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[IL CURRICOLO] 2

INDICE

Pag. 3 Premessa

Pag. 4 Elementi di problematicità per la costruzione del curricolo

Pag. 7 Organizzazione del curricolo: tappe di una riflessione sugli aspetti del curricolo formale, implicito e nascosto nell’orizzonte della domanda

Pag. 11 Problematicità del dialogo necessario alla costruzione di un curricolo verticale

Pag. 19 La valutazione e le Indicazioni

Pag. 23 La valutazione, una responsabilità diffusa e condivisa

Pag. 32 Il curricolo locale

Pag. 38 La formazione come laboratorio permanente

Pag. 41 Alcuni link di riferimento

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Premesso che l’organizzazione del curricolo rappresenta lo spazio

progettuale che ciascuna scuola, in regime di autonomia è chiamata a delineare, i componenti del gruppo ritengono che in questa fase preliminare sia conveniente interrogarsi criticamente sul documento delle nuove Indicazioni nello specifico del curricolo e riflettere, anche in base alle esperienze già in atto nelle singole scuole, sui seguenti punti sensibili:

• problematicità nella costruzione di un curricolo; • necessità di riconoscere comunemente il valore del curricolo

nell’organizzazione dei suoi diversi aspetti (formale, implicito e nascosto);

• opportunità di riflettere sulla certificazione delle competenze all’interno di una logica integrata tra progettazione dell’azione didattica, attuazione dei processi e valutazione;

• ampliamento del dibattito sulle modalità e i criteri di valutazione formativa e di autovalutazione;

• necessità di un curricolo locale integrato nella logica progettuale del Piano dell’Offerta Formativa e rivolto alla costruzione dell’identità locale nell’ottica dello scambio e del confronto con le diverse altre identità culturali;

• necessità di una formazione qualitativamente avanzata di tutti i responsabili del processo formativo rispetto al profilo culturale delle Indicazioni.

Il gruppo ritiene che questi punti siano qualificanti ai fini di una costruzione del curricolo in regime di autonomia in quanto orientano le scelte delle singole istituzioni scolastiche, attribuendo loro responsabilità discrezionali e decisionali.

Pertanto il gruppo provinciale ritiene necessario porsi non tanto come luogo di elaborazione di ulteriore materiale sulle Indicazioni ma come nucleo di ascolto e di raccordo tra le azioni intraprese dalle scuole, attraverso:

• socializzazione del gruppo sul territorio; • individuazione di un referente all’interno di ogni istituzione scolastica del

primo ciclo della provincia di Teramo; • strutturazione di una rete di relazioni stabili a fini collaborativi tra i

componenti del gruppo provinciale e i referenti delle scuole, al fine di mettere a disposizione materiale, stimolare la riflessione, proporre al livello regionale le problematiche emerse in quello provinciale.

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ELEMENTI DI PROBLEMATICITA’

PER LA COSTRUZIONE DEL CURRICOLO

a cura del D.S. Ignazio Caputi

COSA NON VA:

a) non avere piena conoscenza dello stato in cui siamo. I vari momenti di valutazione esterna sono intervenuti in modo estemporaneo e le metodologie applicate ed i risultati non sono stati adeguatamente socializzati ed analizzati per una migliore comprensione e valutazione del sistema;

b) insufficiente consapevolezza della responsabilità e potenzialità dell’Autonomia;

c) il susseguirsi di interventi riformativi, talvolta e per alcuni aspetti alternativi, con conseguente peggioramento dello stato di disagio e di sfiducia del corpo docente;

d) preponderanza nella prassi didattica del metodo tradizionale ormai poco efficace nell’attuale realtà scolastica, sociale e culturale;

e) inadeguato coinvolgimento dei genitori scarsamente convinti che ciò che si fa a scuola abbia un senso;

f) scarsa circolazione e socializzazione nella scuola di esperienze e metodologie didattiche innovative prodotte negli ultimi anni a seguito degli investimenti di energie professionali e finanziarie impiegate per il rinnovamento;

g) scarsa attenzione alla ricerca di forme di integrazione tra educazione formale ed informale;

h) mancanza di sostegno alla organizzazione di un percorso continuo degli allievi;

i) crisi generalizzata di identità professionale;

l) assenza di un organico piano di formazione (iniziale ed in itinere) e di aggiornamento. Tra le criticità che hanno contribuito ad ostacolare l’innovazione didattica nell’ambito della formazione di base si evidenziano in particolare:

1) problemi di professionalità relativi a progettazione, gestione e valutazione:

• del curricolo;

• delle attività;

• della collegialità e della cooperazione;

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• della formazione iniziale e permanente ,

2) problemi di contenuto relativi alla progettazione scelta ed organizzazione in modo reciproco ed integrato di percorsi concettuali attraverso contenuti disciplinari specifici.

PERCHE’ IL CURRICOLO: COME DOVREBBE… COSA POTREBBE ?

Il concetto di Curricolo è decisamente contrapposto a quello di programma!

Nelle indicazioni infatti l’attenzione è principalmente centrata sulla “Ecologia dell’apprendimento“ e non già su una sequenza di contenuti disciplinari standardizzati .

L’azione didattica dovrebbe impegnare l’insegnante a creare ed organizzare condizioni, a gestire a mediare interazioni che devono produrre elaborazione di idee e prodotti .

L’accompagnamento esclude la preventiva e più o meno rigida progettazione di un percorso programmatico centrato su contenuti ed apprendimento e sviluppo di abilità riproduttive e standardizzate.

Accompagnare è diverso che indottrinare. L’accompagnamento è un modo di essere di agire di organizzare di relazionarsi che determina le condizioni per un incontro docente-allievo durante il processo insegnamento-apprendimento.

Il curricolo dovrebbe creare condizioni strutturali, organizzative e culturali in cui sia possibile attivare e mettere a sistema buone pratiche di ins/apprendimento in coerenza con gli obiettivi complessivi suggeriti dalle indicazioni.

L’impostazione del curricolo dovrebbe essere ispirata alla elaborazione di proposte che possano incidere significativamente sulla qualità della formazione tramite l’organizzazione e l’innovazione didattica .

La pratica didattica trasmissiva (indottrinante) funziona con gli allievi che a tale pratica sono predisposti e formati ma la scuola non può limitarsi a ricoprire il solo ruolo di trasmettere la cultura o di tirar fuori ciò che l’alunno ha dentro.

Calibrare il Curricolo sulla “Persona” significa invece considerare le diversità e le particolarità di allievi portatori di atteggiamenti propri nei confronti della scuola, di valori, di stili cognitivi, di potenzialità, di caratteri, problematiche comportamentali differenti. E’ difficile, se non impossibile, riportare tali differenze ad uno standard medio (teorico) su cui riversare il “Programma”. Scaturisce da tali considerazioni la opportunità che il curricolo preveda una differenziazione nella progettazione del POF.

La progettazione di un percorso continuo per l’allievo implica necessariamente la necessità di sviluppare l’idea di verticalità, di fare scuola con tutti e per tutti, di gestire la complessità, di introdurre metodologie

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innovative cooperative (condivisione e gestione di buone pratiche), di incrementare l’operatività anche attraverso l’utilizzo di strumenti e tecniche stimolanti, di creare le condizioni per un ambiente dialogico-cooperativo, di sviluppare l’attività di ricerca partecipativa di conoscenze, osservazioni e scoperte (ambiente di apprendimento ecologico).

Condizione essenziale per la creazione di un curricolo innovativo è anche la ricerca di spazi organizzativi per disporre di ambienti idonei all’apprendimento .

Nella scuola attuale funziona il modello tradizionale trasmissivo perché è coerente con l’organizzazione che è limitata da spazi organizzativi. Prevale di conseguenza la didattica dei contenuti, dell’ascoltare dell’imparare e del ripetere. Si deve ovviamente trovare il giusto equilibrio tra contenuti, strumenti o dispositivi didattici e metodologie per imbroccare la modalità migliore per facilitare l’incontro insegnante/alunno .

Altro aspetto problematico (aperto) nella costruzione del curricolo riguarda il peso e l’importanza da assegnare alle discipline che non possono essere enciclopediche. Fare scuola con tutti e per tutti è difficile con una struttura disciplinare rigida come da “Programmazione”. La scelta dei contenuti disciplinari dovrebbe essere funzionale all’apprendimento significativo. Lavorare sul curricolo quindi per cercare i vincoli conoscitivi attorno ai quali costruire le relazioni, le integrazioni e le connessioni.

Dovrebbe essere importante far emergere il senso ed il significato delle singole discipline e la necessità di una loro efficace integrazione concettuale ed operativa nei percorsi di costruzione della conoscenza. La costruzione di un curricolo centrato su tutti e su ciascuno richiede necessariamente lo sviluppo nel docente di competenze di tipo relazionale-comunicativo per curare l’ambiente di lavoro, per vivere con consapevolezza il rapporto con gli allievi, per capire cosa sta avvenendo nell’incontro docente/allievo e cosa sta accadendo nel percorso insegnamento/apprendimento .

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ORGANIZZAZIONE DEL CURRICOLO:

tappe di una riflessione sugli aspetti del curricolo formale, implicito e nascosto nell’orizzonte della domanda

a cura di A.Baldini

L’espressione “organizzazione del curricolo” che ci è stata consegnata quale tema di riflessione e confronto all’interno del nostro gruppo di lavoro, ha da subito stimolato quella riflessiva problematicità con la quale è bene approcciarsi ai fenomeni complessi.

Infatti, di fenomeno complesso si tratta quando si parla di curricolo e della sua organizzazione, poiché oltre alla sua natura strutturale composita e plurivalente, il curricolo è lo strumento della progettazione didattica della scuola dell’autonomia, di conseguenza si va configurando da una parte come un prodotto da elaborare sicuramente nel rispetto di criteri comuni a livello generale, ma dall’altra, nella specificità delle forme e dei contenuti che assume, esso rimane ed è sostanzialmente un’archittettura che ciascuna istituzione scolastica è chiamata a disegnare.

Come afferma I. Fiorin, il curricolo è: “ un progetto che la singola comunità scolastica definisce attraverso un lavoro di riflessione e di confronto professionale con lo scopo di meglio interpretare le esigenze di alunni concreti e di un contesto sociale preciso”, ne consegue che, per sua natura, prospettiva di senso e definizione, il curricolo sfugge ad una rappresentazione univoca e metodica legata alla logica del modello, ed invece sollecita e induce i soggetti interessati alla sua costruzione ad interrogarsi in termini progettuali.

Se l’anima del curricolo è dunque la progettualità, ogni teorizzazione sull’argomento non può che muoversi ed orientarsi intorno alla riflessione su quei nodi critici che entrano in gioco nel fenomeno della progettazione curricolare,come criteri sostanziali e formali di regolazione dell’azione stessa. Può essere utile allora sostenere questa riflessione sul curricolo, tenendo presente i diversi piani che impegnano la sua progettazione come una sorta di matrici dell’azione progettuale e necessariamente devono essere attraversati

Queste tappe possono essere rappresentate in una macrostruttura

ORGANIZZAZIONE DEL CURRICOLO

Orizzonte di senso

Profilo dei saperi Scelte strategiche

Contesto spazio/temporale Risorse

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All’interno della macrostruttura pulsano le varie anime del curricolo: formale, implicito e nascosto, tessendo tra loro dei rapporti di connessione ed interrelazione sistemica, come accade in ogni realtà complessa tra il tutto e le sue parti, le sue parti ed il tutto.

E’ opportuno quindi rinvenire in ciascuno dei piani indicati, quei nodi sensibili e critici attraverso i quali vanno necessariamente a filtrarsi le specifiche scelte progettuali, rendendoli nuclei problematici da affrontare con forte intenzionalità per assolvere al compito educativo dell’elaborazione curricolare. Tuttavia, in questo sforzo, è opportuno rimanere nella prospettiva della domanda come modalità di accesso e di apertura della progettualità, in quanto solo sul terreno dell’interrogazione possono poi germinare i frutti delle risposte elaborate specificamente dalle scelte autonome delle scuole.

ORIZZONTE DI SENSO

Quale bambino?

Quale scuola?

Quale rapporto tra curricolo ed indicazioni nazionali?

I nuclei problematici che scaturiscono dalle prioritarie domande di senso, inducono ad aprirsi a tutta la complessa riflessione culturale e pedagogica che ricerca significati da condividere:

sull’essere Persona di tutti i soggetti attori del rapporto educativo

sull’Esser-ci della scuola come luogo della cura dell’incontro tra la persona e i sistemi simbolico-culturali

sul compito formativo che l’istituzione scolastica pratica abbracciando logiche integrate tra prescrittività ed autonomia

PROFILO DEI SAPERI

Che cosa si intende per disciplina?

Come generare un apprendimento significativo?

Come strutturare un curricolo per competenze?

Come dare voce alla componente affettivo-relazionale dell’apprendimento?

Come coniugare sapere esperienze?

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Come raccordare e declinare gli obiettivi strategici di apprendimento con i traguardi di sviluppo?

Le domande sui “saperi” coinvolgono, soprattutto nel primo segmento dell’obbligo scolastico, dimensioni primarie della fenomenologia del rapporto insegnamento- apprendimento quali la collegialità, la trasversalità, il riconoscimento dell’esperienza, la partecipazione attiva al processo di costruzione dei saperi e del sapere, l’orientamento continuo verso le competenze. Tali domande spingono la ricerca dell’elaborazione curricolare verso la promozione di un sapere che non sia inerte, ma carico di senso e costruito in un orizzonte valoriale che ne garantisca, non solo la costruzione integrata a livello pluridisciplinare e rispetto all’esperienza, ma soprattutto ne promuova il suo uso responsabile, affinché ciascun alunno : “possa dare senso all’esperienza di apprendimento realizzata e farne risorsa per il suo progetto di vita”. E’ in questo contesto culturale che prendono spunto e si animano gli sforzi di pervenire alla verticalizzazione dei curricoli tra i diversi ordini di scuola, relativamente a percorsi di insegnamento-apprendimento progettati e pensati sull’asse diacronico, abbandonando il criterio assoluto della ciclica ripetitività dei contenuti disciplinari, per scelte capaci di assecondare lo sviluppo cognitivo, operativo ed affettivo degli alunni.

SCELTE STRATEGICHE

Quale modello organizzativo?

Come promuovere e sostenere processi di ricerca-azione?

Come rispondere alle istanze di cambiamento?

Come innestare circoli virtuosi tra progettazione e valutazione?

Come perseguire logiche integrate tra valutazione alunni e valutazione d’istituto?

Proprio perché il curricolo non è un pacchetto pronto per l’uso che prescinde da una scuola concreta in un contesto concreto, queste domande non possono che orientare ciascuna istituzione scolastica all’esercizio della propria responsabilità in regime di autonomia, per costruire con modalità negoziate e condivise il proprio assetto organizzativo attraverso non solo scelte formali ma anche e soprattutto sostanziali, in grado di costruire un profilo di identità come risultato della propria ricerca.

RISORSE

Come promuovere, documentare e valorizzare le buone pratiche?

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Come sostenere e garantire la formazione dei docenti?

Come ottimizzare il rapporto tra necessità e mezzi?

Le domande sulle risorse appartengono sicuramente a quella logica della prassi che è in grado di rappresentare l’incidenza di variabili nella produzione di certi effetti e spesso, nel mondo della scuola, i problemi che potevano scaturire da un rapporto inadeguato tra mezzi ed obiettivi da raggiungere, hanno chiamato in causa la professionalità del docente come primaria risorsa. Le prospettive culturali che si interessano al problema configurano il docente come un co-elaboratore delle scelte curricolari, ciò implicando una maglia di fitte interrogazioni sulle competenze dell’insegnante, sulla sua formazione e soprattutto sul suo senso di identità ed appartenenza alla comunità in cui opera, che può sicuramente esprimere partecipando attivamente alle buone pratiche e all’innovazione.

IL CONTESTO SPAZIO-TEMPORALE

Quale modello del tempo scolastico?

Quali scelte di ampliamento/arricchimento del piano dell’Offerta Formativa?

Quale idea di Laboratorio?

Le domande legate al contesto spazio/tempo inducono a progettare il proprio modello organizzativo non solo come medium strategico dell’offerta formativa in generale, ma anche e soprattutto come messaggio di curricolo implicito, poiché l’assetto che di fatto viene a determinarsi attraverso le scelte formali e formalizzate, genera quell’aspetto implicito del curricolo che opera come un progetto parallelo di condizioni e contesti dell’azione educativa.

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PROBLEMATICITA’ DEL DIALOGO NECESSARIO ALLA COSTRUZIONE DI UN CURRICULO VERTICALE

a cura di L. Ciprietti, M. Martelli, D. Massarotto

L’Organizzazione del Curricolo (link sulle “Indicazioni” pag.23/25)

“Il curricolo nella scuola dell’autonomia” (inserire link?)

Nella circolare ministeriale del 31.01.2008 relativa a: Misure di accompagnamento alla costruzione del curricolo di scuola secondo le Indicazioni per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo (febbraio - agosto 2008), “la prospettiva è quella di sintonizzare i prossimi Piani dell'Offerta Formativa con le Indicazioni. Con l'anno scolastico 2008-2009 le scuole dell'infanzia e del primo ciclo saranno difatti chiamate a proporre, in prima applicazione, il nuovo curricolo.

Proprio l'anno scolastico 2008-2009 potrà così essere dedicato, grazie anche al contributo della diretta verifica sul campo, al processo di compiuta definizione delle Indicazioni in vista della loro successiva messa a regime”.

“Nell'ambito della propria autonomia istituzionale e della discrezionalità professionale degli

insegnanti, ogni singola istituzione scolastica dell'infanzia e del primo ciclo è chiamata a costruire il

proprio curricolo tenendo conto di puntuali orientamenti strategici:

• valorizzare al meglio le risorse umane e finanziarie disponibili; • migliorare la qualità delle metodologie e degli itinerari didattici; • raggiungere quei traguardi di sviluppo delle competenze - contenuti nelle

Indicazioni - che costituiscono l'indispensabile premessa per il conseguimento delle otto competenze chiave

di cittadinanza previste a conclusione dell'obbligo di istruzione.”

“Il dialogo tra le istituzioni scolastiche è un requisito indispensabile per capire l'impatto delle Indicazioni, i problemi inerenti alla costruzione del nuovo curricolo delle scuole, ma anche per

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elaborare proposte. Questo dialogo, aperto e pluralistico, si allarga alle comunità scientifiche, disciplinari e professionali e coinvolge le famiglie e gli organismi territoriali. La buona riuscita di qualsiasi innovazione, infatti, è agevolata dalla condivisione più ampia possibile dei presupposti ispiratori e del significato della innovazione stessa; è altresì sostenuta dalla intelligente sinergia di risorse professionali interne ed esterne alla Scuola. Il curricolo verticale è l’insieme delle esperienze formative offerte dal Collegio dei Docenti agli allievi frequentanti l’istituto e coerenti con le scelte curricolari, formative, organizzative e operative adottate dal Collegio dei Docenti stesso e presentate nel POF della scuola”.

Oggi la difficoltà percepita dalla scuola e’il coinvolgimento dei ragazzi in un esperienza che li faccia crescere di più I ragazzi protagonisti devono essere supportati da una forte professionalità della scuola, c’e’ bisogno della guida degli adulti, una crescita della professionalità e del curricolo partendo dalla scuola dell’infanzia.

Quello che si fa nella scuola dell’infanzia deve essere conosciuto e capito anche da insegnanti della scuola secondaria di I grado, cioè ci deve essere la capacità di condividere lo sguardo sull’educazione.

L’ordine di scuola dove forse è più agevole predisporre il curricolo verticale è l’Istituto comprensivo. Ma ci sono dei processi da attivare e per questo ci poniamo delle domande prendendo ad esempio la matematica:

• C’è un dipartimento di matematica in un comprensivo? • Quali occasioni d’incontro hanno gli insegnanti che si occupano di

matematica nei vari livelli? • In un Istituto Comprensivo un insegnante di matematica può chiedere

ad un maestro elementare quale sia il suo rapporto con la matematica adulta, può chiedere quanto siano profonde le sue conoscenze disciplinari che vanno oltre la didattica della matematica per i bambini.

• Qual è la cultura matematica di un maestro e come si fa matematica nella scuola dell’infanzia o nella scuola elementare?

• Alla professoressa di scuola secondaria di I grado che si lamenta perché molti alunni hanno sbagliato il compito di matematica si potrebbe chiedere qual è il suo rapporto con la didattica ?

• L’insegnamento e’ differenziato tra un Comprensivo e una Direzione Didattica, oppure tra un Comprensivo che ha un dipartimento di matematica e un altro che non ce l’ha?

Ad esempio un insegnante di scuola dell’infanzia potrebbe dire che si fa matematica quotidianamente, i bambini fanno corrispondenze nelle esperienze di vita pratica, ma per fare matematica occorre anche qualcosa in più. Occorre una forma di verbalizzazione, di concettualizzazione, di presentazione, di rielaborazione, di rievocazione; quindi servirebbe la

presenza di un collega che ha una specializzazione e il Comprensivo può offrire questa opportunità. Il Comprensivo, con le diverse presenze

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professionali, potrebbe accompagnare un incontro più completo con le discipline.

Spesso c’è l’idea che la disciplina fa male, in un Comprensivo si può dimostrare che la disciplina non e’ un contenuto inerte ma un curricolo bruneriamente pieno di emozioni e creatività. Facendo dei percorsi affascinanti dentro le discipline si potrebbe vivere più serenamente ed avere più efficaci risultati.

L’ autonomia che c’è nella nostra scuola, ci dà responsabilità ma anche la libertà di costruire una scuola che ha un suo curricolo, una scuola condivisa dai genitori, con processi di consapevolezza e responsabilità educativa. E per fare ciò sono indispensabili strutture permanenti, laboratori didattici sul curricolo delle principali aree disciplinari, che possano effettivamente permettere lo sviluppo di un lavoro collegiale sui problemi fondamentali della scuola, quali individuare i saperi essenziali, le metodologie e le modalità relazionali, gli ambienti e gli strumenti adatti a far sì che tutti gli studenti siano coinvolti, motivati e raggiungano conseguentemente competenze sufficienti.

Queste strutture sono necessarie ovunque, ma ovviamente gli istituti comprensivi sono le istituzioni scolastiche dove possono svolgere una funzione decisiva, perché la continuità tra infanzia, elementare e media si può realizzare realmente soltanto con il lavoro di progettazione e sperimentazione sul curricolo verticale.

Il curricolo verticale e la ricerca

Il contesto «verticale» degli istituti comprensivi dovrebbe facilitare la costruzione del curricolo verticale con una ricerca più mirata sul curricolo, da articolare per obiettivi specifici d’apprendimento, in relazione ai diversi percorsi disciplinari.

É un problema che implica:

• la selezione e scelta di contenuti e temi essenziali, attorno ai quali avviare una progressiva strutturazione e articolazione delle conoscenze;

• l’individuazione di abilità strumentali e procedurali, che consentano poi di sviluppare progressivamente strategie di controllo del proprio apprendimento;

• la messa in luce di atteggiamenti, motivazioni, orientamenti che invitano i ragazzi a

diventare responsabili della propria «voglia di apprendere».

Tutto questo rende necessario far pesare di più nelle dinamiche dell’insegnamento le caratteristiche degli allievi e cioè le loro diversità, i loro stili, le loro potenzialità. In questa prospettiva l’articolazione lunga del curricolo consente di accompagnare l’alunno lungo il percorso formativo, innestando la

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progressiva differenziazione dei compiti di apprendimento su una più solida base conoscitiva.

Gli istituti comprensivi possono, più facilmente costruire un linguaggio comune, un lessico più attento alle esigenze formative degli alunni. Sull’asse insegnamento/apprendimento si dovrebbe avere uno spostamento verso il polo «apprendimento», e quindi un maggior peso dato alla conoscenza delle caratteristiche degli allievi. Negli istituti comprensivi, proprio perché è possibile distendere e accompagnare nel tempo l’osservazione si riesce a cogliere meglio diversità, stili e potenzialità degli allievi, innestando su tali diversità la progressiva differenziazione dei compiti di apprendimento. La continuità non può, infatti, significare piattezza di proposte. Poiché gli insegnanti costituiscono un unico gruppo professionale, nell’istituto diventa possibile una maggiore differenziazione ed articolazione dei percorsi curricolari.

Gli spazi sperimentali aiutano quindi a reinterpretare gli obiettivi della formazione di base

evidenziando obiettivi formativi e competenze degli allievi in termini unitari. Curricolo verticale

non significa, dunque, limitarsi ad una diversa distribuzione dei contenuti di conoscenza, ma enfatizzare il valore formativo di tali contenuti. Si tratta, però, di investire di questa valenza formativa non solo le aree collaterali del progetto educativo, le cosiddette discipline integrative, ma il «core curriculum». Questo significa impegnarsi nella ricerca su aree strategiche fondamentali, ad esempio su percorsi curricolari verticali di lingua, di matematica, di storia, di scienze, visti come approcci decisivi alla formazione del pensiero..

Nella logica «lunga» dell’istituto comprensivo risulta più agevole di quanto non avvenga separatamente nella scuola elementare e nella scuola secondaria di I grado calibrare il progressivo passaggio da un’impostazione unitaria ad una progressiva differenziazione degli apprendimenti e delle conoscenze . Le discipline pongono dei vincoli e dei confini alle conoscenze, ma proprio per questo ne rappresentano la struttura portante: occorre dunque salvaguardare il valore dell’unitarietà e della trasversalità della conoscenza, senza però perdere la forza conoscitiva dello specifico «disciplinare».

L’organizzazione del curricolo verticale può stimolare innovazioni sul piano metodologico e

dell’organizzazione formativa delle discipline, da interpretare nella loro versione a bandalarga, per facilitare connessioni, rapporti, consapevolezze.

La verticalità non si risolve solo nella facile contrapposizione tra primarietà, un approccio alla conoscenza basato su una dimensione eminentemente percettiva ed operativa e secondarietà un approccio già filtrato dalle rappresentazioni simboliche, tra vicinanza e distanza ,tra contesto e testo, tra informale e formale, tra pre-disciplinare e disciplinare.

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L’intreccio tra le due polarità fa parte del ritmo dell’apprendimento e

pervade tutto l’itinerario conoscitivo, dai 3 ai 14 anni. Non è possibile demarcare nettamente il rapporto tra queste due fasi, magari facendolo coincidere con una lettura contrapposta degli assetti curricoli di scuola

elementare e media. Così come non è pensabile ipotizzare un incontro secco con la secondarietà, al momento dell’ingresso degli allievi nella scuola secondaria di I grado o alla quinta classe elementare.

Il curricolo verticale facilita il progressivo incontro, fin dalla scuola dell’infanzia, dei bambini con i saperi, cioè con le parole, i linguaggi, le conoscenze, gli strumenti, che permettono la ricostruzione culturale dell’esperienza vissuta, dell’ambiente e dello spazio.

Curricolo verticale non significa elidere i fattori di una discontinuità positiva ma ricomprenderli in una visione di grande respiro progettuale che assicuri coerenza e coesione all’intera formazione di base fornendo a tutti gli allievi uguaglianza di opportunità in una età decisiva perla loro crescita.

La forte sollecitazione alla continuità verticale e orizzontale è risorsa irrinunciabile per

la costruzione di curricoli coerenti, efficaci, contestualizzati.

Continuità e curricolo verticale

E’ noto a tutti che la continuità educativa è uno dei nodi per ilsuccesso scolastico ma la continuità che assicuri ad ogni alunno la costruzionedella propria identità; snodandosi lungo tutto l’arco della scolarità, inorizzontale e verticale. Essa dovrebbe muoversi su più versanti con interventi diprevenzione, di sviluppo e di progettazione di itinerari curricolari articolati,organici, condivisi. Le maggiori difficoltà che si riscontrano nei passaggi tra ivari gradi scolastici sul piano della relazione educativa ed è qui importantesottolineare che la continuità non va intesa soltanto in senso ascendente inquanto gli alunni passano verso l’alto, ma anche in senso discendente. Moltepratiche didattiche, proprie della scuola materna, possono essere utilmenteriprese dalla scuola elementare, così come le metodologie di questa ultimasuggeriscono indicazioni importanti per gli insegnanti della scuola media che,anche per la loro formazione, sono spesso più concentrati sui contenuti chesulle modalità di apprendimento successivo. Un aspetto cruciale della continuitàeducativa è costituito dalla progressiva armonizzazione dei metodi, cioè dellemetodologie e strategie didattiche, degli stili educativi, delle concezioni e dellepratiche di insegnamento/apprendimento.

Il curricolo verticale potrebbe aiutare a risolvere l’insuccesso scolastico,che resta uno dei temi più spinosi del nostro sistema educativo; sempre piùfonte di insuccesso si rivela il cosa, il come e il dove si insegna; nodi questicentrali della didattica e del modo in cui la scuola si rapporta con gli studenti.

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Uno snodo delicato è dato dal passaggio dalla scuola primaria a quellasecondaria ed in particolare dalla scuola secondaria di I grado a quella di IIgrado, poiché è soprattutto in queste ultime che si avvertono i disagi dello starea scuola, accompagnati da difficoltà e da scarsa disponibilità all'apprendere. Inparticolare nella scuola secondaria di I grado, che ha il compito di avviare adapprocci disciplinari più sistematici, sorgono problemi e nascono "dissapori", senon "disamori" per la stessa cultura. Non è raro che si assista, da parte deglialunni, a un calo di interesse e di curiosità per il sapere, ad un abbassamentodel gusto di "imparare", oltre che ad una riduzione di "senso" nel frequentare lascuola, che si accresce quando lo studente approda alla scuola secondaria di IIgrado. Nonostante la scuola lavori su più fronti per risolvere questo grossoproblema, viene da chiedersi cosa non funziona. Una prima risposta può esserela difficoltà, che attraversa ogni grado scolastico, a far diventare patrimoniodell’istituzione scolastica le buone pratiche realizzate da singoli o gruppi didocenti, a renderle azioni sistemiche svincolate dal gruppo che le promuove edalle contingenze che le favoriscono. Altro motivo, che reclama un impegnocostante sul curricolo in senso verticale, è la proliferazione e la continuaevoluzione delle conoscenze e dalla circolazione di nuove acquisizionitecnologiche, linguaggi e logiche multimediali, delle quali l'universo dei giovaniè imbevuto. Giovani che rivelano modalità di apprendimento, diverse dalpassato: aggregative, enfatiche e partecipative piuttosto che oggettive edistaccate. Si è sottolineato spesso che la cognizione dei giovani avvienepiuttosto per immersione, computer, musica, televisione che per astrazione. Inloro sembra dominare un tipo di intelligenza, simultanea, caratterizzata dallacapacità di trattare nello stesso tempo più informazioni, senza però che siapossibile stabilire tra di esse un ordine, una successione, quindi una gerarchia.L’ intelligenza sequenziale e lineare, che procedere gradi, è meno presente eprevalentemente da sviluppare. Invece abbiamo una scuola secondaria di I e IIgrado che propone spesso saperi scolastici cristallizzati, concepiti come uninsieme chiuso, Tutto ciò crea non pochi problemi a molti alunni, poiché sitrovano di fronte ad un insegnamento adatto per una mente non in formazione,ma adulta: astratto e analitico, distante da quello concreto, globale e sintetico,proprio di quello adolescenziale dal quale invece si dovrebbe partire. Lasituazione si complica con la presenza talvolta massiccia di stranieri nelle classi,che invoca un deciso cambio di rotta. Affrontare tutti questi problemi non è unimpegno di poco conto. Anzi per la scuola è una sfida che la obbliga adinterrogarsi su come intervenire e operare per realizzare alcuni difficili passaggi,tutti improntati all’eterogeneità, che investono il terreno della complessità.Bisogna assolutamente lavorare sul curricolo verticale che però èun’operazione complessa e che richiede un impegno costante e luoghiappropriati – laboratori - destinati alla progettazione, sperimentazione, ricercae sviluppo.

Per realizzare questo tipo di impegno occorre prendere in esame alcunifondamentali aspetti del curricolo: Essenzialità, trasversalità, sostenibilità,progressività, ricorsività, problematicità/criticità organicità, operatività,generatività e formatività.

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Riguardo agli aspetti costitutivi del curricolo prioritaria è, dal nostropunto di vista, la riflessione sul cosa e sul come si insegna, anche sel’ambiente (spazi/contesti) in cui si insegna e gli strumenti che si utilizzano, nonsono marginali..

Organizzazione del lavoro sul curricolo verticale

Gli articoli 2, 3, 6 del regolamento sull’autonomia, prevedonol’attivazione della ricerca, sperimentazione e sviluppo nelle scuole, offrendo lapossibilità di costituire dei veri e propri laboratori di ricerca, dove si elaborano,in piena autonomia e dignità culturale, modelli di indagine e di sperimentazione,soprattutto legati al curricolo, cuore dell’autonomia didattica. Per rendereoperativi gli articoli in questione bisogna però creare condizioni che nesollecitino la pratica, definendo in primo luogo il tipo di ricerca; una ricerca cioèadatta alla scuola, in grado di raccordare teoria e pratica in vista delle esigenzedi formazione, i cui attori, impegnati attivamente e responsabilmente in questoraccordo, sono gli insegnanti.

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Bibliografia

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Bruner J. ( 1977), La cultura dell’educazione, Milano, Feltrinelli.

Bruner J. ( 1970), Dopo Dewey, Roma, Armando.

Cambi F. ( a c. di) ( 2002), La progettazione curricolare nella scuola contemporanea, Roma, Carocci.

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Laporta R., Pontecorvo C., Simone R., Tornatore L. ( a c. di) ( 1978), Curricolo e scuola, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana.

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LA VALUTAZIONE E LE INDICAZIONI

a cura di M. G. Orsini

“Agli insegnanti compete la responsabilità della valutazione e la cura della documentazione didattica, nonché la scelta dei relativi strumenti nel quadro dei criteri deliberati dai componenti organi collegiali. La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle condotte a termine. Assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo.

Alle singole istituzioni scolastiche spetta poi la responsabilità dell’autovalutazione, che ha la funzione di introdurre modalità riflessive sull’intera organizzazione dell’offerta educativa e didattica della scuola, ai fini del suo continuo miglioramento, anche attraverso dati di rendicontazione sociale o dati che emergono da valutazioni esterne.

L’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione ha il compito di rilevare la qualità dell’intero sistema scolastico nazionale, fornendo alle scuole, alle famiglie e alla comunità sociale, al Parlamento e al Governo elementi di informazione essenziali circa la salute e le criticità del nostro sistema di istruzione, e questo all’interno di un confronto internazionale che oggi va assumendo sempre più rilevanza.”

Dal testo “Indicazioni per il curricolo per la scuola

dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione” (pag. 24-25)

Il tema della valutazione degli alunni è stato negli ultimi anni oggetto di molti dibattiti, ma resta tuttavia un nodo ancora irrisolto. Le Indicazioni per il curricolo sollecitano al proposito un ulteriore e dovuto approfondimento.

Nel testo, le venti righe del paragrafo Valutazione distinguono fra: valutazione didattica, autovalutazione delle istituzioni scolastiche e valutazione dell’intero sistema educativo di istruzione e formazione professionale, affidato all’Invalsi.

Riguardo alla prima delle tre categorie, la valutazione degli alunni (quella che interessa il nostro gruppo di lavoro, essendo direttamente legata all’organizzazione del curricolo), si afferma che agli insegnanti compete la responsabilità della valutazione e la cura della documentazione didattica, nonché la scelta dei relativi strumenti nel quadro dei criteri deliberati dai competenti organi collegiali. La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle condotte a termine. Assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo.

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Viene come si vede richiamata la triplice funzione della valutazione: diagnostica in fase iniziale, formativa in itinere, sommativa finale; si riconferma inoltre la responsabilità dei docenti in merito all’atto valutativo: scelta degli strumenti e della documentazione.

Resta tuttavia aperto più di un aspetto. Intanto l’oggetto della valutazione e le sue diverse dimensioni:

a) Quale sarà l’oggetto da valutare? Gli obiettivi di apprendimento, le conoscenze, le abilità, le competenze, il comportamento?

b) Mediante quale lo strumento? Si proseguirà con le schede che negli ultimi tre anni molte scuole hanno elaborato sulla falsariga di quello ministeriale previgente o si tornerà ad una scheda di valutazione ministeriale?

c) E in quest’ultima eventualità, come da molti viene richiesto, il contenuto della scheda/documento sarà curvato maggiormente nel senso di comunicazione o di certificazione? O potrebbe trattarsi di due atti distinti?

d) E cosa inserire nella documentazione didattica di supporto all’atto valutativo, di cui parlano le Indicazioni?

Oltre a ciò, la preminente funzione formativa assegnata alla valutazione richiama anche un suo essere risorsa per l’apprendimento, nell’ottica di un feedback continuo che migliora l’autoriflessione degli alunni sul processo cognitivo (metacognizione) e rinforza la loro motivazione.

Tutti gli aspetti considerati, alla luce della questione più discussa nel quadro generale della valutazione -la certificazione delle competenze- inducono a una riflessione attenta e ponderata sulla duplice valenza dell’atto valutativo: formativa e di garanzia di affidabili certificazioni.

Può essere utile vedere come il concetto di competenza e le questioni connesse alla valutazione siano stati affrontati da alcuni autori, che più di altri si sono occupati di tale tematica, in alcuni interventi a partire dallo scorso anno scolastico sulla rivista L’educatore.

Paolo Calidoni, ribadendo che la scelta degli strumenti, della documentazione, eccetera siano “di stretta pertinenza tecnica e professionale, affidate alla libertà d’insegnamento”, ritiene però che la scuola abbia “la responsabilità di rendere conto del processo e degli esiti dell’azione formativa”; e che a tal fine debbano essere utilizzati “criteri, modalità e strumenti che consentano un confronto informativo, cioè nell’ambito di procedure condivise e con standard di riferimento univoci.”

Calidoni auspica che le nuove Indicazioni (il suo intervento usciva mentre il documento delle Indicazioni mentre era in corso di elaborazione) svolgano proprio la funzione appena illustrata, tenendo conto del contesto internazionale in cui l’Italia si colloca; e propone come possibile riferimento condiviso “i livelli di competenza funzionale definiti dall’OCSE”.

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Ora, crediamo che sicuramente le Indicazioni, nell’individuare i Traguardi per lo sviluppo delle competenze hanno come riferimento il contesto europeo e internazionale. Ma lasciano aperta, e non poteva essere diversamente in questa fase, la questione documento di valutazione.

A tale proposito Calidoni suggerisce come “l’eventuale adozione, prescritta per norma, di una ‘sobria scheda’ in cui gli insegnanti siano chiamati a indicare, con periodicità larga, la posizione delle prestazioni dell’alunno in rapporto a livelli espliciti di ‘competenza funzionale’ in pochi campi essenziali, rientra in questa categoria.”

Mario Castoldi, ricordando le note definizioni e descrizioni che diversi autori hanno suggerito a proposito del termine competenza, indica tre “problemi valutativi”: “la determinazione dell’oggetto, la raccolta dei dati e delle informazioni, l’espressione del giudizio.”

Riguardo al primo dei tre problemi, per Castoldi “si tratta di descrivere le competenze che costituiscono oggetto della valutazione, attraverso una formulazione che riesca a cogliere la specificità sottesa al concetto di competenza e il suo valore aggiunto in rapporto alle nozioni di conoscenze o abilità.”

In merito alla raccolta dei dati Castoldi, richiama in parallelo la definizione del termine competenza data da Michele Pellerey –“capacità di far fronte ad un compito, o ad un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto e ad orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive e a utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e fecondo”- e la rappresentazione dello stesso concetto come un iceberg nel quale è presente una componente emersa, visibile, esprimibile, osservabile e valutabile (conoscenze e abilità ) e una componente sottostante non visibile, implicita, costituita da aspetti non immediatamente osservabili ( motivazione, impegno, immagine di sé, consapevolezza, ruolo sociale, strategie metacognitive, ). E quindi si pone il problema di quali siano i fattori da considerare ai fini della raccolta delle informazioni. Tale problematicità nell’osservazione della competenza è determinata innanzitutto dalla “sua natura processuale “ che “richiede di essere assunta nella sua valenza dinamica; ciò richiede di considerare i fattori motivazionali, metacognitivi, attribuzionali che condizionano la manifestazione di un comportamento competente.”

Inoltre, se la competenza, le diverse competenze, sono legate anche a un contesto situazionale, è richiesto all’osservatore un ulteriore sforzo.

Arriviamo così al terzo punto, ossia alla valutazione e all’espressione del giudizio, per Castoldi momento ancor più spinoso in “una prospettiva di certificazione sociale del possesso di determinate competenze”. Qui si debbono coniugare, è questo il momento critico, “la natura singolare dell’espressione della competenza, riferita a uno specifico contesto d’esercizio, e il valore universale dei parametri con cui apprezzarla e confrontare le diverse prestazioni.”

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Mario Comoglio allarga il tema della valutazione – soprattutto quella

formativa- agli effetti emotivo-emozionali che essa ha sull’apprendimento, determinando la percezione che l’alunno può avere di sé:spesso ad una valutazione positiva corrisponde una percezione positiva e ad una valutazione negativa segue una corrispondente negativa percezione. Chiedendosi quale pratica valutativa sia la più adatta ad accrescere la motivazione degli alunni e per incrementare il successo formativo lo studioso propone, sulla falsariga di altri autori, modelli possibili di “valutazione per l’apprendimento” .

È forse partendo dalle posizioni di Comoglio che si dovrebbe proseguire verso il necessario approfondimento sul tema della valutazione; approfondimento che così coniugherebbe sicuramente le istanze sociali legate alla certificazione alla necessità di valorizzare l’esperienza soggettiva.

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LA VALUTAZIONE,

UNA RESPONSABILITÀ DIFFUSA E CONDIVISA

a cura della D.S. Daniela Magno

Indice

UNA SCUOLA DI QUALITÀ PER TUTTI. LA VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DELLA VALUTAZIONE

QUADERNO BIANCO SULLA SCUOLA (Ministero della Pubblica Istruzione-Ministero dell’Economia, settembre 2007)

La centralità della valutazione, il ritardo italiano.

L’esperienza internazionale.

La costruzione di un sistema nazionale di valutazione.

La diagnosi.

L’IMPORTANZA DELLA VALUTAZIONE ESTERNA

ATTI DEL SEMINARIO INTERNAZIONALE “PERCHÉ L’ACQUA BOLLE” (ADI, 29 febbraio - 1 marzo 2008)

Intervento del presidente del servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (invalsi):

- Conta la valutazione esterna? Per gli studenti, per le scuole, per le decisioni politiche, per le valutazioni interne

- Dove va l’INVALSI: valutazione delle e con le scuole, valutazione esami di stato, valutazione dirigenti scolastici

LA SPERIMENTAZIONE BIENNALE. INDICAZIONI DEFINITE, MA NON DEFINITIVE

INDICAZIONI PER IL CURRICOLO (Ministero della Pubblica Istruzione, settembre 2007)

Presentazione: testo come strumento di lavoro.

DIFFUSIONE DI UNA CULTURA VALUTATIVA AI FINI DI UN MIGLIORAMENTO COSTRUTTIVO

L’ORGANIZZAZIONE DEL CURRICOLO (Ministero della Pubblica Istruzione, settembre 2007)

Rispetto e valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche

Valutazione: le responsabilità a livello di micro, meso, macro-sistema

PUNTI DI FORZA / CRITICITÀ

Il parere degli estensori, G. Domenici e F. Frabboni:

- Protagonismo di una scuola reale.

- Alcune impurità… tra esse la valutazione.

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QUADERNO BIANCO SULLA SCUOLA

Ministero della Pubblica Istruzione - Ministero dell’Economia e delle Finanze

settembre 2007

La centralità della valutazione, il ritardo italiano

Il prolungato insuccesso nell'avviare un sistema nazionale di valutazione sugli apprendimenti, anche dopo l'avvio del decentramento, è un fattore importante del ritardo italiano. Ha impoverito gli strumenti a disposizione degli insegnanti per orientare la propria attività; ha privato le autorità di governo della scuola della possibilità di apprezzare i risultati del sistema e di fissare operativamente standard di apprendimento; non ha permesso l'adozione di strumenti innovativi per monitorare e favorire i progressi delle singole scuole; ha tolto, assieme alle incertezze sulla credibilità dei titoli, uno strumento di guida per studenti, famiglie e interessi del territorio.

L’esperienza internazionale

In base all'esperienza internazionale, la limitazione della misurazione degli apprendimenti alle sole conoscenze e competenze misurabili e la sofisticazione dei metodi con cui valutare il contributo della scuola a questi risultati (scontando le origini sociali degli studenti e il contesto territoriale) richiedono che l'utilizzo della valutazione, qualunque esso sia (per azioni rimediali, promozione di voice o exit degli studenti, incentivazione delle scuole e degli insegnanti, integrazione dell'autovalutazione), non avvenga con automatismi. Gli automatismi, specie se perduranti e rigidi nel tempo, tendono a produrre effetti perversi sulla qualità della scuola, quali la distorsione dei contenuti dell'insegnamento, la penalizzazione delle eccellenze e delle situazioni di massimo ritardo, fino all'emarginazione delle sezioni più deboli della popolazione studentesca. È tuttavia possibile utilizzare in modo appropriato la valutazione degli apprendimenti e del valore aggiunto della scuola. A questo fine è opportuno:

- misurare sia conoscenze e abilità, sia competenze; - valutare i progressi degli studenti nel tempo, anziché effettuare confronti fra scuole

o nel tempo di aggregati studenteschi diversi; - assicurare flessibilità e modificabilità nelle regole di impiego dei risultati della

valutazione; - combinare utilizzi diversi dei risultati, attivando, a un tempo, l'azione rimediale

disegnata con insegnanti e scuola, l'incentivo contrattuale e la promozione dell'attivismo da parte degli utenti del servizio;

- fornire alle scuole e agli insegnanti un supporto affinché i risultati delle valutazioni divengano parte del miglioramento concreto dell'azione educativa.

UNA SCUOLA DI QUALITÀ PER TUTTI

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La costruzione di un sistema nazionale di valutazione

I tentativi di costruire un sistema nazionale di valutazione in corso da oltre quindici anni non hanno ancora sortito un risultato. La reazione degli insegnanti non è mancata: in molte realtà, in larga misura del Nord, la realizzazione di percorsi di autovalutazione, la costruzione di reti fiduciarie fra scuole, i rapporti con il tessuto economico territoriale (per gli istituti tecnici e professionali), il ricorso esteso a OCSE-PISA o a valutazioni esterne ad hoc hanno dato impulso e strumenti per indirizzare l'azione formativa e migliorarne l'efficacia. Ma, oltre alla natura territoriale circoscritta, queste esperienze non possono permettere quella verifica e tutela di standard nazionali di apprendimento e quel confronto su dati condivisi che è proprio di un sistema scolastico nazionale. Sono le debolezze che hanno concorso alla sofferenza del sistema italiano.

La diagnosi

L'esperienza italiana mostra comunque che:

- la valutazione (anche esterna) è richiesta dalla maggioranza degli insegnanti, anche se esiste una minoranza contraria che la vede come uno strumento di controllo, anziché un mezzo per migliorare;

- nelle esperienze locali, dove si manifesta l'autonoma volontà delle scuole di ricorrere alla valutazione, anche esterna, vi è grande attenzione alle modalità di circolazione dei risultati;

- l'insuccesso dei tentativi di costruire un sistema nazionale di valutazione è legato in forte misura all'assenza di chiarezza circa il suo utilizzo e ad una sottovalutazione dello straordinario impegno di ricerca, organizzativo e professionale necessario per raggiungere quel risultato;

manca una base informativa di riferimento: i risultati delle indagini esistenti non sono tutti facilmente accessibili e in generale si è fatta troppo poca valutazione degli effetti della valutazione (A.A.V.V., 2007).

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75%

61%

49%

56%

56%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

… m a é im probab ile ches iano in trodotte fo rm e d i

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lavoro

M.P.I., Slide n. 25, 21 settembre 2007

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ATTI DIEL SEMINARIO INTERNAZIONALE “PERCHÉ L’ACQUA BOLLE”

ADI, 29 febbraio - 1 marzo 2008

Il parere del presidente del servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI)

Conta la valutazione esterna? Per gli studenti, per le scuole, per le decisioni politiche, per le valutazioni interne

Restituisce consapevolezza agli studenti

In primo luogo restituisce consapevolezza agli studenti. Una valutazione esterna permette un posizionamento su una scala assoluta piuttosto che su una scala relativa. Mi spiego con un esempio. Se io fossi un insegnante in una classe difficile, cosa potrei fare? Non potrei che aggiustare la soglia rispetto agli alunni che mi trovo di fronte. E questo spiega perché non si riscontrano grandi differenze nei punteggi fra le varie aree del paese. Non si possono bocciare 20 alunni nelle classi difficili del mezzogiorno o delle aree povere deindustrializzate del nord. Gli insegnanti cercano di aiutare chi sta più in basso. Però capita che il posizionamento su quella soglia relativa non tiene mai presente l'eccellenza. E non è un caso che in Italia abbiamo ovunque pochissime eccellenze. Ad esempio i dati PISA del Veneto sono straordinari in termini di rendimenti medi, ma anche in questa regione ci sono pochissime eccellenze. Perché? Ci dobbiamo interrogare su questo. L'assenza di un parametro standardizzato e uniforme rischia di non far correre i cavalli che potrebbero correre.

Restituisce consapevolezza alle scuole

E ancora restituisce consapevolezza alle scuole, trasformandosi in un grande stimolo al miglioramento, indipendentemente dai meccanismi istituzionali che si possono adottare nell'utilizzo delle valutazioni. Ci sono meccanismi istituzionali che ricorrono più al mercato: si pubblicano i dati, perché le famiglie conoscano le scuole che hanno di fronte e possano scegliere. Ce ne sono altri più cauti, si inviano ad esempio gli ispettori, che insieme agli insegnanti ragionano e ricercano strategie per migliorare la situazione. In ogni caso, l'elemento portante è dare a tutti cognizione e consapevolezza di chi si è. La valutazione esterna è uno specchio fondamentale per le scuole.

Restituisce consapevolezza ai decisori politici

È uno strumento indispensabile per i decisori politici, perché la conoscenza del sistema li aiuta a identificare le priorità.

L’IMPORTANZA DI UNA VALUTAZIONE ESTERNA

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Restituisce credibilità alle valutazioni interne delle scuole

Infine la cosa che più mi preme sottolineare è che non esiste contraddizione tra valutazione esterna e valutazione interna. In presenza di una valutazione esterna, anche la valutazione interna, che le scuole fanno su se stesse, riacquista credibilità . E' questo l'elemento che io considero più importante di tutti: il fatto che le due valutazioni si parlino e, come dicono gli economisti, siano complementari.

Dove va l'INVALSI ?

In conclusione voglio indicarvi alcune linee strategiche su cui stiamo lavorando all'INVALSI. Esse sono così sintetizzabili:

1. Valutazione degli apprendimenti per singola scuola

2. Valutazione delle prove naturali degli esami di stato

3. Valutazione dei dirigenti scolastici:

Valutazione degli apprendimenti per singola scuola

Stiamo lavorando alla definizione di un sistema di valutazione degli apprendimenti per singola scuola, che vorrebbe avere le seguenti caratteristiche:

a) Valutazione con le scuole.

Siamo convinti che se la valutazione non diventerà un elemento che aiuta le scuole nella loro azione, difficilmente si potrà costruire una valutazione utile. Peraltro con indagini di grandi dimensioni non è possibile pensare a somministratori esterni, ad un sistema di controllo esterno che garantisca la qualità dei numeri. Non è possibile per un problema di organizzazione e per un problema di costi. Allora solo una valutazione fatta con le scuole, che valorizzi la necessità per le scuole di avere un punto di riferimento esterno, potrà funzionare.

b) Valutazione come elemento diagnostico

al servizio delle scuole, come elemento fondamentale di conoscenza per consentire alle scuole di intervenire in modo adeguato e coerente

c) Valutazione del valore aggiunto

(in fase di progettazione), per capire e valutare qual è il contributo che, depurato dei vari condizionamenti, la singola scuola di per sé dà (o non dà) agli apprendimenti dei ragazzi.

Valutazione delle prove naturali degli esami di stato

Stiamo lavorando alla valutazione delle prove naturali degli esami di stato, i risultati saranno disponibili fra breve. Quello che abbiamo fatto è stato chiedere ad alcune commissioni degli esami di stato di rinviarci le prove.

Ora le stiamo riesaminando, cercando di capire che cosa si può imparare da queste prove naturali.

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E questo per venire incontro a chi dice: "I test di PISA sono lontani dalla nostra tradizione, il modo naturale di esprimersi dei nostri ragazzi sono queste prove legate al nostro modo di insegnare ".

Stiamo cercando di capire se da questi elaborati si possa imparare qualcosa al riguardo.

Valutazione dei dirigenti scolastici

Stiamo lavorando a un modello di valutazione dei dirigenti scolastici. In questo siamo solo consulenti del ministero. Il nostro ruolo è quello di progettare un modello che poi sarà passato al ministero, il quale ne farà presumibilmente oggetto di trattativa. (P. Cipollone, 2008)

PRESENTAZIONE DELLE INDICAZIONI PER IL CURRICOLO: TESTO COME STRUMENTO DI LAVORO

Il testo si presenta come uno strumento di lavoro. In altre parole, come più volte ho ricordato, intendiamo promuovere un processo costante di innovazione, fatto di buone pratiche, di piccoli passi concreti di miglioramento; una via alternativa alla prospettiva sempre un po’ aleatoria di una grande riforma, che finisce per invecchiare ancora prima di realizzarsi.

Il rinnovamento della scuola non può essere solo l’esecuzione o l’applicazione di direttive e decreti, calati dall’alto e imposti dalla norma. Lo escludono la natura stessa dei processi di insegnamento/apprendimento che si realizzano nel vivo di dinamiche relazionali assai complesse, in cui agli operatori scolastici viene riconosciuta un’ampia autonomia professionale.

Il testo che oggi presentiamo costituisce appunto un momento qualificante di questo processo. Le scuole sono infatti chiamate a “ mettere alla prova” le indicazioni nella progettualità e nella quotidianità delle attività di aula. (G.FIORONI, 31 luglio 2007)

LA SPERIMENTAZIONE BIENNALE DELLE INDICAZIONI PER IL CURRICOLO.

INDICAZIONI DEFINITE, MA NON DEFINITIVE

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INDICAZIONI PER IL CURRICOLO

per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione

Ministero della Pubblica Istruzione

settembre 2007

L’ORGANIZZAZIONE DEL CURRICOLO: RISPETTO E VALORIZZAZIONE DELL’AUTONOMIA DELLE SCUOLE

Le Indicazioni costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole

Valutazione: le responsabilità a livello di micro, meso, macro-sistema

Agli insegnanti compete la responsabilità della valutazione e la cura della documentazione didattica, nonché la scelta dei relativi strumenti nel quadro dei criteri deliberati dai competenti organi collegiali. La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle condotte a termine. Assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo.

Alle singole istituzioni scolastiche spetta poi la responsabilità dell’autovalutazione, che ha la funzione di introdurre modalità riflessive sull’intera organizzazione dell’offerta educativa e didattica della scuola, ai fini del suo continuo miglioramento, anche attraverso dati di rendicontazione sociale o dati che emergono da valutazioni esterne.

L’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione ha il compito di rilevare la qualità dell’intero sistema scolastico nazionale, fornendo alle scuole, alle famiglie e alla comunità sociale, al Parlamento e al Governo elementi di informazione essenziali circa la salute e le criticità del nostro sistema di istruzione, e questo all’interno di un confronto internazionale che oggi va assumendo sempre più rilevanza.

Il punto di forza: protagonismo di una scuola reale

Protagonismo della scuola reale: della periferia, in carne ed ossa. Quest’ultimo punto/qualità - forse il più prestigioso - fa tutt’uno con la richiesta alla scuola militante

L’ORGANIZZAZIONE DEL CURRICOLO

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(agli allievi, agli insegnanti, ai genitori, alle forze sociali) di co-gestire il biennio di sperimentazione delle Indicazioni per il curricolo. Il che significa non solo democratizzare l’istruzione di base offerta alle giovani generazioni, ma anche dare un salutare giro di manovella alla scuola dell’autonomia : finalmente chiamata a valutare e a decidere la qualità delle conoscenze e delle dinamiche relazionali che intende promuovere nei propri circuiti formativi. (G.DOMENICI, F.FRABBONI,2007)

Le criticità: alcune impurità…tra esse la valutazione

Alcune impurità non permettono di far sì che tutto brilli alla luce intensa nelle Indicazioni per il curricolo. Ci riferiamo a tre parole al maiuscolo dell’alfabeto della scuola che avremmo voluto meglio fondare sul piano teorico e più ricche di suggerimenti empirici: l’ambiente, i disabili, la valutazione.

Nei prossimi due anni di messa-in-forma didattica del Testo Ministeriale, siamo certi che la scuola dell’Autonomia potrà rivolgere particolari attenzioni e proposte di protagonismo formativo a queste tre frontiere educative che sono determinanti per la qualità dell’offerta di istruzione nella nostra scuola di base… Le indicazioni definite, ma non definitive, come è stato più volte ribadito, si arricchiranno non già demagogicamente degli esiti di un tanto improbabile quanto impari dibattito tra le scuole, docenti e più o meno esperti opinionisti a livello nazionale, ma dei risultati di analisi critiche teorico-culturali ed empiriche, immediate, persino preventive, in itinere ed ex post cui potranno partecipare tutti, scuole, famiglie, esperti, enti locali e di ricerca secondo modalità utili per l’affiancamento e l’accompagnamento della prova sul campo. (G.DOMENICI, F.FRABBONI,2007)

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IL CURRICOLO LOCALE

a cura della D.S. Gabriella Serafini e dell’ins. A. Pallini

L’art. 8 del D.P.R. 275/1999 assegna alle scuole la possibilità di determinare una quota del curricolo obbligatorio, scegliendo liberamente discipline e attività da proporre nel proprio Piano dell’Offerta Formativa al fine di:

- valorizzare il pluralismo culturale e territoriale, pur nel rispetto del carattere unitario del sistema di istruzione, garantito dalla quota definita a livello nazionale;

- rispondere in modo adeguato alle diverse esigenze formative degli alunni, che si determinano e si manifestano nel rapporto con il proprio contesto di vita;

- tenere conto delle esigenze e delle richieste delle famiglie, degli enti locali e, in generale, dei contesti sociali, culturali ed economici del territorio di appartenenza delle singole scuole.

La necessità di destinare una quota del monte ore annuo ad attività legate al territorio nasce dal bisogno emergente negli individui di riappropriarsi delle proprie radici locali rispetto ad una società globalizzata che, in un’ottica di relazioni ormai di livello planetario, tende ad annullarle, assimilando e uniformando consumi, abitudini, stili di vita.

Allo stesso tempo, i flussi migratori verso l’Italia, notevolmente aumentati, pongono cittadini di diverse culture a stretto contatto tra loro, a volte generando tensioni, rifiuti, chiusure, dovuti alla vicinanza di ciò che è sentito come “diverso” e, solo per questa sua caratteristica, pericoloso per se stessi e per la propria identità.

Una società così caratterizzata pone il ragazzo di fronte a possibilità di scelta infinite, di fronte alle quali non sempre egli riesce a trovare una propria identità. Alla scuola è assegnato il compito di supportarlo nel suo rapporto con il proprio contesto di vita, elaborando proposte formative che lo rendano consapevole e partecipe del suo contesto, capace di coglierne le ricchezze culturali e di individuare le opportunità per realizzare se stesso.

Conoscere, riconoscere, ricostruire e valorizzare il proprio patrimonio culturale infatti può condurre ad apprezzare la propria storia (personale, familiare, sociale) per essere così aperti alla conoscenza di quella degli altri, in una cultura del confronto e dello scambio che si basi sui presupposti della convivenza civile e democratica.

Solo in questo modo il locale non scomparirà nel globale, ma sarà un suo elemento di ricchezza, e la stessa costruzione della cittadinanza europea sarà

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possibile, perché sarà arricchita dalla consapevolezza delle peculiarità di ciascuno e, insieme, dall’individuazione degli elementi comuni.

Facendo incontrare a scuola, in percorsi didattici intenzionali, la cultura diffusa, quella dell’extrascuola, con quella “ufficiale”, si evita il frazionamento del sapere e si trasmette al soggetto che apprende la consapevolezza dell’importanza di ogni forma di cultura, in quanto espressione dell’umanità che l’ha prodotta.

Il proprio ambiente di vita diventa così il luogo delle esperienze concrete, degli apprendimenti vivi, una palestra dove allenare le proprie capacità di esprimersi, di confrontarsi, di imparare, il contesto in cui crescere e realizzare se stessi, anche dal punto di vista professionale.

Così le tradizioni locali, le forme artistiche artigianali, le produzioni dialettali, le attività economiche caratteristiche di un territorio, il suo ambiente naturale, la sua musica popolare entrano nella scuola, possono essere tramandate e contribuiscono a ricostruire l’identità locale dei singoli territori che molto spesso rischia di essere perduta e, altrettanto spesso, viene rinnegata dai giovani, indotti dalle tecniche di mercato a vivere più nel globale che nel proprio mondo concreto.

Chiamata ad assolvere questo compito educativo, per la scuola è indispensabile un rapporto costante con il territorio, perché esso è il contesto da cui provengono i bisogni formativi che è chiamata a soddisfare.

La scuola quindi deve “andare verso” il territorio per conoscerlo. Allo stesso tempo, tuttavia, la scuola deve “fare entrare” il territorio all’interno delle sue aule, poiché gli elementi che lo costituiscono (patrimonio naturalistico, storico, artistico, culturale, ma anche sociale e relazionale) sono quelli dove l’allievo è inserito, quelli di cui dovrà farsi custode, attento e sensibile.

Forse così sarà possibile per la scuola colmare la distanza che la separa dagli interessi e dal contesto di vita dei suoi studenti e che genera quel senso di distacco che può portare alla dispersione.

Pertanto, collaborare con tutti i soggetti del proprio contesto, lavorare per rispondere alle esigenze sociali evidenziate, è un fattore di successo per un’istituzione scolastica che voglia essere significativa nella vita dei suoi studenti.

Il curricolo locale rappresenta una possibilità offerta dalla normativa sull’autonomia alle singole istituzioni scolastiche di rispondere in modo adeguato, puntuale e rapido ai bisogni formativi evidenziati nel proprio contesto di riferimento, pur nel rispetto del senso di appartenenza, della memoria culturale, dell’identità storica dello Stato e di uniformi possibilità di

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formazione sul territorio nazionale, elementi garantiti dalla presenza di una quota del curricolo (l’80%) di livello nazionale, quindi condivisa da ogni scuola.

Spetta alle scuole realizzare la portata innovativa legata alla definizione autonoma del 20% delle attività didattiche del monte ore annuale e compete ai collegi docenti elaborare proposte che riescano ad avvicinare realmente la scuola al territorio e, allo stesso tempo, gli alunni, le famiglie, la società alla scuola stessa. Solo questa azione sinergica la potrà condurre al successo formativo.

Alle Regioni dovrebbe spettare il compito di definire gli indirizzi generali che le istituzioni scolastiche sono tenute ad osservare nella definizione della loro quota, ma potrebbero anche collaborare o contribuire alla elaborazione di questa quota. Sicuramente esse potrebbero fungere da collegamento tra le scuole e la realtà economico-produttiva del proprio contesto, in modo da sostenere le scuole nel loro tentativo di conoscere il territorio e organizzare curricoli adeguati alle sue esigenze, anche in ottica europea. Le Regioni potrebbero quindi condurre un’analisi del territorio e delle sue risorse, e dare indicazioni operative alle scuole.

Spetterà alla sensibilità delle scuole, di conseguenza, definire dei curricoli in cui il livello locale si contemperi con quello nazionale e, insieme, con quello europeo.

Le istituzioni scolastiche quindi devono operare affinchè il processo di insegnamento sia partecipato e avvenga in un contesto sociale corresponsabile e attento, all’interno quindi di una intera comunità educante che collabori con la scuola alla realizzazione di un patto formativo integrato, funzionale alla formazione di un individuo consapevole delle caratteristiche e delle ricchezze e/o dei limiti del territorio in cui vive.

Pertanto, la scuola può stipulare reti, accordi, convenzioni, con associazioni, enti, agenzie formative affinchè tutti collaborino alla realizzazione di un’offerta formativa che abbia sul territorio ricadute – sociali, culturali, economiche – positive.

Tali collaborazioni, tuttavia, non devono limitarsi alla ricerca, da parte delle scuole, di risorse o servizi ai soggetti che, nel territorio, possono offrirli, ma deve estendersi alla costituzione di proposte progettuali condivise, sulla base delle esigenze che ciascuno dei diversi partners, in seguito alla specificità della sua azione, può avere evidenziato e quindi può comunicare.

Agendo in questo modo, è possibile per la scuola riacquistare consenso sociale, rendere la sua azione visibile nel territorio e, quindi, diventare centro di produzione e di diffusione di cultura nel proprio contesto di azione.

Questi grandi obiettivi possono essere raggiunti se si lavora per l’integrazione e la collaborazione tra sistemi formativi, con investimenti diffusi e condivisi da parte dell’intera comunità.

Così attraverso la crescita personale, la piena espressione e realizzazione dei talenti e il successo formativo di ogni cittadino, consapevole e responsabile

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della propria identità, locale, nazionale ed europea, sarà possibile migliorare il successo del sistema nazionale di istruzione e, di conseguenza, aumentare la crescita culturale ed economica dello Stato.

Normativa relativa al curricolo locale*

Elemento normativo fondante per la definizione di un curricolo locale è l’art. 8 del D.P.R. 8 marzo 1999, n° 275 – Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell’art. 21 della L. 15 marzo 1997, n° 59.

o Art. 8 Definizione dei curricoli (nel CAPO III – CURRICOLO NELL’AUTONOMIA) 1. Il Ministro della Pubblica Istruzione, previo parere delle competenti

commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali, definisce a norma dell’art. 205 del D. Lgs. 16 aprile 1994, n° 297, sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, per i diversi tipi e indirizzi di studio:

• gli obiettivi generali del processo formativo; • gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze

degli alunni; • le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli

e il relativo monte ore annuale; • l’orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo

della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche;

• i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo;

• gli standard relativi alla qualità del servizio; • gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il

riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi; • i criteri generali per la organizzazione dei percorsi formativi

finalizzati all’educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita la Conferenza unificata Stato - Regioni – città e autonomie locali.

2. Le istituzioni scolastiche determinano, nel POF, il curricolo obbligatorio per i propri alunni in modo da integrare, a norma del comma 1, la quota definita a livello nazionale con la quota loro riservata che comprende le discipline e le attività da esse liberamente scelte. Nella determinazione del curricolo le istituzioni scolastiche precisano le scelte di flessibilità dal comma 1, lettera e).

3. Nell’integrazione tra la quota nazionale del curricolo e quella riservata alle scuole è garantito il carattere unitario del sistema di istruzione ed è valorizzato il pluralismo culturale e territoriale, nel rispetto delle diverse finalità della scuola dell’obbligo e della scuola secondaria superiore.

4. La determinazione del curricolo tiene conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilegate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio. Agli studenti e alle famiglie possono essere offerte possibilità di opzione.

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5. Il curricolo della singola istituzione scolastica, definito anche attraverso una integrazione tra sistemi formativi sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali negli ambiti previsti dagli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, può essere personalizzato in relazione ad azioni, progetti o accordi internazionali.

6. L’adozione di nuove scelte curricolari o la variazione di scelte già effettuate deve tenere conto delle attese degli studenti e delle famiglie in rapporto alla conclusione del corso di studi prescelto.

In seguito, il D.I. 26 giugno 2000, n° 234 – Regolamento recante norme in materia di curricoli dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. 8 marzo 1999, n° 275, si è occupato dei curricoli delle scuole autonome.

Art. 1 – Curricoli delle istituzioni scolastiche autonome

1. A decorrere dal primo settembre 2000 e sino a quando non sarà data concreta attuazione alla legge 10 febbraio 2000, n. 30, gli ordinamenti e relative sperimentazioni funzionanti nell’anno scolastico 1999/2000, sia per quanto riguarda i programmi di insegnamento che l’orario di funzionamento delle scuole di ogni ordine e grado, ivi compresa la scuola materna, costituiscono, in prima applicazione dell’articolo 8 del D. P.R. 8 marzo 1999, n° 275, i curricoli delle istituzioni scolastiche alle quali è stata risconosciuta autonomia a norma dell’articolo 21 della L. 15 marzo 1997, n° 59.

2. Ai curricoli come definiti nel comma 1 si applicano tutti gli strumenti di flessibilità organizzativa, didattica e di autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, secondo quanto previsto dal piano dell’offerta formativa di ciascuna istituzione scolastica.

Art. 3 – Quota nazionale e quota riservata alle istituzioni scolastiche

1. La quota oraria nazionale obbligatoria dei curricoli di cui all’art. 1 è pari all’85% del monte ore annuale delle singole discipline di insegnamento comprese negli attuali ordinamenti e nelle relative sperimentazioni.

2. la quota oraria obbligatoria dei predetti curricoli riservata alle singole istituzioni scolastiche è costituita dal restante 15% del monte ore annuale; tale quota potrà essere utilizzata o per confermare l’attuale assetto ordinamentale o per realizzare compensazioni tra le discipline e attività di insegnamento previste dagli attuali programmi o per introdurre nuove discipline, utilizzando i docenti in servizio nell’istituto, anche in attuazione dell’organico funzionale di cui alla normativa citata in premessa, ove esistente in forma strutturale o sperimentale.

3. Il curricolo obbligatorio è realizzato utilizzando tutti gli strumenti di flessibilità organizzativa e didattica prevista dal D. P.R. 275/1999.

La L. 53/2003 ha trattato questo tema nei seguenti termini:

Art.1 comma 1 lettera l)

I piani di studio personalizzati, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale, che

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rispecchia la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale, e prevedono una quota, riservata alle regioni, relativa agli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche collegata con le realtà locali.

Art. 7

1. Mediante uno o più regolamenti da adottare a norma dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione e dell’art. 17, comma 2, della L. 23 agosto 1998, n. 400, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, si provvede:

a. Alla individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento alle discipline e alle attività costituenti la quota nazionale dei piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità interni nell’organizzazione delle discipline.

Anche il D. Lgs. 59/2004, oltre ad affermare che, al fine di realizzare la

personalizzazione dei piani di studi, le istituzioni scolastiche possono organizzare attività facoltative ed opzionali, ha fatto questi riferimenti alla quota locale del curricolo:

Art. 7 1. Al fine di garantire l’esericizio del diritto-dovere di cui all’art. 4, comma 1,

l’orario annuale delle lezioni nella scuola primaria, comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e all’insegnamento della religione cattolica in conformità alle norme concordatarie di cui all’art. 3, comma 1, ed alle conseguenti intese, è di 891 ore, oltre a quanto previsto dal comma 2.

Successivamente, è stato emanato il D.M. 13 giugno 2006, n° 47 –

Schema regolamento obbligo di istruzione, il quale ha stabilito che il D. M. 28 dicembre 2005, relativo alla quota del 20% dei curricoli rimessa all’autonomia delle istituzioni scolastiche, nell’ambito degli indirizzi definiti dalle Regioni, produce i suoi effetti con riferimento agli ordinamenti vigenti e ai relativi quadri orari, nei singoli ordini di studio di istruzione secondaria superiore.

Una Nota Ministeriale del 721/2006 ha comunicato infine che la quota del 20% dei curricoli deve intendersi applicabile ad ogni ordine e grado di istruzione.

* Si sta procedendo ad una lettura analitica del testo “Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione” al fine di evidenziare i punti che fanno riferimento alla definizione di un curricolo locale. Le relative riflessioni verranno inserite in seguito a completamento di questo lavoro.

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LA FORMAZIONE COME LABORATORIO PERMANENTE

a cura di Sandra Renzi

Il nostro gruppo ha auspicato una formazione qualitativamente avanzata di tutti i responsabili del processo formativo rispetto al profilo culturale delle Indicazioni. In proposito credo possiamo essere tutti d’accordo e cominciare ad interrogarci, con atteggiamento di autentico confronto e di ricerca, sui caratteri che la formazione può e deve assumere a partire dal bisogno individuato.

Il primo punto su cui voglio portare la riflessione ed aprire un eventuale dibattito rispetto alla direzione auspicata, è:

• che cosa caratterizza, o potrebbe caratterizzare, una formazione di qualità per tutti gli operatori delle scuole, chiamate alla partecipazione sociale e al miglioramento della vita della comunità?

La domanda genera altre domande. Quali sono i simboli attuali della formazione? Quali dovranno essere adeguati alla scuola delle Indicazioni? Quali dovrebbero essere i nuovi riti della formazione? A che tipo di individualità e di professionalità siamo chiamati oggi? Non mi sembra più possibile rispondere a queste domande utilizzando solamente la nostra abilità ricombinatoria. È vero che per molti anni abbiamo spesso utilizzato gli stessi ingredienti, dosandone opportunamente la quantità e mescolandoli in modo diverso, per ottenere progetti e azioni formative sovente interessanti e innovativi, ma che spesso, pur nel loro valore, non esprimevano uno sguardo veramente diverso sulla formazione.

La sfida per una formazione di qualità oggi mi sembra sia quella di trovare nuove definizioni, nuove immagini progettuali a cui ispirarci, senza cadere, per la paura (o la pigrizia) di non saperci più definire, nella tentazione pericolosa, come diceva Camus, di non assomigliare più a nulla! Per tutti noi la formazione è un modo per contrastare l’incertezza e meglio orientarci nella complessità, per questo credo che essa non possa essere più chiamata solamente al raggiungimento di determinati obiettivi, ma debba anche rivedere il discorso che fa su di sé. Voglio dire che sarebbe opportuno rimettere in discussione la formazione nel suo descriversi e presentarsi. È questa sicuramente una sfida che riguarda non solo i docenti in quanto formatori nelle proprie aule, ma anche i formatori che si rivolgono a tutti gli operatori della scuola ed è necessario per tutti apprendere a valorizzare la parola sfida non per la sua seduttività letteraria, ma come componente essenziale del tessuto narrativo che definisce l’identità della formazione, anche per poter eliminare parole che una presunta scientificità dell’approccio formativo definisce tabù. Parole come paura, emozioni, bellezza, amore, piacere …. Nella mia esperienza di docente e di formatrice sento da tempo questo bisogno, prima ancora che le Indicazioni per il curricolo ce lo mostrassero in tutta la loro forza. Ragionando di formazione a seguito dell’esperienza A.L.I.C.E. ho scritto una volta: ”…sento che è tempo di migrare verso le sponde della propria anima, a riscoprire le

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tante forme che essa dà all’esperienza: desiderio, passione, attaccamento, fedeltà, pazienza o altro ancora. …”

Entrare in questa dimensione di riflessività e di scelte formative significa portarci a scoprire degli elementi simbolici “forti” che permettano di definire le nuove regole del gioco formativo stesso. Ad esempio, una diversa sensibilità e attenzione verso la visione della soggettività e delle differenze che la caratterizzano farà forse ripensare anche ad una visione del sapere e della conoscenza che forse non si connoterebbe più solamente come unica visione del sapere, ma come visione dello scambio e della condivisione di saperi e di competenze.

L’altro aspetto su cui mi sembra importante riflettere riguarda gli obiettivi del processo formativo che si inseriscono nella possibile sfida formativa delineata:

• quali sono, o potrebbero essere, gli obiettivi del processo formativo in un contesto di profondi cambiamenti e di disomogeneità fra le scuole, un contesto in cui i saperi tendono rapidamente a consumarsi e quindi a rinnovarsi senza la necessaria e diffusa riflessività sugli esiti e i processi di tale rinnovamento?

Esiste in questo momento intorno a noi e dentro di noi non solo il desiderio di prendere coscienza socialmente ed eticamente di fini formativi diversi, ma anche il desiderio di fare coincidere a questi fini delle azioni formative coerenti. Che qualcosa stia cambiando è innegabile e senz’altro siamo portati a chiederci come situarci rispetto a una domanda di formazione che muta e che ci chiede, come scuola, impegni diversi. Non è certo la prima volta che questo accade, perciò credo sia utile e responsabile chiederci: quanto abbiamo saputo cogliere l’opportunità di questi cambiamenti?

Sono stati, laddove si sono verificati, cambiamenti intrinseci all’impianto formativo: metodi, strategie, tecniche, didattiche, saperi diversi. Possiamo e dobbiamo farne tesoro. Oggi però la scuola ci domanda maggiore professionalità per attuare un curricolo che “sviluppi e organizzi la ricerca e l’innovazione educativa” in uno scenario multiculturale e questo dovrebbe volgere il nostro sguardo anche ai mutamenti che sono estrinseci al mondo formativo, ma che lo toccano profondamente. La formazione quindi vuole cambiamenti che vadano oltre il raggiungimento degli obiettivi naturali di apprendimento professionale, per diventare il luogo in cui condividere e scambiare valori, aumentare il peso delle relazioni umane e sviluppare l’incontro e il movimento delle diverse soggettività.

Negli scenari in cui anche la formazione sta vivendo il travaglio della ricerca di una nuova identità espressa in nuove e diverse linee strategiche e metodologiche, potremmo evidenziare alcune direzioni operative e di senso:

la valorizzazione del patrimonio interno alla scuola (istituto o reti di istituti) per ragionare attorno ai casi didattici tratti dalle esperienze innovative degli ultimi tempi;

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l’autogestione dei processi formativi attraverso incontri che perdono la

ritualità della lezione e assumono caratteristiche delle riunioni di gruppo; la realizzazione di progetti che fondino l’apprendimento sull’esperienza

nella forma di laboratori o di ricercazione; la realizzazione di finalità che producano ricchezza e benessere psichico,

tenendo presente che la motivazione al benessere sta alla base delle altre motivazioni;

il perseguimento di una competenza professionale che coniughi conoscenze e capacità tecniche con conoscenze e capacità psicologiche;

la realizzazione di percorsi, anche fuori dall’aula, per sperimentare l’intelligenza emotiva, l’esperienza esistenziale, il contatto con le emozioni, la dimensione etica e morale;

la chiara definizione del processo formativo che dovrebbe attraversare essenzialmente due fasi:

la fase di ricerca per l’analisi dei casi innovativi. I casi devono essere ricchi di dati e informazioni di carattere pedagogico, organizzativo, sociale. L’analisi deve riguardare gli aspetti di contesto, ossia le diverse variabili che hanno contribuito al successo del progetto (modelli di interazione, modalità di osservazione utilizzate, forme di comunicazione con l’esterno, aspetti organizzativi, linguaggi utilizzati, forme di apprendimento perseguite);

la fase di progettazione con il compito di trasformare modelli e conoscenze acquisite nella fase di ricerca, in progetti didattici da realizzare nei possibili contesti scolastici.

In sintesi, senza volere riduttive semplificazioni, occorre che la formazione diventi un luogo in cui costruire un linguaggio comune, non certo omologato, che sia espressione di responsabilità condivise. La domanda deve partire dai singoli protagonisti dell’azione formativa, in primis i docenti, nella consapevolezza dei propri bisogni e dei propri desideri e con la precisa e inderogabile richiesta che qualunque azione formativa abbia risonanza nei progetti di vita individuali.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

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(a cura di) S.Manghi, Attreverso Bateson. Ecologia della mente e relazioni sociali, Cortina, MI, 1998

F.Di Paola, Il tempo della mente. Saggio sul pensiero di Wilfred Bion, Edizioni Sestante-Riparanzone (AP), 1995

G.P.Quaglino – C.G.Cortese, Gioco di squadra, Cortina, MI, 2003

C.Castaneda, Gli insegnamenti di don Juan. A scuola dallo stregone, Rizzoli, MI, 1999

H.Maturana – F.Varela, L’albero della conoscenza, Garzanti, MI, 1992

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ALCUNI LINK DI RIFERIMENTO

“Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo d’istruzione”, www.pubblica.istruzione.it

“Il curricolo nella scuola dell’autonomia”, www.pubblica.istruzione.it/news/2007/allegati/curricolo_indicazioni.pdf

“Quadern Bianco sulla scuola”, Ministero Economia e Finanze – Ministero Pubblica Istruzione, settembre 2007, www.edscuola.it/archivio/norme/programmi/quaderno_bianco_2007.pdf

“Libro Bianco sull’istruzione”, Edith Cresson, 2002, http://europa.eu/scadplus/leg/it/s19004.htm

La strategia di Lisbona, http://europa.eu/scadplus/leg/it/s19004.htm e l’educazione ai media, http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ