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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE Direttore responsabile Sergio Ferrari Comitato di redazione Maria Antonietta Biancifiori, Fausto Borrelli, Gilberto Busuoli, Marco Martini, Pietro Metalli, Emilio Santoro Redattore capo Alida La Croce Redazione Giuliano Ghisu Collaboratori Daniela Bertuzzi, Gabriella Martini, Paolo Monaci, Elisabetta Pasta Responsabile editoriale Diana Savelli Redazione ENEA Lungotevere Thaon di Revel 76, 00196 Roma, Tel. 06-36272401, Fax 06-36272720 E-mail/[email protected], Sito web/www.enea.it Progetto grafico Bruno Giovannetti (ENEA) Ada Cerrato, Nicoletta Troncon (Litografia Fabiano) In copertina Riproduzione Frammenti, E. Guglielminetti Stampa Litografia Fabiano, Reg. San Giovanni 2/b, 14053 Canelli (AT) Registrazione Tribunale Civile di Roma Numero 6047 del 2 dicembre 1957 del Registro Stampa. Modifiche in corso Pubblicità Fabiano srl Abbonamento annuale Italia r 21,00, Estero r 26,00; una copia r 4,20 C.C.P. n. 12439121 intestato a Fabiano srl 12058 S. Stefano Belbo (CN), Tel. 0141-822557, Fax 0141-822669 E-mail: [email protected] Il contenuto degli articoli pubblicati è di esclusiva responsabilità degli autori. La riproduzione di articoli o parte di essi deve essere autorizzata dall’ENEA. Finito di stampare nel mese di giugno 2003 ENERGIA,AMBIENTE E INNOVAZIONE ANNO 49 MAGGIO-GIUGNO 2003 www.enea.it www.enea.it

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ENERGIA,AMBIENTEEINNOVAZIONE

Direttore responsabile Sergio Ferrari

Comitato di redazione Maria Antonietta Biancifiori, Fausto Borrelli, GilbertoBusuoli, Marco Martini, Pietro Metalli, Emilio Santoro

Redattore capo Alida La Croce

Redazione Giuliano Ghisu

Collaboratori Daniela Bertuzzi, Gabriella Martini, Paolo Monaci, Elisabetta Pasta

Responsabile editoriale Diana Savelli

Redazione ENEALungotevere Thaon di Revel 76, 00196 Roma, Tel. 06-36272401, Fax 06-36272720E-mail/[email protected], Sito web/www.enea.it

Progetto grafico Bruno Giovannetti (ENEA)Ada Cerrato, Nicoletta Troncon (Litografia Fabiano)

In copertina Riproduzione Frammenti, E. Guglielminetti

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Registrazione Tribunale Civile di RomaNumero 6047 del 2 dicembre 1957 del Registro Stampa. Modifiche in corso

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Il contenuto degli articoli pubblicati è di esclusiva responsabilità degli autori.La riproduzione di articoli o parte di essi deve essere autorizzata dall’ENEA.

Finito di stampare nel mese di giugno 2003

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE

ANNO 49 MAGGIO-GIUGNO 2003

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4 UNIVERSALITÀ E DIMENSIONE INTERNAZIONALE DELLA SCIENZATHE UNIVERSALITY AND THE INTERNATIONAL DIMENSION OF SCIENCE Carlo Rubbia

Il sistema del nostro Paese deve operare per attrarre qualità e competenze scientifiche,creare cioè quelle condizioni perché una comunità scientifica – aperta agli apporti ditutti i ricercatori – sia messa in grado di produrre nuove esperienzeItaly should seek to attract scientific quality and skills, to create the conditions thatenable a scientific community – one open to contributions from all researchers – toproduce new knowledge and skills

12 LA NANOTECNOLOGIA: PREMESSA PER UNA NUOVA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA?NANOTECHNOLOGY: PREMISE FOR A NEW SCIENTIFIC REVOLUTION?Antonio Nobili, Salvatore Scaglione

Dopo microelettronica e biotecnologia si sta affermando un nuovo paradigma scientificoe tecnologico, foriero di formidabili sviluppi in tutti i settori applicativi nel prossimodecennio. Fisica, chimica e biologia contribuiscono a questa nuova disciplina. Fra i paesiall’avanguardia, molte conferme e alcune sorpreseAfter microelectronics and biotechnology, a new scientific and technological paradigmis coming to the fore, heralding far-reaching developments in all applications sectors inthe next decade. Physics, chemistry and biology all contribute to this new discipline.Among the vanguard nations, many confirmations and some surprises

21 CALORE AD ALTA TEMPERATURA DALL’ENERGIA SOLAREHARNESSING SOLAR ENERGY AS HIGH TEMPERATURE HEATENEA, Grande Progetto Solare Termodinamico

Una tecnologia innovativa dell’ENEA per una energia pulita, disponibile continuamentee ad un costo competitivo come contributo per la diversificazione delle fonti e lariduzione del problema delle emissioniAn innovative technology developed by ENEA for clean, continuously available energy atcompetitive costs as a contribution to the diversification of energy sources and the re-duction of hazardous emissions

36 PROTOCOLLI DI SPERIMENTAZIONE PER LA PRODUZIONE BIOLOGICA IN AZIEN-DE PILOTA DELLE REGIONI MERIDIONALIEXPERIMENTATION PROTOCOLS FOR BIOLOGICAL PRODUCTION AT PILOT FARMS INSOUTHERN ITALYDamiano Petruzzella, Enrico Raso, Maurizio Desantis, Carmelo Sigliuzzo, Agostino Letardi

Una ricerca comunitaria per definire nuove forme di agricoltura sostenibile emultifunzionale, alternativa ma non conflittuale con quella convenzionale, ha portatoalla definizione di una metodologia semplice, fondata sul coinvolgimento diretto degliagricoltori e messa a punto in aziende pilota a differente orientamento produttivoEU-sponsored research to define new forms of sustainable and multifunctional agricul-ture – alternative to but not conflicting with conventional farming – has led to the defi-nition of a simple methodology based on the direct involvement of farmers and fine-tuned at pilot farms oriented towards different kinds of produce

47 IL PARCO DELL’ENERGIA: MOSTRA DELLE TECNOLOGIE ENERGETICHE RINNOVABILITHE ENERGY PARK EXHIBITION ON RENEWABLE ENERGY TECHNOLOGIESAlessandra Scognamiglio, Marco Citterio

Realizzazione di una mostra permanente, presso l’area sperimentale di Monte Aquilonein Puglia, nel settore della ricerca sulle tecnologie energetiche rinnovabili. L’obiettivodella mostra è, in particolare, quello di contribuire alla diffusione delle conoscenze nelcampo dell’energia solareCreation of a permanent exhibition at the Monte Aquilone experimental area in Puglia,devoted to research on renewable energy technologies. The overall objective is to disse-minate knowledge on solar energy

57 CALCOLATORI QUANTISTICIQUANTUM COMPUTERSFabrizio Cleri

Un racconto sulle macchine calcolatrici del futuro, in cui si parla della vera lunghezzadei numeri, dell’entropia di un calcolatore e di quel che si può o non si può calcolareA story about the computing machines of the future, with an account of the real length ofnumbers, of the entropy of computers, and of what can and what cannot be calculated

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SPAZIO APERTO

STUDI & RICERCHE

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3ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

75 BLOB CERVELLO (2)a cura di Fausto Borrelli

Gli anni 90 dello scorso secolo – detti anche “decennio del cervello” – hanno visto fiorire unagran quantità di pubblicazioni sugli sviluppi delle neuroscienze e della filosofia della mente.Questo palinsesto di citazioni d’autore si concentra sul rapporto “mente-cervello”. Un temacruciale che da oltre due millenni costituisce il luogo privilegiato in cui convergonospeculazione filosofica, pensiero scientifico e fede religiosa. Nonostante gli straordinaririsultati della ricerca contemporanea, il groviglio di ambiguità, oscurità e incertezze – che dasempre ha caratterizzato questo ineludibile problema – sembra aumentato piuttosto chediminuito. Il palinsesto va dal canone buddista (IV sec. a.C.) ad Agostino di Tagaste (V sec.d.C.), da Averroè (1190) a Cartesio (1641), da Leibniz (1714) a Hegel (1807), da Nietzsche(1887) a Freud (1917), da Einstein (1936) a Erwin Schroedinger (1950), da Richard Feynman(1978) a Francis Crick (1994), a Erich Kandel (1997), da John Searle (1997) a Gerald Edelman(2000), da Igor Aleksander (2001) a Edoardo Boncinelli (2002), a Roth (2003)

The 1990s – dubbed the "Brain Decade" – saw a flowering of publications about developmentsin neuroscience and philosophy of the mind. This selection of quotations focuses on therelationship between mind and brain, a subject that has intrigued philosophers, scientists andreligious thinkers for more than two thousand years. Despite the extraordinary results ofresearch in our own day, the tangle of ambiguities, obscurities and uncertainties that hasalways characterised this inescapable issue seems to be growing larger rather than smaller. Thequotations range from the Buddhist canon (4th cent. B.C.) to Augustine (5th cent. A.D.),Averroës (1190), Descartes (1641), Leibniz (1714), Hegel (1807), Nietzsche (1887), Freud(1917), Einstein (1936), Schroedinger (1950), Feynman (1978), Crick (1994), Kandel (1997),Searle (1997), Edelman (2000), Aleksander (2001), Boncinelli (2002) and Roth (2003)

87 COLONNINE E PLUTEI IN STUCCO PROVENIENTI DA SUTRISTUCCO COLUMNS AND PLUTEI FROM SUTRIFrancesco Cardellini, Giolj Francesco Guidi, Fabrizio Pierdominici

STUDIO IDROGEOLOGICO PER LA DEFINIZIONE DI UNA RETE DI MONITORAGGIODELLE ACQUE E DI INDICATORI PER LA CERTIFICAZIONE ECOLOGICAHYDROGEOLOGICAL STUDY AIMED AT DEFINING A WATER MONITORING NETWORKAND INDICATORS FOR ECOLOGICAL CERTIFICATIONDivo Vincenzi, Antonio Gnes

CAMPAGNA SPERIMENTALE DI TERMOVALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI URBANIEXPERIMENTAL CAMPAIGN ON EXTRACTING HEAT FROM URBAN WASTEStefano Cassani, Andrea Corti, Luana Frassinetti

98 NOTIZIE DAL MONDO, DALL’UNIONE EUROPEA, DALL’ITALIA, DALL’ENEA.INCONTRI E LETTURENEWS FROM THE WORLD, THE EUROPEAN UNION, ITALY AND ENEA. INFORMATIONABOUT MEETINGS AND RECENTLY PUBLISHED WORKS

dal Mondo • Nuova macchina per la fusione nucleare 98• Case a consumo zero 98• Foreste tropicali e CO2 98

dall’Unione Europea • Emissioni di gas di serra in Europa 99• Carbone e sviluppo energetico 99

dall’Italia • Progetti di mobilità sostenibile 100• XIII Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica 100• Consorzio per l’attuazione del PNRA 100

dall’ENEA • Mitigazione della desertificazione in Sicilia 101• Adeguamento sismico degli edifici 101

Incontri • Produzione e riciclo del vetro 102• Premio “Oscar Masi” 2002 102• Giornata mondiale dell’acqua 102

Letture • Antartide: ai confini del mondo 103• Combustibili legnosi 103• World Energy, Technology and Climate Policy Outlook 103• Pianificazione e controllo di gestione 104

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SCIENZA, TECNICA, STORIA & SOCIETÀ

NOTE TECNICHE

CRONACHE

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Il sistema del nostro Paese deve operare per attrarrequalità e competenze scientifiche, creare cioè quelle

condizioni perché una comunità scientifica– aperta agli apporti di tutti i ricercatori – sia messa

in grado di produrre nuove esperienze

The universality and the internationaldimension of scienceItaly should seek to attract scientific quality and skills, tocreate the conditions that enable a scientific community– one open to contributions from all researchers – toproduce new knowledge and skills

CARLO RUBBIACommissario Straordinario

ENEA

Universalità e dimensioneinternazionale della scienza

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Oltre cento scienziati italiani provenienti da ogni parte del mondo hanno partecipato dal 10al 12 marzo, a Roma, al “I Convegno internazionale degli scienziati italiani all’estero” pro-mosso dal Ministro per gli Italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia.Duplice l’obiettivo dell’iniziativa organizzata in collaborazione con il Ministero degli AffariEsteri e d’intesa con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e il Ministero dellaSalute: da un lato rendere il dovuto omaggio a una categoria di italiani eccellenti che conti-nua a dare lustro al nostro Paese; dall’altro gettare le basi per un nuovo rapporto tra gliscienziati all’estero e i loro colleghi in Italia al fine di stimolare sinergie e collaborazioni tra ledue parti.Il Convegno svolto sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, oltre alle relazionidei due premi Nobel Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia, ha visto gli interventi di personalitàdi spicco del mondo scientifico italiano, dei rappresentanti dei maggiori enti di ricerca italia-ni e dei ministeri coinvolti nell’organizzazione.Nelle tre sessioni di lavoro “geografiche” (Nord America, Europa e Sud America-Africa-Australia) sono intervenuti gli scienziati italiani affermatisi nei rispettivi Paesi di attività, i qualihanno descritto le caratteristiche più salienti delle proprie esperienze professionali e hannolanciato idee e proposte di collaborazione con gli enti di ricerca italiani. In estrema sintesi, èemersa la necessità di promuovere: l’acquisizione di nuove risorse; la piena gestione deiprogetti; il massimo sostegno al lavoro dei giovani ricercatori; un maggior coinvolgimentodei privati; l’introduzione del principio di meritocrazia; la creazione di uno specifico comitatoscientifico di consultazione. È anche emerso che un problema importante è la mancanza diequilibrio tra il numero dei ricercatori che vanno all’estero e quello degli stranieri che giun-gono in Italia. Per questo è necessario incrementare i finanziamenti nel nostro Paese ricor-dando che la ricerca di base è un investimento pubblico non solo opportuno ma anche frut-tuoso, a lungo termine, di utili non indifferenti.Pubblichiamo, insieme alla relazione del prof. Rubbia, l’Ordine del Giorno e il Documento fi-nale del Convegno.

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La moderna metodologia scientifica nacque in Italia nel diciassettesimo secolo conGalileo Galilei. Tuttavia, lo sviluppo delle scienze naturali incominciò a prendere piede so-lamente nella seconda metà del diciottesimo e l’inizio del diciannovesimo secolo. Ne furo-no i principali catalizzatori un numero limitato di grandi scienziati appartenenti ad alcuneuniversità europee. La loro influenza si diffuse rapidamente in Europa, grazie soprattutto alfatto che i limiti delle frontiere nazionali non impedivano ai giovani studenti di apprenderenelle università di loro scelta – da Londra o Parigi a San Pietroburgo, da Uppsala a Bologna.Fu questa la prima forma di una primitiva cooperazione internazionale. La collaborazioneinternazionale è quindi un fenomeno antico quasi quanto la scienza moderna.Parallelamente, durante il XIX secolo, nel mondo occidentale l’industrializzazione incomin-ciò a fare i primi passi. L’interazione fra le scienze e le nuove industrie crebbe progressiva-mente: uno dei primi esempi è rappresentato dell’industria chimica (l’high-tech del XIXsecolo) nata in Germania, che divenne un leader internazionale del settore. Nel secoloscorso tali esperienze hanno portato anche ad un primo esempio del coinvolgimento go-vernativo diretto, con la creazione di un nuovo e più forte organismo di ricerca, comple-

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mentare al sistema universitario: gli Istituti Kaiser Wilhelm, fondati in Germania nel 1911, eora conosciuti come Istituti Max Planck.Ad evidenza della vitalità della scienza in Europa durante i primi 25 anni del 900, dei 71laureati Nobel per la fisica, la chimica e la medicina, 68 furono assegnati a scienziati euro-pei.I tragici eventi in Europa durante il secondo quarto del 900 e le loro ripercussioni sulle atti-vità scientifiche sono ben noti, e non hanno bisogno di essere descritti oltre. Tuttavia, fu du-rante la seconda guerra mondiale e gli anni immediatamente successivi che emerse final-mente una chiara consapevolezza del ruolo fondamentale che la scienza può avere per losviluppo industriale e per le sue applicazioni, sia civili sia militari. Il governo federale degliStati Uniti d’America aumentò rapidamente i finanziamenti alla ricerca nei settori dellescienze naturali e della bio-medicina, su una scala che non ha precedenti nella storia. Sicalcola che, subito dopo la guerra, il bilancio della ricerca degli Stati Uniti si avvicinassealla metà del totale dei finanziamenti mondiali alla ricerca.Durante il penultimo quarto del secolo, questi investimenti, coadiuvati dalle dimensioni delPaese e da una totale libertà di interazione e movimento degli scienziati, portarono lascienza americana ad una posizione di assoluta pre-eminenza in molti settori. A testimo-nianza di ciò, troviamo ancora una volta la nazionalita dei premi Nobel. Durante i primi 25anni del XX secolo, solamente 3 su un totale di 71 laureati Nobel per la fisica, la chimica ela medicina furono americani. Nei 25 anni che vanno dal 1955 al 1980, i cittadini statuniten-si furono 82 su un totale di 150. Molti di questi provenivano originariamente dall’Europa,alla ricerca della libertà fuggendo gli orrori di regimi totalitari.Nello stesso tempo, un altro, nuovo e rivoluzionario modo di portare avanti la ricerca fon-damentale trovò le sue radici nel Vecchio Continente, che si stava faticosamente risollevan-do dai disastri della guerra verso una rinnovata prosperità: un forte movimento di interna-zionalizzazione istituzionale della cooperazione scientifica si manifestò in un momento incui un tale concetto – così popolare ai nostri giorni – era ancora essenzialmente scono-sciuto. Un primo eccellente esempio fu il CERN, l’Organizzazione Europea per la RicercaNucleare con sede a Ginevra – che festeggia l’anno prossimo i suoi 50 anni – e che at-tualmente alimenta le ricerche di ben 5000 scienziati nel settore della fisica delle particel-le elementari. Incidentalmente, per il numero di ospiti americani, il CERN equivale al se-condo laboratorio statunitense in ordine di grandezza nel settore delle particelle elemen-tari. Forte di 20 Stati membri europei, il CERN può annoverare tra gli altri gli Stati Uniti, ilCanada, la Russia e Israele come paesi osservatori. È stata la necessità di consentire unacomunicazione attiva a livello mondiale fra i suoi scienziati, che ha dato luogo all’invenzio-ne del World Wide Web. La partecipazione scientifica dell’Italia è ben il 28,8% degli altriStati membri, nonostante che il nostro contributo finanziario sia dell’ordine del 15%.Questo nuovo metodo di cooperazione scientifica su scala globale, a partire dal CERNcome modello, fece la sua comparsa anche in molti altri settori come la meteorologia, l’a-stronomia, la biologia, la fusione nucleare e l’ingegneria spaziale.Purtroppo, non è solo la mente umana, ma sono anche le malattie a non conoscere frontie-re. Di particolare interesse nel settore della medicina sono i programmi internazionali sullemalattie tropicali sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, una specialeagenzia delle Nazioni Unite, anch’essa con sede a Ginevra. Sono organizzati sulla base diveri e propri consigli di ricerca internazionali, in cui pianificazione e decisioni sono nellemani di scienziati esperti provenienti da tutto il mondo. L’Organizzazione Mondiale per laSanità fornisce servizi di base e svolge l’inestimabile ruolo di organizzazione ombrello

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un nuovometodo di

cooperazionescientifica suscala globale

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che garantisce l’accesso a questi servizi a tutti gli Stati membri. In questo modo, i miglioriesperti su scala pIanetaria possono cooperare efficacemente su alcuni dei più difficili pro-blemi che affliggono i Paesi in via di sviluppo: allo stesso tempo, il sistema delle NazioniUnite può espandersi in maniera costruttiva e priva di controversie.Sono convinto che questi siano tutti validi esempi di forme diverse di collaborazione inter-nazionale. Nel settore della ricerca civile sta gradualmente crescendo il ricorso alla formu-la della cooperazione internazionale che viene percepita come il prerequisito necessarioalla pace e alla prosperità da una sempre più ampia porzione della popolazione mondiale.La cooperazione internazionale ha avuto infine il suo riscontro anche a livello del ComitatoNobel. Negli anni ’30, la maggior parte dei Nobel erano tedeschi. Nel 1976, anno eccezio-nale, tutti i laureati Nobel provenivano dagli Stati Uniti. Durante gli ultimi anni, fatto senzaprecedenti nella storia della Fondazione Nobel, mai tanti scienziati provenienti da tantiPaesi diversi furono insigniti di tale onorificenza. Inoltre, nei settori della scienza in cui ilcoinvolgimento internazionale è il più avanzato, la maggior parte dei laureati Nobel hannoeffettuato le loro scoperte nel quadro di programmi di ricerca internazionali.È questa una nuova tendenza, o semplicemente una fluttuazione statistica, destinata ascomparire negli anni a venire? A mio parere, è questo un nuovo cammino intrapreso dallascienza, destinato ad essere percorso sempre più frequentemente con il passare deltempo. Non è un evento incidentale, è una via importante che si sta trasformando nellastrada maestra per la scienza del futuro.Ma, per quale motivo dovremmo ricorrere alla cooperazione internazionale nella ricercadella conoscenza?La necessità di fare ricorso ad essa si giustifica solitamente in termini di finanziamenti, valea dire con il bisogno di condividere gli enormi investimenti indispensabili alla costruzionedi laboratori su larga scala. Quantunque esso ne sia il motivo più evidente, non è la sola ra-gione del rimarchevole successo della scienza basata sull’internazionalizzazione. Vi sono,infatti, altre due, ben più significative, giustificazioni all’allargamento della ricerca ad unadimensione internazionale. La prima ragione è quella che definirei “il fattore umano”. Ilprogresso nella ricerca fondamentale è generato principalmente da “fluttuazioni”, ossia dacambiamenti improvvisi dovuti a progressi concettuali. Senza un tale “catalizzatore”,anche i più massicci investimenti in termini di risorse non sarebbero in grado di produrreeffetti confrontabili. Nella scienza, si progredisce maggiormente grazie ad una singolaidea innovativa che attraverso gli sforzi continuati e pianificati di centinaia di ricercatoricon un approccio più convenzionale – lavoro che si rende peraltro necessario, quantun-que non sufficiente per il più rapido progresso. Come nell’arte, anche nella scienza, dietroalle personalità di grande successo troviamo il talento. La Natura genera questi talenti conlentezza, con parsimonia e a ritmo costante. Esso origina soprattutto da doti naturali, tutta-via affiancate ad una solida e approfondita formazione accademica. Il loro numero non sipuò aumentare a comando: crescono spontaneamente laddove le conoscenze di una co-munità sono adeguate a fornire quella formazione di base di cui questi talenti hanno biso-gno. Questo terreno di coltura è oggi presente in molte nazioni, compresi molti dei Paesi invia di sviluppo.I1 secondo elemento di cui vorrei parlare è quello che chiamerei “l’effetto collettivo”. I1progresso scientifico viene notevolmente amplificato da un effetto non-lineare. Ciò è parti-colarmente vero per le interfacce fra discipline, ad esempio, un’idea chimica applicata allabiologia, un concetto matematico applicato alla fisica, la comprensione delle funzioni dibase e così via. In altre parole, un centinaio di scienziati in discipline non troppo differenti

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nella scienza,dietro allepersonalitàdi grandesuccessotroviamoil talento

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che operano – per così dire – sotto lo stesso tetto, effettuano progressi di gran lunga mag-giori e rapidi rispetto allo stesso centinaio di persone che lavorano separatamente e isola-te le une dalle altre. Questa è una caratteristica fondamentale del pensiero scientifico inno-vativo. Ciò costituisce, ad esempio, una delle maggiori ragioni per cui, durante gli ultimidieci secoli, il progresso scientifico si è associato principalmente alle università, e cioè acomunità in cui studiosi di discipline diverse si trovavano riuniti. Ai giorni nostri, esso èpercepito anche dal mondo dell’industria come un elemento essenziale allo svolgimentodelle proprie attività di ricerca e sviluppo.Pertanto, tenendo conto delle enormi dimensioni dell’impegno scientifico di oggi, sia laraccolta delle menti migliori che la creazione di un appropriato melting pot sono realizza-bili in maniera ottimale solamente grazie alla collaborazione internazionale.Va detto tuttavia che questo processo di internazionalizzazione della scienza era già la-tente da lungo tempo e che ciò di cui ci stiamo rendendo conto oggi rispecchia sempli-cemente la necessità di una migliore e più sistematica istituzionalizzazione di un proces-so pre-esistente. Ad esempio, negli Stati Uniti la scienza ha grandemente approfittato delmelting pot internazionale, grazie al rimarchevole e spontaneo processo che ha creatoquesto grande Paese a partire dalle radici di genti emigrate da tutte le parti del mondoFino ad ora, il carattere internazionale della scienza statunitense altro non è stato se non ilrisultato della straordinaria generosità di quel Paese nell’accogliere tante persone prove-nienti da tutte le parti del mondo. Io sono stato uno di questi e, come loro, mi sento profon-damente in debito nei confronti degli Stati Uniti per la generosità e l’ospitalità che vi hotrovato.Tuttavia, anche nel caso di un Paese immensamente potente e ricco come gli Stati Uniti,questo meccanismo sarà ancora sufficiente a far fronte ai problemi che si presenterannonegli anni a venire? Potrà l’afflusso di latino-americani e asiatici compensare il diminuitoafflusso degli europei? Penso che la complessità sempre crescente della ricerca scientifi-ca richiederà con forza nuovi passi, al fine di assicurare che il coinvolgimento internazio-nale sia orientato verso forme più organizzate e meglio pianificate. Solo così ci si potrà as-sicurare che tutta l’energia libera, potenzialmente presente sotto forma di risorse umane,possa essere incanalata efficacemente all’interno di una più ampia organizzazione di coo-perazione fra nazioni amiche. Una tale cooperazione su vasta scala non va intesa come li-mite o come obbligo, ma come stimolo alla libera circolazione di idee e scienziati all’inter-no del sistema. La scienza va incoraggiata e non imbrigliata dalla burocrazia.È una precipua responsabilità della società creare le condizioni più propizie affinché la co-munità scientifica sia messa in grado di produrre nuove conoscenze, un componente es-senziale per il progresso dell’Occidente in particolare e di tutto il genere umano, più in ge-nerale. Oggi ciò dipende inevitabilmente da una cooperazione scientifica internazionale,sempre più estesa e meglio strutturata.Da lungo tempo si sono stabiliti dei profondi legami fra il vecchio e i nuovi continenti. Di re-cente, una nuova componente ha iniziato a giocare un ruolo sempre crescente. Il modernoGiappone e altri paesi orientali, come ad esempio l’India e la Cina, stanno emergendo conla necessità impellente di migliorare i loro standard di vita, e al fine di acquisire una nuovae influente posizione all’interno di un’economia globale. A prima vista, ci sembra tuttavia(e questo vale in particolare dal punto di vista degli europei) che questi nuovi, emergentimelting pot non parlino il nostro stesso linguaggio o delle stesse cose. Penso che questosia dovuto ad una nostra conoscenza piuttosto superficiale dei loro fondamenti culturali edelle loro genti. Ciò è forse dovuto anche perché ci risulta difficile capire la loro prorom-

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la scienza vaincoraggiata

e nonimbrigliata

dallaburocrazia

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pente ossessione per la produttività e l’efficienza. Non stanno essi forse trascurando un’al-tra dimensione, altrettanto importante, vale a dire l’estetica e la qualità del prodotto, quellaimpercettibile alchimia fatta di originalità e fantasia?Produrre di più e a prezzi píù bassi: d’accordo, ma a che fine/scopo?I prodotti correnti parlano alla nostra mente come lo hanno saputo fare i capolavori dei no-stri antenati? È mia opinione che il futuro apparterrà a coloro che sapranno cogliere quelconfine misterioso, ma difficilmente qualificabile, che separa il brutto dal bello. È questauna filosofia che ha permeato la maggior parte delle grandi civiltà del passato; è questoun elemento fondamentale, che caratterizza il modo di percepire il mondo circostante, al-meno per noi occidentali. Non va dimenticato, ad esempio, che questo concetto affondaprofondamente le sue radici nella storia e nella cultura italiane, e che rappresenta uno deipiù preziosi patrimoni che abbiamo ereditato dal nostro passato ed è il motivo principaleper cui siamo apprezzati nel mondo.Confido nel fatto che attraverso una migliore comprensione gli uni degli altri possa cam-biare anche il nostro atteggiamento nei confronti dei rimarchevoli successi ottenuti daglialtri popoli con diverse radici culturali. È solamente attraverso dei legami più solidi fra tuttinoi, attraverso la realizzazione di un mondo veramente internazionalizzato, basato su atti-vità scientifiche fondate sulla cooperazione, nella quale tutti i differenti patrimoni culturali –risultato dell’eredità del passato – saranno in grado di rafforzare i legami che ci uniscono,che riusciremo a pianificare lo scenario generale del ventunesimo secolo, in un più estesoe rinnovato quadro di unificazione scientifica fra tutti i popoli civilizzati del pianeta.

Cari colleghi, voi siete una risorsa di altissima qualità, un “prodotto” molto richiesto nelmondo. Siete riusciti ad imporvi, a trovare il vostro ruolo – come ho fatto anch’io nel pas-sato – in un ambiente certo non facile, molto diverso da quello della nostra Patria. Andarea lavorare all’estero è sempre un trauma. Lo sanno i nostri lavoratori, che un tempo dove-vano partire lontano per “guadagnarsi la pagnotta”. Lo avete imparato anche voi: nonsenza sacrifici, siete andati – e state andando – a portare all’estero la vostra intelligenzae le vostre conoscenze.Andare all’estero non è affatto un disonore. La cosiddetta fuga dei cervelli dimostra para-dossalmente che abbiamo un sistema di formazione competitivo, e risorse umane vera-mente di prima classe. Altrimenti, all’estero, non avreste trovato rispetto ed accoglienza. Seoggi la ricerca incontra serie difficoltà all’interno del nostro Paese, la colpa non è quindidei ricercatori. È il sistema complessivo del Paese che deve adeguarsi, al fine di ricono-scere ed attrarre nel modo giusto le qualità e competenze nel campo scientifico.La ricerca ormai si sviluppa preminentemente in un ambito internazionale, ed è perfetta-mente fisiologico che anche i nostri ricercatori si dirigano per tutte le`vie nella comunitàscientifica mondiale. A mio parere, il problema è altrove, è nella mancanza di un equilibriotra il numero di ricercatori italiani che vanno all’estero e il numero, oggi ben esiguo, di ri-cercatori stranieri che vengono in Italia. I1 capovolgimento di un tale disequilibrio sarà lamigliore e la più rilevante misura del successo della riforma della ricerca in Italia che il no-stro Governo attuale ha, ancora una volta di più, deciso di intraprendere.

PRIMO PIANO

9ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

realizzareattivitàscientifichefondate sullacooperazionedei differentipatrimoniculturali

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ORDINE DEL GIORNO

Il Primo Convegno Internazionale degli Scienziati italiani all'estero, svoltosi a Roma dal 10 al

12 marzo 2003 sotto l'Alto patronato del Presidente della Repubblica, ha rafforzato lo spirito

di collaborazione tra gli scienziati italiani nel mondo e gli organi istituzionali coinvolti nella

promozione e nel sostegno della ricerca e della tecnologia italiana.

In tale contesto ed al fine di assicurare un seguito costruttivo alle proposte emerse nel corso

dei lavori, e stata decisa la costituzione di un Comitato scientifico permanente degli scienzia-

ti italiani nel mondo, sotto la presidenza del Ministro per gli Italiani nel Mondo, On. Mirko

Tremaglia.

Questo organismo sarà composto dai delegati del Ministero degli Affari Esteri, del Ministero

della Salute, del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, del Ministero degli

Affari Regionali, del Ministero delle Comunicazioni, del Ministero per le Attivita Produttive,

nonché dai membri del comitato organizzatore del Convegno.

Ne faranno parte altresì una rappresentanza degli scienziati italiani operanti nelle tre aree

geograflche Nord America, Europa, America Latina, Australia e Sudafrica e degli addetti

scientifici in servizio presso le sedi diplomatiche nelle medesime aree geografiche.

Obiettivi prioritari del Comitato scientifico, che si avvarrà della collaborazione dell'Ufficio di

presidenza del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero, sono il potenziamento delle rela-

zioni tra gli scienziati italiani all'estero e quelli operanti in Italia, la progettazione di centri

d'eccellenza per la ricerca scientifica in Italia, la realizzazione e lo sviluppo di una banca dati

dei ricercatori italiani all'estero, nonche il collegamento tra le Università italiane e i ricercatori

italiani all'estero.

PRIMO PIANO

10 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Primo Convegno Internazionale degli Scienziati italiani all’Estero(Roma, 10-12 marzo 2003)

I partecipanti al primo Convegno degli Scienziati Italiani all’estero, tenutosi a Roma il 10-12

marzo 2003, su iniziativa del Ministro per gli Italiani nel Mondo, On. Mirko Tremaglia, espri-

mono la loro soddisfazione per l’accresciuta attenzione che l’Italia oggi mostra per la realtà

costituita dalla diffusa presenza di ricercatori italiani negli enti e nelle istituzioni straniere.

Sottolineano altresì come questa presenza, lungi dal doversi connotare in senso negativo

come "fuga dei cervelli" e come spoliazione di risorse umane intellettuali, debba essere con-

siderata positiva in termini di circolazione delle idee e delle informazioni e di arricchimento

del "sistema Italia".

A fronte di questa situazione esiste una ricchezza costituita dal capitale intellettuale italiano

diffusamente presente nelle strutture di ricerca e di alta formazione dei paesi oltreoceano

che non si può ignorare.

Si tratta di capitalizzare la risorsa costituita dagli italiani operanti all’estero nel settore della ri-

cerca scientifica e dell’alta formazione, nella logica di valorizzarne le competenze, il ruolo, il

sistema di relazioni ed il lavoro attraverso forme di integrazione della loro attività nell’ambito

del nostro sistema formativo e di ricerca sia pubblico che privato.

Documento finale del Convegno degli Scienziati e Ricercatoriitaliani nel mondo

(Roma, 10-12 marzo 2003)

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PRIMO PIANO

11ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Tale integrazione può essere realizzata attraverso la mobilità individuale dei singoli studiosi

ed anche con forme di promozione e di incentivazione della loro partecipazione a distanza ai

programmi di ricerca effettuati nelle istituzioni italiane.

Prendendo atto delle molteplici indicazioni emerse nel corso dell’ampio e approfondito di-

battito e rallegrandosi dell’impegno del Ministro Tremaglia a voler sviluppare una politica atta

ad assicurare il contributo che gli scienziati italiani all’estero potranno recare allo sviluppo

della ricerca in Italia, i partecipanti indicano alcuni momenti significativi.

Tra questi vi è il progetto di istituire una anagrafe telematica degli studiosi italiani all’estero

che permetta di avere un quadro aggiornato della loro consistenza e distribuzione.

In particolare si suggerisce di porre in essere un sistema volto a potenziare la costituzione di

reti e di iniziative di ricerca che coinvolgano centri e studiosi operanti in Italia ed i ricercatori

italiani all’estero. Si potrebbe immaginare sin da ora in Italia, tenendo anche presente gli im-

portanti contributi che possono venire dalle Regioni, un sistema di finanziamenti riservati a

progetti di ricercatori italiani, a stages semestrali, annuali o biennali per soggiorni di ricerca-

tori italiani all’estero presso centri nazionali, nell’ambito di specifici programmi di coopera-

zione scientifica.

In questa prospettiva si suggerisce anche l’incentivazione della partecipazione a distanza a

programmi di ricerca effettuati nelle istituzioni italiane attraverso il finanziamento individuale

allo studioso residente all’estero ed il finanziamento di micro-reti di ricerca tra individui ed

istituzioni italiane.

Si auspica inoltre la costituzione di reti telematiche tra gli studiosi italiani all’estero, articolate

per disciplina, in corrispondenza alle reti italiane, in modo da costituire una banca dati al ser-

vizio di tutti gli scienziati. Questo vale in modo specifico per gli accordi già presi tra gli ospe-

dali italiani all’estero ed i centri sanitari di eccellenza operanti in Italia.

La selezione delle proposte dovrebbe essere effettuata dal Ministero per gli Italiani nel

Mondo sulla base di criteri di congruità scientifica espressi dai rappresentanti eminenti della

stessa comunità di ricercatori e dal Comitato Scientifico Nazionale, tenendo conto del livello

di integrazione delle proposte con gli orientamenti dell’ultimo piano nazionale di ricerca e

del sesto Programma Quadro di ricerca comunitaria.

Nel corso del convegno è stata avviata una comune riflessione sul contributo che le esperien-

ze dei vari ricercatori, nelle loro diverse realtà, possono dare al potenziamento ed alle neces-

sarie trasformazioni dell’organizzazione della ricerca in Italia ed alle ricadute sulla società e

l’economia italiana.

Il confronto tra grandi sistemi e una attenta analisi sulle strategie atte ad introdurre elementi di

innovazione di maggiore efficacia nel nostro sistema, possono costituire uno stimolo al cam-

biamento ma, soprattutto, devono offrire una preziosa consulenza tecnica ai responsabili poli-

tici. L’obiettivo è duplice ed è emerso con chiarezza nel corso del convegno: agevolare il la-

voro di ricerca degli studiosi in Italia e rendere più efficaci i risultati aiutando a superare inac-

cettabili ritardi.

I partecipanti al Primo Congresso degli Scienziati Italiani all’Estero auspicano di poter arre-

care il loro contributo, assieme al Ministero per gli Italiani nel Mondo, dando seguito a questa

iniziativa con ulteriori periodici contatti con la comunità scientifica italiana e con i responsabi-

li della politica di ricerca e di sviluppo industriale al fine di assicurare al nostro Paese una po-

sizione internazionale degna della sua storia e delle sue ricche potenzialità umane.

Questo per noi significa la politica dell’Italianità.

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12 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

spazi

o a

perto

Dopo microelettronica e biotecnologia si staaffermando un nuovo paradigma scientifico e

tecnologico, foriero di formidabili sviluppi in tutti isettori applicativi nel prossimo decennio.

Fisica, chimica e biologia contribuiscono a questanuova disciplina. Fra i paesi all’avanguardia, molte

conferme e alcune sorprese

Nanotechnology:premise for a new scientific revolution? After microelectronics and biotechnology, a new scientificand technological paradigm is coming to the fore, heraldingfar-reaching developments in all applications sectors in thenext decade. Physics, chemistry and biology all contribute tothis new discipline. Among the vanguard nations, manyconfirmations and some surprises

ANTONIO NOBILI*SALVATORE SCAGLIONE**

ENEA,*Senior Board

**UTS Tecnologie e Fisiche Avanzate

La nanotecnologia: premessaper una nuova rivoluzione scientifica?

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Achi pone una certa attenzione al progresso della scienza e della tecnologia, non saràsfuggito lo strano e anomalo processo che sta avvenendo nell’ultimo decennio intorno allosviluppo delle nanoscienze e delle nanotecnologie. La definizione di questo processo èben riportata da J.A. Armstrong nel suo intervento al workshop, organizzato dal NationalScience Foundation nel settembre del 2000, dal titolo “Societal Implications ofNanoscience And Nanotechnology”1 nel quale ci si chiede la ragione per cui un piano disviluppo tecnologico di tipo governativo (National Nanotechnology Iniziative - NNI) neces-siti di uno sforzo per comprendere le implicazioni sociali dei risultati del piano stesso.Si intuisce, dalle questioni poste dall’autore, che i meccanismi messi in moto dallo sviluppodelle nanoscienze sono diversi rispetto a quelli messi in moto dai grandi processi tecnolo-gici del secolo trascorso. È facile infatti incontrare sia nella letteratura specialistica sia neiquotidiani a più larga diffusione, un numero sempre maggiore di articoli che elencano legrandi sfide che la nanoscienza si appresta ad affrontare e, di conseguenza, le grandi spe-ranze che suscita. Quest’ultima affermazione apparirà forse esagerata rispetto ad un’atti-vità scientifico-tecnologica che, da Galileo in poi, ha visto l’attività intellettuale dell’uomospecializzarsi sempre di più in un processo che ha affrontato delle sfide formidabili in ter-mini di profondità della comprensione ma che ha perso una visione di insieme2. Appare in-fatti curioso che, mentre da una parte si è assistito al continuo allarme, lanciato dagli ad-detti ai lavori e non, sul pericolo della specializzazione dell’attività scientifica che porta in-sito in sé anche un abbassamento dell’efficienza (si duplicano le stesse attività applicate incampi diversi ed impermeabili fra loro), dall’altra si assiste alla convergenza di disciplineche fino ad oggi hanno dialogato tra loro in modo marginale.Discipline come la fisica, la scienza dei materiali, la medicina, la chimica e la biologia stan-no avendo un grado di sovrapposizione tale che ormai si parla apertamente della nano-scienza come di una nuova branca della conoscenza che sta costruendo un proprio auto-nomo paradigma che non può essere certamente assimilato alla semplice somma delleregole che governano le singole parti.Esistono vari indicatori che evidenziano la costruzione del nuovo paradigma o come vieneriportato in alcuni interventi, paradigm shift, come per esempio: le analisi “bibliometriche”sulle pubblicazioni e sui brevetti presentati nell’ambito delle nanotecnologie; la compara-zione tra l’andamento del rapporto tra le nano-pubblicazioni ed i nano-brevetti disaggre-gato per disciplina.Un altro indicatore, forse meno concreto e che ci riporta alla prima frase di questa premes-sa, è il susseguirsi di workshop e congressi in cui vengono organizzate delle sessioni mo-notematiche sull’impatto che la nanoscienza ha sulla società e sulle conseguenze cheavranno sull’uomo e sull’economia le “promesse” eventualmente mantenute dalla nano-tecnologia stessa.Anche da un’analisi preliminare dei documenti di lavoro messi a disposizione dall’UnioneEuropea per il perfezionamento del VI Programma Quadro nell’ambito delle nanotecnolo-gie e nanoscienze3, si evince che l’obiettivo primario di quest’area tematica è quello di fa-

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13ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

nanoscienzacome nuovabranca dellaconoscenza

1 “First question: Why are we having this workshop at all? When the Administration and Congress fund an NSF initiative to build a highenergy physics detector, or a supercomputer, or an Engineering Research Center, we do not normally proceed to collective scru-tiny of possible societal impacts…….”.

2 MARCELLO CINI, Un paradiso perduto, ed. Feltrinelli, IV edizione, 1999, pp 17-30. “…..L’unità dell’universo, tuttavia, è soltanto teorica.Nella pratica occorre infatti interrogare il gran libro della natura là dove si presenta nella sua massima semplicità e regolarità: lonta-no dalla complicazione e dall’irregolarità che caratterizzano il turbinio dei fenomeni terrestri. Soltanto un’accurata selezione all’in-terno di questo mondo disordinato può permettere di individuare alcuni fenomeni particolarmente semplici, sfrondandoli dalle ac-cidentalità contingenti, e di interpretarli mediante l’armonia del linguaggio geometrico. Ma in questo modo ciò che si guadagna inprofondità si perde in estensione……”.

3 VI Framework Programme, Draft work Programme Thematic Area 3, “Nanotechnology and nanosciences, knowledge-based multi-functional materials, new production processes and devices”, 28 ottobre 2002.

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vorire una discontinuità rispetto al passato in modo da promuovere dei cambiamenti radi-cali nei prodotti, nei processi industriali e nella organizzazione della produzione. Inoltre,sempre nel VI Programma Quadro, le attività di ricerca dovrebbero incoraggiare il dialogocon la Società e generare “entusiasmo” per la scienza. Interessante è anche il paragrafo, dicui uno stralcio viene qui riportato, nel quale si evidenzia esplicitamente una sensibilitànuova per le implicazioni sociali dei risultati di quest’area tematica3.

La sfida per l’Europa è di incoraggiare una transizione industriale verso unaproduzione basata sulle conoscenze e sull’organizzazione di sistema e conside-rare la produzione da una prospettiva olistica, che comprenda non solo“l’hardware” e il “software” ma anche le persone ed il modo con cui esse impa-rano e condividono le conoscenze.

Che cosa si intende per “nanotecnologia”La definizione non è semplice e neanche univoca; infatti nel tempo si è evoluta con l’incre-mento del numero delle varie discipline scientifiche che si sono occupate di tale argomen-to. L’origine delle nanotecnologie, almeno per quanto riguarda la sua ideazione, va comun-que ricercata nel campo della fisica: infatti il fisico Richard Feynman nel 1959, durante ilsuo lunch-talk al Caltech, afferma che gli atomi su piccola scala si comportano diversa-mente rispetto al comportamento che hanno su larga scala e, quindi, se si opera su dimen-sioni atomiche le leggi delle fisica sono diverse, così come ci si aspetta che gli atomi fac-ciano delle cose diverse4. Le attività vere e proprie sulle nanotecnologie possono esserefatte risalire a circa 15 anni fa5 anche se è solo negli ultimi 5-6 anni che il numero dellepubblicazioni ha avuto una crescita esponenziale.Per quanto riguarda la definizione di “nanotecnologia”, quella riportata da A. Franks6, “lananotecnologia è quell’attività tecnologica in cui le dimensioni o le tolleranze che varianonell’intervallo tra 0,1 e 100 nm (dalle dimensioni di un atomo alla lunghezza d’onda dellaluce) giocano un ruolo cruciale”, ha avuto per un lungo periodo un largo consenso.Negli ultimissimi anni, questa definizione tende ad essere sostituita da una più complessama che tiene meglio conto dell’approccio inter-disciplinare alla materia.Nell’articolo di D.E. Nicolau et al.,5 viene riportata un’analisi dei vari concetti che sottendo-no alla definizione di nanotecnologia. Se per nanotecnologia viene intesa l’attività su scalananometrica, si ricade nella tecnologia classica: infatti, nella microlitografia nel lontano UVsono stati “scritti” dei dispositivi a semiconduttore di dimensione ben al disotto dei 200nm. Se si intende invece l’alterazione di singoli atomi o molecole, anche in questo caso siala microscopia a forza atomica sia quella ad effetto tunnel sono in grado di manipolareatomi e molecole. Quindi, se si intende come prodotto finale della nanotecnologia ognicomponente in scala nanometrica, i “dispositivi elettronici quantistici” soddisfano questocriterio.Tuttavia, si è ancora ben lontani dalla creazione di un nuovo paradigma scientifico neces-sario per un prodotto rivoluzionario. Sembra quindi che queste versioni del concetto di na-notecnologia (miniaturizzazione sempre più spinta) siano alla ricerca di un prodotto “vin-

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14 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

ladefinizione

nano-tecnologia

non èsemplice e

neancheunivoca

4 HANS FOGELBERG, The Grand Politics of Technoscience: Contextualizing Nanotechnology, lavoro presentato al seminario: “The Battle atthe bottom: Making the most of Feynman Legacy”, Stockolm, 19 aprile, 2001.

5 D.E. NICOLAU, J. PHILLIMORE ET AL., Nanotechnology at the crossroads: the hard or the soft way?, Microelectronics Journal, 31, (2000) pp.611-616.

6 A. FRANKS, “Nanotechnology”, J. Phys. E. Sci. Instrum., 20 (1987), pp. 1442-1451.

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cente” che si suppone debba produrre una rivoluzione simile a quella prodotta dalla mi-croelettronica.Un approccio diverso da quello riportato sopra viene proposto dal Foresight Institute per icriteri dell’assegnazione del Premio Feynman7, secondo i quali criteri devono essere rea-lizzati contemporaneamente due dispositivi operanti su scala nanometrica, uno per il cal-colo ed uno di posizionamento. Questi dispositivi rappresentano probabilmente il culmineultimo delle potenzialità della fisica a stato solido e quindi della tecnologia basata su diessa. Anche se l’ambito in cui ricercare le soluzioni per vincere il premio Feynman non èesplicitamente menzionato, in modo un po’ riduttivo si suggerisce che la tecnologia dellostato solido sembra essere la disciplina da cui verranno prodotti tali “nano-dispositivi”.Una più attenta analisi degli indicatori precedentemente menzionati (nano-pubblicazioni,nano-brevetti), fa emergere un altro fattore, la natura interdisciplinare della nanoscienza e na-notecnologia. Probabilmente è proprio questa la direzione giusta per dare una corretta defi-nizione della nascente disciplina. Infatti, Tegart afferma che i ricercatori ed i tecnologi opera-no nel campo delle nanotecnologie da tre diverse direzioni: la fisica, la chimica e la biologia8.

In fisica, la microelettronica procede verso dimensioni sempre più picco-le ed è già in grado di realizzare delle strutture sub-micrometriche. Il pro-cesso di miniaturizzazione renderà necessari per i processori dei compu-ter delle strutture nanometriche.In chimica, la migliore conoscenza dei sistemi complessi ha portato anuovi catalizzatori, membrane, sensori e tecnologie dei coating che sonocorrelati alla capacità di realizzare delle strutture a livello atomico e mo-lecolare.In biologia, i sistemi viventi hanno delle sotto-unità le cui dimensionisono nelle scale dei micron e dei nanometri, queste possono essere com-binate con materiali nanostrutturati non viventi in modo da creare nuovidispositivi.

Alla luce di quanto riportato, si può aggiornare la definizione precedente come: “La nano-tecnologia è il controllo diretto di materiali e dispositivi su scala atomica e molecolare”.Viene introdotto quindi il concetto di dispositivo che, in questo caso, è da intendersi nellasua definizione più vasta: si parla infatti anche di sistemi micro-elettro-meccanici (MEMS,micro-electro-mechanical system). E, come riportato dalla letteratura, sono proprio questiultimi che rappresentano una formidabile sfida per il futuro ed il punto d’incontro tra le di-scipline sopra accennate.

Analisi della produzione di nano-paper e nano-patentPer descrivere l’evoluzione di una qualsiasi attività scientifica e tecnologica H. Grupp hasviluppato un modello, illustrato in figura 1, per cui questa viene divisa in otto fasi9. La fase Isi riferisce al lavoro iniziale di esplorazione scientifica, la fase II comprende sia l’incremento

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15ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

controllodiretto dimateriali suscala atomicae molecolare

7 “The yet to-be-awarded computing device has to fit into a cube no larger than 50 nm in any dimension, and be capable of addingaccurately any pair of 8-bit binary numbers and producing its output as a pattern of raised nanometer-scale bumps on an atomical-ly precise and level surface. The second device, to be built simultaneously with the former, is a positional device that fits into a cubeno larger than 100 nm in any dimension. The device must be able to move to a directed sequence of positions anywhere within acube 50 nm in each dimension, perform all directed actions with a positioning accuracy of 0.1 nm or better, and perform at least1000 accurate, nanometer-scale positioning motions per second for at least 60 consecutive seconds.”.

8 G. TEGART, Nanotechnology, The Technology for the 21th Century, presentato al “APEC CTF Workshop”, Ottawa, 5-7 novembre 2001.9 R. COMPAÑÓ, A. HULLMANN, Nanotechnology, 13 (2002) 243-247.

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dell’attività scientifica che l’apparire di quella tec-nologica. I primi prototipi appaiono nella fase IIImentre le fasi IV e V sono caratterizzate da una sta-gnazione dell’attività più propriamente scientifica edalla difficoltà ad applicare commercialmente i ri-sultati tecnologici.Un processo di riorientazione nelle strategie indu-striali e quindi l’emergere di un importante nume-ro di applicazioni industriali caratterizza le fasi VI eVII. La fase di maturità, la VIII, segna una forte pe-netrazione nel mercato mentre l’attività di ricercascientifica diminuisce rispetto a quella tecnologicadi innovazione del prodotto. Questo modello è ba-sato su due indicatori, le pubblicazioni ed i brevet-ti e la sua applicazione ha dato dei buoni risultati

nello spiegare l’evoluzione di tecnologie oramai mature come la biotecnologia e la tecno-logia dei microsistemi.In figura 2 è illustrato l’andamento dei brevetti e delle pubblicazioni scientifiche sulle nano-tecnologie9 nell’intervallo temporale che va dal 1981 al 1998. Applicando questi dati almodello sviluppato da H. Grupp, risulta che le nanotecnologie si trovano nella fase II onella parte iniziale della fase III. Quindi ci si dovrebbe aspettare un’attività scientifica, intermini di indagine di tipo esplorativo, e un numero di pubblicazioni che tendono a quellafase che prelude la stagnazione (fra tre-cinque anni). È proprio in questa fase che l’attivitàtecnologica dovrebbe avere il suo massimo sviluppo. Nei prossimi dieci anni ci si aspettaquindi un forte incremento dei prototipi applicativi e dei brevetti anche se saremo ancoralontani dalla loro commercializzazione.Dalla definizione di nanotecnologia si evince chiaramente che l’accostamento inter-disci-plinare, o meglio ancora trans-disciplinare5 alla materia, è l’unico in grado di assicurare unprodotto finale che sia più della somma lineare delle parti e che generi una nuova discipli-na con una propria struttura teorica.Allo stadio di sviluppo attuale della nanotecnologia (da intendersi come l’insieme di tuttele tecnologie operanti su scala nanometrica) possiamo immaginare che essa è la convolu-zione di un numero di nanotecnologie con diversi obiettivi la cui scala temporale di evolu-

zione potrebbe essere significativamente di-versa una dall’altra. Ci sono “nano-prodotti” giàdisponibili sul mercato (nanoparticelle di ossi-do di titanio usate nelle creme per la protezio-ne solare o nanoparticelle di carbone per mi-gliorare la resistenza dei pneumatici) mentrealtri prodotti sono ancora nella fase iniziale diideazione ma che già hanno una previsionesulla loro evoluzione temporale come peresempio i componenti elettronici CMOS ope-ranti su scala nanometrica o nano-componentisviluppati nell’ambito della chimica e della far-maceutica per diagnosi medica non invasiva otrattamenti per il cancro ecc.Nella tabella 1 viene riportato il numero di arti-

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16 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Scienza

Tecnologia

Produzione

I II III IV V VI VII VIII

Live

llo d

i atti

vità

Pubblicazioni

Brevetti

14000

12000

10000

8000

6000

4000

2000

0

Num

ero

di p

ubbl

icaz

ioni

(S

CI)

350

300

250

200

150

100

50

0

Num

ero di brevetti (EP

O)

1981

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

Figura 1Modello dell’attivitàscientifica e tecnologi-ca elaborato da H.Grupp. Le attività dal-la scienza alla produ-zione sono state sud-divise in otto fasi

Figura 2Andamento dei bre-vetti e delle pubblica-zioni scientifiche sullenanotecnologie dal1981 al 1998

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coli scientifici pubblicati negli anni che vanno dal 1991 al 199610. L’informazione più signi-ficativa di questa tabella è che il dato viene disaggregato per materia ed inoltre, per ognu-na di esse, viene calcolato il coefficiente di crescita lineare.Come si può vedere le pubblicazioni in scienze naturali hanno la crescita maggiore, men-tre l’ingegneria, la scienza dei materiali e le scienze della vita sembrano perdere in impor-tanza. Questo dato sembrerebbe in contraddizione rispetto a quanto detto nei precedentiparagrafi sulle origini della nanoscienza, cioè la tecnologia dei materiali a stato solido.Nel lavoro di Meyer e Persson il numero di articoli pubblicati per anno nello stesso interval-lo temporale di quello riportato nella tabella 1, viene suddiviso per sotto-discipline indican-do nelle scienze chimiche e fisiche la crescita maggiore insieme agli articoli con un forte ta-glio multidisciplinare. Il dato apparentemente contraddittorio della tabella 1 viene quindi ri-solto considerando che aumenta sempre di più il numero di chimici e fisici che prestano laloro opera nell’ambito delle scienze naturali abbandonando i loro ambiti tradizionali.Per concludere questo paragrafo si citano qui di seguito alcune frasi riprese dalle premes-se di due rapporti in cui viene ulteriormente sottolineato il carattere inter-disciplinare del-l’attività scientifico-tecnologica sulle nanotecnologie.

La nanotecnologia è un termine molto popolare per la costruzione e l’utilizza-zione di strutture funzionali che abbiano almeno una delle dimensioni caratteri-stiche dell’ordine dei nanometri. Tali materiali e sistemi possono essere proget-tati in modo da esibire nuove proprietà, nuovi fenomeni e nuovi processi di tipofisico, chimico e biologico proprio grazie alle loro dimensioni. Quando le carat-teristiche strutturali hanno dimensioni intermedie tra quelle di un atomo isolatoe quelle del materiale massivo (da 1 a 100 nm) gli oggetti spesso mostrano deicomportamenti fisici sostanzialmente differenti da quelli mostrati sia dai singoliatomi sia dai materiali massivi11.Emergono due importanti risultati dallo studio del WTEC: nel primo si affermache la capacità di realizzare dei materiali nanostrutturati per nuove prestazionipuò considerarsi acquisita. La capacità di nanostrutturare è essenziale quindinel campo delle applicazioni che necessitano di prestazioni di nuovo tipo. Talecapacità rappresenta una rivoluzione nella manipolazione dei materiali per ilbene dell’Umanità e segna quindi l’inizio di una nuova era. La sintesi ed il con-

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17ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Tabella 1Numero di articoliscientifici pubblicatinegli anni che van-no dal 1991 al 1996

Disciplina 1991 1992 1993 1994 1995 1996 Totale Crescita* Errore Standard

Scienze naturali 119 205 386 612 765 946 3033 3,2 3,7

Scienze multidisciplinari 51 103 141 189 289 367 1140 0,4 2,2

Ingegneria e Scienza dei materiali 74 92 127 184 235 209 921 -2,3 1,9

Scienze della vita 30 47 30 59 70 56 292 -1,5 1,8

Non-classificato 0 0 0 1 5 24 30 0,2 0,4

Totale 274 447 684 1045 1364 1602 5416

* Distribuzione degli articoli per disciplina

10 M. MEYER, O. PERSSSON, “Nanotechnology-Interdisciplinarity, Patterns of Collaboration and Differences in Application”,Scientometrics, 42(2) (1998) 195-205.

11 National Science and Technology Council Committee on Technology, Interagency Working Group on Nanoscience, Engineeringand Technology (IWGN), Nanotechnology Research Directions: IWGN Workshop Report Vision for Nanotechnology R&D in the NextDecade, September 1999.

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trollo dei materiali di dimensioni nanometriche permette l’accesso a nuoveproprietà dei materiali ed alle nuove caratteristiche di dispositivi che non haprecedenti. Ogni anno, un sempre maggior numero di ricercatori provenientida un’ampia gamma di discipline viene coinvolto in questo campo, ed ognianno si assiste ad un aumento di nuove idee ed all’esplosione di nuove oppor-tunità nella scena internazionale delle attività sulle nanostrutture. Dal secondorisultato dello studio si evince come in tutto il mondo ci sia un ampio spettro didiscipline che contribuisce allo sviluppo della nanoscienza e della nanotecnolo-gia. Il rapido aumento del livello delle attività interdisciplinari nel campo dellananostrutturazione è eccitante e diventa sempre più importante, è proprio nellaintersezione tra le varie discipline che risiede la vera novità12.

Anche se i dati presentati non sono ovviamente esaustivi, possono essere però consideratisufficienti per trarre alcune conclusioni, peraltro già accennate, ma che trovano ora maggiorforza. Le attività sulle nanotecnologie, sia esse di tipo scientifico sia tecnologico, devono te-nere conto dell’aspetto interdisciplinare con cui evolvono le conoscenze in tale campo.

Nano-paper e nano-patent nel mondoIl numero di pubblicazioni e di brevetti disaggregati per nazione sono un altro indicatoresu come le nanoscienze rivestano un ruolo importante per lo sviluppo futuro della ricercascientifica e tecnologica. È fuor di dubbio infatti che alcuni paesi sono tradizionalmente al-l’avanguardia nelle attività di ricerca, sia in termini di investimenti che in termini di indica-zioni delle linee strategiche di tali attività. Infatti, paesi come gli Stati Uniti, la Germania, il

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18 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Tabella 2Numero di nano-pubblicazioni e nano-brevetti pubblicatinell’intervallo tempo-rale indicato. Vienecalcolato anche il rap-porto tra le nano-pubblicazioni ed i na-no-brevetti. La ricercaè stata effettuataestraendo i dati daScience Citation Index10

Nazioni Numero di pubblicazioni Numero di brevetti Rapporto1988-96 1990-97 pubblicazioni/brevetti

USA 2062 1636 1,26

Giappone 649 150 4,33

Germania 547 84 6,51

Francia 505 68 7,43

Regno Unito 249 34 7,32

Svizzera 142 15 9,47

Taiwan 39 15 2,60

Olanda 96 12 8,00

Italia 148 10 14,80

Australia 51 6 8,50

Svezia 52 5 10,40

Belgio 67 4 16,75

Finlandia 20 4 5,00

Irlanda 20 3 6,67

Norvegia 4 3 1,33

Danimarca 45 2 22,5

Spagna 162 1 162,00

Hong Kong 11 1 11,00

Totale 4869 2053 2,37

12 RICHARD W. SIEGEL, Rensselaer Polytechnic Institute Panel Chair in: Nanostructure Science and Technology a Worldwide Study, Editedby R.W. Siegel, E. Hu, M.C. Roco, WTEC (World Technology Division), Loyola College in Maryland, 1999, p. xvii.

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Giappone, la Francia ed il Regno Unito hanno rivestito negli ultimi 50 anni un ruolo di guidanella ricerca scientifica e tecnologica. Anche nel caso delle nanotecnologie e nanoscienze,i dati riportati nelle tabelle 2 e 3 sui nano-articoli e sui nano-brevetti confermano tale ruoloalmeno in termini assoluti. È interessante l’inserimento della Repubblica Popolare Cinesenel gruppetto di testa delle nazioni a più alta produttività di pubblicazioni e brevetti (tabel-la 3). Fare un’analisi critica del perché esiste una classifica dei paesi coinvolti nello svilup-po delle nanoscienze (tabella 2 e seguenti) va oltre gli scopi di questo articolo, mentre in-vece è importante utilizzare come ulteriore indicatore dell’importanza delle nanoscienze,il livello di coinvolgimento dei paesi tecnologicamente avanzati che tradizionalmentehanno una funzione di traino dell’economia mondiale.Un’ulteriore informazione può essere ottenuta anche dal valore del rapporto tra le nano-pub-blicazioni ed i nano-brevetti che, in prima approssimazione, indicano la capacità di trasferire

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19ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Tabella 3Classifica delle nano-pubblicazioni e deinano-brevetti delleprime 15 nazioni. Idati sono espressi intermini percentuali ri-spetto al totale pub-blicato9

Pubblicazioni (1997-99) (%) Brevetti EPO&PCT (1991-99) (%)

1 23,7 USA 42,0 USA

2 12,5 Giappone 15,3 Germania

3 10,7 Germania 12,6 Giappone

4 6,3 Cina 9,1 Francia

5 6,3 Francia 4,7 Regno Unito

6 5,4 Regno Unito 3,7 Svizzera

7 4,6 Russia 2,0 Canada

8 2,6 Italia 1,7 Belgio

9 2,3 Svizzera 1,7 Olanda

10 2,1 Spagna 1,7 Italia

11 1,8 Canada 1,4 Australia

12 1,8 Corea del Sud 1,1 Israele

13 1,6 Olanda 1,1 Russia

14 1,4 India 0,9 Svezia

15 1,4 Svezia 0,5 Spagna

Tabella 4Classifica delle nano-pubblicazioni e deinano-brevetti norma-lizzati delle prime 15nazioni. I dati sononormalizzati per mi-lione di abitanti

Pubblicazioni per milione di abitanti Brevetti (EPO&PCT) per milione di abitanti(1997-99) (1991-99)

1 150,2 Svizzera 12,2 Svizzera

2 91,4 Israele 4,4 Germania

3 73,5 Svezia 3,9 Israele

4 61,5 Germania 3,8 Belgio

5 56,9 Danimarca 3,6 Francia

6 56,8 Singapore 3,5 USA

7 52,6 Austria 2,4 Olanda

8 50,0 Francia 2,4 Svezia

9 48,3 Finlandia 2,3 Giappone

10 47,7 Olanda 1,8 Regno Unito

11 46,4 Giappone 1,5 Canada

12 43,6 Belgio 1,3 Australia

13 42,7 Regno Unito 1,0 Austria

14 39,2 USA 0,5 Italia

15 36,0 Slovenia 0,3 Spagna

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le conoscenze dal mondo della ricerca a quello applicativo-industriale. Nella quarta colonnadella tabella 2, il valore di tale rapporto viene riportato e mostra che i paesi in testa alla clas-sifica (nazioni guida) hanno anche un proficuo rapporto tra il mondo della ricerca ed ilmondo industriale. I dati della tabella 2 e 3 vanno però letti con attenzione, in quanto riporta-no i valori assoluti delle pubblicazioni e non tengono conto per esempio del numero di abi-tanti (che in qualche modo dovrebbe essere correlato con il numero di addetti alle nano-atti-vità) o del prodotto interno lordo (generalmente proporzionale ai finanziamenti impiegatinella ricerca). Una certa sorpresa viene riservata da questi dati eseguendo la normalizzazio-ne per milione di abitanti come riportato nella tabella 4, e confrontando questa con la tabella3, si può notare che la classifica viene completamente cambiata. I primi posti sono infatti oc-cupati da paesi di modeste dimensioni in termini di numero di abitanti (fatta eccezione per laGermania) ma che evidentemente hanno elaborato delle strategie che li porta ad investirepesantemente le proprie risorse umane sulle nano-scienze e nano-tecnologie.

ConclusioniNanoscienza e nanotecnologia costituiscono un binomio il cui impetuoso sviluppo haormai superato le ristrette cerchie degli specialisti investendo parti crescenti della societàcivile in confronti, dibattiti, riflessioni; queste due parole inoltre sono ormai divenute parolechiave in numerosi piani nazionali o sopranazionali di ricerca.Partendo da questa base, si è voluto sviluppare un ragionamento che costituisce ad untempo una fondamentale premessa per la comprensione del fenomeno (è una rivoluzionescientifica?) ed un incisivo spunto di riflessione strategica sugli impatti delle tecnologiederivate sul sistema produttivo (è un salto di paradigma tecnologico?). La risposta a talidomande non è povera di conseguenze e può condizionare profondamente le modalità diapproccio al problema sia in termini di risorse che di strumenti di intervento.A questo proposito suona come monito quanto affermato da J. Zysman nell’articolo“Nazioni, istituzioni e sviluppo tecnologico”13: “…Man mano che nuove ricette diventanorilevanti, sono necessari requisiti di tipo diverso per quanto riguarda il finanziamento, lecompetenze, l’organizzazione e le regole di mercato.”Per affrontare il problema in termini il più possibile oggettivi, si sono considerati i dati “bi-bliometrici” su pubblicazioni e brevetti a partire dal 1988, con l’intento di dimostrare in ter-mini quantitativi quanto seriamente siano intervenuti in questo campo i paesi tradizional-mente trainanti in campo tecnologico.I risultati naturalmente non sono sorprendenti, anche se da un’analisi più dettagliata (datinormalizzati per milioni di abitanti) portano ai primi posti alcuni paesi piccoli, ma di grandespessore tecnologico come Svizzera ed Israele. Quest’ultimo aspetto appare particolar-mente significativo ed è sicuramente uno dei punti che è necessario approfondire, special-mente in relazione a considerazioni di strategia industriale per un paese come l’Italia.C’è però un aspetto a questo proposito che è più rilevante degli altri e che si ritiene oppor-tuno evidenziare e porre in discussione: esso consiste nel collegare la presenza di tali paesinell’attuale fase dello sviluppo delle nanotecnologie con uno straordinario accorciamentodei tempi di trasferimento delle tecnologie dai paesi trainanti ai paesi utilizzatori di grandetradizione hi-tech; se è questo che sta realmente avvenendo, significa che si va rapidamen-te consolidando e definendo il gruppo di paesi che ha superato lo spartiacque del nuovoparadigma tecnologico e che il divario rispetto agli altri rischia di diventare incolmabile.

SPAZIO APERTO

20 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

nanoscienzae nano-

tecnologiahanno

superatole ristrette

cerchie deglispecialisti

13 ZYSMAN, “Nazioni, istituzioni e sviluppo tecnologico”, in Scienza e tecnologia verso il nuovo millennio, AA.VV., (2001), pp. 31-79, ed.ENEA.

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21ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

ENEAGrande Progetto Solare

Termodinamico

AbstractIn the absence of technological breakthroughs, the expected large

increases in energy demand will be met by growing use of fossil fuelsplus a very small contribution from non-hydroelectric renewable

sources (photovoltaics, wind, biomass, etc.). If this scenario does notchange, it is bound to increase climate changes and the insecurity of

energy supplies, and to exacerbate problems of poverty around theworld. An innovative R&D programme undertaken by ENEA less than

than three years ago aims to produce a new technology forthermodynamic solar power plants. The ENEA project uses simple

low-cost mirrors to concentrate direct solar radiation and convert itefficiently into high-temperature heat. The heat is then stored and

becomes a source of energy available upon demand. This technologycan be used in multiple industrial applications, in particular to

generate electricity at costs competitive with those of fuel oil andnatural gas, and without producing CO2 emissions.s

tudi &

ric

erc

he

Calore ad alta temperaturadall’energia solare

Una tecnologia innovativa dell’ENEA per una energia pulita,disponibile continuamente e ad un costo competitivo come

contributo per la diversificazione delle fonti e la riduzionedel problema delle emissioni

Harnessing solar energyas high temperature heat

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Lo sviluppo energetico èsostenibile?

L'energia è necessaria

La disponibilità energetica è stata sempreuna componente essenziale della civiltàumana. Nel corso dei tempi, il consumoenergetico pro capite è cresciuto fino a di-ventare 100 volte superiore all’energia delmetabolismo corporeo basato sull’alimen-tazione. Nei paesi maggiormente svilup-pati, mediamente ogni individuo abbiso-gna giornalmente di 0,9 GJ (gigajoule),un’energia equivalente a quella ottenibiledalla combustione di 32 kg di carbone.Il consumo energetico planetario è cre-sciuto stabilmente negli ultimi 150 anni adun tasso costante pari a +2,3% per anno.L’energia prodotta dall’uomo, principal-mente mediante combustibili fossili, è au-mentata fino a superare la somma dell’e-nergia geotermica, proveniente dal nucleoterrestre, e delle maree indotte dal Sole edalla Luna. Le attività umane hanno quindipressoché raddoppiato l’energia endogenadel pianeta Terra. Il consumo complessivolegato alle attività dell’uomo è comunquesolo 1/10000 dell’energia incidente sulla su-perficie terrestre proveniente dal Sole.Il consumo energetico è direttamente cor-relato alla ricchezza prodotta: l’intensitàenergetica, ovvero il rapporto tra i consumienergetici ed il PIL, benché leggermente

decrescente con il progresso tecnologico,è all’incirca la stessa per i paesi poveri eper quelli più sviluppati.

Energia e povertà

Il “World’s Energy Outlook 2002” dell’IEA(International Energy Agency) evidenziache ben 1,6 miliardi di persone – un quartodella popolazione mondiale – sono oggisprovviste di energia elettrica, il che pre-clude loro inevitabilmente lo sviluppo diuna qualsiasi attività industriale e i relativirisvolti occupazionali (figura 1).La maggioranza (4/5) di queste popolazio-ni vive in aree rurali dei Paesi in via di svi-luppo, principalmente in Asia e in Africa.Circa 2,4 miliardi di persone fanno affida-mento quasi esclusivamente sulle bio-masse tradizionali come sorgente di ener-gia primaria. Peraltro, in molti di questipaesi, il livello di radiazione solare è consi-derevole e potrebbe quindi divenire peressi la fonte primaria di energia, natural-mente purché utilizzabile con tecnologiesemplici ed a basso costo. È quindi respon-sabilità dei Paesi più avanzati, come l'Italia,il compito di sviluppare nuove tecnologieed il know-how corrispondente, al fine dipermettere un tale progresso.

Lo scenario energetico prevalente di“business as usual”

Gran parte delle previsioni energetiche,basate sulle proiezioni economiche per iprossimi decenni, ci assicurano che gli ap-provvigionamenti di combustibili fossili sa-ranno largamente sufficienti a coprire le ri-chieste. In assenza di grandi innovazionitecnologiche, i previsti e consistenti au-menti della domanda energetica sarannocoperti da un sempre più intenso utilizzodei combustibili fossili, con una leggeraflessione del contributo relativo all’energianucleare e il mantenimento di un apportomolto ridotto da parte delle energie rinno-vabili non idroelettriche (fotovoltaico, eoli-co, biomasse ecc.).La percentuale di penetrazione di queste

STUDI & RICERCHE

22 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Figura 1Situazione energeticanei Paesi in via di svi-luppo

Fonte: Studio IEA

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nuove energie rinnovabili, riferita al totale,si colloca con solamente un modesto incre-mento nei prossimi trenta anni, da circa il2% a circa il 3%. Sempre secondo l’analisidell’IEA, tra il 2000 ed il 2030 è prevedibileun raddoppio dei consumi mondiali di elet-tricità, principalmente a causa dell’aumentodella domanda nei Paesi in via di sviluppo.Gli investimenti corrispondenti sono stimatiin ben 4300 miliardi di US$. Malgrado un in-cremento dell’uso di gas naturale, la princi-pale fonte primaria per la produzione dielettricità rimarrà, almeno fino al 2030, ilcarbone. A parità di energia elettrica pro-dotta, le emissioni di CO2 da carbone sono2,5 volte maggiori di quelle da gas naturale.Al fine di alterare questa previsione "busi-ness as usual", è necessario un vigoroso im-pulso allo sviluppo di tecnologie innovative.

Una serie di disastri preannunciati

Il precedente scenario "business as usual"comporta infatti preoccupanti conseguen-ze, vale a dire:1. cambiamenti climatici di ampie propor-

zioni appaiono come inevitabili, conconseguenze particolarmente gravi neiPaesi in via di sviluppo, meno preparatiad affrontarne gli effetti;

2. uno sviluppo sostenibile potrebbe esse-re ostacolato da problemi correlati allasicurezza degli approvvigionamenti dipetrolio e gas naturale;

3. i problemi della povertà mondiale nonsaranno risolti, ma verranno amplificatidall’inevitabile aumento del prezzo deicombustibili fossili, causato dall’aumen-to della domanda, e dall’esigenza dimassicci investimenti, soprattutto per ilgas naturale.

Questo scenario può essere evitato solomodificando alcune delle ipotesi di base,in particolare la previsione che nessunatecnologia veramente innovativa e più ac-cettabile sarà disponibile nei prossimi de-cenni ad un livello tale da avere un impattosostanziale. L’energia solare è la candidataideale per rompere un tale circolo vizioso

tra il progresso economico e il conseguen-te effetto serra.

Un nuovo approccio all’energiasolare

Come già menzionato, le tecnologie rinno-vabili odierne, ad eccezione dell’energiaidroelettrica, coprono solo il 2% circa delladomanda di energia primaria. Quasi tuttele previsioni IEA, basate sulla situazione dimercato attuale e sulla sua evoluzione a li-vello mondiale, indicano che esse potrannoraggiungere al massimo il 3% al 2030. Leragioni di una penetrazione così modestasono ben note:1. il costo dell’energia prodotta, al netto

degli incentivi, deve essere competitivocon i combustibili fossili: la miglioreenergia è quella più economica;

STUDI & RICERCHE

23ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

1970 1980 1990 2000 2010 2020 2030

DATI PREVISIONI6,000

5,000

4,000

3,000

2,000

1,000

0

Mte

p

Nucleare

Fonti rinnovabili(escluso l’idroelettrico)

Idroelettrico

Carbone

Olio combustibile

Gas naturale

Figura 2Scenario “businessas usual” delle fontienergetiche a livel-lo mondiale

Fonte: Studio IEA

Fonte: Studio IEA

8000

7000

6000

5000

4000

3000

2000

1000

01999 2010 2020 2030

GW

Potenza installata Potenza aggiuntiva

Figura 3Potenza elettrica in-stallata nel mondo

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2. la tecnologia di produzione energeticadeve ovviare al problema della “disconti-nuità”, fattore oggi associato all’energiasolare ed eolica: l’energia deve essere di-sponibile quando è richiesta dall’utente.

Tali limitazioni vanno quindi rimosse, all'in-terno di una ragionevole tempistica deter-minata dall'urgenza del problema, conl’aiuto di tecnologie innovative.Un nuovo e importante programma di ri-cerca e sviluppo, sostenuto da appropriatifinanziamenti pubblici, è stato quindi lan-ciato meno di tre anni fa all’ENEA. Questoprogramma punta allo sviluppo di unanuova tecnologia, basata sull’utilizzo disemplici specchi a basso costo per la con-centrazione della radiazione diretta, al finedi convertire in modo efficiente l’energiasolare in calore ad alta temperatura. Per ov-viare alla variabilità indotta dal ciclo gior-no/notte, l'energia solare è immagazzinatasotto forma di calore con l'ausilio di sali fusi

a 550 °C. L’accumulo termico ha una capa-cità sufficiente per erogare potenza inmodo completamente disaccoppiato e in-dipendente dalla presenza dell'irraggia-mento solare, dunque anche di notte o incondizioni di cielo coperto.Questa nuova tecnologia ENEA sarà ingrado, qualora sviluppata su scala suffi-ciente, di produrre calore di processo adalta temperatura per una grande varietà diapplicazioni industriali, ed in particolareper la produzione di energia elettrica, adun costo competitivo con quello relativo algasolio o al gas naturale, rispetto ai qualicostituisce una valida alternativa, ma senzaemissioni di gas inquinanti e di CO2.

L'energia verde: un mercatoeuropeo in rapida espansione

In gran parte dei paesi europei, alle societàdi distribuzione dell’energia elettrica è ri-chiesta la fornitura di energia elettrica conun contributo percentuale minimo garantitoproveniente da fonti rinnovabili. Questocrea un mercato con due prodotti indipen-denti, eliminando la concorrenza tra essi. InItalia, per esempio, il prezzo dell’elettricitàverde è oggi prossimo ai 12 cu/kWh e laquota da rinnovabili fissata al 2%. Inoltre èprevisto l’aumento graduale della quotaobbligatoria, per agevolare una progressi-va riduzione della dipendenza dai fossili. Iconsumi elettrici nell’Europa dei 15 è 2600TWh/a (terawattora per anno), estrapolabilia 2900 TWh/a nel 2010. Un contributo del

STUDI & RICERCHE

24 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Figura 4Media annuale dellaradiazione solare di-retta (W/m2)

Figura 5Irraggiamento solarediretto giornaliero neimesi di luglio (a) e di-cembre (b)

Fonte: NASA

Fonte: CEDR - Algeria

a b

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22% di elettricità verde in Europa, obiettivoa medio termine raccomandato dallaCommissione Europea, aprirebbe unnuovo mercato al 2010 di 640 TWh/a, corri-spondente ad una potenza “verde” totaleinstallata di 73 GW. Come vedremo in se-guito, una frazione considerevole della ri-chiesta di una tale entità potrebbe essererealisticamente soddisfatta con la tecnolo-gia innovativa ENEA, installata per esempionell’Africa del nord, ad un costo paragona-bile a quello dei combustibili fossili e quin-di competitivo con le altre fonti concorrenti,ad eccezione dell'idroelettrico, quali adesempio l'eolico, il geotermico e il fotovol-taico.

Elettricità solare dall’Africa

Molte aree del Sahara hanno sia una favo-revole esposizione alla radiazione solaresia un’escursione stagionale piuttosto ri-dotta, con una variazione che va da circa 9kWh/m2 per giorno in luglio a circa 7kWh/m2 per giorno in dicembre.L’integrale annuale della radiazione direttanormale (DNI) è di circa 2900 kWh/m2

(10,4 GJ/m2), circa il doppio di quello nellelocalità più favorevoli nel sud Italia. Conun’efficienza di raccolta di circa il 65%, unchilometro quadrato di collettori è in gradodi trasferire ogni anno all’accumulo termi-co un’energia equivalente a 1,2 milioni dibarili di petrolio (BOL) ovvero – nei circa25 anni di vita dell’impianto – 30 milioni diBOL. Al prezzo attuale di circa 25 US$/BOL,essi equivalgono a circa 750 milioni di dol-lari, vale a dire un ricavo totale di 750 dol-lari per ogni metro quadrato di collettori. Ilcosto stimato dell’intero sistema solareENEA, rapportato alla superficie di capta-zione, è dell’ordine di 100 US$/m2, per uncongruo volume di produzione.Considerando un’efficienza tipica di con-versione da energia solare diretta a ener-gia elettrica pari al 29%, ottenibile a questilivelli di irraggiamento, ogni chilometroquadrato di collettori produce annualmen-te circa 800 GWh di energia elettrica.

Questa quantità è equivalente alla produ-zione annuale di una centrale convenziona-le a carbone o a gas di circa 100 MW (elet-trici). Quindi per produrre l’energia elettri-ca erogata da una centrale di 1 GW (elettri-ci) è richiesta un’area di circa 10 km2 dispecchi, ovvero un quadrato di circa 3,3chilometri di lato. L’area globalmente occu-pata dall’impianto è in realtà doppia rispet-to a quella citata a causa della spaziaturatra gli specchi.

Il trasporto elettrico su lunghedistanze: fattibile ed economico

Il vastissimo potenziale dell’energia solareattraverso tale tecnologia non potrà esserecompletamente sfruttato qualora resti in-quadrato solamente nella logica di una do-manda locale e regionale. Ma qualoraesportato a regioni con maggiore doman-da e minore insolazione, le potenzialitàdella tecnologia solare potrebbero esserefortemente incrementate, offrendo la possi-bilità di contribuire in maniera significativaalla stabilizzazione del clima globale.Grazie a tecnologie di trasmissione oggi di-sponibili, il trasporto di energia elettricarinnovabile da lontane regioni desertiche èinfatti fattibile sia dal punto di vista tecnolo-gico che economico. A oggi, quasi 60 GWdi potenza elettrica sono trasportati a gran-de distanza in 80 progetti attualmente ope-rativi, basati su linee di trasmissione elettri-che in corrente continua ad alta tensione(HVDC). Tra questi, ricordiamo quello cheporta l’energia elettrica alla città di NewYork dal Canada, su una distanza maggioredi tremila chilometri. Questi progetti, conuna potenza tipica che va da 2 a 10 GW, su-perano, con l’ausilio di cavi marini, anchegli ostacoli dovuti all’attraversamento di trat-ti di mare (Giappone, Alaska).Il costo della trasmissione di potenza trami-te linee HVDC può essere stimato con larelazione [0,3 +(0,2 ÷ 0,6)Lo] US¢/kWhdove con Lo è indicata la lunghezza dellalinea in migliaia di chilometri. L'incidenzadei tratti di trasmissione marini è all’incirca

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25ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Page 26: ENERGIA,...Redazione ENEA Lungotevere Thaon di Revel 76, 00196 Roma, Tel. 06-36272401, Fax 06-36272720 E-mail/lacroced@sede.enea.it, Sito web/ Progetto grafico Bruno Giovannetti (ENEA)

dieci volte maggiore per unità di lunghez-za rispetto a quella sopra citata. La perditadi potenza nel trasporto è contenuta, circa0,03 Lo. A titolo di esempio, il costo del tra-sporto per una distanza di 1000 km suterra e 100 km in mare – la distanza neces-saria per trasportare in Sicilia l'energiaprodotta nel Sahara vicino – è dell’ordinedi 0,6 ÷ 1,0 US¢/kWh, un costo addizionalesicuramente accettabile.L’energia elettrica prodotta nel nord Africapotrebbe essere quindi trasferita alla reteelettrica europea per mezzo di lineeHVDC marine, due delle quali sono già infase di realizzazione, tra l’Algeria e l’Italia(2000 MW) e tra il Marocco e la Spagna(3000 MW).Il trasporto elettrico è più economico di

quello del gas naturale, poi utilizzato per laproduzione di elettricità. Sarebbe quindiipotizzabile un’eventuale produzione a boc-ca di pozzo metanifero locale diretta dienergia elettrica, ad un costo stimato di circa1,5 US¢/kWh, a cui va aggiunto il trasporto.Tuttavia, va sottolineato, l’energia verde èuna necessità, con un mercato indipenden-te e i suoi propri prezzi di mercato.

I costi stimati sono altamentecompetitivi

I parametri complessivi e i costi stimati siadell’energia termica che dell’energia elet-trica prodotta per una serie di moduli da400 MW, riassunti nella tabella 1, sono staticalcolati ipotizzando i valori-obiettivo dellatecnologia ENEA.

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Parametri radiazione solareLocalizzazione dell’impianto Sito ottimale, deserto SaharaIrraggiamento diretto, luglio 9,0 kWh/m2/giornoIrraggiamento diretto, dicembre 7,0 kWh/m2/giornoIrraggiamento diretto, integrale annuo 2900 kWh/m2/a

10,44 GJ/m2/a

Prestazioni campo solareEfficienza captazione termica 72 %Temperatura nominale di funzionamento 550 °CFattore di carico medio 0,9Energia termica accumulata 6,79 GJ/m2/aCosti produzione caloreCosti obiettivo ENEA campo solare 100 US$/m2

Quota ammortamento costo capitale (*) 0,1152 anno-1

Costo obiettivo energia termica– Investimenti 1,70 US$/GJ– O&M 0,15 US$/GJTotale (obiettivo) 1,85 US$/GJ

Generazione elettrica: singolo bloccoPotenza elettrica nominale 400 MWFattore di carico 0,8Efficienza di conversione elettrica 45 %Energia elettrica prodotta 2,80 TWh/aEnergia termica richiesta 2244 x 106 GJ/aArea collettori solari 3,30 km2

Costi generazione elettrica– Investimento impianti conv. 0,70 US¢/kWh– Calore solare, valori obiettivo 1,48 US¢/kWh– FIxed O&M 0,23 US¢/kWh– Variable O&M 0,15 US¢/kWhTotale 2,56 US¢/kWh

Emissioni CO2 evitate, rispetto a– Carbone, PCSE con FDG (33,5% eff.) 0,69 x 106 t/a– Carbone, CIGCC (43,8% eff.) 0,56 x 106 t/a– Gas naturale, NGCC (54,1% eff.) 0,25 x 106 t/a

Tabella 1Parametri principalirelativi ad un im-pianto per la pro-duzione di energiaelettrica basato sul-la tecnologia ENEA

(*) I costi, calcolati assumendo un tasso del 10%, una vita dell’impianto di 25 anni, un’assicurazione annuale pari a 0,5% etrascurando le tasse, comportano un tasso di ammortamento annuo di 0,1152.

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Si evince che si potrebbe produrre caloresolare ad alta temperatura ad un costo dicirca 2 US$/GJ, da confrontarsi con i costiestrapolati (IEA) al 2020 del gas naturale paria 3,07 US$/GJ (Net-back) e del carbone paria 0,88 US$/GJ. Va tuttavia fatto presente che icosti del gas naturale sono variabili e domi-nati dal trasporto e a bocca di pozzo hanno ilprezzo imbattibile di circa 0,5 US$/GJ.Conseguentemente il costo di produzione dienergia elettrica, per una grande serie di im-pianti modulari da 400 MW, risulta esserepari a 2,56 US¢/kWh, a cui va aggiunto ilcosto del trasporto elettrico dell'ordine di 0,6US¢/kWh, del tutto comparabile con quellorelativo ad impianti con tecnologia “Pulve-rised Coal Steam Electric” (PCSE) con desul-furazione (FDG) da 500 MW e con impianti aciclo combinato a gas naturale (NGCC) da400 MWatt, che producono elettricità al tipicocosto di 3,0 ÷ 3,3 US¢/kWh, ma con emissio-ni di gas inquinanti e di CO2.

L'innovazione nelle tecnologiesolari: un contributo allasostenibilità

La nuova tecnologia ENEA, nei paesi aforte insolazione, è in grado di ridurre iconsumi delle risorse fossili e la necessitàdi importazioni energetiche, diffondendol’uso di una straordinaria risorsa naturale,ben distribuita nel mondo e largamente ac-cessibile. Essa potrà contribuire alla diver-sificazione delle fonti energetiche e alla ri-duzione del problema delle emissioni.Essa non solo potrà creare opportunità dilavoro e dare un impulso all’economia, maal tempo stesso potrà ridurre i rischi diconflitto correlati alle forniture energetichee ai cambiamenti climatici.Le emissioni mondiali di CO2 derivanti dallaproduzione di energia elettrica ammontanostoricamente (1990) a 1,6 GtCeq/a, con unincremento annuo pari a circa l’1,5%. Ilgruppo di lavoro “Intergovernmental Panelon Climate Changes” (IPCC) ha racco-mandato per il 2020 una riduzione di alme-no 0,7 GtCeq/a. Essa potrebbe essere total-

mente realizzata a partire da circa 3600chilometri quadrati di collettori (un quadra-to di 60 chilometri di lato).La metà delle previste nuove installazionimondiali per la produzione di energia elet-trica al 2020 – corrispondenti ad una poten-za di circa 3500 GW – richiederebbero unasuperficie di collettori dell’ordine di 35.000km2 (un quadrato di 190 chilometri di lato),solamente una minuscola frazione dellearee desertiche potenzialmente utilizzabili.Benché l’area in questione sia considerevo-le in termini assoluti, non c’è nessuna ra-gione per la quale tale soluzione debbaessere considerata utopica, purché essasia attraente dal punto di vista economico.Si ricorda che la superficie mondiale dedi-cata all’agricoltura ammonta a circa un mi-lione di chilometri quadrati!Al fine di arrivare allo sviluppo su di unacosì grande scala di tali tecnologie innova-tive, è necessario stimolare un processo"virtuoso" di avvio, grazie al quale si realiz-zi una riduzione dei costi grazie all’aumen-to della produzione e, nello stesso tempo,la penetrazione nel mercato sia amplificatadalla riduzione dei costi.Il supporto pubblico allo sviluppo tecnolo-gico deve essere mantenuto solo finchéquesta diffusione "epidemica" del prodottonon sia stata attivata. Le considerazioni pre-cedenti mostrano come la nicchia di merca-to, una volta raggiunta la competitività con ifossili, sia estremamente vasta, pari a moltemigliaia di gigawatt di potenza installata.Poiché il tempo di costruzione di tali im-pianti, che richiedono tecnologie semplici,è relativamente rapido, il tasso di crescitadel mercato può essere relativamente velo-ce, al necessario fine di una tempestivapresa di controllo degli incombenti cam-biamenti climatici.

Lo scenario futuro è prevedibileanche dall'esperienza del passato

L’evoluzione delle forniture di energia pri-maria negli ultimi 150 anni ha seguito unandamento relativamente semplice. Mar-

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chetti (Cesare, fisico italiano, IIASA, Austria,ndr) ha dimostrato come le equazioni epi-demiche possono essere usate per predirelo sviluppo di molti aspetti dell’attivitàumana, e dell’energia in particolare. L’ideadi base è che la penetrazione di una nuovatecnologia ha un andamento simile a quel-lo dell’evoluzione biologica, nella qualenuove specie cacciano via le specie pree-sistenti dalla propria nicchia. Quasi tutte lenuove concezioni tecnologiche si impon-gono sul mercato con andamenti simili aquelli epidemici. La loro evoluzione tempo-rale segue analoghe semplici equazioni.Negli ultimi 150 anni, in particolare, il mixdelle fonti primarie ha mostrato un anda-mento in perfetto accordo con le curve“epidemiche”, indipendentemente daglieventi della società. Il fatto che ci sia statoun così buon accordo nel passato, suggeri-sce la possibilità di estrapolare questo me-todo per gli avvenimenti futuri e, in partico-lare, all’affermazione di una nuova sorgenteenergetica. La robustezza del metodo è ba-sata sul fatto che i parametri che governanola forma della curva epidemica sono giàdefiniti fin dagli stati iniziali dell’evoluzione(figura 6).Si noti che la catena di sostituzioni “stori-che”, cibo per animali → legno → carbone→ petrolio → gas naturale è stata dettata

dal mercato e non dalla disponibilità di ri-sorse. Le sostituzioni avvengono sempreall’incirca ogni 55 anni, in corrispondenzadei massimi dei cosiddetti “cicli di Kon-dratiev”, che regolano l'evoluzione dei ciclieconomici. È da notare che la successivacrescita di nuove fonti di energia ha pre-sentato, almeno per il passato, un tasso dicrescita del contributo frazionario percen-tuale che è pressoché lo stesso.È ragionevole attendersi che anche nel fu-turo permangano andamenti analoghi nel-l’evoluzione del sistema energetico. Secondotali ipotesi, nella nicchia creata dall'evolu-zione epidemica delle tecnologie attuali, èprevista l'apparizione e la crescita di unanuova forma di energia, per la quale l’ener-gia solare è la più accreditata candidata, e-ventualmente seguita da un’altra nuovaipotetica tecnologia, che potrebbe essereun nuovo nucleare (fissione o fusione). Laconclusione è rafforzata dal fatto che nel fu-turo il sole e una rinnovata fonte di originenucleare hanno soltanto potenzialità di con-tributo energetico tali da sostenere l’enor-me domanda di energia primaria, aggiunti-va a quella dei combustibili fossili, i qualievidentemente dovrebbero continuare aseguire la loro curva epidemica.Secondo questa ipotesi, la percentuale dipenetrazione del solare tra le fonti primarieè prevista essere all'incirca dell’11% nel2020, 27% nel 2040 e 40% nel 2060. Taliprevisioni risponderebbero perfettamentealle raccomandazioni dell’IPCC per unosviluppo sostenibile. Tuttavia sono in con-trasto con le predizioni dell’IEA, dove si fal'ipotesi che solamente le tecnologie esi-stenti e ormai relativamente mature conti-nueranno a perfezionarsi – in assenza quin-di di significative “mutazioni” che generinonuove “specie”. Quindi concetti nuovi edinnovativi, come peraltro è sempre succes-so nel passato, sono assolutamente neces-sari al fine di alterare gli andamenti ener-getici dello scenario "business as usual", especificatamente nella direzione ipotizzatada Marchetti.

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28 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

GAS NATURALE

Dati Previsioni

CARBONE

LEGNA

OLIOCOMBUSTIBILE

ALIMENTAZIONEANIMALE

(USA)

NUOVA 1

NUOVA 2

Solare?

Nuovo nucleare?

80

70

60

50

40

30

20

10

5

1

Fra

zion

e %

2000 2060204020201980196019401920188018601840 1900

Figura 6Scenario “evoluzioneepidemica” delle fontidi energia a livellomondiale

Fonte: Marchetti

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Una tale sorgente di energia addizionaledal sole può essere evidentemente sia di-retta (fotovoltaico, captazione di caloreecc.) che indiretta (energia idrica, eolica,biomasse ecc.).Sulla base delle considerazioni sopra citatee nell’ottica di una sorgente di energia pri-maria adeguata a livello planetario, siamodel parere che una delle più promettentitecnologie sia quella dell’utilizzo direttodella radiazione solare opportunamenteconcentrata per ottenere calore ad altatemperatura.Va anche ricordato che l’ENEA, oltre all’ini-ziativa qui descritta, sta attuando un altroprogramma complementare, finalizzato allaproduzione di idrogeno ad alta efficienza(pari circa al 50%) dall'energia termica so-lare tramite processi termo-chimici diretti.L’idrogeno potrebbe diventare il sostitutodel gas naturale virtualmente in tutte le sueapplicazioni. A tal fine è da ricordare che ilvecchio “gas di città”, ampiamente usato inpassato, era composto per circa il 50% daidrogeno.Non c’è dubbio che, affinché l'energia sola-re sia in grado di raggiungere una quotaimportante dell'energia primaria, l’introdu-zione dell’idrogeno come vettore energeti-co, alla stregua dell'energia elettrica, saràinevitabile.

Principali caratteristiche degliimpianti solari a concentrazioneENEA

Il calore solare a costi competitivicon i combustibili fossili

Una volta che i sistemi di captazione ed ac-cumulo dell’energia solare verranno pro-dotti su una scala sufficientemente grande,la produzione e l’erogazione di calore adalta temperatura (550 °C) potrà esserefatta, in località ad elevata insolazione, adun costo di circa 2 US$/GJ, non superioreall’analogo costo previsto nel futuro per ilgas naturale e il petrolio.

Un’energia disponibile secondo ladomanda

L’uso dell’accumulo termico permette l’ero-gazione di energia su richiesta, indipenden-temente dall’ora (giorno o notte). Le discon-tinuità della radiazione solare a breve termi-ne (nuvole) e del ciclo notte/giorno sonocompletamente compensate, come pure legiornate senza Sole, purché non eccessiva-mente persistenti. In particolare la produzio-ne di elettricità può prontamente seguire lavariazione della domanda giornaliera.

La grande sostituzione

L’energia solare a concentrazione con pro-duzione di calore ad alta temperatura con-sente di estendere, anche attraverso ilretro-fitting, l’uso di energia pulita e rinno-vabile in un gran numero di applicazioniindustriali correnti. In queste applicazioni,come per esempio la produzione di elet-tricità, l’energia è tradizionalmente fornitadall’energia chimica contenuta nei combu-stibili fossili, trasformata in calore ad altatemperatura dalla combustione. In alternati-va, per la stessa applicazione, l’energia so-lare può essere raccolta sotto forma di liqui-do caldo e accumulata in un contenitore ter-micamente isolato. A richiesta, questo calo-re ad alta temperatura è trasferito all’appli-cazione, in sostituzione del calore fornitodai fossili, nella forma più opportuna, adesempio come vapore ad alta temperatura,grazie ad uno scambiatore di calore.

Un’energia solare sostitutiva perapplicazioni tradizionali di potenza

L’energia solare può alimentare, sottoforma di calore ad alta temperatura, sistemitradizionali e consolidati come turbine avapore o a gas, cicli combinati o generatoristand alone per la produzione di energiaelettrica o la cogenerazione di elettricità ecalore. Il calore ad alta temperatura può es-sere anche fornito a molti altri processitermo-chimici industriali. Il sistema produ-ce elettricità e calore di processo come unqualsiasi altro impianto convenzionale di

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29ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

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potenza. L’energia solare può, inoltre, esse-re integrata con una parte fornita dai com-bustibili fossili, per esempio, qualora sianorichieste temperature ancora maggiori perraggiungere efficienze termodinamicheancora più elevate.

Un uso efficiente dell’energia solare

L’efficienza di captazione e di stoccaggiodell’energia solare è superiore al 65%della radiazione diretta normale incidente.Sistemi a concentrazione accoppiati a ge-neratori elettrici a turbina, grazie a questaelevata efficienza, richiedono aree due otre volte inferiori rispetto ai sistemi fotovol-taici, a parità di energia elettrica prodotta.In molte regioni del mondo ogni singolometro quadrato di collettori può produrreannualmente la stessa quantità di energiacontenuta in un barile di petrolio, evitandocirca 400 kg per anno di emissioni di CO2, seusato in sostituzione del gas naturale, e circa1 t/a di CO2, se usato al posto del carbone.

Potenzialità su una larga scala diapplicazioni

La tecnologia è fortemente modulare e puòsoddisfare esigenze diverse.

L’energia solare può essere utilizzata siaper impianti di grandi dimensioni (dell’or-dine dei gigawatt elettrici), connessi con larete elettrica internazionale, sia per im-pianti più piccoli (tipicamente di pochi me-gawatt elettrici) per comunità isolate. Il suopotenziale è tale da rispondere, in modoeconomicamente accettabile, al mercatocrescente dell’energia verde, fino ad unafrazione sostanziale della futura richiesta dienergia elettrica mondiale. In quanto la ge-nerazione di elettricità è realizzata grazie aturbo-alternatori convenzionali, la sua inte-grazione nella rete non richiede misureparticolari di stabilizzazione o di backup.

Una tecnologia rispettosadell'ambiente

Gli impianti solari producono energiasenza emissioni né inquinamento.Non sono impiegati materiali tossici, in-fiammabili o altrimenti pericolosi: l’interosistema non è sorgente di rischio o di altrifastidi (rumore) per le popolazioni presentinelle sue vicinanze. In particolare il liquidotermo-vettore utilizzato è un comune ferti-lizzante, già ampiamente usato in agricol-tura, ed eventuali fuoriuscite accidentalinon hanno alcun impatto ambientale.Non sono richieste strutture elevate e i col-lettori solari, posizionati in modo ordinato eseguendo il profilo del terreno, non detur-pano il paesaggio. Il tempo di ritorno ener-getico del sistema è dell’ordine di solo seimesi, meno del 2% dell’energia prodottadurante il periodo di funzionamento.Ciò rappresenta una frazione molto inferio-re rispetto ad esempio alla tecnologia foto-voltaica. Alla fine del periodo di utilizzazio-ne, molti dei materiali possono essere o ri-ciclati o ripristinati per ulteriori istallazioni.

Tempi di costruzione brevi e lungadurata dell’impianto

Grazie alla semplicità progettuale, un im-pianto completo può essere realizzato incirca tre anni. Peraltro la vita attesa dell’im-pianto è approssimativamente di 25-30

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30 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

a

b

Figura 7Produzione di ener-gia elettrica: a. dacombustibili fossili, b.da solare

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anni. Oltre questo periodo l’utilizzo dell’in-stallazione può essere ulteriormente este-so apportando le modifiche e i migliora-menti che si fossero resi disponibili nel frat-tempo. Lo smantellamento finale dell’areadell’impianto è semplice ed economico e ilterreno è riutilizzabile senza limitazioni.

R&S avanzata e rapidacommercializzazione successiva

Impianti per un totale 354 MW di picco, rea-lizzati con tecnologie analoghe, ma diprima generazione, sono funzionanti aKramer Junction (USA) da più di 15 anni ehanno raggiunto un’impressionante riduzio-ne dei costi del chilowattora prodotto, cheattualmente oscilla tra i 10 e i 15 US¢/kWh.L’attuale concezione innovativa ENEA, oltread una riduzione dei costi, offre una mag-giore temperatura di esercizio, un nuovo li-quido termovettore non infiammabile, e unampio accumulo termico che consente difunzionare senza integrazione da fossili. Ilfluido termovettore e l’accumulo termicosono stati provati con successo in una seriedi progetti dimostrativi di scala significativa.Al termine di più di due anni di intensa atti-vità di ricerca e sviluppo, l’ENEA ha in pro-gramma di realizzare per l’estate 2003 uncircuito in dimensioni reali, costruito conl’industria, che incorpora tutti questi ele-menti innovativi. La realizzazione e opera-

zione di tale circuito aprirà la strada allacostruzione di una serie di impianti di po-tenza. Nel 2006, è prevista l’entrata in fun-zione di un impianto dimostrativo commer-ciale di 0,5 km2 a Specchia, in Puglia. Altriimpianti dimostrativi sono in fase di valuta-zione ed è ragionevole attendersi che inmeno di quattro anni da oggi, impianticommerciali di grandi dimensioni potrannoessere in via di realizzazione.

L’impianto solare aconcentrazione ENEA

Il principio di funzionamento

Il progetto si è largamente ispirato alle instal-lazioni SEGS (Solar Electric GeneratingSystems) che hanno operato con successocome impianti ibridi solare-gas per più diquindici anni a Kramer Junction, in California.I miglioramenti principali rispetto a tale tec-nologia sono:1. nuovi specchi parabolici per aumentar-

ne la robustezza e diminuirne il costo;2. una più alta temperatura di funziona-

mento, circa 550 °C, che richiede conse-guentemente un nuovo rivestimento se-lettivo del sistema che assorbe la luceconcentrata;

3. l’uso di un liquido termovettore con mi-nore impatto ambientale e non infiam-mabile;

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31ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Figura 8Il progetto ENEA di unimpianto solare a con-centrazione

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4. l’introduzione di un grande accumulotermico, che può compensare le discon-tinuità della sorgente solare.

Questi miglioramenti comportano un costoinferiore, più alte efficienze di conversionedel calore solare in elettricità e un funziona-mento 24 ore su 24 a partire esclusivamen-te dall'energia solare. In sintesi, gli specchiparabolici lineari concentrano la luce diret-ta del Sole su un tubo ricevitore lineare cheassorbe l’energia raggiante e la converte incalore ad alta temperatura.Per compensare le irregolarità dell’irrag-giamento e il ciclo notte/giorno, il calore èaccumulato sotto forma di sali fusi surriscal-dati, utilizzati in seguito al fine di alimentareun ciclo di potenza convenzionale.L’accumulo termico ha una capacità ade-guata al fine di garantire l’erogazione dipotenza quando richiesto, e in particolarela notte o quando la sorgente solare è as-sente.

Gli specchi parabolici

La radiazione solare diretta è focalizzata suun tubo collettore-ricevitore mediante l’usodi grandi specchi parabolici. L’aperturadegli specchi è di 5,76 m, con una lun-ghezza focale di 1,81 m. Gli specchi, adattiad una produzione economica di massa,sono costituiti da pannelli honeycomb di2,5 cm di spessore con interno in alluminioe pelli in acciaio che presentano un’eleva-tissima rigidità. Sulla parte interna di questipannelli aderisce un sottile specchio divetro ad alta riflettività. Un insieme di talipannelli riflettenti è rigidamente fissato aduna struttura di supporto, lunga circa 25 m,che consente la rotazione dell’insieme perseguire il percorso del sole.

Il tubo ricevitore

Il tubo ricevitore, situato sulla linea focaledegli specchi, è costituito da una strutturacoassiale di due cilindri concentrici: untubo di vetro esterno da 11,5 cm di diame-tro e un tubo di acciaio interno da 7 cm didiametro all’interno del quale circola il flui-do termovettore (una miscela di sali fusi).Un opportuno rivestimento selettivo, svi-luppato da ENEA, assicura il massimo as-sorbimento nello spettro della luce solare,mentre riduce le emissioni di radiazioneinfrarossa generate dal tubo caldo.

Il fluido termovettore

Il fluido termovettore degli impianti diKramer Junction è un olio minerale infiam-mabile e tossico. Le proprietà di questo li-quido, inoltre, limitano la temperatura difunzionamento dell’impianto e – per motividi sicurezza e di costo – non permettonol’immagazzinamento del liquido caldo adun livello sufficiente da costituire un effica-ce accumulo termico. In realtà questi im-pianti sono dei sistemi ibridi solare-gas na-turale, in quanto necessitano di una pesan-te integrazione con gas naturale per copri-re le discontinuità giornaliere.Per queste ragioni, nel progetto ENEA si èpreferito adottare come fluido termovetto-

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32 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Ideal coatingcut off at 1,74 µm

Coating C

solar spectrumdirect AM 1,5

Coating D

black body580 °C

0,1 1 10 1000

20

40

60

80

1007000

WAVELENGTH (µm)

RE

FLE

CTA

NC

E (

%)

IRR

AD

IAN

CE

(W

m-2

µm

-1)

6000

5000

4000

3000

2000

1000

0

Figura 9Modulo di colletto-re solare (ProgettoENEA)

Figura 10Tubo ricevitore (Pro-getto ENEA)

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re una miscela eutettica di sali fusi, 60%NaNO3 – 40% KNO3.Questo sale è largamente usato come ferti-lizzante, è economico e disponibile in gran-dissime quantità. L’intervallo di temperaturadi funzionamentoè tra i 290 °C e i 550 °C: li-mitato attualmente dal fatto che a circa600 °C i nitrati si decompongono in nitriti,con potenziali problemi di corrosione.È già stato completato lo studio dettagliatodei componenti associati all’uso della mi-scela di sali fusi ed i potenziali problemiconnessi con tale tecnologia, ad esempioquelli relativi alla corrosione, sono stati stu-diati e risolti con risultati soddisfacenti.

L’accumulo termico

Una tecnologia matura per la produzionedi energia deve erogare l’energia in funzio-ne della domanda. Fino ad oggi, l’unicaenergia rinnovabile che ha avuto una diffu-sione estesa è quella idroelettrica. Ciò èdovuto sia alla competitività dei suoi costiche alla presenza del sistema bacino/sbar-ramento, che è in grado di compensare levariazioni dovute alle variabilità delle pre-cipitazioni.Nel caso dell’energia solare, la funzionesvolta dall’accumulo di acqua nella diga èsostituita dal calore accumulato nel serba-toio termico. Fortunatamente, in quanto l’e-nergia solare è generalmente disponibilesu base giornaliera, la quantità di energia

da immagazzi-nare al fine digarantire la stes-sa continuità difunzionamento, ètuttavia molto più

modesta.Un elevato salto termi-co (260 °C) tra i dueserbatoi di accumulopermette una capacitàdi accumulo termicoelevata. In terminisemplici, per imma-gazzinare 1 kWh sono

sufficienti circa 5 litri di sale fuso. L’energiaaccumulata in un volume di sale fuso èeguale a quella prodotta dalla combustionedello stesso volume di gas naturale allapressione di 18,4 bar, ovvero a quella con-tenuta in una quantità di petrolio pari ad1/43 del volume.Ma, mentre in un impianto convenzionalead energia fossile il riempimento del serba-toio di olio combustibile è normalmente ef-fettuato con frequenza dell’ordine di mesi, iltempo di accumulo per l’impianto solare èdeterminato dal ciclo giornaliero, eventual-mente incrementato al fine di compensareanche alcuni giorni di cattivo tempo.Ne consegue che, per una data potenza in-stallata, le dimensioni per un serbatoio dicombustibile fossile e quelle per l'accumu-lo termico di un impianto solare continuati-vo sono in realtà paragonabili. Ad esempio,al fine di garantire la continuità (erogazionecostante 24 ore su 24) dell’energia solaregiornaliera massima raccolta da 1 km2 dicollettori nel Sahara, il serbatoio di accu-mulo è di circa 30 m di diametro e di 21 mdi altezza.Le perdite di energia associate all'accumu-lo termico se di dimensioni opportune,sono molto contenute, tipicamente minoridell’1% giornaliero. Quindi l’accumulo ter-mico è un sistema estremamente efficiente,qualora confrontato con gli altri metodi cor-renti di accumulo energetico.

STUDI & RICERCHE

33ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Energia immagazzinata

Potenza raccoltaPotenza erogata

Ore del giorno

Uni

tà a

rbitr

aria

5

4

3

2

1

00 4 8 12 16 20 24

Figura 11Sistema di accumulodel calore (ProgettoENEA)

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Verso la realizzazionedell'impianto industriale ENEA

Un ampio programma di R&S per lamessa a punto del sistema

Il programma ENEA sul solare a concentra-zione è stato finanziato con fondi pubblicida uno specifico articolo della legge finan-ziaria 2001. Fin dall’inizio del 2001, è statoattivato un imponente programma di R&Sche è attualmente nella sua fase conclusi-va. Esso prevede una stretta collaborazionecon molti partner industriali, sia italiani chestranieri, per la qualificazione del prodottoe per la successiva introduzione nel mer-cato. Nel 2002, l’investimento ENEA in ter-mini di risorse umane è stato di circa100.000 ore uomo.

L'unità di raccolta in scala reale

Un circuito di prova dell'insieme del siste-ma di raccolta in scala reale, realizzato concomponenti di origine industriale, è in fasedi costruzione e sarà operativo nell’estate2003. Il collettore solare, il tubo ricevitore,

le tubazioni e la circolazione del sale fuso,nelle stesse configurazioni della produzio-ne industriale in serie, saranno provati sulcampo. Il circuito è anche dotato di un pic-colo accumulo, per la verifica delle moda-lità operative, benché in una scala più mo-desta rispetto a quella degli impianti finali.Viste le dimensioni modeste dell'energiaraccolta, il calore prodotto è dissipato dauna torre di raffreddamento.

Il prototipo pre-industriale diSpecchia (LE)

Un programma per la realizzazione di unimpianto completo per la produzione dienergia elettrica connesso con la rete di di-stribuzione nazionale, è stato avviato in col-laborazione con il governo regionale dellaPuglia e altri partner privati. L’impianto do-vrebbe essere completamente opera-tivoper il 2006. L’attuale mercato dell’energia“verde” è tale che il funzionamento dell’im-pianto potrà essere coperto finanziaria-mente grazie all’energia prodotta. Essosarà, dunque, la dimostrazione delle vali-dità potenziali del progetto e un modello diriferimento per le future installazioni.

I due prodotti commerciali di base

Attualmente le attività ENEA sono focalizza-te sullo sviluppo di due linee di prodotticomplementari:1. un’unità modulare di captazione solare

da 250 MW termici di picco con ade-guato sistema di accumulo, per una po-tenza nominale elettrica pari a circa 40MW. Fino ad una decina di queste unità(400 MW elettrici) possono essere ag-gruppate al fine di alimentare un’unicacentrale a vapore convenzionale. Il mo-dulo è principalmente dedicato alla for-nitura di energia elettrica in rete in loca-lità ad alta insolazione. Una locazioneideale per tali impianti potrebbe esseread esempio il deserto del Sahara, con-nessi con rete elettrica europea graziead una linea dedicata HVDC.

2. un’unità di captazione stand alone di

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34 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Figura 12Impianto di prova equalificazione com-ponenti presso il CRENEA Casaccia

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circa 60 MW termici di picco, anch’essadotata di accumulo termico, in grado digarantire una potenza elettrica continuadi circa 10 MW. Questi moduli sono par-ticolarmente indicati per fornire elettri-cità in località remote, dove le connes-sioni con la rete di distribuzione è diffici-le o troppo costosa. Questa opzione èparticolarmente interessante per esem-pio per isole con forte insolazione e perregioni remote, specialmente in alcuniPaesi in via di sviluppo. Ognuno di que-sti impianti potrebbe alimentare i fabbi-sogni elettrici di base per comu-nitàdalle 20.000 alle 100.000 persone.

Entrambi i prodotti, che possono essereadattati ad una gran varietà di configura-zioni del terreno e delle esigenze specifi-

che, si basano su un progetto modulare deicollettori solari e del sistema di accumulo asali fusi. Il costo unitario dei sistemi di cap-tazione è praticamente lo stesso per ambe-due le configurazioni e decresce con il nu-mero totale di collettori realizzati global-mente. Come già indicato, a partire da unaproduzione sostanziale, il costo dell'ener-gia termica prodotta in locazioni favorevoliè dell'ordine di 2 ÷ 4 US$/GJ, dipendentedall'insolazione disponibile, comunque al-tamente competitiva con il gas naturale e icombustibili liquidi.Va tuttavia sottolineato che anche il costo spe-cifico degli impianti, essendo superiore perle piccole potenze, si rifletterà, come peraltroanche per gli impianti a combustibili fossili,in costi variabili dell’elettricità prodotta.

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35ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Orientazione collettori 27° ONumero di collettori 348Energia termica disponibile GWh/a 160,3Capacità accumulo MWh 600Potenza elettrica nominale MW 12Efficienza lorda impianto % 39Energia elettrica prodotta GWh/a 51,9Fattore di carico % 49,3Risparmio energia primaria tep 11.135Emissione CO2 evitata t/a 34.588

Figura 13Impianto pre-indu-striale di Specchia

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36 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

DAMIANO PETRUZZELLA*ENRICO RASO**

MAURIZIO DESANTIS*CARMELO SIGLIUZZO*

AGOSTINO LETARDI*** * CIHEAM, Istituto

Agronomico Mediterraneo, Bari** Università di Firenze, Facoltà

di Agraria*** ENEA, UTS Biotecnologie,Protezione della Salute e degli

Ecosistemi

Experimentation protocols for

biological productionat pilot farms in southern Italy

AbstractOne of the activities envisaged in the PROBIO project conducted by

ENEA under the 1994-99 EU Structural Funds Support programme hasbeen the development of experimentation protocols for biological

production at pilot farms in southern Italy. The overall aim was to testand transfer methodologies and models characterised by sounder use

of natural resources, enhancement of self-regulation mechanisms infarming systems, and a reduction of external inputs (even those

allowed by EU Regulation 2092/91). The two main goals were todevelop and validate biological farming protocols for several key

southern crops, capable of integrating the technical component withlocal soil, climate and socio-cultural factors; and to make available to

southern farmers the know-how developed at the pilot farms and thusfacilitate the transition from conventional to biological agriculture.

stu

di &

ric

erc

he

Protocolli di sperimentazione per la produzione biologica in aziende pilota delleregioni meridionali

Una ricerca comunitaria per definire nuove forme diagricoltura sostenibile e multifunzionale, alternativa ma non

conflittuale con quella convenzionale, ha portato alladefinizione di una metodologia semplice, fondata sul

coinvolgimento diretto degli agricoltori e messa a punto inaziende pilota a differente orientamento produttivo1

1 Lavoro cofinanziato dalla Comunità Europea e realizzato nell'ambito del Contratto di Associazione conIAMB "Sviluppo, sperimentazione e dimostrazione di tecniche e metodi innovativi di coltivazione e pro-duzione biologica", attività prevista dal Progetto PROBIO (PROduzioni vegetali medianteBIOtecnologie) dell'ENEA - QCS FESR 1994-99 Sottopr. II Misura II.1.

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37ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Le tendenze attuali della Politica AgricolaComunitaria sono sempre più orientate afavorire l’abbandono dell’agricoltura inten-siva, specializzata e ad alta produttività fa-vorendo il rapido trasferimento sul territo-rio di modelli di agricoltura sostenibili per iquali il nostro Paese e, in particolare ilMeridione, sono vocati. Tale contingenzaha però generato una situazione in cui lanecessità di rendere omogenei i metodi dicoltivazione a livello europeo ha favorito unforte condizionamento da parte dell’agri-coltura dei paesi nordici. Pertanto, si mani-festa la necessità di definire e diffonderemodelli dimensionati secondo le caratteri-stiche pedo-climatiche e socio-economi-che della realtà del Meridione d’Italia.L’agricoltura dei Paesi dell’Unione Europeadi questi ultimi decenni è risultata accomu-nata dalle seguenti problematiche: sovrap-produzioni e flessione dei redditi, riduzio-ne della capacità di assorbire lavoro, im-patto ambientale e paesaggistico e, non ul-timo per importanza, modificazione dellaqualità dei prodotti. Da ciò l’importanzadella ricerca nel definire nuove forme diagricoltura a basso impatto ambientale, so-stenibile e multifunzionale, alternativa, manon conflittuale, con quella convenzionale.In quest’ottica nello scorso decennio, dal1992 al 1999, ha attivamente lavorato un“Research Network for EU and associatedCountries on Integrated and EcologicalArable Farming Systems (I/EAFS)” che, con25 gruppi di ricerca internazionali, ha por-tato alla definizione di una “Metodologiaper la progettazione e gestione di sistemiagricoli sostenibili” valida anche per gliagro-ecosistemi condotti in modo “biologi-co”. Si tratta di una metodologia voluta-mente pratica e semplice da applicare.Obiettivo della linea della ricerca qui pre-sentata è stato quello di proporre agli agri-coltori una metodologia olistica codificata,semplice da comprendere e applicare inazienda allo scopo di migliorare la gestio-ne sostenibile aziendale. La ricerca haavuto la finalità di mettere a punto una me-

todologia che consentisse di valutare i si-stemi agricoli biologici (meglio definiticome Sistemi Agricoli Ecologici) partendodall’analisi approfondita, a livello azienda-le, delle prestazioni agro-ambientali e dellescelte tecniche, economiche e sociali del-l’imprenditore e delle loro variazioni neltempo. Conseguentemente, ciò ha per-messo di migliorare i protocolli per la pro-duzione biologica coinvolgendo diretta-mente le aziende agricole.Data la complessità e la diversità degliaspetti descritti, nelle realtà del Meridioned’Italia, tale metodologia è stata applicata emessa a punto in aziende pilota a differenteorientamento produttivo distribuite nellearee produttive più significative delle re-gioni meridionali, con l’obiettivo di rag-giungere la definizione di diversi prototipiaziendali riproducibili per i diversi sistemicolturali.

Metodologia di ricercaLa metodologia di ricerca applicata è parti-ta dalle indicazioni emerse nell’ambito delnetwork europeo per la progettazione e ge-stione degli agrosistemi a basso impattoambientale (Network I/EAFS) che, in Italia,fa riferimento al Dipartimento ScienzeAgronomiche e Gestione del TerritorioAgroforestale (DISAT) della Facoltà diAgraria, Università degli Studi di Firenze.Tale metodologia prevede lo studio delSistema Agricolo Ecologico (SAE) innanzi-tutto attraverso l’individuazione di obiettiviprioritari per l’imprenditore (scala gerar-chica degli obiettivi economici, sociali eambientali) che, successivamente, vengo-no quantificati e valutati tramite parametri.A sua volta, ogni parametro presenta un va-lore o un intervallo di valori ottimali cherappresentano il punto di riferimento per levalutazioni successive.Per raggiungere gli obiettivi individuati inprecedenza sono stati definiti sei metodibase, ciascuno dei quali caratterizzatodalla capacità di agire su più parametri.

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38 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Il percorso progettuale, che segue una me-todologia semplice e pratica, ha previsto lasua continua revisione e miglioramento.Ogni fase ha visto il coinvolgimento direttosia dei tecnici progettisti che dei responsa-bili della gestione aziendale seguendo re-gole modificate in relazione ai risultati ealle nuove conoscenze che, nel tempo,sono derivate dall’esperienza pratica.Tale metodologia ha consentito quindi di

effettuare una valutazione complessiva eintegrata dell’azienda e dei protocolli diproduzione biologica andando oltre la fasedi analisi e diagnosi dei singoli aspetti del-l’agrosistema.Un ruolo determinante è stato svolto dagliimprenditori agricoli partecipanti alla ri-cerca. Le aziende agricole coinvolte sonostate 14 (tabella 1), caratterizzate da diffe-renti ordinamenti produttivi e localizzazio-ne geografica (figura 1).Nelle fasi iniziali del progetto è stato predi-sposto un questionario di definizione dellasituazione aziendale, utilizzato dai tecnici ri-levatori con lo scopo di meglio conoscere isingoli aspetti dell’azienda e del suo intorno.I rilievi aziendali sono stati effettuati con si-stematicità attraverso monitoraggio di pa-rametri e metodi individuati.Per ciascuna azienda è stato elaborato un“Rapporto aziendale” costituito da:– un profilo aziendale con i dati e le carat-

teristiche generali dell’azienda;– gli aspetti della fertilità del suolo, le ca-

ratteristiche agro-ecologiche e socioe-conomiche;

– l’analisi dei rilievi aziendali effettuati perle principali avversità parassitarie moni-torate;

– un sintetico protocollo di produzioneaziendale.

Figura 1Ubicazione aziendesottoposte a monito-raggio

n. Orientamento produttivo Colture osservate Agro

1 Arboricolo Olivo Andria (BA)

2 Cerealicolo/zootecnico Cereali Gioia del C. (BA)

3 Arboricolo Ciliegio, olivo Cisternino (BR)

4 Olivicolo Olivo Calimera (LE)

5 Vitivinicolo - olivicolo Vite, olivo Canosa (BA)

6 Vitivinicolo Vite da vino Cerignola (FG)

7 Viticolo (da tavola) Vite da tavola Castellaneta (TA)

8 Agrumicolo Arance, mandarini Mineo (CT)

9 Ortaggi Pomodoro Rocca Imperiale (CS)

10 Agrumi, vite, olivo Arance Amendolara (CS)

11 Cerealicolo Cereali Gravina di Puglia (BA)

12 Orticolo Pomodoro Cutrofiano (LE)

13 Cerealicolo Cereali Irsina (MT)

14 Ciliegio Ciliegio Bisceglie (BA)

Tabella 1Elenco aziende pi-lota

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39ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Le cinque fasi della“Metodologia” per laprogettazione e gestione diagroecosistemi biologicisostenibili1a. Creazione della scala gerarchica

degli obiettivi2a. Individuazione dei parametri e metodi3a. Disegno del prototipo di agroecosi-

stema biologico e dei metodi4a. Prospetto del prototipo di agroecosi-

stema biologico e relativo suo con-trollo e miglioramento

5a. Diffusione del sistema agricolo biolo-gico collaudato.

1ª Fase: creazione della scalagerarchica degli obiettivi

Con questa fase si definisce una scala ge-rarchica degli obiettivi agronomici, econo-mici, sociali ed ecologico-ambientali che siintende raggiungere con l’attuazione delnuovo agroecosistema biologico.La definizione della gerarchia degli obiettiviavviene considerando attentamente i difettie/o le contraddizioni che il Sistema AgricoloConvenzionale presenta nell’area di studioin modo da poterli diminuire o, teoricamen-te, eliminare. Ogni obiettivo viene caratteriz-zato a livello generale (obiettivo generale) ea livello specifico (obiettivo specifico). Il

Tabella 2Obiettivi generali especifici

Obiettivi Az. 1 Az. 2 Az. 3 Az. 4 Az. 5 Az. 6 Az. 7 Az. 8 Az. 9 Az. 10 Az. 11 Az. 12 Az. 13 Az. 14

Ambiente abiotico suolo 10 1 10 7 - - 5 1 8 2 5 8 - 10

Ambiente abiotico acqua - 8 - 3 5 5 9 3 - - 7 10 3 -

Ambiente abiotico aria - 2 - - 2 2 - 8 - 7 - - 7 -

Natura/Paesaggio flora 7 3 4 8 8 7 10 2 - 4 6 - - 8

Natura/Paesaggio fauna - 5 8 6 3 3 5 - 9 4 5 - 6

Natura/Paesaggio paesaggio - - - - 1 - - - - - - 4 - 1

Reddito/Profitto a livello aziendale 5 4 2 2 4 6 1 4 2 8 2 2 1 5

Reddito/Profitto a livello regionale 9 7 - 5 7 10 7 7 5 10 7 4 -

Reddito/Profitto a livello nazionale - - - - - - - - - - - - 10 -

Impiego a livello aziendale 2 - - - - - 8 - 6 6 - - - 7

Impiego a livello regionale - - - - - - - - 9 - - - - -

Impiego a livello nazionale - - - - - - - - - - - - 8 -

Salute/Benessere animali dell'azienda - 9 9 - - 9 - - - - - - - -

Salute/Benessere popolazione rurale 3 - 6 9 6 1 3 9 3 3 9 3 9 4

Salute/Benessere popolazione urbana 6 - 7 - 9 4 - - 7 - - 1 6 -

Produzione alimenti quantità - - 5 4 - - - - - 5 3 9 9

Produzione alimenti qualità 1 6 1 1 10 8 2 6 1 1 1 6 2 2

Produzione alimenti stabilità 4 10 3 - - - 4 10 4 - 8 - - -

Produzione alimenti sostenibilità 8 - - 10 - - 6 - 10 10 - - - 3

Produzione alimenti accessibilità - - - - - - - - - - - - 5 -

Generale Specifico Generale Specifico

Ambiente abiotico Suolo Impiego manodopera a livello aziendaleAcqua a livello regionaleAria a livello nazionale

Natura/Paesaggio Flora Salute/Benessere animali dell'aziendaFauna popolazione ruralePaesaggio popolazione urbana

Reddito/Profitto a livello aziendale Produzione alimenti quantitàa livello regionale qualitàa livello nazionale stabilità

sostenibilitàaccessibilità

Tabella 3Scala gerarchica de-gli obiettivi genera-li e specifici rilevatinelle aziende agri-cole

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40 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Gruppo Europeo ha proposto una base di 6obiettivi generali e 20 obiettivi specificicome riportato nella tabella 2.L’importanza che viene attribuita a ciascunobiettivo generale o specifico varia in fun-zione dell’indirizzo produttivo del sistemaagricolo che si intende sviluppare e in rela-zione alle particolari problematiche socio-economiche ed agro-ambientali che pre-senta l’area esaminata.Gli obiettivi generali sono stati numerati da1 a 6 e così gli obiettivi specifici da 1 a 3 inbase alla loro crescente importanza (massi-ma importanza 6 o 3, minima importanza1). Al fine di definire con maggiore preci-sione la scala gerarchica degli obiettivi èstata introdotta la possibilità di attribuireanche valori frazionari. Occorre precisareche la definizione dei valori degli obiettivigenerali e specifici è stato il risultato di ri-petuti incontri e discussioni tra il progettistaed il singolo imprenditore agricolo. Stabilitala gerarchia degli obiettivi sono stati defini-ti, per ciascuna azienda agricola, i primidieci obiettivi specifici più importanti inbase al loro maggior valore assoluto.Nella tabella 3 e nel grafico 1 sono esposti irisultati di tali valutazioni.

2ª Fase: individuazione deiparametri e metodi

La seconda fase della metodologia constadi due passaggi:a) trasformazione dei 10 maggiori obiettivi

specifici in parametri multiobiettivo cheli quantificano;

b) individuazione di metodi multifunzionaliper raggiungere i 10 maggiori obiettivispecifici in precedenza individuati equantificati dai parametri con relativocollegamento “obiettivi specifici-para-metri-metodi”.

a) Trasformazione degli obiettivi inparametri

La metodologia per quantificare i “10maggiori obiettivi specifici” fornisce unelenco di 16 parametri “ufficiali” con pro-prie sigle.Inoltre, per particolari ragioni connesse aparticolari peculiarità dell’agroecosistemastudiato, poichè qualche obiettivo specifi-co non è ritenuto sufficientemente copertodal set dei parametri “ufficiali” ne sonostati introdotti alcuni nuovi che in tal casoassumono importanza “locale” e come talisono indicati.

Obiettivi

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

70,0%

80,0%

90,0%

100,0%

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rofitt

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ivello

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Grafico 1Scelta gerarchica de-gli obiettivi (in 3%)

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41ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Tabella 4SAE - Definizione e valore parametri europei e locali

Parametri europeiBilancio annuale della sostanzaorganicaRiserve disponibili di P2O5

Riserve disponibili di K2O

Bilancio annuale di fosforo

Bilancio annuale di potassio

Efficienza energetica

Diversità delle piante a livello dispecie

Indice delle infrastruttureecologiche

Indice di copertura del suolo

Indice di qualità di produzione

Surplus economico nettoIndice esposizione pesticidi

Esposizione ai pesticidi

Indice presenza predatori

Indice di parassitizzazione

Indice di dannosità del fitofago

Riserva annuale di s.o.

Bilancio annuale basi di scambio

Riserva annuale di N totale del suoloRapporto C/N del suolo

DefinizioniRapporto tra OMARanno1+x eOMARanno x

Quantità di fosforo disponibile nelsuoloQuantità di potassio disponibilenel suoloRapporto tra Input/Output di fo-sforo

Rapporto tra Input/Output di po-tassioRapporto tra Output/Input ener-getici (materie prime prodotte/mezzi tecnici impiegati)Numero di specie vegetali di inte-resse faunistico e paesaggistico-ri-creativo presenti nelle infrastrut-ture ecologiche% di superficie aziendale lasciatacome habitat naturali e corridoi li-neari e non, incluse strisce inerbiteartificialmenteSuperficie di suolo coperto dallacoltura o dai residui colturali e ge-stione controllata della vegetazio-ne spontanea e consociazione(tutto l'anno)Indice di qualità (QI) x Indice diproduzione (PI) = (Prezzo di mer-cato * kg/prezzo massimo di mer-cato * kg) x (kg/ha di prodottovenduto / kg/ha di prodotto sulcampo)Tornaconto dell'imprenditoreQuantità p.a. (kg/ha-1 x vapore dipressione mPa a 20-25 °C)Rotenone p.v. < 1 mPa (a 20 °C)Olii minerali p.v. = trascurabileOssicloruri di rame p.v. trascurabilePiretrine p.v. trascurabileAzadiractina (Neem) p.v. trascurabileZolfo p.v. = 0,53 mPa (a 30 °C)Bacillus Th. p.v. = 0Parametro espresso da eventualepresenza di residui di fitofarmacisu foglie e/o frutti causato da ef-fetto deriva esterna all’aziendaRapporto tra il numero di predato-ri catturati (Crisopa; Coccinellidi;Sirfidi) e numero di trappole in-stallateRapporto tra il numero di fitofagiparassitizzati e numero totale difitofagiRapporto tra percentuale d’infe-stazione a fine ciclo e densità dipopolazione del fitofagoQuantità di s. o. del suolo

Na, Ca, Mg,… variazioni annue

Quantità di azoto totale del suoloRapporto carbonio/azoto del suolo

SigleOMAB

suolo

PAR

KAR

PAB

KAB

EE

PSD

EII

SCI

QPI

NSEEP ARIA

EPf

IPP

IP

PDF

OMAR

ABB

TNARC/N

Valori ottimali≥1

13-25 ppm (Olsen)

15-30 mg/100 g

1,1-1,4

≥1

≥ convenz.

≥10

≥ 5%

≥ 50%

≥ 0,9

≥ 0 £/Ha0

< l..r..

(*)

(*)

(*)

Argilla <10 1,5-2,5 %

Argilla 10-302,0-2,5%

Argilla >302,5-3,0%

Ca=1.000-2.000 K=150-300

Mg=150-500Na £ 300mg/kg

1-1,5 ‰9-11

* Indici locali in corso di valutazione

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42 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Nella scelta dei parametri “locali” è impor-tante che questi abbiano un riconosciutovalore scientifico, risultino effettivi indicato-ri agroecosistemici, siano di facile e velocerilevazione in campo e/o valutabili con leattrezzature presenti nei laboratori dellazona secondo i protocolli analitici ufficiali. Asua volta ogni parametro, “ufficiale” o “loca-le”, presenta un valore o un intervallo di va-lori ritenuti ottimali (desiderati) da parte delprogettista in relazione allo specifico agroe-cosistema studiato e che in prima fase diconversione al biologico è prudente defi-nirli di tipo “provvisorio”.Si evidenzia che nella tabella 4 i valori o in-tervalli di valore (provvisori) considerati ot-timali per parametri impiegati nelle azien-de pilota sono stati definiti a seguito di variincontri tra i responsabili scientifici del pro-getto e gli Imprenditori delle aziende.Per tale scopo sono stati considerati anche irisultati aziendali delle analisi del suolo, deibilanci dei flussi in entrata ed in uscita di

energia a livello di colture, di elementi chi-mici, dell’estensione e caratterizzazione flo-ristica delle infrastrutture ecologiche ecc.

b) Individuazione di metodimultifunzionali

Ogni parametro, individuato e monitorato,permette, quindi, di valutare il raggiungi-mento degli obiettivi definiti. A questopunto vengono definiti i metodi capaci digarantire il raggiungimento di tali obiettivi.Il gruppo di progettisti, rifacendosi a quantostabilito dal Network I/EAFS, ha individuatoi metodi base caratterizzati dalla proprietàmultifunzionale, cioè capaci di agire su piùparametri e, quindi, su più obiettivi, definiticome di seguito (tabella 5).Il lavoro conclusivo della seconda fase si èconcretizzato nell’elaborazione di un qua-dro riassuntivo nel quale i 10 maggioriobiettivi, riportati in ordine crescente d’im-portanza, vengono quantificati tramite pa-rametri e metodi (tabella 6, grafico 2)

Definizioni

Metodo che, con l'opportuno avvicendamento delle col-ture nello spazio e nel tempo, permette il mantenimentodella fertilità agronomica del suolo tale da sostenere laproduzione sotto l'aspetto quali-quantitativo con la mini-ma necessità di interventi e di input energetici

Metodo che, con un opportuno bilanciamento tra outputed input dei nutrienti, mantiene o migliora le riservedegli elementi nutritivi del suolo in quell'intervallo agro-nomicamente desiderato ed ecologicamente accettabiletale da sostenere la vitalità delle colture e la produttivitàsotto l'aspetto quali-quantitativo

Metodo che, con lo sviluppo e la gestione delle infrastrut-ture ecologiche, permette la presenza ed il miglioramen-to della flora e della fauna locale utile alla vitalità dell'a-groecosistema e alla ricreazione della popolazione ruralee urbana

Metodo che permette, con lo studio della migliore combi-nazione dei fattori della produzione e conseguente rag-giungimento del prefissato tornaconto, di rendere eco-nomicamente efficiente un sistema agricolo ecologica-mente valido

Metodo che, con l'uso di particolari tecniche e sequenzedi lavorazione del suolo, permette il mantenimento o ilmiglioramento della fertilità agronomica del terreno, ilcontrollo delle infestanti e la riduzione dell'erosione edegli input energetici

Metodo che, con la prevenzione ed il controllo delle ma-lattie e delle infestanti, permette di sostenere la qualità eproduttività delle colture con il minimo uso o il non usodi presidi sanitari seppur ammessi in agricoltura biologica

Metodi

Avvicendamento colturale

Gestione ecologica deinutrienti

Gestione delleinfrastrutture ecologiche

Ottimizzazione dellastruttura aziendale

Minima lavorazione delsuolo

Protezione ecologica dellecolture

Sigle

MCR

ENM

EIM

FSO

MSC

ECP

Tabella 5Definizione metodi

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43ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

Valori Raggiungim. MetodoParametro riferimento Az.1 Az.2 Az.3 Az.4 Az.5 Az.6 Az.7 Az.8 Az.9 Az.10 Az.11 Az.12 Az.13 Az.14 aziendale correlato

Epf < l. r. I I I I I I I I I O I I I I 93% EIM

EE ≥ convenz. I I I I I I I I O O I I I I 86% MCR, ENM, EIM,FSO, MSC, ECP

SCI anno ≥ 50 % I I I I I I I I I I I I O O 86% MSCOMAB suolo ≥ 1 I I I I O I O O I I I I I I 79% MCR, ENM, MSCEII ≥ 5 % I O I I I I I O I I I I O I 79% EIMQPI ≥ 0,9 - - - - - - - - - I I - I O 75% MCR, ENM, EIM,

FSO, MSC, ECPKAB ≤ 1 O I I I I I I I I O O I O I 71% MCR, ENM, MSC

PSD ≥ 10 I I I O I O O O I I I I I I 71% EIM

TNAR 1-1,5‰ I O O I O I O I I I I I I I 71% MCR, ENM, MSC

ABB (Na) ≤ 300 mg/kg O I I O I I I I O I O I O I 64% MCR, ENM, MSC

ABB (Mg) 150-500 mg/kg I I I O O I I I O I O I I O 64% MCR, ENM, MSC

PAB 1,1-1,4 O O O O I I I I I O O I I O 50% MCR, ENM, MSC

NS ≥ 0 t/ha - - - - - - - - - I O - O I 50% MCR, ENM, EIM,FSO, MSC, ECP

C/N 9-11 I I O O I O O I O O O O O I 36% MCR, ENM, MSC

OMAR Argilla <101,5-2,5 %

Argilla 10-302,0-2,5%

Argilla >302,5-3,0% O O I O O O O I O O O O I I 29% MCR, ENM, MSC

PAR 13 - 25 ppm O O O O O O O O O O I I O I 21% MCR, ENM, MSC

ABB (Ca) 1.000-2.000 mg/kg O O O O O O I I O I O O O O 21% MCR, ENM, MSC

KAR 15-30 mg/100 g O O I I O O O O O O O O O O 14% MCR, ENM, MSC

ABB (K) 150-300 mg/kg O O I I O O O O O O O O O O 14% MCR, ENM, MSC

53% 53% 71% 53% 53% 59% 53% 65% 47% 53% 47% 71% 47% 63%Tabella 6I 10 maggiori obiet-tivi, riportati in or-dine crescente d’im-portanza, quantifi-cati tramite para-metri e metodi

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

EP

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Grafico 2Raggiungimento pa-rametri - totale azien-dale

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44 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

3ª Fase: disegno del prototipoteorico dell’agroecosistemabiologico e dei metodi

La terza fase della metodologia consta didue passaggi:a) disegno del prototipo teorico dell’a-

groecosistema biologico;b) disegno (impostazione tecnica di base)

dei metodi.

a) Disegno del prototipo teoricodell’agroecosistema biologico

Una volta individuati i 10 maggiori obiettivispecifici, individuati i parametri che liquantificano e i metodi che li gestiscono, sipassa al disegno schematico del “prototipoteorico” dell’agroecosistema biologico(azienda agraria) dove si evidenziano gra-ficamente i collegamenti tra i 10 parametrispecifici maggiori e i metodi individuatinella fase precedente (figura 2).Il disegno del prototipo teorico dell’agroe-cosistema evidenzia quali sono i metodichiamati in causa per raggiungere, tramitei parametri, gli obiettivi specifici maggiorio viceparametri, quali obiettivi specifici,tramite i parametri, sono supportati daimetodi. In relazione al fatto che i metodisono multifunzionali, ossia agiscono, siapur in maniera differenziata sui parametri,è consequenziale che i metodi devono es-sere disegnati ossia impostati tecnicamen-

te non in modo indipendente l’uno dall’al-tro ossia in modo casuale, ma in relazioneall’ordine che segue una priorità stabilitadal progettista in collaborazione con l’im-prenditore agricolo.

b) Disegno (o impostazione) dei metodi

In questo contesto i metodi vengono tecni-camente impostati nelle loro principalilinee guida. La metodologia infatti non puòche indicare i criteri base da seguire perstrutturare in modo sufficientemente validoi metodi, dato che le possibili varianti tecni-che ed i conseguenti dettagli operativisono strettamente connessi alle specifichequanto mutevoli caratteristiche delle azien-de agrarie.

4ª Fase: controllo e miglioramentodel prototipo diagroecosistema biologico inpratica

Nel corso della quarta fase la metodologiaprevede la attuazione di due operazioni si-multanee.a) la stesura del “Prospetto” dell’agroeco-

sistema biologico;b) il controllo e miglioramento dell’agroe-

cosistema nella realtà operativa fino aquando i suoi 10 maggiori obiettivi spe-cifici, quantificati dai parametri e gestitidai metodi, non sono stati raggiunti.

Questa è la fase più impegnativa di tutto ilprocesso di costruzione del modello diagroecosistema e richiede molti anni peravere delle risposte “significative” circal’efficienza delle scelte operate. Ciò non to-glie che, anche nell’arco del “breve perio-do”, la constatazione del manifestarsi ditrend positivi possano già fornire delleinformazioni sulla funzionalità del modelloaziendale progettato e delle strategie tec-niche impiegate per gestirlo.Indipendentemente da ciò, considerando lericorrenti pressioni sulle aziende agrarieconnesse ai mutamenti del mercato e dellapolitica agricola come dall’innovazione tec-nica dei mezzi di produzione, questa fase di

Figura 2Disegno del prototi-po di SAE

NS EE QPI

FSO

MSC

ECPEIM

PSD EPf EII IPP PDF IP

= Metodi

= ParametriUE e locali

= Connessioniprincipali

OMAB suolo OMARPAB KABPAR KARABB TNARC/N

SCI anno

ENMMRC

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45ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

controllo in pratica diventa un’attività di rou-tine da effettuare anno dopo anno.Dopo avere esplicato questo controllo everificato la correttezza delle scelte fatte, sipassa allo sviluppo del punto a). Questoconsiste nella produzione di un documentoche rappresenti l’agroecosistema nelle sueprincipali caratteristiche agro-ecologichecon precise voci e corrispondenti valori.Il punto b) consiste nel verificare la rispostadel prototipo di agroecosistema nei con-fronti della sua capacità di raggiungere ipropri obiettivi specifici. In pratica alla finedi ogni annata agraria si predispone lo“Stato dell’arte” dell’agroecosistema sottoforma di tabella e annesso grafico dovesono riportati i parametri studiati, i relativivalori ottenuti, i corrispondenti desiderati,l’eventuale percentuale di discrepanza tral’ottenuto e il desiderato, gli eventuali meto-di connessi ai parametri con valori in difetto,le principali cause del mancato effetto deimetodi sui parametri a questi principalmen-te connessi con, eventualmente, l’evidenzia-zione della presenza di altri fattori causa didiscrepanze nei parametri ma non ricondu-cibili ai metodi utilizzati ossia fattori “non disistema”.Se uno o più parametri presentano dellediscrepanze tra il valore ottenuto e quellodesiderato, occorre migliorare e/o rivede-re i metodi connessi a questi ultimi, inmodo che si possa migliorare il successivoresponso d’analisi dell’agroecosistema alfine di raggiungere, progressivamente, tuttigli obiettivi specifici individuati nella primafase della metodologia.

5ª Fase: diffusione del prototipo

Ultima fase della metodologia è la diffusio-ne progressiva nel tempo e nello spazio deiprototipi di agroecosistema studiati inaziende sperimentali e collaudati, a livellopratico, in aziende pilota. In quest’ambito le“aziende pilota” assumono anche l’impor-tante ruolo di “aziende dimostrative” per gliagricoltori che hanno interesse a convertirele loro aziende al sistema biologico.

ConclusioniIl lavoro svolto in questi due anni di proget-to ha messo in rilievo le problematiche re-lative a una corretta applicazione del meto-do di produzione biologico e, al tempostesso, ha messo in evidenza i punti diforza di un settore in rapida espansione.Pertanto, la metodologia proposta può rap-presentare un valido punto di riferimentoanche per le regioni e le colture dell’Italiameridionale per poter testare e migliorarei protocolli aziendali.In generale, confrontando i dati rilevati neidue anni di sperimentazione, si può notarecome si sia raggiunta una discreta concor-danza tra i valori desiderati e quelli ottenuti.In alcuni casi non vi è stato il pieno raggiun-gimento degli obiettivi prefissati come perl’obiettivo ambiente abiotico – suolo, quan-tificato attraverso i parametri OMAB suolo,OMAR, PAR, KAR, PAB, KAR, ABB, TNAR,C/N, e per ambiente abiotico – aria, quanti-ficato dai parametri Epf e IPP, nonché perl’obiettivo generale natura e paesaggio.La causa di questi scostamenti è certamen-te dovuta ad una non chiara conoscenzadei rapporti all’interno dell’ecosistemaaziendale con conseguente gestione deglielementi “mutuata” dall’agricoltura con-venzionale (semplice sostituzione di inputdi origine esterna quali antiparassitari e fi-tofarmaci), in verità non così accentuatacome generalmente si è portati a ritenere.Altre volte la causa è da ricercarsi all’ester-no dell’azienda, dove agricoltori poco at-tenti all’ambiente utilizzano prodotti chimi-ci ad alto impatto ambientale senza seguirele opportune indicazioni di utilizzo provo-cando, in alcuni casi, effetti di deriva sulleproduzioni biologiche contigue compro-mettendo gli equilibri dell’ecosistemaaziendale.Non per ultimo la grande problematica ine-rente la commercializzazione dei prodottibiologici e la difficoltà di spuntare prezzipiù elevati di quelli convenzionali in realtà,come quelle meridionali, dove ancora nonesiste una vera cultura del mangiar sano.

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46 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

In questa direzione è, dunque, proseguito illavoro di monitoraggio aziendale che hapermesso agli imprenditori di assumereuna conoscenza più particolareggiata delmetodo applicato attraverso un continuoscambio di informazioni. Grande, infatti, èstata la disponibilità degli imprenditori chehanno colto l’opportunità di accrescere ilproprio bagaglio culturale.Infine, da rilevare la grossa potenzialitàdell’agricoltura meridionale rilevata nelleaziende monitorate che hanno presentatodelle produzioni dall’alto valore qualitativoe che, in alcuni casi, hanno saputo far frontealle molteplici richieste di mercato piaz-zandosi su mercati un tempo “proibiti” perla nostra agricoltura.

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47ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

ALESSANDRA SCOGNAMIGLIOMARCO CITTERIO

ENEA, UTS Fonti Rinnovabilie Cicli Energetici Innovativi

The Energy Parkexhibition on renewable energy

technologies

AbstractThe Energy Park at Monte Aquilone is a pilot project of notable

importance whose objective is to make a significant contributionto the dissemination of knowledge in the energy field. Because

of its high educational and scientific value, the Park aims not onlyto arouse the interest of the scientific and research community,

but also to involve government ministries and local authorities inits concrete implementation. The new Energy Park, included in an

Italian and international network of similar facilities, shouldconstitute an important opportunity for the cultural and

economic development of the entire area. stu

di &

ric

erc

he

Il Parco dell’Energia:mostra delle tecnologie energetiche rinnovabili

Realizzazione di una mostra permanente, presso l’areasperimentale di Monte Aquilone in Puglia, nel settore dellaricerca sulle tecnologie energetiche rinnovabili. L’obiettivo

della mostra è, in particolare, quello di contribuire alladiffusione delle conoscenze nel campo dell’energia solare

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STUDI & RICERCHE

48 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

una esposizione interattiva, un’area prototi-pi situata all’esterno, ed altri spazi di naturadiversa, destinati ad uffici e ricerca ed allaformazione (figura 2); è stato progettato unnuovo edificio da realizzarsi ai piedi delDelphos con l’idea che al suo interno pos-sano trovare sistemazione le diverse fun-zioni al coperto (figura 3). Alla progettazio-ne di questo nuovo edificio, destinato allafunzione di “museo dell’energia” e che co-stituisce il fulcro del parco, è stata rivoltauna particolare attenzione; questa scelta èstata ritenuta doverosa considerato checirca il 45% dell’energia prodotta in Europaviene impiegata per il funzionamento degliedifici e per la produzione dei materiali dacostruzione, e che questo consumo può ri-dursi notevolmente mediante scelte pro-gettuali consapevoli (attuate nelle fasi diprogettazione architettonica degli edifici edi scelta dei materiali e delle tecnologie daimpiegarsi per la loro realizzazione).L’attualità della problematica accennata –la progettazione di architetture sostenibili –è dimostrata dalla natura degli argomentiaffrontati dalle più importanti riviste di set-tore, ed è anche possibile constatare comesignificativi ed incoraggianti segnali giun-gano dal mondo della cultura architettoni-ca. A tale riguardo, ad esempio, l’interazio-ne positiva tra l’ambiente ed il manufattoedilizio è oramai una costante nell’approc-cio progettuale adottato dall’architetturacontemporanea che tende a sfruttare almeglio le tecnologie più innovative ed atrovare delle forme adatte alle esigenze at-tuali ed a quelle future degli utenti. Tuttaviala progettazione di edifici sostenibili e,quindi, energeticamente consapevoli, ri-chiede una impostazione progettuale ne-cessariamente multidisciplinare e com-plessa, ed in questo tipo di processo sonorichieste conoscenze che spesso esulanodal bagaglio culturale di un progettista“tradizionale”, e che afferiscono, più pro-priamente, al campo della ricerca scientifi-ca e tecnologica, che è chiamato, in defini-tiva, a fornire delle risposte.

Il tema dell’energia, ed in particolare lanecessità del ricorso all’uso di fonti rinno-vabili che garantiscano uno sviluppo soste-nibile del pianeta, è tra gli argomenti dimaggiore rilevanza discussi ed approfon-diti nel contesto culturale contemporaneo.L’interesse degli operatori del settore e l’at-tenzione da parte della comunità sono ri-volti da un lato alle ricerche in atto nelcampo dell’impiego delle varie fonti rinno-vabili per la produzione di energia, dall’al-tro alle prospettive tecniche di sviluppo edi diffusione delle diverse tecnologie atte-se per il futuro. In questo quadro, nell’ambi-to delle attività condotte dall’Unità TecnicoScientifica Fonti Rinnovabili e Cicli Ener-getici Innovativi, è stato elaborato un pro-getto per un “Parco dell’Energia”, intesocome esposizione permanente sul temadelle energie rinnovabili, da localizzarsipresso l’Area Sperimentale di MonteAquilone che ospita l’impianto fotovoltaicosperimentale Delphos.Il Parco dell’Energia (figura 1) comprendeFigura 1

Vista del plastico delprogetto da ovest

Figura 2L’idea del Parco del-l’Energia

PARCOdell’

ENERGIA

Auditorium

Esposizioneinterattiva

Spazi ufficie ricerca

Spazi diformazione

Parcodel sole

Area prototipiEsposizione

all’aperto

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49ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

È proprio in questa direzione che va inqua-drata la proposta dell’ENEA per la mostrapermanente sull’energia, poiché la proget-tazione e realizzazione del Parco del-l’Energia e dell’annesso Museo si configu-rano, in definitiva, come una occasione disperimentazione e verifica per la progetta-zione di architetture e tecnologie sostenibili.L’organismo architettonico del Museo del-l’Energia è stato, infatti, concepito come unmanufatto “autoreferenziale”, esempio diun nuovo modo di progettare orientato allasostenibilità, alla minimizzazione dei con-sumi energetici, ed al ricorso alle fonti rin-novabili di energia. Ciò significa, in altritermini, che la natura e l’immagine dell’e-dificio intendono rimandare alle tematichescientifiche affrontate in ambito ENEA edalle finalità dell’Ente, e che il museo costi-tuisce esso stesso un messaggio per i frui-tori del Parco dell’Energia, stabilendo unacoerenza tra il “contenitore architettonico”ed il “contenuto culturale”.

L’idea del Parco dell’Energiae il sito di Monte AquiloneIl Parco dell’Energia è stato ideato perun’utenza vasta e stratificata, in quanto co-stituisce un luogo ove ospitare gruppi di

discussione a carattere scientifico o didatti-co ed iniziative di formazione e di aggior-namento professionale destinate a profes-sionisti e tecnici che operino in stretto rap-porto con l’ambiente naturale e costruito,ma anche un luogo ove i bambini ed i piùgiovani potranno essere coinvolti, medianteuna partecipazione interattiva, sugli usi esviluppi delle energie rinnovabili, ricorren-do a modalità espositive personalizzate.Relativamente all’aspetto legato alle moda-lità di fruizione ed alla natura delle temati-che affrontate nel percorso espositivo, pos-sono essere considerati come modelli i tanti“Science Center” istituiti in Europa, inGiappone, e soprattutto negli Stati Uniti, cheiniziano ora a diffondersi anche in Italia.Nell’allestimento di questa speciale tipolo-gia di musei l’idea di fondo è che ai visita-tori possa essere offerta la possibilità di ri-petere concretamente le esperienze chehanno consentito di realizzare i progressiscientifici, e così, ai contenitori intoccabilidi preziosi oggetti della storia della scienzasi sostituiscono i cosiddetti “exhibitshands-on”, fatti apposta per essere toccati.Musei concepiti come grandi contenitori dilaboratori ideati per trasformare la scienzain esperienza, o anche in gioco, che tradu-cono la loro filosofia di progetto in semplici

distribuzione - servizi - hall

accessopersonale uffici

accessovisitatori

Auditorium150 pt

Expo450 mq

Expo- sala 225 mq- sala 225 mq

Auditorium 150 pt

Punto informazione

Cafè

Zona formazione- laboratorioopen space

- aula 25 pt- biblioteca di settore

Uffici e RicercaZonaFormazione

400 mq

UfficiRicerca500 mq

Figura 3Programma funzio-nale del Museo del-l’Energia

Totale 1800 mq circa

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slogan, quali “vietato non toccare”; “guar-da, ma non solo”; “prova, esplora, trasfor-ma”; “tocca, senti, indovina”; “se ascoltodimentico, se vedo ricordo, se faccio capi-sco”, ad esempio. Tra questi vi sono, soloper citarne alcuni tra i più noti, l’Explo-ratorium di San Francisco1, il Please TouchMuseum di Philadelphia2, la Citè desSciences et de l’Industrie presso La Villettea Parigi3, lo Science Museum di Londra4; ilMuseo de las Ciencias Príncipe Felipe aValencia5. In Italia, invece, tra le più signifi-cative realtà, la Città della Scienza aBagnoli6, l’IS Science Center (ImmaginarioScientifico Science Center) a Trieste, laCittà dei bambini a Genova7, Explora aRoma8, il Museo Nazionale della Scienza edella Tecnica a Milano9, ed il Museo interat-tivo delle Scienze a Foggia.Per la localizzazione del Parco dell’Energiasi è scelta l’Area Sperimentale di MonteAquilone per diversi motivi, ritenendo, tral’altro che essa non solo possedesse note-voli risorse rispetto al tema dell’energia –in particolare quella solare per gli impiantied i laboratori presenti, che possono esse-re visti come veri e propri exhibits handson –, ma anche che la sua collocazione ter-ritoriale, che la vede inserita in un contestodi particolare pregio ambientale compresonei confini del Parco Nazionale del Gar-gano, potesse dare modo di indagare il de-licato tema dell’introduzione delle tecnolo-gie innovative in aree tutelate.

Il più rappresentativo impianto localizzatopresso Monte Aquilone è il Delphos (De-monstration Electric Photovoltaic System),ed, in particolare, la prima sezione, costi-tuita da una enorme falda fotovoltaica dellapotenza nominale di circa 300 kWp, il cuicampo è stato realizzato negli anni Ottantacon l’impiego di 4320 moduli, per un totaledi oltre 4200 m2 di superficie (figura 4).Per chi arrivi dalla Strada NazionaleGarganica la falda del Delphos è visibilesulla collina da molto lontano, ed è pratica-mente la sola presenza artificiale percepi-bile sul territorio.La peculiarità tecnica di questo impianto loha reso sino ad oggi un caso isolato per lascelta di realizzare un’unica superficie fo-tovoltaica piuttosto che adottare una dispo-sizione dei moduli per file parallele (unasoluzione di questo tipo non è stata, di fatto,mai più impiegata per un sistema di gran-de taglia); tale speciale conformazione hagenerato anche valenze e significati forsedel tutto inaspettati.Ad un occhio attento non sfuggono le invo-lontarie analogie della “lama fotovoltaica”con un oggetto di Land Art, termine conia-to, come è noto, nel 1969 da Geery Schumper designare i lavori di quegli artisti cheoperano attraverso interventi sul paesaggionaturale, lasciando segni macroscopici edevidenti su distese desertiche, montagnerocciose, campi innevati, e corsi dei fiumi.E non sfugge neanche l’originale trama di-segnata sulla superficie della lama dallavarietà delle tessiture determinata dall’im-piego di celle e moduli di tipologia diversa,necessario, all’epoca della realizzazione,per sperimentarne le prestazioni ed ilcomportamento.Non è, quindi, casuale o inatteso, il grande

1 vedi: http://www.exploratorium.edu2 vedi: http://www.pleasetouchmuseum.org3 vedi: http://www.cite-sciences.fr4 vedi: http://nmsi.ac.uk5 vedi: http://www.cac.es6 vedi: http://www.cittadellascienza.it7 vedi: http://www.cittadeibambini.net8 vedi: http://www.mdbr.it9 vedi: http://www.museoscienza.org

Figura 4Delphos, l’impiantosolare fotovoltaicopresso Monte Aqui-lone

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interesse che il sito di Monte Aquilone su-scita sul pubblico per la presenza dello“strano oggetto” Delphos – oltre che per letematiche che vi vengono affrontate –, ed ariprova di ciò è da dire che si è registratasempre una grande affluenza di visitatori,che ha toccato in alcuni periodi il numerodi quasi 12000 presenze nel corso di unanno, nonostante la visita sia sempre statalimitata ad una fruizione piuttosto ridotta,costituita essenzialmente dall’osservazionedell’impianto assistita da personale ENEA.Questo dato non sorprende se confrontatocon il notevole successo ottenuto in Italiaed all’estero dai musei tematici incentratisulla scienza e sulla tecnica orientati allafruizione interattiva da parte del pubblico;si pensi, ad esempio, sul territorio naziona-le, al Museo della Scienza e della Tecno-logia di Milano che, dalla data della suainaugurazione (1953), ha registrato la pre-senza di oltre 15 milioni di visitatori, ed ainotevoli risultati conseguiti dalla Città dellaScienza di Bagnoli (1996), con 1500 pre-senze al giorno10.Interpretato secondo una chiave di letturaorientata ad una cultura dell’energia il sitodi Monte Aquilone possiede, quindi, note-voli risorse, costituite sia dalla presenzamateriale e tangibile del mondo della cul-tura e della ricerca scientifica – il personaletecnico scientifico ENEA –, sia dall’esisten-za di numerosi impianti e laboratori scienti-fici, che possono essere essi stessi consi-derati come primi tasselli per la realizza-zione di un sistema dimostrativo più com-plesso (tabelle 1 e 2). In definitiva, la poten-zialità maggiore di quest’area è costituitadal fatto che qui è possibile fare ricerca esperimentazione, ma è anche possibile“raccontare l’energia”, nonché le ricerche

ed i progressi avvenuti negli ultimi anni nelcampo della tecnologia fotovoltaica. Sipensi, ad esempio, al Delphos, testimonian-za concreta da un lato della potenzialità delfotovoltaico, dall’altro del totale mutamentodi approccio verificatosi in questi ultimianni, che hanno visto il passaggio dallarealizzazione di grandi centrali fotovoltai-che alla generazione diffusa attuata me-diante il ricorso a sistemi di piccola tagliaintegrati negli edifici.Testimonianza anche degli indubbi pro-gressi conseguiti nel campo della tecnolo-

Il complesso è situato in un’area di sette ettari localizzata nel comunedi Foggia, posta ai piedi del massiccio del Gargano. Il sito si trova incollina, a 130 m sul livello del mare, ed è caratterizzato da unapendenza uniforme verso sud; fu scelto in base alle caratteristiche diinsolazione media, ma anche in ragione delle sue peculiaritàgeomorfologiche, che consentivano di considerare quest’area comerappresentativa dei terreni marginali ed incolti del nostro paese.

Le principali attività svolte attualmente presso Monte Aquilone sonol’esercizio di impianti fotovoltaici; la sperimentazione di un impiantoibrido fotovoltaico-diesel; lo studio delle problematiche dellaconnessione in rete di impianti fotovoltaici; le azioni dimostrative peril Progetto Tetti Fotovoltaici. Nell’ambito del progetto PhoCUS(Photovoltaic Concentrators to Utility Scale) è prevista, nel biennio2003-04, la realizzazione di cinque unità standard da 5 kWp ciascuna,basate sulla tecnologia del fotovoltaico a concentrazione, ed, inoltre,proseguirà la sperimentazione degli impianti ibridi fotovoltaico-gruppo elettrogeno, legata al progetto TEFIS (Tecnologie a Film Sottiliper il fotovoltaico).

Insieme a queste attività di carattere prevalentemente tecnico,nell’area era presente un Centro di Informazione Energia Delphos, cheassicurava l’espletamento del compito di promozione della diffusionedella tecnologia fotovoltaica, previsto dal ruolo istituzionaledell’ENEA.

Le risorse dell’area in termini di impianti e laboratori sono costituiteda:• l’impianto Delphos della potenza nominale di 308 kWp;• tre impianti Plug ciascuno della potenza nominale di 100 kWp;• dieci impianti di piccola taglia (USS) da 2,5 kW;• un impianto a bassa concentrazione e ad inseguimento passivo su 1

asse da 730 W;• un impianto fisso da 1,08 kW abbinato all’impianto a bassa con-

centrazione;• un impianto ibrido fotovoltaico-diesel;• una stazione outdoor per la caratterizzazione dei moduli foto-

voltaici;• il TESting LAboratory per la caratterizzazione di inverter di piccola

taglia;• un laboratorio con simulatore solare;• un laboratorio mobile.

Tabella 1Presentazione del-l’Area Sperimentaledi Monte Aquilone

Tabella 2Impianti e laboratori

10 Tra l’altro, questa seconda esperienza può essere particolar-mente significativa rispetto alla situazione di Monte Aqui-lone, per alcune analogie legate al contesto geografico, so-ciale ed economico, poichè la Città della Scienza si ponevacome obiettivo quello di promuovere uno sviluppo equo esostenibile per le aree più periferiche del nostro paese, chevalorizzasse le risorse presenti sul territorio, e che muoves-se da una partecipazione sociale allo sviluppo del saperescientifico.

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gia in termini di miglioramento dell’effi-cienza dei moduli e dei componenti, mi-surabili concretamente confrontando, adesempio, la enorme dimensione della su-perficie della falda del Delphos con la suapotenza nominale: oggi un impianto dellastessa potenza e morfologia potrebbe vir-tualmente occupare, grazie al migliora-mento dell’efficienza di conversione deimoduli, uno spazio di circa 1000 m2 infe-riore. Questa intrinseca vocazione comu-nicativa del Delphos e di tutta l’AreaSperimentale di Monte Aquilone va certa-mente valorizzata, nell’ottica di un proget-to più generale e articolato, che tengaanche conto che gli utenti possono diven-tare attori di un processo di conoscenzabasato sul contatto diretto con gli stru-menti ed i mezzi della ricerca.

La proposta architettonicaRelativamente ai criteri progettuali adottatiper l’edificio del Museo dell’Energia è dadire che, se è certo che un edificio proget-tato oggi – visto il grande patrimonio di co-noscenze scientifiche e di risorse tecnolo-giche in nostro possesso – dovrebbe vir-tualmente essere capace di funzionaresenza alcun consumo di energia, magariesclusivamente mediante il ricorso alle tec-nologie solari, è facilmente constatabileche nell’operato concreto si è ancora di-stanti da questo risultato, e che sussiste, difatto, uno scollamento tra teoria e prassi.Le ragioni di questo divario sono attribui-bili a fattori di diversa natura quali, adesempio, la reale difficoltà insita nella pro-gettazione e nelle verifica del corretto fun-zionamento di manufatti architettoniciorientati alla minimizzazione dei consumienergetici, per le quali si richiede – come

anticipato nell’introduzione – un approcciomultidisciplinare, e sono attribuibili anchealla difficoltà per i progettisti di reperiremodelli di riferimento per una prassi nonancora consolidata. In tal senso è da tene-re presente che gli utenti – destinatari fina-li degli edifici – sono comprensibilmentediffidenti nell’accettare proposte proget-tuali che facciano ricorso a soluzioni tec-nologiche o impiantistiche innovative senon viene preliminarmente garantito ilcorretto funzionamento della macchinaabitativa.Un primo passo verso la ricomposizionedella dicotomia accennata è forse quello ditentare di fornire delle risposte ad una do-manda, e cioè: “Come dovrebbe essereun’architettura progettata oggi?”. In altritermini come si progetta, come funziona unedificio orientato alla sostenibilità? Comesono fatti i componenti ed i materiali cheutilizza? Come sceglie ed impiega l’ener-gia? Come funzionano i suoi meccanismidi controllo? E poi: “Come è abitarvi?”.In quest’ottica la collaborazione ed il con-fronto, tra il mondo della ricerca scientificae quello della disciplina della progettazio-ne architettonica (oltre che quello dei co-struttori), sono un importante obiettivo daperseguire, ed è proprio per questo motivoche gli studi per la progettazione architet-tonica preliminare per il Parco dell’Energiasono stati affidati alla società di progetta-zione MCA Mario Cucinella Architects, diBologna, nota per la grande competenzanel campo della progettazione bioclimati-ca, ed orientata ad un approccio progettua-le multidisciplinare.La proposta architettonica della MCA hatratto origine dalla lettura del Delphoscome una lama adagiata sul pendio chesale dalla pianura verso il Gargano, in uncontesto naturale di grande fascino; unsegno artificiale che configura una muta-zione del profilo naturale del paesaggio (fi-gura 5). Qualsiasi tentativo di intervento ar-chitettonico avrebbe rischiato di entrare incompetizione con la semplicità della forma

Figura 5Lo stato attuale

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del Delphos e di stabilire un rapporto diso-mogeneo con la realtà circostante.È parso quindi opportuno intendere l’in-tervento architettonico come la ricerca diun’impronta, di un segno che il Delphospossa ipoteticamente lasciare sul territo-rio. In questo modo, inducendo discretevariazioni del suolo che mediano la varia-zione di pendenza tra il profilo naturale equello artificiale, il terreno si anima secon-do una logica ed una sequenza che fannoriferimento al movimento delle onde (figure6 e 7), quasi il terreno avesse cercato di in-frangersi sul Delphos. Si concretizza in que-sto modo il tema della superficie del terre-no che si modifica e diviene ora veicolo diaccesso all’edificio ora la copertura dell’e-dificio stesso. La superficie si evolve, sicomplica e grazie ad un apporto tecnologi-co fatto di differenti tessiture diviene inter-faccia con l’ambiente favorendo il controlloluminoso degli ambienti e dando il suo ap-porto energetico al complesso (figura 8).L’edificio è stato inteso non solo comerealtà architettonica ma come oggetto spe-rimentale esso stesso, come una sorta diarchitettura da monitorare sulla quale sonostate introdotte tecnologie che finora hannotrovato ben poche applicazioni reali. Uncorretto monitoraggio del sistema fotovol-taico in rapporto ai consumi dell’edificio el’applicazione del ground cooling sono al-cuni dei temi presenti nell’idea architettoni-ca di trasformare l’edificio stesso in ogget-to di sperimentazione (figura 9).Dal punto di vista funzionale l’accesso alMuseo dell’Energia è garantito da una“frattura” vetrata che anticipa una piccolaesposizione dei contenuti; da essa avvienel’accesso alla zona di distribuzione lungo labase del Delphos sulla quale si attestano lealtre funzioni già elencate nelle schemafunzionale e che trovano la loro forma ar-chitettonica nelle onde stesse (figura 10). Èproprio dalle onde che si propaga lo spa-zio circostante, inteso come estensioneverso l’esterno dell’esposizione al coperto,ove si trovano prototipi e sistemi in uso in-

tesi come “parco tematico” del sole e quin-di con forte vocazione didattica.

Il Parco ed il Museo dell’Energiadi Monte Aquilone comeoccasione di sperimentazione Negli ultimi anni sono stati conseguiti note-voli risultati nel campo dell’efficienza ener-getica degli edifici grazie all’adozione di

Figura 8Il progetto, sintesi del-l’interazione tra pae-saggio ed architettura

Figura 6Sequenza di trasfor-mazione del paesag-gio in architettura

Figura 7Riferimento alle onde

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tecnologie avanzate ed allo sviluppo dicomponenti ed impianti innovativi, chehanno richiesto un processo progettualedel tutto nuovo; particolare attenzione èstata rivolta ad aspetti quali il miglioramen-to dell’isolamento, e lo sfruttamento dellaluce e della ventilazione naturale.Allo stato attuale, tuttavia, ciò che sembraoffrire le maggiori potenzialità per il futurosono le cosiddette “soluzioni integrate”,nelle quali sono adottate strategie proget-tuali che consentano l’integrazione in ununico sistema di componenti attivi e deiservizi tecnologici, in modo da ottenereprestazioni ottimali in termini di energia,

exergia, comfort termico e qualità dell’ariainterna.In tale ambito il Museo dell’Energia diMonte Aquilone si pone come occasioneimportante di applicazione di tematicheprogettuali e tecnologiche, poiché, infatti,l’adozione di sistemi fotovoltaici, il controllodella luce naturale, i dispositivi di raffresca-mento mediante ground cooling e ventila-zione naturale, sono i temi che sin dai primiavvii ne hanno accompagnato la progetta-zione (figura 8), connotandolo come esem-pio di progettazione integrata basata sulconcetto di “whole building”. Quanto dettosignifica, in altri termini, che l’involucro delmuseo, articolato nelle sue differenti parti(coperture, pavimenti, partizioni esterne,fondazioni), si presta bene alla messa apunto ed alla “mostra” di componenti checostituiscano parte integrante della struttu-ra dell’edificio e che partecipino attiva-mente alla produzione di energia ed al tra-sferimento di calore, luce, acqua, aria.È evidente come in questa prospettiva incui l’organismo architettonico si configuranon solo come il luogo di interazione tral’ambiente esterno e quello confinato, maanche come territorio di integrazione tracomponenti edilizi ed impianti, assuma im-portanza anche l’impiego di sistemi intelli-genti di controllo per la gestione dell’edifi-cio (necessari per il conseguimento di unareale efficienza energetica) e come pro-prio lo sviluppo di questi dispositivi costi-tuisca un altro interessante tema di speri-mentazione e di visibilità e mostra di tec-nologie innovative messe a punto anchenei laboratori dell’ENEA.I principali elementi gestiti da un sistemadi controllo sono la temperatura interna, ilsistema di riscaldamento e di condiziona-mento, la qualità dell’aria, l’illuminazione(naturale ed artificiale), il daylight, la venti-lazione notturna estiva, il preriscaldamentodell’aria di ventilazione durante l’inverno.Questo schematico elenco di funzionirende semplice intuire come il tema dellosviluppo di sistemi di controllo adatti ad

Figura 9Alcuni temi del pro-getto

Figura 10Sezione sull’ingresso esezione sulle onde

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edifici caratterizzati da un involucro attivosia particolarmente importante, poiché l’a-dattabilità di tali dispositivi alle condizioniclimatiche esterne – necessaria per con-sentire una corretta regolazione degli im-pianti secondo le reali necessità – deve es-sere particolarmente curata nel caso in cuil’organismo architettonico faccia ricorso atecnologie passive o, comunque, naturali,per il comfort termico degli ambienti inter-ni. È proprio questa la condizione delMuseo dell’Energia, e, più in generale,degli edifici che prevedano sistemi fotovol-taici architettonicamente integrati ed, adesempio, sistemi di ventilazione naturale oibrida per il raffrescamento estivo.Relativamente alle investigazioni da attuarsinel campo dei sistemi di controllo è da direche un controllo coerente ed energetica-mente efficiente difficilmente può essereottenuto sulla base di strategie tradizionalibasate su regole fisse, e che al fine di sfrut-tare le condizioni favorevoli e di mitigarequelle sfavorevoli, specialmente nel caso diedifici affini al museo dell’energia, dovreb-bero essere adottati dispositivi che integri-no meccanismi di autoapprendimento. Talesoluzione è attuabile mediante il ricorsoalle più evolute tecniche di controllo avan-zate, che consentono di gestire molti para-metri attraverso una strategia ottimizzata;esse possono essere distinte in predittive,assistite da simulazioni, a reti neurali, basa-te su logiche fuzzy, ed adattive basate sutecniche di vita artificiale.Ad offrire le maggiori potenzialità rispettoai temi di nostro interesse sono i sistemi piùcomplessi, quelli adattivi, tuttavia, nono-stante le tecniche di controllo basate sullavita artificiale siano conosciute da moltianni ed abbiano trovato applicazione inprocessi industriali, esse non hanno ancoratrovato un largo impiego nell’edilizia.La ra-gione di ciò risiede, essenzialmente, nelladifficoltà di implementazione, legata allanecessità di un lungo periodo per la loromessa a punto, che risulta anche piuttostocomplessa, ed in tal senso, il Museo del-

l’Energia costituisce una importante occa-sione di confronto e sperimentazione.In ultimo è da dire che il Parco ed il Museodell’Energia di Monte Aquilone, oltre cheprestarsi ai due importanti ambiti di speri-mentazione finora descritti, quello sui com-ponenti ed impianti innovativi e quello suidispositivi di regolazione dei parametriambientali, si prestano anche all’analisi edallo sviluppo di sistemi di controllo finaliz-zati ad ottimizzare la gestione dell’offertadi energia (elettrica e termica) in rapportoalle esigenze dell’utenza.Il parco offre, infatti, la possibilità di dispor-re della presenza di differenti impianti diproduzione, poiché ai diversi gruppi di ge-nerazione fotovoltaica per la produzione dienergia – presenti allo stato attuale o darealizzarsi, come ad esempio quello a con-centrazione relativo al progetto PhoCus (ta-bella 2), e quello da integrare nell’involucrodel museo – se ne potrebbero aggiungerealtri che ricorrano all’impiego di ulteriorifonti rinnovabili (eolico, biomasse, solaretermico), da realizzare quali elementi di-mostrativi dell’esposizione all’esterno.L’edificio del museo, inoltre, è articolato inuna successione di onde nelle quali trova-no posto destinazioni d’uso differenti; inaltri termini, il nuovo involucro si configurain realtà come un complesso di edifici,ognuno dei quali caratterizzato da funzionie richieste energetiche diverse (laboratori,aule, aree espositive, uffici). In questi casila curva della domanda di energia com-plessiva è sufficientemente diversificata eflessibile da giustificare lo sviluppo di unamicrorete che preveda l’impiego di siste-mi di microcogenerazione (produzione dienergia termica ed elettrica), gestiti me-diante idonei sistemi di controllo collegatia quelli dell’edificio. Tali dispositivi do-vranno essere in grado di scegliere divolta in volta la forma di energia disponibi-le più conveniente, interfacciandosi e ne-goziando tale fornitura con il sistema dicontrollo della rete.Alla luce di questa osservazione, la realiz-

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zazione del Museo dell’Energia si presentaquindi anche come una importante occa-sione di studio per le problematiche con-nesse con la gestione e la ottimizzazione inlinea di microreti energetiche.Infine, in questo contesto risulta anche inte-ressante approfondire gli aspetti tecnici re-lativi ai criteri di esercizio e di gestione deisistemi di produzione menzionati, nonchél’ambito tematico relativo al loro interfac-ciamento con la rete di alimentazione, te-nuto anche conto che allo stato attualel’Area Sperimentale di Monte Aquilone èda considerarsi una rete debole in quantopunto terminale di una rete elettrica rurale.

Cenni conclusiviLa proposta dell’ENEA di realizzare pressol’Area Sperimentale di Monte Aquilone unParco dell’Energia, inteso come mostrapermanente delle tecnologie d’impiegodelle fonti rinnovabili, ha l’obiettivo di con-tribuire significativamente alla diffusionedelle conoscenze nel campo delle temati-che energetiche.In tal senso, il parco si configura come illuogo in cui sarebbe possibile vivere un’e-sperienza diretta e sensibile sui temi dellaproduzione e trasformazione dell’energia,sia per professionisti ed esperti del settore,sia per persone comuni o bambini. Perquesti ultimi l’approccio interattivo degli al-lestimenti costituirebbe una importantepossibilità di apprendimento.Come attestato da esperienze analoghecondotte sul territorio nazionale, l’interessecrescente per le scienze e le tecnologie edin particolare gli usi sostenibili dell’ener-gia, oggetto dell’iniziativa, richiamerebbe-

ro molti visitatori, provenienti sicuramenteda tutta l’Italia meridionale ma in misuraminore anche da quella settentrionale.Inoltre, la progettazione di un edificio-museo dell’energia da costruire nel parco,integrato con la “lama fotovoltaica” delDelphos, si preannuncia come un’occasio-ne di studio ed applicazione di tecnicheavanzate di progettazione di edifici soste-nibili e di sperimentazione di tecnologie diclimatizzazione passiva e di sistemi dicontrollo innovativi. L’obiettivo che ci si èprefissati è quello di realizzare un edificiosperimentale manifesto di un approccioprogettuale contemporaneo e sostenibileche contribuisca alle conoscenze sui siste-mi fotovoltaici building integrated, con l’in-teressante possibilità di sperimentare so-luzioni architettoniche adatte a climi medi-terranei, alternative alle proposte nord eu-ropee.Il Parco dell’Energia di Monte Aquilone, co-stituendo uno studio pilota di notevole im-portanza per la dimostrazione e la diffusio-ne della edilizia sostenibile e della speri-mentazione di sistemi fotovoltaici integratiin architettura, potrebbe – oltre che suscita-re l’interesse del mondo scientifico e dellaricerca – anche aprire alcune possibilità difinanziamento. Risulta evidente, vista la na-tura del progetto e la sua alta valenza edu-cativa e scientifica, come per la sua con-creta realizzazione sia auspicabile coinvol-gere l’interesse di ministeri ed enti locali inparticolare della Regione Puglia. La nascitadel Parco dell’Energia, inserito in una retenazionale ed internazionale dello stessogenere, potrebbe costituire una importanteopportunità di sviluppo culturale ed eco-nomico per tutta l’area.

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FABRIZIO CLERIENEA

UTS Materiali e Nuove Tecnologie

Quantum computers

AbstractA quantum computer, which by its very nature has a huge

memory and works in hyper-real space instead of three-dimensional space, seems plainly out of the question today,

except from the theoretical standpoint. But let us not giveup hope: quantum computing is only 15 years old. And

even if the enormous problems posed by the energydissipation necessary to perform operations on quantum

bits seem daunting, scientists are starting to suggest waysto build devices capable of performing them.

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Calcolatori quantistici

Un racconto sulle macchine calcolatrici del futuro, in cui siparla della vera lunghezza dei numeri, dell’entropia di un

calcolatore e di quel che si può o non si può calcolare

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Accade spesso nella scienza che risultatiimportanti scaturiscano dalla combinazio-ne di idee apparentemente prive di alcunarelazione. E due idee apparentementescorrelate sono meccanica quantistica ecalcolatore. Che relazione c’è tra la descri-zione fisica del mondo atomico e subato-mico e una macchina che serve ‘solo’ perfare calcoli? Una possibile osservazioneche verrà subito in mente a qualche lettoreè la seguente: “Beh, ma in fondo se alnome ‘calcolatore’ si aggiunge, corretta-mente, l’attributo ‘elettronico’ le due ideenon sono mica poi tanto scorrelate: tuttisanno che i transistor che svolgono il lavorocomputazionale dentro un moderno calco-latore elettronico sono costruiti con mate-riali speciali, i ‘semiconduttori’, il cui fun-zionamento è profondamente basato pro-prio sulle leggi della meccanica quantisti-ca.” Osservazione vera solo a metà. È infat-ti perfettamente vero che un transistor fun-ziona solo in virtù di processi fisici gover-nati in ultima analisi dalla meccanica quan-tistica, ma d’altra parte è altrettanto veroche ogni transistor in un calcolatore elettro-nico viene comandato da impulsi di cor-rente elettrica ‘macroscopici’, forniti cioèda un normalissimo alimentatore a corren-te continua che obbedisce alle leggi dell’e-lettromagnetismo classico stabilite daJames Clerk Maxwell ben più di cento annifa. Dunque, il comportamento di un transi-stor dal punto di vista dell’utente che pestanumeri e lettere sulla tastiera è perfetta-mente comprensibile e prevedibile sullabase della fisica classica di fine ‘800.Per capirci, quando premete sulla tastiera iltasto con la lettera ‘k’, sullo schermo delvostro personal computer appare esatta-mente il simbolo ‘k’ in maniera assoluta-mente prevedibile, ripetibile e sicura (tantosicura che se questo evento, per caso, nondovesse succedere riportereste subito ilvostro personal computer al rivenditore,protestando con buona ragione). La lettera‘k’ appare, senza starsi a preoccupare delprincipio di indeterminazione o della com-

plementarità[1] tra le variabili posizione evelocità del tasto ‘k’, né di posizione e velo-cità di tutti gli elettroni che fluiscono neicircuiti interni del calcolatore ... la vostrabrava lettera ‘k’ appare sullo schermo, pre-cisa e prevedibile, proprio nel punto chevoi richiedete. Non lasciatevi fuorviare. Lacombinazione di meccanica quantistica ecalcolatori che stiamo inseguendo in que-sto articolo è, invece, legata in manieramolto più profonda al funzionamento deidispositivi elementari che svolgono le ope-razioni dentro un calcolatore elettronico. Inparticolare, quello che ci domandiamo è see come la natura quantistica dei costituentifondamentali della materia, atomi, protoni,elettroni, possa interferire con il funziona-mento di un calcolatore elettronico quandole dimensioni dei suoi dispositivi, i transi-stor, diminuiscono fino ad approssimarsialla scala atomica, circa un decimo di mi-lionesimo di metro, o 10-10 (significa 10 ele-vato alla potenza -10, ovvero 1 diviso per10 elevato alla potenza 10) metri.Ricordiamo che già oggi i transistor hannodimensioni dell’ordine di circa 10-7 metri,solo mille volte maggiori del limite atomi-co, e tali dimensioni continuano a scenderea ritmo circa costante grazie alla tecnologiadi integrazione elettronica sempre piùspinta.Dunque, armati solo di alcune elementaris-sime nozioni di meccanica quantistica, fac-ciamo un potente salto concettuale e provia-mo ad immaginare un calcolatore i cui com-ponenti elementari siano delle dimensionidi un singolo atomo. Un calcolatore la cuimemoria sia enormemente grande, espo-nenzialmente[2] più estesa della sua realedimensione fisica in megabytes. Un calcola-tore che possa lavorare in parallelo su un setdi dati anch’esso esponenzialmente grande.Un calcolatore che svolga le sue operazioninon nell’ordinario spazio euclideo tridimen-sionale, quello nel quale noi continuiamo aschiacciare i tasti della sua tastiera, ma inuno spazio surreale e iper-reale, lo spazio diHilbert, che comprende tutte le possibili

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funzioni matematiche che si possono co-struire a partire dalle variabili che definisco-no lo stato dei suoi dati.Quello che stiamo immaginando è un cal-colatore quantistico.

I misteri della funzione d’ondaL'idea di un calcolatore quantistico è sem-plice, sebbene la sua realizzazione praticanon lo sia altrettanto. Ragionando per ana-logia, cominciamo col ricordare che in uncalcolatore ordinario tutte le cifre binarie, obit, di un numero scritto in un registro dimemoria hanno un valore (“stato”) ben de-finito, 0 oppure 1, a ciascun istante neltempo: ad esempio 01100101 per un regi-stro di memoria ad 8 bit.In un calcolatore quantistico, invece, direm-mo che lo stato di quel certo registro è de-scritto da una “funzione d’onda” Ψ dei di-versi stati 0 e 1 dei singoli bit, e scriverem-mo una formula matematica del tipo:

| Ψ > = a1 | 01100101> + a2 | 11101011>+ a3 | 01010001> + ...

Quella che abbiamo appena scritto è unaespressione del cosiddetto ‘principio di so-vrapposizione’ della meccanica quantisti-ca. Tale fondamentale principio affermache la descrizione più completa possibiledi un sistema che ammette tanti stati diversiè data da una funzione matematica (appun-to la funzione d’onda Ψ) che descrive lacombinazione, o sovrapposizione, di tuttiquesti stati. La formula dice quindi che tuttele possibili combinazioni di 0 e 1 degli ottobit che costituiscono il registro sono pre-senti nella Ψ moltiplicate per dei numeri, ingenerale complessi, a1, a2, a3, ... (la scrittu-ra ‘...’ in matematica vuol dire ‘eccetera’).Questo vuol dire che se vi chiedete qual èil valore del terzo bit nel vostro registro ad8 bit non è possibile semplicemente an-darlo a guardare e vedere se segna 0 o 1. Ilsuo valore è contenuto nella funzione d’on-da in maniera complicata, mescolato con-temporaneamente a quello degli altri sette

bit. Per di più questo valore non è ‘sempli-cemente’ mescolato. La descrizione quan-tistica delle condizioni di un sistema me-diante una funzione d’onda ci costringe apassare dal dominio delle certezze e dellaprevedibilità del mondo macroscopico al-l’apparente caos di incertezza ed impreci-sione del mondo atomico. Secondo le re-gole della meccanica quantistica, le possi-bili combinazioni di bit, scritte nella formu-la precedente con la simbologia | ... >, rap-presentano una descrizione completa(cioè una “base”) di tutti gli stati possibilidel registro considerato. Ed un’altra parti-colare funzione matematica costruita a par-tire dalla funzione d’onda, cioè il suo mo-dulo elevato al quadrato – che si indicaconvenzionalmente con il simbolo |Ψ|2 –descrive la probabilità complessiva di tro-vare il registro in uno qualsiasi dei suoipossibili stati. Corrispondentemente aquesta definizione, in meccanica quantisti-ca possiamo misurare soltanto la probabi-lità che l’intero registro si trovi proprio in uncerto stato ben definito, ad esempio01100101: questa probabilità è uguale alvalore numerico |a1|2 , cioè il modulo ele-vato al quadrato del corrispondente coeffi-ciente della funzione d’onda. Se la cosa viappare troppo difficile, per ora concentra-tevi soltanto su questo concetto fondamen-tale: dobbiamo rinunciare all’idea che ognisingolo bit del registro abbia in ogni istanteun valore ben preciso e dobbiamo invececonvivere con l’idea che il registro nel suocomplesso sia descritto da una particolaresequenza di 0 e 1 solo con una certa pro-babilità. Questo fatto si chiama ‘inviluppo’(o entanglement) della funzione d’ondacomplessiva di più oggetti elementari.Come stiamo appena cominciando ad in-travvedere, un calcolatore quantistico sibasa proprio sui concetti di probabilità edindeterminazione tipici della meccanicaquantistica. Però il descrivere probabilisti-camente lo stato di un calcolatore quantisti-co non ha a che fare con le incertezze e leprobabilità della vita di tutti i giorni. Ad

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esempio, se la nostra banca disponesse diun calcolatore quantistico per svolgere lesue operazioni non dovremmo necessaria-mente aspettarci di trovare ogni tanto, conuna certa probabilità, il doppio dei quattri-ni nel nostro estratto conto. In quanto nu-meri complessi, i coefficienti a1, a2, ... sonocaratterizzati da un ‘modulo’ e da una ‘fase’(un po’ come la freccia di un cartello strada-le è caratterizzata da una lunghezza e dauna direzione). Proprio le fasi dei coeffi-cienti hanno un significato fisico particolar-mente interessante: esse infatti possono de-scrivere fenomeni di interferenza tra statidiversi nel nostro calcolatore, molto similiagli ordinari fenomeni di interferenza otticatra onde luminose che danno luogo, adesempio, agli affascinanti colori cangiantisulla superficie delle bolle di sapone. L’usodi tali fenomeni, puramente quantistici, diinterferenza ‘numerica’ (anzichè ottica) ri-sulta essere un modo di svolgere calcoliestremamente efficiente, assai più efficientedelle normali operazioni di addizione omoltiplicazione che tutti conosciamo.Secondo la meccanica quantistica, la fun-zione d’onda Ψ dichiara che ogni registrodel calcolatore quantistico esiste simulta-neamente in tutti i suoi possibili stati finchènon viene effettuata una misura del conte-nuto del registro: solo quando operiamocon un processo fisico di misura osservia-mo un particolare stato k, ad esempio il so-lito 01100101, con probabilità|ak|2. Le pro-prietà “esponenziali” del calcolatore quan-tistico provengono proprio da questa esi-stenza simultanea di tutti i possibili stati deisuoi registri. Abbiamo accennato prece-dentemente che il calcolatore quantisticoopera in una spazio particolare, lo spaziodelle funzioni matematiche (ad esempio ilmodulo, la retta, la parabola, ...) costruibilicon tutti i suoi stati; tale spazio è detto spa-zio di Hilbert. Così come il nostro spazioeuclideo ha tre dimensioni (la larghezza,l’altezza e la profondità), il numero di di-mensioni dello spazio di Hilbert per un si-stema (il calcolatore quantistico) composto

di N variabili (i registri di memoria) a 2stati (lo 0 e lo 1) è pari a 2N, cioè aumentaesponenzialmente all’aumentare di N. In uncalcolatore convenzionale, un chip di me-moria RAM da 1 kbyte può immagazzinaresolo 8 mila bit in forma di numeri 0 o 1 (unbyte è pari ad 8 bit), mentre un calcolatorequantistico che disponga anch’esso di 1kbyte è in grado di immagazzinare unaquantità di informazione pari a tutti gli statidegli 8 mila bit che riempono il suo spaziodi Hilbert, cioè 28000, un numero inimmagi-nabilmente enorme, che potremmo ap-prossimare come dieci seguito da duemi-laquattrocento zeri! Ed il parallelismo, per quanto detto appenasopra, viene gratis. Un calcolatore conven-zionale è sempre costretto ad eseguire lesue computazioni sequenzialmente: adesempio, l’operazione X=3+5 viene ese-guita ponendo anzitutto il numero 3 in unregistro temporaneo, poi il numero 5 in unaltro registro temporaneo, spostando quin-di il contenuto del primo registro nel regi-stro della X e sommandoci infine il conte-nuto del secondo registro. Se, poi, tale ope-razione va compiuta per tanti registri di Xdiverse, nei quali debbono ad esempio es-sere sommate altrettante coppie di numeriinteri N ed M, come X=N+M, il calcolatoredovrà eseguire in sequenza tante volte lastessa procedura descritta quante sono lecoppie di registri per le quali la computa-zione va effettuata. Se ciascuna computa-zione prende una certa quantità di tempoelementare, il tempo totale necessario saràdunque dato dal prodotto del tempo ele-mentare per il numero dei registri conte-nenti le varie X da calcolare. In un calcola-tore quantistico, invece, ogni variazionedello stato di un registro si ripercuote si-multaneamente su tutte le possibili funzioninello spazio di Hilbert che dipendono dallostato di quel registro (ricordate, la formuladella funzione d’onda scritta sopra contie-ne simultaneamente tutte le possibili com-binazioni degli stati di un registro: variarela funzione d’onda del registro significa va-

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riare simultaneamente il contributo di tuttequeste possibili combinazioni). Quindi leoperazioni come la X=N+M sopra descrit-ta verranno compiute simultaneamente (inparallelo) per tutti i registri interessati, in unsolo intervallo di tempo elementare.Questo rivoluzionario modo di svolgerecalcoli ed ottenere risultati in parallelo sututti i possibili stati quantici di un registrocostituisce l’essenza della “computazionequantistica” (o quantum computing).

La computazione quantisticaBisogna innanzitutto notare una cosa. Oggi,a circa 15 anni di distanza dall’idea iniziale,sulla computazione quantistica si sa teori-camente già tutto. Ogni anno si svolgononel mondo diversi convegni specialistici,popolati da numerosi scienziati, più chealtro matematici, in grado di descrivereteoricamente computazioni estremamentecomplesse svolte sui cosiddetti qubits(quantum bits), che parlano comunementedi concetti tipo entanglement, decoerenza,teletrasporto, compressione dei dati, codi-fica superdensa, correzione degli errori.Sfortunatamente, però, non è stato ancorapossibile fabbricare un solo reale circuitologico operante sui qubits in maniera stabi-le e riproducibile, e lo stesso concetto diqubit è difficile da tradurre in una qualchegrandezza fisica affidabile e misurabile.“Ehi!” starà dicendo adesso qualche letto-re, “ma questo qui ci vuol prendere in giro.Sta parlando di un calcolatore che fa mira-bilia, che calcola quantità impressionanti dinumeri a velocità strabiliante, ma che ha unsolo difetto: non esiste!”. In effetti, a tutt’og-gi esistono solo alcuni esperimenti di fisicaatomica, estremamente complessi e raffi-nati, fatti su sistemi composti da due atomio due quanti di luce (fotoni), cioè su spazidi Hilbert con appena 22=4 stati. E l’intero‘circuito logico’ che lavora con questi duequbits occupa lo spazio di una stanza di la-boratorio! Si direbbe che c’è ancora molta,molta strada da fare ... Ma ricordatevi che

all’inizio degli anni 50 il calcolatore ENIACoccupava un intero edificio, mentre il com-puter portatile che trent’anni dopo avetenella vostra borsa è circa un milione divolte più piccolo e circa un miliardo divolte più potente del mostruoso ENIAC.Vedremo alla fine di questo articolo alcunedelle strade oggi ipotizzate per costruiredispositivi in grado di svolgere operazionisui qubits. Ma, per il momento, continuiamoad occuparci della teoria.Stando alle cronache, tutta la storia dellacomputazione quantistica sarebbe comin-ciata intorno alla metà degli anni 80 da unadiscussione tra Charles Bennett ed un per-sonaggio molto amato e compianto anchedal pubblico non specialista, il premioNobel per la fisica Richard Paul Feynman.Bennett, allora all’IBM di Yorktown Heightsin California, stava studiando il problemadella “termodinamica della computazio-ne”, cioè i fenomeni legati alla produzionedi entropia e dissipazione di energia[3]

nelle operazioni elementari svolte sia daiveri e propri dispositivi elettronici che daaltri dispositivi di calcolo più generali,idealizzati. Tali problemi erano e sono digrande interesse, poichè uno dei principalilimiti pratici alla potenza dei calcolatori èproprio legato alla dissipazione di energiae al surriscaldamento dei circuiti elettroni-ci. Feynman afferma che Bennett, duranteuna discussione su tali argomenti, gli avevasuggerito di pensare, in qualità di espertodi meccanica quantistica, alle eventuali li-mitazioni poste dal principio di indetermi-nazione nei suoi problemi di termodinami-ca del calcolo. Sull’onda di questo suggeri-mento, Feynman (che era un tipo estrema-mente curioso e non si faceva spaventaredalle difficoltà scientifiche di nessun gene-re) svolse un bellissimo studio di principio,prontamente pubblicato in Optics News delfebbraio 1985. Cercando di rispondere aBennett, egli pensò ad una macchina idea-le composta da elementi operativi quanti-stici per la quale definì una particolareclasse di funzioni matematiche dette hamil-

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toniane[4] che ne potessero permetterel’impiego come “calcolatore”.Il suo primo pensiero fu che le leggi dellameccanica quantistica (come pure quelledella meccanica classica, dell’elettroma-gnetismo o della gravità) sono reversibilinel tempo, cioè i fenomeni che esse de-scrivono avvengono allo stesso modo sel’orologio del laboratorio si muove in avan-ti, verso il futuro, o all’indietro, verso il pas-sato. Una macchina da calcolo quantisticadovrebbe quindi operare in maniera com-pletamente reversibile.Ma in termodinamica il concetto di macchi-na reversibile è sinonimo di operazioni idea-li di trasformazione di energia, che avven-gono cioè senza dissipare alcuna quantità dicalore e con aumento di entropia nullo. Enessuna macchina termica reale è in gradodi operare in maniera completamente re-versibile, poichè il mondo reale contiene atutti i livelli diversi gradi di irreversibilità (sipensi, ad esempio, all’attrito presente in ma-niera ineliminabile in un qualsiasi dispositi-vo meccanico). Il che è solo un altro mododi dire, secondo il secondo principio dellatermodinamica, che il calore può passaresolo da un corpo più caldo ad uno più fred-do, o che non esiste in natura alcuna formadi perpetuum mobile. Il massimo che si rie-sce ad ottenere nella pratica è una macchi-na in grado di compiere trasformazioni cosi-dette adiabatiche, nelle quali lo stato del si-stema varia in maniera impercettibile tra unistante e l’altro e la dissipazione di energia èquindi ridotta al livello minimo consentitodalla termodinamica. Fu proprio sfruttandoin maniera estremamente originale ed intel-ligente il concetto di macchina adiabaticache il grande Rick Feynman risolse il pro-blema dal punto di vista teorico, gettando lebasi di tutti gli sviluppi successivi della teo-ria della computazione quantistica.

Ma quanto è grande un numero?Secondo la moderna scienza dei calcolato-ri, un “calcolatore universale” può essere

costruito da una rete, complessa a piacere,fatta di un numero, grande a piacere, di ele-menti primitivi interconnessi. In un calcola-tore convenzionale tale rete sarebbe costi-tuita da un insieme di fili elettrici che tra-sportano da un elemento primitivo all'altroi due voltaggi standard che rappresentanolo 0 e lo 1, ad esempio –5 e +5 Volt. Gli ele-menti primitivi che connettono tra loro i re-gistri devono essere quelli della logicabooleana, cioè AND, OR e NOT. Tali ele-menti primitivi sono in grado di fornire unarisposta (cioè un certo valore di voltaggioin uscita) in funzione dello stato dei registriin ingresso. Ad esempio, un elemento ANDdà una risposta positiva (voltaggio “alto”,ovvero +5 Volt, ovvero 1) solo se il valore ditutti i registri in ingresso è positivo; l’ele-mento OR invece dà un valore positivo sealmeno uno dei registri è positivo; NOT tra-sforma un ingresso positivo in una uscitanegativa o viceversa. Con l’aiuto di sempli-ci teoremi di teoria della computazione sipuò far vedere che in realtà bastano solodue elementi primitivi combinati, ad esem-pio AND e XOR (OR esclusivo, positivo seuno e uno solo degli ingressi è positivo),oppure NAND (somma di NOT e AND) eOR, per compiere qualsiasi operazione lo-gica nelle computazioni abitualmente svol-te dai calcolatori convenzionali (compresiquelli che quasi ognuno di noi ha sul suotavolo).Per amor di completezza, notiamo che pergli scopi della computazione quantisticabisogna anche considerare il “filo” in uncerto livello di dettaglio, poichè un calcola-tore quantistico potrebbe non avere affattofili ma, ad esempio, impulsi di luce cherimbalzano tra due molecole. Ci si accor-gerà allora che abbiamo in realtà bisognodi altre due primitive logiche, chiamate ri-spettivamente FANOUT (due fili legati aduno solo) e EXCHANGE (due fili collegatiin croce). Ma questo non cambia l’essenzadel ragionamento che stiamo facendo.Nell’unità centrale di un calcolatore con-venzionale (la famosa CPU, o central pro-

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cessing unit) ognuno degli elementi primiti-vi booleani è realizzato mediante combina-zione di un certo numero di transistor, unamezza dozzina o giù di lì. E in una CPUsono presenti centinaia di migliaia di ele-menti logici primitivi (i gates), per un totaledi parecchi milioni di transistor, raggrup-pati ed organizzati secondo un ordine benpreciso predisposto dagli ingegneri chehanno progettato il chip di silicio contenen-te la CPU.Ma quanto è grande un numero? Qualcunopenserà che questa è una domanda scioc-ca, e che un numero è ovviamente grande... quanto il numero stesso. Cioè, il numeromille è proprio mille, ed è ovviamente piùgrande del numero centoventisette. Seperò come ‘lunghezza di un numero’ defi-nissimo, ad esempio, la quantità di letterenecessaria per scriverlo in italiano (oanche in inglese), il numero centoventisettesarebbe più grande del numero mille. Nonvi sto di nuovo prendendo in giro. La ‘lun-ghezza di un numero’ è un concetto moltoserio che sta, tra l’altro, alla base della teo-ria dell’informazione. Numeri che defini-scono quantità estremamente grandi oestremamente precise (cioè che richiedo-no un elevato numero di cifre decimali)possono essere spesso codificati in manie-ra molto più compatta, che non stupida-mente enumerando tutte le cifre che licompongono. Anche perchè queste po-trebbero essere infinite... Ad esempio, perdefinire il numero periodico 1,333333....fatto da una cifra 1 seguita da una quantitàinfinita di cifre 3, basta convenzionalmentescrivere un trattino sopra una sola cifra 3,cioè 1,3–. Oppure si può scriverlo in formarazionale, cioè come un rapporto di altridue numeri più ‘semplici’, cioè 4/3. Conpochissimi simboli, quindi, possiamo codi-ficare una quantità di cifre teoricamente in-finita senza perderne il significato. Esisteperò una categoria di numeri, identificatadal matematico russo Gregory Chaitin, cheè ‘incomprimibile’, cioè che occupa unalunghezza pari alla quantità di cifre che de-

finiscono il numero stesso. Il prototipo ditali numeri è il cosiddetto numero ‘omegadi Chaitin’, che è inoltre un numero realecioè non scrivibile come il rapporto di duenumeri interi. Un tale numero ha una quan-tità infinita di cifre, come qualsiasi numeroreale, ma non lo si può scrivere in altromodo che elencando tutte le sue cifre unadietro l’altra! Per un calcolatore elettronico questo è uncompito in linea di principio impossibile.Nei registri dei calcolatori si possono scri-vere, infatti, soltanto numeri di lunghezzaben definita, e se un numero ha più cifre si-gnificative di quante ne permetta il regi-stro... beh, bisogna ‘troncarlo’, cioè scriver-lo in maniera approssimata. E questo èvero per tutti i numeri reali, non solo per inumeri di Chaitin. Ad esempio, il simbolo"pi greco" indica un numero reale con infi-nite cifre, le cui prime sono come è noto3,1415926539.... Questo non è un numerodi Chaitin: possiamo darne infatti una assaiconcisa definizione geometrica lunga ap-pena dodici parole italiane, cioè “il rappor-to tra la lunghezza di una circonferenza e ilsuo diametro”, oppure una ancor più sinte-tica definizione trigonometrica (che oltre-tutto è valida in qualsiasi lingua terrestre enon soltanto in italiano) come 4•arccos(1)che tradotta in italiano suona: “quattro voltela misura in radianti dell’arco il cui cosenovale uno”. Peraltro, in uno dei nostri moder-ni, potentissimi calcolatori non possiamofar altro che scrivere il nostro π in formaapprossimata, ad esempio fermandoci allesue prime otto cifre significative 3,1415926.Questa è dunque la grandezza dei numeriche abbiamo in mente? Otto cifre allavolta? No, anche questa volta non lasciatevifuorviare dai pur affascinanti argomentidella teoria dell’informazione.Ci stiamo chiedendo, invece: qual è la di-mensione fisica di un bit in un calcolatoreelettronico convenzionale? Questa dimen-sione ci servirà, alla fine, per scoprirequanto calore dissipa un calcolatore perogni operazione svolta. Vediamo di trovar-

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ne una stima approssimata. Secondo nu-meri abbastanza recenti, un chip di tipoCMOS (la tecnologia più recente, che per-mette di fabbricare delle CPU molto com-patte partendo da materiali fatti a strati disemiconduttori ed ossidi metallici) delledimensioni lineari di qualche centimetro,contiene circa un miliardo di transistor percm2. Facendo un conticino a spanne, in uncm2 possiamo mettere oltre 1016 atomi,quindi ogni transistor è fatto da almeno 108

atomi. Cioè, dal nostro punto di vista, unnumero binario come 0 o 1 è ‘grande’ circaqualche centinaio di milioni di atomi.Questo valore torna abbastanza bene conla stima sperimentale della minima quan-tità di energia che bisogna dissipare peroperare su un bit, che è dell’ordine di 109

unità kBT[5] per operazione. Cioè ogniatomo consuma all’incirca una unità kBT dienergia mentre il transistor svolge la suaoperazione sulla cifra binaria assegnatagli.Abbiamo così trovato la dimensione fisicadi un numero come viene immagazzinatonel registro di memoria di un calcolatore.In apparenza tale dimensione sembra,come abbiamo detto, ragionevole. E altret-tanto ragionevole sembra la quantità inge-gneristica ad esso collegata, la stima delcalore dissipato per cambiare di valorequesto numero ‘fisico’, ad esempio da 0 a1. D’altra parte, la stima di principio di que-sta stessa quantità di calore per un calcola-tore ideale è invece ridicolmente piùbassa.Vediamo un po’ come si ottiene que-sta stima teorica. Se cambiamo ‘adiabatica-mente’ lo stato di un bit con una operazioneAND, il nuovo valore dello stato sarà uno deidue valori possibili 0 o 1, indipendente-mente da quello che era prima. Quindi se-condo la termodinamica la variazione dienergia interna sarà nulla (i due stati sonoperfettamente equivalenti), mentre la varia-zione di entropia sarà di log2 unità. In ter-mini di dissipazione di calore avremmoquindi una quantità pari a kBT log2 unità, sela trasformazione avviene alla temperaturaT, cioè circa 0,69 kBT: un valore un miliardo

di volte inferiore del 109 kBT trovato per uncalcolatore elettronico reale.Questo ragionamento era stato già fatto dalmatematico Rolf Landauer nel 1961, ed èquindi noto come “principio di Landauer”.Per molto tempo questo valore era stato ri-tenuto un limite inferiore assoluto, ottenutosulla base di criteri rigorosamente termo-dinamici, per la dissipazione di calore inuna operazione elementare di calcolo. Inaltre parole nessun calcolatore, reale oideale, può consumare meno di 0,69 kBTunità di energia per svolgere anche il piùelementare dei calcoli.

Perché un calcolatore dissipaenergia (e produce entropia...)Ma la questione sembra del tutto accade-mica, poiché abbiamo appena detto cheun calcolatore vero dissipa circa 109 kBTper ogni operazione elementare, un nume-ro enormemente più grande: per questonelle macchine del mondo reale siamocosì preoccupati della dissipazione di calo-re! Bennett si accorse che questa enormediscrepanza è dovuta al modo operativopiuttosto brutale che viene usato nei calco-latori per cambiare il valore di un bit. Infatti,in un calcolatore convenzionale per cam-biare il voltaggio di un transistor (cioè pas-sare da 0 a 1 o viceversa) questo viene“scaricato a terra”, facendo passare dellacorrente elettrica (cioè un flusso di elettro-ni) attraverso una resistenza (una specie disetaccio che fa perdere gradualmenteenergia agli elettroni); e per riportare il vol-taggio al valore iniziale dobbiamo di nuovofar passare la stessa quantità di corrente at-traverso la medesima resistenza. Un taleprocesso è altamente dissipativo poichècoinvolge il flusso di un enorme numero dielettroni lungo il filo metallico conduttore egli elettroni, nel condurre elettricità da unpunto all’altro del filo, sprecano quasi tuttala loro energia in calore riscaldando il filo(notiamo, di passaggio, che una delle stra-de per miniaturizzare l’elettronica digitale

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è il tentativo di costruire dei transistor a“singolo elettrone”, cioè di dispositivi incui il passaggio di un solo elettrone per-mette di cambiare lo stato del sistema. Diquesti processi, che vanno sotto il nome di“elettronica molecolare”, magari parlere-mo un’altra volta...). La dissipazione dienergia nel filo potrebbe essere fortemen-te ridotta se, ad esempio, la corrente dascaricare a terra potesse invece venire im-magazzinata in una induttanza (una speciedi circuito elettrico di parcheggio) per poivenire restituita al successivo cambiamen-to di stato. Tecnicamente però questa solu-zione è di fatto impraticabile per una seriedi complicate motivazioni tecniche, tantoche addirittura nelle macchine da calcolo“naturali” come il DNA si stima che l’opera-zione di copiatura di un singolo bit (rappre-sentato in questo caso una singola baseproteica) da un punto all’altro della se-quenza genetica dissipi una quantità dienergia pari a circa 100 unità kBT, anchequesta assai maggiore del limite teorico diLandauer. Neanche la Natura è riuscita adottimizzare le risorse energetiche...Dobbiamo dunque tenerci le nostre resi-stenze e rassegnarci a sprecare ogni voltaun sacco di energia termica.Ma se, allora, siamo già decine di miliardidi volte lontani dal valore ideale diLandauer kBT log2 può sembrare del tuttoridicolo starsi a chiedere se questo valoreè davvero il limite inferiore o se questo li-mite non possa essere praticamente consi-derato uguale a zero. Questo problemaperò era fondamentale per Feynman, cheaveva in mente processi di computazionecompletamente reversibili da poter poi tra-sferire nell’ambito del suo ideale calcolato-re quantistico. Per Feynman lo zero dovevaessere veramente zero, non bastava chefosse un numero ridicolmente piccolo.Feynman arrivò in effetti a formulare la teo-ria di un procedimento completamente re-versibile (descritta sinteticamente nel ri-quadro “Calcoli quantistici termodinamica-mente reversibili).

Feynman poteva così concludere il suo la-voro (puramente teorico) del 1985 in ma-niera abbastanza trionfalistica, affermandotestualmente che “sembra che le leggidella fisica non presentino alcuna realebarriera nel ridurre le dimensioni dei cal-colatori, fino ad avere bit della dimensionedi un singolo atomo dove il comportamen-to quantistico dominerà”. In un certosenso, questa era la sua brillantissima ri-sposta agli amletici dubbi del suo amicoCharles Bennett. E questo sembrerebbeessere il futuro che attende dietro l’angoloanche i nostri calcolatori, mentre le dimen-sioni fisiche dei singoli elementi attivi, itransistor di oggi, continuano a diminuire,arrivando pericolosamente a sfiorare il li-mite atomico.

Complesso come un polinomio ...o di più?Un punto importante che il pur esaurienteFeynman non aveva toccato nel suo studioteorico riguarda un fatto di cui si accorsemolto presto David Deutsch, un brillantematematico di Cambridge: un calcolatorequantistico può affrontare calcoli moltocomplessi in maniera estremamente effi-ciente con un uso “scaltro” della meccani-ca quantistica, realizzando cioè computa-zioni che sfruttino l’interferenza costruttivatra le funzioni d’onda dei vari registri. Ma“quanto” complessi? Deutsch capì che lacomputazione quantistica era in grado diabbattere uno dei pilastri fondanti dellascienza della computabilità, quello secon-do cui esiste una unica definizione dellacomplessità computazionale per ciascunproblema matematico (vedi riquadro“Turing e la computibilità”).Un famoso esempio di calcolo non-polino-miale è la fattorizzazione di un numero neisuoi fattori primi. Consideriamo il numeroN = 51688, il quale si fattorizza in 23 x 7 x13 x 71. Questo numero ha cinque cifre,per cui la lunghezza del dato di input è del-l’ordine di logN, la base del logaritmo es-

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Calcoli quantistici termodinamicamente reversibili

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sendo determinata dal sistema di numera-zione nel quale esprimiamo N; in questocaso stiamo usando il sistema decimale,per cui log10(51688) = 5.312, cioè circa 5, ilnumero di cifre dell’input appunto. Mentreper un numero relativamente piccolo,come quello dell’esempio, i suoi fattoriprimi (che abbiamo già scritti sopra: 2, 7,13 e 71) possono essere facilmente trovati

con qualche semplice tentativo, trovare ifattori primi di un numero di lunghezzaqualsiasi, anche con parecchie centinaia dicifre significative, può essere una operazio-ne assai complessa. Per questo scopo esi-stono diversi procedimenti matematici difattorizzazione che danno la soluzione. Unuso pratico assai importante di tali proce-dimenti di fattorizzazione è nella codifica

In realtà Bennerr stesso aveva già dimostrato che il famoso limite di Landauer di kBT log2 per opera-zione era in realtà troppo grande poichè non è affatto necessario impiegare operazioni primitive ir-reversibili in un procedimento di calcolo ideale. In effetti, si può dimostrare che se il calcolo vienesvolto con tutti elementi logici primitivi reversibili l’energia minima necessaria da dissipare diventaindipendente dal numero di operazioni logiche da eseguire nel calcolo, e vale ancora kBT log2 maquesta volta per ciascun bit del registro contenente il risultato finale della computazione (output).Questa energia dipendente solo dalla dimensione del registro dei risultati (quanto più grande è lacosa da calcolare, tanta maggiore energia va consumata) in realtà non è altro che quantità di energianecessaria per riazzerare il calcolatore ad ogni nuovo utilizzo. In effetti, l’operazione logica di ERASEè l'unica operazione veramente non reversibile (neanche da un punto di vista logico), poichè parten-do da uno stato qualsiasi (0 o 1) e riportandolo a zero dobbiamo portare a coincidere il risultato fi-nale della nostra computazione (che sarà genericamente una qualsiasi combinazione di 0 e 1) con ilregistro 000000.... (tecnicamente si direbbe che “dobbiamo comprimere lo spazio delle fasi di unfattore 2 per ogni bit di output”), cioè dobbiamo spendere una quantità di energia pari a kBT log2per ogni bit dell’output.Ma, si disse Feynman, anche questa minima energia di kBT log2 unità per ogni bit del registro di out-put potrebbe essere risparmiata, se si potesse usarla come parte dell'output stesso. Ad esempio lapotremmo impiegare per controbilanciare l’entropia (legata alla trasformazione di informazione) neltrasmettere il risultato della computazione da un punto a un altro del calcolatore. Cerchiamo di capi-re come questo è possibile. Secondo Feynman, questo limite potrebbe essere raggiunto da un cal-colatore ideale reversibile che lavori a velocità infinitesimale (cioè un calcolatore adiabatico).Feynman quindi si diede da fare a dimostrare come sarebbe possibile disegnare circuiti logici com-pletamente reversibili mediante i quali costruire un calcolatore universale. Nella sua dimostrazioneegli fa notare come un qualsiasi calcolo reversibile debba necessariamente produrre non solo ilcontenuto del registro di output ma anche una certa quantità di “spazzatura”, cioè dei bit inutili. E di-mostra poco dopo che questa spazzatura può sempre essere riarrangiata in modo tale che coincidaproprio con il contenuto del registro di input. Questa produzione di spazzatura è necessaria per ren-dere reversibili operatori logici come AND, XOR, eccetera, che di per sé non lo sarebbero. Senzascendere in dettagli, diciamo che una tale procedura è reversibile poiché, conoscendo simultanea-mente alla fine della computazione il contenuto del registro di input e di output, possiamo ripercor-rere il circuito logico all'indietro e rimettere uno ad uno tutti gli stati nella loro condizione iniziale:spendiamo cioè l’informazione contenuta nei bit-spazzatura come una quantità di entropia esatta-mente corrispondente all’opposto della quantità di calore dissipata in ogni passo della computazio-ne: il bilancio delle due quantità fa quindi zero.Eureka! Disponiamo adesso di una logica di computazione a dissipazione nulla, cioè perfettamentereversibile e quindi applicabile ad un calcolatore quantistico.E finalmente Feynman può passare a costruire un set di hamiltoniane quantistiche[4] in grado di ri-produrre matematicamente tutte le operazioni primitive reversibili necessarie, componendo le qualiin sequenze logiche arbitrarie si può realizzare l’equivalente quantistico del calcolatore universale acosto energetico nullo, in grado di svolgere una qualsiasi computazione arbitrariamente complicata.

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Turing e la computibilità

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di chiavi per crittografare messaggi ecombinazioni di casseforti o archivi, siareali che virtuali. Si tratta di procedimentidi calcolo piuttosto complessi e non ci in-teressa qui discuterli. Ci vogliamo solopreoccupare di quanto questi procedi-menti matematici (algoritmi) siano com-plessi nel senso di Turing, cioè quantosiano faticosi da calcolare al crescere delnumero di cifre del numero N del quale sicercano i fattori primi.Sui calcolatori convenzionali il miglior al-

goritmo di fattorizzazione conosciuto (P.Odlyzko, AT&T Laboratories, 1995) costa:

O (exp [(64/9)1/3 (logN)1/3 (log logN)2/3] )

operazioni elementari al crescere di N.Questa scrittura, O(...), significa che al cre-scere di N (il numero da fattorizzare) il nu-mero di operazioni elementari che un cal-colatore deve svolgere cresce almenocome l’esponenziale di logN (cioè il nume-ro di cifre di N) elevato, a sua volta, alla po-tenza 1/3 e moltiplicato per qualche altro

Il concetto di complessità di una computazione venne introdotto dal matematico inglese Alan Turingin un suo famoso lavoro del 1936. Sebbene né Turing né nessun altro a quel tempo avesse alcunaidea del se e come un vero computer avrebbe potuto funzionare nel futuro (Von Neumann ancoranon si era messo a pensare al problema), egli impiegò la suggestiva visione di una macchina imma-ginaria per il suo lavoro. Una “macchina di Turing” consiste di: un rotolo di carta, a tutti gli effetti dilunghezza infinita, suddiviso in cellette; una “testina” di scrittura (che potrebbe essere, indifferente-mente, il cervello di Turing o il vostro cervello, o una calcolatrice tascabile, o anche un personalcomputer o chissà che altro) può scrivere un 1 quando trova uno 0 nella casella, può viceversa can-cellare un 1 trasformandolo in 0, oppure può semplicemente leggere il contenuto della casella.Dopo aver compiuto una di queste tre operazioni, la testina può spostarsi di una cella a destra o a si-nistra, oppure può fermarsi. Per ogni computazione matematica, secondo Turing, è possibile definireuna combinazione di regole (“spostati a destra”, “cancella il contenuto della cella”, “vai a sinistra”,“se trovi uno zero cambialo in uno” e così via...) che consentono alla testina di svolgere la computa-zione in un certo numero – magari lunghissimo, ma finito – di passi elementari. Un tale dispositivo,interamente ideale, è secondo Turing una macchina universale in grado di svolgere qualsiasi com-putazione, e quindi dovrebbe rappresentare il paradigma concettuale per qualsiasi macchina dacalcolo passata o futura.Il risultato straordinario di un tale procedimento astratto, che probabilmente lo stesso Turing inizial-mente non sospettava, è che la macchina di Turing è anche un paradigma universale per stabilireche cosa si può o non si può calcolare. Quando ci si mette a ragionare sull’essenza profonda dellecombinazioni di regole che definiscono una qualunque computazione nella macchina di Turing, ci siaccorge che i problemi computazionali (tutti i problemi del mondo!) sono divisi in due classi: i pro-blemi di complessità cosidetta ‘polinomiale’ e gli altri, detti per converso ‘non polinomiali’. Un pro-blema polinomiale può essere risolto in un numero grande a piacere – ma comunque controllabile –di passi elementari; in particolare, quando la dimensione N dei dati da calcolare cresce, il numero dioperazioni che la macchina deve compiere (e quindi il tempo necessario) cresce anch’esso, con unalegge di potenza: ad esempio come il quadrato (N2) o il cubo (N3) o la quinta potenza (N5) della di-mensione dei dati, o anche come una combinazione di varie potenze. Cioè il numero di operazionipuò essere scritto come un polinomio la cui variabile incognita è la lunghezza dei dati da calcolare.Se invece il problema non cade in questa categoria esso è non polinomiale nel senso che, al cresce-re della dimensione dei dati di partenza, il numero di operazioni cresce con rapidità irraggiungibile(esponenziale) ed il problema non può essere risolto in generale, ma solo quando le dimensioni deidati non sono troppo grandi. Inoltre, data la assoluta generalità della macchina di Turing, la rispostaalla domanda se un problema sia polinomiale o meno dovrebbe essere indipendente dai dettaglidell'apparato fisico usato per svolgere il calcolo, sia esso appunto un cervello umano, un regolomeccanico, una calcolatrice tascabile o un enorme supercalcolatore.

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fattore meno importante. Quindi lo scalingè esponenziale rispetto al numero di cifredell’input. Non solo, dunque, l’algoritmonecessario per scomporre un numero infattori primi cresce in tempo non-polino-miale, ma cresce anche con la massima ra-pidità matematicamente possibile: si puòinfatti dimostrare che nessun algoritmo ma-tematico può crescere più rapidamenteche in modo esponenziale.La legge di scaling ci dice come aumenta iltempo necessario per il calcolo, ma non cidice il tempo assoluto. Per conoscerlo bi-sogna avere un dato di riferimento. Eccoloqua. Nel 1994 un numero a 129 cifre, notocome RSA129, venne fattorizzato usandol’algoritmo di Odlyzko: il calcolo vennesvolto suddividendolo in parallelo su circa1600 potenti workstation sparse per ilmondo, impiegando un tempo di circa 8mesi. Basandosi sul calcolo di RSA129 perstimare il cosiddetto prefattore della leggedi scaling esponenziale, si trova che fatto-rizzare un numero di 250 cifre (di quelli,per intenderci, che si trovano in un tipicocodice di sicurezza bancario) richiedereb-be circa 800.000 anni, mentre fattorizzareun numero di 1000 cifre richiederebbe nonmeno di 1025 anni, cioè parecchi miliardi divolte l’età dell’universo! Sembra quindi cheil vostro conto bancario sia esponenzial-mente al sicuro...Ma tutto questo è vero per calcolatori cheseguono le leggi della fisica classica.Nel 1985 Deutsch (tra il singolare disinte-resse delle principali banche mondiali) di-mostrò in maniera rigorosa che un calcola-tore quantistico può risolvere in un tempopolinomiale problemi che sono non-polino-miali su qualsiasi macchina classica, pro-prio sfruttando i concetti che abbiamosopra accennato di interferenza e paralleli-smo. E nel 1994 Peter Schor, traducendo inpratica il risultato teorico di Deutsch, pre-sentò ad un congresso internazionale dimatematica un nuovo algoritmo (detto perl’appunto “algoritmo di fattorizzazione diSchor”) per la fattorizzazione di numeri in

fattori primi secondo la logica di calcolodella computazione quantistica, capace discalare come:

O ((logN)2+e)

dove e è un numero piccolo, dell’ordine di0,2 o 0,3. La scrittura O(...) in questo casosignifica il numero di operazioni che il cal-colatore quantistico deve compiere al cre-scere di N, cresce come logN elevato allapotenza 2+e , cioè lo scaling è stavolta poli-nomiale, un semplice polinomio di secon-do grado o poco più, nella dimensione del-l’input.Descrivere in poche parole l’algoritmo diSchor non è impresa semplice (e non latenterò certo qui) ma va sottolineato che daquando tale algoritmo è stato scoperto ilcalcolo quantistico ha cominciato ad esserpreso tremendamente sul serio da tutta lacomunità scientifica e dalle agenzie gover-native e ministeri preposti alla sovvenzionedelle attività di ricerca, i quali ormai desti-nano crescenti quantità di denaro alle ricer-che sulla computazione quantistica.

Imperfetta, come una macchinaidealeDa un punto di vista tecnico, la macchinaideale di Feynman potrebbe essere realiz-zata in pratica costruendo un set di elemen-ti fisici quantistici (per il momento non me-glio identificati) i quali possano assumeredue diverse configurazioni definite e misu-rabili, corrispondenti ai due stati 0 e 1. Adesempio, una molecola con tutti gli elettroniallo stato fondamentale (lo stato 0) e la stes-sa molecola con un elettrone in un livelloenergetico eccitato (lo stato 1). Ogni opera-zione logica è rappresentata da un operato-re fisico (ad esempio, un impulso di un rag-gio laser) che fa cambiare di stato l’elettro-ne nella molecola, eccitandolo o diseccitan-dolo e facendo passare così la “molecola-transistor” dallo 0 allo 1 e viceversa.Come in tutti i sistemi fisici, in una macchi-na del genere ci saranno necessariamente

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delle imperfezioni (ricordiamo, non esisto-no in natura macchine termiche ideali). Adesempio, una prima sorgente di imperfe-zione potrebbe essere costituita dalla diso-mogeneità dei coefficienti di accoppia-mento da un punto all'altro della catena dielementi fisici. Se gli elementi sono, adesempio, atomi depositati su un substratosolido irregolare, tale disomogeneità è co-stituita da difetti strutturali della superficiee provoca una certa differenza tra le vibra-zioni termiche degli atomi: propagare uncerto stato, ad esempio la condizione di 0,da un atomo all'altro sarebbe allora equiva-lente a far muovere un elettrone lungo unfilo metallico conduttore, e l'equivalentedella resistenza elettrica sarebbe una certacasualità nella probabilità di collisione.È degno di nota, a questo proposito, che ilprincipio di indeterminazione di Heisen-berg di per sè non costituisce una limita-zione alla capacità operativa di una talemacchina. Nel senso che, non essendo as-segnato un tempo definito entro cui realiz-zare il calcolo, il completamento di unacomputazione ha una estensione tempora-le probabilistica, indipendente dal numerodi passi elementari. Tutte le questioni asso-ciate al principio di Heisenberg sono, inve-ce, legate all’indeterminazione sulla prepa-razione dello stato iniziale (registro diinput) e alla misurazione dello stato finale(registro di output), entrambe operazioniche richiedono la capacità di misurare ve-locità e posizione di elementi fisici quanti-stici. Come abbiamo detto (vedi [1]), per si-stemi che obbediscono alla meccanicaquantistica non è possibile specificare si-multaneamente con precisione assolutaposizione e velocità, quindi non saremomai in grado di definire con precisione as-soluta l’energia iniziale di ogni singolo ele-mento posto in un punto preciso della cate-na. Il principio di indeterminazione ci im-pedisce di conoscere con precisione asso-luta l’input e l’output del calcolatore quanti-stico, tutto quello che possiamo ottenere èdi avere una ragionevole probabilità che

input e output coincidano con quello chevogliamo. (“Signor Rossi, il suo conto inbanca contiene molto probabilmente undebito di ...”.) Inoltre nella macchina diFeynman esisterebbero termini di accop-piamento debole tra gli elementi che costi-tuiscono i registri, cioè ci sarebbero deitermini aggiuntivi (spuri) nella funzione ha-miltoniana, oltre quelli che vengono consi-derati esplicitamente per svolgere la com-putazione. Insomma, una tale macchina sa-rebbe un oggetto molto delicato, in cui lapreparazione dello stato iniziale, in partico-lare, richiederebbe una bella dose di abi-lità da parte dei fisici sperimentali prepostial suo funzionamento.In generale, il tempo necessario per svol-gere una computazione sarà determinatodall'intensità dell’accoppiamento tra ele-mento ed elemento, così come descrittonella funzione hamiltoniana della catena.Siccome i tempi legati alla variazione diuno stato in un atomo o una molecola (adesempio, il tempo necessario per portareun elettrone allo stato eccitato) sono estre-mamente rapidi, le singole operazioni in uncalcolatore quantistico avvengono moltorapidamente. Se ciascun termine dell’ha-miltoniana fosse, ad esempio, dell’ordine di10-13 erg, dalla famosa relazione di indeter-minazione di Heisenberg si ottiene che iltempo minimo di calcolo è dell’ordine di10-15 secondi per operazione. Peraltro, giàsecondo Feynman questo valore non rap-presentava un terribile miglioramento ri-spetto ai tempi di commutazione tipici del-l’elettronica digitale del 1985, all’epocafermi a circa10-10 secondi (tali limiti sonoormai ampiamente superati). Centomilavolte più veloce, forse meno. Molto, ma nonmoltissimo, certo, rispetto allo sforzo ne-cessario per costruire una tale macchina...Ma il problema principale del funziona-mento di un calcolatore quantistico è lega-to, ancora una volta, al concetto di reversi-bilità. In effetti, alcuni dei lettori che non co-noscono la fisica potrebbero essersi chie-sti, leggendo le pagine precedenti: “Se le

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leggi della fisica, e in particolare quelledella meccanica quantistica, sono perfetta-mente reversibili rispetto al tempo comehai detto, com’è che il mondo macroscopi-co è invece assolutamente irreversibile?Come mai un organismo biologico può in-vecchiare ma non ringiovanire, un vasorotto in mille cocci non può tornare intero,una miscela grigiastra di acqua e inchio-stro non può separarsi spontaneamente inacqua limpida e inchiostro nero?” Il proble-ma della generazione dell’irreversibilità apartire da leggi matematicamente reversi-bili è forse uno dei più centrali della fisicamoderna e mantiene ben occupati nume-rosi cervelli da oltre un secolo, da quandocioè Ludwig Boltzmann per primo forma-lizzò i concetti di entropia e irreversibilità.Non saremo certo noi a risolvere tale pro-blema in questo nostro racconto, ma dicia-mo almeno che una delle strade oggi piùpromettenti per riconciliare reversibilitàmicroscopica e irreversibilità macroscopi-ca sembra essere il concetto di “decoeren-za”. Tale concetto è un altro elemento fon-damentale della descrizione quantisticadella natura.Quello che si intende in meccanica quanti-stica per decoerenza è che lo stato di so-vrapposizione pura, descritto dalla funzio-ne d’onda di un certo sistema, non dura in-definitamente ma permane solo per uncerto tempo, cioè finchè il sistema quanti-stico non comincia ad interagire con ilmondo circostante. Quando tale interazio-ne si manifesta, lo stato puro decade (cioèinizia a degradarsi) e come si usa dire tec-nicamente ‘perde coerenza’. L’interazionecol mondo circostante è ineliminabile,come ci dice la seconda legge della ter-modinamica[3], e descrive l’irruzione del-l’irreversibilità nel mondo altrimenti perfet-tamente simmetrico e reversibile della fisi-ca atomica e molecolare. Il tempo di de-coerenza dipende dal tipo di interazionetra gli elementi quantistici del sistema, edefinisce il ‘tempo di vita’ di un sistemaquantistico per cui vale la perfetta sovrap-

posizione tra tutti i suoi stati così come de-scritta dalla funzione d’onda. In pratica, uncalcolatore quantistico è veramente rever-sibile solo per un tempo pari al tempo didecoerenza del processo fisico sul qualeesso si basa per svolgere le sue computa-zioni sui qubits. I tempi di decoerenza mi-surati per alcuni processi fisici di potenzia-le interesse per la computazione quantisti-ca, come la risonanza magnetica di spinnucleare (NMR), la risonanza paramagneti-ca di spin elettronico, la trappola ionica, lamicrocavità ottica, l’effetto Mossbauer ealtri, variano moltissimo, tra un decimo dimiliardesimo di secondo fino a qualche mi-gliaio di secondi per la NMR. Non è peròtanto importante la velocità assoluta con laquale il calcolatore quantistico sa calcolare,ma quanti calcoli può svolgere durante ilsuo tempo di decoerenza, prima cioè chelo stato iniziale preparato nel registro diinput decada in un rumore numerico indi-stinto. Consideriamo il tempo di decoeren-za di ciascun processo diviso per l’energiacoinvolta nella transizione quantistica (adesempio, il cambiamento da 0 a 1) divisaper la costante di Planck: tale quantità rap-presenta il numero di transizioni elementaripossibili durante un tempo di decoerenza,cioè il massimo numero di ‘calcoli’ che ilcalcolatore quantistico può svolgere. Per iprocessi fisici considerati fino ad oggi,questo numero varia tra circa mille e un mi-liardo di operazioni. In pratica, questo nonè un dato molto interessante, poichè unqualsiasi programma di calcolo moderno,ad esempio la simulazione ad elementi fini-ti di un giunto cardanico, richiede parecchimiliardi di calcoli in virgola mobile.Bisogna quindi cercare di estendere almassimo il tempo di coerenza.

Dalla teoria alla pratica, adelantecon judicio...Da un punto di vista tecnico, la macchinaideale di Feynman potrebbe essere realiz-zata in pratica cercando di sfruttare le più

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moderne tecnologie sviluppate per alcunicomplessi esperimenti di fisica atomica.Proverò a descrivere i tratti salienti di tre di-versi esempi sperando che, pur senza nes-suna pretesa di completezza, questa brevedescrizione serva a far cogliere almenol’eccezionale complessità ed originalitàdelle soluzioni, pur nella necessaria limita-zione dei (difficilmente comprensibili) det-tagli tecnici.Un primo esempio è la “trappola ionica”. Inesperimenti realizzati all’Università delColorado, è stato possibile intrappolare unsingolo ione (un atomo carico di elettricitàpositiva) di berillio all’interno di una picco-la regione di spazio delimitata da intensicampi elettrici oscillanti.Con una combinazione di ulteriori campielettrici e di fasci laser, lo ione intrappolatopuò essere rallentato fino quasi a fermarlo,compatibilmente con i limiti imposti dalquantistico principio di indeterminazione. Idue elettroni rimasti intorno allo ione risul-tano sensibili a particolari impulsi laser,che possono spostarli da uno stato energe-tico ad un altro con una modalità ben con-trollabile. Ogni volta che un impulso laserinduce la transizione di un elettrone, lo ionevibra leggermente nella sua trappola elet-trica. Le vibrazioni dello ione sono stretta-mente accoppiate con la transizione dell’e-lettrone, in una unica funzione d’onda. Ogniione così intrappolato, con i due elettroniche possono passare tra uno stato energe-tico e l’altro, rappresenta un qubit.Per realizzare un circuito logico booleano,come AND, OR, NOT eccetera, bisogna ac-coppiare almeno due qubits, cioè avvicina-re almeno due ioni nella stessa trappola inmodo da poter effettuare calcoli quantisticicon la funzione d’onda complessiva deidue ioni e dei quattro elettroni. In una mo-difica di questo esperimento, realizzataall’Università di Innsbruck, la trappola èstata realizzata in modo da disporre parec-chi ioni uguali allineati. In questo modo letransizioni degli elettroni si accoppianonon più alle vibrazioni di ogni singolo ione

ma alle vibrazioni collettive della catena,che appare come una microscopica colla-na di perle. Ogni computazione svolta conuna simile ‘macchina’ richiederebbe unasequenza di tantissimi impulsi laser bendefiniti (pensiamo alle regole della mac-china di Turing), tanto che il limite teoricomassimo è stimato in questo caso in appe-na 10000 operazioni al secondo. L’idea diusare impulsi laser ultracorti, per accelera-re la computazione, si scontra con la ne-cessità di aumentare parallelamente l’in-tensità del fascio laser, aumentando così laprobabilità di errore (questo è dovuto alfatto che aumentando l’intensità aumentanoi cosiddetti effetti nonlineari, cioè il fasciolaser interagisce con più elettroni simulta-neamente).Un secondo esempio è la ottica quantisticain cavità. Un tale esperimento, già realizza-to separatamente alla Ecole Normale diParigi e al Caltech di Pasadena, consiste didue specchi molto ravvicinati (a circa uncentesimo di millimetro di distanza!) tra iquali vengono fatti passare a bassissimavelocità gli atomi di un gas, mentre un laserli bombarda con luce ad una frequenzaleggermente diversa da quella ottimale.Grazie al confinamento, ciascun atomo puòemettere e ricatturare un quanto di luce, ofotone, più e più volte, sfruttandone il “rim-balzo” contro gli specchi. In questo caso ilqubit è rappresentato dal sistema combi-nato atomo più fotone.Se un atomo in uno stato eccitato entranella cavità tra i due specchi, con una certaprobabilità può lasciare un fotone entro lacavità uscendone così diseccitato. La fun-zione d’onda della cavità descrive adessola sovrapposizione dei due stati “fotonepresente” e “fotone assente” (1 e 0, a suomodo). Quando un secondo atomo attra-versa la cavità, il suo stato si mescola conquello già presente nella cavità e può cam-biare o meno, in funzione della presenza omeno del fotone all’interno della cavità. Aquesto punto, un fascio laser bombarda ilsecondo atomo esattamente quando que-

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Attività dell’ENEA sui materiali e tecnologieper la computazione quantistica

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Nel corso di un programma di ricerca congiunto, condotto dall’autore e dal prof. P. Keblinski, delDepartment of Materials Engineering del Rensselaer Polytechnic Institute (RPI) negli USA, è stato re-centemente proposto un metodo assai originale per implementare in maniera potenzialmente moltoefficiente gli elementi di base di un circuito detto “Quantum Cellular Automaton”, o AutomaCellulare Quantistico (QCA), suscettibile di essere convertito in un “qubit” per il calcolo quantistico.Tale circuito teorico elementare, introdotto qualche anno fa dal gruppo di C.S. Lent dell’Università diNotre Dame, composto da quattro “punti quantici” a distanze nanometriche e collegati fra di loro (fi-gura 1), svolge le funzioni di un circuito bistabile e permetterebbe di realizzare idealmente tutte lefunzioni dell’elettronica convenzionale senza bisogno di transistor.

Figura 1Schema dell’automa cellulare quantistico secondo Toth e Lent(pubblicato in Physical Review A63, 052315 (2001)). a. Geometriadella cella: i cerchi rappresentano punti quantici (o “quantumdots”), le linee rappresentano percorsi di tunneling, attraverso iquali un elettrone può saltare da un quantum dot all’altro. b.Due elettroni, in nero, sono iniettati in ciascuna coppia di quan-tum dots. Per repulsione coulombiana, esistono due configurazio-ni equivalenti P = +1 e P = –1, che corrispondono ad un elementobistabile, come un transistor.

1

P = +1 P = –1

2

3

4

a)

b)

In particolare, è stato recentemente mostrato dal gruppo di Notre Dame che collegando fra loro inmaniera opportuna molti elementi del tipo descritto è possibile trasformare un insieme di QCA in uninsieme di qubits, per realizzare circuiti che svolgono tutte le funzioni logiche elementari di un calco-latore quantistico. Fino ad ora, però, non esistono realizzazioni pratiche su scala nanometrica di di-spositivi fisici in grado di svolgere le funzioni previste teoricamente per un QCA.La nostra ricerca dimostra, mediante l’analisi di modelli teorici, che combinando quattro nanotubi dicarbonio fra di loro è possibile realizzare il frammento elementare di QCA necessario per ottenereun qubit. (Le proprietà dei nanotubi di carbonio sono oggetto di attiva ricerca da parte dell’ENEA,vedi Energia, Ambiente, Innovazione n. 1/2001, pp.64-71).In questo caso sono state studiate le proprietà di giunzioni tra coppie di nanotubi incrociati e succes-sivamente irraggiati da un fascio di elettroni, in modo da creare una zona di “fusione” tra i due tubi dicarbonio. Le dimensioni del sistema risultante sono di appena qualche nanometro. È stato trovatoche sotto particolari condizioni di irraggiamento, la zona centrale di giunzione che connette i duenanotubi si comporta proprio come un punto quantico. È stato quindi ipotizzato che assemblandouna nanostruttura come quella riportata nella figura 2 sarebbe possibile realizzare un QCA in ma-niera relativamente semplice e riproducibile. Combinando parecchi nanotubi in una configurazionea scacchiera e irraggiando (vedi didascalia) i punti di giunzione e i bracci che li congiungono inmodo opportuno si potrebbero realizzare gli elementi circuitali (qubits) di un computer quantistico.Sono attualmente in corso attività sperimentali congiunte, presso ENEA e RPI, per verificare in prati-ca le previsioni teoriche.

Figura 2Realizzazione di una cella QCA mediante quattro nanotubidi carbonio. a. I quattro nanotubi vengono posizionati su unsubstrato, ad esempio mediante nanomanipolazione con unmicroscopio a forza atomica. I quattro punti di giunzionevengono irraggiati con un fascio di elettroni, creando quat-tro punti quantici nelle regioni di giunzione. b. Succes-sivamente, con un ulteriore irraggiamento con elettroni adose più elevata, i contatti orizzontali tra le due coppie dipunti quantici vengono “bruciati”, Questa configurazionerappresenta una possibile realizzazione pratica su scala na-nometrica della cella rappresentata in figura 1-a.

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sto si trova entro la cavità. La luce del fasciolaser ha una frequenza tale da non averealcun effetto sul secondo atomo, a menoche nella cavità non sia già presente il foto-ne lasciato dall’atomo precedente. Solo inquesto caso, infatti, gli stati quantici del se-condo atomo vengono ‘distorti’ di queltanto che basta a permettere al laser di in-teragire con l’atomo stesso, cambiandonecosì lo stato. La funzione d’onda che de-scrive l’insieme del primo e secondoatomo e del fotone è un qubit, che può es-sere pilotato nello stato 0 o 1 (misurato sulsecondo atomo) a seconda del valore dellostato prefissato per il primo atomo.Un ultimo esempio che voglio brevementedescrivere è il quantum computer in pro-vetta, proposto da scienziati del Mas-sachusetts Institute of Technology e del-l’Università di Stanford. L’idea è basata sullatecnologia, ormai matura, della risonanzamagnetica nucleare, o NMR. Alcune mole-cole organiche, ad esempio il (2,3)-dibro-motiofene, contengono atomi di idrogeno ilcui nucleo (protone) può essere orientatonello spazio da un campo magnetico. Permotivi legati alla sua natura quantistica, l’o-rientazione del protone può assumere solodue valori rispetto alla direzione delcampo magnetico esterno, ad esempio“su” e “giù”, che costituiscono i due statidel qubit.Nella molecola (2,3)-dibromotiofene cisono due atomi di idrogeno, cosicchè ognimolecola è un sistema di due qubits accop-piati. Cioè, ogni molecola è un calcolatorequantistico, dunque una mole di questa so-stanza in una provetta contiene circa 1023

calcolatori quantistici.... Molecole com-plesse possono contenere centinaia diatomi di idrogeno, e trasformarsi così incalcolatori con un enorme spazio diHilbert, cioè con un enorme numero distati. L’orientazione assoluta del protone(ovvero il suo spin nucleare) può esserecambiata in maniera molto ben controllatae rapida da un campo magnetico oscillantecon le raffinate tecniche della NMR, ren-

dendo questa tecnica (già ampiamenteusata ad esempio nella diagnostica medi-ca) un ottimo candidato per il quantumcomputing.Un bel problema, in questo caso, è costitui-to dal fatto che ciascuna molecola nellaprovetta ha una sua orientazione casuale eignota, che si somma all’orientazione dellospin nucleare dell’idrogeno. Quando vieneinviato l’impulso NMR tutti i protoni in cia-scuna molecola cambiano il proprio spinnucleare ma, siccome a questo si sommal’orientazione spaziale ignota della mole-cola, il risultato misurato è praticamente in-servibile. È come se ordinassimo a tutte lepersone che passeggiano casualmente inuna piazza di ‘voltarsi’ sperando di trovarlicosì tutti rivolti verso la stessa direzione!Con le raffinate tecniche sviluppate nellaNMR negli ultimi quarant’anni è tecnica-mente possibile selezionare gruppi di mo-lecole nella provetta orientate tutte allastessa maniera, combinando campi ma-gnetici di frequenze diverse. Però in questocaso l’ampiezza del segnale contenente la“soluzione” della computazione quantisti-ca viene sommersa nel rumore provenien-te dai qubits casuali di tutte le altre moleco-le: il nostro calcolatore ci sussurra la rispo-sta in uno stadio affollato di spettatori urlan-ti. Tale tecnica sembra molto promettentequalora ci si spinga a bassissime diluizionidelle molecole nella provetta, nel qual casoil rapporto segnale/rumore del calcolatorequantistico migliora molto efficacemente,anche perché il tempo di decoerenza dellospin nucleare è molto più lungo di quello dialtri processi fisici proposti.

Note1. I due concetti di complementarità e di indetermi-

nazione sono al centro della rivoluzione scientificae concettuale portata dalla meccanica quantistica,anche nota come “intepretazione di Cope-naghen”. Il principio di complementarità, definitoda Niels Bohr nel 1927, stabilisce che per i sistemifisici che obbediscono alla meccanica quantistica levariabili dinamiche compaiono in coppie rigida-mente collegate, ovvero ‘complementari’, in modoche la misura precisa di una impedisce la misura

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precisa e contemporanea dell’altra. Questo è vero,ad esempio, per le variabili posizione e velocità diun elettrone. Il principio di indeterminazione, sco-perto poco prima da Werner Heisenberg sulla basedella interrelazione delle proprietà allo stessotempo corpuscolari ed ondulatorie della materia,descrive il concetto di complementarità in manieraquantitativa, fissando un errore minimo che lo spe-rimentatore commette nella misurazione simulta-nea di coppie di variabili complementari. Tale erro-re è espresso matematicamente nella famosa rela-zione di indeterminazione, la quale stabilisce che ilprodotto tra gli errori commessi nel misurare ledue variabili è almeno grande quanto la costantedi Planck: per mantenere costante questo prodot-to, una tanto maggiore precisione nella misura diuna delle due variabili implica una crescente im-precisione nella simultanea misura dell’altra.

2. In questo contesto la definizione di esponenzialeesprime la rapidità con la quale cresce una succes-sione di numeri. Il concetto di rapidità di crescita èlegato, in pratica, al rapporto tra due termini con-tigui nella successione. Una successione lineare èottenuta sommando una costante ai termini, adesempio 1, 2, 3, 4, 5, 6, ... : in questo caso il rap-porto tra due termini adiacenti decresce e tendeall’unità. Una successione geometrica è invece ot-tenuta moltiplicando il termine precedente peruna costante, ad esempio 1, 2, 4, 8, 16, 32, 64 ... :in questo caso il rapporto tra due termini adiacentiè proprio la costante moltiplicativa (nell’esempioindicato la costante è 2, infatti ogni termine si ot-tiene moltiplicando per 2 il precedente). Una suc-cessione esponenziale corrisponde ad una sequen-za di termini il cui rapporto è una potenza, adesempio 1, 3, 9, 27, 81, …

3. La termodinamica è la branca della fisica che studiai processi di trasformazione di energia in calore.Come tale è alla base del funzionamento dellemacchine termiche e, più in generale, di qualsiasisistema (anche il corpo umano) che operi una tra-sformazione tra diverse forme di energia. Le dueleggi fondamentali della termodinamica stabilisco-

no: (1) che l’energia totale di un sistema si conservasempre durante tutti i processi di trasformazione, e(2) che il grado di disordine di un sistema fisicoreale, cioè avente una efficienza di trasformazioneinferiore al 100%, tende sempre ad aumentare. Perlo studio dei processi di trasformazione la termodi-namica si serve di alcune grandezze fisiche comel’entropia, che misura il grado di disordine presentein un sistema; l’energia interna, che definisce lamassima quantità di calore che un sistema fisicoideale, cioè con efficienza di trasformazione dienergia in calore del 100%, può produrre; l’energialibera, che misura la capacità di un sistema idealedotato di una certa quantità di energia interna dicompiere una certa quantità di lavoro meccanico.

4. La hamiltoniana di un sistema fisico è una funzio-ne matematica (o un insieme di funzioni matema-tiche) che permette di definire l’energia totale delsistema conoscendo i valori di un insieme ben defi-nito di variabili caratteristiche del sistema, dettevariabili canoniche. Per un sistema che può esseredescritto come un insieme di punti materiali, adesempio i pianeti del sistema solare visti dallaTerra) le variabili canoniche sono la posizione e lavelocità di ciascun pianeta. Per sistemi descrittidalla meccanica quantistica è possibile scegliere levariabili canoniche in vari modi tra cui, ad esem-pio, il modulo elevato al quadrato (o matrice delladensità di probabilità) delle funzioni d’onda dellesingole particelle che compongono il sistema.

5. La misura di energia per sistemi a temperatura va-riabile viene convenientemente espressa in unità dikBT, dove kB è la costante di Boltzmann, pari a1.38x10-16 erg/grado, e T è la temperatura misura-ta in gradi Kelvin. Ad esempio, alla temperatura di300 gradi Kelvin (cioè a temperatura ambiente)una unità kBT vale circa 4x10-14 erg, un numeroestremamente piccolo rispetto alle energie tipichedei fenomeni macroscopici. Per confronto, si con-sideri che una massa di 1 Kg che cade nel vuoto dauna altezza di 1 metro arriva a terra con una ener-gia di moto (cinetica) pari a circa 100 milioni dierg.

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Gli anni 90 dello scorso secolo – detti anche “decennio del cervello”– hanno visto fiorire una gran quantità di pubblicazioni sugli sviluppidelle neuroscienze e della filosofia della mente.Questo palinsesto di citazioni d’autore si concentra sul rapporto“mente-cervello”. Un tema cruciale che da oltre due millenni costi-tuisce il luogo privilegiato in cui convergono speculazione filosofica,pensiero scientifico e fede religiosa. Nonostante gli straordinari risul-tati della ricerca contemporanea, il groviglio di ambiguità, oscurità eincertezze – che da sempre ha caratterizzato questo ineludibile pro-blema – sembra aumentato piuttosto che diminuito.Il palinsesto va dal canone buddista (IV sec. a.C.) ad Agostino diTagaste (V sec. d.C.), da Averroè (1190) a Cartesio (1641), da Leibniz(1714) a Hegel (1807), da Nietzsche (1887) a Freud (1917), daEinstein (1936) a Erwin Schroedinger (1950), da Richard Feynman(1978) a Francis Crick (1994), a Erich Kandel (1997), da John Searle(1997) a Gerald Edelman (2000), da Igor Aleksander (2001) aEdoardo Boncinelli (2002), a Roth (2003)

Blob cervello (2)The 1990s – dubbed the "Brain Decade" – saw a flowering of publications aboutdevelopments in neuroscience and philosophy of the mind. This selection ofquotations focuses on the relationship between mind and brain, a subject thathas intrigued philosophers, scientists and religious thinkers for more than twothousand years. Despite the extraordinary results of research in our own day, thetangle of ambiguities, obscurities and uncertainties that has always characterisedthis inescapable issue seems to be growing larger rather than smaller. The quotations range from the Buddhist canon (4th cent. B.C.) to Augustine (5th

cent. A.D.), Averroës (1190), Descartes (1641), Leibniz (1714), Hegel (1807),Nietzsche (1887), Freud (1917), Einstein (1936), Schroedinger (1950), Feynman(1978), Crick (1994), Kandel (1997), Searle (1997), Edelman (2000), Aleksander(2001), Boncinelli (2002) and Roth (2003)

a cura diFAUSTO BORRELLI

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Erwin Schroedinger (1950), fisico (Nobel)Da tutto ciò che abbiamo imparato sullastruttura della materia vivente dobbiamoessere preparati a vederla comportarsi inun modo che non può ridursi alle ordinarieleggi della fisica. E ciò, non perché sia o nonsia in gioco una qualsiasi “nuova forza” chediriga il comportamento dei singoli atomi inun organismo vivente, ma perché la costru-zione è diversa da tutto ciò che noi abbiamofin qui verificato in un laboratorio di fisica...Che tipo di processo materiale è diretta-mente associato alla coscienza? La coscien-za è associata ai processi di apprendimentodella sostanza vivente; il suo know how peròè inconscio... A livello biologico l’indetermi-nazione quantistica è irrilevante.

Gilbert Ryle (1949), filosofoLa mente è una proprietà della materia esoltanto ricostruendo gli intricati meandridella materia nel cervello è possibile spie-gare la coscienza senza ricorrere all’ipote-si del “fantasma nella macchina” (Ghost inthe machine).

Karl Lashley (1950), neuroscienziatoNon siamo mai consapevoli dell’elabora-zione, ma solo delle conseguenze dell’ela-borazione cerebrale.

Alan Turing (1950), matematicoTra una cinquantina d’anni sarà possibileprogrammare calcolatori dotati di una me-moria pari a circa 109, in modo tale da farligiocare così bene al gioco dell’imitazioneche un interrogante medio avrà una proba-bilità non superiore al 70% di compiere l’i-dentificazione giusta dopo cinque minuti didomande.

Martin Heidegger (1953), filosofoLa natura, nella forma dell’oggettività mate-matizzante richiesta dalla scienza, è soltan-to “uno” dei modi in cui ciò che è presente– che da sempre viene chiamato “natura” –

si manifesta e si offre. L’oggettività matema-tizzante dell’elaborazione scientifica nonpuò abbracciare mai tutta la pienezza del-l’essere della natura, la quale resta nasco-sta nell’inapparente, inaccessibile, inaggi-rabile ed impensabile dalla scienza...A fronte del rafforzarsi planetario del cono-scere e dell’operare tecnoscientifico, fon-dati sull’efficacia del pensiero oggettivan-te-matematizzante, corrisponde l’indebo-lirsi di quel pensiero meditativo che tentadi pensare quell’impensabile... Ma la po-vertà della meditazione è la promessa diuna ricchezza i cui tesori risplendono nellaluce di quell’inutile che non si lascia maicalcolare.

Norbert Wiener (1961), matematicoIl dispositivo di regolazione di una macchi-na a vapore o di un termostato è basato sul“feedback negativo”, su cui si fonda la ci-bernetica o scienza della comunicazione edel controllo nell’uomo e nelle macchine.Gli ingegneri devono diventare poeti op-pure i poeti devono diventare ingegneri.

Eugen Paul Wigner (1969), fisico (Nobel)Se si accetta la predicibilità come condi-zione necessaria per essere una macchina,non siamo macchine... Attualmente non ab-biamo la più vaga idea di come i processifisico-chimici del cervello siano connessicon lo stato della mente.

Julian Jaynes (1976), psicologoLa coscienza è l’invenzione di un mondoanalogale sulla base del linguaggio, unmondo parallelo rispetto al mondo delcomportamento, nello stesso senso in cui ilmondo matematico è un parallelo rispettoal mondo delle quantità delle cose. Checosa possiamo dire sulla sua origine?... Sela coscienza è fondata sul linguaggio, nesegue che essa ha un’origine molto più re-cente di quanto non si sia supposto finora.La coscienza è posteriore al linguaggio!

SECONDA PARTE

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Roger Walcott Sperry (1977), neurobiolo-go (Nobel)Il significato del messaggio non può esseredecifrato analizzando chimicamente l’in-chiostro con cui è scritto... La coscienzapuò esistere anche senza consapevolez-za... Che la mente possa essere più di unamacchina è un “pensiero impensabile”.

Karl Popper (1977), filosofoÈ abbastanza chiaro che l’identità e l’inte-grità dell’io hanno una base fisica... Ma ilrapporto fra Mondo1 (oggetti e stati fisici),Mondo 2 (stati di coscienza) e Mondo 3(conoscenza culturalmente acculata) restatuttora oscuro e problematico.

Gunther Stent (1978), neurobiologoCercare una spiegazione “molecolare”della coscienza è una perdita di tempo,poiché i processi fisiologici responsabili diun’esperienza del tutto privata coma la co-scienza si riducono a reazioni quotidianepiuttosto comuni, né più né meno affasci-nanti di quelle che si verificano, per esem-pio, nel fegato.

Richard Phillipps Feynman (~1978), fisico(Nobel)...Scoprimmo che Tukey contava in unmodo diverso dal mio: egli visualizzava unnastro su cui scorrevano i numeri. Potevadire: “Mary aveva un agnellino” e guardareil nastro! Bene, adesso era tutto chiaro: luiper contare “guardava”, e quindi non riu-sciva a leggere nient’altro; io invece “pro-nunciavo” i numeri mentalmente, per cuinon potevo parlare... Abbiamo anche vistoche si può sperimentare in modo obiettivo,dall’esterno, in che modo lavora il cervello.Non dovete domandare a una personacome conta e fidarvi delle osservazioniche fa su se stessa; osservate invece quelche può o non può fare mentre conta.L’esame è incontestabile. Non c’è modo diimbrogliare; non si può simulare... Questaesperienza ci rivelò che i processi mentalidi persone diverse, quando anche pensano

di fare la stessa cosa – una cosa semplicecome contare – sono differenti.

Thomas Nagel (1979), filosofoChe effetto fa essere un pipistrello? (1974)...Senza coscienza il problema mente-corpoperderebbe molto del suo interesse. Con lacoscienza esso sembra irresolubile.(1979)... La posizione della mente nell’ordi-ne naturale resta a tutt’oggi un problema sucui non siamo in grado di offrire neancheun abbozzo di teoria soddisfacente. (1991).

Donald Hebb (1980), psicologoOgni falò ha una sua soglia termica, cosìcome ce l’hanno i rami e gli arbusti che nefanno parte. Nella neurodinamica, l’esem-pio del falò può esser formulato così: un“assembramento di neuroni” interconnessiha lo stesso comportamento “tutto o nulla”e lo stesso comportamento di soglia delsingolo neurone... Un singolo neurone puòfar parte di molteplici “assembramenti ce-rebrali”... Il “feed-back” positivo opera aiconfini dell’instabilità, dove le relazioni cau-sali fra segnali in entrata e segnali in uscitaquasi si perdono... L’intensità della comuni-cazione fra due cellule nervose non è fissa-ta, ma è modificabile attraverso l’esperien-za... La mente è la facoltà di pensare, la co-scienza e l’attività cosciente del pensiero, eil pensiero un’attività del cervello.

Derek Parfit (1984), filosofo connessionistaLe persone possono esser ridotte a con-nessioni di stati mentali.

Marvin Minsky (1986), informatico e stu-dioso di IANella mente di ogni persona normale sem-brano esservi certi processi che chiamia-mo “coscienza”. Di solito riteniamo cheessi ci consentano di sapere che cosa ac-cade nella nostra mente. Ma questa reputa-zione di autoconsapevolezza non è moltoben meritata, perché i nostri pensieri co-scienti ci rivelano pochissimo di ciò che ligenera... Il problema centrale della co-

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scienza è spiegare come sia possibile cheil cervello, in apparenza così solido, sia ilsupporto di cose tanto impalpabili come ipensieri.

Francisco Varela (1991), neurofisiologo eepistemologoLa scienza cognitiva contemporanea hadato sostanza all’idea di David Hume – masoprattutto buddhista – dell’assenza di unio reale e unitario come soggetto dellevarie attività mentali. In particolare, la sco-perta che una gran parte dei comporta-menti intenzionali dei sistemi cognitivi nonsono coscienti (in quanto affidati a sottosi-stemi inconsci) dà spazio all’idea che la co-gnizione può procedere senza coscienza,perché non c’è una connessione essenzia-le o necessaria tra cognizione e coscienza.

Ramesh S. Balsekar (1992), guru, ex fun-zionario della Bank of IndiaLa coscienza inconsapevole di sè – improv-visamente, inconsapevolmente, immotiva-tamente – è diventata consapevole di sè,credendosi “io”. Ma tutto ciò che c’è è co-scienza, non “io”...Nel corpo c’è coscienza. L’illusione di un“io” nasce solo in virtù della presenza diquesta coscienza nel corpo. Alla morte delcorpo, questa coscienza non c’è più.L’illusione della soggettività è che “tu”pensi di essere questo “corpo-mente”;così ti preoccupi di ciò che sarà di te allamorte del “corpo-mente”. Se comprendiche l’io è soltanto un concetto, chiediti:come può un concetto preoccuparsi di ciòche accadrà alla morte del “corpo-mente”?... Attento: non confondere “co-scienza” con “io”. Dov’è mai questo “io”così tronfio della propria importanza?...Come potrebbe essere reale un’illusione?L’“io” è illusione, come il “tu” è illusione...Tu sei, sì, una realtà, ma non una realtà inquanto “io”; ma in quanto “corpo-mente”...Se comprendi questo intuitivamente, pro-fondamente e totalmente non hai bisognodi leggere libri.

Erich Harth (1993), fisicoNel paragonare le prestazioni del cervellocon quelle del computer, vediamo chenemmeno il più potente dei calcolatoripensa veramente: si limita ad eseguire unprogramma di calcolo prestabilito perconto dell’utente. Quando ha fatto i suoicalcoli, è quest’ultimo che li deve interpre-tare. Il cervello invece è utente di se stesso.

Hans Jonas (1992), filosofoQuanto più l’uomo si afferma come sog-getto tecnico, tanto più si smarrisce comesoggetto etico.

John Roger Searle (1992), filosofoOltre alla coscienza e ai bruti processi neu-rofisiologici... non c’è nient’altro. Sarebbedel tutto inutile mettersi alla ricerca di pro-cessi – siano essi applicazione delle rego-le, elaborazione mentale di informazioni,inferenze inconsce, modelli mentali, sche-mi primari, immagini in “due dimensioni emezza”, descrizioni tridimensionali, lin-guaggio del pensiero, grammatica univer-sale – intrinsecamente intenzionali e purtuttavia inaccessibili, in linea di principio,alla coscienza... Una scienza cognitiva nonha semplicemente ragione d’essere.

Henri Stapp (1993), fisicoIl cervello può essere considerato come unsistema gerarchico di dispositivi di misura-zione per i quali il collasso del pacchettod’onde (taglio di Heisenberg) può averluogo a qualunque livello: sinapsi, assoni,neuroni o altro... Il livello più alto dell’attivitàdinamica del cervello si associa al taglio diun atto cosciente... Gli eventi coscienti sonosensazioni degli eventi che si verificano allivello più alto, che attualizzano le configu-razioni macroscopiche dell’attività neurale.

Dominique Lecourt (1993), filosofoDobbiamo dunque ricostruire il cervellocome oggetto filosofico.

Roger Penrose (1994), matematico e fisicoDi tutte le tesi che ho formulato, l’idea che i

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segnali nervosi possano essere trattati congli strumenti della meccanica quantisticaera quella di cui ero meno sicuro; era unpo’ difficile crederci sebbene, in un certosenso, riponessi in essa tutte le mie speran-ze... Secondo la concezione che sto propo-nendo, a titolo di prova, la coscienza sareb-be qualche manifestazione di uno stato in-terno, che chiama in causa effetti quantisticidel citoscheletro e del suo coinvolgimentonell’interazione tra i livelli classico e quanti-stico d’attività... Di conseguenza, la descri-zione a livello dei neuroni, che fornisce larappresentazione del cervello e dellamente oggi in voga, è una semplice ombradi quella al livello più profondo dell’azionedel citoscheletro: ed è a questo livello piùprofondo che dobbiamo cercare le basi fi-siche della mente!

John Carew Eccles (1994), neurofisiologo(Nobel)La strategia riduzionista non sarà mai ingrado di spiegare i livelli superiori di atti-vità cosciente del cervello umano... La vitanon può essere spiegata dalle ordinarieleggi della fisica e della chimica... Si devepostulare l’esistenza dell’anima per spie-gare i fatti accertati della realtà psichica eproporre un meccanismo grazie al qualel’anima può influenzare il cervello senzascambiare energia e quindi senza violarneil principio di conservazione. Un meccani-smo, basato sulla teoria dei quanti, si fondasul fatto che la funzione d’onda diSchrödinger è un valore di probabilità e inquanto tale non trasporta energia.

Benjamin Libet (1994), psicologoL’inizio effettivo dell’atto di volizione avvie-ne un attimo prima della decisione consa-pevole di compiere l’atto di volizione; essaavviene in un luogo del cervello diverso daquello (monitorato) dove si prende la deci-sione consapevole. Il libero arbitrio, insenso tradizionale, sarebbe un’illusione, inquanto le intenzioni derivano da alcunicentri sottocorticali che lavorano a livello

inconscio... Forse il nostro libero arbitrionon viene esercitato dando il via alle inten-zioni, ma rifiutando, accettando o reagendoin altro modo alle intenzioni che scaturisco-no dal nostro inconscio.

Francis Harry Compton Crick (1994),biologo molecolare (Nobel)Concentrare l’attenzione sul meccanismodella visione dei mammiferi è una sceltaarbitraria, che tuttavia, escludendo il lin-guaggio, consente di studiare anche sog-getti non umani utilizzando nel contempo irisultati sperimentali relativi al cervello di-viso e alla visione cieca... Il nostro non ètanto un dettagliato modello della coscien-za quanto un programma di ricerca volto achiarire i meccanismi grazie ai quali tantielementi di informazione distribuiti nel cer-vello possono rapidamente unificarsi nellapercezione. Non c’è affatto bisogno dichiamare in causa, in questo programma,sfiziosi effetti quantistici perché molti mi-steri della coscienza potrebbero svanirequando saremo in grado di costruire mac-chine di quel tipo e comprenderne a fondoil comportamento... Voi, le vostre gioie e levostre pene, i vostri ricordi e le vostre am-bizioni, il vostro senso dell’identità perso-nale e del libero arbitrio, non siete altro cheil comportamento di un ampio assembra-mento di cellule nervose e delle molecolea loro associate.

David Chalmers (1995), filosofo della menteCon la coscienza, si va oltre la pura spie-gazione fisica delle funzioni. Il problemadella coscienza è difficile per ragioni deltutto diverse, e precisamente perché nonsi esaurisce nella spiegazione di strutturee funzioni.

Noam Chomsky (1995), linguistaNon esiste nulla che possa assomigliare alproblema mente-corpo. Perché esista unproblema mente-corpo, dovrebbe esserciuna qualche caratterizzazione del corpo,ma l’ultima nozione di corpo è stata elimi-

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nata da Newton... quando scoprendo lagravità, e con essa l’azione a distanza, hamostrato che il materialismo non funzionanemmeno per un fenomeno semplicecome una palla che rotoli su un piano. Ilmondo non è costituito da oggetti materialiche si influenzano reciprocamente attraver-so il contatto diretto, ma di proprietà imma-teriali. Tra queste proprietà ci sono la gra-vità, l’elettromagnetismo e, naturalmente, lacoscienza... Nel cervello c’è una facoltà dellinguaggio, che può essere pensata comeuna rete intricata e complessa di un certotipo associata ad un dispositivo di interrut-tori in grado di assumere una posizione tradue possibili... Questa rete è il sistema diprincipi della grammatica universale... chegenera il componente semantico.

Hilary Putnam (1997), filosofo, matematicoe logicoDire che la “grammatica universale nelcervello” genera il “componente semanti-co” quando i valori di certi parametri sonostati “opportunamente fissati dall’ambien-te” equivale a dire che “un non so che” fa“un non so cosa” quando “un altro non soche” accade!

Stephen Stich (1983 e 1996), filosofoCome le streghe, il flogisto e il fluido calo-rico, gli stati mentali, come credenze e de-sideri, sono funzioni prodotte da errate teo-rie della mente... Sono uno strenuo difenso-re dell’eliminativismo (1983).

Se l’eliminativismo fosse vero non arrivereia dire, con Fodor, che sarebbe la più gran-de catastrofe intellettuale nella storia dellanostra specie; ma penso che, se fosse vero,comporterebbe un cambiamento radicalenel panorama intellettuale, dalla storia dellapsicologia alla filosofia e all’antropologia(1996).

Henry Margenau (1997), fisico teoricoTutta la nostra conoscenza del mondo haorigine nella mente... È attraverso la scien-za moderna, in particolare attraverso la

fisica quantistica, che ci è consentito diipotizzare che ogni individuo sia partedella Mente Universale. Il postulato di unaMente Universale di cui ogni essere co-sciente e forse ogni entità presente nelmondo sarebbe parte, come pensavaAldous Huxley, presenta delle evidenti dif-ficoltà soprattutto per lo scienziato occi-dentale.

Aldous Huxley (1945), scrittore (Nobel)Philosophia Perennis: l’espressione è stataconiata da Leibniz, ma la cosa è universalee più antica di ogni memoria; cioè la meta-fisica che riconosce una realtà divina comesostanza del mondo delle cose, delle vite,delle menti; la psicologia che trova nell’ani-ma qualcosa di simile alla realtà divina, oaddirittura di identico ad essa; l’etica chepone il fine ultimo dell’uomo nella cono-scenza del fondamento immanente e tra-scendente di ogni essere.

Daniel Clement Dennett (1997), filosofodella menteMia nonna era una macromolecola!

Gerald M. Edelman (1997), fisiologo, me-dico e neuroscienziato (Nobel)Sono convinto che non sia possibile com-prendere la mente, se non attraverso l’ela-borazione di un modello neuroscientificofondato su una teoria a base evoluzionisti-ca. Partendo dall’ipotesi che le funzioni ce-rebrali si formino secondo un processo se-lettivo, dobbiamo essere in grado di conci-liare la variabilità strutturale e funzionaledel cervello con la necessità di spiegare lasua capacità di categorizzare... Per esserescientifica, la teoria deve fondarsi sull’ipo-tesi che ogni attività cognitiva e ogni espe-rienza conscia poggino esclusivamente suprocessi e ordinamenti appartenenti almondo fisico.

Hubert Dreyfus (1997), filosofoFondandosi sulla definizione aristotelicadell’uomo come animale razionale, la filo-

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sofia ha sviluppato una teoria della menteche descrive l’uomo come soggetto capa-ce di risolvere problemi e di agire sullabase di credenze e desideri. Un uomo chesa prendere decisioni e seguire regoleprestabilite, ma che “dimentica” il proprioessere.Heidegger ha mostrato che l’epistemolo-gia soggetto/oggetto presuppone unosfondo di pratiche quotidiane alle quali noncorrispondono rappresentazioni mentali.Tale sfondo non rappresentazionale costi-tuisce qualcosa di più fondamentale dellamente, è ciò che consente il manifestarsidell’essere. L’ontologia precede la co-scienza: la domanda sulla natura dellamente diviene con Heidegger la domandasull’essere.

Richard Rorty (1997), filosofoNon c’è alcun bisogno, per definire gli es-sere umani, di fare ricorso ad altre catego-rie che non siano quelle della biologia,della sociologia e dell’antropologia. La filo-sofia non è più necessaria per comprende-re l’uomo... Il linguaggio è diventato la que-stione essenziale nella filosofia contempo-ranea... Ciò che oggi viene meno in que-stione è la centralità filosofica del problemadel legame fra rappresentazione e realtà...Il linguaggio non dev’essere consideratocome una rappresentazione, ma come unacapacità che ci consente di realizzare azio-ni che non sono accessibili ad altri animaliintelligenti.

Jerry A. Fodor (1997), psicologo e filosofoSembra che coscienza e processi mentalisiano radicalmente distinti... Il timore diffusoè che sia effettivamente possibile una teoriadell’intenzionalità, senza la coscienza...Ritengo inaccettabile l’idea che il pensierosia semplicemente l’unione di una serie diabitudini mentali.

Steven Pinker (1997), linguista e psicologoSe i processi del pensiero vanno intesicome il prodotto dell’attività di un organi-

smo biologico, allora essi saranno il risulta-to di un millenario cammino evolutivo.

Daniel Clement Dennett (1997), filosofodella menteEvitare il dualismo a qualunque costo!...Mistificazione della coscienza. Questa ten-denza, nel tentativo fuorviante di preserva-re la unicità e la dignità del genere umano,ignora i successi ottenuti dalla scienzanello spiegare i misteri dell’astrofisica edella trascrizione del codice genetico.Canto delle sirene dualiste. C’è un solo tipodi sostanza – la materia con cui hanno ache fare i fisici e i chimici – e il dualismo diPopper e Eccles è caduto, oggi, in disgra-zia poiché la sostanza mentale (dei Mondi2 e 3) elude le misurazioni fisiche.Teatro Cartesiano. L’idea che esista un cen-tro speciale nel cervello è una delle ideepiù tenaci e ingannevoli tra quelle che fru-strano i nostri tentativi di riflettere coerente-mente sulla coscienza. Le funzioni cognitivee di controllo sono distribuite nel cervelloanziché localizzate in specifiche regioni.“Qualia”. Le qualità secondarie (aromi, co-lori, gusti e suoni) non esistono affatto: sonopura apparenza.

A.F. Surikov (1997), studioso di IAI modelli computazionali della coscienza nondicono nulla sull’esistenza di stati qualitativicoscienti vissuti in “prima persona”. Ma glistati di coscienza in “prima persona” restanopur sempre stati reali che arredano ilmondo; non sono pura apparenza solo per-ché non possiamo osservarli in “terza perso-na”. Semplificando con una similitudine: lamosca non riesce ad attraversare il vetrodella finestra e non riesce a capire il perché;è il mondo che stabilisce i limiti del soggetto“mosca”. Noi comprendiamo la natura dei li-miti del soggetto mosca, ma non compren-diamo la natura dei limiti del soggetto“uomo”, pur avendo la certezza che ci siano.

Erich Kandel (1997), neuroscienziato (Nobel)Come risultato dei progressi nelle neuro-

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scienze degli ultimi anni sia la psichiatriache le neuroscienze si trovano ora in unanuova e migliore posizione per un lororiavvicinamento; riavvicinamento che per-metterebbe alle intuizioni della prospettivapsicoanalitica di contribuire alla ricerca diuna più profonda comprensione delle basibiologiche del comportamento... Dopotuttoperché, dal momento che la psicoanalisiproduce dei cambiamenti nel cervello, ilparlare con un amico, un prete o un tera-peuta “dovrebbe valere meno dell’uso delProzac”?

John Roger Searle (1997), filosofoLa filosofia della mente degli ultimi cin-quant’anni ha cercato di risolvere il proble-ma della coscienza, e del dualismo mente-corpo “riducendolo” al solo problema fisi-co; il materialismo è ancora oggi l’orienta-mento dominante. Ma tale atteggiamentoporta alla negazione stessa della coscien-za. La mia teoria della coscienza cerca didare soluzione alle ipotesi tradizionali, amio avviso palesemente false: essa è unateoria ontologica, fondata sulla biologia delcervello. La soluzione non è ancora rag-giunta, numerosi problemi rimangonoaperti e irrisolti, ma credo sia una questio-ne di tempo. Nel secolo scorso filosofi ebiologi dibattevano animatamente il con-cetto di vita; oggi siamo in grado di dareuna risposta precisa a “che cos’è la vita”, etale quesito non costituisce più un proble-ma filosofico. Auspico che per la coscienzaaccada la stessa cosa: un giorno neuro-scienziati e biologi giungeranno a confer-mare l’ipotesi del “naturalismo biologico”,convalidando scientificamente la strettaconnessione tra il funzionamento dellamente e quello del cervello.

Michele Di Francesco (1998), filosofoA favore del riduzionismo resta, ovviamen-te, l’applicazione del rasoio di Occam(entia non sunt multiplicanda praeter neces-sitatem): se fosse possibile integrare in unavisione scientifica unificata l’intera nostra

concezione di noi stessi, il vantaggio espli-cativo sarebbe ovviamente straordinario;ma come tutti gli strumenti affilati, anche ilrasoio di Occam va utilizzato con cautela,per non asportare parti (della nostra formadi vita) di cui non possiamo fare a meno.Forse, il riduzionismo avrà successo. Forse.Ma per ora le “persone” qui sono, e quisembrano intenzionate a restare.

Richard Restak (1998), neuroscienziatoLa ricerca della comprensione di noi stessiè paragonabile alle fatiche di una formicavagante, per il British Museum (la similitu-dine è di Carl Gustav Jung). Per quantisforzi faccia, la formica non saprà mai checosa contiene il Museo o “perché” gli og-getti siano lì. Con questo non voglio indur-re nessuno ad abbandonare “i perché”.Facciamone solo un uso più parco, e con lanecessaria umiltà. Vi è una buona ragioneper agire così: non conosciamo tutti i pro-cessi operativi del nostro cervello... e non èdetto che il tuo cervello sia congegnatocome crede la tua mente.

Jan Robertson (1999), neurofisiologoIl cervello umano è un organo “plastico”:ogni cosa che vediamo, udiamo, annusia-mo, gustiamo, tocchiamo, ogni esperienzache viviamo, tutte le parole che ascoltiamoo leggiamo modificano in maniera perma-nente il nostro cervello, lasciano una tracciain quella rete elettrica (il vecchio “telaio in-cantato” di Sherrington) che costituisce ilnostro io. L’io ha sede nella vibrante ragna-tela di connessioni cerebrali, una tramapercorsa da onde, continuamente ripla-smata dall’instancabile cesello del mondoesterno.

Hilary Putnam (1999), filosofo, matematicoe logicoOltre a tutti gli altri problemi connessi conl’insensatezza dell’identità nel contestomente-corpo, va sottolineato che, se è fon-damentalmente oscuro, come credo che sia,parlare de “il correlato” di un’esperienza di

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colore, ad esempio, allora la questionedell’“identità” dell’esperienza con “il” cor-relato è perlomeno altrettanto oscura... Sechiamare l’avere una mente un “mistero” èsolo un modo per dire che è qualcosa di“meraviglioso” – allora, in questo senso, ècertamente un mistero – ma la stessa cosavale anche dell’universo fisico, comeEinstein ci ha ripetutamente ricordato. Moltecose meritano il nostro stupore, ma formula-re una domanda intelleggibile richiedequalcosa di più del semplice stupore.

Igor Aleksander (2000), ingegnere neura-leSe ci si domanda in che senso una macchi-na dotata dei meccanismi necessari po-trebbe essere cosciente, può essere perti-nente domandarsi: “Cosciente di checosa?”... La differenza fondamentale tra lamacchina e la persona è che la prima sa-rebbe cosciente di essere una macchina,mentre la seconda è cosciente di essereuna persona viva. Ne potrebbero seguireconversazioni assai interessanti, a condi-zione che i due usino lo stesso linguaggio.Quel che intendo è che una macchina co-sciente (definita dalle sue rappresentazionicentrate sull’ego) non si troverebbe sullostesso piano della linea che congiunge l’a-meba e l’essere umano, ma che comunquepotrebbe percepire, ricordare, pianificaree comunicare nel suo modo da macchina.Non potrebbe farlo, tuttavia, se non fossedotata di sistemi neurali adeguatamentemessi a punto.

Arnaldo Benini (2000), chirurgo cerebro-midollareIl problema mente-corpo e quindi il pro-blema della coscienza come fatto biologi-co legato all’attività del cervello sono fuoridalla nostra portata conoscitiva. Ciò noncomporta che l’attività mentale debba ve-nir vista come un’attività miracolosa sepa-rata dal corpo: a ciò si può credere, ma ov-viamente per convinzione religiosa e nonper una dimostrazione scientifica.

Gerald M. Edelman e Giulio Tononi (2000),neuroscienziatiNon esistono i domini completamente se-parati della materia e della mente, cosìcome non vi è fondamento per il dualismo.È evidente però che esiste un regno creatodall’ordine fisico del cervello, del corpo edel mondo sociale in cui il senso viene co-scientemente costruito. Quel senso è es-senziale per la nostra descrizione delmondo, come lo è per la sua comprensionescientifica. Sono le strutture materiali estre-mamente complesse del sistema nervosoe del corpo a dare origine ai processimentali dinamici e al senso. Non c’è biso-gno di presupporre altro: non altri mondi ospiriti, e nemmeno forze straordinarie an-cora misteriose come la gravità quantisti-ca... La nostra pretesa è che possiamo af-ferrare le basi materiali della mente alpunto da raggiungere una conoscenzasoddisfacente dell’origine di cose elevate,come il mondo della mente... La storiadella scienza, delle scienze biologiche inparticolare, ha più volte dimostrato chebarriere apparentemente misteriose e im-penetrabili per la nostra conoscenza eranobasate su false concezioni o sui limiti dellatecnica. I fondamenti materiali della mentenon fanno eccezione...Darwin, di ritorno dal viaggio intorno almondo sul Beagle, si arrovellò per capirecome, nel corso dell’evoluzione fosseroemerse le funzioni espletate dal cervello...Toccherà alle neuroscienze portare a com-pimento il progetto di Darwin.

Andrew Newberg e Eugen D’Aquili (2001),neurobiologiDurante gli stati di intensa esperienza mi-stica – meditazione buddhista tibetana epreghiera cristiana di suore francescane –la regione dell’encefalo posteriore vienesottoposta a un “black-out”, cosicché l’as-sorbimento dell’io all’interno di qualcosadi più vasto non deriva da una costruzioneemotiva, ma scaturisce da eventi neurolo-gici... Il cervello umano è stato genetica-

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mente configurato per incoraggiare la federeligiosa... Dio nel cervello.

Abraham H. Maslow (1962), psicologoIn certi resoconti, particolarmente riguardan-ti l’esperienza mistica o quella religiosa oquella filosofica, tutto il mondo è visto comeunità, come un’unica entità ricca e viva.In altre “peak experiences”, più particolar-mente in quella amorosa e in quella esteti-ca, si percepisce soltanto una piccola partedel mondo, come se, in quel momento,essa fosse l’intero mondo.

Elio Sgreccia (2002), sacerdote, PontificioConsiglio della FamigliaNon vedo contrasti con il Credo. Anche inquesto caso [Dio nel cervello (ndr)] tra lascienza e la fede non c’è contraddizione.

Rita Levi Montalcini (2002), biologa cellu-lare (Nobel)È ipotizzabile che una parte del cervellopossa reagire in un certo modo agli stimolidella preghiera...Le Doux ha analizzato il rapporto fra i cir-cuiti neocorticali e i centri paleocorticalidell’ippocampo e dell’amigdala. Le Douxritiene che queste connessioni possono ri-sultare in una integrazione armoniosa di ra-gione e passione. Tale ipotesi trova confer-ma nei risultati di recenti ricerche, a livelloanatomo-fisiologico, che hanno evidenziatol’esistenza nel cervello umano di questo si-stema... Alle facoltà cognitive è devolutonon soltanto il compito di avvalersi delleconoscenze sempre più approfondite delmondo circostante. Ma è devoluto anche ilcompito di esercitare un controllo sul com-portamento emotivo per affrontare i peri-coli che minacciano l’intero globo.

Joseph Le Doux (2002), neurofisiologoMentre riuscite a capire coscientemente lafrase che una persona ha detto, non aveteperò accesso cosciente ai processi cere-brali che vi hanno permesso di capire lafrase che quella persona ha detto... L’idea

che il Sè sia creato e preservato da arran-giamenti di connessioni sinaptiche, nonsminuisce ciò che siamo. Fornisce inveceuna semplice e plausibile spiegazione dicome sia possibile il pacchetto di protopla-sma psico-spirituale e socio-culturale,enormemente complesso, che chiamiamoil nostro Sè, il Sè sinaptico... Tu sei le tue si-napsi. Esse sono chi sei tu... Interrompi leconnessioni e perderai le funzioni... Dopomezzo secolo di dibattiti e discussioni, nonesistono ancora criteri unanimamente ac-cettati per stabilire in modo chiaro qualiaree cerebrali appartengano al “sistemalimbico”. Alcuni scienziati (Brondal A.,Kotter R. e Meyer N.) hanno proposto che il“sistema limbico” fosse abbandonato.

Edoardo Boncinelli (2002), neurobiologo efilosofoPerché io? E perché io qui ora? Ma se nonora, quando? Il qui ora non può che esserequello del soggetto parlante, individuo vi-vente fra gli individui viventi, immerso in unmondo di eventi che egli distingue, perce-pisce e dota di senso, in maniera sostan-zialmente arbitraria e soggettiva. La storiadell’emergere dell’individualità è insommala storia della comparsa e dell’affermazio-ne degli individui della nostra specie, conle loro particolarità biologiche e culturali.Se esiste una sorta di anima mundi, questanostra non è che una storia fra le tante. Maper noi, per me e per tutti i Me di questaTerra, è la storia. Quella che ci situa nelmondo, anzi al centro del nostro mondo, inuna traiettoria esistenziale che non ha al-ternative....Non si può risalire da uno psicostato aineurostati che lo hanno determinato.

Enrico Bellone (2003), filosofoÈ vero, in fin dei conti, che gli studiosi delproblema mente-cervello usano i loro cer-velli e le loro menti per capire la mente e ilcervello. Ma è ancor più vero che la bar-riera tradizionale tra mente e cervello si èin più punti incrinata, poiché, nell’ultimo

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mezzo secolo, un poco di luce è stata get-tata. Per un verso, le nuove conoscenze sulcervello hanno indebolito l’opinione dimolti psicologi e filosofi secondo cui v’eraun peccato mortale di tipo riduzionista nel-l’approccio biologico ai processi mentali.E, per l’altro verso, quelle stesse conoscen-ze hanno aiutato molti neuroscienziati a ri-conoscere i meriti degli studi che ampi set-tori della psicologia e della filosofia dellamente hanno condotto sui processi cogniti-vi, sul linguaggio o sulle pulsioni.

Gerhard Roth (2003), neuroscienziatoPer il sorgere della coscienza è essenzialeche ognuna dei circa 50 miliardi di cellulenervose della corteccia cerebrale sia con-nessa a migliaia, se non a decine di mi-gliaia, di altri neuroni... In altri termini: sepure la corteccia cerebrale è in collega-mento con il resto del cervello – e attraver-so gli organi di senso e l’apparato motoriocon il corpo e l’ambiente – essa parla es-senzialmente con se stessa... Un buon can-didato fra quegli stati dinamici che produ-cono gli stati di coscienza sono le sincro-nizzazioni tra i miliardi di neuroni corticalie i bilioni di sinapsi, il tutto sotto l’influssodella formazione reticolare, del talamo, del-l’ippocampo e del sistema limbico. A favo-re di questa interpretazione parla già l’a-stronomico numero di connessioni nellacorteccia associativa. Appare plausibilesupporre che in quel tipo di processi“emergano” proprietà di tipo nuovo, comeper esempio l’avere coscienza di sè. Allaluce di tale supposizione saremmo nonsolo nella condizione di indicare quando ea quali condizioni si manifestino nel cervel-lo gli stati di coscienza, ma anche di spie-gare in modo plausibile almeno alcuneproprietà della coscienza, come per esem-pio perché nessuno può sperimentare lacoscienza di un’altra persona... Non voglia-mo affermare che siamo già in grado dispiegare completamente il costituirsi fisio-logico degli stati di coscienza né che pos-siamo dedurre, anche solo in modo ap-

prossimato, come funzioni la mente cono-scendo le leggi che regolano gli eventineuronali.

• • •John Roger Searle (anni ’90), filosofoIl cervello dimostra una complessità che,nonostante la rivoluzione delle neuroscien-ze, presenta ancora numerose zone oscure.Dalle indagini di Gerald Edelman, sappia-mo che in alcune aree del cervello sonopresenti miliardi di neuroni, e il numero diconnessioni sinaptiche che essi stabilisco-no è sbalorditivo: circa un milione di miliar-di di connessioni. Se l’organizzazione dellamateria della mente, formata da neuroni, si-napsi, cellule, strati, lamine e nuclei è già diper sé complessa, tale complessità divienenecessariamente maggiore se posta in re-lazione all’agire cosciente dell’individuo...Quello che si può supporre è che il pensie-ro e l’agire cosciente appaiono come “pro-prietà emergente” di un gruppo neuronale.Ma questo dice solo quanto poco (per ora)sappiamo.

Daniel Clement Dennett, filosofo della menteLa giovane “ascidia” vaga nel mare alla ri-cerca di uno scoglio o di un corallo su cuiattaccarsi ed eleggerlo a sua dimora pertutta la vita. Per questo compito si avvale diun rudimentale sistema nervoso. Quandotrova il suo posto e mette radici non ha piùbisogno del cervello, quindi se lo mangia!(Proprio come quando si vince un concor-so a cattedre).

Friedrich Nietzsche, filosofoNoi potremmo pensare, sentire, rammemo-rare. Noi potremmo ugualmente “agire” inogni senso della parola. Nonostante “tuttoquesto” – “tutto questo” non avrebbe bi-sogno di entrare nella nostra coscienza...La vita intera sarebbe possibile senza cheessa si vedesse nello specchio.

Hilary Putnam, filosofo e matematicoVoler esplorare i pensieri osservando ineuroni al lavoro, è un po’ come voler

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comprendere il senso di una canzone deiBeatles analizzando unicamente le frequen-ze sonore che essa produce... Il tempo nonsta negli orologi.

Paul Valery, poetaCerte volte penso, certe volte sono.

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NOTE TECNICHE

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del reticolo stesso. In ciascunafamiglia la distanza tra i singolipiani, indicata con la lettera d, èuna costante.Ciascuna sostanza cristallina èquindi caratterizzata da un certonumero di famiglie di piani, infunzione della simmetria dellasua struttura, e ciascuna famigliada un diverso valore della di-stanza interplanare d; in altri ter-mini, ogni sostanza cristallina ècaratterizzata da un certo nu-mero di valori di d che dipendo-no dal modo secondo il quale isuoi costituenti sono distribuitinello spazio.L’analisi di diffrazione dei raggiX permette, pertanto, la misuradei valori di d e, di conseguen-za, attraverso tale misura, il rico-noscimento della sostanza cri-stallina incognita.Il microscopio elettronico a scan-sione (SEM) con microanalisi X2

permette, invece, di osservarela superficie del preparato otte-nendone un’immagine tridi-mensionale con un potere di ri-soluzione di circa 3 nm. È costi-tuito da: a) un cannone elettroni-co in cui un catodo formato daun cristallo di esaboruro di lan-tanio (LaB6) produce un fascio dielettroni ad alta energia che at-traversando una serie di dia-frammi fissi ed un sistema dilenti elettromagnetiche vieneaccelerato e focalizzato sulla su-perficie del campione, b) unaserie di rivelatori per catturare idiversi segnali prodotti per l’in-terazione tra il fascio di elettronie la materia costituente il cam-pione in esame, c) una catenaelettronica che permette di am-plificare e selezionare i diversisegnali elettronici prodotti, edinfine, d) un sistema di micro-analisi X.Per poter essere osservato ilcampione deve essere condut-tore di elettricità; nel caso chenon lo sia è necessario renderlo

vamente alle fasi cristalline pre-senti. Una sostanza è definitacristallina quando i suoi costi-tuenti (atomi e ioni) sono distri-buiti nello spazio secondo spe-cifici criteri di ordine e simme-tria. Una siffatta distribuzione or-dinata della materia definisceun reticolo cristallino caratteriz-zato da uno o più elementi disimmetria (centro, assi, pianiecc.) che possiamo immaginareottenuto dalla ripetizione nellospazio di una unità fondamenta-le, detta cella elementare. Inquesta cella elementare sonopresenti tutti gli elementi di sim-metria che caratterizzano il cor-rispondente reticolo cristallino,inoltre i costituenti chimici dellesostanze (atomi o ioni) sononello stesso rapporto stechio-metrico indicato dalla sua for-mula chimica.In ogni reticolo cristallino, gliatomi o gli ioni costituenti, sonodistribuiti ordinatamente nellospazio ed in tal modo determi-nano famiglie di piani parallelitra loro, differentemente orienta-te in funzione della simmetria

Colonnine e plutei in stuccoprovenienti da Sutri

FRANCESCO CARDELLINI, GIOLJ FRANCESCO GUIDI,

FABRIZIO PIERDOMINICI

ENEA, UTS Materiali e Nuove Tecnologie

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note

tecnic

he

resso i laboratori del CentroRicerche ENEA della Casaccia,sono state effettuate indaginichimico-fisiche su alcuni cam-pioni di stucco e patine – prele-vati da colonnine e plutei fram-mentati provenienti dalla zona diSutri e facenti parte probabil-mente di un arredo liturgico –allo scopo di provvedere ad unaloro caratterizzazione chimica emineralogica.Le indagini sono state effettuateutilizzando un sistema di dif-frazione dei raggi X (XRD) edun microscopio elettronico aScansione (SEM) corredato diun sistema analitico a dispersio-ne di energia (EDS), ed hannopermesso di riconoscere le fasicristalline presenti nei campionie di determinare, a livello quali-tativo e semiquantitativo, la lorocomposizione elementale.

Metodologie analiticheLa tecnica della diffrazione deiraggi X (XRD)1 fornisce infor-mazioni sulla struttura delle so-stanze solide e sulla composi-zione delle loro miscele, relati-

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NOTE TECNICHE

88 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

tale depositando sulla sua su-perficie un film di qualche centi-naio di Angstron; ciò si ottieneper evaporazione sotto vuoto, diun metallo (i più usati sono oro,alluminio, rame e carbonio) sinoad ottenere una copertura sotti-le e continua sulla superficie delcampione. In particolare, perosservare e caratterizzare ilcampione in esame, sia dalpunto di vista chimico che dalpunto di vista fisico, vengonoutilizzati i diversi segnali emessidal campione stesso a seguitodell’impatto del fascio di elettro-ni sulla sua superficie. Tale im-patto determina infatti la produ-zione, tra gli altri, di elettroni se-condari, elettroni retrodiffusi eraggi X.Mentre l’immagine degli elettro-ni secondari fornisce informa-zioni sulla morfologia superfi-ciale del campione in esame,quella ottenuta dagli elettroniretro diffusi, permette di indivi-duare la presenza di eventualifasi diverse, basandosi sulle dif-ferenze di numero atomicodegli elementi chimici che co-stituiscono il campione. Infine ilfascio elettronico primario adalta energia, interagendo con gliatomi del campione in esame,determina l’espulsione deglielettroni dalle orbite più interneprovocando l’emissione, da par-te dell’atomo, di raggi X caratte-ristici di ciascun elemento

– risoluzione 0,03 gradi– area di misura 10 mm x 2 mm– calibrazione 0,02 gradi/cana-

le– tempo di misura 300 secondied operando a 35 kV e 30 mA.Dopo l’elaborazione degli spettridi diffrazione dei raggi X è statoposibile riconoscere la presenzadi calcite (CaCO3), quarzo (SiO2)ed ematite (Fe2O3).Le analisi effettuate con un mi-croscopio elettronico a scan-sione Cambridge 250 MK3 cor-redato di un sistema di microa-nalisi X Link-Isis a dispersionedi energia (EDS) con rivelatoreal Ge avente una risoluzione di120 eV a 5,9 keV, hanno per-messo di determinare la com-posizione percentuale degli ele-menti presenti (tabella 1).Allo scopo di verificare il possi-bile raggruppamento dei cam-pioni in famiglie distinte, i risul-tati analitici sono stati trattati sta-tisticamente mediante analisi di-scriminante per valutare global-mente le eventuali differenzecomposizionali, tenendo contodi tutti gli elementi dosati. Sullabase dei coefficienti di correla-zione determinati, è stato possi-bile valutare le differenze esi-stenti tra i singoli campionitenendo contemporaneamenteconto di tutte le variabili ingioco. Il metodo necessita diun’ipotesi di partenza sull’ag-gregazione delle misure ingruppi omogenei; i coefficientidi correlazione determinatihanno permesso di identificaregli elementi meglio correlati(Ca, Al, Si e K) con cui sono statiottenuti i relativi grafici (figure 1e 2). Il criterio di lettura dei gra-fici di tali funzioni è quello delladistanza: quanto più lontanisono i gruppi tanto più diversetra loro sono le composizioni.

ConclusioniSebbene i risultati delle analisi

chimico costituente il reperto inesame. Dalla misura di tali radia-zioni X caratteristiche è possibi-le, pertanto, risalire alle speciechimiche presenti determinan-dole sia qualitativamente chequantitativamente anche in modospaziale.

RisultatiL’osservazione ottica stereosco-pica dei campioni ha permessodi individuare le peculiarità pre-senti e di definire la tipologia dipreparazione da adottare per lesuccessive analisi. In particola-re, da ciascun campione sonostate prelevate due frazioni dicui la prima è stata polverizzataed analizzata mediante diffra-zione dei raggi X, mentre la su-perficie della seconda, dopo es-sere stata lucidata, è stata resaconduttrice (mediante evapora-zione di grafite sotto vuoto) peressere osservata al microscopioelettronico a scansione.Per le indagini diffrattometricheè stato utilizzato un generatore diraggi X Ital Structures 3K5 aventele seguenti caratteristiche:– radiazione incidente mono-

cromatica focalizzata (Co Kα)– tubo AEG al cobalto– analizzatore multicanale por-

tatile– canali utilizzati 4096– rivelatore curvilineo a filo a

flusso di gas (argon-etano15%)

Campione Mg Al Si S Cl K Ca Ti Fe

VT1 1,8 8,5 33,0 0,2 0,2 3,2 47,4 0,8 4,8

VT3 0,1 11,5 17,5 3,1 0,0 1,2 15,5 35,7 15,4

VT3a 0,8 2,4 25,0 1,2 0,0 0,6 69,0 0,2 0,9

VT4 1,4 2,6 22,6 0,2 0,4 0,8 70,4 0,4 1,1

VT5 1,6 3,0 22,9 0,2 0,6 1,2 68,8 0,0 1,9

VT6 0,8 1,8 23,6 0,2 0,6 0,0 71,6 0,0 1,6

VT7 1,1 3,6 25,2 0,4 0,4 1,3 65,8 0,2 2,1

VT8 0,9 3,6 27,5 0,2 0,1 0,7 65,1 0,3 1,5

VT9a 1,3 5,9 32,5 0,8 0,6 2,2 49,9 0,9 5,9

VT9a1 1,8 8,9 33,6 4,8 0,2 3,5 38,7 0,9 7,6

VT9c 2,3 12,4 40,2 2,3 0,0 3,4 33,4 0,8 5,5

Tabella 1Composizione chi-mica dei campionianalizzati (% peso)

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NOTE TECNICHE

89ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

chimiche, effettuate al microsco-pio elettronico a scansione,siano semiquantitativi, è possi-bile comunque avanzare le se-guenti conclusioni:1. il materiale costituente le co-

lonnine e i plutei è uno stuccoa marmorino in cui sono statiriconosciuti, mediante diffra-zione dei raggi X, calcite equarzo quali minerali princi-pali ed ematite quale minera-le accessorio. Tale stucco èstato realizzato impastandocalce (che nel tempo ha subi-to un processo di ricarbona-tazione all’aria), probabiliframmenti minuti di marmo esabbia ricca di quarzo alloscopo di conferire resistenzaall’impasto;

2. la colorazione rosata, riscon-trata in tutti i reperti, è da at-tribuire alla presenza di unpigmento ocra ottenuto dal-l’impiego di ematite macinatafinemente;

3. in tutti i reperti sono stati rico-nosciuti, al microscopio elet-tronico a scansione, i seguen-ti elementi: Mg, Al, Si, S, Cl, K,Ca, Ti e Fe. In particolare lo Sè da attribuire alla presenzadi gesso policristallino di neoformazione, mentre Mg, Al, K,Ti e Fe sono da attribuire allaprobabile presenza di mu-scovite quale minerale acces-sorio delle sabbie ricche diquarzo. In entrambi i casi siail gesso che la muscovitesono presenti in quantità infe-riore al 5% e quindi non de-terminabili mediante diffra-zione dei raggi X;

Bibliografia

1. H.P. KLUG, E.L. ALEXANDER (1954),X-ray diffraction procedure, J.Wiley & Sons, New York.

2. J.A. CHANDLER (1981), X-ray Mi-croanalysis in the Electron Micro-scope, North-Holland PublishingCompany.

4. l’analisi multifattoriale ha per-messo di differenziare i re-perti in due ben distinte fami-glie. Ciò potrebbe indicareche lo stucco sia stato prepa-rato, miscelando le singolecomponenti in rapporti diver-si, in due fasi distinte.

0 2 4 6 8 10 12 14

80

70

60

50

40

30

20

10

Al (intensità cps)

Ca

(inte

nsità

cps

)

-1

50

40

30

20

10

K (intensità cps)

Si (

inte

nsità

cps

)

0 1 2 3 4

Figura 1Diagramma binarioCa/Al

Figura 2Diagramma binarioSi/K

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NOTE TECNICHE

90 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

I l presente lavoro tratta dellostudio idrogeologico per la defi-nizione di una rete di monito-raggio per il controllo della qua-lità delle acque. Lo scopo èquello di fornire gli indicatorichimico-fisici necessari alla cer-tificazione della qualità ambien-tale del territorio circostante latorre di Oriolo dei Fichi sul-l’Appennino faentino.Lo studio viene svolto nell’ambi-to del progetto TORRE (TurismoOrganizzato Recupero RuraleEcologico) che è finalizzato allosviluppo di flussi di turismo so-stenibile, preceduti dal necessa-rio recupero e riqualificazionedella zona del parco di Oriolodei Fichi.Il progetto ha ottenuto l’appro-vazione della Comunità Europeaed ha ricevuto un contributo dalProgramma Comunitario LifeAmbiente (decisione della Com-missione Europea n. C(2001)/2505/88 del 4 agosto 2001. Il

lo di funzionamento idrogeolo-gico, la definizione della rete dimonitoraggio delle acque, gliindicatori per la certificazioneecologica.I caratteri geologici della zonacircostante la torre di Oriolo deiFichi, sui primi rilievi collinari aSE di Faenza, si sono impostatinella parte terminale del Plio-cene e nel Pleistocene (da 1,2Ma) in base all’evoluzione sedi-mentaria dell’avanfossa delNord Appennino a seguito diuna generale tendenza regressi-va, da depositi a prevalente ca-rattere marino a depositi a pre-valente carattere continentale.La documentata presenza, a li-vello regionale, di una superficiedi inconformità ha portato alladefinizione di un modello con-cettuale di struttura stratigrafica,che include una sequenza depo-sizionale, dominata da depositimarini, separata, dalla sovrastan-te sequenza deposizionale aprevalenti depositi continentali,dalla superficie su accennata (A.AMOROSI ET AL., 1998).L’analisi delle elaborazioni diuna serie di circa 70 anni di datidi pioggia porta ad affermareche per alcune delle stazioni(Faenza, Brisighella, Riolo Terme)vi è una chiara tendenza all’ab-bassamento della piovosità me-dia negli anni, mentre per altre(Forlì, Modigliana, Castrocaro)non esiste alcuna tendenza.La piovosità media della zona,su lungo periodo, è senz’altrocompresa tra i 750 mm/anno, edi 900 mm/anno. La quantità diprecipitazioni meteoriche dellazona è quindi abbastanza consi-stente.Sebbene il periodo copertodalle registrazioni dei dati ditemperatura sia breve (10 anni)e quindi poco significativo perelaborazioni che riguardano letendenze in atto, l’analisi di essepermette di affermare che per

Partner Beneficiario è il Co-mune di Faenza. Il progetto hauna durata di tre anni ed è ini-ziato nell’ottobre del 2001. Le at-tività sono notevolmente avanza-te, per cui è possibile trarre leprime conclusioni preliminari.Il progetto si articola in Task chene scandiscono le fasi salienti. Illavoro qui illustrato costituisce i“Task 3.2 e 3.3, Controllo dellaqualità delle acque – Studioidrogeologico”, che fa parte del“Task 3, Valutazione della qua-lità ambientale – Monitoraggioattraverso indicatori fisico-chi-mici e biologici”.La bibliografia ed i dati fino adora raccolti nei punti censitihanno permesso di sviluppare iseguenti argomenti: l’inquadra-mento geologico, l’inquadra-mento meteo-climatico, il pro-getto e la realizzazione di ban-che dati, il GIS (GeographicInformation System), i risultatidelle analisi effettuate, il model-

Studio idrogeologicoper la definizione di una retedi monitoraggio delle acque

e di indicatori per lacertificazione ecologica

DIVO VINCENZI*, ANTONIO GNES**

* ENEA, UTS Protezione e Sviluppo del Territorio** ARPA, Ravenna

note

tecnic

he

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NOTE TECNICHE

91ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

dei Fichi, sono state progettate erealizzate alcune banche dati.La banca dati realizzata con“Access” può essere facilmenteutilizzata per stilare semplicianalisi mirate con la possibilitàdi incrociare vari campi in mododa estrarre il tipo di punto censi-to di interesse.Le banche dati realizzate con“Excel” sono state utilizzate perle elaborazioni relative all’in-quadramento meteoclimaticoed alla realizzazione del GIS delsito. In quest’ultimo caso i dati inesse contenuti sono stati incro-ciati con i caratteri topografici egeologici allo scopo di analizza-re i complessi rapporti tra geo-logia, topografia e parametri deipunti censiti ed in particolarecon la profondità dei pozzi cen-siti. Tali incroci hanno dato utiliindicazioni per la stesura delmodello di funzionamento idro-geologico, in base al quale sicompie la scelta definitiva deipunti della rete di monitoraggio.Il Sistema Informativo Territo-riale (GIS) del sito di Oriolo deiFichi è costruito sulla base topo-grafica 1:5000 e sulla carta geo-logica 1:10.000 della zona, forni-te dalla Regione Emilia Ro-magna in formato digitale. Su diesse sono stati realizzati dei te-matismi inerenti alle caratteristi-che idrografiche, idrogeologi-che, idrochimiche, ed altre, ne-cessarie alla definizione dellarete di monitoraggio.Le notizie reperite durante i ri-lievi in campagna, l’analisi deicaratteri piezometrici e chimi-co-fisici, e gli studi pregressihanno premesso la costruzionedel seguente modello di funzio-namento idrogeologico.Il substrato impermeabile è co-stituito dai terreni argillosi ap-partenenti alla formazione diRiolo Terme. I pozzi scavati inquesta formazione non sono nor-malmente produttivi e sono

RIEPILOGO ANALISI CHIMICHE

Cond. El. Data deiPunto pH µS/cm NO3 mg/l Cl mg/l SO4 mg/l rilievi

5 7,72 703 0,5 24,6 7,3 18/12/02

13 7,99 825 26,50 15,40 117,10 5/3/02

13 7,68 802 28,04 15,10 123,10 17/4/02

13 8,12 920 28,90 16,70 117,30 2/10/02

13 7,20 1006 32,70 77,60 131,60 18/12/02

16 7,08 950 135,20 32,80 65,60 5/3/02

16 7,19 869 110,92 29,90 62,60 17/4/02

16 7,05 850 114,70 27,80 60,90 4/6/02

16 7,73 997 82,30 36,10 53,90 2/10/02

21 7,37 902 36,40 32,40 37,30 18/12/02

23 8,06 651 24,30 48,20 27,40 18/12/02

33 7,63 797 102,70 37,40 67,80 5/3/02

34 7,42 614 21,27 39,40 41,70 17/4/02

34 7,14 697 32,40 46,80 49,60 4/6/02

34 7,97 668 10,20 28,80 28,40 2/10/02

34 7,69 638 4,60 92,40 27,00 18/12/02

37 6,92 948 30,70 28,00 107,30 5/3/02

37 7,15 911 31,50 22,30 87,90 17/4/02

37 7,13 678 29,20 25,50 93,40 4/6/02

37 7,67 1088 33,90 28,50 107,30 2/10/02

37 7,02 1153 25,90 42,60 112,70 18/12/02

42 7,64 807 67,20 19,10 132,00 17/4/02

44 7,20 1200 46,70 33,10 304,20 17/4/02

44 7,08 1210 53,50 35,80 352,80 4/6/02

44 8,31 1137 33,50 22,00 174,50 2/10/02

44 6,98 940 12,50 74,30 94,60 18/12/02

46 7,58 1156 4,10 42,40 209,50 18/12/02

47 6,95 840 72,10 10,30 52,30 5/3/02

47 7,03 812 51,25 5,30 33,10 17/4/02

47 7,00 824 75,60 9,10 52,90 4/6/02

47 7,72 957 75,00 10,30 48,90 2/10/02

50 7,27 925 0,90 32,40 90,40 18/12/02

51 7,31 1000 0,80 67,90 53,60 5/3/02

51 7,24 827 2,07 41,50 50,50 17/4/02

51 7,09 862 2,50 41,60 82,70 4/6/02

51 8,07 817 2,50 25,50 58,30 2/10/02

62 7,73 732 15,50 33,30 91,00 4/6/02

62 8,30 832 17,90 47,00 68,10 2/10/02

62 7,93 716 16,80 14,60 36,40 18/12/02

64 7,70 805 70,00 11,80 34,80 2/10/02

ambedue le stazioni (Faenza eForlì) vi è una chiara tendenzaall’innalzamento della tempera-tura media.La posizione che gli indici diEmberger, calcolati per le sta-zioni di Faenza e di Forlì neglianni dal 1990 al 2000, assumonosul grafico, che classifica i climi

della regione mediterranea,permettono di dire che il climadella zona indagata si situa tra ilmediterraneo umido ed il medi-terraneo temperato.Per rendere più facili e razionalile analisi da effettuare per lascelta dei siti più idonei a moni-torare le acque del sito di Oriolo

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NOTE TECNICHE

92 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

quasi sempre utilizzati come ser-batoi di accumulo delle acquepiovane intercettate dai tetti dellecase, e delle acque epidermicheraccolte con appositi dreni artifi-ciali collocati poco al di sotto dellivello del terreno dai gestori deifondi agricoli. La parte più sab-biosa della formazione geologi-ca di Riolo Terme si può conside-rare facente parte del sistemaacquifero locale qui descritto.In alcuni casi, esistono pozzi cheraccolgono le acque liberate pereffetto di alcuni fenomeni geolo-gici particolari come frane, fa-glie e piccoli accumuli di versan-te ed eluvio-colluviali.Il sistema acquifero sovrappostoal substrato impermeabile è di-stinto in tre gruppi acquiferi se-parati (Regione Emilia Roma-gna, ENI AGIP,1998).L’inferiore è costituito dai terreniappartenenti alla parte superio-re della formazione di RioloTerme ed alla formazione delleSabbie di Imola, affioranti nellaparte centrale dell’area, e chenella zona settentrionale si incu-neano sotto ai terreni apparte-nenti allo intermedio.L’intermedio è costituito dai ter-reni appartenenti alle unità geo-morfologiche del ciclo conti-nentale riferibili all’”Alloforma-zione Emiliano-Romagnola In-feriore”.Il superiore è costituito dai ter-reni appartenenti alle unità geo-morfologiche riferibili all’“Allo-formazione Emiliano-Romagno-la Superiore”.Ogni gruppo acquifero si consi-dera, in questo lavoro, costituitoda un unico indistinto livello ac-quifero.I tre acquiferi, data la loro fram-mentazione in lembi separati edarealmente limitati, intercettanouna porzione esigua delle pre-cipitazioni meteoriche, e per-tanto sono sede di falde acquife-re poco produttive. A ciò contri-

PIEZOMETRIALivello

Pozzo Data (m slm)

2 12/02/02 60,18

2 04/06/02 60,98

2 02/10/02 60,68

2 18/12/02 64,74

3 28/02/02 128,65

3 18/12/02 128,40

5 12/02/02 118,66

5 04/06/02 118,75

5 18/12/02 118,77

6 28/02/02 111,16

7 12/02/02 143,94

8 12/02/02 142,56

8 02/10/02 142,39

9 05/03/02 128,04

10 05/03/02 119,19

14 22/01/02 103,12

14 04/06/02 102,54

14 02/10/02 102,75

14 18/12/02 103,14

16 22/01/02 48,25

16 17/04/02 47,68

16 04/06/02 48,20

16 02/10/02 48,18

16 18/12/02 49,33

17 22/01/02 75,23

17 04/06/02 74,69

17 02/10/02 74,45

17 18/12/02 74,40

19 22/01/02 96,14

21 12/02/02 112,29

21 04/06/02 111,90

21 18/12/02 112,03

23 22/01/02 145,80

23 02/10/02 147,94

23 18/12/02 148,29

24 28/02/02 97,43

24 02/10/02 97,63

24 18/12/02 97,74

26 22/01/02 96,15

26 04/06/02 96,78

26 02/10/02 96,74

26 18/12/02 96,79

30 22/01/02 132,41

30 02/10/02 135,91

30 18/12/02 137,37

33 12/02/02 44,16

34 17/04/02 47,86

34 04/06/02 46,77

LivelloPozzo Data (m slm)

34 02/10/02 48,18

34 18/12/02 49,05

36 12/02/02 82,18

36 28/02/02 83,70

36 04/06/02 82,48

37 22/01/02 98,95

37 17/04/02 99,18

37 04/06/02 99,00

37 02/10/02 99,00

37 18/12/02 99,28

39 12/02/02 73,35

40 12/02/02 81,95

40 04/06/02 82,95

40 02/10/02 82,92

40 18/12/02 83,12

41 12/02/02 110,96

41 04/06/02 110,99

42 05/03/02 120,67

42 04/06/02 118,09

42 02/10/02 119,38

46 28/02/02 102,71

46 04/06/02 102,89

46 02/10/02 103,10

46 18/12/02 103,45

47 28/02/02 147,12

47 17/04/02 148,09

47 04/06/02 147,11

47 02/10/02 147,98

48 28/02/02 148,79

49 28/02/02 117,63

50 05/03/02 119,90

50 04/06/02 123,10

50 02/10/02 124,58

51 05/03/02 73,93

51 17/04/02 74,10

51 04/06/02 73,86

51 02/10/02 73,92

51 18/12/02 74,84

53 17/04/02 110,32

54 17/04/02 96,13

54 04/06/02 95,45

54 02/10/02 95,85

63 17/09/02 94,05

63 02/10/02 93,94

63 18/12/02 94,61

64 17/09/02 94,61

64 02/10/02 94,75

64 18/12/02 94,74

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NOTE TECNICHE

93ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

buiscono anche la pendenza delsubstrato impermeabile, ed ildrenaggio operato dai numerosipozzi esistenti. Il flusso vienecosì indirizzato verso i pozzi,verso i rii e verso la fascia pede-collinare, lasciando rapidamen-te la zona per andare in parte adalimentare gli acquiferi di pia-nura. Le falde acquifere dellazona sono pertanto esigue ed incerti casi effimere.Gli agricoltori hanno costruito,su substrato impermeabile, pic-coli stagni artificiali da utilizzarea scopo irriguo. Essi però siprosciugano rapidamente neimesi estivo-autunnali.Normalmente le acque di tali la-ghetti non hanno nessun rap-porto con le acque sotterranee.La zona riveste, dal punto divista idrogeologico, una grandeimportanza, facendo parte del-l’area di ricarica dei più consi-stenti acquiferi di pianura (Re-gione Emilia-Romagna, ENI –AGIP, 1998).La valutazione del bilancio idri-co della zona non è, con i dati adisposizione, definibile. Tuttaviasi può dire che è un bilancioestremamente deficitario.Gli elementi fino ad ora acquisitihanno portato a definire la se-guente rete di monitoraggio:– 29 sono i punti (pozzi) adatti

per misure di livello;– 22 sono i punti adatti per mi-

sure di qualità;di questi:– 18 sono pozzi;– 2 sono sezioni sul rio Monte

Brullo;– 2 sono sorgenti.La metodologia adottata per ladefinizione di indicatori ricalcaquella contenuta nell’All. 1 al D.Lgs 11 maggio 1999 n° 152,adattandola ai dati a disposizio-

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ne ed all’ambito territoriale con-siderato.In sintesi dal lavoro svolto sipossono estrarre le seguenticonsiderazioni.Le risorse idriche della zonasono ridotte in ragione della li-mitata estensione e spessoredelle rocce serbatoio e del sub-strato poco permeabile cheporta, per le acque di superficie,a tempi di corrivazione brevi.Il clima della zona, anche se leprecipitazioni meteoriche sonoabbastanza consistenti, combi-nato con i caratteri geologici,non favorisce l’accumulo del-l’acqua negli acquiferi e nei pic-coli serbatoi artificiali, per cui,nei mesi estivo-autunnali, incondizioni meteo climatichemedie, i laghetti si prosciuganoed i pozzi della zona arrivano alivelli piezometrici bassissimi, allimite del prosciugamento.Le misure e le osservazioni ef-fettuate permettono di escluderedalla rete di monitoraggio i punticensiti che non offrono le neces-sarie garanzie di affidabilità.La consistenza numerica deipozzi a disposizione permettedi operare, in base ai risultatidelle prossime campagne dimisura, ulteriori scelte per il mi-glioramento della rete.Gli indicatori definiti suggeri-scono che lo stato ambientaledelle acque, sia di superficieche sotterranee, oscilla da sca-dente a particolare.Si sottolinea inoltre che, sebbe-ne le risorse idriche della zonasiano limitate, detta zona ha unaimportanza idrogeologica edecologica notevolissima, facen-do parte dell’area di alimenta-zione e ricarica degli acquiferiregionali della pianura roma-gnola.

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NOTE TECNICHE

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di prove implica che a valledelle raccolte differenziate siaprevisto un processo di selezio-ne meccanica e/o di biostabiliz-zazione a seguito del qualesiano quindi avviate a termova-lorizzazione solo quelle frazionipiù adatte a tale processo per leloro caratteristiche quali-quanti-tative e/o per motivi di opportu-nità economiche.Il programma di ricerca ha pre-visto l’impiego di una delle duelinee di combustione a tamburorotante dell’impianto di smalti-mento di rifiuti urbani del CIS diMontale per il solo trattamentodelle frazioni sottoposte a speri-mentazione, mentre l’altra lineadell’impianto è stata mantenutain marcia convenzionale con ilrifiuto normalmente raccoltopresso il bacino di serviziodello stesso CIS.I vantaggi attesi dalla prova in og-getto sono stati così sintetizzati:• creare una sinergia compati-

bile tra la tecnologia di biossi-dazione e di termovalorizza-zione dei rifiuti in modo, tral’altro, da poter incrementare ilbacino di utenza delle duetecnologie;

• chiudere la catena del ciclodei rifiuti con gli anelli finali ditermovalorizzazione e messaa discarica, rispetto alle indi-cazioni previste dalla normati-va vigente.

Impianti di riferimento

Impianto di biostabilizzazione: ilsistema si basa sulla tecnica delcumulo statico aerato, con unciclo di trattamento (fase acce-lerata) di circa 15-20 giorni. Ilcuore del sistema è l’impiegodei teli Gore-Tex a coperturadei rifiuti posti in trattamento, di-sposti in cumuli su platee pavi-mentate o in trincee. Ogni cu-mulo o corsia è dotato di un ven-tilatore con inverter che alimen-

so l’impianto di termovalorizza-zione del CIS (Consorzio Inter-comunale Servizi dei Comuni diAgliana, Montale e Quarrata) iltrattamento di tali frazioni, con loscopo di verificare la possibilitàdi ridurre il volume di rifiuto av-viato a discarica come tal qualee conferire al processo di recu-pero di energia frazioni selezio-nate ad alto potere calorifico,verificando al contempo even-tuali ottimizzazioni del processoe condizioni operative per mini-mizzare l'impatto ambientale.Data la valenza tecnico-scientifi-ca, la ricerca è stata effettuatacon il contributo di ENEA (UnitàPROT), del Dipartimento di Ener-getica dell’Università di Firenze edi ARRR SpA. Toscana, grazie alpatrocinio della provincia diPistoia ed è stata finanziata dalComune di Monsummano Termee dal CIS con il contributo dellaCMSA e della BIOE Srl.Lo schema di processo sulquale si è basata la campagna

L

Campagna sperimentaledi termovalorizzazione dei

rifiuti urbani

STEFANO CASSANI*, ANDREA CORTI**, LUANA FRASSINETTI***

* ENEA, Unità PROT (Protezione Sviluppo Ambiente e Territorio)** Università di Firenze, Dipartimento Energetico

*** ARRR Toscana

note

tecnic

he

a termovalorizzazione dei rifiu-ti urbani è considerata da moltiesperti nel campo una delle so-luzioni migliori per risolvere ilproblema dello smaltimento ri-fiuti e nel contempo trovare unanuova fonte di energia in unoscenario in cui le discariche ten-dono a trovarsi in continuo con-flitto con la salvaguardia del ter-ritorio e l’impatto ambientale.Nei primi mesi del 2002 ilComune di Monsummano Ter-me e la CMSA (CooperativaMuratori Sterratori e Affini), con-cessionaria per la costruzione egestione della discarica locale aservizio della Val di Nievole,hanno effettuato una sperimen-tazione sulla biostabilizzazionedel rifiuto solido urbano, che hapermesso di evidenziare la pos-sibile sinergia con la produzionedi frazioni secche selezionateadatte alla termovalorizzazione.Sulla base di queste prime risul-tanze è stata individuata la op-portunità di sperimentare pres-

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NOTE TECNICHE

95ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

ta la canalizzazione di insuffla-zione disposta in senso longitu-dinale. Il funzionamento dellalinea di insufflazione è a control-lo computerizzato sulla base deidati di processo acquisiti attra-verso un set di sonde: tempera-tura (per diverse profondità),concentrazione di ossigeno eumidità relativa.La copertura con telo a membra-na Gore-Tex permette il passag-gio in atmosfera di CO2 e diparte del vapore acqueo, limitan-do al contempo la fuoriuscita dimolecole odorigene e di micror-ganismi, garantendo quindi unconfinamento “ambientale” delprocesso e la protezione dellostesso dagli agenti atmosferici.

Impianto di termovalorizzazione:il termovalorizzatore di Montaleconsiste in un impianto di poten-zialità giornaliera nominale dicirca 120 t/giorno, operante sudue linee a tamburo rotante;esso è dotato di una fossa distoccaggio chiusa con dispositi-vi di limitazione delle possibilitàdi spargimento di cattivi odori(chiusura porte e depressionelocale) e prevede un sistema dialimentazione specifico per ri-fiuti ospedalieri e di uno abenna per rifiuto tal quale ditipo urbano ed assimilabile. Lescorie di fondo dalla fase ditermodistruzione sono primaspente in canaletta ad acqua equindi asportate con una seriedi dispositivi comuni alle duelinee e stoccati in locale attiguoalla fossa di stoccaggio rifiuti.I fumi di combustione subisconoun raffreddamento nella caldaiaa vapore, per la produzione divapore surriscaldato a 28 bar e380 °C, che viene utilizzato perla produzione di energia elettri-ca in turbina a vapore a conden-sazione di potenza nominalepari a 0,9 MW.La caldaia della linea 2, per la

al bacino della Val di Nievole,a valle del processo di biosta-bilizzazione aerobica in cu-muli statici aerati per circa 15giorni.

Sul materiale oggetto di studiosono stati effettuati diversi con-trolli e verifiche allo scopo diavere una idonea caratterizza-zione per lo specifico intervento,e in particolare sono state effet-tuate diverse analisi merceologi-che e valutazioni di potere calo-rifico (PCI), contenuto di soldivolatili, solidi inerti, e umidità. Lerisultanze delle prove di caratte-rizzazione effettuate hanno per-messo di evidenziare una fortedisomogeneità delle frazioni og-getto di studio.

Definizione delle fasi diattivitàL’attività è stata articolata in fasisuccessive come descritte diseguito:

Fase propedeutica - La fase pro-pedeutica di preparazione allacampagna sperimentale ha ri-guardato:– studio sulla fattibilità in riferi-

mento al materiale di alimen-to, sui parametri di processo esui flussi in ingresso ed uscitadall’impianto;

– caratterizzazione del materia-le e pianificazione delle fasi ditrattamento e approvvigiona-mento;

– elaborazione della documen-tazione di prova;

– ispezione tecnica dell’impian-to nel suo insieme;

– elaborazione del programmasperimentale.

Fase sperimentale - Questa faseha riguardato le prove di termo-valorizzazione delle diversematrici oggetto di studio. In par-ticolare l’attenzione è stata rivol-ta al controllo e alla verifica deiparametri funzionali e di pro-cesso, nonché al riscontro dei

quale si è proceduto al ripoten-ziamento del tamburo rotante,non essendo stata modificata as-serve al recupero entalpico diuna sola parte delle portate difumi generati in camera di com-bustione, ragione per cui l’ec-cesso di calore sensibile dei fumiviene ridotto in un dissipatore.Il processo è dotato di due lineedi trattamento fumi, a servizio deifumi generati dalle due unitàforno, costituite da filtro elettrosta-tico (EPS), reattore a secco (DS)per l’abbattimento dei gas acidialimentato con bicarbonato disodio e carboni attivi, e filtro amaniche (FF) per un ulterioretrattamento e filtrazione delle pol-veri residue e dei sali generati.Le due linee fumi convergono inun unico camino di emissionedove sono posti gli strumenti dicampionamento e misura in au-tomatico delle concentrazioni diinquinanti.

Materiale utilizzatoAllo scopo di avere un maggiornumero di informazioni si è rite-nuto opportuno confrontare lamarcia convenzionale eseguitacon rifiuto tal quale provenientedal bacino di raccolta del CIScon diverse matrici di rifiutoprovenienti da diversi processidi lavorazione:• Frazione Secca Selezionata

(FSS) proveniente dal rifiutorelativo al bacino della Val diNievole, a valle della vagliatu-ra con maglia da 40 mm (sov-vallo);

• Frazione Biostabilizzata SeccaSelezionata (FBSS) provenien-te dal rifiuto relativo al bacinodella Val di Nievole, a valle delprocesso di biostabilizzazioneaerobica in cumuli statici aera-ti per circa 15 giorni e dellavagliatura con maglia da 40mm (sovvallo);

• Rifiuto Biostabilizzato (RB)proveniente dal rifiuto relativo

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NOTE TECNICHE

96 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

parametri analitici relativi all’im-patto ambientale.

Fase conclusiva - Raccolta delleinformazioni relative alla fasesperimentale e loro elaborazio-ne, analisi e valutazione.

Controllo ecaratterizzazione dei flussisolidi e gassosiPer quanto riguarda le determi-nazioni analitiche dei flussi inuscita dall’impianto, si è proce-duto avvalendosi di due diverseprocedure analitiche: una inloco (misurazione on-line) eduna tramite un laboratorio dianalisi, per il controllo delle ma-trici ambientali presenti.Il controllo delle emissioni on-line è stato effettuato utilizzandola strumentazione di controllo diprocesso di cui è dotato l’im-pianto. In particolare sono statitenuti sotto controllo i seguentiparametri: HCl, CO, polveri tota-li, NOX, HF, SO2, idrocarburi tota-li (THC). Tali parametri sono re-gistrati in continuo da un siste-ma di acquisizione dati e archi-viati poi come valori mediati sui15 minuti.Le determinazioni analitiche dilaboratorio sono state effettuate,previo campionamento, secon-do quanto prestabilito nellaSpecifica Generale e nel Pro-getto Esecutivo con riferimentoai seguenti campionamenti:– caratterizzazione chimica dei

– valutazione dei flussi in uscita.

Materiale di alimentazione: i ma-teriali di alimentazione conferitiall’impianto e utilizzati nelleprove sperimentali predispostehanno comprovato la difficoltànel rendere omogeneo un flussodi rifiuti in ingresso ad un im-pianto.Questo dato è emerso dalla di-versa conformità di analisi dellevarie frazioni utilizzate, sia essein condizioni di tal quale, sia avalle di processi di selezione etrattamento. Questo fattore, tipi-camente connesso con il rifiutodi tipo tal quale per diversità diconferimento da parte dell’u-tente in termini di periodicità etipologia, si è manifestato anchenel caso di rifiuto trattato, a valledi processi di selezione e dibiostabilizzazione.La differenza di potere calorificotra le diverse frazioni ha com-portato di conseguenza la di-versa portata di materiale in ali-mento stante il carico nominaledi marcia dell’impianto a cuideve essere assoggettata laportata di rifiuto, sulla base delpotere calorifico dello stesso.

Impianto e processo: in conse-guenza di quanto evidenziato intermini di variazione delle por-tate specifiche di frazioni, l’im-pianto si è dovuto adeguare alladiversa tipologia di rifiuto. Taleregolazione vale non solo perquanto riguarda la diversità diPCI, ma anche la diversità mani-festata per altri parametri fisici(densità, tenore di umidità, di-mensione media delle frazionicomponenti ecc.).Nonostante ciò la versatilità delprocesso di trattamento termicopresente nell’impianto del CIS diMontale è stata dimostrata sia dalcomportamento del materiale al-l’interno del tamburo rotante, siadall’andamento dei parametri diprocesso che, pur adeguandosi

fumi al camino (come verificadei dati monitorati in continuo);

– caratterizzazione fisico chimi-ca scorie da combustore;

– caratterizzazione fisico chimi-ca polveri da elettrofiltro;

– caratterizzazione fisico chimi-ca polveri da filtro a maniche;

– caratterizzazione fisico chimi-ca rifiuti in ingresso.

L’analitica di laboratorio è stataeffettuata esclusivamente per lefrazioni FSS e FBSS, come previ-sto nella documentazione diprova essendo queste le due fra-zioni per le quali appare più inte-ressante nel complesso la siner-gia tra processi di pretrattamentoe processi di smaltimento finale.Per la caratterizzazione del rifiu-to tal quale si è preso a riferi-mento una serie storica di inda-gini analitiche relative a monito-raggi eseguiti nel recente passa-to mediante campionamenti rela-tivi a diverse aree di raccolta.

Valutazioni finali

La complessità della sperimen-tazione, la necessaria brevitàdel periodo di prova preso inesame e la forte dipendenza deirisultati da diversi fattori oggetti-vi ci porta a distinguere le valu-tazioni finali su tre diversi livellidi intervento:– valutazione del materiale di

alimentazione;– effetti sull’impianto e sul pro-

cesso;

ALIMENTAZIONE LINEA 1

ROT + FSS ROT + FBSS ROT + RB ROT + Tal Q.

Rifiuti (kg/giorno) 34477 26337 31544 47579

% rifiuto sul totale 34 26 28 43

% scorie sul rifiuto 28 25 25 21

Elettrofiltro (kg/giorno) 712 963 298 639

% elettr. sul rifiuto 2,1 3,7 0,9 1,3

Filtro maniche (kg/giorno) 651 987 653 767

% f.m. sul rifiuto 1,9 3,7 2,1 1,6

Bicarbonato (kg/giorno) 675 610 719 675

% bicarbonato sul rifiuto 2,0 2,3 2,3 1,4

Tabella 1Flussi di ingresso/uscita dei rifiuti nellacaldaia della linea 1

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NOTE TECNICHE

97ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

alle diverse caratteristiche delflusso in ingresso, hanno mante-nuto un andamento costante ri-spetto ad intervalli di tempo rela-tivi all’intero periodo di prova.

Flussi in uscita: rispetto ai flussiin uscita è necessario fare duetipi di considerazioni, una di tipoquantitativo e una di tipo qualita-tivo.Quantitativamente si è verificatauna discreta oscillazione delleproduzioni medie specifiche siaper quanto riguarda le scorieche le polveri (tabella 1), con unincremento più o meno elevatonelle prove riguardanti rispetti-

forno rotante e quindi una possi-bile maggiore sospensione difrazioni particellari leggere,nelle tre diverse condizioni dimarcia.L’analisi qualitativa di tipo am-bientale dei flussi in uscita, sianoessi solidi che gassosi, ci forni-sce una serie di informazioni suiparametri di riferimento che,pur oscillando da frazione a fra-zione, rientrano comunque neivalori limite e permettono quindidi verificare anche in questocaso una discreta flessibilità del-l’impianto rispetto alle diversefrazioni alimentate (tabella 2).

vamente FSS, FBSS, RB. La varia-zione di portata di ceneri pro-dotte, che appare percentual-mente importante, si ritiene chepossa dipendere dalle diversecondizioni di aria comburentealimentata all’impianto in ragio-ne del diverso bilancio di com-bustione che si manifesta per letre diverse tipologie di marcedel forno in prova sperimentale.Infatti i diversi eccessi di aria al-l’interno del forno necessari permantenere costante la tempera-tura massima di processo, de-terminano una diverso regimefluidodinamico all’interno del

Valore limiteFSS+RSU+ROT FBSS+RSU+ROT RSU+ROT (§) Orario DM503

Inquinante mg/Nm3 (**) mg/Nm3 (**) mg/Nm3 (**) mg/Nm3 (**)

Monossido di carbonio (CO) 4 8 61 100

Polveri totali 1,5 1,5 0,9 30

Sostanze organiche volatili (SOV come C) 4,9 7,6 4,1 20

Cloruri (HCl) 36,7 34 11,8 40

Fluoruri (HF) <0,07 4

Fluoruro + Bromuro (HF+HBr) – 1,5 <1,3 4

Ossido di zolfo (SOx come SO2) 16 28 16 200

Ossido di azoto (NOx) 77 82 55 400

Mercurio (Hg) 0,008 0,002 0,007 0,05

Cadmio (Cd) + Tallio (Tl) <0,003 <0,001 <0,001 0,05

Metalli pesanti (*) 0,003 0,038 0,011 0,5

IPA 0,00017 0,000009 0,00002 0,05

PCDD+PCDF (***) 0,095 0,084 0,063 0,1

PCDD+PCDF (****) 0,102 0,093 0,096 0,1

(*) somma dei metalli come da DM503(**) dove richiesto il valore è normalizzato all'11% di O2

(***) valore in ng/Nm3 – non tiene conto dei limiti di rilevabilità(****) valore in ng/Nm3 – tiene conto dei limiti di rilevabilità(§) valori di riferimento inerenti campionamento e analisi effettuate in periodo antecedente la sperimentazione(§§) dati provenienti da campionamenti e analisi di laboratorio

Tabella 2Emissioni al camino

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ce raggi-X, la cui energia riescea comprimere una capsula dideuterio, fondendone abbastan-za da produrre neutroni.La compressione di plasmacaldi densi è un passo impor-tante per realizzare l’accensionee mantenere la reazione. I ricer-catori del Sandia National La-boratories che hanno realizzatol’esperimento, sapevano di po-ter produrre molta energia attra-verso grandi impulsi elettrici,ma non credevano di poterlaconcentrarla in un’area talmentepiccola da innescare la fusione.Ora si tratta di realizzare unamacchina molto più grande, chepermetta di raggiungere unostato in cui viene rilasciata piùenergia di quanta sia necessariaper far avvenire la reazione ini-ziale.

CASE A CONSUMO ZEROVenti edifici residenziali ad altorisparmio energetico sarannorealizzati negli USA dall'OakRidge National Laboratory(ORNL), Centro di ricerca fede-rale in collaborazione conHabitat for Umanity Interna-tional. L'iniziativa fa parte delprogramma federale “BuildingAmerica” nel cui ambito sonogià state realizzate oltre 14 milaabitazioni ad elevata efficienzaenergetica in tutti gli Stati Uniti.L'obiettivo non è solo quello dicostruire case più efficienti masoprattutto quello di arrivare arealizzare delle abitazioni ener-geticamente autosufficienti “net-zero energy” in grado di auto-produrre tutta l'energia neces-saria e di consumarla in modoestremamente efficiente.Addirittura si pensa che in futu-ro, su base annua, una casa“net-zero energy” dovrebbe es-sere in grado di produrre piùenergia di quanta ne consuma.Le “tecnologie abilitanti” utiliz-

zate comprendono i pannelli so-lari fotovoltaici, sistemi di gene-razione a celle a combustibile ea microturbina, questi ultimi ali-mentati con biomasse, sistemiavanzati per l'accumulo dell'e-nergia elettrica e termica.Queste case serviranno a mo-strare concretamente l’impor-tanza delle più avanzare tecno-logie oggi disponibili o emer-genti e che saranno commercia-lizzabili entro il 2010.

FORESTE TROPICALI E CO2

Gli alberi assorbono anidridecarbonica attraverso la fotosin-tesi, ma devono anche continua-mente respirare il gas.Fino a un decennio fa si ritenevache i due processi si bilancias-sero. Ora si è osservato chenegli anni più caldi, gli alberi diuna foresta pluviale crescono dimeno e quindi rilasciano grandiquantità di CO2. Questo lasciapensare che i tropici potrebberopresto diventare una grandesorgente di gas serra (anzichéassorbirli) e che quindi le tem-perature globali, a loro volta,tenderebbero a salire molto piùvelocemente di quanto stimatofinora.Le variazioni annuali di gasserra rilasciato nell’atmosferadelle zone tropicali, misurate inoltre un decennio da ecologistatunitensi dell’Università delMissouri in una stazione biologi-ca del Costa Rica, sono andatedi pari passo con la crescitadelle piante.In altre parole, la minore cresci-ta, dovuta anche alla combina-zione con incendi, deforestazio-ne e altri processi, sta trasfor-mando le foreste tropicali in unasorgente di anidride carbonicanegli anni più caldi. E quindi iltemuto effetto serra potrebbeprocedere ad una velocità mag-giore del previsto.

CRONACHE

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NUOVA MACCHINA PER LAFUSIONE NUCLEARE La “Z machine”, una macchinasviluppata per conto del Dipar-timento dell’Energia USA, è riu-scita a creare un plasma caldoe denso che produce neutronitermonucleari e la reazione difusione riesce ad autososte-nersi.Finora le reazioni si ottenevanoconfinando plasma a bassa den-sità all’interno di enormi campimagnetici, come fanno i toka-mak, oppure focalizzando inten-si raggi laser su un bersaglio,come nella fusione al laser.La “Z machine” fa avvenire lareazione di fusione attraversograndi impulsi elettrici checreano un intenso campo ma-gnetico che, a sua volta, produ-

dal MONDO

Nuova macchina per lafusione nucleare

Case a consumo zero

Foreste tropicali e CO2

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1990 al 2001 ha ridotto soltantodel 2,3% le sue emissioni di gasserra (grazie solo ad alcunipaesi come Lussemburgo, Sve-zia, Gran Bretagna e Germania)ed è ancora lontana dagli obiet-tivi di Kyoto, perchè manca an-cora da ridurre il 5,7% delleemissioni complessive europeerispetto all’obiettivo dell’8% pre-visto al 2010. Ma il fatto più ecla-tante è che anche per il 2001,così come era accaduto nel2000, le emissioni di gas serra,in Europa, invece di ridursi stan-no aumentando al ritmo dell’1%per anno (vedi tabella).Tra i paesi più “indisciplinati”:Austria, Belgio, Danimarca, Fin-landia, Grecia, Irlanda, Italia,Olanda, Portogallo e Spagna.Irlanda e Spagna, allo stato attua-le, devono ridurre le loro emis-sioni di circa il 18% per rientrarenegli obiettivi di Kyoto. L’Italia,che sta aumentando le sue emis-sioni dello 0,3% per anno, deveora ridurle del 13,6% per rag-giungere l’obiettivo previsto. Tra i“buoni” vi sono: Francia, Ger-mania, Gran Bretagna, Lussem-burgo e Svezia. Il più buono ditutti è il Lussemburgo che ha ri-dotto le sue emissioni di ben il44% andando al di sotto dell’o-biettivo di Kyoto di oltre il 16%.Analogamente la Svezia è andata

al si sotto del suo obiettivo dicirca il 7%, mentre i rimanenti“buoni” hanno già raggiunto, oquasi raggiunto, i loro obiettivi.

CARBONE E SVILUPPOENERGETICO L’Assocarboni, un’associazioneinternazionale delle imprese car-bonifere, ha contestato lo scena-rio energetico della recente rela-zione della Commissione euro-pea “Prospettive per la politicamondiale in materia di energia,tecnologia e clima” (vedi pag.103).Confermando le previsioni di unraddoppio del consumo energe-tico mondiale nei prossimitrent’anni, vengono contestate leaffermazioni secondo le qualil’ampliamento della rete di distri-buzione del gas consentirebbedi soddisfare il crescente fabbi-sogno energetico mondiale. Ilgas, infatti, non rappresenta la so-luzione migliore, a causa deglioligopoli regionali dei produttori;in particolare per l’Europa, il gasverrà importato principalmenteda due paesi non europei, laRussia e l’Algeria, e ciò compor-terà una crescente dipendenzadalle importazioni ed una politi-ca dei prezzi del gas onerosa.La soluzione migliore consiste-rebbe in una combinazione bi-lanciata di carburanti, che per-metterebbe di evitare la dipen-denza da un’unica risorsa ener-getica. E il carbone deve farparte di questa combinazioneper una serie di ragioni valide: lasua ampia disponibilità in oltre110 paesi, la durata delle sue ri-serve per un periodo superioreai 270 anni e la convenienza delprezzo dovuta alla diversità dellefonti di approvvigionamento. Nondimenticando che l’attuazionedelle tecnologie del carbone pu-lito ne garantirebbe un utilizzopiù ecologico, consentendo ditrattenere oltre il 90 per centodelle emissioni di gas nocivi.

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EMISSIONI DI GAS DI SERRAIN EUROPA L’Agenzia Europea per l’Am-biente fa sapere che l’UE dal

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dall’UNIONEEUROPEA

Emissioni di gasdi serra in Europa

Carbonee sviluppo energetico

Cambiamento Cambiamento ObiettiviAnno base 2001 2000-2001 anno base al 2008-12

Stati membri (Mt) (Mt) (%) 2001 (%) (%)

Austria 78,3 85,9 4,8 9,9 –13,0

Belgio 141,2 150,2 0,2 6,3 –7,5

Danimarca 69,5 69,4 1,8 –0,2 (–10,7) –21,0

Finlandia 77,2 80,9 7,3 4,7 0,0

Francia 558,4 560,8 0,5 0,4 0,0

Germania 1216,2 993,5 1,2 –18,3 –21,0

Grecia 107,0 132,2 1,9 23,5 25,0

Irlanda 53,4 70,0 2,7 31,1 13,0

Italia 509,3 545,4 0,3 7,1 -6,5

Lussemburgo 10,9 6,1 1,3 –44,2 –28,0

Olanda 211,1 219,7 1,3 4,1 –6,0

Portogallo 61,4 83,8 1,9 36,4 27,0

Spagna 289,9 382,8 –1,1 32,1 15,0

Svezia 72,9 70,5 2,2 –3,3 4,0

Gran Bretagna 747,2 657,2 1,3 –12,0 –12,5

EU-15 4204,0 4108,3 1,0 –2,3 –8,0

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PROGETTI DI MOBILITÀSOSTENIBILEIl pacchetto ’’Finanziamento aiComuni per la realizzazione dipolitiche radicali ed interventiintegrati per la mobilità sosteni-bile nelle aree urbane’’, previstodal Ministero dell’Ambiente, èstato oggetto di una pubblica-zione della Gazzetta Ufficiale del1° marzo 2003.A rientrare nella rosa dell’inizia-tiva ministeriale per un investi-mento globale pari a 34 milionidi euro saranno 25 città che sisono impegnate nel presentareecoprogetti di immediato inte-resse per l’ambiente.Il finanziamento più cospicuo,quasi 6 milioni di euro, andrà alComune di Reggio Emilia chetra le proposte per intervenire

su smog e traffico prevede il po-tenziamento della rete di moni-toraggio che verifica la qualitàdell’aria, la gestione attraversoun sistema satellitare di un servi-zio di scuolabus e trasporto di-sabili, l’innovativo trasporto sco-lastico a chiamata, e l’uso delbike-sharing.Nel progetto è anche contem-plato il rinnovo del parco busdando spazio a mezzi a bassoimpatto ambientale.

XIII SETTIMANA DELLACULTURA SCIENTIFICA ETECNOLOGICA

Si è svolta, dal 31 marzo al 6aprile, la XIII Settimana dellaCultura Scientifica e Tecnolo-gica. Il Ministero dell’Istruzione,Università e Ricerca ha sceltoper l’edizione 2003 quattro temidi grande attualità: il ruolo dellatecnologia per la riduzione deirischi da calamità naturali; lospazio europeo della ricerca,strumenti, obiettivi e programmiper la sua realizzazione; lascienza e la tecnologia per co-municare meglio e di più; dalDNA al Genoma umano, 50 annidi conquiste alla scoperta delmistero della vita.Quest’ultimo tema ha inteso ce-lebrare quella che viene consi-derata una tra le più importantiscoperte del secolo scorso, pa-ragonabile forse solo a quelladell’energia atomica, in quantoha consentito un enorme svilup-po delle conoscenze sulle basimolecolari della vita, le cui ap-plicazioni tecnologiche riguar-dano ormai capillarmente ogniaspetto dell’esistenza umana.Promuovere, perciò, la riflessio-ne sulle opportunità ed i benefi-ci per la salute pubblica, chederivano dallo sviluppo delle ri-cerche sulla genetica, nonché

sui dilemmi che il progressoscientifico pone alla coscienzaindividuale e collettiva, e anchesulla necessità di una collettivitàdi ricercatori sempre più coesae interessata a formare e infor-mare, ha rappresentato l’impe-gno intrapreso da enti, associa-zioni, scuole, università, fonda-zioni per la XIII Settimana.

CONSORZIO PERL'ATTUAZIONE DEL PNRA

L'atto costitutivo del Consorzioper il Programma Nazionale diRicerche in Antartide è stato fir-mato il 17 aprile.Il Consiglio di Amministrazione,costituito da Mario Zucchelli,(ENEA), Presidente, dai rappre-sentanti dei soci attuali, è forma-to per il primo anno da Ivo Alle-groni, del CNR, Ivo Grimaldi,dell’OGS, Tullio Pepe, dell’INGV;Direttore generale è AntoninoCucinotta (ENEA).Il Consorzio ha per oggetto l'at-tuazione del programma nazio-nale di ricerche in Antartide(PNRA), nel rispetto delle nor-me previste dal trattato sull'An-tartide, attraverso la program-mazione, il coordinamento e ilcontrollo di tutte le attività finan-ziate.Esso provvede anche alla ge-stione delle infrastrutture antar-tiche e nazionali connesse alPNRA, nonché polari in genere,e al coordinamento delle inizia-tive dei consorziati finalizzate al-l'esecuzione delle ricerche an-tartiche e polari.Al Consorzio possono parteci-pare Enti, Università, Istituti,Associazioni, Fondazioni, e altrisoggetti giuridici pubblici o pri-vati, aventi tra le proprie finalitàquelle della ricerca scientifica etecnologica, e le relative appli-cazioni.

dall’ITALIA

Progetti di mobilitàsostenibile

XIII Settimana dellaCultura Scientifica e

Tecnologica

Consorzio perl’attuazione del PNRA

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101ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

MITIGAZIONE DELLADESERTIFICAZIONE INSICILIAIl 13 marzo si è svolto, presso laFacoltà di Agraria dell’Universitàdi Palermo, il Seminario “Va-lutazione e mitigazione delladesertificazione in Sicilia” perpresentare i risultati degli studicondotti dall’ENEA.Per le sue caratteristiche clima-tiche e ambientali, la Sicilia è laregione italiana con la maggiorepercentuale di territorio a ri-schio di desertificazione.L'erosione, la salinizzazione e lasiccità costituiscono concreteminacce non solo allo sviluppoma anche al mantenimentodegli attuali livelli di qualità am-bientale e produttiva nella Re-gione. Le attività umane, disbo-

scamento, abbandono delle ter-re divenute improduttive, urba-nizzazione delle coste, spessoconcorrono a determinare lasensibilità del territorio sicilianoalla desertificazione e forse nesono proprio le cause principa-li. Oltre la Sicilia, la desertifica-zione interessa anche la Sar-degna, la Puglia, la Basilicata ela Calabria, per una percentualetotale di territorio pari al 12% diquello nazionale; e lo stesso siverifica per tutti i paesi del baci-no del Mediterraneo.Nell’ambito della Convenzionedelle Nazioni Unite per la Lottaalla Siccità e alla Desertifica-zione (UNCCD) esistono pro-getti di cooperazione che si pre-figgono di affrontare problemicomuni individuando strategiedi prevenzione e mitigazioneestese all’intera area mediterra-nea. L’ENEA è impegnato nel-l’attuazione del Programma diAzione Nazionale promosso dalMinistero dell’Ambiente, in at-tuazione dell’UNCCD, svolgen-do attività di ricerca, di valuta-zione e di mitigazione della de-sertificazione al fine di quantifi-care l’intensità e l’estensione deifenomeni e individuarne possi-bili soluzioni.

ADEGUAMENTO SISMICODEGLI EDIFICI Nel corso di una giornata dimo-strativa organizzata dall’ENEA edal Servizio Sismico Nazionaledella Protezione Civile, a con-clusione della campagna speri-mentale “Progetto sicuro”, ilCapo Dipartimento della Pro-tezione Civile, Guido Bertolasoe il Commissario Straordinariodell’ENEA, Carlo Rubbia, hannoassistito in diretta alle provesperimentali su “tavole vibranti”effettuate il 25 marzo presso i la-boratori del Centro Ricerchedella Casaccia.

Obiettivo delle prove è statoquello di verificare l’efficacia deisistemi di protezione sismica ap-plicati a edifici esistenti proget-tati con criteri non antisismici.Gli edifici protetti sottoposti aprove sono stati quelli di trepiani, rappresentativi della realtàitaliana, con protezioni sismicheconsistenti in isolatori in gomma-acciaio e in isolatori a scorri-mento con dissipatori-ricentrato-ri di energia in lega a memoriadi forma. Le prove, su edifici rea-lizzati in scala 1 a 4, sono consi-stite in azioni sismiche con movi-menti ondulatorio e ondulatorio-sussultorio, fino ad arrivare aduna accelerazione massimadella tavola vibrante pari a 1,5volte quella di gravità. Gli edificiprotetti hanno sopportato le sol-lecitazioni massime (pari a 4volte il terremoto di Colfiorito del1997) senza subire danni; lo stes-so modello di edificio, che nonera stato adeguato sismicamen-te, è collassato con scosse pari a0,8 l’accelerazione di gravità.Una tavola rotonda, conclusivadella giornata, ha evidenziato lastringente attualità del proble-ma di adeguamento sismicodelle strutture pubbliche a livel-lo nazionale, che va affrontato in-sieme alla diffusione di una cul-tura più generale della sicurez-za sismica, vista anche come sti-molo all’innovazione ed allo svi-luppo economico e come fattoreper un’occupazione qualificata.Dal dibattito è emerso che granparte del patrimonio edilizio ita-liano situato in zone attualmenteclassificate sismiche non è statoprogettato e costruito con criteriantisismici. Circa la metà degliedifici per abitazione in cemen-to armato costruiti in zone sismi-che è progettato per sosteneresolo carichi verticali di esercizio,e si stima una percentuale simileper gli edifici pubblici (scuole,ospedali, uffici, caserme ecc.).

dall’ENEA

Mitigazionedella desertificazione

in Sicilia

Adeguamento sismicodegli edifici

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102 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

PRODUZIONE E RICICLO DELVETRO

La raccolta, la differenziazioneper materiali e gli obiettivi mini-mi di riciclo sono stati i temiprincipali della conferenza datiorganizzata, l’8 maggio a Roma,da Assovetro e da Co.Re.Ve., ilConsorzio per il recupero delvetro.La produzione di contenitori invetro è cresciuta negli ultimi cin-que anni di oltre il 9% e si è ve-rificata anche un’apprezzabilecrescita del numero di tonnella-te di vetro riciclato. Tale crescita,frutto dell’impegno e dell’orga-nizzazione del sistema indu-striale, avrebbe dato tuttavia ri-sultati più significativi se tutte leamministrazioni comunali aves-

sero adottato il sistema dellaraccolta monomateriale.Se nel 2002 sono state recupe-rate, con gli attuali sistemi diraccolta, oltre 1 milione di ton-nellate di vetro, pari a oltre il51% del consumo nazionale,con la raccolta monomaterialela percentuale di recupero sa-rebbe salita a oltre il 57%, rag-giungendo un valore molto vici-no a quello imposto dall’UnioneEuropea per il 2008.Gli industriali del vetro da moltotempo ormai esercitano unaforte pressione affinché questomodello di raccolta, il più diffusoin Europa, possa diffondersi ca-pillarmente soprattutto in vistadei possibili scenari europeiche potrebbero creare nuoviimpegni per l’industria italianaproduttrice di vetro cavo.E in questa ottica, accanto allaraccolta monomateriale, si fastrada, ed è in sperimentazionein una zona di Roma, la raccoltadifferenziata per colore, giàadottata in molti paesi europei,che favorisce le vetrerie pro-duttrici di imballaggi di vetrobianco.

PREMIO “OSCAR MASI” 2002L’AIRI (Associazione Italiana perla Ricerca Industriale) indice damolti anni il premio “OscarMasi” per l’innovazione indu-striale.Il tema specifico per il 2002 èstato: “Tecnologie energeticheper uno sviluppo sostenibile”. Aseguito della selezione svolta daun’apposita giuria, composta darappresentanti del MIUR, MAP,CNR, ENEA, Sanpaolo-IMI, AIRIe da tre docenti universitari dichiara fama del settore, il pre-mio è stato assegnato all’innova-zione sviluppata dai ricercatoridel Centro Ricerche Fiat (CRF)per il sistema di propulsione del

veicolo GAS-DRIVER.Il veicolo integra, in modo intel-ligente, tre tipi di innovazioni ra-dicali sviluppate negli anni pas-sati: il cambio robotizzato, ilmotore a metano, il motogene-ratore elettrico.Il premio ha inteso riconoscerela passione e la capacità dei ri-cercatori FIAT di integrare fraloro le competenze di diversearee tecnologiche ed organizza-tive: motori, veicoli, elettronica,sistemi elettrici, informatica,“project management” e gestio-ne dei costi.

GIORNATA MONDIALEDELL’ACQUALa gestione sostenibile delle ri-sorse idriche rappresenta unadelle più importanti sfide che lacomunità internazionale è chia-mata ad affrontare.Il libero accesso ad acqua sicu-ra e pulita è un prerequisito fon-damentale per la sopravviven-za, per il benessere e per lo svi-luppo socio-economico a livellomondiale.La Giornata Mondiale dell’Ac-qua è stata celebrata anchequest’anno, il 21 marzo, in Italiacon diverse iniziative.L’Accademia dei Lincei ha orga-nizzato a Roma un convegnoche ha affrontato il tema della“siccità in Italia”, come impegnoconcreto per avviare politicheambientali adeguate.Infatti, benché il nostro Paese sicollochi tra le nazioni ricche diacqua, le recenti crisi idrichenel Mezzogiorno hanno eviden-ziato come la irregolarità delleprecipitazioni, la dispersionelungo le reti di distribuzione,l’inquinamento delle falde, im-pediscano a quasi un sesto dellanostra popolazione di raggiun-gere il fabbisogno idrico mini-mo durante i mesi estivi.

INCONTRI

Produzione e riciclodel vetro

Premio “Oscar Masi”2002

Giornata Mondialedell’Acqua

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ANTARTIDE:AI CONFINI DEL MONDODalla immaginazione allaconoscenza

Bruno MarsicoENEA, dicembre 2002pagine 86, euro 25,00

Il continente antartico è stato rag-giunto dall’uomo poco più di unsecolo fa, ma ancora oggi è ingran parte inesplorato e poco co-nosciuto dalla maggior partedelle persone. L’idea di un Con-tinente Australe ha avuto originedai filosofi greci, i quali ne imma-ginarono l’esistenza, necessaria,secondo loro, a bilanciare le mas-se dei continenti noti dell’emisfe-ro boreale. L’avvicinamento, l’av-vistamento e il primo sbarco sonostati poi condizionati dall’evolu-

zione delle tecniche di costruzio-ne navale e dei sistemi di naviga-zione. Queste pagine si propon-gono di ripercorrere le tappe ditale evoluzione, fino all’avventodell’aereo e dei mezzi meccaniz-zati per impieghi esplorativi.

COMBUSTIBILI LEGNOSICalore sostenibile per gliedifici pubblici e residenziali.Informazioni tecniche di base

ENEA, 2002pubblicazioni gratuite

L’Unione Europea, per incenti-vare l’uso delle fonti rinnovabilidi energia, ha fissato una seriedi obiettivi specifici a breve elungo termine. Per quanto ri-guarda le biomasse, in partico-lare i combustibili legnosi, l’o-biettivo è quello di introdurre,entro il 2003, sistemi di riscalda-mento di edifici pubblici e resi-denziali privati per complessivi2.000 MW termici.A tal fine diversi paesi europei,soprattutto dell’arco alpino escandinavi, hanno promosso ilprogetto Bioheat, una campagnapromozionale parzialmente fi-nanziata dalla Commissione Eu-ropea nell’ambito di Altener, ilprogramma di promozione dellefonti energetiche rinovabili.Il progetto Bioheat si è concre-tizzato, tra l’altro, in campagneinformative sia attraverso inter-net (www. bioheat.info), sia at-traverso pubblicazioni divulgati-ve destinate, in particolare, aiComuni e alle Regioni ove siproducono combustibili legnosi.L’ENEA, partner italiano del pro-getto Bioheat, ha realizzato treopuscoli divulgativi:• “Combustibili legnosi calore

sostenibile per gli edifici pub-blici”;

• “Combustibili legnosi caloresostenibile per gli edifici resi-denziali”;

• “Riscaldamento dei grandiedifici con combustibili le-gnosi - Informazioni tecnichedi base”.

Gli opuscoli sono distribuitigratuitamente a richiesta degliinteressati e sono dedicati ainformare sui moderni sistemidi riscaldamento a legna, moltodifferenti dai vecchi camini ostufe. Le nuove caldaie utilizza-no infatti tecnologie pulite, effi-cienti e comode e brucianocombustibili legnosi apposita-mente preparati.Negli opuscoli vengono presen-tati casi di successo nel nostroPaese e vengono illustrate lecondizioni necessarie per ripe-tere quelle positive esperienze.

WORLD ENERGY,TECHNOLOGY AND CLIMATEPOLICY OUTLOOK

WETO 2030Commissione Europea, 2003,pagine 138, euro 20

Nel 2030 il consumo mondialedi energia risulterà raddoppia-to; tra le fonti energetiche conti-nueranno a predominare i com-bustibili fossili, in particolare ilpetrolio, e le emissioni di anidri-de carbonica saranno quasi duevolte superiori al 1990.Lo studio, effettuato da un con-sorzio, fra cui ENERDATA eCNRS-IEPE in Francia, il BureauFédéral du Plan in Belgio e ilCentro comune di ricerca dellaCommissione a Siviglia, Spa-gna, mette in discussione l'im-patto a lungo termine delle mi-sure ambientali per quanto ri-guarda la riduzione dei gas adeffetto serra e il più accentuatoricorso alle fonti di energia rin-novabili.Si prevede che i Paesi in via disviluppo incideranno in notevo-le misura sul quadro globale,rappresentando oltre il 50%

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103ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

LETTURE

Antartide:ai confini del mondo

Combustibili legnosi

World Energy,Technology and Climate

Policy Outlook

Pianificazione econtrollo di gestione

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della domanda mondiale dienergia e un corrispondente li-vello di emissioni di CO2.Inoltre, rispetto alle cifre del1990, il contributo degli USAalle emissioni di CO2 sarà au-mentato del 50% rispetto ad un18% dell'Unione Europea.L'Europa dipenderà sempre piùdal gas come fonte energetica,ma la produzione sarà concen-trata nell'ex Unione Sovietica enel Medio Oriente, aumentandocosì la dipendenza energeticadei paesi europei.Per salvaguardare le fonti diapprovvigionamento energeti-co e gli impegni formulati aKyoto, l'Europa deve intensifi-care il lavoro di ricerca, e ilnuovo programma quadro diricerca dell'UE – come ha di-chiarato il Commissionario eu-ropeo per la Ricerca, PhilippeBusquin – deve essere perse-guito come propulsore per ini-ziative imperniate sulle fonti dienergia rinnovabili, le celle acombustibile e la tecnologiadell’idrogeno.

PIANIFICAZIONE ECONTROLLO DI GESTIONE

Roberto Antonio Di MarcoFrancoAngeli, 2002pagine 350, euro 28,00

Pianificazione e controllo di ge-stione delle attività sono gli ele-menti essenziali per l’attuazionedelle decisioni strategiche equindi dell’andamento di unaimpresa privata o di un entepubblico. Scrive Carlo Rubbianella presentazione del volume:”Pianificare e programmare nonsono attività naturali, anche se vipossono essere persone chesono più di altre portate e di-sponibili verso queste attività. Inogni caso esse richiedono unosforzo. Tale sforzo deve esserestimolato, indirizzato, coordinatoe reso più agevole da un puntodi vista realizzativi: in questosenso sono utili dei sistemi for-mali di pianificazione e controllodi gestione, caratterizzati da uninsieme di procedure, metodo-logie e strumenti informatici”.

Con questo lavoro, l’autore, sfor-zandosi di trovare un giustoequilibrio tra tecnicismo ed esi-genza di divulgazione, intenderivolgersi ad una platea ampiaed eterogenea composta da altidirigenti, addetti al mestiere, stu-denti e neofiti; ad essi offre lapossibilità di rendere più facil-mente comprensibili le proble-matiche e gli aspetti che caratte-rizzano il tema del processostrategico di pianificazione econtrollo aziendale in un conte-sto dinamico segnato da continuimutamenti tecnologici (internet)e sociali (globalizzazione).Le numerose soluzioni prospet-tate – alcune delle quali efficace-mente verificate in un ambientedi ricerca e sviluppo comel’ENEA – sono tutte caratterizza-te da una forte spinta innovativae spaziano dai sofisticati am-bienti dedicati alle più avanzateattività di laboratorio per la ri-cerca, a realtà simili a studi di in-gegneria, a realtà confrontabilicon la migliore pubblica ammi-nistrazione, centrale e locale.

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104 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/03

CEDOLA DI COMMISSIONE LIBRARIA FABIANO srlRegione S. Giovanni 2/b - 14053 Canelli (AT) - Tel. 0141 822557e-mail: [email protected] - www.fabianogroup.com

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