ERITREA - GLI ANNI DIFFICILI - GLI ANNI...dino, la morte di 18 civili ed il ferimento di altri 64....

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1 ERITREA 1941 - 1951 GLI ANNI DIFFICILI A cura di Eros Chiasserini A cura di Eros Chiasserini A cura di Eros Chiasserini A cura di Eros Chiasserini A cura di Eros Chiasserini

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ERITREA1941 - 1951

GLI ANNI DIFFICILI

A cura di Eros ChiasseriniA cura di Eros ChiasseriniA cura di Eros ChiasseriniA cura di Eros ChiasseriniA cura di Eros Chiasserini

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In memoria delle vittime innocenti

di quel triste periodo.

(Eros Chiasserini)

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INDICE DELLE ABBREVIAZIONI

A.O.I. Africa Orientale ItalianaB.A.E. British Administration EritreaB.M.A. British Military AdministrationC.R.I.S. Comitato Rappresentativo Italiani in EritreaFF.EE. Ferrovie EritreeI.N.F.A.I.L.. Istituto Nazionale Fascista Assicurazioni Infortuni LavoroN.A.A.F.I. Navy, Army and Air Force Istitution.N.U. Nazioni UniteO.E.T.A. Occupied Enemy Territory AdministrationO.N.U. Organizzazione Nazioni UniteP.A.I. Polizia Africa ItalianaS.A.B.A. Stabilimenti africani Bevande AffiniS.A.T.A.E. Società anonima Trasporti Automobilistici Eritrea

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L’ 11 giugno 1940, il giorno successivo all’ini-zio delle ostilità, avvenne il primo bombardamentoaereo di Asmara. Nei primi giorni di guerra gli obiet-tivi della RAF furono essenzialmente militari ed idanni abbastanza contenuti. Le operazioni inizialicoinvolsero quasi esclusivamente il personale mi-litare dislocato nei vari settori dell’Impero e, a par-te il richiamo alle armi dei civili abili al servizio elo spostamento logistico di qualche famiglia delpersonale, la popolazione soffrì solo marginalmentele conseguenza della guerra appena iniziata.

In altre città dell’Eritrea le incursioni aeree fu-rono subito martellanti, continue ed indiscrimina-te. Ne fecero le spese Assab, con le prime vittimecivili già dal settembre 1940, poi Massaua e Che-ren dove, da li a poco, sarebbe iniziata l’epopea deinostri soldati nello strenuo tentativo di arginare ildilagare in Eritrea delle truppe britanniche.

Il 31 gennaio iniziò la battaglia di Cheren, unadelle più cruente dell’intero conflitto, che vide im-pegnate allo stremo tutte le nostre truppe fino a queltragico 27 marzo che di fatto segnò la perdita com-pleta dell’Eritrea.

Negli ultimi mesi precedenti alla resa, Asmarafu sottoposta a continui bombardamenti e non piùesclusivamente su obiettivi militari ma lanciati in-discriminatamente sulle varie zone della città comeper intimidire e fiaccare l’ormai esausta popolazionecivile e di riflesso per minare la volontà di resisten-za delle truppe impegnate tra le montagne di Che-ren.

Per le continue inevitabili perdite di aerei edinfine con la tragica morte dell’eroico Mario Vi-sintini, anche la nostra caccia non rappresentò più

un ostacolo per le forze aeree britanniche che in-tensificarono le loro azioni. Il bombardamento del28 febbraio causò numerosi danni nel centro citta-dino, la morte di 18 civili ed il ferimento di altri 64.

Il mese di marzo fu caratterizzato da incursionia cadenza giornaliera. L’ultima, il 30 del mese,quando ormai il destino dell’Eritrea appariva se-gnato, causò altri 12 morti e 35 feriti fra la popola-zione civile.

La notte tra il 31 marzo ed il 1 aprile vide lestrade di Asmara percorse da nutrite bande di sban-dati che si abbandonarono a violenze e saccheggisia dei depositi militari che di civili abitazioni, spa-racchiando e lanciando bombe a mano. Le zonemaggiormente interessate furono quelle dei merca-ti indigeni ed il quartiere di Ghezzabanda minac-ciati da ex ascari, per lo più etiopici dell’Hamara,affluiti dai campi di battaglia. Fortunatamente leancora presenti forze di polizia riuscirono ad argi-nare efficacemente le scorrerie e ripristinare unaaccettabile calma.

Il 1 aprile 1941, con l’ingresso delle truppe bri-tanniche in Asmara e, nei giorni immeditamenten-te dopo con la caduta di Decameré e di Massaua,iniziò l’occupazione militare dell’Eritrea.

Da quella data e fino agli anni ‘50, ebbe inizio esi protrasse la tragica sequenza delle aggressioni edegli omicidi a danno di italiani che pagarono unalto tributo di sangue e di dolore. La massima vi-rulenza si raggiunse nel periodo in cui si dovetterodecidere le sorti dell’Eritrea la cui popolazione erafortemente divisa sulla via da scegliere soprattuttoper l’intervento di forti pressioni esterne che pre-mevano per indirizzare le decisioni dell’ONU ver-

ANNI 1941 - 1942

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ASMARA - Corriere Eritreo - Anno XIX nr. 52 - 1 Marzo1941

ASMARA - 23 marzo 1941, gli inglesi bombardano Asmara perché le famiglie convincano gli eroici difensori diCheren ad arrendersi. Cominciano i bombardamenti: ecco come è stata ridotta Via Sacconi (tra Largo Camperio eViale Mazzini) dalle bombe esplosive ed incendiarie inglesi. (Da “Candido”)

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so la soluzione a loro più gradita. Il prologo di quanto sarebbe avvenuto durante

il periodo dell’occupazione - durata dal 1 aprile1941 al 15 settembre 1952 - si ebbe già con la pro-paganda di guerra che aizzava i nativi contro lealtre popolazioni immigrate, ed in particolare con-tro gli italiani, illudendoli con la promessa che aguerra finita ogni proprietà terriera ed immobiliaresarebbe passata automaticamente di diritto agli eri-trei.

Quale frutto di questa insensata propaganda, giànei primi mesi, si ebbero numerosi episodi di inva-sione e devastazione di concessioni agricole con-dotte da italiani oltre a saccheggi di negozi di pro-prietà di commercianti arabi, episodi che l’Ammi-nistrazione Militare Britannica non sempre riuscì areprimere, pur impiegando la forza, suscitando co-munque la reazione e la sorpresa dei nativi che sisentirono traditi e defraudati.

Prima del conflitto in Asmara e negli altri centridell’Eritrea in generale, gli episodi di rapina, bri-gantaggio o terrorismo erano rarissimi ma, una voltavenuta a mancare l’autorità del Governo Italianoincominciarono a verificarsi sempre più frequente-mente atti criminali a danno sia di italiani che dieritrei che sfociarono anche in sanguinose vendet-te, aggressioni ed assassinii nello stesso centro cit-tadino.

Agli inizi di aprile iniziarono ad affluire al For-te Baldissera numerose colonne di autocarri cari-chi di prigionieri italiani. Poco dopo presero il viai rastrellamenti per le strade cittadine, nei pubblicilocali e gli arresti a sorpresa di notte nelle abita-zioni.

Il periodo tra il 1941 ed il 1943 fu caratterizzatoanche dalla creazione dei campi profughi, dei cam-pi di concentramento, dal trasferimento nei campidi prigionia nelle varie colonie inglesi di militari ecivili - come quello funesto legato all’affondamen-to del trasporto “Nova Scotia”, silurato da un in-consapevole U-boot tedesco nelle acque di Loren-co Marques il 28 novembre del 1942, che costò lavita, tra gli altri, a 651 italiani - dalla disintegrazio-

ne di migliaia di famiglie, dall’inizio dei rimpatricon le “Navi Bianche” per decine di migliaia didonne, bambini, vecchi ed infermi e dallo smantel-lamento sistematico delle più importanti infrastrut-ture dell’economia del paese con il solo evidentescopo di ridurre al minimo possibile la presenzadegli italiani in Eritrea.

I primi omicidi di nostri connazionali, essenzial-mente a scopo di rapina, avvennero il 5 aprile 1941presso il villaggio di Acrur non distante da Saga-neiti, nell’Acchelé Guzai. Ne furono vittime i te-nenti della PAI Fernando Lauriti, Edoardo San-gue ed il vicebrigadiere Giuseppe Faenzi uccisida alcuni abitanti del villaggio sobillati dal parrococopto e dal rappresentante della comunità locale.

I tre militari, dopo il collasso delle forze italia-ne, percorrendo zone non conosciute stavano ten-tando di raggiungere Asmara ed avevano richiestouna guida che li accompagnasse. Dopo poche oredi marcia furono attirati in una imboscata ed uccisidal lancio di bombe a mano e da colpi di fucile.Rapinati di tutti i loro averi e spogliati degli abitifurono frettolosamente sepolti. Le salme, riesuma-te qualche tempo dopo, mostrarono segni di inau-dita crudeltà, una era stata decapitata ed un’altraaveva subito l’amputazione di una mano.

Il 21 aprile iniziarono le prime scorribande e leprime devastazioni sui terreni dei coltivatori italia-ni messe a segno da parte di contadini eritrei nelleconcessioni di Emilio Fareri e degli Eredi Cicorianella zona di Hametzì, presso Medrizien.

Nella notte del 23 dello stesso mese, sempre perrapina, avvenne l’assassinio di Luigi Favro permano di due ladri che riuscirono ad introdursi fur-tivamente all’interno della sua baracca situata nelcampo autotrasporti De Gradi, nella zona di Go-daif. Svegliato da rumori sospetti ingaggiava unacollutazione con gli aggressori ma veniva colpitomortalmente alla testa con una sbarra di ferro e de-cedeva poco dopo.

Il primo assassinio, legato al possesso di terre-ni, avvenne il 6 maggio nella zona di Asmara inlocalità Addi Gombolò dove i nativi del villaggio,

ASMARA - Aprile 1941 - Italiani in attesa di ottenere il “Bollo di Sicurezza” grazie al quale gli occupanti garanti-vano la libera circolazione. Chi non otteneva il “Bollo” veniva arrestato e deportato in India, nel Sudan, nelKenia. (Candido)

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memori della promesse della propaganda britanni-ca, ritenendo decaduti i diritti di proprietà della suaazienda agricola e per impadronirsene a forza, uc-cisero il concessionario Raul Di Gioacchino di 48anni. L’aggressione avvenne alle prime luci dell’al-ba. Mentre Di Gioacchino ed il mezzadro PietroGreco stavano compiendo una visita nell’aziendaalcuni nativi, appostati nei pressi, li fecero segnodel lancio di bombe a mano e colpi di fucile cheraggiunsero il concessionario al braccio sfracella-doglielo e causandogli varie ferite alla gamba sini-stra. Malgrado la mutilazione riusciva, assieme almezzadro, a raggiungere l’abitazione e barricarsi.In soccorso degli aggrediti intervennero alcuni mi-litari indiani in transito. Di Gioacchino, ricoveratoall’Ospedale Regina Elena di Asmara, vi decedevail giorno dopo per la grave emorragia subita. A se-guito del grave episodio l’azienda venne abbando-nata.

Di questi iniziali episodi di violenza, legati allaingannevole propaganda britannica sulle proprie-tà, sovente si riuscì ad individuarne i responsabiliche subirono pesanti condanne.

La comunità italiana serrò i ranghi difendendo-si come possibile ma, soprattutto, confidando nelmantenimento dell’ordine, nella difesa della pro-pria incolumità e dei propri diritti da parte delleautorità britanniche e delle Forze di Polizia prepo-

ste. Fiducia che purtroppo andò sempre più affie-volendosi.

Agli inizi di maggio eminenti personalità eri-tree costituirono una associazione denominata Mah-ber Fecrì Hagher (Associazione Amor Patrio) conintenti essenzialmente nazionalistici che riuniva siai musulmani che i cristiani eritrei, al solo scopo didifenderne gli interessi, senza alcun particolare finepolitico o che considerasse eventuali future suddi-visioni o destinazioni territoriali.

Intanto anche le aziende agricole di Merara, nellazona delle Pendici Orientali, iniziarono a subireinvasioni e devastazioni ad opera dei paesani nati-vi sempre più convinti di poter acquisire automati-camente le proprietà degli italiani. La prima aggres-sione armata prese di mira la concessione di Um-berto Viganò che a stento salvò la vita. Seguirono abreve distanza di tempo quelle ai danni dei terrenidi Carlo Granzotti, Paolo Springolo, Guido Rossi,Mario Torriani e Gaetano Vuerich.

Estremamente preoccupati per la situazione dipericolo venutasi a creare in tutta la zona gli im-prenditori italiani reclamarono un deciso interven-to dell’autorità britannica che provvide ad inviareun reparto della 10^ Brigata che sembrò, in un pri-mo tempo, ristabilire l’ordine e la legalità. Purtrop-po solo alcuni giorni dopo le invasioni ed i furtiripresero con immutato vigore così come le minac-

ASMARA - Donne eritree al funerale di un italiano ucciso dagli scifta. (Candido)

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ce di morte all’indirizzo dei concessionari per nul-la disposti ad abbandonare le loro proprietà.

Al fine di chiarire ai nativi la legalità del pos-sesso e della conduzione da parte dei concessionariitaliani, furono decise delle visite nei vari paesi dellazona da parte del commissario Angelo Lauro e diun ufficiale inglese per informare e spiegare chetutte le leggi italiane sulla proprietà erano tuttoravalide ed in vigore e tutti erano tenuti a rispettarnele disposizioni. A seguito dell’azione intrapresa se-guì un periodo di relativa calma senza eccessividisordini.

ANNO 1943Pur non essendo ancora iniziato il periodo più

cruciale degli attentati e delle violenze terroristi-che avvennero altre aggressioni ed uccisioni di no-stri connazionali.

La notte del 10 ottobre del 1943 avvenne inAsmara l’assassinio dello studente diciassettenneFrancesco Sorrento. Un nativo cercò di introdur-

si all’interno del chiosco del “Bar Oriani” per com-piervi un furto ma i rumori dello scasso svegliaro-no la proprietaria che urlando diede l’allarme. Ilmalvivente reagì sparando due colpi di pistola for-tunatamente andati a vuoto. Francesco, uno dei fi-gli della proprietaria, per nulla intimorito, insegui-va l’aggressore ed ingaggiava una collutazione nelcorso della quale venne esploso un terzo colpo chelo colpiva mortalmente. Ricoverato d’urgenza al-l’ospedale poco distante, malgrado le cure, vi de-cedeva qualche ora dopo.

Un’aggressione di insolita ferocia avvenne lasera del 19 ottobre, ad opera di una ben organizza-ta banda di nove scifta, ai danni del “Bar Topoli-no”, situato al km 29 della camionale Asmara-De-cameré, ed alla corriera della S.A. Salvati in servi-zio tra le due località.

Nella sala del bar erano presenti i due camerieriAntonio D’Antonio e Enrico Bendin, Gastone Sbol-ci, un commesso della ditta di alimentari “3 A” eLuigi Del Monte proprietario della “Anonima Au-totrasporti” di Decameré.

Mentre conversavano udirono una forte deto-

DECAMERE’ - C’era una volta una popolata e prospera cittadina commerciale, ora è una città di fantasmi.(Da Epoca)

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nazione nei pressi del locale che venne contempo-raneamente investito da una nutrita serie di colpi difucile. Tutti si gettarono a terra cercando rifugiosotto i tavolini ma Luigi Del Monte venne raggiun-to da una pallottola che lo uccideva all’istante.

Dopo alcuni minuti sopraggiunse la corriera chesi fermò regolarmente sul piazzale del bar. Sia l’au-tista, Gaetano Vetraino, che i passeggeri non si re-sero conto del pericolo ed iniziarono a scendere perristorarsi durante la breve sosta. Fu in quel momentoche gli scifta ripresero a sparare questa volta con-tro il gruppo appena giunto. Il sub-inspector dellaEritrea Police, Vlahopoulos Eustache, comandatoquale scorta alla corriera, rispose al fuoco con lasua pistola ma rimase immeditamente ferito ad unaspalla. I passeggeri risalirono precipitosamente sulmezzo che riuscì ad allontanarsi a gran velocità ver-so Decameré. All’arrivo uno dei passeggeri, Or-lando Prati di 28 anni, venne rinvenuto ormai ca-davere sul fondo della corriera. Risultarono feriti,più o meno gravemente, oltre al sub-inspector, an-che i passeggeri Gino Romanini, Piera Pompini,Luigi Marchetto, Eurelio Calabrese, Quintino Cic-carelli ed Enrico Brioni.

ANNO 1944Dopo alcuni mesi trascorsi in apparente tran-

quillità, le aggressioni ripresero all’inizio del 1944.L’11 marzo degli scifta appostati al km 136 del-

la camionale Asmara-Addis Abeba, nel tratto Se-nafé-Addi Caieh, nella zona Amba Terica, teseroun’imboscata alle auto in transito. Il primo a so-praggiungere fu un camioncino guidato dal proprie-tario Farneti che viaggiava in compagnia di Um-berto Vitrò, residente in Addi Caieh, dove gestivail “Bar Dopolavoro”. Il mezzo fu fatto segno danumerosi colpi di arma da fuoco uno dei quali rag-giunse alla fronte Umberto Vitrò. Farneti riuscì for-tunosamente ad invertire la marcia ed a rientrare a

Senafé dove il compagno di viaggio, ormai ago-nizzante, decedeva poco dopo per la grave feritariportata.

Il mese di giugno vide l’inizio di una nuova fasedel terrorismo che prese di mira per la prima voltale aziende agricole condotte da italiani. La sera del17, nella concessione Cazzagon di Addi Finin neipressi di Debaroa, erano presenti a cena i soci chela conducevano a mezzadria: Mario Beltramo, Chi-no Alessandri ed Ernesto Discardi, la moglie diBeltramo, Teresa, il figlio di due anni e mezzo Vit-torio, l’operaio Pasquale Tiberi e l’amico Righini.Le finestre della sala da pranzo, illuminata dal “Pe-tromax”, erano aperte ed il gruppo degli italianiconversava serenamente.

All’improvviso avvertirono un colpo di arma dafuoco che mandò in frantumi il lume e, in rapidasuccessione, altre fucilate. Rimasero subito feritiDiscardi, al quale una pallottola aveva quasi tron-cato il braccio sinistro, il piccolo Vittorio e, inmaniera più lieve, l’amico Righini. Gli altri riusci-rono in qualche modo a mettersi al riparo. Dal vici-no paese di Addi Finin, uditi gli spari, accorseroalcuni paesani che costrinsero alla fuga gli assali-tori. Ernesto Discardi ed il piccolo Vittorio venne-ro immediatamente ricoverati all’ospedale di AddiUgri. Al primo si dovette amputare il braccio ed ilsecondo, dopo lunga degenza, riuscì a sopravvive-re. Malgrado le assidue cure il povero Discardi ces-sava di vivere il giorno successivo per sopraggiun-ta embolia.

Aveva così inizio la lunga e dolorosa serie delleaggressioni, omicidi e vandalismi ai danni delleaziende agricole e minerarie degli italiani sul suoloeritreo. Aggressioni che avrebbero irrimediabilmen-te messo in ginocchio l’economia del settore perquasi dieci anni.

Intorno alla metà del 1944, in un articolo sulsettimanale in lingua tigrina “Eritrean WeeklyNews” pubblicato a cura del “British InformationService” e firmato “Un Eritreo”, veniva descritto

ASMARA - CHEREN - Ad ogni svolta della strada si attende un attacco degli scifta. Le corriere hanno a bordo unascorta di soldati indigeni comandata da un carabiniere italiano. E’ proibito viaggiare se non in convogli scortati.(da Candido)

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un futuribile progetto di spartizione del territoriodella ex colonia.

Secondo l’articolista il Bassopiano Occidenta-le, abitato in prevalenza da popolazione musulma-na, avrebbe dovuto essere incorporato al SudanAnglo-Egiziano mentre il rimanente territorio, ag-gregato al tigrai etiopico, avrebbe dato vita ad unnuovo stato con capitale Asmara ed essere quindiposto sotto l’amministrazione fiduciaria di una po-tenza europea per un periodo di 25 anni.

L’autore dell’articolo venne facilmente identi-ficato nell’allora Amministratore Capo dell’Eritrea,il brigadiere S.H. Longrigg e di conseguenza ap-parve a tutti chiaro che la potenza europea cheavrebbe dovuto prendersi cura dell’amministrazio-ne fiduciaria non poteva essere altro che la GranBretagna.

A Decameré viveva Gabriele Tartaglione, ungiovane di 35 anni che da alcuni mesi aveva presoin gestione il forno di proprietà di Emma Gandol-fo. Tutto sembrava procedere nel migliore dei modiquando la notte del 7 luglio qualcuno bussava alleimposte della sua abitazione in Via Lombardia.Malgrado l’ora insolita il fornaio si alzava ed apri-va la finestra; non aveva neanche il tempo di ren-dersi conto di quanto stava succedendo che venivaraggiunto da un colpo di pistola al petto sparato dauno dei due aggressori che si allontanavano imme-diatamente verso il quartiere nativo. Gabriele Tar-taglione decedeva nel pomeriggio dello stesso gior-no. Da 5 anni residente nella cittadina era cono-sciuto e stimato da tutti per la sua operosità e cor-rettezza.

Ripresero intanto le incursioni dei banditi nelleaziende agricole degli italiani.

Pietro Zino, un agricoltore di Savona, era pro-prietario di una concessione in Mai Ghindì pressoAddi Ugri. La sera del 28 agosto si trovava nella

sua abitazione in compagnia dell’amico Gianfran-co Cuturi, un meccanico che era andato a passarealcuni giorni di vacanza nell’azienda agricola, edella

signora Corinna Verdina, sua ospite. Intorno alle21 uno sparo ruppe il silenzio della notte ed un se-condo colpo raggiungeva la porta di ingresso. Eraun attacco degli scifta che chiedevano con insistenzadenaro ed altri oggetti di valore.

Gianfranco Cuturi tentò di ridurre alla ragionegli assalitori promettendo di consegnare ogni cosapurché smettessero di sparare. Aperta con cautelala porta veniva immeditamente raggiunto da uncolpo di fucile alla faccia che l’uccideva all’istan-te. Anche Pietro Zino cercava di calmare gli assali-tori promettendo di assecondare ogni loro richie-sta. Non fece in tempo a terminare la frase che uncolpo di fucile sparato a bruciapelo lo raggiungevaal torace freddandolo.

Corinna Verdina, approfittando del trambusto,riusciva nel frattempo a sottrarsi all’aggressionefuggendo verso il vicino paese di Mai Ghindì dovechiedeva soccorso ma, per i due italiani, non c’erapiù niente da fare.

Dei quattro aggressori, presumibilmente natividel luogo, non fu mai trovata traccia.

Una eloquente conferma del progetto di sparti-zione dell’Eritrea, enunciato per la prima volta nel-l’articolo pubblicato sull’ “Eritrean Weekly News”qualche mese prima, si ebbe il 5 novembre di quel-l’anno quando lo stesso Brigadiere S.H. Longriggpronunciò il discorso inaugurale in occasionale del-l’apertura della prima Mostra Agricola Zootecni-ca di Addi Caieh. Rivolgendosi alla popolazioneconvenuta, ma in particolare ai vari capi e notabilieritrei, li sollecitava a riflettere su quello che avreb-be potuto essere il futuro territoriale della ex colo-nia invitandoli inoltre ad esprimere senza indugio

ASMARA - Soldati dei reparti anti-scifta davanti all’ufficio del col. Rose. I reparti sono costitutiti da duemilatrecen-to uomini, dei quali centottanta sono italiani. Seicento soldati inglesi costituiscono le truppe di occupazione.Recentemente, per intensificare la lotta contro i banditi, hanno preso stanza in Asmara cinquecento sudanesi.

(La Settimana Incom)

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il loro parere in proposito considerando che la guer-ra stava volgendo al termine e la decisione finaleera ormai prossima.

In buona sostanza veniva chiaramente propostoche tutta l’opera di aggregazione compiuta fino al-lora, ottenuta superando differenze di razza, reli-gione, cultura e che aveva consentito un lunghissi-mo periodo di pace e di concordia, doveva esserecancellata con il solo intento di favorire l’attuazio-ne

delle mire britanniche sul territorio eritreo e conla sua spartizione fra Sudan Anglo-Egiziano ed Etio-pia.

Sintomatica e rivelatrice la parte finale del suodiscorso: “Quelli nelle cui mani, dopo la guerra,sarà posta la decisione finale, vorranno, senza dub-bio considerare accuratamente la storia politica,razziale e culturale dell’Africa Orientale in gene-rale e dell’Eritrea in particolare. Essi considere-ranno la diversità di razze, di religioni e di linguag-gio entro il territorio che il Governo Italiano unifi-cò in una singola colonia; essi considereranno le

relazioni e le affinità che questo territorio, o partispeciali di esso, hanno con i territori vicini attra-verso i confini dell’Eritrea”.

Il seme della discordia era stato gettato e nontarderà a dare i suoi malefici frutti.

Pochi giorni dopo, nel pomeriggio del 9 novem-bre 1944, una decina di banditi armati bloccavano,presso Dongollo, l’autocorriera in servizio tra Mas-saua ed Asmara. I due poliziotti eritrei di scorta fu-rono uccisi prima ancora di poter ingaggiare unadifesa mentre i passeggeri, costretti a scendere, fu-rono privati di ogni loro avere. Due italiani venne-ro feriti con armi da taglio. Nel corso della rapinasopraggiunse su un camioncino l’italiano Emanue-le Arena, dipendente dell’Amministrazione Britan-nica di Massaua. Sfortunatamente si accorse in ri-tardo del pericolo ma tentò ugualmente una repen-tina inversione di marcia. Mentre eseguiva la ma-novra fu colpito da una fucilata che lo uccise sulcolpo. L’indagine che seguì dimostrò che quasi si-curamente gli autori di quell’ennesima aggressio-ne furono gli stessi componenti della banda capeg-

Una fornace in rovina abbandonata dagli italiani per gli scifta (Epoca)

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giata dall’eritreo Ghebré Tesfazien già colpevoledei fatti accaduti al “Bar Topolino” e che continuònelle sue imprese banditesche, principalmente sul-le camionali a danno delle autocorriere, ancora perpiù di un anno prima di rifugiarsi in Etiopia.

ANNO 1945Intorno alla metà del 1945 vi furono altre ag-

gressioni a scopo di rapina nell’ambito cittadino.Il nuovo episodio accadde la mattina del 1 giu-

gno nel rione di Mai Cioet. Biagio Pavone di 43anni, mentre si apprestava ad iniziare la giornata dilavoro nella sua piccola fabbrica di sapone, fu sor-preso alle spalle e colpito alla testa con una spran-ga di ferro che ne causò la morte. Gli aggressori,trasportato il cadavere in un locale adiacente, lo de-predarono del portafoglio contenente il ricavatodella vendita di una casa avvenuta il giorno primae richiusero la porta assicurandola con un lucchet-to. Il sospetto di questo assassinio e susseguenterapina ricadde su tre giovani dipendenti etiopici chedal giorno del delitto si erano eclissati.

Sempre nel rione di Mai Cioet, il 14 novembre,venne assassinato il 41enne Luigi Romano impie-gato come contabile presso la ditta di autotrasporti

Fratelli Piazzardi di Asmara. Il cadavere fu rinve-nuto spogliato di ogni avere mentre le circostanzedell’assassinio, compiuto con un colpo di arma dafuoco, non furono mai chiarite.

Verso la fine del 1945 la compattezza dell’asso-ciazione “Mahber Fecrì Hagher” iniziò ad incrinarsie si manifestarono le prime controversie tramusulmani e copti a causa soprattutto delle interfe-renze estranee alla popolazione eritrea ed in parti-colare dal folle progetto dell’ex amministratorecapo, brigadiere S.H. Longrigg, sostituito nel frat-tempo dal brigadiere generale C.D. Mc Carthy, cheauspicava la spartizione della ex colonia tra il SudanAnglo-Egiziano e l’Etiopia.

ANNO 1946Nella zona periferica dell’Amba Galliano, il 6

gennaio 1946, avvenne l’assassinio di CarmineChiapparone un 42enne che gestiva una fornacedi mattoni di proprietà dell’Avv. Carlo De Crescen-zio. L’omicidio, a scopo di rapina, fu opera di duegiovanissimi eritrei uno dei quali suo dipendente.Intorno alle 23 l’italiano si era recato alla fornaceper controllare l’andamento del fuoco. Mentre era

Zona dell’Hamasien - Un gruppo di scifta partecipano alla festa di San Michele. Il secondo da sinistrea, in piedi, èTesfauchiel Oghé il quale dopo aver commesso decine e decine di rapine ed omicidi è riparato in Etiopia.

(Candido)

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chino alla bocca del forno uno dei due aggressorilo colpi ripetutamente alla testa con un bastone poii due complici tentarono di bruciarne il corpo in-troducendolo nel forno. Le indagini della Poliziaitaliana consentirono di identificare ed arrestare idue autori del delitto che, nel febbraio dello stessoanno, vennero condannati dalla Corte di Assise diAsmara alla pena capitale.

Nel breve volgere di una settimana, tra il 22 giu-gno ed il 1 luglio, avvennero tre nuove aggressioniad opera di una banda di teppisti nativi che avevapreso ad operare nella parte periferica settentriona-le della città. La prima rapina a mano armata fucompiuta ai danni di Pietro Guarascio nel rionedell’Amba Galliano. Circondato dai malviventi nonriuscì a difendersi e venne raggiunto da tre pugna-late e spogliato di ogni avere. Accompagnato al-l’Ospedale Regina Elena da alcuni passanti vi de-cedeva il giorno dopo a causa delle gravi ferite ri-portate.

Sempre ad opera della stessa banda, la sera del26 in zona Abba Sciaul, fu aggredito Ignazio Sapo-rito il quale, malgrado le ferite causate da quattropugnalate, riuscì a sfuggire ai suoi aggressori.

Il 1° luglio infine veniva assalito a colpi di ba-stone, sempre a scopo di rapina, nella zona del Ca-ravanserraglio l’italiano Benvenuto Toscani cheriuscì fortunatamente a sottrarsi all’aggressione.

Si acuirono nel frattempo i dissensi tra la popo-lazione locale ed il 15 agosto avvenne un primosanguinoso scontro tra i copti Zenadeglé ed imusulmani Teroà, nella zona dell’Acchelé Guzai,quando si affrontarono per una disputa sorta sullaproprietà di alcune terre. Al termine della giornatasi contarono 12 vittime tra i musulmani e 2 tra icopti.

Il giorno dopo, 16 agosto, per le vie di Asmarainiziò una guerriglia urbana tra militari sudanesidelle forze di occupazione, di religionemussulmana, ed eritrei copti. I soldati accorsi ingran numero e dotati di armi da guerra non esitaro-no a farne uso ed in poche ore uccisero 40 cittadinicopti.

Nel tentativo di ricompattare le file dell’Asso-ciazione “Mahber Fecrì Hagher” ed eliminare idissensi tra musulmani ed il resto della popolazio-ne, nel novembre del 1946 alcuni dei dirigenti po-litici più in vista organizzarono un convegno a BetGherghis proponendo una generale pacificazione.L’incontro non portò ad alcun risultato positivo anzila frattura tra le due fazioni divenne più profondatanto che nel giro di alcuni mesi i dissidenti diede-ro vita a nuovi partiti ed associazioni.

La prima a nascere fu la “Lega Musulmana del-l’Eritrea”, favorevole all’indipendenza, che videla luce a Cheren il 1 Dicembre del 1946.

ASMARA - Il Dottor Vincenzo Di Meglio, Presidente del Comitato Rappresentativo degli Italiani in Eritrea (C.R.I.E.),mentre parla ai connazionali. Gli italiani d’Eritrea hanno superato momenti difficilissimi.

(Candido)

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Dopo un solo mese, il 1 gennaio 1947, il“Mahber Fecrì Hagher” prese un deciso atteggia-mento favorevole all’annesione con l’Etiopia e sitrasformò in “Partito Unionista” adottando il motto“Eritrea con Etiopia, una Etiopia”.

Il 18 febbraio il movimento politico liberaleprogressista, attivo fin dal 1944, assunse la nuovadenominazione di “Partito Liberale Progressista”con il motto: “Eritrea agli Eritrei”.

Cresceva intanto la comprensibile preoccupazio-ne degli italiani d’Eritrea che sentendosi totalmen-te abbandonati dal governo di Roma e circondatidalle ostili nascenti nuove forze politiche fondava-no nel febbraio del 1947 il ”Comitato Rappresen-tativo Italiani dell’Eritrea” (CRIE), un enteapolitico che si proponeva di difendere gli interessidegli italiani. La presidenza venne affidata al me-dico coloniale Dottor Vincenzo Di Meglio che lamantenne fino al suo scioglimento avvenuto il 21dicembre del 1951.

Il 28 febbraio si costituiva l’ “Associazione Italo-Eritrei”con il proposito di aggregare quella partedi popolazione nativa che per vari motivi si senti-va ancora legata agli italiani e, qualche tempo dopo,anche una ”Associazione Veterani” formata da mi-gliaia di ex ascari.

La British Military Administration (BMA), pre-occupata dalla nascita di partiti che dimostravanodi essere in aperto contrasto con i progetti e le miredi Londra sull’Eritrea, mise in atto ogni possibiledivieto per arginarne la diffusione ostacolando inmodo particolare ogni idea in favore di una possi-bile amministrazione fiduciaria da assegnarsi all’Ita-lia pur sotto l’egida dell’ONU agevolando nelcontempo le correnti filobritanniche, ben rappre-sentate dai nuovi notabili nominati dalle forze dioccupazione, per cui nel bassopiano occidentalesostenne l‘azione della “Lega Musulmana”, trasfor-mata poi in “Lega Liberale”, orientata verso l’in-dipendenza da raggiungersi attraverso un’ammini-strazione fiduciaria britannica mentre, perl’altopiano, agevolò il “Partito Unionista” deci-samente propenso all’unione incondizionata conl’Etiopia.

Dopo un lungo periodo di pressanti richieste,malgrado la violenta reazione del “PartitoUnionista” e le poco dissimulate angherie e diffi-coltà frapposte dalla BMA, quest’ultima fu costrettaad autorizzare la costituzione del “Partito Eritreapro Italia” che vide la luce il 29 settembre del 1947e che in poco più di un mese raccolse oltre 200mila iscritti.

Le prime azioni terroristiche, di chiaro stampopolitico, iniziarono a metà del 1947 e coinvolsero

i rappesentanti eritrei del “Partito LiberaleProgressista” dei cristiani dell’altopiano e quellidella “Lega Musulmana” del bassopiano.

Fu in questo rapporto di forti contrasti tra la po-polazione e nel clima avvelenato che si era venutoa creare tra le varie fazioni che prese il via anche ilsanguinoso periodo del terrorismo anti-italiano.

Il 13 luglio, mentre percorrevano la camionaleNefasit-Decameré caddero in una imboscata e ven-nero feriti Ugo Bellesio e Pietro Cortese.

Ad Asmara iniziò la triste catena delle aggres-sioni e delle intimidazioni a carico degli italiani.La prima vittima fu Orazio Zumbo reso inabile dallepercosse subite la sera del 10 agosto.

A Cheren, la sera del 30 ottobre, alcuni facino-rosi unionisti lanciarono dalla sede del loro partitouna bomba a mano all’indirizzo di un gruppo diitaliani che transitavano per la piazza centrale.

I rappresentanti del CRIE si attivaronoimmeditamente facendo pervenire una lettera divibrante proteste al segretario capo della BMA chie-dendone l’intervento deciso e fattivo per stroncaresul nascere queste attività criminose. Purtroppo leazioni di repressione da parte della polizia non ven-nero eseguite nella maniera auspicata anzi, se pos-sibile, parvero dimostrare condiscendenza ed indif-ferenza alla montante marea del terrorismo anti-ita-liano.

Il 12 novembre giunse in Eritrea la Commissio-ne Quadripartita d’Inchiesta con il compito di son-dare le aspettative della popolazione nativa circa ilfuturo assetto politico ed economico del territorio.Nei 53 giorni della sua permanenza, cioè fino al 3gennaio 1948, effettuò numerose visite nei centriabitati più importanti del paese ascoltando, valu-tando ed annotando quanto riferirono i rappresen-tanti dei vari distretti.

Fu soprattutto durante quel periodo che si veri-ficarono numerosi incidenti a Teramnì, presso AdiUgri, Cheren, Agordat, Decameré causati quasiesclusivamente dalle forze unioniste che cercaronoin ogni maniera di influenzare i giudizi finali dellaCommissione al grido di “Etiopia o morte”!

Atti vandalici avvennero il 16 dicembre aMassaua dove attivisti del “Partito Unionista” de-vastarono i locali del “Lido” ed aggredirono citta-dini italiani e nativi simpatizzanti per l’Italia.

Anche sulle camionali tra i vari centri dell’Eri-trea ripresero le aggressioni. Una delle prime coin-volse l’autista Luigi Chiatti mentre la sera del 30dicembre transitava con il suo automezzo sullacamionale Senafé-Adigrat. Giunto in prossimità diSolcotom, subì un assalto da parte di alcuni sciftache lo ferirono e rapinarono.

ANNO 1947

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Manifestazione degli Habab pro Italia. (Candido)

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Ancora una volta il CRIE espresse proteste edappelli alla BMA e per conoscenza ne riferì allaCommissione Quadripartita senza ottenere tutta-via alcun concreto risultato.

ANNO 1948Il 2 gennaio alcuni banditi assalirono e rapinaro-

no nelle loro abitazioni in Acria, presso Asmara,Guido Denadaio e Cesare Mariani.

Il pomeriggio del 5 gennaio ebbe inizio la deva-stante attività terroristica ai danni delle aziende agri-cole, industriali e minerarie condotte da italiani. Unanumerosa banda di scifta agli ordini di HagosTemnuò compì una vasta razzia nella concessionedei fratelli Felice e Filippo Casciani in Elaberet sullastrada per Cheren. Gli impianti, gli uffici e le abita-zioni subirono la quasi totale devastazione con in-cendi, saccheggi e furto di bestiame.

Una nuova lettera di vibrante protesta venne in-dirizzata dal CRIE alle autorità britanniche ponen-do inoltre in evidenza il timore espresso dai con-cessionari agricoli italiani che da quel momento siritennero in imminente pericolo di razzie terroristi-che contro le quali chiedevano adeguata protezio-ne.

L’8 marzo 1948 riprese con vigore l’attività delterrorismo politico nelle campagne e nei centri abi-tati indirizzata essenzialmente contro chi tentavadi opporsi o era contrario all’unione dell’Eritrea conl’Etiopia siano essi italiani che nativi. Negli anniche seguirono l’azione del terrorismo e delbanditismo colpì sistematicamente ogni attivitàagricola e mineraria, paralizzò i traffici e gli scam-bi commerciali, ridusse in ginocchio l’economia delpaese fino a ridurlo ad una condizione di miseriamai conosciuta in precedenza.

La prima vera vittima di questa nuova fase diterrore e di sangue fu Silvio Conzada che la seradell’ 8 marzo, a bordo di una vettura condotta daPietro Tezze, sulla quale erano anche Onelia Bof inScopel con la figlia Eva ed Erminia Menegaz inSimola con i figli Graziella e Ninì, percorreva lacamionale Nefasit-Decameré.

La comitiva rientrava a Decameré dopo una gitaa Nefasit. Verso l’imbrunire, giunti ad una curva inprossimità del km 21,5, venivano aggrediti da unabanda di scifta che a fucilate riuscivano a fermarel’auto. Il gruppo scese a terra per ripararsi da altrieventuali colpi mentre Silvio Conzada, 39 anni,estraeva alcune banconote mostrandole agliassalitori invitandoli a non sparare per non mettere

Componenti della Commissione Quadripartita d’Inchiesta a bordo di una “Littorina” durante una trasfertaverso il Bassopiano Occidentale. Si trattenne in Eritrea dal 12 novembre 1947 al 3 gennaio 1948.

(Collezione Carlo Di Salvo)

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in pericolo la vita delle donne e delle bambine. Pertutta risposta furono sparate altre tre fucilate e lan-ciata una bomba a mano che colpiva i due uominiferendo gravemente Conzada asportandogli la manoche teneva il denaro. Per vie diverse le donne, lebambine e Pietro Tezze, benché ferito ad una spallaed in altre parti del corpo, riuscirono a porsi in sal-vo e dare l’allarme al posto di polizia di Nefasit. Ilcadavere di Silvio Conzada, recuperato il giornodopo, presentava oltre all’asportazione della manosinistra, altre numerose ferite e due colpi di accettauna al cranio e l’altra alla fronte che ne avevanocausato la morte. Di queste sevizie erano state ter-rorizzate testimoni anche le due bambine.

Qualche giorno dopo, 11 marzo, una banda discifta assaliva il “Bar Baggi” al km 11 dellacamionale Asmara-Cheren e quale sfida alla poli-zia e sicuri dell’impunità, lasciavano scritti i loronomi sul luogo della rapina.

Questi due nuovi atroci episodi di terrorismosollevarono le risentite proteste del CRIE che indi-rizzava una nuova lettera al t.c. J.C. Crawford, re-sponsabile della segreteria politica della BMA, ri-ferendo inoltre che, secondo alcune informazioniriportate da viaggiatori provenienti dall’Etiopia, nu-merosi abitanti del Tigrai erano stati riforniti di armicon l’evidente scopo di utilizzarle per minacciaregli italiani e le imprese italiane dell’Eritrea.

Nella risposta fatta pervenire al CRIE il t.c. J.C.

Crawford assicurava che: “Io personalmente vi ga-rantisco che l’Amministrazione Britannica faràogni cosa in suo potere per provvedere alla prote-zione della comunità italiana” mentre l’ammini-stratore capo dell’Eritrea, brig. F.G. Drew, ammet-teva che: “esistevano obiettive difficoltà nel con-trollo della situazione ed il mantenimento della si-curezza poiché il territorio eritreo per la sua con-formazione era particolarmente favorevole ai ra-pidi movimenti delle numerose bande di scifta men-tre le forze a disposizione dell’Amministrazioneerano limitate ed inadeguate al contenimento de-gli atti terroristici”.

Il 16 marzo apparve sul “Quotidiano Eritreo”un articolo intitolato: “E piantatela”, a firma di unnon meglio identificato “Osservatore” che inizia-va con queste parole: ”Ci riferiamo a quei signori,per loro fortuna non identificati, che con la lorofantasia malata si divertono ad inventare false no-tizie, le quali si diffondono rapidamente e creanol’allarme fra la popolazione. . . .”. come a volerdimostrare che le notizie degli assassinii, degli at-tentati e delle azioni terroristiche fossero frutto del-l’immaginazione di fomentatori di malcontento.

La sera del 25 faceva la sua apparizione sullasanguinosa scena del terrorismo quella che sareb-be diventata la tristemente famosa banda dei fratel-li Berhé e Uoldegabriel Mosasghì. Debuttarono con

l’assalto ad una azienda agricola di Mai Gurà,presso Decameré. Giuseppe Catena di 50 anni,

Camionale Asmara - Cheren : Una scritta indirizzata alla Commissione Quadripartita (Internet)

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persona stimatissima, già alle dipendenze di variconcessionari delle Pendici Orientali, quali Costa eMichele Pollera, si era trasferito da breve temponella nuova azienda prendendo a mezzadria la con-cessione di Giacomo Garelli di Mai Gurà ritenen-do tale zona più sicura. Terminata la giornata dilavoro stava leggendo sdraiato sulla brandina al-l’interno della sua baracca quando udì bussare allaporta. Credendo si trattasse di un amico nativo apri-va senza alcun sospetto consentendo così l’ingres-so degli aggressori che lo colpivano ripetutamenteal capo con dei bastoni lasciandolo esamine al suo-lo. Si rivolsero quindi alla domestica, LetehaimanotTeglesghì, che sotto la minaccia di un coltello fucostretta a rivelare dove erano custoditi i soldi chei banditi rapinarono assieme agli indumenti ed altrioggetti. Giuseppe Catena fu soccorso ed accompa-gnato al vicino ospedale di Decameré e quindi, datele sue precarie condizioni per le varie fratture alcranio, venne tentato il trasferimento all’OspedaleRegina Elena di Asmara dove però giunse senzavita.

Dopo questo nuovo efferato delitto il CRIE pre-sentò immeditamente una nota di vibrata protestaal t.c. J.C. Crawford ribadendo le preoccupazionidella comunità italiana più che mai convinta chel’amministrazione non fosse assolutamente in gra-do di garantire la sicurezza sul territorio. Furono

suggerite ulteriori proposte per il mantenimento del-l’ordine tra le quali il ripristino dei 22 posti di poli-zia attivi durante il governo italiano.

Quale unica e tiepida risposta il giorno 27 ap-parve sul “Quotidiano Eritreo”, a firma dell’ am-ministratore capo brig. F.G. Drew, un avviso cheminacciava gli scifta ed i loro fiancheggiatori disevere punizioni mentre benignamente promettevaricompense in denaro a tutti colori che avessero col-laborato con le autorità per la cattura dei banditi.

La mattina del 12 aprile presso la stazione fer-roviaria di Anfutat, sulla linea Cheren-Agordat,venne assassinato a scopo di rapina GiuseppeBacchetta un 47enne piemontese che aveva in con-cessione una zona boscosa per il taglio della legnanei pressi di Agordat. Di buon mattino era scesoalla stazione di Anfutat assieme a due suoi dipen-denti nativi per iniziare il lavoro. Giunti nei pressidel torrente Carobel uno dei due, l’etiope GhebréMeressà, lo colpiva a tradimento con un colpo d’ac-cetta e lo stesso faceva il secondo dipendente, l’eri-treo Uoldenchile Temmanà. Compiuto l’omicidiosi impadronirono del poco denaro del loro datoredi lavoro e si allontanarono indisturbati.

Fu abbastanza facile per la polizia individuare ecatturare gli autori del delitto che nel luglio dellostesso anno furono condannati dalla Corte Britan-nica a 20 e 15 anni di reclusione rispettivamente.

MASSAUA - 1948 - Manifestazioni Pro - Italia - (Collezione Amelia Mimmina Bancalari)

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L’estendersi delle azioni dei banditi, che ormaierano in grado di spadroneggiare indisturbati insempre più vaste regioni del paese senza che la po-lizia potesse in qualche modo prevenirle o contra-starle, rese indispensabile l’utilizzo delle forze mi-litari britanniche che effettuarono alcuni rastrella-menti riuscendo, talvolta, ad ingaggiare veri e pro-pri combattimenti con gli scifta.

Malgrado ciò la situazione peggiorava di gior-no in giorno ed i delitti, le aggressioni e ledevastazioni contro gli italiani assunsero semprepiù i contorni di un’azione politica tendente a di-mostrare alla III Sessione dell’Assemblea delle Na-zioni Unite, riunita in quel periodo, l’avversità del-la popolazione eritrea alla concessione di un’am-ministrazione fiduciaria all’Italia o a qualsiasi altrasoluzione che non fosse l’unione federata conl’Etiopia.

Nella notte fra il 4 ed il 5 maggio fu aggreditonella sua concessione mineraria di Ducambia, neipressi di Barentù, l’italiano Armando Montanti chevenne sorpreso nel sonno da un ladro munito dipugnale. La sua pronta reazione gli consentì di schi-vare i fendenti ed immobilizzare l’assalitore con-segnandolo quindi alla polizia. Il delinquente, affi-dato alla vigilanza di un poliziotto nativo, venneinopinatamente mal custodito e riuscì ad eclissarsi.

Come altri concessionari, Armando Montanti,denunciando il pericolo ormai palese ed incomben-

te, richiese alle autorità di Agordat la concessionedi armi da difesa che però gli vennero negate inconsiderazione del fatto che a “dieci chilometri didistanza dalla miniera era operante un posto di po-lizia”.

Sull’argomento intervenne nuovamente il CRIEper ribadire decisamente la necessità che gli italia-ni che vivevano in località isolate o comunque pe-ricolose fossero adeguatamente armati e che le au-torità militari considerassero l’opportunità di resti-tuire ai legittimi proprietari le armi sequestrate al-l’atto dell’occupazione.

L’accorato appello venne finalmente accolto econ lettera del 1 giugno, il t.c. J.C. Crawford, sosti-tuto segretario capo della BMA, annunciava la de-cisione positiva dell’amministrazione alla conces-sione di armi da fuoco per la difesa personale.

Per nulla intimoriti dagli avvisi fatti pubblicaresui giornali dalle autorità, ammesso che li avesseroletti, gli scifta ripresero indisturbati le aggressionisulle rotabili.

Il 1 giugno 1948 tre banditi assalirono e rapina-rono Eugenio Marsico a Mai Ainì nei pressi diDecameré. La notte dell’11 giugno tra Addi Qualae Addi Ugri, al km 5, dieci banditi spararono con-tro l’autocarro di Sebastiano Caruso costringendo-lo a fermarsi. Obbligato a scendere dal mezzo ven-ne malmenato e rapinato di ogni suo avere assiemeai due suoi passeggeri. Sulla stessa camionale, il 6

Scifta alla macchia - Una rara foto presa durante una festa in onore di Tesfauchiel (il primo da sinistra) unbandito responsabile di molte rapine e grassazioni.- (Candido)

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di luglio, fu compiuta una rapina ai danni dell’auti-sta Luigi Grappi ed il successivo 7 luglio, in locali-tà Addi Bil, nella zona di Ghenafenà nel Seraé, unoscifta con fucile e bombe a mano aggrediva e rapi-nava Alfredo Dini e Nello Cambi.

Anche alla periferia della città si rinnovaronoaggressioni e ruberie. La notte del 19 luglio, al Vil-laggio Genio, cinque scifta armati di scimitarra ir-ruppero nell’abitazione dell’italiano Cecconi de-predandolo.

La mattina del 5 agosto nuova impresa dellabanda capeggiata da Hagos Temnuò che con i suoiaccoliti assaltava, al km 30 della linea Asmara-Cheren, la “Littorina” condotta da Giovanni Balardiche restò ferito da alcune schegge di vetro dei fine-strini frantumati per il lancio di una bomba a mano.Accelerando l’andatura riusciva a sottrarsi all’as-salto inseguito dalla fucileria della banda. Nei pressiera al lavoro una squadra di operai che uditi gli scop-pi e gli spari ed intuendo il pericolo di una probabi-le aggressione, si misero a correre in direzione del-la vicina stazione di Dem Sebai ma dopo pochi metrianche loro venivano fatti segno da colpi di fucile.Mario Miceli, 37 anni, veniva colpito mortalmen-te al torace e si accasciava sulla scarpata mentreGiovanni Curreli, 57 anni, restava colpito alle

gambe, raggiunto dai banditi veniva finito a pugna-late. Il corpo, recuperato qualche ora dopo, recavanella mano un biglietto in lingua tigrina dove veni-vano espresse minacce e la rivendicazione dell’at-tentato da parte di Hagos Temnuò.

Il 27 agosto nuove imprese della banda di HagosTemnuò che attaccava la concessione dell’Avvo-cato Carlo Matteoda a Savur nella zona delle Pen-dici Orientali. Furono brutalmente percossi il figliodel proprietario, Alberto Matteoda, la guardiaforestale Felicetti ed il fattore Quattrocchi. L’azien-da fu completamente depredata delle armi e di ognioggetto di valore. Prima di allontanarsi i terroristiminacciarono di ritornare entro breve tempo se loroe tutti i concessionari delle Pendici Orientali nonavessero pagato con regolarità mensile l’importodi 200 sterline ognuno per rimanere ad operare nellazona.

La banda si spostava quindi verso l’azienda agri-cola Giannavola, anche questa in Savur, dove sor-prendeva il mezzadro Nino Benedetto, la mogliecon i due figli, la signora Cutrufo e figlia in visitaagli amici. Anche questa azienda venne saccheg-giata di armi, denaro, biancheria e quanto altroasportabile. Prima di allontanarsi i banditi percos-sero Benedetto ed il figlio maggiore ed intimarono

di lasciare per semprela concessione minac-ciandoli di morte.

Poche ore dopo,nella zona di Filfil, labanda assaliva l’azien-da agricola degli Ere-di Natale Pratò e poiancora in Salomonàquella degli Eredi Gio-vanni Pitzulu che alpari delle altre subiro-no saccheggi.

Gli attacchi alleconcessioni della zonadivennero una tristeconsuetudine accom-pagnati sempre dataglieggiamenti edevastazioni. Le flori-de aziende operantinelle Pendici Orienta-li attirarono semprepiù numerose bande discifta che in poco tem-po ridussero in cenereanni ed anni di appas-sionato ed intenso la-voro.

Nel pomeriggio diquello stesso 27 ago-sto si consumava an-che l’assassinio di

Ecco Martin Brans, capitano della polizia inglese, detto il “re degli scifta”. Conla scusa di trattare la rersa dei banditi alla macchia, Brans é stato l’animatoreed il fornitore d’armi delle bande che trucidarono tanti italiani. Ci sono letestimonianze degli stessi scifta a provare quanto si dice in Asmara sul capita-no Brans. (Candido)

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Emilio Barbieri, 33 anni, sorpreso alla guida delsuo autocarro al km 55,3 della camionale Asmara-Cheren in località Abrocangua. Una numerosa ban-da di scifta, che operava abitualmente nella valledell’Anseba, aveva preparato un agguato alla cor-riera proveniente dalla capitale nell’intento di de-predare i numerosi mercanti di bestiame delbassopiano occidentale che rientravano dopo avereffettuato le loro vendite ad Asmara. Purtroppo,mezz’ora prima del loro passaggio, si trovò a tran-sitare l’autocarro guidato da Emilio Barbieri chetrasportava i prodotti agricoli della concessione diLuigi Ertola. Gli scifta decisero l’assalto sparandonumerosi colpi di fucile che colpirono le gommecostringendo l’autista ad arrestare la marcia. Men-tre era chino per tirare il freno a mano veniva rag-giunto da un colpo in piena fronte che lo uccideva.Il cadavere fu depredato di ogni avere compresi ipantaloni ed una coperta.

L’autocorriera, allertata in tempo, riuscì a sven-tare l’aggressione.

La sera del 9 settembre un gruppo di una decinadi scifta assaliva l’azienda di Pietro Falletta a TzadaCristian, 8 km da Asmara, dove raziarono 11 bovi-ni. Il 13 novembre fu la volta della fattoria diValentino Tega di Addi Gombolo, 5 km da Asmara,dove gli aggressori, dopo aver tentato di uccidere ilfattore Domenico Fusaroli, rubarono 50 capi di be-stiame.

Nella zona di Mai Habar, sulla camionaleNefasit-Decameré, la sera del 16 dicembre una ban-da di scifta assaliva la concessione di Gilda Cerrinidepredando ogni cosa. La proprietaria ed il perso-nale si salvarono dal massacro asserragliandosi inun locale appositamente predisposto per la difesa.

Il giorno di Natale del 1948, nella zona dell’Am-ba Galliano, due nativi armati di pistola e pugnale

rapinarono per la strada Giovanni Castrignano e lamoglie.

Pochi giorni dopo, il 29 dicembre, sempre perle vie di Asmara, altri due nativi aggredirono e feri-rono con un pugnale il connazionale Giulio DellaPozza che derubarono di ogni avere.

Il susseguirsi ininterrotto di aggressioni, razzieed assassinii che avvenivano senza soluzione dicontinuità in tutto il territorio ai danni di persone,aziende agricole, impianti minerari, ed ogni altraattività di appartenenza italiana occupando quasigiornalmente le cronache dei giornali, sollecitò unaulteriore vibrante lettera di protesta da parte delCRIE indirizzata al commissario di polizia colon-nello Fitzpatrick nella quale, oltre a denunciare leultime aggressioni, si accusava come sempre e senzamezzi termini la BMA di scarso impegno nel com-battere e debellare il terrorismo.

ANNO 1949All’imbrunire del 18 gennaio 1949 avvenne la

prima di una lunga serie di scorrerie terroristiche adanno delle aziende agricole della Valle del Dorfuad opera dell’etiope Hailé Abbai, un ex dipendentedel concessionario Italo Rizzi, destinato a diveniretristemente famoso come feroce assassino. Duran-te l’assalto furono brutalmente malmenati la signoraGiuseppina Rizzi di 74 anni, il fattore GiuseppeCoppola ed alcuni dipendenti. La banda si diedequindi al saccheggio delle abitazioni.

Lasciata la concessione di Italo Rizzi il grupporivolse le sue attenzioni ad un’altra azienda agrico-la, quella di Orlando Rizzi, saccheggiandola diquanto materialmente asportabile arrecando un dan-

ASMARA - I funerali di due italiani uccisi dagli scifta nel 1948. Le autorità inglesi non hanno permesso ladifusione di questa fotografia asserendo che essa poteva stimolare il nazionalismo e l’imperialismo italiano.(sic) - (Candido)

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no economico rimarchevole.Il saccheggio sistematico delle concessioni del-

la Valle del Dorfu divenne una consuetudine per lebande di scifta di passaggio nella zona e nel corsodel 1949 si ebbero ben sette razzie.

Il 2 febbraio i banditi rapinarono di denaro edindumenti il concessionario Francesco Alfano neipressi della miniera di Gaala nella zona del Sahartìmentre il giorno 13 una banda razziava 36 bovininella concessione di Antonio Cicoria in Hamezì.

Anche i Giardini Sperimentali Governativi diElabì e Filfil nella zona di Merara non furono esen-ti da incursioni e razzie da parte degli scifta. A diri-gere quell’importante settore dell’economia eritreaera l’esperto agrario Silvio Nardi di 60 anni. Giun-to in Eritrea nel 1921 si era dedicato con passioneall’agricoltura e nel 1923 era passato alle dipen-denze del governo quale responsabile dei Giardini.Dopo l’occupazione britannica venne riconfermatonel suo ruolo che assolveva con immutata passio-ne. Malgrado la pericolosità della zona volle rima-nere al suo posto di lavoro.

Il 24 febbraio ricevette la prima visita degliscifta, ormai dilaganti nelle Pendici Orientali, e subìuna prima rapina all’interno della sua abitazione.Altre seguirono nel tempo risolvendosi però sem-pre in maniera incruenta fino a quella fatale del 4dicembre 1949.

Il susseguirsi delle razzie e degli assassinii, dive-nuti ormai incontrollabili per le forze di polizia e per

i soldati del 2° Battaglione del Royal BerkshireRegiment di stanza in Eritrea, consigliò la BMA ed ilcommissario di polizia colonnello Fitzpatrick a richia-mare in Eritrea anche il 1° Battaglione dello stessoReggimento, all’epoca di stanza in Germania, per dareman forte agli uomini impegnati nei rastrellamenti direpressione che fino allora avevano sortito ben pochirisultati. Il ricongiungimento dei due Battaglioni av-venne in Asmara il 5 marzo del 1949.

La sera di quello stesso 5 marzo la banda deifratelli Mosasghì effettuava una scorreria nell’abi-tato di Senafé aggredendo con bombe a mano quat-tro uomini della Guardie di Finanza che erano ap-pena usciti dalla mensa dopo aver consumato lacena: Antonio Di Stasi, Alfredo Greco, GiovanniSanchi e Alfredo Tramacere. Tutti rimasero leg-germente feriti. Mentre Greco e Sanchi correvanoverso la caserma per armarsi, Tramacere, coraggio-samente, cercò di bloccare uno degli aggressori mavenne raggiunto da numerosi colpi di scimitarra chelo ferirono gravemente e si accasciò esamine al suo-lo. Di Stasi cercò scampo all’interno della piccolacentrale elettrica dove prestava servizio LinoMarchetti che proprio in quel momento aveva aper-to la porta per rendersi conto di cosa stesse succeden-do. Sfortunatamente uno degli scifta riuscì ad intro-dursi nel locale lanciando bombe a mano all’indiriz-zo dei due italiani che feriti si ritirarono nel cortileadiacente dove furono raggiunti da quattro colpi difucile 91 sparati a bruciapelo. Di Stasi rimase ucciso

ELABERET - Nella ridotta dell’Azienda Casciani. Una torretta è stata costruita sopra il corpo centrale del-l’azienda, unita agli altri edifici con una galleria. Un ponte levatoio isola il fortino e lo rende pressochèinespugnabile. (La Settimana Incom)

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sul colpo.Al termine dell’aggressione la banda armata si

riunì all’esterno di un bar frequentato da italianisfidandoli ad uscire quindi, forse già sazi del ba-gno di sangue, si avviava verso il quartiere nativo.

Tramacere e Marchetti, gravemente feriti, furo-no trasferiti il giorno dopo prima a Decameré e quin-di all’opsedale di Asmara dove decedevano entram-bi.

Lino Marchetti di 38 anni ex dipendente dellaS.A. Caproni dell’A.O.I. e rappresentante locale delCRIE, era gestore della centrale elettrica di Senafé.

La Guardia di Finanza Antonio Di Stasi di 23anni, giunto in Eritrea nel maggio del 1948, era statoin forza alla stazione doganale di Tessenei. Il suotrasferimento a Senafé era avvenuto la mattina stes-sa del suo assassinio.

La Guardia di Finanza Alfredo Tramacere di 36anni, in Eritrea da 11, aveva partecipato attivamen-te al secondo conflitto mondiale nelle zone diTessenei e di Massaua.

Con una lettera datata 7 marzo 1949, indirizzataal Comandante della Guardia di Finanza, ilbrigadiere F.G. Drew, amministratore capodell’Eritrea, esprimeva “tutto il suo dispiacere” perla morte dei due Finanzieri ed assicurava che sia la

BMA che la polizia“stavano facendo delloro meglio percatturare o eliminarei responsabili diquegli ultimi delitti,sulle cui identità nonvi erano dubbi”.

Malgrado leattestazioni dicordoglio ed i buonipropositi ripresero siale aggressioni che gliassassinii.

Il 19 marzo, al km16 della camionaleAsmara-Cheren, unabanda di scifta assalivaa fucilate l’autocorrieradella Ditta Fulli chesolo per la presenza dispirito dell’autistariusciva a sfuggireall’agguato. La mattinadel 22 la bandacapeggiata da TechestéHailé bloccava sullastrada Asmara-Himbertì l’autobottedella Ditta SABAguidata da Primo

Castellani. L’autista venne depredato del denaro edegli indumenti ed a stento ebbe salva la vita.

Il terrorismo politico dilagante, direttoessenzialmente contro gli italiani indifesi, coprivaormai tutto il territorio spingendosi da tempoimpunemente anche nei centri abitati tanto che lasera del 24 marzo tre nativi fermarono nel centrodi Asmara il taxi contrassegnato dal nr. 69 guidatoda Angelo Cultrara, 38 anni coniugato e padre diuna bimba in tenera età, chiedendo di esserecondotti verso la zona periferica di Acria. L’autovenne rinvenuta all’alba del giorno seguente fermaalla periferia della città con a bordo il cadavere diCultrara, spogliato di ogni avere e degli indumenti,ucciso da un colpo di pistola al posto di guida.Presumibilmente fu fatto scendere, rapinato ecostretto a risalire in macchina per poi essere colpitoa sangue freddo.

Anche la aziende agricole e le altre attivitàtornarono ben presto nel mirino degli scifta chefecero la loro apparizione la notte del 25 marzoalla concessione Cappellano nella zona del Sembelvicino Asmara dove, in mancanza del titolare,depredarono due operai nativi. Si spostarono quindinella vicina concessione Gianquinto con l’intentodi saccheggiarla ma questi, avvertito in tempo,

VALLE DEL DORFU - Fernanda Rizzi, figlia di un concessionario, aiuta la sorellaRosanna ad indossare la cartucciera. Le ragazze italiane in Eritrea hanno dovutoimparare a maneggiare le armi. La concessione è situata ad una trentina di chilo-metri dall’Asmara. (La Settimana Incom)

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riusciva a respingere l’assalto a colpi di fucile.La sera dopo, 26 marzo, in Dongollo Alto presso

Ghinda una banda di circa 25 scifta al comando diHagos Temnuò e Hailé Abbai assalì a fucilate ilristorante di Angelo Valbonesi “Le tagliatellesempre pronte” che venne depredato dellabiancheria, viveri, indumenti e denaro.

Il 27 marzo fu la volta dell’azienda del ConteStefano Marazzani situata presso Debaroa sulla

camionale Asmara-Addi Quala. Vennero asportaticirca 120 bovini di razza pregiata allevati in stalla.

Due rapine furono compiute sulla camionaleMassaua-Asmara ad opera di una ventina di scifta.La prima il 2 aprile, poco fuori Massaua, ai dannidi un gruppo di italiani che viaggiavano su sei auto.La seconda la mattina del 5 aprile nella Piana diSaberguma, a circa 2 km dal bivio di Ailet, e ne fuvittima Emilio Franchetti.

1949 - Due indigeni aggrediscono selvaggiamente in una via di Asmara un calzolaio italiano che, dopo aspralotta, uccide uno degli aggressori e mette in fuga l’altro. (La Domenica del Corriere) (Disegno di Walter Molino)

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Nelle prime ore della sera del 9 aprile riapparvesulla scena del terrorismo la famigerata banda diUoldegabriel Mosasghì con un assalto al barristorante “Gallo d’Oro” a pochi chilometri daAsmara sulla camionale per Massaua. Devastaronoed incendiarono l’edificio razziando denaro eliquori.

Terminato il saccheggio i componenti dellabanda, in preda all’alcol, si divisero in due gruppi.Il primo, composto da sette elementi, si diresseverso la zona periferica della città e, nel rione diGhezzabanda, assassinarono con tre fucilate abruciapelo dinanzi alla sua abitazione il 38enneGennaro Di Matteo, autista di piazza. Rimaseroillesi la figlia di 3 anni e la moglie Milena Barbini.Il secondo gruppo tentava un’analoga aggressionein una vicina abitazione ai danni del geometraBocchi senza fortunatamente riuscire nell’intento.Questi feroci episodi destarono enorme impressionein città ed ancora una volta il CRIE espresse la suaferma condanna alle autorità che apparivano semprepiù incapaci di arginare il dilagare del terrorismo egarantire l’incolumità degli italiani.

Ai funerali di Gennaro Di Matteo, avvenuti il17 aprile, prese parte una folla imponente di italianie nativi oltre ad una lunga colonna di vetture deicompagni di lavoro della vittima. La bara, ricoperta

dal tricolore italiano, venne portata a spalle fino alCimitero.

In una lettera indirizzata ai massimi dirigentidella British Administration of Eritrea che, dal 1aprile era subentrata alla British MilitaryAdministration, il CRIE riferiva tra le altre coseche insistenti voci provenienti da fonte sicuradavano come plausibile il timore che un numeroconsiderevole di armi fosse custodito nei localidelle chiese copte di Asmara e di Tzada Cristian,che un impiegato nativo della BAE fosse unsospetto organizzatore di aggressioni ai danni dicittadini italiani e che contro gli stessi si stavanopreparando altri fatti di sangue.

Sempre la sera del 9 aprile ci fu un’ulterioreaggressione a mano armata a scopo di rapina daparte di tre banditi ai danni dell’italiano Dallolinella sua abitazione in Asmara.

L’autorità britannica, chiamata pesantemente incausa per gli ultimi tragici avvenimenti impose,quale misura cautelativa, il coprifuoco nella cittàdi Asmara dalle 19 alle 05. Un servizio dipattugliamento con carabinieri italiani e poliziottieritrei al comando di un ispettore inglese fu istituitoin ognuno dei sei quartieri urbani con l’ausilio dicamionette armate ed autoblindate.

La polizia decise infine una improvvisa irruzione

DEBAROA - Dopo la razzia subita il conte Marazzani si è organizzato e compie frequenti perlustrazionenella sua azienda a bordo della sua autoblinda della quale si mostra oltremodo orgoglioso.

(Epoca)

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nella sede dell’organizzazione “Andinnet”, lasezione giovanile di tendenza estremista del“Partito Unionista”, dove sequestrò armi detenuteillegalmente, effettuò arresti e ne dispose loscioglimento dichiarandola fuorilegge.

Ad un momentaneo rallentamento delle azioneterroristiche ed aggressioni nell’ambito cittadinofece riscontro l’intensificarsi del banditismo in altrezone.

La mattina del 12 aprile sette scifta irrupperonella concessione agricola di Eusebio Andrei inlocalità Addiscià vicino al Villaggio Toselli pressoDecameré. Oltre al proprietario vennero rapinatianche alcuni dipendenti nativi.

Il 14 aprile, al km 17 della camionale Asmara-Decameré, vennero bloccati e depredati di unaconsiderevole somma di denaro il geometraMichele Pollera e l’ingegnere Paolo Raviglio chesi stavano recando nella miniera aurifera di Gaalànel Sahartì per pagare gli operai nativi.

Stessa sorte toccava all’industriale LuigiPacchetti intercettato il giorno dopo 15 aprile, daun bandito armato che lo rapinava di denaro edindumenti al km 18 della camionale Asmara-Decameré.

Pochi giorni dopo, nel pomeriggio del 22 aprile,al km 66 della camionale Asmara-Massaua, trescifta spararono delle fucilate contro l’auto di

Araldo Vannini che riuscì fortunosamente a sfuggireall’agguato. Peggiore sorte toccò invece aiconnazionali Silvio Alti e Walter Covani,sopraggiunti sul luogo con altra vettura, chevennero depredati di denaro, orologi ed indumentipersonali.

La sera dell’8 maggio in località Bet Mariam,presso Addi Ugri, altra rapina da parte di cinquescifta armati di fucile ai danni di Vincenzo Maggialleggerito del denaro, degli indumenti e del propriofucile.

Mentre proseguirono indisturbati gli atti diterrorismo e le rapine, il 9 maggio 1949 dinanzialla Terza Sessione dell’Assemblea Generale

Camionale Asmara - Massaua - I ruderi del conosciutissimo ristorante-dancing “Gallo d’Oro” razziato edato alle fiamme dalla banda di Uoldegabriel Mosasghì. (Internet)

“Gallo d’Oro” - Una delle decorazioni interne scam-pata alle fiamme (Internet)

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dell’ONU, venne dato l’annuncio di un raggiuntopossibile compromesso per la spartizionedell’Eritrea tra Sudan Anglo-Egiziano ed Etiopia.

Dopo una breve insignificante pausa ripreserole azioni terroristiche contro le aziende dellaregione. Le prime di questa nuova serie, la sera del17 maggio, avvennero a danno delle concessioniagricole di Vittorio Nastasi ed Ivo De Biase,entrambe nella zona di Tzada Cristian a 7 km daAsmara. Furono razziate, del bestiame, del denaroe di ogni oggetto di valore asportabile.

Il 24 maggio la concessione di Pietro Avvedutodi Tzom Sorat, nella Valle del Dorfu, subì la primadi una serie di saccheggi e devastazioni.

Uguale sorte subirono altre due aziende nellanotte tra il 1 ed il 2 giugno. Una banda di sei sciftaassalì per prima la miniera aurifera di Vasco Ignestiin Sciumagallé presso Asmara, rapinando gli operaidi denaro ed indumenti e, poche ore dopo la stessabanda aggredì la concessione De Rossi in AddiConcì presso Asmara, depredando il personalenativo.

Un duplice agguato mortale avvenne il 4 giugnoa 9 km da Senafé sulla camionale per Addi Caieh.La banda dei fratelli Mosnaghì tese un agguato aimezzi in transito erigendo uno sbarramento di pietreche bloccava la carreggiata in entrambi i sensi dimarcia. Il primo a cadere nell’imboscata fu il

ASMARA - Hapton Araia vicepresidente del partito unionista terro-rista Andinnet, dichiarato illegale dall’amministrazione inglese.

(Candido)

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carabiniere Quinto Alessi che a bordo della suamoto viaggiava alla volta di Addi Caieh assiemead una nativa alla quale aveva concesso unpassaggio. Sfortunatamente vide l’ostacolo conritardo e non fece in tempo a fermare la moto chefinì contro la barriera. Prima ancora che riuscisse amettere i piedi a terra venne immobilizzato daalcuni scifta e disarmato della pistola. Riuscito adivincolarsi cercava scampo nella fuga ma venneraggiunto da numerosi colpi di fucile che lo ucciserosul colpo. Poco dopo sopraggiunse una Fiat“Balilla” condotta da Gustavo Bica con a bordol’amico Guido Cipriani, la Guardia di FinanzaMario Vassella ed un eritreo impiegato governativodi Senafé. Il gruppo venne fatto segno da numerosicolpi di fucile ai quali Vassella rispose con la pistolad’ordinanza. Bica tentò di rifugiarsi dietro l’auto,ma venne raggiunto da tre colpi che lo uccisero. Ilfinanziere Vassella rimase ferito ad una gambamentre Cipriani, ancora illeso, tentò disperatamenteuna inversione di marcia ma venne colpito da unapallottola al polso sinistro e l’auto, mal governata,finì la sua corsa in un fossato. Malgrado la ferita,balzò fuori dalla vettura e riuscì ad allontanarsi dallazona. Il corpo di Gustavo Bica fu rinvenuto il giornodopo presso un cespuglio depredato dell’orologioe delle scarpe.

Giuseppe Jovine era un cantoniere di 52 anni,

padre di otto figli, che curava la manutenzione dialcuni tratti di strada del Seraé. Viveva con lafamiglia in Addi Ugri dove era amico e benvolutoda tutti. L’ 8 giugno, in sella alla sua moto,percorreva la strada di Arresa dopo aver ispezionatoi lavori in corso. Giunto al km 8 una banda di sei osette nativi, che si rivelarono subito degli scifta, lobloccava. Non ebbe neanche il tempo materiale difermare la moto e mettere i piedi a terra che, senzauna parola, gli spararono un colpo di fucile al voltoche lo uccise. Lo spogliarono del casco e delgiaccone che usava durante il lavoro.

Nei giorni 14 e 16 giugno altre aggressioni erapine.

Il 14 giugno, sulla camionale per Massaua, labanda di Hailé Habbai bloccava e rapinava l’autistaPaolantonio Riva che ebbe salva la vitaesclusivamente perché, come gli disse il capobanda,essendo sua madre eritrea, “nelle sue vene scorrevaanche sangue abissino”.

Il 16 giugno invece fu assalita la cartiera deifratelli Perrone in Medrizien presso Asmara. Ipresenti furono spogliati di denaro ed indumenti.

L’agricoltore Arturo Revello di 38 anniconduceva assieme al socio Ezechiele Ferrando laconcessione di Mai Ambetà, situata al km 13 dellarotabile Nefasit-Decameré. L’avevano rilevata daDomenico Cuccaro che era rimpatriato all’inizio

ZONA DI ASMARA - Per anni il trasporto delle merci alle concessioni è stato effettuato con scorta armata.(Candido)

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dell’anno. I locali adibiti ad abitazione erano statifortificati in maniera da poter resistere ad eventualiattacchi degli scifta ormai incombenti nella zonadi Mai Habar.

La sera del 19 giugno, subito dopo la cenaconsumata in compagnia del socio EzechieleFerrando, di suo figlio Giovanni e dell’amicoSaverio Dell’Aquila, Arturo Revello si recava nellacucina situata al piano terreno doveinavvertitamente, malgrado le rigide disposizionidate ai dipendenti, le imposte della finestra eranostate lasciate accostate. Mentre si avvicinava perchiuderle, attraverso lo stretto spiraglio, venivasparato un colpo di fucile che lo colpiva in pienopetto uccidendolo all’istante. Ezechiele Ferrando,resosi subito conto che si trattava di un attacco deibanditi, riusciva fulmineamente a chiudere il varcoevitando il sicuro massacro delle altre personepresenti.

La mattina del 22 giugno la banda diUoldegrabriel Mosasghì assaliva la concessioneagricola dell’Avvocato Angelo Maiorani situatanella Valle del Tabò nella zona di Ghinda. Gli sciftasaccheggiarono l’abitazione di stoviglie e masse-rizie e si impadronirono anche di un fucile da cac-cia. Il fattore Luigi Maggiulli ebbe salva la vita“per rispetto alla sua tarda età”. Prima di ritirarsiUoldegrabriel Mosasghì gli lasciava un biglietto

da far pervenire alle autorità di polizia nel quale siirrideva alla loro incapacità di catturarli.

Il 29 giugno la stessa banda ripeteva l’assaltominacciando di morte Luigi Maggiulli se fosse statotrovato nuovamente nella concessione. Seguì unaulteriore razzia di quanto era rimasto la voltaprecedente ed un tentativo di incendio delleabitazioni.

Diramato l’allarme una pattuglia della poliziaeritrea guidata da un ufficiale britannico riusciva araggiungere la banda nei pressi di Nalbiò edingaggiava un furioso combattimento. Gli sciftariuscirono a sfuggire alla cattura ma lasciarono sulterreno numerose armi ed una borsa di documentitra i quali una lettera indirizzata a UoldegabrielMosasghì da due alti esponenti del PartitoUnionista, uno dei quali identificato inChidanemariam Lainé figlio di Ras ChidanemariamGheremeschel di Arresa, presidente onorario dellostesso partito, nella quale si congratulavano per lesue gesta in favore della causa per l’Unione.

Nuovamente in Asmara, la notte del 23 giugno,due ladri riuscivano a penetrare in una stanzadell’Albergo Italia occupata da Orlando Stupici.Svegliato di soprassalto si opponeva tenacementealla rapina ma rimaneva ferito da diverse pugnalate.

Sempre nell’intento di costringere i

MAI HABAR - Sulla camionale Nefasit-Decameré - Questo non è un fortino ma l’abitazione di due conces-sionari italiani a Mai Habar costretti a difendersi dagli scifta. Malgrado tutte le misure di sicurezza una serache una finestra fu lasciata inavvertitamente aperta gli scifta uccisero con una fucilata il concessionarioitaliano Arturo Revello. (Candido)

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concessionari ad abbandonare le loro impreseproseguirono

gli assalti e le devastazioni delle aziende agricolee minerarie condotte da italiani.

Il 1 luglio una banda di cinque scifta assaliva laconcessione Eredi Di Pietra in Adi Cuscet-Sembelpresso Asmara, con l’intenzione di ucciderne ilproprietario. In sua mancanza rapinarono di miserecose il custode eritreo.

La sera del 4 luglio vennnero assalite e depredatele aziende agricole Fratelli Santini ed Enzo Santini

in Deddà nelle Pendici Orientali. Da entrambeasportarono valori, masserizie ed indumenti.

Si rifece viva la banda di Hailé Abbai che la seradel 5 luglio depredò la concessione di GiuseppinaFarina, situata nella Valle del Dorfu,impadronendosi di danaro, oggetti di valore, armida caccia e munizioni.

Con una azione evidentemente concertata, il 10luglio tre scifta armati di fucile bloccarono sullastrada Asmara-Zazzega i tre concessionari minerariCondomitti, Santini e Tringale depredandolidell’intera somma destinata alle paghe dei loro

dipendenti e di altri oggetti personali imponendopoi a Tringale di recarsi alla miniera per prelevareun fucile mentre, in attesa del suo ritorno, tenevanoin ostaggio gli altri due italiani sotto la minacciadelle armi.

Nei mesi di luglio ed agosto si ebbe una lungaserie di aggressioni e devastazioni:

Il 15 luglio, miniera aurifera S.A. Miniera delGaalà nel Sahartì.

Il 7 agosto, concessione mineraria Eredi Ing.Gabriello Salvi in Addi Nefas a 6 km da Asmara.

L’ 8 agosto, concessione agricola Felice Barbuiin Hamezi.

Il 9 agosto, concessione agricola dell’INAILsulla camionale Asmara-Addi Ugri.

L’ 11 agosto, la banda capeggiata da OgbanséIggigiù saccheggiò la concessione agricola deiFratelli Crispi nelle Pendici Orientali.

Il 13 agosto, concessione agricola del Comm.Mario Torrini in Merara, Pendici Orientali, il cuiproprietario riuscì a stento a sottrarsi a morte certarespingendo con la pistola alcuni assalitori edandosi quindi alla fuga.

Ecco un manifesto diffuso nelle case e nei locali pubblici nel quale si avverte chiaramente che sarannoperseguitati e uccisi tutti coloro che si propongono di opporsi, in qualsiasi modo, alla riunione dell’Eritreacon L’Etiopia. (Candido)

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Sempre il 13 agosto, nuovamente nellaconcessione agricola Guido De Rossi in Addi Concìche subì poi un’altra incursione il seguente 12settembre quando ormai non restava più nulla dadepredare.

Il 14 agosto, razzia di bestiame nella fattoria diGiovanni Pollera al Sembel presso Asmara.

Il 28 agosto 1949 al km 28 della camionaleAsmara-Addi Ugri, una banda di otto scifta teseun’imboscata a tre automezzi in transito e rapinòitaliani e nativi di somme di denaro e vari oggettidi valore per un considerevole importo.

Il pomeriggio del 31 agosto la concessionedell’agricoltore Antonio Monticelli situata a MaiHabar, sulla camionale Nefasit-Decameré, venneassalita da una banda di 4 scifta armati di bombe amano e fucili. Fu depredata dei viveri ed altri oggettidi valore.

Il primo assalto al “Bar Dorfu” fu sferrato la seradel 31 agosto da parte di una banda di 14 sciftacapeggiati dall’etiopico Hailé Abbai. Il locale erasituato al 7 km della camionale Asmara-Massauaal bivio della strada sterrata che scende alla Valledel Dorfu. La proprietaria Giuseppina Pieggi-Silvestri, Armando Morniroli ed altri presenti su-birono violenze e rapina. Dal locale vennero aspor-tate tutte le bevande ed i viveri e quindi vennevandalicamente distrutto.

La sera del 1 settembre altra incursione di scifta,questa volta ai danni della concessione Luigi Ertoladi Cheren, che depredarono di tutti i viveri e dove

furono uccisi due bovini per asportarne la maggiorparte della carne.

Il 2 settembre la banda capeggiata daUoldegabriel Mosasghì fermava l’autocarro con-dotto da Dario Primerù a 9 km da Arresa sulla stra-da Asmara-Addi Ugri. L’autista ed i passeggeri, lamaggior parte commercianti arabi, vennero rapi-nati del denaro, degli indumenti e di ogni oggettodi valore oltre che di tutte le merci trasportate. DarioPrimerù salvò miracolosamente la vita per inter-cessione di un componente della banda, forse unsuo ex dipendente.

Ripresero con rinnovata frequenza gli assalti alleconcessioni.

Il 4 settembre toccò a quella agricola di Salvato-re Filpi in Faghenà, Pendici Orientali, razziata datre scifta.

La stessa sera quattro scifta assalirono e saccheg-giarono quella di Baldassarre Medaglia in OnaMonassé presso Asmara.

Il 6 settembre ci fu un tentativo di assalto da par-te di dodici scifta alla concessione di GiovanniLombardi situata in Dorotai sulla camionaleCheren-Agordat. La banda fu coraggiosamentemessa in fuga dall’agricoltore che rispose con de-terminazione e violenza al fuoco dei banditi.

Sempre il 6, di sera, alcuni scifta tentarono unassalto all’abitazione dell’agricoltore VincenzoJacovino a Mai Habar, sulla camionale Nefasit-Decameré. Trinceratosi in casa Jacovino costrinsegli assalitori a desistere.

Durante la notte dieci scifta assalirono la con-

CAMIONALE ASMARA-MASSAUA - Il bar del Dorfu, a 7 km da Asmara,depredato dalla banda di Hailé Abbai. (Collezione Eros Chiasserini)

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cessione di Luigi Ziantona al Sembel, Asmara, de-predandola di vari oggetti oltre che di un fucile dacaccia e relative munizioni.

Il 7 settembre la banda di Ogbansé Iggigiù assa-liva e saccheggiava la concessione agricola diMatteo Matteoda in Sciumbabatì nelle PendiciOrientali.

Il 9 settembre, sulla strada Asmara-Medrizien,due scifta rapinarono Emilio Fareri ed il suo com-pagno di viaggio Agostini mentre erano diretti adHametzì.

Il 13 settembre un’altra banda assaliva e deva-stava l’abitazione di Paolo Springolo nella sua con-cessione agricola di Merara, nelle Pendici Orienta-li.

All’imbrunire del 14 settembre al km 8 dellacamionale Asmara-Decameré quattro scifta tenta-vano di fermare a colpi di fucile l’auto condotta dalDott. Ugo Mazzacurati che viaggiava in compagniadi Flaminio Bortolai. Mentre l’auto accelerava persottrarsi all’aggressione Bortolai rispondeva al fuo-co.

Il 16 settembre nuovo saccheggio alla conces-sione agricola di Pietro Avveduto in Tzom Adorat,Valle del Dorfu.

La sera del 26 settembre nella zona del Sembel,Asmara, una banda di scifta aggrediva, bastonavae rapinava del denaro l’agricoltore Stelio Isabettini.

Nella notte del 27 settembre in Via Baldi in Asma-ra, due nativi armati aggredivano e rapinavano deldenaro l’italiano Pietro Bissi.

La sera del 3 ottobre una banda di scifta accer-chiava l’abitazione dell’impresario edile Luigi Con-te poco fuori l’abitato di Decameré sulla strada perNefasit. Alle intimazioni di aprire il cancello l’ita-liano, per nulla intimorito, apriva il fuoco metten-do in fuga gli aggressori. Pochi mesi dopo, per lecontinue intimidazioni ed aggressioni che non con-sentivano il proseguimento del lavoro, l’impresa-rio decise di abbandonare la sua proprietà che de-molì completamente, compreso l’adiacente vastovigneto, per non lasciarlo in mano ai nativi.

All’inizio di ottobre ripresero anche le aggres-sioni finalizzate all’omicidio. Le prime vittime diquesta nuova ondata di terrore furono gli italianiSalvatore Timonieri di anni 60 ed OttoKasseroler di 26, ambedue assassinati la sera del5 ottobre presso la stazione ferroviaria di TzadaCristian a 15 km da Asmara.

Una banda di cinque scifta, capeggiati dal terro-rista Hagos Temnuò, assaltò per prima l’abitazionedi Otto Kasseroler. Prelevato il proprietario lo tru-cidarono nel tratto che conduceva verso la stazioneferrovia distante poche centinaia di metri. Penetra-ti nei locali tentavano di abbattere con il calcio deifucili la porta dell’alloggio dell’anziano caposqua-dra pensionato delle Ferrovie Eritree, Salvatore Ti-monieri, che in quel momento era in compagniadella figlia Concetta e del nipote di appena un mese,

in visita al congiunto, di una giovane domestica edi un altro giovane nativo. Un colpo di fucile spa-rato attraverso la porta raggiungeva quest’ultimoalla mano. In preda al panico la giovane domestica,preso in braccio il piccolo e aperta una finestra delretro, cercava la fuga nei campi seguita da ConcettaTimonieri. Attraverso la finestra, rimasta spalanca-ta, vennero esplosi numerosi colpi di fucile uno deiquali raggiunse l’anziano ferroviere al collo ucci-dendolo all’istante.

Il giorno dopo, sul corpo di Otto Kasseroler, futrovato un biglietto scritto in tigrino firmato daHagos Temnuò che rivendicava il duplice assassi-nio.

In conseguenza a questo ulteriore barbaro mas-sacro il CRIE si riuniva d’urgenza ed indirizzavauna lettera al Rappresentante del Governo Italianoin Eritrea, il Conte Adalberto di Gropello, solleci-tandolo ad avviare una forte azione di protesta con-tro le autorità britanniche sicuramente colpevoli dinon aver adottato i provvedimenti da tempo invo-cati per ripristinare normali condizioni di vita e disicurezza nel territorio e ad eseguire un adeguatocontrollo sulle organizzazioni politiche che sem-pre più apparivano responsabili di intolleranza edaggressione nei confronti dei gruppi indipendentisti.

Con l’intensificarsi delle aggressioni e del terro-rismo nei centri abitati, nelle campagne, nelle viedi comunicazione e del banditismo volto a distrug-gere ogni traffico, attività agricola e mineraria, el’abbandono di ogni attività produttiva seminandodisordine e paura, il numero degli italiani che ab-bandonarono l’Eritrea aumentò di giorno in gior-no.

Una stima effettuata agli inizi del 1949 indicavain 20 mila il numero degli italiani residenti in Eri-trea; di questi 17 mila in Asmara, circa 2 mila aMassaua ed i rimanenti sparsi nei vari centri abitatidel paese.

Nello stesso periodo le bande di scifta operantinel territorio vennero stimate in circa 30 unità perun totale di circa mille uomini la maggior parte deiquali capeggiati dai fratelli Uoldegabriel e BerhéMosasghì, Hagos Temnuò, Haile Abbai, TechestéHailé, Brahané Nafur, Teclé Sereché, AsseresseiEmbaié, Brahané Nafur, Hailé Cascì, AbrahàZemariam.

Malgrado le denunce e le vibranti proteste delCRIE niente o quasi cambiò.

Il 20 ottobre una ben organizzata banda di sciftaassaltava la concessione agricola dell’Avv. CarloMatteoda in Filfil sulle Pendici Orientali. Asporta-rono quanto possibile e, tramite il fattore Quarto,invitarono il proprietario a corrispondere un tribu-to mensile se voleva evitare la distruzione del-l’azienda.

Il 2 novembre la banda di Techesté Hailé faceirruzione nell’azienda di allevamento di bovini diAntonio Battaglia in località Marhanò, a circa 5

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km da Asmara ad un bivio della camionale Asma-ra-Addi Ugri, depredandola di tutti i capi di bestia-me. Fu la prima di una lunga serie di razzie che nelsuccessivo marzo 1950 sarebbero culminate con ilferoce assassinio di Antonio Battaglia e del suo fra-terno amico Armando Pedulla.

La sera del 7 novembre il concessionario PietroAvveduto mentre stava risalendo in autocarro laValle del Dorfu diretto ad Asmara veniva bloccatoe rapinato da un gruppo di scifta capeggiati da HailéAbbai. Selvaggiamente percosso riportava nume-rose ferite ma riusciva fortunatamente a placare l’iradei banditi ed a scampare a morte certa dialogandonella loro lingua che conosceva perfettamente.

Nella stessa serata una ventina di scifta assaliro-no e depredarono del bestiame bovino l’aziendaagricola di Artemio Maffi situata in Ona Menassépresso Asmara.

Altre aggressioni e rapine furono portate a ter-mine tra il 10 ed il 13 novembre.

Giovanni Saragozza assalito da un ladro all’in-terno della propria abitazione in Asmara, nella zonadi Campo Polo, rimase ferito ad un braccio da unapugnalata e riuscì fortunatamente ad evitare uncolpo di pistola esploso al suo indirizzo dallo stes-so individuo.

Un gruppo di scifta tentò di razziare il bestiamedell’allevatore Angelo Pacchiana nella sua aziendadel Sembel presso Asmara. Avvertito per tempodella presenza dei banditi li accoglieva a colpi di

fucile e riusciva a respingerli.La famiglia di Mario Audifredi mentre percor-

reva a bordo della propria auto la camionale Asma-ra-Massaua venne bloccata al km 35 e rapinata ditutti i loro averi.

La sera di domenica 13 novembre fu compiutonel centro della cittadina di Addi Ugri uno dei piùsanguinosi atti terroristici degli ultimi tempi. Unanumerosa banda di scifta, divisa in due gruppi, at-taccava con il lancio di bombe a mano il Bar Formiaed il Cinema Rex sparando contemporaneamentenumerosi colpi di fucile per la via principale e ver-so il Bar Piazza dove si trovavano alcuni avventori.Nell’incursione furono colpiti a morte l’italianoAntonio Santangelo ed il cittadino greco GiorgioAktidis mentre un altro italiano, Gregorio Merodiveniva ferito gravemente e decedeva all’OspedaleRegina Elena di Asmara il successivo 16 novem-bre. Quasi certamente l’attacco terroristico fu ope-ra degli scifta guidati da Hagos Temnuò edAsseressei Embaié che nei giorni precedenti eranostati segnalati nella zona del Seraé.

Sul luogo i banditi lasciarono alcuni biglietti diintimidazione rivolti ad italiani ed eritrei invitan-doli a dissociarsi dal “Blocco Eritreo per l’Indi-pendenza” se volevano evitare ulteriori attacchi.In un secondo biglietto, indirizzato all’amministra-zione britannica, si leggeva testualmente: “Mante-nete la vostra promessa e dateci l’ Indipendenzacon l’Unione alla Etiopia”.

LE CONCESSIONI si sono organizzate a caposaldi. Si monta la guardia ai posti di vedetta. Le case sonostate fortificate. I concessionari spesso si sono dovuti rifornire di armi al mercato clandestino.

(La Settimana Incom)

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La mattina del 17 novembre la banda dell’etiopeHailé Habbai fermava presso Embatkalla, sullacamionale Asmara-Massaua, il taxi di PlacidoGuidara che trasportava quattro commercianti ara-bi. L’autista ed i passeggeri venivano fatti scende-re e l’italiano trucidato sul posto per ordine delcapobanda. Tutti subirono la rapina dei loro averi.

Placido Guidara, 40 anni, da pochi giorni si eratrasferito da Addi Ugri ad Asmara con la moglie ela figlia di due anni e mezzo sperando in una esi-stenza più sicura e nell’intento di migliorare le suemodeste condizioni economiche.

Qualche ora prima, poco distante, la stessa ban-da di assassini aveva ucciso con pari crudeltà il com-merciante indiano Dulabhje Premjee.

Il duplice omicidio, che seguiva di pochi giornil’eccidio di Addi Ugri, suscitò estrema emozionetra la popolazione italiana e nativa di Asmara edinfiammò ulteriormente il risentimento nei confrontidell’amministrazione britannica dimostratasi ancorauna volta incapace di mantenere l’ordine e garanti-re la sicurezza della popolazione. Il CRIE facevasentire ancora una volta la propria voce e diffonde-va un comunicato diretto alla popolazione che siesprimeva in questi termini:

“A tutti gli abitanti dell’Eritrea”“I dolorosi crimini che da molto tempo insan-

guinano le contrade dell’Eritrea e che, senza di-stinzione di razza e di comunità, colpiscono inermicittadini, costituiscono una palese violazione diogni diritto umano, contro la quale si eleva spon-taneo ed unanime il sentimento di esecrazione diogni uomo cresciuto al rispetto dell’umana digni-tà.

Nonostante le ripetute proteste di questo Comi-tato, si é manifestata l’assoluta mancanza di tuteladella sicurezza pubblica.

Contro i responsabili di questa insostenibile si-tuazione non può e non deve mancare la protesta

di tutti gli abitanti dell’Eritrea i quali, per natu-rale e indiscutibile aspirazione, intendono di poterlavorare tranquillamente in serena attesa delle de-cisioni che il supremo organo mondiale vorrà pren-dere sulle sorti di questo territorio.

Questa protesta dovrà concretarsi, per deside-rio concorde espresso dalla popolazione, nella so-spensione di ogni attività dalle ore 00 alle ore 24di sabato 19 corrente.

Il Comitato Rappresentativo degli Italiani in Eri-trea (CRIE), invita la popolazione ad attuare talemanifestazione in perfetta disciplina, volendo essamanifestazione essere esclusivamente un monitodella Collettività contro i negatori di ogni viverecivile e costituire un richiamo energico e risoluto achi ha il dovere di tutelare l’ordine pubblico di que-sto territorio”.

Contemporaneamente venne inviato un tele-gramma di protesta alla Segreteria delle NazioniUnite a Lake Success. Questo il testo:

“Il C.R.I.E. denunzia at opinione pubblicainternazionale inerzia freddamente mantenu-ta Autorità britannica occupazione invocan-do autorevole efficace intervento O.N.U. at tu-tela et protezione vita ed averi abitanti Eri-trea”.

I funerali di Placido Guidara furono seguiti dauna gran folla di italiani e nativi uniti nell’unanimecordoglio mentre tutte le seracinesche dei negozirimasero abbassate. Alla cerimonia funebre in Cat-tedrale era presente il Vicario Apostolico dell’Eri-trea, Mons. Giancrisostomo Marinoni che al termi-ne della Sacra Funzione prese la parola per espri-mere tra le altre cose:

BASSOPIANO OCCIDENTALE - Come viaggiano i concessionari italiani nel Bassopiano Occidentale.Un’autoblinda civile costruita dagli italiani con mezzi di fortuna. (Candido)

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“Non ho bisogno di parole per destare neglianimi vostri sensi di dolore e di deprecazione: ba-sta uno sguardo a quella bara. Non ho bisognoper dire il dolore che tutti portiamo scolpito sullafronte. Ciò che conta non è il dolore privato di unafamiglia, ma il dolore di un popolo.

Poco importa a quale nazione, a quale razzaappartengono le vittime: è il dolore di un popolo,del mio popolo, del popolo che il Signore mi haaffidato. Ecco perché sento più profondamente latragedia che viviamo.

. . . . .Non spetta a me cercare le ragioni di questi de-

litti che turbano e sconvolgono la vita pubblica, néè mio compito investigare chi, consciamente odincosciamente, ha armato la mano di questi assas-sini che hanno ucciso i nostri fratelli, né tocca ame investigare per individuare chi va seminando

l’odio e la vendetta in mezzo a noi.. . . . .Protesto a nome delle famiglie che vengono di-

strutte, a nome dei focolari che vengono spenti, anome dei bambini che rimangono orfani. Protestoa nome di tutta questa gente non protetta e domi-nata dal terrore per quanto va succedendo e tuttequeste proteste le faccio dinanzi all’Altare, nel nomedi Dio, il quale ha comandato di non uccidere enell’Evangelo che dice: Chi usa le armi, di armiperisce.

. . . . .Invoco per voi la forza necessaria per perdona-

re, come invoco la cristiana rassegnazione alle fa-miglie così colpite. Invoco fiducia per tutta la no-stra gente e vorrei che potesse giungere l’eco delmio appello a quelle Autorità che ci governanoperché sappiano e vogliano proteggerci e difender-

1949 - Una delle tante cronache di assalti degli scifta. (D.n.d.)

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ci.Abbiamno diritto alla vita: tocca a loro custo-

dirci e riservarci questo diritto”.Il sabato 19 novembre 1949 fu un giorno di lutto

che si manifestò anche con una sospensione del-l’attività lavorativa degli italiani su tutto il territo-rio eritreo ed in particolare ad Asmara.

In quello stesso giorno di così sentito dolore, sulQuotidiano Eritreo veniva pubblicato un comuni-cato dell’amministratore capo brigadiere FrancisGreville Drew nel quale rimarcava che il destino

dell’Eritrea era nelle mani dell’ONU ed era su-bordinato ai giudizi ed alle decisioni della IV^ Ses-sione che al momento non si era ancora espressa.Criticava duramente le azioni di protesta del CRIEche, dopo i fatti di Addi Ugri e gli altri assassinii,aveva invitato la popolazione ad attuare una sospen-sione delle attività lavorative per 24 ore.

“Questa azione - sottolineava il comunicato - èchiaramente di natura politica e può solo aggra-vare la situazione”. . . . “ si invita la popolazionead astenersi da malconcepite attività, come prote-ste e scioperi che non possono che provocare ri-sentimento presso gli avversari politici, esacerban-do la presente situazione”.

Non si era ancora spenta l’eco dell’imponentemanifestazione di cordoglio per l’uccisione di Pla-cido Guidara quando la sera del 26 novembre ven-ne consumato l’ennesimo assassinio ai danni di unlavoratore italiano.

Giovanni Peressini, 44 anni, proprietario di unautrocarro FIAT 634 effettuava da tempo il trasportodi legna da una concessione boschiva nella zonadel Mareb verso Decameré percorrendo la stradadi Mai Ainì. Completato il carico con qualche ri-tardo, soltanto verso sera era in grado di riprenderela strada del ritorno verso Decameré. Lo accompa-gnava, come sempre, l’aiuto eritreo edoccasionalmente alcuni taglialegna nativi. Ormai abuio, percorrendo un tratto di strada impervia, unospostamento del carico obbligava ad una sosta perrimediare all’inconveniente. Fu in quel frangenteche il gruppo venne circondato da una banda discifta rivelatasi poi per quella di UoldegabrielMosasghì.

Peressini ed i nativi venivano fatti scendere edobbligati a cospargere l’autocarro di nafta edappiccare il fuoco. Mentre le fiamme si alzavanoviolente l’italiano fu condotto a pochi metri di di-stanza ed obbligato a spogliarsi poi il capobandaordinava ad un suo gregario di trucidarlo a pugna-late. Colpito da dodici colpi in varie parti del cor-po, l’autista italiano moriva dopo breve agonia.

Ai nativi terrorizzati, Uolde-gabriel Mosasghì,ordinava di riferire al capodistretto del Tedrer, suoacerrimo nemico, che presto si sarebbe fatto vivoanche con lui.

Il giorno seguente, in Decameré, ebbero luogo isolenni funerali del povero Peressini ai quali pre-sero parte tutti i connazionali della cittadina, molti

arrivati da Asmara e le più alte autorità con allatesta il Rappresentante del Governo Italiano in Eri-trea, Conte Adalberto di Gropello.

Il 27 novembre 1949 si riuniva in seduta plena-ria il CRIE che deliberava di richiedere un incon-tro con l’amministratore capo F.G. Drew ed il con-sigliere politico presso la BAE, Cook, al fine di tro-vare una credibile soluzione al problema terroristmoe ribadire la decisa protesta “per il perdurare dellainsostenibile situazione che offendeva ogni leggedi civile convivenza”.

Durante un colloquio, avvenuto il 3 dicembre, ladelegazione italiana rinnovava l’accusa all’ala estre-mista del Partito Unionista di fomentare il terrori-smo a sfondo politico, come dimostravano i nume-rosi processi a carico di dirigenti unionisti e lo scio-glimento dell’organizzazione estremista“Andinnet” ordinato mesi prima dalla BAE dopol’assassinio del capo della Lega Mussulmana, AbdelKader Kebiré, contraria alla federazione. Venivaribadito il concetto che la popolazione italiana nonaccettava le inaudite affermazioni dell’amministra-zione britannica che giustificava gli insuccessi del-l’opera repressiva e di protezione della polizia perinsufficienza di mezzi finanziari perché “ciò equi-varrebbe ad affermare che l’equilibrio della bilan-cia finanziaria in Eritrea si debba raggiungere conil sacrificio di vite umane e la depredazione di pa-cifici cittadini”.

La delegazione rinnovava infine la richiesta, piùvolte insistentemente espressa, che l’amministra-zione applicasse i mezzi più idonei per porre fineallo stato di pericolo esistente in Eritrea.

Le risposte dell’amministratore britannico, bri-gadiere Francis Greville Drew furono quanto menosconcertanti ponendo subito in evidenza che la po-polazione italiana e l’amministrazione britannicaparlavano due lingue diverse e che in sostanza malesi conciliavano ad un costruttivo colloquio e, con-fermando le difficoltà nella lotta di repressione, af-fermava che: “Non vi è dubbio che scifta e man-danti si considerino dei patrioti e come tali riscuo-tano simpatia tra la popolazione che evita di dareinformazioni sui loro movimenti”.

Sosteneva inoltre che a generare quello stato dicose aveva influito l’ingerenza di due nazioni, l’Ita-lia e l’Etiopia, poiché: “Vi sono gravi sospetti trale popolazioni locali che il Governo Italiano aiutiil Blocco dell’Indipendenza e ciò accentuerà l’at-tività terroristica”. Affermazione gravissima resadall’ amministore britannico poiché era da tempoevidente che non soltanto l’Italia e l’Etiopia potes-sero avere interesse alla questione eritrea ma prin-cipalmente l’Inghilterra che, tra l’altro, apparivaestremamente tollerante verso il terrorismo che sta-va assumendo proporzioni inquietanti e sempre piùspeso faceva insorgere il sospetto che non si trat-tasse soltanto di tolleranza.

Appena il tempo per leggere sui giornali i primi

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commenti al colloquio avvenuto il giorno prima adAsmara che nel pomeriggio di domenica 4 dicem-bre veniva consumato l’ennesimo assassinio.

Una banda di 18 scifta capeggiata da Hailé Ab-bai in compagnia di Ogbansé Igigiù, un eritreo na-tivo dell’Hamasien, piombava nel Campo Speri-mentale Governativo di Elabì, presso Merara, nel-le Pendici Orientali dove il capo vivaista SilvioNardi di 60 anni prestava la sua opera dal lontano1923. L’improvvisa irruzione sorprendeva i duegregari armati di fucile, li distaccati dal Commis-sariato di Asmara a difesa della fattoria governati-va, che venivano disarmati.

Messi in allarme dall’abbaiare dei cani SilvioNardi ed il suo domestico uscivano dall’abitazionepoco distante dal modesto corpo di guardia. Il do-mestico intuiva immediatamente le intenzioni delcapobanda ed in ginocchio supplica di risparmiareil padrone. Hailé Abbai irritato lo percosse con il“curbasc” e rivolgendosi verso l’italiano gli spa-rava a bruciapelo un colpo di fucile al ventre. Qua-si incredulo Silvio Nardi cadde a terra, dove venneraggiunto quasi subito da un secondo colpo spara-to dietro l’orecchio che lo fulminava. Ogbasé Igigiù,che ben conosceva Silvio Nardi, assistette intimo-rito alla scena e venne redarguito duramentedall’etiopico Abbai che sbeffeggiandolo per il suopavido comportamento ed indicando il corpo gli

disse: “Hai visto come si fa ad ammazzare gli ita-liani”?

Compiuto l’assassinio la banda si diresse versoil villaggio di Ficcé dove, circa un’ora dopo, ag-grediva il modesto posto di polizia nativa ferendogravemente due dei gregari e disarmando gli altri.Si divisero quindi in più gruppi ed iniziarono arastrellare le numerose aziende agricole della zonaper devastarle ed alla ricerca dei proprietari italianida uccidere.

Il primo obbiettivo che raggiunsero fu la con-cessione di Umberto Viganò a Merara dove, graziealla prontezza di spirito dei dipendenti nativi cheriuscirono a convincerli che l’azienda era passatadi loro proprietà, gli scifta si limitarono ad alcunelievi devastazioni.

Il secondo assalto fu sferrato contro la conces-sione del Dott. Granzotti che fortunatamente,allertato in tempo, ebbe modo di rifugiarsi nellaboscaglia poco distante. L’azienda venne devasta-ta, le abitazioni razziate e date alle fiamme. I grup-pi si spostarono quindi nella zona di Filfil assalen-do le concessioni di Vincenzo Pratò e VincenzoMarino dove operarono la totale distruzione delleabitazioni e delle attrezzature agricole.

Infine non rimase che l’azienda di MatteoMatteoda, situata in Sciumbabatì, verso la quale sidiresse Hailé Abbai con i suoi accoliti con la ferma

ASMARA - Manifestazione di aderenti al “Partito Nuova Eritrea per l’Indipendenza”. (Internet)

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intenzione di ucciderne il titolare che per puro casosi era allontanato qualche ora prima per recarsi invisita al padre a Savur. Profondamente deluso ilcapobanda ed i suoi uomini cosparsero di petrolioquanto vi era di potenzialmente combustibile edappiccarono il fuoco. Per evitare che i dipendentipotessero spegnere l’incendio appena avviato, so-starono nei pressi per essere certi che le fiammedivorassero ogni cosa.

La zona delle Pendici Orientali, una tra le piùfiorenti del paese, bonificata e resa produttiva conimmensi sacrifici ed anni di duro lavoro da parte digenerazioni di italiani ed eritrei era ricca di pianta-gioni di caffé e di agrumi ma in due anni le bandedi scifta, per la maggior parte etiopici, che opera-vano quasi del tutto indisturbati avevano messo aferro e fuoco ogni attività costringendo in molti casi

gli agricoltori ad abbandonare le aziende. Solo al-cuni, malgrado i pericoli e le difficoltà, rimaseroostinatamente e coraggiosamente presenti a difen-dere quello che restava del loro lavoro.

Il 5 dicembre una banda di terroristi fece la suaapparizione nella fertile Piana di Mai Taclà pressoGodofelassi, zona di Addi Ugri, dove numeroseerano le aziende agricole condotte da italiani. Inuna di queste cercarono il concessionario RenzoReffo con l’evidente scopo di ucciderlo. Non tro-vandolo minacciarono di morte gli operai nativi senon avessero abbandonato il lavoro alle dipenden-ze degli italiani.

Le numerose ed insistenti richieste di un mag-gior controllo della situazione e di una più incisivaopera di contrasto alle azioni dei terroristi espostedal CRIE parvero cadere nel vuoto e fu oltremodo

ELABERET - Un posto di polizia tenuto da agenti nativi, per la difesa delle concessioni agricole. Purtropponon erano rari i casi in cui gli scifta erano addirittura d’accordo con i poliziotti. Comunque la polizia arrivavasempre dopo. (Candido)

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chiaro che nessuna zona del paese poteva ormai ri-tenersi esente dalle scorribande degli scifta che nonesitavano a portare le loro azioni omicide fino nelcentro della città di Asmara e degli altri abitati.

La sera del 12 dicembre 1949 una banda di ter-

ASMARA - L’angolo tra Corso Italia e Viale Lorenzini con il Cinema Impero ed il Bar Alitalia dove avvenne lamortale aggressione nella quale perse la vita il Dottor Djalma Mutti. (Collezione Eros Chiasserini)

roristi sferrò una ben orchestrata incursione in unadelle zone centrali della città all’angolo tra CorsoItalia e Via Lorenzini, in prossimità del Cinema Im-pero.

Un gruppo di tre banditi diede inizio all’azione

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con il lancio di bombe a mano e lo sparo di colpi dipistola indirizzati verso i passanti ed alcuni bar ge-stiti e frequentati da italiani.

Le prime bombe non esplosero e, solo per talefortuita circostanza, due ispettori della polizia in-glese in abiti borghesi che transitavano casualmen-te in Via Lorenzini ebbero salva la vita.

Altri due banditi lanciarono delle bombe a manocontro l’ufficio della British Information Servicese spararono alcuni colpi di pistola all’interno delBar Etna e del Bar Ragno dandosi quindi alla fuga

verso il Mercato Coperto di Largo Campania. Acompletare l’azione dei primi gruppi altri terroristispararono sei colpi di pistola all’indirizzo delle per-sone in sosta nei pressi del Cinema Impero ed unodi questi raggiunse alla schiena il Dottor DjalmaMutti ferendolo gravemente.

Compiuta l’incursione i terroristi si riunironodirigendosi verso Via Sardegna dove un compliceli attendeva a bordo di una Fiat Balilla. Si copriro-no la fuga lanciando bombe a mano e sparando al-cuni colpi di pistola uno dei quali contro Elvezio

Francesco Faranda nella sua casa di Piana d’Ala. E’ l’unico civile che sia riu-scito ad uccidere degli scifta ed a riscuotere la taglia di 500 sterline postasulla testa di Hailé Abbai. (La Settimana Incom)

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Magnabosco, un meccanico italiano che si era rifu-giato sotto i portici del Mercato Coperto, senza for-tunatamente colpirlo.

Il Dottor Djalma venne soccorso da alcuni con-nazionali usciti dal Bar Alitalia e condotto d’ur-genza all’Ospedale Regina Elena dove il giornoseguente, malgrado l’intervento chirurgico al qua-le fu sottoposto per arrestare una emorragia inter-na, decedeva.

Stimato professionista ed insegnante di ragio-neria all’Istituto Tecnico di Asmara, compianto da

tutta la cittadinanza lasciava la moglie ed una bam-bina di appena due anni.

Rinnovata vibrante lettera di protesta del CRIEalla quale, alcuni giorni dopo rispondeva il segre-tario capo dell’amministrazione britannica, sirCharles F.B. Pearce, il quale confermava, in con-nessione all’attentato del 12 dicembre, l’arresto dialcuni membri del Partito Unionista ed altri ele-menti vicini al banditismo e di avere disposto ilcoprifuoco per la zona europea della città per tutti inativi ed un ulteriore inasprimento delle norme per

1950 - Esenzione dal coprifuoco rilasciata dalla BAE per ragioni di lavoro al titolare di un taxi.

1949 - 13 dicembre - Il proclama che decretava il coprifuoco. Molto spesso, proprio durante ilcoprifuoco, i terroristi compirono aggressioni, rapine e saccheggi. (Candido)

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la salvaguardia dell’ordine pubblico. Il documento concludeva assicurando che: “Il

vostro Comitato può essere sicuro che l’ammini-strazione continuerà a mantenere tali provvedimen-ti giudiziari ed amministrativi per garantire la si-tuazione. Si é a piena conoscenza dei poteri a di-

sposizione, forniti dai proclami e dalla legge ita-liana, e tali poteri saranno esercitati con rigore edimparzialità come si renderà necessario”.

Le indagini di polizia riuscirono ad individuaree far arrestare tre dei terroristi che avevano parteci-pato all’incursione di Via Lorenzini. Processati dalla

1949 - 14 Dicembre - In Eritrea, e precisamente nella Piana d’Ala, sette banditi attaccavano, di sera, laconcessione agricola del siciliano Francesco Faranda, che si trovava a letto malato, ma questo, levatosi asedere sul letto, li prendeva a fucilate uccidendone tre e mettendo in fuga gli altri quattro.

(La Tribuna Illustrata) (Disegno di Vittorio Pisani)

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Corte Generale Britannica vennero condannati allapena capitale commutata poi, dall’amministratorecapo della BMA, all’ergastolo.

A distanza di sole 24 ore, il 13 dicembre, an-cora due attacchi degli scifta: nel primo una ban-da assaliva la miniera aurifera della S.A. Minie-ra Barattolo in Limat presso Zazzega, razziandodi indumenti gli operai ed attrezzi dell’impian-to. Nel secondo tre scifta armati tentarono dibloccare un’auto con tre italiani a bordo in tran-sito sulla pista Barentù-Ducambia che riusciro-no tuttavia a sottrarsi alla rapina malgrado il lan-cio di una bomba.

Il 14 dicembre, verso il tramonto, la banda diterroristi guidata dal famigerato capo etiopico HailéAbbai assaliva la concessione condotta da France-sco Faranda situata nella Piana d’Ala al km 24 del-

la camionabile Nefasit-Decameré. Mentre alcunidegli accoliti tenevano a bada il personale nativo,tre dei banditi riuscivano ad introdursi nell’abita-zione sparando svariati colpi di fucile a bruciapeloe lanciando due bombe a mano contro FrancescoFaranda che non si fece cogliere di sorpresa e purfebbricitante reagì con veemenza e sparando con ilsuo fucile uccideva tre degli aggressori uno dei qualirisultò essere lo stesso capo dei briganti, il triste-mente noto Hailé Abbai, responsabile di numerosiomicidi ed incursioni terroristiche ai danni di ita-liani e nativi.

Quasi a concludere l’anno appena trascorso, al-l’imbrunire del 27 dicembre, nella Piazza Duca de-gli Abruzzi di Decameré, due terroristi lanciaronodue bombe a mano contro alcuni passanti italianifortunatamente senza fare né vittime né feriti.

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Il nuovo anno iniziò all’insegna delle aggres-sioni e delle razzie e purtroppo con nuovi contribu-ti di sangue da parte di pacifici cittadini italiani.

In Asmara, la sera del 10 gennaio, due terroristiin sella a biciclette transitavano nei pressi del BarCavour e, giunti in prossimità del locale affollatodi italiani, lanciavano una bomba a mano ad altopotenziale. Anche in questa occasione, per purocaso, non si lamentarono vittime. In conseguenzadel notevole e comprensibile scompiglio i due riu-scivano a dileguarsi indisturbati.

Tre giorno dopo, il 13 di gennaio, una bandacomposta da sette scifta assaliva la concessioneZanoni nella zona di Mai Habar, discosta di qual-che chilometro dalla camionale Nefasit-Decameré.

Il titolare venne duramente percosso e poi rapi-nato dagli aggressori che in quella maniera, a lorodire, intendevano vendicare l’uccisione dei loro trecompagni avvenuta durante l’incursione del 14 di-cembre 1949 per mano di Francesco Faranda.

La sera del 14 gennaio in uno dei più popolosirioni di Asmara, il Bivio 78, abitato prevalentementeda italiani, avvenne l’incursione da parte di unabanda di oltre venti scifta che seminarono il terroresparando con fucili e pistole e lanciando una venti-

na di bombe a mano contro le abitazioni di Via Mo-gadiscio, Via Neghelli, Viale degli Arditi ed all’in-terno del Bar Nazionale, situato alla convergenzadelle tre strade, ed affollato di avventori italiani. InVia Neghelli, nella sparatoria iniziale, rimase feritoall’interno della sua bottega, il falegname AntonioGiarratano intento al suo lavoro.

L’azione terroristica, evidentemente ben piani-ficata, causò anche il ferimento più o meno gravedi altri cinque italiani e di una donna eritrea.

Alcuni manifestini rinvenuti nella zona dell’in-cursione riportavano la seguente scritta: “Questa èopera del Mahaber (Partito Unionista). Italiani nonvi daremo più pace”. Portata a termine l’aggres-sione i terroristi si diedero alla fuga facendo perde-re le loro tracce nella vicina campagna.

Lo stesso giorno ed alla stessa ora, identico at-tacco venne portato nella piazza principale di De-cameré da parte di due terroristi in bicicletta chelanciarono due bombe a mano contro i passanti.

Iniziava immediatamente una sparatoria furio-sa ed incontrollata contro i due banditi in fuga cheriuscivano a dileguarsi mentre colpi vacanti rag-giunsero un poliziotto eritreo, deceduto sul colpo,e la signora Maria Alletti Curcio di 50 anni che,

ANNO 1950

1950 - La Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite al lavoro, in una località degli Habab. Si ascoltano inativi per conoscere le loro preferenze circa l’assetto politico dell’Eritrea. (Candido)

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proprio in quegli attimi, apriva la porta della suaabitazione nella adiacente Via Duca D’Aosta pre-occupata per il figlio non ancora rientrato a casa.Trafitta da un colpo di pistola all’addome venivasoccorsa e trasferita d’urgenza all’ospedale diAsmara dove poco dopo cessava di vivere per lagrave ferita riportata.

Voci insistenti attribuirono le due azioni terrori-stiche alla volontà di costringere l’amministrazio-ne britannica a liberare i tre imputati unionisti del-l’attentato del 12 dicembre 1949 di Via Lorenzini,sotto processo in quei giorni, e per i quali si pro-spettava la condanna a morte.

Come unico deterrente alle azioni terroristiche,nella cittadina di Decameré, fu introdotto il copri-fuoco dalle 19 alle 05 del mattino.

Le rinnovate proteste del CRIE dopo gli ultimisanguinosi atti di terrorismo non riuscirono a scuo-tere il torpore dell’autorità britannica anche se ap-parve sempre più evidente che il comportamentoambiguo assunto nei confronti degli scifta agevo-lava l’intensificarsi delle loro azioni mentre inde-boliva ogni giorno di più la posizione degli italianicostringedoli all’abbandono sia delle proprietà chedelle loro attività.

In un articolo pubblicato su “Eritrea Nuova” ilgiornalista Mario Fanano sottolineava in tutta la suadrammatica evidenza l’incapacità delle autorità bri-tanniche dell’Eritrea di “non essere in grado distroncare l’attività criminosa degli scifta” e di “nonessere idonei a ricondurre alla normalità la vitadel territorio”.

Le forze di Polizia, destinate alla sicurezza ditutto il paese, apparivano assolutamente inadegua-te essendo formate da 70 tra ispettori ed ufficialibritannici, da 200 tra agenti di Pubblica Sicurezzae Carabinieri italiani, adibiti quasi totalmente a com-piti giudiziari e d’ufficio, e da circa 2.500 ausiliarieritrei. Erano inoltre presenti due battaglioni dellaRoyal Berkshire Regiment, per un totale di 1600uomini, che costituivano le truppe di occupazionee che solo saltuariamente vennero impiegati in azio-ni di repressione del terrorismo.

Più volte il CRIE aveva suggerito al segretariopolitico della BAE, Mr. B.C.A. Cook, di dislocareparte del contingente delle truppe di occupazionenella cittadina di Decameré al fine di garantire allapopolazione un sufficiente livello di sicurezza. Pur-troppo tale richiesta non fu mai presa in considera-zione dalle competenti autorità con i risultati cheinevitabilmente si ebbero a soffrire.

La sera del 23 gennaio, in Addi Ugri, altro ten-tativo di assassinio nei confronti di un’italiano. Dauna delle finestre della sede del Partito Unionistadue estremisti eritrei, Araià Uoldeselassé ed IschiaHailemariam lanciarono tre bombe a mano controVittorio Baldassarre che stava transitando nella piaz-za sottostante. Per fortunate circostanze il connazio-nale riportava solo ferite guaribili in pochi giorni.

Il 24 gennaio altra incursione di una numerosabanda di scifta contro la Missione Cattolica diMehlab, nelle Pendici Orientali, con il preciso ob-biettivo di uccidere il Superiore, Padre Serafino.

Non avendolo trovato in Missione decidevanosul momento di uccidere in sua vece Fra Donatoche fu salvato dai pianti e dalle preghiere degliorfanelli eritrei presenti nel ricovero. I banditi, dopoaver consumato i pochi viveri trovati nella mensadistrussero tutto il materiale dell’ambulatorio sani-tario e gli arredi dei locali minacciando di morte ireligiosi se avessero continuato a risiedere inMehlab.

Nuove aggressioni avvennero intanto ai dannidegli impotenti concessionari.

Il 6 febbraio in località Mai Hinzì,nell’Hamasien, gli scifta asportarono dalla fattoriadi Antonietta Pieggi Silvestri numeroso materialeed attrezzi per un considerevole importo.

Il 9 febbraio 1950 giunse ad Asmara la Com-missione d’Inchiesta delle Nazioni Unite con il com-pito specifico di preparare un rapporto sulla situa-zione nel territorio della ex colonia ed esprimere ilsuggerimento più opportuno per la soluzione fina-le del problema Eritrea.

La presenza della Commissione parve dare nuo-vo impulso agli attentati ed alle azioni terroristichequasi a voler influenzare i giudizi e le decisioni deidelegati.

L’11 febbraio, in località Valle Gnecchi pressoAsmara, sconosciuti lanciavano una bomba a manocontro il concessionario minerario Nino Garbinimentre si recava al suo posto di lavoro. Per sua for-tuna l’ordigno non esplose e non subì conseguenzese si esclude un comprensibile spavento.

All’alba del 13 febbraio nuova incursione daparte di una nutrita banda di scifta nella concessio-ne di Mario Farina e Pellegrino Causarano in MaiTaclì, Pendici Orientali. A nulla servirono i 15 gre-gari nativi li dislocati dal Commissariato di Asma-ra che furono istantaneamente disarmati e tutti gliimpianti, le abitazioni e gli edifici dell’azienda furo-no dati alle fiamme.

Nel pomeriggio del 18 febbraio altro attenta-to contro un’auto in transito sulla camionale Asma-ra-Massaua. Era alla guida del mezzo LorenzoManti, che viaggiava in compagnia della moglie edella figlia. Vennero fatti segno da vari colpi di fu-cile, uno dei quali infrangeva il parabrezza senzafortunatamente causare danni alle persone.

La mattina del 19 febbraio al km 86 dellacamionale Asmara-Senafé, in prossimità della cit-tadina di Addi Caieh, fu barbaramente assassinatol’autista Sesto Cardenà di 42 anni. Partito da Asma-ra era diretto ad Addis Abeba alla guida del suoautocarro quando in località Enda Esc veniva invi-tato a fermarsi da un poliziotto eritreo in divisa. Ilmilitare, salito sul predellino dell’autocarro, estra-eva la pistola e sparava a bruciapelo cinque colpi

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contro Cardenà e lo stesso faceva un complice, sem-pre in uniforme, attraverso il finestrino dal lato op-posto della guida. I due assassini depredarono lavittima e quanto di asportabile trovarono sull’auto-carro. Compiuto l’omicidio obbligarono l’aiutantenativo dell’autista a seguirli sotto la minaccia dellearmi.

Venne appurato che i due complici erano po-liziotti disertati dalla Stazione Mercato Polizia diAsmara. Furono diramati comunicati per la lorocattura che avvenne alcuni giorni dopo al terminedi una nutrita sparatoria. Giudicati dalla CorteGenerale Britannica di Asmara furono dichiaraticolpevoli e condannati alla pena capitale, pena chevenne poi commutata in 27 e 29 anni di reclusione.

Il giorno dopo, 20 febbraio, verso l’imbruni-re, una banda di oltre trenta scifta assaliva la picco-la stazione ferroviaria di Amba Derhò, sulla lineaAsmara-Cheren, ed assassinava il capostazioneNasser El Din di 45 anni, esponente della LegaMusulmana noto per le sue idee indipendentiste.Fu un delitto di stampo prettamente politico, quasiun messaggio alla Commissione d’Inchiesta pre-sente nel paese.

Nel pomeriggio del 21 febbraio 1950, mentrenel quartiere europeo si svolgevano i funerali diSesto Cardenà, seguiti dal cordoglio dei connazio-nali, analoga mesta cerimonia avveniva in altra zonaper le esequie del musulmano Nasser El Din con lapartecipazione di diverse migliaia di correligionaried altri nativi di orientamento indipendentista.

Quando il corteo si trovò a transitare in VialeManzoni venne accolto da un nutrito lancio di pie-tre da parte di gruppi di fanatici unionisti in sostasul marciapiede. La reazione dei partecipanti al cor-teo funebre fu immediata nel tentativo di isolare gliaggressori ma, il successivo lancio sul corteo di

bombe a mano e lo sparo di alcuni colpi di pistola,diedero inizio ad una mischia furibonda che si esteseben presto ad altri quartieri della città.

Nel giro di un’ora i disordini degenerarono inuna vera guerriglia urbana tra aderenti al PartitoUnionista e nativi musulmani con intenso uso diarmi da fuoco e bombe a mano che nemmeno ilmassiccio intervento della polizia e dei militari delleforze di occupazione britanniche riuscirono ad ar-ginare. Già il primo giorno si registrarono 12 mortied oltre 60 feriti.

I disordini si protrassero per circa una setti-mana, ed il bilancio finale delle vittime tra la popo-lazione musulmana fu di 35 morti e di 81 feriti, 11dei quali rimasero invalidi permanenti; 16 i morti e124 i feriti tra i cristiano copti, la maggior parte deiquali per l’azione repressiva da parte della poliziaeritrea e delle truppe britanniche che tentarono diarrestare incendi e saccheggi diretti quasi esclusi-vamente a danno delle proprietà musulmane. Contemporaneamente a questi fatti, la sera del26 febbraio, alcuni scifta assalivano la concessionedell’Avv. Giuseppe Latilla nei pressi di Scicchetti,sulla camionale Asmara-Addi Quala, raziando nu-merosi capi di bestiame.

Il 4 marzo ancora un attentato contro un’ au-tovettura con quattro italiani a bordo. Furono fattisegno da una fucilata mentre transitavano nei pres-si di Nefasit sulla camionale Asmara-Massaua.

Una nuova duplice tragedia accadde invecela domenica 5 marzo nei pressi di Ghinda. OrazioOnori, 47 anni, titolare della fabbrica di laterizi“Prometal”, abitava con la moglie ElenaMariangeli, 48 anni, ed il figlio Germano in alcu-ni locali adiacenti all’azienda. Terminato di cenareavevano progettato di recarsi al cinema nella vici-na cittadina. Mentre i due coniugi si preparavano il

ASMARA - Un ngeozio gestito da un musulmano saccheggiato durante i disordini del 21 febbraio 1950. Moltisostengono che furono gli inglesi ad istigare i saccheggiatori (Candido)

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figlio si recava nei locali adibiti ad officina per pre-levare un attrezzo. Improvvisamente due colpi difucile squrciarono il silenzio. Germano ritornavavelocemente verso l’abitazione dove sorprendevail guardiano notturno dell’azienda, Hailé Zomò, cheimbracciava il fucile da caccia del padre ed era pron-to a far fuoco su di lui. Dopo una violentacollutazione riuciva a disarmarlo e colpirlo a suavolta con un tiro mortale. Entrato in casa rinvenivai corpi dei genitori, vilmente assassinati, immersinel sangue.

Il giovane nativo, alle dipendenze della dittada svariati anni, pur essendo noto per le sue ideeestremiste e militante nell’ambito del PartitoUnionista, era stato mantenuto in servizio da Ora-zio Onori che lo gratificava della propria fiducia.

Secondo le ipotesi della polizia britannica iltriplice omicidio era opera del giovane Germano

che avrebbe ucciso i genitori, troppo severi nei suoiconfronti, ed il guardiano perché testimone di quan-to avvenuto. Questa tesi venne facilmente smantel-lata dagli avvocati di Germano Onori che non po-terono comunque evitare che il giovane fosse con-dannato dalla Corte Britannica a sei mesi di reclu-sione per eccesso di legittima difesa.

Rifacendosi ai disordini avvenuti in Asmarail 21 febbraio 1950 durante i funerali di SestoCardenà e di Nasser El Din, la polizia britannicavietò che il rito per i due italiani fosse officiato nel-la Cattedrale di Asmara ma ne impose lo svolgi-mento all’interno della camera mortuaria dell’Ospe-dale Regina Elena per muovere poi direttamenteverso il vicino Cimitero Cattolico sulla collina delForte Baldissera. Tale restrizione venne impostacome una necessaria e giustificata misura di sicu-rezza al fine di “evitare atti terroristici contro il

ASMARA - L’azione dei pompieri per domare gli incendi appiccati dai terroristi ai magazzi durante i disordinidel 21 febbraio 1950. (Candido)

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corteo durante l’attraversamento della città”.Il 7 marzo, dieci scifta bloccarono nei pressi

di Scicchetti l’autocorriera della Ditta S.A.A.N.A.in servizio tra Addi Ugri ed Asmara. Tutti i passeg-geri vennero fatti scendere e quindi suddivisi in varigruppi, uno di questi era composto da tre italiani:la signora Antonietta Frungillo Esposito, un briga-diere dei carabinieri e l’autista che i banditi dichia-ravano apertamente di voler uccidere. Ebbero sal-va la vita per la coraggiosa ed insistente interces-sione di alcune donne eritree che in ginocchio in-vocarono pietà per i nostri connazionali.

L’8 marzo nuova incursione di una banda discifta nelle Pendici Orientali, questa volta a dannodella concessione agricola di Matteo Matteoda inSciumbabatì che già aveva subito devastazioni edincendi nel passato dicembre. Questa volta venne-ro abbattute numerose piante di caffé.

Il 10 marzo, al km 57 della camionale Asma-ra-Cheren, due scifta bloccarono l’auto condotta daErmenegildo Bozzi che fu ferito da colpi di armada fuoco. Ebbe salva la vita per l’accorata preghie-ra del suo aiutante eritreo, anche lui rimasto feritonella sparatoria.

Lo stesso 10 marzo un nuovo barbaro assas-sinio veniva compiuto sulla camionale Massaua-Asmara. Ne rimase vittima Giulio CesareNacamuli, 19 anni, residente con i genitori a Mas-

saua, impiegato come interprete presso il Port Officedel Comando Marina di Massaua ed appassionatogiocatore di pallanuoto della società “Marisport”.

Incaricato dal suo ufficio di effettuare alcuniacquisti presso la “NAAFI” di Asmara, nelle primeore del pomeriggio lasciava Massaua a bordo di unautocarro guidato da un collega nativo. Giunto inprossimità della capitale il veicolo veniva bloccatoda una banda di circa venti scifta. Fatto scenderedalla cabina non ebbe neanche il tempo di pronun-ziare una parola che venne raggiunto da una fucila-ta alla testa che lo uccise all’istante. Spogliato de-gli indumenti e di ogni suo avere il corpo fu ab-bandonato presso l’autocarro mentre l’autista ven-ne costretto a seguire la banda che si allontanò im-mediatamente dal luogo del delitto.

Il cadavere dal volto sfigurato, irriconoscibile,venne trasportato all’obitorio dell’Ospedale Regi-na Elena di Asmara e soltanto qualche ora dopo fupossibile identificarlo grazie alla testimonianza diun agente della polizia italiana già residente a Mas-saua e conoscente della famiglia.

La notizia del terribile attentato giunsefulminea a Massaua dove in segno di partecipazio-ne al grave lutto venne sospeso ogni spettacolo etrattenimento di quel sabato sera. I funerali del gio-vane si svolsero domenica 12. La bara avvolta neltricolore venne portata a spalla fino al Cimitero dai

ASMARA - Altre scene di distruzione avvenute al mercato indigeno nel corso dei disordini del 21 febbraio1950 (Candido)

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numerosi amici e sportivi della “Marisport”, se-guita da tutta la popolazione di Massaua, dalle rap-presentanze militari italiane e dai colleghi, italianie nativi, del “Port Office”.

Il CRIE, facendosi come sempre responsabil-mente partecipe dei sentimenti della comunità, in-viava alla Commissione delle Nazioni Unite perl’Eritrea, insediatasi qualche giorno prima in Asma-ra, una lettera che sollecitava un intervento urgentee fattivo degli organi delle Nazioni Unite per muta-re definitivamente la situazione di quotidiano pe-ricolo in cui viveva la comunità italiana e restaura-re la pacifica convivenza della popolazione tutta.Alla lettera veniva allegata per conoscenza copiadel telegramma inviato dal CRIE al Governo Ita-liano in data 11 marzo 1950:

“Questo Comitato denunzia intensificarsi attiterroristici politici con nuove vittime italiane, no-nostante appello Commissione Inchiesta sulla tran-quillità. Terrorismo ha costretto concessionari adabbandono loro zone di lavoro ed impedisce nor-mali spostamenti tra i vari centri del territorio. Ri-petute pubbliche minacce, attuate anche mezzomanifesti, et mancata repressione determinano ge-nerale allarme. Questo Comitato invoca efficaceinteressamento Eccellenza Vostra per definire unavolta per sempre con Potenza Occupante provvi-denze atte a far cessare insostenibile attuale situa-zione”.

La sera dell’11 marzo, sempre sulla camionaleAsmara-Massaua nei pressi di Arbaroba, quindimolto vicino al luogo del precedente attentato, unabanda di scifta bloccava un autocarro della DittaPellizzari che venne dato alle fiamme.

Nei giorni 17 e 18 marzo numerosi terroristi

assalirono due miniere aurifere.Nella prima, situata in Adi Nefas a 9 km da

Asmara, di proprietà di Nino Garbini, vennero de-vastati e dati alle fiamme gli impianti ed i capanno-ni da tempo abbandonati per l’insicurezza dellazona.

Nella seconda, alla Conca dei Maldi nelle Pen-dici Orientali, stesse devastazioni ed incendi daparte degli scifta, con finale saccheggio di quantoscampato, da parte dei nativi della zona. Tra i mag-giori azionisti di quest’ultima concessione figura-va anche il Comm. Guido De Rossi, esponente po-litico, uno tra i principali fondatori dell’ “Asso-ciazione Italo-Eritrei” della quale fu anche Presi-dente.

La sera del 27 marzo la banda di TechestéHailé, composta da sei terroristi, faceva irruzionenella concessione agricola di Salvatore Battagliain Marhanò, a circa 10 km da Asmara in direzioneAddi Ugri. Macellata una mucca si facevano pre-parare la cena dalla moglie del fattore nativo che inseguito rinchiudevano assieme ai figli nella loroabitazione perché non potesse dare l’allarme. Sazidisponevano di passare la notte nell’azienda perpoter tendere un agguato al proprietario alle lucidel nuovo giorno.

Il seguente 28 marzo Antonio Battaglia, 32anni, e l’amico fraterno Armando Pedulla, 31 anni,ciascuno a bordo del proprio camioncino, lasciatala camionale per Addi Ugri, si inoltrarono sulla pi-sta che conduceva alla concessione dove giunserointorno alle ore 9.

Gli scifta, avvertito il rumore dei motori delleauto in avvicinamento, disponevano l’agguato na-scondendosi dietro il muro di cinta della fattoria.

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Terminato l’ultimo tratto della pista che correva tradue filari di fichidindia, i due camioncini giunseronella raduna antistante i fabbricati e mentre i con-ducenti terminavano di posteggiare i loro mezzi par-tirono i primi colpi di fucile uno dei quali colpivamortalmente Armando Pedulla.

Antonio Battaglia afferrata la pistola ed ab-bandonata velocemente l’auto trovava riparo die-tro il tronco di un albero ed iniziava a sparare indirezione del muretto che proteggeva gli scifta. Ter-minati i proiettili e lasciata cadere l’arma, correvaverso il proprio mezzo con l’intenzione di prende-re il fucile ma, durante il breve tragitto, venne col-pito a morte. Compiuto il duplice assassinio la bandalasciava l’azienda e solo allora la domestica nativariusciva ad aprire la porta dell’abitazione e chiede-re aiuto.

Il duplice assassinio, commesso proprio quan-do la Commissione delle Nazioni Unite era riunitain Asmara per condurre la sua inchiesta, dimostra-va ancora una volta, se pur ce ne fosse stato biso-gno, a quale livello di intraprendenza e barbarieerano giunti i terroristi che per la lunga inerzia edincapacità dell’autorità costituita, potevanoimpunemente svolgere le loro criminali attività por-tandole sempre più nei pressi della città per rientra-re poi tranquillamente nei loro sicuri rifugi in zoneda tutti ben conosciute e dove in tutta calma pote-vano concertare nuove distruttive operazioni.

Ancora una volta il CRIE si fece portavocedel dolore e dello sdegno degli italiani e dei nativiinviando una lettera informativa e di denuncia alPresidente della Commissione delle Nazioni Uni-te, il norvegese Erling Qvale, nella quale senzamezzi termini, come aveva sempre fatto per il pas-sato, richiamava la diretta responsabilità dell’am-ministrazione britannica palesemente incapace dicontrollare il territorio ed il lassismo nel contrasta-re l’azione delle sempre più numerose ed audacibande di terroristi consentendo una intensificazionedelle loro scorrerie dirette principalmente ad atten-tare alla vita degli italiani ed alla distruzione deiloro beni.

Una seconda lettera venne indirizzata al Rap-presentante del Governo Italiano in Eritrea, ConteAdalberto di Gropello, affinché si facesse portavo-ce del rinnovato timore della comunità italiana chegiorno dopo giorno si sentiva sempre più abbando-nata e dimenticata. Nel documento si diceva tra l’al-tro:

“. . . vi sono state violente proteste contro ilGoverno Italiano, il quale è accusato di svolgereuna politica ambigua e di tradire le nostre aspetta-tive; ciò rappresenta una amara premessa di tempipeggiori, in quanto, se oggi gli italiani dell’Eritreadebbono temere e temono il ripetersi di rappresa-glie e di stragi da parte di elementi terroristi ma-novrati dal Partito Unionista, in un non lontanofuturo gli italiani potranno subire peggiori conse-

guenze da parte delle altre popolazioni native, lu-singate e deluse dall’atteggiamento del nostro Go-verno non coerente a quanto aveva precedentementepromesso”.

La Commissione delle N.U. riunitasi la mat-tina del 29 marzo deliberava di far pervenire unmessaggio di simpatia e condoglianze alle famigliedelle vittime ed esprimeva una dura condanna con-tro tali delitti. Una copia del messaggio veniva in-viata, per opportuna conoscenza, all’amministra-zione britannica.

Le esequie dei due giovani vennero annun-ciate per il pomeriggio del giorno 29 nella Catte-drale ma, poche ore prima della cerimonia, l’auto-rizzazione da parte delle autorità venne revocatacon la pretestuosa motivazione di ragioni di ordinepubblico e venne imposto che le funzioni funebrisi svolgessero ancora una volta nella cappella in-terna dell’Ospedale Regina Elena ed il conseguen-te corteo fosse limitato al tratto che conduceva alsovrastante Cimitero.

Un avviso in tal senso, diretto alla folla deiconnazionali, venne affisso sul portale della Catte-drale a cura del CRIE che contemporaneamenteinviava una sentita lettera di reclamo all’ EritreaPolice Force Commissioner nella quale si comuni-cava di accettare se pur a malincuore la nuova im-posizione biasimando nel contempo le autorità checon tale atteggiamento dichiaravano apertamentedi essere incapaci a svolgere un adeguato serviziodi polizia nell’ambito del centro cittadino.

Terminata la mesta cerimonia e nella convin-zione che le restrizioni imposte dall’autorità bri-tanniche fossero una immotivata limitazione al di-ritto di onorare convenientemente le vittime del tra-gico evento, la folla esasperata e compatta, forma-va un corteo che si dirigeva verso il PalazzoGovernatoriale per esprimere il proprio dissensoalla Commissione delle Nazioni Unite che li tene-va le sue riunioni.

Il corteo iniziò a percorrere Viale Nino Bixioed attraversò Piazza Finocchiaro Aprile proseguen-do quindi lungo Viale Roma, ma già nel primo trat-to, la polizia britannica tentò a più riprese di di-sperdere i partecipanti che, dopo un brevesbandamento, si ricompattarono proseguendo ver-so la Croce del Sud. Si ebbero ancora numerosi taf-ferugli ma infine il corteo giunse davanti ai cancel-li del Palazzo Governatoriale dove a gran voce in-vocò i rappresentanti della Commissione.

La determinazione mostrata dagli italiani ot-tenne infine il suo effetto ed una rappresentanzaguidata dal Presidente del CRIE, Dott. VincenzoDi Meglio, venne ricevuta ed ammessa ad una se-duta plenaria della Commissione decisa sul mo-mento e nel corso della quale ebbe la possibilità diesporre le rimostranze e le richieste della popola-zione italiana.

Al termine delI’ accorato appello il Presiden-

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te Erling Qvale assicurò ai partecipanti di aver bencompreso la situazione corrente e le loro giuste ri-chieste che avrebbe doverosamente fatto pervenirealle Nazioni Unite mentre chiarì che nessuna deci-sione poteva essere presa dalla Commissione pre-sente ad Asmara poiché ciò esulava dalle sue com-petenze che erano quelle di investigare e riferireall’Assemblea dell’ONU.

Non erano trascorsi due giorni dagli ultimitragici avvenimenti che una nuova azione terrori-stica veniva compiuta il 30 di marzo.

Nel pomeriggio di quel giorno una banda disette scifta fece irruzione nella piccola stazione fer-roviaria di Zazzega, 16 km prima della capitale,sulla linea Cheren-Asmara. Immobilizzati i ferro-vieri eritrei in servizio, tagliarono le linee telefoni-che per impedire qualsiasi richiesta di aiuto ed at-tesero l’arrivo del treno misto proveniente daCheren e prossimo a transitare. Appena il convo-glio giunse alla fermata salirono sulla vettura pas-seggeri dove prestava servizio il controllore italia-no Giovanni Reforgiato di 44 anni. Senza una pa-rola veniva fatto segno da una fucilata che lo ful-minava e subito il corpo razziato dei vestiti e deipochi averi. L’unica passeggera italiana, in compa-gnia del proprio bambino, fu ugualmente depredata esalvò la vita perché, tra le lacrime, disse di recarsi adAsmara e quindi a Massaua per rimpatriare.

Il CRIE si faceva nuovamente carico di trasmet-tere alle Autorità ed al Governo Italiano l’allarme ele lagnanze della comunità per la immutata e gravesituazione chiedendo il fattivo intervento di chipoteva e doveva risolvere i problemi del territorio.

L’unico segno di riscontro si ebbe il giorno dopoquando sul “Quotidiano Eritreo” l’amministrazio-ne britannica ritenne di far pubblicare il seguenteavviso:

“In vista del recente aumento del terrorismopolitico in Eritrea, S.E. l’Amministratore Capo hadeciso che da ogni villaggio nel cui distretto haluogo un attentato, dieci degli abitanti più impor-tanti verranno presi ed inviati immediatamente inesilio a Tessenei.

Nei casi particolarmente gravi, forti multe col-lettive verranno imposte sui villaggi.

D’altra parte, quelle persone che aiuteranno leAutorità nell’impedire gli attentati o nella catturadei criminali responsabili, saranno immediatamen-te e generosamente ricompensate”.

Le vibranti, accorate e giustificate proteste delCRIE e di tutti gli italiani erano sempre più fonte dimalcelato fastidio per le autorità britanniche e nubiminacciose si addensarono sul capo del PresidenteDott. Vincenzo Di Meglio che avrebbero ben vo-lentieri espulso dall’Eritrea. Questa intenzione ven-ne chiaramente manifestata all’ambasciata italiana

MASSAUA - Domenica 12 Marzo 1950 - I funerali del giovane italiano Giulio Cesare Nacamuli.( Foto collezione Amelia Mimmina Bancalari)

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a Londra da parte del Foreign Office ma fu scarta-ta sul nascere dopo l’intervento dello stesso mini-stro Sforza che reputava tale soluzione estremamen-te controproducente poiché, come ebbe a dire: “. . .verrebbe infatti inevitabilmente commentata nelsenso che, mentre non riesce a colpire i terroristiche operano a danno degli italiani, la BAE nonesiterebbe ad infierire con i rigori della legge con-tro questi ultimi, colpevoli soltanto di manifestare,in forma un po’ troppo irruenta, ma ben compren-sibile, il loro esacerbato stato d’animo”.

Malgrado i comunicati e le assicurazioni dellaBAE gli assalti e le devastazioni ripresero senzasoluzione di continuità.

Sempre il 30 marzo un gruppo di otto scifta as-salivano e devastavano la concessione agricola diAlfonso Amanzio presso Nefasit, distruggevano ilsistema di irrigazione e prima di allontanarsi spa-ravano svariati colpi di fucile contro le abitazioni.

La mattina del giorno dopo, 31 marzo, la bandadi Gebré Tesfazien, composta da dieci elementi,bloccava la corriera della Ditta Piazzardi al km 26della strada Asmara-Himbertì. I passeggeri tuttinativi, venivano percossi e depredati ed il mezzodato alle fiamme. La stessa banda si portò quindiverso le Fonti del Mareb, presso gli impianti ter-mali di Addi Calcaltì della Ditta SABA, dove un’au-to cisterna stava completando il carico da traspor-

tare ad Asmara. Il mezzo venne cosparso di benzi-na e dato alle fiamme ed i terroristi, prima di la-sciare la zona, distrussero le pompe di sollevamen-to dell’acqua dell’impianto di irrigazione.

Nella stessa giornata e presumibilmente ad ope-ra della stessa banda, venne compiuto l’ennesimoassalto al molino ed all’attigua azienda agricola delDott. Guido Picca di Addi Ché, a 7 km da Asmarain direzione Addi Ugri. I terroristi cosparsero dinafta i macchinari e lo stabile che diedero alle fiam-me. Nel corso della notte una più consistente ban-da di scifta razziava venti capi di bovini stanziatinella vicina azienda agricola.

Una più vasta ed organizzata incursione avven-ne nel pomeriggio del giorno 3 aprile ai danni dellaconcessione agricola del Cav. Vincenzo Acquistoin Elaberet, al km 64 della camionabile Asmara-Cheren. Un gruppo di 27 scifta, in divisa caki condistintivi dai colori etiopici, perfettamente armatidi fucili e bombe a mano sferrava un veemente as-salto contro le abitazioni dell’azienda con la fermadeterminazione di trucidare tutti gli italiani presen-ti e quindi devastare le floridissime piantagioni difrutta.

Consapevoli dei rischi che correvano giornal-mente, gli italiani avevano strutturato le abitazionia due piani della concessione come un vero e pro-prio fortino e sulla sommità del corpo centrale del-

I coloni italiani in Eritrea devono spesso guadagnarsi la terra con molto sudore. Ecco un concessionario diMai Habar mentre prepara lo scasso sul terreno che entrerà in fase produttiva. Per anni gli scifta, con ognimezzo brigantesco, hanno tentato, ma inutilmente, di scoraggiare questi tenaci lavoratori. (Candido)

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la villa avevano costruito una apposita ridotta dallaquale furono in grado di rispondere al fuoco degliassalitori respingendo validamente. In un’ora di nu-trita scarica di fucileria l’aggressione venne respintae gli scifta furono costretti ad abbandonare l’azio-ne lasciando sul terreno due morti.

Ai primi di aprile la Commissione dell’ONU,dopo aver visitato 37 centri abitati e indetto 64udienze pubbliche al fine di conoscere ed interpre-tare le aspettative ed i desideri della popolazionenativa, lasciava l’Eritrea. Un dettagliato rapportodelle investigazioni venne presentato nel seguentemese di giugno al segretario generale dell’ONU,Trygve Liem, per un accurato esame ed una conse-guente decisione sulle sorti dell’ex colonia.

Ancora il 6 aprile una banda di terroristi tentavadi devastare gli impianti della miniera aurifera deifratelli Tringali di Zazzega e di una vicina conces-sione agricola a 16 km da Asmara. In questo fran-gente le forze di polizia tempestivamente avvisateed intervenute misero in fuga gli scifta.

La notte del 19 aprile altro assalto, questa voltaai danni della concessione di Lorenzo Pezzopanesituata a 12 km da Addi Ugri. Una banda di sciftatentava inutilmente di entrare nell’abitazione delproprietario sparando numerose fucilate contro laporta d’ingresso con l’intento di demolirla. Il con-cessionario, benché ferito ad una spalla, ebbe laforza di resistere al tentativo di intrusione sparan-do a sua volta qualche fucilata. Fallito l’abbatti-mento della porta i banditi razziarono alcuni bovi-ni ed un cavallo e, prima di eclissarsi, diedero allefiamme i fabbricati dell’azienda.

Il 23 aprile altri scifta razziarono 5 bovini dallafattoria di Artemio Maffi nella zona del VillaggioParadiso in Asmara distante solo 200 metri dallacamionale per Cheren.

Oltre al perdurare degli assalti alle concessioniripresero anche le aggressioni ai cittadini italiani.

La mattina del 2 maggio in località Addi Nefas,a 6 km da Asmara, caddero in una imboscata tesada una banda di scifta i due operai Giuseppe San-tomaso ed Amedeo Furioni, rispettivamente di 46e 54 anni, che in bicicletta si stavano recando allavoro nella miniera aurifera degli Eredi Ing. Ga-briello Salvi in Doop. Furioni, lasciata la biciclet-ta, tentò di raggiungere il cantiere per dare l’allar-me ma venne raggiunto da una fucilata che lo feri-va gravemente. A fatica riusciva comunque a giun-gere nei pressi degli impianti dove veniva soccorsodagli operai nativi. Santomaso oppose una accani-ta resistenza ma sopraffatto venne trafitto più voltecon una scimitarra e barbaramente trucidato.

Anche Furioni non sopravvisse alle ferite e morìpoco dopo. Altri operai italiani in arrivo da Asma-ra furono allertati in tempo e riuscirono a sottrarsialla stessa sorte mentre la banda di assassini si riti-

ALCUNI TITOLI APPARSIALL’ EPOCA SUI

GIORNALI DI ASMARA

30 scifta visitano per la seconda volta laconcessione del Conte Marazzani e razziano120 capi di bestiame. I paesani collaboranocon il proprietario e con la polizia nell’in-seguimento dei fuorilegge.

Fermata la corriera per Decameré, ipasseggeri depredati e brutalmente percos-si. Due, colpiti da sciabolate, versano ingravi condizioni.

Barbaro assassinio di un cantoniereitaliano nei pressi di Arresa.

Fucilate contro la corriera di Cheren.Un morto e tre feriti gravi tra i passeggeri,ma l’autista riesce a superare il bloccostradale.

Vandalica distruzione degli impianti didue miniere. I guardiani condotti via comeostaggi.

Assalita la concessione Latilla. Il raccoltodato alle fiamme.

Due motociclisti italiani cadono in unaimboscata e vengono barbaramente truci-dati

Il presidente ed il vice presidente dell’ANDINNET arrestati per possesso illegaled’armi.

Nuovamente assalita la concessione Rizzi.Vandalica distruzione dei raccolti.

Gli scifta cascano male. Il concessiona-rio Francesco Faranda, assalito nella pro-pria abitazione si difende validamente uc-cidendo tre fuorilegge e mettendo in fugagli altri.

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rava indisturbata per i declivi delle Pendici Orien-tali notoriamente rifugio di svariate bande di terro-risti.

Un’altra zona ormai infestata dalle bande di sciftae considerata ad alto rischio era quella compresatra il 6 ed il 13 km della camionale Nefasit-Deca-meré in prossimità del torrente Mai Habar dove dasempre erano numerose le aziende agricole o col-legate all’agricoltura di proprietà di concessionariitaliani. Per le numerose incursioni dei banditi ed icasi sempre più inquietanti di danni alle persone siera verificato un lento ma inesorabile abbandonodelle aziende e solo alcuni, non avendo altre alter-native di sostentamento, rimasero tenacemente le-gati a quelle terre. Fino dal dicembre del 1949 leautorità di polizia, avendo perduto il controllo del-la situazione e non potendo garantire la sicurezzadei residenti, avevano ordinato agli agricoltori l’eva-cuazione della zona imponendo di rifugiarsi a Ne-fasit o al Campo Alloggio di Mai Habar. A coloroche malgrado tutto vollero continuare le loro atti-vità chiesero di firmare una dichiarazione che sol-levava l’amministrazione da ogni responsabilità.

Stefano Monda, un agricoltore di 50 anni, erastato suo malgrado costretto a portare avanti l’atti-vità della sua piccola azienda situata in prossimità

del km 12 della camionale per Decameré. Anche lamattina dell’8 maggio aveva lasciato l’alloggio for-tificato situato nella fattoria Ferrando dove abitual-mente da tempo trascorreva la notte per maggiorsicurezza, e si era diretto verso i terreni di lavoro.La strada si presentava deserta e tranquilla ma, sfor-tunatamente, era una calma solo apparente perchéimprovvisamente da dietro il parapetto di un pontefu sparata una fucilata che lo colpì mortalmente.Dal provvisorio nascondiglio uscirono i suoi assas-sini che con altri colpi di fucile fecero scempio delcorpo del povero Stefano Monda.

Quando i miseri resti furono raccolti e si vollepietosamente prepararli per la cerimonia funebre,tra le sue poche cose non si trovò di che vestirlo.

Il 13 maggio gli scifta agli ordini di TechestéHailé sferrarono un assalto a quanto restava dellaminiera S.A. Longhi e Premjee di Cellomanin conl’intento di assassinare Vittorio Longhi ed altri ita-liani giunti sul posto per valutare i danni di unaprecedente scorreria. Ai primi colpi di fucile gliassaliti risposero con tutte le armi da fuoco dispo-nibili costringendo i banditi ad una frettolosa riti-rata.

La sera di quello stesso giorno, alla periferia diAsmara nella zona di Ghezzabanda, una volta ri-

ELABERET - Le aziende agricole hanno dovuto provvedere alla difesa contro gli scifta. Una ragazza racco-glie patate nell’orto protetta da un indigeno armato. (Candido)

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dente zona di linde case e giardini fioriti, si consu-mava l’ennesima tragedia che vide incolpevole pro-tagonista Giuseppe Nassisi di 49 anni ridotto, dal-le traversie della guerra, al poco remunerativo me-stiere di calessinaio di piazza. Aveva appena termi-nato di accudire il cavallo ed era rientrato nell’abi-tazione per cenare quando udiva vicinissimo un col-po di fucile. Preoccupato per la sorte dell’animalecorreva verso la stalla ma, appena fuori dalla portavenne colpito quasi a bruciapelo da un secondocolpo di fucile che lo fulminò. Sulla vittima, ormaisenza vita, furono sparati altri due colpi.

Sul corpo di Giuseppe Nassisi venne rinvenutoun biglietto scritto in lingua tigrina che diceva:“Adesso sapete perché uccidiamo”.

Niente e nessuno poteva giustificare quell’ondainarrestabile di assassinii e devastazioni che stava-no mettendo in ginocchio il paese che fino al 1941aveva goduto di una tranquillità e di un benesseresconosciute in altre zone dell’Africa. Benessere co-struito in quasi cinquant’anni di duro e tenace la-voro e che in poco tempo veniva vanificato e di-strutto accompagnato da un bagno di sangue di in-difesi ed incolpevoli italiani ed eritrei.

Il 14 maggio l’Assemblea Generale del CRIEapprovò il testo di un comunicato da consegnarealla stampa che esprimeva ancora una volta il dolo-re e la condanna della comunità italiana dichiaran-do che: “Malgrado l’assicurata adozione di ade-guate misure protettive, un’altra vittima è stata, indata 13 corrente, immolata alle insaziate esigenzedel terrorismo politico in Eritrea, alimentato e pro-tetto dalle fonti ormai a tutti note”.

Anche nel Bassopiano Occidentale le cose nonandavano molto meglio ed il 14 maggio fu assassi-nato Lorenzo Negri, 47 anni, residente da anni aDucambia nei pressi di Barentù. Il suo corpo vennerinvenuto dopo due giorni dalla presunta data del-l’omicidio da alcuni pastori in transito sulla pistaDucambia-Barentù a 22 km circa da quest’ultimalocalità. L’autopsia stabilì che era stato ucciso daalcuni colpi di arma da fuoco. L’ italiano, di mode-stissime condizioni, sopravviveva con quanto rica-vava dalla vendita di una limitata produzione diformaggio e da quanto riusciva a racimolare da pic-cole prestazioni a favore dei concessionari dellazona.

Ai funerali che si svolsero ad Agordat il seguen-te 18 maggio parteciparono addolorati tutti gli ita-liani del luogo ed una foltissima rappresentanza dinativi in particolare quelli di origine Cunama tra iquali praticamente viveva da anni.

Ancora il 16 maggio una banda di quattro sciftatentò di bloccare in prossimità di Aicotà un auto-carro in transito sulla strada tra Barentù e Tessenei.Il mezzo guidato da Angelo Gasparini che viaggia-va insieme alla signora Trevisan, veniva fatto se-

gno da quattro colpi di fucile che pur perforando lacabina di guida, fortunatamente non causarono dan-ni ai due italiani.

L’audacia, dettata dalla quasi certezza dell’im-punità, consentiva ai terroristi anche azioni di estre-mo cinismo tanto che la mattina del 18 maggio1950 i concessionari italiani che operavano nellazona di Mai Habar, sulla camionale Nefasit-Deca-meré, rinvennero dei manifestini in lingua italianae tigrina dal seguente tenore:

“Italiani, udite bene. Noi dobbiamo vendicare imorti di Piana d’Ala. Adesso abbiamo ucciso Ste-fano (Monda), poi abbiamo ucciso Giuseppe(Nassisi) a Ghezzabanda. Per i nostri tre morti dob-biamo uccidere 10 italiani. Io ne ho uccisi 5".

Firmato Abrahà ZeremariamI riferimenti erano ben precisi: i morti di cui si

parlava erano i tre assassini, tra cui il famigeratocapobanda etiopico Hailé Abbai, uccisi dall’italia-no Francesco Faranda il 14 dicembre 1949.

A completare l’opera di distruzione delle con-cessioni delle Pendici Orientali, iniziata nel 1948dalla banda comandata da Ogbansé con frequentisaccheggi, distruzioni, incendi e taglio delle pianteda frutta, nei giorni 21 e 22 maggio 1950 un gruppodi trenta banditi agli ordini di Techesté Hailé,assaliva l’azienda di Vincenzo Marino in Uina equindi quelle di Mario Farina e Pellegrino Causara-no in Mai Taclì, finendo di distruggere le attrezza-ture agricole e dando alle fiamme quanto restavadei fabbricati poi, con l’aiuto di alcuni nativi delposto, tagliarono i tronchi di oltre 3000 piante diagrumi e l’annesso vasto bananeto cancellando inpoche ore il frutto di un’esistenza dedicata al lavo-ro.

Una più consistente razzia avvenne il 23 mag-gio ai danni della fattoria del Comm. Luigi Ertolanella zona di Scescilembì, a 12 km da Cherensulla via per Agordat, da dove dodici scifta aspor-tarono 78 capi di bestiame bovino.

Le azioni banditesche si spostarono nuovamenteverso il bassopiano occidentale dove, il 24 maggionella zona fra Gogne e Aicotà, sulla strada Barentù-Tessenei, gli autocarri condotti da Dante Berretterae Achille Ughetta trovarono la strada sbarrata daalcuni tronchi e massi ad opera degli scifta che conil lancio di bombe a mano e colpi di fucile tentaronodi fermarli. Dante Berrettera riuscì a forzare ilblocco e ad allontanarsi mentre Achille Ughettanon ebbe uguale fortuna e venne rapinato assiemead un passeggero nativo.

Qualche giorno dopo, la sera del 2 giugno, unaltro autocarro condotto da un italiano, fermo perun guasto nei pressi di Mai Adarté sulla camiona-le Cheren-Agordat, venne razziato da una bandadi scifta che si impadronirono di tutte le merciche trasportava.

La concessione agricola di Sebastiano Chiarle,un italo-uruguayano trasferitosi in Eritrea nel 1936,

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situata nella zona di Met Calabet presso Ghindasubì devastazioni e razzie da parte di bande di sciftafin dal 1949 e fu abbandonata per l’impossibilitàmateriale di proseguirne la conduzione. Una secon-da azienda, nella zona di Acquar presso le fonti diAilet ed a solo 6 km da quella di Met Calabet, fuassalita dalla banda di Techesté Hailé nel pomerig-gio del 15 giugno. Anche in questa le abitazioni,magazzini ed attrezzature agricole vennero distrut-te e date alle fiamme mentre tutti gli alberi da fruttosistematicamente tranciati. Sebastiano Chiarle riu-scì a porsi in salvo ma dopo la brutta avventuradecise di abbandonare l’azienda al suo destino.

Terminata l’incursione di Acquar la stessa bandasi spostava ad Ailet dove in serata completava la

distruzione del rinomato albergo termale già presodi mira da precedenti incursioni.

Il giorno dopo, 16 giugno, alle 4 del mattino, labanda di Techesté Hailé prese d’assalto la conces-sione agricola Zuco-Ziino nella Piana di Fegretpresso Ailet. L’azienda era un modello nel suogenere per l’innovativo metodo di irrigazione postoin opera dai proprietari deviando in galleria le acquedi un vicino torrente e per la sperimentazione delleculture di tabacco e piante officinali. I terroristidevastarono i caseggiati e le attrezzature dandolialle fiamme insieme ai raccolti in fase di essiccazio-ne e tagliarono tutte le piante in cultura. Il terroristaTechesté Hailé rivendicò le distruzioni a mezzo diun biglietto lasciato sulle rovine dell’azienda.

Altro incendio del co-pioso raccolto venne ap-piccato nella notte fra il 21ed il 22 giugno nell’azien-da agricola del Conte Ste-fano Marazzani, nei pres-si di Debaroa sulla camio-nale Asmara-Addi Ugri.Anche quella concessionesubì, nel corso degli anni,numerosi saccheggi e di-struzioni.

Nella terza decade digiugno la banda di Teche-sté Hailé fu protagonista dialtri atti terroristici: il 22si presentò nell’aziendadegli Eredi Pratò in Alga-tà Malek nelle PendiciOrientali, aggredì a basto-nate gli operai nativi equindi distrusse e diedefuoco alle abitazioni. An-che in questo caso il fio-rente agrumeto venne to-talmente reciso. L’atto ter-roristico fu rivendicato conun biglietto che portava lascritta: “Techesté Hailéuccisore degli italiani Bat-taglia e Pedulla”.

La mattina del 25 giu-gno la stessa banda bloc-cava nella zona presso Be-lesa l’autocorriera dellaDitta Fratelli Piazzardiche svolgeva servizio daAsmara a Coazien. I pas-seggeri, tutti nativi, venne-ro fatti scendere e rapinatimentre il mezzo fu datoalle fiamme.

Analogo assalto subìla sera del 3 luglio

ELABERET -L’Azienda Casciani presso Cheren una delle più vecchie e produt-tive dell’Eritrea. Cavalli di frisia e sentinelle vigilano gli accessi. (La Settimana Incom)

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l’autocorriera della Ditta Stefanelli in servizio fraMassaua ed Archico. Tre scifta bloccarono il mez-zo a circa un chilometro dall’abitato di Archico edepredarono l’autista nativo e l’unico passeggeroitaliano.

Il 14 luglio una banda di cinque scifta tentò difermare, sparando alcuni colpi di fucile, la corrierain servizio tra Nefasit a Decameré. L’agguato av-venne nei pressi del km 14 e non ebbe successo perla prontezza di spirito dell’autista che riuscì a su-perare in velocità lo sbarramento.

Dopo circa due mesi di apparente calma e lerinnovate assicurazioni dell’amministrazione bri-tannica che aveva garantito una maggiore sicurez-za con un adeguato aumento delle forze di polizia,il 20 luglio avvenne, in Asmara, il brutale assassi-nio di Vittorio Longhi.

Industriale, 54 anni, figlio di padre italiano emadre eritrea, coniugato e sette figli, titolare dellaminiera aurifera di Cellomanin più volte assalita edistrutta. Era uno dei fondatori e consigliere del-l’Associazione Italo-Eritrei aderente al BloccoEritreo per l’Indipendenza e come tale aveva spes-so ricevuto lettere di avvertimento e di minaccia

per farlo desistere dalla sua attività politica. L’ulti-mo biglietto anonimo diceva: “Mio caro meticcio.Io te lo scongiuro sulla tomba di Mussolini, che tuvivrai soltanto per 36 ore non di più. Il tuo nemi-co”.

Il vile agguato avvenne nei pressi della suaabitazione. In compagnia del figlio quindicennePietro, stava rincasando al termine di una riu-nione del Consiglio dell’Associazione quando,attraversata Via Badoglio ed iniziata la brevesalita di Via Brescia, fu raggiunto alla testa dauno dei due colpi di pistola sparategli da tergoda un gruppo di tre o quattro nativi che furonovisti fuggire velocemente dopo gli spari.

Il figlio Pietro, rimasto fortunatamente ille-so, corse verso casa per dare l’allarme mentre,come colta da un triste presentimento, uditi gli spari,la figlia si affacciava alla finestra chiamando ad altavoce il padre che si era accasciato rantolante sulterreno. L’agonia di Vittorio Longhi si prolungò perventi ore e cessava di soffrire alle 16 del giorno 21.

La cerimonia ed il corteo funebre si svolseronel pomeriggio del giorno 22 con una partecipa-zione imponente di italiani e nativi riuniti nel tri-

UINA - 21 maggio 1950 - Ecco un aspetto tragico dei vandalismi degli scifta: tremila piante di agrumi del-l’azienda agricola di Vincenzo Marino tagliate. Il lavoro di anni annientato in poche ore. (Candido)

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butare l’estremo saluto all’ennesima vittima del ter-rorismo.

Il 25 luglio una nutrita banda di scifta assalivala concessione del Cav. Mario Mazzetti situata neipressi di Amba Derhò, 12 km a nord di Asmara sullacamionale per Cheren, che venne razziata e subìl’incendio di un autocarro. Compiuta l’impresa iterroristi obbligarono alcuni dipendenti nativi a se-guirli per punirli di lavorare alle dipendenze di ita-liani.

Nel mese di luglio 1950 iniziarono a LakeSuccess i lavori dell’ “Interim Committee” delleNazioni Unite che prese ad esaminare il rapportodella Commissione dell’ONU rientrata in apriledall’Eritrea. I lavori proseguirono fino a settembrema per conoscere la risoluzione definitiva adottatadalle N.U. fu necessario attendere il 2 dicembre1950.

Mentre procedevano i lavori di Lake Success,in Eritrea, di pari passo, continuarono le aggres-sioni e gli assassinii che aggravarono ulteriormen-te la situazione costringendo al forzato abbandonodi molte aziende, sia agricole che industriali, daparte degli italiani. L’esodo divenne particolarmenteevidente e massiccio nella zona delle Pendici Orien-tali e della Valle del Dorfu.

Il 9 agosto il terrorista Abrahà Gheresghier allatesta della sua banda assalì l’azienda agricola diErcole Capozzi a Mai Habar, sulla camionaleNefasit-Decameré, distante un solo km dal posto dipolizia messo a difesa delle concessioni del luogo.I danni si limitaro al furto del fucile da caccia delproprietario.

La mattina del 21 ottobre, sulla camionaleAgordat-Cheren, transitavano per servizio, a bor-do di un autocarro, il maresciallo dei CarabinieriPio Semproni, Comandante della Stazione di Po-lizia di Agordat, un sergente della “Eritrean PoliceForce” e due subalterni addetti alla scorta di tredetenuti eritrei da condurre ad Asmara. Giunti alkm 164 cadevano in una imboscata tesa da un grup-po di sei scifta che li facevano segno di numerosicolpi di fucile. L’autista rimasto ferito dai primicolpi, fu costretto ad arrestare il mezzo mentre ilmaresciallo Semproni rispose energicamente alfuoco. Per meglio difendersi lasciò la cabina incerca di un riparo più sicuro ma venne raggiuntoda una bomba a mano e subito dopo da una fucila-ta. Pur gravemente ferito continuò a sparare fino ache le forze non lo abbandonarono. Anche il ser-gente eritreo rimase ferito gravemente e spirò pocodopo. Il secondo constabile, riparatosi ai lati dellastrada, continuò a far fuoco fino a quando anchelui venne colpito e ferito gravemente. Cessata laresistenza i banditi si impossessarono delle armi edelle rimanenti munizioni e depredarono dei vesti-

ti le vittime dell’agguato ad eccezione del mare-sciallo al quale tolsero la camicia ed il cinturonecon la pistola. L’autista, benché in gravi condizio-ni, riuscì a caricare sull’autocarro il morto ed i dueferiti e ritornare verso Agordat.

Il maresciallo Semproni, a causa delle graviferite, decedeva nelle prime ore del pomeriggioall’ospedale di Agordat.

I funerali, in forma solenne e con gli onorimilitari, si svolsero ad Asmara nel pomeriggio del22 ottobre presenti le autorità italiane, inglesi,americane ed una moltitudine di cittadini italianied eritrei.

Un sanguinoso assalto portato da un notevolegruppo di scifta guidati da Abrahà Zemariam e daHailé Cascì, ebbe luogo la sera del 2 novembre allastazione ferroviaria di Ghinda. Erano presenti perservizio il capostazione Giuseppe MozioCompagnoni, il vice capostazione Michele Romeoed il caposquadra Giovanni Armeni, appena arri-vato con la “Littorina” proveniente da Asmara. Alposto di ristoro della piccola stazione vi era lamoglie di Compagnoni, che lo gestiva, e la madre84enne di quest’ultimo.

Un treno merci proveniente da Massaua avevaappena terminato la sua corsa, che gli scifta irrom-pevano in massa circondando l’edificio della sta-zione. Per evitare che si potesse chiedere aiuto ta-gliarono i cavi del telefono di servizio e mentre ungruppo teneva sotto il tiro delle armi il capostazio-ne ed il caposquadra, altri entrarono nell’ufficio ob-bligando il vice capostazione Romeo ad aprire lacassaforte che svuotarono. Si fecero quindi accom-pagnare nel suo alloggio, situato al piano superio-re, dove raziarono il vestiario, i pochi averi ed unfucile da caccia.

Al piano terreno intanto l’anziana madre diCompagnoni si era gettata in ginocchio imploran-do i capi dei banditi di risparmiare il figlio ed ilcollega e questi la rassicurarono con aria infastidi-ta.

Terminata la razzia, che non aveva risparmiatonemmeno la bottiglieria del bar, uno dei capi diedel’ordine di ritirata e mentre la banda si allontavanadai locali, dal gruppo dei banditi che circondavanol’edificio partì un’intensa scarica di fucileria.Compagnoni fu raggiunto da un unico colpo che

lo uccise all’istante, Armeni ferito gravementesi accasciò al suolo e venne creduto morto mentreRomeo ricevette il maggio numero di colpi, circauna trentina, che lo crivellarono e decedeva subitodopo.

Compiuta la carneficina e sazi del bottino gliscifta si allontanarono in tutta calma. Il personaleferroviario nativo, attraverso il telefono pubblicosfuggito all’attenzione dei banditi, riuscì a dare l’al-

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Egregio Sig. H. V. Stranger Ford ASMARA La Sua lettera-commemorazione sul Quotidianodi oggi, è onesta e coraggiosa. Sono di quei trattidi gentilezza che vanno diritti al cuore degli Italia-ni. Specialmente di quelli che sanno leggere tra lerighe. Permetta allora che ai suoi ricordi ne aggiun-ga uno mio personale. La situazione di insicurezzanelle Pendici Orientali non data da oggi. E il pove-ro Marino ne sapeva qualcosa per diretta esperien-za. Uomo di vecchie idee pensò che una appropria-ta segnalazione del problema sulla stampa localeavrebbe richiamato su di esso l’attenzione delleAutorità e fu così che avvicinò il giornalista Puglisial quale fornì dati ed informazioni che ispiraronoun articolo apparso poi nel luglio 1948 su “EritreaNuova”. L’effetto fu sorprendente giacché una solaattenzione venne risvegliata e cioè quella della Po-lizia che, suscettibilissima in queste cose, fece met-tere sotto processo il Puglisi ed il suo Direttore ac-cusandoli. . . di allarmismo. E si celebrò così unbizzarro dibattito dinanzi alla Corte Sommaria, nelquale a decine i concessionari venivano a giurareche quanto aveva scritto il Puglisi era sacrosantaverità, urtando però queste loro deposizioni controun’accusa che scetticamente ne ascoltava i pietosiracconti ed in qualche momento non esitò addirit-tura a tacciarli di . . . viltà.Coclusione: il Puglisi ed il suo correo vennero con-dannati quali visionari ed i concessionari ebbero ilpiacere di vedere scritto su un autorevole documen-to che le loro paure erano incomprensibilmenteingiustificate ed il loro atteggiamento assurdamen-te allarmista.Almeno sulla carta la situazione era riportata allanormalità.Oggi il povero Marino, sui tronchi mozzati del suoagrumeto può assidersi serenamente e - perché no -filosofeggiando, rileggersi pian piano le ardue me-ditazioni di quella dotta sentenza.Perchè la storia sia completa - storia spicciola mapur sempre storia - aggiungerò che il Giudice cheebbe a pronunciarla si chiamava J. Stahr: e sembraeserciti oggi proficuamente il commercio nel Cana-da: che l’appello proposto venne respinto e che trai difensori sconfitti dell’imputato sedeva indegna-mente il sottoscritto suo fedelissimo estimatore.

avv. Giovanni UrbaniAsmara li 25-5-1950

ASMARA - Da “Il Lavoro degli italiani in Eritrea” - Anno IV - N. 21 - 25 maggio 1950

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larme alle stazioni vicine ma solo molte ore dopogiunse la polizia della non lontana postazione diGhinda e, da Asmara, un’autoambulanza che tra-sportò Giovanni Armeni all’Ospedale Regina Ele-na dove gli furono prestate le prime cure. Bisogno-so di una più specialistica assistenza in seguito futrasferito in Italia dove, malgrado le cure ricevute,cessava di vivere il successivo 12 febbraio 1951.

Dopo questa ennesima aggressione anche dallala stazione ferroviaria di Ghinda fu ritirato tutto ilpersonale italiano ed il servizio affidato esclusiva-mente ai dipendenti nativi.

L’indomani, 3 novembre, il CRIE si riuniva inseduta straordinaria e deliberava di esprimere allevarie autorità la rinnovata preoccupazione e la vi-brante protesta della comunità per l’ennesimo ec-cidio di cittadini italiani.

Telegrammi furono inviati alla Segreteria Ge-nerale dell’ONU ed al Capo della Delegazione Ita-liana a Lake Success, ai Presidenti del Senato e dellaCamera, al Senatore Menghi ed una lettera di pro-testa all’amministratore capo dell’Eritrea, brigadiereF.G. Drew, tutti firmati dal Presidente Dott. Vin-cenzo Di Meglio, dove tra l’altro si diceva: . . .”inseguito al tragico avvenimento di Ghinda, che ècostato la vita a cittadini italiani, sono costretto adenunciare, ancora una volta, la insufficiente tute-la della popolazione ad opera delle forze dell’or-dine. Il tragico avvenimento della Stazione di Ghin-da mette in evidenza che l’Amministrazione localenon provvede neanche alla efficace tutela dei pub-blici servizi, specie in quei luoghi, come la Stazio-ne di Ghinda, che dovrebbe essere permanentemen-te ed efficacemente presidiato”.

In un avviso alla cittadinanza il CRIE informòdi aver espresso alle famiglie il cordoglio dell’in-tera comunità mentre la popolazione italiana veni-va invitata a sospendere ogni attività dalle ore 13alle ore 18 del giorno 4 novembre in segno di lutto,ed a partecipare ai funerali che, secondo le ancoravigenti restrizioni emanate dall’amministrazionebritannica, avrebbero avuto luogo alle ore 16 par-tendo dalla Camera Mortuaria dell’Ospedale Regi-na Elena senza passare per la Cattedrale.

Il 2 dicembre 1950 la V^ Sessione dell’Assem-blea Generale dell’ONU riunita a Lake Success,dopo oltre quattro anni di inchieste, ispezioni di-battiti ma soprattutto rinvii, optò per la soluzionesecondo la quale l’Eritrea avrebbe assunto lo statoautonomo federato con l’Etiopia, sotto la sovranitàdella corona negusita.

In attesa che un’apposita Commissione delleNazioni Unite redigesse la bozza della costituzio-ne e che elezioni popolari eleggessero i Membridell’Assemblea Rappresentativa per l’approvazio-ne della costituzione, fu deciso che il paese sareb-

be rimasto sotto l’amministrazione britannica finoal 15 settembre 1952.

Tale decisione venne accettata serenamente datutte le componenti politiche anche se ognunaavrebbe voluto eccepire su alcuni punti che sog-gettivamente reputava non corrispondenti alle pro-prie aspettative ma, la speranza e l’augurio che larisoluzione segnasse la fine del tragico sanguinosoperiodo di incertezza e terrorismo ebbero ilsopravvento su ogni altra considerazione.

Tutte le forze politiche sollecitarono edauspicarono un veloce ritorno alla normalità invi-tando “quanti hanno le armi in pugno di cessareimmediatamente la loro azione e tornare sulla viadella legge e della giustizia”.

Purtroppo questi accorati appelli dipacificazione non ebbero molto successo ed a far-ne le spese furono ancora una volta anche gli italia-ni.

La sera del 17 dicembre, alla periferia diDecameré, una tempo fiorente e dinamica cittadi-na, una banda di scifta capitanati dall’etiopicoBrahané Nafur, irruppe improvvisamente nella fat-toria di Gerolamo Benesti, un puntiglioso 45ennetoscano che, nonostante il pericolo, non volle maiabbandonare il suo onesto lavoro. Sorpreso assie-me a quattro suoi dipendenti all’interno della stalladurante la mungitura, armi alla mano gli venne ri-chiesta una notevole somma di denaro della qualeal momento non poteva disporre. Malgrado le insi-stenti intercessioni dei suoi dipendenti uno degliscifta gli sparò improvvisamente un colpo di fucileche l’uccise all’istante. Caduto al suolo fu colpitonuovamente da altri colpi che ne straziarono il cor-po e quindi gli assassini, senza asportare nulla, sidiedero alla fuga.

Dopo meno di 24 ore dall’assassinio diGerolamo Benesti un altro italiano venne trucida-to. Giovanni Zunino, dipendente della Ditta L.Varnero, era partito di buon mattino alla guida diun autocarro, con altri dipendenti nativi, diretto aMai Cabuna dove doveva effettuare un carico inuna delle concessioni della Ditta. Stavano percor-rendo la strada Massaua-Zula quando giunti in lo-calità Arat, 10 km circa oltre Archico, caddero inuna imboscata tesa dagli scifta che da ambo i latidella strada colpirono la cabina del mezzo con unatrentina di fucilate. Zunino, raggiunto da due pro-iettili decedeva sul colpo mentre i due nativi, sedu-ti all’interno della cabina, rimasero gravementeferiti.

L’autocarro ormai senza controllo proseguivaper un breve tratto la marcia che si arrestava dopoalcuni metri contro un masso. Gli scifta, usciti alloscoperto, razziarono un fucile, la borsa dell’italia-no e si allontanarono velocemente dal luogo del-

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l’agguato. I due feriti nativi vennnero condotti all’Ospe-

dale Umberto I di Massaua; uno morì poco dopo ilricovero, il secondo riuscì fortunatamente a soprav-

vivere.Malgrado questi ulteriori atroci assassinii parve

che un nuovo clima potesse prendere il posto del pe-riodo di terrore fino ad allora dominante ed in tale

ASMARA - 22 luglio 1950 - I funerali di Vittorio Longhi. Tutta la colonia italiana e moltissimi indigeni hannosegui to il feretro. (Candido)

1950 - Camionale Asmara - Cheren - L’incendio di un’ autobotte daparte degli scifta. (Internet)

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prospettiva il 31 dicembre si tenne al Cinema Imperoin Asmara il Congresso del Popolo Eritreo (Riunioneper la Pace) durante il quale tutti i partiti dichiararonodi accettare le decisioni dell’ONU.

Alla solenne cerimonia erano presenti anche irappresentanti del Governo d’Italia, d’ Etiopia, diFrancia e degli Usa mentre brillarono per la loroassenza quelli della Gran Bretagna. Ciò malgradotutti espressero soddisfazione e speranza auspicandoun immediato ritorno alla normalità condannandoogni forma di violenza ribadendo la ferma volontàdi restaurare la pubblica sicurezza sul territorioquale premessa fondamentale alla pace fra tutta lapopolazione.

In nome del “Fronte Democratico”, IbrahimSultan dichiarava tra l’altro: “. . . è assolutamentenecessario che cessino le violenze e le vendette.Troppo sangue è stato versato, e troppe distruzionisono avvenute. Rendiamoci conto che è sangue deinostri fratelli e che è ricchezza del nostro paeseche è andata distrutta. Tutto questo deve finire”.

L’Azmac Zerom Chiflé, del Partito Unionista,da parte sua affermava: “. . . siamo unanimi nelcondannare ogni forma di violenza e di soprusi.Ogni ulteriore atto del genere, risolvendosi in ul-teriori ed inutili sofferenze per tutto il nostro popo-

lo, chi lo compie è nemico dell’Eritrea e deglieritrei”.

Con queste dichiarazioni, rese durante una cosiunanime e sentita cerimonia, i rappresentanti deipartiti condannarono pubblicamente ed in mododefinitvo il banditismo ed il terrorismo anche quel-lo camuffato dietro uno pseudo risvolto politico.

Nel suo discorso di capodanno l’amministrato-re capo della BAE dichiarava che . . . “le popola-zioni dell’Eritrea devono comprendere che gli sciftanon sono dei patrioti che agiscono per amore delloro paese, ma dei fuorilegge, dei comuni crimina-li, ed in molti casi dei brutali assassini”. ed ancora. . .”se le forze dell’attuale Amministrazione nonriusciranno a sradicare le attività dei fuorileggeprima di lasciare il territorio il 15 settembre 1952,sarà molto difficile istituire uno stabile GovernoEritreo”.

Erano occorsi tre anni, centinaia di morti e diferiti, tante lacrime, dolore e risentimenti, attività eproprietà distrutte, economia in ginocchio per po-ter finalmente ascoltare la confessione di un’am-ministrazione che ammetteva di non aver combat-tuto efficacemente il banditismo ed il terrorismo edi non aver saputo difendere la libertà e la sicurez-za della popolazione in Eritrea.

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Le buone parole e le intenzioni furono subito vani-ficate. Il 5 gennaio 1951, malgrado le evidenti avvi-saglie di un prossimo attacco da parte degli scifta e lamancata efficace protezione richiesta invano alla po-lizia britannica pochi giorni prima, l’agricoltore ita-liano Gabriele Ciaglia veniva barbaramente trucida-to.

Gabriele Ciaglia conduceva in affitto una partedella concessione agricola di proprietà di PaoloMarazzani situata a circa 5 km da Debaroa in loca-lità Gabré Calai. Per timore degli scifta aveva laconsuetudine di pernottare nella fattoria padronaledi Mai Zubò poco distante dal suo terreno. Nei mesidi novembre e dicembre aveva subito alcune razziee, sotto la minaccia di morte, aveva acconsentito aversare ai banditi venti sterline. Il ricatto ed il ti-more di ulteriori aggressioni vennero denunciati alposto di polizia di Adi Ugri.

Verso la fine di dicembre, mentre Ciaglia e lafamiglia erano in Asmara per trascorrervi il capo-danno, la stessa banda di fuorilegge, avanzava unanuova richiesta di denaro tramite il capo operaionativo. Rientrato a Gabré Calai il 2 gennaio, Ga-briele Ciaglia apprendeva della richiesta ma impos-sibilitato a reperire la somma ripeteva la denunciadel ricatto e richiedeva nuovamente la protezionealla polizia di Adi Ugri che gli assicurava l’invio dialcuni soldati inglesi.

All’alba circa 50 scifta invasero la fattoria diGabriele Ciaglia. Immobilizzati i dipendenti nativiorganizzarono l’agguato nascondendosi al lato dellapista che l’italiano avrebbe dovuto percorrere perraggiungere la concessione. In prossimità di GabréCalai l’agricoltore cadde nell’imboscata e da pochimetri di distanza gli spararono una fucilata che locolse in pieno petto uccidendolo. Non sazi delbrutale assassinio, prima di depredarlo, lo colpiro-no con un secondo proiettile.

Dalla vicina concessione di Mai Zubò, intesi icolpi ed intuito il pericolo, accorse l’agricoltoreAchille Beltramo con alcuni dipendenti nativi mavennero fermati daun intenso fuocodi fucileria da par-te degli scifta cheli costrinse a ritor-nare sui loro passie trincerarsi incasa. Anche alcu-ni constabili dislo-cati a difesa dellavicina ConceriaCarini udirono glispari ed accorserosul posto aprendo

immeditamente il fuoco contro i banditi costringen-doli ad abbandonare il terreno.

Questo ulteriore inutile criminale assassinio, av-venuto a pochi giorni dalla cerimonia di pacifica-zione e dal discorso dell’amministratore capo, suo-nava come pesante atto di accusa contro il lassismoe l’inefficenza delle autorità che avevano fatto pre-cipitare, anno dopo anno, l’operosa e pacifica Eri-trea nel baratro del disordine e della barbarie.

Il 9 febbraio 1951 giunse in Asmara il Rappre-sentante dell’ONU, E.A.Matienzo, a capo di unaCommissione incaricata di stabilire gli opportunicontatti con l’amministrazione britannica, le auto-rità, i rappresentanti dei Partiti Politici e delle varieComunità.

Durante il periodo dei lavori, che proseguironoininterrottamente da febbraio a tutto marzo, venne-ro visitati i maggiori centri abitati dell’Eritrea dovefurono ascoltati i pareri dei responsabili delle co-munità ed interrogati gli abitanti per conoscerne ipareri, rispondendo ai loro interrogativi sul futurodel paese, commentando e illustrando i punti fon-damentali ed i principi sui quali si intendeva basa-re la progettata federazione.

La presenza della Commissione parve, come peril passato, stimolare ancor più le attività terroristi-che che ripresero con vigore in tutto il territoriomalgrado le scelte federative fossero ormai decise.

Anche le forze USA di stanza in Eritrea ebberodi che criticare l’amministrazione britannica tantoche, in una corrispondenza da Asmara datata 20 feb-braio, apparve sul quotidiano americano “ChicagoTribune” una decisa condanna intitolata:

“L’Amministrazione Britannica non èin grado di proteggere i cittadini americani”

Le forze americane in Eritrea hanno subito tra-gici avvenimenti a causa della inadeguatezza dellaprotezione da parte della polizia dell’Amministra-zione Britannica nella ex colonia italiana.

Uccisioni ed aggressioni di americani sono ri-

“GIs in Eritrea Told to Shot if Attacked”Chicago Daily News - May 1st, 1951

“Local Army Man Wounded By Bandits” The Butler Eagle - May 1st, 1951

“GI Hurt, Aflame, Robbed by Eritrea Bandits”Associated Press Washington - May 1951

ANNO 1951

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maste impunite mentre le forze inglesi ammettonodi non essere in grado di controllare l’attività de-gli scifta, i terroristi nativi. Originariamente gliscifta iniziarono la loro attività nascondendosi die-tro motivazioni politiche e patriottiche ma è evi-dente che si tratta di volgari banditi al di fuori diogni legge”. . . .”Lo scorso 13 novembre un solda-to americano è stato ucciso da un colpo di arma dafuoco durante un attacco di scifta ad un treno pas-seggeri tra Massaua ed Asmara” . . . “il 10 dicem-bre un treno di approvvigionamenti proveniente da

Massaua è stato bloccato e razziato in un punto incui la strada ferrata si discosta dalla camionaleche corre parallela per un lungo tratto. Il posto èben conosciuto anche dalle forze dell’ordine ed èuno dei favoriti dagli scifta per i loro attacchi”. ..”Alla fine dello scorso anno un gruppo di soldatiamericani, durante una battuta di caccia, è statocircondato dagli scifta e derubato dei loro fucili,dei soldi ed altri oggetti di valore”. . .”Le truppeamericane di stanza in Eritrea sono convinte chetali ripetuti attacchi sono dovuti alla negligenzadell’Amministrazione Britannica che dovrebbe in-vece garantire la sicurezza su tutto il territorio conadeguato impiego delle forze di polizia”...“In casianaloghi di banditismo sul loro territorio, perfinoi greci ed i cinesi hanno un minimo di buon sensonel gestire simili emergenze. I britannici non rie-scono a fare neppure questo”. . .”gli inglesi li la-sciano fare probabilmente perchè consapevoli del-la loro totale inefficienza oppure perché politica-mente favorevoli agli scifta che originariamenteavrebbero operato in supporto alla tesi del PartitoUnionista Eritreo in favore dell’Etiopia le cui ideeanti italiane collimano perfettamente con i fini po-litici dei britannici”.

Altri articoli apparvero su numerosi quotidianiamericani dell’epoca ed al loro interno, oltre allacronaca degli avvenimenti, ripetevano gli stessi giu-dizi sull’inefficienza dell’amministrazione britan-nica a proposito delle norme di sicurezza del pae-se:

Il 19 febbraio il maggiore generale D.C. Cum-ming subentrò, quale amministratore capo dell’Eri-trea, al brigadiere generale F.G.Drew. Il nuovo Di-rigente BAE, esperto di questioni coloniali e di men-talità più aperta e lungimirante del suo predecesso-re, sembrò deciso ad affrontare il problema del bri-gantaggio e del terrorismo con maggioredecisioneincrementando in primo luogo le forze di repres-sione ma, all’atto pratico, nulla intervenne a porretermine alle azioni degli scifta.

Il 25 aprile l’industriale Rodolfo Melotti caddein una imboscata tesa da alcuni scifta lungo la pistache da Gullui conduce a Om Hager, nel Bassopia-no Occidentale. Raggiunto da alcuni colpi di armada fuoco rimase al suolo per alcune ore prima diessere soccorso e trasportato all’ospedale di Tesse-nei dove, malgrado le cure, non riuscì a sopravvi-vere. Al solenne funerale che si tenne in Asmara vifu la totale partecipazione della comunità italiana,di migliaia di eritrei e, tra le autorità, il Commissa-rio delle Nazioni Unite, un rappresentante dell’am-ministrazione britannica, il Console americano edil rappresentante del Governo italiano. La morte diRodolfo Melotti, una delle personalità più in vistadella comunità italiana, rinnovò in modo grave edinequivocabile la condanna dell’amministrazionebritannica ancora una volta incapace di combatteree debellare il banditismo.

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ASMARA - 1951 - Un gruppo di scifta che si sono arresi alle autorità. Essi percepiscono un compensoquotidiano in attesa di una sistemazione definitiva. (Candido)

L’immediata conseguenza di quest’ultimo bar-baro assassinio furono le aperte rimostranze che ilCommissario delle Nazioni Unite, A.E. Matienzo,espresse all’amministrazione britannica accusata,come ormai avveniva da anni, di essere incapace disanare la situazione eritrea e l’avvertiva inoltre che,qualora nessun positivo cambiamento fosse inter-venuto, avrebbe potuto prendere in considerazioneun eventuale intervento delle truppe delle NazioniUnite chiedendo contemporaneamente l’instaura-zione in Eritrea di un’amministrazione provvisoriadell’ONU.

Il Commissario Matienzo non arrivò a metterein atto quelle misure estreme ma il 1 maggio 1951,nel corso di una conferenza stampa, concretizzò lesue rimostranze annunciando la sospensione deilavori della Commissione motivandole in questitermini: “Io non credo sia consigliabile, dal punto

di vista psicologico, iniziare queste consultazioniproprio nel momento in cui la popolazione, la qua-le desidera pace e sicurezza prima di tutto, è inpericolo. Inoltre, non ritengo opportuno che io deb-ba viaggiare, sventolando la bandiera delle NU,su strade macchiate dal sangue di persone attac-cate dai terroristi”.

Se l’amministrazione britannica desiderava chele proteste per la sua inefficienza e per l’assenza disicurezza del paese necessitassero di una condannaufficiale, questa era puntualmente arrivata!

Nel tentativo di porre fine alla spirale del terro-rismo si era intanto fatta strada la convinzione chela soluzione del problema potesse risiedere nellapromulgazione di una amnistia che, pur non gradi-ta da chi aveva subito tanti danni ed atroci delitti,poteva essere accettata come una ineluttabile ne-cessità per ritornare finalmente ad una norma di vita

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ASMARA - Marzo 1952 - Cavalli di frisia sistemati per le vie di Asmara in occasione delle elezioni, perreprimere eventuali disordini. Contro i banditi non fu però mai adottato un sistema di difesa tale da proteg-gere la vita degli italiani. (Candido)

civile e pacifica.Ma il tributo di sangue pagato fino allora dagli

italiani non doveva ritenersi ancora esaurito per-ché la sera del 9 giugno, in Asmara, due giovaninativi pugnalarono selvaggiamente il vetraio OlaoTrevisan mentre rientrava a casa al termine dellagiornata di lavoro nel suo laboratorio. Raggiuntoda dodici colpi e ridotto in fin di vita venne imme-diatamente ricoverato all’Ospedale Regina Elena.Malgrado le sue gravi condizioni fu in grado di in-formare gli inquirenti di aver riconosciuto, senzaombra di dubbio, i suoi aggressori che ben prestovennero individuati ed arrestati. Gli autori eranodue giovani ex dipendenti della ditta che il titolareera stato costretto a licenziare in seguito ad un fur-to di denaro avvenuto tempo prima.

Il desiderio di vendetta e la convinzione di po-tersi appropriare dei beni del datore di lavoro, se-condo quanto promesso dalla velenosa propagan-da ampiamente diffusa in quel periodo, ossia che almomento del trapasso dei poteri dall’amministra-zione britannica al futuro governo eritreo ogni pro-prietà degli italiani sarebbe automaticamente pas-sata nelle mani dei nativi, li aveva persuasi ad ag-gredire Olao Trevisan. Il malcapitato, dopo una lun-ga e straziante agonia, cessò di vivere il successivo15 giugno.

Il nuovo amministratore generale dell’Eritrea,D.C. Cumming, nel tentativo di accelerare la re-pressione del terrorismo incrementò le forze di po-lizia e contemporaneamente, il 16 giugno 1951,

emise il proclama nr. 104 che annunciava per gliscifta un’amnistia generale con la quale si speravadi assottigliare considerevolmente i gruppi di bri-gantaggio che ebbero tempo fino al 18 luglio perconsegnarsi alle autorità.

Il Commissario dell’ONU Matienzo, consideran-do positivamente il nuovo atteggiamento assuntodall’amministrazione britannica riprese le consul-tazioni ed il 29 giugno 1951 fu in grado di presen-tare una bozza della costituzione eritrea che di li apoco avrebbe discusso anche con il ministro degliesteri etiopico.

Purtroppo, in più occasioni, Matienzo dimostròdi subire notevoli condizionamenti da parte delministro di Addis Abeba che riuscì facilmente adimporre l’adozione della bandiera etiopica comesimbolo della nascente federazione tra i due paesi econsentì la presenza nel futuro governo di Asmaradi un rappresentante del governo dell’imperatore.In pratica si poteva già intravvedere una vera epropria annessione dell’Eritrea all’Etiopia e nonquell’indipendenza federata come era nelle inten-zioni originarie dell’Assemblea Generale delle N.U.

Intanto, per effetto dell’amnistia generale decre-tata dall’amministrazione britannica, la sicurezzainterna del paese assunse un nuovo deciso indiriz-zo positivo mostrando finalmente dei benefici ri-sultati tanto che, alla scadenza del termine stabilitoper la resa, il numero degli scifta che si consegna-rono alle autorità fu di 903, fra cui 41 capi.

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ASMARA - 1952 - Una seduta dell’assemblea legislativa eritrea. (Candido)

ASMARA - Marzo 1952 - Le elezioni in un seggio di Ghezzabanda, quartiere dell’Asmara. Il controllo inglesenon ha impedito i brogli. Dietro le spalle di un “compare” un indigeno fa un segno convenzionale persegnalare la lista da votare. (Candido)

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Altri 32, che rifiutarono di consegnarsi, venne-ro catturati e giustiziati mentre 10 tra i più irriduci-bili come Uoldegabriel Mosasghì, Hagos Temnuò,Asseressei Embaié, Techesté Hailé ed altri, ebberoprobabilmente la possibilità di passare impunemen-te il confine rifugiandosi in Etiopia.

Mentre il Commissario dell’ONU proseguival’elaborazione e la stesura della costituzione eri-trea, sia per l’effetto delle ormai definitive decisio-ni delle NU decisamente favorevoli alla soluzione

federativa che per le nuove regole sulla sicurezzaadottate dall’Amministratore Cumming, le attivitàeconomiche mostrarono un accenno di ripresa edanche la vita quotidiana dei molti italiani ancoraresidenti nel paese parve finalmente avviarsi suibinari della normalità.

Il 21 dicembre 1951, intanto, il Presidente Dott.Vincenzo Di Meglio ed i Membri del CRIE, consi-derando esaurite le loro funzioni decidesero lo scio-glimento del Comitato.

Alla fine di marzo del 1952 vennero eletti i mem-bri dell’Assemblea Rappresentativa Eritrea che pre-sero in esame la costituzione preparata dal Com-missario dell’ONU che riscosse l’unanime consen-so e fu approvata il 10 luglio. Il giorno seguentevenne ratificata anche dal governo di Addis Abeba.

Il 28 agosto Tedla Bairu assunse l’incarico dicapo del governo eritreo.

Il 12 settembre arrivò in Asmara e prese posses-so del suo nuovo ufficio il rappresentante dell’im-

peratore Hailé Selassié.Tre giorni dopo, il 15 settembre 1952, la bandie-

ra inglese venne ammainata per l’ultima volta esostituita dal tricolore etiopico

L’indomani, 16 settembre, amministratori e trup-pe inglesi abbandonarono il paese senza suscitarealcuna ombra di rimpianto. Dopo oltre 11 anni dipermanenza in territorio eritreo lasciarono alle lorospalle un paese in ginocchio, la desolazione e, quelloche più addolora, i nostri 61 evitabili Morti.

ANNO 1952

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1941LAURITI Fernando -- Tenente P.A.I. Actur 5 aprileSANGUE Edoardo -- Tenente P.A.I. Actur 5 aprileFAENZI Giuseppe -- V. Brig. P.A.I. Actur 5 apirleFAVRO Luigi 43 autista Asmara 23 aprileDI GIOACCHINO Raul 48 concessionario Addì Gombolò 6 maggio

1943SORRENTO Francesco 17 studente Asmara 10 ottobreDE MONTE Luigi 41 autotrasportatore Km. 29 Asmara-Decameré 19 ottobrePRATI Orlando 28 autotrasportatore Km. 29 Asmara-Decameré 19 ottobre

1944VITRO’ Umberto 31 gestore Bar kh. 132 Senafè-Addi Caieh 11 marzoDISCARDI Ernesto 47 mezzadro Addi Finin (Debaroà) 17 giugnoTARTAGLIONE Gabriele 35 fornaio Decameré 7 luglioZINO Pietro 40 agricoltore Mai Ghindi (Addi Ugri) 28 agostoCUTURI Gianfranco 46 meccanico Mai Ghindi (Addi Ugri) 28 agostoARENA Emanuele 43 dipendente BMA pressi Dongollo 4 novembre

1945PAVONE Biagio 43 artigiano Zolot (Mai Cioet-Asmara) 1 giungoROMANO Luigi 41 contabile Mai Cioet (Asmara) 14 novembre

1946CHIAPPARONE Carmine 44 fornaciaio Amba Galliano (Asmara) 6 gennaioGUARISCO Pietro 42 - - Asmara 23 giugno

1948CONDAZA Silvio 39 - - presso Mai Habar 8 marzoCATENA Giuseppe 50 concessionario Mai Gura 25 marzoBACCHETTA Giuseppe 47 concessionario prosso Abfutat 12 aprileMICELI Mario 37 dipendente FF.EE km. 30 Asmara-Cheren 5 agostoCURRELI Giovanni 57 dipendente FF.EE km. 30 Asmara-Cheren 5 agostoBARBIERI Emilio 33 autista km. 55,2 Asmara-Cheren 27 agosto

1949MARCHETTI Lino 38 elettricista Senafé 5 marzoDI STASI Antonio 23 guardia di Finanza Senafé 5 marzoTRAMACERE Alfredo 36 guardia di Finanza Senafé 5 marzoCULTRARA Angelo 39 tassista Asmara 24 marzoDI MATTEO Gennaro 38 tassista Asmara 9 aprileBICA Gustavo 33 impiegato di Dogana km. 9 Senafé-Addi Caieh 4 giugnoALESSI Quinto 36 carabiniere km. 9 Senafé-Addi Caieh 4 giugnoJOVINE Giuseppe 52 carabiniere km. 8 Arresà-Addi Ugri 8 giugnoRAVELLO Arturo 38 agricoltore Mai Ambetà 19 giugnoTIMONIERI Salvatore 70 pensionato FF.EE Tzada Cristian 5 ottobreKASSEROLER Otto 36 - - Tzada Cristian 5 ottobreSANTANGELO Antonio 53 muratore Addi Ugri 13 novembreMERODI Gregorio 63 cameriere Addi Ugri 13 novembreGUIDARA Placido 40 tassista km. 87 Asmara-Massaua 17 novembrePERESSINI Giovanni 41 padroncino Grat Zellam 26 novembreNARDI Silvio 60 perito agrario Elabi (Merara) 4 dicembreMUTTI Djalma 46 commercialista Asmara 12 dicembre

1950ALLETTI CURCIO Maria 50 casalinga Decameré 14 gennaioCARDENA’ Sesto 42 autista Enda Esc 19 febbraioONORI MARIANGELI Elena 48 casalinga Ghinda 5 marzoONORI Orazio 47 imprenditore Ghinda 5 marzoMACAMULI Giulio Cesare 19 impiegato km. 8 Asmara-Massaua 10 marzoPEDULLA’ Armando 31 - - Marhanò 28 marzoBATTAGLIA Antonio 32 concessionario Marhanò 28 marzoREFORGIATO Giovanni 45 controllore FF.EE Zazzega 30 marzo

LE VITTIME ITALIANE IN ERITREA NEL PERIODO 1941-1951

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FURIONI Amedeo 54 fabbro Doop (Addi Nefas) 2 maggioSANTOMASO Giuseppe 46 capo minatore Doop (Addi Nefas) 2 maggioMONDA Stefano 50 agricoltore km.12 Nefasit-Decameré 8 maggioNASSISI Giuseppe 50 calessinaio Asmara 13 maggioNEGRI Lorenzo 47 coltivatore Ducambia (Barentù) 14 maggioSEMPRONI Pio 35 carabiniere km. 167 Agordat-Cheren 21 ottobreMOZIO COMPAGNONI Giuseppe 52 capostazione FF.EE Ghinda 2 novembreROMEO Michele 47 capostazione FF.EE Ghinda 2 novembreBENESTI Gerolamo 45 allevatore Decameré 17 dicembreZUNINO Giovanni 39 impiegato Arat (Zula) 18 dicembre

1951CIAGLIA Gabriele 38 agricoltore Mai Zubò (Debaroò) 5 gennaioARMENI Giovanni -- caposquadra FF.EE Ghida 12 febbraioMELOTTI Rodolfo 47 industriale Chichi (Om Hager) 25 aprileTREVISAN Olao 47 vetraio Asmara 9 giugno

BIBLIOGRAFIAUn particolare e sentito ringraziamento al Sig. Raffaele BOZZI, di Serravalle P.se, che con inusitata apprezzatagenerosità e fiducia mi ha concesso in prestito gli originali di tutti i numeri del settimanale “Candido”, prele-vandoli dalla sua inestimabile collezione, rendendo così possibile la stesura di queste ricerche sulle vicendeeritree.

(Eros Chiasserini)

Giuseppe Puglisi - Chi è? dell’Eritrea 1952 -Dizionario biografico - Agenzia Regina Asmara - 1952

Massimo Rendina - Inchiesta in Eritrea.In “Candido” a puntate dal nr 25 al nr 27 A. 1952 -Milano

Giuseppe Puglisi - Eritrea 1941 - 1951. Italiani assassinati per procura. In “Candido” apuntate dal nr 33 al nr 49 (esclusi i nr 45 e 46) A. 1952 - Milano

Giacinto Fiore - 200 Pagine sull’Eritrea - Asmara 1952Corriere Eritreo - Anno XIX nr 52 - 1 Marzo 1941Corriere della Sera - 16 Novembre 1949La Domenica del Corriere - Anno 51 nr 51 - 18 Dicembre 1949La Domenica del Corriere - Anno 52 nr 5 - 29 Gennaio 1950La Tribuna Illustrata - Anno LVIII nr 1 - 1 Gennaio 1950La Settimana Incom - Anno III nr 5 - 4 Febbraio 1950Il Lavoro degli Italiani in Eritrea - Anno IV nr 21 - 25 Maggio 1950Epoca - Anno I nr 6 - 18 Novembre 1950

Chicago Tribune - February 20th, 1951

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