conosco

l’ambiente dello sci e le sue dinamiche.Potendo inoltre vantare un’approfonditaconoscenza delle metodologie adottatenell’organizzazione e nello svolgimentodei corsi (organizzati anche da molterealtà sportive del nostro territorio), mi sono fatto una certa idea: quella, cioè, che le donne siano più portate deicolleghi maschi, per la loro stessa natura,

In queste pagine, le maestre di sci del Team in Rosa con i loro giovanissimi allievi sulle nevi del Passo Brocon.

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all’insegnamento dello sci ai bambini. Unaconsiderazione, solo in apparenza banale,che mi ha portato a concepire un progettovero e proprio, sul quale ho poi desideratoconfrontarmi nientemeno che con i verticidi Nordica. Fortunatamente la risposta di Arianna Colombari, responsabilemarketing dell’azienda, è stata positiva.Il passo successivo, dopo avere coinvolto

nella partnership altri due importantimarchi (Shred, che produce caschi da sci,e Icepeak, realtà finlandese specializzatanell’abbigliamento tecnico), è stato quellodi agganciare Lucia Scuccato, maestra disci bassanese in attività da molti anni.Grazie a lei è stato finalmente possibileindividuare le ragazze che avrebberodato vita, nel settembre dello scorso anno,

a una bellissima realtà: il Team in Rosa”.

Ski and Smile, è questa la formula magicaconiata dalle maestre, a connotare subitouna precisa caratterizzazione didattica.Ma procediamo con ordine e sentiamo,proprio da Lucia Scuccato, come si ècostituito il gruppo: “Coniugare l’appren-dimento di una disciplina sportiva con il

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FOCUS

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divertimento, assegnando al momentoludico una funzione importante: proprioquesto obiettivo, ambizioso e ampiamentecondiviso, ha fatto da legante riunendosotto un’unica bandiera un gruppo diamiche e colleghe. Fatalità, nel maggiodel 2012 il Collegio dei Maestri di Sci del Veneto aveva sfornato quattro nuoveinsegnanti, tutte provenienti dal territorio bassanese: metterle al corrente del progetto, affiancandole in questo modoad alcune veterane, è stata davvero questione di un attimo...”.

Affiatate da molte esperienze agonistiche(in ambito Fisi, Fie e addirittura Fis) edidattiche comuni, le maestre del Teamin Rosa hanno così messo a punto un programma, alternativo alle propostetradizionali, nel quale il gioco e i valoritipici della montagna si bilanciano all’insegna dell’armonia e dell’equilibrio.Lucia Scuccato, Francesca Cantele, AnnaCostacurta, Anna Marzarotto, AnnaReginato, Laura Scuccato e MartinaScuccato per lo sci e Martina Munari perlo snowboard: sono queste le “magnifiche

otto” che, mettendosi a disposizione degli sci club del territorio, dallo scorsodicembre hanno avviato un corso ad hoc,fermamente intenzionate ad appassionaregradatamente allo sci bambini in età daitre anni in su. “Dopo un’efficace azione promozionale-prosegue Lucia Scuccato- in alcuni centricommerciali e presso gli impianti diPasso Brocon (dove teniamo i corsi), ilgrande lavoro di preparazione è sfociatonell’attività didattica vera e propria.Dapprima i tre week-end di dicembre,

Lucia Scuccato Anna Costacurta Anna ReginatoLaura Scuccato

Martina Scuccato

Martina MunariFrancesca Cantele Anna Marzarotto

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poi i quattro fine settimana di gennaio:devo confessare che i risultati sono statimolto superiori alle aspettative, tanto in termini di partecipazione quanto inrelazione alla qualità dei rapporti con ibambini, con i genitori e con le colleghe. Con quest’ultime, in particolare, si ècreato uno spirito di corpo assolutamentepositivo: ci siamo scambiate esperienze emotivazioni, cementando la nostra unione.Sono però soprattutto i bambini a regalarele soddisfazioni più grandi: con gli occhispalancati si affidano a noi fiduciosi,

pronti a mettere in pratica insegnamentie consigli (in qualche caso si tratta diragazzini che vedono per la prima volta laneve). Un piccolo successo, confermatoanche dal fatto che ci è stato chiesto diproseguire con i corsi anche a febbraio emarzo, sempre al sabato e alla domenica,al mattino come al pomeriggio. A quantisi aggiungeranno alla nostra schiera (e ailoro genitori) posso anticipare che per noiogni allievo -a prescindere dai risultati-sarà un vincitore: l’importante è infattidare il massimo di ciò che si sa fare”.

TEAM IN ROSACorsi di sci e snowboardper bambini e ragazziIscrizioniPresso il negozio Trade OffSchiavon (VI) via Roma, 34Tel. 0444 466964oppure all’indirizzo [email protected]/teaminrosa

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Testo di Aldo Primon e Giuseppe Parolin - Fotografie: raccolta Marisa Tottene

MARISA TOTTENE

“Storica” segretaria del Panathlon bassanese ha dedicato tutta la sua vita allo sport

SopraMarisa Tottene, al centro,durante un’escursione sullacelebre ferrata delle Trinceenei primi anni Ottanta.Sono con lei, il marito Duilio(a destra), il figlio Ettore (a sinistra) e alcuni amici.

A fiancoMarisa Tottene, oggi: unadonna sportiva e dinamica,che non rinuncia all’eleganzae alla femminilità.

Pagina a fianco, la panathleta bassanese a Sestriere, all’inizio degli anni Settanta, impegnata in una gara nazionale FIE.

Marisa Tottene è la segretaria “storica”del Panathlon Club di Bassano: dal 1998ha affiancato infatti tutti i presidentisuccedutisi alla guida del sodalizio sem-pre profondendo, con grande generosità,tempo, impegno, energie e passione.Da autentica bassanese, Marisa Totteneama la montagna e le diverse discipline,estive e invernali, che le sono proprie.Insegnante elementare, ha costantementepromosso e diffuso nella scuola l’attivitàmotoria, mettendo in pratica il mottolatino mens sana in corpore sano e insegnando ai suoi alunni soprattutto il rispetto delle regole e dei compagni, il significato profondo della collaborazionee dell’aiuto nei confronti di chi si trovain difficoltà; non ultimo, il valore dellosport, inteso pure come momento ludicoe socializzante.Naturale, quindi, la curiosità di cono-scere da vicino la sua storia personale,in particolar modo quella legata allepratiche sportive...

“Posso dire -ci racconta- di avere respi-rato aria di sport fin da bambina: miopadre Giovanni, ex giocatore di calcio,per molti anni ha anche allenato variesquadre giovanili; mia mamma Caterinaera solita raccontare -come fosserodelle fiabe- le sue escursioni da ragazzasull’Altopiano di Asiago. Mio fratelloClaudio, infine, militava con successonella squadra di pallacanestro del

Patronato San Giuseppe”.Inevitabile per Marisa sottrarsi a unasorta di contagio, impossibile resistereal richiamo dello sport che, inizialmente,si è materializzato nella pallacanestro... “Ho cominciato a giocare nella palestradi via Beata Giovanna: un’esperienzaappassionante, ma purtroppo moltobreve. Frequentavo l’Istituto SacroCuore, infatti, quando la mamma venne

Assieme ad alcuni colleghi ha dato vita nella nostra città ai Giochi della Gioventù,divenuti nel tempo un appuntamento annuale irrinunciabile: un evento che segue ancoraoggi con grande passione ed entusiasmo...

fra impegno agonisticoed elevati ideali educativi

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Marisa Tottene, appassionata organizzatrice, in occasione di una delle molte edizioni dei Giochi della Gioventùin Prato Santa Caterina a Bassano.ESSE • 38

inaspettatamente convocata dalla presideper una questione molto seria: non era ilcaso -così le fu detto- che una ragazzinasi presentasse in un luogo pubblico coni pantaloncini corti. Soprattutto in uncontesto nel quale la presenza maschileera abituale”.L’improvvisa interruzione della sua“scandalosa” avventura cestistica, maldigerita dalla mentalità degli ambientibacchettoni di quell’epoca, non impedìa Marisa di intraprendere altre strade;nonostante lo scoramento e la delusioneche un simile atteggiamento aveva pro-vocato nella ragazzina.

“Certo il dispiacere fu grande... manon mi persi d’animo. Fortunatamentele opportunità non mancavano: sci,pallavolo, atletica, tennis e le amatepasseggiate in montagna. Il mio amoreper lo sport si è concretizzato attraversola pratica di diverse discipline; anchese -devo ammetterlo- quella iniziata perprima è anche stata sempre la più amata,quella a cui ho dedicato più tempo edenergie e dalla quale ho ricevuto davveromolto. Naturalmente mi riferisco allo sci”.Un’avventura il cui esordio è avvenutosulle nevi dell’Altopiano con gli sci dilegno e gli attacchi a levetta...“La gran parte delle piste non venivabattuta. Solo ad alcune discese erariservato tale privilegio: in questo casosi utilizzava un rullo, composto da stec-che di legno e governato da due personeche scendevano a spazzaneve, unadavanti e l’altra dietro. Molto più spes-so, però, le piste venivano battute daglistessi sciatori, che risalivano il pendio ascaletta. Col tempo entrarono in fun-zione i gatti delle nevi o battipista mec-canici e le cose cambiarono radicalmen-te: anche l’approccio all’attività agoni-stica divenne più serio e impegnativo.Assieme a Duilio, mio marito, entrai afar parte del neo costituito GSA MonteGrappa, che in breve divenne uno sciclub molto frequentato. Ogni domenicaeravamo impegnati a gareggiare sullepiste del Vicentino, del Veronese, delBellunese. Il gruppo era molto forte e i trofei portati a casa erano di volta involta più numerosi, sia individuali siadi squadra, tanto da suscitare l’invidiadei club con i quali ci confrontavamo.Il 1971 è stato l’anno più intenso, che

mi ha portato, a fine stagione, a vincereil campionato regionale FIE.Abbandonata l’attività agonistica, ancheperché la famiglia, i figli e il lavoro mitenevano molto occupata, non ho peròlasciato il mondo delle competizioni. Nel1979 ho superato gli esami per diventaregiudice di gara FISI. In questo modo ho potuto rimanere ancora per moltotempo nell’ambiente agonistico e viver-ne le emozioni (sebbene, per così dire,dall’altra parte). Nel 1997 sono statainsignita del distintivo d’argento FISIper la mia attività di giudice di gara”.

Il mondo dello sport e quello della scuola:Marisa Tottene ha travasato molte dellesue esperienze da un ambito all’altro...“Nella scuola ho sempre agito da edu-catrice insegnando ai miei alunni, oltreal gesto sportivo corretto, pure il rispettoper gli altri, la collaborazione, l’appar-tenenza al gruppo, l’aiuto. Verso glianni Ottanta, dopo aver frequentatoalcuni corsi di formazione organizzatidalla Regione Veneto, per un lustro hogirato le scuole del Vicentino aggiornandoi colleghi sulla pratica dell’attività moto-ria da proporre ai bambini secondo idettami dei programmi ministeriali.Era il momento di pensare a qualcosadi concreto. Così, assieme a un paio dicolleghi, ho dato vita nella nostra cittàai Giochi della Gioventù, divenuti neltempo un appuntamento annuale irri-nunciabile: un evento che seguo ancoraoggi e che ogni primavera vede oltre unmigliaio di bambini, appartenenti ai trecircoli didattici bassanesi, cimentarsi in

forma ludica e gioiosa nelle disciplinesportive della corsa, del salto in alto,del mezzofondo, del volley, del basket,della ginnastica e delle arti marziali.Ma anche nei percorsi misti, nel tiroalla fune, nella corsa con i sacchi... E’, insomma, una festa che richiede un grande impegno organizzativo (ci sipreoccupa pure delle condizioni meteo!),ma che regala enormi soddisfazioni.Tanto lavoro, comunque, è stato ufficialmente premiato nel 2002, inoccasione della Festa dello Sport: laCittà, per mano dell’allora assessoreEgidio Torresan, mi ha conferito unamedaglia riconoscendo il mio ruolo instancabile e appassionato”.

Lo sport, come costante di una vita:tuttora Marisa Tottene, nella stagioneestiva, compie lunghe escursioni inmontagna, mentre d’inverno si dedicaalle discese sugli sci ammirando i pano-rami mozzafiato delle Dolomiti. Durantetutto l’arco dell’anno non trascura poidi giocare a tennis con le amiche disempre: “Qualche tempo fa ho ancheorganizzato un piccolo torneo a elimi-nazione con le tenniste di Mühlacker:partite in dieci per la Germania, ci siamodivertite un mondo... anche perché,alla fine, siamo tornate vincitrici”.

Il futuro riserva però un ulterioree gratificante impegno alla dinamicapanathleta bassanese: “Mi dedicherò al mio nipotino Pietro. Vederlo scende-re sicuro su una pista da sci sarà la miavittoria sportiva più entusiasmante”.

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