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Il Laboratorio di Musica Elettronica Enrico Cosimi 1 Enrico Cosimi La Tecnologia Necessaria. Assemblare un laboratorio di Musica Elettronica La Musica Elettronica è un’arte costosa, che richiede mezzi significativi e costantemente suscettibili di aggiornamenti. Ciononostante, con un minimo di sforzo è possibile configurare una struttura hardware/software sufficientemente versatile da garantire il giusto grado di prestazioni, affidabilità e flessibilità operativa. Possibili direzioni Negli ultimi dieci anni, il concetto di Musica Elettronica è andato progressivamente espandendosi, inglobando – nell’immaginario collettivo – praticamente tutte le attività di produzione musicale che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con strumenti elettronici. Questo significa che, a differenza del passato, diversi possibili campi applicativi sono via via confluiti nel più generale filone espressivo multimediale, che vede la contaminata e contaminante coesistenza di Audio, Video, Editing, Live Electronics (termine quest’ultimo che ha perso gran parte del suo significato originale), interazione su Playback, Programming e Performance. Perché un laboratorio di Musica Elettronica E’ necessario, per prima cosa, decidere cosa si vuole fare, ovvero quale aspetto della questione si intende – quantomeno – privilegiare rispetto agli altri:

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Il Laboratorio di Musica Elettronica

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Enrico Cosimi La Tecnologia Necessaria.

Assemblare un laboratorio di Musica Elettronica

La Musica Elettronica è un’arte costosa, che richiede mezzi significativi e costantemente suscettibili di aggiornamenti. Ciononostante, con un minimo di sforzo è possibile configurare una struttura hardware/software sufficientemente versatile da garantire il giusto grado di prestazioni, affidabilità e flessibilità operativa. Possibili direzioni Negli ultimi dieci anni, il concetto di Musica Elettronica è andato progressivamente espandendosi, inglobando – nell’immaginario collettivo – praticamente tutte le attività di produzione musicale che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con strumenti elettronici. Questo significa che, a differenza del passato, diversi possibili campi applicativi sono via via confluiti nel più generale filone espressivo multimediale, che vede la contaminata e contaminante coesistenza di Audio, Video, Editing, Live Electronics (termine quest’ultimo che ha perso gran parte del suo significato originale), interazione su Playback, Programming e Performance. Perché un laboratorio di Musica Elettronica E’ necessario, per prima cosa, decidere cosa si vuole fare, ovvero quale aspetto della questione si intende – quantomeno – privilegiare rispetto agli altri:

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• Sound Design; progettazione di timbriche originali, programmazione sonora, approfondimento delle tecniche di sintesi, scrittura di nuovi algoritmi di elaborazione sonora.

• Sound Editing; intervento creativo su materiale audio pre acquisito, tanto nel dominio analogico che in quello digitale. Utilizzo del medesimo materiale in contesti espressivi diversi da quelli originali.

• Composizione; organizzazione delle proprie idee musicali in strutture di senso compiuto che, a prescindere dall’appartenenza o meno ad un linguaggio formalmente classico, possano essere catturate, organizzate, documentate e successivamente riprodotte in ascolto.

• Orchestrazione ed Arrangiamento; un perfezionamento del precedente aspetto, la possibilità di sfruttare in maniera positiva le potenzialità di ri-esecuzione simultanea.

• Live Electronics; la progettazione di strutture esecutive adeguatamente configurate per l’esecuzione dal vivo, con o senza intervento di esecutori “umani”.

• Performance in senso più ampio del termine; dai rave elettronici ai concerti tradizionali, con tutte le possibili vie di mezzo.

• Installazioni; la costruzione di ambienti sonori che offrano una continua evoluzione timbrico-compositiva in base alle caratteristiche peculiari della struttura ospitante e dalla presenza/fruizione da parte di un pubblico.

L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma possiamo fermarci qui. In tutti questi possibili campi applicativi è sempre presente una fase preliminare che, lontano dagli occhi del pubblico, concentra al suo interno le lavorazioni, la ricerca, le fasi di apprendimento, la conquista della consapevolezza tecnica ed artistica necessaria alla produzione del mezzo espressivo desiderato. La struttura deputata allo svolgimento di queste fasi preliminari è, da sempre, il laboratorio di Musica Elettronica. Utopia e realtà Nel migliore dei mondi possibili, non ci dovrebbero essere limiti alle possibilità tecniche, economiche, artistiche richieste da tutti noi; nella realtà di tutti i giorni è invece obbligatorio fare i conti con una lunga serie di compromessi fin troppo facilmente identificabili. L’assemblaggio di una struttura adatta alla Musica Elettronica non può prescindere da un minimo investimento iniziale che, per nostra fortuna, viene costantemente ridimensionato dal progresso tecnologico applicato al mondo digitale. A differenza di quanto avveniva anche solo dieci anni orsono, è oggi possibile concentrare un potenziale operativo non indifferente all’interno di un buon desktop computer, pochi programmi ed un minimo di dotazione hardware addizionale. In antico… Il laboratorio di Musica Elettronica era una struttura costosa da mantenere, di accesso limitato a poche persone, letteralmente gremito di apparecchiature hardware e/o in casi minori di grossi computer. Si osservino le illustrazioni seguenti, che riproducono l’evoluzione nel tempo degli Electronic Music Studios di Peter Zinovieff (Londra 1968-1972).

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La figura seguente mostra il computer PDP-8, utilizzato per pilotare un grosso banco di filtri sviluppato da EMS, il Synthi 100 modulare, lo Spectron Video Synthesizer.

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Si paragoni con l’immagine seguente, databile alla fine degli anni ’90 e si faccia caso alla sensibile diminuzione dell’hardware a disposizione del musicista.

Si confronti, in epoche ancora più recenti, l’attuale dotazione di un’aula dedicata alla Computer Music, con diciotto postazioni IMac ed altrettante periferiche per l’inserimento dei dati MIDI.

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La struttura La cosa più difficile da realizzare è la coniugazione tra le esigenze didattiche e quelle compositive o di ricerca: il numero simultaneo degli utenti che la struttura deve ospitare è in grado di fare la differenza. In ogni caso, perlomeno per i primi tempi, si possono concentrare le risorse su un’unica postazione ben dotata ed utilizzabile a rotazione. Di seguito, vengono forniti una serie di suggerimenti si spera utili all’identificazione del materiale necessario: COMPUTER E’ necessario scegliere tra portatile o portabile (il secondo termine indica un qualsiasi computer che, pur non essendo progettato per lo spostamento “a tracolla”, può comunque essere trasferito da un’ambiente all’altro con un minimo di sforzo e di riconfigurazione fisica. Il computer portatile, a fronte di una fruibilità differenziabile (dallo studio alla sala da concerto), richiede un investimento che – a parità di prestazioni – è spesso superiore a quello richiesto per una versione da tavolo. La miniaturizzazione dei componenti fa lievitare sensibilmente i costi e, se non è prevista la doppia utilizzazione in studio/dal vivo, può essere più saggio concentrare le risorse economiche su un più performante apparecchio da tavolo. Altro punto debole del portatile è la minor espandibilità in termini di memoria RAM e di possibili slot per schede esterne: tutta la connettività viene concentrata sulle porte USB o FireWire, limitando di fatto l’impiego di hardware terze parti più economico. Chiaramente, nessuno impedisce di affiancare ad un primo portatile già saturato dal punto di vista prestazionale, un secondo portatile – magari di seconda mano – cui affidare determinati compiti operativi. I parametri chiave per la scelta della macchina sono:

• velocità della CPU interna, espressa in MegaHertz; una velocità superiore a 1,45 mHz è da considerarsi come standard minimo per le applicazioni musicali;

• quantità della RAM installata, espressa in MegaByte o in GigaByte; 1 Gb di RAM disponibile concede uno spazio di manovra significativo;

• velocità dell’hard disk interno, espresso in RPM (rotazioni per minuto); un hard disk a 7200 RMP rappresenta il minimo per gestire con sicurezza l’audio digitale;

• connettività USB o (meglio) FireWire; la porta USB prevede il trasferimento simultaneo di 2 canali audio in ingresso e 4 in uscita; la porta FireWire permette – con interfacce più costose – la gestione di molti più canali simultaneamente;

• dimensione del video monitor, espressa in pollici; un monitor da 15” è sufficientemente comodo per lavorare da soli o in coppia, un monitor da 17” è ovviamente meglio; per una lezione o per un’utenza numericamente più consistente, si può prendere in considerazione l’ipotesi di un video proiettore compatibile

• sistema operativo, anche se quest’ultima differenza sembra destinata a scomparire nei prossimi mesi (con l’adozione indifferenziata della logica Universal Binary da parte di Apple, in grado di supportare tanto Mac OsX che Microsoft Windows), rimane comunque la scelta tra sistema OsX, Windows e Linux. Nei primi due casi, la discriminante può essere la disponibilità o meno di programmi che lavorano solo su una delle due piattaforme (ad esempio l’editor Sound Forge o WaveLab per PC e l’editor DSP-Quattro per Mac), nel caso di Linux è necessario fare i conti con un ambiente ancora non del tutto stabilizzato come offerta… ma assolutamente attivo dal punto di vista dello sviluppo.

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INTERFACCIA Questo termine racchiude oggi l’enorme famiglia degli hardware dedicati alla gestione dell’audio in formato analogico, dell’audio in formato digitale, dei codici MIDI, dei controller esterni specificamente disegnati per la produzione musicale (tastiere a 2, 3, 4, 5 ottave, pad controller, trig controller, encoder/rotary controller eccetera). Se i fondi a disposizione sono significativamente limitati, li si può concentrare sulle sole interfacce di controllo musicale, cioè sulle tastiere definite MIDI/USB, rinunciando alla gestione dell’audio che – in forma analogica – continerà ad essere processato dalle porte hardware residenti nel computer. Con una maggior disponibilità economica, può essere sensato indirizzare la propria ricerca verso strutture di interfaccia in grado di concentrare in un unico blocco la gestione audio In/Out (tanto analogico che digitale), il flusso dei dati MIDI, le periferiche di controllo musicale. Una postazione di lavoro, cioè un computer, richiederà un’interfaccia funzionale per ciascuno dei tre flussi di dati previsti: Audio, MIDI e Controllo. Se possibile, come accennato in precedenza, è meglio concentrare i tre compiti in un unico hardware di interfacciamento. INTERFACCIA – AUDIO Il parametro più significativo è relativo al numero delle connessioni simultaneamente realizzabili. Due ingressi (left e right) e due uscite (sempre left e right) rappresentano lo standard minimo accettabile per la gestione di segnali di linea o, previo collegamento con preamplificatori esterni, con segnali microfonici. Salire con il numero dei canali simultaneamente disponibili diventa indispensabile quando almeno una delle seguenti condizioni debba essere realizzabile:

• ascolto in quadrifonia o in surround, comunque in formato audio diverso dallo stereo binaurale classico;

• gestione simultanea di più timbriche o ruoli orchestrali, che devono essere collegati indipendentemente a percorsi di trattamento ed amplificazione dedicati;

• interazione con più musicisti contemporaneamente, registrazione simultanea di più esecutori – ciascuno collegato indipendentemente al proprio ingresso audio;

• preparazione di basi audio per supporto alla performance con necessità di segnali metronomici (click) su uscite indipendenti dal bus stereo.

Se nessuna di queste condizioni interessa l’utenza, si può tranquillamente lavorare con un’interfaccio audio stereo in/ stereo out. INTERFACCIA – MIDI Il protocollo di interfacciamento MIDI, con tutti i suoi limiti ed i suoi difetti, è comunque insostituibile per le comunicazioni tra diverse apparecchiature musicali integrabili all’interno di un unico network. La dotazione minima ipotizzabile comprende una porta MIDI, ovvero l’insieme di MIDI IN e MIDI OUT; senza entrare nello specifico (il lettore troverà significativi approfondimenti in parti del testo ad essi dedicate), è necessario ricordare che ogni porta MIDI può gestire fino ad un massimo di 16

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canali, cioè 16 linee di trasmissione indipendenti: quindi 16 parti timbriche generate dal computer o16 strumenti elettronici monotimbrici esterni eventualmente collegati al medesimo. La necessità di gestire una diciassettesima parte, obbliga l’utente a riconsiderare la propria struttura in favore di un’interfaccia con due porte MIDI indipendenti. INTERFACCIA – CONTROLLER Anche se estremamente tipicizzante, dal punto di vista della gestualità, la classica tastiera musicale ad estensione variabile tra 2 e 5 ottave rappresenta il controller più immediato per l’inserimento di dati musicali riconducibili al sistema musicale occidentale, temperato o meno. In questo caso, la discriminante è l’adesione o meno, da parte del compositore, ai limiti imposti dalla quantizzazione per semitoni: se chi compone è interessato alla produzione di sole strutture microtonali, se ci ci concentra sull’input data mediante tastiera alfanumerica del PC o con il mouse, la tastiera musicale può risultare limitativa, superflua e fuorviante. MIXER AUDIO Insostituibile fino agli scorsi decenni della produzione elettronica, oggi l’acquisto del mixer hardware vero e proprio può essere tranquillamente evitato se l’utente:

• non avrà mai bisogno di collegare simultaneamente agli ingressi audio della propria interfaccia più di una sorgente sonora per ciascun ingresso;

• utilizza un’interfaccia audio dotata di preamplificatori microfonici residenti; • utilizza solamente gli effetti DSP generati all’interno del PC e quindi non deve basarsi

sull’impiego di pedali, processori effetti o più genericamente rack hardware esterni, • non deve miscelare l’uscita audio dei file audio emessi dal PC con altri segnali ottenuti da

altre sorgenti. Se anche una di queste condizioni deve essere soddisfatta, diventa necessario dotarsi di un mixer audio analogico, anche di dimensioni ridotte. I criteri determinati per la scelta di un mixer sono i seguenti:

• numero dei canali in ingresso, ovvero delle sorgenti audio simultaneamente collegabili e gestibili; un minimo di quattro canali è appena sufficiente, una dotazione di otto canali monoaurali – meglio se dotati di preamplificatori microfonici indipendenti – permette di affrontare con facilità parecchie condizioni operative:

• dotazione di equalizzazione sul canale in ingresso; un minimo di due tagli di intervento per la correzione di bassi ed acuti;

• dotazione di mandate effetti per processori hardware esterni; un minimo di una mandata aux, meglio se selezionabile pre/post fader;

• numero dei bus di uscita, ovvero numero simultaneo di possibili uscite indipendenti ed indirizzabili dall’utente per le singole sorgenti sonore collegate al mixer; una coppia di uscite Left e Right permette di smistare tutti i segnali lungo l’arco stereofonico e può anche differenziare con la massima separazione tutto a destra o tutto a sinistra; quattro bus indipendenti di recording 1-2-3-4 possono tornare utili per smistare i segnali simultaneamente su altrettanti ingressi dell’interfaccia audio.

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MONITOR AUDIO Entrati ormai nell’uso comune, i monitor amplificati o biamplificati rappresentano un’enorme comodità operativa, permettendo di concentrare costo e prestazioni all’interno di un’unica coppia di casse che contiene speaker vero e proprio, amplificatore (o amplificatori), crossover e connessioni. Inutile dire che esiste un’enorme differenza tra i monitor progettati per la pubblica riproduzione dell’audio – per i concerti, insomma – e quelli progettati per il riferimento di mixaggio o per la pre-post produzione in studio. Nel primo caso, gli apparecchi da PA dovranno offrire il massimo rapporto prezzo/potenza, a discapito della linearità operativa (ovvero: non si mixa mai su monitor da PA); nel secondo caso, il parametro privilegiato è quello relativo alla linearità della riproduzione. Se la struttura per la produzione di Musica Elettronica è concentrata solo sulla registrazione, sull’editaggio e sulla programmazione, non è necessario prevedere enormi potenze o coniugare la possibilità di un utilizzo pubblico per i monitor. Diverso è il caso in cui sia necessario, anche solo saltuariamente, poter/dover far fronte ad un ascolto pubblico utilizzando lo stesso sistema di amplificazione; in quest’ultimo caso, si possono utilizzare con estrema cautela i monitor residenti in studio, ricordandosi di non pretendere da questi potenze e volumi sonori tellurici. Nel dubbio, meglio ricorrere ad un service in affitto o in prestito temporaneo. Di seguito, una serie di parametri chiave per l’identificazione del monitor più adatto all’utilizzo in studio:

• la potenza non deve essere inferiore ai 20 + 20 watt RMS e superiore ai 100 + 100 watt RMS; anche se determinati generi musicali fanno dell’annichilimento dell’ascoltatore uno dei propri punti di forza, per progettare, programmare, editare e mixare un prodotto sonoro non è necessario spettinarsi con volumi esasperati. Senza contare che, la massima obiettività si ottiene valutando l’ascolto a volumi medio-bassi;

• se si lavora nelle vicinanze di un monitor video CRT tradizionale, i monitor devono essere magneticamente schermati, altrimenti distruggeranno la resa cromatica del video;

• i monitor amplificati debbono essere il più possibile trasparenti dal punto di vista acustico; meglio privilegiare unità che risultino sprovviste di equalizzazione residente: tutti i controlli timbrici debbono essere compiuti alla fonte, cioè nel PC durante le fasi di registrazione-programmazione o durante il mixaggio.

PROGRAMMI A questo punto, le le cose si fanno particolarmente complicate: bisogna infatti conciliare le diverse esigenze di:

• budget disponibile, • compatibilità e disponibilità nei confronti del sistema operativo residente, • compiti che si intende svolgere con il software prescelto.

Negli ultimi anni, si è andata progressivamente esasperando una forbice che vede la cristallizzazione di due grossi blocchi di programmi: gli applicativi dedicati ad una particolare funzione e gli applicativi che offrono veri e propri ambienti multifunzionali. Gli uni e gli altri hanno

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seguaci e detrattori. Come sempre, purtroppo, la disponibilità economica e la complessità che si è disposti ad accettare saranno criteri discriminanti sensibili. Da un punto di vista generico – prima di ipotizzare alcune soluzioni – elenchiamo alcuni criteri di valutazione:

• la diffusione di un programma all’interno di una comunità di utenti vasta e consolidata è un parametro particolarmente significativo; nella web-era, è possibile trovare forum, user’s group o altri punti di riferimento che garantiscono una più che adeguata copertura a tutti i possibili dubbi sul funzionamento o sulla configurazione di una determinata parte di programma;

• la protezione hardware o software è una garanzia che difende l’investimento fatto sull’originalità del programma; un utente ufficiale, cioè registrato, ha diritto all’assistenza costante, ha accesso alla manualistica ufficiale – spesso tradotta in italiano – e può contare su significativi servizi post vendita;

• il prezzo di un applicativo è – in certi casi – un feroce deterrente: senza fare l’apoteosi dei programmi craccati (per carità!), non bisogna dimenticare la grande quantità di applicativi shareware o freeware attualmente disponibili sulla rete. Nel primo caso, può bastare una donazione anche simbolica (una decina di euro) per ottenere i codici di autorizzazione, nel secondo caso basta accettare il rischio di un funzionamento non sempre a prova di bomba…

• la scelta dell’ambiente di lavoro, inteso non come sistema operativo, ma come protocollo di gestione inter-applicazione, deve essere operata con cautela, tenendo presente che – di fatto – gli standard maggiormente diffusi sono quello VST (Virtual Studio Technology, sviluppato da Steinberg ed adottato dalla maggioranza dei produttori), quello RTAS (Real Time Audio Suite, sviluppato da Digidesign per la significativa piattaforma Pro Tools), AudioUnits (sviluppato da Apple in collaborazione con Logic), più tanti altri di minor diffusione;

• la scelta del sistema operativo (e, per certi versi, del tipo di macchina Mac o PC) può fare la differenza: la piattaforma Windows pullula letteralmente di applicativi terze parti sviluppati freeware o shareware; il mondo Mac, da sempre punto di riferimento di un’utenza più selettiva, ha concentrato su di se – in bene ed in male – determinati applicativi caratteristici di certe funzionalità operative; il nuovo mondo Linux, per tutta una serie di segnali, dovrebbe essere tenuto d’occhio com maggior attenzione di quanto non si faccia abitualmente…

I vantaggi dei programmi dedicati Un applicativo concentrato sulla sola sintesi è sicuramente più potente di una “super suite” che integra al proprio interno tutti i possibili compiti operativi legati alla Musica Elettronica. Cosa chiedere? Cosa scegliere per un’applicazione mono funzione? Di seguito, un elenco inevitabilmente parziale delle possibilità d’uso:

• generazione di timbriche originali secondo determinate tecniche di sintesi; il prodotto viene reso utilizzabile mediante controllo MIDI o integrazione all’interno di precise aree operative (VST,MAS, RTAS, AudioUnits, DXi);

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• editing audio su segnali stereofonici (cioè su mixaggi precedentemente realizzati) o su file audio indifferenziati; le possibilità di intervento variano dal semplice assemblaggio cut-copy-paste con supporto visivo al mastering, alla correzione timbrica; nell’immagine seguente, una schermata da Steinberg WaveLab 5;

• generazione di trattamenti ed effetti speciali, con possibilità di funzionamento sia autonomo – in modalità stand alone – che all’interno di suite host – in modalità plug in; nell’illustrazione seguente, la suite di mastering T-Rack IK Multimedia, disponibile in versione RTAS per l’impiego in ambiente Pro Tools;

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• programmazione e progettazione sonora secondo precisi linguaggi grafici, object oriented o text oriented; diretti discendenti dei primi linguaggi della computer music, possono contare su una piattaforma di utenti saldamente concentrata nel mondo accademico e, in buona parte, su una diffusione freeware che ne bilancia, almeno in parte, la scomodità di un’interfaccia utente tipicamente spartana; nell’illustrazione seguente, il CSound Editor sviluppato da Flavio Tordini (flavio.tordini.org/csound-editor/) per il linguaggio CSound;

• organizzazione e programmazione di sequenze musicali esclusivamente MIDI, con diversi livelli di interazione tra musicista e computer o di composizione algoritmica più o meno influenzabile dall’utente; nell’illustrazione seguente, la finestra piano roll del Digital Orchestrator Plus;

• organizzazione e programmazione di registrazioni esclusivamente audio, con il montaggio e la gestione di più tracce parallele, o segmenti di audio digitale, con interazione più o meno approfondita tra utente ed unità di memorizzazione; di seguito, la Edit Window di Pro Tools 7.

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Da un punto di vista operativo, l’approfondimento individualmente verticale che è ovverto dalle applicazioni dedicate è sicuramente superiore a quello disponibile in un pacchetto integrato; è però necessario ricordare che questo divario tende progressivamente a colmarsi, con il progredire degli applicativi omnicomprensivi che, su base quasi quotidiana, diventano sempre più potenti, più completi, più autonomi… e più costosi. Il mondo delle applicazioni omnicomprensive Utilizzare un software integrato Audio/MIDI permette di risolvere, in un solo colpo, la maggior parte dei problemi di compatibilità e configurazione che, inevitabilmente, ci si deve aspettare quando si tenta di ospitare programmi diversi nello stesso PC. I programmi omnicomprensivi, le suite Audio/MIDI, sono ormai diventati lo standard operativo che unisce la comunità di professionisti della Musica Elettronica; al suo interno, è sempre presente una minoranza che preferisce concentrarsi sull’impiego di applicativi dedicati (quando non si tratti di programmi scritti e sviluppati autonomamente), ma la gran massa degli utenti è ormai incanalata sull’impiego tout cour di questo tipo di programmi. Sarebbe ipocrita, a questo proposito, sottovalutare il fenomeno della pirateria e dell’ampia diffusione planetaria di copie non autorizzate dei più famosi programmi Audio/MIDI che, se non vincolati all’utilizzo di hardware proprietario, di fatto circolano nella maggior parte delle fasce di utenza: le software house, se da un lato soffrono un grave danno economico, dall’altro hanno almeno la consolazione di una diffusione planetaria dei loro prodotti impensabile per un’utenza limitata ai pacchetti ufficiali. Una qualsiasi suite Audio/MIDI, il mercato ne conta più di una decina, equamente suddivise per i diversi sistemi operativi, offre un concentrato di funzioni integrate tra loro, con la possibillità sempre più realistica di accompagnare l’utente dalla prima ispirazione compositiva fino all’ultima fase della masterizzazione audio, passando per l’editaggio creativo e per la performance.

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Di seguito, si elencano i comportamenti genericamente disponibili all’interno di un pacchetto Audio/MIDI di complessità medio alta; il lettore paragoni la lista seguente a quella precedentemente fornita per i programmi standalone e tragga le debite conseguenze:

• progettazione e programmazione di timbriche originali secondo diverse tecniche di sintesi che vanno dal virtual analog alla FM, con più rara implementazione dei modelli fisici o della sintesi granulare; nell’immagine seguente, il plug-in Sculpture per modelli fisici implementato in Apple Logic Pro 7;

• gestione di sound libraries più o meno estese contenenti campionamenti digitali organizzati per famiglie orchestrali, percussive, o effetti sonori;

• editaggio dei campionamenti più o meno limitato alla loro mappatura su tastiera, organizzazione secondo terrazze dinamiche o range esecutivi; di seguito, una schermata da Steinberg Halion;

• editaggio di segmenti audio digitale con riferimento al trattamento armonico, al controllo timbrico, dinamico e qualitativo;

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• programmazione, organizzazione e sincronizzazione di sequenze MIDI in formato traccia lineare o per pattern definibili dall’utente;

• programmazione, organizzazione e sincronizzazione di sequenze Audio in formato di traccia lineare (l’erede dell’antica registrazione multitraccia analogica) o per pattern configurabili dall’utente in funzione di interazione con la performance dal vivo; di seguito, la pagina Session del programma Ableton Live 5;

• mixaggio delle medesime su bus stereo o su buss diversamente configurabile (surround eccetera);

• generazione di effetti digitali, moduli di equalizzazione e trattamento sonoro indipendentemente instanziabili traccia per traccia su ciascun progetto Audio/MIDI; i limiti numerici alla quantità di effetti instanziabili sono dati solo dalla potenza della CPU disponibile e dall’efficacia con cui vengono scritti gli algoritmi; di seguito, una schermata da Propellerheads Reason 3;

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• editaggio video delle tracce audio, con riferimento diretto alla visualizzazione dello spettro

armonico e/o alla funzione di oscilloscopio audio; • premasterizzazione dei file audio relativi ai mixaggio audio, con generazione dei codici PQ

necessari alla produzione di un glass master; • masterizzazione su CD/DVD mediante hardware residenti nel computer: • integrazione Audio/MIDI su traccia video, con capacità di sincronizzazione al fotogramma

più o meno approfondite, per la gestione facilitata di colonne sonore in ambiente multimediale; di seguito, una finestra con integrazione audio-MIDI-video da Digital Performer;

• editaggio video, per ora limitato alle semplici operazioni di taglio ed inserimento sequenza; • stampa musicale su sistemi pentagrammati variabili, con possibilità di gestione delle singole

parti o degli interi orchestral scores, trattamento del testo e dei segni dinamici. Ipotesi di configurazione Di seguito, tracceremo delle possibili linee di sviluppo per strutture, differenziate per complessità, costo di esercizio e completezza, dedicate alla produzione di Musica Elettronica; inutile dire che, nonostante tutti gli sforzi compiuti, le informazioni risulteranno inevitabilmente parziali. A - Una struttura minima all inclusive Le scelte sono praticamente obbligate:

• Computer: laptop o desktop, con velocità CPU non inferiore a 1,45 GHz, almeno 512 Mb di RAM, hard disk da almeno 30 Gb di hard disk; ricordiamo che la velocità del disco rigido non deve essere inferiore ai 7200 RMP, in caso contrario, eventuali file di audio digitale non verranno riprodotti in maniera soddisfacente.

• Software: un software “generalista” che integri MIDI con Audio, magari rinunciando – per motivi economici – alle capacità di registrazione audio autonome e ripiegando sulle capacità di editaggio meno specifiche. Il pacchetto Propellerhead Reason 3 (reperibile su www.propellerheads.se e regolarmente importato in Italia) è un ottimo esempio di

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programma performante, relativamente leggero sulla CPU, in grado di fornire capacità di sintesi, gestione campionamenti, sequencer MIDI/Sample, trattamento effetti, mixaggio e bounce-to-disc autonomo. Punti deboli del sistema: impossibilità di acquisire audio digitale se non sotto forma di samples già registrati in precedenza e pronti alla mappatura su tastiera; assenza di tracce audio vere e proprie, impostazione del sequencer – e più in generale – della struttura operativa sbilanciata verso il mondo della musica commerciale.

• Periferica di controllo: una qualsiasi tastiera MIDI/USB a cinque ottave, utile per inserire i dati MIDI nel sequencer e per sperimentare le diverse unità di generazione sonora durante le fasi di approfondimento dedicate alle tecniche di sintesi disponibili.

• Periferica audio: può essere utilizzata la connettività nativa del PC/Mac, limitando la gestione dall’audio al semplice bus stereo in ingresso ed in uscita. Dal momento che Reason non gestisce audio esterno, si possono tranquillamente eliminare tutti i problemi legati al controllo dei segnali microfonici.

• Ascolto: una coppia di monitor amplificati, potenza non inferiore alle 20 watt. E possibile scegliere tra i diversi modelli (M-Audio, Behringer, eccetera) disponibili sul mercato.

• Addizioni software: sfruttando la natura squisitamente gratuita, è possibile integrare le capacità didattiche con il Clavia Nord Modular G2 DEMO (scaricabile su http://www.clavia.se/products/nordmodular/demo.htm ), che offre una buona piattaforma di sintesi modulare object oriented. Purtroppo, le capacità sonore del DEMO non sono integrabili in alcun modo con gli altri pacchetti applicativi, se non registrando il prodotto audio con apparecchiature esterne al computer e successivamente organizzando i file audio in segmenti pronti al caricamento nelle unità di sample player residenti in Reason 3.

B – Una struttura minima per la ricerca e l’approfondimento della sintesi E’ possibile concentrare le risorse della CPU sulla gestione di linguaggi di programmazione “puri”, basati cioè su un tipo di interfaccia testuale, che – a fronte di una significativa complessità d’utilizzo ed una ripida curva di apprendimento – permettono poi un’altrettanto significativa libertà operativa; chiaramente, seguendo questa strada si eliminano volontariamente tutte le possibili compatibilità “commerciali” e si limita il proprio spazio operativo alla (seppur vasta) comunità di utenti legati al mondo accademico della Musica Elettronica e della Computer Music.

• Computer: gli stessi requisiti minimi evidenziati in precedenza. • Software: l’applicativo Pure Data (PD) sviluppato da Miller Puchette all’IRCAM;

disponibile per il download libero su: http://www.crca.ucsd.edu/~msp/software.html o, in alternativa, l’applicativo CSound, disponibile nelle versioni abilitate alle diverse piattaforme per il downolad libero su: www.csound.com o su www.csound/sourceforge.net/ .

• Periferica di controllo: se il budget è ridotto veramente al limite, ci si può accontentare dell’inserimento dati musicali tramite tastiera alfanumerica del PC; in caso contrario, una qualsiasi periferica MIDI/USB può funzionare egregiamente.

• Ascolto: valgono le indicazioni precedenti. Con un minimo capitale da investire, è consigliabile l’acquisizione dei pacchetti Cycling’74 MAX/MSP e JITTER, ambedue flessibili (e complessi) ambienti di programmazione con complesse interazioni Audio, MIDI e video.

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Il Laboratorio di Musica Elettronica

Enrico Cosimi 17

C – Una struttura polifunzionale ed integrata A differenza delle configurazioni precedenti, in questo caso viene privilegiato l’utilizzo di pacchetti integrati Audio/MIDI che, per la loro flessibilità intrinseca, possono essere utilizzati tanto per la realizzazione di strutture musicali tradizionali quanto di quelle più sbilanciate verso la ricerca.

• Computer: un laptop o un desktop il più possibile potente, veloce e dotato di RAM interna; velocità di clock almeno pari a 2 GHz, almeno 1 GB di RAM, almeno 120 Gb di hard disk veloce. Si consiglia un monitor di dimensioni superiori a 15”, per poter visualizzare con relativa comodità le schermate di mixaggio, di editing grafico e di plug in disponibili.

• Software: l’attuale mercato è pressochè colonizzato da un numero limitato di applicativi omnicomprensivi, differenziabili tra strutture puro software e strutture che si basano sull’impiego di hardware dedicato. Premesso che le prestazioni sono ormai genericamente allineate su un livello qualitativo più che accettabile anche in ambiente professionale, diversità possono essere riscontrate a livello di interfaccia grafica, ovvero di adattabilità ai propri metodi di lavoro; di fondo, superato un certo livello qualitatitvo, un pacchetto vale l’altro. Gli applicativi puro software più diffusi – elencati in ordine casuale e con nessuna pretesa di completezza – comprendono: Steinberg Cubase 4, prodotto da: www.steinberg.net , Mark of The Unicorn Digital Performer 5.1, prodotto da www.motu.com , Apple Logic Pro 7, prodotto da www.apple.com , Sonar 6 Producers Edition, prodotto da www.cakewalk.com . Tutti questi programmi, come accennato in precedenza, offrono all’utente una quantità significativa di opzioni che spaziano dalla sintesi al campionamento, alla registrazione Audi/MIDI alla progettazione di ambienti sonori alla stampa musicale. Nel campo dei software basati su hardware proprietario, non si può non citare lo standard Pro Tools (disponibile nella costosa versione HD o nella più economica versione LE), prodotto da www.digidesign.com . Da non sottovalutare, all’interno di numerosi programmi, l’esistenza di plug-in che offrono analisi spettrale e visualizzazione delle forme d’onda in modalità oscilloscopio, caratteristiche utilissime tanto per la didattica che per la ricerca individuale.

• Periferica audio: le potenzialità dei pacchetti software sopra elencati non possono essere lasciata in balia delle porte audio native residenti sul computer; per questo motivo, è necessario dotarsi di un’interfaccia audio sufficientemente performante, su protocollo USB o meglio FireWire e dotata di un numero di connessioni adatto a coprire le esigenze di utilizzo. Un minimo di 2 in / 2 out, fino ad un massimo di 8 in / 8 out espandibili modularmente. Inutile dire che avere quattro o più bus a disposizione per l’ascolto audio multicanale obbliga di fatto all’acquisto di altrettante strutture monitor amplificate indipendenti…

• Periferica di controllo: una tastiera MIDI/USB con almeno 5 ottave ed un significativo corredo di encoder, potenziometri e slider lineari; questi ultimi tornano utili per controllare in tempo reale il mixaggio delle diverse tracce di audio digitale.

• Ascolto: ogni uscita audio presente sulla periferica audio deve poter contare su un canale indipendente di amplificazione e diffusione; l’adozione di monitor attivi (cioè amplificati) permete di configurare facilmente il proprio sistema di ascolto tanto nella normale struttura stereo left-right, quanto nelle più articolare strutture L-C-R, 5+1, 6+1 eccetera. Se necessario, è possibile dotare il sistema di ascolto di un subwoofer con cui gestire le frequenze più basse.