Erica Rizziato - 2010 - La Formazione-sviluppo per la creazione di moderne comunità lavorative

download Erica Rizziato - 2010 - La Formazione-sviluppo per la creazione di moderne comunità lavorative

of 35

description

lavoro che propone una meto-dologia per il cambiamento orga-nizzativo, denominata formazione-sviluppo, che deriva dalla concettualizzazione di un lavoro di sperimentazione di 5 anni dell’approccio metodologico delineato nell’ambito del progetto Ceris-CNR “Motiva-zione del personale per lo sviluppo organizza-tivo: verso un approccio europeo” 1 , avviato nel 2000 che è partito dall’analisi delle critici-tà dei modelli di sviluppo oggi prevalente-mente applicati.

Transcript of Erica Rizziato - 2010 - La Formazione-sviluppo per la creazione di moderne comunità lavorative

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche Ceris-Cnr Istituto di Ricerca sullImpresa e lo Sviluppo WORKING PAPER CERIS-CNR Anno 12, N 03 2010 Autorizzazione del Tribunale di Torino N. 2681 del 28 marzo 1977 Direttore Responsabile Secondo Rolfo Direzione e Redazione Ceris-Cnr Via Real Collegio, 30 10024 Moncalieri (Torino), Italy Tel. +39 011 6824.911 Fax +39 011 6824.966 [email protected] http://www.ceris.cnr.it Sede di Roma Via dei Taurini, 19 00185 Roma, Italy Tel. +39 06 49937810 Fax +39 06 49937884 Sede di Milano Via Bassini, 15 20121 Milano, Italy tel. +39 02 23699501 Fax +39 02 23699530 Segreteria di redazione Maria Zittino e Silvana Zelli [email protected] Distribuzione On line: http://www.ceris.cnr.it/index.php?option=com_content&task=section&id=4&Itemid=64 Fotocomposizione e impaginazione In proprio Finito di stampare nel mese di Novembre 2010

    Copyright 2010 by Ceris-Cnr

    All rights reserved. Parts of this paper may be reproduced with the permission of the author(s) and quoting the source. Tutti i diritti riservati. Parti di questo articolo possono essere riprodotte previa autorizzazione citando la fonte.

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    La Formazione-sviluppo per la creazione di moderne comunit lavorative [Development-training to create working communities]

    Rizziato Erica Cnr Consiglio Nazionale delle Ricerche Ceris Cnr Via dei Taurini, 19 00185, Roma Tel. (+ 39) 06.4993.7881; fax (+39) 06.4993.7808 [email protected]

    ABSTRACT: This paper proposes a new methodology for training in the field of organization development, named development-training. The approach on the base of the methodology come from a research project of Ceris-CNR and the Association Motiva; it is inspired by complexity, constructivism, personalism, evolution theories for man and organization and is based on action research, creating a strong connection among lean, learning and living organization concepts and practices. The focal point is the connection between organization and individual development as way to create modern communities. Development training is an explorative, anthropocentric, participative, experimental, rhythmic, biographic, hori-zontal approach.

    KEYWORDS: training, learning, community creation, organisation and human development JEL-CODES: A14, J24, J53, L1, L2

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    INDICE

    INTRODUZIONE........................................................................................................................................ 5

    1. RIFLESSIONI CRITICHE NEI PROCESSI DI CAMBIAMENTO, IN AMBITO FORMATIVO E TEORIE DI RIFERIMENTO .................................................................................... 5

    2. LAPPROCCIO AL CAMBIAMENTO ALLA BASE DELLA FORMAZIONE-SVILUPPO ........................................................................................................................................... 15

    2.1 Concetti e definizioni di riferimento.......................................................................... 15 2.2 La creazione di comunit orizzontali di responsabili ............................................... 20 2.3 Il processo antropocentrico di sviluppo e linfrastruttura del cambiamento........... 21 2.4 La creazione di unorganizzazione integrata............................................................ 21 2.5 Il processo di sviluppo individuale nellorganizzazione: lapproccio biografico..... 22

    3. LA METODOLOGIA DELLA FORMAZIONE-SVILUPPO ............................................................. 23 3.1 Lapproccio ciclico ................................................................................................... 25

    3.1.1 La macrofase esplorativa ...................................................................................... 26 3.1.2 La macrofase di rinnovamento .............................................................................. 27

    3.2. La lemniscata della formazione ................................................................................. 27 3.2.1. Le sei fasi del ciclo ............................................................................................... 27 3.2.2 La lemniscata come processo ................................................................................ 30

    3.3. Elementi di sintesi della proposta metodologica formazione-sviluppo ..................... 33

    BIBLIOGRAFIA........................................................................................................................................ 33

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    5

    INTRODUZIONE

    presente lavoro propone una meto-dologia per il cambiamento orga-nizzativo, denominata formazione-

    sviluppo, che deriva dalla concettualizzazione di un lavoro di sperimentazione di 5 anni dellapproccio metodologico delineato nellambito del progetto Ceris-CNR Motiva-zione del personale per lo sviluppo organizza-tivo: verso un approccio europeo1, avviato nel 2000 che partito dallanalisi delle critici-t dei modelli di sviluppo oggi prevalente-mente applicati.

    Importanti elementi di ispirazione di tale approccio sono state la brillante esperienza di Adriano Olivetti in Italia e di B.J. Lievegoed in Olanda quali best practices di via europea al cambiamento.

    Il progetto sopracitato ha visto la collabora-zione di esperti nazionali ed internazionali nel campo dello sviluppo organizzativo, locale e della formazione, che hanno poi costituito lAssociazione Motiva con la quale il Ceris-CNR ha collaborato per sperimentare lapproccio emerso. Dalle sperimentazioni si sono delineate delle elaborazioni metodologi-che, oltre alla formazione-sviluppo,tra cui quella per lo sviluppo locale2, per il placement e per lorientamento professionale.

    Si ringraziano gli amici e colleghi dellassociazione Motiva interagendo con i quali ho potuto cogliere ed elaborare le innu-merevoli variabili che determinano un vero cambiamento organizzativo e cercare di met-terle a sistema dando una forma concettuale a quello che abbiamo sperimentato per anni.

    Le nostre sperimentazioni si sono ispirate alla ricerca-azione cercando di creare nelle organizzazioni delle dinamiche di sviluppo e di benessere organizzativo, dove le persone sono diventate protagoniste attive della crea-zione di moderne comunit lavorative, caratte-rizzate dal percepire lo sviluppo individuale

    1 Larticolazione del progetto e lapproccio derivato sono stati pubblicati nel testo Etica dello sviluppo organizzativo e senso del lavoro:verso un approccio eu-ropeo, di Erica Rizziato, Franco Angeli, 2009.

    2 Vedi Working Paper Ceris n. 8, 2007, Sviluppo lo-cale e leadership a cura di Erica Rizziato con contributi di Barbara Marziali e Paola Melone.

    nel migliorare i processi organizzativi con il focus sul cliente, vero motivo di esistenza dellorganizzazione, dando cos un senso pie-namente umano allattivit lavorativa.

    Parte delle riflessioni riportate in questo paper sono state proposte e condivise anche nellambito della ricerca ARPF (Azione di Ri-cerca sui Piani Formativi)3 promossa da Fon-dimpresa4.

    Si espongono di seguito le riflessioni criti-che elaborate riguardo i processi di cambia-mento e di formazione e le pi significative teorie di riferimento (par. 1). Si propone poi una sintesi dellapproccio elaborato nel proget-to che parte da una rinnovata visione delluomo e dellorganizzazione come due realt co-creantesi ed in continua evoluzione (par. 2) sul-la cui base si articola e descrive la metodologia della formazione-sviluppo (par. 3).

    1. RIFLESSIONI CRITICHE NEI PROCESSI DI CAMBIAMENTO,

    IN AMBITO FORMATIVO E TEORIE DI RIFERIMENTO

    Il progetto sopracitato, promosso dal Ceris-CNR, ha previsto una fase preliminare di ri-cognizione delle principali criticit riscontrate nei programmi di cambiamento maggiormente utilizzati,che si possono sintetizzare come di seguito:

    spesso si cercano vie nuove, soluzioni tecniche rimuovendo il passato dellorganizzazione, la sua biografia, la quale invece emerge in modo forte e spesso come elemento di freno quando tali tecnicalities devono essere realizzate nellorganizzazione stessa;

    il cambiamento non risponde a effet-tive esigenze del cliente ma a ottimiz-zazioni e/o razionalizzazioni interne;

    3 Vedi Guida alla formazione continua, Fondimpre-

    sa, Franco Angeli, 2007, parte III, Cap. II, 2 parte di Erica Rizziato.

    4 Fondimpresa Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua lassociazione costituita nel 2002 da Confindustria, CGIL, CISL e UIL con lobiettivo di facilitare laccesso delle imprese e dei lavoratori alla formazione continua, finanziando piani formativi aziendali, settoriali e territoriali concordati tra le parti sociali, al fine di migliorare la competitivit delle imprese e loccupabilit dei lavoratori.

    IL

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    6

    chi deve concretizzare il cambiamen-to, trasformando i propri processi di lavoro non stato coinvolto nella progettazione degli stessi, le per-sone non vengono attivate in base a un principio di responsabilit ma in base a logiche funzionali e di potere;

    si danno spesso risposte a domande che non sono state concretamente chiarite dal principio; si parte da rap-presentazioni del problema astratte, non collegate al processo del cliente;

    non chiaro chi condurr il processo di trasformazione dallinizio alla fine;

    viene spesso fatta ai consulenti una ri-chiesta di intervento decontestualizza-ta da parte dei responsabili di orga-nizzazione e ci lo specchio di una difficolt culturale di guardare unorganizzazione come una realt unica, determinando quindi il disagio e spesso linefficacia di dover impo-stare interventi frammentari, in assen-za di una strategia globale;

    il pi delle volte la consulenza si limi-ta a proporre soluzioni senza accom-pagnare il cambiamento, laddove la vera difficolt la realizzazione con-creta;

    gli interventi di formazione miranti a promuovere il cambiamento, il pi delle volte non sono interconnessi a una nuova strategia organizzativa vol-ta a permettere ai formandi di applica-re immediatamente alla propria realt quanto appreso in ambito formativo;

    sono state applicate riduzioni raziona-listiche alla complessit della realt organizzativa con pianificazioni a ta-volino che, nella realt, il pi delle volte non vengono realizzate, in quan-to nellapplicazione emergono varia-bili, non note in fase iniziale, che o-stacolano quanto stabilito;

    sono emerse rigidit di chi ha respon-sabilit nellorganizzazione in logiche di management (lavoro con gerarchia e sistemi) senza lintegrazione di for-me di leadership (lavoro con persone e cultura) ancorandosi a ideologie sor-passate e regole invecchiate e conse-

    guente perdita dei contatti con le di-namiche fondanti dellorganiz-zazione, ossia clienti e personale, non riuscendo a porsi come elemento di sintesi della realt organizzativa e del-la sua domanda di sviluppo;

    esistono conflitti di interesse tra livelli e settori dellorganizzazione, perdita di strategia a lungo termine, del senso di utilit sociale dellorganizzazione e paura di una necessaria sostituzione del paradigma organizzativo (rapporti con lambiente, strutture, prodotti, processi);

    si verifica una strumentalizzazione delle persone implicate nel cambia-mento con conseguente demotivazio-ne; ci accade spesso a causa di obiet-tivi di profitto fissati a breve termine, che privano limpresa di strategia produttiva e quindi di garanzia di vita nel medio-lungo periodo;

    alcuni interventi promossi attivando forme di interattivit non hanno avuto la forza di trasformare la struttura ri-gida, che si posta come freno al cambiamento;

    molti interventi sulle competenze so-no stati sviluppati dialogando con i manager in assenza di un collegamen-to con la strategia di sviluppo e senza il coinvolgimento delle persone;

    cambiamenti che si sono proposti co-me trasformazioni operative, senza promuovere momenti di riflessivit, non hanno portato a trasformazio-ne di comportamenti lavorativi in modo efficace; in tal caso i nuovi valori di-chiarati non vengono realizzati e con-divisi nelle prassi.

    Alla base delle sopraelencate criticit, si posso-no identificare tre principali filoni di pensiero sulla visione delluomo e dellorganizzazione.

    Il primo, considera luomo come meccani-smo elementare attivato dallimpulso al torna-conto economico (homo aeconomicus), inte-ressato al massimo piacere con il minimo sforzo. A tale visione si sono ispirati molti programmi standardizzati o modellizzati di cambiamento.

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    7

    Il secondo, sul comportamento organizzati-vo e le Human Resource, si concentra sullindividuo e vede lorganizzazione come un contesto indipendente dallattore umano, quindi non analizza criticamente il sottostante concetto di organizzazione che viene lasciato implicito.

    Il terzo, riguardante le teorie sullorganizzazione, si focalizza sul progettare funzioni e processi interni, senza prendere in esame le caratteristiche della natura umana in campo lavorativo, apportando quindi riduzioni razionalistiche.

    Secondo tali filoni, persona e organizzazio-ne vengono teorizzati come entit indipenden-ti e, con tali presupposti, anche i tentativi di intervenire sulla motivazione sono risultati i-nefficaci in quanto parziali.

    Nelle riflessioni del gruppo di progetto si ritenuto invece pi adeguato considerare uo-mo e organizzazione come realt che si co-creano, come sostenuto dai recenti sviluppi della psicologia sociale, dalla teoria della complessit, dal costruttivismo sociale e dalle teorie evolutive5. Lo strumento della ricerca azione diventa in tal caso fondamentale per orientarsi nella complessit del modo organiz-zativo.

    Nel prosieguo del progetto stata data quindi particolare attenzione alle modalit e al senso delle interazioni individuo-organizzazione, concentrandosi su trasforma-zioni del comportamento lavorativo che ab-biano impatto sulla struttura organizzativa.

    Sempre nellambito della fase preliminare si riflettuto anche sugli elementi determinan-ti della motivazione dei lavoratori che sono risultati essere i seguenti: riuscire a percepire lutilit sociale del

    proprio lavoro; poter dare un contributo personale allo svi-

    luppo organizzativo con delle precise re-sponsabilit nel trasformare la propria real-t lavorativa.

    Laddove la formazione si prefigga di soste-nere e/o facilitare lo sviluppo organizzativo si dovr tener conto di quanto sopra espresso.

    Ad arricchimento di tali considerazioni si

    5 Vedi testo in nota 1 Fase preliminare

    ritiene interessante riportare le riflessioni principali emerse da unindagine svolta dal Prof. Novara (2001)6 sulla formazione univer-sitaria e formazione nelle organizzazioni; tale indagine ha previsto incontri ed interviste con formatori operanti in varie realt (grandi enti pubblici di chimica, energia, trasporti, aziende industriali di vario settore tecnologico, impre-se di servizi, imprese bancarie ed assicurative, organismi di pubblica amministrazione, istitu-zioni sanitarie, associazioni territoriali im-prenditoriali, enti di consulenza manageriale, professionisti).

    Nelle interviste stato proposto alle perso-ne di richiamare e raccontare per lessenziale il loro percorso di formatori, individuando momenti critici e decisivi di questa loro espe-rienza, i rapporti significativi con altri ambiti della loro attivit, incontri ed influenze impor-tanti.

    Si riportano alcuni aspetti significativi: di importanza essenziale per i formatori in-

    terni levoluzione in atto dellorganizzazione; analizzare i bisogni formativi vuol dire osservare ed interpretare gli avvenimenti ed i cambiamenti, capire le esigenze vitali in divenire; la formazione pu contribuire a governare il caos organiz-zativo aiutando le persone a comprendere obiettivi, strategie, processi;

    i processi sono da sviluppare con le persone soprattutto quando in atto un cambiamen-to che genera incertezza ed ansia;

    il formatore meglio accetto quando fre-quenta gli ambienti dellorganizzazione e diventa una figura famigliare; la vicinanza gli rende evidente che lapprendimento di-pende dalle condizioni emotive della vita organizzativa;

    fondamentale far riconoscere la discre-panza tra le espoused theories (principi di-chiarati da manager come nuova guida delle loro esperienze) e le theories in use, cui di fatto si attengono perch inconsapevoli; laction science si propone di far riconosce-

    6 Docente di Psicologia del lavoro allUniversit

    Statale di Milano, Consulente di Psicologia dellOrganizzazione, Docente Senior di Psicologia della Scuola di Amministrazione Aziendale, Medico Psicologo, Vice Presidente dellInternational Committee on Occupational Menthal Health.

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    8

    re criticamente alle persone i principi effet-tivamente seguiti affinch riescano a ridefi-nire i modi di pensare ed operare;

    lalta direzione deve coinvolgersi negli in-terventi formativi e diventare il luogo di sin-tesi degli effetti dellazione formativa nellistituzione;

    il campo delle possibilit soggettive di comprensione nel qui ed ora della condi-zione personale, non si estende cio a tutto larco delle alternative logiche che pu proporre un analista distaccato: il formatore pu descrivere queste alternative, ma deve essere in contatto con quanto stanno viven-do i soggetti e con i loro atteggiamenti di fronte alle prospettive che egli v aprendo;

    il lavoro del formatore avr successo se i destinatari dellazione formativa assume-ranno personalmente la responsabilit dei cambiamenti;

    lorganizzazione che apprende un luogo dove le persone continuano a scoprire le modalit attraverso le quali creano la loro realt e quelle mediante le quali possono modificarla;

    importante per chi dirige considerare la conoscenza comportamentale inerente al-le valutazioni, decisioni ed azioni della vita di impresa come proprie di processi mentali non logici; la percezione dellorganizza-zione come un tutto appartiene allambito dellarte pi che della scienza, allestetica pi che alla logica; per questa ragione pi facile riconoscerla che descriverla e la si conosce attraverso i suoi effetti pi che at-traverso unanalisi;

    apprendere nozioni solo per riuscire a ven-dere il proprio lavoro sul mercato crea per-sone che pensano a se stesse pi in termini di valore di scambio che in quelli di indivi-duo responsabile nellambito della societ; chi entra nel mercato del lavoro non deve solo essere fornito di un adeguato corredo di nozioni tecniche; egli entra in un mondo soggetto ad un cambiamento continuo ed imprevedibile e senza la formazione di una conoscenza e coscienza culturale, ossia sen-za capacit di riflessione storica e di pro-spezione progettuale non si in grado di ca-pire il cambiamento e nella misura in cui se ne responsabili, contribuire ad orientarlo.

    I modelli teorici di riferimento sullapprendimento adulto, che sono stati nel tempo applicati con buoni risultati e che con-tinuano ad evolvere, confermano quanto e-merso nellanalisi delle criticit e dalle rifles-sioni sopra esposte.

    In particolare per il costruttivismo, che de-riva dalla psicologia cognitiva rappresentan-done unaevoluzione naturale, il sapere una costruzione personale e dipende dal proprio livello di consapevolezza fisica, emotiva, mentale. Lapprendimento quindi un impe-gno attivo da parte dei discenti a costruire la propria conoscenza, non un banale travaso della stessa dalla mente del docente a quella dello studente; in questo senso lapprendimento si configura come unesperienza. attiva perch implica impegno cosciente da

    parte del discente; collaborativa perch il discente consape-

    vole che il suo apprendimento avviene allinterno di gruppi con cui chiamato a scambiare esperienze;

    intenzionale, perch il discente ha sempre unaspirazione di base, un desiderio vitale da realizzare;

    dialogica, perch lapprendimento si realiz-za allinterno di dinamiche interpersonali nella relazione (anche problematica) IO/ALTRO;

    contestualizzata, perch lapprendimento ha sempre dei vincoli, dati dai luoghi e dai tempi in cui si deve realizzare;

    riflessiva, perch lapprendimento pi pro-fondo, che lascia traccia nella esperienza di vita del soggetto solo quello che stato sottoposto ad un processo di elaborazione personale (esame di valutazione) da parte dellindividuo.

    Il costruttivismo considera dunque

    lindividuo come creatore di conoscenze. Le pratiche educative che derivano da questo nu-cleo di concetti, sono progettate per facilitare l'apprendimento delle persone, rendendole ca-paci di alimentare da sole le proprie abilit cognitive. Per raggiungere questo scopo ne-cessario offrire un ambiente di sostegno, in cui gli individui possano creare le proprie ide-

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    9

    e, sia individualmente che in collaborazione con gli altri. Emerge quindi sempre pi limportanza del valore delle interazioni, che avvengono sulla base dei significati assegnati dagli individui alle situazioni sociali e al mo-do in cui essi ne parlano, ricreando significati in modo retrospettivo (Weick, 1997).

    Il ruolo dellattribuzione di significato nei processi sociali ha ricevuto importanti impulsi dalla psicologia sociale (tra altri Gergen, 1982; Weick, 1997; Hosking e Morley, 1991). Il punto chiave che le persone costruiscono la loro realt sulla base di ci che sperimenta-no. Questa realt soggettiva aiuta le persone a capire, spiegare e predire la realt.

    Nel costruttivismo sociale ogni fenomeno deve essere considerato come una creazione sociale e quindi come un oggetto di possibile cambiamento e ricostruzione; tale creazione diventa possibile nella comunicazione, nel dialogo e nellattribuzione di significato, co-me processo che implica la creazione e ripro-duzione di significati condivisi. Si possono raggiungere nuove alternative per agire scam-biando punti di vista, riflettendo criticamente su essi, creando nuove prospettive, al fine di comprendere e interpretare eventi che accado-no nel processo di trasformazione: compren-dere il punto di vista dellaltro, interessi e convinzioni un prerequisito per sviluppare una immagine comune del futuro desiderabile.

    Tali riflessioni si contestualizzano nellambito della teoria della complessit (Morain, 1993) che si concentra non sulle en-tit, cio sulle singole parti, ma sulle loro inte-razioni, le dinamiche del sistema; la comples-sit non oggettiva, ma losservatore ha uninfluenza perturbante, riscontrabile in tutti i campi, dalla sociologia alla microfisica. In campo organizzativo significa favorire la di-namica interattiva ed autosviluppantesi tra le parti.

    Per cogliere le interazioni delle parti di un sistema complesso quale pu essere unorganizzazione o una realt territoriale si ritiene essenziale la metodologia della ricer-ca-azione7, dove chi interviene agisce come un ricercatore sociale supportano i formandi nel definire le condizioni dei passi da speri-

    7 Vedi testo in nota 1 Fase Preliminare, par.1.6.

    mentare in relazione alla fase del percorso. Punto essenziale sar la direzione che prende-ranno le interazioni, in relazione al significato dellorganizzazione.

    Per Drucker (1993) il senso dellorganizzazione si concentra, come per Morin, sulla missione sociale, in quanto non autoreferente come la famiglia o le piccole forme naturali di vita in comune; unorganizzazione esiste per fare, per svol-gere il compito per cui costruita, che le con-ferisce la sua identit (di impresa, ospedale, ente pubblico ecc.), la fa responsabile degli adempimenti attesi, li riconosce e li ricompen-sa. Essenziale per i due autori sar il collegare le persone che vi lavorano alla percezione del pro-prio contributo a tale identit sociale, visto come aspetto centrale della motivazione lavorativa.

    In tal senso emerge che la leadership ha la responsabilit di orientare le interazioni sulla base di un chiaro significato dellagire dellorganizzazione, mentre invece il frain-tendimento e/o la perdita della finalit dello stesso e leccessiva focalizzazione su finalit finanziarie e non di prodotto/servizio, ha de-pauperato di senso il lavoro e il significato so-ciale dellorganizzazione, favorendo la preca-riet del rapporto con il mercato e quindi del lavoro.

    Interessante, a tal fine, la proposta di capi-talismo comunitario di Adriano Olivetti, che ha realizzato una comunit lavorativa nella quale le differenze esistenti venivano superate nel lavorare per la comunit della societ e considerare quanto affermato da Novara:

    Non possiamo astrarci dallessenza della vita eco-nomica: noi lavoriamo per altri che lavorano per noi; leconomia si fonda sullutilit reciproca e sulla fiducia fra individui e collettivit umane [] se manca questa fiducia la vita economica cessa di funzionare, perci Le-ster Thurow (1996) propone di sostituire a un capitali-smo selvaggio un capitalismo comunitario.

    Per sostenere la motivazione bene quindi che gli interventi formativi siano indirizzati al miglioramento del processo primario dellorganizzazione.

    Interessanti spunti per ottimizzare le condi-zioni dellapprendimento adulto vengono an-che dagli studi di Michael Knowles (1973), il quale identifica le differenze tra

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    10

    lapprendimento del bambino (pedagogia) e quello delladulto (andragogia) sulle base di sei presupposti: 1. Il bisogno di conoscere: gli adulti sentono

    l'esigenza di sapere perch occorra appren-dere qualcosa e a cosa possa servire. Gli individui sentono l'esigenza di sapere per-ch occorra apprendere qualcosa, prima di intraprendere l'apprendimento. Di conse-guenza "uno dei nuovi aforismi della for-mazione degli adulti che il compito del facilitatore di apprendimento di aiutare i discenti a prendere coscienza del bisogno di conoscere.

    2. Il concetto di s: nel bambino, basato sulla dipendenza da altri. Il concetto di s nell'adulto vissuto come dimensione es-senzialmente autonoma: profondo biso-gno psicologico di essere percepito come indipendente ed autonomo dagli altri. Di conseguenza se l'adulto si trova in una situa-zione in cui non gli concesso di autogover-narsi, sperimenta una tensione tra quella si-tuazione e il proprio concetto di s: la sua re-azione tende a divenire di resistenza.

    3. Il ruolo dell'esperienza precedente: nell'e-ducazione dell'adulto ha un ruolo essenzia-le l'esperienza, sia come attivit di appren-dimento sia come pregresso talvolta nega-tivo che costituisce una barriera di pregiu-dizi e abiti mentali che fa resistenza all'ap-prendimento stesso. L'esperienza prece-dente dell'adulto costituisce allo stesso tempo una base sempre pi ampia a cui rapportare i nuovi apprendimenti. In altre parole il nuovo apprendimento deve inte-grarsi in qualche modo con l'esperienza precedente. L'esperienza porta le persone ad essere sempre pi diverse l'una dall'al-tra: perfino lo stile cognitivo cambia per effetto delle esperienze fatte.

    4. La disponibilit ad apprendere: l'adulto ha una disponibilit ad imparare mirata e quindi in un certo senso pi limitata: la sua disponibilit e cio rivolta solo a ci di cui sente il bisogno per i crescenti compiti che deve svolgere per realizzare il proprio ruo-lo sociale come ad esempio il ruolo profes-sionale lavorativo. Gli adulti sono disponi-bili ad apprendere ci che hanno bisogno di sapere e di saper fare per far fronte efficace-

    mente alla situazione della loro vita reale. 5. L'orientamento verso l'apprendimento: l'o-

    rientamento verso l'apprendimento negli adulti centrato sulla vita reale. Gli adulti sono motivati ad investire in misura in cui ritengono che questo potr aiutarli ad as-solvere dei compiti o ad affrontare i pro-blemi che incontrano nelle situazioni della loro vita reale. Infatti essi apprendono nuove conoscenze, capacit di compren-sione, abilit, valori, atteggiamenti molto pi efficacemente quando sono presentati nel contesto della loro applicazione alle si-tuazioni reali. In altri termini la prospettiva di unimmediata applicazione di quanto appreso.

    6. Motivazione: relativamente agli adulti le motivazioni pi potenti sono le pressioni interne: il desiderio di una maggiore soddi-sfazione nel lavoro, l'auto-stima, la qualit della vita. Bench gli adulti rispondano ad alcuni moventi esterni (lavoro migliore, promozioni, retribuzione pi alta), le motiva-zioni pi potenti sono le pressioni interne.

    Knowles illustra come l'applicazione di tali

    presupposti implichi un nuovo modello di progettazione e conduzione di programmi di formazione degli adulti, nonch una nuova fi-gura di formatore. Sulla base delle caratteri-stiche specifiche che presentano i soggetti a-dulti, Knowles cerca di formulare un modello unificato che a suo avviso pu incorporare principi e metodologie provenienti da varie teorie, mantenendo comunque la sua integrit. Egli elabora quindi il suo modello andragogi-co quale modello di processo, a differenza dei modelli di tipo contenutistico impiegati dalla maggior parte dei formatori tradizionali, che a suo avviso favorisce la capacit di apprendi-mento autodiretto e di acquisizione di compe-tenze; in tale modello centrale il richiamo alla responsabilit del discente e alla condivi-sione del progetto (contratto di apprendimen-to).

    Gli elementi fondamentali del modello an-dragogico sono: Assicurare un clima favorevole all'appren-

    dimento: relativamente all'ambiente fisico, all'accessibilit delle risorse materiali e u-mane e al clima interpersonale.

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    11

    Creare un meccanismo per la progettazione comune: un aspetto della prassi formativa che differenzia pi nettamente la scuola pe-dagogica (insegnare) da quella andrago-gica (facilitare l'apprendimento) il ruolo del discente nella pianificazione. Nel primo caso la responsabilit della programmazione attribuita quasi esclusivamente a una figu-ra di autorit (insegnante, esperto di pro-grammazione, istruttore). Una delle scoper-te fondamentali della ricerca applicata sul comportamento degli adulti che le persone tendono a sentirsi impegnate in una decisio-ne o in unattivit in diretta proporzione alla loro partecipazione o influenza sulla sua progettazione e sul processo decisionale che la riguarda.

    Diagnosticare i bisogni di apprendimento: elaborando un modello del comportamento, della performance o delle competenze desi-derate. Da qui un bisogno di apprendimento pu essere definito come la discrepanza o il divario esistente tra le competenze definite nel modello e il loro livello di sviluppo at-tuale nei discenti. Secondo l'andragogia, l'e-lemento critico nella valutazione di questi divari la percezione che gli stessi discenti hanno della discrepanza tra la situazione at-tuale e quella che vogliono (ed hanno biso-gno di) raggiungere. Il passo conclusivo quindi la formulazione degli obiettivi scelti dal discente stesso in quanto rispondenti ai bisogni formativi auto-diagnosticati.

    Progettare un modello di esperienze di ap-prendimento: in cui gli individui potrebbero usare l'intera gamma di risorse umane (e-sperti, docenti, colleghi) e materiali (pubbli-cazioni, dispositivi e software per l'istruzio-ne programmata, e mezzi audiovisivi) in maniera autonoma. Ci presuppone che un alto grado di responsabilit per l'apprendi-mento sia assunto dal discente.

    Mettere in atto il programma (gestire le at-tivit di apprendimento). Il fattore cruciale per il funzionamento del programma la qualit dei docenti: il formatore non colui che impartisce delle conoscenze ma il fa-cilitatore del processo di apprendimento. Egli diviene un organizzatore di risorse al servizio del discente.

    Valutare il programma: inteso come la re-

    diagnosi di apprendimento da parte dei sog-getti in formazione che riesaminano modelli di competenze desiderati per rivalutare le discrepanze tra il modello e i loro nuovi li-velli di competenze.

    Un tentativo in tale direzione stato il mo-

    dello di experiential learning pubblicato da Kolb nel 1984 (Learning by Doing in Interaction with Others), che sostiene lidea che lapprendimento si sviluppa in un proces-so ciclico, nel quale lesperienza concreta seguita da feedback e osservazioni riflessive sulla stessa; tali riflessioni sono poi analizzate e incorporate in nuovi concetti e si rende pos-sibile la creazione di concettualizzazioni e ge-neralizzazioni, sulla cui base si possono spe-rimentare nuovi comportamenti, testare le im-plicazioni di nuovi concetti, rendendo lapprendimento un processo continuo.

    Le considerazione di cui sopra si contestua-

    lizzano in ambito organizzativo nella corrente della learning organisation di cui Peter Senge (1992) uno dei principali rappresentanti e descrive lapprendimento (che va seguito e sviluppato lungo lintero arco della vita) sulla base di cinque discipline che permettono alle persone di apprendere quando sono inserite in un contesto organizzativo (The fifth discipli-ne).

    Le cinque discipline di Senge sono: Padronanza personale: imparare a aumen-

    tare la propria capacit di raggiungere i ri-sultati che pi desideriamo e costruire am-bienti in cui tutti i membri sono incoraggiati a sviluppare s stessi e gli scopi che si sono prefissati.

    Modelli mentali: sono la mappa implicita di quanto ci circonda, indagabile attraverso la riflessione continua e il chiarirsi degli o-biettivi che si vogliono raggiungere. Lindagine sui propri modelli mentali con-sente di comprendere come questi influen-zano le nostre azioni e le nostre decisioni.

    Visione condivisa: la creazione di unimmagine desiderabile e condivisa del futuro, inclusi i metodi e i principi sulla ba-se dei quali realizzarlo, permette di poten-ziare il senso di appartenenza al gruppo.

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    12

    Apprendimento di gruppo: realizza labilit di pensiero collettivo e dialogico in gruppo, che consente lo sviluppo di competenze ed abilit superiori alla somma dei talenti individuali.

    Pensiero sistemico: sono modalit di pen-siero e di linguaggio in grado di descrivere e comprendere il comportamento dei siste-mi in termini di forze e di relazioni. Questa disciplina aiuta a comprendere dei sistemi in termini di forze e relazioni. In questo modo possibile comprendere come realiz-zare i cambiamenti in modo pi efficace allinterno dei sistemi.

    Senge rende evidente che lo sviluppo di conoscenza e di skills delle persone coinvolte a portare linnovazione e lo sviluppo di unorganizzazione in nuove realt, nellottica di creazione di una comunit che apprende e si sviluppa.

    La learning organization rappresenta uno dei tre maggiori impulsi innovativi degli ulti-mi anni in ambito organizzativo, unitamente alla lean ed alla living organization, che han-no offerto nuove prospettive sulla natura dellorganizzazione.

    Il lean thinking (Womak, Jones, 1991) fa emergere il fatto che unorganizzazione pi un processo che una struttura; esso forma la realt socio-economica di unorganizzazione e deve essere pensato mettendosi nella prospet-tiva del cliente/cittadino in unottica orizzon-tale dal cliente al fornitore.

    La living organization (De Geus, 1997) e-videnzia che lorganizzazione una costella-zione di persone che forma un network unico di interazioni, attraverso le quali lorganizzazione collegata a quello che suc-cede nel mondo circostante, che le fonte che lo alimenta e in relazione a cui si sviluppa e pu crescere in modo sinergico.

    Bekman (2001) riporta che molto del dibat-tito e dei tentativi di applicazione di questi tre nuovi punti di vista sulla realt di unorganizzazione si basano su come far con-vivere in modo congiunto questi elementi, impattando con organizzazioni di struttura fortemente funzionale.

    In particolare sostiene che la lean si bloc-cata dove non ha considerato gli elementi del-

    la learning dove non ha valutato gli elementi della living, come elemento di comunit in-terna che deve rinnovarsi continuamente.

    La vera sfida si profila quindi nel riuscire a creare opportunit di cambiamento allinterno delle organizzazioni in modo organico e non traumatizzante, favorendo un movimento di autotrasformazione della comunit stessa, in relazione al suo senso nella societ, ossia il cliente, motivo per il quale un gruppo di per-sone sviluppa servizi o prodotti.

    Si ritiene che un interessante elemento di sintesi delle teorie sopra esposte si possa tro-vare nelle teorie evolutive sullo sviluppo or-ganizzativo e individuale di B.C.J. Lievegoed (1973, 1979) e del suo collega Cees Zwart (1972). Altri autori hanno trattato la vita orga-nizzativa come caratterizzata da fasi, si cita ad esempio Greiner (1972), ma si ritiene partico-larmente interessante il lavoro di Lievegoed per aver collegato le fasi di sviluppo dellorganizzazione alle fasi di sviluppo dellindividuo.

    Per Lievegoed unattivit imprenditoriale deve essere considerata anche come sistema sociale. Egli sostiene che, quando il sistema sociale viene minacciato da un modo di pen-sare unilateralmente tecnico o economico, si ammala e in tal modo impedisce una utilizza-zione efficiente delle risorse tecniche. Centra-le per lui il valore della persona e del signi-ficato del suo svilupparsi in relazione allevolversi della comunit lavorativa, che trae la sua identit dal processo per la quale nata, ossia rispondere a un bisogno tramite un prodotto e/o un servizio.

    Lievegoed sostiene che limprenditore, per prendere giuste decisioni e definire buone strategie, dovr avere consapevolezza del mo-dello di sviluppo sottostante al sistema orga-nizzativo ed a quello sociale considerandone le fasi evolutive8.

    Egli caratterizza le fasi di sviluppo dellorganizzazione in tre passaggi fondamen-tali: 1. la fase pionieristica, nella quale le attivit

    fluiscono in modo spontaneo e lelemento decisionale concentrato sul fondatore; il cliente ha rap-porti diretti con il personale

    8 Vedi testo in nota 1, Prima Fase.

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    13

    dellazienda che riesce a lavorare in modo efficace e veloce;

    2. la fase della differenziazione, che prevede una razionalizzazione delle attivit della prima fase, in quanto, crescendo lorganizzazione, la ge-stione diventa in-controllabile; si creano quindi funzioni e differenzia-zione delle attivit, ma nel tempo emergono nuovi fattori di crisi lega-ti a difficolt di comunicazione e relazione con il cliente;

    3. la fase dellintegrazione, nella quale serve ripensare lorganizzazione a partire dalle esigenze del cliente, in modo che ogni la-voratore possa essere attivo, agendo intel-ligentemente in vista di obiettivi comuni.

    Per cogliere levoluzione del sistema socia-

    le Lievegoed analizza poi le fasi di sviluppo dellindividuo in relazione al significato del suo agire lavorativo, stimolando interessanti riflessioni per i responsabili delle organizza-zioni e di chi si occupa di politiche del perso-nale, su come collegare lo sviluppo organizza-tivo a quello sociale, interno ed esterno.

    Punto fondamentale del suo lavoro il con-siderare lindividualit delluomo in un per-corso di sviluppo caratterizzato in fasi di circa 7 anni ciascuna, durante il quale si realizza lunicit di ogni biografia9. Tale percorso po-tr essere sostenuto, nei momenti critici, da politiche del personale consapevoli e respon-sabili.

    Per Lievegoed levoluzione organizzativa procede di pari passo con quella degli indivi-dui che la compongono e, a tal fine, diventa centrale linterazione in forme sempre pi coimprenditoriali e di responsabilit indivi-duale, abbandonando progressivamente forme di subalternit e mera esecutivit. Nella ten-sione io-comunit si apre quindi per lautore una possibilit di sviluppo sinergico virtuoso e concreto, nella visione di base della comunit creata quotidianamente da individui in conti-nuo cambiamento, il cui interagire crea dina-miche di sviluppo interne, esterne e individua-li. Lievegoed considera inoltre ogni organiz-zazione sociale alla luce della cultura che la circonda. Non soltanto lorganizzazione a

    9 Vedi testo in nota 1 Prima fase par.2.2.2.2.

    essere influenzata dal suo ambiente, ma an-che viceversa. Per esempio, la maniera in cui in unazienda vengono trattate le faccende personali influisce sullesistenza di tendenze pi o meno aggressive al di fuori delazienda e le tensioni sociali hanno forte riverbero nelle dinamiche organizzative.

    Unapplicazione di grande interesse di tali principi si deve ad Adriano Olivetti e allo svi-luppo della sua impresa economica e di stato sociale, che ha determinato importanti risultati di valore innovativo, che oggi vengono appe-na messi a fuoco e perseguiti in modo fram-mentario, come nel caso della Responsabilit Sociale dellImpresa.

    Adriano Olivetti ha introdotto in Italia la divisione scientifica del lavoro cercando di umanizzarla con lintroduzione parallela delle scienze umane in azienda. Egli si ispira-va a un socialismo cristiano, la cui applicazio-ne pratica stata oggetto di continua ricerca e sperimentazione durante la sua vita di im-prenditore.

    Per finire si ritiene interessante riportare al-cuni elementi del lavoro del filosofo america-no John Dewey che nel suo libro How We Think (1933) parl della necessit di democra-tizzare listruzione. Egli sosteneva che gli e-ducatori dovrebbero insegnare a pensare, piut-tosto che proporre argomenti predefiniti, ren-dendo leducazione un processo collaborativo nel quale gli studenti formulano ipotesi che dovranno poi verificare nella pratica. Il suo lavoro si pone come base di quella che si poi sviluppata come ricerca-azione.

    Dewey descrive il processo del pensiero in cinque fasi principali: la suggestione, lintellettualizzazione, la creazione di ipotesi, il ragionamento, la verifica delle ipotesi me-diante lazione.

    La suggestione: quando ci si trova davanti ad una situazione confusa e problematica, lazione costretta a fermarsi; esiste per una tendenza a proseguire lazione che si manife-sta, anzich come azione diretta, come sugge-stione che si pu definire unidea di ci che dobbiamo fare quando ci troviamo ad un im-piccio (pag. 180); le suggestioni dipendono dallesperienza della persona in relazione alla cultura del tempo; non possibile evitarle,

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    14

    zampillano in mente, non hanno nulla di intellettuale nel loro accadere.

    Lintellettualizzazione: la suggestione co-stringe ad osservare attentamente le condizio-ni che caratterizzano la situazione, che costi-tuiscono la difficolt e che bloccano lazione diretta; tramite losservazione e la riflessione la situazione perde la qualit emotiva iniziale e la vaghezza del primo dubbio viene sostitui-ta da un problema, cio dalla precisazione e localizzazione del dubbio; per intellettualizza-zione si intende quindi il sottoporre ad indagi-ne, utilizzando lattivit riflessiva, il pensiero, che prima era una qua-lit emozionale dellintera situazione.

    La creazione di ipotesi: attraverso losservazione, oltre a definire il problema, si comincia via via a delineare in misura sempre maggiore anche la sua soluzione; la sugge-stione si trasforma, cos, in una vera e propria ipotesi, in una idea-guida per lazione.

    Il ragionamento: a partire dalle ipotesi, il ricercatore cerca di identificare delle azioni che si possono intraprendere per cambiare i risultati del sistema; come le suggestioni, an-che il ragionamento dipende dalle esperienze e dalle conoscenze pregresse dellindividuo, oltre che dalla cultura del tempo in cui egli vive; il ragionamento aiuta a recuperare ele-menti nuovi o intermedi che uniscono in un tutto coerente termini che in partenza sembra-vano disconnessi; attraverso il ragionamento si pu prevedere che, accettando quella de-terminata ipotesi, si potrebbero ottenere certe conseguenze.

    La verifica dellipotesi mediante lazione: lipotesi formulata v poi verificata attraverso lazione osservandone i risultati. Se le conclu-sioni sperimentali coincidono con quelle teo-riche, lipotesi viene accettata come valida e viene definita come significato o come con-cetto. Sotto questa forma potr poi essere uti-lizzata come strumento per le esperienze e per le riflessioni future e, quindi, per lacquisizione di nuove conoscenze. Per De-wey essere intellettualmente responsabili si-gnifica considerare le conseguenze di un pas-so progettato.

    Egli ritiene essenziale per le realt scolasti-che provvedere alleducazione del pensiero in

    modo che si emancipi da attivit meramente impulsiva e abitudinaria, in attivit che con-sente di agire in maniera deliberata e coscien-te; a tal fine si dovr fare attenzione a tutto ci che si accorda solo con i nostri desideri o quando si salta subito alle conclusioni, senza alcuna forma di prova o quando si tende a compiere generalizzazioni indebite; occorre coltivare attitudini di apertura mentale (libert da pregiudizi e da tutto ci che rende refratta-ria la mente a ospitare nuove idee), di genuino entu-siasmo (interesse ed apertura la creazio-ne di nuove realt) e di responsabilit intellet-tuale (saper considerare le conseguenze di un passo progettato, accettare le conseguenze delle proprie credenze).

    Favorendo tale attitudine di pensiero, De-wey sosteneva che gli studenti sarebbero stati meglio preparati per affrontare le problemati-che della vita contemporanea per le quali non ci sono soluzioni in testi gi scritti.

    Tale lavoro tuttora di grande interesse per molti scienziati sociali (Lewin e Greenwood in Reason e Bradburry 2001) ma, malgrado le sperimentazioni positive, in ambito accademi-co e di conseguenza nel mondo del lavoro, la modalit di insegnamento non si trasforma-ta. Dewey non coni propriamente il termine ricerca-azione anche se lapproccio da lui proposto per apprendere il presupposto della stessa.

    Fu Kurt Lewin, psicologo tedesco che nel 1948 per primo modellizz le forme della ri-cerca-azione nello studio delle relazioni stori-co-sociali. La sua ricerca ha dimostrato che gli eventi devono essere studiati in relazione uno con laltro e ha dato importanti impulsi alla ricerca psico-sociale, in particolare agli studi sulla motivazione, la leadership e la dinamica dei gruppi, che sono poi stati sviluppati in molti ambiti, come nella formazione e nello sviluppo organizzativo.

    Nel 1951 egli formul la teoria del campo, B = f (p, e), ossia il comportamento di un in-dividuo funzione sia della personalit sia dellambiente che lo circonda. Il lavoro di Lewin si pose come una sfida alla psicologia freudiana, paradigma dominante in quel pe-riodo, che sosteneva che tutti i comportamenti potevano essere spiegati da componenti del profondo della personalit. Egli dimostr in-

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    15

    fatti, con la ricerca-azione, che il comporta-mento individuale varia nel tempo e sotto linfluenza di diverse componenti ambientali. Lewin sosteneva che non si pu comprendere una situazione se non si prova a cambiarla e da qui il valore enorme dellipotesi e della sperimentazione nel campo della trasforma-zione organizzativa e locale.

    La scuola di ricerca azione di Lewin si svi-lupp in stretto contatto con il lavoro del Ta-vistock Institut nellambito della corrente dei sistemi socio-tecnici elaborati da Trist. Egli, in collaborazione con Emery dimostr, anche con luso del metodo etnografico, che i siste-mi sociale e tecnico di unorganizzazione ope-rano in modo interdipendente e che vanno quindi integrati nelle fasi di cambiamento, coinvolgendo attivamente le persone.

    La ricerca azione si sviluppata negli anni a seguire in varie direzioni (sviluppo organiz-zativo, sviluppo del management, di comuni-t, apprendimento adulto e cambiamento so-ciale globale) proponendosi come nuovo pa-radigma rispetto ai riduzionismi razionalistici in ambito sociale del determinismo tecnologi-co e del positivismo scientifico ad oggi ancora prevalenti. Il movimento di scienziati sociali, che continuano a sperimentare varie forme di ricerca-azione, si propone di bilanciare lindubbia utilit del positivismo e del ridu-zionismo con forme partecipate e ampie di in-dagine e intervento su importanti problemi della societ (Pastore in Reason e Bradbury, 2001).

    Interessante lo sviluppo promosso da Ar-gyris e Schoen (1998) per lapprendimento organizzativo che ha avuto il pregio di foca-lizzare la necessit di una figura di ricercato-re-consulente in grado di aiutare a riconoscere le exposed theories e le theories in use, in un percorso di apprendimento organizzativo, ma la cui prospettiva stata criticata per privile-giare eccessivamente, soprattutto nei lavori di Argyris, laspetto psicologico dellappren-dimento e la natura clinico terapeutica dellintervento, a scapito della dimensione strutturale e organizzativa (Lanzara, 1996).

    La proposta del Ceris-CNR e dellAssociazione Motiva si sostanzia di molti elementi tra quelli citati, ma si caratterizza per considerare come centrale il parallelismo tra

    lo sviluppo individuale e quello dellorganizzazione, come via che pu portare allo sviluppo di comunit partendo dalla mo-tivazione del personale, cos come realizzato nella pratica da Adriano Olivetti e sviluppato in forma di supporto alle imprese dal pensiero di B.C.J. Lievegoed10 e dai suoi pi recenti sviluppi in Bekman (2004).

    2. LAPPROCCIO AL CAMBIAMENTO ALLA BASE DELLA FORMAZIONE-SVILUPPO

    La formazione-sviluppo una modalit for-mativa adatta a creare capacit di guida e ge-stione di processi di sviluppo organizzativo e/o locale (innovazione di processi esistenti o creazione di processi innovativi).

    il risultato di una serie di sperimentazioni effettuate in ambito formativo dellapproccio allo sviluppo organizzativo derivante dal pro-getto Ceris-Cnr Motivazione del personale per lo sviluppo organizzativo: verso un approccio europeo11.

    Si riportano in sintesi di seguito alcuni ele-menti fondanti dellapproccio sperimentato che si basa su una chiara definizione del senso dellorganizzazione, dellindividuo in ambito lavorativo e dello sviluppo che si intende promuovere (par. 2.1-2.5).

    2.1 Concetti e definizioni di riferimento

    Lapproccio elaborato ha come fondamento una visione del lavoratore e dellorganizzazione come delle realt in con-tinua evoluzione sinergica, laddove lidentit dellorganizzazione data dal produrre beni e servizi utili alla societ e limmagine del lavo-ratore viene proposta come essere in continua trasformazione, con dei propri obiettivi, che pu evolversi solo se gli permesso di essere creativo anche nel lavoro, prendendosi delle responsabilit ed impegnandosi con gli altri per una meta comune.

    10 Vedi anche articoli di Rizziato, Marziali, Bekman, Gandini in Qualit del lavoro e sviluppo organizzativo novembre 2007, Quaderni Ceril, Verona.

    11 Descritto nel testo riportato in nota 1.

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    16

    Lottica dello sviluppo dovr perci orien-tarsi in modo equilibrato su tre livelli: creare valore aggiunto per il cliente e per lo sviluppo del personale e perseguire il raggiungimento degli obiettivi economici stabiliti.

    Il punto in cui individuo ed organizzazione entrano in relazione il processo di lavoro, che si caratterizza, oltre che per i suoi conte-nuti operativi, anche come soggettivo modo di operare.

    La sinergia tra individuo ed organizzazione sar tanto pi virtuosa, quanto pi le persone potranno essere attive nel trasformare il pro-prio processo di lavoro per poter migliorare le performances organizzative rispetto al cliente (il processo del cliente), senso e fine ultimo dellagire organizzativo ed in questo potranno ravvisare un cammino di sviluppo della pro-pria biografia professionale. I processi di lavo-ro verranno quindi ripensati nella prospettiva di miglioramento del processo del cliente, trasver-salmente alle funzioni, dando vita a quelli che chiameremo processi orizzontali.

    A tal fine sar essenziale attribuire precise responsabilit individuali a persone atte ad o-rientarsi nel nuovo, a creare processi non gi definiti, figure che definiremo proprietari di processo, che avranno il compito di coinvol-gere progressivamente i colleghi nel dar vita a nuove modalit operative. Essi avvieranno un percorso sperimentale di creazione del nuovo che lavorer su due livelli: quello della trasfor-mazione dei comportamenti lavorativi e quello dello sviluppo dei processi organizzativi.

    Nel cogliere il valore per s e per gli altri dellappartenere ad un gruppo di lavoro e lutilit sociale dellattivit collettiva si cree-ranno man mano quelle che definiremo delle moderne comunit lavorative.

    Lavvio dei processi orizzontali verr pro-mosso dai proprietari di processo attraverso il processo antropocentrico di sviluppo, di se-guito descritto, che definiamo come una modali-t di trasformazione dei processi di lavoro, volta a collegare il piano delle idee di cambiamento al piano fattuale in modo sperimentale.

    Nellapproccio proposto quindi lindividuo si configura non come una variabile tra le altre della complessit organizzativa, ma come e-lemento di sintesi che le integra. Attraverso

    lapproccio antropocentrico di sviluppo sar possibile trasformare organizzazioni rigide, piramidali, in organizzazioni in continua tra-sformazione, ispirate dal cliente.

    La modalit di intervento proposta la ri-cerca-azione, che si caratterizza per la speri-mentalit nel conoscere la realt sociale og-getto di intervento in un processo di trasfor-mazione della stessa.

    Si deve considerare che quando si parla di cambiamento organizzativo, le variabili im-plicate sono tante e complesse, soggettive e oggettive, da non essere visibili e prevedibili a priori. Quindi laspetto della sperimentalit fondamentale per far emergere progressiva-mente le variabili rilevanti ed orientarle verso la trasformazione desiderata.

    Nello sperimentare sar possibile realizzare trasformazioni a due livelli: quello dei proces-si organizzativi e quello dei comportamenti lavorativi. A tal fine si propone anche la pro-gressiva acquisizione di particolari capacit so-ciali che permetteranno lo sviluppo di nuove forme di consapevolezza nellorganizzazione.

    Per capacit sociali si intendono una serie di modalit relazionali, di pensiero e di azio-ne, che permettono di sviluppare forme di in-terazione pi consapevoli e costruttive rispetto allusuale spontaneismo comportamentale12.

    Considerando limmagine delluomo pro-posta da Lievegoed (1979)13 in cui si ha il corpo, lelemento psichico definito in pensare, sentire e volere e lelemento dellidentit, lio, che si muove nella biografia individuale, si sono considerati i tre livelli principali rispetto ai quali gli individui si rapportano alla realt che li circonda:

    il livello fattuale, volitivo che si de-termina in azioni concrete (volere);

    il livello emotivo, dove si determinano le reazioni soggettive agli eventi con-creti il sentire individuale (sentire);

    il livello del pensare che porta a riflette-re sulle esperienze vissute generando idee, valutazioni, significati (pensare).

    12 Vedi riferimento al testo in nota 1 Fase preliminare par.1.6 riferimento al testo How we think di John Dewey e Prima Fase par.2.2.2 lo sviluppo della consapevolezza nelle oragnizzazioni nellapproccio di B.C.J.Lievegoed.

    13 Vedi testo in nota 1, par.2.2.2.

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    17

    Fig. 1 Livelli di relazione dellindividuo con la realt

    ? IO

    PENSARE

    SENTIRE

    VOLERE

    I tre livelli vengono poi integrati dallindividualit che, in base alla proprie pe-culiarit e domanda di sviluppo, dar vita ai vari percorsi biografici.

    Nelle relazioni lavorative spesso confonde-re tali piani porta conflitti e difficolt a mette-re in atto percorsi di cambiamento, in quanto emergono forme di emotivit non necessaria-mente correlate ai fatti concreti, portando a forme di giudizio che possono bloccare lagire organizzativo.

    Le capacit sociali aiuteranno a saper rico-noscere i tre livelli ed a rapportarsi agli altri con consapevolezza, in modo da favorire la definizione sistematica delle azioni necessarie al cambiamento in modo organico al soggetti-vo generarsi di nuove capacit.

    Si descrivono di seguito sinteticamente al-cune delle principali capacit sociali che si sono messe a fuoco come necessarie nellambito dei percorsi che si intendono pro-porre.

    Capacit di osservare il livello fattuale e di lavorare con le domande: saper osservare la realt in modo da cogliere le domande che certe situazioni problematiche pongono, senza cercare immediate soluzioni, ma investigan-dole adeguatamente con gli attori chiave (clienti, colleghi, capi, fornitori); nellinvestigare si dovr aiutare linterlocutore a non parlare delle proprie rappresentazioni del problema, ma a scendere sul piano reale con esempi concreti, evocando fatti e persone.

    Capacit di ascolto attivo: sviluppare una modalit di ascolto scevra da pregiudizi e mi-

    rante a creare uno spazio dove laltro si possa esprimere; a tal fine si propone di ascoltare su tre livelli: quello del contenuto, per verificare la chiarezza di quanto espresso, quello emoti-vo, per cogliere il coinvolgimento ed il lega-me di interesse dellinterlocutore e quello del-la volont, cercando di percepire se chi parla ha intenzione di muovere dei passi in relazio-ne al problema in questione.

    Capacit di collegare le domande di cam-biamento a percorsi di sviluppo sperimentali: riuscire a collegare le domande emerse e inve-stigate a delle azioni concrete sperimentali, che possano portare al miglioramento della situazione, coinvolgendo la comunit lavora-tiva, creando un ritmo tra azione e riflessione.

    Capacit di identificare e definire i principi guida dei processi e dei comportamenti: saper riflettere sistematicamente sulle criticit del processo del cliente e dei propri comporta-menti, identificandone le guide nascoste, ossia i principi guidanti, inconsapevoli, per definirne altri, scelti, in relazione ai migliora-menti che si vogliono realizzare.

    Capacit di collegamento tra biografia in-dividuale e biografia dellorganizzazione: e-splorare possibili scenari di convergenza vir-tuosa tra le biografie professionali e le neces-sit organizzative, considerando le fasi della vita lavorativa14 le persone verranno inoltre sostenute nellesplorare i momenti pi signifi-cativi nei quali si mostrata la propria indivi-dualit come orientamento peculiare in un percorso evolutivo nel passato, per valutare quali scenari futuri, coerentemente, si possano creare, anche e soprattutto in relazione ai pas-saggi biografici che riguardano lorganizzazione (le caratteristiche del fonda-tore-pioniere, i suoi principi ispiratori in rela-zione al prodotto e/o servizio offerto, i punti di svolta significativi dellorganizzazione in relazione alle persone che li hanno promossi).

    Allo sviluppo delle suddette capacit sar funzionale lacquisizione di nuove modalit di dialogo nei gruppi di lavoro che si baser sul-lo sviluppo parallelo di altre capacit.

    Capacit di dare suggerimenti e feedback: si dovranno evitare discussioni, concentrando-si invece nel dare suggerimenti e feedback

    14 ibidem

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    18

    allaltro per intraprendere dei passi sperimen-tali; sar a tal fine essenziale che ognuno ab-bia chiare responsabilit nei processi di svi-luppo, in modo che si concentri lattenzione sui suggerimenti per azioni da intraprendere.

    Capacit di descrivere per immagini: verr esercitata la pratica di descrivere per immagi-ni, che rendono vivi e significativi gli esempi concreti, spostando lattenzione dallastrazione alla realt; ci si concentrer su dove, quando, cosa, chi, cercando di ricostruire i fatti al di l delle proprie rappre-sentazioni o emozioni; ci render possibile relativizzare il proprio giudizio, creando una situazione il pi possibile oggettiva da poter condividere con il gruppo di lavoro.

    Capacit di caratterizzare: in relazione alla descrizione per immagini le persone verranno poi aiutate a caratterizzare quanto ascoltato, quale attivit prettamente individuale, in quanto rispetto ad una stessa immagine ognu-no viene colpito da particolari diversi; si trat-ter di definire gli aspetti peculiari delle situa-zioni evitando di giudicarle, restituendo cos allinterlocutore una visione soggettiva di un fatto oggettivo che lo riguarda e che lo pu aiutare ad identificare le guide nascoste so-pramenzionate ed osservare lo stesso sotto va-ri punti di vista.

    Come elemento di sintesi dellacquisi-zione delle suddette capacit e della visione dellorganizzazione proposta, si svilupper la capacit di leadership orizzontale, che per-metter di attivare e guidare nuovi processi organizzativi derivanti da una rilettura tra-sversale delle attivit interne, a partire dalla prospettiva di creare miglioramento per il cliente, coinvolgendo i lavoratori in un per-corso sinergico virtuoso.

    Le capacit sociali dovranno venire acqui-site in primis da chi propone e sostiene lintervento che, per portare movimento e svi-luppo nellorganizzazione, dovr essere in grado di avvicinarla in unottica dinamica ed aperta allascolto delle variabili l presenti, cercando di evitare di sovrapporvi i propri preconcetti e tanto meno standardizzate ipote-tiche soluzioni.

    Non ci si dovr quindi proporre come lesperto che offre soluzioni, ma come un facilitatore del cambiamento che affianca i re-sponsabili dellorganizzazione nel trasformare i processi e i comportamenti lavorativi in una prospettiva di learning by doing.

    In tal senso si promuove, come sostiene an-che P. Senge, il passaggio dallapprendimento attraverso linsegnamento allapprendimento attraverso lazione, passaggio che si ritiene importante, anche perch il fatto di coinvolge-re le persone nel miglioramento dei propri processi di lavoro, in modo che possano per-cepire lutilit sociale del proprio agire orga-nizzativo, risultato essere uno dei fattori maggiormente motivanti.

    Lottica evolutiva delluomo e dellorganizzazione ed il loro interagire come sistemi complessi, permettono di individuare nellazione sperimentale che lindividuo rea-lizza, un momento chiave che rende esplicite molte variabili soggettive e relazionali offren-do la prospettiva per svilupparle.

    Il favorire lo sviluppo sinergico dei proces-si e comportamenti lavorativi si configura come un percorso generativo di organizzazio-ni cosiddette adulte15, dove il progressivo svilupparsi della coscienza individuale nei processi organizzativi potr favorire la nascita di varie forme di coimprenditorialit.

    Lapproccio proposto si potr concretizzare considerando quattro elementi che lo caratte-rizzano, tra loro collegati, descritti nei para-grafi seguenti: la creazione di comunit oriz-zontali di responsabili (par. 2.2), il processo antropocentrico di sviluppo e linfrastruttura del cambiamento (par. 2.3), la realizzazione di una organizzazione integrata (par. 2.4), il col-legamento tra sviluppo individuale ed orga-nizzativo con lapproccio biografico (par. 2.5). A tali quattro elementi si riferiscono ri-spettivamente alle figure 2, 3, 4 e 5, di seguito riportate.

    15 Vedi testo in nota 1 par.2.2.2

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    19

    Fig. 2 Dalla organizzazione per funzioni alla creazione della comunit orizzontale dei responsabili

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    20

    2.2 La creazione di comunit orizzontali di responsabili

    La situazione che il consulente generalmente incontra di organizzazioni della seconda fa-se16, anche se piccole, strutturate per funzioni, che presentano chiari segni di disconnessione tra le parti e frammentazione del processo del cliente; si potranno trovare vari livelli di com-plessit17.

    Il primo passo da fare sar aiutare linterlocutore aziendale ad avere una perce-zione ampia di come il cliente/utente si rap-porta alla comunit lavorativa e delle criticit relative, laddove ogni settore ha difficolt a concepire e attuare in modo connesso e fluido un processo di lavoro al di l del proprio am-bito. Si cercher, quindi, di creare una comu-nit di responsabili, trasversale alle funzioni (comunit orizzontale dei responsabili) (fig. 2), che verr sollecitata a mettere al centro delle proprie riflessioni il miglioramento del rapporto con il cliente, quale processo chiave che d lidentit allorganizzazione, in unottica orizzontale rispetto alle funzioni; ta-le comunit dovr pensare a come avviare i processi orizzontali attivando i lavoratori a va-ri livelli. Tale modo di pensare e agire risulta molto efficace, in quanto evidentemente adat-to alla natura orizzontale del processo econo-mico, che si articola da un fornitore a un cliente, tramite il valore aggiunto dellorganizzazione.

    FornitoreValore aggiunto dellorganizzazione Cliente Ci andr di pari passo con la proposta di

    un diverso stile manageriale, che non consi-ster pi nel dirigere e controllare, ma nellaffidare delle responsabilit dei processi orizzontali, da definire e sviluppare, a collabo-ratori con qualit adatte, che dovranno avere molta autonomia di movimento e la possibilit di avviare sperimentazioni nellambito di condizioni stabilite. I responsabili dei processi

    16 Vedi par. 1. 17 Ma anche in organizzazioni in fase pionieristica si

    pu applicare lapproccio proposto dando forma in modo congiunto ad una fase pi organizzata che abbia gi in s gli elementi per svilupparsi in modo integrato, rendendo protagoniste le persone.

    orizzontali (proprietari di processo) avranno anche il compito di coinvolgere, a mano a mano, i colleghi. Si tratta di un stile di gestio-ne che si pu definire orizzontale rispetto a quello classico, verticale, che assegna compiti precisi, definiti, non favorendo iniziative per-sonali, pianificando le attivit con precisi o-biettivi, senza lasciare spazi di sperimentazio-ne del nuovo.

    La scelta dei proprietari di processo non cadr necessariamente sulle persone che han-no responsabilit in senso gerarchico, ma su quelle con talenti idonei a orientarsi nel nuo-vo, a creare percorsi diversi, a confrontarsi creativamente con i problemi e con vari inter-locutori, traendone delle opportunit di svi-luppo per il cliente, i risultati aziendali e i col-leghi.

    Il consulente lavorer in parallelo alla crea-zione della comunit orizzontale dei respon-sabili e a quella dei proprietari di processo creando momenti sistematici di sinergia tra i due gruppi; ci permetter di far emergere possibili nuove configurazioni della struttura organizzativa.

    Per la creazione della comunit orizzontale dei responsabili si tratter di prevedere un ritmo di incontri nei quali il gruppo potr cre-are visioni comuni e stabilire passi concreti tenendo presente lo sviluppo di tre livelli chiave dellorganizzazione: il cliente, il per-sonale ed il fatturato.

    Lobiettivo sar creare una comunit lavo-rativa che trae il suo senso nellagire per la societ offrendo prodotti e/o servizi utili e da questo trae il suo compenso economico; la crescita non andr per a discapito della co-munit interna e verr sviluppata in modo si-nergico.

    Per la creazione della comunit dei proprie-tari di processo si tratter di favorire incontri sistematici per sostenere lapprendimento re-ciproco su problematiche comuni, legate allo sviluppo dei processi orizzontali: come co-gliere la reale domanda di cambiamento insita nellorganizzazione, come investigarla, come coinvolgere i colleghi, come sperimentare nuovi processi, come ri-orientarli in base ai primi risultati.

    La comunit di responsabili promuover al-

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    21

    tre comunit interne, secondo il grado di com-plessit della situazione e secondo le esigenze dei clienti.

    Il consulente, nellaffiancare le varie co-munit che si verranno a creare, promuover sistematicamente lesercizio delle capacit sociali nelle attivit concrete.

    2.3 Il processo antropocentrico di sviluppo e linfrastruttura del cambiamento

    Lavvio dei processi orizzontali verr promos-so dai proprietari di processo attraverso il processo antropocentrico di sviluppo (Fig. 3).

    Il consulente stimoler lemersione di una domanda di cambiamento a partire da esigen-ze non soddisfatte del cliente (punto centrale), che si esprimono normalmente in problemi e criticit ricorrenti; promuover poi nei pro-prietari di processo un atteggiamento riflessi-vo rispetto alle fasi del processo di lavoro do-ve si manifestano i problemi (foglia di sini-stra, passato-riflessione). Ci verr attuato con una descrizione dei fatti scevra il pi possibile da giudizi ed interpretazioni; potranno essere previsti momenti di investigazione che il pro-prietario del processo effettuer coinvolgendo gli interlocutori interessati; dagli elementi emersi, nellambito di gruppi di lavoro com-posti da persone coinvolte a vario titolo nelle attivit legate ai cambiamenti da effettuare, si identificheranno le idee guida retrostanti le criticit emerse; il proprietario di processo verr quindi aiutato, dai suggerimenti del gruppo di lavoro con il sostegno del consulen-te, a mettere a fuoco delle nuove idee guida, che possano dar vita a processi organizzativi volti al miglioramento del processo del clien-te, definendo a tal fine dei passi concreti (fo-glia di destra, futuro-scenari). Si passer poi allazione sperimentale (punto centrale, pre-sente-azione), ripercorrendo nuovamente le 3 fasi, fino ad esito positivo delle sperimenta-zioni, ossia al superamento del problema e cri-ticit ricorrenti inizialmente rilevati.

    Cos, in un ritmo tra riflessione sui fatti passati, definizione di scenari futuri e azione con passi concreti sperimentali, si snoda il processo antropocentrico di sviluppo organiz-zativo attraverso una presa di coscienza dei lavoratori delle azioni necessarie a realizzare

    il cambiamento; in tale percorso verranno af-fiancati nellesercitare le capacit sociali menzionate nel par. 1.

    Le sperimentazioni avviate con il metodo del processo antropocentrico di sviluppo sa-ranno sostenute dalla comunit dei responsa-bili e da quella dei proprietari di processo por nellambito di quella che definiamo infrastrut-tura del cambiamento, ossia uno spazio di in-contri ritmici, nellambito dei quali i vari atto-ri potranno confrontarsi al di fuori degli schemi operativi normali di gestione dellorganizzazione, che spesso sono la fonte dei problemi che si vogliono risolvere. In tale contesto sar possibile trasformare le relazioni organizzative in connessione con le sperime-tazioni positive e/o ri-orientarle. Linfrastruttura del cambiamento permette di creare lo spazio di riflessione necessario a far confluire gli sforzi della sperimentazione af-frontando le criticit e sostenendo i proprieta-ri di processo con consigli su come procedere; permette altres ai responsabili di seguire i nuovi percorsi intervenendo per eventuali ri-orientamenti creando una visione unitaria del cambiamento; sar fondamentale lesercizio delle capacit sociali per rendere gli incontri snelli, essenziali ed operativi.

    Cos, a mano a mano, sar possibile per lorganizzazione imparare a riflettere su s stessa e trasformarsi grazie allemergere pro-gressivo delle capacit di leadership orizzon-tale, descritte nel par. 2.1.

    2.4 La creazione di unorganizzazione integrata

    Lobiettivo a cui tendere attraverso il processo antropocentrico di sviluppo e gli incontri nellambito dellinfrastruttura di cambiamen-to sar una modalit organizzativa che una rielaborazione dellorganizzazione a quadri-foglio proposta da B.C.J. Lievegoed18 in quel-la riportata nella figura 4. Tale modalit orga-nizzativa verr generata dallintegrazione dellelemento sociale in quello organizzativo, nel corso delle sperimentazioni avviate per creare processi di sviluppo, come preceden-temente indicato.

    Le sperimentazioni realizzate con esito po-

    18 Vedi testo in nota 1 par.2.2.2.

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    22

    sitivo verranno poi estese, riprogettando i pro-cessi di lavoro e realizzando il cambiamento in senso ampio; ci avverr nellambito dellinfrastruttura del cambiamento. Chi ha seguito le fasi di sperimentazione avr il com-pito di sostenere i colleghi tramite incontri di formazione, workshop informativi, seminari di affiancamento.

    La nuova realt organizzativa tender a se-parare chi ha il governo dellorganizzazione (propriet nel privato, cariche istituzionali nel pubblico) e chi si occuper di gestione; la gui-da non sar pi al vertice di una piramide suddivisa in funzioni, ma si tratter di una comunit di leader orizzontale. Essa si porr come snodo tra le istanze di chi ha il governo dellorganizzazione, che si occuper di fissare obiettivi e linee strategiche, le necessit dei clienti, i processi di collaborazione e il rag-giungimento dei risultati prefissi, cos come indicato nella figura.

    Tale comunit orizzontale di leader potr essere composta in maniera anche differente dalliniziale comunit orizzontale dei respon-sabili, in relazione agli esiti delle trasforma-zioni avvenute con i processi di sviluppo o-rientati dal cliente. Sar caratterizzata dallessere il momento di sintesi della com-plessit organizzativa e render stabile linfrastruttura del cambiamento impostata nella fase sperimentale, definendo una siste-maticit di incontri per promuovere lo svilup-po su tre livelli: quello del cliente, quello del personale e quello economico. Le capacit

    ormai sviluppate di leadership orizzontale per-metteranno di pensare, pianificare ed agire i-spirandosi sistematicamente al miglioramento del processo del cliente, attivando le persone a prendere iniziative in tal senso, creando ambi-ti di sperimentazione del nuovo, lavorando se-condo dei ritmi per far metabolizzare il cam-biamento in modo armonico.

    In tal modo i proprietari di processo cer-cheranno di trasformare gli obiettivi e le linee strategiche dellorganizzazione in risultati concreti; a sua volta gli obiettivi strategici verranno definiti pi concretamente, grazie al continuo arrivo di input provenienti dallascolto del cliente.

    Lorganizzazione integrata si svilupper in modo organico grazie al continuo fluire osmo-tico dei vari elementi luno nellaltro, di cui la comunit orizzontale dei leader sar elemento di sintesi e propulsione.

    2.5 Il processo di sviluppo individuale nellorganizzazione: lapproccio

    biografico

    stato pi volte evidenziato che lapproccio proposto lavora a due livelli: allo sviluppo dei processi di lavoro e allo sviluppo individuale.

    A tal fine il processo antropocentrico di cambiamento proposto per trasformare i pro-cessi organizzativi viene applicato anche al cambiamento personale in ambito organizza-tivo (Fig. 5).

    Fig. 5 Il processo di sviluppo individuale nellorganizzazione

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    23

    Lindividuo, sollecitato ad accogliere le domande di cambiamento che lorganizza-zione gli pone, laddove si riscontrano delle criticit nel suo comportamento (punto centra-le), verr supportato nellelaborare uno sguar-do retrospettivo sulle azioni poste in essere e sulle idee guida retrostanti che spesso deter-minano comportamenti automatici, ripetitivi ed inconsapevoli che possono ostacolare i cambiamenti auspicati (foglia di sinistra pas-sato-riflessione); verr quindi sostenuto ad e-laborare nuove idee guida consapevoli e a de-finire i passi necessari per sperimentare il proprio comportamento in modo nuovo nei processi di sviluppo dellorganizzazione (fo-glia di destra, futuro-scenari); dovr poi met-tere in atto i cambiamenti stabiliti con il passo concreto (punto centrale, presente-azione) ri-flettendo sullesito e ripercorrendo il percorso sperimentale, fino a che non sia riuscito a tra-sformare in modo soddisfacente il proprio comportamento nei processi di sviluppo dei quali si occupa.

    Nel fare questo sar sostenuto dai feedback e suggerimenti dei colleghi coinvolti nellambito di sperimentazioni del nuovo, grazie alle capacit sociali che verranno pro-gressivamente sviluppate nel percorso di cambiamento organizzativo. Nella riflessione sulle criticit comportamentali nei processi di sviluppo, sar particolarmente importante da parte del consulente e dei colleghi, lesercizio dellascolto attivo ai tre livelli per cogliere i pensieri, la parte emozionale e gli impulsi di volont che verranno trasformati nei nuovi scenari che si andranno a costruire.

    Fondamentale in tale percorso il lavoro sul-la biografia professionale, in relazione alle fa-si della vita lavorativa19 per identificare lo snodarsi delle peculiarit individuali nelle va-rie scelte effettuate ed identificare possibili sviluppi in collegamento con quelli dellorga-nizzazione; le dinamiche dellorganizzazione rappresentano il futuro a cui collegare i propri scenari biografici, che verranno resi concreti dai passi che saranno stabiliti in un arco di tempo definito nellambito delle sperimentazioni.

    Si attuer quindi un percorso ritmico tra ri-flessione sul passato, prospezione futura e a-

    19 Vedi riferimento in nota 9

    zioni nel presente delle persone coinvolte nel cambiamento, in parallelo allanalogo percor-so avviato sui processi organizzativi, che so-sterr lo sviluppo della biografia professionale degli individui progressivamente coinvolti (li-nea trasversale grigia sullindividuo in Fig. 5).

    Il consulente dovr inoltre analizzare con la comunit orizzontale dei responsabili e con i proprietari di processo le peculiarit della biografia passata dellorganizzazione focaliz-zando gli elementi caratterizzanti della sua i-dentit e cercare con loro i collegamenti per definire quella futura, in relazione alle poten-zialit delle persone; cos a mano a mano si profiler la biografia dellorganizzazione co-me risultato delle biografie degli individui che la compongono (linea trasversale grigia sullorganizzazione a quadrifoglio in Fig. 5).

    Per il consulente il cercare di collegare la biografia degli individui a quella dellorganizzazione, unitamente al promuove-re lo sviluppo delle altre capacit sociali lo strumento base per creare un senso di comuni-t lavorativa, perch si rende evidente quanto il cambiamento individuale sia favorito dagli stimoli dellorganizzazione e dal supporto dei colleghi e viceversa.

    Verr quindi promossa, per quanto possibile, una parallelit dei due sviluppi biografici inne-scando una trasformazione virtuosa ed una co-creazione individuo-comunit lavorativa.

    Come riportato nellintroduzione le idee sopraesposte hanno dato vita a molte speri-mentazioni che hanno portato a sviluppare metodologie innovative di intervento in ambi-to della formazione, dello sviluppo loca-le20,dellorientamento e del placement. Si de-scrive brevemente di seguito la metodologia sviluppata in ambito formativo per favorire lo sviluppo organizzativo in termini di innova-zione di processi o di creazione di processi in-novativi, la formazione sviluppo.

    3. LA METODOLOGIA DELLA FORMAZIONE-SVILUPPO

    Come accennato precedentemente, la forma-zione-sviluppo una modalit formativa adat-

    20 vedi nota 2

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    24

    ta a creare capacit di guida e gestione di pro-cessi di sviluppo organizzativo e/o locale (in-novazione di processi esistenti o creazione di processi innovativi).

    Si articola secondo due particolari modalit di intervento: nel caso di unaula costituita da persone

    di differenti organizzazioni si articoler secondo quello che stato definito ap-proccio ciclico (par. 3.1);

    nel caso invece di un intervento in ununica organizzazione, si svilupper secondo quella che verr chiamata la lemniscata della formazione (par. 3.2).

    In entrambi i casi la formazione-sviluppo si

    caratterizza come un processo formativo che prevede un ritmo alternato di aula, momenti esplorativi nella propria realt lavorativa ed affiancamento allo sviluppo individuale nei processi lavorativi, definito coaching biogra-fico professionale (CBP). Ci risponde allo strumento di lavoro che verr utilizzato in aula, ossia il processo antropocentrico di sviluppo, sia per i cambiamenti da attuare nei processi lavorativi (fig. 3) che per quelli personali che si renderanno necessari di conseguenza (Fig. 5).

    I formandi metteranno a fuoco dei processi sui quali lavorare, dei quali diverranno re-sponsabili (proprietari di processo), la cui ge-stione e sviluppo rappresenter un fondamen-tale strumento di lavoro ed apprendimento

    Si prevedono in entrambi i casi vari cicli di rinnovamento organizzativo.

    Il processo formativo si articoler in ogni ci-clo secondo il ritmo indicato nella figura 6 e preveder una fase esplorativo/sperimentale delle innovazioni che si intendono apportare ed una fase di definizione e realizzazione dei cambiamenti a regime nellorganizzazione, per poi innescare un nuovo ciclo di rinnovamento.

    Ogni ciclo avr le seguenti caratteristiche per quanto riguarda la gestione dellaula, della parte esperienziale e del coaching biografico-professionale.

    Caratteristiche e gestione dellaula: Il processo formativo sar collegato ai proces-si lavorativi reali dei partecipanti; in aula ver-ranno dati gli strumenti ed input metodologici per esplorare, coinvolgendo i vari soggetti le-gati allorganizzazione (clienti, capi, colleghi, fornitori), le esigenze di innovazioni nei pro-cessi o di creazione di processi innovativi nellottica di portare valore aggiunto al clien-te. Lo schema di lavoro sar il processo an-tropocentrico di sviluppo (Fig. 3), sul quale si integreranno vari input teorici, in relazione alle specificit dellaula, sia per aiutare la par-te di riflessione che quella di prospezione (il concetto di cliente, di servizio, di core busi-ness, di processi di supporto,di identit e svi-luppo organizzativo, di leadership, comunica-zione e collaborazione, know how tecnici spe-cifici, ecc.). I formandi diverranno in tal senso proprietari di processi sui quali faranno il percorso esperienziale che inizier con una fase investigativa per orientare e definire la domanda di cambiamento derivante dalle ne-cessit di migliorare il processo del cliente, coinvolgendo i soggetti collegati e sperimen-tare possibili miglioramenti fino ad esito posi-tivo; le sperimentazioni positive verranno poi estese ed integrate nellorganizzazione man-tenendo nellaula il momento di progettazio-ne, valutazione e ri-orientamento. Ogni mo-mento daula terminer con la definizione di passi concreti da intraprendere nel periodo e-splorativo ed inizier con un momento di ri-flessione sullesito dei passi intrapresi nel pe-riodo intercorrente tra laula precedente e lattuale.

    Fig.6 Il ritmo del processo formativo della formazione -sviluppo -----------------------() ---------------------- ----------------------- ()------------------------- Aula Parte esperienziale CBP Parte esperienziale Aula Parte esperienziale CBP Parte esperienziale Aula

  • Rizziato E., Working Paper Ceris-Cnr, N 3/2010

    25

    Oltre che ambito di acquisizione del know how per il cambiamento, in tutto il ciclo laula sar anche momento di riflessione per creare lo spazio di rinnovamento del significato dellagire nei processi in termini di sviluppo personale; questo passaggio fondamentale per trasformare i comportamenti lavorativi e viene supportato nei momenti di coaching biografico-professionale. Tra le metodologie di lavoro ci saranno attivit guidate in gruppo, con esercizi specifici per creare occasioni di apprendimento dallesperienza; verranno uti-lizzati anche strumenti artistici per aiutare a cogliere la complessit del mondo organizza-tivo e favorire lacquisizione delle capacit sociali. Caratteristiche e gestione della parte esperien-ziale: Avverr durante la normale attivit lavorativa e preveder di dedicare almeno il 10% del tempo in pi per attuare i passi definiti in aula riflettendo sulle criticit riscontrate, al fine di sviluppare un apprendimento nel fare.

    Il formando terr un diario dove annoter le difficolt riscontrate nellattuare quanto stabilito in aula ed i punti di apprendimento, per farne oggetto di riflessione e lavoro guida-ti nei gruppi di lavoro con il CBP.

    La parte esperienziale rappresenta un im-portante momento di apprendimento che per-mette di mettere a confronto la propria capaci-t di prospezione esercitata in aula (lavorando con il processo antropocentrico di sviluppo nel definire i nuovi passi) con la situazione effettiva e le reali opportunit di cambiamen-to.

    Caratteristiche e gestione del coaching biogra-fico professionale Avviene in gruppi ristretti di 4-5 persone gui-dati dal consulente-formatore e si articola in sessioni di circa 20 minuti a persona nei quali il soggetto esplicita le criticit riscontrate nel-la parte esperienziale; gli altri ascoltano e propongono le loro caratterizzazioni di quanto sentito, aiutando il soggetto ad identificare eventuali guide nascoste dei propri processi e/o comportamenti; il soggetto decider quale caratterizzazione consona alla sua situazione

    e definir nuove guide, che riterr pi idonee al miglioramento della situazione e, con laiuto del gruppo, i relativi passi da realizzare per sperimentarne lattuazione. Ognuno espli-citer anche i punti di apprendimento rilevati nella parte esperienziale.

    Lo schema di lavoro sar il processo di svi-luppo individuale nellorganizzazione (Fig. 5). La figura del consulente formatore e le capaci-t sociali Chi accompagner il processo facilitando lapprendimento sar una figura di consulen-te-formatore, in quanto, oltre al ruolo di facili-tatore del processo formativo, orienter la tra-sformazione dei processi; egli dovr aver ac-quisito in primis le capacit sociali menziona-te nel par.2.1 per poterle utilizzare nel con-formare il processo formativo, come di segui-to descritto e trasferirle ai formandi.

    Dopo un primo ciclo, sia nel caso dellapproccio ciclico che in quello della lem-niscata della formazione, le persone che han-no seguito il percorso avranno acquisito le competenze per attivare autonomamente altri cicli di sviluppo.

    3.1 Lapproccio ciclico

    Quando si ha unaula mista con partecipanti afferenti a pi organizzazioni, la formazione-sviluppo si snoder secondo quello che sta-to definito lapproccio ciclico articolato come di seguito e rappresentato dalla figura 7.

    Il consulente-formatore dovr definire il giusto ritmo di alternanza tra gli incontri daula, la parte esperienziale e quella di coaching biografico-professionale in relazione alle caratteristiche dellaula e dellorganizzazione.

    Il percorso formativo inizia stimolando i partecipanti ad identificare le criticit riscon-trate nel processo del cliente e quindi quali necessit di innovazione di processi e di pro-cessi innovativi si riscontrano; di conseguenza i formandi verranno invitati a formulare una domanda di cambiamento; la domanda ini-zialmente formulata verr poi adeguatamente approfondita nelle rispettive organizzazioni di afferenza, come di seguito descri