energia riciclabile

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Gli impianti per il risparmio energetico L’aumento del costo dell’energia di origine fossile e i black-out nell’approvvigionamento di energia elettrica che si hanno sempre più spesso durante le stagioni estive stanno riproponendo all’attenzione dei mass media le energie alternative. Per la verità si parla sempre in positivo del- l’energia solare, soprattutto fotovoltaica e della digestione anaerobica, mentre si formulano anche valutazioni negative per l’inserimento delle torri eoliche sotto l’aspetto paesaggistico-ambientale. La liberalizzazione della produzione di energia elettrica è, d’altra parte, un fatto importante, perché consente al cittadino di autoapprovvigionarsi ener- geticamente ed anche di cedere in rete il surplus di produzione. Per la verità la cessione in rete di energia elet- trica è possibile solo con produzioni continue minime dell’ordine di qualche decina di kWh, cosa possibile in ambito rurale solo con i salti d’acqua e con la digestione anaerobica. In questo capitolo forniremo un quadro delle tecnologie disponibili, non limitandoci solo a quelle di immediata applicabilità nell’abitazione rurale. 1 ■■ 1.1 L’energia solare La disponibilità di radiazione solare sulla superficie terrestre La quantità di energia solare che raggiunge gli strati bassi dell’atmosfera è valutata in circa 4900 kJ/m 2 ; di questa solo una parte raggiunge la super- ficie terrestre per i fenomeni di riflessione che si hanno negli strati più alti dell’atmosfera e per i fenomeni diffusivi dovuti ai gas e alle particelle solide e liquide sospese nell’aria. Sulla superficie terrestre si rende disponibile una potenza di non più di 3600 kJ/m 2 che si di- stribuisce in modo non uniforme dall’equatore ai poli a causa dell’obliquità dell’asse terrestre rispetto al piano dell’eclittica e del suo orientamento che varia secondo le stagioni. Oltre alla variazione di intensità nei diversi mesi, rilevabile dalla figura 1, anche l’angolo di incidenza della radiazione ha una notevole impor- tanza, dato che le condizioni di massima concen- trazione si hanno con un’incidenza ortogonale alla superficie captante. In definitiva la radiazione incidente nelle 24 ore è pari a 19000-22000 kJ/m 2 giorno, come può essere rilevato dalla tabella 1. Di questa energia solo una parte può essere captata per la produzione di energia termica o elettrica dai sistemi solari, che sono: collettori solari piani; collettori a concentrazione; celle fotovoltaiche. Le energie alternative

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tecnologia del risparmio energetico

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Gli impianti per il risparmioenergetico

L’aumento del costo dell’energia di origine fossilee i black-out nell’approvvigionamento di energiaelettrica che si hanno sempre più spesso durantele stagioni estive stanno riproponendo all’attenzionedei mass media le energie alternative.

Per la verità si parla sempre in positivo del-l’energia solare, soprattutto fotovoltaica e delladigestione anaerobica, mentre si formulano anchevalutazioni negative per l’inserimento delle torrieoliche sotto l’aspetto paesaggistico-ambientale.

La liberalizzazione della produzione di energiaelettrica è, d’altra parte, un fatto importante, perchéconsente al cittadino di autoapprovvigionarsi ener-geticamente ed anche di cedere in rete il surplusdi produzione.

Per la verità la cessione in rete di energia elet-trica è possibile solo con produzioni continueminime dell’ordine di qualche decina di kWh, cosapossibile in ambito rurale solo con i salti d’acquae con la digestione anaerobica.

In questo capitolo forniremo un quadro delletecnologie disponibili, non limitandoci solo aquelle di immediata applicabilità nell’abitazionerurale.

1■■ 1.1 L’energia solare

■ La disponibilità di radiazione solaresulla superficie terrestre

La quantità di energia solare che raggiunge glistrati bassi dell’atmosfera è valutata in circa 4900kJ/m2; di questa solo una parte raggiunge la super-ficie terrestre per i fenomeni di riflessione che sihanno negli strati più alti dell’atmosfera e per ifenomeni diffusivi dovuti ai gas e alle particellesolide e liquide sospese nell’aria.

Sulla superficie terrestre si rende disponibileuna potenza di non più di 3600 kJ/m2 che si di-stribuisce in modo non uniforme dall’equatore aipoli a causa dell’obliquità dell’asse terrestre rispettoal piano dell’eclittica e del suo orientamento chevaria secondo le stagioni.

Oltre alla variazione di intensità nei diversimesi, rilevabile dalla figura 1, anche l’angolo diincidenza della radiazione ha una notevole impor-tanza, dato che le condizioni di massima concen-trazione si hanno con un’incidenza ortogonale allasuperficie captante. In definitiva la radiazioneincidente nelle 24 ore è pari a 19000-22000 kJ/m2

giorno, come può essere rilevato dalla tabella 1.Di questa energia solo una parte può essere

captata per la produzione di energia termica oelettrica dai sistemi solari, che sono:– collettori solari piani;– collettori a concentrazione;– celle fotovoltaiche.

Le energie alternative

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■ I collettori solari piani

I collettori solari piani sono realizzati nelle due tipo-logie ad acqua e ad aria, a seconda del fluido ter-movettore usato; in entrambi i casi nella loro con-figurazione normale sono costituiti da una coper-tura trasparente, da una piastra assorbente, datubazioni o canali (nel caso di collettori ad aria)di circolazione del fluido termovettore e da unastruttura di contenimento (FIGG. 2 e 3).

La copertura trasparente ha la funzione di rea-lizzare il migliore effetto serra possibile: deve,cioè, essere trasparente alla radiazione solare eopaca alle radiazioni infrarosse emesse dalla pia-stra captante, quale reazione al suo surriscalda-mento ad opera della radiazione incidente.

Il materiale normalmente utilizzato per i col-lettori solari ad acqua è il vetro temperato per lasua resistenza meccanica alla grandine.

La piastra assorbente è costituita da unalamiera metallica in acciaio inox, alluminio o ramesulla quale sono fissate, o comunque integrate, le

tubazioni di circolazione dell’acqua. Per ottenereil massimo assorbimento dell’energia incidente lapiastra captante è verniciata in nero con vernicispeciali.

Nei collettori solari piani ad acqua la piastracaptante può essere realizzata con tubazioni appli-cate o ricavate nello stampaggio (sistema roll-bond). La prima tecnica costruttiva è tipica delcollettore in rame, per il quale il ridotto diametrodelle tubazioni facilita il loro inserimento nellapiastra, garantendo una superficie di contatto pia-stra-tubazioni ottimale; la seconda è usata soprat-tutto con l’alluminio.

Tab. 1 Energia incidente nelle 24 ore sulla superficieterrestre al variare della latitudine.

latitudine 35°latitudine 40°latitudine 45°

22,220,519,3

12,610,5

7,9

29,329,328,9

Energia incidente (MJ/m 2)

media minima massima

G F M A M G L A S O N D (mesi)0

5

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J/m

.gio

rno)

2 latitudine30°

35°

40°

45°

50°

Fig. 1 Radiazione solare sul piano orizzontale per ilgiorno-tipo sereno nei vari mesi dell’anno.

Fig. 2 Sezione di un collettore solare piano ad acquadel tipo “roll-bond” nel quale le tubazioni vengonoricavate nello stampaggio della piastra assorbente.

Fig. 3 Spaccato di un collettore solare piano ad acquacon tubazioni inserite nella piastra captante.

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Il telaio del collettore non ha solo funzionemeccanica, ma anche quella di isolamento delsistema dall’ambiente circostante. Sul fondo deltelaio è montato, allo scopo, un pannello di mate-riale isolante, generalmente realizzato con lana diroccia, lana di vetro, schiuma poliuretanica osughero.

I materiali migliori per la realizzazione deltelaio ai fini della loro resistenza alla corrosioneatmosferica sono l’acciaio inox, il rame e l’allu-minio; meno adatte sono le materie plastiche, per

la loro deformabilità alle alte temperature rag-giungibili.

I collettori solari piani ad aria (per la veritàormai di scarso interesse) sono sostanzialmentesimili a quelli ad acqua; differiscono essenzial-mente per il sistema di canalizzazione del fluidotermovettore. Infatti, mentre nel collettore adacqua il materiale isolante viene sistemato subitosotto la piastra captante, nei collettori ad aria sottola piastra viene ricavato il canale attraverso il qualeviene fatta circolare l’aria da riscaldare.

Fig. 5 Batterie di pannelli solari installati in un’abitazione rurale e in una stalla in zona montana.

Fig. 4 Batteria dicollettori solari ad acquainstallati in un’aziendazootecnica per laproduzione di acquasanitaria (fonte: ZANUSSI).

Fig. 6 Pannelli solari ad aria in un impianto diessiccazione artificiale dei foraggi: ha costituitoun’applicazione tipica del solare ad aria degli anni ’80.

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■ L’efficienza di un collettore solare

L’efficienza di un collettore solare piano η è defi-nita dal rapporto tra l’energia prodotta Q e quellautilizzata, risultante dal prodotto della radiazioneincidente I per la superficie captante S:

η = · S

ove:Q espresso in Watt;I espresso in W/m2;S espresso in m2.

L’efficienza del collettore è strettamente dipen-dente da numerosi fattori intrinseci (materialiusati, fattore di assorbimento della piastra, isola-mento, ecc.) e dalle condizioni di esercizio.

È norma corrente rappresentare l’andamentodell’efficienza di un collettore solare in funzionedel seguente parametro (FIG. 7):

ove:t1 = temperatura acqua in ingresso [°C];t2 = temperatura acqua in uscita [°C];ta = temperatura acqua di rete [°C];I = intensità della radiazione solare [W/m2].

Il rendimento ottenibile è dell’ordine di 0,5-0,6(50-60%); va comunque ricordato che il risultatoè inversamente proporzionale alla temperatura diesercizio, per cui è buona norma limitarsi ad ope-

X

t tt

Ia=

+−

( )1 2

2

QI

rare con acqua a 60 °C, anche se si potrebbero rag-giungere gli 80 °C.

Le applicazioni dei pannelli solari piani adacqua per l’abitazione e l’azienda agricola sonoriconducibili essenzialmente alla produzione diacqua calda sanitaria.

Nel primo schema di figura 8 l’acqua riscal-data dal collettore solare viene trasferita al ser-batoio di accumulo; quando l’energia solare nonè più sufficiente per raggiungere la temperaturaprevista interviene una resistenza elettrica coman-data da un termostato.

Nel secondo schema di figura 5.8 è indicataanche l’integrazione termica da parte di una cal-daia per il periodo invernale; nella stagione estiva,invece l’integrazione è solo elettrica come nelprimo caso.

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0.2 0.4 0.5 0.8 X

Fig. 7 Curva di efficienza del collettore solare piano.

Fig. 8 Schemi di impianti di produzione di acqua sanitaria con collettori solari: a sinistra impianto autonomo conintegrazione elettrica; a destra impianto con integrazione elettrica e caldaia (fonte: BIKLIM).

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■ I collettori solari a concentrazione

I collettori a concentrazione (o a focheggiamento)usano sistemi ottici per aumentare l’intensità dellaradiazione incidente sulla superficie assorbente.Un più elevato flusso di energia consente, infatti,di raggiungere temperature molto più elevate diquelle ottenibili con i collettori solari piani.

Il rapporto di concentrazione, che costituiscel’elemento caratterizzante del collettore, è estre-mamente variabile, potendo passare da minimi diqualche unità a valori di qualche migliaia. Al cre-scere di questo parametro aumenta la temperaturadi esercizio al pari della complessità costruttiva del-l’impianto, potendosi arrivare fino a temperaturedi diverse centinaia di gradi centigradi.

Per il settore agricolo possono essere consi-derati solo gli impianti a bassa o media concen-trazione (a tipologia cilindrica), adatti alla pro-duzione di acqua ad alta temperatura o vapore abassa pressione.

Per gli impianti funzionanti fino a 100 °C siutilizza come fluido termovettore l’acqua; oltretale temperatura si utilizzano oli minerali.

In questi impianti, soprattutto per quelli amaggior concentrazione, appare indispensabilericorrere ad un sistema di “inseguimento solare”,cioè di un sistema meccanico a regolazione elet-tronica in grado di modificare l’orientamento delcollettore al variare delle ore del giorno e dellestagioni (FIG. 10)

Fig. 9 Impianto solare a concentrazione: è unasoluzione oggi meno considerata nel settore abitativo edagricolo in generale.

Fig. 10 Una batteria di pannelli a concentrazionemontati su “giostra” che permette l’inseguimento delsole. Il movimento della “giostra” è comandato da undispositivo elettronico.

■ Le celle fotovoltaiche

Le celle fotovoltaiche assorbono l’energia elettro-magnetica della luce convertendola direttamentein energia elettrica; alla base del processo vi è laproprietà di alcuni semiconduttori opportuna-mente trattati (“drogati”) di assorbire fotoni pro-vocando uno spostamento di cariche elettriche.La corrente e la differenza di potenziale agli elet-trodi che ne derivano si possono, così, sfruttare peralimentare un circuito elettrico esterno.

Il materiale che si utilizza generalmente perle celle fotovoltaiche è il silicio; la tecnica di fab-bricazione più comune è quella della sovrapposi-zione ad una lamina di silicio [–P] (addittivato conuna piccola quantità di arsenico), tagliata dellospessore di 200-600 micron, di una lamina di silicio[+N] (trattato con boro), dello spessore di 0,3-3micron, che è quella rivolta verso la luce. Quandoi fotoni incidenti (particelle elementari di energiache compongono la luce) raggiungono la zona dicontatto Silicio [+N] – Silicio [–P], si creano coppiedi elettrone-lacuna: gli elettroni tendono a diri-gersi verso la superficie del Silicio [+N], mentre lelacune si spostano verso la superficie del silicio [–P].Collegando queste due superfici con un circuitoesterno si genera una corrente elettrica (FIG. 11).

Nei pannelli le celle fotovoltaiche sono mon-tate in serie ed in parallelo; questi sono collegatiad un sistema di controllo (chopper) in grado diadattare la tensione-corrente del sistema alle esi-

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genze dell’utenza. Se l’utenza è a corrente con-tinua e la tensione è sufficiente si può avere l’ali-mentazione diretta; in alternativa il pannello ali-menta una batteria (è la soluzione più comune) chea sua volta alimenta l’utente se questo lavora incorrente continua, altrimenti è necessario disporredi un invertitore di corrente.

La potenza elettrica “di picco” (prodotta con unirraggiamento di 1 kW/m2) di una cella solare deldiametro normale di 56 mm si aggira su 0,45 W.

Nel settore agricolo i pannelli fotovoltaici sonostati utilizzati soprattutto per le recinzioni elettrichee per l’approvvigionamento energetico dellemalghe, limitatamente, però, alle utenze dome-stiche minimali.

Fig. 12 Diverse tipologie di celle fotovoltaiche.

Fig. 13 Pannello fotovoltaico da 20 W (0,6 × 0,6 m) (a sinistra) e pannello da 110 W (dimensioni 1,8 × 1,2 m) (adestra) (fonte: SECIES).

Fig. 11 Schematizzazionedi una cella fotovoltaica alsilicio.

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■■ 1.2 L’energia da salti d’acqua

L’utilizzazione dell’acqua a fini energetici non ècerto una novità del nostro secolo, basti pensarealla produzione di energia meccanica le cui ori-gini sono difficilmente fissabili nel tempo. Piùrecente è, certo, lo sfruttamento dell’acqua per laproduzione di energia elettrica, processo di note-vole interesse soprattutto nei bacini montani, incui ancora oggi alcune aziende non sono allac-ciate alla rete elettrica nazionale.

La potenza ottenibile da un piccolo sistema

idroelettrico è funzione della portata d’acqua edel dislivello utile:

W =

ove: W = potenza teorica [kW];Q = portata del corso d’acqua [l/s];h = dislivello utile [m];η = rendimento totale (meccanico + elettrico).

Il rendimento totale η per impianti di tagliaridotta (inferiore ai 100 kW) risulta pari al 45-50%.

Il sistema tradizionale di utilizzazione dell’e-nergia di un corso d’acqua è quello delle ruote idrau-liche (FIG. 15) il cui funzionamento si basa sullatrasformazione dell’energia potenziale in energiameccanica; la bassa velocità di rotazione che lecaratterizza (6-20 giri/min) rende indispensabilel’adozione di un sistema di moltiplicazione dei giriper raggiungere la velocità minima di eccitazionedi un normale alternatore (1500 giri/min).

Le turbine, al contrario, sono caratterizzate daregimi di rotazione nettamente più elevati (40-400giri/min): ciò consente di adottare sistemi di mol-tiplicazione dei giri più semplici e meno costosi.

Per la “microidraulica” (così viene chiamatala classe di impianti idroelettrici fino a 100 kW)si adotta generalmente la turbina Pelton, che basail suo funzionamento sull’impatto che uno o piùgetti d’acqua esercitano sulle pale della girante(FIGG. 16 e 17).

Le altre tipologie di turbina sono meno adatteagli impieghi di microidraulica per motivi legati

(Q · h · η)102

Fig. 14 La creazione di “tetti solari” con pannellifotovoltaici è oggi agevolata dal piano energeticonazionale (fonte: GECHELIN GROUP).

Fig. 15 Il principio difunzionamento delle ruoteidrauliche si basa sul pesodell’acqua che riempie lecassette della ruota facendolaquindi ruotare; nella figura èrappresentata una ruota colpitaal vertice; tale macchinaconsente di operare con cadutesuperiori ai 2-3 metri e puòraggiungere rendimenti fino al65%. Le ruote idrauliche sonostate recentemente rivalutatericorrendo all’uso di materialileggeri (vetroresina) in modo daovviare ad uno dei loromaggiori inconvenienti, l’elevatopeso.

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all’elevato costo di acquisto e gestione, alla richiestadi tolleranze di installazione molto più rigorose,al loro rendimento praticamente nullo con portatefluttuanti o, comunque, al di sotto della portata diregime, come invece spesso accade nelle realiz-zazioni di carattere aziendale.

I problemi che caratterizzano questa tecno-logia, quale che sia il tipo di attrezzatura impie-gato, sono essenzialmente riconducibili alla neces-sità di disponibilità di acqua nel corso di tuttol’anno. Il congelamento delle sorgenti durante ilperiodo invernale ed i periodi di siccità estivi sonodue fatti da valutare, quindi, con estrema atten-zione, dato che le opere di sbarramento per l’ac-

cumulo dell’acqua, se da un punto di vista tecnicorappresentano la soluzione ideale, risultano moltospesso improponibili per motivi legati all’elevatocosto di realizzazione.

■■ 1.3 La digestione anaerobica

La trasformazione per via anaerobica delle bio-masse in biogas è un processo che avviene anchein natura ed è conosciuto dall’uomo da secoli an-che se il suo sfruttamento per la produzione di gascombustibile per le utenze domestiche – utilizzato

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Fig. 16 Una turbina Pelton a 6 getti e particolare dellepalette.

Fig. 17 Una turbina Pelton a getto unico (aperta)affiancata all’alternatore.

Fig. 18 Valori massimi della trasformazioneenergetica del biogas in energia termica edelettrica.

Tab. 2 Valori medi indicativi della produzione di biogas e del contenuto di metano nello stesso.

Vacca da latte 650 50-60 10-12 80-90 1,2-1,5 55-60Manza 500 40-50 10-12 80-90 0,9-1,3 55-60Vitellone 400 30-40 10-12 80-90 0,8-1,2 55-60Suini 100 8-10 5-6 70-80 0,07-0,15 70-75

Peso Produzione Sostanza Produzione MetanoAnimali di liquami Secca Organica di biogas nel biogas

(kg) (litri/giorno) (%) (% sul secco) (m 3/giorno) (%)

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ancora oggi in piccoli villaggi privi di energia – èpiuttosto recente.

Il biogas è caratterizzato da un contenuto inmetano variabile dal 50 al 75%, dal 25-40% dianidride carbonica e dallo 0,09-0,20% di idrogenosolforato, indesiderato perché fonte di problemidi corrosione.

La quantità di biogas ottenibile può essereindicata mediamente pari a 0,35 m3/kg di sostanzaorganica introdotta.

Un impianto di digestione anaerobica è essen-zialmente costituito da: – digestore; – impianto di termostatazione; – impianto di miscelazione; – gasometro.

■ Il digestore

L’unità base del processo è il digestore, all’internodel quale avvengono i processi fermentativi (ai

quali si farà cenno anche nella gestione dei liquamizootecnici) e dalla cui tipologia dipende lo schemafunzionale dell’impianto.

La prima distinzione può essere fatta tra:– impianti discontinui, nei quali al riempimento

dell’impianto segue una fase di digestione chepuò protrarsi fino a 3-4 mesi, dopo i qualiavviene lo scarico. Questo fatto si riflette sullaproduzione di biogas che, insignificante nelperiodo di avviamento del processo, raggiungei massimi livelli a 20-30 giorni dal carico perpoi iniziare progressivamente a decrescere. Èevidente come, in tali condizioni, l’utilizzo delbiogas divenga possibile solo disponendo dipiù impianti a carico sfasato in modo da otte-nere una produzione pressoché costante neltempo;

– impianti continui, sono gli impianti attuali,nei quali il carico e lo scarico sono continuie la produzione di biogas è pressoché costante.

Una seconda distinzione va ricondotta allatemperatura di processo, con:– impianti termofili, operanti a temperatura del-

l’ordine di 50-55 °C. Sono impianti che con-sentono di ridurre i tempi di processo, manon sono generalmente considerati adatti alnostro clima per l’elevata differenza di tem-peratura interno/esterno;

– impianti mesofili, operanti a temperature del-l’ordine di 35 °C: sono quelli oggi normal-mente utilizzati nel nostro Paese, perché con-sentono ad un tempo di produrre energia(valenza energetica) e di stabilizzare i liquami(valenza ambientale);

– impianti psicrofili, operanti a temperaturaambiente: sono impianti più semplici, ma laloro produzione è aleatoria, dipendendo dallatemperatura di processo.

Tra gli impianti continui il più comune è ildigestore high rate monostadio caratterizzato dauna completa miscelazione e da processo con-dotto in mesofilia (35-37 °C) con un tempo diritenzione (tempo medio di permanenza deiliquami nell’impianto) dell’ordine di 15-30 giorni,a seconda del tipo di substrato e del grado di sta-bilizzazione richiesto.

Nei digestori high rate a due stadi (FIG. 20)al digestore propriamente detto segue un secondoreattore, generalmente non termostatato e dimen-sionato per un tempo di ritenzione di 10-20 giorni,avente funzione di stadio di sedimentazione eaccumulo del biogas.

Negli impianti operanti con reflui molto diluiti(non certo per i liquami zootecnici) si possonoutilizzare i cosiddetti impianti a biomassa ritenuta

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Fig. 19 A) Digestore monostadio, B) digestorebistadio, C) digestore per contatto. In evidenza: 1)liquami affluenti; 2) digestore primario; 3) digestoresecondario; 4) scambiatore di calore per il riscaldamentodei liquami; 5) gasometro; 6) tubazione di ricircolo deiliquami; 7) ispessitore dei liquami digeriti; 8) tubazione diricircolo dei fanghi ispessiti; 9) miscelazione dei liquamiper insufflazione del biogas a mezzo di compressore;10) liquami effluenti; 11) scarico dei fanghi di supero.

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caratterizzati dal riempimento di parte del reat-tore con un supporto fisso ed inerte (elementimodulari a forma definita, generalmente in pla-stica, sul quale le colonie batteriche si sviluppanosotto forma di una pellicola adesa dello spessoredi 1-4 mm): sono realizzati con flusso ascendentedei liquami – upflow – o discendente – downflow(FIG. 21).

I vantaggi che si accreditano alla tecnologiaa biomassa ritenuta possono essere ricondotti almaggiore sfruttamento della sostanza organicaaffluente, alla riduzione del tempo di ritenzione,e, infine, alla possibilità di operare con reflui di-sponibili per limitati periodi dell’anno, come accadeper gran parte degli scarichi agroindustriali.

La capacità di operare con reflui diluiti col-loca tali impianti più nel settore della depurazioneche in quello del recupero energetico, anche serecenti esperienze hanno dimostrato la possibi-lità di utilizzare alcuni degli schemi impiantisticisotto descritti con liquami a concentrazione disolidi del 3-5%.

■ La termostatazione dell’impianto

Per il riscaldamento dei liquami le tecnologie adot-tabili sono quelle del:– preriscaldamento esterno: si utilizza uno scam-

biatore di calore esterno (FIG. 22); lo stessoscambiatore viene utilizzato per la termosta-tazione del digestore richiamando i liquamiquando la temperatura interna scende aldisotto di quella prefissata;

– riscaldamento interno: è la soluzione oggi mag-giormente adottata negli impianti zootecnicied è realizzata con tubazioni in acciaio inoxfissate alla parete del digestore in cui vienefatta circolare l’acqua calda prodotta dalgruppo caldaia o cogeneratore.

– riscaldamento esterno a parete: prevede l’in-stallazione esterna di tubazioni, generalmentein materiale plastico (FIG. 22). Questa solu-zione appare interessante perché elimina i

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Fig. 20 Digestore continuo a doppio stadio con stadiodi sedimentazione-stoccaggio del biogas. In evidenzaanche il separatore liquido/solido per i liquami digeriticon sottostante rimorchio per la raccolta dei solidiseparati.

Fig. 21 Digestori a letto fisso del tipo a flusso ascendente (o upflow), (a sinistra) e a flusso discendente (odownflow) (a destra). In evidenza: 1) liquami affluenti; 2) scambiatore di calore per il riscaldamento dei liquami; 3)zona riempita con il materiale di riempimento per l’adesione dei batteri; 4) biogas; 5) liquami effluenti.

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■ La miscelazione dell’impianto

Per il comparto zootecnico la miscelazione risultadi grande importanza per i liquami suinicoliessendo caratterizzati da facile sedimentabilità.Oltre che al già ricordato sistema di ricircolo idrau-lico dei liquami, la miscelazione della massa indigestione può essere attuata meccanicamente oinsufflando il biogas con un compressore.

La miscelazione meccanica costituisce oggiil sistema più usato perché energeticamente menoimpegnativo degli altri; può essere attuato conmacchine analoghe a quelle descritte nel capitolodel trattamento dei reflui zootecnici per la loromiscelazione, cioè con miscelatori a motore som-merso (qualora sia possibile il loro sollevamentodall’alto) o con miscelatori installati sulla paretecon motore esterno (FIGG. 23 e 24).

In ogni caso nella scelta deve essere attenta-mente analizzato l’aspetto energetico, trovandosisul mercato tipologie di macchine con rendimentimolto diversi a parità di prestazioni.

■ L’accumulo del biogas

Considerato l’elevato volume occupato dal biogas(2000 volte superiore a quello del gasolio a paritàdi contenuto energetico) appare evidente l’im-portanza di limitare al massimo i tempi di stoc-caggio e di favorirne, invece, l’utilizzo all’atto dellaproduzione. È comunque necessario un accumuloparziale, attuabile con i tradizionali gasometri acampana o con le calotte gasometriche in mate-riale plastomerico (FIG. 25).

Fig. 22 Scambiatore di calore esterno utilizzato per il preriscaldamento dei liquami prima di immetterli nel digestore(a sinistra) e scambiatore interno costituito da due anelli di tubazione in acciaio inox a parete. In evidenza in figuraanche il raschiatore di fondo utile per materiali altamente sedimentabili (a destra – fonte: HOCHREITER).

Fig. 23 Riscaldamento esterno a parete: in evidenza infigura le tubazioni di riscaldamento in PE coperte dalmanto di isolamento in materassini di lana di vetro e ilrivestimento esterno in alluminio (fonte: LIPP).

problemi di incrostazioni tipica degli scam-biatori interni, da cui deriva una riduzione direndimento di scambio termico, ma richiedeun isolamento esterno molto accurato.

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■ La cogenerazione

La combustione del gas prodotto in caldaia costi-tuisce la soluzione meno impegnativa in ordine agliinvestimenti, ma limita la possibilità di sfrutta-mento del biogas, rendendo di fatto la cogenera-zione, cioè la produzione congiunta di energiaelettrica (prodotto principale del processo) edenergia termica (sottoprodotto di recupero) la

soluzione da privilegiarsi.Gli impianti di cogenerazione presenti sul

mercato sono oggi di buona affidabilità, ma lapresenza di seppur limitate quantità di idrogenosolforato obbliga l’utente a prevedere dei tratta-menti di desolforazione. Se nei grandi impianti èpossibile adottare costose attrezzature specifiche,negli impianti aziendali oggi ci si limita sostan-zialmente a garantire una buona deumidificazionedel gas, eventualmente ricorrendo al suo raffred-

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Fig. 24 Miscelatori con motore esterno: a pale (a sinistra – fonte: HOCHREITER) e ad elica (a sinistra – fonte: LIPP).

Fig. 25 Sistemi di accumulo del biogas: 1) gasometro asacco – oggi sistemato in ambiente protetto;2) gasometro tradizionale a campana; 3) cupolagasometrica realizzata sopra il digestore, conevidenziata la botola di ispezione (fonte: UTS)

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damento con macchina frigorifera, dato che contale operazione una buona parte dell’idrogeno sol-forato viene eliminata. La desolforazione puòanche essere ottenuta introducendo con regolaritànel digestore aria nella misura del 2-4% in volume:si ha la precipitazione dell’H2S come cristalli dizolfo.

A garanzia della durata dei motori, inoltre,occorre eliminarne ogni componente in rame,materiale che viene aggredito dall’idrogeno solfo-rato.

Un ulteriore problema è quello della sceltadel gruppo di co-generazione più adatto alla realtàaziendale: per i piccoli impianti, con potenze infe-riori ai 50 kW, non sono molti i cogeneratori dis-ponibili sul mercato, mentre nelle taglie più grandil’offerta è maggiore ed anche gli investimentirichiesti per kW di potenza si riducono.

La scelta di macchine di potenza superiore aquella garantibile in continuo dall’impianto puòessere giustificabile, considerato che molto spessole utenze aziendali sono concentrate in un periodomassimo di dodici ore, ma ciò comporta un dimen-sionamento consistente dello stoccaggio del biogased un funzionamento discontinuo del gruppo dicogenerazione. Ogni disattivazione, però, com-porta il raffreddamento del motore e, conseguen-temente, l’effetto negativo della condensazione delvapore.

Per gli impianti di medio-grandi dimensionipuò essere preferibile il ricorso a più unità di coge-nerazione: questa scelta è più impegnativa eco-nomicamente, ma offre una maggiore affidabilità.

■■ 1.4 Gli impianti eolici

I generatori eolici, o aeromotori, sono macchinein grado di trasformare l’energia cinetica del ventoin energia meccanica che, a sua volta, può esseretrasformata in energia elettrica. Ciò è ottenutorallentando la velocità dell’aria con la propria mec-canica.

La potenza ricavabile dagli aeromotori è defi-nibile con la relazione:

W = 0,0031 · D2 V3 [kW]

ove:W = potenza ottenibile [W]; D = diametro del rotore [m];V = velocità del vento [km/h].

Questa relazione tiene conto sia dell’impossi-bilità di sfruttare completamente l’energia delvento, sia del rendimento della macchina e fornisce,in definitiva, la potenza realmente ottenibile all’al-bero di un aeromotore, note le sue dimensioni ela velocità del vento.

La scelta dell’installazione di un aeromotorepresuppone in primo luogo la conoscenza dei dati

Fig. 26 Cogeneratore da 35 kW con motore MAN in unimpianto zootecnico (fonte: HOCHREITER).

Fig. 27 L’aeromotore Savonius ad asse di rotazioneverticale. Alla semplicità costruttiva e alla possibilità dinon richiedere alcun orientamento al vento sicontrappongono il peso elevato e l’impossibilità diraggiungere elevate velocità di rotazione.

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relativi alla ventosità della zona e, in particolare,delle curve “velocità-durata”, le quali esprimonoil numero di ore/anno in cui viene raggiunta unadeterminata velocità del vento.

L’impossibilità di reperire con facilità taliinformazioni spesso limita i criteri di scelta aduna valutazione empirica della velocità del vento,la quale non deve in ogni caso risultare inferiorea 15-18 km/h.

Una volta accertata la presenza di una ade-guata ventosità si deve procedere alla scelta delluogo nel quale collocare l’aeromotore; essa deverispondere a criteri legati ad un razionale sfrut-tamento del vento (massima esposizione, assenzadi ostacoli, ecc.) e alla vicinanza delle utenze perle quali l’aeromotore è stato predisposto.

Le tipologie di generatori eolici sono essen-zialmente riconducibili a:– macchine ad asse verticale;– macchine ad asse orizzontale.

Gli aeromotori ad asse di rotazione verticale opanemoni sono macchine la cui rotazione, come lostesso nome indica, è indipendente dalla direzionedel vento. Pur essendo semplici da realizzare, sonopesanti, di difficile protezione dai venti forti e pre-sentano, inoltre, rendimenti non elevati (< 30%).

Un tipico esempio di panemone è quello ideatodal finlandese Savonius, dal quale prende il nome:esso è costituito da due superfici semicilindricherotanti solidalmente intorno ad un asse verticale(FIG. 27).

L’impossibilità di raggiungere elevate velocitàdi rotazione (il rotore presenta una velocità dibordo di 0,8 volte quella del vento) e l’elevatacoppia motrice rendono il rotore Savonius idoneoad essere collegato con pompe alternative; risulta,invece, sconsigliato l’abbinamento con un gene-ratore di corrente elettrica.

Altro esempio di aeromotore ad asse verticaleè il rotore Darrieus che nella sua forma classica èformato da 2-3 pale incurvate ad arco ed incer-nierate all’asse di rotazione (FIG. 28): la velocitàdi rotazione è superiore di 5-8 volte a quella delvento ed i rendimenti sono nettamente più elevatirispetto al Savonius. Ciò permette a questa mac-china di essere utilizzata anche per l’azionamentodi generatori di energia elettrica.

Le macchine ad asse di rotazione orizzontale,cioè i generatori eolici ad elica, sono senza alcundubbio quelle più diffuse e più conosciute.

Un primo gruppo di macchine – caratterizzatoda un elevato numero di pale, da basse velocità dirotazione e da elevate coppie motrici – viene impie-

Fig. 28 Il rotore Darrieus nella sua conformazione piùclassica a pale incurvate e incernierate all’asse dirotazione. L’impossibilità di avviamento autonomo,dovuta alla simmetria delle pale, viene ovviata adottandopale a profilo asimmetrico oppure montando un motoreelettrico il cui avviamento è comandato da unanemometro.

Fig. 29 Generatori eolici tripale ad asse orizzontale.

gato per l’azionamento di pompe alternative.Tipici esempi sono i mulini a vento e tutti gli

aeromotori di vecchia concezione.Ad essi si contrappone la nuova generazione

di aeromotori che dispongono di un numero limi-tato di pale (da 1 a 4) (FIG. 29) che, grazie al loroprofilo aerodinamico e all’impiego di materialileggeri derivati dal settore aeronautico, consentonodi raggiungere velocità di rotazione tali da renderepossibile l’impiego di generatori elettrici.

Con tali macchine diviene indispensabile l’a-dozione di limitatori di velocità del rotore i quali,oltre che garantire l’integrità di quest’ultimo edella struttura di sostegno, assicurano anche uncorretto funzionamento del generatore di corrente.

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Per quanto riguarda quest’ultimo la scelta tec-nicamente ottimale prevede l’abbinamento di ungeneratore di corrente continua con un sistema di

accumulo e con un dispositivo di conversione cor-rente continua/corrente alternata.

Fig. 30 Ipotesi di impiego dell’energia elettrica prodotta da un generatore eolico (fonte: RIVA CALZONI).

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