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Elaborato nell’ambito del progetto “Dieta mediterranea ed Expo 2015”

Coordinamento del progetto a cura del:

Segretario generale – Dott. Guido Barcellona

Redazione a cura di:

Dott.ssa Isabella Giglia

Dott.ssa Stefania Guttilla

Dott.ssa Cristina F. A. Occhipinti

Dott. Giuseppe Sorce - Supervisione

Tabelle Nutrizionali a cura del:

Dottor Guglielmo Vassallo

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INDICE GENERALE

1. INTRODUZIONE AL PROGETTO DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI CALTANISSETTA

2. CONNOTAZIONE TERRITORIALE DELLA DIETA MEDITERRANEA

3. GLI ALIMENTI CHIAVE DELLA DIETA MEDITERRANEA

4. I MARCHI DI QUALITÀ E LE RICCHEZZE DEL TERRITORIO NISSENO

5. RICETTARIO DELLA TRADIZIONE NISSENA

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INTRODUZIONE AL PROGETTO DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI

CALTANISSETTA

Valorizzare le produzioni tipiche del territorio e promuovere la formazione dei giovani sono

punti chiave della mission che La Camera di Commercio di Caltanissetta, Ente Pubblico Provinciale Autonomo ed Elettivo, sta portando avanti con una serie di iniziative concrete.

Tra queste, alcune ruotano attorno al modello della Dieta Mediterranea, divenuto a

seguito di rinomati studi scientifici, un pilastro dei programmi e delle politiche di sanità pubblica in molti Paesi.

Consacrata patrimonio Unesco nel 2010, essa rappresenta inoltre una grande opportunità di valorizzazione del brand Made in Sicily e dei prodotti del territorio nisseno.

Gli elementi cardine dell’alimentazione mediterranea sono cereali, ortaggi, legumi, pesce,

olio extra vergine d’oliva e frutta, il tutto accompagnato da un morigerato consumo di vino. Le aziende del territorio si diversificano nella produzione e lavorazione delle eccellenti

materie prime locali come le uve, i legumi, gli ortaggi, le olive, i cereali antichi e il latte ovino, vaccino e caprino.

Con questa pubblicazione, realizzata in partnership con alcuni Istituti superiori del territorio

nisseno, si intende fornire una guida delle ricette della tradizione, i cui elementi di base sono costituiti dai prodotti delle eccellenze produttive locali.

Come sappiamo nel 2015 l’Italia ospiterà il più grande evento sulla nutrizione mai

organizzato: Expo 2015. La Camera di Commercio di Caltanissetta, in collaborazione con tutti gli attori del sistema produttivo e della società civile, sta preparando il terreno per cogliere tutte le opportunità di sviluppo che partiranno da Milano e si propagheranno nei territori del Paese.

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CONNOTAZIONE TERRITORIALE DELLA DIETA MEDITERRANEA

La parola "dieta" oggi è spesso usata impropriamente: essa deriva dal greco e significa "modo di vivere", cioè quel complesso di norme di vita da seguire per mantenersi in buona salute, come già sosteneva il padre della medicina Ippocrate nei suoi scritti tra il V e il IV secolo a.c.

Parlando, quindi, di alimentazione e dieta bilanciata occorre intendere un regime alimentare variato, moderato e con nutrienti in proporzioni adeguate (55-60% carboidrati, 10- 12% proteine, 25-30% grassi) e tali da fare raggiungere o mantenere lo stato di salute psicofisica.

L’alimentazione più salubre, oggi ancora più di ieri, la si troverebbe nel complesso degli alimenti tipicamente mediterranei: olio d’oliva, ortofrutta, cereali, legumi, pesce e vino, tutti ricchi di sostanze antiossidanti e antitumorali.

Nella Dieta Mediterranea, così come riconosciuta dall’Unesco, c’è dunque la descrizione fedele della produzione agricola siciliana che, come tale, può diventare una risorsa strategica di marketing nella comunicazione e nella promozione dell’enogastronomia siciliana e del relativo territorio sul mercato e nel turismo internazionale.

A dimostrazione della speculare corrispondenza della Dieta Mediterranea all’agricoltura siciliana basta il riferimento alla composizione produttiva della superficie agricola utilizzata che è costituita:

nella superficie in asciutto dell’ampia area interna, dal seminativo (dove si coltivano cereali- frumento duro essenzialmente-, leguminose da granella, ortaggi invernali), dalla frutta secca (mandorlo, nocciolo, pistacchio), dall’olivo e dalla vite;

nella superficie irrigua, ricadente prevalentemente nella fascia costiera, dagli agrumi, dagli ortaggi, dalla frutta fresca, dall’olivo e dalla vite.

Gli allevamenti di bovini ed ovicaprini vengono effettuati allo stato brado o semibrado nei pascoli naturali, nel seminativo a riposo o foraggi colo (leguminose da foraggio ed erbai di cereali e leguminose da foraggio) e nei boschi; l’allevamento industriale stabulo di bovini, raramente di suini, viene tuttora poco praticato e solo in alcune zone dell’isola.

Le erbe spontanee eduli ed aromatiche si trovano disseminate in tutto il territorio siciliano e specialmente nelle aree interne di collina e montagna.

La piccola pesca si esercita diffusamente nei numerosi piccoli porti dell’area costiera, mentre la pesca d’altura viene effettuata con motopescherecci nella quindicina di porti ubicati nei grossi centri abitati lungo la costa dell’isola.

La biodiversità, ma anche la ricchezza della tradizione e delle culture alimentari, sono una caratteristica della Sicilia, esito di duemila anni di storia e di contaminazioni. Fenici, greci, romani, normanni, arabi, bizantini, spagnoli, fino ai piemontesi: la storia della Sicilia è quella di un incontro e scambio continuo di culture.

La Sicilia è una terra fortunata perché possiede il più ricco, vario e pregiato patrimonio di prodotti tipici, equamente distribuiti tra le province.

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GLI ALIMENTI CHIAVE DELLA DIETA

MEDITERRANEA

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Gli Alimenti della Dieta Mediterranea

Olio d’oliva

Come dimostrato dagli studiosi, non è la quantità di grassi consumata nella dieta, ma è la qualità che fa la differenza. E’ per questo che l’olio di oliva è diventato l’alimento grasso principale della Dieta Mediterranea: i grassi che esso fornisce hanno effetti benefici sull’organismo in quanto controllano il rischio cardiovascolare.

L’olio d’oliva è l’unico degli alimenti grassi che deriva da un frutto, e l’essere ottenuto da un frutto gli conferisce particolari proprietà salutistiche e gastronomiche. L’olio d’oliva, in particolare nella varietà ‘extra-vergine’, è costituito per la maggior parte da una molecola grassa che contiene acido oleico in larga percentuale. Presenta inoltre un rapporto ottimale tra acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi. Queste caratteristiche biochimiche fanno sì che l’olio d’oliva:

sia ben digeribile; inibisca la secrezione acida dello stomaco; stimoli la secrezione del pancreas; favorisca l’assorbimento del calcio e l’accrescimento delle ossa lunghe, grazie ai significativi livelli di

Vitamina D in esso contenuti.

Infine, i composti detti polifenolici presenti nell’olio d’oliva hanno una spiccata qualità antiossidante: contrastano lo stress ossidativo del corpo umano dovuto ai radicali liberi che provoca invecchiamento e malattie. Questo fa sì, in pratica, che l’olio d’oliva funga da antinfiammatorio e prevenga le malattie cardiovascolari e l’arteriosclerosi. Potrebbe esplicare un ruolo protettivo nei confronti di patologie neurodegenerative come l’Alzheimer ed il Parkinson. Inoltre, ci sono evidenze che suggeriscono un possibile ruolo preventivo dell’olio di oliva nei confronti di alcuni tipi di neoplasia ed, in particolare, del tumore alla mammella. Definire, quindi, l’olio vergine di oliva semplicemente un “condimento” può apparire sicuramente riduttivo dato che le sue proprietà nutrizionali ed i suoi effetti benefici vanno ben al di là di quelli attribuibili ai singoli componenti che lo caratterizzano.

L’olio del territorio nisseno

Caltanissetta è una delle province siciliane con maggiore produzione olivicola.

Il clima della zona è tipico dell'area mediterranea, caratterizzato da inverni miti e piovosi e da estati calde ed aride. La caratteristica comune di molti terreni del nisseno, fortemente acclivi, ricchi di scheletro e poveri di strato superficiale coltivabile è proprio quella di prestarsi poco all’utilizzazione con colture più esigenti. Per queste ragioni l’olivo si trova fortemente diffuso, rientrando, fin dai secoli più remoti nell’economia della zona, continuando ancor oggi ad essere di primaria importanza sia per l’alimentazione che per l’utilizzo come fonte energetica, o come materia prima per l’artigianato. In questo contesto ambientale ed umano si sono radicate tradizionali tecniche di sfruttamento della pianta d’olivo, idonee ad esaltare le pregiate caratteristiche dell’olio prodotto, che denota una sua spiccata tipicità. L’olio è il “Protagonista” indiscusso della campagna nissena, della cultura contadina, dell’economia agricola, della gastronomia, della dieta mediterranea. Di conseguenza, la produzione di olio di oliva extravergine

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costituisce un vero e proprio patrimonio economico per la nostra realtà, come dimostra anche il risultato del 6° censimento agricoltura Istat: più della metà delle aziende del comprensorio coltiva olive da olio.

Pasta

Il fabbisogno alimentare nel bacino mediterraneo, già 8000-9000 anni fa, era soddisfatto per il 60-70% da

alimenti derivanti dai cereali. Il grano duro, in particolare, è un elemento che accomuna tutte le popolazioni

del Mediterraneo, in quanto costituisce la materia prima di alimenti come pasta, pane, cous-cous, burghul e

altri. La pasta dal canto suo è diventata negli ultimi cento anni un cibo importante e diffuso a livello

mondiale. Oggi la produzione di pasta in Italia è di 3 milioni di tonnellate all’anno. Circa metà della

produzione viene esportata.

La qualità della pasta dipende dalla qualità della reazione che genera il glutine, il composto principale della

pasta. Il glutine si forma per reazione soprattutto tra l’acqua e le gliadine e glutenine contenute nel germe

di grano duro.

Il glutine è una membrana proteica reticolata, che ha un comportamento semimpermeabile e che avvolge i

granuli d’amido idratati. Tutte le proprietà reologiche dell’impasto e il comportamento alla cottura della

pasta dipendono dalla qualità del glutine formato.

100 g di pasta forniscono circa 350 kcal. La pasta fornisce un apporto consistente di glucidi (cioè zuccheri)

sotto forma di amido, che costituisce circa l’80% dell’apporto nutritivo, e contiene anche una notevole

quantità di protidi (circa il 10%). L’apporto di grassi, vitamine e minerali è invece limitato. come lo è quel

risulta fortemente squilibrato l' apporto di minerali per la prevalenza del potassio. Per ri-equilibrare il

Carico di Indice Glicemico (vale a dire la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione di un

quantitativo dell'alimento contenente 50 g di carboidrati), è opportuno consumare la pasta con verdure per

le vitamine; carni, legumi o pesce per integrare l'apporto proteico; formaggi per i lipidi; oli vegetali (in

particolare l'olio d'oliva) per gli acidi grassi insaturi.

I cereali e i legumi

Un posto di rilievo nella dieta mediterranea è occupato sicuramente dai cereali, intesi non solo come grano e riso, ma integrati anche da cereali meno noti come l’orzo, il mais, l’avena ed il farro. L’ideale sarebbe consumare i cereali integrali, infatti, il processo di raffinazione li impoverisce notevolmente di vitamine, sali minerali e delle preziose fibre alimentari. Nella dieta mediterranea i cereali sono fonte di carboidrati complessi. Questi ultimi, in base alle regole del regime alimentare, dovrebbero fornire circa il 60% delle calorie giornaliere. Il grano duro è un elemento che accomuna tutte le popolazioni del Mediterraneo, in quanto costituisce la materia prima di alimenti come pasta, pane, cous-cous, burghul e altri. Nella cultura mediterranea non possono inoltre mancare i legumi, la famosa “carne dei poveri”. A questa classe appartengono, infatti, alimenti come i fagioli, le lenticchie, i ceci, le fave, i piselli, i lupini, e la soia che costituiscono non solo una buona fonte di carboidrati complessi, ma anche e soprattutto una interessante fonte proteica. I legumi all’interno della dieta mediterranea hanno lo scopo di conferire le proteine giuste, rendendo questo regime alimentare altamente equilibrato. Al contrario della carne rossa, che alza il rischio di malattie cardiovascolari, i legumi apportano all’organismo proteine “buone” e sono ricchi di sali minerali, vitamine e fibre.

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Le proteine contenute nei legumi infatti non possono certo essere paragonate a quelle di alto valore biologico della carne e degli altri prodotti alimentari di origine animale a causa della mancanza di alcuni amminoacidi essenziali; se integrati con i cereali si ottengono però piatti unici completi e di eccezionale qualità. Ai legumi va attribuito inoltre il merito di apportare discrete quantità di vitamine, sali minerali e fibra alimentare.

Grani e cereali antichi del territorio nisseno

Timilia, Russello, Maiorca, Stravisazza, Monococco, Senatore Cappelli: sono i nomi dei grani antichi coltivati in Sicilia, uno dei patrimoni della biodiversità mediterranea più importanti.

Il gusto delle farine, ma anche dei pani, dei biscotti o di ogni altra prelibatezza sfornata sulla base di questi grani non è quello dell'antichità ma di un cibo moderno, dalle interessanti proprietà nutrizionali.

Le Farine di Grani Antichi sono spesso prodotte per mezzo delle tradizionali macine a pietra. Questo metodo di molitura, che prevede una macinazione integrale, consente di preservare intatte le proprietà nutritive del germe di grano e della crusca. Il basso contenuto di glutine che possiedono, li rende inoltre altamente digeribili.

Ulteriore punto di forza è costituito dalla loro

resistenza. Timilia, Russello, Maiorca, Stravisazza,

crescono spontaneamente senza bisogno di essere

trattati con additivi e pesticidi chimici.

I grani antichi siciliani, coltivati dall'antica grecia e citati da Goethe nel suo “Viaggio in Italia” vengono ancora raccolti nei campi del centro Sicilia/centro dell’isola, dove nacque il mito del ratto di Persefone, figlia di Demetra.

Ed è il clima dell'isola a dare il suo ulteriore contributo all'unicità di questi prodotti, rendendo rara l'insorgenza delle micotossine, sostanze chimiche prodotte dai funghi, estremamente tossiche per l’organismo.

I grani antichi sono tra i protagonisti dell'alimentazione mediterranea, essendo la base per pane, pasta e prodotti da forno.

Le ricette a base di queste preziose materie prime, presentano un gusto intenso e deciso, caratteristiche che rievocano al palato i sapori unici della tradizione siciliana e della dieta mediterranea.

Qualità nutritive

alta digeribilità alto contenuto di fibre basso contenuto di glutine ricco di microelementi ed oli essenziali

Timilìa, antichi grani siciliani

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Grano duro profumato, dal sapore e dalla lavorabilità eccezionali, versatile e digeribilissimo grazie al suo basso indice di glutine.

Maiorca, antichi grani siciliani

Grano tenero, morbidissimo, dal caratteristico colore bianco che cresce in aree marginali ed aride, robusto e nutriente.

Russello, antichi grani siciliani

Grano duro, bello da vedere e a colorazione particolare, con le sue spighe tendente al rosso e il fusto alto,

con il quale si fa il classico pane a pasta dura con poca acqua che dura molti giorni e caratterizzato da

altissima digeribilità.

Strazzavisazza

Grano duro dal chicco color ambra, lunghissimo, vitreo, possente, forti radici, produzione ridotta. Il grano più antico dell’isola, quasi estinto, recuperato dal silenzio e invitato a tavola per raccontare quali primitivi nutrienti riesce ad estrarre dal pianeta. La pasta fatta con esso ha un carattere forte, selvaggio, naturale.

Senatore Cappelli

Grano duro aristato (cioè dotato di ariste, i filamenti che si notano nelle graminacee), rappresenta un’alternativa dolce e squisita per la preparazione di tutti i prodotti attualmente utilizzati a base di grano tradizionale. La pianta ha un’altezza di ca. 1.80 m (superiore a quella del grano comune) e contiene percentuali più elevate di lipidi, amminoacidi, vitamine e minerali, nonché caratteristiche di elevata digeribilità.

Frutta e ortaggi

La frutta e gli ortaggi occupano il posto principale nella Dieta Mediterranea, in quanto essa è caratterizzata in particolare dal consumo di alimenti di origine vegetale, compresa la pasta, la verdura a foglie di stagione condita con olio d’oliva e la frutta.

Il consumo di frutta (anche secca) e ortaggi garantisce l’apporto di sostanze nutrienti come vitamine e minerali, e allo stesso tempo riduce l’apporto calorico della dieta, poiché contengono molta acqua e la fibra ha un effetto saziante.

In ogni stagione vi sono ampie possibilità di scelta di ortaggi e frutta. E’ consigliabile cominciare a consumare frutta a partire dalla prima colazione, e negli spuntini fuori pasto.

Anche la frutta secca è parte integrante della Dieta Mediterranea, e in particolare le Mandorle meriterebbero un posto fisso nella nostre abitudini alimentari. La mandorla, originaria dell'Asia Minore, contiene proteine che completano l’apporto aminoacidico della nostra alimentazione.

Si consiglia di consumare 15-20 grammi al giorno di mandorle o frutta secca. Le mandorle forniscono un apporto calorico di 500-600 kcal per 100 grammi, che le rende una fonte di energia importante. Hanno un apporto lipidico elevato , sono una fonte di acidi grassi monoinsaturi (MUFA), apportano una adeguata quantità di acidi grassi polinsaturi (PUFA) e hanno basso contenuto di acidi grassi saturi.

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Frutta, ortaggi e legumi del territorio nisseno

Nel territorio nisseno l’alimentazione si basava soprattutto sui legumi, verdure ed ortaggi trasformati in calde zuppe per l’inverno e fresche insalate nei mesi caldi.

Ampio spazio veniva dato anche alle erbe selvatiche (capperi, finocchietto selvatico, asparagi) ed agli aromi naturali (origano, salvia, rosmarino).

Il legume più diffuso era la fava, dalla quale, ancora oggi, si ricava una tipica e saporitissima zuppa: il maccu, a base di fave secche e finocchietto selvatico.

Oggi, grazie al clima, si sono affermate produzioni di valore, tanto da meritare riconoscimenti di portata europea: il ficodindia di San Cono, l’uva di Canicattì e la carota novella di Ispica ne sono esempi, pur non portando il nome della provincia. Senza dimenticare la lenticchia gigante di Villalba ed il pomodoro siccagno, già presidi Slow food. Sulle tavole della provincia si trovano melanzane (coltivate in serra), zucchine, legumi, frutta fresca, oleosa e secca e verdure anche selvatiche, che crescono spontaneamente nei campi, ricche di sostanze organolettiche (borragine, bietole selvatiche, cicoria, cime di rapa, mazzareddri). Dai risultati del 6° censimento agricoltura in sicilia Istat, un terzo delle aziende agricole attive nella provincia coltiva fruttiferi. La coltivazione del mandorlo è molto presente nella SAU (Superficie Agricola Utilizzata) del nisseno, anche se rimane quasi esclusivamente destinato al mercato interno. I frutti che se ne ottengono sono alla base della preparazione del torrone di Caltanissetta, inserito tra i prodotti dell’Arca del Gusto, ma vengono anche consumati ricoperti di zucchero o tostati, come sano spuntino. E’ infatti presente nelle consuetudini degli abitanti del nisseno, l’includere nella loro alimentazione le cosidette “calìa e simenza”, intendendo con questi termini ceci abbrustoliti e semi di zucca essiccati (ricchi di selenio e zinco) e, più in generale, una varietà di semi, legumi (ricchi di magnesio e folati) e frutta secca. Accanto a questi, altri frutti, aromi ed ortaggi si stanno facendo sempre più apprezzare per la tipicità del sapore e dei profumi che sprigionano. Il carciofo di Niscemi è un alimento tonico e digestivo, contiene molto ferro, svolge funzione epato – protettrice ed ipocolesterolemizzante. La Cinarina in esso contenuta provoca un aumento del flusso biliare e della diuresi. Varietà autoctona molto produttiva: la pianta é di altezza media, dà fino a venti capolini di forma cilindrica,

dimensioni e compattezza medie; le brattee esterne sono ben serrate di colore verde con sfumature violette. Gradisce terreni di medio

impasto, ricchi e profondi, ma si adatta anche a terreni argillosi o calcarei, torbosi e acidi o addirittura salmastri. Preferisce un clima mite e asciutto anche se si adatta a climi relativamente freddi, ma teme pero gli sbalzi di temperatura e le brinate. La produzione spontanea dei carciofi si ha a fine inverno -

primavera, ma con opportune tecniche colturali può essere prodotto anche in autunno e inverno. Si coltiva nell’orto o in pieno

campo. La semina si effettua in semenzaio coperto a fine inverno o in semenzaio non protetto in primavera, oppure direttamente in campo a

maggio, utilizzando o il seme o una parte della pianta (riproduzione agamica). Si piantano in solchi o buche profonde 20 cm ad una distanza tra le piante di 1-

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1,2 metri minimo.

La pesca di Delia è una varietà medio tardiva di nettarina a buccia liscia e polpa gialla molto profumata e croccante. Viene coltivata in terreni profondi ed irrigui. Vengono coltivate circa 20 varietà di pesche, 16 di nettarine e 1/2 parcoche. Le tecniche agronomiche hanno raggiunto livelli di specializzazione soddisfacenti specie nei trattamenti anticrittogamici e contro gli insetti. Una cura particolare viene attribuita alla scelta e calibratura dei frutti e al packaging. Alcuni frutti possono raggiungere il peso di gr. 200/300.

Molte aziende agricole effettuano la raccolta in 2 stacchi; tuttavia diverse aziende agricole, specialmente quelle che possiedono proprie strutture di lavorazione, effettuano la raccolta anche in 3-4 stacchi.

L’origano di Mussomeli, detto ariaunu o rianu in dialetto siciliano, è un genere di pianta aromatica, erbacea o sub-arbustiva. E’ una delle erbe aromatiche più utilizzate nella cucina mediterranea in virtù del suo intenso e stimolante profumo.

Si usa in innumerevoli preparazioni su carni e su pesce, nelle insalate e nella pizza. Ma è anche importante per le sue numerose proprietà terapeutiche. I suoi principi attivi sono principalmente i fenoli Timolo e Carvacrolo oltre a grassi, proteine, sali minerali, vitamine e carboidrati.

Le sue proprietà terapeutiche sono: antalgiche, antisettiche, analgesico, antispasmodiche, espettoranti e toniche. Il suo olio essenziale è molto utilizzato nell’aromaterapia. I suoi infusi sono consigliati contro la tosse, le emicranie, i disturbi digestivi e i dolori di natura reumatica svolgendo una funzione antinfiammatoria. L’ecotipo di Mussomeli è caratterizza stico per via della grossa infiorescenza, la foglia larga con presenza di peluria nella parte inferiore e una buona massa verde complessiva.

Vino

Il vino è la bevanda storica del bacino del Mediterraneo: veniva prescritto già da Ippocrate nel IV secolo

Avanti Cristo per la cura delle ferite e come bevanda nutriente, antipiretica, purgante e diuretica.

Pur essendo materia di ampio dibattito, la scienza ha riconosciuto alcuni effetti benefici del vino sulla salute

umana. Alcuni dei composti polifenolici, presenti in modo particolare nel vino rosso, sono ritenuti almeno

in parte responsabili della riduzione del rischio cardiovascolare.

Nonostante l’alcool sia un agente proossidante, le bevande alcoliche riducono l’ossidazione delle

lipoproteine a bassa densità (abbreviate LDL, sono componenti del colesterolo) probabilmente perché

contengono i flavonoidi e i polifenoli che sono antiossidanti. In sostanza, Il vino rosso riduce l’ossidazione

delle lipoproteine che è fondamentale per lo sviluppo dell'aterosclerosi.

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L’alcool, d’altro canto, incrementa i livelli di lipoproteine ad alta densità (HDL) nel plasma, che

contribuiscono invece alla riduzione del colesterolo. In studi di mortalità cardiovascolare, aggiustando per

livelli di HDL, è stato dimostrato che circa il 50% dell’effetto cardioprotettivo dell’alcool è dovuto alla sua

capacità di incrementare i livelli di HDL. Va ricordato comunque che l’assunzione di alcool comporta un

incremento dei livelli di trigliceridi serici aumentando potenzialmente il rischio vascolare.

Vini del territorio nisseno

Associare alla Sicilia i soli scenari di costa e mare è riduttivo. Esiste, infatti, un entroterra meno conosciuto

che custodisce una Sicilia più vera, caratterizzata da paesaggi rurali suggestivi. L'enogastronomia gioca un

ruolo di primo piano: non dimentichiamo che è

proprio qui, in particolare nella Piana di Riesi,

che vengono prodotti i vini Nero d'Avola più

eleganti di Sicilia.

La provincia di Caltanissetta è caratterizzata

dalla produzione delle DOCG Cerasuolo di

Vittoria (prevalentemente da uve Frappato di

Vittoria e Nero d’Avola) e DOC Contea di Sclafani

(che si produce anche nelle province di

Agrigento e Caltanissetta nelle tipologie Bianco,

anche Dolce e Spumante, Ansonica, Cataratto,

Chardonnay, Grecanico, Grillo, Pinot Bianco,

Sauvignon, Rosato, anche Spumante, Rosso,

anche Riserva, Cabernet Sauvignon, Merlot,

Nerello Mascalese, Nero d’Avola, anche Riserva,

Pinot Nero, anche Riserva, Perricone, anche

Riserva, Sangiovese, anche Riserva e Syrah,

anche Riserva), Riesi DOC e Vittoria DOC,

entrambi con diverse tipologie derivanti dai vitigni autoctoni (come l’Inzolia) di origini secolari.

La zona vinicola, posta nella Sicilia meridionale in provincia di Caltanissetta, si trova in un territorio

esclusivo con condizioni climatiche caratterizzate da un clima caldo arido; le elevate temperature

primaverili ed estive garantiscono le condizioni ottimali per la maturazione della vite e delle uve. La zona è

soggetta all’influsso benefico delle brezze provenienti dal mare e illuminata dalla luce calda e forte del sud

della Sicilia.

La zona fa parte della fertile Piana di Gela, formata dall'accumulo di depositi alluvionali dal fiume Gela,

Dirillo e dei loro affluenti. È circondata da colline di bassa altitudine, con rilievi che non arrivano ai 500

metri sul livello del mare. Da segnalare che la qualità dell'aria nella zona è tra le piu pure d'Europa,

certificata dalla Comunità Europea. Anche qui la vite è coltivata da tempi immemorabili, prima dai Sicani e

successivamente da Siculi, Greci, Cartaginesi e Romani. Qui si trova anche la Strada dei Vini dei Castelli

Nisseni. Siamo, oltre che in una zona molto suggestiva dell’isola, anche in quella che è considerata una delle

aree vitate più flessibili e adatte alla produzione di molte tipologie di vini diversi. 

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Pesce azzurro

Quella denominata “pesce azzurro” è una categoria generica che comprende diverse varietà di pesci

d’acqua salata. L’aggettivo azzurro si riferisce al colore blu del dorso, caratteristica che accomuna tutti i

pesci appartenenti a questo gruppo. Oltre a condividere tale particolare, i pesci azzurri sono tutti di piccola

taglia, hanno un corpo affusolato e, considerata la capillare diffusione nei nostri mari, sono generalmente

piuttosto economici.

Appartengono alla categoria del pesce azzurro:

L’aguglia

L’alaccia

L’alice o acciuga

L’aringa

La costardella

Il cicerello

Il lanzardo

La sardina

Lo sgombro

Lo spratto o papalina

Il suro o sugherello

La triglia

Pesci azzurri sono anche esemplari come il tonno ed il pesce

spada, completamente differenti per forma e dimensioni, ma simili per

colore e caratteristiche organolettiche.

Nonostante sul mercato siano reperibili a basso prezzo, le carni dei pesci azzurri che popolano i nostri mari

possiedono qualità organolettiche e salutistiche degne di nota. Il contenuto proteico è molto buono ed i

grassi, oltre ad insaporire le carni, sono qualitativamente eccezionali. Nella categoria del pesce azzurro

rientrano infatti alcuni dei pesci più ricchi in assoluto di Omega-tre. Questi grassi, essenziali per il nostro

organismo, proteggono cuore, vasi e cervello prevenendo malattie come l’Alzheimer, l’ateroscelrosi e

l’infarto cardiaco.

Gli esperti raccomandano di mangiare pesce azzurro almeno due volte alla settimana, in modo da

soddisfare il fabbisogno minimo di grassi essenziali. Tale strategia è di certi più economica ed efficace

rispetto al fare ricorso a specifici integratori (molto costosi e con un contenuto modesto di Omega-tre).

Il pesce azzurro è anche ricco di minerali quali il calcio, il fosforo, lo iodio ed il selenio; discreto il contenuto

vitaminico, in particolare, di niacina (vitamina PP), B12, D ed E.

Prodotti ittici del territorio nisseno

La provincia di Caltanissetta, rispetto alle altre, non ha un elevato numero di località marittime. L'accesso

provinciale al mare è dato dalla città di Gela che si trova sulla costa meridionale siciliana.

Più che alla conservazione del prodotto ittico od alla sua trasformazione industriale, la provincia nissena è

votata alla vendita del pesce fresco, sia appena pescato che congelato.

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Il pesce azzurro è presente in grande quantità a tre miglia dalla costa gelese ed ad una profondità di 50

metri, anche se spesso viene rigettato a mare perché non redditizio sul mercato ittico.

Questo tipo di pescato spesse volte non viene portato a tavola perché etichettato, nella mentalità comune,

come “pesce povero”o, semplicemente, per mancanza di idee relative alla sua preparazione od utilizzo.

Aringhe, sarde e sardine, acciughe sono catalogate pesce azzurro, mai particolarmente valutato dai mercati

e quindi di basso costo ed alla portata praticamente di tutti, a dispetto del grande valore nutrizionale delle

loro carni. Il pesce spada non conosce limiti di utilizzo in cucina. Lo si prevede sia come primo che come

secondo piatto, ma anche nelle vesti di appetitoso antipasto. Il tonno, la “tunnina”, femmina del tonno, e le

uova di tonno (la bottarga), sono ormai alla base di piatti, portate eccellenti, che, dalla cucina popolare,

sono assurti alla categoria di cucina ricca.

La cernia, squisita e pressoché priva di lische, le cozze, le vongole, i polipetti, sono anch’essi pesci “poveri”,

spesse volte utilizzati per la preparazione di gustose zuppe.

La palamita è un pesce che viene pescato nei nostri mari e che può raggiungere dimensioni ragguardevoli.

In dialetto è comunemente chiamato palàmitu (termine che deriva dal greco palamida) o paratùni.

Il pesce azzurro è una festa del palato e della salute, più sapido e gustoso rispetto al pesce oceanico, e, in

tempi di crisi come questi, anche un toccasana per il borsellino.

Formaggi

Nella Piramide alimentare della dieta mediterranea moderna i latticini, che vengono posti, primi fra gli alimenti di origine animale, perché consumati con maggiore frequenza, ma soprattutto il formaggio, che consente di conservare il ricco nutrimento del latte in forma ancora più digeribile, sono alimenti importanti se non basilari della nostra tradizione alimentare.

Ed è proprio la convivenza tra alimenti di origine vegetale (come verdura, frutta e legumi) e alimenti di origine animale (come latticini, uova, pesce e poca carne) a garantire la varietà alimentare e la completezza nutrizionale che caratterizzano la Dieta mediterranea nella quale non esistono alimenti proibiti, ma soltanto cibi che vanno mangiati più o meno frequentemente.

La parola formaggio deriva da formos termine usato dagli antichi greci per indicare il paniere di vimine dove era messo il latte cagliato per dargli forma. . Il formos divenne poi la "forma" dei romani.

“La forma” dei romani si trasformò nel francese "fromage" e nell' italiano "formaggio".

Fonti storiche e tradizioni letterarie, ci raccontano che il consumo di formaggio era diffuso, soprattutto del tipo stagionato. Per dare gusti ai diversi formaggi si usava aggiungere, al latte aromi particolari quali mandorle, pinoli, timo e erbe varie. Gli abitanti delle insulae, nelle quali era pressoché impossibile cucinare, erano costretti a ricorrere a pasti freddi a base di olive, fichi e formaggio, bevendo vino e accompagnandolo con pane inzuppato oppure sfregato di sale, aglio e altri aromi, da solo o come companatico. A seconda del tipo di latte con cui è prodotto e della stagionatura, ciascun formaggio presenta differenti caratteristiche nutrizionali. I prodotti caseari contengono gli stessi principi nutritivi del latte e rappresentano la miglior fonte di calcio alimentare. Sono eccellenti apportatori di proteine di elevato valore biologico (in una percentuale maggiore di quella delle carni) e di lipidi (quantità variabili tra il 20 e il 35% a seconda che si parta da latte intero o parzialmente scremato). Un minerale abbondantemente contenuto nei formaggi è il fosforo; vi sono poi

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altri minerali e oligoelementi importanti tra cui magnesio e zinco. Il contenuto di sale generalmente è maggiore nei formaggi stagionati o affumicati.

La presenza di sostanze nutrienti è maggiormente garantita dalla stagionatura del prodotto: più il formaggio è stagionato, maggiore sarà il suo carattere nutrizionale. E’ anche vero, però, che esso contiene un alta percentuale di calorie e di colesterolo, elementi da tenere sotto controllo.

Formaggi del territorio nisseno

Nonostante la tradizione casearia siciliana

sia antichissima, forse la più antica d’Europa,

il suo straordinario patrimonio è poco

conosciuto, i formaggi siciliani sono

consumati soprattutto localmente ed è difficile trovarli sul mercato nazionale e internazionale. Eppure la

Sicilia è la terza regione italiana per estensione di pascolo, moltissimi piccoli produttori lavorano ancora il

latte crudo – spesso prodotto da razze locali autoctone, adatte ai pascoli difficili delle montagne e oggi a

rischio di estinzione – non impiegano fermenti industriali e seguono pratiche produttive tramandate da

generazioni.

Secondo i dati dell’ultimo censimento agricolo ISTAT del 2010 con dati definitivi diffusi nel 2012, nella provincia di Caltanissetta sono presenti n. 29 caseifici con n. 10 stagionature. La nostra provincia contribuisce, con la sua produzione casearia, al 4% di quella dell’intero territorio regionale. Si tratta di piccole e piccolissime imprese di tipo artigianale, spesso a gestione famigliare. Formaggi tradizionali prodotti con latte di vacca (razze frisona, bruna o rossa italiana quelle presenti nei nostri pascoli), di pecora (comisana) o di capra (maltese) e, oggi come ieri, con metodi di lavorazione ed utensili tradizionali, espressione di una cultura antica della lavorazione del latte intimamente legata al territorio. Le produzioni di formaggi nel territorio della provincia nissena sono molteplici e tutte di alta qualità:

- Provole

- Cacetti freschi

- Cacetti con aromi (peperoncino rosso, nero, origano, pistacchio, noce, pomodoro

- salato ecc.)

- Pecorino siciliano dop

- Canestrato (tuma)

- Caprino siciliano Anche la Ricotta, fresca o stagionata, è ottenuta dal latte. Ma dal siero cagliato. Per questa ragione viene considerata un latticino, non un vero e proprio formaggio. Importantissima nella cucina del Vallone, in qualità di ingrediente fondamentale per dolci e piatti salati, e latticino di notevole importanza nell’ambito della Dieta Mediterranea, per il basso contenuto calorico e l’alto apporto di calcio.

- Ricotta bovina

- Ricotta ovina

- Ricotta salata

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I formaggi della provincia di Caltanissetta ed i prodotti caseari in generale rappresentano un patrimonio alimentare di grande valore, sempre fresco, prodotto quotidianamente, presente nella bottega o nel supermercato, che può diventare anche una grande risorsa per lo sviluppo locale.

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I MARCHI DI QUALITA’ E

LE RICCHEZZE DEL TERRITORIO NISSENO

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MARCHI DI QUALITA’: QUALI SONO E COSA INDICANO

DOP: Denominazione di Origine Protetta. E’ un marchio attribuito dall’Unione Europea a quei prodotti agricoli o alimentari le cui peculiari caratteristiche qualitative sono strettamente interdipendenti dalla zona geografica in cui avviene tutto il processo produttivo (Regolamento CE n. 510/06, art. 2 comma 1 a).

IGP: Indicazione Geografica Protetta. E’ il marchio di origine attribuito dall’Unione europea a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche dipendono dall’origine geografica (Regolamento CE n. 510/06, art. 2 comma 1 b).

STG: Specialità Tradizionale Garantita. E’ un marchio che tutela a livello comunitario le produzioni agricole o alimentari. Questa certificazione, disciplinata dal regolamento CE n. 509/2006, si rivolge a prodotti agricoli che abbiano una specificità, in termini di metodo di produzione, piuttosto che di composizione, legata alla tradizione di una zona, attestata per un periodo di tempo che dovrebbe essere quello generalmente attribuito ad una generazione umana, cioè almeno 25 anni, ma che non vengono

necessariamente prodotti in tale zona.

BIO: la produzione biologica, disciplinata dal regolamento CE n. 834/2007 e smi, è un sistema globale di gestione sostenibile per l’agricoltura basato sull’interazione tra l’adozione delle migliori pratiche colturali in termini di impatto ambientale; l’impiego responsabile dell’energia e delle risorse naturali come l’acqua, il suolo, la materia organica e l’aria; il mantenimento di un alto livello di biodiversità; l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali.

VINI

Per quanto riguarda i vini di qualità, il legislatore comunitario prevede 2 livelli qualitativi di protezione (disciplinati dal Reg. CE n. 491/09): Denominazioni d’origine ed Indicazioni Geografiche. “Denominazione di origine”: si intende il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese, che serve a designare un vino le cui qualità e caratteristiche siano dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico ed ai suoi fattori naturali e umani; le cui uve provengano esclusivamente da tale zona geografica; che sia prodotto in detta zona geografica ed ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera. “Indicazione geografica”: si intende l’indicazione che si riferisce a una regione, a un luogo determinato o, in casi eccezionali, a un paese, che serve a designare un vino che possieda qualità, notorietà o altre

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caratteristiche specifiche attribuibili a tale origine geografica; le uve da cui è ottenuto provengano per almeno l’85 % esclusivamente da tale zona geografica; che sia prodotto in detta zona geografica; che sia ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis.

Ciò premesso, le menzioni tradizionali protette esistenti in Italia per designare le denominazioni di origine di prodotti vitivinicoli (come tutelate dalla Comunità Europea) sono riconducibili alle seguenti 2 sigle (disciplinate dal Decreto legislativo n. 61 dell’8 aprile 2010): Denominazioni di Origine Controllata e Garantita (DOCG) e Denominazioni di Origine Controllata (DOC). La sigla DOCG è riservata ai vini già riconosciuti a DOC e a zone espressamente delimitate o tipologie di una DOC da almeno 10 anni, che siano ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita, e che, nell'ultimo biennio, abbiano mostrato la propria rilevanza per la sostenibilità economica della zona oggetto di protezione. Il riconoscimento di una DOCG deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della DOC di provenienza. La denominazione DOC (Denominazione di origine controllata), viene attribuita a vini le cui caratteristiche dipendono essenzialmente dai vigneti e dalle condizioni naturali dell'ambiente. Appartengono a questa categoria i vini in cui la zona di origine della raccolta delle uve per la produzione del medesimo vino è in sostanza delimitata, come prevedono i disciplinari di produzione. I vini DOC possono conseguire il riconoscimento se provengono da zone già riconosciute, anche con denominazione diversa, ad Indicazione Geografica Tipica (IGT - menzione tradizionale italiana delle indicazioni geografiche, come tutelate dalla Comunità Europea, anch’essa disciplinata dal Decreto legislativo n. 61 dell’8 aprile 2010) da almeno 5 anni e che siano stati rivendicati nell'ultimo biennio da almeno il 35% dei viticoltori interessati e che rappresentino almeno il 35% della produzione dell'area interessata. Il riconoscimento di una DOC deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della IGT precedentemente rivendicata.

P.A.T.

PAT (Prodotti Alimentari Tradizionali), sigla italiana coniata per identificare quei prodotti agroalimentari le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo, ovvero praticate sul territorio interessato in maniera omogenea e secondo regole tradizionali e protratte nel tempo, comunque per un periodo non inferiore ai 25 anni (decreto ministeriale n. 350/1999). I PAT sono prodotti inclusi in un apposito elenco, predisposto dal Ministero delle Politiche Agricole,

Alimentari e Forestali con la collaborazione delle Regioni.

Nell'elenco non rientrano i prodotti insigniti del marchio DOP o IGP, mentre esiste una certa categoria

intermedia dei prodotti per i quali è in corso l'istruttoria di un riconoscimento europeo.

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GLI ALTRI RICONOSCIMENTI NAZIONALI

PRESIDI SLOW FOOD

Il progetto Presídi di Slow Food nasce nel 1999 per il recupero e la salvaguardia di piccole produzioni di

eccellenza gastronomica minacciate dall'agricoltura industriale, dal degrado ambientale, dall'omologazione.

Anche se questa sorta di certificazione non è ufficiale (è assegnata da un comitato scientifico di Slow Food),

i criteri di definizione sono simili a quelli di certificazioni come IGP e DOP, ma con un disciplinare di

produzione molto più rigido. Il tentativo è di sostituire al criterio di una selezione dei prodotti fatta dagli

organi pubblici, un riconoscimento che si basa solo sulla fiducia nella serietà delle scelte fatta da una

Associazione internazionale.

Valori fondamentali sono la tutela della biodiversità, dei saperi produttivi tradizionali e dei territori, che

oggi si uniscono all'impegno a stimolare nei produttori l'adozione di pratiche produttive sostenibili, pulite, e

a sviluppare anche un approccio etico (giusto) al mercato.

Per ottenere il contrassegno "Presidio Slow Food" è necessario che i produttori del Presidio abbiano

sottoscritto il disciplinare di produzione del Presidio e siano riuniti in un'associazione (oppure in una

cooperativa o in un consorzio che devono recepire le linee ideali generali del progetto e approvare il

regolamento del Presidio).

“Presidi di Slow Food” rappresenta l’evoluzione dell’Arca del Gusto che raccoglie i prodotti che

appartengono alla cultura, alla storia e alle tradizioni di tutto il pianeta: un patrimonio straordinario di

frutta, verdura, formaggi, pani, dolci, salumi, ecc. e anche razze animali.

L’Arca del Gusto segnala l’esistenza di questi prodotti, denuncia il rischio che possano scomparire, invita

tutti a fare qualcosa per salvaguardarli: a volte serve comprarli e mangiarli, a volte serve raccontarli e

sostenere i produttori; in alcuni casi - quando i prodotti sono specie selvatiche a grave rischio di estinzione -

è meglio mangiarne meno o non mangiarli affatto, per tutelarli e favorirne la riproduzione.

L’AGRICOLTURA BIOLOGICA

L'agricoltura biologica è un metodo di produzione definito dal punto di vista legislativo a livello comunitario con un primo regolamento, il Regolamento CEE 2092/91, sostituito successivamente dai Reg. CE 834/07 e 889/08 e a livello nazionale con il D.M. 18354/09.

Il termine "agricoltura biologica" indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l'impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l'utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi). Agricoltura biologica significa sviluppare un modello di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell'acqua e dell'aria, utilizzando invece tali risorse all’interno di un modello di sviluppo che possa durare nel tempo. L’agricoltura biologica è l’unica forma di agricoltura controllata in base a leggi europee e nazionali. L’azienda che vuole avviare la produzione biologica notifica la sua intenzione alla Regione e ad uno degli Organismi di controllo autorizzati.

Gli organismi italiani che possono effettuare i controlli e la certificazione delle produzioni biologiche sono nove, questi sono riconosciuti con decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali, e sono sottoposti a loro volta al controllo dello stesso ministero e delle regioni.

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Ecco i nomi e il loro codice identificativo:

ICEA - Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale, codice IT ICA (ex AIAB) BIOAGRICERT - Bioagricoop, codice IT BAC BIOS, codice IT BIO C.C.P.B. Consorzio Controllo Prodotti Biologici, codice IT CPB CODEX, codice IT CDX ECOCERT Italia, codice IT ECO I.M.C. Istituto Mediterraneo di Certificazione, codice IT IMC QC&I International services, codice IT QCI SUOLO E SALUTE, codice IT ASS BIOZERT, codice IT BZ BZT (solo per la provincia di Bolzano)

Per aumentare le produzioni biologiche in Italia, estendendole dall’attuale 9% al 20% della superficie agricola entro l’anno 2020, Legambiente e Gruppo Ferrovie dello Stato hanno lanciato il Progetto conversione. Attraverso il Treno Verde, la cui tappa di partenza è la stazione di Caltanissetta, gli ambasciatori del territorio, ma anche le associazioni del biologico e del biodinamico, arriveranno all’Expo 2015 di Milano raccontando, nel loro viaggio, le buone pratiche dell’agricoltura sostenibile di qualità ed esemplificandola con le produzioni del territorio.

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PRODOTTI “A MARCHIO”

OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA COLLI NISSENI DOP TRANSITORIA REG CE

510/2006

Territorio: tutti i comuni della provincia di Caltanissetta Varietà: tonda iblea, moresca, nocellara del belice nella misura non inferire al 70%, carolea, giarraffa, nocellara etnea, nocellara messinese, coratina possono concorrere in misura non superiore al 30% Caratteristiche al consumo Acidità: acidità massima totale: minore o uguale a 0.5% (espressa in % di acido oleico); numero di perossidi: minore o uguale a 8 meq. O2/kg; acido oleico: \geq 70% polifenoli: \geq 150 ppm; Colore: da verde a giallo paglierino con riflessi verdognoli Odore: fruttato di oliva di intensità media con sentori di erba fresca e di pomodoro Sapore: fruttato medio con sensazione di amaro con intensità leggera,sensazione di piccante con intensità medio punteggio al panel test: \geq 6,5; mediana dei difetti: = 0 Immissione al consumo: L’olio extravergine deve essere immesso al consumo in recipienti di capacità non superiore a litri cinque in vetro o in banda stagnata. È obbligatorio l’indicazione in etichetta dell’anno della campagna oleicola di produzione delle olive da cui l’olio è ottenuto. È consentita la menzione che fa riferimento all’olio ottenuto con metodo biologico. L’etichetta dovrà riportare il logo della Denominazione di Origine Protetta come di seguito descritto: la scritta D.O.P. situata in posizione centrale risulta circondata superiormente dalla dicitura Olio Extravergine d’Oliva disposta a forma di semiellisse e delimitata inferiormente dalla dicitura COLLI NISSENI disposta orizzontalmente.

FICODINDIA DI SAN CONO DOP

La Denominazione di Origine Protetta è riservata ai frutti provenienti dalle seguenti cultivar della specie ‘Opunzia Ficus Indica’: ‘Surfarina’, detta anche ‘Gialla’ o ‘Nostrale’; ‘Sanguigna’, detta anche ‘Rossa’; ‘Muscaredda’ o ‘Sciannarina’. detta anche ‘Bianca’. È ammessa anche una percentuale non superiore al 5% degli ecotipi locali delle selezioni di ‘Trunzara’. La zona di produzione del ‘Ficodindia di San Cono’ comprende il territorio posto ad altitudine compresa tra 200 e 600 metri s.l.m., dei Comuni di San Cono (CT), San Michele di Ganzaria (CT), Piazza

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Armerina (EN) e Mazzarino (CL).

Le caratteristiche particolari della denominazione di origine protetta “Fico d’India di San Cono” sono: le grandi dimensioni dei frutti; la buccia caratterizzata dai colori particolarmente intensi e vivi; la particolare dolcezza; la grande fragranza e serbevolezza; il profumo delicato. La dolcezza e le dimensioni del frutto, rispetto ad altre zone di produzione siciliane, risultano essere degli importanti parametri distintivi poiché correlati alla tipicità della zona geografica. Infatti, il territorio è dotato di caratteristiche particolari, quali l’altitudine e la conformazione orografica che rappresentano elementi essenziali nella determinazione delle particolari condizioni di intensità e qualità della radiazione luminosa, dell’alternanza dei cicli di bagnatura-asciugatura dell’epicarpo dei frutti e dell’escursione termica giornaliera, soprattutto nel periodo di maturazione dei frutti

Il definitivo successo del ficodindia e la sua trasformazione in coltura intensiva nell’areale delimitato risalgono alla metà degli anni settanta del XX secolo. Sono gli anni in cui viene rinnovata la tradizione etnea, quella di Santa Margherita Belice, che si sviluppa su nuovi territori ed in cui si afferma in maniera preponderante l’area di San Cono, il cui territorio incuneato tra tre grossi centri :Enna, Caltagirone e Caltanissetta, è oggi la più importante zona di produzione in coltura specializzata esistente e giudicata dagli esperti del settore “capitale della produzione di ficodindia in Italia.”

PECORINO SICILIANO DOP

Unico tra i formaggi prodotti anche nel nisseno a godere della Denominazione di origine, il Pecorino

Siciliano DOP viene prodotto secondo tecnologie tradizionali che sostanzialmente lo diversificano e lo

evidenziano nella generale tendenza all’appiattimento dei gusti.

Qualsiasi pecorino viene prodotto da latte di pecora e attraverso le stesse tecniche di produzione.

Il Pecorino Siciliano DOP rappresenta però una eccellenza dalle caratteristiche uniche anche al di fuori

dell’ambiente di origine, proprio perché la qualità del pecorino dipende dalla razza e dal tipo di

alimentazione delle pecore.

E’ un formaggio a pasta dura, prodotto esclusivamente con latte di pecora intero, fresco e coagulato con

caglio di agnello in pasta; prodotto con o senza bacche di pepe (piper migrum), affogate nella pasta all’atto

dell’incanestratura.

Viene prodotto con una tecnologia tradizionale, la cui origine remota ne fa uno dei formaggi più antichi – se

non il più antico tra quelli prodotti in Italia.

A dimostrazione di ciò, al di là della leggenda di Polifemo nella quale comunque vengono per la prima volta

citati i canestri di giunco o vinco (“effesus” “iuncus acutus”) quali contenitori di formaggio, i cui segni

lasciati sulla crosta caratterizzano la produzione di tutti i

formaggi a pasta compatta della Sicilia – ricordiamo che

già nel mondo greco classico venne redatta una “carta dei

formaggi” nella quale erano compresi i pecorini di Sicilia.

Anche Plinio, a cui si deve la prima classificazione dei caci

nazionali ed esteri, tra i migliori, cita i pecorini di

Agrigento.

Il pecorino Siciliano DOP ha la caratteristica forma

cilindrica a facce piane o lievemente concave. Il suo peso

varia tra 4 e 12 kg, lo scalzo è alto circa 10-18 cm. La

crosta è bianca-giallognola. La superficie è molto rugosa a

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causa della modellatura lasciata dal canestro. La pasta è compatta, di colore bianco o giallo paglierino, con

occhiatura scarsa.

Il latte da caseificare deve essere quello della mungitura mattutina o serale, raccolto in una tina di legno assieme al caglio in pasta di agnello o capretto. La cagliata viene rotta con una rotula di legno e ridotta in pezzi grandi quanto un chicco di riso; viene poi aggiunta acqua calda a 70°. Dieci minuti dopo l'aggiunta dell'acqua la pasta viene spurgata con le mani nella piddiaturi e posta nei fasceddi, i canestri di giunco che conferiscono al Pecorino la sua forma tradizionale. Dopo circa venti minuti d'assestamento nei canestri, si sottopone la pasta alla scottatura per circa 2-3 ore. Successivamente la cagliata viene stesa su di un piano inclinato (tavoliere) per uno o due giorni. Le forme vengono rivoltate più volte nelle fascedde per conferire al Pecorino Siciliano DOP la caratteristica forma a cilindro. La salatura viene praticata a mano il giorno successivo alla produzione e dopo dieci giorni le forme vengono poste ad un nuovo trattamento.

Fra le caratteristiche peculiari del Pecorino Siciliano DOP, vanno annoverate anzitutto il gusto leggermente piccante e l’incantevole profumo. Il sapore è caratteristico, l'aroma intenso. Il pecorino Siciliano affinchè venga riconosciuto DOP, deve essere prodotto nel rispetto di un preciso disciplinare. Il D.P.R. n.1269 infatti prende in considerazione soltanto il formaggio stagionato, anche se il pecorino Siciliano viene consumato anche fresco (Tuma e Primo sale) e semistagionato (Secondo sale). Il periodo di stagionatura varia dai 4 agli 8 mesi, e viene effettuato in locali areati naturalmente.

Oggi il Pecorino Siciliano, che occupa il secondo posto nell’intera produzione casearia nazionale di formaggi

pecorini, ottenuto ancora secondo una tecnologia che è da ritenere identica a quella tramandataci dalla

leggenda (estremamente semplice e che conserva intatti gli aromi e i gusti conferiti al latte dai pascoli

siciliani) ne fa quindi un formaggio unico ed inimitabile.

LA CAROTA NOVELLA DI ISPICA IGP

Nell’estrema punta sud-orientale della Sicilia, in un territorio ricco di storia e di natura, di terra e di mare, viene prodotta la Carota Novella di Ispica. Le origini di questo prodotto risalgono agli anni Cinquanta e da allora, la sua coltivazione si è progressivamente estesa comprendendo, oltre al territorio di Ispica, molti comuni delle province di Ragusa, Siracusa, Catania e Caltanisetta.

Ha ottenuto l’Indicazione geografica protetta (IGP) perchè si contraddistingue per la precocità di maturazione, la colorazione molto intensa e per il profumo particolare e deciso. Appartiene al gruppo della carota rossa semilunga nantese, e viene definita “novella” perché raggiunge la maturazione commerciale già dalla fine del mese di febbraio.

La carota Novella di Ispica è ricca di glucosio, di betacarotene (vitamina A) e di altre vitamine del gruppo B, PP, D ed E, preziose per la vista e per la pelle. Ha una forte azione antiossidante che contrasta i radicali liberi, aiuta nelle diete dimagranti, regola i livelli di colesterolo e recenti studi hanno dimostrato proprietà antitumorali. Viene consumata sia cruda che lessata ed è un ingrediente indispensabile per preparare dolci, zuppe, lessi, bolliti e la tipica caponata. La Carota Novella di Ispica Igp (Indicazione geografica protetta) è un ortaggio certamente umile, ma ricco dei profumi e dei sapori di un territorio come quello

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della Sicilia che, grazie alle caratteristiche del clima e dei terreni, riesce a dar vita a un prodotto incomparabile ed esclusivo. La particolare combinazione di fattori climatici e pedologici, infatti, consentono al territorio di esprimersi al meglio e di coltivare prodotti dalle grandi peculiarità organolettiche. Le temperature medie invernali elevate, le ore di luce solare che ricevono i terreni da Settembre a Marzo e la buona fertilità del territorio, sono tutti fattori che hanno contribuito al suo notevole successo sui mercati nazionali che internazionali.

UVA DA TAVOLA DI CANICATTI’ IGP

L’Uva da tavola Italia di Canicattì è la varietà di maggior pregio prodotta tra i comuni di Canicattì e Delia, nelle province di Agrigento e Caltanissetta. A Canicattì e nel territorio circostante ci si rese presto conto che solo con un progetto imprenditoriale di ampio respiro sarebbe stato possibile lanciare verso mercati internazionali un prodotto di eccezionale qualità come l'uva da tavola denominata "Italia". Dai grappoli di grossa pezzatura e resistenti, con acini medi o grossi, dorati e croccanti, è gustosa ed equilibrata, ed è stata la prima in Europa ad ottenere l'Indicazione Geografica Protetta (IGP).

Il frutto, ottenuto dalla fecondazione della cultivar Bicane con polline di Moscato d'Amburgo, presenta grappoli del peso di circa 1 kg, acini spargoli medio-grossi, turgidi, dorati e croccanti. Il prodotto biologico e convenzionale assume inoltre una colorazione giallo oro. Ha un profumo gradevole e aroma di Moscato. I vigneti sono coltivati a tendone con 1.100 piante per ettaro; per le produzioni medio-tardive, sono ricoperti con materiale plastico per evitare che i grappoli si bagnino durante le piogge. La raccolta inizia la terza decade di agosto nelle zone costiere e prosegue fino a settembre, mentre si raccoglie a dicembre nelle zone più fresche come Canicattì e Delia. L'uva viene conservata in ambienti freddi e in celle frigorifere a temperatura e umidità controllate per un massimo di 90 giorni.

Disponibile da luglio ad ottobre, l’uva di Canicattì è apprezzata nel mondo per l’inconfondibile sapore, il fresco profumo e le pregiate qualità nutritive che ne fanno un prodotto unico. Occupa con prepotenza le tavole di tutti i Paesi dell'unione europea, ed è una delle fonti primarie di reddito di una città produttiva e ricca di risorse.

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CERASUOLO DI VITTORIA DOCG

Il 1973 è l'anno del riconoscimento della denominazione di origine

controllata e infine il 2005 vede la prestigiosa docg.

Zona di produzione

La zona di produzione delle uve comprende una vasta area che include

territori ricadenti in tre province limitrofe: Ragusa; Caltanissetta e

Catania. In provincia di Ragusa include tutto il territorio dei comuni di

Vittoria, Comiso, Acate, Chiaramonte Gulfi, Santa Croce Camerina e

parte del territorio comunale di Ragusa. In provincia di Caltanissetta la

zona di produzione comprende parte del territorio dei comuni di

Niscemi, Gela, Riesi, Butera e Mazzarino. In provincia di Catania sono

interessati i comuni di Caltagirone, Licodia Eubea e Mazzarrone.

Vitigni e caratteristiche organolettiche

Il Cerasuolo di Vittoria docg, anche nella tipologia Classico, si ottiene da uve provenienti dal vitigno Nero

d'Avola in percentuale dal 50% al 70%, e dal vitigno Frappato in percentuale dal 30% al 50%. Ha un colore

rosso ciliegia carico tendente al violaceo, in bocca si presenta secco, caldo, rotondo e armonico, vinoso da

giovane e vellutato con l’età; il bouquet è ricco di sentori floreali e fruttati: da giovane sprigiona profumi di

melagrana matura, ciliegia, fragola e frutti rossi, mentre i vini invecchiati tendono anche a note sensoriali di

prugna secca, cioccolato, cuoio, tabacco, in special modo nella tipologia Classico. La gradazione alcolica

minima è di 13°. Adattissimo a lunghi invecchiamenti, fino a diventare uno “stravecchio” con 30-40 anni di

botte, il Cerasuolo di Vittoria si fa, in questo caso, un vino classico di grande nobiltà, nel quale tutte le

qualità originarie sono sublimate.

Abbinamenti

Vino rosso dal gusto vellutato, facilmente abbinabile grazie alla sua versatilità, il Cerasuolo di Vittoria

predilige i piatti complessi: tra i primi cannelloni, lasagne e pasta con sughi dal sapore deciso, quali risotto

al Ragusano dop o tagliatelle con salsiccia; oppure carni rosse arrosto o cotte alla brace, agnello al sugo con

puré di patate. Inoltre, il Cerasuolo di Vittoria accompagna particolarmente bene i classici della cucina

siciliana come caponata, falsomagro, coniglio con le olive, cous cous di verdure, arancine, sgombri grigliati.

Eccellente, soprattutto se invecchiato, anche con cacciagione e selvaggina, salumi e formaggi piccanti

stagionati. Per onorare il Cerasuolo è preferibile servirlo a una temperatura tra i 18° e i 20°; il bicchiere

consigliato è il calice a tulipano formato Bourgogne. I più raffinati intenditori lo consigliano come aperitivo

quando è molto invecchiato, da gustare nel piccolo calice a stelo.

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CONTEA DI SCLAFANI DOC

La Doc Contea di Sclafani è stata riconosciuta con DM 21.08.1996

pubblicato sulla GU n. 202 del 29.08.1996.

Zona di produzione

Si estende, in provincia di Palermo, all'intero territorio dei comuni di

Valledolmo, Caltavuturo, Alia e Sclafani Bagni e parte del territorio dei

comuni di Petralia Sottana, Castellana Sicula, Castronovo di Sicilia,

Cerda, Aliminusa, Montemaggiore Belsito e Polizzi Generosa; in

provincia di Caltanissetta comprende l'intero territorio dei comuni di

Vallelunga Pratameno e Villalba e parte del territorio del comune di Cammarata in provincia di Agrigento.

Vitigni e caratteristiche organolettiche

Il Contea di Sclafani Bianco si ottiene da uve Catarratto, Inzolia, Grecanico congiuntamente o

disgiuntamente in percentuale minima del 50%; il Contea di Sclafani Rosso si ottiene da uve Nero d'Avola e

Perricone, congiuntamente o disgiuntamente per almeno il 50%; il Contea di Sclafani Rosato prevede

l'impiego di uve Nerello Mascalese in percentuale minima del 50%. Possono concorrere alla produzione di

detti vini, per la restante percentuale, le uve di altri vitigni delle province di Palermo, Agrigento e

Caltanissetta. I monovarietali bianchi Ansonica, Inzolia, Catarratto, Chardonnay, Grecanico, Grillo, Pinot

Bianco, Sauvignon e i monovarietali rossi Cabernet Sauvignon, Merlot, Nerello Mascalese, Nero d'Avola,

Pinot Nero, Syrah, Calabrese, Perricone e Sangiovese sono ottenuti dalle uve dei corrispondenti vitigni per

almeno l'85%

Il Contea di Sclafani Bianco all'esame visivo si presenta di colore giallo paglierino più o meno intenso

talvolta con riflessi verdognoli. Ha profumo gradevole, fine ed elegante e sapore armonico, delicato,

gustoso e sapido. La gradazione alcolica minima è di 10,5 gradi. Il Contea di Sclafani Rosso presenta un

colore rosso rubino più o meno intenso con eventuali riflessi violacei. Il suo profumo risulta gradevole, fine,

vinoso e il sapore risulta asciutto armonico, ricco di struttura. La gradazione minima è di 11 gradi. Il Contea

di Sclafani Rosato presenta invece un colore rosato tenue, un profumo gradevole, fine, fruttato e fragrante

e all'esame gustativo risulta delicato, armonico, fresco e vivace. La gradazione minima è di 10,5 gradi

Abbinamenti

Il Contea di Sclafani Bianco e i vini monovarietali bianchi rientranti in questa Doc si abbinano ad antipasti,

piatti a base di pesce e a base di uova e vanno serviti a una temperatura di 8-12 °C in calici svasati. La

versione Rosso e i vini monovarietali rossi vanno degustati assieme a preparazioni abbastanza strutturate,

in particolare secondi di carne, grigliate, salumi piccanti e cacciagione e vanno serviti a una temperatura di

16 -18 °C in calici ballon, mentre la versione Rosato si accompagna bene con salumi, secondi di carne,

verdure e formaggi freschi e va servito in calici ampi a una temperatura di 12-14 °C. Il Contea di Sclafani

Spumante Bianco o Rosato si sposa perfettamente con ostriche e antipasti di pesce e si consiglia di servirlo

a una temperatura di 8-10°C in bicchieri flûte. La tipologia Dolce e Dolce Vendemmia tardiva va servito a

fine pasto in calici piccoli a 12-14°C. Il Novello infine va abbinato con primi, carni bianche, torte di verdura,

salumi e formaggi freschi, servito in calici allungati a una temperatura di 14 -16 C°.

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RIESI DOC

La Doc Riesi è stata riconosciuta con DM 23.7.2001 pubblicato sulla GU

n.185 del 10.8.2001.

Zona di produzione

I comuni di Butera, Riesi e Mazzarino in provincia di Caltanissetta

Vitigni e caratteristiche organolettiche

Riesi Bianco: uve di Ansonica (o Insolia) e Chardonnay,

congiuntamente o disgiuntamente, in percentuale minima del 75%,

con l’eventuale aggiunta di quelle di altri vitigni a bacca bianca della

zona. Riesi Rosso: almeno 80% uve di Nero d’Avola e Cabernet

Sauvignon, con l’eventuale aggiunta di altre varietà a bacca rossa non

aromatiche della zona. Riesi Rosato: uve Nero d’Avola (50-57%) e Nerello Mascalese e/o Cabernet

Sauvignon (25-50%) a cui possono essere aggiunte quelle di altri vitigni non aromatici della zona. Riesi

Superiore: uve Nero d’Avola per almeno l’85% ed eventualmente da altre varietà a bacca rossa non

aromatiche della zona. Spumante e Vendemmia tardiva si producono con le stesse uve da cui si ottiene il

Riesi Bianco.

Riesi Bianco: colore paglierino più o meno intenso, talvolta con riflessi verdognoli, profumo gradevole, fine

ed elegante e sapore armonico, delicato, sapido. Riesi Rosso: colore rosso rubino più o meno intenso con

eventuali riflessi granati, profumo gradevole, fine, vinoso, sapore asciutto e armonico. Riesi Rosato: colore

rosato più o meno intenso, odore gradevole fine e fruttato e sapore delicato armonico, fresco, talvolta

vivace. Riesi Rosso Superiore: colore rosso rubino tendente al granato, odore caratteristico, etereo,

gradevole intenso e sapore asciutto, pieno, armonico, caldo e persistente. Riesi Spumante: colore

paglierino più o meno intenso e spuma fine e persistente, profumo caratteristico e fruttato. Riesi

Vendemmia Tardiva: colore giallo intenso tendente all’ambrato e un profumo intenso, persistente e

caratteristico, sapore vellutato, armonico, ricco, dolce. La gradazione alcolica minima: Riesi Bianco e Rosato

11 gradi. Riesi Rosso 11,5 gradi. Rosso Superiore 13 gradi. Spumante 10,5 gradi. Riesi Vendemmia Tardiva

18gradi.

Abbinamenti

Riesi Doc Bianco; molluschi, crostacei, cozze. Rosso: formaggi tipici siciliani come il Ragusano e il Pecorino

siciliano e secondi con carni rosse. Rosato: primi piatti con le sarde, ad antipasti di mare e melanzane. Riesi

Doc Superiore: Ragusano, Pecorino siciliano, braciole di vitello e involtini con carciofi. Spumante: aperitivo e

in abbinamento ad antipasti a base di crostacei e molluschi. Riesi Vendemmia Tardiva: formaggi erborinati e

piccola pasticceria.

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VITTORIA DOC

Vittoria è un vino a DOC istituita con decreto del 13/09/05

pubblicato sulla gazzetta ufficiale 26/09/05 n 224

modificato con d.m. del 30/11/2011.

Zone di produzione

Ragusa, Catania, Caltanissetta. La zona di produzione

della Doc “Vittoria”, include territori ricadenti in tre

province limitrofe: Ragusa, Caltanissetta e Catania.

Nella provincia di Ragusa la zona di produzione

comprende tutto il territorio dei comuni di Vittoria,

Comiso, Acate, Chiaramonte Gulfi, Santa Croce

Camerina e parte del territorio comunale di Ragusa. Nella

provincia di Caltanissetta la zona di produzione comprende parte del territotio dei seguenti comuni:

Niscemi, Gela, Riesi, Butera e Mazzarino. Nella provincia di Catania la zona di produzione comprende parte

del territorio dei seguenti comuni: Caltagirone, Licodia Eubea e Mazzarone.

Vitigni e caratteristiche organolettiche

I vini della Doc “Vittoria” sono presenti sul mercato in cinque tipologie: “Vittoria” rosso, “Vittoria”

Calabrese (o Nero d’Avola), “Vittoria” Frappato, “Vittoria” Ansonica (o Inzolia o Insolia) e “Vittoria” Novello.

I suddetti vini presentano le seguenti composizioni varietali: il “Vittoria” rosso dal 50% al 70% di Calabrese e

dal 30% al 50% di Frappato; il “Vittoria” Frappato contiene un Frappato minimo dell’85% e altri vigneti a

bacca nera non aromatici (massimo 15%); il Calabrese contiene Calabrese per il 15% e altri vitigni a bacca

nera non aromatici (massimo 15%); il “Vittoria” Ansonica contiene Ansonica minimo il 15% e altri vitigni a

bacca bianca idonei ala coltivazione Sicilia (massimo 15%); il “Vittoria” Novello, infine, contiene Calabrese

e/o Frappato minimo il 85% e altri vitigni a bacca nera, idonei alla regione siciliana (minimo 15%).

Il vino nella denominazione Vittoria è rosso rubino o ciliegia, e cambia profumazione a seconda

dell'assemblaggio. Con una maggiore percentuale di Nero d'Avola il colore si fa più scuro, e i profumi più

floreali, mentre il Frappato scarica i colori e rende gli aromi più fruttato. Il palato acquista corpo e struttura

con il Nero d'Avola, ma resta comunque in tutti i tagli, ben complesso ed elegante, fresco e secco.

Nella menzione monovitigno Nero d’Avola il colore si fa più denso e può assumere sfumature violacee. La

gamma olfattiva si fregia di frutti e fiori e il vino risulta solido e alcolico.

Il Vittoria Frappato è invece meno intenso nel colore con un aroma più fruttato.

Il Vittoria viene vinificato anche Novello, con un gusto fresco e morbido

Per quel che riguarda i vini bianchi, sono giallo paglierino, ben fruttati dove è presente sua la frutta bianca

fresca che quella secca. I vini risultano freschi e ben asciutti, con un retrogusto di noce.

Abbinamenti

La temperatura ottimale di servizio è di 16°/20° C. È preferibile che venga consumato appena imbottigliato

o conservato per 2/3 anni. Risulta preferibile mettere in tavola il vino Vittoria Inzolia ad una temperatura di

circa 10-12 gradi assieme a minestre, antipasti di mare, piatti di pesce, antipasti di terra. Sono ottimi con la

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carne e i formaggi. I vini bianchi si esprimono ancora solo localmente, con poche aziende che riescono ad

esportare anche nel resto della penisola.

Nella menzione monovitigno Nero d’Avola il colore si fa più denso e può assumere sfumature violacee. La

gamma olfattiva si fregia di frutti e fiori e il vino risulta solido e alcolico. Ottimo con il capretto al forno, le

carni aromatiche e i formaggi stagionati. Il Vittoria Frappato è invece meno intenso nel colore con un aroma

più fruttato. Il Frappato si abbina meglio con gli arrosti e i primi al sugo. Il Vittoria viene vinificato anche

Novello, con un gusto fresco e morbido, che ben si adatta alle carni bianche, ottimo anche con i salumi e le

grigliate.

Contrariamente ai vini bianchi che richiedono diversi tipi di bicchieri a seconda del tipo di vino, quelli rossi

invece si distinguono semplicemente in quelli più importanti che vanno serviti nel ballon, e quelli più

giovani che al contrario richiedono un semplice calice panciuto.

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PRODOTTI P.A.T. DELLA PROVINCIA CALTANISSETTA

(06/2014, 14° revisione del Ministero Politiche Agricole e Forestali. Sono esclusi i prodotti già riconosciuti

Doc, Docg, Igt, Dop, Igp, Stg, Bio e, per evitare ripetizioni nella trattazione, i Presìdi Slow Food e le ricette

già incluse nella trattazione)

Formaggio di capra siciliano “Formaggiu ri capra”

E’ un formaggio a pasta dura e cruda prodotto nell’intero territorio siciliano con latte intero, crudo, microflora naturale e caglio di pasta di capretto e, a volte, di agnello. Gli animali vengono alimentati prevalentemente in pascoli ricchi di essenze spontanee raramente integrati con l’alimentazione in stalla. Vengono tutt’oggi utilizzate attrezzature storiche: tina di legno, rotula di legno, cisca di legno, tavoliere di legno, canestri di giunco

“fascedde”, caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. Le origini di questo formaggio risalgono al XI secolo a.C. Omero parla di una bevanda a base di formaggio caprino grattato. I locali di stagionatura sono asciutti e freschi dove le forme

vengono sistemate negli scaffali di legno singolarmente o disposte in coppia l'una sull'altra. Si riscontrano inoltre cantine e grotte. Denominazioni ricorrenti derivanti da diversi stadi di salatura/stagionatura: Tuma fresca senza alcuna salatura. Primosale indica un formaggio fresco di 8-10 giorni circa che ha subito la salatura a secco esterna. Secondosale indica un formaggio semi-stagionato di 2-3 mesi circa che ha subito la salatura a secco. Stagionato indica un formaggio, salato con le stesse modalità, la cui maturazione supera i 3-4 mesi. Tecniche di lavorazione: il formaggiu ri capra (formaggio di capra siciliano) viene ancora prodotto con tecniche tradizionali. Il latte coagula in una tina di legno a circa 34-35°C con caglio in pasta di capretto e/o agnello in circa 45'. La cagliata viene fatta spurgare con le mani dopo essere stata posta in canestri di giunco, “fascedde”, che lasciano sulla superficie una particolare modellatura. All'atto dell'incanestratura può essere aggiunto pepe nero in grani o fiocchi di peperoncino, viene quindi scottata per circa 4 ore con scotta calda, posta su un tavoliere di legno ad asciugare. Salatura: il giorno successivo alla produzione viene praticata a mano la salatura a secco sull'intera superficie della forma. Dopo 10 giorni la forma viene trattata nuovamente e può subire un'altra salatura a distanza di altri 10 giorni circa. Stagionatura: Da 2-3 giorni, ad oltre 4 mesi; Caratteristiche del prodotto: la forma è cilindrica a facce piane o lievemente concave; la crosta è biancagiallognola, con la superficie rugosa per la modellatura lasciata dal canestro e viene cappata con olio; la pasta è compatta, bianca o paglierina con occhiatura scarsa. Il sapore è piccante. Pesa circa 3 Kg.

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Picurinu: tuma, primo sale, secondo sale, stagionato – Pecorino rosso

E’ un formaggio a pasta dura e semicotta prodotto

nell’intero territorio siciliano con latte intero e crudo di pecora, microflora naturale e caglio di pasta di agnello e, a volta, di capretto. Il sistema di alimentazione prevalente della pecore è a pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera. Le attrezzature storiche utilizzate sono: tina di legno, rotula di legno, cisca di legno, tavoliere di legno, canestri di giunco “fascedde”, caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. E' forse il più antico formaggio prodotto in Sicilia; le citazioni storiche risalgono al IX sec. a.C., in uno dei passi più famosi dell'Odissea di Omero, quando Ulisse incontra Polifemo. I locali di stagionatura sono freschi e le forme vengono sistemate negli scaffali di legno singolarmente o disposte in coppia l'una sull'altra. Si riscontrano inoltre cantine e grotte con pareti geologicamente naturali. Denominazioni ricorrenti derivanti da diversi stadi di salatura/stagionatura: Tuma fresca senza alcuna salatura. Primosale indica un formaggio fresco di 8-10 giorni circa che ha subito la salatura a secco o in salamoia satura. Secondosale indica un formaggio semi-stagionato di 2-4 mesi circa che ha subito la salatura a secco o in salamoia satura. Stagionato indica un formaggio, salato con le stesse modalità, la cui maturazione supera i 4 mesi.

Tecniche di lavorazione: il Picurinu (formaggio di pecora siciliano) viene ancora prodotto con tecniche tradizionali. Il latte coagula in una tina di legno a circa 34-35°C con caglio in pasta di agnello e/o capretto in circa 45'. La cagliata viene fatta spurgare con le mani dopo essere stata posta in canestri di giunco “fascedde” che lasciano sulla superficie una particolare modellatura. All'atto dell'incanestratura può essere aggiunto pepe nero in grani o fiocchi di peperoncino, viene quindi scottata per circa 4 ore con scotta calda, posta su un tavoliere di legno ad asciugare.

Salatura: il giorno successivo alla produzione viene praticata a mano la salatura a secco sull'intera superficie della forma o in salamoia satura. Se la salatura è a secco, si ripete l'operazione per almeno due volte a distanza di circa 10 giorni l'una dall'altra, lavando poi con salamoia quando si osservano fenomeni di asciugatura e spalmando successivamente sulla forma i liquidi espulsi dal formaggio. Stagionatura: la stagionatura avviene ad una temperatura di 12-16°C e con il 70-80% di UR per un periodo che può arrivare anche a 6-8 mesi ed oltre. Caratteristiche del prodotto: La forma è cilindrica a facce piane o lievemente concave; la crosta è biancagiallognola, con la superficie rugosa per la modellatura lasciata dal canestro e viene cappata con olio; la pasta è compatta, bianca o paglierina con occhiatura scarsa. Il sapore è piccante nello stagionato. Pesa 4-12 Kg. con uno scalzo di 10-18 cm.

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Provola Siciliana

E’ un formaggio a pasta filata prodotto nell’intero territorio siciliano con latte intero, crudo, di vacca, a microflora naturale e con caglio di pasta di agnello e/o capretto. Il pascolo naturale è il sistema di alimentazione prevalentemente utilizzato per le vacche, in quanto ricco di sostaste spontanee. A tutt’oggi le attrezzature storiche utilizzate sono: tina di legno, bastone di legno “rotula” contenitore di legno “mastredda”, piccolo tino di legno o rame stagnato per filare “staccio”,bastone di legno “manovella”. Fuoco diretto legna-gas. La provola siciliana assieme al caciocavallo è uno dei formaggi più antichi dell'isola.

Tecniche di lavorazione: la provola siciliana viene prodotta con tecniche tradizionali. Il latte coagula in una tina di legno a 34-37°C con caglio in pasta di agnello e/o capretto. La cagliata dopo la cottura è posta a maturare e spurgare per circa 3-4 ore su tavolieri di legno. La filatura è manuale e le provole vengono modellate a mano nella tipica forma affusolata a pera con testina. Salatura: in salamoia satura per un tempo variabile da 4 a 6 ore circa in rapporto alla pezzatura. Caratteristiche del prodotto: forma a pera. La crosta è sottile, liscia e di colore giallo ambrato. La pasta è di colore giallo paglierino, compatta. L'odore è gradevole ed il sapore dolce e delicato. Pesa circa 1 Kg.

Ciambella

E’ un dolce prodotto nel comune di San Cataldo appartenente alla tipologia del dolce secco ma morbido

all’interno, dalla caratteristica forma oblunga di circa 10-15 cm, dalla base piatta ed il dorso convesso. Il dolce viene realizzato esclusivamente a mano e cotto al forno. Descrizione degli ingredienti della lavorazione: impasto di farina di grano duro, zucchero, uova. Elementi che comprovino che le metodologie siano state praticate in maniera omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni: ricetta che si tramanda da almeno 3 generazioni. Di seguito una ricetta – tipo per circa18 ciambelle.

Ingredienti: 4 uova, 400 g. di Zucchero, 400 grammi di farina

Preparazione: amalgamare zucchero e uova. Mettere il composto sul fuoco a fiamma moderata e

mescolare fino a rendere lo zucchero sciolto e il composto schiumoso. A questo punto toglierlo dai fornelli.

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Fare raffreddare leggermente ed aggiungere la farina a poco a poco mescolando bene. Il composto deve

risultare leggermente denso; se dovesse presentarsi troppo liquido, aggiungere pari quantità di farina e di

zucchero (1 o 2 cucchiai).

Su teglia con carta forno, versare un cucchiaio di composto per volta, distaccandolo dal successivo poiché

si allargherà formando la ciambella della misura di 15 cm e forma allungata.

Infornare per 10 minuti a 180°. Sopra si deve formare una bella crosticina.

Cuccia

Dolce a base di grano cotto, condito con crema di ricotta, crema pasticcera o crema al cioccolato, tradizionalmente preparato in tutta la Sicilia, in ambienti domestici e pasticcerie, in occasione della Festa di Santa Lucia il 13 dicembre. Ingredienti: grano, crema di ricotta, crema bianca o al cioccolato, cannella in polvere. Preparazione: porre il grano in acqua ed ammollare per 12 ore, quindi scolarlo e farlo cuocere, a fuoco molto basso, in una grande pentola piena d'acqua bollente. Dopo 4-5 ore di cottura, spegnere il fuoco, lasciare riposare ancora per altre 12 ore e scolare. A parte preparare la crema di ricotta utilizzando ricotta di pecora, zucchero, pezzetti di cioccolato e zuccata. In alternativa si può utilizzare una crema bianca ottenuta con il latte, amido, zucchero e scorza di limone, o una crema al cioccolato. Mescolare quindi la crema ottenuta alla “cuccia”, disporla sul piatto di portata e spolverizzarla con polvere di cannella. Elementi che comprovino che le metodologie siano state praticate in maniera omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni: una leggenda assai diffusa narra che dopo la morte di Santa Lucia avvenne una terribile carestia. La mattina di quel lontano 13 dicembre, alcune navi, dopo aver sbarcato nel porto un provvidenziale carico di grano, scomparvero per incanto,..........Da allora in poi non solo i Siracusani, ma tutti i Siciliani, il 13 dicembre, festività dedicata alla martire Siracusana, sogliono mangiare la “cuccia”.

Ricotte di Vacca – Pecora – Capra

Si tratta di un prodotto fresco dell’intero territorio regionale. La materia prima utilizzata è il siero di latte di vacca, pecora, capra che può essere lavorato singolarmente o miscelato in varie combinazioni (ricotta mista); la microflora è naturale. Vengono utilizzate attrezzature storiche per la sua preparazione: caldaia di rame stagnato “quarara”, bastone di legno “zubbu”, contenitore di legno “tinieddu di l'agru” o “serratizzu”, fiscelle di giunco o di canne, fascere in legno (per la ricotta salata), cucchiaio in legno “scumaricotta”, mestolo, tavolo

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spersore. Fuoco diretto legna-gas. La storia della ricotta di vacca è ampiamente illustrata dallo storico Antonio Uccello, che descrive minuziosamente la lavorazione della ricotta e gli utensili tradizionali utilizzati. Un accenno alla ricotta di pecora è presente nell’ opera del Gallo del IV secolo d.C., mentre alla fine del 1800, il sacerdote don Gaetano Salamone compila un trattato destinato agli agricoltori e ai casari dove spiega minuziosamente la tecnica di fabbricazione della ricotta di pecora. Anche la ricotta di capra viene citata nel libro del Gallo, l'autore afferma che la ricotta di capra è la migliore in assoluto, mentre la ricotta di pecora risulta più saporita rispetto a quella vaccina. La ricotta salata è di antica tradizione, conosciuta notoriamente come indispensabile ingrediente di alcune rinomate pietanze siciliane (pasta alla Norma). Tecnologia di produzione: il siero di latte della specie prescelta (vacca, pecora, capra) viene addizionato di sale e di latte della stessa specie, quindi riscaldato a circa 90°C fino a quando non avviene l'affioramento della ricotta. Una volta affiorata si elimina la schiuma in superficie e si raccoglie la ricotta nelle fiscelle che verranno poste in un tavolo inclinato contenente dell'acqua fredda. Salatura: sale aggiunto durante la lavorazione secondo la specie da cui proviene il siero e secondo la tecnologia di produzione. Caratteristiche del prodotto: prodotto cremoso, morbido, di colore bianco avorio, più giallo-paglierino per la ricotta di pecora e capra, ha una forma tronco conica dovuta alla fiscella nella quale è contenuto. Il sapore è dolce, l'odore è di siero. Questo tipo di prodotto può essere anche salato (ricotta salata) fino a 2 mesi, su tavole di legno o in strutture di legno specifiche in ambienti naturali, attraverso il semplice cospargimento di sale sulla superficie della ricotta.

Cubaita (o torrone di semi di sesamo)

E’ il torrone tipico siciliano artigianale, prodotto di solo mandorle tostate, pistacchio di primissima qualità, miele, amalgamati sapientemente; prodotto molto friabile e croccante. Comprende diverse varianti, a pasta dura e friabile, ed è un prodotto dolciario considerato tipico della città di Caltanissetta, dove la mandorla è una coltura prevalente. Prende il suo nome dall’arabo Qubbayt. Nella zona orientale della Sicilia prende il nome della “”Giuggiulena”, dall’arabo “giulgiulan o giolgiolan” cioè il sesamo che sostituisce negli ingredienti le mandorle.

Descrizione delle metodiche di lavorazione e stagionatura: In una pentola di rame si mettono insieme 1 Kg. di miele, 500 gr. di semi di sesamo, 250 gr. di zucchero, 500 gr. di mandorle crude con la pellicina. Si fa cuocere a fiamma bassa rimestando con un cucchiaio di legno fino a quando l'impasto diventerà duro al punto tale da non essere più rimestato; togliere dal fuoco e versare sul marmo unto d'olio e con il mattarello stendere fino a raggiungere uno spessore di almeno 2 cm.; appena tiepido, tagliare a pezzi romboidali. Elementi che comprovino che le metodologie siano state praticate in maniera omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni: Cubaita deriva dall'arabo “qubbayt”. Infatti furono gli arabi che introdussero il dolce in Sicilia insieme alla relativa preparazione.

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PRESIDI SLOW FOOD

POMODORO SICCAGNO DELLA VALLE DEL BILICI

Con il nome di Pomodoro Siccagno della Valle del Bilìci, vengono designate le antiche varietà locali di

pomodoro, coltivate in asciutto, nel bacino idrografico del torrente Bilìci, tutelate dal progetto presidi di

Slow Food.

Il microclima della zona, con estati caldissime e secche e inverni miti, favorisce un'agricoltura di altissima

qualità.

Tra le coltivazioni di eccellenza della zona, che comprendono lenticchie(tra cui la lenticchia di Villalba) e

grano, vi sono ottimi pomodori, che in questi terreni ricchi di potassio crescono

particolarmente dolci. Alcuni si coltivano senza irrigazione (nel

dialetto locale i siccagni) e con questi, in passato, si produceva un

ottimo concentrato (l’astrattu), la passata e i pomodori

secchi. Nei comuni di Marianopoli, Villalba, Valledolmo e

Scaflani Bagni ogni famiglia di contadini coltivava in asciutta

i pomodori, sostituiti nel tempo da ibridi moderni più

produttivi (brigade, interpeel). Alla raccolta e alla

trasformazione partecipava tutta la famiglia. I pomodori si

raccoglievano durante il giorno e si lavoravano a sera.

Fino a poco tempo fa si credevano persi del tutto i pomodori tradizionali siccagni. Tuttavia di recente, a

seguito di lunghe ricerche e alcuni tentativi falliti, si è rintracciato un produttore di Villalba che conserva

ancora una semente locale antica che riproduce ogni anno nella propria azienda. La forma è allungata con

l'apice a punta, si chiama pizzutello. In passato ogni famiglia aveva però i propri semi e li custodiva

gelosamente, e spesso li chiamava con il nome del capo famiglia.

Il pomodoro siccagno è interessante anche sotto il profilo organolettico e nutrizionale. Ricco di vitamina A e

vitamina C, nonché di antiossidanti come il licopene, ha anche un basso contenuto di calorie. E’ molto

saporito, tanto che la passata può essere cucinata anche senza sale.

LENTICCHIA DI VILLALBA

La prima testimonianza scritta di questa coltivazione nel territorio di Villalba viene riportata dallo scrittore

Giovanni Mulè Bertolo nel libro Memorie di Villalba edito nel 1900, ma la coltivazione della lenticchia di

Villalba era già storicamente presente nel territorio. Appartiene, come quella di Altamura, alla tipologia a

seme grande (macrosperma), tipica delle aree temperate Il periodo di massima produzione a Villalba si è

avuto tra gli anni Trenta e i Sessanta del secolo scorso, quando circa il 30% della produzione italiana

arrivava dalla Sicilia e in particolare proprio da questo paese in provincia di Caltanissetta. La lenticchia di

Villalba era particolarmente richiesta per le sue qualità organolettiche ma anche per la preferenza che il

mercato riservava in quel periodo alle tipologie a seme grande. Successivamente, il costo della

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manodopera e le rese limitate hanno costretto molti coltivatori ad

abbandonare la coltivazione. Inoltre, il mercato si è sempre più

orientato verso una riduzione del consumo di legumi e, al tempo

stesso, a un aumento del consumo di lenticchie a seme

piccolo, favorite anche da un minore tempo di cottura. Altro

fattore cruciale che ha causato la diminuzione delle coltivazioni è

stato l’aumento dell’importazione di legumi esteri a

prezzi notevolmente inferiori. La ripresa si è avuta solo dagli anni Novanta

grazie all’interessamento del CNR di Bari che ha fatto emergere le sue caratteristiche notevoli.

Caratteristiche della varietà

Gli aspetti positivi legati alla “lenticchia di Villalba” sono:

- la sua capacità di migliorare la fertilità del terreno, in quanto pianta azotofissatrice;

- l’altezza della pianta, che è maggiore rispetto a quella delle altre

popolazioni attualmente coltivate, tant’è vero che in annate particolarmente favorevoli può raggiungere i

60 cm, e questo

giova ad una eventuale meccanizzazione della raccolta.

- commestibilità e sapidità: secondo gli studi effettuati dal CNR di Bari, la lenticchia di Villalba si caratterizza

per un elevato contenuto proteico (27.1 g/100 g di sostanza secca), basso tenore in fosforo e potassio

(rispettivamente 312 e 812 g/100 g di sostanza secca), e per l’elevato contenuto in ferro (5,1mg/100 g di

sostanza secca).

La lenticchia di Villalba ha un elevato tempo di cottura (58 minuti circa), sia per le varietà a seme piccolo,

come normale, sia per le varietà commerciali a seme grosso: nonostante ciò, il seme ha un’elevata

resistenza allo sfaldamento durante la cottura. Riccamente nutritive sono anche le paglie che possono

essere usate per l’alimentazione degli animali domestici d’allevamento, quale sottoprodotto, al termine

della raccolta.

La coltivazione, a semina autunnale, avviene su terreno arato superficialmente e seminato a file distanti 80

cm circa. La raccolta si esegue manualmente a metà giugno, le piante sono raggruppate in piccoli fasci e

lasciate essiccare all’aria aperta per 5-8 giorni fino alla separazione del seme, che è eseguita

meccanicamente.

CUDDRIREDDRA DI DELIA

A Delia, questa parola dal suono duro indica un dolce buonissimo, un biscotto a forma di bracciale il cui

nome risale al greco kolloura (cioè focaccia, pane biscottato di forma solitamente anulare). Nei vocabolari

dialettali, Cuddrireddra sta per focacciuola, schiacciatina modellata a foggia di baco ravvolto, o piccola

rotellina di pasta a forma di anello o corona. In Sicilia, e un po’ in tutto il sud Italia, si producono molti tipi di

ciambelline fritte, ma solo a Delia si realizzano in questa forma complicata. Si narra che la forma a “corona”

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sia nata quale omaggio alle castellane che vivevano a Delia durante la guerra del Vespro (1282-1302) nella

fortezza medievale che sovrasta la cittadina.

Sono passati sette secoli ma le “Cuddrireddre” si producono ancora.

La ricetta è semplice: si impasta la farina di grano duro con uova fresche, zucchero, un poco di strutto, vino

rosso, cannella e scorzette di arancio. Si lavora la massa su un asse di legno (lo “scanaturi”) fino a quando

raggiunge la giusta compattezza e poi la si divide in piccoli rotolini. La parte più complicata, che richiede

manualità e esperienza, inizia a questo punto: si avvolgono i rotolini di pasta intorno ad un bastoncino che

poi viene sfilato. La spirale di pasta viene appoggiata su un

attrezzo chiamato “pettine” costituito da due asticelle di

legno unite da una serie di striscioline di canna di

bambù levigata. I pettini sono conservati con grande cura

perché nessuno è più in grado di costruirli. Alcuni sono

vecchissimi, posso avere anche più di 150 anni.

Un oggetto bizzarro la cui funzione originaria era diversa: si

trattava infatti di un pezzo del banco di tessitura. Sul

“pettine” si appoggia la spirale di pasta che acquista la

caratteristica “rigatura”. Si uniscono a questo punto le due

estremità formando una corona. L’ultimo passaggio è la

frittura in abbondante olio extravergine d’oliva. È un presidio

Slow-Food.

ARCA DEL GUSTO

TORRONE DI CALTANISSETTA

E’ il torrone tipico siciliano artigianale, prodotto di solo mandorle tostate, pistacchio di primissima qualità,

miele,amalgamati sapientemente; prodotto molto friabile e croccante. Comprende diverse varianti ed è un

prodotto dolciario considerato tipico della città di Caltanissetta, dove la mandorla è una coltura prevalente.

Caltanissetta vanta oltre un secolo di tradizioni nella produzione del torrone. Nel periodo ottocentesco

esisteva in città una serie di attività legate alla produzione di questo dolce, già allora considerato una

tradizione radicata.

Se alcune delle realtà produttive dell’epoca non esistono più, ne sono sorte altre, che continuano ad

onorare la tradizione dolciaria di Caltanissetta, utilizzando metodi artigianali ed ingredienti scelti tra la

migliore produzione agricola locale.

Il Torrone tradizionale o "bloc", a pasta dura, è preparato con miele,

albume d'uovo, zucchero e sciroppo di glucosio. Le maestranze

mescolano gli ingredienti in una caldaia dal fondo di rame, simile alle

caldaie utilizzate anticamente e, nella fase finale di una cottura che dura

otto ore e avviene a fiamma bassa, aggiungono mandorle di varietà

tuono calibrata e pistacchi siciliani.

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Le proprietà nutritive sono indiscutibili, se ne consiglia un consumo moderato in virtù del notevole apporto calorico. Il Torrone nisseno è parte dell’Arca del gusto di Slow Food dal 2014, nonché prodotto inserito nell’elenco PAT dal 2012.

CANESTRATO SICILIANO

Il Canestrato siciliano è un formaggio a pasta

dura di latte vaccino, misto a latte pecorino o

caprino, che viene prodotto in tutta la Sicilia.

A seconda delle zone di produzione assume

denominazioni differenti, tra cui Canestrato

vacchino o dei Nebrodi.

Il Canestrato è inserito nell’Arca del Gusto dal

2002. Rientra tra i PAT – Prodotti

Agroalimentati Tradizionali – elenco stilato dal

Ministero delle Politiche agricole e forestali. E’

altresì inserito nel progetto Lactimed (Resistenza

Casearia, emanazione di Slow food) che valorizza le produzioni casearie tipiche del Mediterraneo.

Il nome Canestrato deriva dai canestri di giunco, utilizzati per produrre e conservare il formaggio. Vengono

però localmente utilizzati anche altri nomi, tra cui tumazzu o primosale, che fanno riferimento al grado di

stagionatura del formaggio.

Sapore e colore della pasta dipendono dai tempi e dai metodi di stagionatura. Il Canestrato fresco è molto

morbido e ha un gusto dolce con un colore molto chiaro tendente al giallo paglierino. Il Canestrato

stagionato ha invece un sapore piccante e un profumo pungente, si presenta con una pasta più dura e

compatta dal colore giallo più scuro tendente al marroncino.

Per la lavorazione si usa latte di vacca misto a latte intero crudo di pecora e (o in alternativa) di capra;

microflora naturale e caglio in pasta di agnello o capretto. Il latte viene fatto coagulare in una tina di legno

alla temperatura di 35° con caglio in pasta. La cagliata viene poi rotta e spurgata con le mani dopo essere

stata adagiata sulle fascere, o in siciliano fascedde, nient'altro che i tradizionali canestri di giunco che danno

al Canestrato la sua tipica forma lasciando i solchi sui lati del formaggio.

Nella seconda fase la cagliata viene cotta con la scotta calda a 80°. Le forme sono poi sistemate sul tavoliere

di legno per la fase fase di spurgo e di acidificazione cui seguirà la salatura.

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PRODOTTI CON NUOVI RICONOSCIMENTI

PANE DEL BORGO SANTA RITA

Ha ottenuto la certificazione dell’Aiab

(Associazione Italiana per l'Agricoltura

Biologica).

Ma cos'ha di particolare il pane del forno del

Borgo di Santa Rita? Vengono utilizzati grani

antichi siciliani, ottenuti con molitura a pietra.

Il pane viene poi preparato seguendo le ricette

e i metodi tradizionali che includono

lievitazione lenta e cottura nel forno a legna. I

grani antichi del territorio, coltivati

principalmente tra Villalba e Marianopoli

(Caltanissetta), sono Russello, Tumminia,

Perciasacchi, cui si aggiunge Senatore

Cappelli. Nonostante rendano meno delle varietà convenzionali sono di una qualità incomparabile. Questi

vengono moliti a pietra: Alla farina si aggiunge sale, acqua e pasta madre: di tre generazioni. I panetti

ottenuti rimangono a lievitare dalle cinque alle sette ore, in base alla stagione (d'estate serve meno

tempo), poi vanno direttamente nel forno a pietra, fatto con mattoni di terra cotta, dove il legno di

mandorli o di ulivi della zona conferiscono fragranze e aromi unici. Il pane che ne esce è di qualità, sa di

fieno, di terra, di legno e si mantiene anche per più di una settimana, rendendolo adatto alle spedizioni.

Il pane viene elaborato in diversi formati, a partire dal quartino al chilo, e differenti varietà: c'è il pane

integrale, quello bianco e il burattato, che non è né integrale né bianco (ha poca crusca); c'è quello bio o

quello convenzionale, quello con le olive e il pane dolce alle mandorle.

VIRCIDDRATI DI SUTERA

Si tratta di buonissimi dolci prodotti dalle maestranze del comune di Sutera che hanno ottenuto il

riconoscimento De.Co. nel 2015. La Denominazione Comunale non è un marchio di qualità, ma la carta

d’identità di un prodotto, un’attestazione che lega in maniera anagrafica un prodotto/produzione al luogo

storico di origine.

In altri termini, è un certificato notarile contrassegnato dal Sindaco, il primo cittadino, a seguito di una

delibera comunale, che certifica, con pochi e semplici parametri, il luogo di “nascita” e di “crescita” di un

prodotto e che ha un forte e significativo valore identitario per una Comunità.

Il Virciddratu di Sutera è un dolce prevalentemente natalizio ma viene gustato durante il corso dell'anno.

Le sue origini risalgono a tempi antichissimi. Il nome stesso buccellato proviene dal "buccellatum" degli

antichi romani (pane di forma rotonda). Anticamente la preparazione di questo dolce avveniva utilizzando

originali strumenti: il piano di lavorazione, due sedie ed un utensile. Il piano di lavoro, in dialetto

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"scanaturi" era una tavola in legno, opportunamente lisciata e sagomata, sulla quale avveniva l'ìmpasto dei

dolci e del pane. Le due sedie, o meglio, la loro seduta, serviva da sostegno allo "scanaturi". Per la

preparazione del "Virciddratu di Sutera" si utilizzano le seguenti materie prime reperite esclusivamente

nell'ambito del territorio di Sutera: mandorla dura di produzione locale, miele ricavato dalle piante

selvatiche "nostrane" (timo selvatico, sulla, eucalipto, etc...). Il Virciddratu di Sutera è composto da una

parte esterna costituita dalla pasta e da una interna costituita dal farcito detto "nucatu".

Per la pasta normalmente si usa farina di Maiorca, alla quale si incorpora la saimi (strutto) e lo zucchero. Si lavora (frisulia) per ore e, poi, si lascia riposare per una notte. Il farcito (nucatu), si prepara mescolando miele e le mandorle abbrustolite tritate, lavorate a caldo secondo la tradizione antica.

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PRODOTTI DEL NISSENO CERTIFICATI

DOCG IGP DOP DOC SLOW-FOOD ARCA DEL

GUSTO PAT AIAB

CERASUOLO DI VITTORIA

CAROTA NOVELLA DI ISPICA

UVA ITALIA DI CANICATTI'

OLIO EVO COLLI NISSENI*

FICO D'INDIA DI SAN CONO

PECORINO SICILIANO

DOC CONTEA DI SCLAFANI

DOC RIESI

DOC VITTORIA

LENTICCHIA DI VILLALBA

CUDDIREDDA DI DELIA

POMODORO SICCAGNO DELLA VALLE DEL BILICI

TORRONE DI CALTANISSETTA

CANESTRATO SICILIANO

FORMAGGIO DI CAPRA SICILIANO

PICURINU

PROVOLA SICILIANA

CIAMBELLA DI SAN CATALDO

CAPONATA DI MELANZANE

CUCCÍA

BIANCOMANGIARE

RICOTTE DI VACCA - PECORA - CAPRA

CUBAITA

PANE DEL BORGO DI SANTA RITA

*DOP transitoria

* Presente nella sezione "Ricette" della tradizione nissena

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RICETTARIO DELLA TRADIZIONE NISSENA

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LE RICETTE DEL NISSENO

Il Ricettario che segue è stato redatto in collaborazione coi 4 istituti superiori alberghieri della provincia

nissena.

Raggruppa portate che vanno dagli antipasti fino ai dolci tipici del nisseno. Alcuni sono conosciuti, altri

meno. Ma l’arte della cucina farà sì che, nella riproposizione delle ricette nella propria casa, il lettore si

sentirà “trasportato” nelle atmosfere e tradizioni e nella storia degli abitanti della provincia dei castelli

nisseni.

Il fine, oltre a quello conoscitivo, è di portare il lettore verso un uso consapevole e creativo dei prodotti di

questa terra e di questo mare, in linea coi principi cardine della Dieta Mediterranea.

La ricerca dell’eccellenza a tavola insieme ad uno stato di salute quanto più ottimale possibile, passano

anche attraverso l’educazione alimentare.

Perché, come diceva il filosofo Feuerbach, “Noi siamo quello che mangiamo”.

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FUATE

INGREDIENTI (per 10 persone)

Farina di grano duro, 1 kg

Lievito di birra, 30g

Pomodori maturi, 1kg

Aglio, 3 spicchi

Pecorino siciliano, 100g

Sarde salate, 100g

Olio e.v.o., 50g

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 455/1904

GRASSI di cui

11.7

- Acidi grassi saturi 2.8

- Acidi grassi monoinsaturi 4.7

- Acidi grassi polinsaturi 1.3

- Colesterolo (in mg) 6.2

CARBOIDRATI di cui

67.8

- zuccheri 6.7

- amido 54.5

FIBRE ALIMENTARI 14.2

PROTEINE 19.6

PROCEDIMENTO

Sciogliere il lievito in una scodellina con acqua

tiepida. Incorporarlo alla farina che avrete

versato sul piano da lavoro con un pizzico di

sale e lavorare bene, aggiungendo, se

necessario, dell’acqua tiepida. La pasta dovrà

risultare morbida ed elastica. Appena pronta,

datele la forma di una palla, infarinarla e

avvolgerla in un tovagliolo mettendola da parte

a lievitare per un’ora circa. Dividere la pasta

lievitata, spianandola grossolanamente con le

mani. In dischi rotondi dello spessore di circa

un centimetro e di diametro di dieci. Condite

con pomodoro fatto a pezzetti, l’aglio

tagliuzzato, le sarde ben pulite e diliscate, il

pecorino e l’origano. Infornare a 250° per pochi

minuti e, appena tolte dal forno, versare su

ciascuna un filo d’olio e farle combaciare l’una

contro l’altra, lasciando all’interno il

condimento.

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MUFFULETTA CON RAGU’ DI CARNE

INGREDIENTI (per 4 muffolette)

Farina tipo 00, 750g

Semi di finocchio, 30g

Lievito di birra, 25g

Zucchero, 15g

Maiale trito, 600g

Pomodori, passata, 1kg

Carota, sedano, cipolla, 50 g

Olio e.v.o., 30g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per Muffoletta ENERGIA KCAL/KJ 1040/4354

GRASSI di cui

21

- Acidi grassi saturi 4.6

- Acidi grassi monoinsaturi 9.9

- Acidi grassi polinsaturi 3.5

- Colesterolo (in mg) 91.5

CARBOIDRATI di cui

156.7

- zuccheri 10.6

- amido 128.8

FIBRE ALIMENTARI 11.1

PROTEINE 56.2

PROCEDIMENTO

Per le muffolette: sciogliere il lievito di birra con 150ml di acqua tiepida (no bollente) e un cucchiaino di zucchero mescolando bene. Farlo riposare 10 minuti. In una ciotola, mettere la farina e fare un buco al centro per porvi il lievito, altri 200ml di acqua e il sale. Cominciare ad impastare. Aggiungere anche i semi di finocchio e lavorare il pane per circa 10 minuti. Coprirlo e farlo lievitare per due ore. Trascorso questo tempo, lavorare l’impasto un altro minuto e formare quattro panini rotondi non troppo spessi. Fare sopra un taglio a croce, coprirli e lasciarli lievitare per un’ ora. Infornare a 220° per circa mezz’ ora. Una volta raffreddati, tagliarli a metà in senso orizzontale e versarvi il ragout preparato nella maniera classica, aiutandovi con un cucchiaio. Per il ragout: fare rosolare, in poco olio e per pochissimi minuti, un trito di carota, sedano e cipolla; aggiungere adesso il maiale tritato e cuocete per una decina di minuti, mescolando di tanto in tanto. Unire la passata di pomodori e sale e pepe a piacere. Cuocere a fiamma bassissima per tre ore almeno. Servire con la salsa ancora fumante. N.B.: il ripieno della muffoletta può anche essere costituito da: sale, olio e.v.o., sarde. Oppure può diventare un saporitissimo dolce, se la si farcisce con ricotta fresca e miele.

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PASTA CON FAVE E RICOTTA

INGREDIENTI (per 8 persone)

Pasta, 600 g

Ricotta ovina, 300 g

Fave fresche, 1 kg

Cipolla novella, 160g

Olio e.v.o., 35g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 438/1833

GRASSI di cui

10.3

- Acidi grassi saturi 3.5

- Acidi grassi monoinsaturi 4.2

- Acidi grassi polinsaturi 1.1

- Colesterolo (in mg) 15.7

CARBOIDRATI di cui

67.6

- zuccheri 8.6

- amido 53.7

FIBRE ALIMENTARI 8.4

PROTEINE 18.4

PROCEDIMENTO

Sgusciare le fave primizie, togliere loro

il cappelletto e cucinarle in tegame a

fuoco bassissimo, con olio e cipolla

finemente affettata, sale e pepe q.b., in

modo che non soffriggano mai ma si

insaporiscano nella loro stessa acqua.

Lessare le penne o i ditalini. Scolarli e

condirli nella zuppiera con la ricotta già

sciolta con qualche cucchiaio di acqua

di cottura della pasta. Versarvi sopra le

fave e servite ben caldi.

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PASTA CON PISELLI E MAZZAREDDRI

INGREDIENTI (per 6 persone)

Pasta, 400g

Mazzareddri, 400g

Piselli, 250g

Ricotta salata, 100g

Cipolla, 80g

Olio e.v.o., 25g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 370/1549

GRASSI di cui

9.6

- Acidi grassi saturi 0.7

- Acidi grassi monoinsaturi 3.1

- Acidi grassi polinsaturi 0.8

- Colesterolo (in mg) 6

CARBOIDRATI di cui

57.8

- zuccheri 5.7

- amido 46.3

FIBRE ALIMENTARI 7

PROTEINE 13

PROCEDIMENTO Iniziate con il pulire i mazzareddri (Arabis turrita L.), prendendo solo la parte tenera delle cime e, nel frattempo, cuocere separatamente i piselli. Sbollentate appena le verdure evitando che la foglia diventi troppo morbida. In una padella fate soffriggere, con un filo d’olio d’oliva, la mezza cipolla tagliata a piccoli tocchetti alla quale aggiungerete i piselli e i mazzareddri. Infine, scolate le mezze penne cotte al dente, versatele nella padella contenente i piselli e i mazzareddri e mantecate il tutto aggiungendo della ricotta salata grattugiata.

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PASTA ‘NCACIATA

INGREDIENTI (per 6 persone)

Pasta, 500g

Cavolfiore, 1kg

Maiale trito, 250g

Salsiccia secca, 300g

Pomodori, polpa, 250g

Pecorino, 200g

Cipolla, 160g

Aglio, 2 spicchi

Olio e.v.o., 30g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 869/3638

GRASSI di cui

44.2

- Acidi grassi saturi 16

- Acidi grassi monoinsaturi 19.3

- Acidi grassi polinsaturi 5.1

- Colesterolo (in mg) 75.2

CARBOIDRATI di cui

74

- zuccheri 11

- amido 57.5

FIBRE ALIMENTARI 6.8

PROTEINE 43.8

PROCEDIMENTO

Lessare il cavolfiore, tagliarlo a tocchetti e

farlo insaporire in padella con due spicchi

d’aglio tritato, sale e pepe. Preparare una

salsa di carne facendo soffriggere la cipolla

affettata a cui, dopo la doratura, si

uniscono il trito di maiale e la salsiccia secca

a pezzettini. Appena insaporiti, si unisce la

polpa di pomodoro, sale e pepe, un

mestolino d’acqua a si fa cuocere a lungo

finché si restringe. Lessare i maccheroni

rigati, scolarli, metterli in una zuppiera e

condirli tutti insieme con il ragù, broccoli e

il pecorino grattugiato. In una teglia unta

d’olio (cosparsa facoltativamente di

pangrattato), sistemarvi la pasta già

condita. Mettere in forno caldissimo per

15-20 minuti.

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PASTA CHI PISCI A BRORU

INGREDIENTI (per 6 persone)

Pasta, 400g

Pesce misto per brodo, 1kg

Pomodori maturi, 360g

Cipolla, 160g

Olio e.v.o., 25g

Aglio, uno spicchio

Basilico, qualche ciuffo

Alloro, una foglia

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 448/1875

GRASSI di cui

5.9

- Acidi grassi saturi 0.7

- Acidi grassi monoinsaturi 3.1

- Acidi grassi polinsaturi 0.8

- Colesterolo (in mg) 111.6

CARBOIDRATI di cui

59

- zuccheri 7.4

- amido 45.4

FIBRE ALIMENTARI 3.2

PROTEINE 39.8

PROCEDIMENTO

Pulite e lavate con cura il pesce misto da brodo. Affettate la cipolla e fatela appassire in un tegame con 2 cucchiai di olio, aggiungete la foglia di alloro, il pomodoro maturo schiacciato, il basilico, salate pepate e cuocete per 10 minuti. A questo punto, versate nel tegame circa 2 litri d’acqua, portate a bollore e immergete il pesce secondo l’ordine dei tempi di cottura di ogni specie e lasciatelo cuocere. Quindi, estraete i pesci più grossi e proseguite la cottura della zuppa con i pesci più piccoli ancora per 15 minuti. Alcuni minuti prima di completare la cottura aggiungete il trito di aglio e prezzemolo.________________________ Pulite i pesci grossi e mettete da parte la polpa. Passate la zuppa al passaverdure e versate il brodo in un tegame, aggiungete la polpa del pesce e riportate ad ebollizione. Unite la pasta e finite di cuocere.

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PASTA CON LE TELLINE

INGREDIENTI (per 5 persone)

Pasta, 400g

Telline, 350g peso netto. (Con valve, 1 kg)

Pomodori maturi, 150g

Aglio, due spicchi

Olio e.v.o., 30g

Prezzemolo, qualche ciuffo

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 425/1780

GRASSI di cui

9.15

- Acidi grassi saturi 1.4

- Acidi grassi monoinsaturi 4.9

- Acidi grassi polinsaturi 1.4

- Colesterolo (in mg) 84.7

CARBOIDRATI di cui

68.1

- zuccheri 6

- amido 56.4

FIBRE ALIMENTARI 3.5

PROTEINE 1.4

PROCEDIMENTO

Lavate le telline accuratamente con

abbondante acqua, scolatele, passatele in una

casseruola con coperchio e fatele aprire a fuoco

moderato. Non appena le telline saranno

aperte, scolatele, avendo cura di conservare la

loro acqua di cottura filtrata. Liberate una

buona parte dei molluschi dalle loro valve,

un’altra parte lasciarle con le valve. In una

padella, imbiondite con olio due spicchi d'aglio

tritati, aggiungete i pomodori a pezzetti e dopo

qualche minuto, amalgamate alla salsa le telline

sgusciate ed infine versate l'acqua

precedentemente filtrata. Regolate se è il caso

con sale e pepe e lasciate cuocere per circa 5-

10 minuti a fiamma bassa spolverizzando quasi

a fine cottura con il prezzemolo tritato. Lessate

a parte gli spaghetti, in abbondante acqua

salata, scolateli al dente e passateli nella

padella amalgamandoli con le telline.

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MINESTRA DI LENTICCHIE

INGREDIENTI (per 4 persone)

Lenticchie secche, 200g

Pasta tipo conchigliette o spaghettini, 100g

Carote, 140g

Pomodori maturi, 120g

Patate, 120g

Cipolla, 120g

Aglio, 1 spicchio

Prezzemolo, un ciuffetto

Dado vegetale, 1 e 1/2

Olio e.v.o., 20g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 344/1440

GRASSI di cui

6.3

- Acidi grassi saturi 0.9

- Acidi grassi monoinsaturi 3.8

- Acidi grassi polinsaturi 0.9

- Colesterolo (in mg) 0

CARBOIDRATI di cui

56

- Zuccheri 2.1

- Amido 44

FIBRE ALIMENTARI 10

PROTEINE 15.7

PROCEDIMENTO

Lavate le lenticchie in abbondante acqua e

privatele di tutte le impurità. Versate nella pentola

i legumi e ricopriteli d´acqua, fino a metà pentola

se si tratta di pentola a pressione, fino a 3/4 di

pentola se ne adoperate una normale in acciaio.

Lavate e pelate la patata e la carota ed unitele alle

lenticchie. Lavate il pomodoro, pelatelo, privatelo

dei semi e versatelo nella pentola. Eliminate la

buccia anche dalla cipollina e lo spicchio d´aglio e

unite al resto delle verdure. Infine, unite il ciuffetto

di prezzemolo ben lavato. Mettete la pentola sul

gas a fuoco moderato e, prima di chiuderla con il

coperchio (nel caso di pentola a pressione), unite

un dado e mezzo. Lasciate cuocere, sempre a

fiamma bassa, per 30 minuti con la pentola a

pressione ed un´ora circa con la pentola

tradizionale. Ultimata la cottura, togliete con un

mestolo le verdure dalla pentola e mettetele da

parte a freddare. Se le lenticchie appena cotte

dovessero risultare asciutte, aggiungete circa

mezzo litro d´acqua e portate nuovamente ad

ebollizione. Versate 100 gr di pasta e rimestate

bene per amalgamarla ai legumi. Lasciate cuocere

per il tempo indicato nella confezione della pasta,

rimestando spesso ed evitando che gli ingredienti

si attacchino al fondo. Nel frattempo, frullate le

verdure che avete messo da parte fino a renderle

una crema omogenea. Quando la pasta sarà cotta,

spegnete il gas e versate nella pentola la crema di

verdure. Mescolate, unite due cucchiai di olio e

portate in tavola la pasta ben calda. Se lo

desiderate potete aggiungere del pepe nero o

rosso.

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LA COTACCALLA

INGREDIENTI (per 5 panini)

Semola di grano duro, 500g

Lievito di birra, 25g

Zucchero, 5g

Acqua (a temperatura ambiente), 350gr

Sale fino, 10gr c.ca

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per panino

ENERGIA KCAL/KJ 336/1406

GRASSI di cui

2.8

- Acidi grassi saturi 0.1

- Acidi grassi monoinsaturi 0.1

- Acidi grassi polinsaturi 0.5

- Colesterolo (in mg) -

CARBOIDRATI di cui

64.2

- zuccheri 4.2

- amido 54.5

FIBRE ALIMENTARI 2.9

PROTEINE 13.5

PROCEDIMENTO

In una ciotola abbastanza grande per contenere tutti gli ingredienti sciogliete bene il lievito in circa 50 gr. di acqua tiepida insieme alla punta di un cucchiaino di zucchero. Lasciate riposare 10 minuti poi aggiungete il resto dell’acqua e mescola bene. Quando avete aggiunto tutta la farina rovesciate l’impasto su un piano e iniziate a impastare energicamente per circa una ventina di minuti. A questo punto mettete l’impasto in una ciotola leggermente infarinata e coprite con un panno di cotone (o di lana se l’ambiente è freddo). Lasciate lievitare per circa 3 ore in un posto riparato da correnti d’aria. Passate le tre ore, senza impastare nuovamente e cercando di stressare l’impasto il meno possibile, formate una pagnotta unica di forma rotonda. Mettete le pagnotte sul piatto del forno coperto con carta da forno e con un coltello e se volete fate dei tagli a croce alla parte superiore dell’impasto. Avete bisogno tra i 30 e i 45 minuti di cottura. Questo pane va condito appena sfornato, con olio di oliva, sale, pepe e formaggio con l’alternativa della ricotta oppure con olio, zucchero o miele.

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INSALATA DI ARANCE E ARINGHE

INGREDIENTI

Arance, 500g

Aringa affumicata, 120g

Finocchi, 200g

Olive nere, 100g

Cipolla, 100g

Prezzemolo, 40g

Olio e.v.o., 50g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 104/435

GRASSI di cui

8.3

- Acidi grassi saturi 0.65

- Acidi grassi monoinsaturi 3.28

- Acidi grassi polinsaturi 0.33

- Colesterolo (in mg) 8.8

CARBOIDRATI di cui

4.3

- zuccheri 4.3

- amido -

FIBRE ALIMENTARI 1.62

PROTEINE 3.06

PROCEDIMENTO

Pulire l’aringa, spinarla e tagliarla a filetti non

troppo sottili. Se le aringhe dovessero essere

molto salate o secche, depositarle in un

vassoio con poco latte. Affettare le cipolle ad

anelli larghi circa mezzo centimetro e

metterli in una ciotola con acqua e ghiaccio

per circa quindici minuti (serve a mantenere

la cipolla croccante). Affettare il finocchio a

strisce sottili non oltre il mezzo centimetro e

tagliare le arance (dopo averle sbucciate al

vivo), con un coltello seghettato nel senso

degli spicchi, in modo da ricavare soltanto gli

spicchi senza la pellicina e fare in modo che il

succo, che nel frattempo fuoriesce, possa

raccogliersi in una ciotola. In questo succo

raccolto aggiungere l’ olio, il sale e il pepe ed

emulsionare con una forchetta. A questo

punto filtrare la cipolla e metterla a

sgocciolare quindi riunire in una insalatiera le

arance, le aringhe eventualmente sgocciolate

dal latte ed asciugate, il finocchio e le olive e

infine l’emulsione di succo d’arancia e olio.

Fare insaporire per una decina di minuti e

servire. Quest’insalata va consumata sul

momento perché, se il tempo fosse più lungo,

l’aringa ridurrebbe la turgidezza dell’arancia.

Per dare un’ulteriore nota di colore al piatto

usate due varietà di arance, le bionde e le

sanguinelle.

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INSALATA DI NATALE

INGREDIENTI

Cicorie dolci, 300g

Sedano, 300g

Arance, 160g

Limone, 100g

Melagrana, 100g

Olive verdi, 40g

Capperi in salamoia, 30g

Olio e.v.o., 30g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 54/226

GRASSI di cui

3.5

- Acidi grassi saturi 0.4

- Acidi grassi monoinsaturi 2.1

- Acidi grassi polinsaturi 0.2

- Colesterolo (in mg) 0

CARBOIDRATI di cui

4.2

- zuccheri 4.2

- amido 0

FIBRE ALIMENTARI 1.7

PROTEINE 1.3

PROCEDIMENTO

Lessate per pochi minuti separatamente in

acqua salatala cicoria e sedano, scolate e

lasciate raffreddare. Mescolate e condite con

olio d’oliva e sale. Pelate a vivo arancia e

limone: con un coltellino affilato tagliate le 2

estremità agli agrumi, quindi appoggiarteli sul

tagliere e sempre con il coltellino eliminate

tutta la buccia, anche la parte bianca,

mettendo in risalto la polpa. Tagliateli a

rondelle. Aggiungete i capperi ben lavati e le

olive tagliate a pezzetti. Mescolate il tutto e

sistemate su un piatto da portata. Adagiatevi

sopra le fette di arancia e limone pelate 'a vivo'

e chicchi di melagrana in abbondanza.

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SFORMATO DI ZUCCHINE E POMODORI

INGREDIENTI

Pomodori maturi da insalata, 1 kg

Zucchine, 1kg

Pangrattato, 30g (2 cucchiai)

Basilico fresco, 1 rametto

Olio e.v.o., 30g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per

100g ENERGIA KCAL/KJ 32/134

GRASSI di cui

1.6

- Acidi grassi saturi 0.2

- Acidi grassi monoinsaturi 1.05

- Acidi grassi polinsaturi 0.1

- Colesterolo (in mg) 0

CARBOIDRATI di cui

3.1

- zuccheri 2.06

- amido 1.7

FIBRE ALIMENTARI 1.06

PROTEINE 1.3

PROCEDIMENTO

Lavate i pomodori, tagliateli in due ed

eliminate i semi e l´acqua di vegetazione.

Tagliate a fette. In un tegame, fate riscaldare 3

cucchiai di olio, quindi mettete i pomodori,

salateli, pepateli e fateli cuocere a fuoco

molto basso per qualche minuto. Nel

frattempo, pulite le zucchine ed affettatele,

fatele rosolare in un altro tegame con l´olio

dopo averle salate. In una pirofila unta con un

po´ d´olio ponete uno strato di pomodori ed

uno di zucchine e basilico. Infine coprite con

pangrattato e passate in forno (200 gradi) per

una decina di minuti. Servite caldo.

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POLPETTE DI FINOCCHIETTI

INGREDIENTI

Finocchietti, 800g

Pangrattato, 100g

Pecorino, 100g

Uova, n°2

Farina tipo 0, 100g

Olio e.v.o., 100g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 178/745

GRASSI di cui

11.1

- Acidi grassi saturi 2.6

- Acidi grassi monoinsaturi 6.4

- Acidi grassi polinsaturi 0.7

- Colesterolo (in mg) 31

CARBOIDRATI di cui

13.5

- zuccheri 1.2

- amido 12.2

FIBRE ALIMENTARI 1.7

PROTEINE 6

PROCEDIMENTO

Mondate il finocchietto, eliminando la base del

gambo e le parti che non presentano un colore

verde uniforme. Lavatelo e cuocetelo in

abbondante acqua bollente, già salata. Quindi

scolatelo, strizzatelo e sminuzzatelo molto

finemente. Ponetelo in un ciotola. Aggiungete il

pangrattato. Fatto questo, rompete le uova per

la panatura in un piatto fondo. Salatele e

sbattetele. Predisponete in un piatto piano della

farina e in un altro del pangrattato. Passate le

polpette prima nella farina, poi nell´uovo ed

infine nel pangrattato. Mettete a scaldare

abbondante olio in una padella dai bordi alti.

Non appena sará caldo, potrete iniziare a

friggere le polpette. Quando saranno ben

dorate, prelevatele con un mestolo forato e

ponetele ad asciugare su della carta assorbente.

Servitele calde.

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MELANZANE ALLA POVERO DIAVOLO

INGREDIENTI

Melanzane, 1.5 kg

Pomodori maturi, 600g

Patate, 400g

Cipolla, 180g

Olio e.v.o., 150g

Aglio, 20g

Prezzemolo (o basilico)

Sale e pepe, prezzemolo, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 159/665

GRASSI di cui

11.9

- Acidi grassi saturi 1.6

- Acidi grassi monoinsaturi 8.1

- Acidi grassi polinsaturi 0.8

- Colesterolo (in mg) 0

CARBOIDRATI di cui

10.6

- zuccheri 5.4

- amido 4.7

FIBRE ALIMENTARI 4.4

PROTEINE 2.4

PROCEDIMENTO

Spuntate le melanzane, tagliatele a cubetti

non troppo piccoli e cospargetele di sale

grosso affinché spurghino perdendo il sapore

amarognolo.

Tagliate a cubetti le patate precedentemente

pelate. Sciacquate abbondantemente i

tocchetti di melanzane ed unitele alle patate,

ai pomodori ai tocchetti, alla cipolla ed

all’aglio che avete posto in una casseruola

con l’olio già caldo.

Salate e pepate. Cuocete a fuoco medio per

circa 20 min., mescolando di tanto in tanto.

Lasciate riposare il tutto per circa 15 min. e

servite su un bel piatto da portata dopo aver

aggiunto un bel ciuffo di prezzemolo (o

basilico) tritato finemente.

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CAPONATA DI MELANZANE

INGREDIENTI

Melanzane, 1.5 kg

Pomodori, passata, 500g

Sedano, cuore, 150g

Olive verdi snocciolate, 80g

Capperi, 25g

Basilico fresco, q.b.

Cipolla bianca, 100g

Zucchero, 15g

Aceto bianco, 100g

Olio e.v.o., 200g

Sale, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 97/405

GRASSI di cui

8.9

- Acidi grassi saturi 1.25

- Acidi grassi monoinsaturi 6.3

- Acidi grassi polinsaturi 0.6

- Colesterolo (in mg) 0

CARBOIDRATI di cui

3.1

- zuccheri 2.9

- amido 0.1

FIBRE ALIMENTARI 2.1

PROTEINE 1.1

PROCEDIMENTO

Tagliate a dadi le melanzane e lasciatele

spurgare cospargendole con del sale.

Sciacquate abbondantemente dopo una

mezz’ora. Scaldate, quindi, dell’olio in una

padella e, quando sarà sufficientemente

caldo, farvi friggere le melanzane.

Preparate una salsa di pomodoro su un

soffritto di cipolla e aromatizzatela con

basilico. In un largo tegame mettete

dell’olio e fatevi insaporire il cuore di un

sedano tagliuzzato, le olive verdi

snocciolate ed affettate ed i capperi. Unite

ora la salsa, le melanzane fritte, alcune

foglie di basilico e ½ bicchiere di aceto

bianco nel quale è stato sciolto lo

zucchero. Mescolate e fate cuocere a

fiamma bassa per tre minuti a partire dal

bollore. Servite fredda.

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CARDI FRITTI

INGREDIENTI

Cardi, 500g

Pangrattato, 200g

Farina, 180g

Uova, n°2

Olio, 80g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 214/895

GRASSI di cui

8.9

- Acidi grassi saturi 1.4

- Acidi grassi monoinsaturi 5.7

- Acidi grassi polinsaturi 0.7

- Colesterolo (in mg) 38.1

CARBOIDRATI di cui

28.1

- zuccheri 1.9

- amido 23.8

FIBRE ALIMENTARI 1.6

PROTEINE 5.4

PROCEDIMENTO

Eliminate dal cespo dei cardi le coste esterne più dure impiegando solo quelle interne più tenere. Togliete i filamenti, strofinatele con il limone affinché non diventino nere e tagliatele a pezzi di circa 10 centimetri.___________________ Fate lessare le coste dei cardi in acqua bollente salata finché, assaggiandoli con una forchetta, risulteranno teneri.______________ Sgocciolateli e passateli quindi nella farina, poi nell'uovo sbattuto condito con sale e pepe ed, infine, poi, nel pangrattato. Friggeteli in olio bollente: dovranno diventare ben dorati. Serviteli caldissimi.

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TRIGGHI A CARTOCCIU

INGREDIENTI (per 4 persone)

Triglie, 800g

Prezzemolo, 40g

Aglio, 4 spicchi

Olio e.v.o., 40g

Sale e pepe, origano, succo di limone, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 336/1406

GRASSI di cui

22.4

- Acidi grassi saturi 3.7

- Acidi grassi monoinsaturi 9.4

- Acidi grassi polinsaturi 2.2

- Colesterolo (in mg) 156

CARBOIDRATI di cui

2.2

- zuccheri 2.2

- amido 0

FIBRE ALIMENTARI 0

PROTEINE 31.6

PROCEDIMENTO

Squamate le triglie, privatele delle

interiora e lavatele. Preparate, in una

ciotola, un intingolo con olio,

prezzemolo, origano e limone. Farcite

le triglie con lo spicchio d'aglio, sale,

pepe, rosmarino ed un cucchiaino di

intingolo. Disponete le triglie in 4 fogli

di carta stagnola, salate, pepate e

irrorate con la marinata. Chiudete i

cartocci e cuocete in forno o sulla

graticola per circa 20 min. Servitele

ben calde

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‘U PRUPPU INTRA ‘U BUMMULU

(IL POLPO DENTRO L’ANFORA DI TERRACOTTA)

INGREDIENTI (per 8 persone)

Polpi, 2kg

Pomodori pelati, 500g

Aglio, 2 spicchi

Prezzemolo, qualche ciuffo

Olio e.v.o., 30g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 189/791

GRASSI di cui

6.5

- Acidi grassi saturi 1.3

- Acidi grassi monoinsaturi 2.6

- Acidi grassi polinsaturi 1.1

- Colesterolo (in mg) 180

CARBOIDRATI di cui

5.3

- zuccheri 4.3

- amido 0

FIBRE ALIMENTARI 0.5

PROTEINE 27.2

PROCEDIMENTO

Svuotate e lavate bene i polpi e fateli

entrare all'interno di un coccio

d'argilla (u'bummulu). Aggiungete

tutti gli ingredienti e versate mezzo

bicchiere di vino bianco. Tappate

bene e scuotete il coccio in modo da

amalgamare il tutto. Appoggiate

u'bummulu sul fondo di un forno a

legna e cuocete a temperatura

moderata per circa 90 minuti.

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POLPETTE DI SARDE

INGREDIENTI

Sarde, 500 gr

Caciocavallo grattugiato, 100g

Uova, n°2

Pangrattato, 50g

1 spicchio d'aglio

Prezzemolo, due ciuffi

Olio e.v.o., 50g

Sale e pepe.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 236/988

GRASSI di cui

15

- Acidi grassi saturi 2.2

- Acidi grassi monoinsaturi 6.5

- Acidi grassi polinsaturi 1.9

- Colesterolo (in mg) 98.1

CARBOIDRATI di cui

5.9

- zuccheri 0.6

- amido 4

FIBRE ALIMENTARI -

PROTEINE 19.5

PROCEDIMENTO

Pulite le sarde, eliminando testa, coda e lisca. Passatele alla mezzaluna e impastatele con il formaggio grattugiato, il prezzemolo e l'aglio tritatati, poi il pangrattato. Salate e pepate. Legate, quindi, il composto con le uova, mescolate e fate delle polpette dalla forma schiacciata. Friggete in olio bollente, distanziando le polpette tra loro perché cuociano a dovere. Servitele calde.

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FRITTATA DI BROCCOLETTI

INGREDIENTI (per 4 persone)

Uova, n°6

Broccoletti di rapa, 300g

Pecorino fresco, 30g

Olio e.v.o., 30g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 221/925

GRASSI di cui

17.4

- Acidi grassi saturi 4.9

- Acidi grassi monoinsaturi 8.2

- Acidi grassi polinsaturi 1.6

- Colesterolo (in mg) 310

CARBOIDRATI di cui

1.7

- zuccheri 1.7

- amido 0

FIBRE ALIMENTARI 2.1

PROTEINE 14.5

PROCEDIMENTO

Pulite i broccoletti eliminando i gambi e le

foglie più dure. Lessateli in acqua appena

salata, scolateli un po’ croccanti cercando

di non disfare totalmente le

infiorescenze. Fateli saltare in una padella

con un cucchiaio d’olio assieme allo

spicchio d’aglio fino a quando non si sarà

asciugata tutta l’acqua che rilasceranno in

cottura. Quando il condimento sarà ben

asciutto, spegnete la fiamma ed eliminate

lo spicchio d’aglio. Versate le uova in una

terrina capiente e battetele con una

frusta in modo da incorporare aria. Unite

il pecorino e fatelo assorbire. Friggete la

frittata in olio di oliva, facendola dorare

da entrambi i lati. Per girarla, servitevi di

un piatto o di un coperchio.

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CONIGLIO ALL’AGRODOLCE

INGREDIENTI (per 6 persone)

Coniglio, 900g

Sedano, cuori, 300g

Cipolla, 160g

Farina tipo 0, 120g

Olive verdi, 100g

Capperi, 20g

Zucchero semolato, 10g

Conserva di pomodoro, 10g

Aceto di vino

Prezzemolo (a piacere)

Olio e.v.o., 40g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 350/1465

GRASSI di cui

15.9

- Acidi grassi saturi 3.5

- Acidi grassi monoinsaturi 6.1

- Acidi grassi polinsaturi 2.5

- Colesterolo (in mg) 78

CARBOIDRATI di cui

18.8

- zuccheri 5.3

- amido 13.5

FIBRE ALIMENTARI 1.5

PROTEINE 32.6

PROCEDIMENTO

Pulite il coniglio, lavatelo, asciugatelo e tagliatelo a pezzi. In un tegame di terracotta, fate dorare una cipolla tritata in mezzo bicchiere abbondante di olio caldo ed aggiungetevi i pezzi di coniglio che avrete prima infarinati. Quando la carne sarà rosolata su entrambi i lati, unite un bicchiere di aceto, un cucchiaio di zucchero, sale e pepe. Lasciate cuocere sul fuoco lento per qualche minuto ed aggiungete un cucchiaio di conserva di pomodoro diluita in poca acqua tiepida. Unite, infine, i cuori di sedano tagliati a pezzetti, le olive denocciolate, i capperi lavati e strizzati e fate cuocere ancora per circa 20 minuti. Servite il coniglio in agrodolce su un piatto di portata caldo.

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COSCIOTTO DI AGNELLO

INGREDIENTI (per 6 persone)

Agnello, cosciotto di 600g

Agnello, polpa di 100g

Zucchine, parte verde, 200g

Porro, 100g

Uova, n°1

Carote, 40g

Sedano

Cipolla

Aglio, 1 spicchio

Farina tipo Maizena

Salvia, rosmarino, timo, a piacere

Vino bianco secco

Olio e.v.o., 25g

Sale e pepe (in grani), q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 192/803

GRASSI di cui

8.9

- Acidi grassi saturi 2.6

- Acidi grassi monoinsaturi 4.7

- Acidi grassi polinsaturi 0.9

- Colesterolo (in mg) 116

CARBOIDRATI di cui

2.8

- zuccheri 1.2

- amido 1.5

FIBRE ALIMENTARI 0.8

PROTEINE 25.1

PROCEDIMENTO Iniziamo dal cosciotto: con l'aiuto di un coltellino aguzzo e affilato, togliete l'osso dell'anca ed estraete anche quello lungo del femore, mentre l'estremità di quest'ultimo (detta manico) lo lascerete nella carne. Aprite a libro la parte spolpata del cosciotto e battetela con il batticarne per allargarla il più possibile. Prepariamo il ripieno: riducete a dadini (termine tecnico: brunoise) la parte verde delle zucchine (che precedentemente avevate tagliato a fettine), il porro mondato e 40 g di carota. La polpa di vitello: macinatela grossolanamente ed amalgamatela in una terrina con l'uovo, le verdure, sale e pepe. Torniamo al cosciotto: insaporitelo con una presa di sale e un pizzico di pepe nero macinato. Cospargetelo con le erbe aromatiche con cui avrete fatto un trito e spalmatelo con la carne macinata. Chiudiamo il cosciotto: ricomponetelo e cucitelo con spago da cucina, cercando di ridargli il suo aspetto iniziale. Ponetelo in una pirofila, aggiungete un filo di olio, e mettetelo in forno a 200° per circa 30 minuti. Dopodiché unite, ridotte a tocchetti, una carotina, una costa di sedano, una cipolla; poi ancora uno spicchio di aglio, della salvia, del rosmarino, un po' di vino bianco e fatelo stare in forno per un'altra ora, controllando naturalmente ogni tanto la cottura. Ricordatevi di irrorare spesso l'arrosto con il suo fondo di cottura o aggiungete, se necessario, un po' di acqua calda. A fine cottura servite l'agnello, con il sugo filtrato in un colino e con l'aggiunta finale di una punta di cucchiaino di maizena per addensare e legare il sugo al cosciotto.

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FALSOMAGRO

INGREDIENTI (per 6 persone)

Vitellone, 400 g

Salsiccia di maiale, 250 g

Prosciutto cotto, 200 g

Uova, n°2

Cipolla, 160 g

Caciocavallo, 100 g

Pancetta, 60 g

Pomodori, passata, 1kg

Olio e.v.o., 40 g

Sale e pepe, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per persona ENERGIA KCAL/KJ 501/2097

GRASSI di cui

34.3

- Acidi grassi saturi 8.5

- Acidi grassi monoinsaturi 14.3

- Acidi grassi polinsaturi 3.8

- Colesterolo (in mg) 131.7

CARBOIDRATI di cui

7.4

- zuccheri 7.4

- amido 0

FIBRE ALIMENTARI 2.7

PROTEINE 40.8

PROCEDIMENTO

Ripieno: Tagliare a pezzi il prosciutto, il

caciocavallo, la salsiccia, l'aglio, la pancetta e

il prezzemolo. Unire all'impasto un uovo ed

amalgamate tutto con le mani. Sistemare

l'impasto sulla carne, arrotolarla e legarla

con dello spago. Fare soffriggere la cipolla

già tritata in un tegame con olio. Non

appena dorata, mettere la carne

soffriggendola da tutti i lati. Bagnare la carne

con mezzo bicchiere di vino, facendo

attenzione a farla rosolare ben bene.

Aggiungere la salsa di pomodoro e cucinare

tutto per circa due ore a fuoco molto basso,

coprendo il tegame. A cottura ultimata, fare

raffreddare un pò e tagliare la carne a fette.

Sistemare le fette su un piatto di portata e

condirle con la salsa di cottura. Servire a

tavola.

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SFINCI DEI POVERI

INGREDIENTI

Farina tipo 00, 250 g

Patate, 250 g

Latte vaccino, 300 g

Lievito di birra, 30 g

Olio e.v.o., 100 g

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 230/962

GRASSI di cui

11.4

- Acidi grassi saturi 1.8

- Acidi grassi monoinsaturi 8

- Acidi grassi polinsaturi 0.8

- Colesterolo (in mg) 2.2

CARBOIDRATI di cui

26.9

- zuccheri 2.1

- amido 22.5

FIBRE ALIMENTARI 1.2

PROTEINE 5

PROCEDIMENTO

Fate bollire le patate in abbondante acqua

bollente. Quando saranno morbide, scolatele,

sbucciatele e pestatele con una forchetta o con

un passapatate.

Prendete una scodella ben profonda ed

impastatevi tutti gli ingredienti: patate

passate, lievito, farina, latte. Fate riposare

l’impasto per 1 ora circa coprendolo con un

canovaccio. Versatelo a cucchiaiate in una

padella con abbondante olio bollente. Servite

le palline calde e spolverizzate con zucchero

semolato.

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SPUMETTE DI NOCCIOLA

INGREDIENTI

Farina di nocciola, 100g

Albume d’uovo, 70g

Zucchero semolato, 200g

Zucchero a velo (opzionale per spolverizzare)

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g

ENERGIA KCAL/KJ 410/1716

GRASSI di cui

17.3

- Acidi grassi saturi 1,12

- Acidi grassi monoinsaturi 10.4

- Acidi grassi polinsaturi 1.4

- Colesterolo (in mg) 0

CARBOIDRATI di cui

58

- zuccheri 0.5

- amido 57.5

FIBRE ALIMENTARI 2.1

PROTEINE 5.7

PROCEDIMENTO

Per prima cosa accendete il fuoco a 200° C; poi, in un tegame posto su fuoco basso, unite tutti gli ingredienti e fate amalgamare il composto per circa 3 - 4 minuti finché avrà una bella consistenza morbida e cremosa! Prendete una teglia, ricopritela di carta forno e, con l’aiuto di una sac à poche (o di due cucchiai), mettete il composto a mo’ di piccole palline, distanziandole una dall’altra. Infornate per 2 minuti; poi spegnete il forno lasciando teglia e palline all’interno per 10 minuti. Trascorso il tempo, rimettete il composto e ripetete l’operazione fino ad esaurimento del composto preparato prima. Terminato questo lavoro e cercando di non esaurirci tra un passaggio e l’altro, mettetele in un piatto da portata pronte per l’assaggio o riponetele con cura. Sono leggere, gustose e perfette per un caffè in simpatica compagnia.

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ARANCINI ALLE AMARENE

INGREDIENTI (per 10 arancini)

Riso, 300 g

Pangrattato, 250 g

Uova, n°2

Marmellata di amarene, 100 g

Olio e.v.o., 120g

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI per arancino ENERGIA KCAL/KJ 344/1440

GRASSI di cui

13.6

- Acidi grassi saturi 2.1

- Acidi grassi monoinsaturi 9

- Acidi grassi polinsaturi 1.1

- Colesterolo (in mg) 40.8

CARBOIDRATI di cui

49.4

- zuccheri 7.2

- amido 38.4

FIBRE ALIMENTARI 0.5

PROTEINE 5.9

PROCEDIMENTO

Preparate il brodo vegetale. In una casseruola

mettete dell'olio d'oliva, quanto basta per

tostare il riso. Mescolate sempre. Dopo qualche

minuto, versate a poco a poco il brodo e

continuate a mescolare. Cuocete per circa venti

minuti, ottenendo un risotto ben sodo (non

liquido). Aggiungete una noce di burro e

amalgamate il tutto, versando su un piatto largo

a raffreddare. Appena è freddo, bagnatevi le

mani con acqua e stendete un pugnetto di riso

sul vostro palmo, formando una cavità nel

centro. Riempitela con un cucchiaino ben colmo

di confettura di amarene. Coprite con un altro

pugnetto di riso, cercando, con le mani

inumidite, di dare la forma che più volete (a

punta, ovale oppure tondeggiante). Passate gli

arancini nelle uova da voi sbattute e poi nel

pangrattato. A questo punto si consiglia di riporli

in frigo per una mezz'ora circa, prima di friggerli.

Scaldate abbondante olio d'oliva (o di arachidi) e

friggete in esso gli arancini, fino ad ottenere una

doratura uniforme. Scolateli e sistemateli su un

piatto con carta assorbente. Servite caldi e

gustate il cuore di amarene in compagnia,

durante la vostra colazione.

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BISCOTTI DI SAN MARTINO

INGREDIENTI

Farina tipo 00, 750 g

Strutto, 125 g

Zucchero, 80 g

Lievito di birra, 30 g

Semi di finocchio, 20 g

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g

ENERGIA KCAL/KJ 440/1842

GRASSI di cui

17.2

- Acidi grassi saturi 7

- Acidi grassi monoinsaturi 7.4

- Acidi grassi polinsaturi 2

- Colesterolo (in mg) 16

CARBOIDRATI di cui

63.2

- zuccheri 12

- amido 45.7

FIBRE ALIMENTARI 2.8

PROTEINE 8.2

PROCEDIMENTO

Impastate la farina setacciata, lo zucchero, lo strutto, i semi di finocchio ed il lievito di birra diluito in un pò di acqua tiepida, fin quando l'impasto non diventa omogeneo, aggiungendo, eventualmente, ancora un pò di acqua tiepida. Dividete l'impasto in 12 porzioni possibilmente della stessa misura in maniera tale che la cottura sia omogenea. Con ogni porzione di impasto, realizzate un serpentello che attorciglierete su se stesso; quindi, con un movimento delicato, schiacciate un pochino il biscotto in maniera tale da compattare i giri del serpentello. Ponete i biscotti su una teglia ricoperta di carta forno ed infornate nel forno preriscaldato a 200°C per 10 minuti. Tirate fuori dal forno ed abbassate la temperatura a 180°C. Infornate nuovamente i biscotti per 30 minuti circa. A questo punto, andrebbero infornati ancora una volta a 160°C per 20 minuti, ma potete ovviare questa fase spegnendo e lasciando raffreddare i biscotti in forno.

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MUSTAZZOLI

INGREDIENTI

Farina tipo 0, 400 g

Zucchero, 150 g

Uova, n°2

Latte vaccino, 100 g

Strutto, 100 g

Per il ripieno

Miele, 100 g

Mandorle, 25 g

Noci, 25 g

Nocciole, 25 g

Farina, 15 g

Chiodo di garofano, cannella, scorza d’arancia, q.b.

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g

ENERGIA KCAL/KJ 377/1578

GRASSI di cui

15

- Acidi grassi saturi 4.73

- Acidi grassi monoinsaturi 6.43

- Acidi grassi polinsaturi 2.58

- Colesterolo (in mg) 49

CARBOIDRATI di cui

53.4

- zuccheri 23,2

- amido 27.4

FIBRE ALIMENTARI 1.5

PROTEINE 7.2

PROCEDIMENTO

Versate la farina sulla spianatoia e impastatela con il latte aggiungendo lo zucchero, le uova e 80 grammi di strutto, fino a ottenere un composto omogeneo. Fate riposare l'impasto per circa mezz'ora. Diluite il miele in mezzo bicchiere d'acqua e versatelo in un tegame: bollite e amalgamate lentamente con un cucchiaio di farina, una manciata di mandorle, una manciata di nocciole tritate, un pugno di gherigli di noci, la scorza d'arancia grattugiata, un chiodo di garofano e un pizzico di cannella. Stendete la pasta in una sfoglia molto sottile e dividetela in rettangoli di circa 10 centimetri per 5 centimetri di lato. Ponete al centro di ciascun rettangolino un mucchietto di ripieno e avvolgete la pasta su se stessa diagonalmente. Allineate i mastazzola in una pirofila imburrata e cuocete a forno caldo (200 °C) per mezz'ora. Per la glassa al cioccolato: sciogliere c.ca 200 g di cioccolato fondente a bagnomaria in un recipiente abbastanza largo ed immergervi i dolcetti aiutandosi con una pinza da cucina. Porli a rapprendere su una griglia od un piatto o teglia. Servire quando la glassa è ben solida.

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RAVIOLA DI RICOTTA

INGREDIENTI (per 30 raviole)

Farina tipo 00, 500 g

Semola di grano duro, 500 g

Ricotta ovina, 750 g

Zucchero, 300 g

Strutto, 200 g

Olio e.v.o., 200 g

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE

VALORI NUTRIZIONALI MEDI per raviola

ENERGIA KCAL/KJ 319/1335

GRASSI di cui

16.4

- Acidi grassi saturi

5.6

- Acidi grassi monoinsaturi

8.3

- Acidi grassi polinsaturi

1.4

- Colesterolo (in mg)

16.5

CARBOIDRATI di cui

36.8

- zuccheri 11.6

- amido 22.9

FIBRE ALIMENTARI 0.8

PROTEINE 6

PROCEDIMENTO

“Infarinate” il tavolo (circa 250 gr conservateli per “spolverare” il piano da lavoro ed evitare che l’impasto si appiccichi) e versate 750 gr di farina (mischiata) creando un piccolo vulcanello con un piccolo “cratere” al centro. Aggiungete: un pizzico di sale, un poco di lievito (ne basta una piccola quantità, come un cece) ed un bicchiere d’acqua calda da aggiungere poco per volta, 2 -3 cucchiai di vino rosso. A questo punto, un po’ di “olio di gomito” per impastare la farina. Il composto deve essere umido e ben amalgamato. Dividete, poi, l’impasto in tre piccole palle e, con un buon mattarello (quello da un metro più largo al centro è l’ideale), iniziate a stendere la pasta a fogli sottili mezzo centimetro cercando di mantenere le stesse dimensioni. Ricordate di mantenere il tavolo ben infarinato per evitare che l’impasto si attacchi o si buchi al centro. A questo punto inizia la sovrapposizione dei fogli: aiutatevi a spostare il foglio arrotolandolo delicatamente con il mattarello per poi srotolarlo uno sull’altro. Per evitare che i fogli si attacchino e ottenere quei fragranti strati, è indispensabile spalmare – con la mano o un pennello da cucina – lo strutto che precedentemente avete fatto sciogliere in un pentolino. Dovrete metterne solo quanto basta per ricoprire in modo uniforme gli strati. Arrotolare bene i fogli senza stringere troppo ma nemmeno lasciare spazi vuoti. Non appena il rotolo sarà pronto, iniziate a tagliare rondelle di circa un centimetro, approssimativamente un dito, e poggiatele sul tavolo. Con l’aiuto del mattarello fate una piccola pressione in modo da realizzare tanti dischi. Conclusa questa fase decidete se friggerle così per ottenere le “guastedde” o riempirle di ricotta ed ottenere le “raviole”. Per la seconda scelta, dovete unire ricotta di pecora e zucchero (attenzione a non farle troppo dolci). Amalgamare il tutto con un cucchiaio creando una morbida crema che sarà adagiata nell’impasto (un cucchiaio per ciascuna raviola). Chiudere a mezzaluna i dischi di pasta facendo bene attenzione a far aderire tutti i bordi altrimenti, al momento della cottura la ricotta si scioglierà ed uscirà fuori. Friggete in padella con un litro di olio di semi ben caldo soltanto per pochi minuti, finché non si vedrà la pasta diventare dorata. Dopo aver spolverato dello zucchero (o a vostra scelta granella di pistacchio o cannella) lasciateli riposare, conservate in frigorifero e presentateli ai commensali solo al momento del dessert: il successo è assicurato.

ARANCINE ALL’AMARENA

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CROSTATA CON RICOTTA

INGREDIENTI

Farina tipo 00, 300 g

Sugna, 200 g

Uova, n°4

Ricotta ovina, 500 g

Zucchero semolato, 300 g

Zuccata (zucca candita), 100 g

Cioccolato fondente, 100g

Limone non trattato, buccia grattugiata

Sale, 1 pizzico

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g

ENERGIA KCAL/KJ 339/1419

GRASSI di cui

17

- Acidi grassi saturi 8

- Acidi grassi monoinsaturi 6.5

- Acidi grassi polinsaturi 0.5

- Colesterolo (in mg) 119

CARBOIDRATI di cui

40

- zuccheri 6.5

- amido 13

FIBRE ALIMENTARI 0.7

PROTEINE 6.6

PROCEDIMENTO

Mescolate la farina con due tuorli d´uovo,

100 gr di zucchero, un pizzico di sale, poca

buccia di limone grattugiata e la sugna.

Lavorate i componenti sino ad avere una

pasta liscia e morbida e con 3/4 foderate

una tortiera unta di burro ed infarinata.

Passate al setaccio la ricotta facendo cadere

la purea in una terrina e lavoratela con il

cucchiaio di legno incorporando lo zucchero,

la zuccata a dadini, il cioccolato tagliuzzato e

gli albumi delle uova montati a neve.

Versate il composto nella tortiera e coprite

con la pasta rimasta. Spennellate la

superficie con tuorlo d´uovo battuto,

mettete la crostata in forno giá caldo e

cuocete per 25 minuti. Prima di servire la

crostata con la ricotta, lasciatela raffreddare.

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BERSAGLIERI

INGREDIENTI

Farina tipo 00, 1 Kg

Zucchero, 1 Kg

Uova, n°3

Albumi d’uovo, n°3

Strutto, 250g

Cioccolato, 225g

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI

g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 412/1724

GRASSI di cui

12.6

- Acidi grassi saturi 5.75

- Acidi grassi monoinsaturi

5

- Acidi grassi polinsaturi

1.24

- Colesterolo (in mg)

30.5

CARBOIDRATI di cui

69

- zuccheri 41.2

- amido 25.1

FIBRE ALIMENTARI 1.46

PROTEINE 5.7

PROCEDIMENTO

Setacciare la farina con la polvere di bicarbonato di ammonio.

Disporla sulla spianatoia e formare la classica fontana. Versare

nella cavità un pizzico di sale, lo zucchero, lo strutto e le uova.

Lavorare l’impasto, aggiungendo via via il latte (e/o l’acqua)

necessari ad ottenere una pasta omogenea, di media

consistenza, ma non elastica. Ricavare dei biscotti a forma di

tortiglione arrotolato, di circa 10 cm di lunghezza e di 3 cm di

diametro.

Preriscaldare il forno a 200°C. Disporre i biscotti su una placca

rivestita di carta da forno, distanziandoli tra loro, ed infornarli

per circa 10 minuti.

Abbassare, poi, la temperatura del forno a 180°C e lasciare

cuocere per altri 12-15 minuti o, comunque fino a quando i

biscotti si asciugheranno, mantenendo però un colore ancora

chiaro. A cottura ultimata, sfornarli e lasciarli raffreddare. Nel

frattempo, preparare la glassa al cioccolato.

Spezzettare il cioccolato, scioglierlo a bagnomaria e profumarlo

con la vanillina. Setacciare lo zucchero a velo. Mettere l’acqua e

lo zucchero in un tegame. Mescolarli e portarli ad ebollizione, a

fiamma moderata.

Lasciare cuocere lo sciroppo per 3-4 minuti. Toglierlo, poi, dal

fuoco e unire il cioccolato fuso ed il burro. Sbattere il composto

con cura. Preparare, poi, la glassa al limone. Setacciare lo

zucchero a velo. Con lo sbattitore elettrico montare a neve ben

ferma gli albumi. Continuando a sbattere unire lo zucchero a

velo, il succo dei limoni e l’essenza (o la buccia grattugiata).

Montare il tutto fino ad ottenere una glassa morbida e

bianchissima. Passare, quindi, alla glassatura dei biscotti.

Intingerne metà nella glassa al cioccolato e metà in quella al

limone. Non preoccuparsi più di tanto se la glassa rivestirà i

biscotti in modo irregolare, in quanto questa è una

caratteristica dei Bersaglieri.

Metterli ad asciugare su un vassoio ricoperto di carta da forno

o, meglio ancora, su una gratella da pasticceria. Consumarli

appena la glassa si asciugherà oppure conservarli per qualche

giorno in una scatola di latta per

biscotti.___________________

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BIANCOMANGIARE

INGREDIENTI

Latte vaccino, 1 l

Zucchero semolato, 250 g

Amido di frumento, 100 g

Scorza grattugiata di un limone

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 199/833

GRASSI di cui

3.6

- Acidi grassi saturi 2.1

- Acidi grassi monoinsaturi 1.1

- Acidi grassi polinsaturi 0.2

- Colesterolo (in mg) 11

CARBOIDRATI di cui

38.4

- zuccheri 30

- amido 7.7

FIBRE ALIMENTARI 0

PROTEINE 3.3

variante: latte di mandorla, 1l (sost. latte vaccino)

DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE VALORI NUTRIZIONALI MEDI g per 100g ENERGIA KCAL/KJ 119/498

GRASSI di cui

1.1

- Acidi grassi saturi 0.1

- Acidi grassi monoinsaturi 0.1

- Acidi grassi polinsaturi 0.9

- Colesterolo (in mg) 0

CARBOIDRATI di cui

26.7

- zuccheri 5.7

- amido 20

FIBRE ALIMENTARI 0.3

PROTEINE 0.5

PROCEDIMENTO

Sciogliere in una tazza l’amido con

una piccola quantità del latte

previsto e aggiungerlo al resto del

latte già arricchito dello zucchero e

della scorza grattugiata del limone.

In un tegame, a fiamma molto bassa,

rimescolare sempre finché il latte

non si addensi, badando che non

arrivi a bollire. Versare in uno

stampo e lasciare raffreddare in

frigorifero. Una volta pronto, può

essere arricchito con granella di

mandorle tostate.

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