EDWARD HOPPER TRA REALISMO E METAFISICA · 2018. 10. 31. · Edward Hopper è certamente il più...

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GIORGIO PELLEGRINI EDWARD HOPPER TRA REALISMO E METAFISICA A CIRCA quindici anni dalla scomparsa di Edward Hop - per, il Whitney Museum of American Art di New York ha allestito un'imponente retrospettiva della sua opera con oltre quattrocento pezzi esposti e un esauriente catalogo di Gai! Levin, curatrice della collezione Hopper del Museo. La portata dell'avvenimento è di dimensioni ben differenti da altre precedenti retrospettive dedicate all 'artista americano. I) Oltre alla quantità di opere esposte a sottolineare l'eccezionalità della mostra è determinante la sua tourn ée in Europa. Londra, Amsterdam e Dussel- dorf l 'hanno ospitata fino al mese di settembre del rg8r. 2 > Al pari di altre, quella di Edward Hopper parrebbe una personalità fiancheggiatrice, ai margini delle grandi cor- renti artistiche del nostro secolo. Eppure il valore della sua opera si riconosce immediato al primo approccio in una potente carica di originalità sostenuta da un elevato livello qualitativo, sempre costante per un arco di quasi quarant'anni . " Originalità - che afferma Hopper - non è questione di inventiva né di metodo ... è l'essenza di una personalità w 3l Importante ma non certo unico aspetto dell'opera di Hopper a giustificare il peso di questo imponente intervento degli Stati Uniti nell'am- bito del grande revival figurativo che va ormai registran- dosi quasi ovunque nel quadro della produzione artistica occidentale. 4l Tra i realisti americani della prima metà del secolo Edward Hopper è certamente il più attuale, il più "no - stro , , ii più vicino al pubblico degli anni ottanta: " è riuscito a cogliere, ma senza tormentarvisi, quel senso di profonda solitudine, quell'inclinazione a Thanatos che cova al fondo dell'ottimismo americano 11 , 5l ha scritto Robert Hugues sul Time . È su questa matrice esistenziale storicamente e culturalmente " nostra , che si modella finemente l'essenza profonda della pittura di Hopper. Ed è questa componente apparentemente ai margini delle sue scene dipinte che gli sancisce il successo in un mondo che non è cambiato, che tende nuovamente nella generale confusione dei valori alla sicurezza della " figura 11 , che vive ancora tutti i drammi dell'inizio del secolo, del primo dopoguerra, delle grandi crisi degli anni venti e trenta. Li vive più acuti, più crudi, senza più il conforto di un'illusione, di un sogno. E Hopper dietro la cortina falsamente rigida della " sua , realtà riesce a darci anche questo. Dai primi del secolo fino ag li anni sessanta si snoda un processo di crescita qualitativa animato da un rigoroso impegno e vincolato ad una coerenza nell'itinerario della ricerca emblematica di un radicato sentire morale. Rigore L'opera d'arte metafisica è quanto all'aspetto se rena; dà però l'impressione che qualcosa di nuovo debba accadere in quella stessa serenità e che altri segni, oltre quelli già palesi, debbano subentrare sul quadrato della tela. GIORGIO DE CHIRICO compostttvo, semplificazione, essenzialità: elementi pri- mari della sua pittura . E ancora quel senso di sospesa istantaneità, di muta, enigmatica tensione che ritroviamo costante. L'unica, reale protagonista delle sue composi- zioni è questa silenziosa atmosfera di falsa quiete, gYavida d'attesa , esaltata dal banale - ma anche sottilmente inquietante - anonimato della scena americana. Creata da un sapiente miscelare i due elementi strettamente complementari che la generano: la luce e la solitudine, quest'ultima anche dove non manca la figura umana , anzi proprio più toccante e manifesta. ' ' La luce per me è un'importante forza espressiva- afferma Hopper- ma non proprio a livello conscio , . 6 > Anche i soggetti rappresentati difficilmente variano : paesaggi urbani delle grandi città americane densi di pre- senze occultate, la suggestione drammatica degli interni, gli austeri american landscapes delle campagne o la costa del New England coi suoi candidi fari imponenti . Evidente la trama evolutiva degli anni della maturazione, il continuo, puntiglioso perfezionamento. Sorprende la tenace, severa coerenza nel linguaggio. Tematiche e mezzi espressivi non cambiano, varia semmai col tempo - di tela in tela - l'intensità dell'aura emotiva. Già potente negli olii degli anni venti si acutizza nel decennio seguente fino a toccare punte elevatissime in alcuni olii degli anni quaranta . Difficile non avvertire in questi ultimi la pre- senza di un'atmosfera carica di vera e propria suspence. 7l Nel ventennio successivo la tensione si allenta gradual- mente. All'ansia di attese incalzanti si sostituisce lenta la mae- stosa serenità di un sapiente, goduto manipolare l'elemento luminoso. E rimane intatta, fino all'ultimo, l'essenza della solitudine a creare quella aura " metafisica , di cui Edward Hopper è senz'altro uno dei più validi interpreti nel panorama artistico del nostro secolo. È quest'aspetto centrale della sua opera che lo inse- risce nel nucleo della problematica intorno al realismo fra le due guerre, americano ed europeo, e lo identifica in pieno come una delle figure più stimolanti di quel- l'area di produzione estetica situata ai margini del rea- lismo tradizionale " naturalistico , , e dominata da una spiccata - spesso inconscia - tendenza all'evasione, per - lomeno concettuale, dai limiti figurali imposti dal genere. Comunemente definito " Realismo Magico 11 o " Nuovo Realismo , se ne scoprono esempi sorprendentemente affini, pur con evidenti differenze di registro, sia in Eu - ropa che negli Stati Uniti intorno agli anni venti-trenta . Spesso la germinazione è spontanea, altre volte si indo- vinano inconfutabili contatti. 145 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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GIORGIO PELLEGRINI

EDWARD HOPPER TRA REALISMO E METAFISICA

ACIRCA quindici anni dalla scomparsa di Edward Hop­per, il Whitney Museum of American Art di New

York ha allestito un'imponente retrospettiva della sua opera con oltre quattrocento pezzi esposti e un esauriente catalogo di Gai! Levin, curatrice della collezione Hopper del Museo. La portata dell'avvenimento è di dimensioni ben differenti da altre precedenti retrospettive dedicate all 'artista americano. I ) Oltre alla quantità di opere esposte a sottolineare l'eccezionalità della mostra è determinante la sua tournée in Europa. Londra, Amsterdam e Dussel­dorf l 'hanno ospitata fino al mese di settembre del rg8r. 2 >

Al pari di altre, quella di Edward Hopper parrebbe una personalità fiancheggiatrice, ai margini delle grandi cor­renti artistiche del nostro secolo. Eppure il valore della sua opera si riconosce immediato al primo approccio in una potente carica di originalità sostenuta da un elevato livello qualitativo, sempre costante per un arco di quasi quarant'anni . " Originalità - che afferma Hopper -non è questione di inventiva né di metodo ... è l' essenza di una personalità w 3l Importante ma non certo unico aspetto dell'opera di Hopper a giustificare il peso di questo imponente intervento degli Stati Uniti nell 'am­bito del grande revival figurativo che va ormai registran­dosi quasi ovunque nel quadro della produzione artistica occidentale. 4l

Tra i realisti americani della prima metà del secolo Edward Hopper è certamente il più attuale, il più "no­stro , , ii più vicino al pubblico degli anni ottanta: " è riuscito a cogliere, ma senza tormentarvisi, quel senso di profonda solitudine, quell'inclinazione a Thanatos che cova al fondo dell 'ottimismo americano 11 , 5l ha scritto Robert Hugues sul Time . È su questa matrice esistenziale storicamente e culturalmente " nostra , che si modella finemente l'essenza profonda della pittura di Hopper. Ed è questa componente apparentemente ai margini delle sue scene dipinte che gli sancisce il successo in un mondo che non è cambiato, che tende nuovamente nella generale confusione dei valori alla sicurezza della " figura 11 , che vive ancora tutti i drammi dell'inizio del secolo, del primo dopoguerra, delle grandi crisi degli anni venti e trenta. Li vive più acuti, più crudi, senza più il conforto di un'illusione, di un sogno. E Hopper dietro la cortina falsamente rigida della " sua , realtà riesce a darci anche questo .

Dai primi del secolo fino agli anni sessanta si snoda un processo di crescita qualitativa animato da un rigoroso impegno e vincolato ad una coerenza nell'itinerario della ricerca emblematica di un radicato sentire morale. Rigore

L 'opera d'arte metafisica è quanto all'aspetto serena; dà però l'impressione che qualcosa di nuovo debba accadere in quella stessa serenità e che altri segni, oltre quelli già palesi, debbano subentrare sul quadrato della tela.

GIORGIO DE CHIRICO

compostttvo, semplificazione, essenzialità: elementi pri­mari della sua pittura. E ancora quel senso di sospesa istantaneità, di muta, enigmatica tensione che ritroviamo costante. L ' unica, reale protagonista delle sue composi­zioni è questa silenziosa atmosfera di falsa quiete, gYavida d'attesa, esaltata dal banale - ma anche sottilmente inquietante - anonimato della scena americana. Creata da un sapiente miscelare i due elementi strettamente complementari che la generano: la luce e la solitudine, quest'ultima anche dove non manca la figura umana, anzi proprio lì più toccante e manifesta. ' ' La luce per me è un'importante forza espressiva- afferma Hopper­ma non proprio a livello conscio , . 6>

Anche i soggetti rappresentati difficilmente variano : paesaggi urbani delle grandi città americane densi di pre­senze occultate, la suggestione drammatica degli interni, gli austeri american landscapes delle campagne o la costa del New England coi suoi candidi fari imponenti. Evidente la trama evolutiva degli anni della maturazione, il continuo, puntiglioso perfezionamento. Sorprende la tenace, severa coerenza nel linguaggio. Tematiche e mezzi espressivi non cambiano, varia semmai col tempo - di tela in tela - l'intensità dell'aura emotiva. Già potente negli olii degli anni venti si acutizza nel decennio seguente fino a toccare punte elevatissime in alcuni olii degli anni quaranta. Difficile non avvertire in questi ultimi la pre­senza di un'atmosfera carica di vera e propria suspence. 7l Nel ventennio successivo la tensione si allenta gradual­mente.

All'ansia di attese incalzanti si sostituisce lenta la mae­stosa serenità di un sapiente, goduto manipolare l'elemento luminoso. E rimane intatta, fino all' ultimo, l'essenza della solitudine a creare quella aura " metafisica , di cui Edward Hopper è senz'altro uno dei più validi interpreti nel panorama artistico del nostro secolo.

È quest'aspetto centrale della sua opera che lo inse­risce nel nucleo della problematica intorno al realismo fra le due guerre, americano ed europeo, e lo identifica in pieno come una delle figure più stimolanti di quel­l'area di produzione estetica situata ai margini del rea­lismo tradizionale " naturalistico , , e dominata da una spiccata - spesso inconscia - tendenza all'evasione, per­lomeno concettuale, dai limiti figurali imposti dal genere. Comunemente definito " Realismo Magico 11 o " Nuovo Realismo , se ne scoprono esempi sorprendentemente affini, pur con evidenti differenze di registro, sia in Eu­ropa che negli Stati Uniti intorno agli anni venti-trenta. Spesso la germinazione è spontanea, altre volte si indo­vinano inconfutabili contatti.

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I -MONACO, GALLERIA DEL LEVANTE GUSTAV WUNDERWALD! INGRESSO ALLA METROPOLITANA

2 - STATI UNITI, COLLEZIONE PRIVATA - EDWARD HOPPER ! IL TEATRO CIRCLE

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3 - HALLE, STAATLICHE GALERIE MORITZBURG- KARL VOELKER: CEMENTO

4- WASHINGTON, THE PHILIPS COLLECTION EDWARD HOPPER : AVVICINANDOSI AD UNA CITTÀ

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Riprendi::~mo a questo proposito Edward Ho p per : " Mi sono rivolto sempre a me stesso. Non so se qualcuno mi ha più o meno influenzato ... 11 • 8) Interessante afferma­zione dell'artista ma come vedremo difficile da accettare senza riserve. È vero che al suo ritorno negli Stati Uniti alla fine del rgro - dopo l'ultimo viaggio in Europa -l'influenza dell'ambiente artistico newyorchese è nulla. La famosa Armory Show passa senza neppure sfiorarlo, totale l'indifferenza ai temi della Ash-can School: gl

" Capita che dipinga figure umane perché ritengo sia un dovere ' fare , umanità. Ma sebbene abbia studiato con Robert Henry non sono mai stato un membro della Ash- can School.. . aveva un orientamento sociologico che non mi interessava 11 • To) Misurabile la distanza fra la sua opera e quelle del realismo sociale allora in voga negli USA. Le colorite scenette di Sloan, i quartieri popolosi di Luks, il violento mondo del pugilato colto in tutti i suoi aspetti da Bellows, non riusciranno ad interessarlo.

Ma al contrario una certa affinità , tematica più che emotiva e stilistica, è possibile intravederla con le opere dei cosiddetti " Precisionisti 11 o " Immacolati 11 , un gruppo di pittori americani che operano fra gli anni venti e trenta . Il gusto per le nude architetture illuminate dalla luce, per le immacolate sovrastrutture industriali o navali, l'assenza totale dell'elemento umano, delle tele di Charles Sheeler - personalità centrale del gruppo - fanno pen­sare a certo Hopper di quel periodo. Il rigoroso virtuo­sismo iperrealistico e soprattutto la singolare freddezza dell'aura emotiva dei quadri di Sheeler ne sottolineano peraltro le notevoli differenze. L 'originalità dell'opera di Hopper rimane incontaminata e si accentua maggiormente intorno agli anni trenta e quaranta con la seconda ondata del realismo sociale. Benton, Miller, Curry, Ben Shan e altri ancora ripropongono in pieno, ognuno a suo modo, una tematica prettamente sociale, non più resa con tecni­che impressioniste, alla maniera degli " Eight 11 , bensì inasprita e modernizzata da un esasperato stile espressio­nista. In un tale contesto Hopper è già un outsider, i suoi interessi agli antipodi con un simile tipo di pittura: " Ciò che volevo era dipingere la luce del sole sulla parete di una casa 11 •

11 )

Più interessante e ricca di stimoli la problematica dei rapporti tra la sua produzione pittorica e certi aspetti di alcune coeve tendenze artistiche europee. La quantità dei riferimenti è notevole. Citazioni peraltro - corrette o forzate che siano - dei vari critici che si sono occupati della sua opera, mai troppo impegnative al momento del confronto con la pittura di Hopper che ne esce sempre pienamente assolta da ogni sospetta allusione. O tutt'al più coscientemente influenzata- all 'epoca dei suoi viaggi in Europa 12

)- dai lavori dei maestri del " continente 11 • 13)

" Ritengo di essere ancora un impressionista 11 14l affer­

mava spesso Hopper. I legami infine rimangono sempre troppo blandi, ad evi­

denziare in fondo l'atteggiamento dello studioso ameri­cano attento a non compromettere oltre misura l'ori­ginalità del connazionale artista. Si percepisce fra le righe, anche nel recentissimo lavoro della Levin 15) seppure meno reciso e manifesto che nelle trascorse trattazioni di

5 - MONACO, COLLEZIONE PRIVATA - CARL GROSSBERG : CASA PREFABBRICATA

6 - CITTÀ DEL MESSICO, COLLEZIONE BRUNO PAGLIA! - GIORGIO DE CHIRICO: VILLA ROMANA

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7- STATI UNITI, COLLEZIONE PRIVATA - EDWARD HOPPER: DUE PURITANI

8- RICHMOND, VIRGINIA MUSEUM OF FINE ARTS- EDWARD HOPPER: CASA ALL'IMBRUNIRE

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9 - PALM BEACH, NORTON GALLERY AND SCHOOL OF ART EDWARD HOPPER : AGOSTO NELLA CITTÀ

IO- MILANO, COLLEZIONE PRIVATA GIORGIO DE CHIRICO: MEDITAZIONE MATTUTINA

Goodrich, quel velato disinteresse per la pittura europea degli anni di Hopper e di rimando per certe inconfutabili affinità con la sua produzione pittorica. Ne deriva spesso un profilo di critica comparata volutamente superficiale, confuso e non privo di lacune talora vistose. È sufficiente d'altra parte uno sguardo appena più attento al panorama artistico europeo dell'immediato primo dopoguerra per individuare sorprendenti consonanze con le opere di Hopper dello stesso periodo e posteriori.

Il momento storico è ben caratterizzato. Le avan­guardie dei primi del secolo sono oramai ridotte a sclero­tici schemi ripetitivi di un antico messaggio di rivolta disperso dalla tragedia del conflitto. Poche sterili soprav­vivenze soccombono di fronte al generale ritorno all'ordine che incalza con violenza da livelli socio-politici ad inve­stire tutto il mondo culturale occidentale. Esigenza di sicurezza, timore della novità , reazione, tradizione : si torna alla figura , ovunque. Certi fermenti appena tra ­scorsi tuttavia non cessano. Si modificano ma non scom-

paiOno. Si reinseriscono senza traumi nel filone della grande tradizione romantica, la animano con nuovi spunti. D ada è il seme del Surrealismo. L'urlo di Munch del romanticismo d'oltralpe si gela nel silenzio inquie­tante della Metafisica di De Chirico o nei vari '' Realismi Magici , europei e americani . Perché è lo stesso realismo - o larga parte di esso - ad assorbire i fermenti in sospensione di questa temperie culturale postbellica. Nella tradizione ma al tempo stesso contro di essa. N ella realtà ma in modo ambiguo da sfiorare i confini del surreale. " Il mondo dei ' nuovi realisti ' è di gran lunga più ricco del mondo dei ' naturalisti ' , , 16) afferma il teorico tedesco Hildebrandt nel 1924 di fronte alla gelida, mec­canica " Nuova Oggettività, di Grossberg, Hubbuch, Schad e degli altri giovani artisti tedeschi, interpreti di una realtà freddamente registrata con l' implacabile preci­sione di un obiettivo fotografico . E il loro non è distante da quello di Hopper " .. . un realismo portato a un grado tale di percezione da trasformarsi in un sortilegio roman­tico visto in un cristallo chiaro ,. 17) Simile il commento ai famosi nudi di quegli stessi anni del grande realista svizzero Felix Vallotton, in cui pare " ... sia stata accura ­tamente pompata via l'atmosfera ... si mostrano alla vista nel vuoto più spinto, come sotto una campana di ve­tro , . IS) O ai suoi paesaggi " ... misteriosi come se fossero sognati, visti attraverso un cristallo, senz'aria ,. l g) Le affinità tra operazioni di artisti diversi e lontani emergono inevitabili a testimoniare l'intensità del fenomeno e la sua grande diffusione, spesso semplicemente favorite dal momento storico e dall'identità delle tendenze, ma tal ­volta anche frutto di contatti diretti.

Prendiamo una prima serie di interessanti accostamenti già possibile tra certi Hopper e alcuni lavori ascrivibili alla " Neue Sachlichkeit, : ' Ingresso alla metropolitana' (fig. I) , un olio di Gustav Wunderwald del I925 è senza altro vicino a ' Il teatro Circle ' di Hopper del 1936 (fig. 2).

Tutti e due con l'ingresso della metropolitana in primo piano e immediatamente alle spalle un teatro. Pochi pas­santi nelle strade semideserte: unica protagonista la triste, uggiosa architettura della grande città che impegna op­primente quasi tutta la superficie della tela . Atmosfera piatta e melanconica di un silenzioso pomeriggio festivo . Wunderwald tenta di rompere il grigiore urbano col colore delle scritte pubblicitarie, Hopper non si preoc­cupa tanto, anzi copre l'insegna vivace del teatro- quasi apposta - con lo scuro casello d 'ingresso della metro­politana. Ma è l'unica lieve differenza fra le due scene.

Altro confronto significativo emerge tra ' Cemento ', olio del I923 di Karl Voelker (fig. 3) e ' Avvicinandosi a una citta', un Hopper del 1946 (fig. 4). Lo stile del te ­desco è senz'altro differente, più attento alle geometrie dei volumi , freddo nelle ampie campiture di colore, ma il soggetto - pur col variare del punto di vista - è lo stesso . L 'imbocco di un tunnel ferroviario visto rispetti­vamente dall 'esterno e dall'interno, i binari in fuga pro­spetti ca bruscamente tagliati dalla tela, la nuda parete in cemento del viadotto. Hopper sottolinea al solito la muta presenza delle grandi costruzioni attigue, atmosfera e colore sono più caldi, ma la tensione dell'intervallo, il silenzio carico d'attesa, è comune. Qualcosa deve arri ­vare, o è appena passata.

Ancora nell' ambito della " Neue Sachlichkeit , diffe ­renze di stile ma affinità tematica ed emotiva possono rilevarsi tra un olio di Cari Grossberg, ' Casa prefab­bricata ' del 1925 (fig. 5), e uno dei tanti soggetti ex­traurbani di Hopper : 'Due Puritani ' del 1945 (fig. 7). 20)

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II- STATI UNITI, COLLEZIONE PRIVATA- EDWARD HOPPER: ALBA IN PENNSYLVANIA

Anche in questi due dipinti è evidente una netta similitu­dine dell'aura emotiva, pur con diversa intensità, anche se ad accomunarli è in particolare l'interesse per la luce solare e i suoi effetti sulle bianche pareti della costru­zione. Aspetto chiave nella ricerca formale di Hopper, meno evidente nell'opera di Grossberg più orientato verso il mondo delle macchine, le sue forme metalliche e al­trettanto disinteressato alla figura umana. ' Casa prefab­bricata ' è infatti una delle rarissime eccezioni a questa regola del gusto dell'artista tedesco per la macchina in gene~e c?e lo avvicina moltissimo ai " Precisionisti " amencam.

Innegabili affinità tra certa pittura di Hopper e i lavori dei tedeschi appena citati , peraltro difficilmente motivabili con ipotesi di un suo contatto diretto con le opere di questi ultimi . Considerate le date dei dipinti esaminati potrebbero spiegarsi solo con un'influenza dei primi sul­l'artista americano, la cui unica visita in Germania risale all'estate del 1907, quando in occasione del suo primo viaggio in Europa si ferma per brevissimo tempo a Ber­lino. A quell'epoca, l'ambiente artistico tedesco era carat­terizzato dalle influenze francesi e dai primi esperimenti degli espressionisti . Più plausibile prendere semplice­mente atto di diversi itinerari di ricerca per certi aspetti paralleli , che finiscono per portare a risultati simili . Anche

I :;a- BUFFALO, ALBRIGHT KNOX GALLERY - GIORGIO DE CHIRICO: ANGOSCIA DELLA PARTENZA

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13 - LOSANNA, GALLERIA P. VALLOTTON FELIX VALLOTTON: INTERNO DI ATELIER CON FIGURA (MIA MOGLIE)

14 - NEW YORK, WHITNEY MUSEUM OF AMERICAN ART EDWARD HOPPER : INTERNO A NEW YORK

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15 - BOSTON, MUSEUM OF FINE ARTS EDWARD HOPPER: STANZA A BROOKLYN

r6 - LOSANNA, GALLERIA P. VALLOTTON FELIX VALLOTTON: INTERNO CON DONNA AL PIANO

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se il discorso cambia quando si scopre dietro questa trama, apparentemente esile, di corrispondenze tra Hop­per e alcuni protagonisti della " Neue Sachlichkeit , un comune, importante punto di riferimento: una figura d'artista, europeo, fondamentale per i giovani artisti te­deschi del primo dopoguerra e notissimo nell'ambiente artistico statunitense, Giorgio De Chirico. " È assoluta ­mente fuori discussione l'influenza precisa e determinante di De Chirico ... su gran parte degli artisti della " Neue Sachlichkeit , -scrive Emilio Bertonati -la definizione di "Realismo Magico" data al gruppo da Franz Roh ha senz'altro origine italiana 11 •

2 1> Comincia a intravvedersi a questo punto la sottile ma vastissima rete di influenze e suggestioni che parte a raggiera dall'opera dell'artista ita­liano, diffondersi nell 'area estetica occidentale di quegli anni e avvicinare - invisibile ma potente trait d'union -poetiche apparentemente distanti e non comunicanti.

Per quanto riguarda la sua attività negli USA, già dai 1926 può datarsi l'inizio del lungo rapporto d'amicizia tra Giorgio De Chirico e Albert Barnes - noto colle­zionista di Filadelfia - che gli acquisterà numerose opere e ospiterà l'artista a Merion, presso Filadelfia, dal ­l'agosto del 1935 al dicembre del 1936. Nel 1941 esce a New York il saggio del critico americano James Thrall Soby The Early De Chirico, ed è quest'ultimo- profondo conoscitore dell'opera dell'italiano - a rilevare fin dal 1943 un primo, puntuale accostamento tra Hopper e De Chirico. Soby vede nella pittura di Hopper " ... come in quella del primo periodo del suo contemporaneo italiano, Giorgio De Chirico, l'agitarsi frenetico di tanto romanti­cismo dei primi del secolo arrivare a una fase di riposo vagamente inquieto 11 ,

22> Ancora Goodrich nel suo cata­logo del 1964 e Hugues sul Time ne accennano rapida­mente.

Citazioni limitate al solo prendere atto di certi inte­ressanti ma generici paralleli relativi all'aura emotiva: mai niente di più. D'altra parte esiste anche tutta una serie di affinità più precise tra alcuni olii dei due, agevolmente motivabili infine, se si considerano le date dei lavori di Hopper e quelle delle mostre newyorchesi di De Chirico. Tra il 1935 e il 1947 quest'ultimo espone per ben cinque volte a New York e una a Boston, 23) ed è proprio in un gruppo di olii di Hopper di quegli anni che si scoprono evidenti suggestioni di inconfutabile matrice dechiri­chiana.

' Shakaspeare all'imbrunire ', un olio di Ho p per del 1935: la piazza deserta di un grande parco all'imbrunire. Sulla destra in primo piano una statua, in fondo sulla sinistra - indistinta - un'altra. Solo il manifesto riferi­mento alla realtà e lo stile di Hopper lo separano da una delle tante 'Piazze d'Italia' di Giorgio De Chirico. La statua, la magica aura di solitudine quasi metafisica- in quest 'olio anche la luce- sono le stesse di molti lavori dell'artista italiano. Come Lloyd Goodrich fa acutamente notare, ad avvicinare le poetiche dei due artisti è proprio questo loro potere di cogliere la " poetry of places " 24> di illuminati spazi deserti.

Altra interessante similitudine si coglie tra un Hopper del 1935: ' Casa all'imbrunire ' (fig. 8) e 'Villa Romana ' (fig . 6) di De Chirico del 1922. L'enigma dell'ora, gli ultimi piani di un fabbricato tagliati dalla tela, una donna a una finestra, sullo sfondo una natura incombente e mi­steriosa. Il confine tra il " realista " e il " metafisico " si assottiglia fino quasi a scomparire. Hopper ci offre una mera immagine " the picture is a blunt fact" 2Sl- afferma Soby - reale, ovvia . Ma è proprio " quest 'acuta consa­pevolezza di Hopper nel presentare l'ovvio che finisce

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per trasportarlo in pieno Romanticismo 11 • 26) Per tra ­sformare la mera immagine in una misteriosa formula metafisica. De Chirico in più la carica con l'incongruità degli accostamenti iconografici arricchiti di palesi con­trasti tra il quotidiano e il classicheggiante.

Citazioni classiche quasi in trova bili nell'opera di Hop­per, anche se Charles Burchfield allude a certa atmosfera delle " ... ruins of Pompei, , 2 7> a proposito di quella delle tele dell'amico. L'unica eccezione peraltro è ancora una volta probante a svelarci un sicuro riferimento alla pittura dell'italiano. ' Agosto nella città ' (fig. g) è un olio di Hopper del 1945. Una strada deserta aggira si ­lenziosa un candido edificio ai margini di un parco. Dalle finestre del bow-window se ne intravede l'interno, nessuna presenza umana, unica " presenza " inanimata: una statua muliebre dorata di sole ormai al tramonto. Sorprendentemente simile alla muta, misteriosa prota­gonista marmorea di tante ' Piazze d' Italia ', perfino nel modo in cui è dipinta. Sembra quasi un commento figu ­rato alla frase di De Chirico: " ... la statua in una stanza, sola ... potrebbe riservarci un'emozione insolita" , 28> co­me in ' Meditazione mattutina' (fig. ro), altro olio del­l'artista italiano del 1912.

Sarebbe forse una banale forzatura voler collegare certi realistici soggetti " ferroviari " di Edward Hopper ai neri, minuscoli convogli che solcano sbuffanti gli spazi metafisici delle tele di Giorgio De Chirico, o alle sue spet­trali stazioni porticate, popolate di fantasmi. Eppure un quadro dell'americano è senz'altro molto vicino ad al­cuni lavori dell'artista europeo: ' Alba in Pennsylvania ' (fig. 11) del 1942. La pensilina di una stazione deserta all'alba, la coda di un oscuro vagone. Un raggio di luce radente si insinua- abbagliante sul bianco del cemento­tra i toni scuri dominanti. Sullo sfondo mute costruzioni grigie di fuliggine, cisterne, ciminiere. La tesa, enigmatica atmosfera di una stazione deserta è resa con la solita accurata maestrìa. Atmosfera che peraltro evoca imme­diata quella di tante " stazioni metafisiche " di De Chirico. In 'Angoscia della partenza' (fig. 12) del 1913-14 ad esempio, è estremamente simile. Anche qui la luce ra ­dente dell'alba, il vagone, la ciminiera, in più l'imman­cabile trenino all'orizzonte. Gli stessi elementi della com­posizione di Hopper strappati alle regole della realtà e 1mmessi nell'universo metafisico dechirichiano. Parallelo, ma certamente anche importante per spiegare alcuni mo­menti creativi dell'altro universo, più reale ma anch'esso magico, di Edward Hopper. "Se il Romanticismo di Géricault e di Bellows spesso esalta la violenza del gesto, quello di De Chirico e Hopper si raccoglie in un silen­zioso, immoto attendere 11 •

29> Aura enigmatica che finisce per dominare in gran parte della pittura di Hopper degli anni cinquanta e sessanta. ' Camere davanti al mare ' del 1951, 'Mattino in Carolina ' del 1955, 'Gente al sole ' del rg6o, 'Ufficio a New York ' del 1962, ' Sole in una stanza vuota' del rg63, non sono che alcuni dei tanti olii che si potrebbero ancora citare nell'ottica critica che abbiamo profilato di un realismo intensificato, essen­zializzato, trasfigurato fino alla magia.

L'avere tuttavia ignorato precise analogie tra l'opera dei due artisti non ha impedito - già si è detto - che se ne evidenziasse almeno una manifesta affinità - sep­pure generica - a livello emotivo.

Per un altro artista europeo invece, ben più vicino ad Hopper - e per certi versi nuovamente a De Chirico -il silenzio della critica è generale. Si tratta del già citato Felix Vallotton. "Vedere la luce e il giuoco dell'ombra su un blocco di marmo è un piacere di cui i miei occhi

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17- LOSANNA, GALLERIA P. VALLOTTON- FELIX VALLOTTON : TERZA GALLERIA ALLO CHATELET

18- WASHINGTON, SMITHSONIAN INSTITUTE - EDWARD HOPPER : PRIMA FILA

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non si sono mai saziati,. 3o} È un 'affermazione di Vallotton ma non ci sorprenderebbe se a farla fosse stato Hopper. La prima di una fitta serie di analogie tra i due artisti, che sconfinano spesso addirittura a livello biografico.

L'artista svizzero è fra i più importanti protagonisti del periodo post-impressionista anche se certamente tra i meno appariscenti. Giovanissimo inizia a frequentare i corsi di pittura all'Académie Julian di Parigi.

Intorno al 1898 - dopo un intervallo di sei anni de­dicato alla grafica - ricomincia a dipingere con un gusto tutto particolare per la sintesi e la semplificazione delle forme. È in questo periodo che entra a far parte del gruppo dei Nabis, pur conservando una sua marcata fisionomia stilistica; il suo progressivo rifiuto di certo intimismo lirico nel fatto cromatico e compositvo lo fa apparire fin d'allora l'" eretico " del gruppo. Dal 1902 al 1910 espone più volte da solo o coi Nabis nella capitale francese, con una certa frequenza specialmente tra il 1907 e il 1910, gli anni dei viaggi di Hopper a Parigi . Dopo il 1910 si allontana dall'orbita del gruppo fino ad uscirne. Il progressivo interesse per l'elemento luminoso lo ha svincolato dall'influenza delle stampe orientali chia­ramente riscontrabile nelle tele precedenti il 1900. È la luce fredda e irreale dei suoi quadri che brucia impietosa lo spessore atmosferico di certo intimismo impressionista della pittura dei Nabis. " Negli 'interni' di Vallotton tutto è immobile, come tenuto in ghiacciaia. Sembra quasi che l'artista abbia ricoperto di una sostanza vetrosa i suoi oggetti, per preservarli da ogni corruzione ... ,. 3 '}

E si scoprono già le prime innegabili affinità tra la pittura dell'artista svizzero e di Hopper, che analizzate con attenzione ci offrono una serie di accostamenti sta­volta non solo parziali come quelli finora rilevati ma relativi oltre che alle !ematiche, anche all'uso del colore, della luce e non ultima alla composizione. Ipotizzabile a questo punto un contatto diretto, da parte di un Hopper che non nega di aver seguito assiduamente tutte le mostre di rilievo durante la sua permanenza a Parigi. E il suo silenzio riguardo a Vallotton non è certo probante a con­futare tale ipotesi; potremmo più semplicemente inter­pretarlo come una di quelle " false , distrazioni con cui - quanto spesso - gli artisti colgono ciò che loro serve senza sapere dove e come.

La figura femminile in un interno è un soggetto tipico nella pittura dei due artisti e- fatto peculiare in ambedue - la donna è colta molto spesso di spalle. Come in ' In­terno di atelier con figura (mia moglie) ' (fig. 13) tempera di Vallotton del 1902, un lavoro senz'altro paradigmatico di tale consuetudine. Lo stesso può dirsi di un olio di Hopper del 1921: ' Interno a New York ' (fig. 14). In tutti e due i quadri una donna seduta - la moglie del ­l'artista - rappresentata di spalle. Abbigliamento in­timo, la chioma divisa dal collo fluisce sul davanti, vici ­nissimo un caminetto, quadri alla pareti. Una porta sul fondo nel quadro di Hopper, riflessa da un ampio specchio nel Vallotton. Atmosfera di quieta intimità, non senza una sottile vibrazione di tensione data dalla porta, in sordina nella tempera dello svizzero, più forte nell'Hopper e caricata dal punto di vista esterno all'ambiente rappre­sentato. E il silenzio " ... o come qualcuno lo ha acu­tamente definito listening quality ... , , 32} a proposito de_lle tele dell 'americano è lo stesso nel quadro dello SVIZZero.

Un'altra figura femminile, seduta e di spalle in 'Stanza a Brooklyn ' (fig. 15), olio di Hopper del 1932, sembra quasi presa di peso da ' Interno con donna al piano ' (fig. 16) un Vallotton del 1904. La donna, capelli bruni

raccolti sulla nuca, siede - sulla sinistra dei due quadri - su una sedia; davanti a un pianoforte nel quadro dello svizzero, nell'Hopper di fronte a una finestra aperta su un monotono paesaggio urbano ; un vaso di fiori su un tavolo, la luce dalla destra . La differenza tra le due auree emotive è qui ancora più marcata che nei precedenti due lavori . L'Hopper è letteralmente un fotogramma da film " giallo ,. Al silenzio e alla solitudine della scena si aggiunge acuto il mistero di una presenza esterna -" fuori campo , - che scruta la donna ignara. E può ben citarsi a proposito di questa e di altre tele di Hopper un'osservazione di De Chirico riferita a certe scene di Klinger in cui coglie " ... il senso drammatico di certi momenti di alcuni drammi cinematografici ove appunto persone della tragedia e della vita moderna appaiono fisse nella spettralità di un momento, framezzo scenari terri ­bilmente reali,. 33} Lo stesso vale - anche se in minor misura - per il Vallotton : c'è ancora nel suo dipinto un po' del calore di un interno Nabis seppure in parte sfreddato dalla limpidezza dell'immagine, dall 'atmosfera cristallina già distante dal pulviscolo luminoso di Vuillard o di Bonnard. Valido tuttavia il pretesto per ritornare una volta di più a De Chirico. Come considerare del resto la definizione di "Metaphisique picturale, 34} che Felix Vallotton dava ai suoi olii " sotto vuoto , degli anni venti? Difficile non ricollegare certe affinità tra Hopper e l'artista svizzero con il mistero metafìsico delle tele dell'italiano, della cui opera nell'ambiente artistico fran ­cese d'allora, è ozioso sottolineare l'importanza.

Ma ritorniamo all 'analogia - stavolta anche emotiva oltre che tematica - tra un Vallotton e un Hopper. ' Terza Galleria allo Chatelet ' (fig. 17) del 1895 e 'Prima fila ' (fig. 18) del 195 I: figure solitarie e gruppi silenziosi in un interno di teatro semivuoto. È il tema, caro ai due artisti, della solitudine nella massa, svolto con lo stesso amaro e lucido pessimismo, in Hopper appena più par­tecipato, indifferente per Vallotton. Analogia tematica ed emotiva ma notevole distanza stilisti ca: le figure dello svizzero sono piatte, approssimative, ritagliate. Il quadro è del 1895, l'influenza delle stampe orientali è ancora forte .

Un gusto pittorico estremamente simile si rileva invece nel modo - comune ai due artisti - di rappresentare la vegetazione. In particolare le folte chiome verde cupo degli alberi di un boschetto, di una foresta, di un parco. L'uso del colore è identico: al preziosismo di un'accurata rappresentazione naturalistica, ambedue preferiscono una interpretazione più libera, tutta affidata alle masse di colore plasmate dalla luce, alla densità sapientemente dosata del primo e ai molteplici effetti della seconda. Ad un'osservazione diretta della realtà si aggiunge la per­fetta assimilazione della lezione impressionista, inter­pretata in modo assolutamente personale. È evidente un'attenzione tutta peculiare al discorso plastico : la vege­tazione è sempre vista come volume pesante che occupa uno spazio tridimensionale ; come in 'Massa d'alberi ad Eastham' (fig. 19), un acquerello di Hopper del 1962 e ' La Dordogne a Carrenac' di Vallotton del 1925 (fig . 20). Quando poi la massa verde non si carica di velate sfumature emotive- sfondo ma anche muta testi­mone di storie mai concluse - in Hopper dense di ango­sciosa suspence o più serene, ma non senza una tenue nota di mistero, in Vallotton. È il caso di ' Gas ', olio dell'americano del 1940 e ' Angolo di parco con bambina che giuoca al pallone' di Vallotton del 1899, in cui l'ignara figurina femminile sovrastata dall'oscurità minacciosa delle fronde, evoca immediata la solitaria bambina col

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cerchio di ' Melanconia e mistero di una strada ' , olio di De Chirico del 1914.

E il circuito ritorna ad attivarsi. Le affinità innegabili, l'intreccio dei contatti plausibile, il momento storico lo stesso. Completano questo quadro di evidenti paralle­lismi alcuni tratti comuni della vita artistica di tutti i pittori finora citati : l'inflessibile coerenza e il profondo rigore nell'itinerario di una ricerca volta ad una meta comune e mai abbandonato per facili suggestioni di moda o di mercato.

" È ora che la pittura torni ad essere un mestiere dif­ficile .. . "35) affermava Felix Vallotton pochi anni prima della sua morte, e Edwarçl Hopper insisteva - in una intervista del 1962 - sempre a proposito del dipingere: "È un affare difficile. È come ogni altra cosa nell'arte e nella vita; è difficile., . 36)

r) La mostra è durata dal r6 settembre rg8o al 18 gennaio rg81. Le opere esposte - prevalentemente olii e acquerelli - erano 429, tutte riprodotte in catalogo. L'ultima di rilievo, sempre al Whitney Museum of American Art, risale al 1964. I pezzi esposti erano 184. Meno importante la più recente Edward Hopper -Selections from the Hopper Bequest con 157 pezzi esposti, al Whitney nel 1971.

2) Dall' II febbraio al 29 marzo 1981 una selezione della mostra newyorchese di 209 pezzi passava alla Hayward Gallery di Londra. Dal 22 aprile al 17 giugno è stata allo Stedelijk Museum di Am­sterdam e dal ro luglio al 6 settembre alla Stadtische Kunsthalle di Dusseldorf. Tra l'ottobre del 1981 e il febbraio del 1982, rispet­tivamente a Chicago e a San Francisco.

L ' Italia è stata parzialmente coinvolta con la mostra Edward Hopper - Gli anni della formazione, al Padiglione d'Arte Contem­poranea di Milano dal 19 ottobre al 29 novembre 1981 . Presente in prevalenza l'opera grafica del pittore statunitense.

3) Da un'intervista con Hopper in: R. SELDEN, Conversation with artists, New York 1957, p. 200.

4) Emblematica in ambito europeo la grande mostra I Realismi tra Rivoluzione e Reazione. 1919-39, al Centre Pompidou di Parigi dal 17 dicembre 1980 al 20 aprile 1981.

5) R. HuGuEs, The Realist at the Frontier, in Time, October 6, 1g8o, p. 63 .

6) Da un'intervista con Hopper , cfr.: K . KuH, The Artist's Voice, New York 1962, p. 140.

7) Suggestive a questo proposito diverse analogie tra le tele di Hopper di quel decennio e certo cinema americano contemporaneo e immediatamente posteriore ad esse. Centinaia di fotogrammi del genere " giallo , - dai classici di Alfred Hitchcock ai meno noti di Charles Loughton - sembrano presi di peso dall 'iconografia hopperiana di quegli anni. In particolare gli interni e le scene ur ­bane. Mentre ai soggetti ambientati in esterni extraurbani si avvicina un altro genere cinematografico d'allora : il cosiddetto" Americana, , spesso arricchito con forti sfumature emotive tipiche del thrilling.

8) Cfr.: K . KuH, op. cit ., p. 135· g) Intorno al 1908 un gruppo di otto artisti di New York deno­

minatisi "The Eight, espone alla Macbeth Gallery. Oltre a Henry gli altri membri del gruppo sono : Arthur B. Davies, William Gla­ckens, Ernest Lawson, George Luks, Maurice Prendergast, Everett Shinn e John Sloan. Tutti realisti impegnati in un tipo di pittura a marcato contenuto sociale, attenti agli aspetti non convenzionali della vita urbana tanto da attirarsi l'irriverente definizione di " Ash­Can School, , la Scuola della Pattumiera. Dal 1908 al 1913 peraltro dominano incontrastati l'ambiente artistico newyorchese.

10) K . KuH, op. cit., p. 140. II) L. GoonRICH, Edward Hopper, New York 1964, p. 12. 12) Il primo viaggo dura dall'ottobre del 1906 all 'agosto del

1907. Hopper si trattiene prevalentemente a Parigi tranne un breve periodo dedicato alla visita di Londra, Amsterdam, Bruxelles, Ber­lino. Il secondo viaggio nella capitale francese è del marzo del 1909. Hopper vi si trattiene fino al luglio dello stesso anno . Il terzo ed ultimo viaggio in Europa inizia nel maggio del 1910 e si conclude in luglio. Hopper si stabilisce al solito a Parigi oltre a spostarsi in Spagna per circa una settimana.

13) Da alcune interviste rilasciate da Hopper è possibile derivare i pochi nomi degli artisti europei la cui opera lo interessò maggior­mente. Sono sempre citati Rembrandt, Goya, Degas e in particolare il meno noto Charles Meryon, un incisore francese della fine del­l'Ottocento.

li

19- NEW YORK, WHITNEY OF AMERICAN ART EDWARD HOPPER: MASSA D'ALBERI AD EASTHAM

14) K . KuH, op. cit ., p. 135· 15) A proposito di certi confronti con artisti europei la studiosa

americana cita Albert Marquet, Honoré Daumier e Antoine Watteau . Vedi: G. LEVIN, Edward Hopper - The Art and the Artist, New York 1980.

16) P . SAGER, Le nuove forme del realismo, Milano 1976. 17) J . THRALL SoBY e D. MILLER, Romantic Painting in America,

New York 1943, p . 38. 18) R. BARILLI, Il Simbolismo, Milano 1975, p. 141. 19) P . BIANCONI, Felix Vallotton, Milano 1966, p. 3·

20 - ZURIGO, KUNSTHAUS FELIX VALLOTTON : LA DORDOGNE A CARRENAC

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20) Ma anche • Solitudine' del 1944 e • Ottobre a Capo Cod' del 1946, oltre a numerosi altri.

21) E. BERTONATI, Aspetti della Nuova Oggettività, Firenze 1968, p. 15·

22) ]. THRALL SOBY e D. MILLER, op. cit., p. 39· 23) È dell'autunno del 1935 la sua prima mostra a New York,

alla Pierre Matisse Gallery. Seguiranno poi altre due personali, nel 1937 alla Julien Levy di New York e nel 1940 di nuovo alla Pierre Matisse. Nel 1939 sue opere erano presenti al Museum of Fine Arts di Boston in occasione della mostra The Sources of Modern Painting. Ancora nel 1943 riappare nella grande mostra Art oj this Century a New York e nel 1947 per l'altra Fantastic Art, Dada, Surrealism al Museum of Modern Art dove ritorna nel 1949 con Twentieth Century Italian Art. Segue nel 1955 la famosa grande per­sonale ancora al Museum of Modern Art presentata da Soby. Nel 1966 - un anno prima della scomparsa di Hopper - la Galerie Loeb Krugier di New York gli dedica una personale dal titolo : Homage to Silence.

24) L. GoonRICH, op. cit., p. 37· 25) J . THRALL Soav e D. MILLER, op. cit., p. 39· 26) J . THRALL SOBY e D. MILLER, op. cit., p. 38. 27) C. BuRCHFIELD, Career oj a silent poetry, in Art News, vol.

49, 1950, p . 16. 28) Giorgio De Chirico, Catalogo della mostra al Palazzo Reale,

Milano 1970, p. 68. 29) J. THRALL SOBY e D . MILLER, op. cit ., p. 39· 30) P. BIANCONI, op. cit., p . 3· 31) R. BARILLI, op. cit., p. 139· 32) C. BURCHFIELD, op. cit., p. 16. 33) Giorgio De Chirico, cat. cit., p. 66. 34) P. BIANCONI, op. cit., p. 6. 35) P. BIANCONI, op. cit., p. 2. 36) K . KuH, op. cit., p . 140.

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