Elementi Di Architettura Tecnica

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Enzo Bandelloni

ELEMENTI DI ARCHITETTURA TECNICAQuarta edizione ampliata e aggiornata a cura di Paolo Andriolo Stagno Giorgio Baroni e Francesca Franchini

CLEUP

EDITORE-PADOVA

Prima edizione: settembre 1970 Seconda edizione: marzo 1975 Terza edizione: maggio 1982 Quarta edizione: aprile 1986 Ristampa corretta: febbraio 1991 Ristampa: febbraio 1995 Ristampa: maggio 1998

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CLEUP - Cooperativa Libraria Editrice dell'Universit di Padova 1986 by "CLEUP EDITORE" PADOVA

INDICE

Prefazione alla prima edizione del 1970 di Enzo Bandelloni Prefazione alla terza edizione del 1982 di Pierluigi Giordani Cap. 1 ESPRESSIVIT' DELLE STRUTTURE NELLO STUDIO DEL L'ARCHITETTURA TECNICA IL PROBLEMA TECNICO STRUTTURALE IL LEGNO Propriet e prove relative ai legnami Classificazione dei legnami Principale impiego dei legnami Difetti dei legnami Applicazione dei legnami come elementi costruttivi Lavorazione del legno I MATERIALI LAPIDEI CERAMICI - LATERIZI I LEGANTI - LE MALTE Le malte Malte addittivate Malte pronte LE MURATURE Definizioni . Materiali impiegati nelle murature Nomenclatura delle murature Murature con funzione strutturale Caratteristiche fisico-tecniche delle murature Caratteristiche estetiche delle murature Nomenclatura delle parti costitutive le murature laterizie . . Prove per la determinazione della resistenza e del carico ammissibile Carichi gravanti sulle murature Cenni sulle murature non laterizie Norme costruttive

IX XI

1 13 29 30 32 34 34 35 35 39 47 55 58 59 60 61 61 61 62 63 66 66 67 74 76 83 84

Cap. Cap.

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Cap. Cap. Cap.

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Cap.

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VI

Cap. 8

MATERIALI SINTETICI E METALLICI NON FERROSI Le resine sintetiche I bitumi Materiali non ferrosi ILFERRO I materiali ferrosi Requisiti fondamentali dell'acciaio Caratteristiche dell'acciaio Caratteristiche negative Caratteristiche positive Acciai speciali Formati e denominazioni Esempi profilati a doppio T Norme per la progettazione Acciai da costruzione Collegamenti Confronto acciaio calcestruzzo armato IL CALCESTRUZZO ARMATO Cenni storici II calcestruzzo di cemento Il cemento Gli inerti La ghiaia L'acqua Il calcestruzzo Tensioni ammissibili Controllo di qualit del conglomerato L'armatura metallica Casse forme e sostegni per

85 85 89 89 91 94 95 96 97 99 99 100 1 02 104 106 109 122 135 136 156 156 163 164 167 167 181 182 187 198 203 204 < 205 209 212 212 212 214 217 218 228 228

Cap.

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Cap. 10

il

getto

Cap. 1 1

CALCESTRUZZO ARMATO PRECOMPRESSO Raffronto fra strutture precompresse e strutture in e.a. . .. I materiali Criteri di calcolo Regolamentazioni legislative Cause e valutazioni delle cadute di tensione Sistemi di precompressione Pregi del conglomerato precompresso LE FONDAZIONI Classifica e resistenza dei terreni Le fondazioni Fondazioni in superficie

Cap. 12

VII

Fondazioni lineari o continue Fondazioni a plinti Fondazioni a trave rovescia Fondazioni a platea Fondazioni in profondit Pali costruiti fuori opera Pali gettati in opera Statica dei pali Formule di stabilit dei pali Stabilit dei pali in gruppo Prove di carico sui pali Le fondazioni speciali Cassoni autoaffondanti Cassoni pneumatici Pali ad elementi Palancole Diaframmi in calcestruzzo Consolidamento del terreno Cap. 13 ISOLAI Solai in legno Solai in calcestruzzo armato Solai in laterizio e e.a Solai in acciaio LE COPERTURE Coperture a volta Coperture a falda Strutture sottotegola per edifici civili Coperture piane Il manto di copertura LA PROTEZIONE CONTRO L'UMIDITA' Isolamento dall'umidit sotterranea Isolamento dagli agenti atmosferici Barriera al vapore PROBLEMI ACUSTICI Materiali acustici L'isolamento acustico La correzione acustica PROBLEMI TERMICI Richiami di trasmissione del calore

229 230 231 232 233 234 237 247 249 251 253 255 256 257 258 259 260 261 265 265 267 270 280 289 289 294 300 302 304 311 311 314 318 321 325 326 335 339 339

Cap. 14

Cap. 1 5

Cap. 16

Cap. 1 7

Vili

Normativa italiana Tecniche di architettura bioclimatica Cap. 18 LE SCALE Tipo di collegamento verticale Tipologia della scala Norme di progettazione Dimensionamento Struttura I SERRAMENTI Tipi di serramento Caratteristiche strutturali del serramento Particolarit dei serramenti metallici Vetri OPERE DI FINITURA Intonaci Tipi di intonaco distinti per tipo di lavorazione Pavimenti Rivestimenti Tinteggiature e coloriture CENNI SULL'INDUSTRIALIZZAZIONE DELL'EDILIZIA E LA PREFABBRICAZIONE La progettazione per l'edilizia industrializzata

341 348 357 358 359 363 366 367 377 379 392 398 401 403 403 405 407 418 422

Cap. 1 9

Cap. 20

Cap. 21

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Cap. 22 IL PROGETTO, LA CONDOTTA, LA CONTABILIZZAZIONE DEI LAVORI E I COLLAUDI Introduzione Compilazione del progetto Approvazione del progetto Appalto Gara di appalto Contratto Esecuzione dei lavori e loro condotta Contabilit dei lavori Revisione dei prezzi Riserve Collaudo tecnico-amministrativo Disciplina per le opere in conglomerato cementizio (semplice, armato e precompresso) e per le strutture metalliche.FAC-SIMILE DEGLI ATTI RELATIVI ALLA CONTABILIZZAZIONE DEI LAVORI. . . .

435 435 438 460 463 465 477 478 486 493 495 497 499507

Prefazione alla prima edizione del 1970

Questa raccolta di appunti dalle lezioni di Architettura Tecnica che completa e integra le dispense redatte e pubblicate a cura degli studenti durante gli anni scorsi, non deve essere considerata un testo completo della materia ma soltanto un agile ausilio per un primo approccio alla molteplicit di fattori che sono alla base dei problemi tecnico-strutturali inerenti alle costruzioni. Per chi volesse approfondire la materia riportata per ogni sngolo capitolo una bibliografia essenziale, alla quale si largamente attinto sia nella stesura del testo che nella scelta delle illustrazioni. Per ciascun materiale trattato stato anche succintamente riportato il procedimento per dedurre il costo analitico dello stesso, onde dare un'indicazione seppure sommaria del fattore economico che sovente alla base per la scelta di un materiale, e che qualche volta non sufficientemente considerato dal progettista. E' stato invece amplamente trattato in un capitolo a parte, l'aspetto economico-amministrativo e burocratico che conseguente ad un progetto, riportando nella bibliografia le principali leggi e norme che possono interessare l'ingegnere civile nell'esercizio della professione. Hanno collaborato gli assistenti ing. Paolo Andriolo-Stagno, ing. Pino Bottacin, ing. Paolo Schwarcz, arch. Piero Mansutti ai quali va un grato ringraziamento per la non lieve fatica.

Enzo Bandelloni

Prefazione alla terza edizione del 1982

Ancora nel 1978 l'indimenticabile amico Prof. Enzo Bandelloni, Ordinario di Architettura Tecnica in questo Istituto, aveva deciso di por mano ad una riedizione del suo testo d Elementi d Architettura Tecnica, aggiornandolo secondo le nuove normative ed adattandolo a quanto la sua esperienza didattica e scientifica gli era venuta suggerendo, anche per ci che riguardava una pi attuale ripartizione degli argomenti. La tragica sua scomparsa nel dicembre di quell'anno purtroppo impediva anche il solo avvio concreto dell'operazione, che fino ad allora si era limitata a costruttivi scambi di idee con i collaboratori al suo corso. Esaurite ora anche le ultime scorte del volume, non apparsa conveniente una semplice ristampa dell'opera, che da anni adottata come testo anche da altre Facolt di Ingegneria. Il Prof. Giorgio Baroni, l'Ing. Paolo Andriolo Stagno e l'Ing. Francesca Franchini, allo scopo preminente di perpetuare il ricordo del Prof. Bandelloni tra docenti e discenti, hanno ora provveduto ad un generale aggiornamento ed ampliamento del testo, previa una attenta rilettura e mantenendo la validissima struttura di base del volume. In particolare P. Andriolo Stagno ha curato la revisione dei capitoli dal n. 9 al 13, adeguandoli alle nuove norme sull'accettazione dei materiali e sulla progettazione ed esecuzione delle strutture in acciaio e in calcestruzzo armato, nonch di quelli relativi alle coperture, alle scale, ai serramenti, alle opere d finitura ed alle norme per il progetto e la condotta dei lavori edili; G. Baroni ha rivisto i primi quattro capitoli ed ha integrato ed in parte rielaborato i capitoli n. 5, 6, 15, 16 e 21 sui ceramici e laterizi, sui leganti e le malte, sulla protezione contro l'umidit, sui problemi acustici e sull'industrializzazione edilizia; F. Franchini ha infine redatto ex novo i capitoli n. 7 sulle murature, n. 8 sui materiali sintetici e su quelli metallici non ferrosi ed il capitolo n. 17 sui problemi termici, in relazione anche alle recenti norme sul contenimento dei consumi energetici.

Pierluigi Giordani Direttore dell'Istituto di Architettura e Urbanistica dell'Universit di Padova Gennaio 1982

CAPITOLO PRIMO

ESPRESSIVIT DELLE STRUTTURE NELLO STUDIO DELLA ARCHITETTURA TECNICAPier Luigi Nervi nel suo volume ''Scienza o arte del costruire" pone la domanda se il costruire sia prevalentemente un'arte, ossia un atto creativo dominato e determinato da elementi umani ed individuali, o non piuttosto un fatto eminentemente scientifico, regolato da formule impersonali colleganti in modo rigido ed univoco premesse di problemi a precise conseguenze di soluzioni. La risposta a detta dello stesso Nervi non pu essere che unica: il costruire arte pur nei suoi aspetti pi tecnici, cio quelli che si riferiscono alla stabilit delle strutture. Infatti anche l'indagine strutturale pi esatta condotta sia pure con procedimento matematico complesso, presenta sovente una limitata acutezza che pu essere integrata e completata solo mediante un lavoro personale di intuizione e comprensione dei fenomeni statici, non certo traducibile a mezzo di leggi di carattere assoluto e numerico. In ogni opera di progettazione necessario quindi impostare i problemi che, considerando il fatto estetico insito nell'opera, possano permettere di fondere in un tutt'uno, organico ed indiscindibile. le esigenze della tecnica con quelle dell'arte, che in fondo il presupposto primo per chiunque voglia operare con coscienza nel campo delle costruzioni. E' impensabile infatti una qualsiasi struttura, e non solo edilizia, che risponda soltanto a qualcuno dei quesiti posti all'atto della impostazione del problema, ad esempio alla sola funzione estetica, o strutturale, o economica (fattore quest'ultimo di fondamentale importanza e pi volte trascurato dai progettisti), ma per risultare "riuscita" dovr poter fondere nel suo complesso tutto quell'insieme di fattori che sono di estetica, di funzionalit, di staticit e di economia che compongono un'opera e la qualificano soprattutto nel tempo, anche in relazione ai gusti e alle mode che quasi sempre sono passeggeri. Ogni elemento, ogni organismo, ogni struttura ha una propria funzionalit e nel contempo una propria esteticit, cio sotto certi aspetti costituiscono deglf strumenti che adempiono a determinate funzioni, e possono perci essere considerati come degli utensili, e sotto altri possono essere invece riguardati come degli oggetti d'arte nelle opere d'arte. Soprattutto interesserebbe conoscere il motivo per cui il nostro spirito disposto a riconoscere bella una struttura genuinamente concepita nell'organizzazione unitariamen-

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te totale di fattori razionali e di fattori fantastici. L'architettura, o pi genericamente l'arte, un linguaggio: linguaggio per chi si esprime e linguaggio per chi legge e cerca di penetrare e di interpretare le ragioni che hanno fatto concepire quella determinata forma nella mente e poi nell'opera dell'artefice. Come tutti i linguaggi quindi costituito da delle parole, dei vocaboli, che nel contesto pi ampio di uno scritto o di una poesia assumono una particolare individualit. I vocaboli sono raccolti nei dizionari, e rappresentano degli strumenti per esprimersi che una volta inseriti nel ritmo compositivo, possono essere trasformati dall'artista ed assumere quindi delle nuove utilizzazioni che possono dare ai semplici vocaboli anche delle nuove significazioni. L'architettura tecnica appunto una raccolta analitica dei singoli vocaboli che sono indispensabili al progettista che si esprime nella sua opera a mezzo di un linguaggio tecnico ed estetico; pu essere paragonata ad un vasto dizionario che raccoglie catalogando ed analizzando criticamente le singole voci, che insieme composte con l'aiuto della grammatica e della sintassi cio con i modi di comporre e di unire correttamente le singole voci costituisce il linguaggio architettonico, cio l'espressione della composizione architettonica, che dovrebbe rappresentare appunto il passo ultimo a partire dal singolo vocabolo, cio dal dizionario, attraverso le regole grammaticali e sintattiche per giungere ad accendere la fantasia nella fase della composizione, ove solo per chi dotato - si pu raggiungere la poesia. Da ci si deduce l'importanza dell'approfondimento nello studio dell'architettura tecnica, cio della precisione dei vocaboli, come elementi tecnici, che possono essere sia elementi strutturali che distributivi, che sempre sono perfezionabili nella loro catalogazione, e quindi inseribili in dizionari cio nel bagaglio delle cognizioni tecniche di ciascuno attraverso una cristallizzazione di perfezionamento che tecnico, applicativo ed anche estetico. Nell'architettura si dovranno quindi attentamente esaminare tutti gli elementi, ordinandoli e catalogandoli, in quanto sono proprio questi elementi, cio i materiali, le strutture, le linee, i volumi, i colori, che rappresentano i segni del linguaggio architettonico che permettono di leggere nell'opera la proiezione di noi stessi, come singoli operatori o come artisti, unitamente alla societ ed alla civilt a cui si appartiene. Non da dimenticare che vi sono infatti degli aspetti di artisticit dovuti ai singoli individui ed altri dovuti al "gruppo". Tale considerazione era soprattutto valida nei secoli passati ove un qualsiasi cittadino inserito in una tradizione trovava la vera identit grazie alla costrizione che gli imponeva di rispettare quanto di vincolante era stato elaborato, cio il canone delle autorappresentazioni ammesse dalla collettivit. Nulla era allora ammissibile al di fuori dell'esistenza di gruppo, che visivamente si rappresentava nell'estetica di gruppo, ed esempio di un tale modo di intendere la civilt attorno a noi, nelle nostre antiche citt ove, per

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chi sappia leggerla, ogni opera chiaramente rappresenta oltre all'individualit dell'artista, lo spirito e la societ del tempo. A questo proposito sembra non inutile molto brevemente accennare allo sviluppo successivo delle tecniche costruttive con particolare relazione alle conseguenze e all'impiego dei materiali, in quanto il problema tecnico strutturale dell'architettura in fondo l'oggetto del corso di Architettura Tecnica, chiamato anche in altre facolt come corso di Elementi Costruttivi. E' per necessario cercare di analizzare in profondit e con impegno culturale il problema della struttura, fin dalle sue origini, alle sue significazioni, ragioni e successivi' aggiornamenti per poter affrontare con un sufficiente bagaglio di nozioni, di tecnica, di cultura e di arte, i problemi di oggi che sono di grande importanza e di notevole mutevolezza, dato il continuo aggiornamento che la nascita e la sperimentazione di nuovi materiali richiede. La tecnica costruttiva fin dalle sue origini, per secoli, si basata su tre elementi fondamentali che sono legno, pietra e laterizio; solo da poco con l'applicazione del calcestruzzo armato, del ferro, delle materie plastiche, del vetro ed in genere dei materiali odierni, la tecnica costruttiva si rapidamente evoluta, creando un nuovo linguaggio tecnico ed estetico, che in continua fase di sperimentazione, di sviluppo e di controllo. L'elemento costruttivo originario, che pi volte ritroveremo nello sviluppo del corso il trilite, costruito da due piedritti o pilastri e superiormente da un architrave, detto anche traverso o orizzontamento, vincolato alle strutture verticali da semplice appoggio, Fig. 1.1. Il materiale impiegato generalmente lapideo e la struttura presenta un fondamentale errore di impostazione statica cio quello di caricare la pietra disposta orizzontalmente su due appoggi, e assoggettarla quindi a sollecitazioni di flessione e taglio, contrarie alle caratteristiche fisiche e tecnologiche proprie del materiale. L'uso della pietra come elemento strutturale orizzontale, date le sue limitazioni pi avanti accennate, port a particolari determinazioni formali, che in pratica costituirono l'aspetto estetico delle architetture di quei periodi, e basti pensare ai templi greci, ove la necessit di contenere gli orizzontamenti entro luci modeste, condizion l'interasse tra i pilastri e le colonne, investendo tutta la costruzione con una serie di misure reciproche e di rapporti dimensionali tra i singoli elementi e tra le varie partiture, che rappresentarono anche il senso di una particolare sensibilit formale che fu di ricerca di raffinata proporzione e di un gusto che invest e configur ogni rappresentazione di quella civilt. L'architettura romana nacque e si svilupp sotto il segno della riscoperta di due elementi fondamentali, il laterizio, come elemento costitutivo delle fabbriche e l'arco come elemento di stabilit e di struttura delle stesse. I primi laterizi furono infatti adoperati dalle civilt orientali, a partire dal 2000 a.C, come testimoniano gli scavi eseguiti in India, a Lothal. che portarono alla luce un forno per mattoni e in epoca anche precedente in Mesopotamia e Babilonia, ove con tale materiale vennero eseguite costruzioni maestose di

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cui ancora oggi restano evidenti tracce. Con i romani il laterizio, cio l'elemento parallelipedo di argilla impastata, formato e cotto in fornace, divenne il simbolo e la visione di un fatto costruttivo del tutto nuovo. E' per da dire che negli elementi dell'architettura romana il muro o l'arco non era co-

Fig. 1.1 Porta dei Leoni a Micene.

struito interamente in mattoni, ma di solito questi ne costituivano il paramento esterno, la cassaforma dell'anima della struttura che di solito era il calcestruzzo, opus cementicium, cio un conglomerato di sostanze solide, o aggregati, e di materie cementizie, quali le calci idrauliche ed il cemento Portland, che era ben conosciuto dai romani, come ci ricorda Vitruvio nella descrizione delle specificazioni tecniche (Vitruvio, De Architectura, 1,2 e 11,4). Infatti come fa notare uno studioso inglese (W. Perkins, Roman concrete and Roman palaces, "The Listener" nov. 1956): "Molti visitatori lasciano Roma senza sospettare che il Pantheon e le Terme di Caracalla non sono assolutamente edifici in mattoni. In effetti i mattoni sono soltanto un rivestimento superficiale, il cui scopo principale era quello di rendere piana la superficie e di contenere il nucleo di calcestruzzo quando questo non era ancora ben essiccato. Un altro comune errore la convinzione che i mattoni spesso incorporino quelli che ovviamente sembrano elementi strutturali, co-

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me archi di sostegno, sopraporte e finestre. Questa credenza ha portato alcuni studiosi a parlare di volte romane in termini di raccolta e trasmissione di spinte, come se un edificio romano in calcestruzzo fosse un organismo dina-

Fjg. 1.2 Archi romani sulla via Nova, ai piedi del Palatino.

mico nello stesso senso, ad esempio, di una cattedrale gotica. La verit che una volta asciugato, il calcestruzzo romano era quasi del tutto inerte. Gli archi di sostegno e simili elementi avevano senza dubbio una notevole importanza durante la costruzione; ma l'edificio, una volta terminato, si reggeva grazie alla grande resistenza ed alla monoliticit del calcestruzzo stesso. Muri e volte potrebbero, in teoria, essere costruiti nella forma preferita dall'architetto, purch la struttura progettata fosse abbastanza resistente da sostenere

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il suo stesso peso", Fig. 1.2 e 1.3. La struttura ad arco era gi nota agli egiziani verso il 2000 a.C. come testimoniano numerosi reperti, fu poi in pratica negletta dai greci che preferirono la struttura architravata, e ripresa invece dagli etruschi che ne fecero

Fig. 1.3 Arco romano con struttura in calcestruzzo.

largo uso, come ad esempio nelle mura di Perugia, nell'arco cosiddetto di Augusto per la superficiale aggiunta d'epoca romana. L'arco romano generalmente semicircolare, privo di stabilit se le sue spalle non sono sostenute da solidi muri, atti a sopportare la spinta dell'arco, e se i pilastri di sostegno non solo altrettanto solidi. Da ci ne consegue l'aspetto estetico delle strutture romane, ove archi e volte realizzati senza catene erano impostati su grandi e massicci piedritti, la cui dimensione per il principio delle resistenze passive, era necessaria per assorbire entro il nocciolo d'inerzia della base la risultante delle forze dovute al peso proprio ed alla spinta dell'arco. Tali principi costruttivi, dopo un periodo susseguente alla caduta dell'Impero romano, di notevole regresso e di abbandono delle tecniche divenute ormai tradizionali, trovarono applicazione nel Medio Evo, dopo il Mille, e caratterizzarono formalmente con la loro espressivit le strutture dell'architettura romanica, nella quale venne approfondito ed affinato il gusto tutto romano per la lavorazione delle murature con elementi di laterizio, con materiali lapidei. Il principio prima accennato delle resistenze passive, fu quello che inform staticamente le costruzioni di quel periodo, ed in particolare gli edifici religiosi, le cattedrali romaniche le quali, con le due navate affiancate a quella principale, costituivano un efficiente sistema per lo scarico sul terreno delle spinte degli archi e delle volte che coprivano lo spazio. Nella continuit muraria di queste costruzioni si pu individuare uno

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scheletro resistente, formato da pilastri o costoloni necessari a scaricare la spinta degli archi; le altre parti dell'involucro i muri perimetrali e i campi delle volte tra un costolone e l'altro sono addossati a questo scheletro pi o meno strettamente, ma quasi sempre distinguibili con chiarezza. Tutti gli elementi contribuiscono alla stabilit della costruzione. I nodi struttrali affiorano all'esterno, sotto forma di costole e contrafforti, ripetendo i ritmi delle campate interne; i piedritti centrali possono snellirsi in colonne, essendo le resistenze maggiormente affidate alle murature esterne realizzate di notevole spessore per assorbire appunto le spinte degli archi e delle volte. La forma architettonica evidenziata cos essenzialmente in funzione della struttura. Praticamente nello stesso periodo, ma particolarmente fuori d'Italia, sorsero le architetture gotiche, come le grandi cattedrali di Francia e di Inghilterra, nelle quali l'applicazione del materiale lapideo perse quella ottusit statica e pesantezza visiva che, come si gi visto, aveva caratterizzato le costruzioni romane e posteriori; con i gotici il materiale letteralmente vibr nello spazio con una leggerezza fino allora sconosciuta, rappresentando visivamente con estrema eleganza e raffinatezza la realt degli sforzi di sostegno e contrasto di quelle arditissime strutture. I caratteri costitutivi dell'architettura gotica sono ben noti; essi sono l'arco acuto, l'arco rampante e la volta a nervature. E' da dire per che nessuna di queste strutture puramente un'invenzione gotica, ed infatti archi acuti e rampanti compaiono in precedenti chiese romaniche, ma gli architetti di quel periodo combinarono insieme i vari elementi secondo il principio delle resistenze attive, ottenendo l'eccezionale risultato estetico di animare e vibrare le inerti masse murarie accelerandone il movimento spaziale per ridurre l'edificio ad una visibile struttura di linee di forze tra loro intersecantesi. I vantaggi tecnici di tale soluzione sono anche molteplici: innanzi tutto mentre la volta a botte di tipo romano scarica le forze lungo tutta la linea costituita dai due muri perimetrali corrispondenti all'imposta, le volte a crociera permettono lo scarico su soli quattro punti; l'arco acuto permette altres al costruttore di voltare coperture svincolate dalle piante rigidamente quadrate e di dare a queste con una maggiore verticalit uno slancio visivo pi accentuato. Dal punto di vista costruttivo venivano eliminate le costose armature lignee lungo tutta la lunghezza e la larghezza, necessarie per la costruzione delle volte a botte o di quelle a crociera romaniche, perch con la volta a nervature le armature di sostegno erano limitate ai soli archi trasversali ed alle costolature, mentre per gli spicchi di riempimento, tra di loro indipendenti, veniva applicato un sistema leggero di centinatura mobile. La volta infatti era pensata e realizzata come composta da pi volte secondarie che ricoprivano gli spazi lasciati libere dalle costolature (elementi di struttura), realizzando cos un perfetto sistema spaziale elastico, Fig. 1.4, 1.5 e 1.6). E' da accennare anche al concetto veramente "moderno" dell'ideazione dell'edificio gotico, nel quale le pareti perdono la loro pesantezza e di-

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mensione e quindi l'essenza di maschi murari; gli elementi di chiusura addirittura scompaiono, sostituiti da grandi policromie vetrate tra gli esili elementi strutturali - linee di forza - che contrappuntano con un perfetto linguag-

Fig. 1.4 - Schema strutturale di una volta gotica.

gio tecnico ed estetico tutta la costruzione. Un moderno e famoso scienziato, il Danusso (in "Quaderni della Fondazione Pesenti", 1949) nota a proposito di queste strutture che alla luce delle conoscenze di oggi sembrano impensabili: "Quando penso alla struttura delle cattedrali gotiche, che incanala lungo una sapiente ramificazione il flusso delle forze per guidarlo nella sua discesa sino ai fusti ed alle radici; quando penso al turbamento che devono aver provato e virilmente superato gli ideatori e costruttori di colossi come le Terme di Caracalla, o le cupole del Pantheon, di Santa Maria del Fiore, di San Pietro, vedendole sorgere nella loro imponente realt, quando penso tutto questo, non posso che riconoscere la precedenza storica dell'intuito sulla scienza, ed inchinarmi sulla sua potenza creatrice". Dopo notevoli ed interessanti esperienze gotiche, filtrate in Italia per attraverso gli influssi delle tradizioni locali e basti per questo pensare ai monumenti dell'Italia centrale ed alle splendide, uniche architetture di Venezia, verso il 1500 fiori e proprio dall'Italia, da Firenze e Padova, quella cultura rinascimentale che con le sue speculazioni filosofiche, con le sue eccezionali personalit artistiche e le sue realizzazioni pu essere considerata come punto di partenza della cultura moderna, e non solo nel campo dell'arte. Fu il periodo dei grandi trattatisti, come Leon Battista Alberti, il Serbo, il Palladio, lo Scamozzi, il Vignola, che con le loro opere tentarono di cristallizzare entro normative e schemi i modi e le varie forme di comporre e costruire gli edifici, rifacendosi ai grandi esempi del passato che furono riscoperti, studiati ed analizzati fin nel profondo. I materiali prevalentemente lapidei impiegati nelle strutture delle fabbriche vennero trattati e

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plasmati con un sentimento estetico tale da assumere delle valorizzazioni espressive che ne caratterizzarono l'impiego; anche l'intonaco, prima scarsamente impiegato, acquist la dignit di materiale come elemento tecnico

Fig. 1.5 - 1.6 - Chiesa di S. Anna ad Annaberg (1499). Pianta e particolare della volta.

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e decorativo, mentre apparirono le prime applicazioni del ferro usato come elemento per contrastare le strutture spingenti, cio come catena per archi e volte. Il seicento approfondi i grandi concetti gi espressi nel secolo precedente superandoli nelle innovatorie concezioni politiche, filosofiche ed artistiche; per la prima volta nell'architettura entr il concetto di spazio, ma non lo spazio rigido, bloccato e severo delle costruzioni greche, romane o medioevali, ma lo spazio che fluisce e si compenetra valorizzato dalla luce e dagli effetti prospettici. Si pu dire che in questo periodo passa in secondo piano l'impiego meditato dei materiali, tanto l'arte informata da una superiore concezione di spiritualit e di abbandono dei vecchi tradizionali schemi, che in alcuni artisti assunse a vette di poesia, mentre per altri non usc dai limiti del manierismo. Concezioni statiche di grande interesse trovarono applicazione nelle fantasticherie architettoniche e costruttive dei grandi maestri, come nel S. Lorenzo di Torino del Guarini, ove la struttura venne piegata al lirismo poetico e spaziale dell'idea informatrice per dare, per dirla con le stesse parole del Guarini "lo scopo di erigere edifici molto forti si che sembrassero deboli, e che servissero di miracolo, come stessero in piedi". Verso la met del settecento si lev a Venezia una voce isolata, quella del frate veneziano Carlo Lodoli che, in nome della ragione predic la sincerit strutturale, criticando anche gli antichi "perch la pura ragione delle cose ancora pi antica degli antichi". Il "lodoljsmo", noto attraverso le opere dell'Algarotti e del Memmo derivava dalle concezioni meccaniche di Galileo, ed anche pi direttamente da quelle sensistiche di Bacone; "devonsi unire fabbrica e ragione e sia funzione la rappresentazione" era tra i suoi motti. Ormai il Barocco, dopo la sua splendida fioritura, si ripiegava sotto il peso degli ornamenti plastici del manierismo e del rococ, ed il neoclassicismo con la pedissequa ripetizione dei canoni e degli ordini dell'antichit denunciava la sua fredda illogicit concettuale. In questo panorama il Lodoli predicava che l'architettura non era da considerare scultura, ma aveva il precipuo scopo di "fare una fabbrica molto durevole"; condann cosi ogni forma di decorazione, in quanto mai si doveva parlare di bellezza di una fabbrica ma di utilit, perch la bellezza poteva consistere solo nel chiaro ordine degli elementi impiegati per raggiungere un chiaro e determinato fine. Il materiale, ed ogni materiale doveva avere "la sua ragione", veniva cos ad assumere un'importanza decisiva in quanto il cosiddetto "stile" non era altro che tecnica nel costruire che poteva essere valorizzato solo "dalle espressioni delle precise proporzioni della materia che si mette in uso in una fabbrica". Quella del Lodoli fu certamente la prima voce, il primo passo verso quella concezione che oggi intesa come architettura moderna, il cui cammino seguente in pratica storia di oggi e strettamente connesso ai fenomeni politici, sociali e tecnici degli anni che ci hanno preceduto e di quelli nei qua-

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li viviamo, e sul quale si torner sia pur brevemente nel corso dei capitoli che seguono.

Bibliografia G.B. MILANI,L'ossatura murale, 3 voi., Torino, 1920. G.B. MILANI e V. FASOLO, Le forme architettoniche, 2 voi., Milano,1931-1940. P.L. NERVI, Scienza o arte del costruire, Roma, 1945. G. ROISECCO, Vita dei materiali in architettura, Genova, 1958. N. DAVEY, Storia del materiale da costruire, Milano, 1965. A. CAVALLARI MURAT, Intuizione statica ed immaginazione formale nei reticoli delle volte-gotiche nervate, in "Atti e rassegna tecnica", Torino, luglio 1958. N. PEVSNER, Storia dell'architettura europea, Bari, 1959. A. PETRIGNANI, Tecnologe dell'architettura, Milano, 1967.

CAPITOLO SECONDO

IL PROBLEMA TECNICO STRUTTURALEE' da definire come organismo statico qualsiasi corretta e coerente realizzazione della complessit di elementi portanti e portati che entrano in gioco in una struttura. Naturalmente in ogni organismo di tale tipo non possibile assolutamente prescindere dalla scelta del materiale da impiegare, in quanto ogni materiale ha precipue e ben determinate propriet caratteristiche che potranno venire esaltate sia sotto l'aspetto statico-costruttivo che estetico soltanto dal corretto impiego dello stesso. Si gi visto come nel passato sia stato proprio l'impiego meditato del materiale, a parte le conoscenze tecniche, che ha determinato delle espressioni formali e delle forme costruttive ed architettoniche. Il problema tecnico strutturale anche e soprattutto in funzione del corretto e sapiente uso del materiale: in particolare ogni struttura avr un determinato linguaggio e particolare impiego e specificazioni a seconda del materiale impiegato. Chi ad esempio costruir in legno o in pietra tecniche per ormai in disuso dovr tener conto e valutare le diverse limitazioni negative che tali materiali impongono; costruendo invece in calcestruzzo armato o in acciaio si dovranno considerare tutti i fattori sia positivi che negativi che sono tipici di due mezzi anche espressivi cosi diversi, unitamente a quella complessit di fattori legati all'ambiente, alla tradizione ed all'economia che non sono mai da dimenticare. Per affrontare con coerenza e sensibilit il problema della struttura, sembra non inutile riportare integralmente quanto Pier Luigi Nervi, ebbe a scrivere nella prefazione del suo volume Nuove Strutture, ove fa particolarmente riferimento alle mentalit tutte diverse nell'affrontare il problema che generalmente caratterizzano il progettista a seconda che sia uscito da una scuola di Ingegneria o di Architettura: "Nel nostro paese, e con poche differenze negli altri, i futuri tecnici e progettisti di tutto il vasto campo del costruire, vengono formati di due diversi ambienti universitari: le scuole di Architettura e quelle di Ingegneria Civile. Da quanto mi risulta per conoscenza diretta, e per considerazioni fatte esaminando, in occasione di concorsi o su riviste specializzate, progetti provenienti da diverse Nazioni, si dovrebbe concludere che le scuole di architettura e l'ambiente culturale architettonico sono tuttora dominati da un formalismo simile, nella sua profonda essenza, a quello che cinquanta anni or sono si manifestava, libero da ogni preoccupazione tecnica, in fan-

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tasiose decorazioni superficiali. Le necessit didattiche, che accentuano l'importanza del disegno, l'abitudine di critica architettonica di carattere essenzialmente formale, la scarsa accentuazione da parte di molti docenti nella ineluttabile necessit di un valido corpo costruttivo per qualsiasi fatto architettonico, fanno si che quasi inconsapevolmente lo studente della facolt di Architettura sia portato a vedere nell'opera architettonica un qualche cosa di astratto che si identifica con il graficismo che lo rappresenta. Posto di fronte ad un problema strutturale nuovo, per prima cosa pensa ad una forma, e la fissa in schizzi prospettici, che via via elabora e sviluppa, senza domandarsi se tutto ci alla fine sar traducibile in un organismo stabile e ragionevolmente economico. Per contro lo studente di Ingegneria portato, sia dai programmi, sia dalla abitudine alla ricerca matematica, comune a molti docenti, a vedere ogni problema costruttivo sotto l'aspetto astratto del complesso di formule e sviluppi teorici, capaci di inquadrare il relativo problema statico. Da questo angolo visuale la stabilit di una struttura diventa, prima che una realt fisica, che le teorie non cercano ma solamente aiutano ad indagare, un problema di meccanica dei sistemi elastici, problema che, se matematicamente elegante, acquista una preminente importanza e diventa fine a se stesso. Cosicch si pu dire che di fronte ad un nuovo problema strutturale l'abitudine mentale del neo-architetto quella di pensare ad una forma, a quella del neo-ingegnere di indirizzarsi verso un bel procedimento di calcolo. L'uno e l'altro dimenticano che una struttura non che un sistema di reazioni e sollecitazioni interne, capace di equilibrare un sistema di forze esterne e che, per conseguenza, deve essere concepita come un organismo materiale diretto a quel preciso scopo. E poich la capacit resistente di una struttura data sia dalla sua corrispondenza schematica ad un sistema schematicamente valido, sia dalla possibilit che ogni sua sezione resista stabilmente alle sollecitazioni che in essa si producono, evidente che alla base della progettazione strutturale si debba porre tanto la definizione di un valido schema statico-costruttivo quanto la valutazione numerica delle sollecitazioni interne della sue parti. L'essenza della corretta progettazione strutturale consiste, a mio modo di vedere, nel lasciarsi prendere per mano dal problema statico e nel prospettarsi, senza apriorismi formali, o reminescenze culturali, le soluzioni possibili nel singolo caso. Ogni soluzione schematizzata in disegni di larga massima deve essere sottoposta, prima di ogni ulteriore sviluppo, a calcoli orientativi per verificarne la possibilit ed efficienza statica e stabilirne un primo dimensionamento. Assurdo proseguire uno studio strutturale senza una verifica statica, al-

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trettanto assurdo e disturbante iniziare durante queste ricerche esplorative, calcoli complessi richiedenti lunghi sviluppi matematici. Esaurita questa prima fase di indagine che sar tanto pi feconda quanto pi ampia sar stata la ricerca e la schematizzazione delle soluzioni possibili, si pu passare alla scelta della soluzione migliore e al suo progressivo affinamento formale e costruttivo. In questa seconda fase agli elementi puramente economici, statici e tecnici si aggiungono fattori soggettivi di carattere estetico architettonico. Infatti ognuna delle soluzioni possibili avr una precisa espressivit architettonica e sue caratteristiche tecniche costruttive ed economiche, in altre parole avr pregi e deficienze, ed precisamente nella serena valutazione comparativa di tutti questi elementi e nella scelta finale della soluzione che presenta pi pregi che si riassume e concentra la difficile "arte del progettare"... Naturalmente qualsiasi suggerimento tecnico o costruttivo non pu avere maggior valore di quello di un indirizzo, di una ispirazione, e quindi lascia un notevole margine alla sensibilit personale del progettista, allo stesso modo che gli obbiettivi suggerimenti tecnici che hanno portato alla nascita di tanti elementi formali e strutturali delle architetture del passato, hanno lasciato la pi completa libert nelle relative definizioni formali. Penso che si sar fatto un grande passo verso una nuova vera architettura strutturale il giorno in cui i progettisti si persuaderanno che ogni parte di una struttura ha in s, in relazione al materiale di cui costituita, e alle sue precise funzioni statiche, una potenziale, intrinseca ricchezza formale, e che nell'accogliere, interpretare e rendere visibile queste istanze di natura obbiettiva, consiste l'essenza della progettazione strutturale e il pi vasto campo per estrinsecare la sensibilit personale... A mio modo di vedere quindi necessario che il progettista strutturale si formi una particolare abitudine mentale: da una parte l'assenza di preconcetti formali nel senso di essere disposto a seguire gli indirizzi e i suggerimenti obbiettivi che gli verranno dati dalla statica e dalle esigenze costruttive, e definendoli con amore ed instancabile cura dall'altra potr trovare la pi eloquente espressione della propria personalit...Mi permetto infine di raccomandare alla attenzione di quanti architetti, ingegneri, critici e cultori si interessano del meraviglioso campo del costruire, una considerazione che rappresenta la sintesi di una obbiettiva realt troppo spesso trascurata o pi spesso negata, per una specie di illusoria idealizzazione formale e culturalistica del fatto architettonico: I materiali, la statica, la tecnologia costruttiva, il buon rendimento economico, le esigenze funzionali, sono i vocaboli del discorso architettonico. Impossibile elevare tale discorso alla poesia (Architettura) e nemmeno alla corretta prosa (Buona edilizia) senza la perfetta conoscenza di tali vocaboli e delle regole di grammatica e di sintassi (Tecnica) con cui essi deb-

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bono essere composti". Riguardo ancora al problema tecnico strutturale, il Pozzati fa notare che "la progettazione delle strutture coinvolge problemi non di rado ardui, a causa del calcolo e principalmente delle difficolt di definire l'effettivo grado di sicurezza di una costruzione, in rapporto alle sue condizioni di vincolo, alle caratteristiche dei materiali impiegati e alle azioni esterne, che possono differire per natura e per tempi e modi di applicazione. L'analisi numerica, pur avendo grande importanza, non quindi la sola questione che il progettista si trovi a dover esaminare; e in genere non neppure la prima delle varie fasi del suo lavoro, intervenendo essa, a parte i semplici calcoli preliminari di orientamento, il pi delle volte per verificare le dimensioni che si di solito costretti a definire in precedenza; sussiste infatti la circostanza che le strutture sono frequentemente iperstatiche e quindi hanno lo stato di sollecitazione dipendente in genere dalla rigidezza delle varie loro parti; inoltre le sollecitazioni risultano influenzate dai pesi propri, quindi dalle stesse dimensioni, e non di rado in sensibile misura. Ma, a parte queste ragioni contingenti, evidente che il calcolo non pu direttamente condurre alla scelta della soluzione strutturale, che il fatto di gran lunga pi importante, appena si esca dai casi nei quali ci si debba muovere su schemi prefissati. Si pensi, per citare uno fra gli innumerevoli esempi, alla difficolt delle scelte nel progetto di un ponte o di un viadotto, che pu essere realizzato con strutture ad arco o a travata, isolate o continue, prefabbricate o costruite in opera, metalliche o di calcestruzzo armato, con o senza l'intervento della precompressione. Le decisioni debbono tener conto della natura del suolo, del problemi esecutivi connessi con l'accessibilit del luogo, col reperimento dei materiali e con l'efficienza delle imprese costruttrici; ed essere infine sottoposta ai confronti e al giudizio dei risultati funzionali, estetici ed economici, considerando questi ultimi anche in relazione alla prevedibile durata dell'opera e al costo della sua manutenzione. L'intreccio delle influenze tale da rendere, sotto un punto di vista rigoroso, ogni progetto dell'ingegneria civile pressocch irripetibile: s'intende che ci sono circostanze, quale il ricorso a strutture prefabbricate, che spesso limitano fortemente l'area delle scelte, per il problema resta complesso, perch decisioni e revisioni critiche non possono far capo alla pura concatenazione di fatti conosciuti e all'utilizzazione di leggi naturali note, ma richiedono anche immaginazione e intuizione di un processo di coordinamento e di sintesi. Principalmente dalla concezione della struttura, pi che da minuti perfezionamenti del calcolo, dipende il buon esito dell'opera, ed chiaro che, qualora la scelta della soluzione non sia felice, le elaborazioni analitiche e numeriche non potranno consentir altro che la definizione delle sezioni necessarie alla resistenza della struttura, le cui caratteristiche resteranno sostanzialmente immutate. In definitiva, la pi sensibile difficolt del progettare deriva dal fatto che valutazioni intuitive e analitiche si trovano, almeno nei loro aspetti es-

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senziali, indissolubilmente legate e simultaneamente necessarie, se pure con diverso peso a seconda della natura del progetto, senza che di solito sia possibile affidare a persone diverse la sensibilit alle due differenti esigenze, perch fin nella prima idea creatrice debbono intervenire precise considerazioni tecniche; le conoscenze specializzate potranno essere utilizzate in un secondo tempo per gli esami approfonditi e per la messa a punto dei particolari costruttivi, anch'essi molto importanti. Occorre che, pur nel rispetto delle diverse propensioni, non venga dalle scuole deformato e guastato il naturale "codice genetico" del progettista, portando questi a ragionare in termini di sola fantasia o di soli procedimenti di calcolo; e che si contrasti questa tendenza a troncare ogni cosa in due, a creare categorie profondamente differenziate di specializzati che, pur dovendo operare per il medesimo fine, rischiano di non serbare neppure una comune sfera di emozioni. E tuttavia, nonostante il legame strettissimo fra la concezione e il calcolo di una struttura, esiste la diffusa opinione che nella stessa persona sensibilit artistica e preparazione tecnica siano due atteggiamenti incompatibili e tali che l'accrescersi dell'uno deteriori inevitabilmente l'altro: ritenendo da un lato che, per verificare l'arte, le conoscenze tecniche debbono venir relegate in posizione secondaria; e dall'altro, che tutto possa invece esser tratto da elaborazioni numeriche, essendo perditempi le questioni riguardante l'arte. E' ignorando cos che tutti gli artisti pittori, musicisti, poeti e scultori han dovuto di solito impiegare tecniche complesse dominate da regole inflessibili, e che, d'altronde, divengono aride e disumane le attivit della tecnica esulanti da quelle dello spirito, esclusivamente sospinte da valutazioni economiche, non illuminate dal riferimento essenziale al rapporto dell'uomo con gli altri uomini e con la natura; ogni progetto tecnico comporta, se pur con diversi gradi d'importanza e di evidenza, problemi di responsabilit morale. L'idea animatrice di un progetto risente sempre, anche quando sembra improvvisa, di un apprendistato graduale, faticoso e lento, nel corso del quale si crea l'abitudine a pensare nei termini concreti di come le cose possano venir compiute. In tale apprendistato il calcolo trascende l'importanza, pur grande, di strumento di verifica e diviene fondamentale ai fini anche dell'ideazione, consentendo di escogitare le pi opportune forme, abbozzare i primi dimensionamenti, creare la sensibilit agli ordini di grandezza delle sollecitazioni, alle connessioni determinanti, all'attendibilit delle schematizzazioni tecniche; mentre nel necessario processo a ritroso per la verifica delle previsioni, s'afferma con naturalezza la preziosa esigenza, terminato il lavoro, di riandare col pensiero alle cose fatte e di esaminare i risultati in controluce, ripensando alle ipotesi, alle semplificazioni e al significato fisico delle operazioni eseguite. Avviene cos, in questo ripetuto e paziente esercizio, che l'esperienza conduce a mano a mano all'essenziale, affina le intuizioni e le sintesi, quindi la capacit di discernere soluzioni fe-

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liei e di trasferire la complessa realt della struttura in uno schema teorico il pi possibile semplice e tuttavia attendibile. La credibilit delle previsioni teoriche per larga misura risiede nella scelta dello schema strutturale, assunto nei calcoli per interpretare e simulare il comportamento della struttura. Anche la definizione di tale schema importante e pu risultare non semplice, dovendo evitare da un lato che eccessive semplificazioni rendano il modello teorico non pi significativo, e dall'altro che calcoli estenuanti o troppo estesi facciano perdere di vista i fatti veramente influenzati e la correlazione dei risultati conseguiti con le ipotesi semplificatrici. Ipotesi che sono inevitabili per vari motivi, cui pu convenire soffermare brevemente il pensiero: le condizioni di carico debbono venire in genere ricondotte a schemi convenzionali che, anche se poco rispondenti alla realt, possano tuttavia dar luogo a stati di sollecitazione abbastanza simili a quelli effettivi, e comunque non meno gravosi ai fini della resistenza. Si debbono addottare vincoli ideali, pur sapendo che quelli supposti mobili in realt s'inceppano, specie col passar del tempo, mentre quelli fissi possono risultare sensibilmente cedevoli; e varie connessioni spesso si presentano definibili con grandi incertezze, per cui i loro effetti debbono essere trascurati o saggiati con interpretazioni limiti. Gli spostamenti dei vari punti delle strutture sono in genere considerati piccolissimi rispetto alle dimensioni; ma pur piccolissimi, il pi delle volte essi debbono essere valutati per lo studio dei problemi staticamente indeterminati, ed allora necessario introdurre particolari correlazioni fra deformazioni e tensioni. Gli stati di tensione vengono assai spesso influenzati da circostanze estranee ai carichi, quali le variazioni di temperatura, i cedimenti dei vincoli, le operazioni di saldatura per le strutture metalliche e i lunghi processi di solidificazione dei getti contenenti materiali cementanti; e purtroppo tali circostanze sono in genere di difficile valutazione e possono d'altronde aver grande influenza. Inoltre, a causa di uno stato di tensione si manifestano, dopo deformazioni pressocch istantanee, movimenti lenti, per gran parte irreversibili, che possono per certi materiali (quali il calcestruzzo e alcuni tipi di terreni) superare largamente quelli immediati, provocando modificazioni dello stato di tensione a lungo protratte nel tempo, e anche delle stesse caratteristiche di sollecitazione quando la struttura sia iperstatica. La materia, apparentemente inerte, sede quindi di continue vicende, per azioni che vanno e vengono, per fluttuazioni termiche a lunga e breve ricorrenza, per fenomeni viscosi; e per questo incessante prodursi di variazioni di movimento e di tensioni, il materiale modifica le sue caratteristiche e le strutture subiscono un'inarrestabile trasformazione, presentando a loro modo un volgere di et e di resistenza. Tutto ci, se pure ridotto a qualche accenno, sta ad indicare quanto siano complessi i fenomeni naturali riguardanti il comportamento delle strut-

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ture, e come di conseguenza i nostri schemi non possono dare se non un'immagine approssimativa, e non di rado sfocata e incerta, di quel che accade nella realt. Abbiamo gi accennato che il progetto di una struttura da ritenere in genere emanazione tanto dell'arte quanto della scienza del costruire essendo determinante l'apporto dell'immaginazione, senza la quale certo che sarebbe stata ben diversa la storia dell'uomo. Moderni mezzi come i calcolatori possono venir molto utilmente impiegati nel calcolo per risparmiare snervanti elaborazioni numeriche e per consentire di saggiare diverse soluzioni. Ma al progettista spetter sempre il compito di distinguere prima quel che vuole e pu ottenere dalla macchina, poi analizzare e coordinare i risultati e di prendere le decisioni conclusive; e rimarranno indispensabili, terminati i calcoli, le revisioni delle ipotesi fatte, i riscontri delle previsioni avanzate, mantenendo al di sopra delle elaborazioni numeriche la visione dell'opera nel suo complesso e vivido il giudizio critico conclusivo, per poter constatare se i proporzionamenti rispondano a quell'esigenza di equilibrio generale delle masse che, quando sussista, il primo indice di un favorevole stato di cose. Occorre che i potenti strumenti di calcolo di cui oggi dispone il progettista siano intesi come mezzi per lasciar pi libera la sua attivit creativa, che rischia di restare ottenebrata da calcoli gravosi, e per dar maggior respiro alla messa a punto del progetto e allo studio dei particolari costruttivi, non di rado invece trascurati, nonostante la grande importanza che essi possono avere: le difese dagli eccessi delle temperature e dai rumori nelle abitazioni, la scelta dei materiali per protezione e ornamento, l'impermeabilizzazione delle coperture, la corretta specificazione di vincoli, giunti, infissi, scarichi delle acque e condutture costituiscono aspetti del progetto tutt1 altro che secondari, ci che appare chiaramente, se si riflette al danno che un negligente e maldestro studio di essi pu provocare a chi dovr utilizzare l'opera, o all'influenza che essi possono avere nella preservazione dell'opera stessa. A riguardo delle condizioni di carico pi frequentemente ricorrenti nella pratica del progettista, da far rilevare che tutte le costruzioni possono essere sottoposte a forze di varia natura, distribuzione e intensit. Alcune agiscono senza modificazioni nel tempo, e sono quindi dette permanenti; altre, essendo invece variabili, sono dette accidentali, o sovraccarichi, e richiedono quindi la previsione, riferita a indispensabili termini probabilistici, delle pi gravose entit e delle diverse maniere di essere applicate. Per il calcolo delle costruzioni frequentemente ricorrenti nella pratica dei progettisti, il pi delle volte si fa riferimento, relativamente ai carichi accidentali, a condizioni semplificate e convenzionali, non di rado poco rispondenti alla realt,-tuttavia atte a riprodurre stati di' sollecitazione che siano non inferiori a quelli pi gravosi conseguenti ai carichi effettivi, o che abbiano la loro legittimit sancita dall'esperienza. Nella maggioranza

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dei casi le forze si considerano applicate staticamente, ossia con lentezza tale da non dar luogo a sensibili effetti dinamici sulle strutture, e conglobando tali effetti nei valori normalizzati delle forze stesse. L'entit dei carichi verticali, comprensivi degli effetti dinamici ordinari, possono desumersi dalla seguente tabella, ricavata dal D. Min. L.L.P.P. 12.2.1982 citato in bibliografia: Tabella 2.1. - Carichi di esercizio.

Un frequente esempio di condizione di carico convenzionale, che si costretti ad assumere per l'estrema aleatoriet dei valori e delle distribuzioni delle effettive forze, dato dal calcolo dei solai degli edifici; per essi non si pu in genere far altro che considerare il carico, con il valore fornito dalla citata tabella, uniformemente diffuso sull'intera superficie o, qualora questa comprenda pi parti fra loro continue, distribuito in modo da provocare i valori massimi delle varie azioni interne valutate nelle pi significative sezioni. E quando il complessivo carico accidentale dipenda dall'azione simultanea su superfici molto estese o su numerosi altri elementi strutturali pu essere alle volte lecita qualche leggera riduzione del suo valore pi intenso: cos, ad esempio, il computo dei pesi applicati alle fondazioni di un edificio con pi di tre piani pu essere eseguito considerando il carico accidentale completo per la copertura e per i due piani pi caricati, e riducendo del 10, 20, 30, 40, 50% (e non pi del 50%) i carichi accidentali dei rimanenti piani, ordinati secondo il valore decrescente del rispettivo sovraccarico; altrettanto dicasi per il calcolo dei massimi sforzi normali dei pilastri. E' evidente, in queste ultime prescrizioni, il riflesso di valutazioni probabilistiche. Per i solai di costruzioni industriali (magazzini, sili, serbatoi, ecc.). si possono avere pressioni anche di varie tonnellate per metro quadrato o condizioni di carico particolari (derivanti per esempio dalla presenza di macchine) che debbono essere oggetto di relative prescrizioni e di adeguato studio, sulla base delle notizie date dal committente.

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Del fatto che le forze possono essere applicate in modo brusco, i dati della Tab. 2.1 tengono larvatamente conto assumendo per le pressioni valori superiori a quelli corrispondenti al massimo affollamento statico. Gli effetti dinamici dipendono per anche dalle caratteristiche della struttura e non di rado pu essere non pi legittimo prescindere da esse; cosi per i ponti, i carichi accidentali vengono amplificati mediante un moltiplicatore, che della "risposta" della struttura tiene conto facendo comparire nelle sue espressioni la sola distanza (luce) fra le estremit dell'opera, ossia soltanto uno, se pure fra i pi significativi, dei vari parametri che intervengono nel complesso fenomeno quali, ad esempio, il rapporto fra i pesi mobili e fissi, i vincoli della struttura. Ma in certi casi la natura dinamica delle forze diviene essenziale al punto che sarebbe privo di senso un calcolo ancorato a quello statico: quel che pu accadere, ed esempio, quando si debbano valutare gli effetti diparti di macchine in movimento, di azioni sismiche e, alle volte, di azioni del vento, per i quali, oltre ai problemi inerenti alla resistenza, pu presentarsi quello di definire il grado di sicurezza nei confronti del grande pericolo di risonanze. Il vento ha natura molto complessa: mutevole, comporta in genere una azione di fondo abbastanza persistente, che pu essere assimilata a un carico statico; e presenta anche fluttuazioni, di pi elevata frequenza e di variabile rilevanza rispetto alla parte media, che possono provocare sollecitazioni dinamiche di sensibile portata per le strutture molto deformabili. Ma anche quando il vento spira pressocch regolarmente, si possono manifestare, per particolari fenomeni aerodinamici, vibrazioni trasversali, ossia in piani normali alle direzioni dello stesso vento, che spesso possono risultare superiori, pur con eguali deformabilit correlative della struttura, a quelle massime che si verificano longitudinalmente a causa delle raffiche. Le azioni esterne che il vento applica a una costruzione sono complesse, non di rado imprevedibili e dipendenti da numerose circostanze. La velocit e la direzione del vento, la forma, l'esposizione e l'altezza dell'edificio, la localit (in relazione anche alla vicinanza di altre costruzioni e alla natura del suolo), la forma, la permeabilit e la scabrezza delle superfici esterne della costruzione sono condizioni che possono avere determinante importanza sul valore delle pressioni esercitate dal vento, ma purtroppo il legame fra il valore della pressione in un punto e una delle variabili mette in gioco anche parte delle restanti, e possono essere non lievi gli errori se si considerasse tale legame univoco. Il vento provoca pressioni e depressioni, e non di rado i pi temibili effetti sono dati da queste ultime o dalla simultanea azione di entrambe; le depressioni (che sono considerate negative) si manifestano in genere sulle superfici sotto vento, ma non sono infrequenti anche per quelle sopra vento. Si suppone di solito che il vento spiri orizzontalmente con velocit e direzione persistenti, assimilando quindi la sua azione fluttuante ad una forza

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applicata staticamente con distribuzione spesso uniforme. Il valore della pressione effettiva riferito alla pressione, detta cinetica, q = v2/2 e poich la densit dell'aria p = y/g vale all'incirca 0,125 Kg.sec2/m3 , si pone q (pressione cinetica) Kg/m2 (con v in m/sec).

I massimi valori della velocit del vento, e di conseguenza della pressione cinetica, variano a seconda della localit fino a valori di (= 250 Km/h; q = 310 Kg/m 2 ; ma nell'entroterra difficilmente si sono riscontrate punte superiori a 50 m/s 180 Km/h;q 160 Kg/m 2 ). Per il suolo italiano, nelle nostre norme tecniche si trovano previsti quattro diversi gradi di ventosit, e quindi quattro tipi di localit o "zone", riferiti all'altezza di 20 m dal suolo e corrispondenti a pressioni cinematiche variabili da 60 a 120 Kg/m 2 . Le istruzioni in proposito sono indicate nella Fig. 2.2, ma vengono ammesse variazioni nei casi particolari in cui le condizioni siano giustificatamente differenziate da quelle medie alle quali le norme si riferiscono. I valori delle pressioni cinetiche variano in funzione del grado di ventosit e dell'altezza dell'edificio, cos ad esempio a 20 m vengono diminuiti del 25% e mantenuti uniformi per costruzioni alte non pi di 10 m; corretti con il coefficiente (H + 20)/40 e adottati costanti sull'intera altezza //, quando questa sia fra 10 e 20 m; e se l'edificio alto pi di 20 m, si lasciano invariati i valori forniti sino a tale quota, oltre la quale si considera la pressione cinetica variabile linearmente sino a raggiungere l'estremo valore q (20 m) + 60 (H- 20) : 100 (in Kg/m2 , con H in m) ; infine per le parti dell'edificio pi alte di 100 m, si pu considerare costante il valore raggiunto a 100 m (variabile da 108 a 168 Kg/m2 secondo la zona), poich praticamente non si fa pi risentire l'azione frenante operata al suolo. Invece il carico sulla copertura di una costruzione dovuta alla neve da determinare tenendo conto delle condizioni locali. In ogni caso, il carico relativo alla proiezione orizzontale della copertura dev'essere assunto, per localit di altitudine h minore di 300 m, non inferiore a 90 Kg/m2 (Piemonte, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia-Giulia, Lombardia, Veneto, Emilia, Marche, Umbria, Abruzzi) e a 60 Kg/m2 (per le restanti regioni); per pi elevate altitudini, la precedente pressione deve essere aumentata di 0,15 (h - 300) (Kg/m 2 , con h in m). Oltre i 2000 m sono per difficili le previsioni, e le pressioni possono essere molto maggiori di quelle precedentemente citate. Le variazioni degli stati di sollecitazione cui si trovano incessantemente soggette le costruzioni danno luogo di solito a irrilevanti fenomeno di fa-

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tica; ma questi possono diventare di grande importanza per strutture sottoposte a forze alternative derivanti, ad esempio, da organi di macchine in movimento. Le deformazioni della struttura non influenzano in generale i valori delle azioni esterne: ma per l'azione del vento, ad esempio, si possono manifestare vibrazioni autoeccitanti, per le quali i movimenti che subiscono i punti della struttura acquistano la duplice e simultanea veste di effetti e di cause. La possibile ripercussione della deformazione sulle azioni esterne non riguarda per soltanto i regimi dinamici dello stato di sollecitazione: nel calcolo dei manufatti sottoposti alla spinta delle terre, si suppone, per poter determinare questa, che la deformazione della struttura sia tale da poter dar luogo a stati estremi di equilibrio per il terreno; e va da s che in tali casi l'entit della deformazione influenza la spinta, perch essa, essendo in realt azione fra due corpi deformabili quali il terreno e la struttura, non pu non dipendere dal loro stato di deformazione. Stati di sollecitazione, spesso molto importanti, possono sussistere anche in assenza di forze esterne e vengono detti "di coazione". Pensando la struttura provvisoriamente suddivisa, mediante adeguato numero di tagli, in pi elementi liberi di deformarsi, uno stato di coazione deriva dall'esistenza, in tale provvisoria situazione, di movimenti relativi incompatibili con le connessioni esterne e interne; quindi le condizioni di continuit, per poter essere ripristinate, richiedono la presenza di tensioni interne. Vi sono casi in cui il meccanismo di generazione di tali stati pu essere definibile in maniera abbastanza semplice, come si pu avere, ad esempio, per certe schematizzazioni di variazioni termiche e, se pure con maggiori incertezze, dei ritiri presentati dai materiali cementati durante i processi di solidificazione. Altre volte gli stati di coazione possono essere creati ad arte, per fronteggiare gli effetti delle forze esterne. Gli stati di coazione, essendo dominati dalle condizioni di congruenza, chiamano in causa problemi complessi anche per l'insorgere di deformazioni differite nel tempo, dette viscose, implicanti alle volte una sensibile evoluzione delle stesse caratteristiche del materiale. Pur dalle pochissime cose accennate facile rendersi conto che il fondamentale problema della determinazione delle azioni agenti su una struttura, intese nell'accezione pi vasta del termine, comporta non di rado per l'ingegnere questioni assai complesse che non possono essere congelate tutte in regole, tanto pi che la definizione di tali azioni non si pone in termini di possibilit o impossibilit, ma piuttosto di grado di probabilit; grado che dipende da un gran numero di parametri, il cui dosaggio deve prevalentemente scaturire dall'unitaria visione che il progettista deve avere dell'intera struttura. Le azioni agenti sulle strutture vengono suddivise, dalle istruzioni italiane (UNI - CNR 1967), in principali (carichi permanenti e accidentali, neve, spinta delle terre, coazioni impresse) e complementari (vento, variazioni

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termiche, ritiro, fenomeni viscosi, imperfezioni di vincolo, difetti di montaggio), con ci senza adombrare alcun giudizio sull'importanza che anche le seconde possono avere. Condizioni di carico I e II vengono dette, dalle stesse norme, quelle in cui si accumulano o le sole "azioni principali" oppure le "principali" e "complementari" insieme, combinate sempre nella pi sfavorevole maniera: alle condizioni I e II vengono attribuiti di solito coefficienti di sicurezza diversi". Un discorso a parte, che non qui il caso se non di richiamare, va fatto per le azioni dinamiche conseguenti a sisma: problema che in Italia, come anche recenti tragedie hanno dimostrato, di grandissima importanza. Esso attualmente regolato da precise Norme di legge e richiede una alta specializzazione strutturistica per le sue concrete soluzioni. La gamma dei materiali impiegati nelle strutture architettoniche assai estesa: pietra e muratura, legname, acciaio, alluminio, calcestruzzo armato normale e precompresso, materie plastiche. Tutti questi materiali hanno in comune alcune propriet essenziali che li rendono atti a resistere alle sollecitazioni imposte dai carichi. Quale che sia la durata dell'azione dei carichi sulla struttura permanente, intermittente o solo momentanea occorre che la deformazione della struttura non aumenti progressivamente e che cessi quando cessa l'azione del carico. Si dice che un materiale ha comportamento elastico quando la sua deformazione cessa rapidamente colla cessazione del carico. Tutti i materiali strutturali sono in maggior o minor misura elastici. Se non lo fossero, e quindi se la struttura rimanesse deformata permanentemente dopo la cessazione del carico, l'azione di nuovi carichi aumenterebbe la deformazione permanente e la struttura finirebbe con venir messa fuori uso. Per contro, nessun materiale strutturale perfettamente elastico: a seconda del tipo di struttura e della natura dei carichi, le deformazioni permanenti sono inevitabili ogni qualvolta l'entit delle sollecitazioni supera determinati valori. I carichi pertanto debbono essere contenuti entro valori che non provochino deformazioni permanenti: i materiali strutturali sono sempre sollecitati entro il loro campo elastico. Per lo pi i materiali strutturali sono non soltanto elastici ma anche, entro certi limiti, linearmente o proporzionalmente elastici, il che vuol dire che la loro deformazione proporzionale al loro carico. Cosi, se entro i limiti di proporzionalit, una trave a mensola si inflette di 2,5 mm sotto un carico verticale di 10 t posto all'estremit libera, la sua deformazione sotto un carico di 20 tonn. sar di 5 mm. I materiali strutturali sono per la maggior parte impiegati esclusivamente entro i loro limiti di elasticit lineare. Si dice che hanno comportamento plastico i materiali che presentano deformazioni permanenti dopo la cessazione del carico. Al di l dei limiti di elasticit, tutti i materiali strutturali hanno comportamento plastico: il carico sotto il quale un materiale comincia a comportarsi in modo net-

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tamente plastico detto carico o lmite di snervamento. I materiali che sono linearmente elastici fino alla rottura, quali il vetro e talune materie plastiche (si noti la impropriet del termine), sono assolutamente inidonei per la realizzazione di strutture: non danno avvertimento della imminenza della rottura e inoltre hanno spesso comportamento fragile e vanno in frantumi per effetto di urti. A temperature normali l'acciaio presenta un campo utile di elasticit lineare, seguito da un campo plastico, ma diviene improvvisamente fragile a temperature attorno ai -34C. Alcune impreviste rotture di ponti in acciaio nel Canada sono attribuibili a questo brusco passaggio dal comportamento plastico a quello fragile a basse temperature. A temperature elevate anche l'acciaio, che uno dei materiali strutturali pi resistenti, perde la maggior parte della propria resistenza e scorre parallelamente attorno ai 370C. Per poter essere usato con sicurezza nelle costruzioni, l'acciaio deve venir protetto in modo da diventare resistente alle alte temperature: il calcestruzzo armato resiste a queste temperature purch l'acciaio dell'armatura sia protetto da un sufficiente spessore di calcestruzzo. Alcuni materiali hanno un limite di elasticit relativamente basso, e scorrono plasticamente anche sotto carichi limitati. Alcune materie plastiche (ed in questo caso il termine proprio) scorrono praticamente sotto qualsiasi carico. Il basso limite di snervamento di alcune materie plastiche ed il comportamento fragile di altre, ha rese queste materie finora poco adatte come materiali strutturali. Vi sono per materie plastiche rinforzate, come il Fiberglass (rinforzato da fibre di vetro), aventi buone caratteristiche strutturali, ed facile prevedere una maggior diffusione del loro impiego. I moderni materiali strutturali, come l'acciaio, sono generalmente isotropi, e cio la loro resistenza indipendente dalla direzione in cui essi vengono sollecitati. Il legno invece ha una resistenza diversa a seconda che venga sollecitato nella direzione delle fibre oppure ortogonalmente ad esse. A tale inconveniente si pone rimedio incollando insieme, con adesivi plastici, sottili fogli di legno disposti colle fibre in direzioni diverse. Il prodotto cos ottenuto, il cosiddetto compensato, presenta caratteristiche di resistenza pi omogenee. I materiali strutturali possono anche essere classificati a seconda del tipo di sollecitazione semplice a cui sono pi atti a resistere: trazione, compressione e taglio. La trazione il tipo di sollecitazione che tende a separare le particelle componenti il materiale, la compressione invece le spinge l'una contro l'altra. Il taglio tende a far scorrere le particelle una rispetto all'altra, come avviene in un filo metallico tagliato con la pinza a tronchese. Tutti i materiali strutturali sono capaci di reagire a sollecitazioni di compressione. Taluni, come l'acciaio, resistono altrettanto bene a compressione ed a trazione. Altri, come la pietra ed il calcestruzzo, non sono altrettanto versatili: il loro impiego limitato necessariamente a quelle for-

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me ed a quei carichi che escludano sollecitazioni a trazione. I materiali con buona resistenza alla trazione hanno di norma anche buona resistenza al taglio: per contro, i materiali resistenti essenzialmente a compressione hanno scarsa resistenza alle sollecitazioni di taglio. Come si detto, ai fini strutturali i materiali vengono di norma impiegati entro i loro limiti di elasticit lineare, e ci significa che le loro deformazioni risultano proporzionali ai carichi. Ma i vari materiali si comportano in modo diverso sotto gli stessi carichi. Se un filo di acciaio di 2 mm di diametro lungo 300 cm, posto in verticale, viene caricato, alla sua estremit con un peso di 50 Kg, esso si allunga di 2,3 mm; un filo di alluminio delle stesse dimensioni e sottoposto allo stesso carico si allunga di tre volte tanto, e cio circa 7 mm. L'acciaio ha cio una rigidit a trazione superiore a quella dell'alluminio. In generale, la misura di tale rigidit data, per ciascun materiale, da una costante detta modulo di elasticit a trazione. Il modulo di elasticit misurato (in Kg/cm 2 ) dal numero di Kg capaci teoricamente di stirare un filo della sezione di 1 cm2 fino al doppio della sua lunghezza iniziale (abbiamo detto teoricamente, perch in pratica il filo si romper prima di allungarsi di tanto). Il modulo di elasticit dell'acciaio uguale mediamente a 2.100.000 Kg/cm2 ; quello dell'alluminio a 700.000 Kg/cm 2 . Il modulo a compressione differisce in genere da quello a trazione. Il modulo a compressione del calcestruzzo in media di 200.000 Kg/cm2 ; il suo modulo a trazione ha poca importanza, poich la resistenza a trazione del calcestruzzo trascurabile. Il modulo a compressione del legno in media di 100.000 Kg/cm2 nella direzione delle fibre e di 50.000 Kg/cm2 ortogonalmente alle fibre stesse. Sia l'acciaio che l'alluminio hanno invece lo stesso modulo sia a trazione sia a compressione. Ai fini della sicurezza di estrema importanza conoscere il valore della sollecitazione alla quale un materiale comincia a cedere sotto carico. Per l'acciaio e l'alluminio il limite medio di snervamento a trazione e a compressione {resistenza a snervamento) corrisponde a circa 3.500 Kg/cm 2 . Quando un materiale non abbia un limite di snervamento ben definibile o non ne abbia affatto, i criteri di sicurezza non possono pi essere fissati in relazione a tale limite. Il primo di questi due casi quello del calcestruzzo, per il quale non esiste un passaggio netto dal comportamento elastico a quello plastico; il secondo si riferisce ai materiali fragili, che hanno comportamento lineare fino alla rottura. In tali casi, per quello che riguarda il materiale, la sicurezza deve essere determinata per riferimento diretto alla rottura. Cos importante sapere che l'acciaio si rompe per una tensione di trazione compresa tra 5.000 e 14.000 Kg/cm2 e che il calcestruzzo cede a sollecitazioni di compressione tra 200 e 600 Kg/cm 2 . Tali sollecitazioni costituiscono il carico di rottura del materiale o meglio la Resistenza a rottura. Dato che ovviamente non si pu consentire n la rottura n lo sner-

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vamento delle strutture sotto carico, il valore delle tensioni ammissibili viene di norma fissato ad una frazione della resistenza a snervamento o a rottura; i coefficienti di sicurezza (rapporto tra tensione ammissibile e resistenza a rottura o a snervamento) cos introdotti dipendono da diverse condizioni: l'uniformit del materiale ed il controllo della sua produzione, le sue propriet di resistenza prima definite, il tipo di sollecitazione, la permanenza e la certezza dei carichi, l'uso infine a cui la struttura viene adibita.

Bibliografia P.L. NERVI, Scienza o arte del costruire, Roma, 1945. P.L. NERVI, Costruire correttamente, Milano, 1965. P.L. NERVI,Nuove strutture, Milano, 1963. STRUCTURE: art architect's approach, New York, 1966. M. SALVADORI, Le strutture in architettura, Milano, 1964. C. POZZATI, Teoria e tecnica delle strutture, Torino, 1972. D. MIN. L.L.P.P. 12 febbraio 1982: Aggiornamento delle norme tecniche relative ai "Criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi".

CAPITOLO TERZO

IL LEGNOIl legno, che ha avuto nel passato larghissima applicazione come elemento di struttura e di decorazione, rimane ancora oggi il preferito per determinati ma limitati elementi costruttivi, anche perch, almeno nelle nostre citt di pianura, di difficilissimo reperimento mano d'opera specializzata nella sua lavorazione. Il tessuto che costituisce la massa legnosa del tronco presenta una struttura che pu essere generalmente schematizzata come rappresentato in Fig. 3.1. Esaminando la sezione trasversale di un tronco d'albero, si distingue un'anima centrale di forma cilindrica detta midollo, attorno alla quale si sono venuti formando nel tempo numerosi anelli, l'uno esterno all'altro che comprendono il durame e l'alburno. Il durame, costituito dagli anelli interni e composto da cellule morte e lignificate, di colore pi scuro; l'alburno che rappresenta la parte viva, cio le cellule in via di lignificazione si riconosce dalla tinta pi chiara, e comprende gli anelli esterni. Esso costituito dal legno di pi recente formazione e attraverso i suoi vasi passa la linfa, cio il liquido nutritivo della pianta. L'alburno a sua volta seguito da un sottilissimo strato di sostanza filamentosa viva chiamata libro, alla quale sovrapposta la corteccia, cio l'elemento pi esterno. Fig. 1.3 Sezione schematica di un tronco. Le cellule dei legnami possono presentare pareti spesse ed aperture molto strette, oppure bordi sottili e vani di notevoli dimensioni. Quando la pianta in primavera comincia a vegetare, l'acqua necessaria sale generalmente attraverso le cellule pi recenti e perci essenzialmente lungo l'ultimo anello di formazione. Di conseguenza in primavera si formano cellule aventi pareti sottili e vani notevoli, permettendo all'acqua di giungere rapidamente ai rami. In estate la richiesta d'acqua invece minore e le cellule nascono pi

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strette e con pareti robuste. Per questa ragione il legname che si forma durante l'estate di colore pi scuro, pi resistente e compatto. Nei nostri climi, nei quali si ha una successione regolare di stagioni di vegetazione e di riposo, ogni anno si aggiunge normalmente un anello legnoso, detto appunto anello annuale, composto da uno strato di cellule compreso tra il libro e il legno. Osservando quindi una sezione del legno, dal numero di anelli di accrescimento si pu calcolare approssimativamente l'et della pianta.

Propriet e prove relative ai legnami Una delle propriet che caratterizza il legname la massa specfica, in quanto, la massa per unit di volume di un elemento di legno comprendente fibre, pori, e vani, uno dei fattori che influenza maggiormente la resistenza del materiale. Essa funzione della struttura cellulare del legno, della stagionatura, dell'et e del modo di sviluppo della pianta e dell'epoca del taglio. Con l'aumentare della massa specifica del legno aumenta la sua resistenza meccanica, in quanto le cellule con pareti spesse sono formate da fibre pi robuste di quelle che costituiscono le cellule a pareti sottili. Un elemento di giudizio della qualit del legname pu quindi essere la porzione del legno estivo, in quanto la massa specifica di questo circa il doppio di quella del legno cresciuto durante la primavera. Empiricamente si riconosce la quantit del legno estivo contenuta negli anelli dalla diversit di colore. La determinazione della massa specifica apparente eseguita su dei provini di forma cubica di 5 cm di lato con la bilancia idrostatica. Sono di solito determinati per i principali tipi di legno tre valori della massa specifica a seconda che i provini siano costituiti da legno verde o essiccato all'aria oppure artificialmente in essicatoi. Il primo contiene in media il 45% di umidit (massa di acqua contenuta nel materiale espresso in percentuale del legno essiccato in forno a 100C, fino a massa costante), il secondo il 10 15%, mentre nel legno essiccato al forno l'umidit si riduce a meno del 10%. L'esperienza ha dimostrato che la resistenza del legno notevolmente influenzata dal contenuto di umidit. L'effetto diretto della riduzione di umidit rappresentato dall'irrobustimento delle fibre legnose. Infatti i provini cubici prima considerati, se portati ad una bassa percentuale di umidit possono aumentare la loro resistenza fino al 200%.Tuttavia i processi di essicazione, specie quelli artificiali, in forno o autoclave e di breve durata, producono sovente delle fenditure nel legno, il cui effetto di indebolimento compensa l'incremento di resistenza provocato dalla stagionatura, e non pertanto consigliabile fare affidamento sull'incremento di resistenza tra legno verde e stagionato.

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La variazione soprattutto se rapida del contenuto di umidit produce nel legno il fenomeno del ritiro e del rigonfiamento. La contrazione nel verso delle fibre molto piccola, circa dello 0,5%, molto pi grande invece nella direzione periferica degli anelli di accrescimento e pu raggiungere il valore del 10%. La diminuzione media di volume di un elemento di legno verde, quando venga essiccato all'aria con una percentuale di umidit del 12 15% di circa 5%. Data la particolare struttura del legno e per la anisotropia che caratteristica del materiale, la resistenza funzione oltre che dal tipo di sollecitazione a cui assoggettato, anche dalla direzione secondo la quale viene esercitato lo sforzo. La resistenza agli sforzi di comprensione dipende essenzialmente dall'angolo che la direzione della forza agente forma con quella delle fibre. Secondo le esperienze eseguite si pu affermare che la resistenza a compressione nel senso normale alle fibre pi piccola di tutte; nelle prove che si eseguono sui legnami i campioni, cio i provini cubici con lato di cm 5, dovrebbero essere prelevati in zone diverse del materiale, in modo che riproducano complessivamente le reali condizioni del legname in analisi. Nella prova a compressione parallelamente alle fibre il provino cede per scorrimento delle fibre le une sulle altre, secondo piani pi o meno parallele alla direzione dello sforzo. La macchina di prova indica l'inizio di questo sfibramento con una istantanea diminuzione della resistenza e tale valore viene assunto come carico di rottura del materiale. Nella prova di resistenza alla compressione nel verso normale alle fibre, il provino gradualmente si comprime e si riduce ad uno strato impaccato e sottile di fibre fortemente compresse senza che si verifichi la rottura. Per la determinazione della resistenza a rottura sotto sollecitazioni di trazione, di solito misurata solo in senso assiale, si usano invece provini a sezione cilindrica o rettangolare della sezione di 2 cm 2 , e della lunghezza utile di cm 5, oltre alle due testate opposte che sono necessarie per l'ancoraggio al macchinario di prova. La prova di resistenza a sollecitazioni di flessione si esegue con particolari provini le cui fibre sono disposte normalmente o parallelamente alla direzione dello sforzo, evitando direzioni inclinate. Si impiegano provini di sezione quadrata, con il lato di 3 centimetri e della lunghezza di 22 cm che vengono appoggiati su coltelli a testa arrotondata alla distanza mutua di 18 cm. La resistenza massima circa uguale alla media fra le resistenze a trazione e a compressione. Per il calcolo della resistenza, come gi visto, viene di solito adottata come sollecitazione massima ammissibile una frazione di quella di rottura: generalmente 1/10 di questa. Detto carico pu essere per aumentato di circa 1/5 nelle opere provvisorie e ridotto di un terzo nelle opere stabili. Alla sollecitazione di taglio il comportamento del legno, per le difficolt che si incontrano nelle esperienze, non determinato con esattezza.

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Il Winkler per questa sollecitazione in direzione parallela alle fibre considera una resistenza pari a 1/9 1/12 di quella a flessione oppure 1/6 1/8 di quella a compressione. Nel verso trasversale alle fibre la resistenza al taglio certamente maggiore ma ancora pi difficile determinarla sperimentalmente. In linea generale si pu ritenere che essa superi tre volte quella nella direzione delle fibre. Tabella sollecitazioni a rottura per alcuni tipi di legno da costruzione.

Classificazione dei legnami I legnami di uso comune possono essere classificati a seconda del tipo di essenza in: 1 ) Legnami duri o d essenza forte 2) Legnami teneri o di essenza dolce 3) Legnami resinosi 4) Legnami fini. Quelli del primo gruppo sono legni con elevato peso specifico che si scalfiscono con difficolt, resistono molto bene all'usura e alle alternanze di secco ed umido, per cui vengono in genere usati per pavimentazioni. Per un buon rendimento si deve sottoporre per preventivamente il legno ad una buona essicazione favorendone la traspirazione; si evita cos che dopo un certo tempo della posa in opera, il materiale possa rigonfiarsi. Per il loro elevato peso specifico sono poco usati nell'industria dei serramenti, anche perch il costo non indifferente, in relazione soprattutto

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alla difficolt di lavorazione. A questo gruppo appartengono le querce, di cui le pi note in Europa sono il cerro, il rovere e il leccio. Il rovere {di Savonia) di colorazione giallo bruna con alburno biancastro. E' un legno compatto, tenace, pesante, con fibra diretta. Il leccio e il cerro sono legni di colorazione rosso bruna con alburno pi chiaro. Sono molto compatti, pesanti, omogenei; tenaci, di lunga durata e quasi inintaccabili dagli insetti in quanto durissimi. Altri legni che appartengono a questo gruppo sono: il castagno, legno giallo bruno con venature pi scure, discretamente leggero e resistente ma non troppo compatto, esposto alle intemperie si deteriora facilmente, e si scurisce in quanto contiene tannino. Il faggio, legno di colore bianco rossastro a raggi midollari; assai elastico e flessibile, al vapor d'acqua accentua questo suo carattere per cui molto usato nell'industria del legno curvato; non resiste per alle alternanze di secco e umido. E' anche usato per pavimentazioni, ove sostituisce il rovere, dato il costo meno elevato. Il frassino, legno bianco e chiaro con alburno bianco rosso, presenta riflesse madreperlacei nelle sezioni radiali; tenace, compatto, elastico ma facilmente flessibile. Il noce, di colore bruno e resistente, stabile se stagionato. L'acero, legno bianco gialliccio poco differenziato nell'alburno; elastico, leggero e piuttosto duro. Appartengono al secondo gruppo legni molto teneri che si sfibrano facilmente, tra cui il pioppo, legno di colore biancastro, che leggero ed abbastanza resistente, ma poich si sfibra facilmente poco usato per lavori di una certa consistenza. Il platano, legno con durame rosso bruno; di poco pregio nelle costruzioni perch facilmente attaccabile dai parassiti. Quelli del terzo gruppo sono dei legni di grande resistenza, compatti ed elastici, il cui essicamento non richiede particolari cure; resistono molto bene alle intemperie. La principale applicazione dei legnami di essenza resinosa appunto nell'industria dei serramenti. In questo gruppo troviamo: il larice, legno a durame rosso bruno, molto resinoso e perci odoroso; compatto, semiduro, resiste bene e lungamente all'azione dell'acqua, attualmente non per molto usato, soprattutto perch non facile trovarlo perfettamente stagionato. L'abete douglas del Canada, molto classico e resistente e si avvicina al larice per le sue propriet, oltre alla caratteristica colorazione giallo rossiccio presenta una quasi perfetta perpendicolarit delle fibre, con assenza di nodi. Vabete ed il pino, si presentano in diverse specie che forniscono legnami molto usati nelle costruzioni. Il pino giallo o picht-pine: largamente usato in Europa proviene in gran parte dall'America centrale e settentrionale in varie qualit; ve ne sono di eccellenti che danno un legno duro, pesante, resinoso, durevole, di colore giallo rossastro fino al rosso bruno.

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I legnami del quarto gruppo presentano fibre sottili e sono annoverabili tra i legni preziosi particolarmente indicati per lavori di ebanisteria. In massima parte raggiungono dimensioni modeste e sono di solito impiegati in limitata quantit per lavori di intarsio e simili nell'industria del mobile.

Principale impiego dei legnami Impalcature Serramenti esterni Serramenti interni Pavimentazioni interne Strutture in tetti di legno abete, pino, castagno larice, pino, pitch-pine, abete verniciato, douglas abete, castagno, faggio, noce rovere, faggio abete, castagno, rovere, pino, larice.

Difetti dei legnami I principali difetti dei legnami sono i seguenti: Nodi, dovuti ai rami che attraversano il fusto radialmente e sono poi ricoperti dagli strati annuali di accrescimento. Possono essere vivi, cio saldati con il circostante tessuto legnoso, o morti, che cadono facilmente lasciando fori sani od avariati. In ogni modo ostacolano la lavorazione e riducono la resistenza del legno. Fusto eccentrico, cio con spessore degli anelli non uniforme. Si manifesta in alberi isolati cresciuti su terreni con forte pendenze. In questo caso la resistenza ridotta e il legname poco adatto ad essere rifilato o segato. Torsione del fusto, dovuto all'azione del vento spirante in direzione costante. Si hanno elementi a resistenza ridotta e variabile da punto a punto. Cipollatura o girello, che consiste nel distacco di due anelli di accrescimento continui lungo l'intera circonferenza, o in parte. E' dovuta alle diverse deformazioni degli anelli prodotti dall'azione del vento e dall'effetto del caldo e dei geli eccessivi. Falso durame, che costituito dal legno della parte centrale di circolazione pi scura e a contorno irregolare; provoca una riduzione della resistenza e della durata del materiale. Lunatura o doppio alburno, fenomeno dovuto alle gelate tardive in primavera e precoci in autunno che atrofizzano le cellule dell'alburno arrestando la sua trasformazione in durame. Resta quindi incluso uno strato non lignificato. Marciume, che proviene dall'alterazione dei tessuti del legno provo-

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cata da una eccessiva circolazione di linfa e da microorganismi vegetali. Il legno si riduce ad un ammasso pulvirulento o fibroso privo di consistenza. Cretti, che sono spaccature dei fusti in senso radiale. Possono essere periferici o centrali e sono originati da forti geli seguiti da veloci disgeli, oppure da una troppo rapida evaporazione dell'acqua.

Applicazione dei legnami come elementi costruttivi Le principali forme e dimensioni, a seconda dell'uso e dell'impiego dei legnami da costruzione sono: - Travi: di forma parallelepipeda, squadrati a spigolo vivo, di misure che vanno dai 25 ai 42 cm e lunghezze fino a 14 m. Legname tipo Trieste: sono chiamati cos quei legnami semplicemente sgrossati d'ascia e grossolanamente squadrati, senza spigoli vivi. Travetti o morali: sono elementi di dimensioni minori con sezione quadrata, generalmente 6 x 6 , 7 x 7 , 8 x 8 . Si ha mezzo morale quando una delle dimensioni dimezzata 3 x 6; 3,5 x 7; 4 x 8. Il loro uso principalmente nei tetti. - Correntini o listelli: usati specialmente per la piccola orditura dei tetti, hanno sezione