energie nuove - n 1 febbraio 2015

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 Direttore: DENIS UGOLINI NUMERO 1 - FEBBRAIO-MARZO 2015 Pag. 2 - L'elettorato moderato perde rappresentanza  Davide Giacalone Pag. 3 -Proseguire nell'azione riformatrice Sandro Gozi Pag. 4 - Nuovo Centro Destra: quali alleanze Carlo Valentini Pag. 5 - In crisi l'Islam, non l'Occidente  Flavio Pasotti Pag. 6 - Debellare la minaccia per la libertà Giampaolo Castagnoli Pag. 7 - Il nemico è l'integralismo in ogni sua forna  Davide Buratti Pag. 8 - Recuperare le fondamenta della dignità dell'uomo  Piero Altieri Pag. 9 - La "buona scuola" e il merito  Patrizia Medri Pag. 10 - Dal Quantitative Easing al programma della Regione  Alberto Armuzzi Pag. 11 - Il "male oscuro" dell'economia  Enrico Brunazzi Pag. 12/13 -Pregi da valorizzare e limiti da ridurre. Per vincere nella globalizzazione Giancarlo Petrini Pag. 14/15 - L'impegno della Fondazione CRC nella società, nella cultura e nell'economia del territorio  Incontro con Bruno Piraccini Pag. 16 - Sviluppo Imprese Romanga: una porta sul futuro  Mario Riciputi Pag. 17 - Col pensiero corto non si costruisce il futuro Stefano Bernacci Pag. 18 - I corpi intermedi: quale futuro?  Maddalena Forlivesi Pag. 19 - Un confronto vero e trasparente  Emanuele Chesi Pag. 20 - Forlì e Cesena, la governance è debole  Massimo Bulbi Pag. 21 - L'agricoltura è passata di moda?  Domenico Scarpellini Pag. 22/23 - Renato Serra, "la luce che si è spenta". A cent'anni dalla scomparsa  Maurizio Ravegnani Pag. 24 - Renato Serra e il dovere necessario  Pietro Castagnoli Pag. 25 - La cultura come bene primario  Elide Giordani Pag. 26 - Un percorso ambizioso che necessita di collaborazione Christian Castorri Pag. 27 - C'era una volta la Pinacoteca Orlando Piraccini Pag. 28 - Non confondere cultura e turismo  Roberto Casalini Pag. 29 - Malatestiana: contempla re, custodire, attingere  Marino Mengozzi Pag. 30/31 - Il sistema culturale cesenate. Anche un percorso di attrazione turistica  Incontro con Davide T revisani Pag. 32 - Cultura: cos'è stato sbagliato?  Ines Briganti Pag. 33 - Cultura: investimento fondamen tale  Daniele Gualdi Pag. 34 - Per il Sindaco la volontà popolare conta se è favorevole  Paolo Morelli Pag. 35 - Parlando del centro e di parcheggi  Federico Bracci Pag. 36 - Piazza della Libertà (riparliamone) Giampiero Teodorani Pag. 37 - Rilievi su "Carta Bianca"  Franco Pedrelli Pag. 38- Cesena: trauma center della Romagna  Francesco Buccoliero Pag. 39 - Appello ai nuovi governanti regionali  Denis Ugolini Pag. 40/41 - In difesa dell'"alito del demonio" Carlo Flamigni Pag. 42 - Il diritto alla morte naturale Giancarlo Biasini Pag. 43 - Oltre l'ebola: un progetto di formazione medica Giorgio Biguzzi adesso buona rappresentazione dello stato  più generale, morale e politico, del nostro  Paese.  L’esplodere delle passioni, e solo quello,  finisce che qualche sb occo lo incalza. C’è varietà di ammonimenti, nella storia.  È all’organizzarsi delle inizi ative che si deve mettere mano. Quelle passioni devono arricchirsi di senso di responsab ilità e in- canalarsi verso costruzioni e collaborazio- ni di comune interesse. Non continuare a dividere e lacerare. Nella politica, e nella  socie tà c ivile , ta rati certi becer i estremismi , la gran parte è, può essere, responsabil- mente ragionevole. A Renzi toccano le prime mosse. Non le tattiche “corte”, partitiche, comunicative. Se è statista - e vorremmo che fosse - c’è grande condizione per darne  prova. N on basterà dir e: o così o pomì.  fi da re so lo su ll a (r es po ns ab il e) “costrizione” altrui ad assecondarlo di  front e all a grav ità inc omb ent e (in una  situazione anche senza quella già difficile e complicata). Contro la minaccia dell’Isis che è lì alle  port e, i l suo gover no abbi sogn a d i un soste-  gno politico maggiore e p iù f orte. È una necessità di per sé, ma lui deve sapere co-  struirne le condizioni e favorirla. Lo deve  fare nel Paese e nel Parlamento. Al Naz-  zar eno semmai si oc cupi di ciò che lo devia da questo obiettivo e dal cambiamento cui in molti hanno messo fiducia e consenso (anche quando nel merito - vedi, ad esem-  pio, riforme costituzionale ed elet torale - non piaceva granché, noi fra quelli).  Ragi one volezza e respo nsab ili vann o incalzate anche da tutti noi cittadini, sol che smettiamo le passioni delle tifoserie e degli antagonismi. Ognuno con e dentro le parti in cui più si riconosce e si ritrova.  Ma riconosce ndoci e r itrovandoci anche italiani, dello stesso Paese. Renzi deve muovere. Per rinnovati rapporti politici. A dar forza all’azione di governo contro la minaccia fondamentalista; a proseguire il  pr oce sso di riforma con più app ort o e con di- visione.  Non ratif icand o il clima e la cond izion e po - litica “post- Mattarella”, ma superandoli. Guardando verso la gran parte che è fra  gli estremismi, non verso alcuni di es si, a n- che se più prossimi se non addirittura interni al suo stesso partito. Quelle parti di “mez-  zo” ch e, anch ’esse, dovran no far conti con i loro estremismi prossimi e interni e stac- carsene.  Inevitabile. Sarà gu erra per contrasta re la minaccia che avanza dalla Libia e dal  califfato. E non a base di twittate e postate.  Affron teremo tal prova nell e condi zioni morali e politiche attuali? Con l’Europa rappresentata dal “gioco di squadra” di cui sarebbe espressione la Mogherini? Con una politica estera americana, da un  po’ di temp o, non più rife rime nto così soli do come in passato? Con una politica nazio- nale di cui è espressione la condizione post- elezione del Presidente della Repubblica?  Pressoché allo sbando. In P arlamento si  fan botte; si affronta la riform a costi tu-  zionale i n una Camera semivuota. Anc he  parte di qu elli ch e pur e l’ave vano votata al Senato se ne vanno in compagnia di quanti,  sia in u n posto che nell’alt ro, s i cimentano a “spaccatuttochisenefrega” e con quelli che son contro il “bullismo” di Renzi , per- chè quella riforma aveva il marchio del  Naz zar eno. S on rima sti nell ’au la semi vuot a, quelli della maggioranza di governo e del  Pd. Compr esi bersanian i e sinistra Pd ch e dissentivano per l’intesa con i berlusconiani e che oggi ne vorrebbero il ripristino. Renzi,  si di ce, h a co mpiuto un c apola vor o po litico  facen do elegg ere Mattarel la. Ha ricom -  pattato il Pd. So lo quel g iorno? Il più insi- dioso anti-renzismo è ancora lì dentro. S’è dissolta la seppur circoscritta collabora-  zione più ampia per le riforme.  Per ragi oni di n uovo clima poli tico, dico no.  Non pe r il merito, che non ess endo c am- biato, non si comprende perché (a taluni) andava bene prima e adesso non più.  Polit ica in s band amento. S chizz ati s quili bri  parl ame ntar i. Fuo ri dal pal azzo non è meglio e non è diverso. Renzi esibisce sicu- rezza. Dice che si andrà avanti, comunque, altrimenti si andrà alle elezioni anticipate.  È interessante p rovar e ad immaginarne la condizione: senza riforma costituzionale, con Camera e Senato come adesso. E con quale sistema elettorale? Allo s tato c’è so - lo il consultellum: proporzionale di risulta dai tagli della Consulta al porcellum.Che bel quadretto! Alcuni mesi fa era solo impensabile un eventuale voto anticipato nell’anno dell’Expo. Che inizia lo stesso,  fra poche settimane.  L’Expo? Ma qui si parla di guerra. Certo  se ne far à sop rat tutt o ques tio ne da talk sho w .  Ma è g uerr a ve ra. V era la m inac cia del fon- damentalismo del califfato. Vera la necessità di farvi fronte con durezza e determinazione. “L’esplodersi delle passioni, non l’orga- nizzarsi delle iniziative” (P. Gobetti) è già  Bisogno di statisti 

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Periodico di riflessione politica, economica e sociale.

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  • Direttore: DENIS UGOLINI

    NUMERO 1 - FEBBRAIO-MARZO 2015

    Pag. 2 - L'elettorato moderato perderappresentanzaDavide GiacalonePag. 3 -Proseguire nell'azione riformatriceSandro GoziPag. 4 - Nuovo Centro Destra: quali alleanzeCarlo ValentiniPag. 5 - In crisi l'Islam, non l'OccidenteFlavio PasottiPag. 6 - Debellare la minaccia per la libertGiampaolo CastagnoliPag. 7 - Il nemico l'integralismo in ogni suafornaDavide BurattiPag. 8 - Recuperare le fondamenta della dignitdell'uomoPiero AltieriPag. 9 - La "buona scuola" e il meritoPatrizia MedriPag. 10 - Dal Quantitative Easing al programmadella RegioneAlberto ArmuzziPag. 11 - Il "male oscuro" dell'economiaEnrico BrunazziPag. 12/13 -Pregi da valorizzare e limiti daridurre. Per vincere nella globalizzazioneGiancarlo PetriniPag. 14/15 - L'impegno della Fondazione CRCnella societ, nella cultura e nell'economia delterritorioIncontro con Bruno PiracciniPag. 16 - Sviluppo Imprese Romanga: una portasul futuroMario RiciputiPag. 17 - Col pensiero corto non si costruisce ilfuturoStefano BernacciPag. 18 - I corpi intermedi: quale futuro?Maddalena ForlivesiPag. 19 - Un confronto vero e trasparenteEmanuele ChesiPag. 20 - Forl e Cesena, la governance deboleMassimo BulbiPag. 21 - L'agricoltura passata di moda?Domenico ScarpelliniPag. 22/23 - Renato Serra, "la luce che si spenta". A cent'anni dalla scomparsaMaurizio RavegnaniPag. 24 - Renato Serra e il dovere necessarioPietro CastagnoliPag. 25 - La cultura come bene primarioElide GiordaniPag. 26 - Un percorso ambizioso che necessita dicollaborazioneChristian CastorriPag. 27 - C'era una volta la PinacotecaOrlando PiracciniPag. 28 - Non confondere cultura e turismoRoberto CasaliniPag. 29 - Malatestiana: contemplare, custodire,attingereMarino MengozziPag. 30/31 - Il sistema culturale cesenate. Ancheun percorso di attrazione turisticaIncontro con Davide TrevisaniPag. 32 - Cultura: cos' stato sbagliato?Ines BrigantiPag. 33 - Cultura: investimento fondamentaleDaniele GualdiPag. 34 - Per il Sindaco la volont popolare contase favorevolePaolo MorelliPag. 35 - Parlando del centro e di parcheggiFederico BracciPag. 36 - Piazza della Libert (riparliamone)Giampiero TeodoraniPag. 37 - Rilievi su "Carta Bianca"Franco PedrelliPag. 38- Cesena: trauma center della RomagnaFrancesco BuccolieroPag. 39 - Appello ai nuovi governanti regionaliDenis UgoliniPag. 40/41 - In difesa dell'"alito del demonio"Carlo FlamigniPag. 42 - Il diritto alla morte naturaleGiancarlo BiasiniPag. 43 - Oltre l'ebola: un progetto di formazionemedicaGiorgio Biguzzi

    adesso buona rappresentazione dello statopi generale, morale e politico, del nostroPaese.Lesplodere delle passioni, e solo quello,finisce che qualche sbocco lo incalza.C variet di ammonimenti, nella storia. allorganizzarsi delle iniziative che sideve mettere mano. Quelle passioni devonoarricchirsi di senso di responsabilit e in-canalarsi verso costruzioni e collaborazio-ni di comune interesse. Non continuare adividere e lacerare. Nella politica, e nellasociet civile, tarati certi beceri estremismi,la gran parte , pu essere, responsabil-mente ragionevole. A Renzi toccano le primemosse. Non le tattiche corte, partitiche,comunicative. Se statista - e vorremmoche fosse - c grande condizione per darneprova. Non baster dire: o cos o pom.N fidare solo sulla (responsabile)costrizione altrui ad assecondarlo difronte alla gravit incombente (in unasituazione anche senza quella gi difficilee complicata).Contro la minaccia dellIsis che l alleporte, il suo governo abbisogna di un soste-gno politico maggiore e pi forte. unanecessit di per s, ma lui deve sapere co-struirne le condizioni e favorirla. Lo devefare nel Paese e nel Parlamento. Al Naz-zareno semmai si occupi di ci che lo deviada questo obiettivo e dal cambiamento cuiin molti hanno messo fiducia e consenso(anche quando nel merito - vedi, ad esem-pio, riforme costituzionale ed elettorale -non piaceva granch, noi fra quelli).Ragionevolezza e responsabilit vannoincalzate anche da tutti noi cittadini, solche smettiamo le passioni delle tifoserie edegli antagonismi.Ognuno con e dentro le parti in cui pi siriconosce e si ritrova.Ma riconoscendoci e ritrovandoci ancheitaliani, dello stesso Paese. Renzi devemuovere. Per rinnovati rapporti politici. Adar forza allazione di governo contro laminaccia fondamentalista; a proseguire ilprocesso di riforma con pi apporto e condi-visione.Non ratificando il clima e la condizione po-litica post- Mattarella, ma superandoli.Guardando verso la gran parte che fragli estremismi, non verso alcuni di essi, an-che se pi prossimi se non addirittura internial suo stesso partito. Quelle parti di mez-zo che, anchesse, dovranno far conti coni loro estremismi prossimi e interni e stac-carsene.

    Inevitabile. Sar guerra per contrastare laminaccia che avanza dalla Libia e dalcaliffato. E non a base di twittate e postate.Affronteremo tal prova nelle condizionimorali e politiche attuali? Con lEuroparappresentata dal gioco di squadra dicui sarebbe espressione la Mogherini?Con una politica estera americana, da unpo di tempo, non pi riferimento cos solidocome in passato? Con una politica nazio-nale di cui espressione la condizione post-elezione del Presidente della Repubblica?Pressoch allo sbando. In Parlamento sifan botte; si affronta la riforma costitu-zionale in una Camera semivuota. Ancheparte di quelli che pure lavevano votata alSenato se ne vanno in compagnia di quanti,sia in un posto che nellaltro, si cimentanoa spaccatuttochisenefrega e con quelliche son contro il bullismo di Renzi , per-ch quella riforma aveva il marchio delNazzareno. Son rimasti nellaula semivuota,quelli della maggioranza di governo e delPd. Compresi bersaniani e sinistra Pd chedissentivano per lintesa con i berlusconianie che oggi ne vorrebbero il ripristino. Renzi,si dice, ha compiuto un capolavoro politicofacendo eleggere Mattarella. Ha ricom-pattato il Pd. Solo quel giorno? Il pi insi-dioso anti-renzismo ancora l dentro. Sdissolta la seppur circoscritta collabora-zione pi ampia per le riforme.Per ragioni di nuovo clima politico, dicono.Non per il merito, che non essendo cam-biato, non si comprende perch (a taluni)andava bene prima e adesso non pi.Politica in sbandamento. Schizzati squilibriparlamentari. Fuori dal palazzo non meglio e non diverso. Renzi esibisce sicu-rezza. Dice che si andr avanti, comunque,altrimenti si andr alle elezioni anticipate. interessante provare ad immaginarne lacondizione: senza riforma costituzionale,con Camera e Senato come adesso. E conquale sistema elettorale? Allo stato c so-lo il consultellum: proporzionale di risultadai tagli della Consulta al porcellum.Chebel quadretto! Alcuni mesi fa era soloimpensabile un eventuale voto anticipatonellanno dellExpo. Che inizia lo stesso,fra poche settimane.LExpo? Ma qui si parla di guerra. Certose ne far soprattutto questione da talkshow.Ma guerra vera. Vera la minaccia del fon-damentalismo del califfato. Vera la necessitdi farvi fronte con durezza e determinazione.Lesplodersi delle passioni, non lorga-nizzarsi delle iniziative (P. Gobetti) gi

    Bisogno di statisti

  • di Davide Giacalone*

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    L'elettorato moderato perde rappresentanza

    Le prove che attendono lItaliasono di tipo economico.E vero che le politiche dellaBanca Centrale Europea cifavoriscono e sono espansive,togliendo credibilit a quanticontinuano a recitare la litaniadel presunto rigorismo, ma anche vero che lalzarsi dellamarea solleva tutte le barche,ma solo chi pronto riprenderla navigazione, mentre gli altriresteranno a stagnare. Sebbene

    qualche centimetro pi in alto. I giornali e la propagandapossono pascersi delle gnagnere sulle tasse che calano, machi fa impresa o chi deve decidere sui propri consumi vedee contabilizza che la realt diversa. N potrebbe esserediversamente, se non cala la spesa pubblica. Dobbiamo allaBce la riduzione della voragine degli spread, come ledobbiamo la maggiore facilit nel rientrare nei parametri.Ma questo conta poco se investimenti e consumi nonriprendono.Ma mentre questi dovrebbero essere i problemi in primopiano, mettendo sullo sfondo le pur legittime questionipolitiche, da noi accade il contrario. La scena pi rappresentata quella politica, che decisiva solo perchi la vive. A me pare di avere visto benequel che Matteo Renzi avrebbe com-portato: la fine della tradizione e dellaradiazione fossile comunista. E accaduto, un fatto positivo ed un suo merito.Ma deve tradursi in atti governativi con-creti e dettagliati, per divenire com-mestibile. Se, dunque, da una parte nonho motivo di rivedere lapertura di creditofatta fin dalla prima Leopolda, dallaltra devo osservare chefra lorale e lo scritto c una significativa differenza. Fralo scritto e il praticato, poi, la differenza si allarga.E non affatto un bene.A sinistra, comunque, quale che sia il giudizio di ciascuno,la storia s mossa. Non mi piacciono diverse cose, ma inmovimento. A destra in smottamento. Non s mossa, franata. Ne dimostrazione la vicenda legata allelezionedel Presidente della Repubblica.Il nostro Presidente della Repubblica (presidente percheletto, nostro perch italiani) un cattolico moderato, ten-denzialmente bigotto, il cui nome stato usato perricompattare la sinistra e ridicolizzare la destra. Sia quellaal governo che quella nazzarena. Larma delle elezionianticipate ora totalmente nelle mani di Matteo Renzi, chetrionfa su tutti i fronti. Non la user, se nessuno intralceril suo cammino e contraster laffermarsi di una primaziapartitica e governativa. La user in caso contrario, sapendoche i suoi avversari non sono in grado di contrastarlo. Chipensasse, per indebolirlo, di usare i problemi seri e le difficoltche attendono lItalia, sarebbe un matto, capace solo diregalargli la rappresentanza esclusiva dellelettoratoragionevole. Perch questo il punto: lelettorato moderatoperde rappresentanza. Quella che aveva addomesticata otramortita.

    Perch un cattolico conservatore sia, ancora una volta,bandiera della sinistra, questione che riguarda la naturaprofonda dellItalia. Non si pu liquidarla in poche righe.Diciamo, con un Roberto DAgostino dantan, che il rifiutodelledonismo reganiano consustanziale al rifiuto delmercato e al sogno di coprire le pudenda dei conflitti coscome delle cantanti. La scena, comunque, chiara: il nostropresidente arriva al Colle cavalcando unonda che gli illusicredevano si fosse infranta sulle alte scogliere della secondaRepubblica bipolare e, invece, ne ha superato i ciotoli edominato gli eventi. Rieccoci qui.Ci sono gli orfani, per, e sono gli elettori moderati. Iconservatori non reazionari. I progressisti non palingenetici(non rivoluzionari, si sarebbe detto nel secolo scorso). Quelliche, essendo larga maggioranza, hanno dato il senso e lasostanza allItalia della prima Repubblica. Ora i suoi pretesirappresentanti sapprestano a essere piallati alle elezioniregionali. Dove la loro sconfitta non sicura solo perchla Lega ne prende la guida. E tutto si pu sostenere,condividendo o meno le posizioni di Matteo Salvini, manon che uscire dalleuro, ripudiare lEuropa e allearsi conla destra francese abbia granch a che vedere con larappresentanza dei moderati. Ma il problema, a scansodequivoci, non mica Salvini. Il problema sono SilvioBerlusconi e Angelino Alfano. Il primo contraente di un

    patto che lo ha sfondato al petto. Ilsecondo alleato governativo di chi nonsente neanche il bisogno non dico diconsultarlo, ma di avvertirlo. Anche inquesto caso: rieccoci qui.Ventitr anni fa si distruggeva un mondopolitico e ci si domandava con cosa ecome si sarebbe tenuta assieme la classedirigente italiana. Berlusconi fu la ri-sposta: federando il centro destra e dando

    una ragione desistenza al centro sinistra. Capolinea. Ilsuicidio moderato consisterebbe nellabbandonarsi allanti-renzismo, come la sinistra fu posseduta dallantiber-lusconismo.La frammentazione prelude al mero galleggiamento, datoche le leggi elettorali (lesistente come la riformanda) loassicurano ai perdenti sminuzzati. Perdenti perchframmentati e frammentati per potere essere rappresentatinelle diversit. Il bipolarismo, ammesso che esista e chesia nel destino italiano, non compatibile con un similevuoto. Occorrono idee e personale. Nuovi. Le idee ci sono,tutto sommato. Le persone, non lo so. Vedremo. A sinistra,intanto, il vento della vittoria soffia forte nelle vele, ma labarca ha un comandante e la ciurma, mancando di classedirigente intermedia (la cui qualit deludente assai), mentrenella stiva cova il rancore degli spodestati, probabilmentedestinato a provocare poco pi che schiamazzi. Tutte ragioniche suggeriscono la necessit di coscienza politica, riflessionestorica, visione istituzionale e iniziativa riformatrice ineconomia. La contraddizione lacerante: il protrarsi dellacrisi rende ci sempre pi necessario e urgente, ma erodeil blocco sociale che dovrebbe sostenerlo. La colpa anchenostra, se si accetta di definire destino quella che una (purgrossa) difficolt.

    *Editorialista per Libero, Il Tempo e RTL 102.5

    Occorrono ideee personale. Nuovi.

    Le idee ci sono tutto sommato.

    Le persone non so

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    di Sandro Gozi*

    In ogni maratona che si rispetti,prima o poi, arriva la curva piimpegnativa o il tratto che favenir fuori tutta la caparbiete il coraggio degli atleti.Siccome mi capitato di cor-rerne tante, so bene cosa siprova quando si superano taliostacoli: non che la stradadiventa improvvisamente indiscesa, ma senza dubbioaumentano consapevolezza efiducia nelle proprie gambe (e

    nella propria testa). Il governo Renzi assomiglia molto aun maratoneta che si lasciato alle spalle alcuni passaggiparticolarmente importanti (come il Semestre Europeo) opotenzialmente pericolosi (approvazione del Jobs Act inSenato, elezione del Presidente della Repubblica) e che orapu continuare sulla sua strada fatta di riforme fondamentaliper il Paese. Questi primi giorni di febbraio sono importantiperch sgombrano il campo datante, troppe ambiguit che neimesi passati sono state associateal Pd e al suo leader. Non veroche la ragione di vita delgoverno fosse il Patto del Na-zareno.Lelezione del Presidente dellaRepubblica ha dimostrato,semmai ce ne fosse stato ulte-riore bisogno, che il Pd ha stret-to un accordo funzionale conForza Italia per lapprovazionedi alcune riforme di ampiorespiro, dalla legge elettoraleallabolizione del Senato, finoalla revisione del Titolo V dellaCostituzione. Come questo ac-cordo potesse comprendere anche la scelta dellinquilinodel Quirinale domanda che andrebbe rivolta a tantidietrologi nostrani. Tanto pi che, in occasione delle votazioniper il Colle, il Pd ha giocato una partita di grande respon-sabilit e saggezza: Sergio Mattarella una figura di assolutorilievo della nostra Repubblica e sar capace di unire ilPaese e di essere garante della Costituzione. La sua elezione avvenuta a larga maggioranza, frutto di una giustaintuizione da parte di Renzi che ha saputo compattare ilpartito e aprirsi alle altre forze politiche, dimostrando ancorauna volta che il Pd il perno del sistema politico.Come il Pd vuole essere il perno in Italia, lItalia, guidatadal Pd, ha lambizione di essere il perno del cambiamentoanche in Unione Europea. Abbiamo dimostrato che siamocapaci di condurre battaglie di fondamentale importanzadurante il Semestre di Presidenza: tutti ci aspettavano alvarco, ma il Semestre italiano stato di successo. Chiaro,se qualcuno pensava di trovarsi una lista della spesa di cosefatte o non fatte, probabilmente rimasto un po deluso.Lobiettivo che ci eravamo dati era molto pi rilevante:cambiare il modo di pensare e di agire a Bruxelles.

    Rovesciare limpostazione basata su austerity e rigore elanciare un nuovo lessico, con al centro le idee di crescita,flessibilit, investimenti. Ci siamo riusciti: non significache il nostro lavoro sia concluso, ma senza la forza del Pddi Renzi, e senza la forza dellItalia in Europa, non ci sarebbesicuramente stata questa inversione a U nellapproccio diBruxelles. Non un caso che il neoeletto Premier grecoAlexis Tsipras abbia scelto Roma come prima meta del suotour europeo: siamo un punto di riferimento per quelle forzeprogressiste che non si rassegnano allEuropa della Troika.Naturalmente, molte sono le differenze politiche con Syriza,ma lessenziale che possiamo lavorare insieme per unaUnione Europea diversa.Tutto ci non sarebbe stato possibile appena un anno fa.Abbiamo affrontato notevoli difficolt e resistenze, ma nesiamo sempre usciti e abbiamo tutta lintenzione di proseguirenel nostro cammino. A tal proposito: io non so se esista unacategoria definita renzismo, anzi quando la sento nominarepenso sempre alla scena del bellissimo film francese Leinvasioni barbariche, in cui i protagonisti, intellettuali di

    sinistra, fanno lelenco di tuttigli -ismi che hanno attra-versato, dal marxismo, alle-sistenzialismo in giPreferirei dunque parlare di go-verno, di Pd, di Renzi even-tualmente: resta il fatto che orapi che mai, superati gli scoglipi insidiosi, abbiamo loppor-tunit storica di proseguire nellanostra azione riformatrice.Completare liter di quelleattualmente in discussione inparlamento (Italicum, Riformadel Senato), rilanciare su temiquali fisco e giustizia, e avviarela stagione dei diritti civili:queste sono le nostre priorit.

    Abbiamo la forza ed il consenso per andare fino in fondo.E poi c la partita pi importante di tutte: quella dellaripresa economica dellItalia. In questi primi mesi tutta unaserie di indicatori lascia pensare che la tanto sperata ripresasia a un passo.Non ci sono ancora certezze assolute, ma il calo delladisoccupazione, laumento della produzione industriale euna rinnovata fiducia tra i consumatori ci permettono diessere ottimisti verso il 2015. Ecco perch non possiamofermarci, ma dobbiamo sfruttare al massimo questacongiuntura favorevole.A chi pensava facessimo solo chiacchiere, ecco i fatti: ri-spondiamo con i dati delleconomia e con le leggi approvatein parlamento. Abbiamo affrontato enormi difficolt, maora abbiamo la possibilit di dispiegare tutto il potenzialeinnovatore di questo governo. Il Pd guidato da Renzi oraal centro della politica italiana, cos come lItalia al centrodella scena europea. La maratona ancora lunga, ma legambe e la testa sono decisamente pi leggere.

    *Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministricon delega alle politiche europee

    Proseguire nell'azione riformatrice

    Lelezione del Presidente dellaRepubblica ha dimostrato, semmaice ne fosse stato ulteriore bisogno,

    che il Pd ha stretto un accordofunzionale con Forza Italia per

    lapprovazione di alcune riforme diampio respiro, dalla legge elettoraleallabolizione del Senato, fino alla

    revisione del Titolo V dellaCostituzione

  • di Carlo Valentini*

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    Cosa segna la bussola delcentrodestra? E in arrivo uninsidiosissimo passaggio,quello delle prossime re-gionali. Un cul de sac in cui rischiadi rimanere imprigionato ilNcd e di sgretolarsi quellal-leanza tra Ncd, Forza Italia eLega che Silvio Berlusconisembrava intenzionato a co-struire. In particolare Ncd

    a trovarsi di fronte a scelte complicate mentre Forza Italia,seppur sparigliata, ha comunque un leader (seppur vetusto)e un ancoraggio parlamentare (ufficialmenteallopposizione del governo e del Pd).La questione sulla quale Alfano in questi giorni costrettoad arrovellarsi che fare nelle sette elezioni regionali chesi avvicinano a grandi passi. Allearsi con Berlusconi eForza Italia, come vorrebbero i fautori della costituzionedi un nuovo, vasto rag-gruppamento di cen-trodestra?Ma come fa il Vicepre-sidente del Consigliononch Ministro degliInterni di un governoa guida Pd e con ForzaItalia allopposizionea schierarsi in una pro-va elettorale impor-tante come quella chearriver a primaveracontro il Pd e contro ilsuo Presidente delConsiglio?pi o meno, dellostesso ragiona-mentoche con durezza Matteo Renzi gli ha fatto sul Presidentedella Repubblica: il Vicepresidente del Con-siglio (eMinistro degli Interni) non pu votare contro. C dagiurare che il trionfante Renzi ripeter il copione: comepu lNcd, sovradimensionata nella compaginegovernativa, mettersi sul fronte opposto a quello delgoverno in ben 7 regioni?Lincompatibilit tra Vicepresidente del Consiglio alleatocol Pd e nello stesso momento leader di un partito alleatoalle regionali con Forza Italia evidente. Un conto andare alle elezioni politiche su fronti opposti dopo averegovernato assieme (succede in tutte le parti del mondo)un conto fare il salto della quaglia mentre si governa esi continua a governare.C inoltre un ulteriore elemento che non va sottovalutato:Silvio Berlusconi, al di l dei tatticismi, tende allalleanzacon Matteo Salvini, pi che mai in auge.

    Anche perch senza i voti della Lega il centrodestra nonva da nessuna parte. Ma Salvini ripete tutti i giorni chemai avr a fianco chi al governo col Pd e ha votatoMattarella. I leghisti vedono Alfano come il fumo negliocchi e non lo vogliono nemmeno in Veneto, dove hannoda difendere il presidente Luca Zaia e un pugno di votipotrebbe determinare la vittoria di uno o dellaltroschieramento. Ma su Alfano, e il suo partito, Salvini hamesso il veto, in Veneto come altrove. Dice: Da qui alleprossime elezioni regionali in Veneto il Ncd non ci sarpi. Inoltre escludo listoni unici o marmellate. E per farecapire che le sue intenzioni sono determinate non haesitato a dare uno schiaffo ad Alfano: ha accolto a bracciaaperte lex-portavoce del Ncd, Barbara Saltamartini, cheha lasciato il Ncd perch sostenere Renzi non pitollerabile.Allora Alfano potrebbe guardare dallaltraparte, cio al Pd e questo non dispiacerebbe a una partedei casiniani che sono confluiti (loro dicono che hannofatto alleanza) nel Ncd, guidati dal ministro allAmbiente,Gianluca Galletti, unico concor-rente pericoloso per

    Virginio Merola sedecidesse di candidarsia sindaco di Bologna.Lembrasson nous traNcd e Pd sarebbe unascelta che porterebbeil Ncd-Udc a occupareposti anche importantipoich le previsioniindicano una vittoriadel Pd (e dei suoi al-leati) almeno in trequarti delle Regioni.Ma se Alfano fatica atenere insieme il suopartito perch accusatodi essersi genuflessoverso Renzi e il Pd

    nella vicenda dellelezione del Presidente della Repubblica,figuriamoci che succederebbe se si estendesse lalleanzacol Pd dal governo alla periferia. Altro che dimissioni dalpartito e sbatter di porte. Sarebbe un esodo poich ladestra destra e insieme al Pd si pu sopportare solo unpiccolo tragitto dettato dallemergenza. Rimane lascappatoia di presentarsi in solitudine e forse sar questala scelta che far il duo Alfano-Casini. Ma il rischio evidente: contarsi alle regionali, dove occorrono strutturae organizzazione, pu risultare assai pericoloso. In piforse non si saranno ancora aggiustati allinterno delpartito i cocci del post-Mattarella. Se dalle urne uscisseuna percentuale infima sarebbe una debcle, com-promettendo anche la corsa alle politiche.Per il Ncd e tutto il centrodestra le prossime regionalisaranno un delicato, importante, decisivo banco di prova.

    Nuovo Centro Destra: quali alleanze?

    *Giornalista

  • 155

    di Flavio Pasotti*

    In questi anni abbiamo colpe-volmente lasciato alle emo-zioni il rapporto tra Islam eOccidente per un sentimentoambivalente degli italiani sullaimmigrazione: da una parte leimmagini dei barconi conmigliaia di arrivi dei cattiviclandestini, dallaltra le badantie gli operai buoni nelle no-stre case e nelle nostre aziende.E forze politiche che di pauree identit si fanno portatrici

    hanno estremizzato questi sentimenti per la loro so-pravvivenza elettorale. Posto che non tutta limmigrazione islamica, sarebbe bene tornare a ragionare perch unMedio Oriente in fiamme, la crisi ucraina e la strage diParigi ci costringono a fare i conti con la realt e non coni fantasmi. Il vero punto di partenza che il mondo oc-cidentale, quello che si sente in pericolo per lavanzatadellIslam, che scrive libri sulla sottomissione e che guardai terribili video dellIsis, non mai stato cos forte edegemone come in questi anni, pur non volendolo ammettereo senza rendersene collettivamente conto.La democrazia, frutto della cultura greca e non delle satrapieorientali, pur nelle sue deficitarie declinazioni lo strumentodi governo che ha guadagnato maggior spazio in questi 40anni: pi della met della popolazione mondiale vive inregimi totalmente o parzialmente democratici. Il way oflife dei gruppi dirigenti nel mondo pesantementeinfluenzato dai gusti, dal design, dal senso dellarte, dallepassioni nate e create in Occidente; le stesse citt, il nuovoe caotico luogo di sviluppo e crescita della ricchezza nelmondo, ripercorrono schemi, urbanistiche e architettureconsueti nelle nostre contrade. Gli standard di vita, larincorsa a maggiori tutele sociali, la rivendicazione di dirittial dissenso sono pienamente nel solco delle aspirazionipassate di europei e americani. Accade in tutto il mondo,dalla Cina lontana di Luigi Barzini alle metropoli arabe.Lorganizzazione del lavoro, leconomia capitalistica, ladistribuzione della ricchezza frutto della nostra storiavengono pi o meno rapidamente assorbiti dallo sviluppotumultuoso e irregolare di altri paesi. LOccidente comesintesi culturale di razionalit greco-romana e sanguebarbaro, come cultura assetata del sapere, a cui una conquista(oggi) scientifica non basta se non ne vede immediatamenteunaltra, ha segnato lo scorso secolo e si avvia ad essereancora il punto di riferimento della innovazione tecnologicanella quale immerso il nostro quotidiano.Questa affermazione del modello di vita Occidentale non un frutto recente ma il risultato di divorzi culturali epolitici maturati nei secoli. Con lIslam il divorzio nacquequando noi ereditammo il nostro passato, i manoscritti e letrascrizioni della poderosa filosofia greca, proprio dallIslamdel decimo secolo che lo aveva conservato nelle suebiblioteche. La differenza fu la diversa reazione di frontealle domande poste dalla filosofia e mentre noi con unpercorso tortuoso ce ne riappropriammo, furono i musulmania rinunciarvi in nome della supremazia della religionerispetto ad ogni filosofia, ad ogni capacit scientifica o

    empirica di comprendere la realt. In una parola, lororinunciarono alla razionalit greca, noi cominciammo arifarci i conti (sullargomento rimando alleccellente brevearticolo di Alfio Squillaci su www.glistatigenerali.it). Eprima la pace di Augusta con Cuius regio eius religio,ma ancor di pi la pace di Westfalia, segnano luscita dellaguerra dallambito dello scontro di religione e se anche civollero ancora secoli sanguinosi, se oggi viviamo un lungomomento di pace lo dobbiamo allaccumularsi di scienzapolitica, storia delle idee e laicizzazione delle istituzioni.Tutto tranquillo dunque? No, perch ci che ci inquieta,che percepiamo con orrore la differenza di valore che noidiamo alla nostra pi grande e recente conquista: il concettodi vita e il suo valore ha raggiunto in Occidente un livellodi sacralit laica nel nostro vivere quotidiano inconsuetoper popoli usciti da una serie inenarrabile di sanguinosiconflitti; ad un cos profondo senso di intangibilit nonerano mai giunte nemmeno le religioni monoteiste. Oggitoccare qualcuno, entrare con violenza nella sua esistenza uno shock sociale ancor prima che reato penale e pertutelare questo sentire si moltiplicano addirittura i profilidi reato, anche discussi come il femminicidio o gli omicidialla guida. Ecco, in questo misto di grande avanzata politica,economica e intellettuale da una parte e percepita ladifferenza della sacralit laica della vita rispetto ad altreculture nasce lo strabismo dellOccidente verso lIslam:non rappresenta una minaccia, perch se dovessimoconsiderarci in guerra dovremmo dire di aver conquistato,affascinato lavversario al punto che dobbiamo affrontareuna pressione di immigrati che qui vengono (e da lscappano) per cercare maggiori chance di vita come noncapitava dalla caduta dellimpero romano. Ma consideriamolIslam al punto da averne paura, di considerarci invasi,di sentirlo nemico perch porta un valore diverso nellenostre vite laicamente sacre. I video dellIsis nella loroaffettata crudelt mirano esattamente a esaltare questadifferenza di valore tra lOccidente e lIslam.Ma questa una prospettiva reale? Io non credo: chi incrisi lIslam, non lOccidente. E lIslam che non riescea trovare, probabilmente perch gli dottrinariamenteimpossibile, una modalit di esistenza che contemperi lamodernit e la crescita sociale con il corano. E lIslam che devastato dalle guerre di religione tra sciti e sunniti, dovei singoli gruppi sono costretti ad attaccare lOccidente eIsraele per giustificare agli occhi dei propri fedeli un propriomaggior grado di legittimit (e quindi di potere) nellagraduatoria della difesa del profeta. Questi sono problemigeostrategici in tutto simili a quelli che abbiamo vissutonella nostra storia, non ultima la guerra fredda.I problemi geostrategici purtroppo non hanno risoluzionia breve, e non sempre hanno risoluzioni pacifiche. Ma cinon significa che noi si debba rinunciare per paura allenostre conquiste di civilt, dalla libert di espressione aquella di religione alla sacralit delle nostre vite. Non puessere la paura a trascinare le nostre scelte, deve esserelesercizio della ragione nel comprendere gli altri enellesercitare quelle libert che gli altri vorrebberocancellare non potendosele permettere. Noi siamo il loroproblema, non loro il nostro.

    In crisi l'Islam, non l'Occidente

    *Imprenditore

  • di Giampaolo Castagnoli*

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    Je suis Charlie... nelle ultimesettimane lo abbiamo detto intanti ed andava fatto per cir-coscrivere dentro un perimetrochiaro quello che accomuna,anche in mezzo a diversit pro-fonde, chi crede che la libertsia il pilastro della nostra civilt,il barometro della nostraconvivenza, laria senza cui unademocrazia non pu respirare.Ma adesso quel Je suis Char-lie deve trasformarsi in un un

    Je suis Libert pi totalizzante. E soprattutto deve innalzarsida efficace slogan a realt tangibile.Quello che accaduto il 10 gennaio nella nostra bella piazzadel Popolo stato straordinario per varie ragioni. E qualcosache non dimenticher mai la scena di quasi tremila personepronte a ritrovarsi assieme, senza etichette identitarie (e laloro rinuncia a piantare bandierine in una circostanza delgenere esalta, a mio parere, le loro identit), in modo moltosemplice e spontaneo, per stringersi attorno ad un benecollettivo cos alto. Ed stato fondamentale, perch GeorgeBernanos lo ha scritto con invidiabile acutezza: La maggioreminaccia per la libert non sta nel lasciarsela togliere, perchchi se l lasciata togliere pu sempre riconquistarla, ma neldisimparare ad amarla. Mi ha colpito anche la grandepartecipazione alla manifestazione di giovani e di quelli chechiamiamo stranieri, ma prima o poi dovremo iniziare achiamare nuovi cittadini, spiegando in modo chiaro, nonsolo a loro ma anche alla italica gente, che diritti e doverisono i due piatti di quella bilancia che si chiama societdemocratica e ha le sue radici, guarda un po, nellilluminismofrancese.Non basta per esprimere il nostro sdegno per lamattanza nella redazione della rivista satirica Charlie Hebdo.E non neppure sufficiente dire che non siamo disposti adarretrare di un millimetro sul terreno della libert. Va fattodi pi. Vanno fatti dieci passi in avanti per debellare il virusche rischia di indebolire quella libert, o addirittura ucciderla.Allora la prima cosa da chiedersi con che virus abbiamo ache fare, che origine ha. E poi, data una risposta a questaprima domanda, bisogna fare attenzione ad individuare lamedicina giusta. Perch se si sbaglia, quel virus rischia didiventare ancora pi micidiale.Sulle cause, ho letto due analisi che mi sembrano degne diattenzione e riflessione. La prima lha postata, in un dibattitosu Facebook, Francesco Gualdi, cesenate collaboratore dicattedra allUniversit La Sapienza: Non ci sparano perquello che facciamo o abbiamo fatto, ma per quello chesiamo. La seconda unintelligente provocazione di KarimMetref, pubblicata su Internazionale, col titolo Io non midissocio. Ad un certo punto, questo blogger che vive aTorino scrive: Non ci sto con questi folli, non ci sto quandolo fanno a Parigi ma non ci sto nemmeno quando lo fanno aTripoli, Malula o Qaraqush. Non sto con loro e non sto conchi li arma un giorno e poi li bombarda il giorno dopo...Questa Europa deve essere costruita su valori di pace econvivenza anche altrove, non solo internamente, ammessoche internamente lo sia... Loro creano mostri e poi, quandogli si rivoltano contro, noi dobbiamo chiedere scusa, dissociarcie farci piccoli... Non chiedo scusa a nessuno e non mi dissocioda niente. Io devo pretendere delle scuse. Io devo chiedere

    a questi signori di dissociarsi, definitivamente, non adalternanza da questa gente: amici in Afghanistan e poi nemici,amici in Algeria e poi nemici, amici in Libia e poi non ancoranemici l ma nemici nel vicino Mali, amici in Siria e poi oramet amici e met nemici....Quelle di Francesco Gualdi e Karim Metref sembrano dueposizioni contrapposte, e invece io le vedo comecomplementari. E nel loro mix scorgo una strada da seguire.E semplicistico e ideologico dire che il terrorismo lo crealOccidente con le sue politiche ciniche in giro per il mondo,le sue sporche guerre e - aggiungo io - con una striscianteostilit, sempre pi diffusa, contro limmigrato, il profugo,il diverso. Ma bisogna fare i conti, con coraggio e senzaipocrisie, anche con queste nostre storture. Per esempio,nella marcia per la libert fatta a Parigi insopportabileavere visto tra i vari leader internazionali in prima fila quellodellArabia Saudita. Quel Paese amico degli Stati Uniti eche non crea imbarazzi allEuropa lo stesso che in quelleore dava le prime 50 frustate (su un totale di mille previste)ad un attivista che si limitato a chiedere aperture liberali,ed lo stesso che ha incarcerato due giovani donne colpevolidi avere voluto guidare unauto! Gi la sento la risposta:Bellezza... la realpolitik, ci sono relazioni economiche danon compromettere, il regime saudita ci serve comecontrappeso ad integralismi ancora pi pericolosi. Basta,io non ci sto pi! E mi permetto di dire che anche i Paesiliberi e democratici non dovrebbero starci pi. Anche perchi terroristi, come dice Gualdi, non ci sparano per quello chefacciamo ma per quello che siamo, per quello che facciamoaiuta non poco ad armare le loro mani, ad avvelenare le loromenti, a riempire di odio i loro cuori, creando sempre nuovamanovalanza per lorrore.Al tempo stesso, sono convinto che sia vero che lattaccoche ci sta scuotendo sia diretto essenzialmente contro quelloche siamo. E allora da qui deve partire la nostra reazione.Ma proprio per questo dico no agli incantatori che ci invitanoa buttarci a capofitto dentro una guerra di civilt controlIslam, che detto in modo cos tranchant vuole dire trattareda nemici 1 miliardo e 600 milioni di abitanti della Terra.Diffido anche da chi mi dice che dobbiamo essere menoaperti e magari limitare un po le libert in nome dellasicurezza. Fare questo significherebbe avere gi perso inpartenza la guerra vera, che quella dei valori: da una partec la libert, dallaltra ci sono le tenebre. Se combattiamole tenebre con le tenebre, il nome del vincitore lo sappiamogi. Mi importa poco che siano tenebre della marca A piuttostoche B. Sempre tenebre sarebbero.E allora il nostro essere difendiamolo con pi forza rispettoa quanto abbiamo fatto finora, ma mirando bene. Perch senon si mira bene, non solo si rischia di colpire chi non centra,ma addirittura di suicidarsi con un colpo di rimbalzo. Mirarebene, per me, vuole dire pi intransigenza ed anche unarepressione pi dura verso ogni forma di integralismo,violenza, violazione dei diritti fondamentali delluomo, masimultaneamente significa maggiore dialogo tra tutti quelliche ripudiano quella visione ripugnante della vita. A partiredal sostegno a viso aperto a chi dentro realt oscurantiste,interne ed esterne, si batte per allargare gli spazi di liberte rispetto per ogni essere umano. A chi pronto a lottare perquesto sono addirittura pronto a perdonare un po diintegralismo nel farlo.

    *Giornalista del Corriere Romagna

    Debellare la minaccia per la libert

  • 157

    di Davide Buratti*

    Il nemico l'integralismo in ogni sua forma

    La storia maestra di vita, mai popoli, colpevolmente, maio quasi mai si abbeverano dalleesperienze del passato. Romae la Grecia, scrive Jules Mi-chele ne "La storia di Roma",si riconobbero sorelle o finserodi esserlo.Sembr utile alla Grecia pro-clamarsi della stessa stirpedella grande citt barbarica cheaveva sconfitto Cartagine. A

    Roma parve titolo di nobilt essere considerata greca.Ognuna credette, insomma, di avere irretito l'altra, ma inrealt la Grecia perse la sua libert e Roma la sua civiltoriginale.Insomma, in un certo senso, persero tutte e due.Pensate che non sia pi successo? No, nel corso dei secolilo stesso errore stato commesso pi volte e, purtroppo,sar fatto ancora. Insomma, non ci pu essere una fusionedi culture. In nessun modoper annessione forzata, maneppure attraverso unamescolanza volontaria. Cipu essere una gradevoleconvivenza che, per, deveassolutamente passare dalrispetto reciproco, sia dellepersone che delle culture.Una convinzione, la mia, chesi fortificata con il passaredel tempo e che si e raf-forzata dopo l'attentato diParigi.Sabato 10 gennaio ero inpiazza del Popolo in oc-casione della mobilitazionecontro l'attentato e mi ha fattopiacere vedere non solo un'altissima partecipazione, maanche la presenza di molti musulmani, in alcuni casi donnecon i propri figli. E di tanti giovani. Insomma, Cesena harisposto in maniera forte e compatta. Ma su questo nonc'erano grossi dubbi.Il problema capire, a bocce ferme, cosa resta dell'attentatodi Parigi. L'impressione che tutto sia come prima. Ledistanze restano e difficilmente ci potranno essere degliavvicinamenti. Il fatto che questo non dovrebbe essere unproblema. E non lo quando si ha a che fare con personedi buon senso. Sia da una parte, che dall'altra. I probleminascono quando fa capolino l'integralismo. Ma questo unatteggiamento che diventata ostastivo anche in tante altresituazioni della vita.Il vero nemico da combattere, quindi, l'integralismo, inogni sua forma. altrettanto vero che di questo la religione forse la punta dell'iceberg. I problemi, per, non si risolvonocercando un punto di mediazione. Nonostante il ceppo sia

    lo stesso (Abramo), musulmani e cristiani sono distanti anniluce ed obiettivamente difficile pensare che si possa trovareun punto di incontro. Il confronto sempre utile e intelligenteperch pu aiutare a conoscere e capire le altrui posizioniarricchendo la propria cultura. Poi per le strade si divaricanoed ognuno deve essere libero di professare come crede esenza essere penalizzato, ma senza volere prevaricare ousurpare.C' ad esempio il tema delle moschee. Non sono e nondevono essere un problema. Al di l del fatto che la libertdi culto sancita dalla nostra Costituzione, logico ritenereche qualsiasi religione debba avere un luogo dove pregare.Inoltre, come sostiene anche Giannantonio Mingozzi, vicesindaco di Ravenna, la loro esistenza semplifica l'opera dicontrollo che devono fare le forze dell'ordine. Per altrettanto lecita la posizione di coloro che sostengono cheserve chiarezza sui finanziamenti. Bisogna tenere le antenneben dritte per evitare di creare delle teste di ponte nel nostroterritorio.Il pericolo, per, potrebbe esistere di pi se, in una zona

    pi o meno vasta, invece diuna singola struttura didimensioni rilevanti, ne esi-stessero molte delle piccole.Si correrebbe il rischio cheuna di queste fosse mono-polizzata dagli integralisti.Inoltre il lavoro dell'intel-ligence sarebbe pi compli-cato.L'attentato di Parigi, inoltre,ha acceso il dibattito sullalibert di informazione e sulruolo della satira.Va premesso che la base dellalibert di informazione ilpluralismo. La libert di in-formazione comprende anche

    la satira. Deve essere libera, ma deve cercare di autoregolarsi.La libert non e non deve essere il passaporto per l'e-sagerazione. E, in qualche caso, stato spinto pi del dovuto.Si andati ben oltre il buon senso. Questo, per, non giu-stifica, in alcun modo, quello che successo a Parigi. Quellova ben oltre. Per, per certi versi, sono sembrate esagerateanche le parole del Papa. Il riferimento alla reazione violenta(un pugno) da chi si sente offendere la madre pu esserequalcosa di istintivo che poi frenato dalla razionalit. Lareazione giustificata, non la violenza (qualunque essa sia).Ecco, da qui che si dovrebbe ripartire. La razionalit.Siamo diventati una societ multirazziale. Ne dobbiamoprendere atto e comportarci di conseguenza. Tutti dobbiamofarlo: vecchi e nuovi. Innalzando steccati e chiudendocia riccio non risolveremo niente. Nello stesso tempo ancheinutile cercare le responsabilit dell'altra parte. Ognunoriterr, sempre, di essere nel giusto.

    *Giornalista

    La libert di informazione comprende anche la satira.

    Deve essere libera, ma deve cercaredi autoregolarsi.

    La libert non e non deve essere ilpassaporto per l'esagerazione.

    E, in qualche caso, stato spinto pi del dovuto. Si andati ben oltre

    il buon senso. Questo, per, nongiustifica, in alcun modo, quello

    che successo a Parigi.

  • di Piero Altieri*

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    Recuperare le fondamenta della dignit dell'uomo

    Le recenti vicende che hannoportato lon. Sergio Mattarellaal Quirinale, la Casa degliItaliani, come Presidente dellaRepubblica, pur continuando amostrare conflitti di interessepi o meno trasparenti e que-stioni personali che, ancorauna volta, avrebbero volutomettere da parte il vero bene eil futuro del Paese, tuttaviahanno suscitato sguardi edemozioni che fanno ben sperareper il superamento di questa

    lunga crisi i cui effetti devastanti non solo incidonoamaramente sui bilanci delle famiglie, delle citt e delleaziende, ma ancor pi denunziano uno scollamento tra lagente e quanti frequentano il Palazzo o comunque unaindifferenza che penalizza quella doverosa partecipazionealla costruzione del bene comune che tutti deve coinvolgerci.Altrimenti? Le conseguenze tragiche, le generazioni delsecolo scorso le hanno segnate dolorosamente sulla loroesistenza. Energie Nove, aveva intitolato quasi agli inizidel Novecento, il giovane Gobetti tutto impegnato a rifondarela partecipazione alla vita politica che stava per esseredepredata da rigurgiti di unnazionalismo becero e nichilista.Ogni generazione (ma ai nostrigiorni il loro succedersi si moltoaccelerato!) deve entrare nel can-tiere aperto, per costruire la citta misura duomo. Anche ai nostrigiorni sono necessarie energienuove; nuove se radicate nellagenuina tradizione che ha forgiatolidentit storica del nostro Popolo.Tra le due guerre scatenate dalleideologie totalitarie del Neofa-scismo e del comunismo sovietico, quella tradizione fustravolta e strumentalizzata! Una nazionalizzazione dellemasse che ha condotto, seppure in tempi successivi, ai lager,ai gulag, agli stermini, ai genocidi, a cimiteri interrati inprofonde fosse comuni, senza un segno che possa richiamarelattenzione di qualcuno i familiari, gli amici rimastilontano. In giorni, i nostri, di individualismo radicale,esasperato dalla mancanza dei beni primari ma ancor pidalla nube tossica della corruzione, ad ogni livello, che agisceormai senza pudore data la impunit dei colpevoli seppurscovati dai magistrati e dalle forze di polizia, in assenza dimaestri e di testimoni autorevoli, il richiamo fiducioso aigiovani che stentano ad affacciarsi alle responsabilit loroproprie, storditi dalle molteplici droghe del nichilismoriaffermato da una cultura del niente. E dalle ingordigie ditanti che non sanno vedere oltre il proprio ombelico, unrichiamo azzardato eppure da proporre con fiducia. Comene fummo capaci allindomani del secondo conflitto mondiale!Nel cantiere della ricostruzione gi aperto nelle stagioni dellaresistenza e pur segnato crudelmente dalle ferite dellaguerra civile, pur nella confusione di una sinistra che siostinava a dare fiducia al sol dellavvenire mai sorto interra sovietica, si sono riassettate le strade, ricostruite le casee i ponti, riaperte le scuole e gli ospedali, le aziende manel fondo gorgogliava una presa di coscienza che si esprimer

    nei Principi fondamentali della Costituzione repubblicana.Oggi si parla di riforme costituzionali necessarie per renderepi agevole lopera dei legislatori e del governo, ma guai ainsidiare i fondamenti. Fondamenti scritti nella consapevolezzache vi stavano confluendo le diverse tradizioni culturali dellanostra storia; e si andava a ben prima delle campagne militaridel Risorgimento sabaudo. Una storia che ha le sue radicipi profonde nellantico mondo greco-romano, ravvivate efatte poi crescere, pur in mezzo a tante contraddizioni, nellaluce del Vangelo e questo ben oltre le cattedrali medioevali,i liberi comuni, la Commedia di Dante, le universitates cheseppero elaborare sulla scia dei saperi antichi, nella lucedella tradizione cristiana, impegnando fecondamente la forzadella ragione, eco del logos di Dio, non volta soltanto (maguai a prescinderne) a proiettare ogni ricerca sullatrascendenza, una nuova e rinnovata weltanschauung checonfermer le solide fondamenta del nostro dirci Genteseuropeenses; nel frattempo dallest erano giunti i popoli slavie si iniziava un seppur episodico dialogo con lIslam.Ancora oltre la novit dellet moderna, della scienzagalileana! Fino alla stagione epocale dei lumi. Quandotuttavia allindomani del secondo conflitto mondiale MaxHorkheimer e Theodor Adorno nel volume DialetticadellIlluminismo si sono chiesti come mai stato possibileloscuramento delloccidente con le derive dei regimi totalitari,

    pongono una risposta che deverichiamare ancora oggi la nostraattenzione: la tragedia ha avutoinizio quando lEuropa ancorchorgogliosa del progresso scientificoche sembrava assicurale unprogresso senza limiti, ha censuratola capacit della ragione im-pedendole di cogliere il significatoe il senso di ogni cosa e ancor pidelluomo nella integrit dellapersona. Una ragione strumentaleche avrebbe poi prodotto gli

    strumenti terrificanti della egemonia di alcuni sugli altri.Energie nuove che coinvolgano giovani e non pi giovaniper recuperare (una ricerca che mai peraltro deve cessare)le fondamenta che definiscono la dignit delluomo, di ogniuomo, di tutti gli uomini; il senso del loro vivere nel cosmoe la responsabilit che determinano le relazioni con cuiintrecciano la loro partecipazione alla costruzione della storia;consapevoli che pur fluendo verso il grande oceano, pututtavia registrare tragiche involuzioni o comunque ritardiperniciosi.Non dato alluomo stabilire ci che bene e ci che male;non lui la misura di tutte le cose; gli affidata tuttavia laresponsabilit di coglierne, con la ragione e con il raccontoche gli stato tramandato, il sigillo che vi ha impresso ilCreatore. Credenti e non credenti! Nella temperie di unasana laicit, che ci tiene lontani da ogni rigurgito diclericalismo, comunque colorato.Possiamo riascoltare linvito di quel laico autorevole che stato Benedetto Croce, quando (estate 1943) volendo chiamarea resistere contro i mostri sprigionati dalle ideologie totalitarie,indicava lorizzonte su cui fare leva Perch non possiamonon dirci cristiani. Certamente ci sostiene in questo ilVescovo di Roma venuto dalla fine del mondo, papaFrancesco.

    Anche ai nostri giorni sononecessarie energie nuove;

    nuove se radicate nellagenuina tradizione che ha

    forgiato lidentit storica delnostro Popolo.

    *Canonico. Gi direttore del Corriere Cesenate

  • di Patrizia Medri*

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    La "buona scuola" e il merito

    Uno dei punti cruciali fra leinnovazioni del Governo Renzinella sua riforma per la buonascuola lavanzamento dellacarriera dei docenti in base adun sistema meritocratico cheandrebbe a sostituire la vecchiaprogressione per anzianit diservizio.Lidea di agganciare lidea deldocente e quindi la sua retri-buzione ad un concetto di merito teoricamente giusta, il prin-cipio di premiare i bravi, i

    meritevoli, non pu trovare nessuna opposizione.I docenti sono abituati al giudizio, quello quotidiano, deglialunni, critici, implacabili ed attenti, quello dei genitori, ditutta la societ che fa ricadere sulla scuola una serie infinitadi responsabilit ma al contempo, non riconosce alla figura-docente un ruolo sociale adeguato.Il vero problema un altro: come misurare il merito deldocente? Quali parametri applicare per differenziare il docentedi serie A da quello di serie B? Come individuare gli indicatoridi merito che portino ad identificare quel 60% meritevole inogni scuola?Questo nodo difficilmente districabile per vari motivi.Innanzitutto chi il bravo docente? Sicuramente colui cheha competenze certe e certificate ma questo non basta.Occorrono anche qualit umane, passione per linsegnamento,amore per i ragazzi, rispetto ed attenzione per ogni singolaindividualit, capacit di motivare, di infondere consapevolezzae fiducia in adolescenti spesso ancora in cerca di una lorodimensione.Tutto questo difficilmente quantificabile, misurabile.Nel mondo della scuola la situazione variegata, complessa,ci sono differenze geografiche, di aree sociali, di ordine discuola, di indirizzo ecc.., come si possono stabilire critericomuni ed oggettivi?La classe docente non rifiuta a priori il fatto che il loro lavorosia oggetto di un giudizio, ci accade per tante categorie dilavoratori, a preoccuparli piuttosto il rischio che tale giudiziosia parziale, viziato da fattori spesso poco attinenti al lavorosvolto dal docente.Altro punto focale il valore dellesperienza, non possibilesganciare un riconoscimento economico dal numero degli annitrascorsi svolgendo la professione.Anche se viviamo in una societ dove, in nome della flessibilite della velocit, tutti possono fare tutto, improvvisando ruolie competenze; lesperienza, in quanto somma di tutto ci cheabbiamo imparato, giorno dopo giorno, anche sbagliando,nellesercizio delle nostre funzioni, un valore inalienabile,e come tale va riconosciuto.Tuttavia non si pu neppure permettere a chi non pi, o nonlo mai stato, in grado di insegnare, di rimanere nella scuolain nome di una intoccabilit legata a tempi ormaidefinitivamente tramontati.I meccanismi di ingresso nel mondo della scuola per i docentidevono essere in grado di riconoscere conoscenze, competenzeed attitudini in modo certo e serio, formando una classe docenteche possieda i requisiti per poter svolgere una professione cosdelicata e complessa.La professione docente non si sceglie perch ci si vuolearricchire, il deterrente attuale per i giovani che potrebbero

    essere interessati a tale carriera innanzitutto il percorsotortuoso, continuamente sottoposto a repentini cambiamentidelle regole del gioco, con cui si arriva al tanto agognatoruolo; la scarsa retribuzione generale rapportata allostandard degli altri paesi europei, lo scarso conto in cui lasociet nel suo complesso tiene il docente, figura altresfondamentale nella formazione dei nostri giovani.E un paradosso che si riconosca, da una parte, il ruolofondamentale che istruzione e cultura hanno nella definizionedi una societ migliore e si tenda, dallaltra, a mortificare chi,ogni giorno, chiamato a svolgere quel ruolo.La scuola italiana gi una buona scuola che pu sicuramentemigliorare, fatta da una stragrande maggioranza di docenti chelavorano con passione.Io credo che sia necessario stanziare pi fondi per la scuolaper permettere a tutti di lavorare con maggiore gratificazioneeconomica, senza avviare meccanismi di guerra fra poveri concriteri di merito legati magari allo svolgimento di attivit pivisibili, ma a discapito della didattica e della sacrosantacentralit dello studente.Si facciano scelte coraggiose, si elimini la burocrazia cheparalizza nelle proprie maglie lintero sistema scuola, sipermetta ai dirigenti scolastici di creare dei team di lavorostabili, si diano loro le risorse, rendendo fattiva e reale lau-tonomia scolastica, per lavorare insieme ai docenti per unascuola che promuova la cultura e contribuisca ad infonderenegli studenti valori morali da cui ripartire per una societ pisana e meno competitiva.Il vero nodo focale dunque la mancanza di mezzi finanziari,non si pu pretendere di legare la motivazione dei docenti adun fattore economico quando poi questo si traduce in unaumento di poche decine di euro.Se si vuole motivare la classe docente le si riconosca almenoun ruolo sociale, non si svilisca il loro lavoro, non la si banalizzi,non la si renda bersaglio di malumori sociali ma si dia loro ilsenso di appartenenza ad una delle pi importanti istituzioni.Si dovrebbe inoltre puntare ad una specializzazione che, alcontrario di altre professioni, nella scuola non esiste. In nomedi una tuttologia che una delle calamit della scuola italiana,frutto di un sistema farraginoso fatto di graduatorie, classi dilavoro, sistema a volte incomprensibile agli addetti stessi, ipassaggi da un ordine di scuole allaltro, da un istituto allaltro,che nel volgere di un attimo spazzano via esperienze eprofessionalit accumulate, sono allordine del giorno.Il docente non viene considerato individualmente, non vieneanalizzata la sua carriera, ma vengono valorizzate le competenzedimostrate e di questo sistema i docenti sono le prime vittime.Dunque il problema risiede a monte, al sistema di reclutamentodegli insegnanti, alle norme legate alla loro mobilit allinternodel pianeta scuola, ma soprattutto allinvestimento che lo stato disposto a fare nei confronti del sistema educativo, conmaggiori risorse che potrebbero tradursi in attrezzature pitecnologicamente avanzate, in corsi di aggiornamento miratied efficaci per le singole discipline, in fondi da destinarsi allavoro pomeridiano di recupero e di consolidamento per glistudenti, in finanziamento pubblico di iniziative volte a favorirei viaggi di studio allestero per tutti gli alunni che desideranofare queste esperienze e non solo per gli happy few.A fronte di tutto questo io credo per che si debba anche avereil coraggio di proporre nuove norme contrattuali che consentanodi allontanare chi per giusta causa assolutamente inidoneoallinsegnamento.

    *Insegnante

  • di Alberto Armuzzi*

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    Dal Quantitative Easing al programma della Regione

    Il 26 gennaio 2015 il Presidentedella regione Emilia-RomagnaStefano Bonaccini ha presentatoall'Assemblea Legislativa Re-gionale il "Programma di Man-dato" avviando cos formal-mente la X Legislatura.Questi, per il sistema regionalee nazionale, fin dal 2015, sonogli anni della svolta: economica,industriale e sociale.Sono cambiati negli anni iparadigmi e gli aspetti della crisiche, partendo dalla crisi finan-

    ziaria, ha portato alla luce il vero problema del paese che eraed una crisi di sistema.In questi ultimi anni ci siamo preoccupati esclusivamente dellacrisi finanziaria che di per s, forse, non pi tale, anche allaluce dell'incremento dei depositi bancari delle famiglie (circa30 MLD di . nel 2014). E sicuramente importantepreoccuparcene ed intervenire, ma senza definire un progettopolitico a breve e medio termine e cominciare ad affrontareseriamente quello che ritengo il vero problema (colmandoritardi storici) della crescita, attraverso un ripensando delmodello paese e dell'offerta industriale (elementi questifondamentali per consolidare e cementare la convivenza civileed il welfare). Fondamentali non solo per cavalcare l'onda maanche per far partire e crescere londa prodotta dal QuantitativeEasing, promosso dalla BCE, con l'effetto (nei due anni "2015/2016) positivo, "come sostengono gli analisti", di invertirela tendenza in atto da diversi mesi e che preoccupa i paesidella UE, cio passare da una situazione di deflazione ad unasituazione di inflazione controllata, che unitamente all'effettodel deprezzamento dell'euro, oltre ad una sensibile riduzionedel prezzo del greggio, consente (come ci dicono gli analisti)l'avvio della crescita del PIL (stimato al 1,8% al 2016) ancheper gli effetti attesi del Job act, che contribuisce alla crescitadei posti di lavoro. Il consolidamento e unulteriore crescitadell'esportazione (gi con segno positivo da alcuni anni)contribuisce alla crescita del mercato interno, attraverso laripresa dell'aumento dei consumi delle famiglie.Tutto questo rischia di essere insufficiente se il Paese nonintraprende un percorso di modernizzazione che, passandodalla riforma Costituzionale ed elettorale, arriva alla sem-plificazione amministrativa, al consolidamento dell'attivit(gi in corso) di contrasto a tutte le forme di illegalit e diinclusione malavitosa nelleconomia reale, di evasione edelusione fiscale, al non rispetto delle regole, a partire daicontratti di lavoro. Pur nel rispetto della riduzione degli sprechie dei costi della Pubblica Amministrazione, si chiariscadefinitivamente, all'interno del disposto Legislativo del "Codicedegli Appalti Pubblici per beni e servizi" che l'aggiudicazionepassa attraverso l'offerta economicamente pi vantaggiosa,cos come va concluso il percorso "gi avviato" per la pienaapplicazione ed il rispetto della Direttiva Europea (gi recepitadal Governo) dei tempi di pagamento nelle relazionicommerciali pubblico/privato (30 gg.) e privato/privato ( 60gg., salvo accordi fra le parti ). Infine, ma non per ultimo, varivisto il patto di stabilit interno ( partendo dalle PubblicheAmministrazioni pi virtuose ); il tutto anche attraverso unacostante attivit sinergica fra lo Stato e la sua Amministrazione,le Amministrazioni Locali e Regionali ed i cosiddetti "corpiintermedi", soggetti, questi, che hanno la capacit e la sensibilit

    di aggregare le istanze che arrivano dal basso, fare sintesi edintermediarle e interagire con la Pubblica Amministrazionea tutti i livelli.E' comunque chiaro che la ripresa economica del Paese passa,anche e soprattutto, attraverso un ruolo positivo delle Regionie da questo punto di vista la regione Emilia-Romagna ha unruolo trainante, per collocazione territoriale, "cerniera fra ilSud ed il Nord dell'Italia, fra il Tirreno e l'Adriatico e fra ilMediterraneo e il Nord Europa, in sintesi piattaforma a cieloaperto per l'Europa", e morfologica (mare, pianura e montagna);per la pluralit del suo sistema imprenditoriale (piccole emedie imprese, grandi imprese e cooperative); per la coesionesociale e per il welfare di alta qualit.Da questo punto di vista il Programma di Mandato delPresidente Bonaccini, come richiamato, deve trovare le con-dizioni, con il concorso di tutte le forze in campo (politiche,economiche, imprenditoriali e sociali), per essere attuato;diversamente il rischio di perdere gli effetti economici, socialie della ripresa di fiducia (quella che purtroppo negli ultimianni si affievolita) dei cittadini, delle imprese e degliinvestitori, delle azioni messe in campo dalla BCE alto.In sintesi, non si pu pi essere attendisti, ma avviare, senzase e senza ma, le opere di infrastrutturazione necessarie peril territorio Regionale e Nazionale: stradali (Cispadana,E45/E55, nodo di Bologna, la Statale Adriatica, ecc.), coscome quelle ferroviarie (rete Regionale e Nazionale), il portodi Ravenna, sia mercantile che crocieristico, il sistema degliaeroporti ed il loro collegamento veloce con il territorioregionale, oltre che definire una politica cogente dell'offertafieristica regionale.Cos come necessario che il sistema della mobilit deipasseggeri, trasporto urbano e sub urbano, unendo in undisegno sinergico gomma e ferro, unitamente ad un rinnovatorapporto collaborativo pubblico/privato, implementi, miglioried incentivi l'offerta di mobilit delle persone e, unitamentead un sistema infrastrutturale efficiente ed efficace, accorcile distanze, accorciando cos i tempi ed incrementando lasicurezza, oltre che dare un forte contributo ad abbassare ilgap di mobilit con i paesi della UE, in merito alla velocitcommerciale delle merci e degli spostamenti delle personenella mobilit interna da e per l'Europa. Condizioni questefondamentali per contribuire a fare crescere la capacit com-petitiva dei prodotti "regionali e nazionali ", dalla manifattura,all'agroalimentare/agrindustria, alla meccanica, oltre allebellezze naturali della Regione e del Paese (museali, storiche,archeologiche ed eno-gastronomiche), a promuovere l'offertaturistica, sapendo che siamo una delle mete pi ambite daituristi di tutto il mondo.Anche nelle politiche sanitarie e del Welfare, che vedono lapresenza di tante professionalit "che l'Europa ci invidia",presenti nel pubblico, cos come nel privato, va rilanciato, purnella semplificazione e razionalizzazione, il rapportopubblico/privato, strumento che negli anni ha consentito ditenere qualitativamente alta l'offerta di servizio e ha contribuitoa mantenere elevata la coesione sociale e la solidariet.Infine, se il territorio romagnolo, in tutti i suoi settori, trovaal suo interno (cos come si sta lavorando) coesione ed unitdi intenti, ponendosi come primario attore delle politicheregionali" oltre che a dare un formidabile contributo allarealizzazione del "programma regionale" ne pu trarre unfenomenale beneficio per il territorio, per le imprese, per icittadini e per l'economia.

    *Presidente Lega Coop Servizi

    Economia locale

  • di Enrico Brunazzi

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    Sugli organi di stampa trovanospazio numerose manifestazioni dicauto ottimismo da parte diautorevoli economisti ed operatorieconomici in merito allesito dellalunga crisi economica, ipotizzandoche alla fine del 2015 ripartir unafase espansiva che interesseranche, in modo rilevante, la realteconomica provinciale. Il rischio,a mio parere, che la crisi diventiunalibi per non affrontare edincidere sul male oscuro delle-conomia nazionale ed anche locale.Quando si parla di crescita non si

    pu dimenticare quali ne siano le fonti principali: laumento dellapopolazione e quello della produttivit. Ed in particolare, per unpaese come lItalia, caratterizzato da una modesta crescita dellapopolazione dipendente soltanto dallimmigrazione, non possibileipotizzare una crescita duratura senza una crescita della produttivit.Analoghe considerazioni possono valere per la realt locale dove,sulla base dei dati forniti dalla Camera di Commercio di Forl-Cesenanel rapporto sulleconomia della Provincia 2013, il saldo naturaledemografico continua ad essere negativo e la crescita modesta dellapopolazione provinciale causata dalleffetto del saldo migratorio(seppur in flessione). Come ogni indicatore macro-economico laproduttivit si presta ad interpretazioni non univoche e adapprossimazioni nella sua misurazione e, tuttavia, si pu prenderea riferimento la Produttivit Totale dei Fattori (lavoro e capitale)come riferimento, almeno in confronto ad altri paesi.Dalla met degli anni 90 lItalia ha smarrito la via della crescita dellaproduttivit e, a partire dal 2003, ha intrapreso un declino nonriscontrabile in nessuno degli altri paesi oggetto del confronto.Le spiegazioni fornite sono in genere legate a variabili macro-economiche. Tralasciando ipotesi poco diffuse e rigorose che neimputano la causa al costo del lavoro ed alla scarsit di capitale, lemotivazioni pi convincenti si riferiscono a tre aree.Investimenti in settori che generano strutturalmente minore valoreaggiunto.E certamente vero che in Italia il peso dei segmenti manifatturieritradizionali pi elevato che in altri paesi ed anche la realt provincialesi caratterizza per la consistenza di segmenti maturi (le confezioni,le calzature, i mobili, il legno), ma anche vero che tale elementopu essere controbilanciato dalla presenza di numerose imprese dinicchia che producono ed esportano beni di lusso o di elevatasofisticazione tecnologica. Lo stesso ragionamento pu essere riferitoal settore terziario al quale vengono imputati forti ritardi riferibili aisegmenti tradizionali (commercio, pubblica amministrazione eutilities), ma che conta anche di imprese fortemente innovative.In realt i settori che generano maggiore valore aggiunto sono quelliche incorporano con maggiore velocit i risultati delle ricerchetecnologiche e quelli che si trasformano per lemergere di nuovimodelli di business. La vera domanda : perch i capitali si indirizzanoverso settori poco redditizi rispetto ad altre realt territoriali? Parefuori luogo ipotizzare che la causa sia riferibile allillusione statalistadi necessit di politiche industriali, stante la lentezza dellapparatopubblico rispetto alla velocit dei mercati.Alcuni ritengono che la causa sia rinvenibile negli scarsi investimentiin ricerca pubblica e privata. Colpa di chi? Delle Universit? Nonsono sicuro che sia la vera causa, anche in considerazione del fattoche molti ricercatori italiani ottengono ottimi risultati allestero ed,in ogni caso, esiste un know-how disponibile, anche allestero, chepotrebbe essere incorporato nelle produzioni locali.Nel caso del cambiamento del modello di business, liniziativa partequasi sempre da una grande azienda o da una nuova azienda in fortecrescita. Parrebbe pertanto che la piccola dimensione che caratterizzale aziende italiane e locali e la scarsa propensione alla crescitadimensionale possa costituire un indizio rilevante.Scarsi investimenti in ICT.Molti studiosi ritengono che i maggiori incrementi di produttivit

    sono stati ottenuti mediante la consistente introduzione di tecnologieinformatiche. Le statistiche disponibili evidenziano in Italia unacaduta degli investimenti in ICT dal 2001 aggravata da fatto che,rispetto ad altri paesi, non si assistito al picco di tale tipo diinvestimenti nel quinquiennio precedente. Rimane da spiegare laragione. In assenza di limiti alla circolazione di hardware e software,forse anche in questo caso va ricercata nella prevalenza di impresedi piccole dimensioni nelle quali pi lenta e difficile la penetrazionedi nuove tecnologie.Le piccole dimensioni.La terza ragione riferita direttamente alle dimensioni delle imprese.In Italia la distribuzione delloccupazione fortemente sbilanciataverso le piccole imprese e parrebbe che siano proprio le piccoleimprese la fonte della crisi di produttivit, dal quale emergerebbeche, sia con riferimento ai comparti manifatturieri, che a quelli diservizi, la produttivit delle aziende italiane di piccole dimensioni molto inferiore, mentre sarebbe superiore quella delle grandiimprese.Si ritiene che le cause del calo della produttivit delle piccole impresesiano da ricercare nella profonda trasformazione delleconomia deipaesi industrializzati avvenuta nel corso degli anni 80, favorita dallacrescente circolazione di merci, persone e capitali. La piccola impresareagisce rinnovando i macchinari e producendo nuovi prodotti, ma,nel frattempo, aumentano le regole e gli adempimenti e deve comunquericorrere a professionalit esterne esperte in diversi settori. Aumentanoi dipendenti non direttamente impegnati nella produzione, aumentanoi costi per collaboratori e consulenti autonomi. Si ritardano gliinvestimenti in ICT i cui costi non sono spesso proporzionali alladimensione. La produttivit della piccola impresa progressivamentesi erode e spesso diminuisce.Le dinamiche descritte avrebbero dovuto condurre al consolidamentodelle imprese pi grandi, allaggregazione di quelle medie ed allaforte riduzione di quelle piccole. Se ci non stato, lo si deve,probabilmente, al fatto che le scelte imprenditoriali sono state spessodettate da variabili sociali e non (solo) dalla ricerca della produttivit,in tal modo distruggendo risorse nella resistenza al cambiamento.La piccola impresa manifatturiera si in gran parte allontanata dalmercato finale concentrandosi in attivit specifiche, spesso in sub-fornitura, invece di investire in competenze; spesso limprenditoreche si fatto da solo, non accetta di perdere, almeno parzialmente,il controllo dellimpresa ed a condividere il potere decisionale.Anche a livello locale, chi opera nel settore economico ha avutomodo di riscontrare come tale elemento abbia condizionato la maggiorparte dei tentativi di aggregazione tra imprese operanti nel territorio,la cui mancata realizzazione ha condotto, in alcuni casi, al drasticoridimensionamento di comparti produttivi caratterizzanti il territorio(emblematico il caso del comparto delle furgonature isotermiche).Il piccolo commercio riduce i volumi, i ricavi ed i margini e lo stessoavviene per molte professionalit del terziario. La chiusura dellattivitcomporterebbe, con ogni probabilit, il trasferimento della residenza,difficilmente realizzabile in realt caratterizzate da una diffusapropriet dellabitazione e dalla scarsa propensione ad abbandonareambienti e tradizionali stili di vita.Pertanto si assiste paradossalmente alla sopravvivenza di nume-rosissime aziende di piccole dimensioni e di lavoratori autonomi cherendono il mercato iper-segmentato e rispondono, frequentemente,alla sola esigenza di garantire un reddito famigliare (spessosoddisfacente) ed uno status sociale, ma nulla hanno a che fare conla produttivit. Significativa, in tal senso, appare la circostanza chela Provincia di Forl-Cesena, registra un rapporto tra abitanti edimprese attive pari ad unimpresa ogni 10,1 abitanti, come risultadal Rapporto sulleconomia della Provincia di Forl-Cesena 2013elaborato dalla Camera di Commercio.Queste riflessioni non hanno nessuna pretesa di riassumere in manierascientifica analisi economiche particolarmente complesse sul temadella produttivit, ma solo fornire alcuni elementi di discussione peranalizzare le cause di un fenomeno ed approfondire una riflessionesulle piccole imprese (ha ancora un senso parlare genericamente diPMI?), nella consapevolezza che senza recupero di competitivitnon resta che la decrescita (infelice).

    Il "male oscuro" dell'economiaEconomia locale

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    di Giancarlo Petrini*

    Una sostanziale criticit delsistema bancario italiano rappresentato dall'incapacitdello Stato di intervenire nelcaso di una crisi sistemica chepotrebbe compromettere lastabilit delle banche con gravepregiudizio dei depositanti.Quando si manifestarono alivello mondiale i primi segnidella crisi con conseguenzeormai note, gli stati interven-nero immediatamente a soste-

    gno delle proprie banche assorbendone le perdite. Oltreduemila miliardi sono stati spesi, dei quali pi di mille soloallinterno dellUnione Europea. In Italia gli interventi delloStato si sono limitati a prestiti di importo limitato e a tassidi mercato, oggi quasi totalmente rimborsati (Tremonti eMonti bond). Quindi, a differenza delle banche estere, lebanche Italiane (che hanno subito la crisi quanto quellestraniere) non hanno rappresentato un costo per il con-tribuente italiano.Dallinizio della crisi a oggi il sistema bancario italiano hacontabilizzato perdite su crediti erogati per oltre centomiliardi mentre i valori patrimoniali sono rimasti pressochimmutati. Chi ha pagato? In questi anni stata alta lapolemica sulla destinazione della quota di prestiti che laBanca Centrale Europea ha elargito alle banche europeecomprese quelle Italiane. Le nostre banche hanno infattidestinato larga parte di questo denaro allacquisto di titolidello Stato Italiano, atteggiamento contestato dai media eda buona parte del mondo politico. La scelta operata haconsentito di ridare fiducia al mercato sulla solidit delsistema Italia nella parte riguardante il debito pubblico,assicurando il rinnovo del portafoglio in scadenza tra il2012 e 2014. Leffetto immediato stata la ripresa dei valoridei titoli del debito pubblico e un abbattimento di tassi colrestringimento dello spread sul Bund. Laumento del valoredei titoli ha consentito alle banche di realizzare plusvalenzestraordinarie che sono state destinate allassorbimento delleperdite sui crediti, limitando limpatto sulla clientela affidatadel costo del credito che la crisi ha bruscamente fattolievitare. Nel periodo precedente, il costo del credito(rappresentato dalle perdite contabilizzate a bilancio dallebanche) non superava lo 0,5%, mentre negli ultimi anni arrivato a superare il 2%. A questa percentuale vannoaggiunti i minori ricavi derivati dalle sofferenze che nonproducono pi interessi. Rappresentano ormai il 10%dellimporto globale dei prestiti e, con un rendimento mediodel 5%, incidono sul conto economico per un ulteriore 0,5%.Complessivamente il costo del credito, ovvero il margineminimo che le banche debbono applicare per rientrare delrischio sugli impieghi, aumentato del 2%. Conseguenzadiretta di questo fenomeno la mancanza di margine suimutui concessi negli anni passati dove lo spread applicatoin molti casi non supera l1%. Ad oggi le banche sonoriuscite ad arginare le perdite con le plusvalenze sui titoliacquistati con il prestito BCE, contenendo il costo sui prestitierogati a vista e per i nuovi mutui. quindi pretestuosoaffermare che lintervento della BCE tramite le banche nonabbia prodotto benefici per leconomia poich ha permessodi ridurre i tassi di mercato sui titoli di stato, che

    rappresentano il riferimento principale nella determinazionedel costo per le imprese, e contemporaneamente il costodel credito che si manifesta sotto forma di spread sul tassodi riferimento, necessario per ottenere il margine dal prestito.La perdita complessiva delle banche operanti nel territoriocesenate stata di oltre 500 milioni. Una cifra che se fossestata destinata alleconomia avrebbe senzaltro contribuitoin misura rilevante alla ripresa. La liquidit comunque nonmanca, come del resto la volont di sostenere le impresemeritevoli che hanno saputo affrontare la crisi con capacit,determinazione e anche quella fantasia che agli Italiani nonmanca. La ricerca di nuovi mercati, innovativi processi diproduzione, nuovi prodotti sono fattori che troviamo confrequenza allinterno delle nostre imprese. Se si esclude ilsettore immobiliare, possiamo affermare che tutte le attivitpermettono di conseguire risultati positivi. E il frutto diuna selezione operata dalla crisi dove sono emersi i limitidi una classe di imprenditori allinterno della quale sonopresenti soggetti che non hanno adeguato spirito di sacrificio,determinazione, collaborazione. Ne risultata una selezionedegli imprenditori prima ancora che di settori.Numerose le imprese che manifestano performance crescenti,piccole e grandi, senza distinzione di dimensione. Losviluppo tecnologico del trasporto e delle comunicazioniconsente a chiunque abbia volont e capacit di operare suun mercato globale con elevati indici di marginalit. Nonesiste un settore dove si esclusi da questa opportunit,basta saperla cogliere interpretando le richieste di un mercatoche avido di novit e di qualit. Linternazionalizzazionedelle imprese si fonda sulla capacit di offrire un prodottogarantito made in italy, frutto dellaffidabilit dei nostrimanifatturieri, della fantasia dei nostri designer, dalla qualitdei nostri prodotti alimentari.Il nostro territorio rappresenta un distretto diversificatodove possono operare imprese che hanno a disposizione unpatrimonio umano di alto livello, per formazione, storia,condizioni sociali. Alcuni esempi. Una piccola impresalocale ha sviluppato la produzione di formaggi e salumiaromatizzati, unici nel loro genere; sono prodotti vendutiin tutto il mondo attraverso un'organizzazione delle consegneche consente il raggiungimento di qualsiasi citt del globoin 48/72 ore. Sono prodotti riservati ad acquirenti benestantiche possono permettersi di pagare il formaggio 150 euro ilkg. Ma se mettiamo insieme i potenziali acquirenti a livellomondiale, quel mercato di nicchia rappresenta un mercatoenorme per quellimprenditore. Abbiamo imprese chedetengono un know how nel loro genere che consentirebbe,se sfruttato pienamente, un'espansione delle attivit in gradodi assorbire una rilevante quota di lavoratori profes-sionalmente preparati. Nel campo della meccanica, dellarefrigerazione industriale, nellagroalimentare, nella logistica.Tutti settori che sono cresciuti grazie allesperienza dipiccole e medie imprese che hanno la capacit di capire leesigenze specifiche dei consumatori e trasformarle in unsistema di offerta diversificata e qualificata, apprezzata dalmercato internazionale.Alcuni settori hanno un potenziale di espansione enorme,realizzabile con lazione congiunta degli attori che sulterritorio operano a diverso titolo. Le banche locali hannoil compito di selezionare i progetti a lungo termine chehanno la capacit di elevare gli standard di qualit del settore

    Pregi da valorizzare e limiti da ridurreEconomia locale

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    di appartenenza. E un compito che solo esse sono in gradodi svolgere e che per vocazione ma anche per necessitdebbono fare. La conoscenza dei settori nel loro specificorappresenta un'informazione di enorme valore indispensabileper la comprensione delle esigenze e della validit delprogetto imprenditoriale. Ci che per rende specificalazione della banca locale nel processo di selezione, lavalutazione del know how culturale e professionaledellimpresa. Nessun rating matematico in grado di farlo.Il rating un dato statistico che valuta il passato diunazienda, mentre lanalisi umana cerca di individuare lacapacit dellimprenditore di affrontare con successo ilfuturo. La selezione non avviene quindi tra settori, traimprese, ma tra uomini, gruppi familiari, soci, soggetti chedimostrano di avere cultura, preparazione, determinazione,spirito di sacrificio non comuni, elementi portanti delleimprese di successo. Il rating valuta il patrimonio aziendale,la banca locale valuta e valorizza il capitale umano. Lacomplessit dellattuale economia tale che i cambiamentidi scenario sono repentini e imprevedibili, la capacit dianalisi e lintuizione dellimprenditore, congiunta a unapropensione ai cambiamenti, permettono di reagire allesollecitazioni del mercato con successo. Questa crisi hacomportato delle modifiche strutturali al sistema economicoe allimpresa. Innovazione, non significa solo nuovatecnologia, ma visione diversa dellapproccio al mercato.Elementi e fattori di successo sono lacapacit di analisi dei fenomeni chele informazioni circolanti sui diversimezzi di comunicazione sono in gradodi assicurare allimpresa.Limprenditore trasforma quelle in-formazioni in intuizioni, in una visioneche deve realizzare in concreto entrotermini brevissimi, pena la perditadellopportunit. E un compito com-plesso che deve essere realizzato al-linterno di un ambiente che consentala minima dispersione di energia ed efficienza. Le vischiositprovocate dalloperare della pubblica amministrazione,lamministrazione della giustizia, le relazioni tra impresee le stesse banche, rischiano di compromettere le capacitdi reazione del nostro sistema economico, fenomeno evidenteanche nella nostra area.Un limite allo sviluppo delleconomia rappresentato anchedallincapacit di fare sistema tra le imprese, di sentirsiparte di un agglomerato in grado di porsi agli occhi dellacomunit nazionale e internazionale con maggiore evidenza.Questo limite, negli anni Ottanta, ha impedito al settoredellautotrasporto, della refrigerazione industriale,dellimpiantistica alimentare, entrati in crisi di competitivitper le ridotte dimensioni degli operatori, di evolvere versoun mercato che chiedeva un servizio di logistica integratanella movimentazione dei materiali allinterno della catenadel freddo. Sono costi di gestione che le piccole impreseche movimentano prodotti alimentari deperibili devonosostenere individualmente e perci contraggono i marginioperativi con ripercussioni sulla capacit di crescita. Lamancata realizzazione di infrastrutture che potevano essererealizzate per la presenza di cultura, tradizione e pro-fessionalit ha impedito in quegli anni di fare diventare lanostra area un distretto attraente nella gestione della catena

    di distribuzione, in grado di sfruttare la propensione delleaziende a esternalizzare le attivit di trasporto emovimentazione delle merci deperibili. Un'occasione disviluppo persa per mancanza di innovazione. Rischiamodi fare lo stesso errore con il progetto della Wellness Valley.Probabilmente chi si propone ha interesse nel realizzarequesto progetto distribuendo costi e rischi su pi partners,ma gli attori che possono ottenere vantaggi da questainiziativa sono molteplici e diversificati con ritorni per ilterritorio di elevato potenziale. Allentare il livello didiffidenza e sostenere con determinazione il progettoattraverso un confronto serrato sulle idee, sarebbe gi unelemento positivo che consentirebbe al sistema finanziariodi valutarne il sostegno in modo determinante. E un mercatocon un elevato potenziale, rappresentato da individui difasce det diverse con esigenze che vanno dalla ricercadel benessere tout court a quella della soluzione a problemidi salute come quella pi banale di elevare il livello diqualit della vita. Promuovere la Romagna, le aree untempo destinate alle colonie marine, ora semi abbandonate,che potrebbero rappresentare unofferta di alloggi apensionati del nord Europa dove poter svernare inconcorrenza alle Canarie e altri litorali della Spagna eGrecia. Accompagnare lofferta di alloggi con ilcomplemento di servizi termali in zona, di strutture sanitariedi massima efficienza, prodotti agroalimentari di alta qualit,

    attrezzature e impianti sportivi al-lavanguardia.Un nuovo tipo di turismo da affiancarea quello tradizionale, in grado diaumentare i ricavi destagionalizzandole attivit e contemporaneamente rea-lizzare economia di scopo con riper-cussioni positive su settori variegatima saldamente ancorati alleconomialocale. Per concludere, le banche ven-gono accusate di non concedere cre-dito, dal mio punto di vista in parte

    vero. La selezione delle imprese, centrale nellattivit dellebanche e ancora pi determinante nelle banche locali chedipendono dallo sviluppo del territorio in forma simbiotica,impone una valutazione del contesto ambientale creatodallagire dei diversi protagonisti che sul territorio hannoruoli fondamentali per il suo accreditamento sui mercatinazionali e internazionali. A partire dalloperare dellafunzione pubblica, che deve essere in grado di evolvereverso una funzione rivolta alla soluzione dei problemi chele imprese possono incontrare nello sviluppo delle idee,abbandonando la logica del controllo a tutto campo sulleattivit al punto da ingessarne lo sviluppo. Le banchevalutano anche i tempi di realizzo delle idee che in uncontesto a elevato dinamismo, rappresentano un fattore dirischio non trascurabile. Valutiamo anche la capacit delleimprese di fare rete, di scambiarsi konw how e cultura, dieconomizzare sui costi attraverso collaborazioni, scambiodi idee. Attivit che oggi lamentano ancora mancanza dipragmatismo e concretezza, e non consentono alle idee eagli investimenti di portare valore aggiunto tradotto inmoneta, unica fonte di rimborso dei prestiti tanto richiestie per questa evidenza negati.

    *Direttore Generale Banca di Cesena-CreditoCooperativo di Cesena e Ronta

    Per vincere nella globalizzazioneEconomia locale

    Innovazione non significa solo nuova

    tecnologia, ma visionediversa dellapproccio

    al mercato.

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    Da tempo in queste pagine dedichiamo attenzione allapresenza e allazione nel territorio, sul fronte sociale,economico e culturale, della Fondazione Cassa di Risparmiodi Cesena. Recente anche un pubblico approfondimento,in una iniziativa promossa da Energie Nuove, presso laBiblioteca Malatestiana. Centrale lattiva partecipazione ela disposizione allaperto confronto di Bruno Piraccini,Presidente da quattro anni della Fondazione. Egli haacconsentito gentilmente di tornare anche qui ad alcuneconsiderazioni. Di carattere generale sulla particolaritdellattivit e del ruolo che sono propri della Fondazione.Provo a rendere lo spaccato, il contesto, nel quale potremmoancor pi apprezzarne lanalisi e la valutazione. Se uncittadino - dico - si pone di fronte ai problemi della nostrarealt, e se nutre lattesa di vedere qualche soluzione, alcunianni addietro cercava e indagava subito quale potevanoessere le interlocuzioni pi atte allo scopo volgendo losguardo alle forze politiche, alle forze sociali, sindacali edeconomiche, alla attiva dialettica delleloro posizioni e proposizioni, aicontenuti e alle volont che ne sareb-bero derivati e che avrebbero carat-terizzato (o comunque influito) lazionedel Comune e delle istituzioni locali.Un sistema politico, amministrativo,sociale ed economico fortementecaratterizzato, molto partecipato epartecipativo, dialettico e vivace (anchedi polemiche e di contrasti), ma anchecollaborativo e capace di egregie egrandi cose. Oggi il quadro modificato, non pilo stesso. Il sistema politico non pilo stesso, cos pure il confronto e lapartecipazione delle forze sociali edeconomiche. Si parla, e lo facciamoanche qui e da tempo, dei profondimutamenti della politica e del quadro politico; delle forzee dei corpi intermedi, del loro peso, e dellesigenza dirinnovare che essi stessi evidenziano e manifestano. Oggigli interlocutori a cui riferire una attesa di azione e disoluzione sui problemi della nostra realt locale, sono moltopi delineati (se ne potrebbe fare una fotografia essenzialee scarnificata). Non voglio togliere nulla alla dialetticapolitico-sociale che seppur in forme diverse (parecchio pideboli) cerca di esserci. In un simile quadro, gli interlocutoriche pi si colgono come i soggetti attivi di maggior e dipi esplicito e diretto riferimento, quali forze di maggioreincisivit, nella generalit delle problematiche territoriali,sono: il Comune (e i suoi organismi collaterali e partecipati);lAusl (oggi unica romagnola); gli istituti d credito; laFondazione. Forse una rappresentazione troppo scarna.Ma unidea la rende ed enfatizza anche la singolarit diquesti soggetti. Poi ovvio che in riferimento ad essi,allinterno di essi, nel rapporto fra loro si esplica unacomplessit di apporti e di contributi e di partecipazione diampia e complessa portata. Non so se questo spaccato divalutazione pu essere pi o meno condiviso, ma oggiemerge assai chiaramente che i maggiori e diretti protagonistidi azione sul territorio, sui problemi sociali ed economici,sono questi.La condizione di perdurante difficolt e crisi che stiamo datempo attraversando rende ancor pi evidente queste azioni

    e lattenzione ad esse. Il cambiamento di quel modello, e diquel sistema di mediazioni, ha originato anche situazionitutte nuove anche di rapporti e di collaborazioni.

    * * *Senza confondere i ruoli - dice Piraccini - i soggetti pubblicie privati devono con maggior vigore di fronte alla crisi inatto, trovare le motivazioni e le convenienze ad unire leforze per fronteggiare le difficolt del nostro territorio e daresostegno ad una svolta che apporti crescita e sviluppo. Leemergenze pubbliche impattano sulleconomia e sul mondodel privato tanto quanto le emergenze delleconomia e delprivato toccano la sfera pubblica. Bruno Piraccini ildirigente, luomo di impresa, la cui capacit ed esperienzaimprenditoriali non hanno bisogno che siamo noi adaggettivare: ne sono manifesti il grado e la qualit nellaevoluzione e nello sviluppo straordinari che hanno segnatoil percorso di Orogel di cui continua ad essere massimodirigente. Orogel la grande realt produttiva del nostro

    territorio che conosciamo, leader, nelsuo settore, nazionale ed europeo. manifesta nel suo esporre e valutare lasua robusta cultura economica edimprenditoriale. Questo legameoggettivo - continua Piraccini nella suaveste, qui, di Presidente della Fonda-zione - impone che tutti gli attori incampo ne acquistino piena consa-pevolezza e che diano la loro disponi-bilit a mettersi in gioco con spirito diresponsabilit per assicurare il massimorisultato possibile. E continua adargomentare: Lamministrazionecomunale ha un ruolo fondamentale perdeterminare questo rinnovato clima dicollaborazione e per favorire la coesioneeconomica e sociale.

    Di fronte alla diminuzione delle risorse pubbliche e ad unlimite necessario allimposizione fiscale a carico dei cittadini,i comuni non possono farsi carico delle innumerevoliesigenze di una societ sempre pi complessa e variegata.Continua Piraccini: Vi sono certi compiti propri di unam-ministrazione pubblica nella cui sfera il privato non deve enon pu entrare; ma vi sono temi di interesse pubbliconellambito dellarte , della cultura, delle politiche verso igiovani, dellassistenza, del volontariato sociale, nei qualiva ricercato lapporto delle forze presenti sul territorio convari titoli e ruoli. In questa direzione dice il PresidentePiraccini - risulta fondamentale il ruolo della FondazioneCRCesena, storicamente molto prodiga di attivit e diinterventi con risorse a favore dei settori sopracitati. In questiultimi anni si sono aggiunte altre istituzioni e fondazioniche sono state costituite dal settore privato, imprese e societdel nostro territorio, che insieme concorrono in modoimportante a sostenere iniziative di grande valenza etica esociale. Faccio riferimento in modo specifico al contributoofferto dalla Fondazione Romagna Solidale, costituita da70 aziende e al Consorzio Romagna Iniziative, a sua voltacostituito da 12 aziende cesenati. E continua: La FondazioneCRC, limitata nelle proprie risorse dalla crisi in atto, statapromotrice negli anni scorsi del rafforzamento e dellacoesione economica e sociale fra istituzioni ed imprese

    Incontro con Bruno Piraccini

    L'impegno della Fondazione CRC nella societ,* * *

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    private favorendo la nascita degli enti sopracitati. Anchegrazie al loro