ESERCIZI PER L’ARTICOLAZIONE VELOCE...Ieri le feci cucinare a Cecilia la vicina, che ha fatto un...

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ESERCIZI PER L’ARTICOLAZIONE VELOCE BLA-BRA-CLA-CRA-GRA-SBRA-SCRA-SDA-SDRA-SFA- SFRA-SGRA-SLA-SRA-SNA-SPA-SPLA-SPRA-STA-STRA- SVA-TRA-GNA-GLI-GLO-GLU Farò incetta di chiavacci, lucchettini, catenacci, serrature, chiavistelli, toppe, chiodi, spranghe, arpioni, non son poi di quei babbioni che si fanno infinocchiare. Chiama gli abitator dell’ombre eterne Il rauco suon della tartarea tromba Treman le spaziose atre caverne L’aer cieco a quel romor rimbomba SCIOGLILINGUA Sopra la panca la capra campa Sotto la panca la capra crepa Trentatre trentini entrarono a Trento Tutti e trentatre trotterellando Tre tigri contro tre tigri tre pigri contro tre pigri Se l’Arcivescovo di Costantinopoli

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ESERCIZI PER L’ARTICOLAZIONE VELOCE

BLA-BRA-CLA-CRA-GRA-SBRA-SCRA-SDA-SDRA-SFA-

SFRA-SGRA-SLA-SRA-SNA-SPA-SPLA-SPRA-STA-STRA-

SVA-TRA-GNA-GLI-GLO-GLU

Farò incetta di chiavacci, lucchettini, catenacci, serrature,

chiavistelli, toppe, chiodi, spranghe, arpioni, non son poi di quei

babbioni che si fanno infinocchiare.

Chiama gli abitator dell’ombre eterne

Il rauco suon della tartarea tromba

Treman le spaziose atre caverne

L’aer cieco a quel romor rimbomba

SCIOGLILINGUA

Sopra la panca la capra campa

Sotto la panca la capra crepa

Trentatre trentini entrarono a Trento

Tutti e trentatre trotterellando

Tre tigri contro tre tigri

tre pigri contro tre pigri

Se l’Arcivescovo di Costantinopoli

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Si disarcivescovocostantinopolizzasse

Vi disarcivescovocostantinopolizzereste voi

come si è disarcivescovocostantinopolizzato

l’Arcivescovo di Costantinopoli?

ESERCIZIO SULLA “C”

Lucia va dal macellaio.

Luciano Cecioni

in via Cacialli, 13, angolo via della Pace, 18.

Voglio 300 grammi di noce e 500 braciole da fare alla brace

dice Lucia con voce veloce.

Per 12, 13, 14, 15 persone, sono sufficienti 16 braciole,

dice Luciano.

Ieri le feci cucinare a Cecilia la vicina, che ha fatto un macello

le ha sbruciacchiate in modo atroce,

dice Lucia,

invece io le cucino speciali.

Ecco 200, 300, 400, 500 lire per Lucio il garzone

che è preciso pacioso e precoce.

ESERCIZIO SULLA “S”

Anselmo il falso andò in Alsazia

Si era persuaso a falsificare il balsamo dell’incenso

così scarso in Pennsylvania.

Colà, gelsi e gelsomini sparsi nella salsedine

snervavano in un fantasmagorico schierarsi pulsando e

snaturando

l’insulso e sregolato snodarsi dei pensieri

sino a renderli insicuri.

Di conseguenza, alzarsi nell’immenso della salsa spiaggia

e pulsare con il pensiero con insolito insulso nonsenso

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sragiona sgretola srotola

il buonsenso e insieme fa scarso il discorso.

SCIOGLILINGUA

Una rana nera e rara sulla rena errò una sera.

In un coppo poco cupo poco pepe pesto cape.

Treno troppo stretto e troppo stracco stracca troppi storpi e

storpia troppo.

Sopra la panca la capra campa sotto la panca la capra crepa.

In una conca nuotano a rilento tre trote, cinque triglie e tinche

cento.

Guglielmo coglie ghiaia dagli scogli, scagliandola fa in mar

mille gorgogli.

Oggi seren non è, doman seren sarà, se non sarà seren si

rasserenerà.

Pipa pesa e pesta il pepe al papa, il papa pesa e pesta il pepe a

Pisa.

Trentatré trentini andarono a Trento tutti e trentatré

trotterellando.

Eccoti un fico secco e risecco, seccato al forno dal vecchio

Cecco.

Tre asini vennero dalla Sardegna carichi di fischi, fiaschi e legna

La ruota rotonda ruotava rovente, restando rasente la rete.

I signori generali regolino i loro orologi.

Sette acciughette se ne stavano strette strette nelle scatolette,

poverette.

Volevo vedere dove viveva Viviana.

Sedendo carponi, cogliendo foglioni, foglioni cogliendo, carponi

sedendo.

Apelle figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo e tutti i

pesci venivano a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta

da Apelle figlio di Apollo.

Tre tozzi di pansecco in tre strette tasche stanno.

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LETTURA DI UN TESTO DISEGNANDO BENE

CON LE LABBRA OGNI LETTERA

La nebbia a gl'irti colli

piovigginando sale,

E sotto il maestrale

Urla e biancheggia il mar;

Ma pér lé vie del borgo

Dal ribollir de' tini

va l'aspro odor dei vini

L'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi

Lo spiedo scoppiettando:

Sta il cacciator fischiando

Su l'uscio a rimirar

Tra le rossastre nubi

Stormi d'uccelli neri,

Cóm'esuli pensieri,

Nél vespero migrar.

DAL GRAVE ALL’ACUTO E VICEVERSA

Nél mèzzo dél cammin di nòstra vita

mi ritrovai pér una sélva oscura

ché la diritta via èra smarrita.

Ahi quanto a dir qual èra è còsa dura

ésta sélva selvaggia e aspra e fòrte

ché nél pensièr rinòva la paura!

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Tant'è amara ché pòco è più mòrte;

ma pér trattar dél bèn ch'i' vi trovai,

dirò dé l'altre còse ch'i' v'hò scòrte.

Io nón sò bèn ridir cóm'i' v'intrai,

tant‘èra pièn di sónno a quél punto

ché la verace via abbandonai.

DOMANDA RETORICA

Che cos’è? È una domanda che già contiene in sé la risposta.

Consiste nel fare una domanda che non rappresenta una vera

richiesta di informazione, ma implica invece una risposta

predeterminata. Ovviamente deve essere fatta con una certa

espressione. Se ti chiedo “Ma chi te l’ha fatto fare?” non voglio

conoscere il nome della persona che ti ha convinto a fare quella

cosa, voglio solo dirti che hai fatto male a farla. Quindi non è

una vera domanda.

Prova con tutta l’espressione che riesci a metterci dentro:

Ma chi té l’ha fatto fare?

Vorrésti farmi crédere ché hai già finito i cómpiti?

Nón c’entrerà mica Luigi in quésta stòria?

Adèsso mi vièni a dire ché hai litigato cón Marcèlla?

Crédi ché sarèi così matto da buttarmi?

A ché gli servirà prèndersela tanto?

Ti pare ché potrèi dargli ragióne?

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E allóra ti sbrighi?

E ORA CHIAMA: “MASSIMILIANO!”

Dovrai chiamarlo modificando la tua pronuncia

del solo nome del tuo amico mettendo dentro

l’espressione di gioia, di tristezza, di rabbia, a

seconda di cosa vorresti dirgli:

1. invitandolo a giocare con te;

2. ordinandogli di ricostruire il castello di

Lego che ti ha distrutto;

3. per mostrargli il povero canarino che hai trovato

morto nella gabbia;

4. per mostrargli lo straordinario regalo che ti ha appena

portato il nonno dall’Australia.

PRONUNCIA OGNUNA DELLE SEGUENTI FRASI

Ti ricòrdi l’ultima vòlta?

Dimmi dov’èri, ièri séra dópo céna

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Lé vocali fòniche sóno sètte

IN MODO:

allegro, triste, arrabbiato, annoiato, spaventato, soddisfatto,

irritato, sconsolato, meravigliato, affettuoso, feroce, solenne,

tenero, ingrugnato.

METTI L’ACCENTO ENFATICO SULLE PAROLE

SOTTOLINEATE

Hò pèrso l’orològio (senso: L’ho perso, non l’ho trovato);

Ho perso l’orologio (senso: Non ho perso il braccialetto);

La ròsa è sbocciata (senso: La rosa, non il garofano)

La rosa è sbocciata (senso: non è appassita)

Dov’è Stefano?

Dov’è Stefano?

Doménica vèngo.

Domenica vengo.

La gattina ha disfatto il gomitolo rósso!

La gattina ha disfatto il gomitolo rosso!

La gattina ha disfatto il gomitolo rosso!

La gattina ha disfatto il gomitolo rosso!

Lunedì Giovanni ha portato dal ciclista la biciclétta dél nònno.

Lunedì Giovanni ha portato dal ciclista la bicicletta del nonno.

Lunedì Giovanni ha portato dal ciclista la bicicletta del nonno.

Lunedì Giovanni ha portato dal ciclista la bicicletta del nonno.

Lunedì Giovanni ha portato dal ciclista la bicicletta del nonno.

Lunedì Giovanni ha portato dal ciclista la bicicletta del nonno

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LEGGI A VOCE ALTA IL TESTO SEGUENTE COME

SE FOSSI

1) UN AVVOCATO IN TRIBUNALE;

2) UN PROFETA DELL’ANNO MILLE;

3) UNA SPIA CHE TRASMETTE MESSAGGI

SEGRETI;

4) UN DISC-JOCKEY

Raviòli

Staccate dalla vérza dièci fòglie, lé più gròsse,

lavatele e asciugatele.

A parte, preparate alcune fétte di pancétta. nón

dimenticate il vino bianco.

Affettate il cuòre délla vérza il più fineménte

possibile, dópo avér tòlto il tórsolo e lé còste

dure. Sistemate lé fétte di pancétta in una

padèlla e fatele rosolare a fuòco medio.

Versate il vino bianco, aggiungéte lé vérze,

salatele e rigiratele nél condiménto.

Fatele appassire a fuòco mèdio, sènza ché si

asciughino tròppo.

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Sistemate una porzióne di raviòli sópra una

gròssa fòglia, cospargéte di parmigiano,

avvolgéte il tutto in un’altra fòglia.

Legate ógni pacchétto cón un giro di còrda,

sènza stringere. E óra, buòn appetito!

LEGGI A VOCE ALTA IL SEGUENTE

BOLLETTINO COME SE FOSSE UNA

STORIA TRAGICA, COMICA,

TERRIFICANTE, MALINCONICA.

Sul Mediterraneo centrale è ancora presente un’area di bassa

pressione. Una perturbazione di rilevante intensità interesserà le

regioni meridionali italiane.

Al sud e sulle isole maggiori avremo nuvolosità irregolare con

piogge sparse ed occasionali temporali. Nel corso della giornata

accentuazione dei fenomeni. Sulle altre regioni addensamenti

cumuliformi associati a qualche temporale nelle zone a ridosso

dei rilievi.

La temperatura è in lieve diminuzione.

I venti da deboli a moderati settentrionali. I mari saranno

generalmente mossi. Molto mosso il Mare di Sardegna.

Parola-cuore

È la parola chiave della frase, quella più importante, quella

che contiene un sentimento che tu dovrai far emergere dalla

tua voce nel momento in cui la pronuncerai.

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Puoi farlo in diversi modi:

• aumentando improvvisamente il volume della voce;

• rendendo il tono più acuto;

• rallentando vistosamente il ritmo;

• anteponendo una pausa inaspettata;

• sillabando.

Queste tre frasi sono identiche ma la parola cuore è ogni volta

diversa perché si vuole enfatizzare ogni volta un aspetto in

particolare.

“Se solo svolgeste i compiti che vi sono stati assegnati, forse

a quest’ora non stareste a rinfacciarvi l’un l’altro cose di cui

tutti siete responsabili.”

“Se solo svolgeste i compiti che vi sono stati assegnati, forse

a quest’ora non stareste a rinfacciarvi l’un l’altro cose di cui

tutti siete responsabili.”

“Se solo svolgeste i compiti che vi sono stati assegnati, forse

a quest’ora non stareste a rinfacciarvi l’un l’altro cose di cui

tutti siete responsabili.”

Nella poesia Itaca prova a mettere il sentimento sulle parole

in grassetto: puoi sillabare o alzare il volume o sussurrare,

mettere una piccola pausa prima della parola. Per cominciare

prova alzando semplicemente il volume per sottolineare il

concetto che vuoi trasferire all’ascoltatore.

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Itaca

Struggente poesia sul senso della vita concepita come viaggio

verso una meta che si raggiungerà dopo lunghe

peregrinazioni. Il riferimento mitologico è al celeberrimo

viaggio di Ulisse nell'Odissea. Il poeta afferma in questa

lirica che non bisogna avere fretta di giungere a destinazione,

alla propria "Itaca", ma bisogna approfittare del viaggio (e

quindi della vita) per esplorare il mondo, crescere

intellettualmente e ampliare il proprio patrimonio di

conoscenze. In ultima analisi, il senso di Itaca è proprio

quello di fungere da stimolo per il viaggio, più che da meta

da raggiungere e fine a se stessa. "Itaca" è un viaggio nel

quale non è importante se la meta è poi deludente. È giusto

apprendere il più possibile durante il viaggio, vivere

esperienze, tenendo sempre presente il sentimento forte e

deciso che porterà a destinazione. E se poi Itaca sarà peggio

di quanto ci si aspettava, valeva la pena

ITACA

Quando ti metterai in viaggio per Itaca

Devi augurarti che la strada sia lunga

fertile in avventure e in esperienze.

I Lestrigoni e i Ciclopi

o la furia di Nettuno non temere,

non sarà questo il genere d’incontri

se il pensiero resta alto e un sentimento

fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.

In Ciclopi e Lestrigoni, no certo

né nell’irato Nettuno incapperai

se non li porti dentro

se l’anima non te li mette contro.

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Devi augurarti che la strada sia lunga.

Che i mattini d’estate siano tanti

quando nei porti – finalmente, e con che gioia –

toccherai terra tu per la prima volta:

negli empori fenici indugia e acquista

madreperle coralli ebano e ambre

tutta merce fina, anche profumi

penetranti d’ogni sorta, più profumi

inebrianti che puoi,

va in molte città egizie

impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca –

raggiungerla sia il pensiero costante.

Soprattutto, non affrettare il viaggio;

fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio

metta piede sull’isola, tu, ricco

dei tesori accumulati per strada

senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio,

senza di lei mai ti saresti messo

in viaggio: cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo

Itaca ti avrà deluso.

Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso

già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Konstantinos Kavafis (1863-1933, grande poeta e giornalista

greco.

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INTERPRETA I PERSONAGGI CON UN AMICO

A sbagliare le storie (G. Rodari)

- C'era una volta una bambina che si chiamava Cappuccetto

Giallo.

- No, Rosso!

- Ah, sì, Cappuccetto Rosso. La sua mamma la chiamò e le

disse: Senti, Cappuccetto Verde...

- Ma no, Rosso!

- Ah, sì , Rosso. Vai dalla Zia Diomira a portarle questa buccia

di patata.

- No: vai dalla nonna a portarle questa focaccia.

- Va bene. La bambina andò nel bosco e incontrò una giraffa.

- Che confusione! Incontrò un lupo, non una giraffa.

- E il lupo le domandò: Quanto fa sei per otto?

- Niente affatto. Il lupo le chiese: Dove vai?

- Hai ragione. E Cappuccetto Nero rispose...

- Era Cappuccetto Rosso, Rosso, Rosso!

- Sì, e rispose: Vado al mercato a comperare la salsa di

pomodoro.

- Neanche per sogno: Vado dalla nonna che è malata, ma non so

più la strada.

- Giusto. E il cavallo disse...

- Quale cavallo? Era un lupo.

- Sicuro. E disse così: Prendi il tram numero settantacinque,

scendi in Piazza del Duomo, gira a destra, troverai tre scalini e

un soldo per terra, lascia stare i tre scalini, raccatta il soldo e

comprati una gomma da masticare.

- Nonno, tu non sai proprio raccontare le storie, le sbagli tutte.

Però la gomma da masticare me la comperi lo stesso.

- Va bene: eccoti il soldo.

E il nonno tornò a leggere il suo giornale.

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Il professor Grammaticus

Il professor Grammaticus, viaggiando in treno, ascoltava la

conversazione dei suoi compagni di scompartimento. Erano

operai meridionali, emigrati all'estero in cerca di lavoro: erano

tornati in Italia per le elezioni, poi avevano ripreso la strada del

loro esilio.

Io ho andato in Germania nel 1958 - diceva uno di loro. Io ho

andato prima in Belgio, nelle miniere di carbone. Ma era una

vita troppo dura.

Per un poco il professor Grammaticus li stette ad ascoltare in

silenzio. A guardarlo bene, però, pareva una pentola in

ebollizione. Finalmente il coperchio saltò, e il professor

Grammaticus esclamò, guardando severamente i suoi compagni:

Ho andato! Ho andato! Ecco di nuovo il benedetto vizio di tanti

italiani del Sud di usare il verbo avere al posto del verbo essere.

Non vi hanno insegnato a scuola che si dice: "sono andato"?

Gli emigranti tacquero, pieni di rispetto per quel signore tanto

perbene, con i capelli bianchi che gli uscivano di sotto il

cappello nero.

Il verbo andare, – continuò il professor Grammaticus, è un

verbo intransitivo, e come tale vuole l'ausiliare essere. Gli

emigranti sospirarono.

Poi uno di loro tossì per farsi coraggio e disse: - Sarà come dice

lei, signore. Lei deve aver studiato molto. Io ho fatto la seconda

elementare, ma già allora dovevo guardare più alle pecore che ai

libri. Il verbo andare sarà anche quella cosa che dice lei.- Un

verbo intransitivo.- Ecco, sarà un verbo intransitivo, una cosa

importantissima, non discuto. Ma a me sembra un verbo triste,

molto triste. Andare a cercar lavoro in casa d'altri... Lasciare la

famiglia, i bambini.

Il professor Grammaticus cominciò a balbettare, i bambini. -

Certo... Veramente... Insomma, però... Comunque si dice, sono

andato, non ho andato. Ci vuole il verbo essere: io sono, tu sei,

egli è...- Eh,- disse l'emigrante, sorridendo con gentilezza, - io

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sono, noi siamo!... Lo sa dove siamo noi, con tutto il verbo

essere e con tutto il cuore? Siamo sempre al paese, anche se

abbiamo andato in Germania e in Francia. Siamo sempre là, e là

che vorremmo restare, e avere belle fabbriche per lavorare, e

belle case per abitare. E guardava il professor Grammaticus con

i suoi occhi buoni e puliti. E il professor Grammaticus aveva

una gran voglia di darsi dei pugni in testa. E intanto borbottava

tra sé: - Stupido! Stupido che non sono altro. Vado a cercare gli

errori nei verbi... Ma gli errori più grossi sono nelle cose!

IL LUPO PARLA VELOCEMENTE, L’AGNELLO

LENTAMENTE, POI IL CONTRARIO. VELOCITÀ

MEDIA PER IL NARRATORE

Sospinti dalla sete,

erano scesi a bere, lupo e agnello,

allo stesso ruscello.

Più a monte stava il lupo

più a valle assai l’agnello.

Ed ecco, il lupo ingórdo, l’assassino,

cérca un pretesto per attaccar lite:

«Tu m’intórbidi l’acqua mentre bevo!»

Timido, quel batuffolo di lana:

«Ma no, scusami, lupo, non può essere:

L’acqua scorre da te verso me».

Poiché il discorso era giusto, il lupo:

«Sei mesi fa tu m’insultasti!» seguita.

«Ma come, se non ero ancora nato!»

«Allora fu tuo padre!» E detto fatto,

salta addosso all’agnello e te lo sbrana.

La favola è per quelli

che con pretesti gl’innocenti opprimono

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IMPARA A IMITARE UNA VOCE ASCOLTATA

Provate in due, alternativamente: un lettore legge un verso e

l’imitatore lo ripete con lo stesso stile, intonazione, pause e tutto

il resto.

C'era una volta una gatta

che aveva una macchia nera sul muso

e una vecchia soffitta vicino al mare

con una finestra a un passo dal cielo blu.

Se la chitarra suonavo

la gatta faceva le fusa ed una

stellina scendeva vicina, vicina

poi mi sorrideva e se ne tornava su.

Ora non abito più là,

tutto è cambiato, non abito più là,

Ho una casa bellissima,

bellissima come vuoi tu.

Ma, io ripenso a una gatta

che aveva una macchia nera sul muso

a una vecchia soffitta vicino al mare

con una stellina, che ora non vedo più.

. . . . . .

Ma, io ripenso a una gatta

che aveva una macchia nera sul muso

a una vecchia soffitta vicino al mare

con una stellina, che ora non vedo più...

Ora fate la stessa cosa cantandola.

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IMPRONTA VOCALE

Ognuno di noi ha un’impronta digitale particolare: l’impronta

vocale.

Non ci sono due Timbri di voce uguali

Ci sono voci più chiare, più scure, chi limpida, chi rauca, chi

secca, chi nasale ecc.

La voce del gatto Silvestro (nasale e scura) ha un’impronta o

timbro molto diverso da quella di Titti (dolce e delicata)

Proviamo ad imitarli:

Titti: - Mi è semblato di sentile una collente sul mio colpicino,

si potlebbelo congelale le piume della mia piccola coda! Oh

Oh! Mi è semblato di vedele un gatto! L’ho visto! Ho visto

davvelo un gatto! Un gatto molto calino, è venuto a giocale con

me!

Silvestro: - E hai visto bene! Oh, avanti! Stai fermo! Come

pensi che possa acchiapparti se salti come una pulce su un sasso

bollente!

Titti: - Dovlei stale felmo? D’accordo gatto, stalò felmo!

Silvestro ne fa un sol boccone…

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PAUSE

Cara Susanna Esposito // salta la corda

Cara // Susanna Esposito salta la corda

Cara Susanna // Esposito salta la corda

- E’ più facile che un cammello // passi per la cruna di un ago

// piuttosto che un ricco entri // nel regno dei cieli.

- E’ più facile che // un cammello passi per la cruna di un ago

// piuttosto che un ricco // entri nel regno dei cieli.

- E’ // più facile // che un cammello passi per la cruna di un

ago // piuttosto che un ricco entri // nel regno dei cieli.

- E’ più facile che un cammello passi // per la cruna di un ago

piuttosto che un ricco // entri // nel regno dei cieli.

METAMORFOSI DI KAFKA

(pause a piacere da seguire dopo averle segnate a matita nel

testo seguente)

Quando Gregor Samsa si svegliò un mattino da sogni inquieti, si

ritrovò trasformato, nel proprio letto, in un immenso insetto.

Giaceva sulla schiena corazzata e dura, e, se alzava un tantino la

testa, si vedeva la pancia marrone, convessa, divisa da ricurve

nervature. La coperta del letto, pronta a scivolare giù, era

trattenuta appena in cima.

Le sue molte zampe, pietosamente sottili in rapporto alla sua

solita mole, gli tremolavano inermi davanti agli occhi.

“Che cosa mi è successo?” pensò. Non era un sogno.

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CANZONI // PAUSE E RIME

BUONA NOTTE FIORELLINO

Francesco De Gregori

(Fate una lettura espressiva e poi cantatela)

Buonanotte, buonanotte amore mio, buonanotte tra il telefono e

il cielo

ti ringrazio per avermi stupito, per avermi giurato che è vero

il granturco dei campi è maturo, ed ho tanto bisogno di te

la coperta è gelata e l'estate è finita

buonanotte, questa notte è per te.

Buonanotte buonanotte fiorellino, buonanotte tra le stelle e la

stanza

per sognarti devo averti vicino, e vicino non è ancora

abbastanza

ora un raggio di sole si è fermato, proprio sopra il mio biglietto

scaduto

tra i tuoi fiocchi di neve e le tue foglie di tè

buonanotte, questa notte è per te.

Buonanotte buonanotte, mogliettina, buonanotte tra il mare e la

pioggia

la tristezza passerà domattina, e l'anello resterà sulla spiaggia

gli uccellini nel vento non si fanno mai male, hanno ali più

grandi di me

e dall'alba al tramonto sono soli nel sole

buonanotte, questa notte è per te.

SOSPENSIONI

Prendiamo la prima frase; se devo dire “non esco mai senza

ombrello” chiuderò in basso la mia ultima parola “ombrello” Se

invece dopo “ombrello” la frase non è finita e bisogna dire

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“quando il cielo è nuvoloso”, la parola ombrello resterà come

sospesa a mezz’aria per poi chiudere in basso con la parola

finale della frase e cioè “nuvoloso”

Ogni coppia contiene una sospensione: ma solo la seconda frase:

a. Non esco mai senza ombrello.

Non esco mai senza ombrello, quando il cielo è

nuvoloso.

b. Giovanni perde facilmente la calma.

Giovanni perde facilmente la calma, se lo prendono in

giro.

c. Ti regalo una casa.

Ti regalo una casa, se vinco al totocalcio.

d. Non ti porterò al Luna Park.

Non ti porterò la Luna Park, finché non avrai finito i tuoi

compiti.

e. Mi piacciono i serpenti.

Mi piacciono i serpenti, purché mi stiano alla larga.

RIDERE

Ridendo mettiamo in modo il diaframma; provate a svuotare

l’aria dei polmoni e poi cominciate a ridere. Vedrete come balla

questo organo misterioso.

Ci sono mille modi di ridere

Prova le seguenti alternative:

A bocca aperta: Ah! ah! Ah! Questa sì che è buona!Ah! ah!

Ah!

A bocca chiusa: Mh! mh! mh! Questa sì che è buona! Mh!

mh! mh!

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Su diverse vocali: Uh! uh! Uh! Chi te l’ha raccontata? Uh!

uh! Uh!

Su diverse vocali: Ih! ih! ih! Chi te l’ha raccontata? Ih! ih!

ih!

Con diversa intensità: (forte) Ah! ah! Mi farai morire!

Con diversa intensità: (sottovoce) Ah! ah! Mi farai morire!

Con diverso timbro: (aspro, gutturale) Ci è cascato un’altra

volta!

Con diverso timbro: (nasale) Ci è cascato un’altra volta!

VELOCITA’ E ARTICOLAZIONE

La lettura completa richiede un massimo di 3 minuti,

ovviamente avendo l’accortezza di dire ogni parola fino

all’ultima lettera. Leggete piano, concentrate vie seguite il

ragionamento di Achille Campanile; vedrete che ci riuscirete.

Provate poi a registrarvi con il telefonino e risentitevi per

identificare i vostri errori e correggerli.

Achille Campanile, Le seppie coi piselli

Le seppie coi piselli sono uno dei più strani e misteriosi

accoppiamenti della cucina. Le seppie, da vive, ignorano in

modo assoluto l’esistenza dei piselli. Abitano le profondità

marine, nuotano lente e quasi trasparenti in una limpida luce

d’acquario, fra strane masse sospese, tra ombrelli fosforescenti

che pigramente s’aprono da soli sul vuoto e da soli camminano

come fantasmi; tra lanternini che occhieggiano e si spengono,

tra lievi alghe lucenti che ondeggiano appena, mentre nessun

alito di vento le carezza, fra forme enigmatiche e lunghe, nere,

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bisce immobili. Laggiù non arriva notizia del mondo esterno,

dell’aria, delle nuvole. Le seppie non hanno e non possono avere

alcuna idea di quelle leguminose. Bisogna dire di più: non hanno

alcuna idea delle leguminose in genere e degli ortaggi. Ma che

dico: ortaggi? Esse ignorano addirittura gli orti, la terra, le

foglie, l’erba, gli alberi e tutto il mondo fasciato d’aria. Non

sanno che in qualche parte lontana esistono i prati su cui si

rincorrono fanciulle con grandi cappelli di paglia e lunghe vesti

leggere tra piccole margherite; ignorano i canneti. Non vengono

a contatto coi piselli che dentro il tegame sul fuoco, quando

sono già spellate, tagliate a pezzi e quasi cotte, che non è certo la

condizione ideale per apprezzare la vicinanza di chicchessia, si

tratti pure di personaggi rispettabili come i piselli. Dal canto loro

questi — ammesso che abbiano delle idee non possono avere

nella migliore ipotesi che un’idea molto vaga del mare. Più che

altro per sentito dire. Sono chiusi nel baccello, poveri

pallottolini ciechi che non si sa, davvero per chi esistano, là

dentro, e, se non ci fossero gli uomini a tirarli fuori, ben

difficilmente vedrebbero il sole. Non vedono nemmeno i prati,

l’orto in cui nascono, figurarsi il mare e le profondità di esso. E

probabilmente delle seppie non avranno mai sentito nemmeno il

nome. Eppure si direbbero fatti gli uni per le altre. Ma l’uomo è

uno strano animale. Fabbrica le barche, la fiocina, le lampade.

Non si contenta di pescare in modo semplice e primitivo con la

canna, o le reti, o le nasse, pesci più a portata di mano. Vuole

anche le seppie. Di notte va sul mare lentamente costeggiando

gli scogli in silenzio. Da lungi si vede l’abbagliante lampada, la

luce che penetra nell’acqua e la colora, fruga le anfrattuosità

degli scogli e dà qualche bagliore fuggitivo al volto intento del

pescatore. Intanto coltiva gli orti, pianta i piselli, li cura e

sorveglia, li coglie. Poi porta tutto al mercato. Una mattina, ecco

le seppie sul banco della pescheria, da una parte; e dall’altra,

lontano, ecco i piselli nel reparto ortaggi. Ancora non si

conoscono, ignorano l’esistenza gli,uni delle altre. Fa freddo.

Arriva la donna; qui entra in campo solitamente la femmina

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dell’uomo che, non paga di fare i figli, vuol fare anche le seppie

coi piselli; quel giorno; perché non le fa tutti i giorni; questo non

è il cibo particolare dell’uomo; è un capriccio, una raffinatezza,

un di più; quel giorno le è saltato il ticchio di fare le seppie coi

piselli; senza interpellare le seppie, senza domandare ai piselli se

sono d’accordo. La femmina del re del mare, della terra e del

cielo, compera le seppie e i piselli mediante il denaro

guadagnato e fabbricato; perché l’uomo ha inventato anche il

denaro, e lo fabbrica, lo guadagna, lo contende, lo nega.Ma

torniamo alla donna. Va a casa. Spella, taglia, scafa. Seppie e

piselli – partiti rispettivamente le une dagli abissi del mare, gli

altri dalle viscere della terra, s’incontrano in un tegame

sfrigolando. Da questo momento i loro destini sono legati. Nel

primo istante c’è un po’ di freddezza, ma dopo poco, bon gré

mal gré, s’accordano a maraviglia. Insieme vengono scodellati,

insieme arriveranno a tavola, insieme verranno assaporati e

lodati, né cercheranno di sopraffarsi l’un l’altro. Consummatum

est. Rientrano nel tutto. Hanno percorso fino in fondo le

traiettorie del loro lungo viaggio e delle loro brevi vite che, con

un’effimera fosforescenza nel buio dell’universo, si sono

incontrate, fuse e spente. (da Manuale di conversazione, 1973)

Alcuni esercizi sono tratti da: “Leggere e parlare toccando

mente e cuore” di Francesco Ventura

- “Laboratorio di dizione e lettura espressiva” del prof.

Francesco Schipani

- “La voce espressiva – Manuale di educazione alla oralità e

alla lettura – di Carlo Delfrati – Ed. Principato

- Vignette di Roberto Zaccagnini.