Elementi di Economia Politica- Cap6

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51 L’offerta di beni e l’equilibrio in mercati di concorrenza perfetta. Per determinare il beneficio che l’impresa ottiene dalla produzione è necessario conoscere il ricavo che l’impresa stessa ottiene dalle vendite, e quindi poter prevedere come il volume delle vendite sarà influenzato dal prezzo di mercato o lo influenzerà a sua volta. E’ quindi necessario conoscere la struttura del mercato e il grado di concorrenza che l’impresa incontra sul mercato stesso. Analizzeremo le quattro principali tipologie di mercato: La concorrenza perfetta. Questo mercato è caratterizzato da un numero elevatissimo di piccole imprese, le quali producono beni identici. In questa situazione ogni impresa è troppo piccola per poter incidere con il proprio comportamento sul comportamento delle altre imprese, ed in particolare sul prezzo di mercato. Ogni impresa quindi prenderà come dato il prezzo di mercato, e venderà a quel prezzo la quantità che rende massimo il proprio beneficio. In concorrenza perfetta non vi sono barriere all’entrata, ossia ogni impresa è libera di entrare e uscire dal mercato senza costi. Il monopolio. Il monopolio è all’estremo opposto rispetto alla concorrenza perfetta: è infatti quella situazione in cui una sola impresa serve l’intero mercato. E’ caratterizzato dalla presenza di barriere all’entrata, ossia non è possibile per altre imprese entrare nel mercato. La concorrenza monopolistica. E’ una situazione in cui molte imprese producono beni simili tra loro ma non identici: quanto più il prodotto di una impresa si differenzia da quello delle altre imprese tanto più l’impresa stessa opera in un regime simile a quello di monopolio. Non vi sono però barriere all’entrata nel lungo periodo. L’oligopolio. In questa situazione esistono poche grandi imprese in concorrenza tra loro. Il comportamento di una singola impresa influenzerà direttamente i risultati delle altre imprese, che quindi reagiranno per tutelare i propri benefici. Nell’oligopolio si deve quindi studiare il comportamento strategico degli imprenditori, ossia ogni scelta deve tener conto delle possibili reazioni dei concorrenti. Concentriamo ora l’attenzione su di un mercato di concorrenza perfetta. La singola impresa, in questo mercato, non è in grado di influenzare il prezzo di vendita. Dato che ogni impresa sul mercato produce beni identici, se una singola impresa aumentasse di una lira il prezzo di vendita del suo bene perderebbe tutti i suoi clienti. L’elasticità di domanda per la singola impresa in questo

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L’offerta di beni e l’equilibrio in mercati di concorrenza perfetta.

Per determinare il beneficio che l’ impresa ottiene dalla produzione è necessario conoscere il

ricavo che l’ impresa stessa ottiene dalle vendite, e quindi poter prevedere come il volume delle

vendite sarà influenzato dal prezzo di mercato o lo influenzerà a sua volta. E’ quindi necessario

conoscere la struttura del mercato e il grado di concorrenza che l’ impresa incontra sul mercato

stesso.

Analizzeremo le quattro principali tipologie di mercato:

La concorr enza perfetta. Questo mercato è caratterizzato da un numero elevatissimo di

piccole imprese, le quali producono beni identici. In questa situazione ogni impresa è troppo piccola

per poter incidere con il proprio comportamento sul comportamento delle altre imprese, ed in

particolare sul prezzo di mercato. Ogni impresa quindi prenderà come dato il prezzo di mercato, e

venderà a quel prezzo la quantità che rende massimo il proprio beneficio. In concorrenza perfetta

non vi sono barr iere all ’entrata, ossia ogni impresa è libera di entrare e uscire dal mercato senza

costi.

I l monopolio. Il monopolio è all’estremo opposto rispetto alla concorrenza perfetta: è infatti

quella situazione in cui una sola impresa serve l’ intero mercato. E’ caratterizzato dalla presenza di

barr iere all ’entrata, ossia non è possibile per altre imprese entrare nel mercato.

La concorr enza monopolistica. E’ una situazione in cui molte imprese producono beni

simili tra loro ma non identici: quanto più il prodotto di una impresa si differenzia da quello delle

altre imprese tanto più l’ impresa stessa opera in un regime simile a quello di monopolio. Non vi

sono però barriere all’entrata nel lungo periodo.

L’oligopolio. In questa situazione esistono poche grandi imprese in concorrenza tra loro. Il

comportamento di una singola impresa influenzerà direttamente i risultati delle altre imprese, che

quindi reagiranno per tutelare i propri benefici. Nell’oligopolio si deve quindi studiare il

comportamento strategico degli imprenditori, ossia ogni scelta deve tener conto delle possibili

reazioni dei concorrenti.

Concentriamo ora l’attenzione su di un mercato di concorrenza perfetta. La singola impresa,

in questo mercato, non è in grado di influenzare il prezzo di vendita. Dato che ogni impresa sul

mercato produce beni identici, se una singola impresa aumentasse di una lira il prezzo di vendita del

suo bene perderebbe tutti i suoi clienti. L’elasticità di domanda per la singola impresa in questo

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mercato è quindi infinita. Ne segue anche che per ogni unità di bene venduta in più, l’ impresa

riceve sempre lo stesso prezzo fissato dal mercato. Aumentando le vendite di una unità, dunque, il

ricavo dell’ impresa aumenta sempre in misura pari al prezzo: possiamo allora affermare che il

ricavo marginale dell’ impresa in concorrenza perfetta è costante e sempre eguale al prezzo di

mercato.

Abbiamo ora tutti gli elementi per individuare la scelta ottimale di breve periodo dell’ impresa

che opera in concorrenza perfetta, in quanto abbiamo individuato l’andamento dei costi al variare

della produzione, e conosciamo l’andamento dei ricavi. La scelta dell’ impresa sarà ottimale quando

la differenza tra i ricavi e i costi, il profitto, sarà massima.

Possiamo calcolare di quanto varia il profitto al variare della quantità prodotta e venduta. Nel

grafico di figura 6.1 abbiamo aggiunto, alla curva del costo totale già esaminata in precedenza, la

retta del ricavo totale, data dal prodotto tra quantità vendute e prezzo di mercato. Il ricavo totale

sarà dunque pari a R = P· Q, e sarà dunque rappresentato da una retta che parte dall’origine degli

assi, con pendenza pari al prezzo P. La differenza tra ricavi e costi misura il profitto: in figura

abbiamo che i costi superano i profitti fino al punto A, al quale corrisponde la quantità di

produzione Qa. Per produzione inferiori a Qa, dunque, l’ impresa ha un profitto negativo, ossia è in

perdita. Il punto A, in cui i ricavi delle vendite eguagliano i costi di produzione, è anche chiamato

break-even point. A destra del punto A il ricavo totale supera il costo, e i profitti diventano

positivi, fino al punto B, in cui i profitti si annullano nuovamente, per diventare negativi per livelli

di produzione superiori a Qb. Il profitto sarà massimo in un punto intermedio tra A e B, in un punto

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come C in cui la distanza tra le due curve è la più alta possibile. Ma come determinare questo

punto? Un metodo semplice consiste nel calcolare il profitto marginale, dato dalla differenza tra

ricavo marginale e costo marginale. Se aumentando le vendite di una unità il ricavo sull’ultima

unità venduta supera il costo di produzione di quella unità, allora il profitto totale aumenterà. Se

sull’ ultima unità prodotta il ricavo sarà inferiore al prezzo, il profitto diminuirà. Quindi il profitto

sarà massimo quando il ricavo sull’ultima unità venduta sarà esattamente eguale al costo di

produzione di tale unità o, in altri termini, il profitto sarà massimo quando il r icavo marginale

sarà eguale al costo marginale.

In figura 6.2 abbiamo riportato la curva del costo medio e del costo marginale già esaminate

in precedenza, e abbiamo aggiunto la curva del ricavo marginale che, per l’ impresa in concorrenza

perfetta, è eguale al prezzo, ed è una retta orizzontale in base all’ ipotesi per cui al variare delle

vendite della singola impresa il prezzo di mercato non subisce mutamenti di rili evo. Il punto A in

figura 6.2 corrisponde al break-even point A in figura 6.1: per tale livello della produzione, infatti, il

costo medio eguaglia il prezzo, che è enche pari al ricavo medio o r icavo unitario, per cui i profitti

saranno nulli . Se l’ impresa aumenta la produzione oltre il punto A, come si vede in figura, il ricavo

marginale sarà superiore al costo marginale, e quindi i profitti aumenteranno. Ciò avviene fino al

punto C, in cui il ricavo marginale incontra il costo marginale, per il quale l’ impresa produce Qc

unità di bene. Se l’ impresa producesse una unità in più, spostandosi a destra di C, sull’ultima unità

prodotta il costo marginale sarebbe superiore al ricavo marginale, e quindi sull’ultima unità prodotta

l’ impresa subirebbe una perdita che riduce il volume dei profitti complessivi. Il punto C ci fornisce

quindi la quantità ottimale di produzione, pari a Qc. L’analisi della figura 6.2 ci mostra anche che il

ricavo totale dell’ impresa sarà pari all’area del rettangolo 0PCQc: tale area è infatti data dal

prodotto tra l’altezza, pari al prezzo P, e la base, pari alla quantità prodotta Qc. Il costo medio di

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produrre Qc, o costo unitario di produzione, viene fornito dalla curva dei costi medi, nel punto D. I

costi totali di produzione saranno dunque dati dall’area del rettangolo 0EDQc. I profitti totali

saranno dati, come si è detto, dalla differenza tra ricavi totali e costi totali, e quindi sono

rappresentati in figura dall’area del rettangolo EPCD. Il segmento CD, uguale al segmento EP, cioè

alla differenza tra ricavo unitario e costo unitario, misura il profitto per unità di prodotto, o

profitto medio.

La condizione di eguaglianza tra costo marginale e ricavo marginale ci fornisce la regola di

scelta per il problema dell’ impresa nel breve periodo, e ci individua quindi la relazione desiderata

tra prezzo e quantità offerta dalla singola impresa in un mercato di concorrenza perfetta. A partire

da questo risultato possiamo costruire la curva di offerta della singola impresa, facendo variare il

prezzo di mercato e studiando quale sarà la quantità che l’ impresa desidera offrire a ciascun prezzo.

Questo esercizio è rappresentato nel grafico di figura 6.3, dove abbiamo aggiunto la curva dei costi

variabili medi di produzione.

Se il li vello del prezzo si riduce da P1 a P2, l’ impresa ridurrà la quantità desiderata di

produzione a Q2, eguagliando ricavo marginale al costo marginale, e mantenendo un profitto

positivo, in quanto il prezzo è sempre superiore al costo medio. Se il prezzo si riduce ulteriormente

a P3 l’ impresa riduce la quantità che desidera produrre fino a Q3. Notiamo ora che per un prezzo

pari a P3 il costo medio di produzione è superiore al prezzo: l’ impresa opera in perdita, ma

eguagliando il ricavo marginale al costo marginale riesce comunque a rendere minime le perdite.

Perché l’ impresa continua ad operare anche se in perdita? Notiamo che per un prezzo pari a

P3 il ricavo unitario dell’ impresa supera il costo variabile medio, anche se è inferiore al costo

totale. Per questo livello del prezzo, quindi, l’ impresa ha costi fissi troppo elevati: riducendo la sua

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dimensione, e riducendo dunque i costi fissi, l’ impresa sarà in grado di tornare a produrre

eliminando le perdite.

Riassumendo, se il prezzo supera il costo variabile medio, ma è inferiore al costo medio

totale, l’ impresa opera in perdita ma rimane sul mercato, e dovrà nel futuro ridurre la sua

dimensione per eliminare le perdite1.

Se il prezzo scende ad un livello pari a P4, invece, il ricavo delle vendite non supera neanche i

costi variabili medi di produzione. In questa situazione, anche se l’ impresa eliminasse tutti i costi

fissi non potrebbe eliminare le perdite. Quindi, se il prezzo scende al di sotto del costo variabile

medio minimo l’ impresa smette di produrre ed esce dal mercato. Il punto F, punto di minimo della

curva dei costi variabili medi, è detto punto di fuga, proprio perché indica il li vello minimo di

prezzo per il quale l’ impresa è disposta a continuare la produzione, e non “fuggire” dal mercato.

La curva di offerta della singola impresa sarà dunque una curva crescente, che coincide con la

curva dei costi marginali, a partire dal punto di fuga.

Una volta determinata la curva di offerta della singola impresa, la curva di offerta di mercato

si ottiene sommando orizzontalmente tutte le curve di offerta delle singole imprese. Possiamo

aggiungere tale curva a quella di domanda, determinata in precedenza, per studiare l’equili brio di

mercato, come nel grafico di figura 6.4, dove per semplicità abbiamo utili zzato curve lineari.

Secondo gli economisti marginalisti, il prezzo è la variabile che porta in equilibrio

domanda e offerta di mercato. Nel punto A domanda e offerta si incontrano, in corrispondenza di

un prezzo P* e di quantità scambiate Q* : il punto A rappresenta quindi l’equili brio di mercato,

dove per “equili brio” si intende quella situazione in cui sia chi domanda che chi offre sono

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massimamente soddisfatti, e quindi non hanno motivo di modificare le loro scelte se non mutano le

condizioni che hanno portato all’equili brio.

A riprova di quanto detto, supponiamo che il prezzo iniziale sia “troppo elevato” , e pari a OB.

Per questo prezzo i consumatori sono disposti ad acquistare BC quantità di bene, e le imprese

desiderano produrre BD unità. Parte della produzione resterà invenduta e ciò spingerà le imprese a

ridurre il prezzo di vendita fino ad annullare la distanza tra domanda e offerta. Analogamente, per

un prezzo inferiore a P* la domanda dei consumatori sarà superiore all’offerta: le imprese

reagiranno tramite aumenti dei prezzi, fino a ripristinare l’equili brio.

L’esame dell’equili brio di mercato ha anche delle importanti implicazioni in termini di

efficienza. La curva di domanda di mercato può essere interpretata nel senso che un solo

consumatore sarà disposto ad acquistare il bene per un prezzo leggermente inferiore a 0B. Per un

prezzo pari a 0E la domanda dei consumatori sarà pari a Q1, e così via. Tuttavia, lo scambio

avviene sempre al prezzo di equili brio 0C: quindi tutti i consumatori che sarebbero stati disposti ad

acquistare il bene ad un prezzo superiore ottengono un beneficio: ad esempio i consumatori che

avrebbero acquistato Q1 beni ad un prezzo pari ad 0E risparmiano per ogni unità acquistata la

differenza tra il prezzo che sarebbero stati disposti a pagare e il prezzo di mercato, in questo caso

CE. La somma di questi benefici per i consumatori che derivano dallo scambio di mercato è detta

surplus del consumatore, e sarà pari all’area ABC. Un ragionamento analogo può essere svolto per

le imprese, che sarebbero state disposte ad ottenere un prezzo inferiore al prezzo di mercato per

produrre, ad esempio, Q1. L’area ACD è detta quindi surplus del produttore.

1 L' analisi delle scelte dell ' impresa nel lungo periodo viene affrontata in dettaglio più avanti nel testo.

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6. La concorrenza perfetta

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E’ importante sottolineare come questi benefici ottenibili dallo scambio di mercato si

realizzano solo se gli scambi sono simultanei, al prezzo di mercato di equili brio. Poiché gli

operatori non possono conoscere in anticipo le curve di domanda e di offerta di mercato, e quindi il

prezzo di equili brio, l’unico caso in cui gli scambi possono realizzarsi secondo i dettami del

modello è quello in cui esista un intermediario, il cosidetto banditore, che raccoglie dai consumatori

e dai produttori tutte le condizioni desiderate relativamente allo scambio - ossia le loro curve di

domanda e di offerta - calcola il prezzo di equili brio di mercato e lo annuncia agli operatori, che

solo allora effettuano gli scambi. Una situazione del genere si verifica molto di rado nella realtà: l’

equili brio di mercato che abbiamo descritto va quindi inteso come una situazione ideale che, se

raggiunta, fornirebbe il massimo beneficio possibile sia ai consumatori che alle imprese. Il modello

va quindi utili zzato come punto di riferimento teorico, con il quale confrontare i risultati raggiunti

dai mercati “veri” . In alternativa, alcuni economisti marginalisti adottano un ragionamento

leggermente diverso: studiano l’economia con il modello descritto, “come se” l’economia reale si

comportasse effettivamete in questo modo. Successivamente confrontano le previsioni del modello

con i risultati ottenuti dai mercati reali, e se le previsioni del modello si avvicinano a quanto accade

nella realtà considerano questo risultato come validazione del modello teorico.

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Esercizi

1. Costruite su di un grafico la curva dei costi totali e dei ricavi totali per un'impresa in concorrenza perfetta.

2. Ricavate, dal grafico dell 'esercizio precedente, la rappresentazione grafica dei ricavi marginali e dei costi marginali dell 'impresa, individuando la quantità ottima di produzione.

3. Aggiungete al grafico dell ' esercizio precedente la curva dei costi medi, ed individuate il profitto medio ed il profitto totale dell ' impresa.

4. In base al grafico dell ' esercizio precedente, individuate la curva di offerta della singola impresa.

5. Come si modifica la quantità ottima di produzione di breve periodo di un'impresa in concorrenza perfetta, a seguito di un aumento nella produttività del lavoro, dovuta ad esempio ad una migliore organizzazione del lavoro stesso?

6. Come si modificano la quantità ottima di produzione e il profitto medio a seguito di un aumento nel costo di affitto dei locali dove si svolge la produzione?

7. Come si modificano la quantità ottima di produzione e il profitto medio a seguito di un aumento nel costo d'utili zzo dell ' energia?

8. Rappresenta graficamente le curve di domanda e di offerta di beni per un mercato concorrenziale.

9. Come si modifica l'equili brio di mercato a seguito di un aumento nella produttività del lavoro, generalizzato a tutte le imprese?

10. Come si modifica l'equili brio di mercato a seguito di un aumento nel costo dell 'energia?

11. Mostra come si modifica, nell 'esercizio (9), il surplus del produttore ed il surplus del consumatore.