ELEMENTI DI ANALISI GRUPPALE PER LE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

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ELEMENTI DI ANALISI GRUPPALE PER LE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE N. H. IBRAGIMOV Edizione italiana a cura di M. C. Nucci Traduzione di O. Simˇ cic’ e M. C. Nucci

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Gruppi continui di trasformazioni, gruppi di Lie

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ELEMENTI DI ANALISI GRUPPALE

PER LE EQUAZIONI DIFFERENZIALI

ORDINARIE

N. H. IBRAGIMOV

Edizione italiana a cura di M. C. Nucci

Traduzione di O. Simcic’ e M. C. Nucci

Indice

Prefazione ii

1 Concetti ed algoritmi iniziali 11.1 Gruppo di trasformazioni puntuali . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Gruppo esteso ed operatore infinitesimale . . . . . . . . . . . . . 61.3 Equazioni differenziali che ammettono un gruppo . . . . . . . . . 71.4 Integrazione e abbassamento dell’ordine con l’ausilio dei gruppi

ad un parametro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.5 Equazioni determinanti. Algebra di Lie . . . . . . . . . . . . . . 12

2 Integrazione delle equazioni del secondo ordine che ammettonoun gruppo a due parametri 192.1 Esempio istruttivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192.2 Algebra di Lie risolvibile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232.3 Integrazione per quadrature con l’ausilio di un’algebra bidimen-

sionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262.4 Esempio di realizzazione dell’algoritmo . . . . . . . . . . . . . . . 332.5 Esempio di equazioni che non ammettono alcun gruppo, ma sono

integrabili per quadratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

Bibliografia 39

i

Prefazione

Questo opuscolo e la continuazione dell’“Abbecedario dell’analisi gruppale” ede collegato ad esso da un’ unica idea, cioe quella di fare un’esposizione acces-sibile per tutti della teoria di Lie per le equazioni differenziali. Cerchero diridurre al minimo la costruzione della teoria propedeutica e portare il lettoreai metodi di soluzione delle equazioni differenziali per la via piu breve. Comeal nuotatore inesperto e impossibile immergersi con la cintura di salvataggio,cosı la troppo rigorosa esposizione del metodo renderebbe difficile l’immersionenel mondo straordinario dell’analisi gruppale. Per una conoscenza iniziale diquesta materia sara sufficiente leggere i primi due capitoli. Nel primo capitolo siincontreranno i concetti chiave dell’analisi gruppale e sono formulati in forma diteoremi quei fatti che sono alla base degli algoritmi usati. Questa suddivisioneaiutera il lettore ad imparare velocemente come calcolare il gruppo ammesso edappropriarsi degli altri semplici metodi dell’analisi gruppale. Nel secondo capi-tolo e esposto lo schema base di Lie per l’integrazione delle equazioni differen-ziali ordinarie con il metodo della teoria gruppale. La restrizione alle equazionidel secondo ordine e dovuta non all’essenza del metodo ma alla tendenza a con-centrarsi sul materiale concreto e portarlo ad un risultato esaustivo. Gli altricapitoli sono dedicati a coloro che desiderano approfondire la materia. Il lettoreparticolarmente interessato puo andare avanti nel suo studio servendosi dellaletteratura specifica citata nella bibliografia.

ii

Capitolo 1

Concetti ed algoritmi iniziali

1.1 Gruppo di trasformazioni puntuali

Consideriamo le trasformazioni reciproche nel piano (x,y):

x = φ(x, y, a), y = ψ(x, y, a), (1.1)

che dipendono dal parametro reale a, con:

φ∣∣∣a=0

= x, ψ∣∣∣a=0

= y (1.2)

Si dice che queste trasformazioni formano un gruppo a un parametro G, sela realizzazione di due trasformazioni successive e uguale all’applicazione diuna terza trasformazione di questo stesso tipo (1.1). Con l’ausilio della sceltaappropriata del parametro a questa caratteristica gruppale puo essere fissatanella seguente formula:

¯x ≡ φ(x, y, b) = φ(x, y, a + b), ¯y ≡ ψ(x, y, b) = ψ(x, y, a + b). (1.3)

Le trasformazioni (1.1) si chiamano puntuali (a differenza da quelle di contattoper cui le trasformazioni delle funzioni x, y dipendono anche dalla derivatay′ = ∂y/∂x), e il gruppo G si chiama il gruppo delle trasformazioni puntuali.Da (1.2), (1.3) si vede che l’inversa della trasformazione (1.1) si ottiene permezzo dell’inversione di segno del parametro gruppale a:

x = φ(x, y,−a), y = ψ(x, y,−a). (1.4)

1

[ 1.1] 2

Avendo chiamato con Ta la trasformazione (1.1) dal punto (x, y) al punto (x, y),con I la trasformazione identica, con T−1

a l’inversa della trasformazione Ta cioela trasformazione dal punto (x, y) al punto (x,y), e con TbTa la composizionedi due trasformazioni, possiamo riassumere le proprieta (1.2)-(1.4) nella formadella definizione seguente.

Definizione 1.1. L’insieme G delle trasformazioni Ta si chiama gruppo adun parametro se:1) T0 = I ∈ G2) TbTa = Ta+b ∈ G3) T−1

a = T−a ∈ GSviluppiamo le funzioni φ, ψ nella serie di Taylor rispetto al parametro a

nell’intorno a = 0 e scriviamo la trasformazione infinitesimale (1.1) tenendoconto di (1.2) nella forma che segue:

x ≈ x + ξ(x, y)a, y ≈ y + η(x, y)a, (1.1′)

doveξ(x, y) =

∂φ(x, y, a)∂a

∣∣∣a=0

, η(x, y) =∂ψ(x, y, a)

∂a

∣∣∣a=0

. (1.5)

Per esempio per il gruppo delle rotazioni x = x cos a + y sin a, y = y cos a −x sin a la trasformazione infinitesimale assume la forma

x ≈ x + ya, y ≈ y − xa.

Il vettore (ξ, η) di componenti (1.5) si chiama vettore tangente (nel punto (x, y))alla curva descritta dal punto trasformato (x, y), e percio si chiama campo deivettori tangenti al gruppo.

Il gruppo ad un parametro si ricostruisce completamente, se e nota la suatrasformazione infinitesimale (1.1), con l’aiuto delle seguenti equazioni di Lie aivalori iniziali:

da= ξ(φ, ψ), φ

∣∣∣a=0

= x,

da= η(φ, ψ), ψ

∣∣∣a=0

= y. (1.6)

Il campo dei vettori tangenti si puo assegnare anche nella forma di un operatoredifferenziale del primo ordine:

X = ξ(x, y)∂

∂x+ η(x, y)

∂y, (1.7)

[ 1.1] 3

che si comporta come uno scalare per cambiamenti di coordinate arbitrarie (adifferenza del vettore (ξ, η)). Sophus Lie chiamava l’operatore (1.7) il simbolodella trasformazione infinitesimale (1.1′); piu tardi e entrato nell’uso il ter-mine di operatore infinitesimale del gruppo (oppure piu brevemente operatoredel gruppo) e nella letteratura fisica si incontra spesso il termine generatore delgruppo.

Definizione 1.2. La funzione F (x, y) si dice invariante per un gruppo ditrasformazioni (1.1) se per ogni punto (x, y) la funzione F e costante lungo latraiettoria descritta dai punti trasformati (x, y):

F (x, y) = F (x, y).

Teorema 1.1. La funzione F (x, y) e invariante se e soltanto se soddisfal’equazione alle derivate parziali:

XF ≡ ξ(x, y)∂F

∂x+ η(x, y)

∂F

∂y= 0 . (1.8)

Di conseguenza ogni gruppo ad un parametro di trasformazioni puntuali nelpiano ha un unico invariante indipendente grazie al quale si puo prendere laparte sinistra dell’integrale primo I(x, y) = C coniugato con (1.8) e le equazionidifferenziali ordinarie (equazioni delle caratteristiche):

dx

ξ(x, y)=

dy

η(x, y). (1.8′)

Ogni altro invariante e allora funzione di I.I concetti sopra riportati si generalizzano in modo evidente al caso a piu

dimensioni se si considerano i gruppi di trasformazione non nel piano ma nellospazio di dimensione n dei punti x = (x1, . . . , xn). Fissiamo ora la nostra atten-zione su questo spazio a piu dimensioni e consideriamo il sistema di equazioni:

F1(x) = 0, . . . , Fs(x) = 0, s < n. (1.9)

Supponiamo che il rango della matrice ‖∂Fk∂xi ‖ sia s in tutti i punti x, che sod-

disfano il sistema (1.9). Il sistema di equazioni (1.9) rappresenta una superficie(n− s)-dimensionale M .

[ 1.1] 4

Definizione 1.3. Si dice che il sistema di equazioni (1.9) e invarianterispetto al gruppo G di trasformazioni (oppure che ammette il gruppo G)

xi = f i(x, a), i = 1, . . . , n, (1.10)

se ogni punto x della superficie M si trasforma lungo questa superficie, cioe dax ∈ M segue che x ∈ M .

Teorema 1.2. Il sistema di equazioni (1.9) e invariante rispetto al gruppoG delle trasformazioni (1.10) con l’operatore infinitesimale

X = ξi(x)∂

∂xi, ξi(x) =

∂f i(x, a)∂a

∣∣∣a=0

(1.11)

se e soltanto se:XFk

∣∣∣M

= 0, k = 1, . . . , s. (1.12)

Questo teorema e comodo per cercare i gruppi che sono ammessi dal sistemadi equazioni assegnate (1.9). Una volta note le funzioni Fk(x) dalle equazioni(1.12) si possono trovare le coordinate ξi(x) dell’operatore (1.11), e poi at-traverso la soluzione delle equazioni di Lie

dxi

da= ξi(x), xi

∣∣∣a=0

= xi, i = 1, . . . , n

si trovano anche le trasformazioni (1.10) ammesse dal gruppo. Se invece,all’inverso, il gruppo G e dato e bisogna trovare il sistema di equazioni che loammettono allora ci si puo servire del seguente teorema sulla rappresentazionedelle equazioni invarianti per mezzo degli invarianti.

Teorema 1.3. Sia il sistema degli invarianti (1.9) ammesso dal gruppo G, ilcui operatore infinitesimale non si annulla sulla superficie M , individuato dalleequazioni (1.9). Allora tale sistema si puo trascrivere in modo equivalente cosıche le parti sinistre delle equazioni siano gli invarianti del gruppo G, cioe nellaforma

Φk(I1(x), . . . , In−1(x)) = 0, k = 1, . . . , s, (1.9′)

dove I1(x), ..., In−1(x) sono la base degli invarianti del gruppo G (tutti gli in-varianti sono funzionalmente indipendenti). Le equazioni (1.9) e (1.9′) sonoequivalenti nel senso che esse formano una stessa superficie M .

[ 1.2] 5

Per esempio, il paraboloide di rivoluzione puo essere dato in due forme

x2 + y2 − z = 0

oppurex2 + y2

z− 1 = 0.

Il gruppo delle dilatazioni non omogenee x = xea, y = yea, z = ze2a sposta ilpunto del paraboloide lungo questa superficie e, di conseguenza, ognuna delleequazioni, che determinano il paraboloide in oggetto, e invariante. Come efacilmente verificabile la funzione F = x2 +y2−z non e invariante dal momentoche Φ = x2+y2

z − 1 e invariante.Per integrare le equazioni differenziali ordinarie si puo usare il seguente

semplice teorema sulla similitudine di tutti i gruppi ad un parametro il qualesara formulato per il caso che ci interessa del gruppo di trasformazioni del piano(x, y).

Teorema 1.4. Ogni gruppo G ad un parametro di trasformazioni (1.1)ottenuto con il cambiamento di variabili

t = t(x, y), u = u(x, y)

porta al gruppo delle traslazioni t = t + a, u = u con l’operatore X = ∂∂t .

Tali variabili t, u si chiamano variabili canoniche.Dimostrazione. Con un cambiamento di variabili, l’operatore infinitesi-

male (1.7) si trasforma secondo la formula

X → X(t)∂

∂t+ X(u)

∂u. (1.13)

Percio le variabili canoniche si trovano tramite le equazioni

X(t) = 1

X(u) = 0 (1.14)

(in modo tale che una delle variabili u sia scelta invariante).Per esempio, per il gruppo delle dilatazioni x = xea, y = ye2a con

l’operatore X = x ∂∂x +2y ∂

∂y le equazioni (1.14) si risolvono facilmente e danno lasostituzione t = ln x, u = y/x2, che porta il gruppo delle dilatazioni nel gruppodelle traslazioni: t = ln x = ln x + a = t + a, u = y/x2 = y/x2 = u.

[ 1.2] 6

1.2 Gruppo esteso ed operatore infinitesimale

Scriviamo la formula della trasformazione delle derivate y′, y′′ per le trasfor-mazioni puntuali (1.1), se consideriamo un cambiamento di variabili. Sara utilein questo caso servirsi del simbolo di derivata “totale”

D =∂

∂x+ y′

∂y+ y′′

∂y′+ . . .

Le trasformazioni delle derivate sono date dalle formule:

y′ ≡ dy

dx=

Dφ=

ψx + y′ψy

φx + y′φy≡ P (x, y, y′, a), (1.15)

y′′ ≡ dy′

dx=

DP

Dφ=

Px + y′Py + y′′Py′

φx + y′φy. (1.16)

Se partiamo dal gruppo G delle trasformazioni puntuali (1.1) allora dopo l’ag-giunta delle formule (1.15) otteniamo il prolungamento G

1del gruppo che agisce

nello spazio a tre dimensioni (x, y, y′), e dopo l’aggiunta dell’altra formula (1.16)otteniamo il gruppo prolungato due volte G

2che agisce nello spazio (x, y, y′, y′′).

Sostituendo nelle formule (1.15), (1.16) la trasformazione infinitesimale (1.1′)x = x + aξ, y = y + aη, e trascurando i termini di ordine O(a), otteniamo latrasformazione infinitesimale delle derivate:

y′ =y′ + aD(η)1 + aD(ξ)

= [y′ + aD(η)][1− aD(ξ)] = y′ + [D(η)− y′D(ξ)]a

≡ y′ + aζ1,

y′′ =y′′ + aD(ζ1)1 + aD(ξ)

= [y′′ + aD(ζ1)][1− aD(ξ)] = y′′ + [D(ζ1)− y′′D(ξ)]a

≡ y′′ + aζ2.

Di conseguenza l’operatore infinitesimale dei gruppi prolungati G1

e G2

si cor-

rispondono in maniera equivalente

X1

= ξ∂

∂x+ η

∂y+ ζ1

∂y′, ζ1 = D(η)− y′D(ξ), (1.17)

X2

= X1

+ ζ2∂

∂y′′, ζ2 = D(ζ1)− y′′D(ξ). (1.18)

[ 1.3] 7

Questi gruppi si chiamano il primo e il secondo prolungamento dell’operatoreinfinitesimale (1.7). Spesso le formule dei prolungamenti dei corrispondentiordini si chiamano espressioni per le coordinate aggiuntive:

ζ1 = D(η)− y′D(ξ) = ηx + (ηy − ξx)y′ − y′2ξy , (1.17′)

ζ2 = D(ζ1)− y′′D(ξ) = ηxx + (2ηxy − ξxx)y′ + (ηyy − 2ξxy)y′2−−y′3ξyy + (ηy − 2ξx − 3y′ξy)y′′ . (1.18′)

1.3 Equazioni differenziali che ammettono un grup-po

Sia G il gruppo delle trasformazioni puntuali e G1

e G2

il suo primo e secondo

prolungamento determinati nel §1.2.Definizione 1.4. Si dice che l’equazione differenziale ordinaria del primo

ordineF (x, y, y′) = 0 (1.19)

ammette il gruppo G se l’equazione (1.19) (considerata come equazione di unasuperficie di dimensione due dello spazio a tre variabili indipendenti x, y, y′), einvariante rispetto al gruppo esteso G

1nel senso della Definizione 1.3. Analoga-

mente l’equazione differenziale del secondo ordine

F (x, y, y′, y′′) = 0 (1.20)

ammette il gruppo G se questa equazione, nello spazio a quattro variabilix, y, y′, y′′, e invariante, nel senso della Definizione 1.3, rispetto al gruppo prol-ungato due volte G

2.

La definizione e evidentemente generalizzabile a tutte le equazioni differen-ziali di ordine superiore.

La costruzione delle equazioni differenziali che ammettono un dato grupposi puo facilmente realizzare con l’aiuto del Teorema 1.3 sulla rappresentazionedelle equazioni invarianti attraverso gli invarianti. In questo caso e utile tenerepresente che ogni gruppo di trasformazioni ad un parametro del piano (x, y)

[ 1.3] 8

ha esattamente un invariante indipendente, mentre con il prolungamento delgruppo alla derivata prima y′ si aggiunge un ulteriore invariante, il quale im-mancabilmente dipendera da y′ e percio si chiama invariante differenziale delprimo ordine. Nel gruppo prolungato due volte ci saranno tre invarianti fun-zionalmente indipendenti, poiche verra aggiunto un altro invariante che contienela derivata seconda, detto invariante differenziale del secondo ordine.

Esempio. Sia G il gruppo delle trasformazioni di Galileo con l’operatoreinfinitesimo X = y ∂

∂x (vedi Tabella 1 alla fine dell’opuscolo). L’invariante diquesto gruppo e u = y. Il primo e il secondo prolungamento dell’operatore X

si trova facilmente secondo le formula (1.17), (1.18) e sono uguali a

X1

= y∂

∂x− y′2

∂y′,

X2

= y∂

∂x− y′2

∂y′− 3y′y′′

∂y′′.

Risolvendo il sistema:

dx

y=

dy′

y′2= − dy′′

3y′y′′,

otteniamo gli invarianti differenziali del primo e del secondo ordine

v =y

y′− x, w =

y′′

y′3.

In accordo con il Teorema 1.3, le equazioni invarianti per i gruppi prolun-gati G

1e G

2possono essere scritti di conseguenza nella forma v = F (u) e

w = F (u, v). Dopo aver sostituito il significato degli invarianti, si ottengono leequazioni differenziali piu generali del primo e del secondo ordine che ammet-tono il gruppo delle trasformazioni di Galileo:

y′ =y

x + F (y), y′′ = y′3F (y,

1y′− x

y) .

Nei casi piu complessi l’esame degli invarianti differenziali del secondo ordinee meglio farlo in accordo con il seguente teorema.

[ 1.4] 9

Teorema 1.5. Sia noto per il gruppo G l’invariante u(x, y) e l’invariantedifferenziale del primo ordine v(x, y, y′). Allora la derivata

w =dv

du=

vx + y′vy + y′′vy′

ux + y′uy≡ Dv

Du

rappresenta l’invariante differenziale del secondo ordine. Ogni invariante dif-ferenziale (non superiore al secondo ordine) del gruppo G e funzione di u, v, w.

Per mezzo di differenziazioni successive si possono ottenere gli invariantidifferenziali di ordine superiore d2v/du2, d3v/du3,.... . Come esercizio e utile ve-rificare questo teorema nel caso sopra riportato del gruppo delle trasformazionidi Galileo.

Nelle Tabelle 2 e 3 come indicazione sono date alcune equazioni differen-ziali del primo e del secondo ordine con il relativo operatore infinitesimale delgruppo ad un parametro ammesso. Queste tabelle sono costruite con l’ausiliodei Teoremi 1.3 e 1.5.

1.4 Integrazione e abbassamento dell’ordine con l’au-silio dei gruppi ad un parametro

Ora analizzeremo i piu semplici gruppi ad un parametro utilizzati nell’integra-zione delle equazioni differenziali.

Cominciamo dalle equazioni del primo ordine. Consideriamo le equazionidifferenziali ordinarie del primo ordine per le quali e conosciuto l’operatoreammesso (cioe l’operatore infinitesimale del gruppo ad un parametro ammesso).Allora e naturale utilizzare il Teorema 1.4 sulla riducibilita di ogni gruppo adun parametro alle traslazioni per mezzo delle variabili canoniche. Poiche ilcarattere delle equazioni invarianti nei confronti di un qualunque gruppo nondipende dalla scelta delle variabili, allora, dopo la sostituzione che porta ilgruppo noto ammesso nel gruppo delle traslazioni, arriveremo ad un’equazioneche non dipende da una delle variabili e percio e integrabile per quadrature.Ecco un esempio chiarificatore:

L’equazione di Riccatiy′ + y2 = 2/x2 (1.21)

[ 1.4] 10

ammette evidentemente il gruppo delle dilatazioni x = xea, y = ye−a conl’operatore:

X = x∂

∂x− y

∂y. (1.22)

Questo e il caso particolare, riportato nella Tabella 1, del gruppo delle di-latazioni non omogenee con k=-1, che si trasforma nel gruppo delle traslazionidopo la sostituzione

t = ln x, u = xy. (1.23)

La sostituzione di (1.23) in (1.21) da l’equazione

du

dt+ u2 − u− 2 = 0

che e facilmente integrabile e da lnu + 1u− 2

= 3t + C. Ritornando alle vecchie

variabili otteniamo la soluzione dell’equazione (1.21):

y =2x3 + C

x(x3 − C). (1.24)

Il secondo metodo d’integrazione, specifico per le equazioni del primo or-dine, consiste nella costruzione del fattore integrante con l’aiuto dell’ operatoreinfinitesimale del gruppo ammesso. Sia noto per l’equazione del primo ordine:

Q(x, y)dx + P (x, y)dy = 0 (1.25)

l’operatore ammesso (1.7). Allora la funzione

µ =1

ξQ + ηP(1.26)

e il fattore integrante per (1.25).Applichiamo questo metodo all’equazione (1.21), che scriveremo nella forma

differenziale (1.25):dy + (y2 − 2/x2)dx = 0. (1.21′)

La sostituzione nella formula (1.26) delle coordinate ξ = x, η = −y dell’ope-ratore (1.22) da il fattore integrante

µ =1

xy2 − y − 2/x=

x

x2y2 − xy − 2.

[ 1.4] 11

Moltiplicando per questo fattore la parte sinistra dell’equazione (1.21′) ottenia-

mo la soluzione dell’equazione (1.21) nella formaxy − 2xy + 1

x3 = C che e equiva-

lente alla formula (1.24).Nel caso di un’equazione del secondo ordine la conoscenza del gruppo ad

un parametro ammesso (il suo operatore infinitesimale) permette di abbassarel’ordine dell’equazione. A tal fine e possibile proporre due semplici metodi.

Il primo metodo e lo stesso delle equazioni del primo ordine cioe il cambia-mento di variabili che ammette il gruppo delle traslazioni. Vedremo un esempiodi equazione lineare

y′′ + f(x)y = 0 (1.27)

la quale in forza della sua omogeneita ammette il gruppo delle dilatazioni in y

con l’operatore:

X = y∂

∂y. (1.28)

Le traslazioni qui riportate si realizzano con la sostituzione u = x, t = ln y,dopodiche l’equazione (1.27) assume la forma:

u′′ − u′ + f(u)u′3 = 0, (u′ =du

dt).

L’equazione cosı ottenuta non contiene la variabile indipendente e percio il suoordine si abbassa con la sostituzione u′ = p(u), e il nostro esempio si riduce allaintegrazione dell’equazione di Riccati

dp

du+ f(u)p2 − 1 = 0.

Il secondo metodo rappresenta la formulazione invariante dei noti metodiper l’abbassamento dell’ordine delle equazioni che non contengono la funzioneincognita oppure la variabile indipendente [1] e si rifa ai Teoremi 1.3 e 1.5.Conseguentemente, in accordo con il primo di questi teoremi, ogni equazionedel secondo ordine che ammette il gruppo G puo essere scritta con gli invarian-ti differenziali (dell’ordine 0, 1 e 2) u, v, w di questo gruppo. In accordo colTeorema 1.5 gli invarianti differenziali del secondo ordine si possono sceglierenella forma w = dv/du e gli invarianti differenziali considerati per l’equazione

[ 1.5] 12

del secondo ordine si scrivono come:

dv

du= F (u, v). (1.29)

Con questo si ottiene l’abbassamento dell’ordine; se troviamo l’integrale

Φ(u, v, C) = 0

dell’equazione del primo ordine (1.29), allora la soluzione dell’equazione del sec-ondo ordine di partenza si ottiene per quadratura1. Infatti la sostituzione in(1.30) delle espressioni note di u(x, y) e v(x, y, y′) porta all’equazione differen-ziale del primo ordine che ammette il gruppo G nella forma degli invarianti u, v

ed e percio integrabile per quadrature.Abbassiamo mediante questo secondo metodo l’ordine dell’equazione (1.27).

Avendo scritto il primo prolungamento dell’operatore (1.28)

X1

= y∂

∂y+ y′

∂y′,

troviamo gli invarianti u = x, v = y′/y. Per il Teorema 1.5 troviamo gliinvarianti differenziali del secondo ordine

dv

du=

y′′

y− y′2

y2=

y′′

y− v2,

da cui y′′/y = dv/du+v2. Dopo la sostituzione di questa formula in (1.27) otte-niamo l’equazione del primo ordine (1.29) nella forma della seguente equazionedi Riccati:

dv

du+ v2 + f(u) = 0.

1.5 Equazioni determinanti. Algebra di Lie

Passiamo ora al problema della costruzione dei gruppi ammessi da equazionidifferenziali date. Supponiamo che sia data l’equazione del secondo ordine (1.20)(il caso dell’equazione del primo ordine e qui inserito come caso particolarecon Fy′′ = 0). In accordo con la Definizione 1.4 e il Teorema 1.2 il criterio

1E indispensabile riflettere sul significato del termine “abbassamento dell’ordine”.

[ 1.5] 13

infinitesimale dell’invariante ha la forma dell’equazione (1.12) e l’operatore X

due volte esteso si scrive:

X2

F∣∣∣F=0

≡ (ξFx + ηFy + ζ1Fy′ + ζ2Fy′′)∣∣∣F=0

= 0, (1.31)

dove ζ1 e ζ2 sono date dalle formule di prolungamento (1.17′) e (1.18′). L’e-quazione (1.31) si chiama equazione determinante per il gruppo che e ammessodall’equazione differenziale ordinaria (1.20).

Nel seguito analizzeremo le equazioni differenziali scritte nella forma espli-cita:

y′′ = f(x, y, y′) (1.32).

In questo caso l’equazione determinante (1.31), dopo aver sostituito a ζ1, ζ2 illoro significato dalle formule (1.17′), (1.18′) ed a y′′ la parte destra dell’equazione(1.32), assume la forma

ηxx + (2ηxy − ξxx)y′ + (ηyy − 2ξxy)y′2 − y′3ξyy + (ηy − 2ξx − 3y′ξy)f−

−[ηx + (ηy − ξx)y′ − y′2ξy]− ξfx − ηfy = 0. (1.33)

Qui f(x, y, y′) e una funzione nota (stiamo considerando l’equazione differen-ziale data (1.32)), mentre le coordinate ξ e η del cercato operatore ammesso(1.7) sono funzioni incognite di x, y. Poiche nella parte sinistra di (1.33) en-tra, oltre a x, y, anche la quantita y′, considerata come variabile indipendente,allora l’equazione determinante viene “decomposta” in alcune equazioni in-dipendenti e diventa un sistema sovradeterminato di equazioni differenziali inξ, η. Risolvendo questo sistema, troveremo tutti gli operatori che sono ammessidall’equazione differenziale considerata (1.32).

Esempio. Troviamo gli operatori (1.7)

X = ξ∂

∂x+ η

∂y,

che sono ammessi dall’equazione del secondo ordine

y′′ +1x

y′ − ey = 0. (1.34)

[ 1.5] 14

Qui f = ey − 1x

y′, e l’equazione determinante (1.33) ha la forma

ηxx + (2ηxy − ξxx)y′ + (ηyy − 2ξxy)y′2 − y′3ξyy + (ηy − 2ξx − 3y′ξy)(ey − y′

x)+

+1x

[ηx + (ηy − ξx)y′ − y′ − y′2ξy]− ξy′/x2 − ηey = 0.

La parte sinistra di questa equazione e un polinomio di terzo grado rispettoalla variabile y′, percio l’equazione determinante si “decompone” nelle seguentiquattro equazioni che si ottengono annullando i coefficienti dei vari gradi in y′:

(y′)3 : ξyy = 0, (1.35)

(y′)2 : ηyy − 2ξxy +2x

ξy = 0, (1.36)

y′ : 2ηxy − ξxx +(

ξ

x

)

x− 3ξye

y = 0, (1.37)

(y′)0 : ηxx +1x

ηx + (ηy − 2ξx − η)ey = 0. (1.38)

Dalle equazioni (1.35) e (1.36), integrando rispetto ad y, otteniamo:

ξ = p(x)y + a(x), η =(

p′ − p

x

)y2 + 2

(a′ − a

x

)y + q(x)y + b(x).

Sostituiamo queste espressioni per ξ e η nelle equazioni (1.37) e (1.38). Inizial-mente osserveremo che ξ e η dipendono da y in maniera polinomiale, mentrenelle parti a sinistra delle equazioni (1.37) e (1.38) c’e ey; di conseguenza devonoessere soddisfatte le condizioni

ξy = 0, ηy − 2ξx − η = 0.

La prima di queste dara p = 0, cioe l’uguaglianza ξ = a(x), tenendo conto chela seconda condizione si scrive nella forma:

[2

(a′ − a

x

)+ q

]y −

[2(

(a′ − a

x

)+ q

]+ 2a′ + b = 0.

Da cui 2(a′ − a

x) + q = 0, 2a′ + b = 0. In questo modo,

ξ = a(x), η = −2a′(x).

[ 1.5] 15

La sostituzione di queste espressioni in (1.37) da l’equazione del secondo ordine:

2(

a′ − a

x

)′= 0,

da cui a = C1x ln x + C2x; con questo l’equazione (1.38) e soddisfatta identica-mente.

Come conseguenza otteniamo la soluzione generale delle equazioni determi-nanti (1.35) - (1.38) nella forma

ξ = C1x ln x + C2x, η = −2[C1(1 + lnx) + C2]

con coefficienti costanti C1, C2. Tenendo conto della linearita delle equazionideterminanti, la soluzione generale si presenta nella forma di una combinazionelineare di due soluzioni indipendenti:

ξ1 = x lnx, η1 = −2(1 + lnx), ξ2 = x, η2 = −2.

Questo significa che l’equazione (1.34) ammette due operatori linearmente in-dipendenti

X1 = x lnx∂

∂x− 2(1 + lnx)

∂y, X2 = x

∂x− 2

∂y(1.39)

e che l’insieme di tutti gli operatori ammessi e uno spazio vettoriale bidimen-sionale con la base (1.39).

Ritorniamo ora alle caratteristiche generali dell’equazione determinante.Come si vede da (1.33), l’equazione determinante si presenta come un’equazionedifferenziale lineare nelle derivate parziali delle funzioni ξ e η rispetto alle duevariabili x, y. Percio l’insieme di tutte le sue soluzioni forma uno spazio vetto-riale del quale si e gia parlato nell’esempio riportato. Pero, oltre a cio, esso haancora una proprieta che e una caratteristica per le equazioni determinanti. Sitrova che l’insieme delle soluzioni dell’equazione determinante forma uno spaziovettoriale molto speciale chiamato algebra di Lie (il termine e di H. Weyl; lostesso S. Lie parlava di gruppo infinitesimale).

Definiamo ora il commutatore [X1, X2] di una qualunque coppia di operatoridel tipo (1.7)

X1 = ξ1∂

∂x+ η1

∂y, X2 = ξ2

∂x+ η2

∂y

[ 1.5] 16

mediante la formula[X1, X2] = X1X2 −X2X1. (1.40)

Di conseguenza otteniamo di nuovo un operatore di tipo (1.7) come si vededall’uguaglianza:

[X1, X2] = (X1(ξ2)−X2(ξ1))∂

∂x+ (X1(η2)−X2(η1))

∂y, (1.40′)

la quale si deduce facilmente dalla (1.40) e che possiamo prendere come defini-zione di commutatore al posto della (1.40). Dalla definizione di commutatoresi vede che esso:

1. e bilineare: [X, c1X1 + c2X2] = c1[X, X1] + c2[X,X2];

2. e antisimmetrico: [X1, X2] = −[X2, X1];

3. soddisfa l’identita di Jacobi:[X1, [X2, X3]] + [X2, [X3, X1]] + [X3, [X1, X2]] = 0.

Definizione 1.5. Si chiama algebra di Lie (1.7) lo spazio vettoriale L, ilquale insieme ad ogni operatore X1, X2 ∈ L contiene anche il loro commuta-tore [X1, X2]. Questa algebra di Lie si scrive con la stessa lettera L, e per ladimensione dell’algebra si intende la dimensione dello spazio vettoriale L.

Sia Lr un’algebra di Lie di dimensione finita r. Fissiamo una base X1, . . . , Xr

nello spazio vettoriale Lr e consideriamo i commutatori [Xµ, Xν ] per tutte lepossibili coppie degli operatori della base. Poiche qualunque operatore X di Lr

si decompone per mezzo della base:

X =r∑

µ=1

eµXµ, eµ = const, (1.41)

questo significa che tutti i [Xµ, Xν ] permettono di trovare il commutatore ditutti gli operatori in Lr usando la proprieta di bilinearita. Quindi lo spazio vet-toriale Lr forma un’algebra di Lie se e soltanto se i commutatori degli operatoridella base appartengono a Lr , cioe

[Xµ, Xν ] =r∑

λ=1

cλµνXλ, µ, ν = 1, . . . , r, (1.42)

[ 1.5] 17

dove cλµν sono numeri reali (chiamati costanti strutturali).

Osservazione. L’algebra di Lie Lr genera un gruppo di trasformazioni ar-parametri Ta della forma (1.1), con il parametro vettore a = (a1, . . . , ar). Lacostruzione delle trasformazioni di questo gruppo si puo realizzare tramite lesoluzioni dell’equazione di Lie (1.6) per ogni operatore della base dell’algebra Lr

e se si prende la composizione ottenuta per mezzo di r gruppi ad un parametro.Teorema 1.6. L’insieme di tutte le soluzioni dell’equazione determinante

(1.33) per l’equazione del secondo ordine (1.32) forma un’algebra di Lie Lr didimensioni r ≤ 8. La dimensione massima r = 8 e raggiunta se e soltanto sel’equazione (1.32) e lineare oppure e linearizzabile per mezzo di un opportunocambiamento di variabili.

Esempio. Il commutatore degli operatori (1.39) e uguale a:

[X1, X2] = −X2. (1.39′)

In questo modo, la proprieta (1.42) e soddisfatta e lo spazio vettoriale con la base(1.39) e un’algebra di Lie bidimensionale. Per il Teorema 1.6 questo significa,in particolare, che l’equazione differenziale (1.34) non puo essere linearizzabileper alcun cambiamento di variabili.

Sebbene si spendano piu parole sul gruppo ammesso dall’equazione differen-ziale del secondo ordine, in realta i concetti e gli algoritmi si trasferiscono inmaniera ovvia alle equazioni di ordine superiore. Inoltre Lie ha dato la clas-sificazione di tutte le equazioni differenziali ordinarie di qualunque ordine cheammettono gruppo, classificazione basata sulla derivazione e l’enumerazione ditutti i possibili gruppi di trasformazione del piano. Alla presentazione di taleclassificazione e dell’integrazione di tali equazioni e dedicata la memoria “Clas-sificazione e integrazione delle equazioni differenziali ordinarie tra x, y che am-mettono gruppi di trasformazioni”, divisa in quattro parti e inclusa nel quintovolume della Raccolta dei lavori di Sophus Lie [6(i)].

Le equazioni differenziali del primo ordine formano un’eccezione: per essel’utilizzazione dell’equazione determinante per la ricerca pratica del gruppoammesso e ineffettiva. Questo diventa evidente se si scrive l’equazione de-terminante (1.31) per l’equazione del primo ordine y′ = f(x, y). In questo caso

[ 1.5] 18

invece di (1.33) si ha la seguente equazione determinante:

X1

(y′ − f)∣∣∣y′=f

≡ ηx + (ηy − ξx)f − ξyf2 − ξfx − ηfy = 0. (1.43)

Qui non compare piu la variabile y′, e quindi non ha luogo la “decomposizione”dell’equazione determinante in un sistema sovradeterminato (cfr. (1.35) – (1.38)). Poiche la funzione f(x, y) e data, l’equazione determinante (1.43) rappresentaessa stessa un’unica equazione differenziale lineare del primo ordine alle derivateparziali in due funzioni incognite ξ(x, y) e η(x, y). E ovvio che essa ha un insiemeinfinito di soluzioni. Quindi qualunque equazione differenziale ordinaria delprimo ordine ammette un’algebra di Lie di dimensione infinita.

Capitolo 2

Integrazione delle equazionidel secondo ordine cheammettono un gruppo a dueparametri

2.1 Esempio istruttivo

Consideriamo la seguente equazione lineare

y′′ + y′ − y/x = 0 (2.1)

Essa ovviamente ha la soluzione y = x e per il principio di sovrapposizione

ammette il gruppo delle trasformazioni con l’operatore infinitesimale X1 = x∂

∂y. Inoltre l’equazione (2.1) a causa della omogeneita ammette la dilatazione in y

cioe il gruppo con l’operatore X2 = y∂

∂y. Cosı per l’equazione (2.1) conosciamo

almeno due operatori ammissibili (degli otto che si hanno per il Teorema 1.6):

X1 = x∂

∂y, X2 = y

∂y. (2.2)

Dalla formula (1.40′) troviamo il loro commutatore

[X1, X2] = X1. (2.3)

19

[ 2.1] 20

Quindi lo spazio vettoriale con la base (2.2) e un’algebra bidimensionale L2.Dal §1.4 sappiamo che con l’aiuto di un operatore ammissibile (oppure di

un’algebra unidimensionale il che e la stessa cosa) si puo abbassare di una voltal’ordine dell’equazione del secondo ordine. E normale percio attendersi che inpresenza di un’algebra bidimensionale l’ordine possa essere abbassato di dueunita il che significa integrare l’equazione. Avendo presente cio, applichiamo ilprimo metodo per abbassare l’ordine esposto nel §1.4 e facciamo il cambiamentodi variabili

t = x, u = y/x,

che porta alla traslazione del gruppo ad un parametro con l’operatore X1. Dopoquesto cambiamento gli operatori (2.2) si trasformano in

X1 =∂

∂u, X2 = u

∂u, (2.2′)

e l’equazione (2.1) assume l’aspetto

tu′′ + (t + 2)u′ = 0. (2.1′)

L’equazione (2.1′) e facilmente integrabile

du′

u′= −

(1 +

2t

)dt, u′ = C1t

−2e−t,

u = C2 + C1

∫t−2e−tdt.

Tornando alle vecchie variabili si ottiene il seguente integrale generale dell’e-quazione (2.1):

y = C2x + C1x

∫x−2e−xdx. (2.4)

L’operatore X2 evidentemente non e stato usato nel metodo di integrazionesu esposto. Per chiarire il ruolo di tale operatore e continuare come si deve nelsuccessivo abbassamento dell’ordine con l’aiuto di ognuno degli operatori (2.2)useremo ora il secondo dei metodi (invarianti) per l’abbassamento dell’ordinedescritto alla fine del §1.4. Avendo scritto il primo prolungamento dell’operatoreX1

X11

= x∂

∂y+

∂y′

[ 2.1] 21

troviamo i suoi invarianti u = x, v = y′ − y/x. Per il Teorema 1.5 si hal’invariante differenziale del secondo ordine

dv

du= y′′ − y′

x+

y

x2= y′′ − v

u,

da cui y′′ =dv

du+

v

u. Esprimendo il lato sinistro di (2.1) nelle variabili u, v, si

ottiene la seguente equazione del primo ordine (1.29):

dv

du+

(1 +

1u

)v = 0. (2.5)

Ora troveremo come agisce l’operatore X2 nel piano (u, v). Per questo lo pro-lunghiamo fino a y′ e per la formula (1.13) passiamo alle variabili u, v:

X21

= y∂

∂y+ y′

∂y′7→ Y = X2

1(u)

∂u+ X2

1(v)

dv.

Poiche

X21

(u) ≡ X21

(x) = 0, X21

(v) ≡ X21

(y′ − y/x) = y′ − y/x = v,

allora vediamo che si ottiene l’operatore di dilatazione Y = v∂

∂vil quale e

ammesso dall’equazione (2.5). Cosı l’operatore X1 ha permesso l’abbassamentodell’ordine dell’equazione (2.1) e di portarla nella forma (2.5) mentre l’operatoreX2 garantisce la possibilita dell’ulteriore integrazione dell’equazione del primoordine (2.5). La costruzione della soluzione dell’equazione iniziale si ottienescambiando l’ordine: all’inizio si trova la soluzione dell’equazione (2.5)

v = C1u−1e−u,

che, con la sostituzione del valore v = y′ − y/x, si riscrive nella forma diun’equazione lineare non omogenea del primo ordine

y′ = y/x + C1x−1e−x;

essa facilmente si integra e da la formula (2.4).Sopra abbiamo iniziato l’abbassamento dell’ordine con l’aiuto del primo

degli operatori (2.2). Questa scelta e completamente casuale. Vediamo ora se

[ 2.1] 22

cambiera qualcosa nel caso che iniziamo dall’operatore X2. Esso coincide conl’operatore (1.28) del quale, alla fine del §1.4, sono stati trovati gli invariantidifferenziali

u = x, v = y′/y, dv/du = y′′/y − y′2/y2.

Con il loro aiuto l’equazione (2.1) si riscrive come

dv

du+ v2 + v − 1

u= 0. (2.6)

A differenza di (2.5), questa equazione di Riccati non sembra in una formaimmediatamente integrabile. Vediamo se l’operatore X1 finora non utilizzato ciporta ad una sostituzione piu semplice. Percio dobbiamo trovare la sua azionenel piano (u, v). Abbiamo:

X11

= x∂

∂y+

∂y′7→ Y = (

1y− xy′

y2)

∂v=

1y(1− uv)

∂v.

Poiche y = exp(∫

vdx), allora l’operatore cosı ottenuto puo scriversi nella forma

Y = exp(−∫

v du)(1− uv)∂

∂v. (2.7)

Questo non e l’operatore del gruppo di trasformazione puntuali visto che con-tiene l’integrale non considerato nella formula (1.7). Cio non di meno essosoddisfa l’equazione determinante (1.43) scritta per l’equazione (2.6). Effet-tivamente prolungando l’operatore (2.7) fino alla derivata v′ = dv/du dellaformula (1.17′) si ha

Y1

= exp(−∫

vdu)[(1− uv)∂

∂v+ (uv2 − 2v − uv′)

∂v′],

cioe

Y1

(v′ + v2 + v − 1/u)∣∣∣(2.6)

= −u(v′ + v2 + v − 1/u)∣∣∣(2.6)

= 0.

Per esprimere questi due fatti (la dipendenza dell’operatore dall’integrale e ilsoddisfacimento dell’equazione determinante) diremo che (2.7) e l’operatoredelle simmetrie non locali per l’equazione (2.6). Se ci sforziamo di trovarela sostituzione piu semplice che porta (2.7) nell’operatore di traslazione inconformita col §1.4, allora diventa chiaro che l’idea iniziale dell’abbassamentodell’ordine nell’equazione (2.1) con l’aiuto dell’operatore X2 e inutile. Perche?

[ 2.2] 23

Per orientarsi nella nuova situazione e formulare l’algoritmo generale di inte-grazione con l’aiuto del gruppo noto ci servono alcune informazioni sulla strut-tura dell’algebra di Lie.

2.2 Algebra di Lie risolvibile

Sia Lr un’algebra di Lie di dimensione finita r e sia N un sottospazio linearedi Lr.

Definizione 2.1. Il sottospazio N e una sottoalgebra se [X, Y ] ∈ N perogni X,Y ∈ N (cioe questo sottospazio e esso stesso un’algebra di Lie) e ilsottospazio N si dice un ideale dell’algebra Lr se [X,Y ] ∈ N per tutti gliX ∈ N e tutti gli Y ∈ Lr.

Se N e un ideale allora nell’algebra Lr si introduce il rapporto di equiva-lenza: gli operatori X e Y di Lr sono equivalenti se Y − X ∈ N . L’insiemedi tutti gli operatori equivalenti ad un dato operatore X si chiama la classeresidua rappresentata dall’operatore X; ogni elemento di questa classe residuapuo essere messo nella forma Y = X + Z per qualche Z ∈ N . L’insieme ditutte le classi residue, forma un’algebra di Lie che si chiama l’algebra quozientedell’algebra Lr per l’ideale N e si indica con Lr/N . Come elementi di questaalgebra quoziente si possono prendere i rappresentanti delle corrispondenti classiresidue.

Se consideriamo tutte le strutture nell’ambito dei numeri complessi alloravale il seguente

Teorema 2.1. Da qualunque algebra Lr (r > 2) si puo estrarre una sot-toalgebra bidimensionale. Ancora meglio, qualunque operatore X ∈ Lr puoessere inserito in una sottoalgebra bidimensionale.

Dimostrazione. E sufficiente dimostrare che per qualunque X ∈ Lr sipuo trovare un operatore Y ∈ Lr che sia con esso linearmente indipendente inmaniera tale che

[X, Y ] = aX + bY. (2.8)

La dimostrazione procede con l’esempio dell’algebra L3 avente la base

X1 = (1 + x2)∂

∂x+ xy

∂y,

[ 2.2] 24

X2 = xy∂

∂x+ (1 + y2)

∂y; X3 = y

∂x− x

∂y. (2.9)

Le relazioni di commutazione (1.42) per l’operatore (2.9) hanno la forma

[X1, X2] = X3, [X2, X3] = X1, [X3, X1] = X2. (2.10)

Sia X = X1. Cercheremo l’operatore Y = αX2 + βX3. La condizione (2.8) acausa della uguaglianza (2.10) si scrive come

αX3 − βX2 = aX1 + bαX2 + bβX3.

Da qui segue che a = 0, e i coefficienti b, α, β devono soddisfare il sistema diequazioni algebriche

bα + β = 0, −α + bβ = 0.

Questo sistema ha soluzione non nulla (α, β) se soltanto il suo determinante euguale a zero ∣∣∣∣

b 1−1 b

∣∣∣∣ ≡ b2 + 1 = 0.

Percio b = ±i; prendiamo per esempio b = −i allora abbiamo β = iα. Diconseguenza il sottospazio sviluppato dagli operatori

X = X1, Y = X2 + iX3,

forma una sottoalgebra bidimensionale L2 ⊂ L3, dove [X, Y ] = −iY .Definizione 2.2. L’algebra Lr si dice risolvibile se esiste una successione

Lr ⊃ Lr−1 ⊃ . . . ⊃ L1 (2.11)

di sottoalgebre di dimensione r, r − 1, . . . , 1, rispettivamente, per le quali ognisottoalgebra Ls−1 e un ideale di Ls(s = 2, . . . , r).

Il criterio valido per la solvibilita si formula in termini dell’algebra derivata.Definizione 2.3. Siano X1, . . . , Xr una base dell’algebra Lr. Il sottospazio

sviluppato dal commutatore [Xµ, Xν ] di tutte le possibili coppie degli operatoridella base, forma un ideale che si indica con L

(1)r e si chiama l’algebra derivata.

L’algebra derivata di ordine superiore si determina con la relazione di ricorrenzaL

(n+1)r = (L(n)

r )1, n = 1, 2, . . .

[ 2.3] 25

Teorema 2.2. L’algebra Lr e risolvibile se e soltanto se la sua algebraderivata di un certo ordine si annulla: L

(n)r = 0 per un qualche n > 0.

Corollario. Ogni algebra bidimensionale e risolvibile.Come esercizio utile al lettore si suggerisce di dimostrare questo semplice

corollario, nonche la non solvibilita dell’algebra L3 con la base (2.9).Nel caso dell’algebra bidimensionale L2 per costruire la successione (2.11)

bisogna scegliere una base X1, X2 tale che soddisfi l’ugualianza [X1, X2] = αX1.

Allora l’algebra unidimensionale L1 sviluppata da X1 forma un ideale in L2, el’algebra quoziente L2/L1 puo identificarsi con l’algebra unidimensionale svilup-pata da X2.

Ora si puo formulare una risposta alla domanda posta alla fine del §2.1.Come si vede dall’uguaglianza (2.3), l’operatore X1 genera l’ideale L1 nell’alge-bra L2 con la base (2.2). Dopo l’abbassamento dell’ordine dell’equazione (2.1)con l’aiuto di questo ideale L1, abbiamo ottenuto un’equazione del primo ordine(2.5) che ammette l’algebra quoziente L2/L1 (che si identifica con l’algebraunidimensionale sviluppata da X2) con la reale determinazione della sua azionesul piano (u, v). Pero quando abbiamo usato per l’abbassamento dell’ordineuna sottoalgebra unidimensionale con la base X2 che non e un ideale alloraabbiamo perso la simmetria aggiuntiva. Sforzandoci di crearla siamo giunti allanecessita di ampliare il concetto di simmetria introducendo l’operatore dellesimmetrie non locali (2.7). Cosı se vogliamo considerare solamente simmetriepuntuali per l’abbassamento dell’ordine bisogna utilizzare un ideale, cosı comeha fatto Lie. Una dettagliata descrizione di questo problema si trova nel libro[9] (Teorema 2.60, 2.61 e 2.64).

Dal Teorema 2.1 e dal Corollario del Teorema 2.2 e chiaro perche nel pro-blema dell’integrazione dell’equazione del secondo ordine sono basilari le alge-bre bidimensionali (oppure, che e la stessa cosa, i gruppi a due parametri).E inoltre chiaro che, per integrare un’equazione di ordine n > 2 col metododell’abbassamento successivo dell’ordine, bisogna che l’equazione ammetta un’al-gebra risolvibile n-dimensionale. Ma qui ci limiteremo alle equazioni del secondoordine.

[ 2.3] 26

2.3 Integrazione per quadrature con l’ausilio di un’al-gebra bidimensionale

Consideriamo lo schema generale di Lie [5] per l’integrazione delle equazioni delsecondo ordine che ammettono un’algebra bidimensionale. Per il Teorema 2.1qui includiamo anche le equazioni che ammettono algebre di dimensione superio-re (il metodo speciale di integrazione con l’aiuto di un’algebra tridimensionale,che qui non consideriamo, e esposto in [5]).

Inizialmente analizziamo le proprieta strutturali dell’algebra di Lie bidimen-sionale L2. Una delle proprieta, cioe la solvibilita di ogni algebra bidimension-ale, e gia stata analizzata nel corollario del Teorema 2.2. E evidente, che questaproprieta non dipende dalla scelta della base in L2 ed e invariante rispetto alcambiamento di variabili nel piano (x, y). Ora consideriamo altre due proprietadi invarianza, che stanno alla base della suddivisione delle algebre bidimension-ali di Lie in quattro tipi e che, in conclusione, portano ad un metodo semplice diintegrazione. Queste due proprieta sono collegate alla legge di trasformazionedel commutatore

[X1, X2] = (X1(ξ2)−X2(ξ1))∂

∂x− (X1(η2)−X2(η1))

∂y(1.40′)

degli operatori

X1 = ξ1∂

∂x+ η1

∂y, X2 = ξ2

∂x+ η2

∂y(2.12)

e al loro prodotto pseudoscalare (o obliquo)

X1 ∨X2 = ξ1η2 − η1ξ2 (2.13)

per un cambiamento di variabili non singolare

t = t(x, y), u = u(x, y);∂(t, u)∂(x, y)

≡ txuy − tyux 6= 0 (2.14)

e la trasformazione della base in L2

X ′1 = α1X1 + α2X2, X ′

2 = β1X1 + β2X2; (2.15)

[ 2.3] 27

∆ ≡ α1β2 − α2β1 6= 0.

Per il cambiamento di variabili (2.14) gli operatori (2.12) si trasformano con laformula (1.13) e diventano gli operatori

Xµ =(ξµ

∂t

∂x+ ηµ

∂t

∂y

) ∂

∂t+ (ξµ

∂u

∂x+ ηµ

∂u

∂y)

∂u, µ = 1, 2. (2.16)

Lemma 2.1. Il commutatore degli operatori della base (2.12) dell’algebraL2, attraverso la conversione nella nuova base (2.15), si trasforma secondo laformula

[X ′1X

′2] = ∆[X1, X2], (2.17)

e per mezzo del cambiamento di variabili (2.14) si trasforma in modo covariante

[X1, X2] = [X1, X2].

Dimostrazione. La formula (2.17) e una semplice conseguenza delle pro-prieta di bilinearita e antisimmetria dei commutatori

[X ′1, X

′2] = α1β2[X1, X2] + α2β1[X2, X1] = (α1β2 − α2β1)[X1, X2].

Per la covarianza dei commutatori si rimanda il lettore o a dedurselo da solocon l’aiuto di (2.16), oppure a guardare nel §7.9 del libro [8].

Corollario. In ogni algebra bidimensionale di Lie, si puo scegliere unabase X1, X2 tale da soddisfare una delle due relazioni commutative

[X1, X2] = 0 o [X1, X2] = X1, (2.18)

cosı che ognuna di queste relazioni e invariante rispetto al cambiamento divariabili (2.14).

In effetti sia la base iniziale (2.12) data da

[X1, X2] = α1X1 + α2X2. (2.19)

Se α1 = α2 = 0, allora abbiamo il primo caso in (2.18), cosı che l’uguaglianza[X1, X2] = 0 si conserva per ogni cambiamento di variabili (2.14) e (2.15) invirtu del Lemma; una tale algebra si chiama commutativa o abeliana. Se in-vece nella (2.19) anche uno solo dei coefficienti α1, α2, e diverso da zero allora

[ 2.3] 28

facciamo la trasformazione (2.15) scegliendo i coefficienti α1, α2 in (2.19) e i coef-ficienti β1, β2 tramite la condizione α1β2 − α2β1 = 1 (per esempio per α2 6= 0possiamo prendere β1 = −1/α2, β2 = 0); cosı otteniamo la seconda relazionecommutativa in (2.18). L’invarianza delle relazioni (2.18) si deduce grazie allacovarianza dei commutatori.

Lemma 2.2. Il prodotto obliquo (2.13) degli operatori X1, X2 si trasformaper il cambiamento di variabili (2.14) e (2.15) secondo la formula

X1 ∨ X2 =∂(t, u)∂(x, y)

(X1 ∨X2), (2.20)

X ′1 ∨X ′

2 = ∆(X1 ∨X2). (2.21)

Dimostrazione. Il calcolo del prodotto obliquo (2.13) degli operatori (2.16)da la formula (2.20):

X1 ∨ X2 = (ξ1tx + η1ty)(ξ2ux + η2uy)− (ξ1ux + η1uy)(ξ2tx + η2ty) =

= ∂(t, u)/∂(x, y)(X1 ∨X2).

La formula (2.21) si dimostra analogamente alla formula (2.17). E proprionotando che il prodotto obliquo (2.13) e antisimmetrico (X2∨X1 = −X1∨X2),che si ha dalla (2.15)

X ′1 ∨X ′

2 = α1β2X1 ∨X2 + α2β1X2 ∨X1 = (α1β2 − α2β1)(X1 ∨X2).

Corollario. L’equazione

X1 ∨X2 = 0 (2.22)

e invariante rispetto alle trasformazioni (2.14) e (2.15).Osservazione. L’equazione (2.22) si presenta come una condizione necessaria

e sufficiente per l’esistenza di funzioni φ1(x, y) 6= 0 e φ2(x, y) 6= 0, per le qualisi ottiene, identicamente in x, y, l’ugualianza

φ1X1 + φ2X2 = 0. (2.22′)

Percio gli operatori X1, X2, che soddisfano l’equazione (2.22) si dicono linear-mente dipendenti. Lie [5] usa questa condizione nella forma dell’uguaglianza(2.22).

[ 2.3] 29

I Lemmi dimostrati portano al seguente risultato, che suddivide tutte lealgebre di Lie bidimensionali in quattro tipi basilari.

Teorema 2.3. Ogni algebra di Lie bidimensionale, per una scelta appro-priata della base X1, X2, conduce ad uno dei quattro tipi diversi determinatidalle seguenti relazioni strutturali canoniche:

I. [X1, X2] = 0, X1 ∨X2 6= 0,II. [X1, X2] = 0, X1 ∨X2 = 0,III. [X1, X2] = X1, X1 ∨X2 6= 0,IV. [X1, X2] = X1, X1 ∨X2 = 0.

Queste relazioni strutturali sono invarianti rispetto alle trasformazioni (2.14),(2.16). Utilizzando le trasformazioni strutturali invarianti I–IV rispetto al cam-biamento di variabili x, y si puo semplificare, per l’opportuna trasformazione, laforma degli operatori della base dell’algebra L2 di ciascuno dei tipi sovraespostied arrivare al seguente risultato.

Teorema 2.4. La base dell’algebra L2, con l’appropriato cambiamento divariabili (2.14), puo essere portata ad una delle seguenti forme:

I. X1 =∂

∂x, X2 =

∂y,

II. X1 =∂

∂y, X2 = x

∂y,

III. X1 =∂

∂y, X2 = x

∂x+ y

∂y,

IV. X1 =∂

∂y, X2 = y

∂y.

Le corrispondenti variabili x, y si chiamano variabili canoniche.Dimostrazione. Supponiamo che l’algebra bidimensionale considerata ap-

partenga al primo tipo del Teorema 2.3. Poiche per il Teorema 1.4 ogni ope-ratore infinitesimo puo essere trasformato nell’operatore di traslazione, am-metteremo che il primo degli operatori della base dell’algebra L2 abbia la

forma X1 =∂

∂x. Allora per il secondo operatore della base X2 = ξ

∂x+ η

∂y

dalla ugualianza [X1, X2] = 0 si ottiene [X1, X2] ≡ ξx∂

∂x+ ηx

∂y= 0, cioe

[ 2.3] 30

ξx = ηx = 0. E cosı

X1 =∂

∂x, X2 = ξ(y)

∂x+ η(y)

∂y. (2.23)

Il prodotto obliquo di questi operatori e uguale a X1 ∨ X2 = η, percio lacondizione X1 ∨ X2 6= 0 da η(y) 6= 0. Ora troviamo la trasformazione ge-nerale (2.14) che conserva la forma dell’operatore X1; per la formula (2.16)

X1 = tx∂

∂t+ ux

∂u, e dalla condizione X1 =

∂tabbiamo tx = 1, ux = 0. Di

conseguenza l’operatore di traslazione X1 =∂

∂xsi trasforma nell’operatore di

traslazione X1 =∂

∂ttramite il cambiamento di forma

t = x + f(y), u = g(y). (2.24)

In questo caso l’operatore X2 si trasforma in

X2 = (ξ + ηf ′)∂

∂t+ ηg′

∂u

e assume la forma X2 =∂

∂u, se le funzioni f e g nella (2.24) vengono determinate

per mezzo delle equazioni η(y)f ′ + ξ(y) = 0, η(y)g′ = 1. Da cui si ha f(y) =

−∫

ξ(y)η(y)

dy , g(y) =∫

dy

η(y). E cosı dopo il cambiamento

t = x−∫

ξ(y)η(y)

dy, u =∫

dy

η(y)(2.25)

gli operatori (2.23) si trasformano in X1 =∂

∂t, X2 =

∂u. Con questo si conclude

la dimostrazione nel caso del Tipo I.Se consideriamo il Tipo II, scegliamo le variabili iniziali in maniera tale che

il primo operatore della base abbia la forma X1 =∂

∂y. Risolvendo le equazioni

[X1, X2] = 0 e X1 ∨X2 = 0 arriviamo invece che alla (2.23) agli operatori

X1 =∂

∂y, X2 = η(x)

∂y. (2.26)

Dalla (2.24) scambiando le variabili dipendenti con quelle indipendenti si ot-tiene la forma generale del cambiamento di variabili che conserva il primo deglioperatori (2.26):

t = f(x), u = y + g(x). (2.24′)

[ 2.3] 31

Prendendo qui f = η(x), g = 0, si ottiene la trasformazione

t = η(x), u = y, (2.27)

che converte gli operatori (2.26) negli operatori X1 =∂

∂u, X2 = t

∂u. Con cio

la proposizione del Teorema e dimostrata anche per il Tipo II.Per i due Tipi rimanenti, la dimostrazione si ottiene in maniera analoga.

L’analisi dettagliata dei calcoli necessari possono trovarsi in [5]. Per il restoe importante sottolineare che per la dimostrazione del Teorema 2.4 si usa ilcambiamento di variabili espresso attraverso gli operatori iniziali o in manieraovvia (esempio in (2.27)) oppure con l’aiuto di una quadratura (esempio in(2.25)).

Troviamo ora tutte le equazioni differenziali ordinarie del secondo ordineche ammettono un’algebra di Lie bidimensionale dei quattro Tipi citati e inte-griamole.

Tipo I. Per la costruzione di tutte l’equazioni del secondo ordine che am-

mettono un’algebra L2 con la base X1 =∂

∂x,X2 =

∂y, bisogna trovare la base

degli invarianti differenziali del secondo ordine di questi due operatori. Nelcaso dato il prolungamento di questi operatori coincide con loro stessi, perciogli invarianti differenziali ricercati sono y′ ed y′′. Di conseguenza l’equazionegenerale del secondo ordine che ammette l’algebra L2 del primo tipo ha la forma

y′′ = f(y′) (2.28)

Essa si integra per quadrature∫

dy′

f(y′)= x + C1, ovvero in modo evidente

y′ = φ(x + C1), da cui

y =∫

φ(x + C1)d(x + C1) + C2.

Tipo II. Gli invarianti differenziali del secondo ordine per l’operatore X1 =∂

∂yhanno la forma I(x, y′, y′′). Scriviamo il secondo prolungamento dell’opera-

tore X2 = x∂

∂y, indicandolo ancora X2, nella forma X2 = x

∂y+

∂y′. Dalla

equazione X2I = 0 per la determinazione degli invarianti abbiamo ∂I/∂y′ = 0.

[ 2.3] 32

Di conseguenza l’invariante generale del secondo ordine per gli operatori X1 eX2 ha la forma I(x, y′′). Questo significa che la base degli invarianti differenzialidell’algebra L2 di Tipo II sono x e y′′, e l’equazione differenziale invariante hala forma

y′′ = f(x). (2.29)

La sua soluzione si ottiene con due quadrature:

y =∫ (∫

f(x)dx)dx + C1x + C2.

Tipo III. Facendo il confronto con il precedente caso cambia soltanto ilsecondo operatore della base dell’algebra che, dopo il prolungamento, e uguale

a X2 = x∂

∂x+y

∂y−y′′

∂y′′. Percio, considerando quanto detto sopra, troviamo

gli invarianti I1 = y′, I2 = xy′′ e la corrispondente equazione invariante

y′′ =1x

f(y′). (2.30)

Anche essa si risolve con due quadrature∫

dy′

f(y′)= lnx + C1, ovvero in modo

evidente y′ = φ(ln x + C1), da cui

y =∫

φ(lnx + C1)dx + C2.

Tipo IV. Qui il secondo degli operatori della base dopo il prolungamento

ha la forma X2 = y∂

∂y+ y′

∂y′+ y′′

∂y′′. Facilmente si trovano gli invarianti

I1 = x, I2 = y′′/y′ e l’equazione invariante

y′′ = f(x)y′ (2.31)

con la soluzione generale

y = C1

∫exp(

∫f(x)dx)dx + C2.

I risultati dei Teoremi 2.3 e 2.4 insieme con le corrispondenti equazioniinvarianti sono riportati in Tabella 4.

Riassumendo quanto esposto in questo paragrafo, abbiamo ottenuto l’algo-ritmo universale di Lie per l’integrazione delle equazioni differenziali ordinarie

[ 2.4] 33

del secondo ordine che ammettono un’algebra Lr di dimensione r ≥ 2. Perfacilitarne l’uso, questo algoritmo e espresso nella forma della Tabella 6. Eimportante sottolineare che quando l’algebra ammessa e gia nota le operazionisuccessive dell’algoritmo si ottengono solo utilizzando trasformazioni algebricheo quadrature (vedi la dimostrazione del Teorema 2.4).

2.4 Esempio di realizzazione dell’algoritmo

Applichiamo l’algoritmo gruppale all’equazione

y′′ =y′

y2− 1

xy. (2.32)

Per costruire l’algebra ammessa si utilizza lo stesso metodo di calcolo che e statoapplicato nel §1.5 per trovare gli operatori ammessi dall’equazione (1.34). Percioalcuni dettagli saranno tralasciati. Cosı passiamo alla realizzazione seguentedell’algoritmo della Tabella 6.

1 – trovare l’algebra ammessa Lr. Sostituiamo nella equazione (1.33) la partedestra di (2.32) f = y′/y2 − 1/(xy) ed uguagliamo a zero i coefficientidei diversi gradi in y′. Allora l’equazione determinante si trasforma nelleseguenti quattro equazioni:

(y′)3 : ξyy = 0;(y′)2 : y2(ηyy − 2ξxy)− 2ξy = 0;(y′)1 : y3(2ηxy − ξxx)− yξx + 2η + 3y2ξy/x = 0;(y′)0: x2y2ηxx − x2ηx + xy(2ξx − ηy)− xη − yξ = 0.

Nelle prime due equazioni se integriamo rispetto ad y otteniamo

ξ = p(x)y + a(x),

η = −p(x) ln y2 + p′(x)y2 + q(x)y + b(x).

Ora queste espressioni dobbiamo sostituirle nella terza e nella quartaequazione. Dopodiche il lato sinistro conterra oltre a termini nei diversigradi di y, anche termini in ln y2; uguagliando a zero questi ultimi ter-mini otteniamo p = 0. Di conseguenza ξ = a(x), η = q(x)y + b(x). Dopo

[ 2.4] 34

aver sostituito queste espressioni di ξ e η nella terza e quarta equazione,facilmente si risolve e si ottiene

ξ = C1x2 + C2x, η = (C1x +

12C2)y.

Ponendo in questa soluzione generale della equazione determinante primaC1 = 1, C2 = 0 e poi C1 = 0, C2 = 1, otteniamo gli operatori

X1 = x2 ∂

∂x+ xy

∂y, X2 = x

∂x+

y

2∂

∂y. (2.33)

Cosı l’equazione (2.32) ammette l’algebra L2 con la base (2.33). In accordocon la Tabella 6 si puo passare subito al terzo passo.

3 – specificare il tipo di algebra L2. Dalle formule (1.40′) e (2.13) troviamo

[X1, X2] = −X1, X1 ∨X2 = −12x2y 6= 0.

Di conseguenza, l’algebra L2 appartiene al Tipo III della Tabella 4; affinchela corrispondenza sia soddisfatta dobbiamo cambiare segno all’operatoreX2 e allora la base

X1 = x2 ∂

∂x+ xy

∂y, X2 = −x

∂x− y

2∂

∂y(2.33′)

soddisfera pienamente alla struttura del Tipo III della Tabella 4.

4 – trovare il cambiamento di variabili che permette l’integrazione. Qui X1

e l’operatore del gruppo delle trasformazioni proiettive della Tabella 1.Percio utilizziamo la sostituzione indicata che porta alla traslazione (scam-biando t, u):

t =y

x, u = −1

x. (2.34)

Dopo questa sostituzione gli operatori (2.33′) assumono la forma

X1 =∂

∂u, X2 =

12t∂

∂t+ u

∂u; (2.33′′)

la differenza con i corrispondenti operatori del Tipo III della Tabella 4(la costante moltiplicativa 1/2 in X2) non gioca un ruolo determinante.Dalla formula (1.15) abbiamo

u′ ≡ du

dt=

Du

Dt=

1/x2

(xy′ − y)/x2=

1xy′ − y

,

[ 2.5] 35

da cui y′ =1

xu′+

y

x, oppure utilizzando (2.34)

y′ = − u

u′+ t. (2.35)

In questo modo si escludono le seguenti soluzioni dell’equazione (2.32):

y = Cx. (2.36)

Con l’aiuto della formula (1.16) otteniamo analogamente la trasformazionedella derivata seconda:

y′′ = (u

u′)3u′′. (2.37)

Dopo aver sostituito le espressioni (2.35) e (2.37), l’equazione (2.32) siscrive nella forma

u′′

u′2+

1t2

= 0 . (2.32′)

Da qui dopo aver integrato una volta abbiamo

u′ =t

C1t− 1

Se assumiamo C1 = 0, allora

u = − t2

2+ C, (2.38)

e se assumiamo C1 6= 0 allora

u =t

C1+

1C2

1

ln |C1t− 1|+ C2 (2.39)

5 – ottenere la soluzione nelle variabili iniziali. Dopo la sostituzione nella for-mula (2.38) del significato (2.34) delle variabili t, u otteniamo la seguentesoluzione dell’equazione (2.32):

y = ±√

2x + Cx2. (2.40)

L’analoga sostituzione nella formula (2.39) da la soluzione dell’equazione(2.32) nella forma implicita

C1y + C2x + x ln |C1y

x− 1|+ C2

1 = 0. (2.41)

Riassumendo, se l’equazione differenziale ordinaria non riesce a essere risoltatramite il metodo del “si-vede-ad-occhio” allora . . . cherchez le groupe.

[ 2.5] 36

2.5 Esempio di equazioni che non ammettono alcungruppo, ma sono integrabili per quadratura

Consideriamo l’equazione del secondo ordine1

[y′ − (x + x2)ey]′ = 0. (2.42)

Questa equazione si scrive nella forma (1.32) con il lato destro f = [(x+x2)y′+(1+2x)]ey. Sostituendo questo valore nella data equazione (1.33) e rispettandoquasi letteralmente le argomentazioni date al §1.5 per il calcolo dell’algebraammessa dall’equazione (1.34), otteniamo ξ = 0, η = 0. Questo significa chel’equazione (2.42) non ammette alcun gruppo di trasformazioni puntuali.

Ora risolviamo l’equazione (2.42). Dopo aver integrato una volta otteniamol’equazione

y′ = (x + x2)ey + C1, (2.43)

che si linearizza con la trasformazione

z = e−y (2.44)

e assume la formaz′ + C1z + x + x2 = 0. (2.43′)

Da cuiz = e−C1x[C2 −

∫(x + x2)eC1xdx]

e la soluzione dell’equazione (2.42) si ottiene per quadrature

y = C1x− ln |C2 −∫

(x + x2)eC1xdx|. (2.45)

Osservazione. L’equazione (2.42) come equazione differenziale ordinaria delsecondo ordine ammette un gruppo infinito di trasformazioni di contatto. Cosısi chiamano i gruppi le cui coordinate ξ, η dell’operatore infinitesimale (1.7)dipendono dalle variabili x, y, y′, non in modo arbitrario ma in maniera tale cheil prolungamento (1.17) si ottenga con la coordinata addizionale ζ1, che dipende

1Questo esempio e stato proposto dallo studente Tamarkin dell’Istituto di Fisica Tecnicadi Mosca.

[ 2.5] 37

unicamente da x, y, y′ (ma non da y′′). Purtroppo l’equazione determinante(1.33) non da un metodo effettivo per il calcolo del gruppo delle trasformazionidi contatto che sono ammesse dalle equazioni del secondo ordine; si ha completaanalogia con il calcolo del gruppo delle trasformazioni puntuali per le equazionidel primo ordine (confrontare la fine del §1.5). Questo non esclude pero lapossibilita di usare metodi speciali che utilizzano trasformazioni non puntuali.Da questo punto di vista e interessante il metodo applicato da Zaitsev2 chepermette di integrare un grande numero di equazioni che non ammettono unnumero sufficiente di operatori per il gruppo delle trasformazioni puntuali.

Una di queste equazioni e l’equazione del secondo ordine:

u +13tu−5/3 = 0 (u ≡ du

dt), (2.46)

che ammette soltanto un gruppo ad un parametro di trasformazioni puntualicon l’operatore

X1 = 8t∂

∂t+ 9u

∂u. (2.47)

Ma questa equazione ammette anche un operatore (non puntuale)

X2 = (u2 − tu−2/3)∂

∂t− 3

2u1/3 ∂

∂u+

12u−2/3u

∂u, (2.48)

soddisfacente le condizioni di contatto (cioe la formula del prolungamento (1.17))per le soluzioni dell’equazione (2.46). Gli operatori (2.47) e (2.48) formanoun’algebra di Lie [X1, X2] = −6X2. Questa algebra bidimensionale permettel’integrazione dell’equazione (2.46) con il metodo su indicato di conversionetramite le variabili canoniche (fatelo). Ma da dove viene l’operatore (2.48)?L’equazione (2.46) e legata all’equazione

y′′ +32x−5/2y−1/2 = 0 (2.46′)

tramite la trasformazione

x = u−2/3, y = u2, y′ = t; (2.49)2Zaitsev V.F. Sull’analisi del gruppo discreto delle equazioni differenziali ordinarie // DAN

SSR-1988-Vol. 299-N. 3.

[ 2.5] 38

essa e una trasformazione di contatto per le soluzioni dell’equazione (2.46),mentre la trasformazione inversa

t = y′, u = x−3/2, u = y1/2. (2.50)

lo e per le soluzioni delle equazioni (2.46′). Queste ed altre simili trasformazioninon puntuali possono essere determinate con il metodo del gruppo discreto diZaitsev. Rimane da osservare che l’equazione (2.46′) ammette l’algebra L2 conla base

X1 = 3x∂

∂x− y

∂y, X2 = x2 ∂

∂x+ xy

∂y,

e da trascrivere questo operatore (dopo il prolungamento ad y′) nelle variabili(2.49′).

Esercizio. Pensate alla interpretazione gruppale della risoluzione per quadra-ture dell’equazione (2.42) nel caso delle simmetrie non puntuali.

Bibliografia

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39