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ROMA PADOVA MILANO VENEZIA ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI Dott. Sergio Sirabella Adv. LL.M. TEP CONCETTO DI STABILE ORGANIZZAZIONE, CONFRONTO CON SUBSIDIARIES E REPOFFICE ASPETTI RIGUARDANTI L’ESTEROVESTIZIONE (PERUGIA – 12 NOVEMBRE 2015)

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ROMA

PADOVA

MILANO

VENEZIA

ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI

Dott. Sergio Sirabella Adv. LL.M. TEP

• CONCETTO DI STABILE ORGANIZZAZIONE, CONFRONTO CON SUBSIDIARIES E REPOFFICE

• ASPETTI RIGUARDANTI L’ESTEROVESTIZIONE

(PERUGIA – 12 NOVEMBRE 2015)

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE AGENDA

CONCETTO DI STABILE ORGANIZZAZIONE, CONFRONTO CON SUBSIDIARIES E REPOFFICE Introduzione Insediamento sui mercati esteri:

- Società Controllata (Subsidiary) - Branch (Stabile Organizzazione) - RepOffice (Ufficio di rappresentanza)

Confronto tra Subsidiary e Branch Il diverso peso fiscale tra Branch e Subsidiary Caso pratico di investimento all’estero Esempio di tassazione all’estero della Branch Esempio di tassazione all’estero della Subsidiary I possibili casi patologici: - l’esterovestizione - la stabile organizzazione occulta

ASPETTI RIGUARDANTI L’ESTEROVESTIZIONE

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Il CONCETTO DI STABILE ORGANIZZAZIONE, CONFRONTO CON SUBSIDIARIES E REPOFFICE

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Introduzione

Lo sviluppo di politiche commerciali internazionali ha comportato la necessità di effettuare precise scelte d’investimento all’estero, mediante la costituzione di Branch (stabile organizzazione), ovvero tramite autonome Subsidiary (controllate). In tale contesto, i gruppi di imprese a carattere multinazionale, compresi anche quelli di piccole-medie dimensioni, dovranno valutare attentamente quale veicolo di investimento utilizzare nel mercato estero, tenendo in considerazione le variabili «economico-strutturali», nonché il correlato «peso» fiscale.

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Introduzione L’inserimento in un mercato straniero da parte di un’impresa di altro Stato può avvenire attraverso le seguenti formule alternative, con riflessi fiscali del tutto differenti: costituzione di un soggetto economico controllato

(Subsidiary), il quale rappresenta un’entità del tutto distinta dalla struttura originaria, dotata di completa autonomia giuridica, costituita e controllata dalla società madre;

costituzione di una filiale/stabile organizzazione (Branch), sede secondaria con rappresentanza stabile, ma priva di autonomia giuridica;

costituzione di un ufficio di rappresentanza (Repoffice).

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE SOCIETÀ CONTROLLATA «SUBSIDIARY» Definizione L’art. 2359, Comma 1 del Codice Civile definisce la nozione di società controllate e collegate. Si parla di società controllate in tre ipotesi distinte: nel caso di controllo di diritto, ovvero qualora una società

dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di un’altra società.

Esempio: La società A possiede il 51% del capitale della società B e dunque dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di tale società.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE SOCIETÀ CONTROLLATA «SUBSIDIARY» Definizione nel caso di controllo di fatto, ovvero qualora una società,

pur non avendo la maggioranza assoluta del capitale di un’altra società, possiede un numero di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’Assemblea ordinaria.

Esempio: La società A possiede il 40% del capitale della società B. Dunque non si tratta di una maggioranza assoluta, però di fatto riesce ad avere un’influenza dominante nell’Assemblea ordinaria grazie anche alla presenza di piccoli azionisti che spesso non sono presenti alle assemblee.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE SOCIETÀ CONTROLLATA «SUBSIDIARY» Definizione Queste prime due ipotesi rappresentano la definizione più tradizionale e restrittiva di gruppo, ovvero un insieme di società giuridicamente indipendenti che, per effetto della partecipazione della capogruppo al loro capitale, sono sotto la direzione e sotto il controllo di quest’ultima. Nel calcolare la quota di capitale posseduta dalle società controllante si deve tenere conto anche dei voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persone interposte, mentre non si deve tenere conto dei voti spettanti per conto di terzi.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE SOCIETÀ CONTROLLATA «SUBSIDIARY» Definizione

nel caso di controllo contrattuale, ovvero quando una

società è sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Esempio: La società A riesce a controllare di fatto la società B, non in funzione del capitale posseduto dalla prima nella seconda, ma in seguito ad un contratto di esclusiva che lega la società B alla società A.

Questa terza ipotesi comporta una definizione del concetto di gruppo di imprese più ampia che non si fonda sulla partecipazione al capitale della società controllata da parte della capogruppo.

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Nel momento in cui un «imprenditore commerciale» decide di entrare in un mercato estero, dovrà fare alcune considerazioni preliminari su diversi aspetti importanti per poter iniziare la propria attività commerciale.

Anzitutto, l’imprenditore dovrà:

• Studiare il mercato estero più interessante sul quale intervenire

• Scegliere la forma giuridica più adeguata rispetto all’ordinamento estero

• Pianificare le fasi di penetrazione sul mercato estero

• Studiare il paese d’interesse sotto l’aspetto civilistico e fiscale

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• Tra gli aspetti fondamentali elencati nella precedente slide, bisogna sottolineare che lo studio del paese d’interesse sotto il profilo civilistico e fiscale risulta uno degli aspetti principali.

• Infatti, ogni stato possiede un ordinamento diverso sia da un punto di vista giuridico sia per quanto riguardano i relativi adempimenti.

• Pertanto, quando un imprenditore commerciale decide di entrare in un mercato estero deve tenere in considerazione in primis le forme giuridiche che sono previste dal relativo ordinamento e adottare di conseguenza quella più appropriata al tipo di business/attività che si vuole porre in essere in quel paese.

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L’imprenditore quando decide di intraprendere un attività commerciale sul mercato estero potrà decidere, pertanto, di costituire:

1. una «Subsidiary» ovvero una società controllata;

2. una Stabile Organizzazione;

3. un «RepOffice» da trasformare eventualmente in una fase successiva in Stabile Organizzazione.

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Nel caso in cui l’imprenditore commerciale decida di costituire, in un determinato stato estero, una Stabile Organizzazione (S.O.), questo sarà obbligato a fare alcune considerazioni iniziali, ovvero a porsi alcune domande:

1. Esiste una definizione nell’ordinamento giuridico del paese estero di «stabile organizzazione»?

2. Nel caso esista una definizione, quali sono le caratteristiche che identificano la stabile organizzazione?

3. La definizione di stabile organizzazione è analoga alla definizione fornita dal Modello di convenzione per l’eliminazione della doppia imposizione fiscale sui redditi e sul patrimonio formulato dall’OCSE «MC OCSE»?

4. Quali adempimenti iniziali di natura civilistica, contabile e fiscale dovrò porre in essere per costituire un S.O. nel paese estero prescelto?

5. In un secondo momento, sarà possibile trasformare la Stabile Organizzazione in un entità legale e viceversa?

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• Solitamente ogni ordinamento giuridico estero definisce la stabile organizzazione in maniera del tutto autonoma, anche se nella maggior parte dei casi la definizione data ricalca la definizione fornita dal Modello OCSE.

• Pertanto, l’imprenditore commerciale italiano che decida di porre in essere una «Stabile Organizzazione» nel paese estero, dovrà porre attenzione a come questa viene considerata a livello giuridico in tale paese, nonché capire se converrà costituire una Stabile Organizzazione oppure una Subsidiary.

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Inoltre, per quanto riguarda gli obblighi civilistici, contabili e fiscali; questi differiscono a seconda del paese in cui ci si trova. In tal senso: • Dal punto di vista civilistico sono previsti diversi obblighi aventi sostanzialmente

carattere pubblicitario, comuni in tutti i paesi, come ad esempio nel nostro ordinamento, l’iscrizione al Registro delle Imprese e l’attivazione del numero REA.

• Dal punto di vista contabile, invece, gli obblighi di tenuta della contabilità previsti derivano direttamente dalla autonomia gestionale e reddituale di cui le Stabili Organizzazioni risultano essere dotate.

• Dal punto di vista fiscale la situazione è particolare, poiché il reddito della stabile organizzazione sarà oggetto di tassazione sia nel paese ospitante («Stato della fonte») sia nel paese della casa madre, non avendo personalità giuridica propria, con evidenti problemi di doppia imposizione che verranno mitizzati dal metodo di recupero delle imposte assolte nello Stato ospitante, previsto nello stato della casa madre («Stato di residenza»).

• Inoltre si devono tenere in considerazione e di conseguenza valorizzare le operazioni intercorse tra la casa madre e la propria stabile organizzazione estera (denominate internal dealings) mediante l’applicazione di metodi che consentono la determinazione dell’«Arms length principle» alias il principio di libera concorrenza.

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Nozioni generali di Stabile Organizzazione

• Figura rilevante nell’imposizione dell’attività internazionale delle imprese • Sia nelle convenzioni internazionali sia nella legislazione italiana, viene

considerato come elemento di localizzazione territoriale del reddito prodotto da imprese che operano nell’ambito di più Stati

• Realizza il collegamento con il nostro ordinamento dell’attività d’impresa

svolta in Italia da soggetti non residenti

• La stabile organizzazione non assume una soggettività autonoma e distinta rispetto alla “società madre” ai fini dell’applicazione dei Trattati contro le doppie imposizioni redatti sulla base del Modello OCSE

• Infatti, l’individuazione della convenzione internazionale applicabile è legata

non allo stato in cui opera la stabile organizzazione ma allo Stato in cui la “società madre” ha la residenza fiscale

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Definizione • Il criterio della stabile organizzazione (S.O.) ovvero «Permanent

Establishment» viene adottato negli ordinamenti della gran parte degli Stati quale presupposto per sottoporre a imposizione nel proprio territorio i redditi prodotti da soggetti non residenti.

• Tra i Paesi appartenenti all’OCSE il principale riferimento per la sua esatta configurazione, oltre a quello previsto eventualmente dal proprio ordinamento giuridico, è dato dall’articolo 5 del Modello OCSE, che elenca i principi fondamentali affinché possa sussistere appunto la «stabile organizzazione» di una società straniera in un determinato Paese al fine di procedere alla sua tassazione.

• In virtù di tali principi di fatto, la S.O. può considerarsi anche una «particolare» modalità di produzione del reddito d’impresa all’estero; infatti, tramite di essa l’imprenditore estero assume, nello Stato italiano, una «presenza» sufficientemente qualificata, sostanziale e permanente da far ritenere che egli operi su un piano di astratta parità con le imprese locali (residenti) e, come tale, debba essere sottoposto a tassazione nel territorio italiano.

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L’OCSE definisce la stabile organizzazione attraverso l’art.5, in particolare: Art. 5(1) Stabile organizzazione – sede fissa d’affari “Ai fini della presente convenzione la stabile organizzazione designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività” Per il radicamento dell’impresa non residente si richiede che la sua presenza nell’altro Stato: 1) sia «fissa»; nel senso che, pur non essendo richiesta una durata minima, la presenza deve avere una certa stabilità ed incardinamento sul territorio; l’attività può anche essere meramente stagionale, ma non deve trattarsi di una presenza meramente occasionale; 2) si attui mediante una sede «di affari», nel senso che tale sede deve possedere un’autonoma capacità produttiva di reddito; tale capacità può essere anche solo potenziale, ben potendo la s.o. agire anche in perdita (Ris. 282/E del 1995);

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Art. 5(1) Stabile organizzazione – sede fissa d’affari 3) l’attività dev’essere quindi una parte autonoma di quella svolta dalla casa madre (Ris. n. 9/2398 del 1983); non assurgono al livello di s.o. un deposito mediante il quale si effettui soltanto la consegna dei beni prodotti all’estero, attività che consistono nella mera acquisizione di informazioni per conto della casa madre, l’acquisto di merci e le attività preparatorie ed ausiliarie, così come la partecipazione a fiere espositive. L’espressione “per mezzo della quale […] esercita [...] la sua attività sul territorio dello Stato” dev’essere intesa in senso ampio, ben potendo la s.o. svolgere in pratica un’attività complementare o anche diversa rispetto a quella svolta negli uffici della casa madre.

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Caratteristiche principali della Stabile Organizzazione

1. Esistenza di un “Sede d’affari” a disposizione dell’impresa

2. Fisso (“fixed”) geograficamente

3. Fisso (“fixed”) temporalmente

4. la “sede di affari” deve essere un mezzo (“through which”)

5. Per esercitare l’attività (“the business ”)

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L’esistenza di una “sede di affari” a disposizione dell’impresa

Si tratta di uno spazio circoscritto in cui viene esercitata l’attività d’impresa.

Costituiscono “sede di affari”, ad esempio (OECD Comm. (2)),

• Un capannone industriale

• Un macchinario

• Un impianto

Una “sede di affari” esiste anche per il semplice fatto di avere un certo spazio a disposizione (OECD Comm. (4) e (4.1))

• Irrilevante il diritto di proprietà

• Bancone in un mercato

• Disponibilità di spazio in un magazzino

• Occupazione illegale di un immobile o un ufficio

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L’esistenza di una “sede di affari” a disposizione dell’impresa - esempi

N.B.: La semplice presenza di un’impresa nei locali di proprietà di un’altra non significa che la “sede di affari” è a sua disposizione.

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Esempio: Un agente di vendita visita regolarmente il cliente per la raccolta di ordini incontrando periodicamente il responsabile acquisti, i locali del cliente non possono essere considerati a disposizione, né costituiscono una sede d’affari. (verificare OECD 5(5)). Esempio: Un dipendente di una società si reca presso un’altra per un certo periodo di tempo per verificare il rispetto degli obblighi contrattuali i locali della seconda società sono a disposizione se la presenza temporale è estesa confrontare OECD 5(4). Esempio: Una società di trasporti usa dei moli presso il magazzino del cliente per consegnargli la merce, i locali della seconda società non sono a disposizione vista la presenza limitata alla sola consegna della merce. Esempio: Un imbianchino spende tre giorni la settimana, per due anni, nell’ufficio del suo principale cliente i locali del cliente sono a disposizione vista la presenza estesa ed il fatto che gli stessi vengono usati per svolgere la sua attività principale

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L’esistenza di una “sede di affari” a disposizione dell’impresa - esempi

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Esempio: V. sent. 30 ottobre 1996 della seconda Camera della Corte costituzionale tedesca (caso Pipeline): una società olandese possedeva un oleodotto sotterraneo in Germania, gestito solo attraverso un impianto di pompaggio in Olanda e servendosi di soggetti indipendenti per la manutenzione e la riparazione dell’oleodotto. La Corte ha considerato tale installazione quale stabile organizzazione in Germania della Società olandese, considerando sufficiente a tal fine la produzione del reddito attraverso macchinari totalmente automatici.

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L’esistenza di una “sede fissa” geografica

Deve esistere una connessione con un certo punto geografico (OECD Comm. (5)). Inoltre, risulta irrilevante il fatto che il “place of business” sia fissato al suolo.

• Quando la natura del business è tale per cui le attività sono spostate da un luogo all’altro, un singolo “place of business” esiste quando sussiste una coerenza commerciale e geografica con riferimento al business stesso (OECD Comm. (5.1))

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Esempio: Una miniera costituisce un singolo “place of business” anche se l’estrazione è fatta su una vasta area in quanto rappresenta una “unità” commerciale e geografica con riferimento all’attività estrattiva

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L’esistenza di una “sede fissa” - esempi

• Un office hotel in cui una società di consulenza affitta regolarmente degli uffici può costituire un singolo “place of business” della stessa in quanto l’hotel rappresenta un “unico” luogo geografico in cui viene esercitata l’attività di consulenza.

• Uno stand al mercato costituisce un singolo “place of business” anche se lo stesso è tenuto in diversi luoghi.

• Se un pittore lavora in un edificio con una serie di contratti separati e per clienti diversi, l’edificio non può essere considerato un “place of business”.

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L’esistenza di una “sede fissa” temporanea

La “sede fissa” non deve essere a carattere meramente temporaneo a meno che la temporaneità non dipenda dalla caratteristica del business (OECD Comm. (6)). La prassi dei diversi Paesi non è coerente con riferimento a questo elemento (OECD Comm. (6))

L’esperienza ha dimostrato, tuttavia, che la presenza per un periodo di tempo inferiore ai 6 mesi non è rilevante ad eccezione di:

• attività di natura ricorrente

• attività svolta per brevi periodi, ma esclusivamente in un Paese

Le interruzioni temporanee di attività non fanno venir meno l’esistenza di una stabile organizzazione (OECD Comm. (6.1) e (11))

• Se una “sede di affari” è stata creata per un periodo breve e, successivamente, il periodo si allunga in maniera tale da impedire che essa possa essere considerata di natura temporanea, essa diventa una “sede di affari” e retroattivamente si crea una stabile organizzazione (OECD Comm. (6.3))

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Il “place of business” deve essere un mezzo (“through which”)

Affinché una sede fissa di affari configuri una stabile organizzazione occorre che l'impresa che ne fa uso, svolga tramite essa (through which) la propria attività, integralmente o in parte.

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Esempio: Un imbianchino spende tre giorni la settimana, per due anni, nell’ufficio del suo principale cliente (ufficio (luogo) o pennello (mezzo)) Esempio: Una società di pavimentazione si considera che stia esercitando la sua attività “through” il luogo in cui sta svolgendo i lavori

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Per esercitare l’attività (the business)

Il business deve essere esercitato totalmente o parzialmente nella “sede di affari” (OECD Comm. (7))

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Art. 5(2) Stabile organizzazione – Lista positiva • Nel secondo paragrafo è fornita una lista positiva di casi in cui

si configura una stabile organizzazione: a) Sede di direzione; b) Succursale; c) Ufficio; d) Laboratorio; e) Miniere e giacimenti, cave e zone di estrazione

• Nei casi espressamente indicati nella lista positiva come ipotesi di stabile organizzazione, peraltro, prima di affermare la sussistenza di una stabile organizzazione si deve procedere alla verifica dei requisiti di stabilità, autonomia ed esercizio di un’attività produttiva di reddito.

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Art. 5(3) Stabile organizzazione di progetto “Un cantiere di costruzione o di installazione è considerato stabile organizzazione soltanto se la sua durata oltrepassa i dodici mesi” • Il cantiere esiste dalla data in cui l’appaltatore inizia il suo lavoro

includendo anche i lavori preparatori del cantiere e continua ad esistere finché il lavoro non è giunto al termine o permanentemente abbandonato.

• Il cantiere non è considerato chiuso quando il lavoro è temporaneamente sospeso.

• Interruzioni temporanee o stagionali (dovute ad esempio al cattivo tempo) sono incluse nella determinazione della vita del cantiere.

• Ai fini dell’esistenza di una stabile organizzazione di progetto non è necessario che il cantiere sia localizzato in un determinato luogo potendo l’attività dell’appaltatore essere soggetta a continui rilocalizzazioni (e.g. costruzione di una strada o di canali).

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Art. 5(4) Stabile organizzazione – Lista negativa • Nel quarto paragrafo è fornita una lista negativa di casi in cui la

stabile organizzazione non sussiste (deposito per esposizione o consegna di merci, o per la trasformazione delle merci ad opera di altra impresa, o quando la sede fissa di affari viene comunque utilizzata per attività pubblicitarie o di ricerca scientifica e per lo svolgimento di attività di carattere preparatorio o ausiliario).

• Le ragioni dell’esclusione delle ipotesi contenute nella negative list sono di diversa natura: economica, nella misura in cui si tratta di attività di carattere preparatorio o ausiliario che non si considerano suscettibili di produrre un utile autonomo rispetto a quello dell’impresa medesima, e pratica, in relazione alla difficoltà di determinare la quota di utile attribuibile a tali attività.

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Art. 5(4) Stabile organizzazione – Lista negativa Pertanto ai sensi dell’Articolo 5, comma 4, del Modello OCSE NON si ha, viceversa, PE qualora l’impresa non residente:

a) faccia uso di installazioni ai soli fini di deposito, esposizione o consegna di beni o merci (caso dell’oleodotto di società che raffina il petrolio o di società che trasporta il petrolio)

b) detenga merci perché queste vengano tenute in deposito, esposte, consegnate (caso del magazzino merci);

c) immagazzini merci appartenenti all’impresa ai soli fini della trasformazione da

parte di altra impresa (caso della lavorazione conto terzi);

d) utilizzi la sede fissa di affari ai soli fini di acquistare merci o di raccogliere informazioni (caso dell’ufficio acquisti);

e) utilizzi la sede fissa di affari a soli fini pubblicitari, informativi, di ricerca scientifica o per analoghe attività a carattere preparatorio od ausiliario (caso dell’ufficio di rappresentanza di banche estere

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Art. 5(5) Stabile organizzazione personale • Accanto ai casi di stabile organizzazione «materiale» (e

cioè consistente in una serie di mezzi materiali organizzati per l’esercizio dell’attività) vi sono anche due ipotesi di stabile organizzazione cd. «personale», in cui, pur potendo mancare i requisiti di una stabile organizzazione materiale (i.e., la «sede fissa d’affari»), ne ricorrono altri, previsti rispettivamente dai paragrafi 5 e 6.

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Art. 5(5) Stabile organizzazione personale – Agente dipendente • Il primo caso è quello in cui il soggetto non residente

operi nel Paese attraverso un «agente dipendente» il quale conclude abitualmente in nome dell’impresa stessa contratti diversi da quelli di acquisto di beni.

• La disposizione richiede quindi che, ai fini della stabilità del collegamento con l’ordinamento, l’agente dipendente concluda abitualmente contratti per il soggetto non residente.

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Art. 5(5) Stabile organizzazione personale – Agente dipendente • Quanto al rapporto tra mandante e mandatario, si ritiene in

base al Commentario OCSE che rientrino nella disposizione in esame anche i rapporti di mandato senza rappresentanza, ove pertanto non vi sia la spendita del nome del mandante, purché questi possa dirsi vincolato dai contratti conclusi dall’agente con i terzi.

• In ambito OCSE, e pertanto in riferimento a molti dei trattati conclusi dall’Italia, le attività svolte dall’agente devono superare quelle ausiliarie o preparatorie che non costituiscono stabile organizzazione (Commentario all’art. 5 del Modello OCSE, parr. 32 e 37).

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Art. 5(5) Stabile organizzazione personale – Agente dipendente • Per potersi considerare «dipendente» l’agente deve

essere tale almeno sotto il profilo giuridico o in alternativa sotto quello economico.

• Dal punto di vista giuridico il Commentario OCSE conferisce rilevanza agli obblighi che l’agente assume nei confronti dell’impresa non residente. Se le attività dell’agente sono sottoposte a istruzioni dettagliate e a controlli, naturalmente, si potrà parlare di dipendenza del soggetto.

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Art. 5(5) Stabile organizzazione personale – Agente dipendente • Dal punto di vista della dipendenza economica assume

invece rilevanza il soggetto su cui grava il rischio d’impresa: laddove il rischio d’impresa ricada sull’agente, infatti, egli dovrà considerarsi indipendente.

• Se l’agente percepisce comunque una remunerazione a prescindere dalla conclusione del contratto, invece, il rischio ricade sull’impresa non residente e l’agente deve considerarsi come dipendente.

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Art. 5(5) Stabile organizzazione personale – Agente dipendente

• Nel caso in cui l’impresa non residente sia l’unico cliente dell’agente (cd. monomandatario), pur formalmente indipendente, ai fini fiscali si potrà dar rilievo alla sostanza del rapporto e riqualificare l’agente come dipendente, con conseguente sussistenza della stabile organizzazione

• La Corte di Cassazione ha peraltro chiarito che si ha stabile organizzazione personale quando la società estera “dispone stabilmente in Italia di un agente non indipendente, munito di potere di rappresentanza e quindi abilitato a concludere contratti, anche se lo stesso deve agire sulla base di dettagliati ordini o direttive della società estera” (Cass., 9 aprile 2010, n. 8488).

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Art. 5(6) Stabile organizzazione personale – Agente indipendente • Anche un agente indipendente, un mediatore o un

commissionario generale, peraltro, può essere considerato una «stabile organizzazione», quando l’impresa non residente eserciti la sua attività nel territorio dello Stato attraverso un simile agente che però agisce al di fuori della sua ordinaria attività.

• Costituisce pertanto una stabile organizzazione l’agente indipendente che agisce per conto del non residente esercitando un’attività diversa da quella che svolge normalmente nell’ambito della sua attività.

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Art. 5(7) Stabile organizzazione in capo a società associate.

• L’ultimo paragrafo stabilisce che una impresa controllata non costituisce di per sé stabile organizzazione del soggetto controllante.

• Ciò non può tuttavia escludersi a priori, come nel caso in cui una società figlia agisca per conto della madre alla stregua di un agente dipendente.

• Si pensi al caso in cui una società residente sostenga costi ed intraprenda attività estranee al proprio oggetto sociale per agevolare le attività di una società estera.

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Definizione data dall’ordinamento italiano

Nell’ordinamento italiano la Stabile organizzazione viene definita dall’art. 162 del Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) e ricalca in tutto e per tutto la definizione corrisposta dall’art. 5(1) del Commentario OCSE. Il disposto dell’art. 162 trova, comunque, applicazione solo nei confronti dei soggetti non residenti con i quali il nostro Stato non ha stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni, nonché nei confronti del contribuente italiano solo nel caso in cui sia a lui più favorevole, ai sensi del successivo art. 169 TUIR.

Per stabile organizzazione (Permanent Establishment) si intende generalmente una sede o un centro di affari fissa, non temporaneo attraverso il quale un’impresa commerciale non residente esercita la propria attività economica, producendo reddito nel territorio dello Stato.

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Definizione da parte della giurisprudenza Tentativo della giurisprudenza di definire il concetto di stabile organizzazione • Corte di Cassazione (27 novembre 1987, n. 8820): “(…) il requisito della stabile organizzazione in Italia di

società estere (…) deve essere ritenuto esistente quando l’ente straniero svolge abitualmente attività nel territorio nazionale avvalendosi di una struttura organizzativa materiale e/o personale, qualunque ne sia la dimensione, purché non abbia carattere precario o temporaneo e costituisca, quindi, un centro di imputazione di rapporti e situazioni giuridiche riferibili al soggetto straniero (…)”.

• Corte di Cassazione (28 novembre 1995, n. 2229): “(…) la nozione di stabile organizzazione (…) postula necessariamente (…) l’esistenza di un quid pluris, rispetto alla semplice estrinsecazione delle energie fisiche ed intellettuali della persona fisica, e cioè un apporto di capitale e lavoro altrui, o quanto meno, un apprezzabile sostrato patrimoniale (…)”.

• Cfr. sentenza Cass. sul c.d. caso Philip Morris (n. 7682/02 del 25 maggio 2002) : società italiana è stata considerata stabile organizzazione plurima di società estere appartenenti allo stesso soggetto economico estero

Definizione da parte della Prassi prima della definizione data nell’art. 162 TUIR • Circolare del Ministero delle Finanze n. 7/1946 del 30 aprile 1977 con la quale si afferma che “(…) per

quanto concerne la individuazione dell’esistenza di una stabile organizzazione si rileva che, in mancanza di una definizione legislativa, occorre fare riferimento all’unica fonte disponibile in materia emergente dagli accordi internazionali per l’eliminazione della doppia imposizione. A tal riguardo è interessante accennare alla definizione che della stabile organizzazione fornisce il modello di Convenzione adottato dall’OCSE” (…).

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Differenze tra l’ordinamento italiano e il modello OCSE in merito alla S.O.

Il modello di stabile organizzazione proposto dal legislatore fiscale attraverso il novellato art. 162 del Tuir, introdotto con il Dlgs 344/2003, ricalca, a grandi linee, quello proposto dal Modello di convenzione OCSE: definizione di stabile organizzazione; analisi delle ipotesi più frequenti e comuni; previsione delle c.d. fattispecie negative e positive; definizione di stabile organizzazione materiale e personale, ecc .

Una attenta lettura dell’art. 162 del Tuir fa emergere però alcune novità.

In particolare, vengono ampliate le ipotesi positive di cui al paragrafo 2, lettera f) del modello OCSE in quanto il nuovo art. 162 prevede che possono configurare una stabile una organizzazione:

• le miniere,

• i giacimenti petroliferi o di gas,

• cave e luoghi di estrazione situate anche sul fondo del mare (anche quindi in acque internazionali se lo Stato ha dei diritti di sfruttamento)

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Differenze tra l’ordinamento italiano e il modello OCSE in merito alla S.O.

Nonché, viene considerata Stabile Organizzazione :

• il cantiere di costruzione, montaggio o istallazione

• l’esercizio di attività di supervisione ad esso connesse per un periodo superiore a tre mesi per cui la durata del cantiere prevista dall’art. 162 è più ristretta di quella prevista dall’art. 5 della convenzione (12 mesi).

L’art. 162 prevede inoltre una particolare fattispecie negativa: “non costituisce di per sé stabile organizzazione la disponibilità a qualsiasi titolo di elaboratori e relativi impianti ausiliari che consentono la raccolta e la trasmissione dei dati e delle informazioni finalizzati alla vendita di beni e servizi”. La norma va collegata al commentario OCSE il quale prevede che il sito Web non costituisce stabile organizzazione a causa della non materialità degli elementi che lo compongono e che il Server costituisce stabile organizzazione solo quando sia sede fissa d’affari anche in assenza di personale addetto al suo funzionamento e a condizione che l’impresa svolga nel server stesso funzioni significative, fondamentali e centrali del proprio business per un certo periodo di tempo.

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Aspetti fiscali: le dirette

IRES - ART. 169 TUIR NORMA DI CHIUSURA A FAVORE DEL CONTRIBUENTE

Le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in DEROGA agli accordi internazionali contro la doppia imposizione

IRAP

Art. 2 Presupposto dell’imposta. … attività … diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.

Art. 4 c2 Base imponibile. … il valore della produzione netta proporzionalmente corrispondente all’ammontare delle retribuzioni spettanti al personale a qualunque titolo utilizzato, … addetto, con continuità, a stabilimenti, cantieri, uffici o basi fisse, operanti per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi nel territorio di ciascuna regione…

Art. 12: Determinazione del valore della produzione netta realizzata fuori dal territorio dello Stato o da soggetti non residenti. Nei confronti dei soggetti passivi residenti nel territorio dello Stato che esercitano attività produttive anche all’estero la quota di valore a queste attribuibili secondo i criteri di cui all’articolo 4, comma 2, è scomputata dalla base imponibile.

Art. 44: Rapporti con il diritto convenzionale. Ai fini dell'applicazione dei trattati internazionali … l’IRAP è equiparata all’ILOR.

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Aspetti fiscali: lVA Articolo 11 Reg. 282/2011 • 1. «stabile organizzazione» designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede… caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione. • 3. Il fatto di disporre di un numero di identificazione IVA non è di per sé sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione. Articolo 53-54 Reg. 282/2011 • La S.O. è soggetto passivo d’imposta per tutte le operazioni che si riferiscono al business

• Partecipazione diretta della S.O. affinché la stessa sia considerata soggetto passivo.

• Se la fattura viene emessa dalla S.O. presunzione relativa di coinvolgimento.

• Il supporto amministrativo non è partecipazione attiva, quindi non la qualifica come soggetto

passivo

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FISSITA’ SPAZIO/TEMPORALE

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BUSINESS

SOGGETTIVITA’ FISCALE

NO SOGGETTIVITA’ GIURIDICA

Caratteristiche in breve

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ISCRIZIONE NEL REGISTRO IMPRESE ESTERO (SE LO PREVEDE)

ATTRIBUZIONE DI UN C.F. E P.I. ESTERO (SE LO PREVEDE)

CONTABILITA’ SEZIONALE PRESSO CASA MADRE ITALIANA

UNICO BILANCIO E DOPPIA IMPOSIZIONE

Caratteristiche operative

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Definizione

Qualora si voglia aprire un RepOffice in uno Stato estero si dovrà esaminare la normativa esistente nel relativo paese.

Ad esempio in Italia, sia la normativa civilistica sia la normativa fiscale non contiene una definizione specifica di «Ufficio di Rappresentanza» o «RepOffice» di una società straniera operante nel nostro territorio.

Pertanto, la prassi interpretativa rinvia la sua definizione al Modello OCSE, configurando l’Ufficio di rappresentanza come «tutto ciò che non è una stabile organizzazione per mancanza dello scopo di lucro e che abbia finalità ben definite, rappresentate dalle esclusioni previste dall’art.5 paragrafo 4 del Modello OCSE»

Art. 5, Paragrafo 4. ESCLUSIONI:

• …ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna merci appartenenti all’impresa; …

•… ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa

•… ai soli fini di acquistare merci o di raccogliere informazioni per l’impresa;

•… è utilizzata ai soli fini di esercitare, per l’impresa, ogni altra attività di carattere preparatorio o ausiliario;

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Definizione

In sintesi, possiamo ritenere che non esistendo una definizione «positiva» possiamo utilizzare la cosiddetta «Negative List» presente nell’art. 5 paragrafo 4 del Modello OCSE per definire il Repoffice, sia Italiano sia estero come:

Una «sede fissa di affari» che svolge esclusivamente attività di carattere «preparatorio o ausiliario» all’attività della casa madre

Inoltre, tale concetto è stato ripreso anche dall’art. 162, comma 4, lett. e) del TUIR.

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Funzioni «esclusive» dell’Ufficio di Rappresentanza

Funzione promozionale e pubblicitaria

Raccolta di informazioni

Ricerca scientifica

Ricerche di mercato

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Finalità

L’obiettivo principale è quello di entrare a contatto con la realtà estera, costituendo un’unità che non sia giuridicamente (e, pertanto, fiscalmente) equiparabile ad un’altra società vera e propria (sede secondaria o stabile organizzazione) con tutte le incombenze relative, ma nell’ottica di voler creare una struttura molto più snella, meno impegnativa dal punto di vista delle incombenze previste (civilistiche e fiscali).

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N.B.: Il «RepOffice» solitamente ha la principale finalità di stabilire, con la realtà estera, un primo contatto finalizzato all’ambientamento o alla preparazione di una successiva unità produttiva o commerciale (sotto forma, magari, di stabile organizzazione) nel territorio straniero.

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• Da un punto di vista contabile l’Ufficio di rappresentanza deve essere considerato come un «centro di costo» (ovvero che generalmente produca costi integralmente deducibili per l’impresa madre) che non produce alcun reddito e che, non essendo qualificabile come stabile organizzazione, non debba soggiacere agli obblighi previsti per le sedi secondarie.

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Caratteristiche fiscali

L’Ufficio di rappresentanza solitamente ha scarsa rilevanza fiscale in quanto non è titolare di redditi di impresa, potendo, tuttavia, essere titolare semmai di redditi fondiari, di capitale e diversi.

Ad esempio in Italia il RepOffice non è imponibile sia in riferimento ad:

IRES

IRAP (si veda: circolare ministeriale 188/E del 16 luglio 1998)

IVA

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N.B.: Qualora consegua redditi fondiari, di capitali o diversi e non ricorrano le condizioni di esclusione di cui all’art. 1 del DPR 600/1973, deve compilare le relative dichiarazioni.

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Caratteristiche fiscali

• Da sottolineare, che nel caso in cui l’ufficio di rappresentanza Italiano abbia dipendenti, esso dovrà assolvere tutti gli obblighi previsti per i sostituti d’imposta, in quanto sono considerati sostituti di imposta anche le società ed enti di ogni tipo con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (si veda circolare ministeriale 326/E del 23 dicembre 1997).

• In conclusione, la caratteristica fiscalmente più rilevante dell’ufficio di rappresentanza è che lo stesso, non costituendo stabile organizzazione, non è gravato solitamente da imposizione nello Stato straniero, ciò alla luce sia della maggior parte delle convenzioni contro le doppie imposizioni stabilite tra l’Italia e gli altri paesi esteri (riconducibili al Modello OCSE) e sia per quanto stabilito dal menzionato art. 162 TUIR che recepisce l’art. 5 del Modello OCSE.

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Obblighi formali

L’ufficio di rappresentanza in Italia ad esempio non ha obblighi di iscrizione presso il Registro delle Imprese e di deposito dell’atto costitutivo e dei bilanci, tuttavia viene fatto obbligo di:

iscrizione al cosiddetto Repertorio delle notizie Economiche ed Amministrative (R.E.A.)

Attivazione Codice Fiscale

In casi particolari attivazione Partita IVA (ART. 11, co. 3, REG. 282/2011 R.O. può avere una identificazione IVA passiva finalizzata alla ricezione delle fatture passive, e per l’eventuale emissione di fatture non correlate al business (es. vendita di beni strumentali)

La denuncia deve esser fatta dai legali rappresentanti della società straniera, anche mediante un procuratore speciale appositamente indicato, allegando però la fotocopia di un documento del legale rappresentante. La richiesta del codice fiscale può esser fatta anche all’estero, presso il Consolato competente.

Analogamente a quanto previsto sopra per i RepOffice italiani esisterà sicuramente una normativa estera alla quale ci si dovrà conformare.

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Obblighi formali

Per comunicare all’Agenzia delle Entrate l’apertura di un ufficio di rappresentanza, in un Paese diverso dall’Italia, si deve utilizzare:

il modello AA/9, se l'impresa italiana è una persona fisica,

il modello AA/7, se l'impresa italiana è una società di persone o di capitali.

Poiché è più comune il caso in cui l'impresa italiana sia una società si prenderà in considerazione solo il modello AA/7.

Il quadro da compilare è il quadro G, sezione 2: «Altri luoghi in cui vengono esercitate le attività».

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Obblighi formali

Quando si iscrive un ufficio di rappresentanza posto all’estero presso il Registro delle imprese in Italia, può capitare che la conclusione dell’annotazione nel Registro venga subordinata alla presentazione di un documento amministrativo rilasciato dal Paese dove è stato insediato l’ufficio di rappresentanza che certifichi l’iscrizione in quel Paese.

Questa «subordinazione» comporta solitamente due problemi abbastanza complessi:

il primo che non tutti i Paesi richiedono l’iscrizione presso una loro amministrazione per l’apertura di un ufficio di rappresentanza;

il secondo che tale eventualità, oltre a dover essere comunicata al Registro delle imprese dove è stata presentata la pratica, per essere presa in considerazione, necessiterà di un documento ufficiale, in lingua italiana, che spieghi questa peculiarità.

Ma questo documento può non essere facile da reperire. Per cercare di risolvere questa criticità si potrà provare a far riferimento presso l’ufficio commerciale dell’Ambasciata Italiana presente nel Paese di nostro interesse. Infatti, spesso, gli uffici commerciali delle Ambasciate aiutano le aziende del proprio Paese a sviluppare relazioni economiche con i Paesi dove sono ubicate o dove agiscono.

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Obblighi formali

• Se l’amministrazione del Paese estero invece rilascia il documento di iscrizione, questo andrà legalizzato in Italia, attraverso una traduzione giurata ed asseverata prima di essere presentato al Registro stesso.

• Se, invece, il Paese estero non richiede l’iscrizione dell’apertura di un ufficio di rappresentanza, bisognerà fornire al Registro un documento in lingua italiana che confermi l’esenzione, a questo proposito è consigliato rivolgersi all’ufficio commerciale dell’Ambasciata Italiana del Paese estero interessato.

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Dal 1° aprile 2010 i suddetti due adempimenti - comunicazione all’Agenzia delle Entrate e comunicazione al Registro delle imprese - possono essere fatti mediante un software denominato «ComUnica», cioè la comunicazione unica presentata al Registro delle imprese e diretta a diversi enti: Agenzia delle Entrate, Comune, INPS e INAIL. Spesso, per compilare queste comunicazioni si può far uso del programma Starweb, messo a disposizione dalle Camere di commercio e molto comodo ed intuitivo.

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Caratteristiche in breve

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE UFFICIO DI RAPPRESENTANZA

FISSITA’ SPAZIO/TEMPORALE

ASSENZA BUSINESS/ATTIVITA’ AUSILIARIA

ASSENZA DI SOGGETTIVITA’ GIURIDICA

MINIMA SOGGETTIVITA’ FISCALE

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE STRUMENTI DI INTERVENTO

UFFICIO DI RAPPRESENTANZA

STABILE ORGANIZZAZIONE

SOCIETA’ CONTROLLATA

ESTERA

FISSITA’

NO BUSINESS BUSINESS

FISSITA’

SOGGETTO SOLO FISCALE

NO SOGGETTO GIURIDICO NE’

FISCALE

BUSINESS

FISSITA’

SOGGETTO SIA GIURIDICO

CHE FISCALE

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE SUBSIDIARY VS BRANCH

• La differenza fondamentale tra subsidiary e branch è che la prima rappresenta un’entità giuridica autonoma, costituita secondo le forme previste dalla giurisdizione estera, distinta dalla società madre e dotata di una sua autonomia giuridica. Conseguentemente, i risultati della sua attività (reddito o perdita) non confluiscono nel Bilancio della società madre.

• La branch, invece, è una sede fissa di affari, costituita da beni e/o persone, attraverso cui una società residente in uno Stato esercita la propria attività in un altro Stato. Si tratta, dunque, di un’articolazione operativa e, in certa misura, amministrativa all’estero, ma non è un soggetto giuridicamente autonomo. Ne deriva che i risultati della sua attività estera (reddito o perdita) confluiscono nel bilancio della società di cui la branch medesima rappresenta la «promanazione».

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE SUBSIDIARY VS BRANCH

ITALIA ESTERO

ALFA (società italiana)

Sede secondaria con rappresentanza stabile, ma priva di autonomia giuridica, ossia un «ramo» branch appunto, identificabile in ALFA

Entità del tutto distinta dalla struttura originaria (ALFA), dotata di completa autonomia giuridica, costituita e controllata dalla società madre, ossia con un management locale distinto e indipendente da quello della casa madre.

BRANCH

SUBSIDIARY

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE IL DIVERSO PESO FISCALE TRA BRANCH E SUBSIDIARY

La scelta tra l’apertura di una società all’estero (subsidiary) e l’installazione di una stabile organizzazione (branch) si pone non solo come alternativa «economico-strutturale», ma anche come opzione fiscale, con particolare riferimento al settore delle imposte sui redditi. In sintesi, militano a favore della branch i seguenti profili di vantaggio: per la branch non è normalmente previsto un capitale (i.e.

fondo di dotazione) minimo da rispettare, mentre nel caso della società di diritto locale tale capitale minimo è normalmente richiesto.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE IL DIVERSO PESO FISCALE TRA BRANCH E SUBSIDIARY

con la branch, in caso di perdite di gestione, le stesse hanno immediata valenza (ai fini IRES) per la casa madre italiana. Nel caso di società di diritto del Paese locale, invece, il recepimento delle perdite, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 344/2003, non è automatico. In particolare, qualora si svaluti la partecipazione della subsidiary, il relativo onere sarà da considerarsi indeducibile ai fini fiscali; l’unica strada per il recepimento delle perdite estere è il Consolidato fiscale mondiale, il quale, in virtù del principio «all in all out», richiede l’inserimento nel Consolidato di tutte le società controllate estere;

in presenza di una branch il trasferimento dell’utile in capo alla casa madre non è generalmente assoggettato a ritenute alla fonte, mentre con la società di diritto del Paese ospitante i dividendi sono generalmente assoggettati a ritenuta alla fonte.

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D’altra parte, occorre considerare i seguenti punti di forza della subsidiary: la possibilità di isolare la responsabilità relativa alle operazioni

condotte mediante l’unità estera, mentre, nel caso della branch la responsabilità è riferibile alla società italiana;

la possibilità con la subsidiary di poter salvaguardare i benefici derivanti dall’ottenimento di eventuali agevolazioni fiscali locali (esenzione da imposte o applicazione di aliquote ridotte), mentre con la branch tali agevolazioni non hanno alcun effetto sul fisco italiano, in virtù del criterio world wide (tassazione del reddito mondiale) che caratterizza l’IRES, salvo l’eventuale applicazione del «matching credit» (crediti d’imposta a fronte di imposte virtuali), così come previsto da alcuni trattati contro la doppia imposizione stipulati dal nostro Paese;

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la subsidiary è caratterizzata da una maggiore semplicità amministrativa a differenza della Branch. Con particolare riferimento alla branch, ai sensi dell’art. 14, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973, le imprese italiane che sono presenti all’estero mediante stabili organizzazioni «(…) devono rilevare nella contabilità distintamente i fatti di gestione che interessano le stabili organizzazioni, determinando separatamente i risultati dell’esercizio relativi a ciascuna di esse». Ciò comporta per la branch la necessità di conservare e gestire contabilità sezionali, mentre ciò non è richiesto nel caso della subsidiary.

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Esempio di tassazione all’estero della branch

Dopo aver sinteticamente delineato il meccanismo del credito d’imposta, si ipotizzi ora il caso di un gruppo italiano che abbia aperto una branch in Francia. Si consideri, inoltre, che quest’ultima abbia conseguito un reddito imponibile pari ad €15.000, assoggettato all’Impôt sur les Sociétés (I.S.) con la percentuale del 33,33%. Qualora la branch non usufruisca di particolari agevolazioni fiscali (es. il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, il cosiddetto Crédit d’impot Recherche), la casa madre italiana matura un credito al fine di «controbilanciare» le imposte già assolte all’estero. Il successivo schema sintetizza i dati numerici, consentendo di individuare il credito d’imposta maturato in Italia e spendibile nei confronti del Fisco italiano. Come desumibile dallo schema, non tutta l’imposta assolta all’estero costituisce credito in Italia, ma solo una quota parte, fino al massimo di €4.125.

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Tassazione in Francia della branch

Importi Tassazione in Italia in capo alla casa madre

Importi

Reddito imponibile 15.000 Reddito imponibile francese

15.000

Imposta (33.33%) 5.000 Reddito imponibile italiano

10.000

Imposta dovuta 5.000 Reddito complessivo imponibile

25.000

IRES (27.5%) 6.875

IRAP (3.9% di € 10.000) 390

Imposta dovuta 7.265

Credito d’imposta teorico: (Reddito imponibile francese/Reddito complessivo) * IRES = (15.000/25.000) * 6875 = 4.125

Tassazione della branch estera e credito d’imposta nazionale

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Esempio di tassazione all’estero della subsidiary In tale ipotesi, si assuma che la subsidiary costituita in territorio francese abbia realizzato un reddito imponibile pari ad € 15.000, assoggettato all’Impôt sur les Sociétés (I.S.) con la percentuale del 33,33%. In tal caso il reddito francese giungerà in Italia sotto forma di dividendo alla casa madre, con l’esenzione al 95%, prevista dall’art. 89 del TUIR. Il successivo schema sintetizza i dati numerici, determinando il credito d’imposta maturato in Italia e «spendibile» nei confronti del Fisco italiano.

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Subsidiary Importi Tassazione in Italia della capogruppo

Importi

Reddito imponibile 15.000 Reddito imponibile italiano

10.000

Imposta (33.33%) 5.000 5% del Dividendo francese

500

Imposta dovuta 5.000 Reddito complessivo imponibile

10.500

Dividendo netto 10.000 IRES (27.5%) 2.887

IRAP (3.9% di € 10.000) 390

Imposta dovuta 3.277

Credito d’imposta teorico: (Reddito imponibile francese/Reddito complessivo) * IRES = (500/10.500) * 2887 = 137,50

Tassazione della subsidiary estera e tassazione della holding nazionale capogruppo

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Branch vs subsidiary: peso fiscale a confronto In ultima analisi, si analizza un diretto confronto tra le differenti modalità di tassazione del reddito, scaturenti dalle due forme di investimento all’estero (branch vs subsidiary) delineate precedentemente. In particolare, viene messo a confronto il «peso fiscale» in capo alla casa madre italiana nel caso in cui decida di internazionalizzarsi tramite una branch, ovvero tramite una subsidiary.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE IL DIVERSO PESO FISCALE TRA BRANCH E SUBSIDIARY

Investimento con branch: tassazione in Italia della

casa madre Importi

Investimento con subsidiary: Tassazione in Italia della casa madre

Importi

Reddito imponibile francese

15.000 Dividendo francese 500

Reddito imponibile italiano 10.000 Reddito imponibile italiano

10.000

Reddito complessivo imponibile

25.000 Reddito complessivo imponibile

10.500

IRES (27.5%) 6.875 IRES (27.5%) 2.887

IRAP (3,9% di 10.000) 390 IRAP (3.9% di € 10.000) 390

Imposta dovuta 7.265 Imposta dovuta 3.277

«Peso fiscale» (in capo alla casa madre) a confronto (branch vs subsidiary)

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE IL DIVERSO PESO FISCALE TRA BRANCH E SUBSIDIARY L’esempio riportato costituisce un modello esemplificativo che ha il solo fine di illustrare il «meccanismo di tassazione». Benché nel caso precedentemente descritto appaia emergere una convenienza fiscale della subsidiary (essendo l’imposta dovuta dalla capogruppo italiana pari ad €3.277, inferiore, dunque, a quella dovuta nel caso di una branch), il confronto tra il peso fiscale della branch e quello della subsidiary, infatti, non può prescindere dall’esame dei singoli casi di specie, ove possono incidere diverse e importanti variabili; inoltre, andrebbe verificato il peso fiscale della «fiscal unit», ossia l’onere tributario sostenuto dal gruppo nel suo complesso a livello internazionale. In linea generale, è possibile affermare che l’investimento tramite subsidiary è fiscalmente più vantaggioso soprattutto nei casi in cui il livello di tassazione del Paese in cui si insedia la nuova legal entity è più basso rispetto a quello nazionale, ovvero qualora l’impresa estera controllata goda di particolari agevolazioni riconosciute in funzione dell’insediamento produttivo nel mercato estero. Infatti, realizzando redditi all’estero per il tramite della branch, non si usufruisce dell’eventuale minore tassazione in quello Stato (in quanto la casa madre italiana dovrà, ugualmente, pagare le imposte per i redditi ovunque prodotti); d’altra parte, invece, la controllata estera potrà godere pienamente dei benefici fiscali concessi dal Paese estero.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE POSSIBILI CASI PATOLOGICI

• La «patologia» costituisce la conseguenza dell’aggressive tax planning, ossia di un’aggressiva pianificazione fiscale internazionale che pone al primo e unico posto il risparmio d’imposta. Le opzioni «strutturali» vengono, così, analizzate solo in relazione all’onere fiscale che portano seco, rinunciando, invece, a un corretto e fisiologico approccio di carattere «sostanziale». Quest’ultimo, invece è ispirato al seguente percorso: la scelta tra branch e subisidiary non costituisce e non può costituire una mera alternativa fiscale, dovendo unicamente dipendere dalla tipologia sostanziale di architettura economica che si vuole insediare in un altro Paese.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE POSSIBILI CASI PATOLOGICI

• In altre parole, il soggetto economico nazionale ALFA che decide di investire oltre confine dovrà, dapprima, individuare quale tipo di struttura insediare all’estero, verificando se essa sia idonea a configurarsi quale mera branch o un nuovo soggetto giuridico con un nuovo e indipendente management.

• Conseguentemente, dovrà essere la realtà sostanziale della struttura estera a costituire l’unico parametro utile ai fini dell’inquadramento della struttura medesima nell’ambito della branch o della subisidiary; gli effetti fiscali costituiscono mere conseguenze della realtà sostanziale.

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Definizione

• La nozione di «stabile organizzazione occulta» fa riferimento ad una sede fissa di affari in cui un’impresa estera esercita, in tutto o in parte, la sua attività, in forma consapevole o inconsapevole – attraverso un organizzazione di uomini e mezzi ovvero per il tramite di un soggetto il quale agisce in qualità di agente dipendente/indipendente – senza tuttavia dichiarare, all’autorità fiscale del Paese in cui è localizzata, relativi proventi della stessa generati e ad essa direttamente imputabili.

• Alla nozione di «stabile organizzazione occulta» (di tipo «materiale» ovvero «personale») si riferiscono una pluralità di fattispecie, celate, occultate o dissimulate, comunque non dichiarate, rinvenibili in base ad un procedimento logico-deduttivo basato su indicatori riscontrabili ed elementi rilevati nel corso di una verifica fiscale da parte dell’autorità competente.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE LA STABILE ORGANIZZAZIONE OCCULTA

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Definizione

I possibili fenomeni evasivi connessi alla presenza di una stabile organizzazione occulta si concretizzano nel momento in cui (alternativamente):

• un soggetto di diritto estero (la cui residenza fiscale all’estero corrisponde alla realtà sostanziale) occulta una sede fissa d’affari nel nostro Paese;

• un soggetto residente in Italia occulta l’esistenza di una stabile organizzazione estera.

In entrambi i casi, lo scopo indebito perseguito è quello di evitare che il reddito prodotto dalla «branch» venga tassato in Italia. L’onere dell’Amministrazione finanziaria consisterà, dunque, nel dimostrare l’esistenza del centro di imputazione fiscale non dichiarato raccogliendo idonei elementi probatori comprovanti la configurabilità di una stabile organizzazione.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE LA STABILE ORGANIZZAZIONE OCCULTA

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE LA STABILE ORGANIZZAZIONE OCCULTA

ITALIA ESTERO

ALFA (Società italiana)

Branch occulta (branch occulta di società italiana all’estero: i redditi prodotti dalla branch non vengono, indebitamente, tassati in Italia)

La branch occulta potrebbe anche configurarsi all’interno di una persona giuridica di diritto estero (BETA) controllata dalla società ALFA. Tale caso si potrebbe configurare qualora nei locali della società BETA operano dirigenti della società ALFA che concludono contratti per conto di quest’ultima società costituendo di fatto come un mero prolungamento del soggetto nazionale all’estero.

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MASTER DIRITTO E COMMERCIO INTERNAZIONALE LA STABILE ORGANIZZAZIONE OCCULTA

ITALIA ESTERO

BETA (Soggetto di diritto estero le cui «radici» ossia il place of effective management, sono effettivamente ubicate all’estero)

Branch occulta (branch occulta in Italia di un soggetto estero: i redditi prodotti dalla branch non vengono tassati in Italia indebitamente)

La branch occulta potrebbe anche configurarsi all’interno di una persona giuridica di diritto italiano controllata dalla società BETA. Tale caso si potrebbe configurare qualora nei locali della società ALFA operano dirigenti della società BETA che concludono contratti per conto di quest’ultima società costituendo di fatto come un mero prolungamento del soggetto estero in Italia.

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Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 3 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato»

Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 14 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Branch exemption»

Branch exemption Si introduce nell’ordinamento italiano con il nuovo art. 168-ter del TUIR la c.d. “branch exemption”, ovvero l’opzione per l’esenzione dei redditi e delle perdite delle stabili organizzazioni estere la cui tassazione avverrà, quindi, nel solo Stato dove è localizzata la S.O.. Anche in presenza dell’opzione il reddito della S.O. dovrà essere determinato con le ordinarie regole, e indicato separatamente nella dichiarazione dei redditi della casa madre. Si intende così, favorire la competitività delle imprese residenti che operano all’estero creando con l’esenzione dei profitti realizzati dalle loro S.O. all’estero, condizioni fiscali di pari vantaggio rispetto a quelle di cui già godono i competitors di molti altri grandi Paesi europei ed extra europei. Questa novità di rafforzamento del principio di territorialità affida al source country il potere esclusivo di tassazione dei redditi transfrontalieri c.d. “active”, derivanti cioè dall’esercizio di un’effettiva attività imprenditoriale.

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Branch exemption Il nuovo regime non si sostituisce al worldwide principle, che come è noto prevede la tassazione di tutti i redditi prodotti all’estero da un soggetto residente. Questo poiché l’esenzione non si applica ai singoli redditi «passive» (come interessi, royalties e canoni di ogni tipologia) generati da un mero godimento di assets né dall’esercizio di una attività d’impresa per il tramite di una S.O.. Inoltre, l’accesso alla branch exemption è facoltativo per i soggetti interessati (persone giuridiche e persone fisiche che esercitano professionalmente attività commerciali) i quali in base all’esigenze del proprio business possono continuare ad avvalersi dell’attuale regime di imponibilità. L’accesso all’esenzione deve essere ponderato dal management aziendale poiché questo comporta che le eventuali perdite estere non potranno più essere “importate” per compensare gli altri profitti esteri e domestici della sede centrale.

Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 3 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato»

Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 14 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Branch exemption»

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Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 3 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato»

Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 14 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Branch exemption»

Principio “all in all out” L’opzione deve essere esercitata per tutte le S.O. estere dell’impresa italiana, in tal senso non è ammesso il c.d. cherry picking ovvero la possibilità di scegliere differenti regimi fiscali sulla base delle caratteristiche di ciascuna struttura estera perché consentirebbe di importare le perdite delle S.O. non profittevoli senza doversi imputare gli utili delle altre. In questo modo si parla del principio «all in all out» ovvero una possibilità che può risultare vantaggiosa per il residente nelle ipotesi in cui risulti positivo il saldo netto degli investimenti realizzati tramite la S.O.. Tale opzione riguarda la casa madre residente e ha due vincoli che la rendono particolarmente rigida. Essa, infatti: • deve riguardare tutte le stabili organizzazioni estere; • è irrevocabile e può essere esercitata entro precisi termini.

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Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 3 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato»

Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 14 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Branch exemption»

Vincoli legati alla localizzazione della branch È poi previsto un ulteriore vincolo legato alla localizzazione della stabile organizzazione. L’opzione, infatti, non può essere esercitata se la S.O. è localizzata in uno degli Stati o territori appartenenti alla black list CFC di cui al DM 21 novembre 2001 (o in Stati diversi, se sussistono le condizioni previste dall’art. 167 co. 8-bis del TUIR). L’opzione stessa torna però praticabile in presenza delle condizioni a fronte delle quali è possibile disapplicare la disciplina CFC: • svolgimento, da parte della branch, di un’attività industriale o commerciale nello

Stato o territorio estero, ovvero insussistenza dell’effetto di localizzare i redditi nello Stato a fiscalità privilegiata (per gli Stati black list);

• insussistenza dell’intento di costituire all’estero una costruzione artificiosa (per gli Stati non black list).

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Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 3 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato»

Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 14 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Branch exemption»

Regime transitorio per le S.O. già esistenti Per le S.O. già esistenti, è possibile esercitare l’opzione entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni in esame, con effetto dal periodo d’imposta in corso a quello di esercizio della stessa. In questo caso: • l’esercizio dell’opzione non determina in sé alcun realizzo di plusvalenze e

minusvalenze; • la casa madre deve indicare in modo separato nella dichiarazione dei redditi gli

utili e le perdite attribuibili a ciascuna S.O. nei cinque periodi d’imposta antecedenti a quella di effetto dell’opzione;

• se ne deriva una perdita netta, gli utili successivamente realizzati dalla S.O. sono imponibili sino a concorrenza di tale perdita, e dall’imposta dovuta si scomputano le imposte estere a norma dell’art. 165 co. 6 del TUIR.

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Facoltà di interpello Si riconosce al contribuente la possibilità di interpellare l’Agenzia delle Entrate in merito all’esistenza di una sua stabile organizzazione estera. Disposizioni attuative Le modalità attuative del nuovo art. 168-ter del TUIR saranno individuate da un apposito provvedimento dell’Agenzia delle Entrate. Decorrenza Le modifiche contenute nell’art. 14 del DLgs. si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto stesso (quindi, dal 2016).

Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 3 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato»

Decreto Internazionalizzazione Decreto Internazionalizzazione Art. 14 Dlgs. 14 settembre 2015, n.147 «Branch exemption»

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ASPETTI RIGUARDANTI L’ESTEROVESTIZIONE

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI AGENDA

Riferimenti Introduzione L’esterovestizione Presunzione di esterovestizione: elementi attivanti La prova della residenza Esterovestizione e interpello

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Legislazione

• Articolo 73, comma 5-bis, 5-ter, 5-quarter e 5-quinquies Decreto Presidente della Repubblica 917 del 1986 (T.U.I.R)

• Articolo 35, comma 13, D.L. 4/7/2006 n. 223

• Articolo 12, Legge 11 marzo 2014, n. 23

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI RIFERIMENTI

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Prassi • Circolare Agenzia delle Entrate n. 320/E, 19 dicembre 1997; • Circolare Agenzia delle Entrate n. 9/E, 13 febbraio 2003; • Circolare Agenzia delle Entrate n. 12/E, 21 febbraio 2003; • Circolare Agenzia delle Entrate n. 7/E, 21 febbraio 2005; • Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 123/E, 12 agosto 2005; • Circolare Agenzia delle Entrate n. 28/E, 4 agosto 2006; • Circolare Agenzia delle Entrate n. 36/E, 6 dicembre 2006; • Circolare Agenzia delle Entrate n. 5/E, 2 febbraio 2007; • Circolare Agenzia delle Entrate n. 6/E, 6 febbraio 2007; • Circolare Agenzia delle Entrate n. 11, 16 febbraio 2007; • Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 312, 5 novembre 2007; • Circolare Comando Generale della Guardia di Finanza n. 1/2008; • Nota Agenzia delle Entrate prot. n. 2010/39678; • Nota Agenzia delle Entrate prot. n. 2010/157346; • Circolare Agenzia delle Entrate n. 18, 31 maggio 2012;

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI RIFERIMENTI

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI RIFERIMENTI

Giurisprudenza di Merito • CTP Belluno, 14 gennaio 2008, n. 174; • CTR Toscana, 18 gennaio 2008, n. 61; • CTP Rimini, 25 febbraio 2008, n.26; • CTP Reggio Emilia, 1 luglio 2009, n.197; • CTP Savona, 10 marzo 2011, n.46; • CTP Savona, 24 maggio 2011, n.81; • CTR Firenze, 18 gennaio 2008, Sez, XXV; • CTP Milano, 4 gennaio 2012, n.1; • CTC, 18 novembre1986, n.8827; • CTP Brindisi, 6 novembre 1997, n.453; • CTP Milano, 16 giugno 2010, n.220; • CTR Lombardia, 14 aprile 2011, n.65; • CTR di Milano, sentenza del 23 luglio 2012, n.

111;

• CTP di Treviso, sentenza del 16 ottobre 2012, n. 91;

• CTP di Macerata, sentenze del 10 aprile 2013, • nn. 84 e 85; • CTP di Milano, sentenza del 18 aprile 2013, n.

59; • CTP di Como, sentenza del 3 luglio 2013, n. 91;

CTP di Varese, sentenza del 3 ottobre 2013, n. 125;

• CTP di Roma, sentenza del 3 febbraio 2014, n. 1694

• CTP Modena, 17 novembre 2014, n. 744

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• Corte di Cassazione, 5 maggio 1980, n.2936; • Corte di Cassazione, 6 luglio 1983, n.4525; • Corte di Cassazione, 16 giugno 1984, n.3604; • Corte di Cassazione, 13 giugno 1986, n.3945; • Corte di Cassazione, 27 giugno 1986, n.4283; • Corte di Cassazione, 9 giugno 1988, n.3910; • Corte di Cassazione, 4 ottobre 1988, n.5359; • Corte di Cassazione, 26 febbraio 1990, n.1439; • Corte di Cassazione, 5 aprile 1990, n.2831; • Corte di Cassazione, 8 maggio 1991, n.5123; • Corte di Cassazione, 11 gennaio 2000, n.195; • Corte di Cassazione, 8 marzo 2000, n.1156; • Corte di Cassazione, 21 ottobre 2005, n.20398; • Corte di Cassazione, 25 marzo 2011, n.6934; • Corte di Cassazione, 22 novembre 2011, n.7739; • Corte di Cassazione, 23 febbraio 2012, n.7080; • Corte di Cassazione, 08 ottobre 2014, n.41947; • Corte di Cassazione, 30 ottobre 2015, n.43809;

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI RIFERIMENTI

Giurisprudenza di Legittimità

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• I recenti fatti di cronaca dimostrano che è sempre più in auge il fenomeno della cosiddetta «esterovestizione», ossia quella particolare forma di evasione fiscale internazionale, molto insidiosa in quanto di difficile individuazione da parte del Fisco.

• Tale figura evasiva è caratterizzata dalla localizzazione fittizia della residenza di un soggetto in un Paese che gode di un regime tributario particolarmente privilegiato, di modo che lo stesso possa beneficiare di una disciplina fiscale più favorevole e, quindi, sottrarsi agli adempimenti previsti dall’ordinamento tributario del Paese di reale appartenenza.

• Il concetto di esterovestizione è strettamente correlato a quello di residenza. Difatti, è esterovestito quel soggetto che, pur avendo la residenza (nel caso di persona fisica) o la sede (nel caso si tratti di ente o di società) formale all’estero, ciò nonostante, al verificarsi di determinati presupposti – espressamente indicati dal T.U.I.R. – deve considerarsi fiscalmente residente nel territorio dello Stato italiano.

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI INTRODUZIONE

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• Il concetto di “residenza” permette di individuare i c.d. “soggetti passivi”.

• Per la sua importanza, l’argomento è stato oggetto di particolari attenzioni da parte del legislatore tributario e della stessa Amministrazione finanziaria.

Residenza Esterovestizione

• Con “esterovestizione” si intende la fittizia localizzazione all'estero della residenza fiscale di una società che, al contrario, ha di fatto la sua attività e persegue il suo oggetto sociale in Italia. Lo scopo principale della localizzazione, tipicamente in un paese con un regime fiscale più vantaggioso di quello nazionale, è quella di fare in modo che gli utili siano sottoposti ad una minore tassazione.

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI L’ESTEROVESTIZIONE

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CTP di Belluno, sent. 14 gennaio 2008, n. 174

“[…] il fenomeno della cd "esterovestizione" della residenza fiscale che, alla stregua dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale, viene effettuata il più delle volte mediante la costituzione all'estero, segnatamente nei paesi che offrono migliori condizioni di convenienza fiscale, di società esclusivamente finanziarie con funzioni di holding o sub holding di partecipazione, controllate direttamente o indirettamente da società fiscalmente residenti nel nostro Paese. […] Il reddito viene effettivamente percepito dalla società estera che tuttavia non assolve ai requisiti della effettiva residenza estera essendo carenti i presupposti di essa alla luce della legislazione interna e comunitaria. Il fenomeno della esterovestizione consente infatti di accentrare in soggetti giuridici residenti in Paesi a bassa tassazione […] le partecipazioni nelle sussidiarie esistenti in Italia o all'estero, in modo tale da garantire un controllo sugli indirizzi operativi e gestionali delle imprese situate all'estero, senza che i risultati economici di detta attività si riflettano direttamente sola casa madre.”

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI L’ESTEROVESTIZIONE

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• La possibilità di stabilire ex ante lo Stato di residenza fiscale di una società non sussiste, in quanto le definizioni della stessa residenza contenuta nella normativa fiscale italiana si fondano anche e soprattutto su circostanze di fatto sulle quali è impossibile pronunciarsi a priori.

• L’individuazione della residenza fiscale di un soggetto “formalmente” costituito all’estero richiede, infatti, articolate indagini di fatto circa l’effettivo rapporto della società con un determinato territorio. La stessa prassi ministeriale ha chiarito che in tema di accertamento della residenza fiscale “non è possibile stabilire una regola precisa, ma devono essere presi in considerazione tutti i fatti e le circostanze”.

(Cfr. Risoluzione Agenzia delle Entrate, n. 312/E del 5 novembre 2007).

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI L’ESTEROVESTIZIONE

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La presunzione di residenza

Come è noto, l’articolo 73, comma 3, del Tuir stabilisce che «si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato»

L’articolo 73 ai commi 5 bis e 5 ter stabiliscono quali siano i presupposti e i criteri fondamentali per poter presumere che un soggetto sia a tutti gli effetti residente in Italia e quindi suscettibile di imposizione.

In tal senso l’art. 35 ai commi 13 e 14 del D.L. 223 (decreto Visco-Bersani) ha considerevolmente modificato i due commi dell’art.73

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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Il decreto Visco-Bersani e la «presunzione di residenza»

L’articolo 35, commi 13 e 14 del D.l. 4 luglio 2006, n.223 - Legge 4 agosto 2006, n. 248 L. 4 agosto 2006 (i.e. Decreto Visco-Bersani) ha significativamente modificato la normativa introducendo strumenti presuntivi a disposizione del Fisco, secondo cui si presume esistente in Italia la sede dell’amministrazione di società, formalmente costituite all’estero, ma nella sostanza amministrate e gestite da «soggetti italiani».

Prassi

• Circolare Agenzia delle Entrate 28/E del 2006

• Circolare Agenzia delle Entrate 11/E del 2007

• Risoluzione 312/E del 2007

• Assonime (associazione fra le società italiane per azioni) Circolare 67 del 2007

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI

RESIDENZA

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Art. 73 Tuir, comma 5-bis 5-ter

«5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa: a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato; b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.»

«5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all'articolo 5, comma 5.»

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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Art. 73 Tuir, comma 5-bis

«… se, in alternativa:

a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato. »

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

PARTECIPAZIONE DI CONTROLLO

DIRETTO

SOGGETTO ESTERO

SOGGETTO ITA

SOGGETTO ITA

PARTECIPAZIONE DI CONTROLLO INDIRETTO

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

PARTECIPAZIONE DI CONTROLLO ANCHE

INDIRETTO

SOGGETTO ESTERO

SOGGETTO ITA

CDA IN ITA

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Art. 73 Tuir, comma 5-bis

«Salvo prova contraria si considera esistente nel territorio dello Stato…»

• presunzione relativa inversione dell’onere della prova

• rispetto della proporzionalità, della ragionevolezza e della libertà di stabilimento tutelate a livello comunitario;

«…la sede dell'amministrazione di società ed enti…»

• la presunzione non fa riferimento alla «residenza», ma alla «sede dell’amministrazione»; introduce pertanto una presunzione che richiama il tie break rule previsto sul tema «residenza» dal Modello di Convenzione OCSE con evidente intento di introdurre una presunzione che prevalga anche a livello internazionale (in modo discutibile);

• la prova contraria, citata dalla stessa norma, deve dimostrare in modo specifico che la sede dell’amministrazione è all’estero o che la residenza non può essere considerata in Italia e, quindi, che nessuno dei tre requisiti è soddisfatto?

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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Art. 73 Tuir, comma 5-bis

«…che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 … »

• Art. 2359 del Cod. Civ.: «Sono considerate società controllate:

1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

• si deve trattare, secondo il dato letterale, di controllo diretto: è però possibile l’applicazione della presunzione lungo la catena di controllo partecipativo

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

SE LA SOCIETA’ ESTERA È «ESTEROVESTITA»

DIVIENE ASSIMILATA AD UN SOGGETTO RESIDENTE

REALIZZANDO IL CONTROLLO DIRETTO DA PARTE DI UN SOGGETTO

RESIDENTE NEI CONFRONTI DELLA

PARTECIPATA ESTERA E COSÌ VIA LUNGO LA

CATENA PARTECIPATIVA

SOGGETTO ITA

SOGGETTO ITA

SOGGETTO ESTERO

SOGGETTO ESTERO

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Art. 73 Tuir, comma 5-ter

«Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all'articolo 5, comma 5. »

Circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007

Agenzia delle Entrate – Dir. Normativa e contenzioso:

«la residenza degli amministratori della società dev’essere stabilita sulla base dei criteri previsti dall’art. 2 del Tuir. La società, inoltre, sarà considerata fiscalmente residente in Italia qualora, per la maggior parte del periodo d’imposta, risulti prevalentemente amministrata da consiglieri residenti nel territorio dello Stato»

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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Ipotesi in cui non si applica la presunzione

• Controllo contrattuale al secondo livello della catena (la norma richiede la detenzione di partecipazioni di controllo)

• Società di persone (non sono soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, Articolo 73 Tuir)

• Interposizione nella catena di un soggetto estraneo (es. trust non revocabile e discrezionale)

• Nel caso in cui il soggetto estero detenga anche altri beni, diversi da partecipazioni di controllo in soggetti residenti:

Altre partecipazioni in società non residenti

Altre attività

In questi casi la presunzione si applica, se sono rispettate le condizioni, posto che si ha una presunzione di gestione ed amministrazione in Italia a prescindere dalla localizzazione degli altri beni. 107

ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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La posizione di Assonime nella Circolare 67 del 2007

In merito alla presunzione della prova, Assonime, ha voluto svolgere un analisi molto dettagliata in merito al decreto Visco-Bersani, mettendo in evidenza come la nuova disciplina incida non tanto sulla validità dei criteri, ma al contrario, sul limitato piano dell’inversione dell’onere della prova, ponendolo a carico del contribuente.

Di qui la compatibilità della presunzione con le disposizioni sostanziali in tema di residenza non solo nell’ordinamento interno, ma anche di quello comunitario e ed internazionale.

Pur operando sul piano probatorio l’ Assonime rileva che la presunzione deve essere applicata nel rispetto dei principi comunitari di proporzionalità e di libertà di stabilimento, consentendo al contribuente di fornire la prova contraria anche attraverso la sola dimostrazione dello svolgimento all’estero di un effettiva attività economica, ovvero facendo valere la scarsa significatività dei presupposti della presunzione in relazione alla specifica situazione operativa.

L’ Assonime precisa che la presunzione può essere contrastata mediante la dimostrazione che nella fattispecie concreta, non sussiste un «attendibile collegamento territoriale con l’Italia». Non è invece necessario estendere la prova contraria a tutti i profili di estraneità della sede amministrativa del soggetto estero rispetto al territorio dello Stato.

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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La posizione di Assonime nella Circolare 67 del 2007

In tal senso è utile prendere in considerazione alcuni casi concreti che si possono presentare con riferimento ad entrambe le fattispecie presuntive.

Se il soggetto si qualifica come holding mista ovvero impresa che, oltre a detenere partecipazioni di controllo in una società italiana esercita all’estero un’attività industriale, commerciale o finanziaria, può ritenersi che la sua sede amministrativa sia situata prevalentemente all’estero, dove si svolge la gestione operativa. In tale ipotesi la presunzione può essere superata invocando l’effettiva localizzazione dell’attività principale all’estero, la quale è connessa, nella maggior parte dei casi, all’assunzione in loco delle decisioni gestionali.

Come ad esempio la holding estera di gestione, ovvero quelle che svolgono concretamente l’attività di direzione ad esempio la prova contraria può essere fornita facendo rilevare da un lato, che l’attività svolta dalla holding è attività economica autonoma rispetto a quella delle partecipate, dall’altro che il luogo in cui si svolge tale attività è all’estero. Altrimenti le cosiddette holding passive, ovvero quelle holding che si limitano a detenere partecipazioni in società residenti in Italia, mentre non svolgono alcuna attività economica di rilievo all’estero. In tal caso la prova contraria potrebbe essere data dalla prova dell’inesistenza degli elementi costitutivi della sede dell’amministrazione in Italia ovvero la prova della localizzazione della sede dell’amministrazione all’estero, dando dimostrazione della sussistenza dei presupposti.

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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La posizione di Assonime nella Circolare 67 del 2007

Infine, un’ipotesi in cui i presupposti della presunzione potrebbero assumere scarsa rilevanza ai fini probatori riguarda la composizione dell’organo amministrativo. A tal proposito, Assonime precisa che laddove gli amministratori, ancorché residenti in Italia, non siano effettivamente titolari di poteri gestori, la presunzione di per sé non avrebbe forza argomentativa sufficiente.

Il contribuente, pertanto, non dovrebbe essere tenuto a dimostrare che la sua sede di amministrazione si trova all’estero, essendo un tale onere probatorio contrario al principio comunitario di proporzionalità.

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI PRESUNZIONE DI RESIDENZA

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Nota prot. N. 2010/39678 dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 73, comma 3 del Tuir

NORMA SOSTANZIALE che fissa i requisiti per individuare la residenza in Italia o all’estero di una società o di un ente e per stabilire quale sia il regime naturalmente applicabile al soggetto considerato;

ONERE DELLA PROVA a carico dell’Agenzia delle Entrate;

L’articolo 73 comma 5 bis, ter e quater del Tuir

NORME PROCEDURALI che stabiliscono delle PRESUNZIONI LEGALI individuando «circostanze fattuali …omissis… che rendono ragionevole ipotizzare che le decisioni fondamentali relative alla gestione dell’impresa siano in tali ipotesi assunte in Italia»;

Presunzioni che è possibile vincere, essendo ammessa la PROVA CONTRARIA con conseguente inversione dell’ONERE DELLA PROVA

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI LA PROVA DELLA RESIDENZA

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Nota prot. N. 2010/39678 dell’Agenzia delle Entrate

Le presunzioni indicate non sono generali ma rappresentano elementi da verificare «case by case» con riferimento al requisito temporale…

«l’amministrazione finanziaria potrà trovarsi a dover verificare la sussistenza del requisito temporale previsto, in via generale, dall’articolo 73, comma 3 del TUIR e, dunque, a dover provare che la società risulti, per la maggior parte del periodo d’imposta, prevalentemente amministrata da consiglieri residenti nel territorio dello Stato»

…e comunque con un contradditorio con il «presunto» contribuente che gli permetta di fornire l’eventuale prova contraria dovuta in sede di verifica o accertamento

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI LA PROVA DELLA RESIDENZA

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La Residenza per la UE

LE NOTE N. 2010/39678 E N. 2010/157346 DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE A SEGUITO DELLA DENUNCIA DELL’AIDC PRESSO LA COMMISSIONE EUROPEA

Le note sono di grande rilevanza in quanto hanno evitato un procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia:

• il contradditorio con l’ente o società è necessario come pure il rinvenimento di prove che dimostrino «l’intensità del legame tra la società e lo Stato estero e/o l’Italia» affinché il controllo della residenza effettiva non sia una «valutazione acritica fondata soltanto su dette presunzioni» (le presunzioni di residenza individuate dal legislatore sono «indizi» insufficienti a rendere il soggetto esterovestito);

• l’Italia deve attivare «l’assistenza amministrativa con gli Stati membri dell’Unione Europea», come chiarito nella prassi, per approfondire l’esistenza di un’effettiva sede all’estero.

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI LA PROVA DELLA RESIDENZA

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Nota prot. N. 2010/39678 dell’Agenzia delle Entrate

• luogo ove sono tenute le riunioni del consiglio di amministrazione, biglietti di aereo, ricevute degli alberghi che attestano gli spostamenti dei consiglieri;

• effettività della gestione sociale da parte dei membri del consiglio di amministrazione all’estero attraverso l’adozione di atti volitivi, progetti, interventi diretti a migliorare le performance della società;

• effettivo svolgimento in loco della gestione operativa, grado di autonomia funzionale della società dal punto di vista organizzativo, amministrativo, finanziario e contabile;

• autonomia dei country managers con riferimento all’organizzazione del personale, alle decisioni di spesa, alla stipula dei contratti commerciali o finanziari, atti di gestione adottati e attività negoziale posta in essere, direttive interne, corrispondenza

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Nota prot. N. 2010/39678 dell’Agenzia delle Entrate

Si tratta in definitiva delle medesime informazioni e documenti probatori richiesti in sede di verifica ex comma III dell’art. 73 del TUIR per i quali si rimanda al contenuto del documento della Guardia di Finanza che seguirà alle slides successive

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI LA PROVA DELLA RESIDENZA

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Cassazione penale 8 ottobre 2014 n. 41947

Fatti

Il fisco ha contestato ad un imprenditore italiano l'esterovestizione di un'azienda tedesca (Rentcar Chartering GMBH) ritenuta, quindi, con sede in Italia. Ne è conseguita, tra l'altro, la denuncia per il reato di omessa dichiarazione Iva (articolo 5 del Dlgs 74/2000) dal 2004 al 2010. Il Gip, su richiesta della Procura che ha disposto anche il sequestro di denaro e 138 autovetture.

L'imputato ha presentato istanza di dissequestro, evidenziando non solo che la società tedesca era concretamente operativa, ma che aveva aderito allo scudo fiscale e, pertanto, il reato contestatogli era “sanato”.

Il provvedimento cautelare è stato però confermato dal tribunale del riesame e l'imprenditore ha presentato ricorso in cassazione. Ma il collegio di legittimità ha respinto il ricorso fornendo spunti interessanti sia sulla rilevanza penale dello scudo sia sulla stabile organizzazione.

Nel caso in esame - sottolinea la sentenza - il contribuente aveva “scudato” proprie quote di partecipazione e, pertanto, i benefici non potevano estendersi alla società estera.

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Cassazione penale 8 ottobre 2014 n. 41947

A nulla rileva, in tale contesto, che secondo la circolare 43/E/2009 si possono ritenere sanate le regolarizzazioni effettuate dal dominus di una società di capitali. Tale interpretazione, infatti, è riferita solo all'ambito tributario e non si può operare alcuna interpretazione estensiva ai fini penali.

I giudici di legittimità, poi, hanno precisato che il reato di omessa dichiarazione, può essere integrato anche dalle condotte elusive ai fini fiscali che siano strettamente riconducibili alle ipotesi previste dalla legge. Nella vicenda affrontata, dalle prove presentate era emerso che il centro decisionale della società era stato individuato in Italia, presso il contribuente, dove erano stati anche rinvenuti documenti, estratti conto bancari, blocchetti di assegni relativi a conti della società, targhe estere e anche un timbro della impresa tedesca.

I computer erano collegati in rete con il server in Germania e gli operatori potevano accedere ai dati elaborati operando dall'Italia.

I clienti erano italiani e la necessità di procacciare tale clientela, di gestirla e di conoscerne l'affidabilità richiedeva certamente una costante presenza sul territorio nazionale da parte della direzione e della amministrazione della società.

La società tedesca operava quindi solo con l'Italia. Tutti questi elementi, secondo la Cassazione, hanno fatto ritenere fondata l'esterovestizione e quindi l'omessa presentazione della dichiarazione.

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI LA PROVA DELLA RESIDENZA

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Sentenza «Dolce e Gabbana»

• Nel marzo del 2004 il gruppo Dolce & Gabbana decise di costituire due società in Lussemburgo – la Dolce & Gabbana Luxembourg e la Gado s.a.r.l., sua controllata – per poi cedere a quest’ultima i più importanti marchi di cui si fregiano le loro creazioni per 360 milioni di euro.

• In sostanza veniva demandata a «Gado» la gestione e tutela dei marchi, fino a quel momento svolta in Italia, a fronte del pagamento di royalties dai licenziatari, le società del gruppo in primis. Il cambio era favorevole per le tasche dei due stilisti, che in Italia sulle royalties pagavano il 45 per cento di Irpef, essendo di proprietà di persone fisiche: una volta nel Granducato l’incidenza fiscale sarebbe crollata al 4 per cento, grazie a un accordo con l’erario locale.

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Licenza Marchi

Sub-licenza Marchi

D&G Srl ITA

Dolce&Gabbana srl ITA

Dolce&Gabbana Ind Spa ITA

D&G Srl ITA

D&G Luxembourg

sarl LUX

Dolce&Gabbana srl ITA

Dolce&Gabbana Ind Spa ITA

GADO sarl LUX

Sub-licenza Marchi

Licenza Marchi

Stilisti Stilisti

Struttura ante-riorganizzazione Struttura post-riorganizzazione

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Sentenza «Dolce e Gabbana»

• L’operazione era stata contestata dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate sotto due profili:

1. il primo riguardava l’effettiva operatività di «Gado», sospettata di essere solo una cosiddetta estero-vestizione, ovvero un’azienda solo fittiziamente estera, ma in realtà italiana perché guidata e amministrata dall’Italia (sede dell’amministrazione);

2. il secondo atteneva al prezzo di vendita troppo basso. Per l’Agenzia il valore dei marchi era di 1,19 miliardi di euro circa, e su quello andavano calcolate le imposte sulla plusvalenza. C’è da dire che in Commissione tributaria il valore dei brand è stato ricalcolato in 730 milioni di euro, e su quell’ammontare è stato richiesto il pagamento ai due di 343 milioni di euro tra imposte, sanzioni e interessi di mora.

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Sentenza «Dolce e Gabbana» • Per la difesa, il gruppo Dolce e Gabbana aveva tutti i

diritti di posizionare «Gado» in Lussemburgo, in virtù della libertà di stabilimento garantita dall’Unione europea. Il piccolo stato era stato scelto perché era una piazza finanziaria di primaria importanza, e in vista di una quotazione in Borsa – mai avvenuta – la società avrebbe avuto una migliore visibilità da parte delle banche e dei fondi internazionali. I due stilisti, poi, sarebbero stati «in buona fede», in quanto non esperti di questioni fiscali e societarie, e poi convinti di operare legittimamente.

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Sentenza «Dolce e Gabbana»

• La Corte d’Appello, con una sentenza molto chiara, oltre a negare la buona fede degli stilisti (le cifre in gioco erano troppo consistenti per potersene disinteressare) aveva invece rintracciato molti indici che convergevano verso la esterovestizione, come la residenza fiscale di quasi tutti i consiglieri in Italia (Ruella, Alfonso e Dolce). Allo stesso modo, la mancanza di dipendenti alla costituzione, infatti, solo dopo mesi un dipendente italiano era stato distaccato in loco, ma le verifiche avevano appurato che non aveva nessun grado di indipendenza dalle altre società del gruppo e, anzi, molte email sequestrate avevano mostrato come gli ordini venissero impartiti dall’Italia. La stessa società di domiciliazione in Lussemburgo, la Alter Domus, che fornisce la “residenza” a migliaia di società che si posizionano nel piccolo stato e che avrebbe dovuto curare servizi primari come l’amministrazione, eseguiva solo compiti su delega della società cliente italiana. Infine, il brusco rientro in Italia della società una volta arrivata la verifica fiscale del 2007.

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Sentenza «Dolce e Gabbana» • «Gado» era in realtà italiana e avrebbe dovuto

pagare le tasse all’Erario italiano: anche l’obiezione che la capogruppo D&G srl era italiana e quando «Gado» avesse pagato i dividendi sarebbero risaliti verso l’imponibile della holding si era rivelata debole, perché la società negli anni della sua residenza estera non aveva mai staccato cedole, mantenendo gli utili in Lussemburgo. Ma se per la Corte d’Appello si trattava di un classico caso di abuso del diritto, dal dispositivo della Cassazione il loro comportamento appare invece perfettamente lecito anche ai fini fiscali. (Udienza 24 ottobre 2014)

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Sentenza «Dolce e Gabbana» n.43908/2015 • Con la motivazione depositata venerdì scorso, la Corte di

cassazione (sentenza 43908/2015) ha duramente criticato il precedente indirizzo giurisprudenziale - inaugurato dalla Corte suprema con la sentenza n. 7739 del 22/11/2011 pronunciata nell’ambito dello stesso procedimento penale – sui temi della rilevanza penale dell’elusione fiscale e del fenomeno della cd. «esterovestizione» societaria.

• Quanto al primo tema, del precedente del 2011 la Corte suprema ha salvato solo il richiamo al «fondamentale principio di legalità», osservando tuttavia come proprio siffatto principio imponga una lettura autonoma delle fattispecie penali, senza alcun ricorso a disposizioni extrapenali che non garantiscono il necessario grado di tassatività e determinatezza nella descrizione del fatto tipico.

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Sentenza «Dolce e Gabbana» n.43908/2015 • Venendo al secondo tema, la Suprema corte ha duramente

censurato le sentenze di merito nella parte in cui avevano individuato nella residenza fiscale in Italia dei membri del consiglio di amministrazione della società estera un indizio rilevante della residenza fiscale della società.

• I giudici di legittimità hanno al riguardo sottolineato la valenza essenziale della libertà di stabilimento, tutelata anche in sede europea, osservando come l’unico limite a questo fondamentale diritto sia rappresentato dalle costruzioni di puro artificio ed evidenziando che, nel caso di specie, Gado non era affatto una realtà «artificiosa» ma, al contrario, aveva una struttura adeguata rispetto all’oggetto sociale (gestione e tutela dei marchi del gruppo).

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Sentenza «Dolce e Gabbana» n.43908/2015 • Altra critica mossa dalla Corte suprema ai giudici di merito è

stata quella di non aver considerato «la concorrente ed incontestata sussistenza delle robuste ragioni extrafiscali ispiratrici della riorganizzazione del gruppo Dolce & Gabbana, che scardinano la coerenza intrinseca del ragionamento accusatorio, conducendolo verso approdi lontani sia dai principi di diritto sopra affermati sia dai temi di indagine».

• La motivazione è entrata anche nel merito della differenza tra dolo di evasione e dolo di elusione, osservando che quest’ultimo (che deve necessariamente connotare il fatto penalmente rilevante) non può esaurirsi nella mera consapevolezza di aver posto in essere una condotta finalizzata all’esclusivo perseguimento di un risparmio fiscale.

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Sentenza «Dolce e Gabbana» n.43908/2015 • Tale ultima connotazione psicologica – osservano gli ermellini

– se può valere a qualificare l’operazione come elusiva, non è di per sé sufficiente a ritenere integrato il dolo di evasione (e dunque il reato), soprattutto nei casi (come quello di specie) in cui l’operazione economica risulta reale ed effettiva. In altri termini, è soltanto il dolo di evasione l’elemento della fattispecie idoneo ad esprimere il disvalore penale della condotta ed a selezionare le condotte offensive del bene giuridico tutelato dalla norma.

• La Corte suprema ha anche toccato il tema del concorso dell’extraneus nel reato di omessa dichiarazione dei redditi, osservando che esso può essere solo di tipo morale (istigazione o rafforzamento del proposito criminoso da parte dell’autore del reato) ed escludendo ogni rilevanza penale, anche sub specie di tentativo, di condotte che non abbiano idoneità a incidere sul proposito criminoso hic et nunc considerato.

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Circolare n. 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza

Indagini preliminari:

- della compagine sociale;

- dell’attività svolta e della struttura organizzativa anche di gruppo per verificare se vi siano rapporti di controllo tra soggetti nazionali e esteri;

- dei dati relativamente ai soci, ai soggetti titolari di funzioni di rappresentanza esterna e ad ogni altro soggetto che rivesta cariche o funzioni ritenute importanti rispetto alle finalità dell’attività ispettiva;

I mezzi di acquisizione delle informazioni possono essere:

- le c.d. “fonti aperte” (Internet, comunicati stampa, giornali specializzati e riviste economiche);

- il bilancio di esercizio e i suoi allegati.

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Circolare n. 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza

Acquisizione di ulteriore documentazione e informazioni:

• scritture contabili, documenti fiscali, contrattualistica, corrispondenza di ogni genere per verificare anche il luogo di formazione dei medesimi e il luogo ove sono svolte le attività che portano alla conclusione dei contratti;

• identità e residenza delle controparti per verificare il mercato di riferimento;

• presenza di un apparato di beni e persone effettivamente attivo sia da un punto di vista operativo che dirigenziale;

• amministratori e loro residenza, avendo riguardo a quelli di fatto indipendentemente da quelli formali (ad es. amministratori professionisti che di fatto operano sotto le direttive di altri);

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Circolare n. 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza

• organigramma, identificazione dei soggetti che ricoprono le funzioni aziendali necessarie alla conduzione autonoma da parte della società estera del proprio business e localizzazione dei medesimi, la presenza di un country manager, effettivamente operante nel Paese e responsabile del business locale, nonché di un Cfo responsabile delle attività e dei flussi di carattere finanziario, entrambi dotati di ampia autonomia di spesa;

• documenti relativi alla convocazione delle assemblee, e degli organi di amministrazione sia per verificare il luogo di convocazione che per verificare l’eventuale ingerenza e i poteri conservati dall’assemblea dei soci;

• conti correnti, luogo di disponibilità di fonti finanziarie e di gestione dei medesimi, soggetti dotati di poteri inerenti a conforto di una autonomia nei movimenti finanziari e in generale disponibilità finanziarie o al contrario esistenza di un contratti di cash pooling con società italiana.

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI LA PROVA DELLA RESIDENZA

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Circolare n. 1/2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza

«La disposizione del comma 5 bis, presenta taluni profili di interconnessione con la disciplina CFC di cui all’art. 167 del TUIR, allorquando un soggetto residente controlli una società o un ente residente o localizzato in stati o territori a fiscalità privilegiata che, a sua volta, detenga partecipazioni di controllo in società di capitali o enti commerciali residenti in Italia».

Se l’effettiva residenza all’estero è dimostrata (quindi è dimostrata l’esistenza di una struttura estera oltre che formale anche operativa ed autonoma) la GdF sottolinea che la società estera, pur se si sottrae agli ordinari adempimenti di un soggetto residente in Italia, ove ne ricorrano i presupposti, può essere tassata per trasparenza in capo al soggetto controllante.

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI LA PROVA DELLA RESIDENZA

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Interpello ordinario

• Art.11 L.212/2000

• DM 26 aprile 2001, n.209

• DM 21 novembre 2001 n.429

Termine perentorio 120 giorni

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI ESTEROVESTIZIONE E INTERPELLO

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Ris. n. 312/E del 5 novembre 2007 Agenzia delle Entrate - Dir. normativa e contenzioso

«…si osserva che la questione posta dall'istante non poggia sulla prospettazione di obiettive condizioni di incertezza relative all'interpretazione dell’art. 73, comma 5-bis, del Tuir, ma attiene, piuttosto, al giudizio di merito sulla validità degli elementi di prova da essa addotti per superare la presunzione di residenza in Italia voluta dal legislatore nazionale.

…omissis…

La verifica dell'effettiva sede dell'amministrazione di una società o della localizzazione dell'oggetto principale dell'attività, investe complessi profili di fatto del reale rapporto di una società con un determinato territorio non valutabili in sede di interpello cosiddetto ordinario o interpretativo. Tale verifica, infatti, esula dalle finalità dell'istituto dell'interpello ordinario, sancite dagli artt. 11 della L. n. 212/2000 e 1 del D.M. n. 209 del 26 aprile 2001.»

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI ESTEROVESTIZIONE E INTERPELLO

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Anche nella Nota n. 2010/39678, l’Agenzia delle Entrate esprime lo stesso parere in merito all’interpello ordinario:

«la complessità degli elementi di fatto da valutare per individuare l’effettivo collegamento dell’ente con un dato territorio – valutazione che, investendo lo status fiscale del contribuente, deve essere necessariamente globale – non appare, in effetti, compatibile né con la struttura dell’interpello interpretativo di cui all’art. 11 della legge n. 212/2000, che presuppone la sussistenza di «obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle norme» e non della fattispecie»

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI ESTEROVESTIZIONE E INTERPELLO

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LA LEGGE DELEGA: L. 11 marzo 2014, n. 23, art. 12

Si è avuto modo di evidenziare parte dei dubbi operativi di evidente portata per quanto riguarda la corretta definizione di residenza di una società o ente.

Si segnala con favore, l’iniziativa di delegare il Governo ad approvare entro 12 mesi dall’entrata in vigore (27 marzo 2014 e, quindi, entro il 27 marzo 2015) uno o più decreti legislativi al fine, fra l’altro, di attuare una:

«revisione della disciplina impositiva riguardante le operazioni transfrontaliere, con particolare riferimento all'individuazione della residenza fiscale, al regime di imputazione per trasparenza delle società controllate estere e di quelle collegate, al regime di rimpatrio dei dividendi provenienti dagli Stati con regime fiscale privilegiato, al regime di deducibilità dei costi di transazione commerciale dei soggetti insediati in tali Stati, al regime di applicazione delle ritenute transfrontaliere, al regime dei lavoratori all'estero e dei lavoratori transfrontalieri, al regime di tassazione delle stabili organizzazioni all'estero e di quelle di soggetti non residenti insediate in Italia, nonché al regime di rilevanza delle perdite di società del gruppo residenti all'estero»

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ELEMENTI DI FISCALITÀ INTERNAZIONALE: CONCETTI BASE ED ASPETTI PRATICI I PROFILI FISCALI DELLA SOCIETÀ ESTEROVESTITA

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TITOLO

RELATORE ”SOTTOTITOLO/INTERVENTO” (LUOGO/DATA)

Dott. SERGIO SIRABELLA Adv. LL.M.

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Piazza Pio XI, 1

20121 Milano (Italia9

Via Flaminia, 135

00196 Roma (Italia)

Tel. +39 06 8091 3201

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