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Effetto Geco - Guida docente Introduzione - Nel nostro mondo, alla macroscala, dobbiamo fare continuamente i conti con la forza di gravità. Alla nanoscala invece l'effetto della gravità è spesso trascurabile. Le forze elettromagnetiche e le forze intermolecolari *assumono un ruolo predominante a causa delle dimensioni e della masse ridotte in gioco. Una gran parte degli atomi e delle molecole è esposta alla superficie, per cui le proprietà degli oggetti sono dominate appunto dalle interazioni di superficie. Una manifestazione eclatante di ciò si ha nel geco, che sembra sfidare la forza di gravità mentre si arrampica lungo superfici specchianti verticali o cammina a testa in giù sul soffitto sostenendo pesi che arrivano addirittura a 40 volte quello della sua massa corporea. 1. Proponete agli studenti un breve spezzone del Video [1] (eventualmente solo il pezzetto in cui si vede il geco che si arrampica) e chiedete loro di spiegare il meccanismo della adesività del geco (esiste una forza che si oppone alla gravità ...). Gli studenti dovranno motivare le proprie ipotesi in base ad osservazioni tratte dal video e/o alla propria esperienza di fenomeni analoghi. Chiedete poi loro di rivedere/raffinare le proprie ipotesi alla luce della seguente attività 2.Presentazione di una carrellata di meccanismi adesivi Provate a chiedere agli studenti come funzionano gli adesivi, quali forze e meccanismi entrano in gioco....La risposta non sarà forse così scontata. L'ideale sarebbe allestire in laboratorio una serie di postazioni con dimostrazioni di forze adesive diverse complete di spiegazioni (ad es poster o scheda). I gruppi di studenti ruotano alle varie postazioni (10' ciascuna), sperimentano e fanno le loro osservazioni. Vedi scheda studenti. Se il tempo manca si può sopperire con una serie di slide PPT. Ventose, post it Nastri adesivi vari ( da elettricista, di carta, scotch, attacca/stacca,...) Forze elettrostatiche: il palloncino sfregato si attacca ai vestiti, la biro strofinata sul maglione attira piccoli pezzetti di carta; parte della polvere di farina rimane attaccata al fondo del recipiente anche quando questo viene vuotato ribaltandolo. Panno Vileda. Forze magnetiche: calamite Capillarità: bagnate un pezzo di carta tipo scottex e provate a farlo aderire al bordo di un recipiente. O ancora: due vetrini di laboratorio tra cui si pone uno strato sottilissimo d'acqua aderiscono cosi fortemente che risulta difficile staccarli con un movimento che non sia quello di scivolamento l'uno sull'altro. Sono in questo caso responsabili le forze di adesione* (attrazione intermolecolare tra due materiali diversi (in questo caso tra vetro (silicio - negativo) e acqua (molecole polari- la parte positiva). Invece con il movimento di scivolamento diminuisce la superficie di contatto e conseguentemente la forza adesiva. La cosa è interessante perchè dell'acqua alla macroscala sono note le proprietà di lubrificante. Basti pensare alla pericolosità dei pavimenti bagnati su cui è facile scivolare e cadere. Forze di van der Waals Le pellicole alimentari polimeriche usate per sigillare si attaccano ai recipienti di vetro (non si attaccano invece alla maggior parte degli altri materiali plastici e all'acciaio); alcune spazzole gommose. Fig.1- concessione di Ryan Somma

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Effetto Geco - Guida docente

Introduzione - Nel nostro mondo, alla macroscala, dobbiamo fare continuamente i conti con la forza di gravità. Alla nanoscala invece l'effetto della gravità è spesso trascurabile. Le forze elettromagnetiche e le forze intermolecolari *assumono un ruolo predominante a causa delle dimensioni e della masse ridotte in gioco. Una gran parte degli atomi e delle molecole è esposta alla superficie, per cui le proprietà degli oggetti sono dominate appunto dalle interazioni di superficie. Una manifestazione eclatante di ciò si ha nel geco, che sembra sfidare la forza di gravità mentre si arrampica lungo superfici specchianti verticali o cammina a testa in giù sul soffitto sostenendo pesi che arrivano addirittura a 40 volte quello della sua massa corporea.

1. Proponete agli studenti un breve spezzone del Video [1] (eventualmente solo il pezzetto in cui si vede il geco che si arrampica) e chiedete loro di spiegare il meccanismo della adesività del geco (esiste una forza che si oppone alla gravità ...). Gli studenti dovranno motivare le proprie ipotesi in base ad osservazioni tratte dal video e/o alla propria esperienza di fenomeni analoghi. Chiedete poi loro di rivedere/raffinare le proprie ipotesi alla luce della seguente attività

2.Presentazione di una carrellata di meccanismi adesivi

Provate a chiedere agli studenti come funzionano gli adesivi, quali forze e meccanismi entrano in gioco....La risposta non sarà forse così scontata.

L'ideale sarebbe allestire in laboratorio una serie di postazioni con dimostrazioni di forze adesive diverse complete di spiegazioni (ad es poster o scheda). I gruppi di studenti ruotano alle varie postazioni (10' ciascuna), sperimentano e fanno le loro osservazioni. Vedi scheda studenti. Se il tempo manca si può sopperire con una serie di slide PPT.

• Ventose, post it

• Nastri adesivi vari ( da elettricista, di carta, scotch, attacca/stacca,...)

• Forze elettrostatiche: il palloncino sfregato si attacca ai vestiti, la biro strofinata sul maglione attira piccoli pezzetti di carta; parte della polvere di farina rimane attaccata al fondo del recipiente anche quando questo viene vuotato ribaltandolo. Panno Vileda.

• Forze magnetiche: calamite

• Capillarità: bagnate un pezzo di carta tipo scottex e provate a farlo aderire al bordo di un recipiente. O ancora: due vetrini di laboratorio tra cui si pone uno strato sottilissimo d'acqua aderiscono cosi fortemente che risulta difficile staccarli con un movimento che non sia quello di scivolamento l'uno sull'altro. Sono in questo caso responsabili le forze di adesione* (attrazione intermolecolare tra due materiali diversi (in questo caso tra vetro (silicio - negativo) e acqua (molecole polari- la parte positiva). Invece con il movimento di scivolamento diminuisce la superficie di contatto e conseguentemente la forza adesiva. La cosa è interessante perchè dell'acqua alla macroscala sono note le proprietà di lubrificante. Basti pensare alla pericolosità dei pavimenti bagnati su cui è facile scivolare e cadere.

• Forze di van der Waals Le pellicole alimentari polimeriche usate per sigillare si attaccano ai recipienti di vetro (non si attaccano invece alla maggior parte degli altri materiali plastici e all'acciaio); alcune spazzole gommose.

Fig.1- concessione di Ryan Somma

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• Velcro Agganciamento meccanico

• Si può anche aggiungere una postazione sull' Attrito (blocco a superficie scabra su piano inclinato)

3.Raccogliete e discutete insieme le ipotesi e le spiegazioni avanzate dagli studenti.

4.Come gli scienziati hanno affrontato il problema del geco (Questo può essere fatto con le slide (vedi Effetto_Geco.PPT), eventualmente la presentazione può assumere la forma di una discussione guidata in cui si chiede agli studenti di provare ad immaginare come i ricercatori abbiano confutato le varie ipotesi e solo dopo si procede nella spiegazione. In alternativa il testo può eseere dato come lettura propedeutica anche individuale all'esperimento col geco nanopad).

Negli ultimi 180 anni sono state proposte e discusse almeno sette ipotesi diverse per spiegare l'origine della adesività del geco: colla, ventose, agganciamento meccanico, attrito,elettricità statica, forze capillari, forze di van der Waals. La maggior parte di esse, tranne le ultime due, sono state confutate già agli inizi degli anni '70. Inoltre a quell'epoca esisteva ormai una forte evidenza sperimentale che l'effetto gecko fosse almeno in parte legato all'energia di superficie .*

Vediamo le varie ipotesi in dettaglio:

• L'agganciamento meccanico è stato escluso considerando che le zampe del geco non presentano uncini di sorta ma soprattutto che l'animale riesce a rimanere incollato a superfici così lisce, come il vetro, da non offrire alcun tipo di appiglio.

• Anche le forze magnetiche si escludono subito notando che il geco non fa preferenze di superfici, attaccandosi anche dove le calamite falliscono miseramente.

• Una delle prime ipotesi avanzate è stata che il gecko fosse dotato di tante piccole ventose. Un esemplare è stato allora posto in un contenitore da cui è stata tolta tutta l'aria: tuttavia l'animale riusciva ancora a rimanere attaccato alle pareti. Nel caso di ventose l'aria intrappolata all'interno della cavità tra ventosa e parete una volta fatto il vuoto, a causa della differenza di pressione prodottasi facendo il vuoto, si sarebbe espansa esercitando una forza tale da produrre il distacco.

• Ci si è anche chiesti se il geco secernesse una qualche sostanza collosa, ma non è mai stato trovato alcun resto di secrezione sulle superfici su cui aveva camminato (a differenza di ciò che accade per alcuni insetti [3] ). Inoltre è verificato che non esistono ghiandole nelle zampe del gecko.

• Che dire delle forze dovute all'elettricità statica ? L'umidità tende a far scomparire l'elettricità statica (Lo sa bene chi ha la temerarietà di proporre agli studenti esperimenti e dimostrazioni di elettrostatica nelle giornate umide...e non “viene” niente! Ciò accade perchè l'aria umida è un buon conduttore e permette alle cariche di scorrere via anziché accumularsi sulle superfici). Si è però provato sperimentalmente che un geco posto in un contenitore dalle pareti umide, riesce ancora a stare incollato. Gli scienziati hanno pure provato a sparargli addosso con una pistola antistatica che ionizzando l'aria circostante avrebbe neutralizzato eventuali cariche sulle zampe ...Niente da fare! Il geco resisteva più attaccato che mai!

Rimanevano quindi solo due possibilità: forze capillari e forze di van der Waals. Su queste si sono concentrati gli sforzi dei ricercatori negli ultimi 30 anni. I risultati quasi definitivi si sono avuti nel 2002 quando è stato stabilito sperimentalmente (e successivamente confermato dalle immagini SEM -Microscopio a Scansione Elettronica) che le forze di van der Waals erano la chiave del mistero. (Quasi definitivi perchè non è ancora escluso che esistano ulteriori meccanismi al momento sconosciuti che potrebbero affiancare tali forze).

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A) Come si è arrivati ad escludere anche la capillarità [1] o altri meccanismi basati sulla idrofilia.

Le forze capillari sono effettivamente responsabili dell'adesività in molti insetti (come ad esempio gli afidi [3] ), rane e addirittura alcuni mammiferi (vedi referenze di [1]). L'adesività capillare di strati sottili è causata dalla adsorbanza* o condensazione capillare dell'acqua presente nella atmosfera: un monostrato di molecole d'acqua può causare attrazione capillare significativa tra due superfici idrofile come dimostrato dall'esperienza dei vetrini da microscopio bagnati e contribuire così molto alle forze di attrito. Tra parentesi questo è uno dei problemi da tenere in dovuta considerazione quando si parla di nanotribologia rispetto al quadro macro, anche se è stato recentemente provato che alla nanoscala ancora una volta si ha un risultato controintuitivo: per effetto della particolare geometria delle superfici infatti l'intensità delle forze di adesione cala all'aumentare dell'umidità relativa, differentemente da quanto avviene alla macroscala [4].

L'esperimento - Per verificare direttamente se le forze capillari o piuttosto quelle di van der Waals rappresentassero il meccanismo principale dell'effetto geco, i ricercatori hanno misurato l'adesività su due superfici semiconduttrici polarizzabili con livello di idrofobicità molto diverso. In particolare hanno misurato la forza parallela alla superficie di un singolo dito di gecko su gallio arsenide (GaAs), altamente idrofobico (angolo di contatto θ = 110°) ed altamente polarizzabile .Come controllo hanno misurato la stessa forza su una superficie semiconduttrice di biossido di silicio (SiO2) fortemente idrofila (angolo di contatto θ = 0°), anche essa polarizzabile. Infine hanno misurato la forza perpendicolare di una singola seta di gecko sulla superficie di sensori di forza MEMS* Sistemi Micro Elettro Meccanici sia idrofili (SiO2, θ = 0°) che idrofobi (Si, θ = 81.9°).

Le ipotesi sperimentali - Era stato precedentemente provato che le dita dei gechi del Tokai vivi sono superidrofobiche (angolo di contatto 161°). Se le forze adesive umide di natura capillare dominassero ci si aspetterebbe una mancanza di adesione del geco sulle superfici fortemente idrofobiche ( GaAs e Si MEMS). Al contrario se a dominare fossero le forze di van der Waals, allora si prevederebbe una forza di adesione notevole anche sulle superfici idrofobiche. In entrambi i casi ci si aspetta una forte adesione sulle superfici idrofile semiconduttrici di controllo, SiO2 e SiO2 MEMS .I risultati e la loro interpretazione -Poiché si è trovato che l'adesione alle superfici idrofile e idrofobe polarizzabili era simile come pure era ugualmente efficace l'adesione di una singola seta del geco sulle superfici idrofobe ed idrofile dei sensori di forza MEMS, è stata rigettata l'ipotesi delle forze capillari in favore delle forze di van der Waals. Si noti che i gechi non riescono ad aderire a superfici idrofobiche debolmente polarizzabili (polytetrafluoroethylene, nome commerciale Teflon , angolo di contatto θ = 105°). Le proprietà chimiche del teflon sono infatti caratterizzate da bassissime interazioni di van der Waals e lo rendono l'unica superficie conosciuta sulla quale le zampe del geco non sono in grado di aderire.

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Forza adesiva della seta di geco su superfici altamente polarizzabili in funzione del grado di idrofobicità della superficie. (A) Ipotesi nel caso di adesione bagnata (B ) Ipotesi nel caso di forze di van der Waals (C ) Risultati di un singolo dito su superfici polarizzabili di semiconduttori con divers grado di idrofobicità.. (D ) Risultati di una singola seta attaccata alle superfici altamente polarizzabile di cantilever MEMS anche esse con diversi gradi di idrofobicità.

B) Cosa implica il meccanismo di van der Waals?

Dall'aver riportato l'adesività del geco alla adesione asciutta, dovuta alle forze di van der Waals, discendono alcune importanti conseguenze. Prima fra tutte il fatto che non si tratta di un fenomeno influenzato dalla chimica delle superfici quanto dalla geometria delle stesse (distanze tra superfici diverse, dimensioni e forma). In particolare ciò significa che dovremmo essere capaci di fabbricare modelli sintetici delle spatole del geco la cui superficie, pur differendo per il materiale di cui è costituita, ha comunque uguale efficacia adesiva. In effetti nei due video [7] e [8] è mostrato l' utilizzo di due materiali diversi: un polimero e nanotubi di carbonio.

5. Le immagini Una ulteriore conferma sulla vera natura dell'adesività del geco viene dalle immagini al microscopio elettronico SEM. (vedi foglio a se stante per immagini ingrandite su cui lavorare) Da tali immagini è particolarmente evidente la tripla struttura gerarchica: lamelle, sete, spatole.Un solo dito della zampa di un geco contiene nelle lamelle centinaia di migliaia di sete (lunghe fino a 150 micron ). Ciascuna seta a sua volta contiene una specie di “pennello”, costituito da centinaia di spatole, ciascuna larga circa 200 nm. Queste protuberanze sottilissime sono in grado di penetrare nelle asperità e nelle fessure permettendo al geco di entrare in contatto intimo con la superficie su cui si arrampica: cioè la superficie reale di contatto è enorme.

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Ciascun “pennello” è costituito di molecole organiche a base di carbonio (beta cheratina) che strisciano contro la parete, nel video che vi è stato proposto vetro (biossido di silicio). Quando i due tipi di molecole sono estremamente vicini compaiono tra di esse delle forze intermolecolari secondarie: sono forze elettrostatiche debolissime (forze di van der Waals, uniche forze attrattive intermolecolari tra due oggetti neutri non polari ). Ciascuna molecola organica si appiccica ad una molecola di biossido di silicio esattamente come il palloncino si appiccica al maglione . In questo modo ogni seta produce una microscopica forza che si oppone alla gravità. Con centinaia di miliardi di pennelli che lavorano all'unisono si crea un numero estremamente alto di interazioni alla nanoscala che sommandosi insieme producono una forza risultante macroscopica enorme. A differenza degli adesivi a pressione (lo scotch) le sete del geco si appiccicano non quando sono premute ma bensì quando strisciano sulla superficie di arrampicata.

Per la maggior parte del tempo i gechi non sfruttano appieno il proprio potenziale adesivo. Si è infatti calcolato che se il geco avesse tutte le sue setole in contatto con la superficie sarebbe capace di sostenere fino a 40 volte il proprio peso arrivando addirittura ai 133 Kg.

N.B.Le dita dei gechi sembrano avere una doppia giuntura, effettivamente sono piegate nella direzione opposta rispetto alle nostre dita. Ciò permette loro di vincere le forze di van der Waals “pelando” via le dita dalle superfici dalla punta verso l'interno (vedi filmato). Di fatto questa azione di peeling altera l' angolo di incidenza tra milioni di sigole setole e la superficie, rideucendo così le forze di van der Waals. Nel video si vede anche che ruotando velocemente la superficie verticale su cui il geco è appiccicato esso è costretto a riposizionare continuamente le zampe ad una certa angolazione, altrimenti casca! Esiste quindi anche un fattore di angolazione nel segreto del geco.

6. Esempi di biomimetica [8][9][11][6]. Una volta capito il meccansimo alla base della adesività del geco, gli scienziati hanno pensato di ricrearlo artificialmente. E' così nata una serie di superfici sintetiche adesive “gecko inspired” tutte caratterizzate dal fatto di avere un enorme numero di “punte” ordinate, in alcuni casi strutturate gerarchicamente. Alcune di esse usano microfibre di plastica rigida. La plastica di per sè non è adesiva, ma il milione di contatti microscopici collabora assieme a creare una forza in grado di sostenere pesi notevoli. Anzi, all'aumentare del peso aumenta l'area di contatto e conseguentemente la forza adesiva stessa esattamente come accade nel geco. Per creare le punte i metodi sono diversi : si va dall'uso di stampi (wafer di silicio in cui sono create

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file ordinate di “buchi” in cui viene poi colato un polimero liquido), al self assembly , alla fotolitografia [13]

a. Molding - a stampo b. Fotolitografia c. Strutture gerarchiche

7. Gecko Nanopad -E' vero effetto geco?!? . Mentre le ricerche procedono si pensa alle possibili applicazioni : dalle bende di emergenza, alla riparazione di navi, fino a speciali tute perchè i pompieri possano arrampicarsi sulla superficie dei grattacieli e portare soccorso dove le scale non arrivano. Il geco tape non ha ancora raggiunto la fase di commercializzazione eppure su internet è possibile trovare un prodotto, il geco nanopad, che pare ispirarsi allo stesso principio. Naturalmente come nel caso dei post it il segreto del brevetto è gelosamente custodito. Agli studenti il compito di investigare se effettivamente il geco nanopad è un prodotto di riuscita biomimetica o semplicemente lo sfruttamento commerciale del termine nano oggi così di moda e spesso abusato . Vedi scheda studentiI geconanopad si possono comprare ai seguenti indirizzi

• http://inotec-europe.de/de/products/Nano-Pad euro 9,95 + 3.95 euro di spedizione fuori dalla Germania sono gli originali. Inizialmente progettati per l'uso in aviazione

• http://www.ilovegecko.com/ circa 7 euro

“The Nano Pad is a hand-sized pad that makes use of nanotechnology to create a vacuum system onto which cellphones and other devices stick. “ Questa descrizione si trova su di un sito che pubblicizza il geco nanopad. E'una affermazione vera? E' coerente con l'idea di ricreare un geco tape che sfrutti gli stessi meccanismi fisici del geco? Perchè?

Si può decidere di lasciare la più ampia libertà di indagine agli studenti che saranno così costretti a ripensare e a fare proprio il percorso dei ricercatori riutilizzando le informazioni acquisite per progettare quali test svolgere e con quali modalità.Descriviamo qui brevemente una serie di prove che l'insegnante può eventualmente suggerire come spunto, seguite da qualche indicazione pratica.

a. Grado di idrofobicità: La zampa del geco è superidrofoba, angolo di contatto 161°.Ponete con un contagocce una singola goccia d'acqua sulla superficie del geco nanopad. Classificate poi la superficie come idrofoba/idrofila. Eventualmente utilizzate una foto per valutare l'angolo di contatto.

Tutte e quattro le immagini col permesso di riproduzione per scopi puramente educativi accordato da Metin Sitti, Department of Mechanical Engineering and Robotics Institute in Carnegie Mellon University, Pittsburgh

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b. Valutazione dell'area reale di contatto. Rapporto area contatto reale/area contatto apparente. Appiccicare il nanopad su un vetro o meglio ancora su un plexiglass o altra superficie trasparente. Segnare sulla lastra con un pennarello le regioni in cui non c'è reale contatto e tracciare il

contorno del nanopad. Staccare il nanopad facendo bene attenzione a non cancellare i segni di pennarello, appoggiare il vetro su un foglio a quadretti. Procedere al calcolo dell'area col metodo della griglia quadrettata. Potete affermare che la massima adesività si ha strisciando più che premendo? Fate qualche prova: a)tirando il geco nanopad parallelamente alla superficie (shear force);b) premendolo perpendicolarmente

alla stessa (normal force). Osservate dal retro se vi sono cambiamenti nell'area di contatto .

c. Prova sotto vuoto (vedi filmato geco_sottovuoto).Il geco nanopad ed una ventosa sono applicati su una lastrina di plexiglass posta in verticale sotto alla campana di una pompa a vuoto. Ad entrambi sono attaccati due pesi uguali, il che permette di osservare dal retro come varia l'area reale di contatto man mano che viene fatto il vuoto.La ventosa dopo un po' si stacca. Sul retro appare molto evidente l'allargarsi progressivo dell'area in cui non c'è contatto. Il geco nanopad, pur continuando ad aspirare l'aria anche dopo che la ventosa ha ceduto, non si stacca. Non si notano modificazioni nel tempo dell'area di non contatto. Si nota invece che l'aria rimasta inizialmente intrappolata in queste zone, per differenza di pressione si espande ma non riesce a vincere la forza adesiva totale .

d. Prova di adesività sott'acqua : il geco vero continuava a rimanere attaccato. Il geco nanopad si stacca se l'acqua viene versata successivamente (fig. a-b), Non si attacca affatto se si tenta di farlo aderire al fondo di una bacinella già contenente acqua. Bagnando appena la superficie l'adesività del nanopad sulla parete asciutta sembra aumentare (fig. c)probabilmente sia perchè la superficie viene ripulita dalle impurità, sia perchè entrano in gioco forze capillari come nel caso della carta scottex bagnata che si attacca alla parete. L'operazione di distacco risulta estemamente agevole.(fig. d).

(a) (b) (c) (d)

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e. Prova teflon: provate a far aderire il nanopad ad una qualunque superficie in teflon: non attacca !

f. Prove elettrostatiche: provate ad avvicinare al geco nanopad una bacchetta di vetro ed una di ebanite precedentemente strofinate con un panno di lana. Le due bacchette possiedono cariche elettriche opposte. Vi sembra di notare che il nanopad aderisca diversamente? Che succede se provate ad applicare sul geco la pellicola alimentare?

g.Prove di “portata”- I risultati dipendono moltissimo dalle condizioni di pulizia del nanopad. Cercate di non contaminare la superficie durante l'uso o il confronto risulterà falsato dalle diverse condizioni sperimentali.Chiedete agli studenti di schematizzare le varie situazioni (vedi riquadri in blu) e di disegnare caso per caso il diagramma delle forze in gioco. Stanno davvero riproducendo il sistema nel riquadro blu?

g.1- Pull-off test (forza normale) Attaccato al “soffitto”il nanopad quanto peso regge? Rapportate tale peso max. all'area di contatto (in questo caso l'area di base del cilindro). Provate con diverse aree di contatto. Trovate una relazione tra peso max sorretto ed area di contatto?Quale forza perpendicolare al piano del nanopad si deve esercitare per staccarlo? I classici pesetti da laboratorio per le “molle” non saranno probabilmente sufficienti ed anche l'uso del dinamometro risulterà per molti casi impossibile perchè la forza adesiva è molto più grande della sua portata. Si consiglia di usare un secchiello da riempire progressivamente con quantità crescenti di sabbia.

Notate infine che per staccare meglio il pesetto, anzichè tirare perpendicolarmente conviene eseguire prima un movimento rotatorio e solo successivamente tirare.

g.2 -Pure shear test Cambia qualcosa se si attacca il nanopad in verticale ad una parete? Foto a sin.

g.3 - Peeling . Il set up è lo stesso di g.1 , ma per poter effettuare tali prove è necessario fare un buco nel nanopad dove agganciare il peso e rinforzarne il contorno altrimenti si lacera. La cosa non è semplice. Anzichè essere perfettamente aderente il nanopad ha la parte iniziale staccata a cui si attacca il peso. f. Prove di rotolamento provate a far rotolare una pallina d'acciaio lungo un piano inclinato alla fine del quale in orizzontale si trova il geco nanopad. La pallina gli rotolerà sopra fino a fermarsi. Quanto più l'adesivo è efficace tanto più breve sarà il cammino della pallina.

g. Dipendenza dell'adesività dalla temperatura : prendete due nanopad identici e ponete uno di essi in freezer (riparatelo dall'umidità, ad esempio in una scatola sigillata). Dopo circa un'ora tiratelo fuori e confrontate l'adesività dei due nanopad. In alternativa fateli aderire a due scatole di

a)

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metallo identiche (tipo quelle del tè) una piena di acqua bollente, l'altra di acqua e ghiaccio tritato.h.Direzionalità delle sete/ superficie. Alcuni materiali “gecko inspired”[10] hanno una direzione privilegiata nel senso che in una direzione sono in grado di reggere pesi anche molto elevati, nella direzione opposta invece il carico max è assai più ridotto. Questo effetto si ottiene con una progettazione accurata della inclinazione delle nanofibre.

Approfondimento

8.Facciamo un po' di conti. Agli studenti può essere proposto un po' di lavoro di analisi e di calcolo sulle immagini opportunamente ingrandite prese col SEM. Vedi scheda studentiAlcuni esempi:

a. Dalla quarta foto SEM del geco (pag.4 scala 1 micron) cercate di ricavare l'area media di ogni spatola (lavorate con le proporzioni). Quale sarà l'area reale di contatto del geco? Quale quella apparente? (per questo ultimo calcolo riferitevi alla prima foto ed utilizzate sempre un metodo a griglia)

b. Un calcolo simile si può fare su alcune delle foto del synthetic gecko hair [10]

c. La nota alla foto * a lato dice “40um diameter polyurethane fibers (1 cm^2) holding 500 grams”. Stimate il numero di fibre giustificando la vostra risposta. Quale forza adesiva media esercita ogni fibra?

9.Come misuriamo le forze alla nanoscala? Ci si può chiedere come vengono effettivamente misurate forze tanto picccole come quelle di una singola seta di geco. Rispetto alle forze alla macroscala servono chiaramente nuovi strumenti. Si possono misurare sperimentalmente in quanto risultano in modificazioni delle distanze e delle configurazioni tra superfici alla nanoscala; portano alla adesione e ad una configurazione energetica più bassa per il sistema . Uno strumento è l'AFM. (vedi 4° incontro dove il tema sarà approfondito)

Guardate il grafico qui accanto che descrive la misura della forza di una singola seta del geco. Cercate di descriverlo a parole. Cosa rappresenta la pendenza del tratto giallo chiaro? Mettete in relazione i vari tratti del grafico precedente con le posizioni della seta. (ad es. Cosa accade alla seta nel tratto 0-2? E alla forza adesiva corrispondente?)

Immagine Wikipedia

* Col permesso di riproduzione per scopi puramente educativi accordato da Metin Sitti, Department of Mechanical Engineering and Robotics Institute in Carnegie Mellon University, Pittsburgh

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RiconoscimentiLa seguente attività è stata parzialmente adattata da http://www.mcrel.org/nanoleap/ps/index.asp Si ringrazia per il permesso accordato di utilizzare foto ed immagini originali

• Metin Sitti PhD Professor of Mechanical engineering and Robotics Institute NanoRobotics Lab, Carnegie Mellon University Pittsburgh http://nanolab.me.cmu.edu

• Kellar Autumn, Professor and Chair Department of Biology , Lewis & Clarck College, Portland http://geckolab.lclark.edu

Tutte le altre immagini salvo diversa specificazione sono realizzate da Annamaria Lisotti, Stefano De Carlo, Gaetano Savalli e risultano di proprietà di NanoLab Unimore sotto licenza Creative Commons ShareAlike.

Bibliografia/sitografia[1]http://www.pnas.org/content/99/19/12252.full [2] http://www.chemguide.co.uk/atoms/bonding/vdw.html van der waals[3]http://www.asknature.org/strategy/fa1148883f944d31eceda164647bcb2c[4] http://www.imm-cnm.csic.es/Local_Probe/AFM.html [5] http://www.nanowerk.com/spotlight/spotid=4735.php forze di van der Waals repulsive

possono portare ad effetti di superlubricità.[6]http://robotics.eecs.berkeley.edu/~ronf/Gecko/interface08.html [10]http://nanolab.me.cmu.edu/projects/geckohair/ vari tipi di gecko tape sintetici[14]http://www.youtube.com/watch?v=eUB4pQ3mOy0&feature=watch_response geconanopad[15] American Scientist, Vol. 94 , 124-132 March - April 2006 “How gecko Toes Stick”

Video[7] http://vimeo.com/3298046 durata 4', in particolare il geco che si arrampica -2008[8]http://www.youtube.com/watch?v=anbqiBUmKIA il geco robot Sticky Bot durata 9' [9] http://vimeo.com/10570117 durata 2.08' continuazione 2009 del [7] focus su gecko tape[11] http://www.youtube.com/watch?v=z8wbVHhqBIU immagini al microscopio geco e geco

sintetico[12] http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=IkV1zMh_GQk breve documentario della BBC, cita

la particolare angolazione del piede [13]http://geckolab.lclark.edu/private/u38j47a0t/ spezzoni molto belli anche di prove di lab, con

quicktime.

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