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Sanitanova Srl. Il Problema dolore: basi neurofisiopatologiche, epidemiologia, aspetti diagnostici e terapeutici Modulo 1 1 Epidemiologia del dolore Autore: Prof. Franco Marinangeli, direttore della scuola di Specializzazione in Anestesiologia e rianimazione, Università degli studi dell’Aquila Responsabili scientifici: Prof. Giustino Varrassi, Professore Ordinario di Anestesia e Rianimazione, Università degli studi dell’Aquilia Prof. Stefano Coaccioli, Docente in Medicina Interna, Università degli studi di Terni Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Evento accreditato il 5/3/2011; ID evento: 12-10596 Introduzione “Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva associata alla presenza di un danno tessutale in atto, potenzialmente in atto o descritto in tali termini dal paziente” (J. J. Bonica). Abbiamo tutti familiarità con l'esperienza del dolore come sintomo, un prezioso sistema di allarme che ci avvisa che un qualcosa di anomalo si sta producendo da qualche parte nel nostro organismo, un sistema che ci aiuta a individuare la minaccia al nostro ‘ben-esseree possibilmente a eliminarla. Sfortunatamente, il dolore non ha sempre questa connotazione utile. In particolare, il dolore cronico, che perdura per mesi o anni o per l'intera vita dell'individuo, può perdere la sua funzione protettiva, persistere molto al di là dell'effettiva rimozione del primitivo stimolo/danno che lo ha generato e divenire una malattiadi per sé. Il dolore intenso, che limita e impedisce i più comuni gesti di vita quotidiana, non riguarda solo i malati oncologici in fase avanzata di malattia, ma anche molte malattie croniche come l'artrite reumatoide, l'artrosi vertebrale, la nevralgia posterpetica e la fibromialgia, per citarne solo alcune. La lotta al dolore è un problema culturale, non solo medico, ed è una sfida prioritaria della medicina e della scienza. Il dolore nella storia La storia tramanda l’uso delle punture e delle scariche elettriche per la terapia dei dolori da artrite gottosa; si crede Figura 1 - Radice di mandragora

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Sanitanova Srl. Il Problema dolore: basi neurofisiopatologiche, epidemiologia, aspetti diagnostici e terapeutici – Modulo 1 1

Epidemiologia del dolore Autore: Prof. Franco Marinangeli, direttore della scuola di Specializzazione in Anestesiologia e rianimazione, Università degli studi dell’Aquila Responsabili scientifici: Prof. Giustino Varrassi, Professore Ordinario di Anestesia e Rianimazione, Università degli studi dell’Aquilia Prof. Stefano Coaccioli, Docente in Medicina Interna, Università degli studi di Terni

Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Evento accreditato il 5/3/2011; ID evento: 12-10596

Introduzione

“Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva associata alla presenza di un danno tessutale in atto, potenzialmente in atto o descritto in tali termini dal paziente” (J. J. Bonica). Abbiamo tutti familiarità con l'esperienza del dolore come sintomo, un prezioso sistema di allarme che ci avvisa che un qualcosa di anomalo si sta producendo da qualche parte nel nostro organismo, un sistema che ci aiuta a individuare la minaccia al nostro ‘ben-essere’ e possibilmente a eliminarla. Sfortunatamente, il dolore non ha sempre questa connotazione ‘utile’. In particolare, il dolore cronico, che perdura per mesi o anni o per l'intera vita dell'individuo, può perdere la sua funzione protettiva, persistere molto al di là dell'effettiva rimozione del primitivo stimolo/danno che lo ha generato e divenire una ‘malattia’ di per sé. Il dolore intenso, che limita e impedisce i più comuni gesti di vita quotidiana, non riguarda solo i malati oncologici in fase avanzata di malattia, ma anche molte malattie croniche come l'artrite reumatoide, l'artrosi vertebrale, la nevralgia posterpetica e la fibromialgia, per citarne solo alcune.

La lotta al dolore è un problema culturale, non solo medico, ed è una sfida prioritaria della medicina e della scienza.

Il dolore nella storia

La storia tramanda l’uso delle punture e delle scariche elettriche per la terapia dei dolori da artrite gottosa; si crede

Figura 1 - Radice di mandragora

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che proprio da “nàrke”, una specie di pesci le cui scariche elettriche davano stupore, sia derivata la parola narcotici (latino Narcoticus, greco ò). I paleontologi hanno raccolto chiare prove sull’uso della trapanazione del cranio a scopo terapeutico e antalgico. Le prime tracce di questa metodica risalgono al Mesolitico; il più antico esempio italiano (V millennio a.C.) è rappresentato dal cosiddetto “Cranio di Catignano”, risalente al Neolitico. Presso la civiltà egizia è molto diffuso e fiorente l’impiego di piante. In un papiro del 1700 a.C., ritrovato a Luxor da Ebers, si descrive l’uso di iosciamo (scopolamina), giusquiamo, papavero (sephen), Cannabis indica, senna (calmante dei dolori viscerali), coriandolo. Secondo credenze allora in uso, l’assunzione di queste erbe avrebbe allontanato le divinità del male e del dolore. Grande uso si faceva, inoltre, nell’antico Egitto della mandragora, che per il suo aspetto antropomorfico ha attirato su di sé leggende, credenze e superstizioni. La regina Nefertiti offre la pianta di mandragora al suo sposo sofferente di cefalee ricorrenti. Imhoter, capostipite dei medici egiziani (sumu), aveva a disposizione un vasto repertorio di erbe antidolorifiche. Viene ricordato per la sua saggezza. Questo suo pensiero potrebbe essere rapportato al dolore cronico: “favorevole è la malattia che so curare, dubbia è quella che combatto, sfavorevole è quella che non so trattare”. Questi medici-sacerdoti, in generale, credevano che il dolore fosse causato da un’influenza religiosa o da spiriti maligni che si trovavano all’interno del corpo. Presso gli antichi egizi si trovava la più grande varietà di medici specialisti, ma nessuno si dedicava al trattamento esclusivo del dolore. È noto, però, che essi curavano il dolore interno, quello che noi chiamiamo “dolore viscerale”, in maniera diversa da quello esterno o “dolore somatico”, trattandolo con una miscela di birra, ginepro e lievito da bere per quattro giorni (papiro di Hearst del 1550 a.C.). Il trattamento del dolore si basava spesso su quanto la natura metteva a disposizione dell’uomo, che altro non erano se non piante medicinali. Si potevano inoltre trovare anche dei veri e propri centri di terapia antalgica. Gli antichi veneti, tra l’XI e il X secolo a.C., avevano scoperto nell’area dei Colli Euganei l’esistenza di sorgenti calde. «Beati coloro che hanno nella propria terra il Dio Aponus; essi non temono né morbo né dolore e senza medicina recuperano per mezzo di queste Acque forza e salute» (Claudio Claudiano, poeta romano del V secolo a.C.). Pare che gli Euganei parlassero il greco; infatti, Aponus deriva dal greco Aponos = senza dolore-che toglie il dolore. La stessa cosa dicasi per l’isola Pithecusa, l’odierna Ischia, le cui acque e i cui fanghi alleviavano i dolori reumatici. Gli Etruschi erano famosi per la cura che ponevano verso le algie da carie dentaria: utilizzavano a questo scopo miscugli di bosso e aglio e infusi di salice. Il naturalista Teofrasto, nel terzo secolo a.C., utilizzava l’oppio, oltre che per trattare il dolore, anche per curare la dissenteria e per calmare la tosse. Non a caso la codeina, presente nell’oppio, è tutt’ora utilizzata come sedativo della tosse. Con l’oppio si calmavano anche i morsi della fame: un “panino” con i fiori di papavero, mangiato la sera, diminuiva il senso di fame e conciliava il sonno. Caio Plinio Secondo (naturalista, I secolo d.C.) distingueva l’oppio, che si ottiene dall’incisione della

capsula del papavero sonnifero, dal meconio, succo

Figura 2 - Lilium candidum

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che si ottiene dalle foglie bollite. Ippocrate, nel V secolo a.C., preparava sostanze con una base terapeutica di estratti di belladonna e di papavero. Sul Monte Soratte, i monaci preparavano farmaci dotati di potere ipnotico e sfruttavano gli effetti analgesici del Lilium candidum e del Colchicum autumnalis. Antonio Musa esaltava le proprietà ipnotiche della lattuga. Dei benefici della lattuga si continuerà a parlare nei secoli. Anche il francese Francois, nel XIX secolo, compose un lattucario, prendendo come esempio aureo la Lactuca saliva e lo denominò Tridace, richiamo al nome della pianta dato da Diocoride: Tridax agraria. Catone il Censore adoperava il mirto contro “i dolori laterali” e infusi di brassica, melograno, menta e vini di

ginepro contro la sciatica. Cornelio Celso preparava, per le odontalgie, i “riempitivi di buchi”, veri e propri impacchi a base di oppio, incenso, piretro, pepe e decotti di oppio, mandragora, giusquiamo, pestati nel vino, utili per la gestione del dolore durante la riduzione di fratture. Caio Plinio Secondo cita la potenza del morion (radice della mandragora) quale analgesico e ipnotico. Pedacio Discoride è il primo che differenzia le radici di mandragora in nera, femmina, e bianca, maschio. Dopo un periodo di lunga essiccatura, venivano utilizzate per fare un decotto con il vino, da cui si filtrava l’olio mandragorato, il quale, somministrato per clisma agli operandi, esplicava effetto narcotico. È il primo che usa il termine anaistesia in senso medico. Lucio Apuleio (126-180 d.C.) codifica l’impiego della mandragora per amputazioni, causticazioni e legature di arti: “se se ne beve una mezza oncia col vino, dormirà talmente da non avvertire dolore”. Galeno di Pergamo (138-201 d.C.) classifica i

narcotici in quelli di primo grado, come giusquiamo e mandragora, e quelli di secondo

grado, quali il papavero e l’oppio. A scopo analgesico si ricorre spesso all’uso del freddo. Oribasio (325-403), uno dei massimi medici bizantini, descrive l’esecuzione di una ureterotomia dopo ripetute applicazioni di pezze bagnate con acqua gelida. La medicina araba, con Avicenna, contribuisce in maniera significativa a sviscerare il problema dolore. Egli descrive quindici forme di dolore e propone svariati rimedi quali l’esercizio fisico, il calore, il massaggio, le applicazioni di acqua gelata e neve, l’uso di analgesici potenti, quali l’oppio e la mandragora, e di blandi, quali le bacche di ginepro, il piretro, la ruta, la maggiorana, il lauro, la camomilla, le rose, gli estratti di edera. Recitava un vecchio proverbio: “Per ogni tipo di dolore c’è sempre una pianta”. Tra queste si citavano: l’Herba angales (Anagallis arvensis): Discoride la utilizza mescolata al vino per togliere il dolore, il suo nome sta a significare serenità e felicità; l’Herba genziana: scoperta dal re dell’Illiria Gentus, veniva prescritta come “lenitivo ai dolori laterali” a coloro che cadevano dall’alto”; l’Herba tormentilla: la polvere veniva messa nell’uretra per calmare i dolori da priapismo; l’Herba grassella minutella: probabilmente la “portulaca”, che, unita ai semi di lino, si usava per togliere i dolori cervicali e le nevralgie; l’Herba rondella (malva silvestrina): veniva consigliata per i dolori di fegato e di milza; l’Herba Cristofanaria (erba benedetta): toglieva il mal di gola;

Figura 3 - Colchico

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l’Herba pionis (peonia o erba del sole): eliminava completamente la cefalea.

Antiche pratiche e trattamento del dolore “focale” L’agopuntura si avvale di 365 punti che sono distribuiti lungo 12 meridiani, dove si trovano i “principi attivi” che devono essere stimolati. Inizialmente i primi agopuntori cinesi usavano aghi acuminati fatti con il bambù, la silice, le ossa forgiate a punta; negli anni si passò agli aghi di bronzo, oro, argento e ferro per arrivare all’acciaio. La leggenda e la tradizione vogliono che questa tecnica sia stata introdotta dall’imperatore Shen-Nung o Mung e si riallaccia al fatto che un cacciatore ferito da una freccia abbia avvertito la scomparsa dei dolori di cui era affetto. I cinesi formularono il tragitto dell’energia in ciascun meridiano e descrissero un’esatta topografia dei fenomeni dolorosi. L’agopuntura è un esempio di paleomedicina presente ancora nella pratica attuale; questa dimostra da un lato la considerazione che i cinesi avevano del dolore e dall’altro la lotta dell’uomo verso qualcosa che lo perseguita da millenni. Un’altra pratica, non meno antica dell’agopuntura, è la moxibustione; essa consiste nel tenere vicino alla cute un sigaro acceso costituito da foglie essicate di artemisia. L’eritema reattivo che si forma ha effetto curativo e antalgico. Proprio in Mesopotamia, regione tra il Tigri e l’Eufrate, troviamo le prime teorie del “dolore riferito” e i primi tentativi di terapia antalgica focale: «i dolori alla schiena e alle gambe derivano dai denti: tu guarirai se ti estrarranno i denti». Si tramanda che gli Assiri applicassero la neve sul punto doloroso in quanto avevano un modo per trasportare e conservare la neve. Verosimile è che abbiano messo a contatto l’acido acetico, contenuto nell’aceto, con una pietra polverizzata a base di carbonato di calcio, liberando così anidride carbonica che ha poteri refrigeranti e quindi analgesici.

Dal Medioevo all’Ottocento Nel Medioevo la medicina vive in subordine alla medicina religiosa, è affidata ai monaci benedettini che trascrivono gli antichi testi greci e romani e si affidano per la cura del dolore alle varie erbe coltivate negli orti dei conventi. L’uomo, però, ricorre ancora alle fattucchiere, alle streghe, all’esorcismo e porta al collo amuleti e talismani. Nel X-XI secolo nascono le due grandi Scuole di Medicina: quella islamica e quella salernitana. Importante scoperta della Schola Medica Salernitana fu la spongia somnifera. Si trattava di una spugna di mare nella quale venivano fatti assorbire i succhi dell’oppio mescolati con la mandragora e il giusquiamo. Il tutto veniva fatto essiccare al sole. Al momento dell’uso veniva immersa nell’acqua e posta vicino alle narici dell’operando che, inspirandone i vapori, si addormentava. Per svegliare il paziente si posizionava succo di radici di finocchio in prossimità delle narici. Nell’Inghilterra del 1300 si faceva uso del Dwale, mistura di fiele di maiale, succo di cicuta, cucchiaiate di lattuga, di oppio, di henbane (lassativo) e di aceto sciolti nel vino. Questa mistura induceva un sonno della durata di tre giorni. Leonardo da Vinci (1452-1519) e Andrea Vesalio (1514-1564) riproposero il cervello come punto di arrivo di tutte

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le sensazioni. Sulla scia di questi scienziati si affermò Teofrasto Paracelso (1493-1541). Nel 1530, distillando in parti eguali alcool ed acido solforico, Paracelso ottiene l’olio di vetriolo dolce, chiamato in seguito etere. Lo sperimentò sulle galline e lo propose come analgesico. Nella terapia del dolore dominavano ancora il mondo botanico e l’oppio, definito dallo stesso Paracelso chiave dell’immortalità. Contemporanei di Paracelso proposero misture antidolorifiche: per lenire le ferite; consigliavano l’olio tiepido mescolato con albume e tuorlo, oppure olio di papavero o di mandragora, secondo l’entità dei dolori. Nel 1564 Paré, chirurgo francese che aveva iniziato la sua attività come barbiere-cerusico, propose la legatura degli arti a fini emostatici ma anche antalgici. Tale tecnica riduceva la sensibilità, facilitando l’amputazione dell’arto. Questa tecnica prese il posto della spongia somnifera e fu adottata fino alla scoperta della narcosi eterea. Sydenham, nel 1660, preparò il laudano (usato nelle algie intestinali, dissenteria, gotta, isteria), mescolando oppio con alcool. Gli studi sulla circolazione di Harvey, nel 1628, gettarono le basi per l’anestesia endovenosa. Infatti, nel:

1656 Boyle iniettò nelle giugulari di un cane tintura di oppio, provocando un sonno profondo;

1662 Major la iniettò nelle vene di un uomo;

1730 Frobenius, un chimico tedesco, preparò nuovamente l’etere e lo chiamò Spiritus senza accennare al suo possibile impiego narcotico;

1772 Priestley scoprì il protossido di azoto;

1799 Davy, un chimico autodidatta, lo sperimentò su di sé e lo chiamò gas esilarante, rilevandone l’effetto sia euforizzante sia analgesico.

Nell’Ottocento I primi cinquant’anni dell’Ottocento sono molto importanti per lo sviluppo della terapia antalgica:

1804 Sertürner isola la morfina dall’oppio e la sperimenta su sé stesso in dosi crescenti;

1807 Larrey propone la crio-analgesia;

1828 Leroux isola la salicina e scopre le proprietà antalgiche dell’acido acetilsalicilico;

1845-46 Wells e Morton, due dentisti, scoprono l’anestesia-analgesia inalatoria;

1893 Felix Hoffman, chimico della Bayer, riesce a produrre l’acido acetilsalicilico su scala industriale. È in grado di curare il padre affetto da reumatismi e propone la denominazione di Aspirina, tuttora esistente.

Nel 1885 viene ideata l’anestesia spinale, con l’iniezione di cocaina nello spazio sub-aracnoideo, metodica praticata dapprima nel cane e poi nell’uomo dallo statunitense J. Leonard Corning (1855-1923). Si inizia a concepire di trattare il tronco nervoso con sostanze che, agendo sulle fibre nervose, interrompono la trasmissione dello stimolo. Questa innovazione nella gestione del dolore sembra si possa far risalire a Pitres e Vaillard (1888), che avevano effettuato una iniezione di alcool per la nevralgia trigeminale.

Nel Novecento Saranno i primi decenni del XX secolo quelli che comunque rivoluzioneranno la terapia del dolore. Il giapponese Otojiro Kitagawa (1861-1922) introduce l’anestesia spinale e inietta per primo (1901) la eucaina (20 mg) e la morfina (10 mg) nello spazio sub-aracnoideo per il trattamento del mal di schiena da spondilolistesi. Nel 1912 W. G. Spiller e F. Martine eseguono la prima cordotomia chirurgica (analgesia che si instaura su tutto un emisoma con la conservazione della motilità, interrompendo quindi la conduzione spino-talamica derivante dalle radici posteriori) per alleviare i dolori neoplastici monolaterali. Max Kappis, nel 1918, propone il blocco dei nervi splancnici e successivamente, nel 1925, Felix Mandl esegue il blocco del simpatico per via transtoracica; entrambe le tecniche vengono proposte per combattere le algie da carcinoma pancreatico. Achille Mario Dogliotti (1897-1966) propone l’iniezione nello spazio sub-aracnoideo di alcool puro e, giocando sulla posizione da far assumere al paziente sul tavolo operatorio, arrivava a “bagnare” le radici

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nervose posteriori del tronco spinale che sono responsabili del dolore. Si ottiene così una rizotomia chimica dei nervi che si dipartono dalla zona dolente (1931). È merito dell’italo-americano J. J. Bonica (1917-1994) se viene impressa una svolta decisiva alla terapia antalgica. Grazie a Bonica, un vero maestro della medicina del dolore e autore del primo grande vero e proprio trattato sul dolore, ‘The Management of Pain’, considerato la bibbia del dolore, il blocco nervoso diventa il primo moderno metodo di terapia antalgica, determinando uno stato di analgesia senza compromettere la psiche. Nel 1960 T. H. Maiman introduce in clinica il laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation). Il laser determina un’analgesia grazie alla diretta azione della luce laser che favorisce un aumento della temperatura della zona sottostante. Nel 1967, seguendo la teoria del cancello ideata da Roland Melzack e Patrick D. Wall (1965), come pure le indicazioni di P. H. Sweet e dello stesso P. D. Wall (1967), viene introdotta l’elettrostimolazione transcutanea nel trattamento del dolore. La teoria del gate control, o del “cancello”, per cui

Melzack e Wall ebbero il premio Nobel, dava una spiegazione logica a quanto si era sperimentato nei secoli precedenti. In particolare, essa supportava l’idea che l’attivazione delle fibre di più grande diametro, con sistemi elettrici o semplicemente con il tatto, aveva la capacità di inibire le fibre del dolore, di più piccolo diametro (il massaggio ne è un esempio). Sempre nel 1967, Norman C. Shealy, J.T. Mortimer e J. Reswik (1967) introducevano gli elettrodi nello spazio peridurale posteriore, in contatto con la dura madre, dapprima con una piccola laminectomia e successivamente per via transcutanea; si dà così inizio alla stimolazione midollare, la Spinal Cord Stimulation, indicata in particolare nell’ischemia critica degli arti. Nel 1978, La Tremoliére propone la somministrazione di morfina per via sub-aracnoidea nel paziente con dolore da cancro. La notevole riduzione del dosaggio (un ventesimo di quello somministrato per via parenterale), cui fa seguito la riduzione degli effetti collaterali, ne ha favorito la larga diffusione. Si è passati così agli impianti sottocutanei di pompe collegate tramite

un catetere sia con lo spazio sub-aracnoideo sia con quello intraventricolare cerebrale.

Le tecniche non convenzionali nel XX secolo L’agopuntura, di tradizione millenaria in oriente, viene ormai largamente utilizzata anche nei paesi occidentali. L’omeopatia applica il principio secondo cui la causa della malattia e il rimedio per guarirla sono della stessa natura (similia similibus curentur). La pranoterapia è ‘l’energia radiante o fluido vitale’ emesso dalle mani del terapeuta per curare le patologie. La fitoterapia è la terapia attraverso le erbe medicinali. La chiroterapia è una tecnica di manipolazione vertebrale sviluppatasi agli inizi del ‘900 negli Stati Uniti. La mesoterapia è una tecnica di microiniezioni sottocutanee locali. La magnetoterapia utilizza gli effetti biologici stimolati dall’applicazione di campi magnetici. La laserterapia medica, non chirurgica, si avvale in modo non invasivo delle proprietà terapeutiche della luce laser.

Figura 4 – John J. Bonica

Figura 5 - impianto sottocutaneo di una pompa

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L’epidemiologia del dolore

Dopo questo breve excursus storico, affrontiamo ora l’argomento dell’epidemiologia, che offre una dimensione ‘quantitativa’ alla trattazione. Di fondamentale importanza per la valutazione epidemiologica è stato lo studio Pain in Europe1, studio condotto in 16 paesi europei e Israele (vedi Figura 6). Questa è la più numerosa indagine mai fatta sul dolore cronico. I dati di prevalenza sono infatti estratti da oltre 46.000 interviste; quelli più approfonditi, da circa 5.000 interviste. Gli obiettivi dello studio erano:

stimare la prevalenza del dolore cronico in Europa, capire e quantificare le cause di dolore cronico, esplorare gli aspetti demografici dei sofferenti, esplorare l’impatto sulla qualità di vita dei sofferenti, capire il trattamento in corso ed il livello di soddisfazione, esplorare l’atteggiamento dei sofferenti nei confronti dell’esperienza dolore.

Il metodo utilizzato era: CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing), telefonate casuali, Questionario iniziale (circa 2.900 per Paese, fino a ottenere almeno 300 questionari dettagliati), Determinare la prevalenza del dolore cronico per Paese, Questionario dettagliato (circa 300 per Paese), Criteri di inclusione

o Adulti (età superiore a 18 anni) o Con dolore cronico da almeno 6 mesi o Hanno dolore almeno molte volte a settimana o Intensità del dolore >5/10

Figura 6 – Paesi studiati e numero di telefonate in ogni Paese

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Dallo studio Pain in Europe si ricava che il dolore affligge circa 1/5 della popolazione adulta in Europa (75 milioni di persone, pari al 19%) (vedi Figura 7). La maggior prevalenza si ha in Norvegia, Polonia e Italia (maggiore di uno su quattro). La più bassa è in Spagna ma sempre maggiore di uno su dieci (12%) Un terzo di tutte le famiglie Europee lamenta almeno un caso di dolore cronico I risultati più impressionanti dimostrano l’impatto devastante del dolore cronico.

Figura 7 – Prevalenza del dolore cronico per paese.

La situazione italiana In particolare, per quanto riguarda l’Italia, si ricava che :

un italiano su quattro (26%) soffre di dolore cronico; il 58% delle persone sofferenti erano donne; la prevalenza regionale:

o Nord Ovest 27.7% o Nord Est 20.9% o Nord/Centro 32.2% o Sud/Centro 24.1% o Sud 21.7%

Per quanto riguarda la durata del dolore, dai dati riportati in Figura 82 risulta che:

in media, i sofferenti sono vissuti con il dolore cronico per 7,7 anni; quasi un quinto è vissuto con il dolore per oltre 20 anni.

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Figura 8 - Durata del dolore riferita dai sofferenti di dolore cronico – Italia – (n=300) Gli intervistatori hanno inoltre valutato lo stato d’animo dei dichiaranti in funzione del loro dolore. I dati sono raccolti in Figura 93.

Figura 9 – Stato d’animo dei dichiaranti rispetto al dolore

2

5

27

20 22

7

17

0

5

10

15

20

25

30

6 Months to <1 Year

1 to <2 Years

2 to <5 Years

5 to <10 Years

10 to <15 Years

15 to <20 Years

20 Years or More

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90

I feel tired all the time

My pain is just part of my medical condition

My pain keeps me from thinking or concentrating clearly

I feel much older than I really am

I cannot remember what it feels like not to be in pain

I am in too much pain to take care of myself and other people

Being in pain makes me feel helpless

I cannot function normally

I feel alone with my pain

Some days the pain is so bad, I want to die

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Un quarto dei pazienti dello studio ha dichiarato che il dolore ha influito sulla loro vita professionale e sul piano emotivo. La Figura 104 riporta i dati italiani. Figura 10 – Influenza del dolore sulla vita lavorativa ed emotiva

Le cause del dolore Le cause più frequenti del dolore cronico riportate nello studio sono l’artrite e l’osteoartrite (34%), mentre la localizzazione più frequente è il low back pain (vedi Figura 115). Figura 11 – Cause più comuni di dolore riportare da pazienti affetti da dolore cronico (n=4.292) I dati relativi all’intensità del dolore sono riportati in Figura 12; da notare che un terzo degli intervistati dichiara di aver avuto nell’ultimo attacco un dolore così grave da non poter pensare di riuscire a tollerarne un possibile aumento.

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28

20 22

0

5

10

15

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25

30

Lavoro Perso Cambio di Responsabilità al

Lavoro

Cambio di Lavoro

Diagnosticata Depressione

34

15

12

8

7

6

4

4

4

3

0 5 10 15 20 25 30 35 40

Arthritis/osteoarthritis

Herniated/deteriorating discs

Traumatic injury

Rheumatoid arthritis

Migraine headaches

Fracture/deterioration of spine

Nerve Damage

Cartilage Damage

Whiplash

Surgery

31% 47% 18% 4%

0% 100%

My pain was so severe, I could not tolerate any more

I could tolerate a little more pain

I could tolerate somewhat more pain

I could tolerate a lot more pain

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Sanitanova Srl. Il Problema dolore: basi neurofisiopatologiche, epidemiologia, aspetti diagnostici e terapeutici – Modulo 1 11

Figura 12 – Livelli di tolleranza per un aggravamento del dolore (n=4,785) Se i pazienti italiani (n = 294) presentano nel 76% dei casi dolore da movimento, l’analgesia è considerata adeguata solo dal 53% dei pazienti (n = 96) o, ribaltando il punto di vista, il 47% dei pazienti considera l’analgesia inadeguata. L’opinione dei pazienti sul trattamento è riportata nel grafico di Figura 136. Figura 13 – Opinione dei pazienti sul trattamento del dolore

I farmaci Per quanto riguarda l’assunzione dei farmaci, i pazienti cronici che riferiscono un qualsiasi trattamento in corso per il dolore in Italia (n=299) dichiarano nel 58% dei casi di non curarsi, contro un 42% che dichiara di curarsi. I farmaci prescritti per trattare il dolore sono iniziati ma poi interrotti nel 55% dei pazienti, mai iniziati nel 22% dei casi e solo il 23% dei pazienti dichiara di effettuare il trattamento al momento dell’indagine. Per quanto riguarda le classi di farmaci utilizzati, esse sono riassunte nel grafico di Figura 14.

31% 47% 18% 4%

0% 100%

My pain was so severe, I could not tolerate any more

I could tolerate a little more pain

I could tolerate somewhat more pain

I could tolerate a lot more pain

0 10 20 30 40 50 60 70

I worry about the side effects of pain medicine

I would rather take medication for my illness than my pain

I am always willing to try a new treatment for pain

I am afraid of being addicted to pain medicine

I would spend all my money on pain treatment if I knew it would work

My pain is not severe enough to take pain medicine

I am taking so many medicines, I do not want to take pain medicine too

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Figura 14 - Classi di analgesici prescritti normalmente in uso in Italia (Dati ottenuti dalle interviste; n=90) La differenza di consumo dei farmaci nei vari paesi è riassunta nella Tabella 1. Weighted

Total

UK

(n=300)

France

(n=300)

Germany

(n=302)

Italy

(n=300)

Spain

(n=301)

Poland

(n=300)

Sweden

(n=300)

Norway

(n=304)

Denmark

(n=303)

NSAIDs 44% 23% 25% 54% 68% 49% 71% 27% 24% 38%

Weak

Opioids

23% 50% 19% 20% 9% 13% 28% 36% 50% 8%

Paraceta-

mol

18% 38% 38% 2% 6% 8% 8% 26% 45% 0%

COX-2

Inhibitors

6% 3% 6% 8% 7% 2% 1% 7% 11% 8%

Strong

Opioids

5% 12% 4% 4% 0% 1% 4% 3% 6% 11%

Degna di nota è inoltre la valutazione del consumo di morfina nei vari paesi europei; i dati sono riassunti nella figura 15.

68%

9% 6% 7% 0%

4% 3% 6% 0% 0%

5% 0%

0%

100%

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Figura 15 – Consumo di morfina procapite nei principali paesi europei (dati 2003) Lo scarso numero di pazienti trattati con morfina si ripercuote sull’utilizzo dei farmaci antinfiammatori non steroidei, che risulta proporzionalmente superiore a quello dei principali paesi europei (vedi Figura 16).

Figura 16 – Consumo percentuale di farmaci antinfiammatori non steroidei, oppioidi deboli e oppiodi forti nei principali paesi europei Nell’ambito dei medicinali da banco, gli italiani dichiarano di consumare antinfiammatori non steroidei nel 79% dei casi; solo il 3% dichiara di utilizzare paracetamolo e una cifra analoga oppioidi deboli.

0

20

40

60

80

100

120

Euro

pe A

vera

ge

Austr

ia

Denm

ark

Fin

lan

d

Fra

nce

Germ

an

y

Ire

land

Ita

ly

Neth

erl

ands

Spain

Sw

ed

en

Sw

itzerl

an

d

United

Kin

gdom

34

114

78

5

38

25

14 4

15 10

33 29

44

Mil

lig

ram

mi

Paese

Milligrammi di Morfina pro capite: 2003

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Euro

pe

UK

(n=300)

Fra

nce

(n=300)

Germ

any

(n=302)

Italy

(n=300)

Spain

(n=301)

Pola

nd

(n=300)

Sw

eden

(n=300)

Norw

ay

(n=304)

Denm

ark

(n=303)

NSAIDs/COX-2 Weak Opioids Strong Opioids

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Sanitanova Srl. Il Problema dolore: basi neurofisiopatologiche, epidemiologia, aspetti diagnostici e terapeutici – Modulo 1 14

Bibliografia 1. Breivik H, Collett B, Ventafridda V, Cohen R, Gallacher D. Survey of chronic pain in Europe:

prevalence, impact on daily life, and treatment. Eur J Pain. 2006 May;10(4):287-333. Epub 2005 Aug 10.

2. SQ6. For how long have you suffered from pain due to your illness or medical condition? Higher=Agree more strongly with the statement. Source: Q37. Now we would like to understand how pain affects your life. I am going to read a list of statements that could be used to describe how people who are experiencing pain think and feel about it. For each statement I read, please think about yourself and your own pain and tell me how much you agree or disagree with each statement using a 5-point scale where 1=Disagree Completely, 2=Disagree Somewhat, 3=Neither Agree nor Disagree, 4=Agree Somewhat, and 5=Agree Completely. (Read list)

3. Q6a. Have any of the following ever happened as a result of your pain…? (Read list) Q6b. Have you ever been diagnosed with depression by a medical doctor as a result of your pain?

4. SQ11. Where is your pain located? SQ12. Please tell me the illness or medical condition that is the cause of your pain. Q1. Is your pain caused by…? * Higher=Agree more strongly with the statement. Q37. Now we would like to understand how pain affects your life. I am going to read a list of statements that could be used to describe how people who are experiencing pain think and feel about it. For each statement I read, please think about yourself and your own pain and tell me how much you agree or disagree with each statement using a 5-point scale where 1=Disagree Completely, 2=Disagree Somewhat, 3=Neither Agree nor Disagree, 4=Agree Somewhat, and 5=Agree Completely. (Read list)

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Questionario ECM

1) Chi è considerato il padre della moderna terapia antalgica? a) Bonica b) Leroux c) Hoffman d) La Tremoliére

2) L’utilizzo delle piante medicinali nella terapia medica è dimostrato:

a) solo in epoca recente b) dall’epoca medioevale c) dall’antico Egitto d) dalla preistoria

3) Per curare il dolore si utilizzano le seguenti terapie:

a) solo terapie farmacologiche b) solo terapie non convenzionali (agopuntura, pranoterapia,…) c) terapie farmacologiche e non convenzionali d) non esiste possibilità di curare il dolore

4) Il dolore affligge cronicamente quale percentuale di pazienti adulti in Europa?

a) circa il 5% b) circa il 10% c) circa il 20% d) circa il 40%

5) Gli obiettivi dello studio “Pain in Europe” erano?

a) stimare la prevalenza del dolore cronico in Europa b) capire e quantificare le cause di dolore cronico c) esplorare l’impatto sulla qualità della vita dei sofferenti d) tutte le risposte indicate

6) L’incidenza del dolore cronico ricavata dallo studio “Pain in Europe” risultava:

a) identica in tutti i paesi europei coinvolti nello studio b) mai inferiore all’11% c) molto simile (deviazione inferiore ai 3 punti percentuali) tra i vari paesi d) molto variabile da paese a paese (da meno del 5% a oltre il 50% di persone sofferenti)

7) La durata del dolore cronico

a) è normalmente inferiore a due anni b) raramente supera i 10 anni c) in quasi un quinto dei pazienti supera i 20 anni d) nel 25% complessivo supera i 10 anni

8) Le principali cause di dolore cronico sono:

a) artrite/osteoartrite b) degenerazioni/ernie del disco c) traumi d) tutte le risposte

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9) I pazienti italiani giudicano:

a) sempre adeguato il trattamento analgesico b) sempre inadeguato il trattamento analgesico c) circa la metà dei pazienti giudica adeguato il trattamento, l’altra metà no d) non è possibile considerare il giudizio dei pazienti sul controllo del dolore

10) I pazienti hanno timore:

a) degli effetti indesiderati delle terapie antidolorifiche b) dell’eccessiva quantità di medicine assunte c) di assuefarsi alle terapie antidolorifiche d) tutte le risposte indicate

11) I farmaci prescritti per trattare il dolore sono più spesso:

a) iniziati ed interrotti b) mai iniziati c) assunti regolarmente (terapia in corso) d) nessuna delle risposte indicate

12) A livello europeo, quale percentuale di utilizzo hanno le varie classi di farmaci analgesici?

a) uguale b) non molto diversa c) sono sempre poco usati gli oppioidi potenti d) gli antinfiammatori non steroidei hanno percentuali di utilizzo molto diverse