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LifeHand 2 | i t a l i a n o

IRCCS San Raffaele PisanaIRCCS San Raffaele Pisana

LifeHand 2 | english

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LifeHand 2 | i n d i c e

1 | LifeHand 2: le premesse

2 | Gli obiettivi

3 | Intervento chirurgico e sperimentazione

4 | I risultati raggiunti

5 | Il Paziente

6 | I centri di ricerca coinvolti

7 | La tecnologia: elettrodi e protesi

8 | Novità rispetto a LifeHand

9 | Dichiarazioni dei protagonisti

10 | FAQ

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1 | LifeHand 2: le premesse

Alla fine degli Anni ‘80 il Prof. Paolo Dario, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, lanciò l’ambiziosoprogetto di creare una protesi di mano a controllo neurale, basata su elettrodi impiantati nei nervi pe-riferici del braccio. Queste attività cominciarono grazie a varie collaborazioni internazionali (a partireda quelle con il Prof. Gregory T. A. Kovacs della stanford University e con il Prof. Patrick Aebischer, alloraalla Brown University e oggi Presidente dell’ecole Polytechnique Federale de lausanne, EPFL). Importantifurono, in particolare, le attività di ricerca inserite nel progetto europeo INTER. Da quel momento, laScuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha coordinato o è stata coinvolta in vari progetti europei e interna-zionali (GRIP, CYBERHAND, NEUROBOTICS, DACTIN) anche grazie all’apporto scientifico del Prof. SilvestroMicera, che nel corso degli anni ha affiancato il Prof. Dario, per poi diventarne il successore. Oggi il Prof.Micera, coordinatore del progetto lifehand 2, è responsabile dell’Area di Neuroingegneria e delle attivitàrelative al controllo neurale di protesi di mano presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Dal 2011opera anche presso il nuovo Centro per le Neuroprotesi dell’EPFL di Losanna.

Nell’ambito di queste attività, ha fornito il proprio contributo anche l’Università Campus Bio-Medico diRoma. Nel 2008 l’Ateneo e il suo Policlinico sono stati teatro delle fasi conclusive del progetto lifehand,che ha portato, in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e altri partner europei,a sperimentare con successo il primo controllo diretto di una protesi di mano biomeccatronica medianteinterfacce neurali impiantate nei nervi periferici di un paziente amputato.

Da allora, le attività di ricerca del gruppo sono proseguite attraverso diversi progetti italiani ed europei,con un nucleo centrale di ricercatori, composto dai team del Prof. Paolo Maria Rossini (Neurologo, oggiDirettore di Cattedra presso il Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma), del già citato Prof.Silvestro Micera e del Prof. Eugenio Guglielmelli, Direttore del Laboratorio di Robotica Biomedica e Bio-microsistemi dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Gli studi compiuti a partire dai risultati ottenuti nel 2008 hanno portato, nel 2013, a questa nuova fasesperimentale, denominata lifehand 2. Il progetto di ricerca che ha reso possibile la sperimentazione sichiama NEMESIS (neurocontrolled Mechatronic hand Prosthesis) ed è stato finanziato dal Ministerodella Salute italiano nell’ambito dei bandi dedicati ai ‘giovani ricercatori’. Ricercatore capofila del pro-getto è il Prof. Micera. Centro Coordinatore è invece l’IRCSS San Raffaele Pisana, sotto la direzione clinicadel Prof. Paolo Maria Rossini.

Si tratta di una seconda tappa lungo un percorso di lungo periodo, che mira a realizzare un sistema pro-tesico perfettamente impiantabile, percepito e controllato esclusivamente attraverso il sistema nervosodel soggetto, con capacità di manipolazione analoghe a quelle di un arto naturale nell’esecuzione delleattività della vita quotidiana.

Nel corso della sperimentazione lifehand 2 è stata utilizzata la protesi biomeccatronica openhand,sviluppata dai laboratori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa nell’ambito dell’omonimo progetto diricerca finanziato dal MIUR (PRIN 2009-2012). L’invaso personalizzato su cui è stata montata la protesiè stato realizzato da ortopedia italia (Frosinone) nell’ambito del progetto DTB2\NEUROHAND.

La sinergia tra i ricercatori proseguirà in futuro anche con il progetto handBot (Programma MIUR\PRIN2013-2015), coordinato dall’Università Campus Bio-Medico di Roma e appena avviato.

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2 | Gli obiettivi

Sentire e manipolare gli oggetti con la protesi

LifeHand 2 ha inteso sperimentare l’uso fine diuna protesi biomeccatronica di arto superiore daparte di un paziente amputato. Una mano artifi-ciale in grado di dialogare direttamente con ilcervello attraverso quattro elettrodi intraneurali,impiantati nei nervi mediano e ulnare del sog-getto. si trattava di verificare la capacità dellaprotesi, dotata di sensori tattili sulle dita indicee mignolo, d’inviare al cervello informazioni suforma, consistenza e posizione di differenti og-getti. Un flusso d’informazioni che, a partire dallaprotesi, doveva raggiungere i nervi attraverso glielettrodi neurali e da lì arrivare al cervello. nelladirezione opposta (comunicazione dal cervelloalla protesi) andava dimostrato che il paziente,sulla base delle informazioni ricevute, fosse ingrado di afferrare gli oggetti con movimenti na-turali ed efficaci e di applicare, in tempo reale, lagiusta forza alle prese. LifeHand 2 ha puntato arealizzare il primo controllo bidirezionale di artosuperiore biomeccatronico, dalla protesi al cer-vello (sensazioni) e dal cervello alla protesi (in-tenzioni di movimento).

Comunicazione bidirezionale in tempo reale

Questo circuito bidirezionale doveva inoltre avve-nire con una velocità tale da restituire l’esperienzamotoria e sensoriale in tempo reale, ovvero senzafenomeni di latenza (ritardi di sensazione e rea-zione rispetto alle intenzioni di movimento delsoggetto). ottenere questo risultato, significavaripristinare nel paziente il naturale flusso di sen-sazioni e movimenti tra arto e sistema nervoso,consentendogli di utilizzare la protesi robotica inmodo del tutto simile a una mano umana, com-presa la capacità di modificare un dosaggio erro-neo di forza nel corso di un movimento.

durante la sperimentazione è stata utilizzataOpenHand, prototipo di arto biomeccatronico svi-luppato dall’ArtsLab della scuola superioresant’anna di Pisa. Mentre nella sperimentazionelifehand (2008) la protesi era poggiata su banconello spazio visivo del paziente, in LifeHand 2 eracalzata direttamente sul moncone del bracciodel paziente tramite un invaso realizzato su mi-sura per lui.

Una nuova sperimentazione è attesa tra circadue anni.

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3 | Intervento chirurgico e sperimentazione LifeHand 2 ha messo a frutto anni di preparazione, culminati nell’intervento chirurgico d’impianto deglielettrodi intraneurali, cui sono seguiti quasi tre settimane di esercitazioni necessarie a educare ilpaziente all’utilizzo del circuito neurale e otto giorni d’impiego sperimentale della protesi (esercizi dipercezione sensoriale e di presa degli oggetti).

19-24 gennaio 2013:esami pre-operatori e ricovero

il paziente, giunto a Roma il 18 gennaio 2013, èstato sottoposto a controlli pre-operatori fina-lizzati a verificare il suo stato di salute e a os-servare la riorganizzazione delle sue regioni efunzioni cerebrali a seguito dell’amputazionedella mano sinistra, subita nel 2004. ecco gliesami svolti:

• esami del sangue;• elettrocardiogramma;• Radiografia del torace;• elettroencefalogramma (eeg) a 32 canali, a ri-

poso e con stimolazione periferica;• Potenziali evocati sensitivi (seP) con immagi-

nazione motoria;• stimolazione Magnetica transcranica (tMs);• eeg/tMs di tre differenti aree corticali (frontale,

centrale, posteriore);• Risonanza Magnetica funzionale (fMRi) con

mappatura corteccia motoria e sensoriale;• Valutazione clinica con scale sul dolore da arto

fantasma;• test neuropsicologici di personalità.

26 gennaio: l’intervento chirurgico

l’intervento d’impianto dei quattro elettrodi in-traneurali TIME nei nervi mediano e ulnare delbraccio sinistro del paziente si è svolto presso ilPoliclinico Universitario agostino gemelli diRoma. l’operazione chirurgica è iniziata alle 8.30del mattino ed è durata oltre sette ore. il neuro-chirurgo, Prof. eduardo Marcos Fernandez, e lasua équipe hanno inserito gli elettrodi – collocatiin posizione distale e prossimale, due per il nervomediano e due per l’ulnare – in modo trasversalerispetto ai fasci nervosi. nel braccio del pazientesono stati quindi creati quattro punti d’uscita peri cavi degli elettrodi, così da permetterne il col-legamento alle apparecchiature sperimentali du-rante i test delle settimane successive.

l’intervento, eseguito in anestesia generale, harichiesto un’incisione di circa 15 centimetri lungoil lato interno del braccio sinistro. Una volta isolatii due nervi dai tessuti muscolari e adiposi, l’in-serimento è stato effettuato con l’ausilio di unmicroscopio operatorio. la parte dell’elettrodocontenente i contatti utili alla trasmissione disegnali è stata collocata all’interno del tessutonervoso attraverso un ago-guida. il resto del mi-croscopico filamento è stato quindi ancorato alnervo e micro-suturato, per garantirne una mag-giore stabilità.

direttamente in sala operatoria e con il pazienteancora sotto anestesia, è stato testato il sistemadi stimolazione e il corretto funzionamento dei64 contatti (o siti) presenti in totale sugli elettrodiimpiantati (16 contatti per ciascuno dei 4 elet-trodi), misurandone l’impedenza. il paziente èstato dimesso due giorni dopo l’intervento chi-rurgico, per iniziare la fase di educazione e spe-rimentazione della protesi.

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30 gennaio – 14 febbraio: il training

il paziente ha trascorso tre settimane con i ri-cercatori, effettuando ogni giorno diverse ore diesercizi tesi a educarlo a riconoscere e gestireimpulsi elettrici del tutto analoghi a quelli chesarebbero poi stati trasmessi dalla mano bio-meccatronica in fase di sperimentazione.

16–23 febbraio:la sperimentazione con protesi

la sperimentazione con protesi è durata ottogiorni, durante i quali il paziente ha effettuatodue sedute al giorno di circa quattro ore ciascuna.nel corso delle sedute, svolgeva esercizi di rico-noscimento al tatto degli oggetti e di presa. glioggetti avevano forme e consistenza diverse. nelcorso degli esercizi, il paziente era bendato. inquesto modo, i ricercatori hanno potuto verificarela possibilità del soggetto di percepire e mani-polare correttamente gli oggetti sulla base dellesole informazioni sensoriali inviate al suo cervellodai sensori presenti sulla protesi, senza l’ausiliodella vista nel riconoscimento della loro forma,consistenza e posizione. i flussi di comunicazionebidirezionale tra protesi e cervello venivano re-gistrati nel corso delle sedute con apposite ap-parecchiature, che hanno fornito i dati succes-sivamente studiati dai ricercatori.

Per realizzare il circuito bidirezionale di comuni-cazione dalla protesi al cervello (sensoriale) e vi-ceversa (intenzione di movimento e presa), sonostati messi a punto dai ricercatori due algoritmi:

• uno in grado di ‘leggere’ gli output provenientidai sensori tattili delle dita robotiche e di inviarliin forma di impulsi elettrici al sistema nervosoattraverso gli elettrodi intraneurali;

• l’altro capace di acquisire, processare e decodi-ficare i segnali provenienti dagli elettrodi mio-grafici di superficie (sEMG) collocati sui muscolidel moncherino del paziente e di trasformarli inappropriati comandi motori per la mano robotica.

il 24 febbraio 2013, al termine dei 30 giorni peri quali era stato autorizzato l’impianto dei quattroelettrodi nei nervi del paziente, è stato eseguitol’intervento chirurgico di rimozione degli stessi.

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4 | I risultati raggiunti

l’analisi dei dati sperimentali del progettoLifeHand 2 ha fornito ai ricercatori riscontri scien-tifici che confermano la possibilità di restituire, aun soggetto rimasto vittima di amputazione di artosuperiore, sensazioni tattili e capacità di manipo-lazione di oggetti vicine all’esperienza naturale.

il paziente, in particolare, è stato rapidamente ingrado di:

• distinguere la diversa consistenza di oggettiduri, intermedi e morbidi (oltre il 90% di accu-ratezza);

• riconoscere dimensioni e forme elementari de-gli oggetti, come il cilindro di una bottiglia, lasfera di una pallina da baseball o l’ovale di unmandarino (88% di accuratezza);

• capire la posizione di un oggetto rispetto allamano, ordinando alla protesi la presa più ade-guata per afferrarlo (97% di accuratezza);

• dosare con precisione simile alla mano naturalela forza applicata alla presa degli oggetti;

• autocorreggere un errore nell’applicazione dellivello di forza pressoria sull’oggetto durante ilmovimento stesso, grazie a un flusso di comu-nicazione tra protesi e cervello con tempi direazione inferiori ai 100 millisecondi;

• gestire in tempo reale differenti livelli di pres-sione per le due diverse parti sensorizzate (in-dice-pollice, mignolo) durante una presa pal-mare (93% di accuratezza).

i riscontri sperimentali hanno anche evidenziatol’importanza della riattivazione del feedback tat-tile per consentire al paziente l’uso con destrezzadella protesi robotica. Quando, infatti, il circuitoartificiale che portava informazioni sensorialidalla protesi al cervello è stato disattivato, la de-strezza del paziente è calata sensibilmente no-nostante avesse la facoltà di vedere (gli esercizidi presa con feedback sensoriale attivo erano in-vece compiuti a occhi bendati e in condizioned’isolamento acustico).

Un problema da risolvere

nella prima sperimentazione LifeHand del 2008,la protesi biomeccatronica collegata al sistemanervoso del paziente era posizionata su banco,a una distanza di circa due metri dal braccio cheportava impiantati gli elettrodi. nel caso di Life-Hand 2, invece, la protesi era innestata sul brac-cio, distando quindi poche decine di centimetridagli elettrodi impiantati nei nervi mediano e ul-nare del paziente.

la vicinanza dei circuiti elettronici della protesibiomeccatronica agli elettrodi impiantati neinervi, ha provocato interferenze di onde – un co-siddetto ‘rumore’ di fondo – a danno della chia-rezza del segnale intraneurale di comunicazionetra protesi e sistema nervoso.

Per questo, nel corso delle sedute sperimentali,i ricercatori hanno deciso di rinunciare all’inviodelle intenzioni di movimento dal cervello allaprotesi attraverso gli elettrodi intraneurali, rea-lizzando un percorso alternativo mediante elet-trodi mioelettrici applicati alla superficie delbraccio in prossimità dell’amputazione. la co-municazione attraverso gli elettrodi intraneuraliè stata invece utilizzata per l’invio delle infor-mazioni sensoriali dalla protesi al sistema ner-voso del paziente. la decisione è stata presaperché, nella prima sperimentazione del 2008,la comunicazione dal cervello alla protesi me-diante elettrodi intraneurali era già avvenuta edocumentata con successo. in LifeHand 2 sitrattava quindi di dare precedenza alla verificadel funzionamento, attraverso gli eletrodi intra-neurali, dei flussi di comunicazione nella dire-zione opposta (da protesi a cervello). con unamigliore schermatura della protesi biomecca-tronica, nella futura sperimentazione c’è da at-tendersi il successo di una comunicazione bidi-rezionale totalmente intraneurale.

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5 | Il Paziente

Perché Dennis

accettare di sottoporsi, nel giro di un mese, a undoppio intervento chirurgico d’impianto e rimo-zione di elettrodi con l’interessamento di duenervi dell’arto superiore; dopo solo 48 ore dal-l’impianto, essere a disposizione di un’équipe dimedici e ingegneri con una lunga lista di test,esercizi e prove sperimentali da effettuare; iltutto in un Paese straniero, senza garanzia disuccesso della sperimentazione né alcun van-taggio economico: bastano queste considerazioniper comprendere che il successo di un pro-gramma sperimentale come LifeHand 2 non di-pendeva solo dalle tecnologie e dalle conoscenzedei ricercatori coinvolti, ma anche dalla sceltadel giusto paziente, tra le molte persone prove-nienti da diversi Paesi, candidate a questo tipodi test nella speranza di poter entrare in contattocon gruppi di lavoro capaci, prima o poi, di trovareuna soluzione al loro problema.

dennis ha superato la selezione perché rispon-deva perfettamente a una serie di caratteristichepsicologiche, fisiche e anagrafiche. andava infattiscelto un soggetto senza problemi di tipo cogni-tivo e psicologico e con un’amputazione suffi-cientemente vicina all’area distale (mano) del-l’arto superiore. occorreva inoltre un pazientegiovane, ma al tempo stesso maturo abbastanzada poter pienamente esprimere il proprio con-senso e gestire con equilibrio la fatica, lo stresse la stanchezza di una tabella serrata di marcia,tra sessioni quotidiane di stimolazione e di eser-citazione. era anche necessario che la personapossedesse un’intelligenza brillante e un atteg-giamento proattivo, in grado d’imparare rapida-mente a eseguire con attenzione e precisione icompiti indicati e di comunicare in modo ade-guato (in lingua inglese) sensazioni, riscontri ealtri possibili elementi potenzialmente utili ai ri-cercatori. Fondamentale, ovviamente, un quadrodi salute stabile e una costituzione fisica capacedi sostenere due interventi chirurgici in anestesiatotale nell’arco di 30 giorni.

Chi è Dennis Aabo Sørensen

la scelta del candidato è caduta su Dennis AaboSørensen, 36 anni, danese di aalborg, terza cittàdella danimarca con i suoi 200.000 abitanti. Uncentro abitato che dista circa 400 km e quattroore di macchina dalla capitale, copenhagen spo-sato, padre di tre figli, dennis è titolare di un’im-presa a conduzione familiare per pitture d’interni.

nel capodanno del 2004, dieci minuti dopo la mez-zanotte, gli è esploso un petardo che impugnavacon la mano sinistra. dennis ha capito subito chela situazione era gravissima. la notte stessa hasubito l’amputazione dell’arto.

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6 | I centri di ricerca coinvolti (2008-2013)

Coordinatore progetto - LifeHand 2

• sviluppo degli algoritmi per il controllo dellaprotesi di mano

• sviluppo software per la realizzazione delfeedback tattile dalla protesi al sistema nervoso

• sviluppo protocolli di sperimentazione

Centro Coordinatore del progettoIRCSS NeMeSis

• Fornitura dotazione tecnologica e apparecchia-ture per tMs ed eeg

• supporto logistico al paziente e alla sua famiglia

• Progettazione e sviluppo della protesi di manobiomeccatronica sensorizzata

Responsabile clinico - LifeHand 2

ha effettuato l’intervento chirurgico d’impiantodegli elettrodi sul paziente

Prof. Eugenio GuglielmelliDirettore Laboratorio di Robotica Biomedicae Biomicrosistemi,Università Campus Bio-Medico di RomaUCBM (Italia)

Il Team (ingegneri):ing. Phd loredana Zolloing. Francesco Petriniing. Phd antonella Benvenutoing. anna lisa ciancio

Il Team (neurologi):dr. Mario tombinidr. Phd giovanni di Pinodr.ssa Phd Florinda Ferreri

Prof. Thomas StieglitzDipartimento di Ingegneria dei Microsistemi,Università di Friburgo – IMTEK (Germania)

ing. Phd tim Boretius

• collaborazione allo sviluppo di modelli mecca-nici ed elettrici (analitici e computazionali) delnervo periferico animale e umano

• collaborazione alla definizione delle specifichefunzionali e tecniche per la realizzazione deglielettrodi

• sviluppo protocolli di sperimentazione• selezione del paziente• Partecipazione all’esecuzione dei protocolli cli-

nici e neurofisiologici della sperimentazione

• Progettazione e sviluppo elettrodi TIME

Prof. Silvestro MiceraEcole Polytechnique Federale de LausanneEPFL (Svizzera)Scuola Superiore Sant’Anna – SSSA (Italia)

Il Teaming. Phd stanisa Raspopovicing. Marco capogrossoing. Marco Bonizzatoing. Jacopo carpanetoing. Jacopo Rigosaing. luca citi (visiting dalla University of essex)

Il Teamdr. giuseppe granataing. Francesca Miragliasig.ra astrid Van Rijn

Prof.ssa Maria Chiara CarrozzaIstituto di Biorobotica,Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa SSSA (Italia)

Il Teaming. Phd Marco controzziing. Phd calogero Maria oddoing. Phd christian cipriani

Prof. Paolo Maria RossiniDirettore Istituto di Neurologia,Policlinico Universitario Agostino Gemelli (Italia)IRCCS San Raffaele Pisana (Italia)

Prof. Eduardo Marcos FernandezNeurochirurgo, Policlinico Universitario Agostino Gemelli (Italia)

IRCCS San Raffaele Pisana

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7 | La tecnologia: elettrodi e protesi

Gli elettrodi: l’hardware di comunicazione trafibre nervose e computer

chiamati TIME (Transverse Intrafascicular Multi-channel Electrodes), gli elettrodi intraneurali im-piantati nei nervi del paziente per la sperimen-tazione LifeHand 2 sono stati progettati esviluppati presso il laboratorio di MicrotecnologiaBiomedica dell’iMteK (Institut für Mikrosystem-technik) dell’Università di Friburgo, sotto la di-rezione del Prof. thomas stieglitz.

Pienamente biocompatibili, gli elettrodi TIMEsono progettati, costruiti e testati per essere im-piantati trasversalmente rispetto ai fascicoli ner-vosi che compongono un nervo (strutture deldiametro minimo di 220 micrometri, circa quantotre capelli). l’impianto trasversale alle strutturedel nervo ha lo scopo di ottenere il maggior nu-mero possibile di punti di contatto tra i canali dicomunicazione degli elettrodi e le fibre nervose,così da moltiplicare le possibilità di comunica-zione con il sistema nervoso centrale. gli elettrodiTIME hanno larghezza variabile. la parte più largainserita nel nervo è pari a 350 micrometri. il lorospessore globale è pari a circa 22 micrometri.

i 16 contatti elettrici (o siti attivi) di cui sono do-tati gli elettrodi, sono stati realizzati in platino eossido di iridio su un substrato di poliimmide,che ne garantisce l’isolamento e la flessibilità.ciascun punto di contatto ha un diametro di 80micrometri (il diametro di un capello è pari a 70micrometri). gli elettrodi sono in grado di soste-nere una carica elettrica pari a 120 nanocou-lomb. nelle prove in laboratorio hanno mostratostabilità di funzionamento dopo oltre 25 milionid’impulsi elettrici ricevuti.

nell’ambito della sperimentazione, gli elettrodihanno evidenziato una capacità particolarmentealta – mai raggiunta finora – di attivazione se-lettiva delle fibre nervose distribuite lungo il dia-metro del nervo. Questo ha permesso di generaresensazioni nel sistema nervoso del paziente giàcon impulsi d’intensità molto inferiore a quelliutilizzati nella sperimentazione LifeHand del2008. la riduzione dell’intensità degli impulsi èimportante, perché corrisponde a una diminu-zione dello stress sui nervi in fase di sperimen-tazione e quindi del rischio di loro infiammazione.

Fino al trentesimo giorno di sperimentazione, iquattro elettrodi non hanno causato alcun tipo didisagio o fastidio al paziente. anche dopo la rimo-zione operatoria, i TIME impiantati hanno eviden-ziato piena funzionalità e prestazioni inalterate.

La protesi: una mano artificiale sensorizzata

il prototipo di protesi biomeccatronica utilizzatanell’ambito delle sperimentazioni, è stata svilup-pata e realizzata presso l’ArtsLab della scuolasuperiore sant’anna di Pisa. si chiama OpenHande rappresenta l’evoluzione dei prototipi Cyber-Hand e SmartHand, utilizzati in precedenti pro-tocolli sperimentali, tra i quali anche il progettodi ricerca LifeHand del 2008.

l’architettura del prototipo è stata realizzata inmodo da garantire, a livello meccanico, più gradidi libertà. dotata di elevate capacità di controllo,la protesi è in grado – potenzialmente – di ese-guire in pratica tutti i movimenti di una manonaturale.

OpenHand è frutto di un progetto di ricerca bien-nale (OPEN neuro-prosthetic HAND platform forclinical trials) promosso dal Ministero dell’istru-zione, dell’Università e della Ricerca italiano(MiUR). dimensioni, capacità di movimento delledita e peso (poco più di 600 grammi) sono com-patibili con quelli di una mano umana.

ai fini della sperimentazione sono stati attivaticontemporaneamente, tra i sensori tattili pre-senti sulle cinque dita di OpenHand, quelli di in-dice e mignolo. i sensori tattili erano capaci, gra-zie a un particolare algoritmo di conversione edecodifica presente sul computer a essa colle-gato, di restituire cariche di corrente elettricaproporzionali alla quantità di pressione esercitatanel contatto con oggetti o altri elementi esterni.

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8 | Le novità rispetto a LifeHand

LifeHand 2 è la naturale prosecuzione delle ricerche che hanno condotto nel 2008 al successo interna-zionale di LifeHand. il paziente allora sottoposto alla sperimentazione fu un giovane italo-brasiliano,Pierpaolo Petruzziello, che aveva subito la medesima amputazione di dennis aabo sørensen, protagonistadi questa seconda sperimentazione (mano sinistra, relativamente vicina alla zona distale). anche inquel caso furono impiantati nei nervi mediano e ulnare del paziente quattro elettrodi intraneurali,collegati alla protesi biomeccatronica CyberHand, di due generazioni precedente alla OpenHand utilizzatada dennis. i risultati di quella prima sperimentazione furono presentati all’opinione pubblica nel corso diuna conferenza stampa tenutasi all’Università campus Bio-Medico di Roma nel dicembre 2009.

LifeHand aveva l’obiettivo di permettere al paziente di effettuare tre movimenti-base della mano (pugno,pinza e contrapposizione pollice-indice) attraverso un dialogo diretto tra protesi e cervello, che passassedirettamente ed esclusivamente dal sistema nervoso e non da comunicazioni innaturali. comandi motoriinviati dal cervello alla periferia possono infatti anche essere raccolti da elettrodi mioelettrici fissatisulla superficie del corpo in corrispondenza di alcuni tessuti muscolari, come pettorali o muscoli delbraccio. gli elettrodi mioelettrici rimandano a loro volta il segnale di movimento alla protesi. È una co-municazione efficace, ma appunto innaturale. l’obiettivo di LifeHand fu raggiunto, anche se il controlloneurale della protesi fu gestito senza che la mano artificiale fosse impiantata sul moncherino delpaziente e senza alcun feedback sensoriale che dalla protesi fosse inviato al cervello.

con LifeHand 2 i ricercatori si sono quindi impegnati, a distanza di cinque anni dal primo esperimento,a realizzare anche una risposta tattile che, dai sensori della protesi arrivasse al cervello del paziente.Quest’ultimo, grazie alle informazioni sensoriali, doveva riuscire a riconoscere forma e consistenza deglioggetti, dosando di conseguenza la forza applicata ad ogni movimento di presa. nel caso di LifeHand 2,inoltre, la protesi è stata calzata sul braccio del paziente che aveva subito l’amputazione, creando quindiuna condizione fisica di utilizzo più realistica che nel 2008, sebbene non ancora definitiva.

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Le due sperimentazioni a confronto

LifeHand (2008) LifeHand 2 (2013)

Durata della sperimentazione 30 giorni(incluso intervento chirurgico)

30 giorni(incluso intervento chirurgico)

Dimensioni taglio operatorio 8 cm 15 cm

Numero elettrodi impiantati 4 elettrodi nei nervi medianoe ulnare

4 elettrodi nei nervi medianoe ulnare

Tipo elettrodi utilizzati tf-LIFE (thin-film LongitudinalIntra-Fascicular Electrode)

elettrodi biocompatibili,impiantabili longitudinalmente

sul nervo

TIME (Trasverse IntrafascicularMultichannel Electrode)

elettrodi biocompatibili,impiantabili trasversalmente

al nervo, per aumentarne i puntidi contatto con le fibre nervose

e moltiplicare le possibilitàdi comunicazione con il sistema

nervoso centrale

Diametro elettrodo 80 micrometri 80 micrometri

N° contatti (siti attivi) elettrodo 12 per elettrodo(8 + 2 controlli + 2 masse)

16 per elettrodo(14 + 2 masse)

Diametro contatti 25 micrometri 10 micrometri

Materiale usato per i contatti Platino-iridio con substratodi poliimmide

Platino e ossido di iridiocon substrato di poliimmide

Corrente elettricapotenzialmente iniettabile

circa 4 nano-coulomb 120 nano-coulomb

Tipo di stimoloper far muovere la protesi

impulsi neurali provenienti dalcervello del paziente attraversocollegamento con gli elettrodi

intraneurali

impulsi mioelettrici provenientida cinque elettrodi superficiali

collocati sui muscolidell’avambraccio sinistro

del paziente

Modalità di estrazionedei segnali neurali elementari

(spikes) dagli elettrodi

acquisizione da un singolocanale alla volta

acquisizione contemporaneada più canali di comunicazione

con i nervi periferici

Feedback tattile dalla manoal paziente

assente Presente(2 sensori tattili installati su

indice e mignolo della protesi)

Condizioni ambientalidi sperimentazione

Mano biomeccatronicasu banco, connessa a distanza

agli elettrodi impiantati

Mano biomeccatronicafissata su invaso indossatodirettamente dal paziente

sull’avambraccio dell’arto leso

Abilità principali riscontratecon la sperimentazione

capacità di far muovere perimpulso neurale le dita dellamano per eseguire tre prese:

• pinza• movimento del mignolo• pugno

capacità di controllo finee manipolazione attraverso

la protesi per:

• riconoscere la posizionedi un oggetto rispetto alla mano

• riconoscere la diversaconsistenza degli oggetti

• riconoscere la formaelementare degli oggetti

• effettuare prese degli oggetticon la giusta forza

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Prof. Silvestro Micera,BioingegnereCoordinatore progetto NeMeSisScuola Superiore Sant’Anna di Pisaed Ecole Polytechnique Federale de Lausanne

GLI OBIETTIVI DI LIFEHAND 2“L’obiettivo del progetto è lo sviluppo e l’uso finedi una protesi di mano a controllo neurale bidire-zionale. Si tratta di utilizzare il sistema nervosoperiferico, quindi i comandi motori del paziente,registrando i segnali neurali e controllando la pro-tesi in maniera il più possibile naturale. Per farlo,bisogna stimolare i nervi sensoriali in manieratale da dare al cervello, in tempo reale, informa-zioni tattili. Lo scopo è avvicinarci il più possibileal controllo bidimensionale della mano naturale,come ognuno di noi fa quotidianamente”.

DIFFERENZE DI OBIETTIVO RISPETTO A LIFEHAND“Il progetto LifeHand è stato per noi una pietramiliare, perché ci ha permesso di capire che lastimolazione poteva dare feedback sensoriali eche era anche possibile registrare segnali neuralimotori corrispondenti a differenti tipi di presadella mano. L’attuale sperimentazione è statoun passo avanti. Il paziente aveva la mano pro-tesica innestata sul braccio amputato ed è riu-scito a controllare in tempo reale i tipi di presa,compiendone diversi grazie al continuo inviod’informazioni sensoriali al suo sistema nervoso.È la prima volta che questo tipo di approccioviene testato su un paziente”.

Dott. Giovanni Di Pino,NeurologoUniversità Campus Bio-Medico di Roma (UCBM)

SCELTA DEL PAZIENTE“Un soggetto che deve sopportare il carico ditrenta giorni di sperimentazione serrata, deveavere una fortissima motivazione, una grandeabilità cognitiva e, a parte l’amputazione, deveessere un soggetto sano”.

Prof. Eduardo Marcos Fernandez,NeurochirurgoUniversità Cattolica del Sacro Cuore (UCSC)

LE DIFFICOLTÀ POTENZIALIDELL’INTERVENTO CHIRURGICO“Bisognava creare un corretto rapporto tra i mi-croelettrodi, tutto l’ambiente intorno ad essi eil nervo, in maniera tale che non si creasseroconflitti tra il sistema che andavamo a impian-tare e il nervo stesso. Era, per esempio, impor-tante orientare gli elettrodi in modo da evitareun problema di compressione sui nervi, cheavrebbe procurato dolore al paziente e avrebbepotuto danneggiare il nervo stesso. Dal correttoposizionamento degli elettrodi attraverso i fa-scicoli nervosi dipendeva la possibilità di sfrut-tare al meglio, in fase sperimentale, i loro canalidi comunicazione”.

9 | Le dichiarazioni dei protagonisti

Dennis Aabo Sørensen,Paziente scelto per la sperimentazioneLifeHand 2

COME PERCEPISCE LA MANO BIOMECCATRONICA“Potrei dire che l’uso della protesi è simile a quellodella mia mano naturale, perché la percepisco ela ‘sento’ veramente, quando la muovo. È comese delle particolari vibrazioni mi facessero capirequando afferro un oggetto e com’è fatto”.

IL FEEDBACK SENSORIALE“Quella del feedback sensoriale per me è stataun’esperienza stupenda. Sembra incredibile po-ter sentire la consistenza differente degli og-getti, capire se sono duri o morbidi e avvertirecome li sto impugnando. Il feedback inoltre èmolto naturale. Sono convinto che questo sia ilfuturo delle protesi nel mondo”.

Prof. Paolo Maria Rossini,Neurologo, Responsabile clinicosperimentazione LifeHand 2Università Cattolica del Sacro Cuore (UCSC)

FASI DI SPERIMENTAZIONE“Tutta la sperimentazione è stata incentratasull’idea di riuscire, da una parte, a raggiungereun livello molto elevato di capacità del sistemad’interpretare ‘online’ gli ordini e di farli eseguirein modo adeguato alla mano robotica. Dall’altraavevamo l’obiettivo di esplorare i cambiamentinell’organizzazione del cervello di Dennis, cheavrebbero portato – come speravamo tutti – aun pieno controllo dei feedback della protesi daparte del soggetto”.

POSSIBILI DIFFICOLTÀ“Ci siamo presentati un po’ come i ricercatoridella prima missione lunare: dopo anni di lavorospingi il bottone, fai partire l’astronave e da lìnon si può più tornare indietro. Ci siamo avviatialla sperimentazione con la consapevolezza diaver fatto del nostro meglio e con la speranza ela fiducia che non ci sarebbero state situazionidi non ritorno. Ma in questi casi il rischio chequalcosa vada storto è sempre presente”.

Prof. Eugenio Guglielmelli,BioingegnereUniversità Campus Bio-Medico di Roma (UCBM)

IL FUTURO DELLA RICERCA IN QUESTO CAMPO“Sono in fase di sviluppo alcune innovazioni cheriguardano le modalità di stimolazione. Pun-tiamo, innanzitutto, a utilizzare campi magneticianziché segnali elettrici. Al posto di elettrodiavremo quindi microsonde e microbobine cheproducono questi campi e, a loro volta, generanosegnali elettrici che stimolano il nervo. L’intera-zione con il tessuto nervoso sarà così meno pro-blematica. Un'altra importante novità su cui cistiamo concentrando riguarda la distribuzioneottimale delle funzioni di controllo ed esecuzionedei movimenti tra arto artificiale e cervelloumano. Gli elettrodi, infatti, per quanto sofisticati,non possono captare tutte le informazioni chepassano attraverso le migliaia di fascicoli di unnervo. L'idea, quindi, è quella di far sì che gli elet-trodi registrino le intenzioni di movimento chearrivano dal cervello, ad esempio il tipo di presacon cui afferrare un oggetto, e che l'elaborazionedei comandi di movimento in ogni dettaglio siademandata a un computer di bordo posto sullaprotesi, per esempio al fine di garantire una presastabile e operazioni di manipolazione fine. Pre-vediamo di sperimentare su uomo queste inno-vazioni entro i prossimi due anni”.

Prof. Thomas Stieglitz,IngegnereIMTEK, Università di Friburgo

GLI ELETTRODI “TIME”“Ogni elettrodo TIME è un’interfaccia tra il mondodella tecnologia e quello della biologia. All’internodi queste interfacce può essere fatta passarecorrente elettrica proveniente dalle apparecchia-ture tecnologiche e diretta al nervo del paziente.È la prima volta che un elettrodo di questo tipoviene impiegato a livello sperimentale, ma siamosoddisfatti dei risultati ottenuti e contiamo di po-ter trasformare in futuro questi risultati in pro-dotti biomedicali di consumo”.

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10 | FAQ

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Che cos’è LifeHand 2?

È la seconda fase di un progetto di lungo periodoche mira alla realizzazione di un sistema protesicocontrollato e percepito in modo naturale dal pa-ziente che lo utilizza, con capacità di manipola-zione di oggetti simili a quelle di una mano umana.LifeHand 2 si è focalizzato sul controllo fine di unaprotesi di mano biomeccatronica. da una parte,si è riusciti a restituire al soggetto amputato lasensazione degli oggetti toccati con la protesi,creando un percorso che andava dai sensori mon-tati sulle dita della protesi, attraverso gli elettrodiimpiantati nei nervi mediano e ulnare del soggetto,fino al cervello. dall’altra parte, anche sulla basedelle informazioni percettive ricevute, il pazienteè stato in grado di manipolare gli oggetti control-lando in maniera fine i movimenti della protesi at-traverso impulsi mioelettrici.

Quali sono state, in sequenza,le fasi sperimentali? Con quale durata?

Batteria di test e controlli pre-operatori sul pa-ziente per verificarne la salute fisica generale e lacondizione di organizzazione delle cortecce ce-rebrali (motoria e sensoriale); intervento chirur-gico d’impianto degli elettrodi; fase pre-speri-mentale con mappatura delle vie di comunicazionetra sistema nervoso ed elettrodi e stimolazioneripetuta delle cortecce cerebrali del paziente me-diante treni d’impulsi specifici; creazione di uncircuito di comunicazione tra protesi robotica, col-legata agli elettrodi, e sistema nervoso del pa-ziente, per il ripristino del feedback tattile. l’interasperimentazione è durata 30 giorni a partire dal-l’impianto chirurgico (26 gennaio 2013) e si è con-clusa con un nuovo intervento di rimozione deglielettrodi (24 febbraio 2013).

Quali risultati ha ottenuto Lifehand 2?

l’analisi dei dati sperimentali ha dimostrato cheè stato ripristinato un effettivo feedback sensorialenel sistema nervoso del paziente, attraverso gliimpulsi provenienti dalle dita sensorizzate dellaprotesi di mano. Questo ha garantito il controllodella forza con cui il paziente ha effettuato presedi oggetti mediante la protesi artificiale e gli hadato la possibilità di distinguere tra differenti con-sistenze, dimensioni e forme elementari degli og-getti, comprendendone anche la posizione rispettoalla mano artificiale.

In che senso si può parlare di “chiusuradell’anello di reazione” tra circuito motorioe sensoriale?

i ricercatori hanno ottenuto che il paziente potessecontrollare in modo relativamente fine una protesidi mano sensorizzata (comando di movimento dalcervello alla protesi), grazie alla possibilità per ilsuo sistema nervoso di ricevere informazioni tattilisotto forma d’impulsi elettrici provenienti dalledita sensorizzate (flusso d’informazioni percettivedalla protesi al cervello).

Perché proprio quattro elettrodi?E perché il loro impianto nei nervi medianoe ulnare?

i ricercatori dovevano poter contare, almeno in ipo-tesi, su un collegamento tra fasci nervosi che fos-sero relativamente vicini tanto al comparto distale(la mano) che a quello prossimale (la spalla). l’in-serzione di due elettrodi per nervo ad angolaturedifferenti e ai limiti opposti della superficie nervosavisibile dal taglio operatorio garantiva in linea dimassima questa possibilità. i nervi mediano e ulnaresono stati scelti perché attraverso essi passano gliimpulsi cerebrali che consentono la quasi totalitàdel controllo naturale della mano umana.

In che senso si può parlare di “chiusura dell’anellodi reazione” tra circuito motorio e sensoriale?

i ricercatori hanno ottenuto che il paziente potessecontrollare in modo relativamente fine una protesidi mano sensorizzata (comando di movimento dalcervello alla protesi), grazie alla possibilità per ilsuo sistema nervoso di ricevere informazioni tattilisotto forma d’impulsi elettrici provenienti dalledita sensorizzate (flusso d’informazioni percettivedalla protesi al cervello).

Perché gli esami neurofisiologici sono statieffettuati prima, durante e al terminedelle fasi sperimentali?

i ricercatori hanno dovuto raccogliere evidenzediagnostiche della condizione di neuroplasticitàcerebrale del paziente prima dell’inizio della spe-rimentazione. hanno poi verificato eventuali cam-biamenti in atto durante il succedersi delle sedutedi stimolazione e di controllo della protesi. infine,hanno accertato eventuali cambiamenti nell’or-ganizzazione delle sue cortecce cerebrali (motoriae sensoriale) al termine delle fasi sperimentali.