Energia sociale
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Rendo disponibile gratuitamente il mio lavorofinale di Master, sperando che possa essere
utile alla creazione di nuovi progetti dicondivisione ed al raggiungimento di una
maggiore sostenibilità.
Se reputi che il mio lavoro ti sia stato utile,puoi fare una piccola donazione all'indirizzo
http://www.nomadtravellers.com/donation
Se hai bisogno di contattarmi puoi farlo daquesta pagina:
http://www.nomadtravellers.com/contact-us
Buona lettura.
Energia Sociale
1.Residenze Collettive............................................................................................................1
1.1.Sfera pubblica e privata...............................................................................................4
1.2.Tipologie aggregative..................................................................................................8
1.3.Ambienti da condividere............................................................................................11
1.4.La situazione attuale..................................................................................................14
1.5.Cohousing..................................................................................................................17
1.5.1.La storia.............................................................................................................17
1.5.2.Cosa è?...............................................................................................................18
1.5.3.La comunità cerca una struttura.........................................................................24
1.5.4.La struttura cerca una comunità.........................................................................25
1.5.5.I Condomini Solidali: un esempio italiano........................................................27
1.6.Ecovillaggi.................................................................................................................29
1.6.1.Cosa sono...........................................................................................................29
1.6.2.Linee guida per lo sviluppo di un ecovillaggio..................................................32
2.Organizzazione delle forme di coabitazione.....................................................................37
2.1.Gestione interna.........................................................................................................37
2.2.Carta dei principi.......................................................................................................38
2.3.Processi decisionali: il metodo del consenso.............................................................39
2.4.Forme di proprietà degli spazi comuni......................................................................40
2.4.1.Condomini..........................................................................................................41
2.4.2.Super condominio..............................................................................................43
2.4.3.Cooperativa........................................................................................................44
2.4.4.Altre possibilità..................................................................................................46
3.Analisi energetica..............................................................................................................49
3.1.Influenza dello stile di vita........................................................................................50
3.2.Consumi Energetici Italiani.......................................................................................53
3.3.La richiesta di superfici per un'abitazione convenzionale e coabitazione.................56
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature................................................60
3.4.1.L'esempio della lavatrice condominiale: analisi del ciclo di vita......................61
III
3.5.Studio dei consumi legati al comportamento sociale: test ........................................72
4.Considerazioni sociali.......................................................................................................77
4.1.Le comunità di vicinato.............................................................................................77
4.2.La vita condivisa........................................................................................................78
4.3.Ristrutturazione sociale di un Condominio...............................................................83
5.Indicazioni progettuali.......................................................................................................89
5.1.Massa critica e densità ..............................................................................................90
5.2.Il progetto e l'interazione sociale...............................................................................92
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente...................................................................................96
5.3.1.Atrio d'accesso...................................................................................................96
5.3.2.La copertura.......................................................................................................98
5.3.3.Locali interrati..................................................................................................100
5.3.4.Negozi..............................................................................................................101
5.3.5.Spazi Esterni....................................................................................................102
5.3.6.Corte interna.....................................................................................................105
5.3.7.Costruzione di nuovi spazi...............................................................................106
5.3.8.Uno sguardo alla scala urbanistica...................................................................106
6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente...................................................................115
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano..................125
8.Conclusioni......................................................................................................................152
9.Appendice........................................................................................................................154
IV
Abstract
Scarsa importanza viene posta sull'influenza dello stile di vita e del sistema economico-
sociale sui consumi energetici. La condivisione di spazi ed attrezzature permette di ridurre
considerevolmente l'energia necessaria e di raggiungere maggiori standard qualitativi,
portando benefici dal punto di vista sociale, ambientale ed economico. Gli studi condotti
hanno dimostrato come per il corretto utilizzo delle aree comuni è importante creare un
vicinato elettivo che condivida obiettivi ed aspirazioni. La creazione di un senso
comunitario all'interno di un tessuto urbano preesistente, situazione molto diffusa in Italia,
risulta particolarmente difficoltosa. E' stata svolta la stesura di linee guida di
riqualificazione architettonica e sociale che possano facilitare la condivisione, per
costituire un valido strumento di contenimento dei consumi energetici. Le stesse sono
successivamente state applicate ad un caso studio di un edificio multifamiliare a Roma.
V
Per una società concepita sui bisogni e la condivisione
e non sul potere d'acquisto e la sopraffazione.
Introduzione
Negli ultimi decenni lo stile di vita della popolazione occidentale è cambiato
sensibilmente. Un generalizzato benessere e l'introduzione di beni disponibili al largo
consumo delle masse, hanno permesso alla popolazione di raggiungere quelli che nella
cultura dominante vengono definiti come maggiori standard qualitativi.
In un mondo dominato dal capitalismo e consumismo, spesso i parametri di valutazione si
limitano a mere considerazioni economiche: il reddito medio, il potere di acquisto, il PIL
che cresce...
Allo stesso tempo si è assistito ad un progressivo sfaldamento di quelli che erano i valori
su cui si basava la vita di prossimità cui erano abituati i nostri nonni: conoscenza,
condivisione e solidarietà.
Tutto ciò ha portato all'autoaffermazione personale, ad uno stile di vita individualista, dove
le altre persone sono nostri concorrenti e per questo motivo vanno sopraffatte. Il contatto
con le persone, il ritmo della vita naturale, il rispetto del nostro pianeta sono andati in gran
parte persi.
A questo cambiamento ha contribuito anche la progettazione degli ultimi decenni che ha
provocato la riduzione delle occasioni di incontro, casuale e volontario, ma anche il modo
di vivere i nostri spazi, ed i ritmi di vita frenetici a cui passivamente ci sottoponiamo tutti i
giorni, alla ricerca di una non meglio definita crescita.
Dalla constatazione di una insoddisfazione nella vita di tutti i giorni e dalla certezza che la
direzione verso cui è diretto lo “sviluppo” non sia quella giusta, è nata l'esigenza di
approfondire questo aspetto alla ricerca di una soluzione possibile.
VI
Ritornare ad una vita consapevole, in cui i vicini vengano visti come occasione di
arricchimento e non evitati a causa della cultura del sospetto.
Lo scopo di questo trattato è dimostrare come il vivere in condivisione porti non solo ad un
benessere quotidiano ma anche ad un risparmio energetico, dato dall'utilizzo comune di
strutture ed attrezzature, dal cambiamento di abitudini, e da una maggiore consapevolezza
di poter raggiungere gli obiettivi comuni. La forza di una comunità è ben maggiore di
quella di un singolo.
Costruire in modo consapevole non significa solamente scegliere le soluzioni tecniche più
efficienti dal punto di vista energetico: è compito del progettista quello di farsi promotore
di tutte le strategie che permettano un risparmio di risorse, diretto ed indiretto.
La parola “Sostenibilità” è stata negli ultimi anni abusata in ogni campo. La definizione
universalmente accettata fornita da Harlem Brundtland della Commissione Mondiale
sull'Ambiente delle Nazioni Unite cita che: “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che
soddisfi i bisogni del presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future
di soddisfare i propri bisogni.”
Il concetto stesso di sostenibilità implica un coinvolgimento che vada al di là delle solo
risorse utilizzate, ed abbia un'influenza non solo sull'ambiente, ma anche in ambito sociale
ed economico. Questi tre settori sono legati da un rapporto indissolubile, e vanno
considerati integralmente per poter raggiungere una vera sostenibilità. E d'altronde lo
scopo stesso di questa tesi è dimostrare che la socialità permette di ridurre i consumi
energetici e produrre un risparmio economico liberandosi da una logica di mercato.
VII
La sostenibilità è un concetto ad ampio raggio che coinvolge le generazioni future, ma non
dobbiamo dimenticare che è anche un concetto presente che dobbiamo cercare di realizzare
per il nostro stesso benessere.
Per chiarire la mia opinione su cosa significhi sostenibilità faccio l'autocitazione di un
articolo scritto tempo fa:
“Sostenibilità è usare le risorse che la natura ci offre senza pregiudicarne l'utilizzo
da parte delle generazioni future: sole, vento, acqua, terra...; sostenibilità è limitare i
consumi ed aumentare l'efficienza; sostenibilità è creare delle città che siano luogo
di incontro sociale, e non di repressione dell'individuo; sostenibilità e l'utilizzo di
risorse rinnovabili ed energia pulita; sostenibilità è progettare quartieri pensati per le
persone e non per le loro automobili; sostenibilità è tramandare le tecniche locali e
lo spirito del luogo; sostenibilità è coinvolgere il cittadino nella progettazione e far
così nascere un senso di appartenenza; sostenibilità è credere in un mondo
migliore.”
VIII
1.Residenze Collettive
1. Residenze Collettive
L'uomo è per natura un animale sociale, ed ha bisogno dell'aiuto dei suoi simili per poter
soddisfare le proprie necessità. Così fin dalla preistoria ha condotto una vita di gruppo per
non essere sopraffatto dal mondo circostante. Alle origini gli uomini vivevano in gruppi tra
le 12 e le 60 persone che conducevano una vita nomade in accampamenti temporanei. Con
il passare degli anni il rapporto basilare da cui erano accomunati si è evoluto, le dimensioni
dei gruppi cresciute, e si son andati creando dei rapporti sociali più complessi regolati da
norme su matrimonio, cibo, eredità, etc. La nascita dell'agricoltura porta inoltre alla
creazione di insediamenti stabili, caratterizzati da una disposizione di abitazioni e strutture
non residenziali, non casuale. A questi cambiamenti hanno corrisposto luoghi per abitare
diversi, con una crescente differenziazione delle abitazioni dovute alla nascita di gerarchia,
all'affermarsi della proprietà privata, e alla suddivisione del lavoro. Il carattere di completa
condivisione ed aiuto reciproco è andato così progressivamente scemando.
L'attenzione per la vita collettiva rimane però sempre costante, come testimoniano le opere
di filosofi e pensatori, a partire da Platone fino a giorni nostri.
Il medioevo ha visto la nascita di quella che forse è considerata la struttura comune per
antonomasia: il monastero. Tutte le attività si svolgono in condivisione, e la privacy è quasi
completamente assente. Le strutture sono a servizio di tutta la comunità: il refettorio, l'orto,
i luoghi di preghiera e le camerate comuni, dove si dorme con materassi in paglia adagiati
sul pavimento.
Gli insediamenti urbani medievali erano spesso suddivisi in “unità di vicinato” chiamate
parrocchie, contee , contrade, che avevano forti poteri di autogoverno, e l'unione di queste
suddivisioni creava la città stessa.
Proposte di nuovi modelli sociali comunitari son stati portati avanti a partire dal 14° secolo
quando Thomas More, con il suo libro “Utopia” critica fortemente l'Inghilterra a lui
contemporanea, proponendo un rinnovato assetto ideale. Un nuovo impulso a questa
corrente si è avuto in seguito alla rivoluzione industriale, ed alla constatazione delle
condizioni inumane in cui viveva gran parte della popolazione. Nascono così il “socialismo
riformista” e le proposte di Robert Owen, di Charles Fourier e del suo falansterio,
rielaborato poi da Jean Baptiste Godin nel familisterio. Dal tentativo di rispondere
1
1.Residenze Collettive
all'esigenza di condizioni igienico-sanitarie basilari per tutti, nasce poi la proposta delle
Città Giardino formulata da Ebenezer Howard, concentrata principalmente su indicazioni
di carattere fisico e non sociale della città.
Nel 20° secolo abbiamo
assistito alla nascita di
diverse forme di vita
comunitaria originatasi
come risposta
all'insoddisfazione della vita
di massa. Tra queste le
molte comunità sorte dietro
ad ideali religiosi, tra cui le
più importanti sono forse i
kibbutzim israeliani,gruppi
ritiratisi ad una vita spesso
isolata dal resto del mondo e
le comuni sorte negli anni '70, nate da un bisogno di rivolta alla vita esterna, ma spesso
inserite all'interno del tessuto edilizio e sociale esistente, facenti capo ad una concezione di
completa condivisione non solo di strutture ed ideali, ma anche di beni.
Senza limitarsi a considerare solamente le esperienze di vita comunitarie, se ci guardiamo
indietro in un passato recente, vediamo come la vita di vicinato è sempre stata
caratterizzata dalla condivisione. Mi vien da pensare ai racconti dei miei genitori quando si
riunivano per vedere la tv dall'unico apparecchio disponibile nei dintorni. Si creava spesso
un senso di comunità ed appartenenza dato dalla condivisione di una particolare condizione
sociale, lavorativa od economica. Spesso si cresceva insieme fin dall'infanzia, si abitava in
quartieri di soli operai, o si avevano legami di natura parentale . Questa omogeneità
favoriva un rapporto di solidarietà tra gli abitanti.
Arrivando ai giorni nostri, queste consuetudini sono andate perse quasi ovunque, ma
possiamo trovare ancora degli esempi di strutture pensate per una vita comunitaria.
2
Immagine 1: Capanna con televisore ad energia solare in
Niger.
1.Residenze Collettive
Seppur spinti da motivazioni profondamente diverse, un equivalente laico dei monasteri
sono le attuali caserme militari. Anche qui gli spazi privati sono quasi completamente
assenti, si dorme, si mangia e si lavora tutti insieme.
Sebbene possa sembrare un esempio troppo estremo e possa spaventare, non mancano casi
di condivisione più vicini ad una vita tradizionale.
Uno dei più interessanti è costituito dalle residenze studentesche. Qui si viene a perdere il
carattere di completo rigore, e c'è una distinzione tra spazi pubblici e privati. Ciascuno
studente ha la propria camera in cui poter dormire, studiare, o rifugiarsi. Resta però un
carattere di forte condivisione dato dagli spazi sociali, dalle cucine o refettori, dalla
lavanderia e quant'altro necessario.
Un altro esempio legato ad un particolare fascia di età è quello delle case di riposo per
anziani, anche queste costituite da ampi spazi condivisi e limitate superfici private, così
come le case famiglia e, sebbene rappresentino una condizione forzata e momentanea, gli
ospedali.
Infine una ultima categoria individuata, e di cui probabilmente tutti abbiamo fatto
esperienza, è quello degli alloggi temporanei utilizzati durante le vacanze: Ostelli ed Hotel.
La mentalità che si instaura in viaggio ci fa perdere quelle che nella nostra vita comune
consideriamo delle necessità, e ci fa accettare cose che normalmente non saremmo disposti
a sopportare. Così non solo condividiamo con gli altri utenti il salotto ed il ristorante (o
cucina condivisa che sia), ma siamo disposti anche ad accettare l'utilizzo di attrezzature
facenti capo alla nostra sfera più privata come il letto. Nella vita di tutti i giorni non
sarebbero in molti a voler dormire su di un materasso in cui già son passate centinaia di
3
Immagine 2: Il falansterio di Charles Fourier
1.Residenze Collettive
persone. Questo esempio come altri, ci fa pensare come spesso le nostre necessità siano
dettate non tanto da esigenze reali ma da da pregiudizi ed abitudini.
Al di là di queste condizioni di vita particolari, il panorama italiano è carente di esempi di
condivisione volontaria nella vita di tutti i giorni. Gran parte delle comunità volontarie
esistenti è nata dietro una precedente ideologia condivisa: una ideologia alimentare,
religiosa o spirituale, e rimangono comunque dei fenomeni marginali.
Ciò nonostante faccia parte del nostro background culturale una vita di paese e prossimità
più accentuata che nel Nord Europa da cui attualmente prendiamo esempio. Qui infatti
all'interno dei condomini esistono degli standard di condivisione di attrezzature , superiori
alle abitudini nostrane. Inoltre analizzeremo due fenomeni, il cohousing e gli ecovillaggi,
che qui hanno avuto origine.
Non bisogna infine dimenticare che andando fuori del mondo occidentale, ad esempio in
Cina, in India od in Africa, ancora oggi gran parte delle persone vive all'interno di
dimensioni sociali che fanno capo a comunità, tribù, villaggi o famiglie allargate, che
sembrano essere la dimensione fisiologica dell'essere umano.
1.1. Sfera pubblica e privata
L'uomo per sua stessa natura ha necessità di confrontarsi con gli altri esserei umani. Ciò gli
permette di acquisire conoscenze, di ricevere consigli, gratificazioni e insulti , che formano
la persona ed il suo modo da agire.
Lo scambio con gli altri esseri umani avviene per strada, al lavoro, all'aperto, al chiuso, ma
soprattutto ha luogo nella più piccola delle strutture sociali, la casa. L'influenza delle
osservazioni che ci vengono dalle persone con cui condividiamo la nostra vita sono grandi,
perché grande è la fiducia che poniamo in loro.
Ma l'uomo allo stesso tempo ha necessità della sua sfera intima e privata, dei suoi attimi di
silenzio, riflessione, studio, gioia e tristezza. Ha inoltre bisogno di sentir l'appartenenza dei
propri spazi, di poterli adattare, abbellire e modificare.
E' necessario quindi che le nostre strutture per abitare rispecchino queste esigenze
contrapposte e compenetranti.
Gli appartamenti nei quali attualmente viviamo, provengono da secoli di elaborazione ed
4
1.1.Sfera pubblica e privata
affinamento, e mutano repentinamente a seconda delle tradizioni, della cultura, del clima.
In tutte possiamo però distinguere una sfera pubblica e privata. Possiamo così guardare la
tv in compagnia nel salotto o studiare un testo nella tranquillità della nostra camera. Le
sfumature sono però diverse, e le opzioni molteplici. Il nostro stile di vita è influenzato
enormemente dalla condizione economica più che dalle effettive esigenze. Essendo
cresciuto in una famiglia composta di sei persone in cui i quattro figli hanno condiviso
l'unica stanza disponibile oltre a quella dei genitori, ho spesso faticato a trovare i miei spazi
privati. Per cui nonostante creda fermamente in un futuro di condivisione non ho dubbi
sulla necessità di garantire ad ognuno il suo rifugio. Tutte queste considerazioni
provengono ovviamente dal mio sfondo culturale occidentale, e solo in questo campo
vanno considerate.
Ma risaliamo all'origine del problema immaginando di provenire dalle caverne e dover
5
Attività + Pubblico + Privato
FesteggiareSocializzareDiscutereMangiareCucinarePulireGuardare la TVUsare il ComputerTelefonare StudiareDormireRelaxMeditazioneIgiene personaleToiletSfera sessuale
Tabella 1: Livello di privacy di attività comuni
1.1.Sfera pubblica e privata
progettare la prima abitazione. Dobbiamo quindi porci numerosi quesiti per stabilire quali
spazi ci possano servire per alloggiare determinate azioni, come collegarli tra loro, chi
possa avere accesso a questi luoghi, se l'accesso debba essere limitato ad un numero
ristretto di individui. Quindi analizzando il nostro stile di vita cerchiamo di capire le
esigenze presenti a cui cerchiamo di attribuire degli spazi, e stabiliamo se questi possano o
meno essere condivisi.
Partiamo quindi con l'individuare una serie di azioni standard e ripetitive che necessitino di
spazi adeguati per essere svolte. Questa analisi ovviamente non ha l'intenzione di essere
esaustiva di ogni possibile azione, ma solamente di supporto all'identificazione di diverse
possibili combinazioni di superfici.
Successivamente a ciascuna azione attribuiremo uno spazio che chiameremo col nome
diffuso nel linguaggio corrente. Infine stabiliremo il livello di privacy richiesto da questi
6
Condiviso
Semiprivato
Condiviso con accesso privato
CorporeoAttività sociali
SemiprivatoSilenzio
1.1.Sfera pubblica e privata
spazi.
Queste attività sono spesso collegate tra loro dalle nostre abitudini o da un rapporto di
causa effetto. Ci accorgiamo subito che è impossibile stabilire delle indicazioni univoche.
L'attività dello studio ad esempio ha il requisito fondamentale della concentrazione, che
però può essere raggiunta in diversi modi a seconda delle abitudini. Per la maggior parte
degli individui questo corrisponde con il silenzio. Ma ciò non è sufficiente a stabilire delle
caratteristiche da assegnare ad un luogo idoneo allo studio. Potrebbe ad esempio essere la
sala lettura di una biblioteca, così come la camera privata dello studente. Ed allo stesso
tempo l'indicazione del silenzio non è univoca, poiché per alcuni studenti è più proficuo
studiare con della musica o in compagnia di colleghi. Individueremo quindi un range da
assegnare alle diverse azioni. La scelta operata successivamente all'interno di ciascun
intervallo definisce le caratteristiche della struttura.
Possiamo notare da questa veloce analisi come le attività più private sono quelle che hanno
a che fare con il nostro corpo e con la nostra concezione di pudore, e quindi con il nostro
millenario sfondo culturale. Seppur non è lo scopo di questo trattato, non sarebbe difficile
immaginare una società basata su diversi atteggiamenti di pudore, esperimento tra l'altro
già tentato ad esempio dalle comuni degli anni '70. Concezioni di vita diverse sono tra
l'altro tuttora attive presso molte civiltà preindustriali. Ma poiché ciò che ci interessa è
l'analisi della società attuale, continuiamo la “costruzione della prima casa” sulla base delle
relazioni esistenti.
Possiamo individuare quattro grandi sottogruppi di attività. Il primo ha una direzione
prevalentemente condivisa, ed anzi ha spesso bisogna della presenza di altri individui per
essere effettuato. Lo chiameremo il gruppo delle “Attività sociali”. Un secondo
sottogruppo non ha una destinazione specifica, ma a seconda degli atteggiamenti di
ciascuno può essere svolto in un ambiente comune o privato, quindi uno spazio
“semiprivato”.Un terzo gruppo può essere identificato nella sfera del “silenzio”. Anche
questo può essere pensato sia in un ambiente condiviso che privato. Infine l'ultimo gruppo,
il più ristretto, attinente alla sfera “corporea”.
Proviamo adesso ad assegnare a ciascun gruppo di attività un ambiente. Possiamo
immaginare di attribuire una stanza per le “Attività sociali”. Questo è un ambiente
condiviso accessibile indistintamente a tutti, a numero illimitato, e si svolgeranno qui le la
7
1.1.Sfera pubblica e privata
vita sociale, i pasti, le discussioni. Ne troviamo riscontro nella società odierna nel salotto,
nella sala da pranzo e nella cucina che possono essere raggruppati in via preliminare in un
solo ambiente, salvo poi prevedere delle separazioni fisse o mobili per il benessere acustico
od olfattivo.
Un secondo ambiente di carattere semiprivato ha accesso limitato ad un solo individuo ma
può esserne esteso l'utilizzo a diversi soggetti in base alla volontà dell'usufruttuario.
Per la sfera del silenzio è possibile prevedere una sala comune liberamente accessibile da
tutti, se la dimensione del nucleo abitativo lo renda vantaggioso. Altrimenti sarebbe
possibile utilizzare lo spazio semiprivato per svolgere le attività del silenzio. Si verrebbe
così a configurare quella che conosciamo come camera da letto, dove possiamo dormire,
ma anche rilassarci, leggere o telefonare.
Infine l'ultimo ambiente sarebbe dedicato alla sfera corporea. Questo può essere di
carattere condiviso, ma l'accesso a tale spazio è limitato ad un solo individuo per volta.
1.2. Tipologie aggregative
Una volta individuati gli spazi necessari ed il loro accesso, è necessario stabilirne le
modalità di raggruppamento, ed a quanti individui destinarli.
Possiamo infatti pensare di dotare ciascun gruppo di ambienti, che da adesso chiameremo
abitazione, di tutte le necessità di un singolo nucleo familiare.
Oppure dotare ciascuna abitazione dei soli ambienti privati e semiprivati, mettendo in
condivisione tra più abitazioni gli ambienti comuni.
O ancora dotare ciascuna abitazione sia degli ambienti comuni che privati, prevedendo
però degli ulteriori ambienti comuni condivisi tra più appartamenti.
A seconda delle diverse scelte nei livelli di privacy di ciascuna sfera è possibile individuare
una serie di possibili risultati aggregativi:
Abitazione Caserma: Tutte le strutture sono condivise e ogni attività si svolge in comune,
i pasti, il lavoro, il dormire. Anche i servizi igienici sono comuni e condivisi e la sfera del
pudore è ridotta. Non è facilmente individuabile una divisione sociale per nuclei familiari
definiti.
8
1.2.Tipologie aggregative
Abitazione “Comune”: Strutturalmente si configura come l'abitazione Caserma, ma a
differenza di questa ha una maggiore libertà relazionale, ed è presente la condivisione dei
beni.
Abitazione Monastero: Anche in questo caso tutto si svolge in condivisione. Oltre agli
spazi sociali ci sono camerate comuni per dormire. I servizi igienici sebbene condivisi,
garantiscono la privacy.
Abitazione Ostello: Le attività sociali sono svolte in ambienti condivisi da un grande
numero di utenti. Gli spazi semiprivati costituiti dalle camere o da appartamenti, possono
avere una dimensione più o meno grande ed alloggiare un numero variabile di individui
facenti parte o non dello stesso nucleo familiare. I servizi igienici sono comuni ma ad
accesso privato. Qualora i singoli Spazi Privati siano costituiti da camere e non da
appartamenti, si riscontra la tipologia degli appartamenti in condivisione molto diffusa in
particolare tra gli studenti.
9
CorporeoAttività Sociali
semiprivato
CorporeoAttività Sociali
S.P.S.P.S.P.
S.P.
CorporeoAttività Sociali
semiprivato
1.2.Tipologie aggregative
Abitazione Hotel: Si configura come una Abitazione Ostello, ma a differenza di questa ha
servizi igienici privati. Permette la coabitazione di diversi nuclei familiari, ciascuno col
proprio spazio privato, ma tutte le attività sociali sono svolte in ambienti condivisi, che
mancano all'interno del singolo appartamento.
Abitazione Privata: Ciascun appartamento ha al suo interno tutte le tipologie di spazi
necessari. Le strutture sociali sono condivise con i membri dello stesso nucleo, ma non con
altre abitazioni.
Coabitazione: E' l'unione di una abitazione Hotel e di una Privata. Infatti è caratterizzata
dall'avere tutte le tipologie di spazi, compresi quelli per le attività sociali del singolo
nucleo, ma oltre a questa offre una serie di spazi condivisi aggiuntivi. Spesso all'interno del
singolo appartamento in coabitazione, le superfici destinate alla socialità sono ridotte
rispetto ad una abitazione privata classica. E' la categoria a cui fanno riferimento cohousing
ed ecovillages. Può essere costituito da appartamenti in un solo edificio, come un
residence, o abitazioni singole con una casa comune separata, come un villaggio turistico.
10
CorporeoAttività Sociali
Semiprivato
Attività Sociali
Corp.S.P.
Corp.
S.P.
S.P.
Corp.
1.2.Tipologie aggregative
Andando a classificare su una scala di condivisione le varie possibilità individuate,
vediamo come l'utilizzo di strutture comuni riferibili alla tipologia della “Coabitazione”,
oggetto di questa trattazione, sebbene per i più sembri una proposta controcorrente non
costituisca un notevole cambiamento del livello di privacy.
+ condiviso + privato
Comune Caserma Monastero Ostello Hotel Coabitazione Privata
Condominio
Privata
monofamiliare
1.3. Ambienti da condividere
Procedendo nella nostra trattazione, ipotizziamo di voler vivere all'interno di una struttura
che offra la possibilità di utilizzare delle strutture condivise.
Dall'analisi della vita quotidiana e dei casi studiati stabiliamo quindi quali sono gli spazi
che è possibile utilizzare in comune, ed i vantaggi che ne derivano.
Condividere spazi ed attrezzature consente di ridurre i consumi energetici e di conseguenza
i costi. Ad esempio con delle lavanderie comuni si risparmia l'energia necessaria alla
produzione, smaltimento e manutenzione di un elevato numero di lavatrici. Inoltre
permette di liberare una superficie da destinare ad altra funzione, elimina il rumore durante
l'esercizio ed ogni rischio di allagamento dell'abitazione.
Condividere una sala comune permette di incrementare l'interazione sociale, ridurre le
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Attività Sociali
Corp.S.P.
Corp.
S.P.
S.P.
Corp.
A.S.A.S.
A.S.
1.3.Ambienti da condividere
superfici necessarie all'interno di ciascun appartamento ed il tempo necessario alla pulizia.
Condividere una palestra permette di ridurre gli spostamenti in automobile.
Condividere una sala hobby permette di avere tutti gli utensili a disposizione, anche se li
utilizzeremo una sola volta all'anno. La vita media di un trapano è di 10 minuti,
condividerlo tra più nuclei familiari permette di non sprecare una importante quantità di
energia.
Realizzare un deposito per il riuso, dove mettere mobili, oggetti, e vestiario che non
utilizziamo più, permette di ridare nuova vita ad oggetti che potrebbero essere utili ad altri.
Inoltre in alcuni casi unendosi insieme ad altri nuclei, è possibile dotarsi di maggiori
servizi che normalmente non potremmo permetterci, come un micronido, una piscina o una
sauna. Sotto un'ottica comune, beni che prima erano considerati di lusso e contrari ad un
approccio sostenibile, possono riacquisire valore.
Di seguito forniamo una catalogazione schematica degli ambienti che è possibile
condividere. Questo catalogo non ha la pretesa di essere esaustivo, ma può fornire un
valido strumento di aiuto.
Per ciascuna voce sono indicati i vantaggi derivanti dalla condivisione, qui di seguito
specificati:
1 Riduzione dei consumi di utilizzo
2 Riduzione dell'energia di produzione-smaltimento
3 Riduzione degli spostamenti all'esterno
4 Riduzione delle superfici necessarie nel singolo appartamento
5 Maggiore interazione sociale
6 Servizio aggiuntivo ad una abitazione standard
7 Maggiore spazio nell'appartamento privato
8 Maggiore qualità del prodotto
9 Maggiore benessere nell'appartamento privato
10 Riduzione dei rischi nell'appartamento privato
12
1.3.Ambienti da condividere
Struttura 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Atelier artisticoCamera oscura
X X
Aula studio X X X
Automobile X X X X XBiblioteca X X X X XBicicletta X X XCucina
Dispensa
Barbecue
Forno a legna
X X X X X X
Furgone XGruppo di acquisto solidale - G.A.S. X X X X XLaboratorio per il fai da te X X X X X X X XLavanderia
Stireria
X X X X X X X X
Magazzino XMagazzino del Riuso X X X XMicronido X X XOrti e giardini X X X X XPalestra X X X X XPiscina X X XPortineria X X XRiciclaggio X X XSala cinema X X X X X X XSala da pranzo X X X X XSala multifunzionale:
Sala prove gruppi musicali
Sala gioco
Sala riunioni
Sala da ballo
Sala teatrale
Sala da affittare all'esterno
X X X X X X
13
1.3.Ambienti da condividere
Struttura 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Spazio meditazione XStanza per gli ospiti X XUfficio:
Computers
Fotocopiatrice
Stampanti
Plotter
Fax
X X X X X X X X X
1.4. La situazione attuale
La situazione attuale della condivisione nel mondo è molto variegata ed offre vari livelli di
vita comune. In questo breve excursus ci limitiamo a mostrare il panorama del mondo
occidentale, poiché in buona parte del resto del mondo, la vita condivisa fa ancora
saldamente parte della cultura locale,
fondata sui principi della famiglia
allargata, della tribù o del villaggio.
In ambiente urbano i paesi del Nord
Europa nutrono una concezione di
condivisione più radicata che non i paesi
mediterranei. E' infatti abbastanza usuale
trovare dei condomini che condividono la
lavanderia, una sala riunioni o una sala per
le feste. A livello locale è inoltre possibile
trovare esempi prettamente indigeni, come
ad esempio l'abitudine della sauna
condominiale in Finlandia. Nei Paesi Bassi
(Centraal Wonen e Woongroepen) in
particolare questa concezione è
particolarmente sviluppata, così come in
Danimarca (Bofælleskaber) e Svezia
14
Immagine 3: Lavanderia comune
Foto di Chez Larsson
1.4.La situazione attuale
(Kollektivhuser) seppur in misura minore. Anche nel Regno Unito è possibile trovare
edifici multifamiliari che condividono la lavanderia, spesso funzionante a gettoni ed
associata ad un regolamento che vieti l'acquisto di una lavatrice privata, sebbene questa
pratica stia cadendo in disuso. In Italia questa cultura era presente alcuni decenni fa,
quando a condividersi erano le lavanderie per fare il bucato a mano, ma non è facile
trovare esempi attuali. Lo sviluppo della condivisione nel Nord Europa è stato un processo
autonomo, poiché dalle ricerche svolte, in nessun posto sono risultati esistere degli
standard minimi di legge sugli spazi comuni.
Al di là della condivisione di ambienti limitati, un maggior livello di comunità è dato dalle
abitazioni in cohousing, sviluppatesi sempre in Nord Europa ed ancora in fase embrionale
in Italia, che verranno ampiamente trattate nell' 1.5 Cohousing. Queste sono spesso
appoggiate dalle amministrazioni pubblici per i vantaggi sociali che comportano.
In Olanda il sostegno politico è stato rivolto prevalentemente verso i Senior Cohousing,
forme di coabitazione destinate ad utenti anziani. In questo modello vengono infatti visti
dei vantaggi per il sistema sociosanitario, poiché gli individui sono in grado di rimanere
attivi ed indipendenti per più tempo liberando così le strutture sanitarie pubbliche. Vengono
quindi defiscalizzati, elargiti prestiti a condizioni favorevoli e venduti terreni a prezzi
scontati, grazie anche agli interminabili negoziati noti come “Poldermodel” cui partecipano
membri del governo, lavoratori, sindacati, attivisti e minoranze.
In Danimarca l'amministrazione desiderosa di studiare interventi mirati a modificare la
normativa per favorire queste forme abitative ha deciso di collaborare nella realizzazione
di Munksøgård a Roskilde.
A Kobe in Giappone, dopo il devastante terremoto del 1995, le autorità per la ricostruzione
realizzarono 300 edifici conosciuti come “Fureai” (luoghi dell'amicizia) costituiti da un
numero di abitazioni variabili tra 6 e 71 con una ampia gamma di servizi condivisi e diretti
principalmente ad utenti disagiati come anziani e giovani coppie. Il successo non è stato
completo a causa dell'assenza di organizzazione e coesione sociale, che si sta tentando di
reintegrare a posteriori.
In Italia spesso tentativi di vita condivisa falliscono a causa dello scarso supporto dell'ente
pubblico, molte volte impotente di fronte all'assenza di strumenti legislativi in questa
ottica.
15
1.4.La situazione attuale
E' però possibile cercare di sfruttare delle leggi più generali, come ad esempio nel Lazio,
dove vengono finanziate le scelte sociali partecipate orientate allo sviluppo economico
locale, mettendo a disposizione fondi pubblici. Con l' ”Autorecupero del patrimonio
immobiliare” (Legge della Regione Lazio n. 55/1998) è invece possibile riconvertire
immobili pubblici dismessi partecipando ad un bando pubblico in cui presentare un
progetto di ristrutturazione.
In Danimarca grande impulso allo sviluppo della coabitazione, fu dato dalla creazione di
prestiti a condizioni vantaggiose concessi a cooperative edilizie formate da minimo 8
abitazioni con superficie massima di 95 m2 e costi di costruzione limitati.
Negli Stati Uniti è attivo il programma HOME, la cui sottosezione CHDO (Community
Housing Development Organization ) si occupa dello sviluppo comunitario e permette di
ottenere sgravi fiscali ad associazioni no profit che operino nella realizzazione di nuove
strutture comunitarie.
Altri tipi di comunità esistono diffusamente, ma costituiscono spesso dei fenomeni
marginali. In Italia in particolare, gran parte delle comunità esistenti fanno riferimento ad
un ideale religioso, politico o preindustriale, e quindi difficilmente proponibile per la
16
Immagine 4: Ecovillaggio di Munksøgård a Roskilde in Danimarca
1.4.La situazione attuale
diffusione a larga scala. Un fenomeno più interessante è costituito dagli ecovillaggi, di cui
si tratterà compiutamente nell' Error: Reference source not found Error: Reference source
not found.
1.5. Cohousing
1.5.1. La storia
La nascita del cohousing si deve alla spinta dell'architetto danese Jan Gudman-Hoyer negli
anni '60. Alla ricerca di uno stile di vita più soddisfacente, insieme alla moglie passarono in
rassegna le più diffuse forme di abitazione: casa monofamiliare, a schiera e multifamiliare,
senza trovare in nessuna di queste quello che cercavano.
Decisi a non fermarsi di fronte all'assenza di un'alternativa desiderabile, nell'inverno del
1964 si riunirono con un gruppo di amici per discutere della possibilità di creare un
ambiente più vivibile, mettendo insieme gli aspetti positivi dati dalle tipologie conosciute.
Come riferiscono Mc Camant e Durrett, erano alla ricerca di qualcosa che avesse le qualità
di un villaggio e della sua interazione sociale, ma si trovasse in vicinanza di un ambiente
urbano per poterne sfruttare le opportunità culturali e professionali. Altri punti fermi della
ricerca erano la necessità di cooperazione tra gli abitanti, che per potersi conoscere
dovevano vivere in un complesso sufficientemente piccolo. Ciò avrebbe permesso anche di
poter utilizzare le strutture comuni sentendole come una estensione della propria
abitazione. Il processo progettuale sarebbe dovuto essere portato avanti dagli abitanti stessi
per favorire un senso di appartenenza.
Gudman-Hoyer ed i loro amici decisero così di acquistare un terreno nelle vicinanze di
Copenhagen per realizzare il progetto di una comunità di 30 abitazioni, ma a causa
dell'opposizione dei vicini che pensavano alla creazione di un progetto di stampo politico,
furono alla fine costretti a vendere il sito.
Convinto delle idee sviluppate, Gudman-Hoyer pubblicò un articolo nel 1968 intitolato “Il
collegamento mancante tra l'Utopia e l'antiquata casa monofamiliare”, che riscosse molta
attenzione. Numerose famiglie si interessarono al progetto, che così riprese la sua
realizzazione. Nel 1972 due Bofoellesskaber (letteralmente comunità viventi) furono
17
1.5.Cohousing
ultimate ed occupate da un totale di sessanta famiglie, dopo aver superato molti ostacoli
con i finanziamenti bancari e la vendita delle abitazioni rimanenti.
Questi primi progetti divennero molto conosciuti sia in Danimarca che all'estero, tanto da
divenire meta turistica ed essere studiati dalle amministrazioni per favorirne la diffusione.
Il movimento si estese in seguito all'estero, con la prima realizzazione in Olanda nel 1977,
e di seguito Svezia e Nord Europa, Giappone, Usa Canada ed Australia. La diffusione in
California ed in tutti gli Stati Uniti si deve agli studi condotti per 13 mesi in Danimarca da
Kathryn McCamant e Charles Durrett, che analizzarono la vita di 46 complessi di
cohousing e scrissero successivamente “Cohousing a contemporary approach to housing
ourselves” uno dei libri che ne favorì ulteriormente la diffusione nel mondo. Furono loro
inoltre a creare il neologismo “cohousing”.
Attualmente in Danimarca il 5% della popolazione vive in cohousing, dove questa forma di
insediamenti sono supportati dalle istituzioni che ne ravvedono vantaggi sociali ed
ambientali.
In Italia le prime realizzazioni di cohousing sono iniziate e stanno per essere inaugurate.
Ma attualmente il fenomeno della condivisione sembra essere limitato ad un numero
ristretto di potenziali utenti. La Cohousing Ventures sostiene che il numero di persone che
possa interessarsi ad un simile modo di abitare in Italia sia di 250 000. Ciò corrisponde a
circa lo 0,4% della popolazione italiana, dato ben inferiore al 5% già raggiunto dalla
Danimarca. Di fronte a simili prospettive risulta improbabile considerare il cohousing
come un ulteriore mezzo di risparmio energetico.
Ma d'altra parte il cohousing ha il vantaggio di essere un sistema aperto verso l'esterno ed
integrato nel tessuto esistente, e quindi più facilmente esportabile. Inoltre dietro la parola
cohousing si celano innumerevoli diverse interpretazioni che sfumano dalla forma più
tradizionale a quella più estremista, offrendo quindi possibilità ad un ampio spettro di
persone di immedesimarsi in una delle nuove possibili condizioni abitative.
1.5.2. Cosa è?
Nel loro libro Kathryn McCamant e Charles Durrett definiscono le caratteristiche del
cohousing in 4 punti principali:
18
1.5.Cohousing
• “Processo partecipativo: i residenti organizzano e partecipano al
processo di design e progettazione per il complesso abitativo, e sono
responsabili come gruppo per tutte le decisioni finali, sia in presenza
che in assenza di uno sviluppatore.
• Progettazione di vicinato intenzionale: la progettazione fisica e
l'architettura incoraggiano un forte senso di comunità ed
incrementano le possibilità per un contatto sociale spontaneo. Molta
enfasi è posta nella progettazione di villaggi pedonali, spazi aperti
comuni, e protezione degli spazi verdi. La tipica dimensione di una
comunità è di 18-32 nuclei.
• Abitazioni private integrate da ampi servizi comuni: Ogni nucleo ha
una residenza privata completa ma ha anche accesso a servizi e spazi
comuni che sono progettati integralmente per un uso quotidiano per
completare le aree di abitazione privata, e comprendono una grande
casa comune con sala da pranzo, lavanderia, spazio per i bambini,
uffici, etc. Ciò permette delle abitazioni individuali più piccole ed
accessibili. Il cohousing supporta diverse definizioni di nuclei e
famiglie.
• Gestione totale dei residenti: i residenti gestiscono lo sviluppo e la
comunità dopo che ne entrano a far parte, prendendo decisioni di
interesse comune durante le riunioni comunitarie usando processi
decisionali inclusivi e partecipatori. Quasi tutte le comunità di
cohousing usano un metodo del consenso facilitato supportato da un
comitato autorizzato”.
A queste caratteristiche, altre due sono state aggiunte da Neshama Abraham Paiss:
• “Struttura non gerarchica: i membri della comunità hanno ruoli
guida, ma nessuna persona è il leader della comunità. Inoltre i
membri della comunità lavorano insieme per prendere decisioni di
interesse comune, spesso scegliendo la via del consenso ed il
modello del decision-making.
• Fonti di stipendi separati: sebbene un gran numero di cohousers
19
1.5.Cohousing
lavorano da casa, i vicini non si affidano alla comunità come fonte
di guadagno.”
Il cohousing, letteralmente “Coabitare” si basa sul principio che vada conservata una sfera
della vita privata, che però si apre ad una quotidianità quanto più possibile comunitaria, in
modo da superare l'isolamento della vita moderna.
Questo è realizzato attraverso la coesistenza di appartamenti privati e strutture comuni
all'interno di un vicinato elettivo.
Esistono vari livelli di condivisione, dalla sola lavanderia e qualche sala, fino ad una vera e
propria condivisione economica globale, sulla scia delle comuni degli anni '70. Spesso il
cohousing nasce anche dietro ad un progetto di sostenibilità e risparmio energetico,
sebbene questo non sia un punto fermo delle coabitazioni, in quanto l'idea che genera
questo progetto è essenzialmente quella di una rinnovata vita sociale.
E' possibile realizzare un cohousing in diversi contesti ambientali: in città, in campagna o
in un ambiente suburbano. Inoltre può essere una nuova costruzione o la riqualificazione
di un edificio esistente (Retrofit cohousing). Essendo il cohousing una forma di
20
Immagine 5: Cortile comune al Prairie Sky Cohousing, Calgary - Canada
1.5.Cohousing
condivisione dell'abitato, questi nascono spesso intorno ad uno spazio comune: una corte,
una via, un giardino, che possano mettere in comunicazione le persone. Ogni famiglia ha il
suo appartamento privato, ed una parte degli spazi, ad esempio il piano terreno del
fabbricato di un condominio, viene destinato alle strutture comuni: lavanderia, sala tv,
cucina comune, salotto, etc.
Vivere in cohousing consente di ridurre la superficie necessaria a ciascun appartamento.
Non serve che ognuno abbia una sala da pranzo che possa ospitare 20 persone e che
verrebbe utilizzata forse due volte all'anno: si può infatti utilizzare quella comunitaria.
Alcune lavatrici condivise sono sufficienti alle necessità di tutti gli abitanti, e non serve
possederne una in ogni appartamento. Ciò permette benefici di carattere sociale,
energetico ed economico, sia di manutenzione che di realizzazione iniziale.
Qualora non si abbiano i fondi necessari per avviare il progetto, si può pensare di iniziare
affittando una struttura invece di comprarla.
In campagna può essere realizzato all'interno di casali rurali riadattati, in cui i diversi
21
Immagine 6: Sala comune a Saettedammen, Hilleroed – Danimarca
Foto di Dale Mason
1.5.Cohousing
nuclei vivono nello stesso edificio, o in diverse strutture all'interno dello stesso lotto. In
questo modo è possibile recuperare il contatto con la natura ed auto-produrre una parte del
proprio cibo. Altre possibilità sono quella dell'autocostruzione, che richiede però tempi più
lunghi per la realizzazione o del recupero di borghi abbandonati.
Il numero degli abitanti è variabile, ma spesso il numero dei nuclei familiari è compreso tra
20 e 40. Questo permette di raggiungere una massa critica per formare una comunità con
pensieri ed abilità differenziati, ed allo stesso tempo di non far soffrire il progetto di
“gigantismo” col rischio di creare scissioni interne, rapporti superficiali e difficoltà di
gestione. Esempi di Coabitazioni di dimensioni maggiori, anche oltre i 100 nuclei, esistono
ma spesso il progetto viene suddiviso in più raggruppamenti, i clusters o circoli, ognuno
con le proprie strutture condivise. Allo stesso modo esistono esperienze di mini cohousing,
ma questi si avvicinano più al modello di un' unica famiglia. Queste esperienze hanno lo
svantaggio di creare una maggiore interdipendenza dei singoli abitanti: la mancanza o non
partecipazione di un solo componente, si nota subito e viene avvertita da tutto il gruppo.
Uno degli aspetti fondamentali del cohousing è la progettazione partecipata. L'abitante
viene coinvolto all'interno del processo progettuale e decisionale, ed è anzi spesso lui
stesso a farsi propositore di idee e soluzioni. Son così gli stessi abitanti a decidere quali
strutture condividere, come gestirle, quali attrezzature acquistare, su quali fonti di energia
rinnovabile investire.
Il progetto è così frutto della comunità stessa, ed il senso di appartenenza e la perfetta
aderenza alle esigenze delle persone permettono un forte attaccamento e rispetto per le
strutture comuni. La partecipazione non si limita alla progettazione delle strutture, ma
anche all'aspetto sociale della vita comunitaria.
Negli esperimenti di coabitazione più genuini, l'esperienza si spinge oltre alla semplice
convivenza: la comunità viene vista come una grande opportunità su cui riplasmare lo stile
di vita. Si va ad assottigliare il concetto di famiglia mononucleare. I bambini crescono
insieme tra di loro e vengono educati da tutta la comunità. In questo modo non c'è più la
necessità di alienare i propri figli davanti alla tv od alla console per tenerli occupati. Inoltre
avere altre famiglie di cui ci si fida ciecamente elimina quasi sempre la necessità di cercare
un baby-sitter. In altre esperienze invece si son creati servizi di baby-sitting interni che
permettono ai ragazzi di guadagnare qualche soldo e sentire la fiducia della collettività.
22
1.5.Cohousing
Anche la gestione di anziani, disabili e disagiati diviene un affare comune, e non del
singolo nucleo, semplificando ed alleggerendo il peso sulle famiglie meno fortunate, oltre a
permettere un naturale coinvolgimento degli stessi nella vita comunitaria ed una
trasmissione delle conoscenze. Ciò consente di ridurre il bisogno di assistenza e di strutture
apposite per la sussistenza, portando benefici sociali a più larga scala.
Le decisioni all'interno del gruppo, vengono prese sulla base del consenso all'interno di
riunioni in cui è il dialogo e non la sopraffazione a farla da padrone. Ciò permette di
pensare sempre al bene della collettività e non del singolo individuo.
Le strutture comuni possono essere utilizzate in modo casuale o in modo organizzato.
Spesso si creano spontaneamente delle cene collettive nelle sale comuni, che fungono da
collante alla vita sociale del vicinato. Successivamente si iniziano a strutturare le attività,
ed in questo modo è possibile preparare la cena a rotazione, e godere di una piacevole cena
in compagnia senza necessità di cucinare se non durante il proprio turno.
Rimane comunque l'autonomia: ciascun individuo è libero di decidere se partecipare o
meno alla socialità del luogo, così come ogni comunità decide il livello di interazione.
La gestione delle strutture è amministrata localmente: spesso si organizzano anche dei turni
per svolgere le attività comunitarie di base: pulizia, acquisti, riciclo, etc. Ciò permette oltre
ai vantaggi ambientali anche la possibilità di avere più tempo libero a disposizione per se
stessi.
Un altro servizio di cui si avvalgono molti cohousing è la costituzione di gruppi di acquisto
(Gas), attraverso cui è possibile risparmiare, avere prodotti locali e più genuini con
ulteriori vantaggi per l'ambiente, la salute ed il tempo risparmiato.
Sono molto diffuse anche comunità con regolamenti di accesso molto stringenti: residenze
per soli anziani, giovani o single ad esempio.
In questo contesto si vede però il rischio di autoghettizzazzione, che porta ad un risultato
diverso rispetto rispetto agli obiettivi di condivisione iniziali. Allo stesso tempo è però da
sottolineare il più alto standard di vita all'interno di queste comunità. E' stato infatti
stimato, come riferisce Luca Mortara di Cohousing Ventures, che chi vive all'interno di un
senior cohousing conservi la propria autonomia per 10 anni più della media.
Riguardo i costi non sempre è detto che un' abitazione in cohousing costi di meno di una
abitazione standard. Tra l'altro questa falsa credenza è spesso un motivo che spinge la
23
1.5.Cohousing
gente ad avvicinarsi al cohousing, per poi rimanerne delusi. A differenza del costo iniziale,
il costo di gestione è invece sempre inferiore ad una abitazione standard, grazie ai minori
consumi energetici, lo scambio di favori, la condivisione di mezzi ed attrezzature, ed i
gruppi di acquisto.
1.5.3. La comunità cerca una struttura
Le modalità di creazione di un cohousing posso essere molteplici. Essenzialmente sono
state individuati due processi principali: nel primo caso l'iniziativa parte dal basso: un
gruppo di persone interessate ad abitare collettivamente si incontra, si conosce e si
consolida.
Il percorsa non è né semplice, né lineare. Infatti all'interno dello stesso gruppo interessato a
partecipare ad un progetto collettivo si instaurano diverse tendenze: chi preferisce un
cohousing urbano, chi preferisce la campagna, chi è legato ad un determinato luogo per
motivi di lavoro. Inoltre a volte si creano divergenze ideologiche: chi con un approccio no-
global pretende che tutti rinuncino all'acquisto di determinati prodotti, chi ha la volontà di
vivere con persone che non mangino carne, etc.
Una volta consolidato il gruppo, e stabilite le regole fondamentali, il passo successivo è
quello della ricerca di una struttura in cui abitare. A questo punto ci si orienterà verso la
campagna o la città, il recupero o la nuova costruzione. Un'altra soluzione possibile è
quella del recupero di strutture dismesse, in comune accordo con l'amministrazione
pubblica. Una volta trovata la struttura da abitare si passa alla progettazione degli
interventi sugli edifici ed all'organizzazione della vita comunitaria. In alcuni casi per
favorire la progettazione per il bene comunitario e non per il singolo individuo, la scelta
delle abitazioni avviene solamente a progetto concluso.
L'intero processo è molto complesso e pieno di difficoltà, tanto che si stima che solo un
gruppo ogni 10 che si forma riesca a portare a termine un progetto comunitario, mentre la
percentuale sale a circa il 25% in caso di cohousing come riferisce Stella Tarnay, direttore
della rivista “Cohousing”. Uno dei problemi per cui i progetti non vengano portati a
termine, è la mancanza di professionalità all'interno del gruppo: spesso la guida di un
architetto, di un sociologo e di un economo risultano essenziali. Altre volte si perdono
24
1.5.Cohousing
elementi del gruppo, che devono essere sostituiti, poiché entrano in conflitto col resto del
vicinato o non sono in grado di sopportare il livello di difficoltà che questo richiede. Per
rendere l'idea, i principali attori della creazione del cohousing di Munksogaard in
Danimarca, hanno dedicato al progetto circa 37 ore a settimana per oltre 4 anni.
E' infatti un processo molto lungo che, qualora abbia un lieto fine, dura solitamente dai 2 ai
5 anni, e per i casi più difficili può arrivare anche a 10 anni.
1.5.4. La struttura cerca una comunità
La seconda modalità ha origine dall'alto, ed è spesso portata avanti da professionisti
costituiti in un gruppo. All'interno del team solitamente si trovano una serie di figure
qualificate con esperienza nel settore del cohousing: imprenditori, architetti, sociologi,
economi, etc.
In questo caso è la struttura ad esistere per prima, attraverso un progetto di nuova
costruzione o riqualificazione. Può essere un intervento proposto sia in ambito privato che
pubblico. L'imprenditore opziona un'immobile o un'area edificabile per alcuni mesi, in
attesa di verificare la possibilità di costruire un progetto di cohousing. In altre situazioni
può essere un'impresa edile a rivolgersi alla società di consulenza sul cohousing per
realizzare un progetto in comunione che abbia un maggiore appeal sul mercato.
Il passo successivo è quello di trovare un gruppo di persone che vuole essere coinvolta nel
progetto, con il sostegno che la struttura imprenditoriale può offrire.
Questa fase viene denominata del visioning: le persone interessate visitano la struttura, si
incontrano e si conoscono per alcuni mesi, e decidono se portare avanti un progetto di
abitazione comune. Solitamente i primi punti su cui ci si confronta sono di carattere
ideologico, teorico e relazionale. Si cerca di capire se si condividono gli stessi valori col
resto del gruppo o si pensa ad esempio a come essere utili gli uni agli altri condividendo
ciò che si sa fare, ad esempio tramite uno scambio reciproco di favori, che in una fase
successiva potrebbe strutturarsi in modalità di relazione alternative quali una moneta
interna, una banca del tempo, etc.
Dopodiché si passa a considerazioni di carattere fisico e si analizza quali sono le strutture e
le attrezzature che si intende avere in comune, facendo particolare attenzione a cosa vuole
25
1.5.Cohousing
il gruppo. Il tutto ancora in modo generale, poiché le persone che si riuniscono non sono
ancora sicure che abiteranno insieme, e sono in una fase di “studio” reciproco. Queste
scelte saranno approfondite successivamente: infatti una volta definito il gruppo che
abiterà la struttura, questi acquistato la casa ed inizia la vera fase di progettazione, il
planning. A questo punto attraverso la progettazione partecipata si stabiliscono gli
interventi da eseguire, come gestire le strutture comuni, come arredare gli spazi,
sviluppando le considerazioni fatte nella prima fase. C'è però un passaggio fondamentale.
Mentre la prima fase risponde alla domanda del “cosa si vuole” adesso il compito del
gruppo è quello di stabilire “come si vuole”. Essendo la struttura preesistente rispetto alla
comunità, la progettazione vera e propria è fatta a monte dall'architetto. La comunità potrà
decidere la destinazione funzionale degli ambienti, cioè cosa inserire all'interno degli spazi
già dimensionati e sviluppati dal professionista, ed arredarli secondo le proprie indicazioni.
Solamente i nuclei che entreranno a far parte da subito del gruppo, avendo anche
acquistato l'appartamento, potranno anche influire sulla progettazione del proprio
appartamento, qualora non ancora realizzato.
In questo caso risulta evidente che il coinvolgimento ed il senso di appartenenza siano
ridotti rispetto ad un processo di formazione dal basso, e la possibilità di creare una vera
comunità risulta quindi essere di minor riuscita. Ciò risulta tra l'altro dimostrato dalle
esperienze estere.
Come infatti afferma J. R. Brown nella sua tesi di Master “Comparative analysis of energy
consumption trends in cohousing”:
“Ad oggi, quelle comunità che son state seguite da imprenditori, al contrario di
imprenditori chiamati dai residenti per consulenze, sono state meno di successo (in
termini di sviluppo comunitario ed armonia) rispetto alle comunità dove è stato
seguito il modello di McCamant e Durrant.”
Ed allo stesso tempo, gli stessi McCamant e Durret dal punto di vista sociologico
affermano che:
“Impegnarsi e sacrificarsi assieme per creare il luogo in cui vivere fa nascere un
26
1.5.Cohousing
senso di orgoglio che nessun imprenditore edile può inserire in un progetto chiavi
in mano”.
Questo in linea generale è un principio valido, ma con questo non vogliamo escludere
completamente l'alternativa imprenditoriale, soprattutto qualora questi trovino un metodo
funzionante per creare una “comunità vivente” anche in una fase successiva. Tra l'altro, in
un esempio come BedZed a Londra, in cui gli utenti finali non sono stati coinvolti nel
processo di progettazione, questi sembrano molto soddisfatti dell'attuale livello di socialità.
Un esempio di questo tipo di strutture imprenditoriali in Italia è costituito dal gruppo
Cohousing Ventures, che sta attualmente realizzando diversi progetti nel settentrione.
In ambito pubblico invece un intervento interessante è stato portato avanti dal dipartimento
per l'edilizia sociale della Provincia Autonoma di Trento, l'ITEA che nel comune di Aldeno
hanno riqualificato un vecchio edificio industriale dismesso, all'interno di cui è stato creato
un cohousing con condivisione di strutture quali palestra, laboratorio artigianale, sala
comune e l'integrazione di servizi pubblici. Essendo un intervento di edilizia sociale, gli
appartamenti devono essere assegnati a persone svantaggiate, ma il reddito non è l'unico
criterio. Nel bando di assegnazione infatti è previsto un colloquio con una commissione
che valuta la propensione degli individui a questa forma di abitato, dando priorità ad
esempio ad anziani e loro famiglie di origine giovani coppie ed operatori coinvolti in lavori
sociali.
1.5.5. I Condomini Solidali: un esempio italiano
I condomini solidali sono una forma di abitato prevalentemente urbano, in molti aspetti
simile al cohousing, raggruppati dal 2003 nell'associazione “Mondo di comunità e
famiglia” (Mcf). La loro nascita si deve a Bruno ed Enrica Volpi che nel 1978 insieme ad
un gruppo di padri gesuiti avviarono la prima comunità a Villapizzone, Milano.
Attualmente l'associazione raggruppa circa 30 esperienze distribuite in Lombardia,
Piemonte, Friuli e Toscana.
Come racconta Bruno Volpi, di ritorno nel 1971 da un'esperienza di volontariato in Ruanda
con la compagna durata 8 anni, sentirono l'esigenza di una vita diversa. Andarono così a
27
1.5.Cohousing
vivere con i loro 5 figli ed alcuni amici in una casa occupata. Di lì a poco presero in
affidamento da un assistente sociale una bambina bisognosa di aiuto, e di seguito la loro
piccola comunità inizio a prendere altri ragazzi in affidamento. L'ispirazione del gruppo è
di stampo cattolico, seppure questo non costituisca una determinante per poter partecipare
al progetto. Ciascuna famiglia ha a disposizione un grande appartamento di 4-5 camere per
poter ospitare ragazzi, ed inoltre ci sono una serie di spazi comuni. Il fatto di vivere in
coabitazione non è il fine del progetto, ma un modo di raggiungerlo. L'economia è
condivisa. Gli introiti di ciascuna famiglia sono depositati in una cassa comune. Ciascuno
ha a disposizione ad inizio mese un assegno in bianco in modo da poter prelevare quanto
necessario. Tutto è lasciato alla buonafede della coscienza di ciascun individuo. Il surplus
mensile finisce nelle casse dell'associazione che lo utilizza per sviluppare i progetti in
corso. Anche questo in realtà più che un fine è uno strumento. In questo modo infatti i
singoli individui non puntano a lavorare il più possibile per accumulare ricchezza, ma
riducono i tempi dedicati al lavoro riappropriandosi della propria sfera privata.
La gestione della comunità avviene invece attraverso delle riunioni mensili di condivisione
e definizione dei ruoli. L'andamento economico è comunque tutelato dalla costituzione
dell'associazione. La disponibilità ad ospitare ragazzi bisognosi, vivere con la porta aperta,
è fortemente incoraggiata, ma non imposta. Gli immobili sono solitamente di proprietà
della Curia locale o di istituti religiosi e vengono concessi in comodato gratuito ed affidati
alle famiglie dall'associazione. Seppur sia una comunità a sfondo cattolico, possono
parteciparvi anche persone laiche che ne condividano i valori fondamentali di fiducia,
condivisione, sobrietà, accoglienza, responsabilità e solidarietà.
28
1.6.Ecovillaggi
1.6. Ecovillaggi
1.6.1. Cosa sono
Gli ecovillaggi sono degli insediamenti basati sulla sostenibilità ambientale, in cui si vive
una nuova dimensione della sfera sociale, e si cerca quanto più possibile di essere
autosufficienti, cercando di sfruttare le risorse disponibili internamente alla comunità ed al
sito. Infatti lo scopo principale di una comunità ecologica, è la limitazione dell'uso delle
risorse e dell'energia non rinnovabile in un ambiente naturale e ricco di relazioni sociali. A
differenza del cohousing, che mira principalmente a modificare la funzione abitativa, l'
ecovillaggio (ecovillage in inglese) ha un approccio più ampio, ed offre anche lavoro e
servizi ai suoi abitanti. In questo modo si ha il vantaggio energetico di ridurre
ulteriormente gli spostamenti all'esterno della comunità. Inoltre spesso gli ecovillaggi
vantano una vocazione all'insegnamento di quanto appreso e cercano di fungere da punto
di riferimento per la sostenibilità, organizzando corsi, workshop e visite guidate per gruppi
esterni.
Il termine Ecovillage fu introdotto per la prima volta da Robert e Diane Gilman nel loro
libro “Ecovillage and Sustainable Communities”, pubblicato nel 1991.
29
Immagine 7: L'ecovillaggio di Torri Superiore a Ventimiglia
Foto di Lucilla Borio e Massimo Candela
1.6.Ecovillaggi
Così come per le coabitazioni, anche le tipologie di ecovillaggio sono molto varie.
Innanzitutto può cambiare la location: cittadina, rurale o suburbana.Se ne trovano molti nel
mondo occidentale, ma anche nelle località meno progredite, dove la vita in “ecovillaggio”
è più una esigenza che non una scelta. E così se ne contano più di 15 000 in Sri Lanka e più
di 300 in Senegal. Il numero di abitanti può andare da poche decine fino ad alcune
centinaia, sebbene un numero medio sia compreso tra i 50 e i 150 abitanti. Quando la
grandezza dell'insediamento supera i 40 nuclei familiari, questi vengono solitamente
suddivisi in più cluster, o unità di vicinato. In questo modo è possibile conservare la
dimensione del villaggio, che è quella in cui l'uomo ha vissuto per gran parte della storia, e
dove tutt'ora continua a vivere al di fuori del mondo occidentale.
Punti fermi degli ecovillaggi sono il rispetto della natura e la ricerca di un costruito quanto
più possibile in armonia con questa.
Lo stesso Gilman nel suo libro, ha fornito la definizione generalmente accettata di cosa sia
un Ecovillage:
“Un insediamento a scala umana e completo di tutto, in cui le attività umane possano
essere integrate senza danno all'interno del mondo naturale in un modo che sia di
supporto ad un salutare sviluppo umano, e possa essere continuato nel futuro
indefinito.”
Notiamo quindi subito i due caratteri principali che lo distinguono rispetto ad un
cohousing: la completezza di funzioni all'interno del villaggio, ed il dichiarato intento
ambientale. La sostenibilità viene ricercata su tutti i campi possibili: la riduzione del
fabbisogno di riscaldamento, l'utilizzo di energia rinnovabile, la riduzione del trasporto e
del consumo di acqua, la scelta di materiali naturali, etc.
Un altro criterio aggiunto successivamente da Gildan riguarda la sfera organizzativa-
sociale, ed è la necessità di creare centri multipli di iniziativa, cioè oltre alle iniziative
comunitarie, è importante che i singoli cittadini si organizzino per proporre attività
autonomamente.
Gli ecovillaggi come abbiamo visto non solo forniscono una abitazione ai propri residenti,
ma anche servizi per l'istruzione, il gioco, la cultura, la residenza, il lavoro, il commercio
30
1.6.Ecovillaggi
ed tempo libero.
La disposizione dei servizi deve essere pensata in modo da permettere solo spostamenti
ciclo-pedonali all'interno del villaggio. I mezzi meccanici non hanno solitamente
possibilità di accesso al sito, e vengono lasciati in parcheggi esterni o comunque in
periferia.
Per gli spostamenti all'esterno invece, vengono studiate delle strategie di trasporto
sostenibile, quali ad esempio il car-sharing, il car-pooling e l'utilizzo dei mezzi pubblici o
automobili comunitarie. Studi sul trasporto sostenibile, dimostrano come attraverso il car-
sharing uno stesso veicolo possa essere condiviso da 6-10 persone, contribuendo alla
31
Immagine 8: Ecovillagio ad Ithaca, New York
Foto di David Michael
1.6.Ecovillaggi
riduzione del traffico e della richiesta di parcheggi, oltre ai vantaggi economici ed
energetici.
Inoltre il fatto di fornire molti dei servizi necessari all'interno del complesso, permette di
ridurre notevolmente la necessità di allontanarsi dal villaggio.
1.6.2. Linee guida per lo sviluppo di un ecovillaggio
Per comprendere cosa sia un ecovillaggio è interessante analizzare alcune delle “Linee
Guida per lo Sviluppo” create dai futuri abitanti dell' Ecovillage ad Ithaca, negli Stati Uniti,
abitato a partire dal 1997. Qui sono scritti gli obiettivi che si pone la comunità nella
realizzazione di questo progetto. La stesura di questa carta ha richiesto 9 mesi di lavoro, ed
il contributo di più di 100 persone tra professionisti e gente comune. Sebbene non sia un
documento standardizzato, e può differire per ogni ecovillaggio o addirittura non essere
presente, quello che proponiamo ci è sembrato particolarmente completo ed esaustivo. Ciò
non toglie che altri progetti possano dotarsi di linee guida anche in contrasto con quelle
esposte.
Le guidelines sono divise per argomenti facenti capo a ciascuna sfera d'ambito:
residenziale, commerciale, turistica, educativa, spostamenti, agricola, ecologica (divisa in
acqua, risorse, materiali, rifiuti ed energia) e sociale.
I punti spaziano da concetti di ordine generale e teorico, ad indicazioni sulle strutture
fisiche che dovranno essere inserite. Di seguito analizziamo alcuni dei punti che sono stati
selezionati, mentre la versione integrale è consultabile on-line.
● Promuovere la formazione di un senso di comunità, sia all'interno del
vicinato che del villaggio nella sua interezza, mantenendo la privacy dei
residenti;
● Incoraggiare la circolazione pedonale e ciclabile, e limitare l'accesso
veicolare all'interno delle aree residenziali;
● Massimizzare gli spazi aperti;
● I vicinati saranno collegati insieme da un raccordo pedonale continuo che
passa attraverso la parte centrale di ciascun vicinato;
● Ogni vicinato ospiterà da 25 a 35 nuclei familiari, più una casa comune;
32
1.6.Ecovillaggi
● La casa comune includerà attrezzature per pasti comunitari, lavanderia ed
altre attività di vicinato;
● Le abitazioni di ogni nucleo saranno indipendenti, ma l'accesso ai servizi
della casa comune favorirà la riduzione della dimensione e del costo
dell'alloggio individuale;
● I vicinati avranno un carattere pedonale, ed i veicoli a motore saranno
esclusi dal vicinato; accesso limitato sarà permesso per i casi di emergenza
ed ai veicoli di servizio;
● Un parcheggio residenziale limitato sarà realizzato nella periferia dei
vicinati;
● Rispettando le indicazioni del “Piano Globale”, i futuri residenti hanno la
libertà di progettare la loro abitazione di vicinato, spazi esterni ed amenità
secondo i propri desideri e necessità;
● La progettazione supporterà i bisogni dei bambini, degli anziani e dei
diversamente abili;
● Ridurre il traffico veicolare stabilendo un centro commerciale in sito;
● Sviluppare opportunità di impiego in loco per gli abitanti del villaggio;
● Servire come punto di riferimento per l'insegnamento della sostenibilità
sotto tutti gli aspetti;
● Produrre una parte sostanziale del cibo per l' ecovillaggio in loco [...]
● Favorire i sistemi e le specie native del luogo;
● Ridurre l'impatto dei veicoli attraverso spostamenti di massa, un sistema di
condivisione di passaggi computerizzato, condivisione di veicoli,
promozione delle biciclette, un iniziativa per la massima efficienza, veicoli
alimentati da risorse rinnovabili, ed una polizza generale che incoraggi il
lavoro, l'acquisto e la ricreazione in loco;
● Minimizzare il consumo dell'acqua attraverso strette pratiche di
conservazione, permettendo all'acqua di essere rifornita in quantità
sostenibili;
● Raccolta delle acque piovane per essere usata (quanto le quantità
permettono) per gli scarichi dei wc, la lavanderia, le docce e/o i giardini;
● Promuovere il riuso, il riciclaggio e la produzione di compost;
● Usare le fonti più ambientalmente benevole, in particolare i rinnovabili sole,
vento e biomassa;
33
1.6.Ecovillaggi
● Stabilire una serie di standard energetici residenziali [...]
-Standard di rendimento energetico: il carico di riscaldamento residenziale
deve essere minore di 1 Btu/piede quadro/gradogiorno Farenheit [...]
-Standard di risparmio elettrico: la progettazione dovrebbe includere
l'illuminazione naturale, task lighting, illuminazione ad alta efficienza; gli
elettrodomestici saranno allo stato dell'arte tra quelli commercialmente
disponibili;
-Standard sulle energie rinnovabili: il design dovrà essere rivolto al sole; la
fonte primaria di riscaldamento dell'acqua è il sole […]
● La selezione dei materiali da costruzione include:
- Gli effetti sulla salute, inclusi adesivi e finiture tossiche;
- Energia primaria, incluso il trasporto al sito […].
34
1.6.Ecovillaggi
Bibliografia Capitolo 1
Alcock R., Creating an eco-community in A Post-Industrial Wasteland, Permaculture Magazine, No. 45 Ecoabitare, Cohousing sostenibile una scelta lungimiranteHeeks A., Cohousing, Permaculture Magazine n°52Howard E., Garden cities of To-morrow, London, S. Sonnenschein & Co., Ltd, 1902.Lietaert M., Cohousing e condomini solidali, Firenze, Aam Terra Nuova, 2007McCamant K., Durret C., Cohousing a contemporary approach to housing ourselves,
Berkley, Ten Speed Press, 1994.Meltzer G., Sustainable Community – Learning from the cohousing model, Victoria,
Trafford, 2005Montani A.R., Le comunità locali urbane, Roma, Bulzoni editore, 1993Moore T., Utopia, Marina di Massa, Edizioni Clandestine, 2003Neshama A., Cohousing fact sheet, Cohousing.org, Aprile 2007Soleri P., Arcosanti, an urban laboratory?, Phoenix, The Cosanti Press, 1993Stagnotto C., Utopie del XXI Secolo Auroville/Arcosanti: Laboratori Urbani a Confronto,
Tesi di laurea - Università degli Studi Roma Tre Facoltà di Architettura, 2008Van der Ryn S., Calthorpe P., Sustainable Communities: A new design Synthesis for
Cities, Suburbs and Town, New catalyst books, 2008
http://ecohousing-roma.wikidot.com/http://teacherweb.ftl.pinecrest.edu/snyderd/MWH/readings/12/Agriculture2.pdf,
Landscapes and Settlements of Rural Regionshttp://www.aedificium.org/ Golden C., Common Aspects of Monastic Life, 2002 http://www.cohousing.ithttp://www.cohousing.orghttp://www.habiter-autrement.org, The Ecovillage Model http://www.wikipedia.org
Ecoabitare, Incontro tenuto a Roma, 28 Febbraio 2009Cohousing.it Convegno presso la fiera “Fa la cosa giusta” a Milano, 15 Marzo 2009Lumsa, Ecoabitare, Cohousing sostenibile: una giornata di studi, Roma, 18 Aprile 2009
35
2.Organizzazione delle forme di coabitazione
2. Organizzazione delle forme di coabitazione
La vita in coabitazione richiede un impegno fisico e di tempo superiore ad una residenza
tradizionale. Per permettere la felice convivenza di tutti gli abitanti, e per preservare questa
caratteristica nel tempo, spesso sono presenti delle norme interne da rispettare ed incontri a
cui partecipare. Andiamoli a scoprire in dettaglio.
2.1. Gestione interna
Per il corretto svolgersi della vita sociale, sono previste delle riunioni con cadenza
bisettimanale o mensile in cui vengono discusse tutte le questioni di interesse comunitario,
da quelle di carattere fiscale a quelle di carattere ricreativo. Il processo decisionale che
nella quasi globalità delle esperienze studiate viene utilizzato, è quello del consenso, che
approfondiremo successivamente.
Spesso sono presenti anche dei gruppi e comitati preposti alla cura di ogni singolo aspetto,
come ad esempio la gestione finanziaria, le feste, il giardinaggio e così via. Solitamente la
partecipazione è volontaria, ma in alcuni casi si ha l'obbligo di far parte almeno di uno di
questi, in modo da non rimanere esclusi dalla vita sociale e gestionale della comunità.
Per far fronte alle piccole spese interne per la gestione condivisa, qualora non ci siano
forme di guadagno collettivo ( affitto di camere, ristorante, conferenze, etc.) si versa una
quota mensile, che viene gestita e distribuita per finanziare i vari gruppi di gestione.
La maggior parte delle strutture comuni sono utilizzate in modo condiviso come già visto,
ma è possibile prevedere anche la possibilità di affittare alcune sale, prenotarle o fare una
turnazione. E' spesso presente nei cohousing una sala per gli ospiti condivisa. Per poterla
utilizzare solitamente è necessaria una prenotazione ed il pagamento di una piccola quota,
pari a circa 3 € al giorno.
Da uno studio condotto negli Stati Uniti su oltre 30 cohousing, viene organizzato un pasto
comune minimo 2-3 volte a settimana fino ad arrivare ad essere quotidiano. A turno 2 o 3
persone cucinano per tutti. La turnazione non è fissa, in modo da far entrare in contatto i
diversi residenti. Ciò significa che se partecipano 30 persone ad esempio, il turno in cucina
spetta solamente una volta ogni 2 mesi, permettendo di usufruire tutte le altre volte del
37
2.1.Gestione interna
pasto comune, senza dover lavorare, avendo quindi maggiore tempo da dedicare a se stessi.
Tra l'altro dall'esperienza fin qui condotta, risulta che il senso comunitario che si crea sia
direttamente proporzionale al numero di cene comuni che si fanno settimanalmente. Per
creare una comunità è necessario costruire uno strato di esperienze comune che crei un
senso di appartenenza e fratellanza.
La partecipazione agli eventi comuni è sempre volontaria. E' stata riscontrata anche la
possibilità di segni codificati o spontanei che indichino la volontà di partecipare o meno
alle attività comunitarie, come ad esempio appendere un segno alla porta di ingresso.
Solitamente ciascun individuo ha un compito comunitario da svolgere, quali la pulizia
della sala comune, il riciclaggio dei rifiuti, la preparazione della cena, anche questi
variabili con un regime di turnazione.
Poiché in coabitazione l'economia interna è molto sviluppata, a volte soprattutto negli
esperimenti con molti abitanti, esistono delle monete interne per poter scambiare i beni,
conosciute nel Regno Unito come “Local exchange trading systems” (lets). In altre
occasioni esistono registri in cui segnare le mansioni svolte da cui si acquisiscono crediti,
meccanismo noto in Italia come Banca del Tempo.
2.2. Carta dei principi
Nei casi di abitazioni in coabitazione, importante seppur non obbligatoria, è la
compilazione di una carta dei principi fin dalla fase di programmazione del progetto, prima
quindi della sua realizzazione. Questa può essere un documento interno, o anche un
documento ufficiale, allegato al regolamento relativo al tipo di proprietà scelta:
cooperativa, condominio, etc. Deve specificare quali sono i valori su cui ci si fonda, quale
è l'obiettivo, il modo di raggiungere quanto si vuole, le prospettive di crescita futura, ma
deve badare anche a principi più pratici, quali ad esempio che cibi si mangeranno, se sarà
una comunità urbana o rurale, una ristrutturazione, in che modo verranno prese le decisioni
etc. Il predisporre una carta dei principi fin dall'inizio della formazione della comunità, può
essere di aiuto alla conclusione del progetto, seppur non sia sinonimo di successo. La
maggior parte delle volte infatti, in cui si creano dei conflitti interni, questi sono dovuti a
differenti vedute sui principi strutturali su cui si fonda la comunità, che o non sono stati
38
2.2.Carta dei principi
chiariti in precedenza, o sono stati fraintesi.
In altri casi un sistema di regolamentazione è adottato solo successivamente alla
realizzazione, o lasciato ad una serie di leggi non scritte che regolamentano la
partecipazione alle attività comuni, la gestione delle strutture condivise, la possibilità di
avere animali domestici, e possono essere affinate durante gli anni.
Una carta dei principi è molto utile in caso di subentri durante la vita della comunità. I
nuovi arrivati ovviamente non possono più partecipare al processo di progettazione
partecipata, e quindi per garantire una loro aderenza alla visione comunitaria, devono
leggere e sottoscrivere la carta. In realtà il processo di sostituzione è più complesso di
quanto detto e cambia a seconda delle diverse situazioni. A volte i nuovi inquilini devono
essere accettati all'unanimità da tutta la comunità preesistente per poter entrarne a far parte.
In caso di vendita di un appartamento, la Cohousing Ventures invece prevede un diritto di
prelazione, della durata di 30 giorni nei confronti degli altri cohousers, che non ha valenza
legale ma viene solamente da accordi interni. E' inoltre esclusa la possibilità di
speculazione finanziaria all'interno di un cohousing: gli appartamenti infatti possono essere
affittati solamente in caso di assenza prolungata del proprietario, ma non per ottenerne un
guadagno.
La dimensione dei progetti di coabitazione è tale che sia sufficientemente piccola in modo
che tutti si possano conoscere, ma abbastanza grande che la sostituzione di uno dei
residenti, per quanto importante fosse, non vada a pregiudicare la continuazione del
progetto. Esiste una stretta collaborazione tra gli abitanti, ma non una dipendenza
indissolubile.
2.3. Processi decisionali: il metodo del consenso
Per poter vivere una forma di democrazia superiore, nelle situazione di vita in condivisione
le decisioni non vengono prese per maggioranza o per imposizione di un leader, ma si
cerca di trovare una decisione che sia frutto di una discussione collettiva e che sia accettata
all'unanimità. E' un processo lento e complesso noto come “metodo del consenso”, già
utilizzato da centinaia di anni, che porta però ad un livello superiore di partecipazione. Le
decisioni non vengono prese nella stessa seduta in cui si introduce il problema, ma in
39
2.3.Processi decisionali: il metodo del consenso
quelle successive per aver il tempo di rifletterci. Quindi nella stessa riunione si
introdurranno nuove questioni, si discuterà di altre iniziate precedentemente e si
prenderanno decisioni finali su discussioni già mature.
Per essere applicato ha però bisogno di conoscenza del metodo e di una serie di ruoli
specifici, di cui il più importante è quello del facilitatore che dirige la discussione, senza
però poter partecipare alle decisioni. Tutti devono esprimere il proprio pensiero su un
argomento, andando piano a piano a modificare o sfumare la proposta iniziale. La
decisione finale è la proposta del gruppo, e non quella iniziale del singolo.
In questo modo viene limitato il ruolo di quelli che sono caratterialmente leader per natura
e che solitamente sono gli stessi che fanno proposte, dirigendo poi anche la discussione che
viene così influenzata profondamente. Il ruolo del facilitatore tende a scindere queste due
figure. Se il consenso manca, allora si cerca di votare non tanto la decisione stessa, ma le
sensazioni verso quella decisione. Possiamo continuare a vivere con questo cambiamento?
Qualora uno dei partecipanti non si trovi d'accordo con la proposta formulata, può
esercitare il “potere del blocco” e dichiararsi contrario alla approvazione. Può comunque
decidere di far continuare il processo e “mettersi in disparte” perché crede che quella
decisione sia positiva per il bene comunitario sebbene non sia d'accordo personalmente.
Altrimenti se ritiene che possa addirittura essere nociva per la collettività, può bloccare il
provvedimento. Ogni partecipante ha la facoltà di porre il veto: c'è quindi il rischio di
abusare di questa facoltà, che viene però a perdersi in una vita comunitaria consapevole,
dove si pensa al bene del gruppo e non di quello privato.
2.4. Forme di proprietà degli spazi comuni
Le possibilità di gestire le strutture comuni di beni immobili sono varie, e vantaggi e
svantaggi variano a seconda delle situazioni. Legalmente fanno riferimento al concetto di
“comunione”. Non possono esistere due diverse forme di proprietà sullo stesso bene, ma di
questa forma possono essere titolari più soggetti insieme.
La comunione può però essere regolamentata con diverse modalità legali. La forma più
diffusa è quella del condominio (dal latino cum dominium) soprattutto nelle abitazioni
multifamiliari, ma in caso di cohousing od ecovillage si preferiscono spesso altre forme.
40
2.4.Forme di proprietà degli spazi comuni
La scelta del tipo di proprietà, in caso di nuova costruzione o riqualificazione, è spesso
influenzata da questioni fiscali, e dalla possibilità di ottenere prestiti dalle banche, o
incentivi regionali rivolti a determinate categorie giuridiche.
Di seguito vengono illustrate alcune delle forme legali che è possibile utilizzare per la
gestione delle aree condivise.
2.4.1. Condomini
Tratto dalla Guida Fiscale realizzata dall'Agenzia delle Entrate: “Condominio:
adempimenti ed agevolazioni fiscali”:
“Il condominio rappresenta una particolare forma di comunione che riguarda le parti
comuni dell’edificio e che, in quanto tale, necessita di essere amministrata.
L’amministrazione dei beni che fanno parte della comunione edilizia (regolata dal
codice civile e dal regolamento condominiale) è affidata all’assemblea dei condòmini
che decide in base al principio di prevalenza della maggioranza, nel bene degli
interessi comuni.
Per gli edifici condominiali con più di quattro condòmini, è prevista anche la figura
dell’amministratore che può essere o uno dei condòmini o un professionista.
All’amministratore sono riservati compiti di carattere amministrativo, esecutivo e
rappresentativo che permettono al condominio di agire in modo unitario nei rapporti
con i terzi (fornitori, utenze, amministrazione finanziaria, eccetera). […]
Il condominio costituisce una particolare forma di comunione in cui coesiste una
proprietà individuale dei singoli condòmini, costituita dall'appartamento, ed una
comproprietà su parti dell’edificio che non possono non essere in comune quali, ad
esempio, il suolo su cui l'edificio sorge, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i portoni
d'ingresso ed i cortili, i locali per la portineria e l'alloggio del portiere, ed altro ancora.
Il condominio nasce infatti con il frazionamento della proprietà di un edificio
costituito da più unità immobiliari e in realtà è una comunione forzata, non soggetta a
scioglimento, in cui il condòmino non può, rinunziando al diritto sulle cose comuni,
sottrarsi alla partecipazione nelle spese per la loro conservazione ed è comunque
tenuto a contribuire in proporzione ai millesimi di proprietà.
L’assemblea dei condòmini è l’organo deliberativo del condominio: tutti i condòmini
41
2.4.Forme di proprietà degli spazi comuni
debbono essere invitati a partecipare;
ad essa deve intervenire un numero minimo di condòmini che sia espressione di un
determinato valore dell’intero edificio (quorum).
Per le decisioni dell’assemblea, in linea generale, è necessaria la maggioranza
semplice. Viceversa per la validità delle deliberazioni riguardanti innovazioni, è
richiesta una maggioranza qualificata.
Occorre invece il consenso di tutti i condòmini per gli atti di disposizione.
Se i condòmini sono più di dieci è obbligatorio formare un regolamento di
condominio, in cui sono fissate le norme d’uso dei vari beni, le norme di
funzionamento dell’assemblea, i criteri di ripartizione delle spese, eccetera (articolo
1136 del codice civile).
[…] l'incarico di amministratore di condominio può essere assunto indifferentemente
da una persona fisica, una società di persone o da una società di capitali.
La nomina di un amministratore di condominio è obbligatoria nel caso in cui i
condòmini siano almeno cinque ed è la stessa assemblea dei condòmini che provvede
direttamente alla nomina.
Nel caso in cui le unità immobiliari siano più di quattro, ma appartengano a un solo
proprietario o a più persone, ma in numero inferiore a cinque, la nomina
dell’amministratore non è obbligatoria.
[…] in ogni caso la delibera deve essere adottata da almeno 1/3 dei condòmini i quali
dispongono di almeno 500 millesimi.
[…] L'amministratore dura in carica un anno, e può essere riconfermato allo scadere di
ciascun anno. Il compenso può essere fissato anticipatamente in sede di nomina, od
anche in sede di approvazione del rendiconto annuo.
[…] L’amministratore può essere revocato in qualsiasi momento sia dall’assemblea
condominiale che dall’autorità giudiziaria.
[…] I principali compiti e doveri dell’amministratore di condominio possono essere
così riassunti:
Eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del
regolamento di condominio;
disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione di servizi nell'interesse comune;
riscuotere i contributi e sostenere le spese per la manutenzione ordinaria delle parti
comuni dell'edificio […].
42
2.4.Forme di proprietà degli spazi comuni
2.4.2. Super condominio
Tratto da http://www.casa24.ilsole24ore.com, a cura di Augusto Cirla:
“Si parla di supercondominio quando più edifici, che costituiscono autonomi
condomini anche strutturalmente separati, hanno spazi e beni di proprietà comune o
servizi destinati all'uso comune. Una pluralità di fabbricati, quindi, inseriti in un più
ampio complesso immobiliare con in comune: cancelli, viali d'accesso, parcheggi,
spazi a verde, impianto di riscaldamento o dell'acqua potabile oppure quelli sportivi.
La costituzione. L'uso dell'avverbio "super" designa un'organizzazione al di sopra di
quella dei singoli condomini degli edifici separati, che comunque continuano a
mantenere la loro autonomia e individualità. La costituzione del supercondominio
viene di solito prevista nel regolamento predisposto dall'originario costruttore del
complesso edilizio e richiamato nei singoli atti di compravendita stipulati con tutti gli
acquirenti futuri condomini. Può provvedervi anche l'assemblea con apposita delibera
assunta almeno con la metà del valore millesimale dell'intero complesso e la
maggioranza dei presenti, purché non si vada a imporre ai condomini particolari
vincoli limitativi dei loro diritti sulle proprietà individuali o sull'uso delle parti
comuni. È lasciato alla volontà delle parti decidere se, in presenza di più edifici
costituenti un unico complesso, dare luogo alla formazione di un unico condominio
oppure costituire autonomi condomini per ogni singolo edificio a cui affiancare un
supercondominio per la gestione delle proprietà e dei servizi comuni.
La disciplina. […] C'è così la coesistenza del regolamento di supercondominio con
quello dei singoli condomini, dove il primo resta normalmente limitato alla previsione
di quelle disposizioni destinate a regolare l'uso e le modalità di godimento delle parti
e dei servizi comuni, la ripartizione delle spese e la partecipazione alla gestione delle
predette parti comuni. Le tabelle millesimali del supercondominio rappresentano la
quota di spettanza del singolo condomino sulle cose comuni a tutti gli edifici
compresi nel complesso condominiale, con cui ripartire le spese riferite alle cose,
servizi e impianti comuni dell'intero complesso edilizio.
Assemblea e amministratore. L'assemblea rappresenta l'organo sovrano e deve essere
costituita dall'insieme di tutti i condomini. Vi partecipano i proprietari delle singole
porzioni immobiliari, non potendo invece essere sostituita dalla riunione degli
43
2.4.Forme di proprietà degli spazi comuni
amministratori dei fabbricati separati, salvo specifica delega a loro conferita da parte
di ciascun condomino.[…] È necessario anche nominare un amministratore che
assicuri la gestione delle cose comuni. Nulla vieta che la nomina ricada su uno degli
amministratori dei singoli fabbricati oppure che sia lo stesso regolamento a prevedere
tra loro una turnazione annuale. Non cambiano le regole sulla durata dell'incarico e
sulle attribuzioni che devono essere da lui svolte. […]
Il consiglio. È importante anche la presenza del consiglio del supercondominio, con
funzioni prevalentemente consultive, di controllo della gestione e di conciliazione dei
possibili conflitti. La presenza dei consiglieri deve ritenersi legittima anche se non
prevista dal regolamento. Si tratta infatti di un'istituzione che porta indubbia utilità ai
fini della corretta gestione del supercondominio e che non prevede oneri per i
condomini, vista la gratuità dell'incarico.”
2.4.3. Cooperativa
Tratto da http://www.casainforma.net:
“[…] di norma la cooperativa edilizia è una società a responsabilità limitata, il cui
oggetto sociale è costituito dalla realizzazione o dall’acquisto di case da assegnare ai
soci in proprietà o in godimento.
Una prima verifica da fare, è proprio questa: è importante accertarsi che la forma
giuridica della cooperativa, sia proprio quella a responsabilità limitata in quanto -in
caso contrario- il socio potrebbe essere chiamato a rispondere senza limite alcuno dei
debiti contratti dalla cooperativa.
Quanto agli organi sociali, la cooperativa è retta da un Presidente e da un Consiglio di
Amministrazione eletto dai soci. Molto spesso, tra gli organi della cooperativa vi è
anche un collegio sindacale, chiamato a verificare la conformità dei bilanci della
società stessa.
Questo organo, rappresenta certamente un ulteriore elemento di garanzia per tutti i
soci e per il loro investimento. Questi ultimi, all’atto della costituzione, devono essere
almeno nove. Una coopertiva edilizia, deve poi svolgere attività assai complesse
inerenti l’acquisizione dell’area, la stipula del contratto di appalto con il costruttore e
44
2.4.Forme di proprietà degli spazi comuni
la successiva gestione di tale contratto, nonché l’assegnazione degli edifici sociali ai
soci.
Queste, sono tutte operazioni di una complessità che induce molto spesso i soci
promotori ad appoggiare le iniziative ai movimenti cooperativi ed alle strutture di
servizio di cui questi, sono per solito dotati.
Le cooperative edilizie si possono inoltre suddividere in cooperative a proprietà
indivisa ed in cooperative a proprietà divisa. Vi sono poi quelle miste, costituite per
promuovere programmi sia a proprietà divisa, che indivisa.
E’ inoltre opportuno ricordare che la cooperazione a proprietà indivisa è un fenomeno
che ha avuto grande diffusione in passato nel nostro Paese e che si è radicato
(specialmente in alcune regioni), in un contesto di solidarietà e socialità, ma che oggi
appare per lo più superato ed inusuale.
Queste cooperative, hanno come oggetto sociale l’acquisto o la costruzione di case
destinate a restare di proprietà della cooperativa e ad essere assegnate ai soci in
godimento o in uso.
La cooperativa, gestita dal consiglio di amministrazione eletto dai soci, dopo
l’acquisto e l’edificazione delle case resta proprietaria delle stesse e ne cura la
gestione e la manutenzione, addossando ai soci assegnatari delle case i costi e gli
oneri della gestione e della manutenzione, nonché un canone corrispettivo del
godimento.
Queste cooperative hanno consentito l’accesso all’abitazione di ceti meno abbienti,
potendo contare su agevolazioni e contributi piuttosto significativi. Il socio però, pur
potendo contare sull’abitazione per sé e per i propri familiari a tempo praticamente
illimitato, non acquista mai la proprietà dell’immobile e ciò secondo uno schema
culturale, teso a garantire soprattutto il soddisfacimento di un’esigenza primaria, in
luogo del diritto a disporre del bene immobile, tipico delle proprietà.
Si tratta senza dubbio delle cooperative più diffuse ai giorni nostri: esse assegnano ai
soci la proprietà individuale dell’alloggio. All’atto dell'assegnazione, l’edificio eretto
dalla cooperativa (che costituisce la proprietà sociale), viene frazionato e la relativa
proprietà viene trasferita ai singoli soci, i quali si costituiscono in condominio.
Con l'assegnazione della proprietà ai soci, la cooperativa viene posta in liquidazione
45
2.4.Forme di proprietà degli spazi comuni
attraverso il saldo di tutte le posizioni creditorie e debitorie assunte per la
realizzazione dell’edificio. A seguito di disposizioni legislative, tale alloggio rimarrà
vincolato per 5 anni, non potendo essere né affittato, né venduto dal socio.”
2.4.4. Altre possibilità
La società per azioni è una forma molto diffusa nel seppur limitato panorama anglosassone
del cohousing. Qui infatti non esiste una forma legale semplice che permetta il possesso di
un terreno in comune. Il strutturarsi come società per azioni, porta però problemi fiscali
dati dal vivere nella proprietà della società.
L'associazione è invece una delle forme di proprietà utilizzata negli Stati Uniti, dove le
abitazioni appartengono ai singoli proprietari, mentre le aree comuni son di proprietà di
un'associazione dei proprietari.
46
2.4.Forme di proprietà degli spazi comuni
Bibliografia Capitolo 2Agenzia delle Entrate, Condominio: adempimenti ed agevolazioni fiscali, Guida FiscaleChiras D, Wann D., Superbia! 31 Ways to Create Sustainable Neighborhoods,Gabriola
Island, New Society Publishers, 2003Lietaert M., Cohousing e condomini solidali, Firenze, Aam Terra Nuova, 2007McCamant K., Durret C., Cohousing a contemporary approach to housing ourselves,
Berkley, Ten Speed Press, 1994.Meltzer G., Sustainable Community – Learning from the cohousing model, Victoria,
Trafford, 2005Van der Ryn S., Calthorpe P., Sustainable Communities: A new design Synthesis for
Cities, Suburbs and Town, New catalyst books, 2008
http://design.uoregon.edu/studio/rrcoho/cases/Cohousing%20and%20the
%20Community.pdf, Brent, Erin, Kristen, Cohousing and the Greater Community: A look
at how intentional communities interact with their neighborhood http://www.casa24.ilsole24ore.com/fc?
cmd=art&artId=743603&chId=47&artType=Articolo&back=0, Cirla A., Mega complessi
con un solo «capo», Il sole 24 ore, 2006http://www.casainforma.nethttp://www.cohousing.ithttp://www.cohousing.org
Ecoabitare, Incontro tenuto a Roma, 28 Febbraio 2009Mortara L. Convegno presso la fiera “Fa la cosa giusta” a Milano, 15 Marzo 2009Lumsa, Ecoabitare, Cohousing sostenibile: una giornata di studi, Convegno tenuto a
Roma, 18 Aprile 2009
47
3.Analisi energetica
3. Analisi energetica
Il panorama italiano di forme di abitazione condivise non è molto esteso e variegato come
in altre nazioni. Esperimenti di cohousing sono in fase di realizzazione, ma nessuno è
ancora stato attivato. Esempi di ecovillage sono presenti, ma spesso legati all'idea di un
ritorno ad una vita contadina e preindustriale, o ad un ideale religioso, e quindi poco
utilizzabili per essere confrontati con la realtà standard ed essere proposti “alla massa”
come modello da poter emulare. Per questo motivo spesso nel corso dell'analisi energetica
è stato indispensabile far riferimento alle comunità realizzate in altre nazioni, dove queste
realtà sono ormai affermate da decine di anni.
Questa analisi energetica vuole concentrarsi essenzialmente sul risparmio energetico dato
dal cambiamento di stile di vita. Monitorare un ecovillaggio e confrontarne le riduzioni
rispetto alle medie nazionali, così come ho spesso visto fare, è sicuramente una cosa
positiva. Ma ciò non è completamente chiarificatore. Infatti anche confrontando una casa
unifamiliare passiva rispetto alle medie nazionali, dimostrerebbe una forte riduzione dei
consumi, ma ciò non significa che lo stile di vita individualista sia il più ecosostenibile. E'
bene quindi separare i due aspetti: l'energia dovuta alla modalità di costruzione degli
edifici (involucro, impianti, etc.) e quella dovuto all'uso che ne fanno gli utenti, l'energia
sociale.
All'autore sembra evidente la relazione tra il modello di vita ed il consumo energetico,
tanto da non richiedere una dimostrazione. Ma per convincere anche gli scettici sono state
indagate una serie di risultati ed analisi che mostrino l'evidenza di questa relazione.
Nei prossimi paragrafi tenteremo di individuare delle metodologie per valutare il valore
aggiunto dato dall'utilizzo condiviso di strutture. La procedura più sicura ed efficace
sarebbe sicuramente quella di confrontare i consumi di un retrofit cohousing su cui non
siano state apportate modifiche strutturali, prima e dopo l'insediamento della comunità. Ma
purtroppo per la situazione italiana questi dati non sono ancora disponibili. Si rimanda
quindi questa ricerca ad un futuro prossimo, quando i primi insediamenti saranno
funzionanti.
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3.1.Influenza dello stile di vita
3.1. Influenza dello stile di vita
Penso che questa intera tesi potrebbe essere superflua se si rimanesse solo un poco stupiti
di fronte all'evidenza dell'Immagine 9. Questa da sola sarebbe sufficiente a dimostrare
l'ipotesi di questo trattato: la vita condivisa permette di ridurre i consumi.
Sono i risultati di studi condotti da Sara Ghaemi dell'Università di Vienna su di un
campione specifico di residenti in Austria, che prende in considerazione i soli consumi
elettrici.
Sei nuclei composti da persone sole consumano 12 000 kWh all'anno. Se queste persone
potessero vivere in condivisione, il loro consumo sarebbe di 5 764 kWh all'anno, con un
risparmio di oltre il 50%. Non stiamo parlando di una riduzione del 9% al 2012 o del 20%
al 2020, ma del 50% subito! Semplicemente cambiando stile di vita.
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Immagine 9: Consumi elettrici austriaci di un caso studio.
Fonte: Sara Ghaemi
Tabella 2: Consumi energetici italiani per persona all'anno, in base alla composizione
del nucleo familiare
Elaborazione di Davide Vadalà su dati Remodece
3.1.Influenza dello stile di vita
Non essendo disponibili simili
dati per la situazione italiana, è
stata svolta una elaborazione dei
dati raccolti dall' eERG
nell'ambito del programma di
ricerca Remodece. I risultati
finali sono sulla stessa linea di
quelli austiaci. Un nucleo
composto da una persona sola
consuma mediamente 2000 kWh
all'anno. Una famiglia di tre
persone invece consuma in
media 1000 kWh all'anno, con
una riduzione del 50% del
fabbisogno! I dati andrebbero
ulteriormente approfonditi con
un monitoraggio più esteso. Infatti la carenza di dati disponibili per i nuclei più grandi,
(solamente due famiglie di 5 persone analizzate) rende l'attendibilità del risultato scarsa, e
nel passaggio dai 4 ai 5 componenti si nota un improbabile aumento dei consumi. Ciò non
toglie che in linea generale i risultati siano assolutamente validi.
Nell'ultimo censimento Istat, le famiglie mononucleari in Italia ammontavano al 24,89%
del totale. Molte di loro non vivono sole per scelta, ma per necessità: vedovi, anziani,
lavoratori fuori sede, divorziati. Uno stile di vita condivisa offre una nuova prospettiva
sociale a chi attualmente non ha alternative. Ed i risparmi conseguenti sono evidenti.
Un'analisi svolta da Schipper ha evidenziato come i consumi legati allo stile di vita, e
quindi alle modalità di trasporto personale, ai servizi ed all'abitazione, ammontino a circa il
45-55% del consumo totale di energia.
Holger Wolpensinger nella sua tesi di laurea, stima che dei 45 000 kWh di energia primaria
che ogni cittadino europeo consumo ogni anno, 39 000 kWh sono dovuti alla tipologia
architettonica ed urbanistica, ed allo stile di vita. Le possibilità di riduzione stimate sono
dell'ordine del 75%.
51
Grafico 1: Consumi energetici italiani per persona
all'anno, in base alla composizione del nucleo familiare
Elaborazione di Davide Vadalà su dati Remodece
3.1.Influenza dello stile di vita
Statistiche statunitensi parlano di un risparmio del 15-20% sulla vita mensile dato dalla
vita in cohousing.
Facciamo un esempio per capire da dove vengano queste riduzioni. Pensiamo ad un
condominio di 12 appartamenti, e supponiamo ci siano 30 abitanti. In una situazione
abitativa standard ho bisogno di riscaldare tutti e 12 gli appartamenti per garantire il
necessario comfort agli abitanti, devo cucinare 12 cene, ho 12 TV ed illuminazioni accese,
etc. In una situazione di vita collettiva, ci sono buone possibilità che gran parte dei 30
abitanti siano insieme in una sala comune, che forse non va neanche riscaldata grazie ai
guadagni interni. La TV non serve poiché è più interessante parlare con gli altri residenti e
la cena si prepara tutti insieme.
Il vivere in una situazione comunitaria, con rapporti diretti con tutto il vicinato, consente di
vivere ed interagire come una famiglia allargata. Ed ancor più che le riduzioni dei consumi
dirette, è proprio questo differente stile di vita che permette il risparmio energetico. Infatti
ciò consente di ridurre notevolmente gli spostamenti, poiché le spese quotidiane possono
esser fatte per tutti da un volontario, o si può condividere l'automobile ed andare insieme, e
poi si può anche cenare insieme.
Nel cohousing di Threshold Center, è stato stimato che l'uso dell'automobile è stato ridotto
dell'86% rispetto alla media nazionale. Allo stesso modo, nel cohousing di Munksoegaard
in Danimarca, i residenti che utilizzano il Car pooling, guidano l'automobile per il 95% in
meno della media Danese. Nella comunità di Niederkaufungen in Germania invece, si
utilizzano 10 veicoli comuni per un totale di 60 persone.
Graham Meltzer invece stima nel 9% la percentuale di riduzione dei chilometri percorsi
attraverso un questionario qualitativo diffuso nei casi studio analizzati.
Al di là del gap tra le varie ricerche una costante rimane in tutti i casi: la riduzione dei
consumi è evidente. E ciò che è più importante è che non è associata ad una privazione o
ad un cambiamento dello standard di vita, poiché spesso le situazioni di coabitazione
permettono di avere servizi aggiuntivi. E' quindi uno stile di vita facilmente esportabile ed
assimilabile da buona parte della popolazione.
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3.2.Consumi Energetici Italiani
3.2. Consumi Energetici Italiani
Per capire quale è il potenziale di risparmio energetico nel settore residenziale dato
dall'applicazione di uno stile di vita più sostenibile, andiamo ad analizzare i dati dei
consumi energetici italiani, forniti dall' ENEA nel “Rapporto Energia Ambiente”.
Tralasciando la generazione elettrica e le perdite, il totale dei consumi energetici espresso
in Tonnellate Equivalente di Petrolio (tep) è pari per il 2005 a 148.793.000 tep, così
suddivisi per ciascun settore.
Notiamo quindi come il settore civile in Italia sia molto energivoro. Tra l'altro negli ultimi
anni il consumo nel residenziale è andato progressivamente aumentando, con un
incremento totale tra il 1990 ed il 2005 del 23% di cui del 27% nei consumi elettrici e del
68% per il gas.
Analizzando più in dettaglio i dati relativi ai consumi energetici del solo settore
residenziale, vediamo come il fattore principale di consumo sia dovuto al riscaldamento
delle abitazioni che influisce per il 70% del totale. La seconda voce è quella relativa agli
usi elettrici obbligati, con il 15%.
Osservando i possibili scenari formulati dall'Enea per l'anno 2020, vediamo come
nonostante un forte incremento dell' efficienza energetica nel settore elettrico, questo
tenderà ad aumentare sensibilmente il suo consumo, mentre il riscaldamento, subirà un
aumento più limitato.
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Grafico 2: Consumi di energia italiani per settore
3.2.Consumi Energetici Italiani
Ciò significa che secondo questo scenario l'utilizzo di apparecchiature elettriche sarà
sempre più diffuso, anche grazie alla crescita del reddito disponibile.
Partendo dalle percentuali dei consumi energetici dell'anno 2005, ed applicando lo scenario
A1 formulato dall'Enea, vediamo che se attualmente il rapporto tra consumi elettrici e
riscaldamento è del 22%, nello scenario al 2020 questo rapporto si porterà al 31%. In
prospettiva futura risulta quindi sempre più importante cercare di limitare i consumi
elettrici. Essendo l'efficienza dell'illuminazione e degli elettrodomestici già stata
considerata all'interno dello scenario, il parametro su cui poter lavorare per ridurre
ulteriormente i consumi in futuro, è il comportamento degli utenti ed i loro profili
occupazionali.
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Grafico 3: Consumi finali di energia nel settore residenziale
Fonte: Enea
Grafico 4: Consumi finali di energia nel settore residenziale per categoria d'uso. 2005
Fonte: Enea
3.2.Consumi Energetici Italiani
Nel 2007 il Governo italiano ha presentato il Piano d’azione Italiano dell’Efficienza
Energetica che descrive gli orientamenti che ha già intrapreso ed intende proseguire per il
raggiungimento degli obiettivi di miglioramento del risparmio energetico e dei servizi
energetici. In particolare il Piano d’Azione illustra la serie di interventi proposti per
raggiungere il target prefissato del 9,6 % di risparmio al 2016. Analizzando le misure
suggerite per il settore residenziale, notiamo ancora una volta come giustamente l'accento
sia posto sull'adeguamento tecnologico. Ma non concordiamo nel trascurare
completamente il comportamento dell'utente, che molto può dare sotto il profilo
dell'efficienza e della consapevolezza.
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Grafico 5: Fonte: Enea
Tabella 3: Fonte: Piano d’azione Italiano dell’Efficienza Energetica
3.3.La richiesta di superfici per un'abitazione convenzionale e coabitazione
3.3. La richiesta di superfici per un'abitazione convenzionale e coabitazione
Vivere in coabitazione permette di ridurre la richiesta di superficie necessaria per
l'abitazione privata, poiché molte delle funzioni sono svolte negli ambienti condivisi.
L'Enea valuta che la realizzazione di una
“unità residenziale di 90/100 mq, in un fabbricato multipiano, realizzata con finitura
media e con le tradizionali caratteristiche costruttive richiede in termini energetici
per la sua costruzione circa 100
tonnellate di materiali (cemento, calce, laterizi, pavirivestimento, sanitari, ecc) in
gran parte prodotti mediante processi di cottura, con un costo energetico medio di
circa 750 kCal/kg prodotto. Se ne deduce che il costo energetico dei materiali
necessari a realizzare una abitazione di questo tipo si aggira sui 5,5 tep (tonnellate
equivalenti di petrolio), considerando anche il costo energetico del cantiere, delle
movimentazioni terra, del trasporto degli inerti, ecc. Valutando i consumi medi per il
riscaldamento pari a circa 1tep/anno in poco più di 5 anni una abitazione consuma,
per il solo riscaldamento, una quantità di energia uguale a quella impiegata per la
sua costruzione.”
Una riduzione della superficie necessaria significa quindi tagliare parte del consumo
energetico necessario per la sua costruzione, manutenzione e dismissione.
Secondo il censimento ISTAT del 2001 la media di superficie per una abitazione in Italia è
di 91,88 m2, mentre la superficie media per abitante è di 36,79 m2, ma è molto variabile a
seconda della provincia e va dai 26,94 m2di Napoli ai 45,93 m2 di Mantova.
Questo per quanto riguarda il patrimonio esistente, ma se volessimo fare un confronto con
le nuove abitazioni realizzate in coabitazione è meglio considerare il rapporto dell'Agenzia
del Territorio “Le nuove costruzioni 2007”. In questo caso la superficie media di un
appartamento di nuova costruzione corrisponde a 121,6 m2,variabili dai 116,9 m2 del centro
ai 130,8 m2 del sud sebbene a livello provinciale si riscontrino grandi squilibri, con il picco
di Asti con oltre 192 m2 di superficie media.
L'Italia sotto questo punto di vista è un paese abbastanza virtuoso, soprattutto se
confrontato con gli Stati Uniti, quindi le potenzialità di miglioramento sembrerebbero
56
3.3.La richiesta di superfici per un'abitazione convenzionale e coabitazione
limitate. Ma se analizziamo invece il trend delle nuove costruzioni, vediamo che la
superficie media di una abitazione passa dai 91,88 m2 dell'esistente ai 121,6 m2 del nuovo,
con un incremento quindi di addirittura il 32%. Questo dato è oltremodo preoccupante
poiché all'incremento delle superfici non corrisponde un aumento demografico, piuttosto il
contrario poiché nelle famiglie attuali tendono ad essere sempre di più le coppie senza figli
ed i single.
Vivere in coabitazione permette di condividere degli ampi spazi comuni, riducendo la
richiesta di superfici per l'abitazione privata. Purtroppo in Italia dato il ritardo di avvio dei
programmi di coabitazione non sono presenti dati confrontabili, ed i pochi disponibili non
sono utilizzabili essendo statisticamente troppo limitati come numero.
Seppure le abitudini di vita siano estremamente diverse, analizziamo alcuni dati degli Stati
Uniti solamente per capirne le potenzialità di riduzione.
Il problema della superficie di abitazione disponibile per ciascun abitante, è ancor più
sentito qui, dove la tipologia di abitazione più diffusa è costituita da abitazioni
monofamiliari. Come visibile dai dati emanati dal NAHB (National Association of Home
Builders) infatti già nel 1980 il 60% delle nuove costruzioni erano case monofamiliari, fino
ad arrivare all'oltre 80% degli ultimi anni. Ciò è coinciso con un parallelo aumento di
superficie di ciascuna abitazione monofamiliare, passato dai circa 91 m2 del 1950, agli
oltre 207 m2 del 2002. E' facile capire allora il parallelo aumento di consumo di energia per
la gestione di simili giganti.
Dall'altro lato la superficie media di un appartamento in una abitazione plurifamiliare
ammontava a 82 m2 nel 1971, passati a 99 m2 nel 2002 con un aumento del 20%, tutto
sommato ridotto comparato a quello avvenuto nelle case monofamiliari. E' evidente inoltre
da questi dati come abitazioni plurifamiliari consentano un notevole risparmio di
superficie, essendo necessari circa 46 m2 per abitante, comparati agli 80 m2/persona di una
abitazione privata.
In questo contesto una media di 50 m2 a persona risulta essere un risultato desiderabile
addirittura dagli stessi professionisti coinvolti nella progettazione sostenibile
statunitense,ma che invece sembra comunque sproporzionata per la cultura italiana.
57
3.3.La richiesta di superfici per un'abitazione convenzionale e coabitazione
Per raffrontare questi dati a situazioni di coabitazione, è stata svolta una analisi partendo
dai dati forniti da Graham Meltzer nel suo studio, e provando a calcolare le superfici medie
per abitante ed appartamento, comprensive di strutture comuni.
Tutte queste coabitazioni sono statunitensi e si trovano in ambiente rurale o suburbano, con
basse densità edilizie, tranne i progetti di Swan's Market Cohousing e Quayside Village che
sono realizzati in edifici urbani plurifamiliari.
Dai dati analizzati si vede che la media di dimensioni degli appartamenti analizzati di
119,1 m2 è estremamente ridotta, quasi dimezzata rispetto alle nuove abitazioni statunitensi
standard, ed addirittura minore della media italiana delle nuove costruzioni nel 2007 pari a
121,6 m2, nonostante nel calcolo delle coabitazioni siano state inserite anche le superfici
58
Tabella 4: Superfici medie di coabitazioni statunitensi
Tabella 5: Rapporto di superficie comune/privata per alcuni casi studio
Fonte: Graham Meltzer
3.3.La richiesta di superfici per un'abitazione convenzionale e coabitazione
comuni, servizio aggiuntivo di cui gli abitanti possono godere, ed ovviamente assenti nei
calcoli italiani. Va precisato che i progetti analizzati sono già attivi da diversi anni, per cui
sarebbe più giusto confrontarli con i dati a loro coetanei, che non si discostano comunque
da quanto già detto. Una tipica abitazione unifamiliare costruita nel 1993 occupava infatti
una media di 202 m2.
Agli stessi risultati arrivano McCamant e Durrett che analizzando gli esempi danesi
calcolano che la superficie media di una abitazione in cohousing è di circa 83 m2, contro i
78 m2 di abitazioni multifamiliari ed i 129 m2 delle abitazioni unifamiliari standard degli
stessi anni. Considerando che i cohousing danesi sono prevalentemente a bassa densità, la
riduzione è di circa il 36%.
Vivere in coabitazione permette quindi di realizzare appartamenti con superfici ridotte,
senza alterare gli standard qualitativi dei suoi abitanti, anzi fornendo dei servizi aggiuntivi.
La superficie delle strutture comuni per ciascun insediamento è variabile a seconda della
locazione, della cultura e della fase di costruzione. Alcune strutture comuni infatti sono
integrate dopo alcuni anni quando se ne sente l'esigenza, ci sono i fondi, o si raggiunge la
massa critica per la loro convenienza. La Tabella 5 dà un idea delle superfici di strutture
59
Tabella 6: Lista degli spazi comuni esistenti e progettati
*Strutture realizzate **Strutture pianificate ma non realizzate
Fonte: Graham Meltzer
3.3.La richiesta di superfici per un'abitazione convenzionale e coabitazione
comuni necessarie per un progetto di coabitazione. Graham Meltzer dall'analisi dei dati e
delle varie fasi di completamento, giunge alla conclusione che un rapporto ottimale di
spazio pubblico/spazio privato si aggira tra 0,13 e 0,17.
E' inoltre evidente che alcune delle strutture condivise risultano essenziali allo sviluppo di
un sentimento comunitario, mentre altre seppur importanti possono essere non essenziali.
Da un'osservazione delle strutture di cui si sono dotati i progetti analizzati, è possibile
individuare una distribuzione che si ordina autonomamente dagli spazi dai più
fondamentali, agli opzionali.
3.4. Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
La condivisione di attrezzature permette di risparmiare un quantitativo considerevole di
energia. Più l'attrezzatura ha un uso discontinuo, maggiori sono le potenzialità di risparmio
date dalla condivisione. La vita media di un trapano ad esempio è di circa 10 minuti:
l'utilizzo comune di utensili è estremamente efficiente, oltre al fatto di consentire a tutti di
avere tutte le tipologie di strumenti e di qualità migliore. Possedere una macchina da cucire
da utilizzare una volta al mese non ha molto senso, così come non lo ha avere un taglia
erba domenicale, o un'automobile ferma in garage. Lo stesso discorso vale ovviamente non
solo per le macchine che hanno un consumo di energia nella fase d'uso ridotto, ma ancor
più per quelle che non hanno necessità di energia per funzionare, come ogni attrezzo
manuale per il giardinaggio, per l'hobbystica, per la cucina, per il trasporto.
Da quanto si deduce dal monitoraggio di 110 abitazioni italiane, svolto nel 2004 per il
progetto Micene dal Politecnico di Milano, nonostante a prima visti i consumi elettrici
italiani sembrino più contenuti rispetto alla media europea, questi vanno separati dal valore
globale. Infatti questa apparente efficienza, è dovuta in particolare dal clima favorevole, e
dalla maggiore efficienza nel settore industriale.
Analizzando separatamente il solo settore residenziale-terziario, che pesa per il 40% dei
consumi elettrici totali italiani, l'efficienza è minore del 7% rispetto alla media europea,
dato che se normalizzato rispetto alle condizioni ambientali favorevoli ed al deterrente
costituito dagli alti costi dell'energia elettrica in Italia, diviene ancora più preoccupante.
Risparmiare energia, o ancor meglio non sprecare energia, permette di ridurre il
60
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
fabbisogno, e di conseguenza la necessità di costruzione di nuove centrali elettrica, o la
riduzione delle importazioni, con vantaggi per il sistema economico italiano.
Come ormai tutti sappiamo, l'efficienza energetica può essere raggiunta con un attenta
scelta dei dispositivi utilizzati: lampadine a basso consumo energetico ed elettrodomestici
efficienti, minimo in classe A.
Oltre a questo risparmio “tecnologico”, un ulteriore risparmio può essere dato dal modo in
cui utilizziamo le nostre apparecchiature: utilizzare lavatrici solo a pieno carico e a bassa
temperatura, spegnere le luci negli ambienti non utilizzati, evitare di lasciare accesi gli
stand-by, etc.
Questo secondo fattore dovuto allo stile di vita, può essere ulteriormente incentivato dalla
condivisione di attrezzature e strutture, favorendo un uso comune e non privato delle cose.
Avere attrezzature condivise permette di liberare anche superficie, e quindi in caso di
abitazione esistente di avere una casa più grande, o in caso di nuova costruzione di
diminuire ulteriormente la dimensione dell'abitazione necessaria, riducendo i costi ed il
consumo di energia per la costruzione ed il riscaldamento.
Ma andiamo ad analizzare in dettaglio i consumi energetici e l'impatto ambientale di una
lavatrice privata e condivisa, come esempio dei possibili vantaggi dell'utilizzo comune di
attrezzature ad uso discontinuo.
3.4.1. L'esempio della lavatrice condominiale: analisi del ciclo di vita
A differenza delle abitazioni, in cui il consumo di energia primaria per la costruzione
ammonta a circa cinque anni di ciò che viene speso per la gestione, negli elettrodomestici il
costo energetico ed ambientale per la manifattura può essere più elevato se comparato ai
costi di esercizio.
La grande spinta mediatica ad acquistare elettrodomestici ad alta efficienza, è sicuramente
positiva per l'acquisto di nuove macchine, ma in caso di sostituzione prima del termine
della vita utile dell'elettrodomestico, va valutata attentamente.
Il risparmio di energia che può derivare dalla sostituzione di un elettrodomestico
funzionante, può necessitare infatti di decine di anni per ammortizzare l'energia primaria
necessaria al suo ciclo di vita, ed addirittura non riuscire ad ammortizzarsi ambientalmente.
61
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
E' questo un ulteriore fattore che ci spinge a promuovere la possibilità di condivisione.
Sostituire decine di lavatrici esistenti,con una sola molto efficiente, ha dei tempi di
ammortamento energetico molto ridotti. Infatti aumentando il numero di lavaggi annuali
aumenta il peso energetico dei consumi dovuti alla fase di utilizzo, e passa in secondo
piano l'impatto ambientale dovuto alla produzione.
Ma vediamo in dettaglio alcune analisi. Iniziamo prendendo in considerazione solamente
l'energia primaria necessaria alla produzione, distribuzione, uso e dismissione di una
lavatrice, come si usa per il metodo noto come CED (Cumulative Energy Demand).
Tralasciamo per il momento gli aspetti ambientali ed energetici collegati (potenziale di
riscaldamento globale, acidificazione, consumo di acqua e detersivo, etc.).
Ipotizziamo di sostituire una lavatrice ancora funzionante comprata diversi anni fa, e che la
nuova lavatrice (C1) consumi il 25% in meno di quella preesistente (C2).
C1=0,75 C2
Dalla Tabella 7 vediamo i consumi medi per ciclo degli ultimi decenni, aggiornati al 2004.
Per dare un'indicazione l' ipotesi fatta di riduzione del 25%, equivale dunque ad ipotizzare
una vita dell'elettrodomestico esistente di circa 12 anni.
Assumiamo come consumo energetico C1 del nuovo modello 0,9 kWh/Ciclo,
corrispondente al consumo dichiarato delle lavatrici da 5 kg attualmente in commercio
nella classe energetica A. Nello studio condotto dall' Esu-Services e finanziato
dall'Agenzia Svizzera per l'Efficienza Energetica e dall'Ufficio Federale dell'Energia,
62
Tabella 7: Consumo di energia ed acqua di lavatrici dal 1970 al 2004.
Fonte: Öko-Institut e.V.
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
viene considerato come consumo energetico di un mix di programmi e e temperature di
lavaggio il valore medio di 0,94 kWh/Ciclo.
Utilizzando il valore di 0,9 kWh/Ciclo ci teniamo quindi in condizioni sfavorevoli rispetto
alla nostra ipotesi.
Ipotizziamo che la lavatrice sia a servizio di una sola famiglia e che vengano effettuati 4
lavaggi a settimana, per un totale di 208 lavaggi all'anno.
Il consumo della nuova lavatrice in un anno di funzionamento sarà quindi di:
C1*208= 187,2 kWh
Il consumo annuale della vecchia lavatrice era invece di:
187,2 kWh/0,75= 249,6 kWh
Il risparmio annuo di energia sarà quindi di
249,6 kWh - 187,2 kWh = 62,4 kWh
63
Tabella 8: Richiesta energetica delle diverse fasi del ciclo di vita di una lavatrice.
Fonte: Öko-Institut e.V
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
Assumendo per il mix elettrico nazionale il valore di conversione in energia primaria di
2,17, come da dati ufficiali AEEG di marzo 2008 (il valore proposto dalla norma europea
prEN 15315 è invece di 2,37) quest'energia risparmiata in termini di energia primaria
corrisponde a:
62,4 kWh*2,17=135,4 kWh
Secondo http://www.wattzon.com l'energia primaria necessaria per produzione, trasporto e
dismissione di una lavatrice generica è pari a 5057 Mega Joule, cioè circa 1400 kWh.
Secondo i dati forniti dallo studio svolto da Öko-Institut e.V. ( Tabella 8 ), questi
equivalgono a 3508 MJ, tralasciando i crediti ipotizzati per il riciclo, poiché non sappiamo
come sarà smaltita la lavatrice a fine vita.
La stessa ricerca fornisce una sintesi dei valori ipotizzati da studi passati ( Tabella 9 ).
Assumiamo quindi come valore possibile quello di 3500 MJ = 972 kWh
Per ammortizzare energeticamente la sostituzione serviranno quindi:
972 kWh/135,4 kWh= 7,17 anni
Quindi per compensare l'energia necessaria alla sostituzione della lavatrice, nelle ipotesi
64
Tabella 9: Richiesta energetica per ill ciclo di vita di una lavatrice: studi passati
Fonte: Öko-Institut e.V
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
fatte precedentemente (208 lavaggi annui, 0,9 kWh/ciclo, etc.) ci serviranno più di 7 anni.
Lasciando tutti i parametri invariati e provando a modificare la percentuale di riduzione del
consumo (e quindi la longevità della lavatrice da cambiare), vediamo come la sostituzione
sia inefficace per percentuali basse (e quindi per lavatrici recenti) mentre diventi
vantaggiosa per apparecchi datati.
Ipotizziamo adesso di avere un condominio di 10 famiglie ciascuno con una lavatrice
privata nelle condizioni C2, e che tutte queste vengano sostituite con un'unica lavatrice in
condizioni C1. Il consumo attuale in un anno sarebbe pari a:
249,6 kWh*10=2496 kWh
Mentre con la nuova lavatrice sarebbe di:
187,2 kWh*10=1872 kWh
65
Grafico 6: Ammortamento energetico al variare della riduzione di consumo della
lavatrice
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
Il risparmio annuale si porterebbe quindi a:
2496 kWh-1872 kWh=624 kWh
che in termini di energia primaria equivalgono a:
624 kWh*2,17=1354 kWh
In questo caso però il rapporto tra le lavatrici dismesse e quelle acquistate non sarebbe di
1/1, ma di 10/1. Quindi per ammortizzare energeticamente l'installazione di una nuova
lavatrice condominiale avremmo bisogno di:
972 kWh/1354 kWh=0,72 anni
Cioè ovviamente 10 volte più velocemente che nell'esempio precedente. In meno di un
66
Grafico 7: Sostituzione di una lavatrice: ammortamento enertico in funzione dei cicli
annuali
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
anno quindi avremmo già finito di ripagare energeticamente la nuova lavatrice, senza la
necessità di utilizzarla altri 7 anni solo per raggiungere il pareggio energetico. Ciò perché
aumentando il numero di famiglie che utilizza la stessa lavatrice, abbiamo incrementato il
numero di lavaggi annuali, ottimizzando l'utilizzo dell'apparecchio. In questo modo la fase
di utilizzo diviene più importante rispetto a quella di produzione.
Infatti tornando alle ipotesi iniziali e provando a variare il numero di lavaggi annuali,
avremo un ammortizzamento più veloce al crescere del numero di cicli, come dimostrato
per la lavatrice condominiale.
Bisogna precisare che uno studio in dettaglio, avrebbe dovuto considerare l'energia di
produzione di una lavatrice industriale, che è leggermente più alto di una privata. Ma ciò è
insignificante dal punto di vista delle conclusioni, in quanto qualora ipotizzassimo dei costi
energetici di produzione più alti del 30%, mantenendo gli stessi consumi durante l'utilizzo,
la lavatrice condominiale continuerebbe ad ammortizzarsi in meno di un anno (0,93 anni).
Inoltre le lavatrici industriali hanno un consumo elettrico, di acqua e detersivo
ulteriormente ridotti, che nel calcolo non sono stati considerati oltre a necessitare di molta
meno manutenzione.
Per semplicità di confronto assumiamo adesso che l'energia utilizzata durante la fase di
utilizzo tra una lavatrice condominiale, e 10 lavatrici private di uguale efficienza, sia la
stessa, l'energia che è possibile risparmiare durante l'intero ciclo di vita è pari a quella
necessari per la produzione, trasposto e dismissione di 9 lavatrici private, cioè:
972 kWh*9 = 8748 kWh
Ipotizzando una durata di vita di 15 anni di 10 lavatrici C1, l'energia primaria totale per
l'utilizzo, produzione, trasporto e smaltimento (CED) delle stesse sarebbe:
(187,2 kWh*10*15) + (972 kWh*10) = 37800 kWh
Il salvataggio di 8748 kWh, equivale quindi a una riduzione del 23% dei consumi
energetici sul ciclo di vita totale delle lavatrici. Per dare un' idea del risparmio, equivale
all'energia necessaria per riscaldare per un anno intero due appartamenti con una superficie
67
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
di 85 m2 ed un consumo di 50 kWh/m2.
L'ipotesi fatta di 4 lavaggi a famiglia, significa un totale di 2080 lavaggi annui per la
lavatrice condominiale. Le lavatrici standard non sarebbero in grado di sopportare un così
alto numero di cicli per molti anni, quindi si consiglia di orientarsi su modelli studiati
appositamente, come ad esempio le lavatrici industriali. Inoltre 4 lavaggi settimanali per
10 famiglie equivalgono a 5,7 lavaggi giornalieri con la stessa lavatrice, valore che sembra
funzionalmente realizzabile con una opportuna organizzazione e turnazione dell'utilizzo
della stessa.
Al momento ci siamo occupati solamente di energia, ma non dobbiamo dimenticare gli
innumerevoli vantaggi che porterebbe una lavatrice condominiale:
• riduzione del costo iniziale di acquisto;
• riduzione dei costi di manutenzione;
• riduzione del rumore durante il funzionamento;
• riduzione dei rischi dati da un malfunzionamento (allagamenti,etc);
• possibilità di sfruttare la superficie altrimenti occupata dalla lavatrice all'interno
dell'appartamento;
• possibilità di acquistare modelli professionali e più efficienti, con conseguente
minore usura dei capi, minore utilizzo di acqua, di detersivo e di energia;
• maggiore possibilità di contatto sociale tra i condomini.
Dall'altra parte non bisogna però neanche nascondere quelli che sono gli svantaggi:
• Necessità di rispettare dei turni per il lavaggio;
• Necessità di movimentare gli indumenti dall'appartamento alla lavatrice comune;
• Rischio di litigi in caso di abitanti poco rispettosi dell'organizzazione.
Come chiarito all'inizio, fino al momento abbiamo considerato solamente l'energia
primaria direttamente coinvolta nel processo, riferendoci al metodo CED. Già in queste
condizioni abbiamo visto come la sostituzione di una singola lavatrice va valutata
attentamente, mentre l'installazione di una condominiale ha degli indubbi ed immediati
vantaggi.
Prendendo in considerazione degli indici ambientali più completi, la fase di utilizzo delle
lavatrici risulta essere di importanza ancora minore come vedremo, e le ipotesi fatte fino ad
68
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
adesso diventano quindi di maggiore valenza.
Partiamo analizzando lo studio svolto sulla base delle caratteristiche elettriche svizzere da
Esu-Services. La ricerca ipotizza 300 lavaggi annui, una media di 49 litri di acqua e 0,94
kWh per ogni ciclo, ed una vita della lavatrice di 15 anni. E' da sottolineare come la vita
media di una lavatrice nel 2003, secondo le ricerche di mercato svolte da Gfk, fosse di 12,9
anni. Il ciclo di vita viene valutato con tre metodi diversi: Cumulative Energy Demand
(CED), Ecological Scarcity Points 97 (UBP'97) ed Eco-indicator 99 (EI '99). Possiamo
vedere come se col primo metodo (quello utilizzato nei nostri esempi precedenti) il
consumo elettrico nella fase di utilizzo ammonta all'83% del totale, questa si riduce al
70,8% col secondo indicatore, ed addirittura al 36,8% nel terzo caso.
Successivamente viene ipotizzata la sostituzione della lavatrice con una più efficiente del
25%. L'efficacia della sostituzione viene sintetizzata da un coefficiente R. Per R<1 il
69
Tabella 10: Fonte: Esu-services
Grafico 8: Fonte: Esu-services
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
cambiamento è positivo entro i 15 anni, per R>1 non è conveniente.
I risultati mostrano che analizzando solamente l'energia primaria la sostituzione
sembrerebbe auspicabile, essendo R=0,42. Analizzando gli indicatori ambientali più
complessi invece, nel caso dell'UBP '97, R si avvicina molto all'unità e sale a 0,94. Ciò
significa che è ancora ambientalmente vantaggiosa la sostituzione, ma i benefici sono quasi
nulli, cioè sostituire o meno la lavatrice è quasi indifferente dal punto di vista ambientale.
Infine per l'Eco-indicator '99 il valore di R sale 5.04 che sta ad indicare che la sostituzione
della singola lavatrice è assolutamente sconsigliabile.
A simili considerazioni arriva anche lo studio condotta da Öko-Institut e.V. e
commissionato dall' Electrolux - AEG Hausgeräte GmbH e BSH Bosch und Siemens
Hausgeräte GmbH, aziende produttrici di elettrodomestici.
La ricerca, suddivisa in 4 argomenti diversi, ha preso come campione la Germania, e
quindi la sua specificità energetica, il comportamento dei cittadini, lo smaltimento dei
rifiuti, etc. Ma i risultati possono essere analizzati per trarne delle considerazioni generali.
Di nostro interesse è in particolare il “Task 4”: ulteriore uso o sostituzione delle vecchie
lavatrici. E' stata analizzata una famiglia virtuale di 3 persone che lavi 707 kg di indumenti
all'anno, per un periodo di 10 anni. E' da sottolineare come in questo caso nella fase di
esercizio, sia stato ipotizzato anche l'utilizzo di una asciugatrice elettrica per l'80% del
bucato. I consumi presi in considerazione sono quindi:
• Produzione ed assemblaggio;
• Distribuzione;
• Uso della lavatrice;
• Uso dell'asciugatrice;
• Riciclaggio delle materie prime;
• Fornitura di acqua ed elettricità.
Il riciclaggio a fine vita è stato inteso come un credito: parte dell'energia risparmiata grazie
al riciclaggio delle materie prime viene infatti sottratta dal calcolo (una quota pari al 50%),
mentre non vengono considerate in questo studio la raccolta ed il disassemblaggio a fine
vita.
Non è considerata inoltre la manutenzione, poiché si assume che al giorno di oggi si tenda
70
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
a sostituire una lavatrice rotta e non a ripararla.
Con riferimento a tutte le ipotesi formulate nello studio, le conclusioni al Task 4 sono
queste:
• “Rispetto alla Cumulative Energy Demand (CED), la sostituzione di lavatrici
dell'anno 1985, 1990 e 1995 con un nuovo modello (si riferisce all'anno
2004) è giustificato. Il periodo di ammortamento è rispettivamente di 2,3 e 5
anni.
• Rispetto al potenziale di Riscaldamento Globale solamente, la sostituzione di
lavatrici del 1985 e 1990 con un nuovo modello è giustificata. Il periodo di
ammortamento è di circa 3 e 5 anni rispettivamente. Lavatrici del 1995 si
ammortizzano in circa 8 anni.
• Rispetto al totale del carico ambientale (espresso in punti ambientali calcolati
con EcoGrade), solo la sostituzione di lavatrici del 1985 è giustificata, con
un periodo di ritorno di circa 4 anni. Lavatrici del 1995 e 2000 non si
ammortizzano in termini ambientali entro i termini del periodo considerato di
10 anni.
• Sotto il punto di vista economico la sostituzione di nessuna delle lavatrici
considerate si ammortizza entro 5 anni. Anche nel caso di una lavatrice di 19
anni, servono fino a 6 anni prima che i risparmi equivalgano il costo
addizionale di acquisto.”
Queste conclusioni sono state successivamente affinate con un ulteriore studio includendo
la manutenzione e differenziando i risultati in base alla qualità delle lavatrici. I risultati
finali non si sono discostati di molto da quanto già detto. E' interessante notare però come
in questo ulteriore approfondimento venga considerata anche l'ipotesi di non utilizzare
un'asciugatrice, ma di stendere gli indumenti all'aperto senza uso di energia. Ciò
ovviamente riduce i costi energetici durante la fase di utilizzo, aumentando il peso della
fase di produzione. Ed infatti lo studio afferma che:
”In riferimento ai rispettivi periodi di ritorno, può essere visto che l'ammortizzamento
è raggiunto prima se le asciugatrici sono considerate. In caso di nessuna richiesta di
energia per l'asciugatura, la sostituzione delle lavatrici del 1995 e 2000 non si
71
3.4.Condivisione di elettrodomestici ed apparecchiature
ammortizza entro 10 anni. Il periodo di ritorno in caso di sostituzione di una macchina
del 1990 è raggiunto dopo 7 anni, quello di una macchina del 1985 già dopo 3 anni.”
Ancora di più vediamo come la sostituzione di una singola lavatrice sia spesso non
consigliabile in termini ambientali, soprattutto nelle particolari condizioni italiane dove
l'utilizzo di asciugatrici è molto limitato. Lo studio infatti evidenzia come sia favorevole la
sostituzione con nuove lavatrici del 2004, solo di lavatrici a partire dal 1990. Ciò significa
una vita minima di 14 anni. Come già accennato prima, un altro studio della Gfk nel 2003
valutava in 12,9 anni la durata media di una lavatrice. Quindi la conclusione a cui arriva
l'Öko-Institut e.V. dimostra che tranne in casi particolari la sostituzione di una lavatrice
privata non è consigliabile, se non quando ha cessato completamente di funzionare.
L'alto impatto ambientale può però essere facilmente ammortizzato acquistando un nuovo
elettrodomestico industriale da condividere tra più famiglie.
Con queste analisi non si vuole scoraggiare la diffusione di elettrodomestici ad alta
efficienza. Va però sottolineato che in caso di dismissione non obbligata di un
elettrodomestico ancora funzionante, la sostituzione va valutata attentamente, perché non è
detto che comporti dei vantaggi ecologici, mentre qualora si decida di orientarsi sulla
condivisione degli elettrodomestici, la scelta viene sicuramente ripagata in ogni caso.
3.5. Studio dei consumi legati al comportamento sociale: test
Al fine di valutare la correlazione tra legami sociali e consumi energetici, si è pensato di
proporre la realizzazione di un questionario, consultabile all' Allegato A.
Lo stesso è suddiviso in 5 sezioni:
• Informazioni generali
• Rapporti di prossimità
• Comportamento
• Energia
• Consumi energetici
Il modello del questionario proposto, è pensato sull'esempio delle certificazioni ambientali
già attive in Italia, quali ad esempio SB100 o Itaca.
72
3.5.Studio dei consumi legati al comportamento sociale: test
A ciascuna domanda va assegnato un punteggio ed un peso in base alla risposta fornita.
Alcune delle domande hanno solo uno scopo statistico ed informativo, ma non influiscono
sui risultati del test, quindi non ricevono alcun punteggio.
Si è pensato di distinguere i risultati in due sfere: Socialità ed Energia. La post-
elaborazione dei dati con dei riferimenti incrociati, utilizzando dei filtri in base alla risposta
di alcune domande chiave, e la giustapposizione dei risultati su di un grafico cartesiano con
il punteggio finale di socialità su di un asse, e quello energetico sul restante, dovrebbero
evidenziare se esiste una relazione tra il livello di socialità ed il consumo energetico.
L'ipotesi è infatti che chi ha una vita sociale più attiva, passerà una parte minore del
proprio tempo nella propria abitazione, riducendo la richiesta di energia dovuta ad esempio
a Televisione, Computer, Illuminazione, Riscaldamento, Cibo, etc. tendendo invece a
condividere autonomamente spazi ed attrezzature con i propri amici.
Dai risultati dovrebbe evidenziarsi anche un' ulteriore differenza tra chi vive in un
insediamento standard, e chi invece abita in un complesso pensato per la condivisione,
quale ad esempio un cohousing od un ecovillage. Si vuole quindi individuare oltre al
livello di efficienza energetica dovuta al livello tecnologico anche quella dovuta all'
“energia comportamentale”.
La scala dei consumi progressivamente decrescente correlata al livello sociale, sarebbe
quindi di questo tipo:
+ energivoro
energivoro
+ efficiente
Individualismo Standard Socialità Condivisione
Il questionario andrebbe ovviamente compilato ad opera del maggior numero di persone.
Fondamentale per la riuscita dello stesso, è però la possibilità di acquisire dei dati da parte
delle esperienze di vita più condivisa. Essendo infatti questi un campione ristretto, e quindi
statisticamente meno rilevante, per avere una risposta affidabile è importante raggiungere
la quasi totalità delle esperienze presenti in Italia.
Il questionario non è ancora stato diffuso, esulando dalle competenze dell'attuale
propositore la possibilità di analizzarne i risultati. Se ne rimanda quindi la verifica
73
3.5.Studio dei consumi legati al comportamento sociale: test
dell'effettiva validità, ed una eventuale revisione e calibrazione, ad una possibile
collaborazione futura con professionisti od enti competenti. In particolare per quanto
riguarda la sfera sociale in cui l'autore non ha competenze specifiche, i criteri andrebbero
valutati opportunamente, sebbene simili valutazioni siano state riscontrate anche nella
letteratura analizzata (Tsai e Sigelman, Kasarda e Janowitz, McGahan).
74
3.5.Studio dei consumi legati al comportamento sociale: test
Bibliografia Capitolo 3Agenzia del Territorio, Le nuove costruzioni 2007Al-Mumin A.,Khattab O., Sridhar G., Occupants’ behavior and activity patterns
influencing the energy consumption in the Kuwaiti residences, Elsevier, 14 Dicembre
2001Annunziato M., Dall’ecobuilding al distretto energetico: la proposta Enea per un
modello di sviluppo fondato su ecoedifici e generazione distribuita, Roma, Enea, 19
dicembre 2007 Berg G. P., Sustainability resources in Swedish townscape neighbourhoods Results from
the model project Hågaby and comparisons with three common residential areas,
Landscape and Urban Planning n°68, 2004Brown J. R., Comparative analysis of energy consumption trends in cohousing and
alternate housing arrangements, MIT, 2004Carlisle N.,Elling J.,Penney T., A Renewable Energy Community: Key Elements, National
Renewable Energy LaboratoryTechnical Report, NREL/TP-540-42774, January 2008Di Andrea F., Danese A., MICENE MIsure dei Consumi di ENergia Elettrica in 110
abitazioni Italiane Curve di carico dei principali elettrodomestici e degli apparecchi di
illuminazione, eERG, Settembre 2004Ghaemi S. ,User behaviorand patterns of electricity use for energy saving, Internationale
Energiewirtschaftstagung an der TU Wien 11–13. Febbraio 2009 Istat, 14° Censimento della popolazione e delle abitazioni, 2001Lietaert M., Cohousing e condomini solidali, Firenze, Aam Terra Nuova, 2007Meltzer G., Sustainable Community – Learning from the cohousing model, Victoria,
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Life Cycle Assessment and determination of optimal life span, Friburgo, Öko-Institut, 28
75
3.5.Studio dei consumi legati al comportamento sociale: test
novembre 2005Soleri P., Arcosanti, an urban laboratory?, Phoenix, The Cosanti Press, 1993Steiner R., Emmenegger M., Jungbluth N., Frischknecht R., Timely replacement of white
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China's residents, Energy Policy, vol. 35, 2007
76
4.Considerazioni sociali
4. Considerazioni sociali
Abituati alla segregazione della società moderna, per poter interagire con gli altri abbiamo
bisogno di un input, come se socializzare non fosse la cosa più ovvia e naturale del mondo.
Un maggiore livello di socialità permette di risparmiare energia. Quindi promuovere
interventi mirati a modificare l'interazione sociale di un vicinato, equivale in qualche modo
a fare una “ristrutturazione sociale”, ed andrebbe considerata come una delle vie di
riduzione dei consumi, al pari dell'installazione di un cappotto termico o della sostituzione
di un impianto. Ogni intervento che permetta di aumentare l'interazione tra i residenti, va
quindi studiato e proposto, sia esso un intervento architettonico od organizzativo.
4.1. Le comunità di vicinato
Toennies individua tre tipologie di comunità: di sangue, di vicinato, di spirito. La prima si
riferisce alla concezione di una famiglia allargata, la seconda nasce da una esigenza di
organizzazione data dalla vicinanza spaziale, e la terza ha genesi nella comunanza di idee
ed interessi.
All'interno di un intorno urbano è quindi possibile individuare una comunità di vicinato.
Qualora sia presente una situazione di coabitazione invece, la condivisione di ideali
realizza anche una comunità di spirito.
La comunità di vicinato costituisce un raggruppamento di persone accomunate dal vivere
in spazi limitrofi che condividono parte delle loro azioni. Avere il supporto di una comunità
di vicinato permette di poter contare su un aiuto esterno al nucleo domestico in caso di
bisogno o pericolo, e presuppone la disponibilità al sacrificio per gli altri quando ce ne sia
la necessità. E' un passo intermedio che si pone tra il nucleo familiare e la città,
permettendo una partecipazione ed un senso di appartenenza più facile e diretto. Tipici di
una comunità di vicinato sono il prestito gratuito di beni e lo scambio delle abilità di
ognuno attraverso lavori anche in questo caso non pagati.
E' facile pensare alla comunità di vicinato come ad un tipico fenomeno del villaggio o del
paese, ma la stessa può crearsi anche in ambiente urbano, all'interno dello stesso edificio.
77
4.1.Le comunità di vicinato
Fondamentale è la predisposizione degli
abitanti alla stessa affinché questa si possa
formare. I residenti in affitto ad esempio
difficilmente ne entreranno a far parte,
poiché essendo la loro situazione
temporanea non hanno particolare interesse
a stringere rapporti coi propri vicini.
Le comunità di vicinato sono una unità di
cooperazione pratica, economica ed
ambientale tra persone aventi limitate ma
ancora sufficienti interazioni coi propri
vicini. Il vicinato è inoltre una dimensione
adeguata per permettere il riconoscimento
degli individui ed il trasferimento di
conoscenze, abilità ed esperienze tra
persone e generazioni.
4.2. La vita condivisa
Nelle città in cui ci troviamo è evidente la tendenza alla riduzione della socialità, alla
diffidenza verso l'estraneo ed alla perdita del senso di appartenenze al luogo. La società
consumistica e capitalistica in cui viviamo spinge all'affermazione del singolo, ed alla
sopraffazione del prossimo, che non viene visto come una potenziale fonte di crescita e
scambio reciproco, ma come un nemico da sopraffare.
D'altra parte è insito dentro ciascun uomo la necessità di avere una propria sfera di
affermazione individualistica, nelle relazioni, nel possesso, nell'espressione. La necessità
di sentire uno spazio proprio, poterlo modificare ed adattare alle proprie esigenze, permette
esprimere se stessi. Ma allo stesso tempo dentro ciascuno di noi c'è un bisogno di socialità
78
Immagine 10: Il vicinato di Matera nel 1951
fHenry Cartier-Bresson - Magnum Photos
4.2.La vita condivisa
e comunità che viene però spesso nascosto ed ignorato. I luoghi per abitare quindi, devono
essere pensati per soddisfare queste due esigenze contrapposte da cui ne consegue la
creazione di una doppia destinazione: spazi privati e spazi condivisi. E' questo uno degli
assunti da cui nasce la progettazione di modelli abitativi alternativi al mainstream.
La nascita del cohousing in Danimarca non è stata affatto casuale, ma è scaturita dal
particolare contesto socio-culturale presente negli anni '70. Si è verificata qui infatti prima
che in Italia la contemporanea perdita di una famiglia allargata e solidaristica come
concepita in passato. A livello istituzionale si è assistito alla limitazione dei servizi di base
offerti in seguito all'affermazione della dottrina del neo-liberismo. Inoltre erano già
presenti realtà quali la precarietà del lavoro e famiglie con un unico genitore a sostenere la
crescita dei figli. Un altro fattore importante da considerare è che qui a differenza
dell'Italia, a 18 anni è prassi comune lasciare la propria famiglia per andare a vivere da soli.
Il cohousing nasce quindi come risposta all'evoluzione della condizione abitativa ed alla
mancanza di un sostegno interno a cui affidarsi.
Tra l'altro è noto come diverse esperienze di coabitazione siano nate autonomamente a
distanza di pochi anni, in completa auto-organizzazione, senza sapere nulla dell'esistenza di
questo modello sociale, tanto da rendere difficile l'individuazione della genesi di questo
fenomeno. E' quindi la chiara dimostrazione che la coabitazione nasce come risposta a
delle mutate esigenze abitative e sociali.
L'appartamento privato per un singolo nucleo, nasce non solo da una cultura, ma anche da
una condizione familiare assodata, costituita come già accennato dai due genitori ed i loro
figli. Al giorno d'oggi è sempre più raro trovare questa situazione, sono sempre di più i casi
di nuclei composti da persone sole: single, divorziati, anziani. Nell'ultimo censimento Istat,
le famiglie mononucleari in Italia ammontavano al 24,89% del totale. A questo
cambiamento nei nuclei familiari non è coinciso un cambiamento nelle strutture che li
ospitano. La casa è la più piccola unità di interazione sociale, economica, ecologica ed
architettonica. Vivere in condivisione permette di ridefinire questi rapporti e garantisce un
supporto ed una solidarietà “familiari” anche nei confronti di persone normalmente
“estranee”.
79
4.2.La vita condivisa
Il vantaggio di una vita alla dimensione del villaggio, è che il problema del singolo diviene
un problema comune. Ed i problemi comuni si cerca di risolverli insieme, con impegno,
fatica e solidarietà.
Un altro degli aspetti interessanti della vita in coabitazione, è la riduzione della necessità di
assistenza da parte dei soggetti svantaggiati. Disabili, anziani e bambini sono infatti
assistiti dall'intero gruppo, e non dal singolo nucleo, permettendo così di ridurre il carico di
impegno di ciascun individuo, ed allo stesso tempo eliminare la necessità di strutture
assistenziali apposite alla cura di queste persone. Come afferma Bjorn Palmqvist, è stato
dimostrato che una famiglia con bimbi piccoli che vive in cohousing, può ridurre di 15 ore
al mese il tempo dedicato alle faccende domestiche.
Inoltre se si crea un senso comunitario le persone non hanno bisogno di muoversi per
risolvere i loro problemi, trovare supporto e sicurezza sociale.
Inoltre una comunità che sta bene, si apre verso l'esterno cercando di coinvolgere tutto il
circondario. E' un modo di fare prevenzione, invece di combattere gli effetti di cattive
politiche attuate in precedenza.
Dal punto di vista della socialità, nei casi di vita più condivisa si parte da una situazione
80
Immagine 11:Socializzazione spontanea al Sunward Cohousing, Michigan
4.2.La vita condivisa
avvantaggiata, dove i vicini spesso hanno già seguito un percorso formativo che ne ha
cementato i rapporti ed ha permesso loro di partecipare alla progettazione dei propri spazi.
Allo stesso tempo i cittadini stessi possono partecipare direttamente alla vita decisionale e
politica sentendosi artefici di ciò che viene fatto. Ancora una volta il senso di appartenenza
viene intensificato, e comporta un'ulteriore incentivo alla cura del luogo.
Per capire quanto sia importante il senso di appartenenza pensiamo semplicemente a
questo: quanti di noi o dei nostri figli getterebbero rifiuti dentro il proprio appartamento?
Se lo facciamo in strada è perché non lo sentiamo uno spazio nostro, della collettività, di
cui possiamo godere ed utilizzare. Tanto c'è qualcuno che è pagato per pulire!
Come affermava Soleri:
“Uno degli aspetti sorprendenti di un nomadismo non strutturato (motivato
dall'economia o da altro) è l'incapacità di un individuo ad identificarsi con un
posto....Ciò gli dà anche licenza di abusare dell'ambiente in cui gli succede di
trovarsi ma a cui non appartiene.”
E d'altra parte è la stessa necessità di sentire un senso di immedesimazione e
riconoscimento di valori, che spinge i diversi gruppi etnici ad auto ghettizzarsi all'interno
delle città.
Altro aspetto da analizzare è la funzione di emulazione dei bambini nei confronti degli
adulti. Nei cohousing già realizzati, è stato notato come i bambini che crescono in questo
ambiente, sviluppino una logica sociale di aiuto reciproco fin da piccoli, ad esempio
facendosi notare all'asilo per allacciare le scarpe o abbottonare i bottoni ai bimbi più
piccoli. Allo stesso modo assistendo e partecipando fin dalla tenera età ai processi
decisionali degli adulti, imparano fin da subito la democrazia diretta. Negli esperimenti di
coabitazione più spinti, la condivisione delle mansioni si protrae anche verso la sfera
educativa dei piccoli. I bambini infatti crescono in una grande famiglia allargata, in cui
oltre ai due genitori, ci sono una serie di figure guida adulte da cui poter imparare. Ciò
permette di ridurre anche gli svantaggi creati dal crescere in assenza di riferimenti fissi
come avviene nelle famiglie attuali a causa degli impegni lavorativi di entrambi i coniugi,
o nelle famiglie monogenitoriali.
81
4.2.La vita condivisa
Per poter incentivare il maggior numero di persone ad una vita più comunitaria, è
necessario proporre un' offerta variegata. Non tutti infatti sono disposti a rinunciare allo
standard di vita conseguito, in favore di una maggiore socialità o rispetto verso l'ambiente.
Ma anche qualora il numero di persone in coabitazione rimanesse un fenomeno limitato, la
loro influenza potrebbe essere grande e contribuirebbe a radicare nella società dei principi
quali ad esempio l'attenzione verso l'ambiente e la socialità.
Ciò è quanto è emerso anche dalla partecipazione ad alcuni incontri sul cohousing, con
persone interessate a spostarsi a vivere in condivisione, sebbene ancora ad uno stadio
iniziale. La prima reazione non sempre è stata quella di proporre la riduzione, ma quella di
aggiungere servizi che in una condizione familiare standard non si è in grado di mantenere
come singolo nucleo. Sebbene questa sia una misura positiva in una fase avanzata del
progetto di condivisione, ha stupito la priorità data a questa categoria di interventi. E'
evidente quindi come andare ad abitare in comunione debba significare anche un
cambiamento di modo di pensare, passando dal bene individuale a quello della collettività,
caratteristica che spesso viene a mancare nelle fasi iniziali, e che richiede quindi un lungo
processo per la maturazione.
82
Immagine 12: Bimbi che giocano al Sunward Cohousing, Michigan
4.3.Ristrutturazione sociale di un Condominio
4.3. Ristrutturazione sociale di un Condominio
L'interazione sociale all'interno del tessuto urbano esistente, è spesso molto variabile, a
seconda della tipologia abitativa, della condizione socio-culturale dei residenti, della
longevità dell'insediamento, della soddisfazione percepita nei confronti dei servizi del
quartiere, etc.
Le strutture esistenti, non permettono di operare grandi modifiche agli spazi, limitando
l'influenza che può avere il costruito sul comportamento degli abitanti. Per cui è
fondamentale agire innanzi tutto sulle relazioni, operando una ristrutturazione sociale
mirata a coinvolgere i residenti ed a farli interagire.
In altri casi in cui addirittura delle strutture comuni sono state previste ma mai utilizzate
correttamente, il potenziale è enorme. Ci viene da pensare al Corviale di Roma, esempio di
progettazione innovatrice, ma di cattiva realizzazione e gestione. Un cambiamento nella
modalità di utilizzo delle strutture e della promozione della socialità potrebbe contribuire a
rendere la vita qui dentro più piacevole. Basta osservare la cura con cui sono tenuti gli
spazi occupati dalla cappella religiosa interna al complesso, che contrastano con
l'abbandono imperante nel resto dell'edificio.
All'interno di un condominio è più facile pensare alla possibilità di un conflitto più che a
quella di un' amicizia. L'evento sociale per eccellenza all'interno di un alloggio
83
Immagine 13: Corviale: gli stessi spazi gestiti da una comunità religiosa (a sinistra), e
lasciati al controllo di nessuno (a destra)
Foto di Davide Vadalà
4.3.Ristrutturazione sociale di un Condominio
multifamiliare è costituito dalla riunione di condominio. Lo scopo di questi incontri è
quello di riuscire a far prevalere il proprio interesse individuale su quello dei nostri vicini.
Inoltre come ricorda Marina Mura, nei palazzi gli spazi comuni sono luoghi che
solitamente evocano malessere, perché associati ad eventi come le riunioni condominiali, i
conflitti, le spese.
Vista in questi termini è difficili pensare alla possibilità di un coinvolgimento sociale e
viene quindi logico pensare alla necessità di un aiuto esterno, una figura che possa essere
una guida per il gruppo, ma non un leader per l'interesse del singolo, quindi esterna e
disinteressata rispetto ai fini materiali del condominio.
Una delle soluzioni immaginate, la cui necessità è stata confermata anche da interventi
durante un recente incontro promossa dall'associazione Ecoabitare, è quella della creazione
di una nuova figura socio-professionale: l'animatore di condominio. Questo dovrebbe
essere una persona con una formazione mirata all'animazione ed alla risoluzione di
conflitti, indipendente da relazioni materiali e parentali dal condominio. E' possibile
pensare a delle figure private, ma questa soluzione difficilmente funzionerebbe a causa
degli ovvi costi che comporterebbe, ed alla necessità di una auto-constatazione della
necessità di ricorrere ad un simile servizio. E' quindi più plausibile pensare a delle figure
pubbliche, finanziate dalle amministrazioni locali ed assegnate ai diversi quartieri.
L'animatore avrebbe inizialmente il compito di conoscere singolarmente ciascuna famiglia,
cercando di abbattere la barriera costruita verso l'esterno, in modo da creare un rapporto di
fiducia. Il passo successivo sarebbe quello dell'organizzazione e della proposizione di
eventi. In questo modo le famiglie avendo ciascuna un rapporto privilegiato con
l'animatore, sarebbero probabilmente più propense al coinvolgimento.
Dopo questo intervento iniziale di avviamento della socialità da parte dell'animatore, la
collettività potrebbe essere in grado di gestirsi autonomamente, senza la necessità di questa
figura nella fase successiva.
Una simile iniziativa è già stata portata avanti a Torino, dove alcuni appartamenti sono stati
affittati a prezzi convenzionati a soggetti che si sono impegnati a fare promozione sociale.
Fortunatamente le amministrazioni sembra inizino a cogliere la necessità di proporre
interventi mirati in questo senso. Uno di questi è costituito dalla “Festa dei Vicini di Casa”
organizzata a livello europeo negli ultimi anni dietro l'esempio della Fédération
84
4.3.Ristrutturazione sociale di un Condominio
Européenne des Solidarités de Proximité , che ha permesso la conoscenza ad abitanti che
prima non avevano alcuna relazione, nonostante le difficoltà riscontrate nel trovare spazi
adeguati dove riunirsi tutti insieme.
In questo caso ci tornano in mente le tre variabili necessarie all'interazione sociale
individuate da Fleming: opportunità di contatto, prossimità agli altri, ed uno spazio
appropriato all'interazione.
Un altro metodo che è possibile sperimentare ancora in una condizione abitativa standard,
è quello di creare una lista di oggetti ed attrezzature che potrebbero essere utili ad altre
famiglie, e si è disposti a dare in prestito: l'attrezzatura per il campeggio, un materasso per
gli ospiti, il trapano, etc. Ciò permette di abituarsi all'utilizzo di strumenti non di proprietà
ed alla gestione della cosa comune.
Lo stesso esperimento può essere fatto con un elenco delle abilità che ciascuno è in grado
di fornire, una sorta di Banca del Tempo interna. Così chi sa cucire provvederà a
85
Immagine 14: Festa dei Vicini di casa in Viale dei Quattro Venti.
Foto di Luca Coco
4.3.Ristrutturazione sociale di un Condominio
rammendare gli abiti del vicino, che a sua volta aggiusterò il rubinetto gocciolante grazie
alla signora del piano di sotto, etc.
Queste consuetudini a volte si instaurano autonomamente all'interno dei condomini, ma
uno strumento del genere può favorirne una diffusione più capillare, con l'incremento dei
favori che è possibile scambiarsi localmente.
86
4.3.Ristrutturazione sociale di un Condominio
Bibliografia Capitolo 4
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87
4.3.Ristrutturazione sociale di un Condominio
http://design.uoregon.edu/studio/rrcoho/cases/Cohousing%20and%20the
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Ecoabitare, Incontro tenuto a Roma, 28 Febbraio 2009Mortara L. Convegno presso la fiera “Fa la cosa giusta” a Milano, 15 Marzo 2009Lumsa, Ecoabitare, Cohousing sostenibile: una giornata di studi, Convegno tenuto a
Roma, 18 Aprile 2009
88
5.Indicazioni progettuali
5. Indicazioni progettuali
Fin dai primi insediamenti umani, l'organizzazione spaziale degli edifici era dettata da
considerazione di carattere pratico e di benessere.
Il layout di molte comunità attuali costituito da uno spazio centrale condiviso su cui si
affacciano le abitazioni private, è ricco di esempi nella storia. Così possiamo ritrovarlo nei
villaggi circolari africani o negli insediamenti Slavi, dove veniva utilizzato per proteggere
il bestiame, quanto di più prezioso posseduto dalla popolazione. La carenza di spazi in
Giappone ha spinto alla creazione di insediamenti molto compatti, al contrario degli Stati
Uniti, dove l'abbondanza di spazio ha generato lo sprawl urbano ed abitazioni isolate. La
disposizione degli ambienti è influenzata da aspetti di carattere economico, sociale,
climatico, etc. Ad una necessità segue una risposta fisica nella progettazione dell'abitato.
Ed è così che quest'oggi ci ritroviamo a mettere in discussione la nostra forma di abitare,
spinti dal bisogno di una ritrovata socialità e dalla necessità di un cambiamento sostenibile.
La realizzazione di progetti in coabitazione, secondo quanto riferiscono McCamant e
Durett ha seguito principalmente quattro schemi compositivi. La strada lineare pedonale
con due file di edifici contrapposti, l'edificio a corte o con spazio centrale, un vicolo lineare
con uno slargo a formare una piazza, ed infine un percorso rettilineo ma coperto, utilizzato
soprattutto nei climi infausti.
Graham Meltzer individua un ulteriore schema utilizzato, costituito da una sola fila di
edifici allineati, per permettere il massimo guadagno solare a tutti quanti.
Per capire come la progettazione fisica dello spazio possa influire sulla vita che si sviluppa,
credo che una citazione di Paolo Soleri sia esemplificativa:
89
Immagine 15: Schemi tipologici di cohousing standard
Fonte: McCamant e Durett
5.Indicazioni progettuali
“Uno scopo del Progetto è di “legiferare attraverso il progetto”. Due esempi sono:
A) non avendo strade, Arcosanti esclude la presenza dell'automobile; B) mixando
residenza, insegnamento, e lavoro, Arcosanti spezza gli effetti malati della
zonizzazione. Quello che il progetto vuole evitare è pianificare le vite dei suoi
residenti. A loro è offerta una specifica griglia di risorse ambientali (lo strumento)
dentro cui agire e sviluppare loro vite (la musica).”
5.1. Massa critica e densità
Per poter avere un insediamento in cui le persone interagiscono come una comunità, uno
dei primi aspetti fondamentali è quello della densità. L'esperienza infatti dimostra come per
poter creare una condizione sociale sufficientemente dinamica serva un numero minimo di
abitanti, la massa critica. Inoltre una serie di servizi sia a scala urbanistica (mezzi di
trasporto quali il tram) che a scala architettonica (la condivisione di spazi quali i micronidi)
diventano non convenienti ed irrealizzabili se non si raggiunge un numero minimo di
residenti.
Allo stesso tempo, in un ottica di sostenibilità dobbiamo tenere presente il diverso
consumo dei suoli che ciascuna soluzione comporta.
Non è ovviamente possibile stabilire dei parametri standard da utilizzare, essendo il
progetto strettamente dipendente dalle condizioni geomorfologiche del luogo, da
considerazioni di qualità urbana, vivacità architettonica, clima etc. Ma facendo una analisi
preliminare dei tipi edilizi più diffusi, si può delimitare un range ottimale all'interno del
quale mantenersi.
Partendo ad analizzare i due estremi, il grattacielo ed il sobborgo con case basse diffuse, è
sicuramente la prima a consentire una maggiore concentrazione di abitanti e di
conseguenza un minore utilizzo di suolo, ma va al di là della scala umana facendo perdere
il contatto diretto con la natura.
Il sobborgo con case basse e bassa densità edilizia invece, tipico delle periferie americane e
parte stessa dell'”American Dream”, è una soluzione evidentemente insostenibile dal punto
di vista del consumo del suolo, dei trasporti e dell'utilizzo di risorse. Lo stesso è stato più
volte criticato dagli urbanisti contemporanei, che ne vedono la causa dell'inarrestabile
90
5.1.Massa critica e densità
“Sprawl” che ha dilatato gli spazi urbani.
Francesco Coccia, analizza degli schemi insediativi costruiti su una maglia regolare, in
base al loro carico di abitanti ed alla richiesta di terreno fondiario giunge alla conclusione
che tra le soluzioni sostenibili, risultano appetibili alla popolazione le più dense delle
tipologie unifamiliari, cioè le case a schiera e gli edifici plurifamiliari ad altezze limitate
fino a 4 livelli.
Agli stessi risultati di altezza, sono pervenuti tra l'altro degli studi sull'insolazione delle
facciate per il risparmio energetico.
Distribuzioni ancora più efficaci, mantenendo delle altezze limitate, potrebbero ottenersi
con l'utilizzo di tipologie a corte o con l'unità di abitazione orizzontale.
Poiché al diminuire della densità aumenta lo spazio occupato, è evidente che si
allungheranno anche i tempi di percorrenza. Finché il sistema di trasporti sarà
prevalentemente basato sul mezzo individuale, le soluzioni a bassa densità risultano essere
decisamente poco sostenibili, non solo per l'ambiente, ma anche per la qualità di vita degli
91
Grafico 9: Consumi di carburante pro capite e densità territoriali medie di alcune città.
Fonte: La casa e il luogo
5.1.Massa critica e densità
abitanti. A tal proposito, è molto interessante analizzare il grafico che relaziona la densità
di abitanti ai consumi di carburante di varie città nel mondo: risulta molto chiaro da questo
diagramma come le maggiori densità permettano un notevole risparmio di risorse, in
particolare al di sopra dei 50 abitanti per ettaro. Spingersi però a densità troppo elevate non
consente un notevole vantaggio, in particolare oltre i 150 abitanti il diagramma si
appiattisce.
5.2. Il progetto e l'interazione sociale
La socialità diminuisce la richiesta di energia. Le persone hanno bisogno di occasioni per
divenire sociali. L'aumento di incontri casuali, cioè “incontrare persone mentre si fa
qualcos'altro”, permette di instaurare dei rapporti, facilitandone la conoscenza attraverso
l'osservazione ed il dialogo. Essendo l'essere umano restio a presentarsi al primo incontro,
è importante aumentare il più possibile le occasioni ripetute di interazione sociale. Non è
comunque sufficiente l' incontro per avere la certezza della formazione di una relazione.
Gli individui tendono infatti principalmente ad instaurare rapporti con persone con cui
condividano le proprie idee. E' per questo che nelle comunità intenzionali è presente un
vicinato elettivo. Comunque anche in una situazione tradizionale, aumentare la possibilità
di contatto incrementa le probabilità che due persone “simili” possano conoscersi.
Dove son presenti, un' ottima via per provocare incontri casuali è la pianificazione delle
strutture comuni su costruzioni separate. Queste infatti fungono non solo da luogo di
incontro per le attività programmate (cene comunitarie, riunioni, etc.), ma anche da
catalizzatori per ogni altra piccola necessità. Ad esempio il fatto di concentrare la
corrispondenza di tutto il vicinato nella casa comune, garantisce una serie di incontri
casuali. Porre gli spazi comuni in corrispondenza dell'accesso al lotto, in modo che ciascun
abitante sia obbligato a passarci vicino, o addirittura attraverso per tornare a casa, aumenta
sensibilmente la possibilità di essere coinvolti nelle attività sociali. Analizzando i percorsi
che ciascun residente può fare per raggiungere un luogo, è possibile valutare quali tra gli
abitanti abbiano la maggior probabilità di incontrarsi. Ovviamente minore è la distanza tra i
residenti, maggiore saranno i percorsi che condividono e quindi la possibilità di incontrarsi
e conoscersi. Ciò è stato osservato da diversi ricercatori, che hanno dimostrato come a
92
5.2.Il progetto e l'interazione sociale
distanze minori corrispondesse un livello di conoscenza superiore.
Inoltre chi vive nei piani bassi ha maggiore possibilità di entrare in contatto con gli altri. In
alcune condizioni è stato stimato che chi abita al piano terreno ha il doppio degli amici nel
vicinato, rispetto a chi alloggia nei piani superiori. Ciò è dovuto anche al fatto che i
residenti dei piani inferiori fanno un maggior utilizzo delle strutture comuni e e degli spazi
esterni, poiché richiedono una minore fatica per essere raggiunti. Allo stesso modo le
possibilità di incontro sono superiori in caso di edifici adiacenti con accessi ad angolo
retto, rispetto ad entrate parallele tra di loro. La possibilità di incontro è influenzata anche
dai tipi di spostamento che si prediligono. Utilizzare l'automobile significa ridurre gli
spostamenti pedonali e quindi le possibilità di socializzazione.
Operando questa analisi ancora in fase progettuale, è possibile massimizzare le intersezioni
dei percorsi e quindi favorire la socialità.
93
Immagine 16: Spazio semiprivato ad Arcosanti, Arizona
Foto di Davide Vadalà
5.2.Il progetto e l'interazione sociale
E' bene inoltre prevedere una successione di spazi che vada da quello privato a quello
pubblico senza degli stacchi troppo netti, prevedendo quindi dei luoghi semiprivati, ad
esempio nel giardino al pian terreno, che fungano da buffer e permettano di incrementare i
contatti sociali ed il senso di appartenenza dello spazio pubblico. In questo modo è
possibile aumentare la cura dei luoghi e ridurre il vandalismo. Infatti i luoghi che non sono
sotto il controllo di nessuno sono più a rischio da questo punto di vista e creano un circolo
vizioso, poiché gli abitanti tenderanno a non utilizzare questi spazi, poiché poco sicuri.
Inoltre Jan Gehl nelle analisi svolte, ha rilevato come nelle abitazioni con giardino sul
fronte e sul retro, in caso di presenza dei uno spazio semiprivato sul fronte, questo veniva
utilizzato per il 68% del tempo passato all'esterno. In caso di recinzioni fisse, il tempo di
sosta all'esterno nel giardino frontale si riduceva solamente al 12%. Ciò dimostra come la
creazione di uno spazio semiprivato sia vantaggiosa anche per il propietario, nonostante sia
limitata la sua proprietà privata.
Un altro esempio di spazio semiprivato
è costituito dai ballatoi di distribuzione.
E' interessante vedere come in un
complesso difficile come il Corviale di
Roma, ci sia una tale cura nella
gestione del verde che spontaneamente
è stato messo dai residenti lungo i
ballatoi. Sebbene si tratti di uno spazio
pubblico, i residenti ne sentono
l'appartenenza e cercano di renderlo un
luogo familiare, a differenza degli spazi
comuni completamente sporchi ed
abbandonati.
Un altro aspetto fondamentale è il
contatto visuale: chi torna può vedere
se c'è qualcuno dentro lo spazio
comune e se ci sono attività in corso,
ed in caso decidere di fermarsi o di
94
Immagine 17: La cura del verde nei ballatoi del
Corviale a Roma
Foto di Davide Vadalà
5.2.Il progetto e l'interazione sociale
tornare. Allo stesso tempo chi è nella casa condivisa può scrutare i movimenti degli altri
residenti. C'è una forte relazione tra la possibilità di vedere lo svolgimento di una attività, e
la voglia di parteciparvi. Questo è evidente nei bambini, che dalla finestra possono
controllare chi ed a cosa sta giocando nelle aree esterne, od eventualmente decidere di
uscire sapendo di essere visto a sua volta ed attirare altri compagni.
Il collegamento visuale deve essere garantito col maggior numero di abitazioni possibili,
non solo per il controllo delle attività e delle persone, ma anche per la sicurezza. Le
famiglie con bambini in particolare, possono lasciar giocare indisturbati i loro bimbi, e
continuare a visionarli dalla propria abitazione. Inoltre la consapevolezza di esser
circondati da famiglie di cui ci si fida, e che a loro volta controllano i loro figli dalle
finestre, permette di allentare la guardia e di “suddividere” la necessità di sorveglianza. Per
questo motivo sarebbe bene predisporre il progetto in modo che gli ambienti più vissuti, in
particolare la cucina o il soggiorno, siano messi in contatto visivo con gli spazi comuni. In
questo modo i pargoli possono giocare mentre la mamma prepara indisturbata la cena.
Un altro spazio importante è la strada, che connette lo spazio privato con quello pubblico; è
qui che si infrange la nostra protezione. Se siamo sulla strada infatti i vicini possono vedere
cosa facciamo, cosa abbiamo comprato, se facciamo correttamente la differenziazione dei
rifiuti. Allo stesso tempo la strada è luogo di interazione sociale, e se ben progettata
contribuisce a creare un senso di sicurezza e tranquillità.
Vien da pensare all'abitudine dei paesi italiani di sedere sui balconi o davanti alle porte di
ingresso per poter osservare la vita esterna, e farsi vedere a propria volta.
Chi utilizza gli spazi esterni è consapevole che in caso di problemi ci sono molti
“osservatori” pronti ad aiutarlo. Questo è un notevole aiuto al senso di sicurezza,
soprattutto per le persone anziane. In Italia è presente un patrimonio che andrebbe studiato
e valorizzato. Stiamo parlando di tutti i piccoli centri e borghi sorti nell'arco dei secoli in
cui uno stile di vita solidale era la normalità. Ed è per questo che gli stessi architetti danesi
che si fecero promotori di nuovi modelli insediativi, come riferisce Marta Calzolaretti,
andarono a studiare architettonicamente e socialmente i paesi dell'alto Lazio, mentre noi
oggi preferiamo importare modelli insostenibili dall'estero perdendo le nostre tradizioni.
95
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
5.3. Rivitalizzazione dell' esistente
In Italia le nuove costruzioni nel settore residenziale ammontano annualmente a circa lo
0,99% rispetto al patrimonio esistente (Fonte: Agenzia del Territorio: Le nuove costruzioni
2007). Risulta quindi evidente come interventi sui nuovi edifici sebbene auspicabili non
possano influire considerevolmente sul risparmio energetico e sulla vita sociale.
E' bene quindi concentrare l'attenzione sulla riqualificazione di quanto già costruito.
Integrare negli insediamenti standard una qualsiasi forma di condivisione, non è cosa
semplice poiché la possibilità di modifica degli spazi è limitata. Nel capitolo 4.3 son già
state avanzate delle proposte per operare dei cambiamenti dal punto di vista sociale, senza
intaccare quindi le strutture. Andremo invece ad analizzare in questo paragrafo cosa
possiamo modificare a livello architettonico. Gli interventi da poter effettuare variano
notevolmente a seconda delle tipologie edilizie e delle densità urbanistiche. Ci riferiremo
quindi a delle indicazioni che vanno però ovviamente valutate approfonditamente in una
situazione reale.
Analizzando in particolare alcune delle situazioni più comuni e difficili all'interno delle
nostre periferie urbane: quello delle abitazioni multifamiliari che costituiscono circa il 30%
del patrimonio edilizio italiano (Fonte: Censimento Istat 2001).
5.3.1. Atrio d'accesso
Il primo locale da riutilizzare è l'atrio di accesso, spesso costituito da un ampio spazio
completamente scarno. Questo è il luogo dove tutti devono passare per accedere alla
propria abitazione ed è quindi il posto ottimale per favorire la socializzazione dei residenti.
L'obiettivo è quello di trasformare questo ambiente da luogo di transito a spazio di sosta ed
attività.
Quando entriamo nel nostro palazzo dobbiamo immaginare di accedere ad un grande
salotto comune, più che ad un vuoto contenitore. Bisogna quindi pensare ad un
arredamento adeguato con divani per la sosta, piante che rivitalizzino l'ambiente, quadri
che rendano il tutto più familiare, in modo da evitare l'effetto “sala di attesa di aeroporto”.
Dopodiché bisogna “arredare” l'atrio anche con delle attività. Dobbiamo creare dei motivi
96
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
per la sosta, altrimenti continuerà a rimanere semplicemente un ambiente di passaggio,
seppur più piacevole. Una strategia molto semplice ad esempio potrebbe essere quella di
acquistare collettivamente dei quotidiani e delle riviste, che possono essere letti qui
giornalmente. Basta che uno dei residenti decida di fermarsi a leggere, per permettere degli
incontri casuali con chi passerà successivamente. Potrebbe essere creata una piccola
biblioteca comune, o una videoteca con una TV condivisa, o pensare a degli spazi sicuri
per i più piccoli, con giochi e cuscini,ed in grado di coinvolgere anche i più grandi nella
socializzazione. O ancora uno spazio con dei tavoli che possa essere utilizzato ad esempio
dai ragazzi per fare i compiti tutti insieme, favorendo tra l'altro il loro aiuto reciproco ed il
piacere di studiare, e che nelle ore serali possa essere riconvertito ad un utilizzo conviviale.
La tipologia di attività da instaurare sarebbe lasciata alla scelta dei residenti in base ai
propri interessi.
Al di là della destinazione funzionale da assegnare a questo spazio, vanno sottolineati
alcuni problemi che potrebbero sorgere nella progettazione. Il primo è quello di creare un
ambiente confortevole sotto tutti i punti di vista. In inverno bisogna quindi impedire al
vento freddo di entrare ad ogni accesso degli abitanti, prevedendo la creazione di una
schermatura o di una bussola. Deve essere garantito anche il benessere visivo. Spesso gli
atrii di ingresso sono ambienti recessi con poca illuminazione. Bisogna quindi pensare ad
interventi in grado di permettere il più possibile lo sfruttamento dell'illuminazione naturale,
integrata con quella artificiale per le ore più buie. Una soluzione potrebbe essere costituita
dai “tubi di luce”.
Un altro aspetto da considerare è il possibile rumore generato dalle nuove attività, che
potrebbe infastidire gli inquilini che non partecipano, in particolare quelli al piano terreno.
Bisogna quindi pensare ad interventi acustici con elementi fonoassorbenti che limitino il
riverbero e la propagazione del suono su tutto il vano scale, ed insonorizzazione per non
infastidire le abitazioni adiacenti all'atrio.
Si potrebbe pensare inizialmente di prevedere attività più soft con orari limitati , in modo
da far abituare gli utenti alla gestione degli spazi comuni, ed estendere in seguito l'orario in
caso di successo dell'iniziativa, con l'eventuale integrazione di attività più rumorose.
97
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
5.3.2. La copertura
Un altro spazio quasi sempre disponibile è la copertura, spesso costituita da un tetto piano
calpestabile. Se non è presente nell'edificio principale, si trovano spesso in adiacenza
edifici più bassi destinati a garages o cantine, la cui copertura può essere utilizzata, o
possono essere disponibili dei grandi terrazzi.
Le coperture si prestano ottimamente alla realizzazione di spazi comuni, con l'unico
svantaggio di non essere un passaggio obbligato. Il suo utilizzo presuppone quindi una
volontà da parte dell'utente di usufruirne, riducendo considerevolmente la possibilità di
incontri casuali. Inoltre potrebbe essere di difficile accesso ad alcuni utenti in assenza di un
ascensore.
Il primo intervento da operare è di natura impiantistica. Spesso infatti le terrazze sono
occupate da decine di antenne televisive disordinate. Si potrebbe quindi sfruttare
98
Immagine 18: Anche un ambiente cupo come la copertura della Chicago City Hall può
diventare piacevole
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
l'occasione per centralizzare il sistema a tutto vantaggio della manutenzione e dell'estetica.
Il tetto può essere utilizzato per la realizzazione di una copertura verde intensiva od
estensiva. Ciò permette di coniugare l'esigenza della creazione di nuovi spazi comuni
utilizzabili, permettendo contemporaneamente vantaggi microclimatici ed ambientali. Il
verde sarebbe però reso usufruibile ed arredato con pedane, sedute, tavoli e quanto altro
necessario. In questo modo sarebbe possibile creare un luogo ameno dove poter andare a
rilassarsi, a leggere, a conversare, a giocare con i bimbi o a prendere il sole nei mesi caldi.
Vista inoltre la difficoltà in ambiente condominiale di creare delle cucine e sale da pranzo
comuni, potrebbe essere utilizzato per organizzare dei barbecue collettivi in sostituzione
delle cene comunitarie. Potrebbe essere inoltre prevista la possibilità di realizzare un orto
dove poter crescere le proprie verdure ed ortaggi biologici, in combinazione con una
eventuale serra per l'inverno.
A volte inoltre in copertura si trovano dei locali tecnici non più utilizzati, o vecchie
99
Immagine 19: Coltivazione di erbe aromatiche in copertura.
Foto di Pbev - Flickr
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
lavanderie per il lavaggio a mano degli indumenti. Le stesse potrebbero essere aggiornate
per alloggiare delle lavatrici comuni se è presente un ascensore. Oppure gli spazi interni in
copertura potrebbero essere riconvertiti in sale multifunzionali, dove prevedere le attività
più rumorose senza il pericolo di disturbare gli altri inquilini e dove rifugiarsi all'ombra
nelle ore estive troppo calde.
5.3.3. Locali interrati
Anche gli interrati o locali tecnici possono essere riconvertiti. E' facile trovare delle cantine
o delle autorimesse in ogni condominio. Poiché sono spesso ambienti con scarsa
illuminazione ed areazione, se c'è disponibilità di altri spazi, è possibile prevedere
sottoterra attività che non necessitino di luce..All'interno di un condominio risulta essere
molto utile la creazione di un deposito comune dove poter riporre gli oggetti e
l'arredamento non più utilizzati, e che possono però gratuitamente tornare utili agli altri
coinquilini. Potrebbero inoltre essere previste delle giornate di scambio e condivisione
dell'usato tra vari condomini, in modo da riutilizzare la merce in giacenza da molto tempo.
Ciò permettere di liberare spazio all'interno degli appartamenti ed evita di dover gettare
oggetti ancora buoni ma non più utilizzati dal proprietario. Se non si vuole dedicare uno
spazio fisso a questa attività, è possibile pensare ad uno spazio per un riciclo veloce. Gli
oggetti verrebbero lasciati a disposizione di chi ne necessita per alcuni giorni, ed a fine
settimana ciò che non è stato preso da nessuno verrebbe donato a mercatini di beneficenza
o a venditori, in modo da limitare lo spazio necessario allo stoccaggio e non renderne
possibile l'accumulo.
Questo significa anche un considerevole risparmio di risorse ed energia: non c'è necessità
di produrre nuovi beni che il nostro vicino dovrà acquistare; non dovremo smaltire il nostro
prodotto in discarica, risparmieremo le risorse che sarebbero state destinate alla
costruzione del nuovo oggetto. La regola delle 3R “Riduci Riusa Ri-cicla” (Reduce Reuse
Recycle) diventa uno dei punti base del nuovo stile di vita.
Altre attività idonee agli interrati sono senza dubbio la lavanderia e la stireria che
terrebbero così lontani anche i rumori, oltre alle piccole funzioni quotidiane quali il
riciclaggio.
100
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
Qualora siano già presenti altri spazi utilizzati per alloggiare le funzioni principali, si
possono prevedere qui attività di intrattenimento, come una palestra o una sala cinema.
Infine anche uno spazio per gli ospiti, magari convertibile in altro uso quando non
necessario, può essere progettato in questi spazi.
In assenza di altri locali disponibili è ovviamente plausibile situare qui le funzioni
principali di socializzazione, facendo in modo di creare un ambiente piacevole nonostante
la posizione sfavorevole, altrimenti nessuno si sentirebbe attirato ad usufruirne. In questo
caso data l'assenza di collegamento visivo e fisico, è bene prevedere la realizzazione di un
sistema di comunicazione per la pubblicizzazione di eventi organizzati, quali una bacheca
nell'atrio di accesso, e di eventuali segnali per comunicarne l'utilizzo casuale.
Altri locali per cui valgono considerazioni simili sono le sale per le riunioni condominiali,
non sempre previste, o in altri casi è già affittate o dedicato ad altre attività. Solitamente il
locale è situato in una posizione facilmente accessibile da tutti e può trovarsi nell'interrato,
nel piano terreno o su di un edificio separato.
A seconda dell'ubicazione, della dimensione e degli altri spazi disponibili, può essere
riadattato a diverse funzioni. Se si trova in una posizione particolarmente favorevole è
possibile pensare di mettere qui la sala principale di socializzazione con la cucina comune
o una sala giochi per i bambini o una sala multifunzionale. Ad ogni modo ogni possibilità è
aperta e starà ai residenti stabilirne l'utilizzo. Per una panoramica delle possibili funzioni
da prevedervi all'interno consultare il capitolo 1.3. Ambienti da condividere.
5.3.4. Negozi
Una ulteriore possibilità è offerta dall'utilizzo di locali posti al piano terreno e prima adibiti
ad attività commerciali o garages. Qualora questi siano sfitti, possono essere presi in
gestione dagli inquilini, con costi contenuti sulla singola famiglia e riutilizzati per creare
degli spazi comuni.
Questi hanno delle enormi potenzialità. Infatti si trovano spesso al livello del terreno,
permettendone l'utilizzo da parte di tutti i residenti. Essendo in prossimità dell'accesso
inoltre costituiscono un punto di passaggio quasi obbligato, favorendo così gli incontri
casuali ripetuti. Qualora il locale sia adiacente al condominio stesso, è possibile prevedere
101
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
di realizzare un collegamento interno che renda lo spazio accessibile sia dal vano scale che
dall'esterno.
La sua posizione in prossimità della strada, costituisce una ulteriore potenzialità poiché è
possibile il coinvolgimento nelle attività anche di persone esterne all'edificio stesso.
Pensando ad un aumento dell'economia interna, provocato dall'incremento della socialità, a
discapito del commercio tradizionale, è possibile pensare alla riduzione della richiesta di
spazi per i negozi, che coinciderebbe con l'aumento della domanda di spazi sociali.
5.3.5. Spazi Esterni
Come abbiamo visto precedentemente spesso in situazioni preesistenti gli spazi disponibili
internamente sono molto limitati. E' possibile quindi concentrarsi sulla rielaborazione degli
spazi esterni, che spesso sono costituiti da accessi senza alcun carattere e senza altra
funzione se non appunto quella di ingresso. Una situazione abbastanza comune è quella di
condomini costituiti da più edifici, con entrate comuni tra gli stessi. Già solo intervenendo
su questi spazi, rendendoli più piacevoli, familiari ed interessanti, è possibile
incrementarne l'utilizzabilità. Non devono esser pensati solamente come superfici di
passaggio, ma il forte movimento di umanità che è presente su queste zone deve essere
valorizzato per incentivare la socializzazione ed il benessere. La pianificazione degli spazi
esterni è fondamentale, soprattutto in quei casi in cui le possibilità all'interno sono
estremamente limitate. Attualmente gli individui trascorrono il 90% del loro tempo
all'interno di spazi chiusi. E' fondamentale quindi incrementare l'offerta di spazi aperti
vivibili per proporre una valida alternativa agli spazi chiusi.Come dice Gehl “la vita ha
luogo a piedi”.
All'esterno possiamo pensare di realizzare degli spazi per la sosta, delle aree gioco per i
bambini, dei parcheggi per le biciclette. E' anche possibile pensare a realizzare degli orti
urbani. In questo modo è possibile autoprodurre parte del cibo necessario, e riutilizzare
direttamente il compost prodotto dai rifiuti. Molte città hanno già avviato programmi in
questo senso, carpendone le grandi potenzialità. A Cuba le necessità giunte col “Periodo
speciale” hanno portato a sfruttare ogni lembo di terra libero in ambito urbano come spazio
agricolo. Oggi il 50% del fabbisogno della capitale l'Havana (2 400 000 abitanti, quasi
102
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
quanto Roma) è soddisfatto dagli orti urbani, mentre la percentuale arriva all'80% nelle
piccole città. Inoltre la quasi totalità del coltivato è stato riconvertito in agricoltura
biologica. Questo permette di eliminare le necessità di trasporto del cibo, incrementa il
commercio locale e consente di avere cibo sempre fresco. In un condominio sicuramente
l'obiettivo non può essere quello dell'autosufficienza alimentare, ma ad esempio gli ortaggi
cresciuti nel giardino potrebbero essere consumati in compagnia durante le cene comuni.
Grazie agli studi portati avanti dalla psicologia ambientale ed alle osservazioni svolte sul
campo è stata individuata una relazione tra il comportamento degli abitanti e la
progettazione degli esterni.
Lo stesso Gehl distingue tre tipi di spazi destinati ad altrettante funzioni: attività
necessarie, attività opzionali ed attività sociali. Ciascuna di queste esperienze necessita di
diverse strutture fisiche per esprimersi al meglio.
All'interno delle attività sociali sono considerate le interazioni tra le persone quali parlare,
103
Immagine 20: Orti comunali per anziani a Bolzano
Foto di Davide Vadalà
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
salutarsi e giocare. Per poter svolgere queste azioni gli spazi devono essere posizionati
opportunamente centrali ed in corrispondenza di vie di passaggio, essere facilmente
accessibili, e non avere evidenti ostacoli visuali.
E' stato osservato come la possibilità di interazione sociale sia incrementata dalla presenza
di arredo urbano e spazi verdi, e come la presenza di oggetti d'arte o fontane può facilitare
il contatto tra estranei. Per favorire l'interazione sociale non serve progettare spazi ampi ed
aperti. E' più efficace pensare a spazi contenuti e familiari. I punti in cui ricorre il maggior
numero di contatti sono quelli di distribuzione e di accesso, poiché costituiscono un
passaggio obbligato. Nonostante ciò, percentualmente il numero di interazioni che qui sono
state notate è il più basso in assoluto. Questo ci fa capire il grande potenziale non
completamente sviluppato che hanno gli spazi di distribuzione per la socialità. E' per
questo motivo che non ci si dovrebbe limitare a progettare dei viali di passaggio ma
prevedere degli opportuni slarghi, arredamento e verde, in modo da permettere alle
persone che si incontrano di fermarsi a
parlare, ed in modo da creare un motivo di
discussione, ad esempio commentando la
bellezza, o anche la bruttezza perché no, di
una scultura. Un ambiente spoglio ed
impersonale non invita nessuno alla sosta e
non stimola i giudizi delle persone.
Qualora vengano previsti degli spazi di
sosta, bisogna prestare attenzione anche alla
loro tipologia. E' stato evidenziato come
progettare una seduta convessa, impedisca a
chi si siede di entrare in contatto, poiché
focalizza su direzioni differenti. Una seduta
concava al contrario, favorisce la
comunicazione, poiché chi ne usufruisce è
in grado di guardare in faccia le altre
persone. Inoltre una seduta convessa può
risultare più scomoda di una concava.
104
Immagine 21: Parc Guell, Barcelona: le
persone tendono spontaneamente a
preferire la parte concava delle sedute
Foto di Davide Vadalà
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
Spesso anche i bambini costituiscono un motivo di possibile interazione. E' per questo che
nella definizione di aree di gioco, non solo bisogna pensare alle attrezzature per il
divertimento, ma bisogna valutare attentamente anche la disposizione degli spazi destinati
ai loro supervisori per favorirne l'interazione. Simili considerazioni possono essere
effettuate anche per gli spazi dedicati agli animali.
Per invogliare gli utenti ad usufruire degli spazi esterni è necessario garantire anche un
benessere fisico in rapporto al microclima esterno. Così in un clima piovoso è
fondamentale creare delle zone coperte o degli aggetti, in modo da permettere il contatto
sociale anche durante i periodi meno clementi. Allo stesso modo in un clima
particolarmente caldo è bene creare degli spazi ombreggiati e ventilati dove ristorarsi, e in
un clima ventoso porre delle barriere naturali a protezione dei venti dominanti.
5.3.6. Corte interna
In alcune zone d'Italia in particolare, sono molto diffusi edifici a corte centrale. Questa è
solitamente collegata all'accesso esterno e direttamente in comunicazione con la stessa si
possono trovare le scale di entrata all'edificio. E' spesso costituita da un ambiente
pavimentato e vuoto, solitamente utilizzato come passaggio.
Pensando ad una sua riconversione, una delle attività principali da poter prevedere qui, è
uno spazio giochi per bambini. Infatti la corte ha il vantaggio di consentire il collegamento
visuale con gli appartamenti, permettendo ai genitori di vigilare pur rimanendo nelle
proprie abitazioni. Devono comunque essere previsti degli spazi di sosta per gli adulti per
permettere di socializzare ai supervisori dei bimbi più piccoli, e per consentirne lo
sfruttamento anche ai ragazzi più grandi. La riqualificazione può essere realizzata in
concomitanza con interventi che migliorino il benessere microclimatico e percettivo, quali
l'inverdimento e la piantumazione di alberi.
Ambientalmente è comunque uno spazio privilegiato, poiché protegge dal sole in estate e
dai venti freddi in inverno. E' inoltre un luogo sicuro dalle insidie e dalle automobili. Uno
dei problemi principali può essere costituito dall'aumento del rumore provocato dai giochi
dei bimbi.
105
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
5.3.7. Costruzione di nuovi spazi
Al di là della possibilità di riutilizzare le strutture esistenti, in alcuni casi può essere
valutata la possibilità di realizzare delle volumetrie di nuova costruzione per alloggiare le
strutture comuni. In alcuni regolamenti edilizi ad esempio le parti comuni così come le
serre, non vengono considerati come cubatura urbanistica, permettendone quindi la
realizzazione senza molti problemi burocratici.
Inoltre c'è anche la possibilità di prevedere una sopraelevazione, qualora i regolamenti e la
resistenza statica della struttura lo permettano, o la costruzione di nuovi volumi al piano
terreno.
L'attuale governo in carica sta varando una nuova legge che consente l'aumento di cubatura
degli edifici. L'autore si ritiene scettico verso questa misura poiché presuppone una
richiesta di nuove costruzioni spesso non verificata nella realtà, o l'ingrandimento delle
singole abitazioni, contro cui si focalizza la trattazione di questa tesi.
Si rischia inoltre di sovraccaricare le urbanizzazioni spesso già sottodimensionate rispetto
al carico edilizio attuale, di possibili nuovi abitanti che si verrebbero ad aggiungere.
Visto da un punto di vista di condivisione di strutture, questa misura potrebbe permettere la
realizzazione di nuovi spazi condominiali, magari associati a locali da affittare per poter
rientrare a lungo termine dell'investimento fatto.
C'è da sottolineare che questa ipotesi va prese in considerazione solo in caso di assenza di
altri spazi. E' essenziale infatti prima sfruttare i locali disponibili. Inoltre costruire nuova
cubatura è un processo difficile per i costi che comporta, la necessità di mettere tutti
d'accordo, il disagio di vivere con un cantiere sulla testa.
5.3.8. Uno sguardo alla scala urbanistica
Fino ad adesso nella nostra analisi abbiamo ipotizzato di intervenire solamente a livello del
singolo condominio.
106
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
Pensando invece a degli
interventi più generalizzati con
maggiore libertà di modifica, le
possibilità si moltiplicano, e
l'assenza locale di strutture
idonee per socializzare può
essere compensata nelle
immediate vicinanze. Può
inoltre risultare fondamentale in
situazioni di preesistenza la
creazione di diversi poli di
attrazione. La difficoltà di creare
delle comunità con una visione comune all'interno dello stesso edificio, quando queste
ormai vivono vicine da molti anni, può essere superata creando dei gruppi affini che non
debbano obbligatoriamente vivere nello stesso condominio. Aumentando l'offerta
disponibile e differenziandola è più semplice che i residenti riescano a ritrovarsi all'interno
di una delle soluzioni proposte. Questa è una soluzione già sperimentata nei progetti di
coabitazione olandesi, dove i residenti possono unirsi ad uno dei clusters vicini, a cui si
sentono più simili come interessi ed attività, ed eventualmente anche partecipare alla vita
di più vicinati. Una possibilità di miglioramento dell'abitato è costituita dalla creazione di
uno spazio continuo a livello del terreno: il primo passo da fare è quello di eliminare le
recinzioni. Per favorire il contatto e rendere disponibili le più grandi superfici al maggior
numero di persone, è possibile infatti limitare la proprietà privata al piano terreno. Con
eliminazione delle recinzioni (viene da pensare ad un processo inverso alle enclosures
inglesi) si intende il collegamento di più condomini adiacenti e l'eliminazione di giardini e
cortili privati all'interno dello stesso condominio. Questa può sembrare una misura
particolarmente drastica, e difficilmente accettabile dai proprietari qualora non fosse una
scelta spontanea, ma con la creazione di una successione di spazi degradanti dal privato al
pubblico, e quindi l'interposizione di ambienti semi-privati, si creerebbe una fascia di
rispetto che consentirebbe comunque ai residenti ai piani inferiori di avere la loro privacy,
di sentire l'appartenenza dello spazio di fronte alla propria abitazione, di poterlo continuare
107
Immagine 22: Spazi semiprivati allo Yulupa Cohousing
a Santa Rosa, California
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
ad utilizzare liberamente, ed allo stesso tempo di aumentare le loro possibilità di
socializzazione con i residenti. Inoltre loro stessi godrebbero di questa modifica, poiché
potrebbero utilizzare tutto lo spazio al piano terreno e non solamente la loro porzione
privata. Questa “deprivatizzazione” dovrebbe essere sfruttata per ridurre la
cementificazione e l'impermeabilità delle superfici, con la possibilità di creare spazi verdi
attraversati dai percorsi necessari, grazie alle maggiori superfici disponibili.
Nelle periferie molto dense ci si trova spesso in condizioni di edifici completamente
circondati su tutti i lati da strade carrabili. Sebbene possa sembrare una situazione critica, è
questa un'occasione per sancire la proprietà delle superfici da parte dell'uomo. Un altro
step da considerare sarebbe quindi quello di riportare la progettazione a scala umana e non
a scala di macchina e ridurre fortemente le superfici dedicate all'uso esclusivo delle
automobili.
Uscire di casa ed entrare subito in automobile per raggiungere qualsiasi meta, riduce
notevolmente le possibilità di socializzazione. L'introduzione della macchina fece in modo
che le città non fossero più progettate sulla base delle esigenze umane, ma di quelle
meccaniche. Ciò comportò l'introduzione di inquinamento, rumore, e pericolo per i
pedoni, disagi che ormai diamo quasi come effetti collaterali inevitabili del vivere in città.
Ma non è così. Vivere in un ambiente urbano non significa dover sottostare a simili
compromessi. Un'altra via è possibile se solo lo vogliamo, se solo facessimo un serio
bilancio del costo reale dell'automobile, includendo anche le voci nascoste. L'inquinamento
causa malattie che paghiamo con le nostre tasse per finanziare gli ospedali. Deteriora le
nostre abitazioni ed i monumenti, che dobbiamo pulire e restaurare. Le automobili creano
incidenti, che creano morti, funerali e tristezza. Creano feriti che ancora una volta
dobbiamo assistere negli ospedali. L'inquinamento crea danni all'ambiente, che poi
cerchiamo di tutelare. Le automobili hanno bisogno di strade, infrastrutture, parcheggi,
rifornimenti che hanno bisogno di spazi, manutenzione e soldi. Le automobili si rompono,
ed allora paghiamo per ripararle. Lavoriamo per mantenere la macchina. La socialità è
inversamente proporzionale al flusso di automobili. Ma la nostra società è basata sull'uso
dell'automobile.
Siamo ancora sicuri che un'automobile costi “solo” alcune migliaia di euro? O forse ci
costa molto di più sia in termini economici che di qualità di vita? Il mito di poter
108
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
raggiungere velocemente qualsiasi posto si è infranto. I dati dimostrano chiaramente che in
ambiente urbano l'automobile è uno dei mezzi più lenti. Fino a 10 km di distanza è più
efficiente la bicicletta. Per distanze minori facciamo prima addirittura a piedi. Per distanze
maggiori ci sono i trasporti su ferro. Sembra un concetto scontato, ma continuiamo ad
ignorarlo.
Andando a Venezia per la prima volta provavo un fascino misterioso. Era la diversità di
questa città, era la sua decadenza, era l'acqua che la circondava. Ma c'era qualcosa di più
che non mi spiegavo. Solo dopo diverso tempo compresi che ciò che tanto mi aveva
spiazzato era l'assenza delle automobili. Il poter camminare liberamente senza dover mai
attraversare una strada. Il guardare dai ponti le vie di comunicazione senza mai incrociarle.
Il primo passo da fare per limitare l'utilizzo dell'automobile è quello di fornire un servizio
pubblico estremamente efficiente e capillare, in modo da non limitare la capacità di
spostamento degli individui. Si dovrebbe in seguito studiare un sistema di accessi che
permetta a tutti gli abitanti di arrivare facilmente alla propria abitazione nonostante la forte
riduzione di superfici carrabili. Si verrebbero così a creare dei nuovi complessi di edifici,
accomunati da uno spazio continuo al piano terra restituito all'uso pubblico. Questo
109
Immagine 23: Analisi dei percorsi tra vicini di casa in
condizioni di traffico limitato (sopra) ed elevato (sotto)
Fonte: Dan Chiras e Dave Wann
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
permetterebbe la creazione di una serie di clusters ciascuno col proprio spazio
semipubblico e completamente pedonalizzato all'interno, per le cui considerazioni sociali si
rimanda a quanto già detto.
In Olanda un sistema di limitazione al traffico è sperimentato da tempo, ed è stato adottato
diffusamente anche da Belgio, Canada, Germania e Gran Bretagna. E' conosciuto come
Woonerf ed è un sistema in cui la strada è destinata a ciclisti, pedoni e aree gioco per
bambini. Le automobili possono transitare ma solamente a velocità estremamente ridotte
poiché non ci sono marciapiedi e condividono la carreggiata con gli altri utenti. Sono
inoltre presenti alberi, cambiamenti di pavimentazione ed altri arredi che obbligano le
automobili ad un percorso articolato per poter procedere.
In prospettiva futura augurando un drastico cambiamento delle abitudini di spostamento si
potrebbe pensare di sfruttare non solo le strade chiuse al traffico, ma anche le superfici
attualmente destinate a parcheggi, garages, officine, stazioni di servizio etc. con possibilità
110
Immagine 24: Un “Woonerf” a Lana, Bolzano
Foto di Davide Vadalà
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
quindi di realizzare nuovi spazi comuni al loro posto. Paolo Soleri valutava in circa il 70%
la superficie dedicata all'utilizzo delle automobili! Questo fa capire quali siano le
potenzialità di una riduzione dello spostamento su gomma privata.
111
Immagine 25: Spazio richiesto per trasportare lo stesso numero di passeggeri in auto, bus
e bicicletta
Foto dell'ufficio stampa della città di Munster
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
Bibliografia Capitolo 5Chiras D, Wann D., Superbia! 31 Ways to Create Sustainable Neighborhoods,Gabriola
Island, New Society Publishers, 2003Coccia F., La casa & il luogo, Roma, Edizioni Kappa, 1997Dumreicher H., Kolb B., Place as a social space: Fields of encounter relating to the local
sustainability process, Journal of environmental management, 2006Ecoabitare, Cohousing sostenibile una scelta lungimiranteHoward E., Garden cities of To-morrow, London, S. Sonnenschein & Co., Ltd, 1902.Huang S. C. L., A study of outdoor interactional spaces in high-rise housing, Landscape
and urban planning, vol. 78, 2006Lietaert M., Cohousing e condomini solidali, Firenze, Aam Terra Nuova, 2007Lynch K., The image of the city, Cambridge, The MIT Press , 1960 McCamant K., Durret C., Cohousing a contemporary approach to housing ourselves,
Berkley, Ten Speed Press, 1994.Meltzer G., Sustainable Community – Learning from the cohousing model, Victoria,
Trafford, 2005Soleri P., Arcosanti, an urban laboratory?, Phoenix, The Cosanti Press, 1993Van der Ryn S., Calthorpe P., Sustainable Communities: A new design Synthesis for
Cities, Suburbs and Town, New catalyst books, 2008Walters D., Designing Community – Charettes, Masterplans and form-based Codes,
Oxford, Architetcural Press, 2007
http://design.uoregon.edu/studio/rrcoho/cases/Cohousing%20and%20the
%20Community.pdf, Brent, Erin, Kristen, Cohousing and the Greater Community: A look
at how intentional communities interact with their neighborhood http://www.cein.ca/nua/ip/ip02.htm, Grammenos F., Tasker-Brown J., Residential Street
Pattern Design for Healthy Liveable Communitieshttp://www.cohousing.ithttp://www.cohousing.orghttp://www.wikipedia.org
112
5.3.Rivitalizzazione dell' esistente
Ecoabitare, Incontro tenuto a Roma, 28 Febbraio 2009Mortara L. Convegno presso la fiera “Fa la cosa giusta” a Milano, 15 Marzo 2009Lumsa, Ecoabitare, Cohousing sostenibile: una giornata di studi, Convegno tenuto a
Roma, 18 Aprile 2009
113
6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
6. Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
La seguente sezione intende essere una sintesi pratica a quanto esposto in modo più
discorsivo nei capitoli precedenti. E' organizzata in una serie di schede indicanti le
potenzialità offerte dalle strutture esistenti, possibili strategie di modifica ed i benefici da
esse derivanti.
115
6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
1 Interazione SocialeObiettiviOttenere una migliore qualità della vita ed un risparmio energetico attraverso la
maggiore interazione sociale del vicinato.
PrerequisitiVolontà dei residenti al cambiamento
StrategieOrganizzazione di eventi che favoriscano la conoscenzaRicorso all'utilizzo di una persona esterna qualificata (animatore di condominio)Partecipazione dei residenti alla progettazione degli spazi comuniPartecipazione alla gestione delle struttureCreazione di gruppi di interessiMetodo decisionale condivisoCreazione di bacheche o bollettini elettronici BeneficiSenso di appartenenza al luogo ed alle strutture incrementatoSicurezza socialeRiduzione di costi e consumi
RischiIn assenza di una partecipazione attiva, le strutture comuni resterebbero sottoutilizzate,
costituendo un onere aggiuntivo per le famiglie, ed andando a divenire velocemente un
elemento di degrado ed instabilità del vicinato.
116
6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
2 Atrio d'accessoPotenzialitàCostituisce il luogo dove tutti devono passare per poter accedere alla propria
abitazione. Trasformandolo da uno spazio di passaggio, ad un luogo di sosta ed
interazione sociale è possibile generare una serie di comportamenti spontanei di
condivisione e riduzione dei consumi.
StrategieRendere lo spazio piacevole in modo che venga voglia di passarci del tempoPrevedere delle attività che invitino alla sosta, come la lettura di quotidianiPensare ad un uso differenziato nelle varie fasce giornaliere, per massimizzare i
beneficiPer abituare i residenti alla gestione dello spazio comune, prevedere inizialmente delle
attività soft in orari limitatiRenderlo uno spazio sicuroPrevedere appositi accorgimenti per il benessere ambientale di chi chi lo utilizza e non:
insonorizzazione, illuminazione naturale, riscaldamento e protezione dalle intemperie. BeneficiMaggiore socializzazione tra gli inquilini e scambio di aiuto ed abilitàDiminuzione delle liti ed aumento del senso di sicurezzaRiduzione dei consumi
RischiParticolare attenzione va posta alla progettazione del benessere ambientale per
favorirne l'uso e per evitare le lamentele dei residenti non interessati all'utilizzo.
Bisogna lasciare ordinato e pulito e non costituire ostacolo alla funzione primaria che è
quella dell'accesso.
117
6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
3 CoperturaPotenzialitàCostituisce una grande superficie quasi sempre presente ed utilizzabile nei condomini,
e diventa il punto di socializzazione principale in assenza di cortili e spazi interni.
StrategieCreazione di un terrazzo usufruibile in un ambiente piacevoleRealizzazione di una copertura verde intensiva od estensivaRealizzazione di un orto per la coltivazione di verdure biologiche Riconversione dei locali tecnici in copertura, nella lavanderia comune o per attività
sociali Prevedere accorgimenti per renderlo utilizzabile durante tutto l'anno Installazione di zone pic-nic con barbecue in sostituzione delle cene comuni
BeneficiCoinvolgimento dei residenti nella manutenzione del verdeVantaggi microclimatici ed ambientali Benessere psicologico e visivoPossibilità di usufruire di servizi aggiuntivi
RischiNon costituiscono un passaggio obbligato ma presuppongono una volontà di
partecipazione, limitando la possibilità di incontri casuali.
Possibile esclusione degli individui anziani e diversamente abili, data la posizione
svantaggiata.
118
6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
4 Locali InterratiPotenzialitàSono spazi con una grande flessibilità che possono ospitare indifferentemente attività
sociali o servizi aggiuntivi
StrategieRealizzazione di spazi sociali quali una zona conviviale con cucina comuneRealizzazione di una camera per gli ospitiLocalizzazione di servizi necessari quali lavanderia o riciclaggioLocalizzazione di servizi aggiuntivi quali palestra, magazzino del riuso, sala cinema o
spazio hobbyRealizzazione di interventi tesi a migliorare il comfort ambientale ed a ridurre
l'umidità
BeneficiPossibilità di usufruire di uno spazio comune anche in casi di carenza spazialeMaggiore socializzazione tra gli inquilini Riduzione dei consumiPossibilità di usufruire di servizi aggiuntivi RischiLa cattiva progettazione dell'illuminazione naturale presuppone un utilizzo
dell'illuminazione artificiale anche durante il giorno. Sono generalmente spazi non
pensati per un utilizzo e quindi umidi e privi di riscaldamento. Se non corrisponde una
parallela riduzione delle necessità di spazio per deposito o parcheggio, bisogna trovare
altra destinazione alle stesse od orientarsi sull'utilizzo di altri spazi. Data l'assenza di
collegamento visuale se non si prevede un sistema di comunicazione efficace, la
partecipazione alle attività sarebbe limitata.
119
6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
5 Negozi ed altri localiPotenzialitàI negozi, garages o altri locali al piano terreno si trovano spesso in prossimità
dell'accesso, e quindi estremamente favorevoli per un incontro volontario o casuale.
E' presente un proficuo contatto visuale che permette agli inquilini di stabilire se si
stiano svolgendo attività internamente e poter decidere di parteciparvi. La posizione a
ridosso della strada permette di ipotizzare un'apertura anche verso gli utenti esterni.Sono inoltre in una posizione ideale e facilmente accessibili da tutte le categorie di
individui.
StrategieRendere lo spazio piacevole in modo che venga voglia di passarci del tempoPrevedere delle attività che invitino alla sosta, come la lettura di quotidianiPensare ad un uso differenziato nelle varie fasce giornaliere, per massimizzare i
beneficiRealizzazione di spazi sociali quali una zona conviviale con cucina comuneApertura di un collegamento con l'interno dell'edificioCoinvolgimento di utenti esterni
BeneficiMaggiore socializzazione tra gli inquilini Esportazione all'esterno dello stile di vitaRiduzione dei consumi RischiDifficoltà di reperire i fondi dei costi aggiuntivi per l'affitto o l'acquisto. Deve essere
prevista una attenta organizzazione per la gestione e le pulizie, anche da parte degli
degli eventuali utenti esterni, per favorirne il senso di appartenenza.
120
6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
6 Spazi EsterniPotenzialitàSono uno dei principali luoghi di incontro, non solamente all'interno dello stesso
edificio, ma anche tra più abitazioni con ingresso in comune. Spesso sono costituiti da
una grande superficie pavimentata o inerbita, con nessuna altra funzione se non quella
di passaggio. A seconda della posizione può essere presente un contatto visuale con le
abitazioni.
StrategieRiconversione delle zone di accesso comuni in spazi usufruibiliLimitazione delle zone private al piano terrenoCreazione di filtri semiprivatiProgettazione di spazi gioco per bambiniRealizzazione di orti urbaniAree di parcheggio per le bicicletteAttenta progettazione degli aspetti psicologiciProgettazione del benessere microclimatico
BeneficiMaggiore interazione dei residentiPossibilità di prevedere attività idonee ad ogni classe di etàPossibilità di mangiare cibo prodotto localmenteRiduzione dei consumiBenessere psicologico e visivo RischiL'incremento delle attività svolte esternamente potrebbero generare un maggiore
disagio acustico per chi non vi partecipa. E' possibile prevedere la limitazione di
alcune attività in determinati orari.
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6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
7 Corte InternaPotenzialitàE' uno spazio protetto dall'esterno e dalle variazioni climatiche estreme: sole e vento.
E' in contatto visuale con molte abitazioni, e consente la supervisione costante sullo
spazio. E' di facile accesso ed utilizzo da parte di tutti, e se situato in concomitanza
dell'accesso consente un'elevata quantità di incontri casuali.
StrategieProgettazione di spazi gioco per bambiniRealizzazione di spazi per socializzareInverdimento delle superficiAree di parcheggio per le bicicletteAttenta progettazione degli aspetti psicologiciProgettazione del benessere microclimatico
BeneficiMaggiore interazione dei residentiPossibilità di giocare all'aperto per i bambini abituandoli alla socialitàVantaggi microclimaticiBenessere psicologico e visivo RischiL'incremento delle attività svolte esternamente potrebbero generare un maggiore
disagio acustico per gli appartamenti prospicienti la corte. E' possibile prevedere la
limitazione di alcune attività in determinati orari.
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6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
8 Nuovi spaziPotenzialitàIn caso di assenza di ogni spazio idoneo alla condivisione si può pensare alla
sopraelevazione dell'edificio o alla costruzione di nuovi locali adiacenti. Ciò permette
di progettare spazi appositamente pensati all'uso comune.
Consultare sempre le leggi locali e nazionali per sfruttare eventuali incentivi
economici ed urbanistici.
StrategieRealizzazione di spazi per la socializzazioneRealizzazione di locali per i servizi essenzialiRealizzazione di servizi aggiuntiviSfruttamento della nuova coperturaAffitto di parte del nuovo costruito per finanziare il costo di costruzione
BeneficiPossibilità di usufruire di spazi comuni adeguati in assenza degli stessi
RischiSfruttare sempre i volumi esistenti prima di prendere in considerazione la costruzione
di nuovi. I costi sono elevati e l'intervento è difficilmente realizzabile se non con
modalità di auto-ammortamento. La resistenza statica dell'edificio potrebbe non essere
idonea alla sopraelevazione.
123
6.Linee guida di rivitalizzazione dell'esistente
9 Scala UrbanisticaPotenzialitàSi può creare al piano terreno un grande spazio pubblico condiviso mettendo in
comunicazione diverse realtà ed offrendo una scelta più ampia di interessi e
personalità. E' possibile ridurre le superfici dedicate alle automobili, prevedendo un
calo degli spostamenti su gomma ed il possesso di automobili private, ed evitare
l'intersecazione dei percorsi carrabili, ciclistici e pedonali. In questo modo le strade
possono essere riconvertite in spazi utilizzabili dalle persone e la progettazione è
riportata alla scala umana e non dell'automobile.
StrategieEliminazione di barriere e recinzioni fisse e collegamento di proprietà adiacentiRealizzazione di nodi comuni a più complessi e comunicanti con le strutture comuniRiduzione delle superfici per le automobili e creazione di grandi aree pedonalizzateCreazione di grandi aree verdi ed orti urbaniParcheggi esterni all'abitato o su edifici multipianoIncentivazione dello spostamento pedonale, ciclabile e pubblico
BeneficiAmpie superfici usufruibili da tuttiMaggiore benessere generalizzatoRiduzione degli infortuni e della necessità di strutture assistenzialiRiduzione degli spostamenti e dell'inquinamentoRiduzione dei costi ambientali ed economici nascosti
RischiDifficoltà degli enti pubblici nell'espropriazione delle proprietà al piano terreno.
Necessità di un cambiamento nello stile di spostamento all'interno delle città, attuabile
solamente in seguito alla creazione di una alternativa di trasporto pubblico efficiente.
124
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
7. Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un
condominio romano
Le linee guida delineate precedentemente, sono state verificate nell'applicazione ad un caso
studio, un condominio nella periferia est di Roma.
La soluzione presentata non considera direttamente una progettazione tecnica di
ristrutturazione energetica, che va comunque prevista ma esula dalla trattazione del
presente testo. Si propone invece una metodologia di riduzione dei consumi attraverso
l'incremento dell'interazione sociale ed un cambiamento dello stile di vita, ottenuti con il
riutilizzo degli spazi preesistenti
Il complesso è costituito da due edifici speculari con accesso comune dalla strada. Tra i due
edifici si trova una costruzione più bassa costituita da un piccolo appartamento con
giardino privato, solitamente affittata per periodi medio-brevi ed attualmente non abitata.
Al livello inferiore si trova una piccola cantina comune utilizzata come ripostiglio per le
pulizie. Ciascun edificio è costituto da 14 unità immobiliari, con giardini privati per le
abitazioni al livello stradale. La situazione è quella classica di molti condomini urbani, con
appartamenti privati e condivisione delle strutture minime: spazi esterni, accesso e vano
scale, mentre è assente l'ascensore.
Per il progetto di rivitalizzazione sono state formulate due proposte differenti. Nella prima
situazione vengono recuperate la casa comune tra i due edifici, gli atrii di accesso, gli spazi
esterni e le coperture. Nella seconda proposta l'abitazione monofamiliare viene lasciata alla
sua attuale funzione, e viene proposto un piccolo ampliamento dei locali presenti in
copertura.
Si è partiti quindi nella progettazione dell'intervento analizzando le schede relative agli
ambienti disponibili: 2 Atrio d'accesso, 3 Copertura, 5 Negozi ed altri locali, 6 Spazi
Esterni, 8 Nuovi spazi.
125
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
Interazione Sociale
Lo studio è iniziato dall'analisi della scheda 1 relativa all'interazione sociale. Si ricorda
infatti come sia fondamentale innanzi tutto favorire una connessione tra i residenti, in
modo da creare i legami che permetteranno in futuro il corretto e proficuo utilizzo delle
strutture comuni. Gli interventi proposti infatti non consentono un diretto risparmio di
energia. Sono le relazioni che generano i nuovi spazi ed il loro uso a favorire dei
comportamenti particolarmente efficaci sotto il profilo energetico, senza le quali il tutto
potrebbe addirittura essere controproducente.
Inizialmente si deve quindi verificare la disponibilità degli abitanti alla creazione di
strutture comuni. Per facilitare l'approccio ed eliminare l'atteggiamento negativo verso gli
altri residenti, associati alle odiate riunioni condominiali, si può proporre un incontro
informale in cui discuterne, organizzata sotto forma di cena o di festa, magari proprio in
uno degli spazi che si intende valorizzare. Dopodiché è fondamentale mantenere in
contatto le persone costantemente. Può quindi essere utile la creazione di una mailing list
informatica dove scambiare idee ed opinioni. La stessa potrebbe essere replicata su una
bacheca cartacea per facilitare la partecipazione degli utenti non informatizzati. La
creazione di sottogruppi che si occupino delle varie fasi gestionali della ristrutturazione,
costituisce un altro metodo per favorire l'integrazione dei membri, così come la creazione
di una lista di oggetti che i coinquilini sono disposti a condividere gratuitamente con i
propri vicini, e di attività che sono in grado di scambiarsi.
Inoltre si ricorda come sia essenziale il coinvolgimento dei futuri utenti nella progettazione
degli spazi per poterne favorire un utilizzo ottimale e creare un senso di appartenenza che
funga da collante al gruppo formatosi. Nel presente caso studio per ovvi motivi, la proposta
progettuale è stata formulata dall'autore senza l'interazione dei residenti, per dimostrare la
fattibilità di un simile intervento.
126
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
Spazi Esterni
L'accesso al complesso è costituito da un largo viale di accesso completamente spoglio che
conduce ad uno slargo su cui si aprono gli ingressi dei due edifici e dell'abitazione
monofamiliare. Lo stesso è attualmente utilizzato solamente per il passaggio degli
inquilini, poiché non è presente alcun arredo che ne renda possibile un utilizzo diverso.
Vicino al cancello di ingresso fanno capolino due piante che costituiscono un timido
tentativo di abbellimento o forse più semplicemente poggiate lì per mancanza di spazio.
L'obiettivo primario che ci si pone nella progettazione è quello di creare spazi che facilitino
la permanenza e le occasioni di incontro: è da qui infatti che tutti passano per accedere ad
entrambi gli edifici.
Il viale di accesso è stato quindi fornito di sedute, contornate da un ambiente ed una
vegetazione più piacevoli, ubicate in posizione contigua e frontale in modo da permettere
una facile comunicazione ed un contatto visivo tra gli utenti. Saranno gli stessi residenti a
prendersi cura del giardino attraverso la creazione di un gruppo di lavoro.
127
Immagine 26: Proposta di risistemazione esterna
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
In prossimità dell'entrata è invece previsto un parcheggio per le biciclette con 28 posti, uno
per ciascun appartamento, che ne favorisca l'utilizzo almeno per i piccoli spostamenti
cittadini. In assenza di ascensore, e data la scarsa sicurezza delle vie cittadine, gli abitanti
che intendono usufruire degli spostamenti su due ruote, sonoinfatti attualmente obbligati a
trasportare il mezzo manualmente per le scale.
Si è pensato invece di destinare lo slargo successivo in prossimità delle entrate agli edifici
ai bambini. I genitori potrebbero infatti sedere sulle panchine lungo il viale di accesso e
discutere in tutta tranquillità tra di loro. Lo spazio dedicato ai bambini si troverebbe infatti
in un luogo protetto, con l'unico accesso esterno sorvegliato dai genitori stessi. Inoltre i 2/3
degli appartamenti hanno un contatto visivo con questo spazio, permettendone la
supervisione anche dalle abitazioni stesse, consentendo quindi ai bimbi più grandi di poter
giocare da soli.
Una progettazione più radicale necessiterebbe l'utilizzo anche dei giardini privati situati al
piano terreno, che se collegati allo spazio comune di accesso, costituirebbero un'area molto
più godibile. In questo caso per favorire l'adattamento e non modificare le abitudini dei
proprietari si potrebbe cercare di assecondare il loro utilizzo attuale. E' stato ad esempio
notato come il giardino sul lato esterno a Sud Ovest sia utilizzato dalla anziana proprietaria
per la coltivazione di verdure: potrebbe quindi continuarsi a mantenere qui una zona da
destinare ad orto urbano.
E' inoltre opportuno creare delle zone semiprivate in prossimità delle aperture al piano
terreno, costituite prevalentemente da elementi vegetativi, e non da separazioni fisse, che
ne permettano l'utilizzo ai proprietari consentendo allo stesso tempo una facile interazione
con i passanti. Un possibile problema che si potrebbe presentare è quello della presenza di
animali domestici, che non avrebbero più uno spazio protetto con l'eliminazione di tutte le
barriere, e quindi potrebbero richiedere il mantenimento di aree minori dedicate allo scopo.
Per favorire l'utilizzo degli spazi esterni anche durante i mesi più caldi si può pensare
all'utilizzo di accorgimenti per il miglioramento del microclima, come la realizzazione di
una pergola che venga ricoperta da rampicanti e che fornisca ombreggiamento all'area.
Nella soluzione proposta è stata ipotizzata la realizzazione di una pergola sul viale di
accesso, mantenendo invece a cielo aperto l'area destinata ai bambini per non alterare il
contatto visivo con gli appartamenti e permettere agli stessi di giocare indisturbati.
128
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
129
Immagine 27: Spazi Esterni: Preesistenza
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
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Immagine 28: Spazi Esterni: Progetto
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
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Immagine 29: Riqualificazione degli spazi esterni: fasi successive
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
Casa Comune
In contatto diretto con gli spazi esterni si trova una costruzione ad un solo livello
attualmente destinata ad alloggio monofamiliare in affitto, costituita da due vani destinati
alla zona giorno ed alla zona notte. Nella proposta 1 si è ipotizzato di convertire la stessa in
spazio condiviso, mentre nella seconda soluzione la destinazione funzionale viene lasciata
inalterata.
La posizione di questo edificio è ideale da un punto di vista del suo utilizzo. Si trova infatti
lungo il percorso che deve essere effettuato da tutti gli inquilini per accedere al proprio
appartamento. E' quindi facilmente accessibile e consente di verificare se si stanno
svolgendo attività al suo interno semplicemente tornando a casa.
Per consentirne l'utilizzo da parte di un numero elevato di utenti contemporaneamente, è
stata eliminata la tramezzatura interna all'edificio. Lo stesso si viene a configurare così
come un unico locale con servizi e ripostiglio in ambienti separati. Essendo la casa comune
lo spazio migliore come posizione e dimensione, è stato previsto in questo edificio il
134
Immagine 30: Preesistenza utilizzabile come spazi condivisi
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
posizionamento delle funzioni indispensabili alla creazione di un agire comunitario.
E' stata quindi progettata una ampia cucina idonea alla preparazione dei pasti ed una zona
pranzo-living. Dalle esperienze di vita comunitaria analizzate, è emerso come le cene
condivise siano frequentate da una percentuale di residenti tra il 50% ed il 70%. Essendo
questo un caso più difficile trattandosi di una riqualificazione, si ipotizza un utilizzo
contemporaneo degli spazi da parte di circa la metà dei residenti, dato su cui è stata
dimensionata la capacità ricettiva del locale.
Lo stesso ha un carattere multifunzionale, poiché può essere utilizzato per consumare i
pasti, ma anche come punto di ritrovo o di studio al di fuori degli stessi. Inoltre grazie alla
presenza di alcuni posti letto, è possibile utilizzarlo come sala per gli ospiti, prevedendo un
meccanismo di prenotazione ed eventuale pagamento dei consumi delle utenze.
Utilizzando l'ambiente destinato a ripostiglio come guardaroba degli ospiti, è possibile
ipotizzare una contemporanea espletazione delle funzioni di sala comune e sala degli
ospiti. Nello stesso sarebbe stato possibile prevedere il posizionamento di una lavanderia
comune. Nella proposta formulata tuttavia, questa destinazione non è inserita per alcuni
motivi fondamentali: l'assenza di un ascensore che consenta l'agevole movimentazione dei
panni da lavare, l'assenza di un collegamento coperto con gli edifici e la presenza in ogni
appartamento di una lavatrice privata trattandosi di una preesistenza.
Lo spazio ad uso condiviso può servirsi inoltre di uno spazio all'aperto sul retro della
costruzione, che è stato destinato ad ospitare una zona conviviale dove consumare i pasti
all'aperto ed un'area verde per il relax. Una delle fasce laterali particolarmente difficoltose
da utilizzare data la ridotta larghezza, è stata destinata all'alloggiamento di un punto di
riciclaggio condominiale.
La copertura piana è stata invece convertita in un piacevole tetto giardino la cui vista
gratifica anche gli utenti degli spazi esterni.
Pur trovandosi in posizione ottimale, la casa comune deficita tuttavia di un collegamento
visuale ottimale, essendo gran parte della parete sullo spazio esterno completamente cieca
a proteggere la scala verso il ripostiglio interrato.
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7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
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Immagine 31: Casa condivisa: preesistenza
Immagine 32: Casa condivisa: progetto
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
Atrii di Accesso
Accedendo ad uno degli edifici dagli spazi esterni ci si ritrova in un piccolo atrio (scheda
n°2) che fa da filtro allo spazio distributivo degli appartamenti al piano terra. Le
dimensioni sono abbastanza limitate e non permettono lo svolgimento di attività
particolarmente complesse. L'obiettivo ancora una volta è quello di creare uno spazio che
non sia solamente di passaggio, ma inviti anche alla sosta ed all'interazione.
La soluzione proposta prevede il posizionamento di un divano in prossimità della nicchia
presente su uno dei due lati. Ovviamente la sola possibilità di sedere non sarebbe
sufficiente se non si crea una ragione per cui sostare e fermarsi. Vista anche la posizione in
un ambiente molto delicato acusticamente, dato il suo collegamento con il vano scale, è
stata proposta la creazione di uno spazio per la lettura. Questa area è pensata soprattutto
per gli utenti adulti ed anziani che ne potrebbero fare un uso ragionevole in orari non
critici. Una buona soluzione sarebbe quella di prevedere l'acquisto comune di giornali e
riviste che potrebbero essere qui lette liberamente, e stimolare quindi i residenti a fermarsi
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Immagine 33: Vista dell' atrio di accesso
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
al loro arrivo a casa. In una fase iniziale potrebbe esser fatta la proposta di utilizzare
questo spazio senza alcun intervento o costo aggiuntivo. E' facile trovare delle famiglie che
si debbano disfare di uno dei loro divani, o sarebbe comunque possibile reperirlo
facilmente attraverso inserzioni ed annunci gratuiti. Con l'aggiunta di qualche pianta ed un
tavolino, si raggiungerebbero le condizioni minime per stimolare una sosta. Qualora
l'esperimento funzionasse, si potrebbe successivamente pensare di realizzare una serie di
interventi, mirati prevalentemente a migliorare il comfort acustico, visivo ed ambientale. Il
passaggio obbligato in questo spazio, permette il coinvolgimento anche degli utenti meno
inclini all'interazione.
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Immagine 34: Atrio di accesso: preesistenza
Immagine 35: Atrio di accesso: progetto
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
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Immagine 36: Atrio di accesso: soluzione proposta
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
Copertura
L'ultimo spazio disponibile è costituito dalla copertura (Scheda n°3) situata al di sopra
dell'ultimo dei 5 livelli. Non è quindi facilmente accessibile da tutti gli utenti.
E' costituita da un ampia superficie completamente vuota, e da due piccoli locali tecnici
entrambi non più utilizzati: uno destinato ad i serbatoi per l'acqua, l'altro alle lavanderie.
Essendo in condizioni non ottimali se ne rende necessaria comunque una ristrutturazione
ed un adeguamento impiantistico. La stessa è infatti disseminata di antenne private per le
telecomunicazioni che possono essere centralizzate.
Per la copertura sono stati proposti due interventi diversi, in base all'utilizzo o meno della
casa comune come luogo di interazione sociale.
Per entrambe le proposte è prevista la creazione di una copertura verde estensiva che a
dispetto di una limitata manutenzione comporterebbe dei grandi vantaggi ambientali, visivi
ed emotivi. La stessa sarebbe resa utilizzabile con l'installazione di pedane in legno che
permettano l'alloggiamento di tavolini per dei momenti conviviali, o sdraio per conversare
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Immagine 37: Vista della copertura
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
o prendere il sole in estate in compagnia di un buon libro.
Nella prima soluzione gli ambienti della copertura sono pensati per essere utilizzati
prevalentemente dagli adolescenti del condominio. Questi spazi infatti consentono di
fornire loro l'autonomia di cui si sente l'esigenza a questa età, ed allo stesso tempo
permettono di limitare il disagio per gli altri residenti, potendo qui i ragazzi interagire
indisturbatamente. La socializzazione tra i ragazzi è inoltre più semplice, e quindi la
mancanza di incontri casuali dovuta alla posizione sfavorevole non sarebbe determinante.
Inoltre la difficoltà di raggiungere un ambiente all'ultimo livello è particolarmente limitata
per gli utenti giovani.
In questo modo ci sarebbe una differenziazione degli spazi in base alla fascia di età a cui
sono destinati prevalentemente: gli spazi esterni per i bambini ed i loro genitori, l'atrio di
accesso per adulti ed anziani, la copertura per i ragazzi e la casa comune condivisa da tutti i
residenti.
Un'altra funzione proposta sullo spazio in copertura è la realizzazione di un'area per la
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Immagine 38: Vista di uno dei locali tecini in copertura
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
coltivazione di ortaggi e verdure. La stessa si può servire del locale di servizio adiacente
per il deposito e la pulizia.
Altrimenti qualora venisse proposta la realizzazione di un ascensore, potrebbe posizionarsi
su di uno dei locali tecnici una lavanderia comune, destinando parte della copertura
all'asciugatura degli indumenti.
Nella seconda soluzione proposta invece si è immaginato che gli inquilini non riescano a
trovare un accordo sull'utilizzo della casa come come spazio condiviso. Si porrebbe allora
il problema di trovare un luogo adatto per posizionare le funzioni conviviali.
La soluzione proposta è allora quelle di realizzarle in copertura, sebbene un prerequisito
importante sarebbe la realizzazione di un impianto ascensore.
In questo caso ci si troverebbe con il problema di avere due locali non comunicanti di
limitata superficie, che devono però ospitare un elevato numero di persone
contemporaneamente. La soluzione pensata prevede l'ampliamento dei locali tecnici fino a
raggiungere l'estensione dell'attuale vano scala. In questo modo sarebbe possibile ampliare
la superficie disponibile e prevedere delle aperture direttamente sul pianerottolo delle
scale, consentendo la comunicazione diretta dei due spazi attraverso un percorso coperto.
In una delle stanze sarebbe possibile alloggiare degli spazi per i pasti sufficienti a
soddisfare l'affluenza prevista dei residenti durante le cene comuni, mentre nell'altro locale
troverebbero posto la cucina ed i servizi igienici. Un piccolo ripostiglio con apertura
esterna rimarrebbe come deposito per lo spazio dedicato ad orto urbano. Per favorire
l'illuminazione naturale è prevista la demolizione di parte delle tamponature.
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7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
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Immagine 39: Copertura: preesistenza
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
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Immagine 40: Copertura: soluzione progettuale 1
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
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Immagine 41: Copertura: soluzione progettuale 2
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
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Immagine 42: Copertura: visualizzazione della soluzione proposta
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
Uno sguardo alla scala urbanistica
Fino ad adesso ci siamo limitati a pensare al livello del singolo condominio.
Cercando di ampliare lo sguardo come suggerisce la scheda n° 9 ed ipotizzando che ci sia
una volontà generalizzata di cambiamento di stile di vita, o che siano le amministrazioni
stesse a farsi promotrici di questa spinta, si potrebbe pensare di creare dei poli aggregativi
condivisi tra diverse strutture già ristrutturate verso la coabitazione. Questi non possono
fungere da catalizzatori quotidiani, poiché si andrebbe a perdere l'efficacia della scala
umana e del senso di appartenenza. Servono però per mettere in relazione le diverse
esperienze e favorirne il contatto: in questo modo le possibilità di superare il problema
della creazione di un vicinato elettivo con interessi condivisi partendo da una situazione
abitativa e sociale preesistente è più semplice, poiché qualora non si instauri un sentimento
di condivisione con il proprio condominio, è possibile partecipare alle attività di un gruppo
vicino.
147
Immagine 43: Spazio all'aperto da trasformare in una centralità locale condivisa
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
Nel caso studio analizzato sono stati individuati dei confini virtuali che racchiudono diversi
edifici in base al numero di residenti, vicinanza e possibilità di condivisione degli spazi
(Immagine 46). Ognuno di questi costituisce un cluster in cui creare una coabitazione con
strutture comuni indipendenti. Le stesse, visibili nello schema elaborato con delle linee a
zig-zag, sarebbero collegate ad una serie di strutture condivise comuni a più complessi,
costituite da spazi interni ed esterni. In particolare tutti i cluster sono collegati ad uno
spazio aperto attualmente privato, e che dall'analisi svolta è risultato essere decisamente
sottoutilizzato.
E d'altronde la configurazione dello spazio stesso non permette di ipotizzarne un uso,
poiché non vi è alcuna possibilità di attività: lo spazio è decentrato rispetto all'edificio cui
appartiene, e non presenta alcuno spazio di sosta ed interazione. Ed infatti come si può
vedere dalla Immagine 43 è attualmente utilizzato solamente come parcheggio aggiuntivo.
Da questo spazio aperto condiviso tutti i cluster possono accedere a quella che è stata
individuata come la struttura che potrebbe ospitare le attività comuni (Immagine 44). Si
148
Immagine 44: Vista della copertura dell'edificio da utilizzare come centralità condivisa
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
tratta di una abitazione monofamiliare con cortile privato, attualmente abitata da un nucleo
familiare. Qui possono essere previsti gli spazi conviviali per cene condivise e riunioni. Sul
lato della casa comune sono invece presenti una serie di box auto privati (Immagine 45),
che potrebbero essere riqualificati ed utilizzati per creare degli spazi da destinare ai vari
gruppi di attività: officina per il fai da te, atelier artistico, palestra, magazzino del riuso,
etc.
Anche la copertura degli spazi comuni, particolarmente estesa, può essere riqualificata con
la creazione di una copertura verde e destinata all'utilizzo del vicinato.
Tutto lo spazio al livello stradale deve essere immaginato completamente libero da
recinzioni e percorribile in tutta la sua estensione, con le automobili lasciate al suo esterno.
I giardini privati sarebbero convertiti in spazi pubblici e semiprivati, che consentirebbero
di ottenere al livello stradale una piastra continua pedonale e protetta.
Pensando ad una progettazione più radicale si può ipotizzare una limitazione dell'utilizzo
delle automobili, e dello spazio destinato al loro parcheggio, che potrebbe essere
riconvertito in spazi utili per la cittadinanza. Nel quartiere considerato sono attualmente
presenti due centri commerciali con parcheggi multipiano, che potrebbero essere utilizzati
dai residenti durante la notte, quando normalmente sono chiusi. Il primo ha una
disponibilità di 1400 posti auto, il secondo fornisce parcheggi su 4 livelli. Da soli non sono
attualmente in grado di fronteggiare tutta la richiesta di posti auto, essendo la popolazione
del quartiere Alessandrino, in cui il caso studio è situato, di circa 40 000 abitanti.
Roma attualmente detiene il record europeo del numero di autovetture: ogni 1000 abitanti
ne sono presenti 720, contro le sole 60 di Barcellona e 50 di Francoforte (fonte Eurostat
2008).
Ciò significa che sono presenti nel quartiere circa 28 800 automobili. Se invece seguissimo
il virtuosismo di Barcellona, le automobili sarebbero solamente 2400, e le due sole
strutture menzionate sarebbero in grado si soddisfare ampiamente la richiesta di sosta
prolungata, liberando completamente la superficie stradale dai parcheggi. Ciò in via
quantitativa, perché essendo situati ad una distanza di circa 2 km l'uno dall'altro, non
sarebbero in grado di soddisfare tutti gli utenti senza altre grandi strutture che possano
fronteggiare le necessità dei punti più distanti. Ma questo esempio fa capire quali siano le
potenzialità di una limitazione del numero delle automobili. Sebbene la riduzione da 720 a
149
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
60 automobili ogni 1000 abitanti possa sembrare irrealizzabile, nel Capitolo 3. Analisi
energetica, abbiamo visto come il vivere in coabitazione permetta di ridurre fino al95%
l'utilizzo dell'automobile, grazie a delle dinamiche di condivisione, car-sharing, car-pooling
e limitazione degli spostamenti, rendendo l'obiettivo fissato più concreto.
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Immagine 45: Box auto riutilizzabili per locali condivisi
7.Applicazione ad un caso studio: rivitalizzazione di un condominio romano
151
Immagine 46: Proposta di riqualificazione del vicinato in ottica condivisa
8.Conclusioni
8. Conclusioni
La società attuale si sta evolvendo verso una sempre maggiore perdita di socialità cui
corrisponde un parallelo incremento dei consumi energetici.
L'energia utilizzata è fortemente dipendenti dalla composizione del nucleo familiare e dallo
stile di vita degli individui. Nel mondo occidentale i nuclei composti da persone singole
sono in crescita, nonostante questa condizione non sia sempre voluta, ma spesso dettata da
necessità lavorative, eventi affettivi o traumatici. A questo cambiamento della
composizione dei nuclei familiari non è corrisposto una relativa variazione dell'offerta
abitativa disponibile. Al 2001 i nuclei singoli costituivano in Italia il 24,89% del totale.
Poiché i consumi di una persona in una abitazione con 3 abitanti equivalgono a solo il
48% di quelli di una famiglia mononucleare, agire con politiche che favoriscano la
condivisione degli spazi può sicuramente essere una misura efficace per la riduzione dei
consumi energetici.
Un ulteriore consistente incremento dell'efficienza può essere fornito dalla condivisione
degli spazi non solo all'interno di un singolo nucleo, ma tra più nuclei di uno stesso
vicinato. Questa misura è particolarmente efficace quando alla condivisione degli spazi
corrisponde una interazione intenzionale tra gli abitanti. Ciò permette di generare una serie
di pratiche e consuetudini di vita comune che abbattono le necessità energetiche. La
condivisione di automobili e lo sviluppo di una maggiore interazione in loco, ha permesso
di ridurre i chilometri percorsi da un minimo del 9% ad un massimo di addirittura il 95%
negli esempi studiati.
Tra le varie opzioni analizzate, quella della coabitazione (cohousing) è risultata essere
particolarmente adatta alle condizioni urbane italiane, poiché permette di condividere degli
spazi pur mantenendo un appartamento privato, con superficie ridotta, per ciascun nucleo.
La privacy degli abitanti non è quindi limitata, poiché liberi di decidere se partecipare o
meno alle attività comunitarie. Inoltre la condivisione di locali permette di avere servizi
aggiuntivi che da soli non si sarebbe in grado di mantenere.
La riduzione della superficie degli appartamenti si è rivelata essere del 36% in Danimarca
e del 42% negli Stati Uniti. Ciò significa ridurre lo spazio da dover climatizzare e permette
di risparmiare l'energia necessaria a costruzione, manutenzione e dismissione. Abitazioni
152
8.Conclusioni
più compatte permettono inoltre di creare insediamenti più densi, riducendo le distanze da
dover percorrere. Lo stesso discorso è valido per la condivisione di elettrodomestici ed
attrezzature quali lavatrici, utensili per il fai da te, stampanti. La riduzione dei costi
energetici di produzione e smaltimento è di oltre il 90%. La condivisione di attività
giornaliere, quali le cene in comune permettono di ridurre oltre al consumo energetico
dovuto alla cottura, all'illuminazione, ai televisori, il tempo necessario per la preparazione
dei pasti e la pulizia. La riduzione dei consumi è stata stimata essere negli Stati Uniti di un
ulteriore 20%, e prestando servizio per due o tre volte al mese, è possibile usufruire per
tutti i giorni restanti di pasti pronti e variegati.
Vivere in coabitazione produce anche vantaggi non direttamente collegati all'energia.
Permette di incrementare il senso di appartenenza al luogo riducendo così gli episodi di
vandalismo ed aumentando il livello di sicurezza percepita; riduce la richiesta di strutture
assistenziali e ricreative; permette la trasmissione di conoscenze ed incrementa lo scambio
locale di servizi e prodotti; aumenta il senso di soddisfazione degli abitanti e diminuisce la
rotazione dei proprietari; favorisce l'accettazione di uno stile di vita sostenibile e di
pratiche di vita ecologica come il riciclaggio, la riduzione degli sprechi e la limitazione
degli spostamenti carrabili.
In Italia le nuove costruzioni ammontano a solo lo 0,99% del patrimonio edilizio esistente.
Per l'integrazione di uno stile di vita alternativo come quello della coabitazione, risulta
quindi essenziale sviluppare delle metodologie di intervento sull'esistente.
Delle linee guida dal punto di vista architettonico sono state fornite con la presente
trattazione. Di primaria importanza risulta però essere la connessione sociale degli
individui per permettere il corretto funzionamento di questo modello. Poiché l'incremento
di socialità genera una riduzione dei consumi, proporre una “ristrutturazione sociale”
equivale alla progettazione di un intervento di risanamento energetico, ed allo stesso modo
andrebbe incentivato dallo stato. Grande è quindi il supporto che devono fornire gli enti
pubblici per permettere un completo sviluppo di questa possibilità. In prospettiva futura,
anche qualora la percentuale della popolazione residente in situazioni di coabitazione
rimanga limitata, grande è il ruolo che può rivestire nel formare una cultura comune del
rispetto dell'ambiente e di una ripristinata vita sociale, permettendo di svincolarsi da una
logica consumistica.
153
9.Appendice
9. Appendice
Allegato A QuestionarioTempo di compilazione previsto:
Informazioni generali
Rapporti di prossimità
Comportamento
Energia
Consumi energetici
1 minuto e 30 secondi
30 secondi
1 minuto
40 secondi
Variabile
Parte 1: Informazioni GeneraliComune: (Es. Milano, Taormina, Pescasseroli, etc.)Stato familiare Single
Coppia senza figli
Coppia con figli
Altro
Tipologia di abitazione Condominio
Monofamiliare
Bifamiliare
Schiera
Altro
Strutture comuni in condivisione con i vicini: se presenti
indicare nome e m2 se conosciuti(es.: lavanderia 9 m2, sala TV 20 m2, sala riunioni 20m2, cucina 14 m2, etc.)
Quali altri spazi ti piacerebbe avere in condivisione?
Superficie totale strutture comuni: m2
Abitanti totali edificio, condominio, o villaggio: Superficie Appartamento privato: m2
154
9.Appendice
Numero di abitanti appartamento:Rispetto all'ambiente pensi di essere: ecologista
attento
normale
sprecone
non mi interessa
Parte 2: Rapporti di prossimitàTipologia di vicinato: Standard: Quartiere-
Paese-Città
Campagna
Co-Housing
Condominio Solidale
Ecovillage
Comune
Altro Se incontri qualcuno all'accesso dell'edificio: fai finta di niente
saluti e passi
ti fermi a chiacchierare
lo inviti a casa tuaQuanti dei tuoi vicini conosci? nessuno
qualcuno
molti
tuttiCome persona ti definiresti: molto socievole
socievole
normale
riservato
individualista
155
9.Appendice
Nell'ultimo mese con quante persone diverse ti sei incontrato? meno di 5
fino a 10
fino a 20
oltre 20
Parte 3: ComportamentoQuante ore al giorno passi solo nella tua camera? meno di 1 ora
1 ora
2 ore
3 ore
più di 3 oreEd in sale comuni in compagnia? meno di 1 ora
1 ora
2 ore
3 ore
più di 3 oreQuante volte ti capita di cucinarti da solo? Mai
Raramente
A volte
Frequentemente
SpessoIn un mese quante volte ti capita di mangiare in più di 6
persone dentro una casa?
Mai
1 volta
3 volte
8 volte
Più di 8Nella tua abitazione, quante persone ci sono solitamente
davanti alla stessa TV?
Non ho la TV
1 persona
2 persona
4 persona
Più di 4
156
9.Appendice
Un PC da quante persone è usato? Non ho il PC
1 persona
2 persona
4 persona
Più di 4La stessa automobile, da quante persone è utilizzata? Non ho l'auto
1 persona
2 persona
4 persona
Più di 4Ti capita di usare la lavatrice a mezzo carico? Mai
Raramente
A volte
Frequentemente
SpessoRispetto ai tuoi conoscenti pensi di utilizzare il riscaldamento molto di meno
di meno
uguale
di più
molto di più
Parte 4: EnergiaRiscaldamento dell'abitazione: Gas
Gasolio
Elettrico
Biomassa (Legna,
Pellets, etc.)
Solare Termico
Geotermia
Altro
157
9.Appendice
Riscaldamento dell'acqua calda Gas
Gasolio
Elettrico
Biomassa (Legna,
Pellets, etc.)
Solare Termico
Geotermia
Altro
Riguardo all'isolamento termico, la tua abitazione ha: Nessun isolamento
Poco isolamento
Buon isolamento
Molto isolamento
Accorgimenti ecologici-rinnovabili presenti: Solare Termico
Fotovoltaico
Eolico
Recupero acque
piovane
Altro
I tuoi elettrodomestici sono: Molto vecchi (Classe
G)
Standard, poco
efficienti
Efficienti (Classe A)
Molto Efficienti
158
9.Appendice
La tua casa è illuminata principalmente con lampade: Incandescenza
Basso Consumo
Alogene
Led
AltroIn che modo ti sposti maggiormente in città? automobile privata
car pooling
car sharing
mezzi pubblici
bicicletta
piedi
altro
Parte 5: Consumi Energetici
Sebbene questa parte sia molto breve, richiede un po' più di
impegno per la compilazione, poiché bisogna consultare le
bollette. Ai fini dei miei studi è però la parte più importante,
quindi vi chiedo un piccolo sforzo finale
Consumo Energia Elettrica negli ultimi 12 mesi. (Sommare le
ultime bollette) Esempio di una bolletta:
Kwh
Se sconosciuto
indicare il costo
indicativo annuale
€
non conosciuto
159
9.Appendice
Consumi medi giornalieri degli ultimi periodi
(se presenti scrivere data delle letture e kWh/giorno) Esempio
sotto:
non conosciuto
Elettricità usata per: Cucinare
Riscaldare
Acqua calda
Altro
Consumo gas negli ultimi 12 mesi m3
Se sconosciuto
indicare il costo
indicativo annuale €
non conosciuto
Gas usato per: Cucinare
Riscaldare
Acqua calda
Altro
160