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EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Esselibri - Simone ® STORIA ECONOMICA 200/5 COLLANA TIMONE ESAMI e CONCORSI ELEMENTI DI Estratto della pubblicazione

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EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Esselibri - Simone

®

STORIAECONOMICA

200/5COLLANA TIMONE

ESAMI e CONCORSI

ELEMENTI DI

Estratto della pubblicazione

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Vietata la riproduzione anche parziale

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Ai lettori di questo volume segnaliamo:

LX33 • Le parole della Storia Economica34 • Storia economica

44/4 • Compendio di microeconomia44/5 • Compendio di macroeconomia582 • Dizionario di economia politica

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.itove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati

Finito di stampare nel mese di ottobre 2007dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)

per conto della Esselibri S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - (Na)

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Il volume sviluppa in modo semplice ed esauriente gli aspetti economicidella storia del mondo dalla rivoluzione industriale ai nostri giorni. Par-ticolare attenzione è, inoltre, dedicata agli effetti dell’integrazione econo-mica dei Paesi appartenenti all’Unione europea.

Il testo si articola nel modo seguente:

— Parte prima: Dalla Rivoluzione industriale alla crisi del 1970;— Parte seconda: Dalla Grande Depressione alla prima Guerra mondiale;— Parte terza: L’economia tra le due Guerre mondiali;— Parte quarta: L’economia internazionale dopo Bretton Woods;— Parte quinta: Problemi economici contemporanei.

Come gli altri libri della collana «Last minute», Elementi di Storia eco-nomica è indirizzato agli studenti universitari che necessitano di un suppor-to didattico per un veloce ripasso della materia.

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PARTE PRIMADALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

ALLA CRISI DEL 1870

Capitolo Primo: L’Europa preindustriale ............................. Pag. 7

Capitolo Secondo: La rivoluzione demografica, agraria, in-dustriale e dei trasporti in Gran Bretagna .................... » 14

Capitolo Terzo: La rivoluzione industriale in Europa ......... » 29

Capitolo Quarto: La condizione sociale nella seconda metàdell’Ottocento ................................................................... » 50

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CAPITOLO PRIMO

L’EUROPA PREINDUSTRIALE

1. Caratteri dell’economia preindustriale. - 2. Le scoperte geografiche e lo sviluppodei commerci. - 3. La nascita della borghesia. - 4. L’età delle rivoluzioni borghesi.

1. CARATTERI DELL’ECONOMIA PREINDUSTRIALE

La società preindustriale europea era caratterizzata dalla divisione trala ricchezza concentrata nelle mani di pochi e la miseria nella quale vivevala maggior parte della popolazione.

La povertà diffusa, i bassi livelli di aspettativa di vita e l’economia disussistenza caratterizzarono il periodo precedente all’avvento della rivolu-zione industriale. «La vita ai margini della sussistenza era il destino inevita-bile per la maggior parte della popolazione» (MATHIAS).

I movimenti di reddito erano garantiti da forme di scambio arcaiche:donazioni, doti, vincite al gioco, rapine e saccheggi. Il risparmio, sottrattoalle categorie più povere, veniva accumulato sotto forma di moneta metalli-ca e tesoreggiato, con evidenti effetti negativi per gli scambi commerciali(BALLETTA). La concentrazione di ricchezze favoriva l’investimento delsurplus in beni di lusso, ma soprattutto in opere monumentali e poco pro-duttive: abbazie, cattedrali, palazzi, lavori di fortificazione (CIPOLLA).Nell’economia della società preindustriale un ruolo importante era esercita-to dalla Chiesa, come ente temporale e spirituale.

Il potere della Chiesa derivava dall’amministrazione del suo vasto patrimonio, continua-mente alimentato da lasciti, donazioni e decime. Per valutare l’entità di questo potere econo-mico basti pensare che attorno al 1530 il reddito dei monasteri inglesi era quasi il doppio diquello della Corona.

Lo stato di arretratezza economica di questa società è più comprensibilese si analizzano i singoli fattori della produzione.

A) Lavoro

Il settore primario (agricoltura) era nettamente prevalente. Circa il 70%(in alcuni paesi anche il 90%) della popolazione era impiegata nelle attività

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Parte Prima - Dalla rivoluzione industriale alla crisi del 18708

agricole, tanto che la società preindustriale può essere definita anche rurale.In Inghilterra, che con la Francia e i Paesi Bassi era uno dei paesi più ricchi eavanzati del mondo, l’agricoltura rappresentava metà del reddito nazionale.Tuttavia la produttività di questo settore non era elevata, ma anzi piuttostostagnante poiché i miglioramenti erano lenti e discontinui (GIURA).

Il resto della popolazione attiva si divideva tra attività artigianali, mer-cantili e servizi. Lo sviluppo industriale era limitato al settore tessile, a quelloalimentare e a quello delle costruzioni edilizie. Una quota non trascurabiledi persone ricopriva cariche religiose (in Italia, ad esempio, il 2% della po-polazione era composto da preti o suore).

B) Capitale

Nel complesso in quasi tutti gli ambiti la quantità di capitale fisso (case,macchinari, attrezzi etc.) era scarsa, più consistente nel settore tessile (inparticolare nelle Fiandre e nell’Italia centro-settentrionale), nei trasporti enelle estrazioni minerarie. Le difficili congiunture economiche, il susse-guirsi di calamità naturali rendevano necessaria un’abbondanza di capitalecircolante (materie prime, lavorati, prodotti finiti). Ma erano soprattutto lescarse possibilità di comunicazione a obbligare la gente a crearsi copiosescorte di prodotti.

C) Risorse

Lo sfruttamento delle risorse naturali avveniva in modo indiscriminatosoprattutto nell’agricoltura, dove i sistemi di rotazione richiedevano tempimolto lunghi. L’inadeguato sfruttamento delle terre e la bassa produttivitàdeterminavano una scarsità complessiva, prima caratteristica della povertà.

Nelle società pre-mercantili, il valore del suolo dipendeva principalmentedalla sua attitudine a soddisfare consumi locali che scaturivano da bisogniprimari (nutrirsi e vestirsi) o simbolico-culturali (riti religiosi e feste).

D) Demografia

L’andamento demografico del continente europeo era altalenante. L’ele-vata mortalità, a seguito di carestie, epidemie e fenomeni catastrofici, ridu-ceva periodicamente i livelli di popolazione Per esempio, i 70-80 milioni diabitanti raggiunti nel XIV secolo scesero nel 1450 a 50 milioni (GUARRA-CINO). Il notevole incremento registrato a partire dal XVI secolo sarà de-terminato, oltre che da una riduzione della mortalità, anche dalla crescitadei tassi di natalità.

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9Capitolo Primo - L’Europa preindustriale

2. LE SCOPERTE GEOGRAFICHE E LO SVILUPPO DEI COM-MERCI

A) Le nuove terre

Nel 1492 il genovese Cristoforo Colombo, finanziato dai reali di Spa-gna, raggiunse le isole dell’America centrale credendo di toccare le estremepropaggini del continente asiatico. Furono proprio i regni di Spagna e delPortogallo a dividersi in un primo momento le nuove terre lungo il 46° me-ridiano con il trattato di Tordesillas (1494) che istituiva una raya (riga) diconfine per determinare le due sfere di influenza e di colonizzazione (BollaInter caetera di Papa Alessandro VI Borgia).

A questi viaggi fece seguito una serie di spedizioni tra le quali si ricordano le imprese delveneziano Giovanni Caboto, che raggiunse le isole al largo del Canada (1496-97); la circum-navigazione dell’Africa compiuta da Vasco de Gama (1498); il viaggio del fiorentino Ameri-go Vespucci, il primo a rendersi conto che le nuove terre ad ovest erano un altro continente(1502) e la prima circumnavigazione del mondo ad opera del portoghese Ferdinando Magel-lano (1519-21). Tra i tentativi fatti per individuare un passaggio per le Indie a nord-ovest siricordano quelli di Sebastiano Caboto — figlio di Giovanni — (1509) e del francese JacquesCartier che tentò, invano, di risalire il fiume S. Lorenzo (1534).

B) Gli imperi coloniali

Alla scoperta delle nuove terre seguì la conquista da parte degli europeiche si precipitarono a ricavarne quanti più benefici economici potevano.

Il Portogallo acquisì il pieno dominio dell’Oceano Indiano, scalzando Venezia dal mono-polio dei prodotti orientali. Tuttavia il predominio portoghese si fondava solo su basi commer-ciali terrestri senza spingersi nell’entroterra (le piazzeforti di Goa, Macao, Giava e altre disse-minate in modo strategico sulle rotte commerciali). Ma la potenza economica portoghese ven-ne ben presto sopraffatta dall’intraprendenza dei navigatori inglesi e olandesi.

La Spagna iniziò la costruzione del suo impero coloniale nell’America centrale e meri-dionale per mezzo dei conquistadores che non esitarono a imporre la forza delle armi e delterrore. In seguito alle spedizioni di Cortéz, Pizarro e di altri le fiorenti civiltà centro e sudame-ricane degli Aztechi, dei Maya e degli Incas scomparvero.

La scoperta del nuovo continente fu densa di conseguenze per la vitaeconomica e sociale del vecchio e del nuovo mondo. Numerose specie dipiante e di animali furono portati in America insieme a grandi flussi dischiavi negri provenienti dall’Africa Nera. Ma prodotti assolutamentenuovi per l’Europa — oltre ai metalli preziosi — furono importati dalleAmeriche (tabacco, cioccolata, patata, mais, chinino, pomodoro, noccioli-ne, tacchino).

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Inghilterra, Paesi Bassi e Francia parteciparono in misura minore al-l’iniziale movimento espansionistico. La massa terrestre dell’America set-tentrionale era l’unica non ancora sfruttata, così mentre i Francesi esplora-vano il Canada, gli Inglesi e gli Olandesi esplorarono il territorio dei futuriStati Uniti. Soltanto nel XVII secolo, tuttavia, tali territori si popolarono.Per questo motivo le suddette nazioni si inserirono nei percorsi commercia-li già battuti da Portoghesi e Spagnoli, arrivando fino al saccheggio dei lorogaleoni. I commerci con i territori dell’Oriente divennero molto contesi tan-to da scatenare nei due secoli a venire una serie di conflitti commerciali ebellici che vedranno prevalere l’Impero Britannico (in India e in Indocina)sulla Francia e l’Olanda.

C) Le conseguenze economiche

Una conseguenza epocale della conquista dei nuovi territori fu lo spo-stamento del centro della vita commerciale dal Mediterraneo alla costaatlantica. Uno degli effetti più importanti dell’espansione coloniale fusenz’altro il forte impulso dato alla crescita economica dell’Europa con leimportazioni. Le regioni d’oltremare costituivano un vastissimo mercatoper ogni specie di prodotti dei paesi colonizzatori, ma grazie ai nuovi pro-dotti era possibile impiantare anche nuove industrie.

Una enorme quantità di oro e argento affluì nei paesi europei (la quantitàtriplicò dal 1500 al 1650) facendo crescere i prezzi delle merci (inflazione).

Quali fattori scatenarono la rivoluzione dei prezzi del XVII secolo?Oltre all’importazione dei metalli preziosi dal Nuovo Mondo, tra gli altri fattori dell’incremen-to dei prezzi è da considerare altrettanto importante la crescita demografica dell’epoca, chefece aumentare sensibilmente la domanda di mercato: non potendo soddisfare le accresciuteesigenze della popolazione con le scarse risorse disponibili fu inevitabile un rapido incrementodei prezzi.

Questo fenomeno — che si è soliti definire rivoluzione dei prezzi —provocò una riduzione del valore della moneta, comportando uno stravolgi-mento dei rapporti tra debitori e creditori, tra risparmi e investimenti.

In termini finanziari il colonialismo provocò cambiamenti nell’organiz-zazione degli affari. Per finanziare le grandi imprese nacquero le primesocietà per azioni e le pratiche bancarie furono dinamizzate. L’infittirsi del-la rete di traffici aveva attribuito un ruolo crescente alla gestione specializ-

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11Capitolo Primo - L’Europa preindustriale

zata del credito, in cui si distinsero i banchieri italiani e tedeschi. Le nuoveimprese commerciali facevano fronte al fabbisogno di capitali associandogli imprenditori, che divenivano titolari di una quota della compagnia. Ilvantaggio di questa forma di società era la possibilità di attingere ai rispar-mi di un gran numero di persone che disponevano di capitali liquidi, racco-gliendo così le somme occorrenti. Una società di questo tipo fu la Compa-gnia inglese delle Indie orientali (East India Company ), costituita nel 1600,che, in cambio del monopolio commerciale, ebbe il compito di adempiereagli atti di governo nelle regioni sotto la sua giurisdizione.

3. LA NASCITA DELLA BORGHESIA

Con la formazione dei grandi Stati nazionali, e con la rivoluzione eco-nomica conseguente alle scoperte geografiche la classe degli industriali,dei mercanti, dei banchieri conquistò un prestigio sempre maggiore. Men-tre la casta feudale rimaneva legata alle forme economiche del passato, icomponenti di questi ceti erano quasi esclusivamente borghesi.

I primordi della borghesia sono legati allo sviluppo della realtà urbana ealla rinascita mercantile.

La borghesia, al contrario dell’aristocrazia terriera, non si limitava adaccumulare ricchezze, ma aspirava a progredire intellettualmente e di assu-mere un ruolo politico adeguato alla sua importanza economica.

La nascita del capitalismo è dovuta non solo a fattori economici maanche alla diffusione dell’etica protestante.

La riforma protestante avviata dal monaco tedesco Martin Lutero (1483-1546) ebbe un’ecoprofonda nei paesi del Nord-Europa che vedevano nell’adesione alla Riforma un modo persottrarsi all’autorità del Sacro Romano Impero.

In Svizzera il protestantesimo trovò terreno fertile prima con Hulrich Zwingli e poi con Gio-vanni Calvino: il calvinismo, che coniugava misticismo e spirito pratico, si configurava come lareligione più consona alle aspirazioni della borghesia mercantile e si affermò in molti paesi europei.

Fu proprio nei paesi toccati dalla Riforma (Inghilterra, Fiandre, e in parte Francia) che lestrutture agricole e le corporazioni medievali scomparvero prima. Viceversa, gli Stati italiani,la Spagna, il Portogallo e la Turchia si avviarono verso una progressiva decadenza in mancan-za di un ceto medio forte e dinamico.

I valori esaltati da Lutero, e ancor più da Calvino, caratterizzavano la nuova mentalità incontrasto con la società tradizionale.

In Europa la rapida ascesa dei ceti borghesi ebbe fino alla fine del Cin-quecento conseguenze di tipo economico e sociale ma non politico, essen-

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Parte Prima - Dalla rivoluzione industriale alla crisi del 187012

do il potere ancora accentrato nelle mani delle dinastie regnanti. Del restofurono gli stessi principi a favorire lo sviluppo delle attività tipicamenteborghesi (commercio, industria e investimenti di capitale) contro l’aristo-crazia fondiaria.

Sul piano tributario la borghesia contribuì in maniera rilevante alla crescitaeconomica de reami e la sua importanza si evidenziò anche in campo culturale.

Il crescente connubio tra borghesia e monarchia produsse un sistema dipolitica economica noto come mercantilismo.

La svolta decisiva nella storia del «terzo stato» si ebbe quando la suaintesa con il potere monarchico si ruppe e si realizzò un rovesciamentodelle alleanze: il Re si riconciliò con l’aristocrazia, mentre la borghesia sischierò con le masse contadine, che, una volta trascinate nel conflitto, pro-dussero episodi che andavano oltre gli intenti della borghesia (le rivolte deilevellers inglesi e le jacqueries francesi).

4. L’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI BORGHESI

Con le rivoluzioni inglesi del Seicento si aprì il conflitto che si concluderàcon la Rivoluzione Francese (1789), la definitiva caduta dell’ancien régimee l’ascesa politica della borghesia. La lunga crisi politica del vecchio sistemacolpì innanzitutto le grandi costruzioni imperiali del Cinquecento.

Il gigantismo dei regni maggiori (Spagna, Regno Asburgico, Portogallo)creava difficoltà economiche insormontabili. Ad emergere, così, furono gliStati (Olanda e Inghilterra) in cui l’assolutismo monarchico usciva sconfitto.

Dopo una lunga guerra (1566-98) l’Olanda diventò repubblica, sottraendosi al dominiospagnolo, mentre poco dopo una sanguinosa rivoluzione si scatenò in Inghilterra (1640-49),concludendosi con la proclamazione della repubblica e la prima condanna a morte di un re(Carlo I). Mentre la Spagna, dopo un tentativo di unificazione con il Portogallo, si avviava sullastrada del declino, con la conclusione della guerra dei trent’anni (1618-48) falliva il tentativodegli Asburgo di costituire un Impero germanico unito. L’unica monarchia che uscì rafforzata daltravagliato XVII secolo fu la Francia del dinamico Luigi XIV, che dovette ugualmente affrontarela rivolta antistatale della Fronda (1648-52). La via dell’assolutismo venne definitivamente scon-fitta in Inghilterra con una seconda Rivoluzione (1688), a seguito della quale la monarchia britan-nica — ritornata al potere nel 1660 — raggiunse un compromesso sulla strada della modernizza-zione economica e politica con la borghesia agraria e commerciale.

Nonostante tutti questi fermenti bisognerà attendere la fine del XVIII secoloper osservare dei rivolgimenti definitivi nelle gerarchie del potere politico.

La prima rivoluzione che operò in tal senso fu quella per l’indipenden-za americana (1775-83).

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13Capitolo Primo - L’Europa preindustriale

La Rivoluzione che rappresenta il simbolo dell’ascesa della borghesia,però, è senz’altro quella francese (1789-1792), che servì da modello a tuttele rivoluzioni che caratterizzarono il XIX secolo e segnarono la definitivaaffermazione della borghesia (e dei suoi valori: liberalismo e liberismo).

GlossarioCapitale: uno dei quattro fattori della produzione che concorrono alla determinazione delreddito. Si è soliti, comunque, includere nel capitale tutti i beni, finiti o intermedi, e lestrutture impiegate nella produzione (impianti, fabbricati, macchinari ecc.) e che sono statioggetto essi stessi di produzione.Si distingue il capitale circolante, che trasferisce il suo valore nel prodotto nel corso di unsolo ciclo produttivo, dal capitale fisso con il quale tale trasferimento avviene per più cicli.

Fattori della produzione: risorse (input) utilizzate dall’impresa per la produzione di benie servizi (output).I fattori di produzione vengono tradizionalmente classificati (e tale classificazione è dovutaa J.B. Say) come terra, lavoro e capitale; a queste tre categorie viene spesso aggiunta comefattore produttivo anche la capacità organizzativa.

Importazioni: flusso di merci o servizi introdotte nel territorio nazionale a titolo oneroso ogratuito.Le importazioni consentono ad un paese di rifornirsi di risorse alimentari, tecnologiche e dimaterie prime, in quantità sufficiente a soddisfare la domanda interna.La volontà di limitare le importazioni trova riscontro nella necessità di non compromettereeccessivamente l’equilibrio della bilancia commerciale, cioè di non alterare in negativo ilrapporto con le esportazioni.

Mercantilismo: corrente di pensiero sviluppatasi tra il XVI e XVII secolo che influenzònotevolmente la politica economica della Francia [Colbertismo] e dell’Inghilterra neglianni che seguirono alla rivoluzione di Cromwell.

Gli assunti principali del pensiero mercantilista sono:

— la ricchezza di una nazione è data dalla quantità di moneta da essa detenuta;— per poter aumentare la quantità di moneta in circolazione è necessario accumulare

ingenti quantità di metalli preziosi (oro e argento). L’obiettivo principale della politicaeconomica doveva, quindi, essere quello di ottenere una bilancia commerciale favore-vole, ovvero un’eccedenza delle esportazioni sulle importazioni;

— un compito importantissimo doveva essere svolto dallo Stato attraverso l’incentivoallo sviluppo di industrie nazionali e la costituzione di una imponente flotta mercantilee militare che assicurasse il predominio della nazione nei commerci internazionali.

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CAPITOLO SECONDO

LA RIVOLUZIONE DEMOGRAFICA, AGRARIA,INDUSTRIALE E DEI TRASPORTI IN GRAN BRETAGNA

1. La crescita demografica e l’urbanesimo. - 2. La rivoluzione agraria. - 3. La rivolu-zione industriale. - 4. La spinta all’urbanesimo e la condizione operaia. - 5. Le leggisui cereali e le scelte liberiste.

L’insieme dei cambiamenti economici e sociali che interessarono l’Inghilterrafra la fine del XVIII secolo ed i primi decenni del XIX secolo sono noti comerivoluzione industriale; tale termine tende però a sottovalutare il ruolo svolto daaltri settori economici come l’agricoltura ed i trasporti. Per tale motivo gli storicipreferiscono sostituire al termine rivoluzione industriale quello di modernizza-zione e individuano i seguenti aspetti peculiari di questo fenomeno:

— boom demografico e conseguente fenomeno dell’urbanizzazione;— trasformazione in senso capitalistico dell’agricoltura;— miglioramento nel sistema dei trasporti;— sviluppo della manifattura e ampio ricorso a macchinari nel processo

produttivo.

1. LA CRESCITA DEMOGRAFICA E L’URBANESIMO

È storicamente provato che quando la produzione agricola (v. par. 2)aumenta in seguito alla diffusione di tecniche nuove, l’incremento della po-polazione è più rapido.

In Inghilterra, a partire dalla metà del XVIII secolo, la crescita demo-grafica assunse un ritmo di sviluppo più accelerato rispetto agli indici regi-strati in Europa: nel primo ventennio del XIX secolo il numero degli abitan-ti era tre volte superiore a quello francese.

Le ragioni sono da ricercarsi anche nei progressi della medicina, nelmiglioramento dell’igiene e del controllo sanitario e nelle migliori condi-zioni di vita che fecero seguito alla rivoluzione industriale.

La crescita demografica ebbe come conseguenza lo sviluppo dell’ur-banesimo che stimolò ulteriormente il progresso industriale.

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15Capitolo Secondo - La rivoluzione industriale in Gran Bretagna

La migrazione dalla campagna alla città fu comune a tutti i periodi dirapido movimento demografico: le migliorate tecniche agricole crearonouna forza di lavoro in eccedenza che dovette necessariamente trovare so-stentamento e lavoro in attività diverse (servizi di trasporto, piccolo com-mercio, artigianato, manifatture) per le quali la città offrivano occasioni piùfavorevoli.

Si ebbe così un aumento notevole della popolazione urbana di Londra,diventarono grandi città Manchester, Bristol, Glasgow, Liverpool, Birmin-gham e si moltiplicarono i centri urbani.

Alla fine del XVIII secolo in Inghilterra si ebbe un forte aumento dellapopolazione cittadina e nel 1831 il 25% degli inglesi viveva in città con piùdi 20 mila abitanti.

A Londra viveva un decimo della popolazione inglese (500 mila abitanti) e nel corso delXIX secolo anche Manchester avrebbe raggiunto tale numero. Nel 1870 il 66% degli inglesiviveva stabilmente in centri urbani.

Anche in Europa lo spostamento di masse crescenti di senza lavoro verso le città ne au-mentò il numero e le dimensioni. Quelle che superavano i 100 mila abitanti crebbero dalle 22del 1800 alle 47 del 1850 per arrivare ad oltre 100 alla fine del secolo. Più di dieci superaronoi 500 mila cittadini rispetto alle due (Londra e Parigi) degli inizi dell’Ottocento.

La grande città apparve come un universo sociale inconoscibile a causadella celerità della sua crescita demografica: un esempio: mentre la popola-zione francese aumenta del 9%, Parigi cresce del 55% dal 1831 al 1851.

2. LA RIVOLUZIONE AGRARIA

L’espressione rivoluzione agraria indica quel lento processo di modifi-cazione dei metodi di produzione utilizzati in agricoltura nonché il cambia-mento del sistema di ripartizione delle proprietà terriere che, a partire dalXVII secolo trasformò profondamente la struttura del settore agricolo, de-terminando:

— il ridimensionamento della parcellizzazione dei fondi agricoli mediantela pratica delle enclosures (v. infra);

— la progressiva abolizione del sistema di coltivazione a maggese che pre-vedeva una messa a riposo del fondo agricolo un anno su tre.In Inghilterra le innovazioni cominciarono col sostituire la tecnica del maggese con la

semina a erba dei campi lasciati a riposo; questo permise di intensificare l’allevamento delbestiame che fu nutrito con foraggio più scelto, come l’erba medica e il trifoglio.

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Parte Prima - Dalla rivoluzione industriale alla crisi del 187016

Quali innovazioni garantirono quello sviluppo della produzione agricolanoto come «rivoluzione agraria»?Le principali innovazioni che garantirono un notevole incremento produttivo furono di carat-tere biologico e organizzativo. Si diffuse, infatti, l’uso di legumi azotati per reintegrare ilsuolo; come concime i contadini usarono quantità considerevoli di ceneri ottenute dalla torbae dalla legna nonché il letame aumentato in virtù dello sviluppo della coltura foraggera; sifecero esperimenti di semina a filari e di coltivazione fra i filari; inoltre si diffuse il sistemadella rotazione quaternaria denominato sistema di Norfolk.Nell’allevamento del bestiame si migliorò la qualità del foraggio, si sviluppò la tecnica dell’in-grasso in stalla e si sperimentarono tecniche selezionare la razza degli animali.Un pioniere fu Bakewell (1725-1795) che migliorò la qualità delle pecore e dei bovini dei suoiallevamenti producendo un tipo di pecora fornitrice di una maggiore quantità di carne e di lanae un tipo migliore di buoi da macello (le New Leicestershire e i Dishley).

La prima ondata di trasformazioni agricole permise di far fronte all’au-mento demografico non solo inglese ma dell’intera Europa, che dalla metàdel Settecento raddoppiò la popolazione in meno di cento anni, nonostantele guerre napoleoniche.

A) Gli utensili e l’innovazione tecnologica

In Inghilterra la fase protoindustriale si distinse per l’adozione della fal-ce al posto del falcetto per il taglio del grano. L’uso della falce ridusse lamanodopera per la mietitura, tenuto anche conto che la produzione era au-mentata per effetto delle tecniche di concimazione. L’uso estensivo dellafalce si ebbe alla fine del XVIII secolo mentre solo nel corso del XIX secolosi diffuse nel nord-America e nell’Europa centro-orientale. Già nel 1771nelle campagne inglesi si usava l’aratro in ferro e un tipo molto efficace dierpice per frantumare le zolle.

B) La proprietà fondiaria

Il cambiamento delle forme di proprietà fondiaria riguarda la formazio-ne dei latifondi e le enclosures a seguito della diffusione delle recinzioni(dette enclosures).

Le enclosures erano le recinzioni di terreni non coltivati o adibiti ad usocomune della collettività, operate tra il XVI ed il XIX secolo da grandiproprietari terrieri inglesi. Tra il 1700 ed il 1760 il movimento delle enclo-sures interessa circa 330 mila acri: dal 1760 al 1800, invece, si contano2.000 enclosures che riguardano 2.300 mila acri (MAURO).

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17Capitolo Secondo - La rivoluzione industriale in Gran Bretagna

Le recinzioni furono effettuate in due modi:

— attraverso accordi conclusi dagli stessi proprietari dei fondi sparsi o comunque concer-tati a livello parrocchiale;

— con l’emanazione di appositi atti del Parlamento (i c.d. enclosures act) che attuavanouna ripartizione delle terre tra tutti i precedenti proprietari.

L’estensione del latifondo permetteva l’investimento per migliorare lepratiche irrigue e l’adozione di un sistema policolturale su larga scala ingrado di garantire vistosi aumenti di produttività per ettaro.

Le recinzioni costringevano i contadini sfrattati ad adattarsi al nuovoordine. Alcuni si stabilivano in fattorie unificate su parti della tenuta; altridiventavano braccianti nelle terre padronali recintate; altri ancora, in parti-colare i più giovani, cercarono lavoro nelle città.

C) L’influsso dell’agricoltura sull’industrializzazione

Secondo la storiografia tradizionale la rivoluzione agraria fu il naturalepresupposto per l’affermazione di un modello economico capitalistico. Sol-tanto un profondo cambiamento del settore agricolo, infatti, poteva creare lecondizioni indispensabili per lo sviluppo industriale e cioè:

— disponibilità di manodopera, attraverso il processo di proletarizzazio-ne dei contadini. Questi ultimi costituivano la forza-lavoro utilizzata perl’avvio dell’industrializzazione;

— trasformazione dell’agricoltura, cambiando i metodi di coltura e attuandoun processo di rapida meccanizzazione nel corso del XIX secolo;

— produzione di derrate alimentari per le masse inurbate in quantitàmaggiori con estensioni coltivabili minori; ciò comportò inevitabilmen-te un aumento della produttività.

Le innovazioni agricole e l’aumento del reddito procapite infatti non solo determinarono unaumento demografico, ma produssero una situazione di benessere nei distretti agricoli che consen-tirono alle popolazioni agricole soprattutto delle regioni più fertili di acquistare manufatti in cambiodelle derrate in eccedenza dando un ulteriore impulso alla domanda globale di beni di consumo.

Nel corso del XVIII secolo, inoltre, vi fu una larga partecipazione degli agricoltori alpotenziamento della rete di comunicazione esistente che favorì il trasporto ed il commerciodelle derrate alimentari.

3. LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

La rivoluzione industriale non mutò soltanto l’assetto economico dellasocietà, ma diede luogo anche a vistosi cambiamenti socioculturali.

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Parte Prima - Dalla rivoluzione industriale alla crisi del 187018

Le principali cause furono:

— l’introduzione della macchina nel processo produttivo;— la concentrazione delle masse operaie in grandi unità produttive;— l’accentuarsi del fenomeno della divisione del lavoro.

Elemento essenziale della rivoluzione industriale è il rivoluzionamentodelle forme tecniche del processo di produzione.

«Le forze necessarie e sufficienti che agirono congiuntamente nell’ambiente storico cheprodusse l’industria meccanizzata sembrano essere state le seguenti:

1) il desiderio di miglioramento materiale;2) un considerevole patrimonio di conoscenze meccaniche, idrauliche e metallurgiche;3) capitali da investire;4) una maggiore domanda di merci;5) l’offerta sufficiente e concentrata di materie prime da lavorare su grande scala;6) mezzi di trasporto che consentivano l’accumulo di scorte e l’afflusso di prodotti finiti sul

mercato;7) una manodopera disposta a lavorare per un salario giornaliero e capace di adattarsi ai

nuovi metodi di lavoro.

Questi fattori potenziali di modernizzazione industriale dipesero in larga misura da unasituazione dinamica dell’economia: l’aumento dei redditi reali e la crescita delle aspettative»(CLOUGH-RAPP).

L’aumento dei redditi migliorò le condizioni sanitarie e dell’istruzione,elementi che a loro volta influirono sulla qualità delle forze lavorative esulla capacità imprenditoriale britannica che nel secolo successivo costituìil modello teorico ed economico di sviluppo per tutte le altre nazioni.

A) Il modello inglese

I vantaggi di cui l’Inghilterra godeva erano i seguenti:

— crescita a spirale della popolazione e del prodotto agricolo;— manodopera non abbondante nelle manifatture che spinse alla mecca-

nizzazione del processo produttivo;— salari reali con un potere d’acquisto doppio di quelli francesi. Da ciò

una maggiore domanda che favorì la produzione di merci di largo con-sumo, semplici, uniformi, utili;

— spirito d’iniziativa che non era scoraggiato dalle convenzioni sociali.L’investimento di capitali nei settori agricolo, meccanico e commer-ciale da parte dei ceti più abbienti favorì la modernizzazione dell’in-dustria.

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19Capitolo Secondo - La rivoluzione industriale in Gran Bretagna

«Che un membro delle classi superiori potesse sporcarsi le mani con la sperimentazioneagricola, con lavori meccanici o con attività commerciali senza rimetterci il prestigio era unacosa che succedeva quasi soltanto in Inghilterra. Nel resto d’Europa l’atteggiamento dell’ari-stocrazia verso occupazioni lucrose che non fossero quelle delle armi, della Chiesa, del gover-no o della proprietà terriera non era cambiato in misura apprezzabile dai tempi del personaggioromanzesco di Lazzarillo (XVI sec.), il cui nobile padrone preferiva morire di fame anzichélavorare» (CLOUGH - RAPP).

B) Invenzioni e innovazioni

Le invenzioni più importanti si ebbero nelle industrie tessili, dei metalliferrosi e delle macchine a motore, settori che richiedevano quantità enor-mi di energia umana e procedimenti estremamente ripetitivi.

I cambiamenti tecnici in queste industrie dimostrarono i vantaggi delladivisione del lavoro, e contribuirono all’affermazione del sistema di fabbri-ca e alla standardizzazione di merci prodotte per una clientela più ampia.

L’industria tessile, specie quella cotoniera, registrò un sensibile aumen-to della produzione per addetto.

Infatti, la tradizionale produzione tessile domestica non riusciva, nono-stante la crescente espansione, a far fronte alla richiesta che proveniva dalmercato, perché comportava tempi molto lunghi, soprattutto nella fase dellafilatura: per alimentare un telaio (tessitura) occorrevano cinque filatrici.

Quando nel 1733 John Kay brevettò la navetta volante, che accelerava i tempi della tessi-tura, lo squilibrio tra le due fasi della lavorazione si accentuò. Una soluzione al problemacomparve intorno al 1760, quando James Hargreaves e Richard Arkwright inventarono la gian-netta (spinning Jenny) e il filatoio idraulico (water frame) che acceleravano la filatura fino acentinaia di volte.

L’impiego dei nuovi macchinari non si conciliava però con il lavoro adomicilio, in quanto le macchine, azionate dal vapore o dall’energia idrau-lica, non potevano essere collocate nelle case dei lavoratori. Inoltre i costidei macchinari erano molto elevati ed erano necessari i grossi capitali deimercanti per acquistarle. La meccanizzazione trasformò così i mercanti e icontadini ricchi in imprenditori.

I primi stabilimenti dell’industria tessile, le filande, sorsero in genere inprossimità di corsi d’acqua. Il lavoro domiciliare a telaio divenne ormaiimproduttivo, perché negli stabilimenti meccanizzati si riusciva a produrreuna maggiore quantità di tessuti e a prezzi competitivi.

Altro contributo determinante alla meccanizzazione dell’industria tessile fu quello dellamacchina a vapore perfezionata da James Watt e introdotta nelle industrie cotoniere a partire

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Parte Prima - Dalla rivoluzione industriale alla crisi del 187020

dal 1787. La macchina a vapore liberò la fabbrica dai limiti imposti dalla necessità di ubicarsivicino ai corsi d’acqua.

Anche nella fabbricazione dell’acciaio l’Inghilterra ebbe una posizionedi primato grazie allo sviluppo di tecniche più avanzate.

Il bisogno di acciaio era sempre più pressante perché esso era l’unicometallo in grado di sopportare gli sforzi dovuti all’accresciuta velocità dellemacchine e alle lavorazioni più pesanti. Tuttavia il prezzo relativamente altone limitava drasticamente l’uso. La ricerca di un metodo più economico perfabbricare il ferro saldato e quindi l’acciaio portò allo sviluppo delle tecnichedella laminazione e del pudellaggio brevettate nel 1784 da Henry Cort.

Tutti questi cambiamenti tecnologici influirono sulla crescita economi-ca, sulla natura e localizzazione dell’industria dei metalli ferrosi e reseropossibile una diminuzione del prezzo dell’acciaio del 50% tra il 1856 e il1870. Inoltre l’uso del carbon coke (introdotto da Abraham Darby) comecombustibile indispensabile per l’affinazione del ferro liberò l’industria dallasempre limitata offerta di legname.

Gli effetti di tutti questi cambiamenti sullo sviluppo industriale esulla società furono enormi. Le nuove tecniche permisero un aumentodelle unità di prodotto per unità di input umano veramente notevole. InGran Bretagna tra il 1780 e 1880 il prodotto totale crebbe al ritmo del28% ogni dieci anni e il prodotto pro-capite del 13,5%. Questa crescitaproduttiva permise un forte incremento demografico; ciononostante l’eco-nomia fu in grado di mantenere tassi crescenti di produzione e di redditopro-capite.

All’origine di una crescita così aggressiva sta la nuova tecnologia. La crescente efficienzadi impianti e macchinari e la quantità presente nei processi produttivi, crearono l’abbondanzamateriale che è la caratteristica primaria dell’economia moderna.

L’applicazione diffusa delle macchine a vapore, l’assoluta supremazia del ferro e dell’ac-ciaio come materiale di costruzione dei beni strumentali, la produzione di merci di larghissimoconsumo e la continua riduzione del costo e del prezzo di vendita di queste merci costituironoi cambiamenti strutturali, produttivi e di mercato più evidenti della rivoluzione industriale.

C) Commercio

La Gran Bretagna organizzò un sistema di rapporti economici con i pae-si extraeuropei stabilendo dei flussi commerciali d’oltremare molto fiorentiin virtù di una efficiente e numerosa flotta mercantile.

Fra il 1660 e il 1849 il commercio britannico fu governato dall’Atto dinavigazione (emanato da Cromwell nel 1651) il quale esigeva che tutte le

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21Capitolo Secondo - La rivoluzione industriale in Gran Bretagna

importazioni fossero trasportate da navi inglesi e imponeva alle colonieinglesi del Nord-America e delle Indie occidentali di sottostare a tale mono-polio. I mercanti inglesi ebbero così libero accesso alle merci tropicali chepotevano essere rivendute con profitto in Europa.

La difesa di tale monopolio era compito della marina da guerra che proteggeva gli interes-si dei mercanti britannici e in virtù della sua potenza bellica spesso violava con la forza imonopoli che altri paesi (l’Olanda e il Portogallo nel sud-est asiatico) tentavano di imporre alleloro colonie.

Tale manodopera era variamente occupata soprattutto nelle moltepliciattività connesse al flusso commerciale transoceanico: la navigazione co-stiera per il trasporto merci, la pesca d’altura, il servizio nella marina mili-tare e l’impiego nelle attività portuali e nei cantieri navali; tutte attività chenell’accezione moderna costituiscono il cd. indotto.

Nel XVIII secolo la Gran Bretagna divenne un importante centro per ilcommercio di riesportazione e gran parte del commercio mondiale ebbecome punto di riferimento i porti inglesi. I manufatti britannici, inoltre, ag-girarono il protezionismo europeo incrementando le vendite dei mercati invia di sviluppo del Nord-America e lo spostamento di direzione del com-mercio estero fuori dall’Europa determinò un notevole aumento dei profitti,che furono investiti in imprese industriali capaci di produrre merci di quali-tà e di valore indirizzate al mercato estero garantendo surplus elevati diprofitti all’atto della transazione commerciale.

Dal punto di vista commerciale uno dei cambiamenti più rilevanti ri-guarda l’accentramento di tutte le istituzioni commerciali nella City di Lon-dra, organizzata in modo da attrarre i capitali da investire. Si realizzò unsistema metodico di compra-vendita, si attuò il controllo e la standardizza-zione del prodotto, nacquero compagnie assicuratrici che assicurarono icarichi di merci destinati all’esportazione, tutte misure che contribuirono inmodo determinante a migliorare la produttività nazionale.

La rapida espansione dell’esportazioni durante il XVIII secolo incre-mentò la produzione di massa e le dimensioni dell’economia di scala: ciòpermise all’Inghilterra di battere i concorrenti.

D) Finanza

L’assetto societario che aveva dato l’avvio alla prima fase della rivolu-zione industriale, legato alla figura del proprietario-gestore unico della fab-brica, era inadeguato a garantire la crescita della dimensione dell’impresa;

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Parte Prima - Dalla rivoluzione industriale alla crisi del 187022

si rendeva necessario l’apporto di nuovi capitali. Fondamentale fu la libera-lizzazione (a partire dal 1844) delle società per azioni (Joint-stock com-pany Act), che garantivano all’impresa una maggiore dinamicità e capitaliindispensabili per la crescita delle dimensioni produttive; esse rappresenta-vano un ottimo strumento finanziario per rastrellare capitale dalle mani didiversi investitori.

Nel corso del XIX secolo il capitalismo finanziario migliorò la sua efficienza con la nasci-ta delle società a responsabilità limitata e la diversificazione dei tipi di azione in ordinarie eprivilegiate. Queste ultime furono indispensabili per raccogliere ulteriori i capitali necessariper portare alcune imprese alla fase produttiva.

La nascita e lo sviluppo delle Borse Valori completò l’innovazione delmercato finanziario e l’avvento della compravendita dei titoli delle societàquotate garantì alla piazza di Londra quel predominio finanziario-commer-ciale che permise alla nazione britannica di mantenere in attivo, fino al 1919,la bilancia del commercio con l’estero.

E) Strade, canali, ferrovie

L’altra rivoluzione che accompagnò la rivoluzione industriale riguardala trasformazione del sistema interno dei trasporti.

Fino alla metà del XVIII secolo le merci inglesi erano trasportate concavalli da soma. Le strade, spesso intransitabili ai carri per la cattiva manu-tenzione, non consentivano lo spostamento delle merci per lunghe distanze.Tale sistema si rivelava sempre più inefficiente con l’aumentare del volumedei traffici. L’esistenza di fiumi navigabili e l’estensione delle coste favori-vano il cabotaggio. Le navi costiere trasportavano merci pesanti, volumino-se e di basso valore come i cereali, la legna, i minerali. Ma l’aumento deitraffici commerciali e la dipendenza da fattori climatici resero più evidentile strozzature presenti nel sistema dei trasporti fluviali, specie con le regionibritanniche più interne.

I tentativi per superare tali difficoltà furono diversi e uno dei più efficaci consistette nell’affidare laresponsabilità della manutenzione delle strade di maggior traffico a gruppi privati (turnpike trust) cheimposero il pagamento di un pedaggio agli utenti stradali. Tali gestori, autorizzati con decreto parla-mentare a procacciarsi i capitali per mantenere e costruire strade, realizzarono dal 1751 al 1772 unapianificazione efficiente del territorio, pagando manodopera specializzata e ingegneri stradali.

I soddisfacenti risultati spinsero proprietari terrieri, mercanti e artigiani a finanziare i mo-nopoli regionali visto che l’efficiente rete stradale riduceva la durata dei viaggi, il numero deicavalli da traino necessari e permetteva il trasporto di passeggeri e merci in modo più rapido,sicuro ed economico.

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23Capitolo Secondo - La rivoluzione industriale in Gran Bretagna

Anche la navigazione interna fu notevolmente migliorata; infatti dopoil 1760 ebbe inizio ciò che gli storici definirono «la febbre dei canali», cioèla costruzione di corsi d’acqua artificiali e navigabili su cui le merci di tuttii tipi potevano essere trasportati a basso costo.

Il primo fu il canale Bridge Water che collegò le miniere di Worsley a Manchester nel1761 e poi fu prolungato fino a Liverpool nel 1776. Esso ridusse il costo del trasporto dicarbone a un sesto rispetto al trasporto via terra. I numerosi canali costruiti dal 1760 agli anniventi del XIX secolo collegarono le città manifatturiere interne al mare. Già nel 1825 i maggio-ri centri abitati della Gran Bretagna erano ben collegati da vie fluviali e da un sistema di stradetransitabili in ogni stagione e regolarmente serviti da navi costiere e diligenze.

Prima ancora dell’era delle ferrovie l’Inghilterra aveva già avuto lasua rivoluzione nei trasporti mentre l’Europa attese almeno altri trent’an-ni prima che l’impulso derivante dalle strade ferrate creasse le condizioniper il passaggio dall’economia pre-industriale a quella moderna caratteriz-zata da una massiccia industrializzazione.

Queste innovazioni nel settore dei trasporti ridussero ulteriormente i costidi produzione dei prodotti nazionali aumentandone la concorrenzialità intermini assoluti.

Al contrario di quanto avverrà, nei decenni successivi, in altre nazionieuropee (Belgio, Germania) dove lo Stato si assunse l’onere e la proprietàdella rete ferroviaria intervenendo direttamente nella fase progettuale enel sistema delle concessioni (Francia), in Gran Bretagna la maggior partedel capitale fu raccolto con azioni di piccolo taglio fra i risparmi della mid-dle class a testimonianza di una propensione al risparmio diffusa non solotra i ceti più ricchi, ma presente anche nelle province.

«I costruttori ferroviari erano i migliori clienti dell’industria ed è facile constatare chenell’Europa occidentale i momenti di grande espansione ferroviaria corrispondono a periodi dirapida industrializzazione… La domanda di attrezzatura creata dallo sviluppo ferroviario die-de un impulso di primaria importanza all’industria dei beni strumentali» (CLOUGH-RAPP).

Fino a pochi decenni prima i costi di trasporto delle merci erano cosìelevati che soltanto merci pregiate e costose valevano la spesa della spedi-zione a distanza e il mercato era limitato e selettivo. Successivamente, larivoluzione del commercio permise alle merci più a buon prezzo di percor-rere lunghe distanze per raggiungere tutti i mercati: la capacità di estendereil mercato e la scala della produzione e dei consumi crebbe anche grazie allenuove tecnologie dei trasporti.

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Nel 1825 fu inaugurato il primo tronco ferroviario, da Stockton a Darlington, in Inghil-terra e nel 1830 la locomotiva Rocket dei fratelli Stephenson raggiunse la velocità eccezionaledi 50 Km l’ora sulla linea Manchester-Liverpool. Nel giro di poco più di un ventennio lacomodità e l’affidabilità del servizio ferroviario migliorarono rapidamente.

I progressi nell’ingegneria di ponti e gallerie e lo sviluppo delle comu-nicazioni postali e telegrafiche accorciarono le distanze e resero i viaggi piùsicuri.

L’adozione di nuove tecniche di isolamento dei fili metallici consentì laposa dei primi cavi telegrafici sottomarini.

Nel 1851 la Manica fu attraversata da un cavo che collegava Dover a Calais e nel 1866entrò in funzione il primo cavo transatlantico che metteva in comunicazione l’Inghilterra congli Stati Uniti. La comunicazione dei messaggi era così svincolata per sempre dalla dipenden-za dei mezzi di trasporto.

4. LA SPINTA ALL’URBANESIMO E LA CONDIZIONE OPERAIA

L’espansione dell’industrializzazione travolse l’industria tessile dome-stica che rappresentava per molte famiglie contadine una ulteriore possibili-tà di guadagno, soprattutto nei periodi invernali quando non era possibile illavoro nei campi.

Tra il 1760 e il 1830 gli enclosures acts, privatizzando definitivamentele terre comuni, eliminarono gli ultimi residui dell’economia di villaggio,dando origine a un nuovo e più massiccio esodo di contadini verso la città.

Mentre le città diventavano popolatissimi centri industriali, si trasfor-mava la struttura delle campagne, dove l’agricoltura si evolveva in sensocapitalistico. Contadini e artigiani andarono ad ingrossare le fila di operaisalariati impiegati come manodopera dagli imprenditori industriali. Venne-ro impiegati anche donne e bambini che venivano pagati meno degli uominiadulti.

L’occupazione femminile e minorile si diffuse in particolare nelle filande,mentre gli uomini venivano impiegati preferibilmente nell’industria pesante.

A) Le disumane condizioni di lavoro

La giornata lavorativa dell’operaio andava dalle dodici alle sedici ore,con un intervallo di un’ora e mezzo per il pranzo. La fabbrica assorbival’intera esistenza dell’operaio costringendolo a un ritmo di lavoro freneti-co e alienante e inserendolo in una catena produttiva sulla quale egli nonpoteva esercitare nessun controllo.

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