Esegesi Delle Fonti Del Diritto Romano

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  ESEGESI DELLE FONTI DEL DIRITTO ROMANO “POSSESSIO E ANIMUS” 1. IL POSSESSO DELLA " FERA BESTIA" Istituzioni di Gaio 2.67 E così se avremo catturato un animale selvatico o un volatile o un pesce, tutto ciò che sarà stato catturato comincia ad essere di nostra proprietà e si intende rimanere nostro fintantoché sia mantenuto nella nostra custodia. Ma quando sarà sfuggito alla nostra custodia ed avrà recuperato la  propria naturale libertà, cade nuovamente nella proprietà di chi lo cattura, poiché cessa di essere nostro; sembra poi recuperare la propria libertà naturale quando o non lo vediamo più oppure, anche se lo vediamo, ne è tuttavia difficile la cattura. L'acquisto della proprietà degli animali selvatici avviene quando ne acquisti il possesso (la proprietà delle cose ha tratto origine dal possesso materiale. Queste cose, infatti, cadono immediatamente in  proprietà di coloro che per primi se ne saranno impossessati. Cit. Nerva figlio). In questo modo la proprietà rimane conservata finché si conservi la disponibilità materiale di essi oppure la possibilità di ricostituirla quando lo si desideri. D.41.2.3.13 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)  Nerva figlio afferma che, fatta eccezione per lo schiavo, le cose mobili sono possedute fintantoché sono sott o la no st ra cu st od ia , cioè fi nc , se lo vo gl iamo , noi po ss iamo ap pr ende rne la disponibilità materiale. Infatti (Nerva afferma che) non appena il bestiame si disperde o un vaso va smarrito in modo tale che non viene più ritrovato, cessa immediata-mente di essere posseduto da noi, anche se non è posseduto da nessun altro: diversamente dal caso in cui si trovi sotto la mia custodia e non venga ritrovato, poiché esso c'è e ciò che manca è solo un'attenta ricerca. Custodia e conservazione del possono appaiono nozioni coincidenti, e il venir meno della custodia comporta anche il venir meno della conservazione, quindi anche della proprietà stessa. Poiché la mancanza della custodia, causa il ritorno dell'animale alla naturalis libertas. D.41.1.5 (Gaio, nel libro 2 delle cose quotidiane) Anche la natura delle api è selvatica. per cui quelle che avranno stabilito la loro sede su un albero di nostra proprietà non diventano nostre prima di venire racchiuse in un alveare, non diversamente dai volatili che abbiano fatto il nido in un albero di nostra proprietà. Ragione per cui se un'altra  persona l i avrà racchiusi in gabbia, ne sarà essa il proprietario. (3) E se queste api avranno fatto anche dei fav i, chi unq ue pot pos sederle se nza commet ter e furto: ma, come ab bia mo in  precedenza detto, chi entra in un fondo altrui (per catturare le api o gli uccelli) potrà essere a buon diritto impedito dal farlo da parte del proprietario del fondo, se questo se ne accorge. (4) Lo sciame di api, che vola via dal nostro alveare, si intende essere di nostra proprietà fintantoché noi lo vediamo e non ne è difficile il recupero: in caso contrario cade in proprietà di chi lo cattura. La nozione di custodia, per ciò che concerne gli animali selvatici, è la seguente: consiste nella disponibilità materiale, attuale o potenziale, intendendosi tale potenzialità come effettiva e concreta  possibilità di naturalem possessionem nancisci, si velismus. Con gli animali selvatici e quel li domestic i, si pone una terza categ oria, quell a delle bes tiae di natura fera che sono dotate di consuetudo revertendi (abitudine a tornare). 1

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Riassunto esegesi delle fonti del diritto romano

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  • ESEGESI DELLE FONTI DEL DIRITTO ROMANOPOSSESSIO E ANIMUS

    1. IL POSSESSO DELLA "FERA BESTIA"

    Istituzioni di Gaio 2.67E cos se avremo catturato un animale selvatico o un volatile o un pesce, tutto ci che sar stato catturato comincia ad essere di nostra propriet e si intende rimanere nostro fintantoch sia mantenuto nella nostra custodia. Ma quando sar sfuggito alla nostra custodia ed avr recuperato la propria naturale libert, cade nuovamente nella propriet di chi lo cattura, poich cessa di essere nostro; sembra poi recuperare la propria libert naturale quando o non lo vediamo pi oppure, anche se lo vediamo, ne tuttavia difficile la cattura.

    L'acquisto della propriet degli animali selvatici avviene quando ne acquisti il possesso (la propriet delle cose ha tratto origine dal possesso materiale. Queste cose, infatti, cadono immediatamente in propriet di coloro che per primi se ne saranno impossessati. Cit. Nerva figlio).In questo modo la propriet rimane conservata finch si conservi la disponibilit materiale di essi oppure la possibilit di ricostituirla quando lo si desideri.

    D.41.2.3.13 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)Nerva figlio afferma che, fatta eccezione per lo schiavo, le cose mobili sono possedute fintantoch sono sotto la nostra custodia, cio finch, se lo vogliamo, noi possiamo apprenderne la disponibilit materiale. Infatti (Nerva afferma che) non appena il bestiame si disperde o un vaso va smarrito in modo tale che non viene pi ritrovato, cessa immediata-mente di essere posseduto da noi, anche se non posseduto da nessun altro: diversamente dal caso in cui si trovi sotto la mia custodia e non venga ritrovato, poich esso c' e ci che manca solo un'attenta ricerca.

    Custodia e conservazione del possono appaiono nozioni coincidenti, e il venir meno della custodia comporta anche il venir meno della conservazione, quindi anche della propriet stessa. Poich la mancanza della custodia, causa il ritorno dell'animale alla naturalis libertas.

    D.41.1.5 (Gaio, nel libro 2 delle cose quotidiane)Anche la natura delle api selvatica. per cui quelle che avranno stabilito la loro sede su un albero di nostra propriet non diventano nostre prima di venire racchiuse in un alveare, non diversamente dai volatili che abbiano fatto il nido in un albero di nostra propriet. Ragione per cui se un'altra persona li avr racchiusi in gabbia, ne sar essa il proprietario. (3) E se queste api avranno fatto anche dei favi, chiunque potr possederle senza commettere furto: ma, come abbiamo in precedenza detto, chi entra in un fondo altrui (per catturare le api o gli uccelli) potr essere a buon diritto impedito dal farlo da parte del proprietario del fondo, se questo se ne accorge. (4) Lo sciame di api, che vola via dal nostro alveare, si intende essere di nostra propriet fintantoch noi lo vediamo e non ne difficile il recupero: in caso contrario cade in propriet di chi lo cattura.

    La nozione di custodia, per ci che concerne gli animali selvatici, la seguente: consiste nella disponibilit materiale, attuale o potenziale, intendendosi tale potenzialit come effettiva e concreta possibilit di naturalem possessionem nancisci, si velismus.Con gli animali selvatici e quelli domestici, si pone una terza categoria, quella delle bestiae di natura fera che sono dotate di consuetudo revertendi (abitudine a tornare).

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  • Per quanto riguarda la conservazione della propriet:

    Istituzioni di Gaio 2.68Invece per quegli animali che per loro costume sono soliti andarsene e ritornare, come colombe ed api, e cos pure i cervi, che sono soliti andare e ritornare nei boschi, ci stata tramandata una regola in base alla quale se essi avranno cessato di avere l'animus di ritornare, cessino anche di essere di nostra propriet e cadano in propriet di chi li cattura; sembrano poi smettere di avere l'animus di ritornare quando avranno cessato di avere l'abitudine di ritornare.

    D.41.1.5.5 (Gaio, nel libro 2 delle cose quotidiane)La natura di pavoni e colombe selvatica e non ha rilevanza il fatto che per abitudine volino via e facciano ritorno: infatti fanno la stessa cosa anche le api, la cui natura noto essere selvatica: certuni hanno anche dei cervi tali che vanno nei boschi e ne fanno ritorno, e nessuno nega che anche la loro natura sia selvatica. E per questi animali, che per abitudine sono soliti andarsene e ritornare, ci si accordati su di una regola in base alla quale essi sono di nostra propriet fintantoch abbiano l'animus di ritornare, perch se avranno cessato di avere l'animus di ritornare cessano di essere nostri e cadono in propriet di chi li cattura. Si intende poi che abbiano cessato di avere l'animus di ritornare allorch avranno abbandonato l'abitudine di ritornare.

    La fera natura degli animali che avrebbe comportato la perdita della propriet al venir meno della custodia. Poich il loro grado di domesticit sconsigliava, per motivi di ordine economico, l'assoggettamento di detti animali alla regola della custodia. Se per determinati animali di natura fera si poteva rinunciare alla custodia al fine di conservarne la propriet, si voleva essere sicuri che tale deroga aveva carattere temporaneo e che in un lasso di tempo pi o meno lungo, la custodia stessa si sarebbe periodicamente ristabilita, e comunque il lasso di tempo era determinabile in relazione al costume di questi animali.Quegli animali che si allontanavano ripetutamente dal luogo ove veniva esercitata la custodia, e vi avessero fatto ripetutamente ritorno, avevano instaurato una consuetudo revertendi, e un successivo allontanamento con conseguente venir meno della custodia, poteva ritenersi fatto con l'intenzione di ritornare. L'esercizio dell'animus crea la consuetudo e l'esistenza della consuetudo fa presumere l'animus. Insieme si formano, coesistono, e vengono meno. Es. quando l'animale perde l'animus si interrompe la consuetudo. E la perdita della consuetudo, ad es. a causa della cattura dell'animale operata da un terzo, fa venir meno anche l'animus. Custodia e animus revertendi appaiono come nozioni alternative. Sull'animus revertendi si fa leva, al fine di assicurare la conservazione della propriet dell'animale selvatico, ma solamente quando la custodia viene meno. Quindi il legame tra natura fera e custodia, si rompe, e la propriet pu sussistere anche in assenza di custodia purch sussista l'animus revertendi. Binomio:

    propriet custodia propriet animus revertendi

    D.41.2.3.16 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)Taluni esattamente pensano che anche le colombe, che volano via dalle nostre case, e le api, che volano via dai nostri alveari e per abitudine vi fanno ritorno, sono possedute da noi.

    Possesso res facti. L'esistenza del possesso in assenza di custodia, era cosa difficile che si verificasse, poich la custodia si basa sul possesso, attuale o potenziale. Propriet diritto. L'esistenza della propriet in assenza di custodia era ardita come scelta, ma

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  • fattibile, poich la propriet non fondata sulla custodia.

    2. IL POSSESSO DEL SERVO NELLA DOTTRINA DI NERVA FIGLIONerva figlio sulla nozione di custodia espone una teoria diversa, che contiene un'importante eccezione: tutte le cose mobili (Nerva figlio intende per cosa mobile, sia gli animali sia le altre cose) sono possedute finch sono sub custodia nostra, ad eccezione dello schiavo. Nerva figlio non ritiene possibile la ritenzione del possesso degli animali di natura fera sulla base del loro animus revertendi. La conservazione del possesso in assenza di custodia regola che si afferma prima per i beni di importanza economica maggiore, e si estende poi ad altri beni. Nerva figlio la enuncia per lo schiavo, e Proculo,suo contemporaneo, la enuncia per i saltus (pascolo). Sia Nerva figlio, che Proculo fecero leva sull'animus revertendi. Solo i tardo-classici la estesero agli animali di natura fera che sono dotati di consuetudo revertendi. Gioca un ruolo rilevante il valore economico dei beni il cui possesso si intende tutelare e conservare. La ragione per cui Nerva figlio sottopone il possesso dello schiavo ad una normativa diversa:

    D.41.2.47 (Papiniano, nel libro 26 delle questioni)Fu dato il responso che, se avrai deciso di possedere a tuo vantaggio una cosa mobile (da me) depositata presso di te od a te data in comodato (da me), io ho perduto immediatamente il possesso anche se ignoro (questa tua decisione): il motivo di ci sta forse in questo, che il perdere o il trascurare la custodia delle cose mobili, ancorch nessun altro se ne sia impossessato, da sempre caus danno al precedente possesso: e questo lo rifer Nerva figlio nei suoi libri sulle usucapioni. Lo stesso Nerva scrive che diverso il caso di uno schiavo dato in comodato una volta che se ne sia perduta la custodia: infatti dice che continua il precedente possesso fintantoch nessun altro abbia cominciato a possederlo, evidentemente per il fatto che lo schiavo (col cui corpo noi possiamo possedere anche tutte le altre cose) pu conservare il possesso di s stesso al proprietario in forza della propria intenzione di ritornare. Per cui si perde immediatamente il possesso di quelle cose che sono prive di raziocinio o di anima, mentre invece gli schiavi sono conservati, se avevano l'animus di ritornare.

    Nerva figlio sviluppa l'equazione possesso-custodia, se si abbandona la custodia della cosa mobile depositata, se ne perde il possesso.Situazione diversa se si perde la custodia di uno schiavo dato in comodato. Ma non per questo dovr ritenersi perduto anche il possesso. Infatti lo schiavo potrebbe conservare l'intenzione di ritornare al padrone, poich l'assenza di custodia potrebbe essere una situazione transitoria, l'animus revertendi dello schiavo rendendo probabile che la custodia stessa si ricostituir in breve periodo. Nerva figlio si aggancia all'affermazione relativa alla conservazione, del propriet e del possesso, degli animali di natura fera dotati di animus revertendi. L'animus revertendi della cosa posseduta assicura che la custodia si ricostituir in tempo breve.

    D.21.1.17.3 (Ulpiano, nei libri di commento all'editto degli edili curuli)Cos pure in Viviano riportato che un servo fuggitivo si definisce tale non tanto per la fuga (che egli ha compiuto) ma per cos dire per la sua disposizione di animo: ed infatti colui che fuggito da un nemico o da un malfattore, da un incendio o da una sciagura, bench sia vero che ha compiuto una fuga non tuttavia un fuggitivo. Egualmente, non lo neppure chi fugge da un precettore cui era stato affidato per essere istruito in una disciplina, se fugge perch costui ne faceva un uso eccessivo. La stessa cosa afferma Viviano se (il servo) sar fuggito da colui cui era stato dato in prestito, se sar fuggito per il medesimo motivo (uso eccessivo). La stessa cosa afferma Viviano anche se il comodatario si comportava troppo crudelmente nei suoi confronti. Ma

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  • tutto ci vero se lo schiavo sia fuggito e torni al proprietario: ma se non torna al proprietario, Viviano afferma che senza dubbio egli da considerare un fuggitivo.

    Se il servo comodato fugge dal comodatario esso non sar senz'altro fugitivus, poich tale qualifica viene attribuita solo nel caso in cui egli non intenda tornare dal dominus. Questa la ragione per cui l'opinione di Nerva figlio fa leva sull'animus revertendi al fine di consentire la conservazione del possesso del servo che non si trovi sub custodia, non venga accetta dal quasi totalit dei giuristi.

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    3. LA RITENZIONE ANIMO DEL POSSESSO DEI SALTUS HIBERNI ET AESTIVIVi una differenza sostanziale tra saltus e saltus hibernus et aestivus.

    Festo, Il significato delle parole, alla voce saltum (L. 392)Gallo Elio, nel secondo libro dei significati relativi al diritto, definisce il saltus in questo modo: vi un saltus dove vi sono boschi e pasture, ed anche capanne per il loro uso: e se una piccola parte in questo saltus viene arata per l'uso dei pastori o dei custodi, questa circostanza non fa venire meno il nome di saltus, cos come non viene meno il nome di fondo, che si trova in un campo coltivato, e che per la sua utilizzazione abbia un edificio, se una piccola parte in questo fondo abbia un bosco.

    Varrone, La lingua latina, 5.36Poich innanzitutto traevano i frutti dal terreno pianeggiante, questo fu detto campo (campus); una volta che cominciarono a sottoporre a coltura le alture pi vicine, le chiamarono colli dal verbo coltivare; gli appezzamenti che non coltivavano a causa dei boschi o quelli dove si pu pascolare il bestiame, le chiamarono saltus

    I saltus sono quindi quei luoghi ove vi sono pascoli e selve, quindi terreni che non sono sottoposti a colture.Di saltus hiberni et aestivi tratta:

    D.43.20.1.3 (Ulpiano, nel libro 70 del commento all'editto)Vi sono poi due generi di acqua: vi quella quotidiana e quella estiva. La quotidiana differisce dall'estiva per l'uso, non per il regime giuridico. Acqua quotidiana quella che si soliti derivare senza interruzione sia nella stagione estiva sia in quella invernale, anche se in certi periodi essa non viene derivata ... estiva invece quell'acqua che conviene derivare solo in estate, cos come parliamo di vestiti estivi, saltus estivi, accampamenti estivi, cose di cui a volte facciamo uso anche in inverno, ma pi spesso in estate.

    I saltus hiberni et aestivi sono dunque immobili la cui utilizzazione economicamente produttiva solo in una determinata stagione dell'anno. In dottrina per saltus hiberni et aestivi venne introdotto l'istituto della ritenzione animo del possesso.

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  • E il primo autore a parlarci di ritenzione animo del possesso Proculo:

    D.41.2.27 (Proculo, nel libro 5 delle epistole)Se colui che conservava il possesso di un pascolo con l'animus sia impazzito, non pu, finch dura lo stato di pazzia, perdere il possesso di quel pascolo, poich il pazzo non pu cessare di possedere con l'animus.

    Ritenzione animo del possesso animus.L'argomentazione di Proculo, sarebbe argomento isolato, tuttavia per si collega con la testimonianza ulpianea:

    D.43.16.1.25 (Ulpiano, nel libro 69 del commento all'editto)Quel che comunemente si dice, che noi conserviamo con l'animus il possesso dei pascoli invernali ed estivi, io ho imparato che Proculo lo dice a mo' di esempio: infatti lo stesso pu dirsi per tutti i fondi dai quali noi veniamo via non con l'intenzione di voler perdere il possesso.

    Ulpiano afferma il valore esemplificativo dei saltus hiberni et aestivi nella dottrina di Proculo della ritenzione animo del possesso. Proculo scelse i saltus hiberni et aestivi per formulare la propria dottrina della ritenzione animo del possesso.La testimonianza di Ulpiano, contenuta nel testo precedente, dimostra come il giurista non colga alcuna differenza qualitativa fra i saltus hiberni et aestivi e tutti gli altri immobili, per ci che concerne l'istituto della ritenzione animo del possesso. Proculo vide i saltus hiberni et aestivi come il pi immediato campo di applicazione della propria dottrina, poich erano beni per i quali, date le particolari modalit di utilizzazione, il temporaneo allontanamento dal possesso assumeva ampiezza rimarchevole e tale da giustificare una regola in tema di conservazione del possesso che dovesse non fare perno sull'attuale disponibilit materiale.Giovanni Rotondi scrisse che la disponibilit, ossia la possessio corpore, andava valutata in funzione della normale destinazione economica della cosa. Trattandosi di saltus hiberni et aestivi, cio di fondi di cui lo sfruttamento non possibile o quanto meno non economicamente utile se non in determinate stagioni, ne ha il possesso chi li sfrutta con quella regolare periodicit che a loro caratteristica, senza bisogno di risiedervi permanentemente o di lasciarci un rappresentante, cosa talora addirittura impossibile e ad ogni modo socialmente inutile.

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    4. LA TESTIMONIANZA DEI GROMATICI Passi di Frontino:

    Th.33.26Per un bene immobile, se il possesso di chi lo richiede sicuro, si pu anche procedere con l'interdetto, purch si compiano diligentemente tutte le formalit che dall'interdetto scaturiscono: grande infatti il rischio di risolvere una controversia con l'interdetto, la cui esecuzione estremamente complessa. Ma se il possesso non tanto sicuro, cambiando la formula deve essere richiesta la propriet del bene ...

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  • Th.34.9Non dimentichiamo - anche questo dobbiamo considerare - che se l'immobile ha alberi di confine ed boscoso, genere di beni per i quali il possesso meno sicuro, non si deve litigare con l'interdetto ...

    Th.34.18Se invece vi siano pascoli e rovi e terreni lasciati quasi in solitudine, essi hanno una molto minore sicurezza di possesso. Ragione per cui per essi non si deve assolutamente ricorrere all'interdetto.

    Th.34.22Gli immobili per i quali si pu ricorrere all'interdetto sono invece quelli coltivati, il cui possesso riconosciuto con la testimonianza di un tempo minore, come ad esempio campi coltivati o vigne o prati o qualsiasi altro genere di coltura.

    Frontino tratta dei rimedi esperibili da parte di un possessore di un locus che sia stato privato del suo possesso, il ricorso all'interdetto consigliabile, malgrado la sua executio perplexissima, solo se la possessio del petitor sia stabile o continua, la possessio deve essere anteriore allo spossessamento (firma). Se ci non possibile, appare preferibile il ricorso all'azione petitoria civile.I luoghi per i quali la possessio firma (stabile), e che quindi sono difendibili con l'interdetto, sono quelli coltivati. I luoghi coltivati sono difendibili tramite interdetto perch il possesso di essi si accerta provando un tempo di insistenza sul bene anche breve, data appunto la sua continuit. Il pretore non avr avuto difficolt a tutelare nei confronti di uno spogliante il soggetto che avesse anche per breve tempo insistito su di un terreno coltivato, questo perch, il terreno coltivato necessitando di un'assidua presenza dell'uomo, anche un breve tempo di insistenza era sufficiente ad attribuire la qualifica di possessore al soggetto che avesse esercitato quelle attivit che denotavano l'esistenza di una situazione di signoria. Nel caso di controversia del possesso, potrebbe darsi il caso che non una sola persona fosse nelle condizioni di provare una, precedente o attuale, relazione di fatto col bene. Quindi quale di questi soggetti potr invocare la tutela possessoria, nell'ipotesi dell'insorgere di una controversia?Allora Frontino consigli di evitare la procedura interdittale e di optare per la rei vindicatio (lo strumento necessario per difendere il dominium ex iure Quiritium era la rei vindicatio. Era un'azione che spettava al proprietario non possessore, ed era rivolta contro il possessore non dominus e tendeva a far conseguire al dominus il possesso). I saltus hiberni et aestivi sono beni che presentano le caratteristiche dei luoghi per i quali Frontino sconsiglia il ricorso alla procedura interdittale, sono luoghi la cui possessio minus firma (meno stabile/continua). Quindi il possessore di un saltus come potrebbe difendere il proprio possesso (fornendo la prova della signoria del bene) se nella stagione a lui sfavorevole, altri avesse iniziato a comportarsi nei confronti del saltus come possessore? Il pastore che all'inizio dell'azione sfavorevole si allontana dal saltus senza lasciare un saltuarius (soggetto con funzione di custodia), era esposto al rischio di ritrovarvi stanziato un terzo, che aveva nel frattempo esercitato la signoria sul bene e che, all'atto pratico, poteva risultare vincitore nella controversia possessoria. Quindi esisteva il problema della conservazione e della tutela di un possesso non materialmente esercitato esisteva. Allora Proculo formul la sua dottrina della ritenzione animo del possesso.

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  • 5. L'ANIMUS NELLA RITENZIONE DEL POSSESSOIl problema della ritenzione del possesso non corporalmente esercitato si pone infatti solo nella ragionevole previsione che, entro un determinato lasso di tempo, il possessore attualmente lontano dal bene vi faccia ritorno, dimostrando con questo comportamento un interesse alla conservazione.All'atto dell'abbandono del saltus, non vi possono essere certezze che il possessore che si allontana far successivamente ritorno e che sia pertanto utile e produttivo conservargli il possesso del bene durante la stagione climaticamente sfavorevole. Questi comportamenti del possessore che si allontana dall'immobile, non sono che altrettanti indici della volont che anima quest'ultimo di ritornare a fruire del saltus. Quindi sono dei sintomi dell'esistenza nel possessore dell'intenzione di tornare nella disponibilit del pascolo. Il possessore per il quale necessario conservare il possesso del saltus hibernus et aestivus colui che possiede anche l'animus revertendi. Si poteva conservare ad un soggetto il possesso di un immobile privo di custodia in quanto questi, allontanandosene, avesse l'intenzione di ritornarvi successivamente. Egli riteneva perci il possesso in virt di questa intenzione, di questo animus, che era dunque un animus revertendi. Fino al momento del ritorno non si pu sapere se il possessore ritorner e se sia utile conservargli il possesso. Se quest'ultimo fa ritorno e con ci rende esplicito che questa intenzione egli aveva al momento dell'abbandono dell'immobile, l'entrata nel bene che il terzo avesse nel frattempo compiuto rimane senza effetto. In base a questo ragionamento si pu dire che gli animali di natura fera dotati di consuetudo revertendi e i saltus hiberni et aestivi, quindi entrambi beni in cui non possibile una custodia continuativa, le sue stesse modalit di sfruttamento comportando invece il frequente venir meno della disponibilit materiale e della possibilit di ricostituirla ad libitum. Il possesso poteva persistere purch si potesse prevedere che la normale situazione di disponibilit materiale si sarebbe ricostituita, e ci poteva avvenire sia se la cosa posseduta aveva l'animus revertendi al possessore, sia se il possessore aveva l'animus revertendi alla cosa posseduta.

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    6. LA PERDITA DELLA POSSESSIO ANIMO RETENTATesto delle Istituzioni di Gaio:

    Istituzioni di Gaio 4.153Che inoltre i pi ritengono che il possesso possa essere conservato anche con l'animus, cio quando n noi stessi siamo sul bene n un altro vi sia in nome nostro, tuttavia se saremo venuti via da quello non con l'animus di perdere il possesso, ma per ritornarci successivamente (sed postea reversuri), noi sembriamo conservare il possesso...

    L'animus che consente la ritenzione del possesso, quell'animus di non abbandonare il possesso quando ci si stacchi dal bene, ma di farvi successivamente ritorno. Se sul bene si trova lo stesso possessore o un terzo esercita la disponibilit materiale in nome di quello, quindi vi una custodia del bene, non luogo a parlarsi di ritenzione animo. Anche quando un possesso non viene corporalmente esercitato, si vuole comunque tutelare il possessore attuale, in maniera tale che non possano insorgere controversie circa l'esistenza o meno del possesso. Se un terzo si iniziato a comportare come possessore nei confronti del bene, questo comportamento non avr alcuna rilevanza, se il possessore iniziale, far ritorno. Se questo non dovesse avvenire, viene a cadere ogni possibilit di incertezza e di controversia, quindi il terzo che si immesso nel bene, lo posseder. Il testo delle Istituzioni di Gaio 4.153 presenta un'equiparazione fra l'intenzione di non abbandonare il possesso e l'intenzione di ritornare nel possesso: si tratta di due formulazioni diverse di una

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  • medesima regola.La perdita della possessio animo retenta non ha ad oggetto i saltus hiberni et aestivi (solo in un caso), ma generalmente i beni immobili. Testo in merito alla perdita della possessio animo retenta:

    D.41.2.25.2 (Pomponio, nel libro 23 del commento a Quinto Mucio)Ci si pone poi il quesito se ci che possediamo solo con l'animus noi lo possediamo fino a che un altro non vi sia material-mente entrato, sicch prevalga il suo possesso materiale, oppure (cosa che sembra pi probabile) se lo possediamo fino a che qualcuno non ci respinga mentre ritorniamo, oppure noi cessiamo di possedere con l'animus perch sospettiamo di poter essere respinti da colui che entrato nel possesso: e ci sembra pi utile.

    La possessio animo retenta la si perde in un momento successivo rispetto all'invasione del terzo. Precisamente quando il possessore che ritorna viene violentemente respinto dall'invasore, oppure quando egli rinuncia addirittura a ritornare.Dato che l'animus che consente la ritenzione del possesso, il venir meno di quest'ultimo dovr essere causato dal venir meno dell'animus stesso. Il possesso si perde con la reiezione violenta, e non prima, poich fino a quel momento, il possessore aveva l'animus revertendi. Quando il possessore tornato sul fondo, non pi luogo a parlare di animus. Se egli non riuscir a riprendere possesso del bene occupato, avr perduto il possesso, mentre se riuscir a scacciare l'invasore, eserciter corporalmente la signoria, per l'innanzi ritenuta animo. Quindi se il possessore rinuncia fin da subito a scacciare l'invasore, temendo una sua reazione, perder fin da subito il possesso, perch ha perso anche l'animus revertendi. Nulla importa che il venir meno dell'animus revertendi sia stato causato dal comportamento del terzo.

    D.41.2 (Papiniano, nel libro 23 delle questioni) (44.2)... si disse infatti che i pascoli invernali ed estivi, il cui possesso conservato con l'animus, (45) bench non vi abbiamo (lasciato) n un servo n un colono, (46) ancorch un terzo sia entrato nei pascoli con l'intenzione di possedere, li possiede il precedente possessore fintantoch ignori che il possesso stato occupato da un terzo ...

    Oggetto di ritenzione animo del possesso sono i saltus hiberni et aestivi. Beni che si sono supposti essere l'ambito originario di applicazione della dottrina in questione. Il possesso del saltus dura finch dura l'ignoranza che un terzo vi si immesso. Quindi termina con la conoscenza dell'occupazione. Secondo Pomponio, come afferma anche nel D.41.2.25.2, la conoscenza era del tutto irrilevante ai fini della conservazione del possesso, poich, malgrado l'avvenuta conoscenza dell'occupazione da parte del terzo, il possessore continuava a possedere finch continuava ad avere l'intenzione di ritornare sul bene.Vi una diversa regolamentazione per i saltus rispetto agli altri immobili, cos che la perdita del possesso avvenga per essi in un momento diverso, e precedente.Paolo scrisse:

    D.41.2.3 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)(7) Ma anche se tu possiedi solo con l'animus, anche se un altro si trovi nel fondo, possiedi tuttavia ancora tu. (8) Se qualcuno faccia sapere che una casa stata occupata da malfattori e il proprietario impaurito non vi voglia entrare, chiaro che egli ha perduto il possesso...

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  • Nel par. 7 si sottolinea come l'occupazione di un terzo sia irrilevante ai fini della perdita del possesso. Se questo ritenuto animo.Nel par. 8, in una fattispecie simile, viene puntualizzato il momento in cui avviene lo spossessamento. Avviene quando il dominus, intimorito dal terzo, non vuole entrare nel fondo. In questo modo egli ha abbandonato l'intenzione di ritornare. Paolo scrive ancora che:

    D.41.2.7 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)Ma anche se non voglia ritornare sul fondo perch teme che l'occupante sia pi forte, sembrer avere perduto il possesso: e cos scrive anche Nerazio.

    Questo testo prevede l'ipotesi che il possessore rinuncia a tentare il recupero del fondo per timore di una vis maior (maggior forza) da parte del terzo. Chi non vuole ritornare sul fondo ha perduto l'animus revertendi e quindi il possesso stesso.

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    7. L'ANIMUS NON E' ELEMENTO DEL POSSESSOL'animus non elemento soggettivo del possesso, l'entit spirituale dalla cui unione col corpore possidere, con la materiale e fisica disponibilit del bene, risulta la nozione romana di possesso. Ma nozione accessoria ed estrinseca all'istituto. Savigny teorizz nella sua opera la nozione di possesso come risultante dell'unione di un elemento obiettivo (corpus) e di uno subiettivo (animus).Cannata sosteneva che l'animus, oltre a essere elemento del possesso, era anche mezzo parallelo ed alternativo al corpus per possedere. Normalmente si possedeva col corpus ma quanto si possedeva, e non corporalmente, si possedeva con l'animus. Per Cannata animus, significava anima del possessore, un'entit sussunta dai giuristi proculiani, per giustificare un acquisto, una conservazione o una perdita di possesso realizzate indipendentemente dall'attivit fisica e corporea del possessore.Con Paolo il concetto di animus cambi e si giunse a quello che oggi si intende.Animus significa: intenzione e/o proposito.

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    8. IL POSSESSO NEL CASO DI MANCANZA DELL'INTERMEDIARIOL'animus valorizzato dalla giurisprudenza classica nella ritenzione del possesso sia l'animus revertendi, pu essere suffragata dall'esame di due casi di ritenzione del possesso nell'ipotesi in cui la disponibilit materiale della cosa sia carente:

    conservazione del possesso di un immobile quando l'intermediario sia venuto a mancare; conservazione del possesso del servus fugitivis.

    Esaminando i testi riguardanti tali argomenti, l'animus non gioca alcun ruolo nelle soluzioni adottate, questa situazione sarebbe difficile da spiegare se si intendesse animus come elemento subiettivo del possesso, cio come anima del possessore. In entrambi i casi potrebbe logicamente concludersi che data l'esistenza di un possesso non corporalmente esercitato, esso dovrebbe trovare la propria giustificazione proprio nell'animus.Nella ritenzione del possesso dell'immobile quando l'intermediario fosse venuto a mancare e nella ritenzione del possesso del servus fugitivus i giuristi romani classici non facevano ricorso all'animus per l'ovvia ragione che la perdita della disponibilit materiale del bene posseduto non era stata determinata dall'allontanamento del possessore n poteva ipotizzarsi una sua intenzione di ritornare successivamente alla cosa posseduta. Quindi i giuristi per giustificare la ritenzione del possesso che nei casi accennati poteva verificarsi,

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  • non potevano enunciare una regola sull'animus, poich avrebbero dovuto mutare il significato di animus stesso.

    D.4.3.31 (Proculo, nel libro 2 delle epistole)Se qualcuno avr sobillato la mia famiglia servile a venir via dal possesso, vero che il possesso non viene perduto, tuttavia contro di lui (mi) spetta un'azione di dolo, se me ne sar derivato qualche danno.

    La familia, sobillata da un terzo, ha abbandonato il fondo, rimasto privo di custodia. Il possesso non va perduto, n la ritenzione in parola giustificata in base all'animus. Forte contrasto tra il testo di Proculo e quello di Africano. Nel testo di Africano prevista l'ipotesi della morte, e dell'allontanamento, da parte del colonus, mentre in quello di Proculo previsto l'allontanamento della familia di schiavi. L'allontanamento di servi e di coloni non poteva sortire alcun effetto sul possesso del proprietario. Quindi i giuristi romani debbono essere pervenuti per tempo a sancire l'irrilevanza dell'allontanamento servo per quanto attiene al possesso del dominus. Dalla met del I secolo a.C., le figure di colono e di schiavo tendono ad avvicinarsi. E con Papiniano e Paolo (circa II-III sec. d.C.) servo e colono sono equiparati fra loro in una unitaria previsione per quanto attiene agli effetti possessori del loro venir meno, a qualsiasi ragione. Testo di Africano:

    D.41.2.40.1 (Africano, nel libro 7 delle questioni)Se per caso il colono, tramite il quale il proprietario (del fondo) possedeva, sia venuto a morte, per motivi di utilit si stabil che per mezzo del colono il possesso fosse conservato e contenuto: alla sua morte non deve dirsi che esso si interrompa immediatamente, ma (che si interromper) solamente quando il proprietario avr trascurato di prendere il possesso (personalmente). (Giuliano) afferma che diversamente si deve pensare se il colono abbia abbandonato spontaneamente il possesso. Ma ci vero se nessun estraneo abbia nel frattempo posseduto la cosa, ma essa sia rimasta sempre nell'eredit del colono.

    All'interno del testo stupisce il fatto che, morto il colono, il possesso venga conservato al dominus per colonum. Il concetto di per colonum stato sostituito ad un originario per heredem coloni. Quindi da questa sostituzione nascono due possibilit:

    o l'erede del colono colono anch'egli; o l'erede del colono non era un colono.

    Pi probabile per che il giurista avesse pensato ad un intermediario erede del colono, ma non colono a propria volta. Questa ipotesi spiegata nel testo seguente:

    D.19.2.60.1 (Labeone nel libro 5 dei posteriori epitomati da Giavoleno)Ritengo che l'erede del colono, anche se non sia colono, tuttavia possieda per il proprietario.

    La testimonianza di Labeone deve essere analizzata con cautela.Perch l'erede del colono possieda per il dominus anche quando non colono, necessario che l'erede stesso si trovi nella disponibilit materiale del bene locato. Se ci avviene egli possieder certamente a vantaggio del dominus, indipendentemente dal fatto che sia o meno a propria volta colono, non avendo la possibilit di mutare il titolo cui possedeva il de cuius. E se egli si immette nella materiale disponibilit del bene, possiede nomine domini, cos come il colono defunto. L'ipotesi prevista nella prima parte del testo di Africano, consiste nel fatto che l'erede del colono non si immetta nella materiale disponibilit del bene e lo lasci quindi, esattamente come nel caso di

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  • volontario allontanamento, totalmente privo di intermediario. Quindi il testo di Africano dovrebbe essere interpretato cos:Se per caso il colono, tramite il quale il proprietario (del fondo) possedeva, sia venuto a morte, per motivi di utilit si stabil che il possesso fosse conservato e continuato: alla sua morte non deve dirsi che esso si interrompa immediatamente, ma (che si interromper) solamente quando il proprietario avr trascurato di prendere il possesso (personalmente). Ma ci vero se nessun estraneo abbia nel frattempo posseduto la cosa, ma essa sia rimasta sempre nell'eredit del colono. (Giuliano) afferma che diversamente bisogna pensare se il colono abbia abbandonato spontaneamente il possesso.E' una ricostruzione dove vi una contrapposizione che lascia intendere che, nella prima ipotesi come nella seconda (o l'erede del colono colono anch'egli, o l'erede del colono non era un colono), il fondo sia rimasto totalmente privo di intermediario. Sempre con l'ipotesi che, morto il colono, nessuno si trovi sul fondo, meglio si accora la seconda limitazione. La seconda limitazione ben si giustifica qualora si ritenga che il fondo rimasto totalmente incustodito e pertanto occupabile senza doverne previamente cacciare l'intermediario.RIASSUMENDO: se il colono muore e viene cos a mancare l'intermediario al possesso, ragioni di utilitas hanno suggerito di non considerare interrotto il possesso del dominus, purch quest'ultimo non trascuri di immettersi personalmente nella disponibilit materiale del fondo e nessuno nel frattempo lo abbia posseduto. Se il venir meno dell'intermediario dovuto al suo volontario allontanamento, il possesso non dovr intendersi ritenuto e continuato, ma immediatamente interrotto. Qualora in questo periodo il possesso fosse ritenuto animo, la circostanza che un terzo si immettesse nel bene non avrebbe dovuto avere rilevanza alcuna. L'occupazione da parte di un terzo di un immobile il cui possesso fosse ritenuto animo era irrilevante, poich solo la reiezione violenta o il mancato ritorno sul fondo comportavano la perdita del possesso. Se il dominus, il cui intermediario al possesso fosse morto, avesse ritenuto animo il possesso stesso, non sarebbe addirittura stato possibile che un terzo interim possedesse. D.41.4.7 pr. (Giuliano nel libro 44 dei digesti)Colui che possedeva un fondo a titolo di compratore venne a morte prima di completare l'usucapione: i servi, che erano stati lasciati nel possesso, se ne andarono con lo scopo di abbandonarlo: venne posto il quesito se, ci nonostante, possa scorrere il tempo dell'usucapione. (Giuliano) rispose che, anche nel caso che i servi se ne vadano, questo tempo scorre a vantaggio (dell'usucapione) dell'erede.

    Giuliano nel caso di allontanamento dei servi lasciti nel possesso dall'usucapione pro emptore, riteneva possibile la continuazione dell'usucapione, ma non quella del possesso. L'allontanamento dei servi, avrebbe avuto effetti estintivi del possesso. I servi di cui parla Giuliano, nel testo precedente, sono quei servi che si trovano sul fondo, insieme al possessore, e che vi rimangono fino alla sua morte. Non sembrano essere degli intermediari. Con questa constatazione si potrebbe parlare di possesso nomine proprio, quindi non si parla di possesso tramite intermediario. La fine del possesso che Giuliano intende, dovuta alla morte del possessore e non al venir meno dei servi. E' una particolare fattispecie che nulla ha in comune con quella di Proculo (4.3.31) e che legittima quindi una particolare e diversa soluzione. Per comprendere il testo di Giuliano bisogna fare una constatazione. L'allontanamento dei servi che erano stati lasciati nel fondo avviene dopo la morte del possessore. Con la morte delde cuius-possessore non vi sono gi pi incertezze di sorta sulla continuazione o meno del possesso. E' certo infatti che esso termina e che riprender solo se e quando l'erede compir la presa di possesso.Il possesso si considera vacuo, nell'arco di tempo che corre tra la morte del de cuius e la presa di

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  • possesso dell'erede. Questo fatto non incide sull'usucapione dell'erede, anche il tempo durante il quale il possesso da considerarsi vacuo, va computato a vantaggio dell'usucapione. Vi un'unica condizione perch ci avvenga: nessun terzo nel frattempo deve possedere il bene.Il testo, appena esaminato, di Giuliano, estraneo alla perdita di possesso quando l'intermediario sia venuto a mancare. Tornando all'analisi del mancanza dell'intermediario:

    D.41.2.25.1 (Pomponio, nel libro 23 del commento a Quinto Mucio)Possediamo tramite i coloni e gli inquilini [o i nostri servi]: e se vengano a morte, o impazziscano o diano in locazione il bene ad un altro, si intende che noi conserviamo il possesso. E non c' alcuna differenza tra il colono e il nostro servo, tramite il quale conserviamo il possesso.

    Alla morte del colono, ipotesi gi contemplata da Giuliano, Pomponio aggiunge anche l'ipotesi della pazzia, nonch quella della locazione ad altri. Confrontando il testo di Pomponio e di Africano si pu desumere che i casi di ritenzione del possesso gi esercitato per intermediario vanno applicandosi, poich alla morte si aggiunge ora la previsione della pazzia. D'altro canto lo stesso confronto pu far concludere che Pomponio non avverte la deviazione dai presupposti materialistici del possesso che l'ammissione della conservazione malgrado la morte dell'intermediario comporta. Pomponio non fornisce motivazione alcuna, cos come motivazione non forniranno i giuristi che tratteranno la medesima questione. Una motivazione alla conservazione del possesso quando l'intermediario fosse morto era evidentemente divenuta non necessaria, essendo ormai stata assimilata l'idea che il possesso potesse rimanere conservato quando per cause naturali l'intermediario fosse venuto a mancare. Pomponio presenta la stessa idea di Giuliano, in merito all'allontanamento volontario dal fondo da parte dell'intermediario:

    D.41.2.31 (Pomponio, nel libro 32 del commento a Sabino)Se un colono non per abbandonare definitivamente il possesso fosse uscito dal fondo e vi avesse poi fatto ritorno, chiaro che possiede sempre il medesimo locatore.

    Con questo testo Pomponio vuole sottolineare che qualora l'allontanamento del colono non abbia carattere definitivo, attuato al fine specifico di abbandonare la disponibilit materiale del bene, e sia seguito dal successivo ritorno sul fondo, il locatore continua a possedere anche durante il periodo intermedio di assenza. E poi Pomponio precisa che non ogni allontanamento sortir la perdita del possesso, ma solo quello definito. La soluzione che Pomponio avanza nel testo, non ha nulla a che spartire con l'istituto della ritenzione dell'animo del possesso. Papiniano si trova su una posizione diversa rispetto a quella di Pomponio in merito alla conservazione del possesso:

    D.41.2.44.2 (Papiniano, nel libro 23 delle questioni)Ci detto, quando si discute della perdita del possesso, dir che c' molta differenza se noi possediamo personalmente o tramite intermediario: infatti di ci che teniamo con il nostro corpo il possesso va perduto [o con l'animus o anche con il corpo] purch noi siamo venuti via da quello con l'intenzione di non possedere; invece di ci che posseduto con il corpo del servo o anche del colono il possesso si perde solamente quando un altro vi si sia immesso, e questo possesso si perde anche se noi lo ignoriamo ...

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  • Secondo Papiniano la perdita del possesso avviene solamente quando ci si allontana dal fondo con l'intenzione di non possedere (animus non revertendi).Esistono due modi per perdere il possesso tenuto corpore nostro: perdita del possesso per digressio dal fondo, che viene accompagnata con l'intenzione di non possedere (non farvi ritorno). E' una perdita animo et corpore, poich per realizzarla appunto necessario far cessare la disponibilit di fatto del bene (possessio corpore) con l'intenzione di non ripristinarla (animus non revertendi). Il testo appena esaminato, potrebbe corrispondere ad un caso particolare, e non alla dottrina in generale. Dato che il testo una quaestio che il giurista utilizz per rispondere ad un quesito, che poteva ben avere ad oggetto un caso particolare. Vi sono due diverse regolamentazioni della perdita del possesso:

    la prima fondata sull'animus revertendi che ha luogo finch detto animus perduri, indipendentemente dalla circostanza che un terzo si trovi o meno sul bene;

    la seconda appare motivata da ragioni di ordine economico e pratico, che suggeriscono di conservare ad un soggetto un possesso non materialmente esercitato se e finch il comportamento dei terzi che si astengono dall'occupare il bene lo consenta.

    Testo di Paolo che in parte appoggia la soluzione raggiunta da Papiniano in tema di conservazione del possesso:

    D.41.2.3.8 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)... perch se il servo o il colono, tramite i quali io possedevo [con il corpo], se ne saranno andati o siano venuti a morte, io conserver il possesso [con l'animus].

    Testo che conferma l'interpretazione di Papiniano. Stupisce che dopo i testi di Africano e delle stesso Papiniano, Paolo afferma che la ritenzione giustificata in base all'animus. Anche Paolo sembra intendere l'animus che consente la conservazione del possesso come animus revertendi.L'animus, che viene accennato nel testo di Paolo, trova il suo fondamento nella circostanza che venuta a mancare la possessio corpore, quindi i due ablativi animo e corpore, si giustificano l'uno con l'altro.La possessio corpore non pu essere attivit del possessore, sebbene dell'intermediario. Poich l'intermediario che possiede corpore, e non gi il possessore tramite quello. L'inserzione del concetto di corpore dovuta a Paolo, infatti a partire dalla prima epoca postclassica la dottrina romana del possesso incomincia ad essere incentrata sui due elementi dell'animus possidendi (volont) e del corpore possidere (disponibilit materiale del bene). Questi due elementi debbono essere sempre ravvisabili in qualsivoglia situazione possessoria, se il possessore in nome proprio possiede corpore et animo, il possessore per intermediario sar detto possedere animo proprio-corpore alieno. A differenza dell'et classica, l'intermediario non pone pi in essere l'intera fattispecie possessoria a vantaggio di un terzo, ma ne realizza solo una parte, quella materiale, poich l'altra, cio quella spirituale (animus), deve invece essere presente nel possessore. Quindi all'eliminazione di corpore, segue di necessit quella di animo. Paolo, come altri giuristi, per giustificare la ritenzione del possesso se l'intermediario fosse venuto a mancare, non faceva perno sull'animus.RIASSUMENDO: le fonti consentono di individuare una tendenza verso la continuazione del possesso qualora il colono sia venuto a mancare.

    Giuliano riteneva perduto il possesso quando il colono avesse volontariamente abbandonato il bene, ma ne consentiva la ritenzione qualora lo stesso fosse morto;

    Pomponio considerava perdurante il possesso nel caso che l'intermediario fosse morto o impazzito, mentre nel caso che l'intermediario di volontario allontanamento dal fondo

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  • mostrava di distinguere, attribuendo loro diversi effetti quanto alla conservazione del possesso, l'intenzione dell'intermediario di ritornare sul fondo da quella di non farvi pi ritorno;

    Papiniano e Paolo facevano senz'altro continuare il possesso, malgrado la morte o l'allontanamento avessero fatto venir meno l'intermediario.

    Si possono trarre due conclusioni:1. la ritenzione del possesso non viene, nei casi di mancanza dell'intermediario, giustificata in

    base all'animus da nessun testo. Quindi si confermano i risultati dell'indagine precedente, relativa al significato di animus nella conservazione del possesso. I giuristi non potevano motivare la conservazione del possesso quando l'intermediario fosse venuto a mancare con una regola fondata sull'animus, poich la nozione che essi avevano di animus nella conservazione del possesso era quella di animus revertendi, n esso era ravvisabile nella situazione in questione, perch mai il possessore si era allontanato dal bene con l'intenzione di farvi ritorno.

    2. I giuristi romano, da Proculo a Paolo, assumono soluzioni sempre pi favorevoli ai possessori, fino a sancire la totale irrilevanza della mancanza del servo e del colono ai fini della conservazione del possesso.

    La giurisprudenza romana si adoperata per escludere questa conseguenza sfavorevole per i possessori. L'intermediario del possesso (servo, inquilino, colono) non deve e non pu pregiudicare col proprio comportamento gli interessi del possessore. Non si vuole che il comportamento di un soggetto, normalmente in situazione giuridica, economica o sociale subordinata rispetto a quella del possessore, possa a quest'ultimo cagionare un danno, negandosi quale intermediario al possesso.

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    9. IL POSSESSO DEL SERVUS FUGITIVUSL'animus non elemento del possesso e non si presta perci a giustificare ogni conservazione di possesso non corporalmente esercitato. Pu essere scorto nel modo in cui i giuristi romani hanno affrontato e risolto il problema del possesso del servus fugitivus. I giuristi romani non furono concordi circa gli effetti della fuga del servo:

    alcuni negarono che lo schiavo in fuga continuasse ad essere posseduto (Nerva e Pomponio);

    altri (la maggioranza) affermarono che lo schiavo in fuga continuava ad essere posseduto.Pensiero di Nerva figlio, riportato da Paolo:

    D.41.2.1.14 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)Nerva figlio afferma che, tramite un servo che sia in fuga, non noi possiamo possedere nulla ...

    Il giurista, negando che tramite il fugitivus, si potesse possedere, doveva evidentemente negare che il fugitivus stesso fosse posseduto. Dato che il possesso del sottoposto era il presupposto per l'acquisto del possesso all'avente potest. La lettura di D.41.2.47 (pag. -----) dove il giurista ai fini della conservazione del possesso dello schiavo, aveva fatto leva sul suo propositum reduendi. Nerva in altra occasione, D.41.2.3.13 (pag. -----), aveva richiesto per la conservazione del possesso delle cose mobili la custodia, e sottolineava prontamente che per lo schiavo la situazione era diversa. Anche in mancanza di custodia il possesso dello schiavo perdurava. Nerva figlio doveva considerare estinto il possesso del fugitivus, il quale non ha per definizione l'animus revertendi, ma che tale si qualifica proprio in base all'intenzione di sfuggire al dominus. Del medesimo pensiero, di negare il possesso del servus fugitivus, era Pomponio:

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  • D.41.1.54.4 (Pomponio, nel libro 31 del commento a Quinto Mucio)... Ma neppure tramite un servo altrui, che noi possediamo in buona fede, il proprietario potr usucapire a titolo di peculio senza saperlo, cos come (non usucapisce) tramite un fuggitivo, che egli non possiede.

    Il primo testo afferma che il dominus non possiede il fugitivus, il secondo nega l'acquisto del possesso per fugitivus, presupponendo perci che esso non sia posseduto. Nerva figlio e Pomponio negano il possesso del fugitivus, sono i soli giuristi che adottano questa soluzione.Opinione di Cassio:

    D.41.2.1.14 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)... il parere di Cassio e Giuliano invece che tramite quello (che sia in fuga) il possesso venga acquistato, esattamente come (viene acqui-stato) tramite quei servi che abbiamo in provincia.

    Cassio ammette il possesso del fugitivus. Accanto a Cassio, si trova anche Giuliano. Anch'egli non considera estinto il possesso del servus fugitivus. Ci confermato dalla seguente lettura:

    D.7.1.12.3 = Vat. 89 (Ulpiano, nel libro 17 del commento a Sabino)Pomponio ha un dubbio su questo, se uno schiavo fuggitivo, sopra il quale vi sia il mio usufrutto, stipuli qualche cosa con beni facenti parte del mio patrimonio oppure acquisti per [consegna] , per questo fatto conservi io l'usufrutto, come se lo usassi? E preferisce ammettere che io lo conservo. Spesso infatti, anche se non usiamo servi presenti, tuttavia conserviamo l'usufrutto (di essi): come ad esempio (quando non usiamo) un servo malato o infante, i cui frutti sono nulli, o uno schiavo di estrema vecchiezza: infatti anche se ariamo un campo, bench sia tanto sterile che non ne nasca frutto alcuno, noi (ne) conserviamo l'usufrutto. Tuttavia Giuliano, nel libro 35 dei digesti, scrive che anche se il servo non stipuli alcunch , ci nondimeno l'usufrutto viene conservato. Infatti, afferma, per la ragione per cui il possesso viene conservato dal [proprietario] anche se il servo in fuga, per la stessa ragione anche l'usufrutto [ conservato] .

    Di Gaio e della sua soluzione riguardante il servo in fuga, ci sono pervenuti due testi:

    D.41.2.15 (Gaio, nel libro 26 del commento all'editto provinciale)Si intende che noi cessiamo di possedere la cosa che ci stata sottratta cos come (cessiamo di possedere) la cosa che ci stata strappata con la violenza. Ma se ce l'ha sottratta colui che in nostra potest, finch la cosa si trova presso di lui noi non perdiamo il possesso, poich tramite persone di questo tipo (cio in potest) il possesso ci viene acquistato (e non sottratto). E questo il motivo per cui noi sembriamo possedere il servo fuggitivo, poich costui, come non pu sottrarci il possesso delle altre cose, cos non pu nemmeno toglierci il possesso di s stesso.

    Il potestati subiectus non pu sottrarre il possesso all'avente potest. Il servo, fuggendo, non pu sottrarre il possesso di s al dominus, e ne rimane perci posseduto.

    D.40.12.25.2 (Gaio, nel commento all'editto del pretore urba-no, nel titolo sul giudizio di libert)Bench comunemente si dica che, dopo l'instaurazione del giudizio sulla libert, l'individuo, sullo status del quale verte la controversia, nella situazione di libero, tuttavia, se (in realt) uno

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  • schiavo, certo che quanto [gli viene consegnato] o stipuli lo acquista al padrone come se non si fosse mai discusso della sua libert. Ma consideriamo (se ci sia vero anche per l'acquisto de) il possesso, poich, dopo l'instaurazione della lite, il padrone cessa di possedere (il servo). Ma meglio (concludere) che egli acquisti (il possesso), anche se non posseduto da quello. E poich vi accordo sul fatto che noi possiamo acquistare il possesso anche tramite un fuggitivo, cosa c' di strano che (il possesso) si acquisti anche tramite colui sul quale indaghiamo (cio il servo sulla cui libert si sta indagando)?

    Con l'introduzione del iudicium liberale l'individuo del cui status si discute considerato liberi loco. E qualora venga riconosciuto servo, gli acquisti nel frattempo operati andranno a vantaggio del dominus. I dubbi si prospettano per gli acquisti di possesso, dal momento che, in pendenza di liberale iudicium, il servo non posseduto da alcuno. Il testo pu provare che Gaio ammetteva la ritenzione del possesso del fugitivus. Paolo come Cassio e Giuliano:

    D.41.2.1.14 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)Nerva figlio afferma che noi non possiamo possedere nulla tramite il servo in fuga, bench si obietti che, finch egli non sar posseduto da un altro, da noi posseduto e nel frattempo anche usucapito. Ma si deciso per motivi di utilit che l'usucapione si compia, finch nessuno si sia impossessato di quello. Invece il parere di Cassio e Giuliano che il possesso venga acquistato tramite quello, come tramite quegli schiavi che abbiamo in provincia.

    Preferenza di Paolo per dottrina di Cassio e di Giuliano. Tale preferenza la si nota anche dal seguente testo:

    D.6.1.21 (Paolo, nel libro 21 del commento all'editto)Se un servo sar fuggito dal possessore di buona fede, indagheremo se egli fosse tale che sarebbe dovuto essere sottoposto a custodia. Infatti se appariva di buon carattere, tale che non sarebbe dovuto essere sottoposto a custodia, il possessore deve essere assolto, per con la clausola che, se nel frattempo lo aveva usucapito, si ritiri di fronte a chi lo reclama (cio il precedente proprietario) e dia garanzia di prestare i frutti di quel tempo durante il quale possedette. Invece se ancora non lo usucap, deve essere assolto senza che presti le garanzie ...

    D.41.3.15.1 (Paolo, nel libro 15 del commento a Plauzio)Se il servo che io possedevo sar fuggito, (anche) se si comporta come una persona libera, sembrer essere posseduto dal padrone (cio da me): ma cos bisogna intendere quando, se sar stato catturato, non sia disposto ad instaurare il giudizio sulla sua libert: infatti, se invece disposto alla lite, non sembrer essere posseduto dal proprietario, cui si predispose come avversario.

    Il servo in fuga posseduto dal padrone. Vi sono quattro testimonianze di Ulpiano, che riguardano la conservazione del possesso del fugitivus.

    D.41.2.13 pr. (Ulpiano, nel libro 72 del commento all'editto)Riporta Pomponio: essendo state delle pietre gettate nel Tevere a causa di un naufragio ed essendo state tratte fuori dopo un certo tempo, la propriet rimase integra durante quel tempo in cui erano sommerse? Io ritengo di conservare la propriet, penso invece di non conservare il possesso, (poich) il caso non simile a quello del fuggitivo: infatti il servo fuggitivo sembra essere posseduto da noi proprio perch egli non ci privi del possesso: ma per le pietre la cosa diversa.

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  • La propriet delle pietre conservata fino al loro recupero e accade il contrario per il possesso che va immediatamente perduto. Questo caso non ha nulla a che fare con il servus fugitivus, che continua ad essere posseduto allo scopo che la sua fuga non privi il dominus del possesso. La giustificazione della ritenzione del possesso del fugitivus che non si vuole che egli privi il dominus del possesso, quindi si ammette che il possesso stesso continui.

    D.44.3.8 (Ulpiano, nel libro 1 delle regole)Nella somma del tempo (di possesso), vero che scorre a vantaggio del proprietario anche quel tempo in cui il servo in fuga.

    Il testo si riferisce all'accessio temporis, che si trovava nell'interdetto utrubi ( interdetto proibitorio e tutelava il possessore nec vi nec clam nec precario, sempre rispetto all'avversario. Ed anche in esso, l'ordine era rivolto ad entrambi i litiganti. Interdetto che giovava sia per far cessare le molestie, sia per il recupero del possesso). L'accessio possessionis trovava applicazione sia nell'interdetto utrubi sia nell'usucapione. La circostanza che vi sia un dominus esclude infatti che si stia trattando di problemi di usucapione. Segno che il servo dal dominus posseduto anche durante il periodo di fuga.

    D.47.8.2.25 (Ulpiano, nel libro 56 del commento all'editto)Se il mio servo fuggitivo avr comprato determinate cose allo scopo di attrezzarsi ed esse gli stiano state violentemente sottratte, dal momento che queste cose sono nel mio patrimonio, posso agire per queste cose con l'azione di rapina.

    Le cose che venivano comperate dal fugitivus erano in bonis del dominus, il quale, qualora siano stato raptae (sottratte), potr esperire l'actio vi bonorum raptorum (azione per il quadruplo del valore dei danni provocati e delle cose asportate). Tale acquisto di possesso presuppone evidentemente la conservazione del possesso del fugitivus da parte del dominus.

    D.10.4.5.6 (Ulpiano, nel libro 24 del commento all'editto)Egualmente se qualcuno non abbia la possibilit di restituire, anche se possiede, tuttavia non sar convenibile con l'azione per l'esibizione, come ad esempio se il servo sia in fuga ...

    Colui dal quale fuggito il servo non pu essere convenuto con l'actio ad exhibendum dal momento che egli non ha la facultas restituendi, bench egli possieda il servo. Ulpiano ha confermato come anche questo giurista ritenesse irrilevante, ai fini della conservazione del possesso, la fuga del servo. Un altro giurista sembra andare sulla stessa linea dei giuristi precedenti:

    D.41.2.50.1 (Ermogeniano, nel libro 5 dell'epitome del diritto)Tramite un servo in fuga, se non posseduto da un altro n ritenga di essere libero, il possesso viene acquistato a noi.

    La soluzione del servus fugitivus si trova sulla stessa di linea di Cassio, Giuliano, Gaio, Paolo ed Ulpiano. L'acquisto del possesso tramite il servo in fuga presuppone il possesso del servo stesso. La soluzione data, dalla maggior parte dei giuristi, non muta in epoca postclassica.

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  • Sentenze di Paolo 2.31.37Il servo in fuga s posseduto dal padrone, ma il padrone non convenibile con l'azione di furto a nome di quello, poich non lo ha in potest.

    In un altro testo delle Sentenze di Paolo, la conservazione del possesso viene giustificata in base all'animus.

    Sentenze di Paolo 4.14.3Ogni qual volta deve farsi riferimento al numero dei servi ai fini dell'applicazione della legge Fufia Caninia, debbono essere computati anche i fuggitivi, [il cui possesso sempre conservato con l'animus].

    La ritenzione del possesso dei fugitivi attuata animo. La giustificazione in base all'animus della ritenzione del possesso del fugitivus si trova probabilmente in un testo di origine postclassica, poich i testi esaminati precedentemente non facevano alcun tipo di accenno all'animus. Un'origine ancora pi tarda tradisce un altro testo che venne attribuito a Paolo, dove la ritenzione del possesso del fugitivus giustificata in base all'animus.

    D.41.2.3.10 (Paolo, nel libro 54 del commento all'editto)Se il servo che io possedevo si comporti come un uomo libero [come fece Spartaco] e sia pronto a resistere in un giudizio sulla sua libert, non sembrer essere posseduto dal padrone, al quale si dispone ad essere avversario. [Ma ci vero se rimane in libert per molto tempo: invece se avr richiesto la libert e implorato il giudizio sulla sua libert vivendo come un servo, comunque in mio possesso e io lo possiedo con l'animus finch non sar stato dichiarato libero.]

    L'origine giustinianea di questo testo pu essere appurata in virt del confronto che pu compiersi con un altro testo di Paolo (D.41.3.15.1). Lo stesso Paolo mostrava di non fare alcuna distinzione a seconda che il servo fosse rimasto per breve o lungo tempo lontano dal possessore. Se il fugitivus era comunque pronto a sostenere il iudicium liberale non poteva pi dirsi posseduto dal dominus. Soluzione che preoccupava i compilatori, che erano preoccupati di salvare il pi possibile il possesso del dominus. Quindi conclusero che esso andava perduto solamente se il servo diu in libertate moratur, mentre se si verificava il caso opposto, il suo possesso era ritenuto animo dal dominus fino alla eventuale pronuncia di libert. In conclusione, la ritenzione animo del possesso del fugitivus nozione che si afferma in testi che non riproducono il diritto classico. I giuristi classici non hanno mai fatto leva sull'animus in tema di fugitivus. Due considerazioni:

    nella giurisprudenza romana classica, vi erano due correnti di pensiero: una che nega il possesso del servus fugitivus. Appartenenti a questa corrente furono,

    Nerva figlio e Pomponio. scuola proculiana. una che afferma il possesso del servus fugitivus. Appartenenti a questa corrente furono,

    Cassio, Giuliano, Gaio, Paolo, Ulpiano, ed Ermogeniano. Questa tesi presi il sopravvento sull'altra. scuola sabiniana.

    la ritenzione del possesso del servus fugitivus non giustificata in base all'animus, solamente due dei testi presi in considerazione, affermano il contrario: Sentenze di Paolo 4.14.3, e D.41.2.3.10 Paolo. Il primo testo proviene da una compilazione che subito cospicue alterazioni, mentre il secondo testo, nella parte che riguarda l'animus di totale fattura giustinianea.

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  • Cassio e Giuliano in D-41.2.1.14 (pag. -----) non possono ignorare che la situazione del fugitivus sostanzialmente assai dissimile da quella del servo che si trovi in provincia e quest'ultimo pur sempre sotto il controllo del dominus, a vantaggio del quale svolge la propria attivit. Il servusw fugitivus anche se vicino al dominus, non si considerer, n in effetti , sotto il suo controllo e gli rifiuta i proprio servizi. Cassio e Giuliano operano una piena equiparazione fra servus fugitivus e servus provincia, vanificando gli effetti della fuga.Gaio afferma che: E questo il motivo per cui noi sembriamo possedere il servo fuggitivo, poich costui, come non pu sottrarci il possesso delle altre cose, cos non pu nemmeno toglierci il possesso di s stesso. Ulpiano dice: infatti il servo fuggitivo sembra essere posseduto da noi proprio perch egli non ci privi del possesso: ma per le pietre la cosa diversa.I mezzi che vengono utilizzati, servono al fine che il dominus possa ritornare nella disponibilit materiale del servo che fuggito. Ma in realt cospirano al medesimo fine, tutelare l'interesse di quella classe sociale dominante che fa largo uso di lavoro servile e per la quale la perdita del possesso dei servi fugitivi si tradurrebbe in un rilevante danno economico.

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    10. LA RITENZIONE ANIMO DEL POSSESSO DAI SALTUS HIBERNI ET AESTIVI AGLI ALTRI IMMOBILII saltus hiberni et aestivi, per le particolari modalit di utilizzazione che presentavano, furono l'ambito originario di applicazione dell'istituto della ritenzione animo del possesso. I giuristi fecero ricorso all'animus anche per la conservazione del possesso di immobili che non presentavano le peculiarit di utilizzazione proprie dei saltus. Ulpiano in D.43.16.1.25 (pag. -----) lo ha affermato. Pomponio in D.41.2.25.2 (pag. -----), Gaio in 4.153 (pag. -----), Paolo in D.41.2.3.7 (pag. -----) e in D.41.2.7 (pag. -----), non fanno mostra di limitare ai soli saltus l'istituto in questione. Se si prende in considerazione l'ultimo testo elencato, quello di Paolo, l'estensione della ritenzione animo del possesso era gi nota a Nerazio. Questo potrebbe significare che Nerazio riteneva perduto il possesso al momento della rinuncia a ritornare per timore di una reiezione violenta, ma non necessariamente che l'oggetto del possesso fosse un fondo qualsiasi. Pomponio, Gaio e Paolo, in forma esplicita od implicita, non lasciano dubbi in proposito.L'animus revertendi ravvisabile anche nel possessore di qualunque immobile anche se temporaneamente il possessore ne allontani. L'acquisto di un possesso che fosse da altri ritenuto animo non poteva avvenire a titolo clandestino. Possessore clandestino colui che si immette nel possesso nell'ignoranza dello spogliato, temendo la controversia:

    D.41.2.6 pr. (Ulpiano, nel libro 70 del commento all'editto)Diciamo che possiede clandestinamente colui che entrato in possesso (di una cosa) in modo furtivo nell'ignoranza di colui che sospettava che gli avrebbe sollevato una controversia e temeva che lo facesse ... Per cui, dice Pomponio, acquista clandestinamente il possesso colui che, temendo una futura controversia, entra furtivamente nel possesso nell'ignoranza di colui di cui aveva timore.

    Questa eventualit del tutto esclusa quando il possesso in cui clandestinamente si entri sia ritenuto animo. L'acquisto non avverr mai al momento dell'occupazione e ignorante domino, sebbene in un momento successivo non ignorante, perci invito, domino.Se il possessore che ritornava scacciava l'invasore che clandestinamente si era immesso nel bene, egli non recuperava un possesso sottrattogli, ma continuava nel precedente possesso come se mai occupazione vi fosse stata. Quindi il possesso non era mai stato interrotto.

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  • Se il possessore, invece, che ritornava non riusciva a scacciare l'usurpatore, il possesso si interrompeva, ma l'acquisto dello spogliatore, avvenendo invito domino, era qualificato come violento. Ulpiano riporta il pensiero di Labeone, autore che non conosceva l'istituto della ritenzione animo del possesso.

    D.41.2.6.1 (Ulpiano, nel libro 70 del commento all'editto)(Se) qualcuno, andatosene al mercato, non avr lasciato nessun (custode) e, mentre egli torna dal mercato, qualcuno avr occupato il possesso, Labeone scrive che costui sembra possedere clandestinamente: quindi, chi va al mercato conserva il possesso: ma se non avr ammesso nel possesso il proprietario che ritorna, si intende che possieda violentemente piuttosto che clandestinamente.

    Labeone afferma essere possessore clandestino colui che si immette nel bene mentre chi lo possiede andato al mercato. Quindi secondo l'autore, colui che si era allontanato dal fondo non ne conservava animo il possesso. In caso contrario l'occupazione clandestina non avrebbe comportato acquisto di sorta. La possessio vi nascer solo se il possessore clandestino si rifiuter di riammettere sul fondo il dominus che ritorna. Il risultato finale non diverso che se il possesso fosse stato ritenuto animo. Importante da dire che il possesso violento preceduto da un possesso clandestino, perdurante dal momento dell'occupazione al rifiuto di riammettere il revertens.Altro testo di Ulpiano prevede la medesima fattispecie trattata nel testo precedente, e non fa alcun accenno alla possessio clam.

    D.43.16.1.24 (Ulpiano, nel libro 69 del commento all'editto)Se qualcuno stato scacciato con la violenza mentre possedeva o col corpo o con l'animus, evidente che stato scacciato violentemente. Per cui se qualcuno fosse uscito dal suo campo o dalla sua casa senza avervi lasciato nessuno dei suoi (intermediari), e quando successiva-mente ritorna sia impedito dall'entrare nello stesso immobile, o se qualcuno nel frattempo lo avr tenuto lontano ed avr posseduto (il campo), (il precedente possessore) sembra essere stato cacciato con la violenza: infatti gli sottraesti il possesso che egli conservava con l'animus, anche se non col corpo.

    Il testo prevede l'ipotesi della reiezione violenta del revertens nonch l'ipotesi che il revertens sia violentemente impedito in medio itinere dal portare a termine il ritorno e perda per tale via il possesso. In entrambi i casi, non si parla di possessio clam. L'istituto della possessio animo retenta ha dunque posto nel nulla la possessio clandestina dell'occupante. Facendo continuare quella dell'assente. Se quest'ultimo, ritornando, riuscir a scacciare l'occupante ed a reimmettersi nel bene, il possesso si intender non interrotto, col tangibile vantaggio della non interruzione dell'usucapione.

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  • ESEGESI DELLE FONTI DEL DIRITTO ROMANOIN RERUM NATURA ESSE

    IN REBUS HUMANIS NONDUM ESSE

    Dottrina dominante: concepito non esistenza autonoma (mera parte del corpo altrui)- Paolo e Ulpiano: uso del neutro quod (quod in utero est)- Papiniano: nascituro = homo non recte- Ulpiano: mulieris portio vel viscerum, non pupillus.- equivalenza dei termini in rerum natura esse/non esse e in rebus humanis esse/non esse.

    Espressione in rerum natura esse/non esse:

    D. 1,5,26 (Giuliano nel libro 69 dei digesti) Coloro i quali sono nell'utero, in quasi tutto il diritto civile sono considerati in rerum natura. Infatti, ad essi sono concesse le legittime eredit: e se una donna incinta stata catturata dai nemici, ci che nasce ha il diritto di postliminio, e parimenti segue la condizione del padre o della madre: inoltre, se una schiava incinta stata sottratta, bench abbia partorito presso un compratore di buona fede, ci che nasce non viene usucapito come furtivo: ne consegue che anche il liberto, finch possa nascere un figlio al patrono, si trova nella situazione di coloro i quali hanno patroni.

    D. 38,16,7 (Celso nel libro 28 dei digesti) o se stato concepito vivo quello (l'ereditando), poich il concepito in un certo senso ritenuto essere in rerum natura.

    Istituzioni di Gaio 2,203 Anche la cosa che non in rerum natura pu, se solo ci sar, essere oggetto di un legato per damnationem, come i frutti che saranno prodotti in quel fondo oppure ci che da quella ancella sar nato.

    D. 30,24 pr. (Pomponio nel libro 5 del commento a Sabino) Ci che ancora non in rerum natura risulta che possa essere legato, come chiunque quella ancella avr partorito: o cos ci che dalla vite sar prodotto nel mio fondo o il feto soltanto dato.

    Espressione in rebus humanis esse/non esse:Paolo regola concepito considerato come in rebus humanis quando suo commodum.

    D. 1,5,7 (Paolo nel libro sulle parti da assegnare ai figli dei condannati) Colui il quale nell'utero trattato come se fosse in rebus humanis tutte le volte in cui viene in considerazione il vantaggio dello stesso parto: bench ad un altro, prima che nasca non sia in alcun modo di utilit.

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  • Ulpiano tutela pretoria dei non nati (non in rebus humanis) nella disciplina ereditaria.

    D. 37,9,1 pr. (Ulpiano nel libro 41 del commento alleditto) Come il pretore ebbe cura degli individui che erano gi in rebus humanis, cos (il pretore) non trascur anche coloro che non erano ancora nati, per la speranza di nascere. Infatti anche in questa parte dell'editto (il pretore) ha protetto questi, quando mette il ventre (cio il concepito) nel possesso dei beni invece di dare il possesso dei beni contro le tavole (testamentarie).

    Ulpiano immissione del concepito nella successione legittima.

    D. 37,9,7 pr. (Ulpiano nel libro 47 del commento alleditto) Ovunque si ammette qualcuno a succedere nei confronti di qualcuno che non abbia fatto testamento, l anche il ventre ammesso, certo se colui il quale nell'utero sia in tale condizione, vale a dire nella condizione di poter chiedere, se fosse in rebus humanis, il possesso dei beni: cosicch in tutte le parti dell'editto colui il quale nell'utero si ha come presente.

    Principali passi in materia concepito:

    D. 1,5,26 (Giuliano nel libro 69 dei digesti) Coloro i quali sono nell'utero, in quasi tutto il diritto civile sono considerati in rerum natura. Infatti, ad essi sono concesse le legittime eredit: e se una donna incinta stata catturata dai nemici, ci che nasce ha il diritto di postliminio, e parimenti segue la condizione del padre o della madre: inoltre, se una schiava incinta stata sottratta, bench abbia partorito presso un compratore di buona fede, ci che nasce non viene usucapito come furtivo: ne consegue che anche il liberto, finch possa nascere un figlio al patrono, si trova nella situazione di coloro i quali hanno patroni.

    D. 38,16,7 (Celso nel libro 28 dei digesti) o se stato concepito vivo quello (l'ereditando), poich il concepito in un certo senso ritenuto essere in rerum natura.

    D. 1,5,7 (Paolo nel libro sulle parti da assegnare ai figli dei condannati) Colui il quale nell'utero trattato come se fosse in rebus humanis tutte le volte in cui viene in considerazione il vantaggio dello stesso parto: bench ad un altro, prima che nasca non sia in alcun modo di utilit.

    Giuliano concepito (coloro i quali sono nell'utero, qui in utero sunt) considerato in quasi tutto il diritto civile essere in rerum natura.Paolo concepito (qui in utero est) considerato essere in rebus humanis ogniqualvolta vengono in rilievo i suoi, non altrui, vantaggi.Nelle letture dei due testi date dai Basilici (raccolta e commento al Digesto operato in lingua greca da Leone IX) e dagli Scolia (commenti ai Basilici) nel IX secolo...alle espressioni in rerum natura esse ed in rebus humanis esse viene attribuito lo stesso significato: essere gi nato (anti texcentos). Il testo di Giuliano viene quindi letto alla luce di quello di Paolo: il concepito considerato nel diritto civile come gi nato quando rileva il suo, non altrui, vantaggio.Il termine schedon dei Basilici, che equivale al paene (quasi) di Giuliano si fa riferire alla

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  • regola del commodum espressa da Paolo che, a differenza di questo, resta implicita.Lo stesso vale per il quodammodo di Celso.Inoltre il termine anti texcentos viene identificato con en fusei (in rerum natura): l'esistente identificato col nato. Quindi il nascituro, non essendo ancora nato, sarebbe stato ritenuto, quando non sussista il suo vantaggio per lo ius civile, non en fusei (non esistente), privo di autonoma rilevanza.

    Nella Glossa, nulla cambia: il nascituro equiparato al nato quando si tratta del suo utile. Odofredo Alberico da Rosate Baldo degli Ubaldi

    Tutti leggono Giuliano alla luce di Paolo, ma solo Baldo parla per primo di finzione.Cuiacio vede nella regola del commodum di Paolo, impiegata anche in Giuliano e Celso, la riproposizione della dottrina stoica: nascituro non considerato come un essere dotato di autonoma rilevanza, bens una portio matris, parte del corpo materno. Da qui la finzione inesistente nascituro come esistente nato.La lettura fin qui vista riproposta anche da Porther nelle sue Pandectae Justinianee.Studiosi successivi:

    Lamberti: lei pensa che per tutta et classica convinzione della non esistenza fisiologica dell'embrione, da qui la finzione giuridica. Il diritto influisce sulla concezione empirica della realt.

    Ipotesi: le due espressioni hanno significati differenti.Albanese: il nascituro in rerum natura, ma non in rebus humanis.Numerosi dubbi:

    1. le espressioni sono differenti2. Giuliano non esplicita la regola del commodum3. appare dubbia una fattispecie descritta da Giuliano in D. 1, 5, 26: se Giuliano adotta la

    regola del commodum, allora tutte le fattispecie dovrebbero definire una tale situazione, cosa che non avviene.

    Terzo esempio il figlio della schiava, gi concepito al momento del furto della donna, non pu essere usucapito da colui che in buona fede ha acquistato la schiava gravida.Il vantaggio non del figlio concepito, ma del padrone della schiava (ossia vantaggio di un terzo).Fabro nota la discrepanza nel testo di Giuliano e ...in conclusione: sembra che si sia giunti a questo risultato non per il fatto che il concepito considerato come il nato, ma per il fatto che il concepito al momento del furto era una parte della cosa furtiva. Fabro configura questa come un'eccezione alla regola.Non configurabile un'eccezione tra un elenco di esemplificazioni...alla ricerca del criterio unificante.Tutte le fattispecie possono esse spiegate tramite il presupposto di attribuire al concepito un'esistenza dotata di autonoma rilevanza. L'esistenza del concepito compatibile anche col caso dell'ancilla pregnas subrepta?

    Se la schiava fosse stata rubata non ancora incinta la disciplina sarebbe stata differente:

    D. 41,3,33 pr. (Giuliano nel libro 44 dei digesti) Non solo i compratori di buona fede, ma anche tutti coloro i quali possiedono per una causa alla quale l'usucapione suole seguire, fanno loro attraverso l'uso il parto dell'ncella furtiva, e questo penso che sia stato introdotto per una ragione giuridica: infatti per quella causa per cui uno

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  • usucapisce l'ancella, se non lo impedisce la legge delle XII Tavole o la legge Atinia, necessario che per quella causa usucapisca il parto, se presso di lui stato concepito e sar partorito in quel tempo nel quale ignorava che fosse furtiva la madre di lui.

    D. 47,2,48,5 (Ulpiano nel libro 42 del commento a Sabino)Se la schiava sottratta incinta o ha concepito presso il ladro, il parto furtivo, sia che sia partorito presso il ladro sia presso il possessore di buona fede: ma in quest'ltimo caso cessa l'azione di furto. Ma se ha concepito presso il possessore di buona fede e l ha partorito, accade che il parto non sia furtivo, e che possa essere anche usucapito

    Descrive ambo le ipotesi, se schiava sottratta incinta (o concepisce presso il ladro) sia essa che il parto sono furtivi e questo non potr essere usucapito, se schiva sottratta non incinta e concepisce presso il compratore di buona fede, il parto non furtivo e potr essere usucapito.

    Fabro il parto non usucapibile poich, al momento del furto, esso era una parte della res furtiva (la madre). Ipotesi di Fabro sembra errata, se concepito era pars rei furtivae (parte della madre rubata), non sarebbe stato res furtiva anch'esso, quindi era usucapibile. Inoltre non si spiegano le altre ipotesi sviluppate da Giuliano in D. 1, 5, 26.

    La ragione dell'inusucapibilit del parto della schiava sottratta incinta deve risiedere nel considerare il concepito come esistente.Ci viene affermato anche da Africano:

    D. 47,2,61 (60) (Africano nel libro 7 delle questioni) Si ritiene che come la schiava fuggitiva compia furto di s, cos renda furtivo anche il parto contrettandolo.

    La schiava incinta compie furto di s e rende furtivo anche il suo parto (partus). Termine partus usato sia per il figlio gi nato sia per quello solo concepito. Si profilano comunque due furti, a conseguenza di due esistenze separate. Argomenti a sostegno dell'ipotesi che il concepito esista: in rerum natura esse.

    D. 38,16,6 (Giuliano nel libro 59 dei digesti) Tizio, dopo aver diseredato il figlio, ha istituito un erede estraneo sotto condizione: si domanda, se dopo la morte del padre e pendente la condizione, il figlio ha sposato una donna e ha procreato un figlio ed deceduto, poi la condizione dell'erede istituito venuta meno, se la legittima eredit dell'avo possa spettarea questo nipote postumo. Risponde: colui il quale stato concepito dopo la morte del suo avo, questo n la legittima eredit di lui come erede proprio n il possesso dei beni come cognato pu ricevere, poich la legge delle dodici tavole chiama all'eredit colui che, morendo quello della cui eredit si discute, era in rerum natura,

    La condizione cui era stata sottoposta l'istituzione dell'erede non si verifica, determinando cos la caduta del testamento. A Giuliano chiesto di pronunciarsi sul diritto del nipote postumo (concepito e nato dopo la morte del nonno testatore) all'eredit legittima dell'avo. Tuttavia la legge delle XII Tavole chiama all'eredit soltanto colui che, alla morte dell'ereditando, in rerum natura (ossia colui che fosse almeno gi concepito al momento della morte dell'ereditando).L'espressione in rerum natura esse in questo passo deve quindi accomunare sia l'individuo gi nato sia quello solo concepito alla morte dell'ereditando...l'elemento comune ad ambedue deve quindi essere l'esistenza.

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  • Testi in cui l'espressione in rerum natura esse usato in forma negativa.

    Per indicare persone o cose non pi esistenti poich morte o distrutte:

    D. 30,69,5 (Gaio nel libro 2 del commento alleditto del pretore) Se si dubita che la cosa che stata oggetto di un legato sia in rerum natura, ad esempio se sia incerto che lo schiavo legato sia vivo, piacque certo che si possa agire con l'azione ex testamento (dal testamento), ma piacque che su iniziativa del giudice (l'erede) sia tenuto a prestare una cauzione (= promessa), in forza della quale l'erede assicurava che avrebbe cercato quella cosa e, se l'avesse trovata, l'avrebbe restituita al legatario.

    Materia di legato per damnationem con ad oggetto la consegna dello schiavo di cui si dubita essere ancora in vita (in rerum natura). L'erede deve compiere le opportune indagini e nel caso in cui lo trovi, consegnarlo.

    Per indicare persone o cose non ancora esistenti, perch futuri:

    D. 30,24 pr. (Pomponio nel libro 5 del commento a Sabino) Ci che ancora non in rerum natura risulta che possa essere legato, come chiunque quella ancella avr partorito: o cos ci che dalla vite sar prodotto nel mio fondo o il feto soltanto dato.

    Istituzioni di Gaio 2,203Anche la cosa che non in rerum natura pu, se solo ci sar, essere oggetto di un legato per damnationem, come i frutti che saranno prodotti in quel fondo oppure ci che da quella ancella sar nato.

    In ambedue si tratta della possibilit di fare oggetto di legato per damnationem una res futura (frutti di un fondo, figli di una schiava).

    Per indicare cose che non possono esistere poich irreali:

    Istituzioni di Gaio 3,97aUgualmente se qualcuno si sia fatto promettere una cosa che non pu essere in rerum natura, come un ippocentauro, la stipulazione inutile.

    Non pu esistere stipulazione con oggetto una cosa che non pu esistere (non pu essere in rerum natura), come ippocentauro.Da questi passi il legame tra l'espressione in rerum natura e l'esistenza viene rafforzato.

    D. 11,8,2 (Marcello nel libro 28 dei digesti) Una legge regia vieta che la donna che morta incinta sia sepolta prima che il parto sia fatto nascere: colui che viola il divieto sembra aver distrutto insieme alla gravida la spem animantis(= la speranza dell'essere vivente).

    Cuiacio speranza di essere vivente quindi il nascituro considerato mera parte della madre, priva di autonoma esistenza: solo con la nascita il concepito viene ad esistere.Concepito = spes

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  • Come rafforzare la seconda ipotesi?In numerosi testi il termine spes appare legato alla nascita, non al concepito (associato quindi al termine animans):

    D. 37,9,1 pr. (Ulpiano nel libro 41 del commento alleditto) Come il pretore ebbe cura degli individui che erano gi in rebus humanis, cos (il pretore) non trascur anche coloro che non erano ancora nati, per la speranza di nascere. Infatti anche in questa parte dell'editto (il pretore) ha protetto questi, quando mette il ventre (cio il concepito) nel possesso dei beni invece di dare il possesso dei beni contro le tavole (testamentarie).

    Immissione del concepito (non ancora in rebus humanis) nell'eredit legittima ad opera del pretore, a tutela della spes nascendi.

    D. 38,8,1,8 Ulpiano nel libro 46 del commento alleditto) Se qualche cognato pi prossimo si spera che nasca, in quella condizione che si dice ostacolare coloro che lo seguono: ma laddove non nato, ammettiamo colui che sembra pi prossimo dopo il ventre. Ma ci deve essere accettato cos, se colui il quale detto essere nell'utero stato concepito quando vivo colui del cui possesso dei beni si tratta, infatti se ( stato concepito) dopo la sua morte, n ostacola altri n lo stesso (concepito) ammesso, poich non stato cognato prossimo a quello, vivo il quale, non ancora animax (= essere vivente).

    In materia di successione legittima pretoria la chiamata all'eredit viene sospesa fintantoch si continua a sperare nella nascita di una erede (che deve essere stato concepito prima della morte dell'ereditando). Il nascituro concepito dopo la morte di questo non pu essere ammesso al possesso dei beni poich, vivo l'ereditando, egli non era ancora animax (essere vivente).

    Il termine animax del tutto assente nelle fonti giuridiche, infatti si suppone che il termine originariamente usato da Ulpiano fosse animal o animans: il primo soleva indicare ogni essere vivente animato, quindi tanto l'uomo quanto la bestia, il secondo termine compare nel passo di Marcello ad indicare il concepito quale essere gi esistente.

    Ulteriori argomenti circa l'esistenza del concepito: Celso, Ulpiano, Terenzio Clemente, Trifonino.

    D. 50,17,187 (Celso nel libro 16 dei digesti) Se qualcuno ha lasciato la moglie incinta, non sembra essere morto senza figli.

    Celso clausola si sine liberis decessisse: fedecommessi che imponevano di restituire in assenza di discendenti (liberi: figli, nipoti e altri discendenti). Il fatto che il solo concepito fosse sufficiente ad impedire l'avveramento della clausola sta a confermare che egli era ritenuto esistere.

    Sempre riguardo la condizione in esame:

    D. 36,1,18 (17),7 (Ulpiano nel libro 2 dei fedecommessi) Se qualcuno, avuto un figlio, lo avr perduto (a causa di morte), rimanendo lui in vita, sembra essere deceduto senza figli. Ma se in un naufragio o in una rovina o in una aggressione o in qualche altro modo il figlio sia morto insieme al padre, vediamo se la condizione (di essere morto senza figli) non si sia verificata. Io penso che (la condizione) si sia verificata (cio che il padre debba essere ritenuto morto senza figli), poich non vero che il figlio gli sia sopravvissuto. Pertanto o il figlio sopravvive al padre ed estingue la condizione del fedecommesso, o non

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  • sopravvive e la condizione si verifica; dunque, non apparendo chi sia morto prima e chi dopo, occorre dire che la condizione del fedecommesso si verificata.

    Risulta essere deceduto sine liberis colui che, pur avendo generato un figlio, lo abbia perduto mentre era in vita, oppure che sia deceduto assieme al figlio (commorienza). Per accertare l'avveramento della condizione bisogna fare riferimento ad un momento successivo alla morte del padre: soltanto i discendenti allora esistenti (tra cui il concepito) potevano impedire l'applicarsi della clausola.

    D. 50,16,153 (Terenzio Clemente nel libro 11 del commento alla legge Giulia e Papia)Deve essere ritenuto esserci al tempo della morte, colui il quale stato lasciato nell'utero.

    Altre ipotesi: Cuiacio il passo si riferisce ad un legato lasciato ad una persona morta senza figli ma con

    la moglie incinta; l'esistenza del concepito avrebbe impedito l'avve