Equazioni d’onda relativistiche Teorie di Dirac e Majorana che sia lineare nella derivazione...

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Università degli Studi di Napoli “Federico II” Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” Laurea triennale in Fisica Equazioni d’onda relativistiche Teorie di Dirac e Majorana Relatori: Dr. Giampiero Esposito Professor Luigi Rosa Candidato: Mattia Cielo Matricola N85000700 A.A. 2016/2017

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Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Scuola Politecnica e delle Scienze di Base

Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”

Laurea triennale in Fisica

Equazioni d’onda relativistiche

Teorie di Dirac e Majorana

Relatori: Dr. Giampiero Esposito

Professor Luigi Rosa

Candidato: Mattia Cielo

Matricola N85000700

A.A. 2016/2017

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A mia Madre

“Il modello che dobbiamo inseguire non e la perfezione, ma la perpetua ca-pacita di correggerci”.

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Indice

1 L’equazione di Dirac per l’elettrone 51.1 Equazione di Klein - Gordon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.2 Derivazione di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.3 Proprieta delle matrici di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.4 Prova della covarianza dell’equazione di Dirac . . . . . . . . . 11

2 Equazione di Majorana 152.1 Leggi di trasformazione degli spinori . . . . . . . . . . . . . . 172.2 Trasformazioni relativistiche delle γ . . . . . . . . . . . . . . . 202.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

A Rappresentazioni infinito dimensionali del gruppo di Lorentz 24

B Gruppi di Lie 31

Bibliografia 33

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Introduzione e sinossi

Il 2 gennaio 1928 P.M.A. Dirac pubblica un articolo intitolato “The QuantumTheory of the electron” in cui propone un’equazione d’onda che sia consisten-te con la nuova teoria relativistica dell’epoca. Il problema da affrontare e lascrittura di una nuova equazione d’onda alternativa a quella di Schroedinger,che sia invariante per trasformazioni di Lorentz e che tenga conto, dunque,della nuova struttura geometrica dello spazio-tempo. Altresı per coniuga-re le due teorie era fondamentale preservare i loro caratteri essenziali, cioela covarianza e la struttura di causalita per quanto concerne la relativita

[c2(t1− t0)2− (x1−x0)2 > 0], nonche l’ambiente teorico in cui e stata fondatain principio la teoria quantomeccanica. Prima di Dirac la strada fu battutada altri come lo stesso Schroedinger e da Klein e Gordon, i quali pero nonriuscirono a vincere le problematiche che si presentano quando si considerala nuova relazione di dispersione:

E2 = p2c2 +m2c4

L’equazione d’onda a cui arrivano Klein e Gordon tramite il principio di cor-rispondenza presenta due anomalie; la prima di esse corrisponde agli statiad energia negativa e la seconda e una densita di probabilita che puo as-sumere valori negativi. Chiaramente quest’ultima non puo essere in alcunmodo accettata in quanto risulta fisicamente inconsistente. Dirac riesce arisolvere questo problema correggendo l’ordine di derivazione temporale checompare nell’equazione di K.-G. ricavando una nuova equazione per l’elettro-ne fisicamente accettabile ma che presenta ancora il problema degli stati adenergia negativa. In ogni caso Dirac spiega questo fenomeno facendo leva sulprincipio di esclusione di Pauli, immaginando che questi stati negativi, puresistendo, dovessero essere tutti pieni e dunque particelle ad energia positivanon possono saltare in stati ad energia negativa. Come sappiamo tra il 1932e il 1933 Carl Anderson, grazie anche all’aiuto di Occhialini e Blackett, riesce

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a predire e trovare sperimentalmente l’esistenza di un’antiparticella dell’elet-trone, per l’appunto il positrone. Prima che cio avvenisse, Majorana presentaun lavoro in cui stabilisce delle nuove equazioni d’onda lineari nell’energia erelativisticamente invarianti per particelle aventi momento angolare intrinse-co comunque prefissato che eliminano completamente il problema degli statinegativi. La teoria di Majorana presenta degli elementi totalmente rivoluzio-nari sulla scia dei lavori di Weyl e di Wigner sulle applicazioni della teoriadei gruppi alla meccanica quantistica, essa si apre anzitempo alle piu moder-ne formulazioni della teoria delle particelle elementari nonche ha il pregio diessere la prima teoria che contempla l’idea di un’equazione quantomeccanicauniversale che inglobasse tutti i tipi di particelle indipendentemente dal va-lore della loro velocita. Nella teoria di Majorana prendono corpo delle nuoverappresentazioni unitarie ad infinite dimensioni del gruppo di Lorentz, gra-zie alle quali Majorana riscrive l’equazione d’onda di Dirac ma ridefinendola massa in funzione dello spin. Chiaramente a seguito della scoperta deipositroni la strada aperta da Majorana non e stata piu percorsa; tuttavia ilsuo lavoro riveste nell’epoca moderna un particolare interesse teorico per lacostruzione di un formalismo con spin arbitrario. Difatti l’autore di questotesto e a conoscenza del fatto che ci sono dei forti vincoli teorici per l’esisten-za di particelle con spin maggiore di due, ciononostante nell’investigazionedei moderni formalismi di corda, i vincoli sullo spin decadono e dunque illavoro di Majorana viene rivalutato e considerato come una prima finestrasul mondo della moderna teoria delle stringhe.

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Capitolo 1

L’equazione di Dirac perl’elettrone

1.1 Equazione di Klein - Gordon

La prima formulazione di un’equazione d’onda relativistica e stata quelladi Klein e Gordon i quali fecero la cosa piu naturale, ovvero applicarono ilprincipio di corrispondenza all’equazione:

E2 = p2c2 +m2c4 (1.1)

usando le sostituzioni operatoriali usuali:

pr → −ı~∂

∂xr(r = 1, 2, 3) E → ı~

∂t

che ci portano alla seguente:

−~2∂2ψ

∂t2= −~2c2∇2ψ +m2c4ψ (1.2)

che si puo scrivere in modo piu conciso tramite unita naturali e usando iltensore metrico η con segnatura (-, +, +, +). Cosı il D’Alembertiano diventa� = ηµν∂µ∂ν e dunque l’equazione che otteniamo risulta relativisticamenteinvariante a vista:

(∂µ∂µ +m2)ψ = 0 (1.3)

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1.2 Derivazione di Dirac

L’equazione 1.3 nasconde dei drammi che hanno afflitto i fisici, ovvero am-mettono stati energetici negativi (ma, come si vede facilmente, essi sono

contemplati dall’equazione da cui siamo partiti) e, ancor piu gravemente,contempla stati con densita di probabilita negativa; quando invece sappiamoche per la teoria quantistica si deve avere∫

|ψ|2dr3 = 1

Chiaramente quest’ultima problematica non era in alcun modo tollerabile,non avendo alcun senso fisico. A Dirac si deve l’intuizione del fatto che taleanomalia sia figlia dell’ordine di derivazione nella variabile temporale. Dun-que Dirac impianta il suo lavoro con due obiettivi: costruire un’equazioneche sia lineare nella derivazione temporale e che sia invariante sotto trasfor-mazioni di Lorentz. Dalla nuova geometria spazio-temporale, Dirac capisceche necessariamente se l’equazione a cui pensava dovesse essere lineare nellavariabile p0 = E/c allora lo sarebbe dovuto anche essere nelle altre p1, p2, p3.Dirac quindi propone il seguente ansatz, considerando delle nuove variabilidinamiche che chiamo αi:

Eψ = (p0 + α1p1 + α2p2 + α3p3 + β)ψ = 0 (1.4)

Chiaramente quest’ultima equazione deve essere consistente con quella di

K-G recuperando la forma della relazione E2 = p2 +m2. E quindi esplicita-mente:

(−p20 + ~p2 +m2c2)ψ = 0 (1.5)

Dunque sviluppando i calcoli:

(−p0 + α1p1 + α2p2 + α3p3 + β)(p0 + α1p1 + α2p2 + α3p3 + β)ψ = 0

[−p20 +∑i

α2i p

2i +∑i,j

(αiαj +αjαi)pipj + β2 +∑i

(αiβ + βαi)pi]ψ = 0 (1.6)

Affinche la 1.6 sia consistente con la 1.5, considerando la totale arbitrarietadei possibili valori assumibili dalle pi, devono essere nulli i termini che accom-pagnano le derivate spaziali miste nonche gli altri coefficienti devono valere

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1. Si hanno dunque le seguenti condizioni:αµαν + αναµ = 0 con µ 6= ν

αrβ + βαr = 0

α2µ = β2 = 1

µ, ν = 1, 2, 3 (1.7)

A questo punto possiamo dedurre che queste nuove variabili αi sono propriodelle matrici per via delle regole di anticommutazione del prodotto a cui sia-mo giunti, nonche ci aspettiamo che tali matrici siano oltretutto hermitianeper avere autovalori reali. Analizziamo meglio le proprieta di tali matri-ci. Facendo leva sulla regola di anticommutazione trovata, consideriamo ilprodotto di determinanti:

det(αi)det(αj) = det(−1)det(αi)det(αj) = (−1)Ndet(αi)det(αj)

e dunque compatibilmente con la condizione α2µ = 1 , segue necessariamente

che N sia pari.Un’altra proprieta fondamentale di tali matrici e l’avere la traccia nulla,difatti da αi = −αjαiαj per i 6= j , si ottiene:

Tr(αi) = −Tr(αjαiαj) = −Tr(α2jαi) = −Tr(αi)

e dunque sfruttando ancora una volta la condizione α2µ = 1 si deve avere:

Tr(αi) = 0 per j = 1, 2, 3, 4

I candidati migliori per aderire a tali regole algebriche sono le matrici diPauli, matrici hermitiane ed a traccia nulla, gia usate dallo stesso Pauli perla descrizione teorica del momento angolare di spin.

σ1 =

(0 11 0

)σ2 =

(0 −ıı 0

)σ3 =

(1 00 −1

)Tuttavia le σi non sono ancora utili alla nostra causa. Notiamo infatti che lematrici di Pauli, in aggiunta alla matrice identita che possiamo denotare conσ0 = 1, costituiscono una base per lo spazio delle matrici 2 × 2 e pertanto

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ogni matrice appartenente a tale spazio si potra esprimere tramite una lorocombinazione lineare nel seguente modo:

A = a01 + akσk

Se cerchiamo una matrice che anticommuti con tutte le σ e ne sia indipenden-te, otteniamo che tale matrice dovrebbe avere a0 non nullo e significherebbeche dovrebbe anticommutare la matrice identita, cosa che non avviene mai.Dunque le soli matrici di Pauli non bastano ancora per aderire perfettamentealle nostre richieste. Il secondo tentativo utile e usando una rappresentazionematriciale per N=4 (dovendo essere solo valori pari e avendo scartato N=2).Senza dimostrarlo si puo verificare che invece sono perfettamente adatte allatrattazione le seguenti due:

αi =

(02 σiσi 02

)β =

(12 02

02 −12

)(1.8)

Queste quattro matrici verificano tutte le condizioni algebriche 1.7 e per que-sto ne costituiscono una rappresentazione, detta appunto rappresentazione diDirac. Sia chiaro che pero la rappresentazione ora fornita non e unica, infattiin generale le αi sono invarianti per trasformazioni unitarie. L’unitarieta efondamentale per preservare la proprieta basilare del sistema in esame, ovve-ro la densita di probabilita tramite i moduli. Volendo seguire pedantementel’articolo di Dirac, possiamo ripercorrere le sue tappe. Dirac prosegue con icalcoli con l’intento di esprimere, per ragioni di convenienza, le αi in terminidelle matrici di Pauli σ1, σ2, σ3 estendendole in modo diagonale per inserirealtre due righe e colonne e un altro set di matrici (che rispettano sempre

la stessa algebra) denotate da lui stesso con ρ1, ρ2, ρ3 che si puo facilmentevedere essere ottenute dalle σi. Per esplicito Dirac considera:

σ1 =

0 1 0 01 0 0 00 0 0 10 0 1 0

σ2 =

0 −ı 0 0ı 0 0 00 0 0 −ı0 ı 0 0

σ3 =

0 −ı 0 0ı 0 0 00 0 0 −ı0 ı 0 0

(1.9)

ρ1 =

0 0 1 00 0 0 11 0 0 00 1 0 0

ρ2 =

0 0 −ı 00 0 0 −ıı 0 0 00 ı 0 0

ρ3 =

1 0 0 00 1 0 00 0 −1 00 0 0 −1

(1.10)

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Le ρi sono state introdotte opportunamente per rispettare l’algebra richiesta.

ρ2r = 1 ρrρs + ρsρr = 0 ρrσt = σtρr con r 6= s

Dunque se ora poniamo:

α1 = ρ1σ1 α2 = ρ1σ2 α3 = ρ1σ3 α4 = ρ3 (1.11)

si vede facilmente che sono ancora una volta soddisfatte le condizioni 1.7.Sara utile ricordare che: {

ρ1ρ2 = ıρ3 = −ρ2ρ1σ1σ2 = ıσ3 = −σ2σ1

(1.12)

Ricordando l’equazione 1.4 da cui siamo partiti possiamo dunque concludereche l’equazione cercata con i prerequisiti chiesti sia della forma:

[p0 + ρ1(~σ, ~p) + ρ3mc]ψ = 0 (1.13)

dove ~σ = (σ1, σ2, σ3). Tuttavia la trattazione di Dirac non e ancora finitainfatti moltiplicando la 1.13 per ρ3 si ha:

[ρ3p0 + ρ3ρ1(~σ, ~p) + ρ23mc]ψ = 0

A questo punto facendo leva sulle 1.12 e facendo le seguenti posizioni:

p0 = ıp4 ρ3 = γ4 ρ2σr = γr r = 1, 2, 3 (1.14)

dove le γr sono dette matrici di Dirac dalle quali finalmente si arriva all’e-quazione di Dirac nella sua forma completa:(

ı~γµ∂

∂xµ−mc

)ψ = 0 (1.15)

o, in forma piu concisa e usando anche la notazione slash di Feynman(ı~/∂ −mc

)= 0 (1.16)

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1.3 Proprieta delle matrici di Dirac

Le matrici di Dirac continuano a rispettare l’algebra definita dalle 1.7, notacome algebra di Clifford, ovvero per esplicito:∑

j

[(γµ)ij(γν)jk + (γν)ij(γ

µ)jk] = 2ηµνδik (1.17)

Cionondimeno si puo dimostrare che le matrici γ concorrono a costituire unabase per la rappresentazione matriciale di una generica matrice M, 4×4. Unelemento generico di una tale matrice si puo esprimere come segue:

M ji = aδji + bµ(γµ)ji +

1

2cµν(ζ

µν)ji + dµ(ζµ)ji + e(γ5)ji (1.18)

dove gli elementi che compaiono sono dati da:

(ζµν)ji =1

2(γµγν − γνγµ)ji

(ζµ)ji = (γ5γµ)ji =∑l

(γ5)li(γµ)jl

dove ho indicatoγ5 = ı(γ0γ1γ2γ3)

A questo punto si vuole sottolineare il fatto che anche la rappresentazione diDirac non e l’unica possibile, infatti come per le αi possiamo definirne moltealtre tramite l’applicazione di una trasformazione unitaria. Sono particolar-mente note le rappresentazioni chirali e di Majorana.Nella rappresentazione di Majorana si ha

γµMajorana = UγµDiracU†

dove si e posto:

U =1√2

(12 −σ2−σ2 −12

)Mentre nella rappresentazione chirale si ha:

γµchirale = V γµDiracV†

dove si e posto:

V =1√2

(12 −1212 12

)10

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1.4 Prova della covarianza dell’equazione di

Dirac

A questo punto vogliamo dimostrare che l’equazione di Dirac e invariantesotto l’azione degli elementi del gruppo di Lorentz inomogeneo (gruppo di

Poincare); pertanto vogliamo dimostrare che nel passaggio da un sistema di

riferimento inerziale ad un altro, lo spinore di partenza ψ(x) si trasforma in

un altro spinore ψ′(x′) che risolve ugualmente l’equazione di Dirac ad essoassociata. Dunque applicando la piu generica trasformazione di coordinateavremo che la nostra equazione di partenza andra in una nuova equazionedella forma: (

ı~γµ∂

∂xµ−mc

)ψ′(x′) = 0

dove in generale le γµ non coincidono con le γµ che abbiamo discusso fino adora. Tuttavia abbiamo detto che tutte le matrici γ sono equivalenti a menodi una trasformazione unitaria, per cui possiamo comunque ricondurci allostudio di un’equazione siffatta, dove l’unica incognita da analizzare e il nuovospinore ψ′(x′): (

ı~γµ∂

∂xµ−mc

)ψ′(x′) = 0

Consideriamo a questo punto una generica trasformazione da un sistema diriferimento S ad un sistema S ′ in cui sia compresa sia una traslazione che unboost. Ricordiamo che per trasformazioni di Lorentz proprie si deve avereche detΛ = +1. Dunque consideriamo la trasformazione dello spinore chedipendera dai parametri della trasformazione lineare di Poincare Λ:

ψ′(x′) = S(Λ)ψ(x) (1.19)

Ricordando che una trasformazione di coordinate si esprime nella forma x′ =Λx si ottiene, andando a sostituire:

ψ′(x′) = ψ(Λx) = S(Λ)ψ(x) = S(Λ)ψ(Λ−1x′)

e viceversa si avra:

ψ(x) = S−1(Λ)ψ′(x′) = S−1(Λ)ψ′(Λx)

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ma poiche S e S ′ sono completamente arbitrari si puo anche prendere inconsiderazione il passaggio di coordinate inverso che dunque ci porta a

ψ(x) = S(Λ−1)ψ′(x′)

che confrontata con la 1.19 mi restituisce:

S(Λ−1) = S−1(Λ) (1.20)

Adesso analizziamo in dettaglio come si trasforma l’equazione di Dirac aseguito del passaggio di coordinate da un sistema di riferimento ad un altro:(

ı~γµ∂

∂xµ−mc

)ψ(x) =

(ı~γµ

∂xµ−mc

)S−1(Λ)ψ′(x′) = 0

e poiche S−1(Λ) non dipende dalle coordinate si puo scrivere:

ı~γµS−1(Λ)∂

∂xµψ′(x′)−mcS−1(Λ)ψ′(x′) = 0

moltiplicando a sinistra per S(Λ) si ha:

ı~S(Λ)γµS−1(Λ)∂

∂xµψ′(x′)−mcψ′(x′) = 0

A questo punto, ricordando le leggi di trasformazione

∂xµ=∂x′ν

∂xµ∂

∂x′ν= Λν

µ

∂x′ν

sostituendo si ha perviene alla seguente:(ı~S(Λ)γµS−1(Λ)Λν

µ

∂x′ν−mc

)ψ′(x′) (1.21)

Dunque affinche la 1.21 sia consistente con l’equazione di Dirac da cui siamopartiti deve sussistere:

S(Λ)γµS−1(Λ)Λνµ = γν

o, alternativamente:

Λνµγ

µ = S−1(Λ)γνS(Λ) (1.22)

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Ricordiamo sempre che le Λ devono conservare la metrica:

gµνΛµαΛν

β = gαβ ⇒ δνµ = ΛναΛα

µ

Le S(Λ) costituiscono un gruppo di Lie per cui possiamo costruire una tra-sformazione finita partendo da una trasformazione nell’intorno dell’unita.Dunque considero:

Λνµ = δνµ + ∆wνµ (1.23)

Dunque avremo:

δνµ = ΛναΛα

µ = (δνα + ∆wαν )(δαµ + ∆wαµ) = δναδαµ + δνα∆wαµ + δαµ∆wαν + ∆wαν∆wαµ

(1.24)Semplificando e trascurando i termini del secondo ordine si perviene a:

∆w νµ + ∆w ν

µ = 0⇒ ∆w νµ = −∆w ν

µ (1.25)

e, saturando gli indici di covarianza: ∆wµν = −∆wνµ e cio dimostra che iparametri infinitesimi della trasformazione sono antisimmetrici., dunque hosolo sei parametri indipendenti. Osserviamo per esplicito che solo i coefficienti

∆w0i = ∆β provocano boost infinitesimali nelle direzioni xi mentre i ∆wij =

−∆wij = ∆ψ generano rotazioni infinitesimali. Poiche stiamo supponendoche S(Λ) sia un gruppo di Lie possiamo fare uno sviluppo attorno all’unitafermandoci al primo ordine di approssimazione:

S(Λ) = 1− ı

4σµν∆w

µν (1.26)

e si ha anche che :

S(Λ)−1 = 1 +ı

4σµν∆w

µν (1.27)

dove le σµν sono matrici 4× 4 antisimmetriche per le quali si puo dimostrare

che vale anche: Tr(σµν) = 0. A questo punto possiamo riformulare l’eq. 1.22come segue:

(δνµ + ∆wνµ)γµ =(1 +

ı

4σαβ∆wαβ

)γµ(1− ı

4σαβ∆wαβ

)(1.28)

che semplificando e riarrangiando i termini porta a:

∆wνµγµ = − ı

4∆wαβ[γν , σαβ] (1.29)

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Adesso da questa espressione vogliamo fare una fattorizzazione in termini deicoefficienti indipendenti e per farlo servira antisimmetrizzare ponendo:

∆wνµ =1

2(gναgµβ − gνβgµα)∆wαβ

A questo punto inserendo quest’ultima espressione nella 1.29 otteniamo sem-plificando e facendo un’operazione di innalzamento di indici la seguenteespressione finale:

[γν , σαβ] = 2ı(gναγβ − gνβγα) (1.30)

A questo punto resta solo da trovare l’espressione delle matrici σ che soddi-sfino l’equazione appena scritta. Si puo altresı verificare che soddisfano la1.30 le seguenti:

σαβ =ı

2[γα, γβ] (1.31)

In questo modo abbiamo risolto il problema per trasformazioni infinitesime;qualora volessimo generalizzare il seguente risultato per trasformazioni finitebastera esponenziare l’algebra dei generatori del gruppo di Lie come segue:

S(Λ) = limN→∞

(1− ı

4σαβ

wαβ

N

)= e−

ı4σαβw

αβ

(1.32)

Con questo abbiamo dimostrato la covarianza dell’equazione di Dirac e tro-vato la matrice di trasformazione degli spinori.

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Capitolo 2

Equazione di Majorana

Il problema che persiste nella teoria di Dirac sono gli stati ad energia negativa.Dirac risolve il problema concettuale facendo leva sul principio di esclusio-ne di Pauli assumendo che tutti gli stati ad energia negativa, pur esistendo,debbano essere tutti occupati. In questo modo, non potendo occupare statigia completi, gli unici stati visibili sono quelli ad energia positiva. All’epocadella stesura del lavoro di Dirac ancora non si avevano riscontri sperimentalidi alcun genere circa l’esistenza delle antiparticelle e dunque la sua asser-zione destava dubbi e sospetti che si dovesse indagare verso altre direzioni.Majorana, proprio nel 1932, pochi mesi prima della scoperta del positrone,insoddisfatto dalla risoluzione di Dirac del problema, scrive un articolo in-titolato ”Teoria relativistica di particelle con momento intriseco arbitrario”nel quale il suo intento e quello di riformulare l’equazione d’onda di Diracin modo da evitare il problema delle energie negative ed avere un’equazionetotalmente arbitraria nelle variabili di spin la quale si riconduca all’equazionedi Schroedinger per moti lenti. L’equazione di Dirac all’epoca fu un elemen-to rivoluzionario e lo stesso Majorana apprezzo la potenza di uno spinore aquattro componenti; tuttavia l’intento di Majorana era quello di reinterpre-tare il significato fisico delle ultime due componenti che nella trattazione diDirac assumono il ruolo di quelle che oggi chiamiamo antiparticelle. In altreparole, lo spinore e un vettore di stato che descrive la singola particella ed eformato da quattro componenti; la rivelazione delle prime due non dipendedalla loro velocita, mentre le altre due diventano rilevanti quando assumonovelocita prossime a quella della luce. Majorana si propone dunque di scri-vere un’equazione valida per qualsiasi valore della velocita della particella inesame. Majorana nota che il ”problema” che si annidava nell’equazione di

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Dirac dovesse essere l’operatore β. Richiamiamo l’equazione di Dirac:[W

c+ (~α, ~p)− βmc

]ψ = 0 (2.1)

dove abbiamo indicato con W l’energia della particella e:

~α =

(02 ~σ~σ 02

)β =

(1 00 1

)(2.2)

Majorana osserva che dal momento che β deve trasformarsi come la com-ponente temporale di un quadrivettore non puo essere semplicemente unmultiplo dell’unita e deve avere due autovalori distinti che chiamiamo β1 eβ2. Segue dunque che l’energia di una particella a riposo puo assumere i due

valori W = β1mc2 , W = β2mc

2. Compatibilmente con la teoria di Diracsegue che questi due autovalori possono assumere i valori ±1. Cionondime-no la teoria di Dirac ha la forte restrizione di poter essere applicata solo

a particelle di spin s = 12. La soluzione proposta da Majorana prevede la

costruzione di una funzione d’onda che abbia infinite componenti che non sispezzino in tensori o spinori finiti. Cominciamo ad osservare che l’equazione2.1 puo essere ricavata dal seguente principio variazionale:

δ

∫ψ

[W

c+ (~α, ~p)− βmc

]ψdV dt = 0 (2.3)

Questa equazione deve essere valida per ogni particella con qualsivoglia va-lore di spin; segue quindi necessariamente che i simboli ~α non coincidono in

generale con le γ di Dirac, saranno uguali solo per il valore di spin s = 12.

Per rispettare la condizione di invarianza relativistica deve essere invariantela funzione integranda e in particolare deve esserlo la forma:

ψβψ (2.4)

Dalla nuova richiesta che gli autovalori di β siano tutti positivi deve risultareche anche la forma 2.4 sia definita positiva. Tramite una trasformazione nonunitaria posso passare dalla ψ di partenza ad un’altra funzione d’onda ϕ taleche:

ψβψ = ϕϕ (2.5)

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ovvero abbiamo cercato una rappresentazione di ψ in cui β = +1. Dunque,inserendo questa nuova funzione nel principio variazionale 2.1 si ottiene:

δ

∫ϕ

[γ0W

c+ (~γ, ~p)−mc

]ϕdV dt = 0 (2.6)

da cui segue che deve essere:[γ0W

c+ (~γ, ~p)−mc

]ϕdV dt = 0, (2.7)

dove i simboli γ0, γx, γy, γz denotano opportuni operatori hermitiani ottenuti

nel seguente modo:

γ0 = β−1 e ~γ = β−1 · ~α (2.8)

A questo punto determiniamo le leggi di trasformazione dello spinore ϕ e laforma delle γ che assicura l’invarianza relativistica alla nostra equazione.

2.1 Leggi di trasformazione degli spinori

Dalla condizione di invarianza della ϕϕ segue che dobbiamo considerare solotrasformazioni unitarie. Dunque iniziamo a considerare solo trasformazionidi Lorentz infinitesime date dalle seguenti matrici:

Sx =

0 0 0 00 0 0 00 0 0 −10 0 1 0

Sy =

0 0 0 00 0 0 10 0 0 00 −1 0 0

Sz =

0 0 0 00 0 −1 00 1 0 00 0 0 0

(2.9)

Tx =

0 1 0 01 0 0 00 0 0 00 0 0 0

Ty =

0 0 1 00 0 0 01 0 0 00 0 0 0

Tz =

0 0 0 10 0 0 00 0 0 01 0 0 0

(2.10)

Queste matrici rappresentano tutte le rotazioni e i boost infinitesimi delgruppo di Lorentz inomogeneo; tutti gli altri elementi del suddetto grupposi possono ottenere tramite combinazione opportuna di queste e per ottenere

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trasformazioni finite bastera integrare. A questo punto costruiamo i seguentioperatori: {

ax = ıSx; ay = ıSy; az = ıSz

bx = −ıTx; by = −ıTx; bz = −ıTz(2.11)

Dove gli operatori a e b devono essere hermitiani in una rappresentazioneunitaria e viceversa. Affinche sia assicurata l’integrabilita delle suddettetrasformazioni di Lorentz devono valere le seguenti:

[ax, ay] = ıaz

[bx, by] = −ıaz[ax, bx] = 0

[ax, ay] = ıbz

[bx, ay] = ıbz

ecc.

(2.12)

dove le altre condizioni si ottengono per permutazione ciclica dei pedici.Ognuna di queste rappresentazioni opera in uno spazio ad infinite dimensionii cui vettori unitari di distinguono con due numeri j ed m (che in generale

possono assumere valori interi o semidispari). Sottolineiamo che in generaleogni rappresentazione e contraddistinta da un certo numero reale Z. Usandolo spazio in cui variano i vettori di stato |j,m > Majorana ottiene quelliche sono chiamati gli elementi delle matrici infinite di indice zero; dove per”indice zero” si intende che e nulla la forma:

Z = axbx + ayby + azbz

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Majorana perviene ai seguenti elementi di matrice:

< j,m|ax − ıay|j,m+ 1 >=√

(j +m+ 1)(j −m)

< j,m|ax + ıay|j,m− 1 >=√

(j +m)(j −m+ 1)

< j,m|az|j,m >= m

< j,m|bx − ıby|j + 1,m+ 1 >= −12

√(j +m+ 1)(j +m+ 2)

< j,m|bx − ıby|j − 1,m+ 1 >= 12

√(j −m)(j −m− 1)

< j,m|bx + ıby|j + 1,m− 1 >= 12

√(j −m+ 1)(j −m− 2)

< j,m|bx − ıby|j − 1,m− 1 >= −12

√(j +m)(j +m− 1)

< j,m|bz|j + 1,m >= 12

√(j +m+ 1)(j −m+ 1)

< j,m|bz|j − 1,m >= 12

√(j +m)(j −m)

(2.13)

Si nota immediatamente che nelle formule 2.13, che rappresentano le formuledi transizione da uno stato quantico ad un altro tramite gli operatori primadefiniti e i rispettivi operatori di raising e lowering sono coinvolti solo trevolte gli operatori ai (che corrispondono alle rotazioni infinitesime) mentreben sei volte gli operatori bi e questo e dovuto al fatto che gli operatori aiagiscono solo sulle coordiante spaziali mentre gli operatori bi sulle coordinatespaziotemporali. Si rimarcano qui le seguenti formule:{

a2x + a2y + a2z = j(j + 1)

b2x + b2y + b2z = j(j + 1) + 34

(2.14)

{axbx + ayby + azbz = 0

b2x + b2y + b2z − (a2x + a2y + a2z) = 34

(2.15)

utili a Majorana per il calcolo delle matrici infinite. Difatti fissando i valoridi massa e di spin di una particella si potra calcolare sempre la propriamatrice di spin, partendo da una matrice J0 = s potremo costruire la matrice

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associata al numero quantico J1 = s + 1 e cosı via ottenendo una matricediagonale sulla quale sono riportate la sequenza di matrici:

J =

J0 0 0 . . .0 J1 0 . . .0 0 . . . . . .

Come detto precedentemente gli spinori infiniti si possono definire per qua-lunque valore di Z e possono essere ottenuti come segue. Consideriamo unatrasformazione relativistica e applichiamola ad una soluzione delle equazionidi Dirac :

ϕ(q, t)⇒ ϕ′(q, t)

allora la trasformazione nello spazio e unitaria, e se invece di funzioni arbi-trarie ϕ consideriamo solo quelle appartenenti ad un determinato valore z0dell’operatore Z, che hanno uno spettro continuo infinito, troviamo che lefunzioni si trasformano come spinori infiniti, ognuno di questi ottenendosiesattamente due volte. Gli operatori ai e bi assumono la forma:

ax =1

~(ypy − zpz) +

1

2σx (2.16)

bx =1

~xH

c+ı

2αx (2.17)

Le 2.16 e 2.17 sottolineano che le tre componenti dell’operatore a sono col-legate alle componenti spaziali del quadrivettore momento angolare, mentrele tre componenti dell’operatore b sono collegate alla componente temporaledello stesso quadrivettore.

2.2 Trasformazioni relativistiche delle γ

Per garantire l’invarianza relativistica di questi termini essi devono soddisfa-re le seguenti relazioni di commutazione che chiaramente sono molto similia quelle ottenute precedentemente essendo le γ legate in qualche modo al

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momento angolare totale:

[γ0, ax] = 0

[γ0, bx] = ıγx

[γx, ax] = 0

[γx, ay] = ıγz

[γx, az] = −ıγy[γx, bx] = ıγ0

[γx, by] = 0

[γz, bz] = 0

(2.18)

Dalle prime due segue che γ0 e una funzione di j:

γ0 = cj

e dalle seconde e le quinte:

[[γ0, bx], bx] = −γ0

ovvero:−γ0 = b2xγ0 − 2bxγ0bx + γ0b

2x

e considerando ad esempio bz si ha:

cj − 2cj+1 + cj+2 = 0

cj =1

2(j2 −m2 + 2j + 1)(cj+1−cj)−

1

2(j2 −m2)(cj − cj−1)

da cui a meno di un fattore costante si ha:

cj = j +1

2

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per cui arriviamo alle seguenti:

γ0 = j + 12

< j,m|γx − ıγy|j + 1,m+ 1 >= − ı2

√(j +m+ 1)(j +m+ 2)

< j,m|γx − ıγy|j − 1,m+ 1 >= − ı2

√(j −m)(j −m− 1)

< j,m|γx + ıγy|j + 1,m− 1 >= ı2

√(j −m+ 1)(j −m− 2)

< j,m|γx + ıγy|j − 1,m− 1 >= ı2

√(j +m)(j +m− 1)

< j,m|γz|j + 1,m >= ı2

√(j +m+ 1)(j −m+ 1)

< j,m|γz|j − 1,m >= − ı2

√(j +m)(j −m)

(2.19)

2.3 Conclusioni

Dal momento che avevamo:

γ0 = β† = β−1

e dunque:

β†β = β2 = 1

segue semplicemente che:

β =1

j + 12

1 (2.20)

In questo modo siamo finalmente in grado di riesprimere l’autofunzione dipartenza tramite la seguente formula che fornisce le componenti di unospinore una volta fissato il momento angolare:

ϕj,m =ψj,m√j + 1

2

(2.21)

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e poterci ricondurre nuovamente all’equazione 2.1 dove pero questa volta lecomponenti diverse da zero delle αi sono date da:

< j,m|αx − ıαy|j + 1,m+ 1 >= − ı2

√(j+m+1)(j+m+2)

(j+ 12)(j+ 3

2)

< j,m|αx − ıαy|j − 1,m+ 1 >= − ı2

√(j−m)(j−m−1)(j− 1

2)(j+ 1

2)

< j,m|αx + ıαy|j + 1,m− 1 >= ı2

√(j−m+1)(j−m−2)

(j+ 12)(j+ 3

2)

< j,m|αx + ıαy|j − 1,m− 1 >= ı2

√(j+m)(j+m−1)(j− 1

2)(j+ 1

2)

< j,m|αz|j + 1,m >= ı2

√(j+m+1)(j−m+1)

(j+ 12)(j+ 3

2)

< j,m|αz|j − 1,m >= − ı2

√(j+m)(j−m)

(j− 12)(j+ 1

2)

(2.22)

Dunque quando si ricercheranno soluzioni della nuova equazione, che chiamia-mo equazione di Majorana, corrispondenti a onde piane con massa positivasi troveranno tutte quelle che derivano per trasformazione relativistica dalleonde di momento nullo per le quali l’energia e data da:

W0 =mc2

j + 12

(2.23)

L’equazione di Majorana dunque descrive una sequenza di stati di spin jcrescente (intero o semidispari) con massa decrescente data dalla formula:

M =m

j + 12

Osserviamo a questo punto che oltre agli stati appartenenti a valori positividella massa, ne possono esistere altri in cui l’energia e legata al momento dauna relazione del tipo:

W = ±√c2p2 − k2c4

e tali stati, che oggi chiameremmo tachionici possono riguardarsi come ap-partenenti al valore immaginario della massa ık.

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Appendice A

Rappresentazioni infinitodimensionali del gruppo diLorentz

L’autore adesso vuole arrivare alla forma delle rappresentazioni infinito di-mensionali per il gruppo di Lorentz inomogeneo per chiarire i passaggi al-gebrici che compaiono nel capitolo 2 nella trattazione relativistica di EttoreMajorana. Si noti che in questa appendice si fara riferimento al testo di Naj-mark “Linear representation of the Lorentz group” e pertanto, per evitare er-rori di conversione si usera la stessa notazione del suddetto libro. Per evitareambiguita reintrodurremo tutti gli elementi in gioco. Iniziamo a considerareuna generica trasformazione di Lorentz. Ricordiamo che una trasformazionedi Lorentz e una trasformazione lineare delle variabili x1, x2, x3, t che lasciinvariata la forma quadratica :

x21 + x22 + x23 − c2t2 (A.1)

Da ora in poi per comodita porremo: x4 = ct. Dunque nel passaggio da unsistema di coordinate xi ad uno di coordinate x′i si ha:

x′i =4∑j=1

gijxj i = 1, 2, 3, 4

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dove abbiamo che diagg = (+1,+1,+1. − 1). Infatti, dovendosi conservarela A.1 si ha:

3∑i=1

( 4∑j=1

gijxj

)2−( 4∑j=1

g4jxj

)2=

3∑i=1

x2i − x24

Da cui, uguagliando membro a membro si deve avere:

3∑i=1

gijgik − g4jg4k =

0 se j 6= k

1 se j = k ≤ 3

−1 se j = k = 3

(A.2)

Con l’intenzione di costruire i generatori del gruppo proprio di Lorentz, cer-chiamo le matrici infinitesime del gruppo. Consideriamo, per esempio, unarotazione spaziale attorno all’asse x3, esprimibile come segue:

x′1 = x1 cos t− x2 sin t

x′2 = x1 sin t− x2 cos t

x′3 = x3

x′4 = x4

Dunque la matrice di questa trasformazione e la seguente:

a3(t) =

cos t − sin t 0 0sin t cos t 0 0

0 0 1 00 0 0 1

dalla quale sviluppando in serie si ottiene:

a3(t) = 1 + a3t+ . . .

dove abbiamo definito con a3 la matrice infinitesima di rotazione:

a3 =

0 −1 0 01 0 0 00 0 1 00 0 0 1

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Analogamente posso ottenere le matrici di trasformazione relative alle rota-zioni attorno agli assi x1 e x2 rispettivamente:

a1 =

0 0 0 00 0 −1 00 1 0 00 0 0 0

a2 =

0 0 1 00 0 0 0−1 0 0 00 0 0 0

Consideriamo adesso una trasformazione di Lorentz che coinvolga anche laquarta componente del quadrivettore. Per semplicita consideriamo il caso incui la trasformazione di Lorentz lasci invariati gli assi x2 e x3:

x′1 = g11x1 + g14x4

x′2 = x2

x′3 = x3

x′4 = g41x1 + g44x4

Proponiamoci dunque di determinare i coefficienti gij che compaiono nella

precedente trasformazione. Dalle equazioni di sopra possiamo subito dire chechiaramente si ha:

g22 = g33 = 1

nonche:g2i = gi2 = 0 tranne i = 2

g3i = gi3 = 0 tranne i = 3

Applicando adesso le condizioni A.2 ottengo che:g211 − g241 = 1

g214 − g244 = −1

g11g14 − g44g41 = 0

(A.3)

Dunque, dalla terza delle A.4 si ha

g44 = λg11 e g14 = λg41

pertanto, partendo dalla seconda relazione, svolgendo i calcoli e sfruttandoanche la prima delle condizioni A.4, si ottiene:

λ2g241 − λ2g211 = −1⇒ λ2 = 1⇒ λ = ±1

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ma poiche sappiamo che deve valere detg = 1 allora scarto λ = −1. A questopunto si effettua la seguente parametrizzazione:{

g11 = g44 = cosh t

g14 = g41 = sinh t(A.4)

e ricordando l’identita (cosh t)2 − (sinh t)2 = 1 si scopre che la matrice ditrasformazione in questione e:

b1(t) =

cosh t 0 0 sinh t

0 1 0 00 0 1 0

sinh t 0 0 cosh t

Analogamente a prima, sviluppando si ha:

b1(t) = 1 + b1t+ . . .

dove abbiamo definito con b1 la matrice infinitesima della trasformazione:

b1 =

0 0 0 10 0 0 00 0 0 01 0 0 0

Analogamente si costruiscono anche le matrici b2 e b3:

b2 =

0 0 0 00 0 0 10 0 0 00 1 0 0

b3 =

0 0 0 00 0 0 00 0 0 10 0 1 0

che corrispondono ai boost della trasformazione di Lorentz. Ad ogni rota-zione ai(t) e ad ogni boost bi(t) corrispondono degli operatori lineari Ai(t) e

Bi(t) che fungono da rappresentazione del gruppo di Lorentz inomogeneo eagiscono su uno spazio di Hilbert H.La determinazione delle rappresentazioni irriducibili del gruppo di Lorentz ebasata sul fatto che intercorrono semplici relazioni tra gli operatori Ai e Bi:

[A1, A2] = A3 [A2, A3] = A1 [A3, A1] = A2

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[B1, B2] = −A3 [B2, B3] = −A1 [B3, B1] = −A2

[A1, B1] = 0 [A2, B2] = 0 [A3, B3] = 0

[A1, B2] = B3 [A1, B3] = −B2 [A2, B3] = B1

[A2, B1] = −B3 [A3, B1] = B2 [A3, B2] = −B1

Per comodita considereremo delle particolari combinazioni di questi, ovverogli operatori di raising e lowering:

H+ = ıA1 − A2, H− = ıA1 + A2, (A.5)

F+ = ıB1 −B2, F− = ıB1 +B2, (A.6)

H3 = ıA3, F− = ıB3 (A.7)

i quali rispetteranno delle regole di commutazione analoghe. Facendo agi-

re i nostri nuovi operatori su vettori di un sottospazio invariante Mk dellospazio di Hilbert H, tramite applicazioni ripetute e opportune combinazionilineari si perviene alla forma esplicita dell’azione di tali operatori su questi

vettori che indicheremo con fkν . Per quanto concerne la determinazione de-gli operatori H+, H−, H3, che sono connessi con il gruppo delle rotazionitridimensionali, possiamo invocare il seguente teorema.

Teorema A.0.1. Ogni rappresentazione irriducibile finito dimensionale delgruppo delle rotazioni in tre dimensioni e univocamente determinata da unnumero intero o semi-dispari non negativo k. Lo spazio della rappresentazio-ne corrispondente a tale numero k ha la dimensione 2k + 1, mentre gli ope-ratori di tale rappresentazione H3, H+, H− sono dati relativamente alla basef−k . . . fk dalle seguenti relazioni: H3fν = νfν , H+fν = αν+1fν+1, H−fν =αfν−1, dove le αν sono cosı definite:

αν =√

(k + ν)(k − ν + 1)

Tramite procedure analoghe si perviene anche alla forma degli operatori F+,F−, F3, i quali pero dipenderanno a loro volta da altri elementi che dovrannoessere esaminati con attenzione. Dunque abbiamo:

F+fkν =

√(k − ν)(k − ν − 1)Ckf

k−1ν+1 −

√(k − ν)(k + ν + 1)Akf

kν+1

+√

(k + ν + 1)(k + ν + 2)Dk+1fk+1ν+1 (A.8)

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F−fkν = −

√(k + ν)(k + ν − 1)Ckf

k−1ν−1 −

√(k + ν)(k − ν + 1)Akf

kν−1

−√

(k − ν + 1)(k − ν + 2)Dk+1fk+1ν−1 (A.9)

F3fkν =

√(k − ν)(k + ν)Ckf

k−1ν − νAkfkν

−√

(k + ν + 1)(k − ν + 1)Dk+1fk+1ν (A.10)

Possiamo notare come in realta questi termini dipendono ancora da dei valoriche ho indicato con Ak, Ck, Dk. A seguito riporto le loro espressioni senzasoffermarmi sulla loro dimostrazione:

Ak =ıkoc

k(k + 1)(A.11)

Dk = Ck =ı

k

√(k2 − k20)(k2 − c2)

4k2 − 1(A.12)

L’argomento della radice puo essere scelto per qualsiasi valore di k, cionondi-meno ad ogni variazione dell’argomento si puo dimostrare che vi corrisponde

una moltiplicazione dell’elemento della base fkν per un numero di modulounitario. Notiamo oltretutto che compaiono due nuovi elementi k0 e c i qualipotranno assumere rispettivamente valori interi o semidispiari (per quanto

concerne k) e qualsiasi valore complesso (per quanto riguarda c). Chiamiamodunque R l’insieme di tutti i valori di k per i quali e non vuoto il k-esimosottospazio invariante. Sicuramente i numeri Ck saranno non nulli per ogni

c2 6= k2. Si puo altresı dimostrare che se R contiene un certo numero kallora potra sempre contenere il numero k+ 1; dunque R contiene gli infinitinumeri k0, k0 + 1, k0 + 2, . . . e cosı possiamo dedurre che per tutti i valori

(ko + n)2 6= c2, H e infinito dimensionale. A questo punto consideriamo l’in-

sieme delle possibili combinazioni lineari dei vettori fkν con ν = −k, . . . ,+kcon k = k0, k0 +1; k0 +2, . . . e denotiamolo con D′. Si puo dimostrare che D′e invariante rispetto all’azione di tutti gli operatori H+, H−, H3, F+, F−, F3.In considerazione della irriducibilita della rappresentazione data, si ha cheD′ deve essere denso in H e dunque deve valere che:

H = Mk0 ⊕Mk0+1 ⊕Mk0+2 ⊕ . . .

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con R = (k0, k0 + 1, . . . ). In sintesi, nel caso in cui si abbia c2 6= (k0 + n)2 larappresentazione si dice infinito - dimensionale Tramite un discorso del tutto

analogo, invece, si ha che per c2 = (k0 + n)2 la rappresentazione e finito -dimensionale e i possibili valori assumibili da ν e k saranno: ν = −k, . . . ,+ke k = k0, k0 + 1, . . . , k1; dove k1 e l’ultimo valore per il quale il termine Ck enon nullo.

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Appendice B

Gruppi di Lie

Quando gli elementi di un gruppo non sono numerabili e spesso utile disporredi una nozione di continuita. Un gruppo continuo a n parametri e un gruppoi cui elementi possono essere parametrizzati da n variabili reali e non piu din parametri. Denotiamo con n la dimensione del gruppo. Se indico con G =g(a) il gruppo ad n parametri con a = a1, a2, . . . an devono oltretutto valerele seguenti proprieta:

g(a)g(b) = g[φ(a, b)]

g−1(a) = g[ψ(a)]

dove φ e ψ sono due funzioni continue. Un gruppo si dice gruppo di Lie se talifunzioni sono analitiche. La suddetto definizione di gruppo di Lie apparivanei libri di testo fino agli anni ’70, ma poi si e gradualmente capito bastainsistere sul fatto che un gruppo di Lie e una varieta e che l’applicazione fagente su a1 e a2 sia di classe C∞, come segue:

Definizione B.1 (Gruppo di Lie). Un gruppo astratto G e un gruppo di Liese:(i) G e una varieta differenziabile

(ii) l’applicazione f(a1a2)⇒ a1a−12 e differenziabile

Se consideriamo una base del campo vettoriale tangente alla varieta differen-ziale Vn nell’unita, X1, X2, . . . Xn (detti detti generatori), avremo che ognivettore del campo, sara esprimibile come combinazione lineare della base:

A =n∑i

aiXi

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dove i generatori sono dati da:

Xk =n∑i=1

∂φ(a, b)

∂bk

∣∣∣∣b=0

∂aiconk = 1, 2, . . .

ed il commutatore tra i campi sara dato da:

[Xi, Xj] = CkijXk

da questa relazione posso definire quelle che sono le costanti di struttura Ckij,

le quali devono soddisfare le seguenti proprieta:

Ckij = −Ck

ji

CkijC

lkn + Ck

jnClki + Ck

niClkj = 0

tali costanti di struttura definiscono un’algebra di Lie sui generatori delgruppo di Lie. Data un’algebra di Lie e conveniente definire il tensore metrico

gij = gji = CkilC

ljk

che e nota come metrica di Killing e l’operatore C tale che:

C = gijXiXj

dove gij e il tensore metrico inverso e l’operatore C e detto operatore di Casi-mir il quale ha la proprieta di commutare con tutti i generatori dell’algebradi Lie. Il rango dell’algebra corrisponde al numero massimo di generatoricommutanti tra loro. Ricordiamo altresı che si definiscono gruppi isomorfi igruppi ai quali si puo associare la medesima algebra di Lie. Lo studio di ungruppo di Lie viene effettuato solo sulla componente connessa all’unita, inquanto si vuole descrivere il gruppo tramite curve continue e differenziabiliconnesse con l’unita.

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Bibliografia

[1] E. Majorana, Teoria relativistica di particelle con momento intrinseco

arbitrario, Il Nuovo Cimento, vol. 9 , pp.335-344 (1932).

[2] M. Najmark, Linear Representation of the Lorentz Group, Pergamon

Press, Inc., Oxford, (1964).

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