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la città fortificata per eccellenza

lino vittorio bozzetto

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Nessuna città, come Verona, ha ricevuto dalla storia una ere-dità così singolare, ossia il repertorio vivente di duemila anni diarchitettura fortificata. Le mura di Verona, infatti, documentanodal vivo l’origine e l’ultima evoluzione di un’arte oggi estinta:l’architettura militare.

Un sommo artista veronese, Michele Sanmicheli, nel ‘500 die-de alla sua città capolavori assoluti della moderna fortificazioneitaliana: bastioni, cortine, cavalieri, porte urbane. Delle sue ope-re solo alcune sopravvivono; di esse però ve ne sono alcune incondizioni di indicibile incuria. Altri progettisti di grande sa-pienza tecnica ed artistica, nei secoli precedenti, e in quelli suc-cessivi, al tempo degli Scaligeri e degli Absburgo, hanno dato aVerona altre fortificazioni di impareggiabile qualità architetto-nica ed ambientale, di assoluto interesse storico. Verona è, infat-ti, la città fortificata per eccellenza nella storia d’Europa. Lo af-fermò il marchese Scipione Maffei nel ‘700: è una verità che siarricchisce di nuovi significati a distanza di oltre due secoli. Ve-rona, ed i veronesi, non hanno mai dimenticato le loro mura, ra-gione di eccellenza politica ed artistica della nostra città.

Nelle alterne fasi di esistenza delle opere di architettura, comenella vita degli uomini, vi sono momenti avversi e momenti difavorevole fortuna. Entrambi accompagnano lo scorrere deltempo, e lasciano tracce perenni. Non c’è un gesto che nonproietti un’ombra infinita.

Dopo un periodo di eclissi e di distacco, simile ad un indistintosmarrimento, l’opinione pubblica, gli studiosi, l’Amministrazionecivica, riscoprono per molteplici valutazioni questa preziosa ere-dità storica, architettonica e urbanistica.

Si riconosce che questo grandioso insieme di edifici e di spazi,nonché di ambiente naturale, un tempo generato dalle ferreeleggi della guerra, possa essere di ragguardevole vantaggio perla vita civile, e per l’intera collettività.

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Eclissi delle muraIl primo contatto con la luce nera, porta-

trice dell’eclissi, avvenne nel secondo dopo-guerra. I valli esterni - ossia il fosso magi-strale, vuoto prospettico essenziale alle for-tificazioni - vennero scelti come discaricaper le macerie della città bombardata.

Durante le innumerevoli incursioni aeree,le mura avevano protetto i veronesi nei rifu-gi, approntati nelle poterne, nelle caponiere,nelle gallerie sanmicheliane di contromina.Le loro misteriose architetture sotterraneegarantirono spesso la vita. Ma col tempo dipace, l’urgenza della ricostruzione imposealle mura un sacrificio che adombrava il lorofuturo destino di opere prive di qualità.

Il fosso magistrale, parzialmente riempi-to o colmato, perdeva la sua grandiosaspazialità prospettica. Altri interramenti ri-ducevano la visibilità e la bellezza dellefortificazioni. Infranta la delicata resisten-za del vuoto esterno, si edificarono impo-nenti edifici sportivi pubblici, a ridosso del-le mura. Altri edifici privati seguirono l’e-sempio, e invasero spontaneamente lo spa-zio di pertinenza delle mura, ormai desti-tuito a terra di nessuno. Il bastione sanmi-cheliano di San Francesco venne assediatoda temibili casupole abusive, poi regolari.Ad ogni piè sospinto si insediavano campisportivi di varia vocazione con i loro corol-lari di lampioni, di torri faro. Strade e par-cheggi facevano la loro parte: invadevano,intersecavano, riducevano gli spazi esternidella cinta magistrale.

L’eclissi si intensificava. Le mura eranosempre meno visibili.

Col piano di rimboschimento della collinaveronese, nel secondo dopoguerra si attuauna sistematica, fittissima, incongrua pian-tumazione, con sempreverdi, di terreni stori-camente assai poveri di vegetazione d’altofusto. Nel corso degli anni il bosco delle Tor-ricelle, da San Giorgio, a Santa Giuliana, aSan Zeno in Monte, stringe d’assedio l’interacinta magistrale di riva sinistra. Le mura,lentamente e inavvertitamente, sono can-cellate dal paesaggio urbano. Scompaionocosì Castel San Felice, la cinta scaligera, letorri massimiliane di Franz von Scholl. Im-magini fotografiche, antecedenti alla bosca-glia, restituiscono visioni sorprendenti dellaincidenza delle mura nel paesaggio urbano.

Per abbellire le mura di destra d’Adige,che ancora negli anni Sessanta del ‘900erano solo parzialmente e ragionevolmentepiantumate, si intraprese una intensa,quanto improvvisata ed eterogenea piantu-mazione: di tutto e dappertutto. Poi, perdu-te le consuetudini della manutenzione, colsopravvento della vegetazione spontanea siè raggiunto l’occultamento quasi completodelle mura su entrambe le rive.

Le mura, progressivamente abbandonatedai cittadini, divennero il luogo predilettodi malintenzionati, di vite marginali e di-sperate. All’inizio degli anni Novanta l’eclissiera completa.

Si avvertiva nel sentimento comune lacoscienza di una perdita non accettabile,

anche se taluni, con dissennata demagogia,condannavano le mura come testimonianzadell’odiato nemico. Il vero danno non eranole trasformazioni materiali, fisiche, l’assediourbanistico, quanto la perdita di coscienza:si era dissolto il significato originale dellemura per l’identità artistica e civile dellacittà. L’eclissi si irradiava nella coscienza deicittadini: la rovina delle mura era predispo-sta, prima ancora che una pietra venissedavvero infranta.

Rivelazione delle muraNegli anni della più profonda eclissi gli

studi sulle fortificazioni veronesi riprende-vano con rinnovato vigore. Manipoli di cit-tadini guidati da studiosi - un po’ fissati - siaggiravano tra le immani opere semiabban-donate. A volte la stampa locale li segnala-va con patetica benevolenza. Le riscoperteerano promosse da associazioni del volon-tariato: si sono distinte il F.A.I. (Fondo perl’ambiente italiano), Italia Nostra, la CittàNascosta, Legambiente.

Con spirito di monastica conservazione, laSoprintendenza documentava, rilevava lefortificazioni, ne raccoglieva la schedaturaper l’Istituto Centrale del Catalogo. Perquanto consentito dalle disponibilità finan-ziarie eseguiva restauri: ai bastioni delleMaddalene e di Campo Marzo, a Porta Nuo-va ed a Porta Palio. All’Università, soprattut-to gli studenti di architettura, si cimentava-no in tesi di laurea, storiche, urbanistiche,progettuali, sulle fortificazioni veronesi.

Tra gli anni Ottanta e Novanta, la biblio-grafia sull’architettura militare veronese siarricchisce di fondamentali pubblicazioni,tra le quali spiccano quelle promosse dallaCassa di Risparmio di Verona. Raggi di luceriverberavano nell’eclissi.

Sulla spinta del disagio sociale soffertodal quartiere di San Bernardino, indotto daldegrado ambientale delle mura, Legam-biente promuove un progetto di recuperodei bastioni di San Bernardino e di San Ze-no, con la cooperazione del settore Strade eGiardini, e la partecipazione della Prefettu-

ra di Verona e della Fondazione Cassa di Ri-sparmio. L’esperienza di Legambiente è daosservare come intervento pilota in quanto,oltre all’esecuzione dei lavori di recupero,viene poi garantita la gestione degli spazifortificati riconvertiti. Al bastione dei Rifor-mati l’esempio è stato in parte seguito dal-l’Associazione dei Coltivatori diretti. Altreimportanti iniziative sono intraprese dalSettore Giardini e dal Settore Ecologia delComune di Verona. Si torna a pianificare lamanutenzione, regina di tutte le cure. Per laprima volta si è eseguito un diradamentomirato della vegetazione, che ha restituitosorprendenti scorci di spazialità prospettica,ormai dimenticati. Si vorrebbe che ne traes-sero ispirazione i Servizi forestali, statale eregionale, occupati al rinnovo arboreo dellacollina veronese.

Una desolata retroguardia di devastatoriha intrapreso, indisturbata, il danneggia-mento delle mura collinari scaligere; ad essisi affiancano gli spruzzatorispray, che han-no ornato di scarabocchi alla nitro le dora-te mura di tufo, ad opus poligonale, di Ca-stel San Felice.

Col patrocinio della Regione si è costitui-ta l’Associazione delle Città Murate del Ve-neto, le cui molteplici finalità si fondano sulduplice significato delle fortificazioni, qualibeni culturali e beni economici.

Il Comune ha istituito l’Ufficio per la valo-rizzazione dell’architettura militare, la cui si-gla benaugurante - U.V.A.M. - racchiudenuove idee per il recupero culturale dellemura e per operazioni di ampia portata conpartner europei. Infine, il Piano delle Mura,predisposto con la Variante Generale delPiano Regolatore, nel momento della suaadozione segnalerà l’inizio di un nuovo tem-po. La concordia di molte volontà, di cittadi-ni, di studiosi, di politici, di amministratori,sembra porre fine all’eclissi. Il restauro dellemura è forse già avvenuto sul piano dellacoscienza civile, nel sentimento comune.

Verona tornerà ad essere la città fortifi-cata per eccellenza, come scrisse ScipioneMaffei. È un auspicio!

lino vittoriobozzetto

eclissi e rivelazionedelle mura di verona

Porta Palio (1547 - 1557)di Michele Sanmicheli

Il bastione absburgico di SanProcolo (1836 - 38) assediatodalla vegetazione. Sono iniziati ilavori di diradamento

Il bastione sanmicheliano di SanFrancesco, edificato in rivaall’Adige (1552), assediatodalle baracche.

Ancora il bastione absburgicodi San Procolo, in una fotografiadell’anno 1940

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Nell’anno 1999 sono stati consegnatidue importanti documenti allegati al Pia-no Regolatore Generale di Verona, fruttodi studi intrapresi durante il mandato del-la precedente Amministrazione, che ri-guardano il patrimonio fortificatorio e davicino interessano l’attività di questo as-sessorato. Si tratta della Relazione delParco della Cinta Magistrale e del Proget-to Guida per l’illuminazione della parte dicinta situata in destra all’Adige di cui ven-nero incaricati l’architetto Lino VittorioBozzetto e lo studio di paesaggistica Bal-lestriero - Muscari.

Questi due documenti si pongono cometappa notevole del percorso di progressi-va conoscenza e riappropriazione del pa-trimonio militare, intrapreso a partiredall’anno ‘89 con il passaggio dal Dema-nio Militare al Comune. I contenuti anali-tici, le normative elaborate e i progettistilati si pongono altresì come punto dipartenza per ulteriori stimoli sia versol’Amministrazione, che sempre più ope-rerà per valorizzare l’architettura militareveronese, sia verso la cittadinanza e l’opi-nione pubblica più in generale. È infattiindispensabile fornire adeguati strumenti

cognitivi per riconoscere la necessità edare senso alla conservazione e ad unconsono utilizzo.

Le mura sono una parte importante diVerona, connotano la forma urbana del-l’edificato storico e ne hanno determinatovincoli e direttrici di espansione; costitui-scono un patrimonio architettonico digrande rilevanza ma anche, una volta ab-bandonata la loro pura funzione militaree difensiva, un cospicuo polmone verde.

Il Servizio Giardini e Arredo Urbano delComune, diretto dall’Ing. Lorenzo Sitta, sioccupa della organizzazione e coordina-mento degli interventi sulle aree verdipresenti nella Cinta Magistrale: l’obiettivoè strutturare operazioni che siano già in-dicate nei due documenti di cui si dicevae secondo modalità già previste.

La finalità è migliorare la percezionecomplessiva del sistema fortificatorio ur-bano di Verona, operando attraverso unaprima campagna di interventi di pulizia,cui andranno ad affiancarsi il recuperodella consistenza dei manufatti e l’inse-diamento di alcune funzioni di svago edaggregazione che consentiranno ai vero-nesi di riappropriarsi delle loro mura.

giovanni carlopellegrini cipolla

giardini e mura

assessore ai giardini e all’arredo urbano

Plan der Stadt und Umgebung von Verona (1835)Grande rilevamento topografico in scala 1:6.914 eseguito sotto la direzione del maggiore Johann von Hlavaty dell’Ingenieur Corps absburgico

Dettagli delle tavole allegate alPiano per il Parco delle CintaMagistrale (Variante Generaleal P.R.G. 1999)

La cortina del cavalieresanmicheliano di San Giuseppe(1540), dopo i lavoridi sistemazione del verde

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Il primo e più immediato tipo di inter-vento è costituito dalla pulizia e dal disbo-scamento dei valli. Viene già attuato attra-verso la rimozione delle essenze arboree edarbustive infestanti e/o malate e permet-terà, una volta completato, la perfetta leg-gibilità dei parametri murari della cinta edell’imponenza della sua concezione.

Nei bastioni di S. Bernardino e S. Zeno,la cui gestione è affidata con convenzionea Legambiente, è stato realizzato un pri-mo stralcio di lavori per 150 milioni fi-nanziato dalla Prefettura di Verona, utiliz-zando fondi confiscati alla mafia. Con-giuntamente il Comune ha collaborato al-la riqualificazione con il posizionamentodi nuovi elementi di arredo e la sostitu-zione dei vecchi. È attualmente in corsoun secondo stralcio di opere che prevedela ripavimentazione a ciottoli di fiume elasagna centrale in pietra locale delle duepoterne dello stesso bastione che ha vistola collaborazione con l’ufficio comunale el’impegno economico della FondazioneCassa di Risparmio. Sempre a cura dell’uf-ficio stanno proseguendo con le operazio-ni di pulizia dei valli anche nei bastioni S.Spirito e S. Procolo (Orti di Spagna).

Alla cura dei valli fanno immediata-mente seguito il ripristino delle opere diterra e la sistemazione delle parti sommi-tali della fortificazione. In queste aree ilriordino degli elementi di verde servirà apermetterne una più gradevole fruizionecreando dei veri e propri giardini. L’inter-vento realizzato sempre presso il bastionedi S. Bernardino ha riconfigurato le pen-denze che raccordano le varie quote delpiazzale del bastione e ha riposizionato

nella loro originaria postazione i cannoniche, conficcati infissi nel terreno, prece-dentemente fungevano da recinto delmonumento al Generale Giuseppe Pianell,presso l’incrocio della circonvallazioneesterna di Porta Nuova.

Un’importante “ri-scoperta” effettuatanella scorsa primavera dà seguito ad alcu-ni interventi svolti negli scorsi anni dallaSocietà di Mutuo Soccorso a Porta Palio,dove il sodalizio ha sede, e che avevanoriportato alla percorrenza la galleria dicontromina che corre lungo tutta la forti-ficazione molti metri sotto il nostro pianostradale. Presso il bastione dei Riformati,con un progetto offerto dalla Coldiretti, ilsostegno economico della FondazioneCassa di Risparmio e la realizzazione delServizio Giardini e Arredo Urbano, l’inter-vento di sistemazione delle masse arboreeha permesso di liberare l’accesso alla po-terna situata verso Porta Nuova e recupe-rare la percorribilità della galleria di con-tromina che la congiunge all’architetturasanmicheliana.

Questo tratto di percorso sotterraneo eil precedente sottostante la Porta Palio,assumono importanza nell’ipotesi di rea-lizzare in un prossimo futuro un progettodi collegamento tra le due porte, all’inter-no di una ancor più ampia idea di ripristi-nare la percorrenza, sorvegliata, illumina-ta e in sicurezza, di tutte le gallerie chefacilitavano l’efficacia delle azioni militaridi superficie.

In questi luoghi ove si è intervenuti, neltentativo di far meglio comprendere allacittà la grande ricchezza costituita dall’ar-chitettura militare e dalle opere ad essaannesse, sono stati posizionati presso gliingressi bacheche informative con le pla-nimetrie delle strutture bastionate.

Aderisce in toto alle disposizioni delProgetto Guida per l’illuminazione dellacinta magistrale in destra Adige redattoda Bozzetto con i paesaggisti AlbertoBallestriero e Paola Muscari, l’interventodi illuminazione del percorso della salutenel bastione di S. Procolo. Tre sono i tipiilluminanti impiegati: un proiettore a pa-lo che dall’alto può illuminare diffusa-mente gli spalti, un lampione a palo perla controscarpa e il fosso magistrale e unulteriore corpo illuminante che rendacon adeguato risalto l’imponenza archi-tettonica delle opere murarie aderentiall’opera bastionata.

Accoglierà invece le linee d’interventoindicate nella Relazione e Norme per ilParco della Cinta Magistrale, la prossimarisistemazione del campogiochi di Raggiodi Sole nel bastione SS. Trinità.

Qui il progetto, completamente seguitodal Servizio Giardini e Arredo Urbano,prevede una riconfigurazione dei percorsiinterni e soprattutto la sostituzione dei

vecchi giochi con nuovi, certificati secon-do le più recenti normative.

Il complesso degli interventi qui descrit-ti è certo solo un primo passo verso larealizzazione del Parco della Cinta Magi-strale, è però anche un avanzamento mol-to importante, che può concretamente ri-chiamare l’attenzione degli organismi eu-ropei di tutela per il finanziamento di in-terventi mirati, ed è stato di già significa-tivo per aver convogliato energie e risorsedi molti attori, Legambiente, Coldiretti,Fondazione Cassa di Risparmio, per il rag-giungimento di un concreto obiettivo diconoscenza e cura di un patrimonio co-spicuo grazie al contributo del quale Ve-rona è stata designata “Città patrimoniodell’umanità” dall’UNESCO.

Lampione palo

Proiettore a muro o a terra con protezione

Proiettore a paloProiettore a piantana in adiacenza a murature

Apparecchio a incasso a filo terreno

Proiettore a parete o a mensola

Piano guida per l’illuminazionedella Cinta magistrale a destrad’Adige. Disegni relativi albastione di San Bernardino

La cortina da Porta Palioal bastione di San Bernardino,dopo i lavori di sistemazionedel verde

Passeggiata sulla cortinatra Porta Palio ed il bastionedi San Bernardino: prima e dopoi lavori di sistemazione del verdee di eliminazione dell’alta retedi recinzione

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frammentari, si collocano all’interno di unprogramma dell’Amministrazione comunaleper la rivalutazione della cinta muraria e necostituiscono alcune significative tappe.

Gli interventi attuatiNel corso del 1999 il primo intervento ha

interessato il Bastione di S. Spirito, nellaparte un tempo utilizzata dal giardino zoo-logico comunale, tra Via Città di Nimes ePorta Palio; l’area, di ca. 60.000 mq, chiusaal pubblico ed inagibile dal 1997, non eracustodita e, seppur recintata lungo la viaOriani, e nonostante i frequenti interventi disgombero a cura delle forze dell’ordine, ve-niva stabilmente utilizzata da emarginati edextracomunitari in cerca di un riparo not-turno ed anche dalla prostituzione e dallapiccola delinquenza comune.

Dopo alcune segnalazioni, l’Amministra-zione deliberò di eseguire un intervento dimanutenzione straordinaria con carattere diurgenza per ripristinare una situazione didecoro, di igiene pubblica e di sicurezza perle abitazioni vicine e per chi transitava lun-go la circonvallazione interna. Vennero in-caricati i Settori dei Lavori Pubblici, Ecologiae Strade e Giardini di provvedere all’esecu-zione di quelle prime opere che, a breve ter-mine, avrebbero consentito al Settore Patri-monio del Comune di affidare temporanea-mente l’area dell’ex zoo alla L.I.P.U., Associa-zione di Verona per la cura ed il recuperodegli uccelli feriti, garantendo nel contem-po, anche se indirettamente, la sorveglianzadiurna dell’area. Il Settore Ecologia ha prov-veduto, a cura dell’arch. Paolo Gozzi, ad affi-dare le operazioni di riempimento con terre-no vegetale del fossato attorno ai ricoveridegli animali, per ripristinare le aree a pratoed a rimuovere i numerosi cumuli di rifiutiurbani creatisi dopo lo sgombero e la demo-lizione dei ripari in legno dell’ex zoo, abusi-vamente occupati.

Ancora, nel febbraio del 2001 si è realizza-to, con la collaborazione dei volontari di Le-

gambiente e degli scouts Agesci, un inter-vento per la pulizia nella zona del valloesterno del bastione di S. Spirito, nel trattocompreso tra Porta Palio fino al vertice delbastione sotto la caponiera; qui si trovavanonumerosi cumuli di rifiuti urbani ed ingom-branti, gettati tra la fitta vegetazione spon-tanea, che rendevano l’area malsana e pres-soché impraticabile. Dopo aver diradato lavegetazione e rimosso le recinzioni fatiscen-ti, tutti i rifiuti sono stati manualmente rac-colti e selezionati dai volontari, per essereconferiti all’AMIA.

Il secondo intervento nella primavera del2001 ha interessato il Bastione di San Zenoper il ripristino della quota di calpestio delcammino di ronda e delle aree al piede dellescarpate. L’Associazione Legambiente di Ve-rona sta provvedendo alle opere di recuperoe di riqualificazione di questo tratto dellacinta muraria in destra Adige; il Settore Eco-logia è intervenuto per effettuare l’asporto

I “bastioni”, come li hanno sempre chia-mati i veronesi, hanno rappresentato neglianni dal dopoguerra ad oggi per la Città diVerona una sorta di campo di sperimenta-zione per svariati interventi urbanistici e perutilizzi sportivi, ricreativi e culturali.

Se in passato qualche iniziativa potevarappresentare una novità e un “buon inve-stimento”, oggi presenta un impatto trau-matico e spesso irreversibile per una struttu-ra architettonica forte, ma al tempo stessoassai delicata. Sulla cinta muraria, quindi,ogni intervento deve rispondere a coerenticriteri di restauro e di manutenzione, talvol-ta limitati a rimuovere le superfetazioni e leoccupazioni abusive ed a riportare in luce imanufatti sepolti dai detriti, dalla vegeta-zione e dai rifiuti, con lo scopo di renderefruibile ai cittadini di tutte le età, ed ai turi-sti in visita a Verona, lo straordinario “Parcourbano delle Mura”. Per logica urbanisticaesso rappresenta, soprattutto in destra Adi-ge, il corridoio verde che incontra e collega idue futuri Parchi dell’Adige Nord, a PonteCatena, e dell’Adige Sud, a Ponte San Fran-cesco, come previsto anche dal progetto diVariante Generale al PRG vigente, e che de-limita un’area che è ora sotto la tutela del-l’UNESCO.

In attesa del definitivo passaggio di pro-prietà dal Demanio dello Stato al Comune,come previsto dalla legge 225/89 e dell’a-dozione del nuovo Piano Regolatore di Ve-

rona, che delimita e norma tutto il Parcodella Cinta Magistrale, accanto ad iniziativedi altri Enti e realtà cittadine, sono statirealizzati, anche con il contributo finanzia-rio dell’Assessorato all’Ecologia, alcuni primisignificativi interventi di manutenzione, diseguito descritti.

Tali interventi, anche se apparentemente

lucabajona

ambiente e mura

assessore all’ecologia

Il ridotto arcuato del forteabsburgico di Santa Caterina(Werk Hess)

Il bastione absburgico di SantoSpirito (1836). Sono in corso lavori di recupero ambientalee di riconversione dell’ex zoo

Il cammino di ronda del bastioneabsburgico di San Zeno(1836 - 38), prima dei lavori direcupero ambientale

Il cammino di ronda del bastioneabsburgico di San Zeno (1836 - 38),dopo i recenti lavori di recuperoambientale e diripristino dei livelli originari

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La gestione sostenibile di una comunitàlocale e del suo territorio implica un’opera divalorizzazione globale delle risorse economi-che, socioculturali e ambientali.

In città come Verona, dove le attività pro-duttive si realizzano a livelli molto elevati, èindispensabile incrementare le opportunitàdi sviluppo garantendo allo stesso tempo chequantità di ricchezza e qualità della vita nondiventino realtà contrastanti.

La storia e le vicende economiche di Vero-na sono sempre state favorite dalla sua posi-zione geografica privilegiata: l’eredità lascia-ta nei secoli è quindi così varia e ricca da faredella città un luogo unico.

Come spesso accade, però, lo sviluppo ur-bano nel dopoguerra e l’abitudine di sfrutta-re disorganicamente il patrimonio monu-mentale hanno fatto sì che parti significativedei beni della città non abbiano avuto neglianni il dovuto risalto.

È il caso dell’importante sistema di archi-tettura militare di cui i cittadini non sembra-no percepire la vastità, l’unicità e tutto som-mato la quasi totale integrità.

Un attento processo di valorizzazione devequindi riportare in primo piano un patrimo-nio che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, èvenuto a far parte così integrante delle atti-vità quotidiane che quasi non viene conside-rato nel suo reale valore storico.

Si tratta quindi di individuare gli elementisu cui poter realizzare un intervento di valo-rizzazione, e restituire evidenza a un beneche è di tutti e che, senza dubbio, rappresen-ta un valore aggiunto all’immagine, non soloturistica, della città.

In quest’ottica il recupero ambientale, ilrestauro e la valorizzazione dell’architetturamilitare veronese si prospettano anche comeinterventi capaci di attivare investimenti e diprodurre nuove forme di occupazione.

Applicando questi concetti di gestionesostenibile e valorizzazione, il Comune diVerona è attualmente impegnato nel recu-pero di importanti architetture militari esi-stenti nella città.

Con la legge n. 225 del 30 maggio 1989 èstato decretato il passaggio della cinta ma-gistrale dal Demanio dello Stato al Comunedi Verona; attualmente, l’iter prevede unaccordo sulla modalità del passaggio diproprietà. Nell’attesa della definizione le

mura sono considerate virtualmente patri-monio della città, e lo dimostra il fatto che irecenti interventi di recupero e riqualifica-zione (bastioni della cinta a destra dell’Adi-ge) sono stati eseguiti dal Comune di Vero-na, in collaborazione con Legambiente eFondazione Cariverona.

Recentemente l’architetto inglese DavidChipperfield si è aggiudicato la gara inter-nazionale per la progettazione preliminaredel polo culturale “Arsenale 2000: la cittàdella natura e della musica” che dovrà na-scere negli spazi dell’ex Arsenale austriaco.Il documento preliminare prevede che nelnuovo polo troveranno spazio il Museo diStoria Naturale, il Museo della Lirica, il Cen-tro Italiano Studi Artistici e Archeologici,con la riqualificazione della piazza anti-stante l’Arsenale e la creazione di un nuovoparcheggio sotterraneo.

Sono in corso anche le ultime fasi relativeall’acquisizione della caserma Passalacqua edell’austriaca Provianda di Santa Marta, conle mura e i bastioni circostanti (Bastione dicampo Marzio e bastione delle Maddalene):un accordo con l’Università di Verona e laFondazione Cariverona prevede la creazionedel nuovo polo universitario e l’apertura alpubblico del percorso lungo le mura magi-strali, finora rimaste sotto tutela militare.

Sono stati presentati alla Commissione Eu-ropea alcune ipotesi di valorizzazione, tra cui

dello strato di terreno vegetale che nel tem-po si era depositato sull’area del cammino dironda e lo svuotamento della poterna sot-terranea adiacente alla breccia di Porta SanZeno, che risultava completamente ostruitada materiale di scavo. Il terreno così recupe-rato, asportato con piccoli mezzi meccanicinell’intento di salvaguardare le strutturemurarie e le quote originali, verrà utilizzatosull’area comunale dell’ex discarica di ViaFriuli a San Massimo, per proseguire con ilavori di recupero ambientale, già avviati. Ilripristino del cammino di ronda rende orapossibile in questo tratto la lettura completadelle fortificazioni austriache e veneziane.

Il terzo intervento interessa il compendiodi proprietà del Demanio dello Stato di For-te S. Caterina (Werk Hess) al Pestrino(62.233 mq) un tempo utilizzato come cam-po di motocross.

Per il recupero e la riqualificazione delForte, la Regione del Veneto ha stanziato un

finanziamento nel corso del 2000 - 2001,sulla base di un progetto generale redattodall’arch. Lino Vittorio Bozzetto per contodella Coop. Agricola di solidarietà socialeVerona - Territorio, cui il Demanio ha con-cesso l’area del Forte fino al 2008. La Coo-perativa ha provveduto, innanzitutto, alleoperazioni necessarie per liberare l’interaarea del Forte dalla vegetazione spontaneaed infestante e dai rifiuti urbani abbando-nati, ha raccolto i numerosi cumuli di pneu-matici ed il materiale ferroso lasciato dal-l’attività sportiva precedente ed infine, conl’aiuto di ditte esterne, ha effettuato operedi movimento terra e di livellamento per ri-pristinare i profili originali e rendere agibilel’area di intervento.

A completamento della prima fase, si staora procedendo con la sistemazione a par-co attrezzato degli spazi aperti. All’internodel Forte, due vani casamattati sarannoprobabilmente destinati ad attività di edu-cazione ambientale.

patriziamartello

u.v.a.m.: un nuovo ufficio per le mura

assessore alle politiche comunitarie

Il forte absburgico di SantaCaterina (Werk Hess) edificato

negli anni 1850 - 52, su progettodi Johann von Hlavaty. Veduta

aerea e (sotto) dei resti dellagrande rampa per le artiglierie.

Il forte sarà recuperato comeluogo per il tempo libero e lacultura, a servizio della città

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La torre arciduchessa Sofia (Werkn° XXXVI), edificata nel 1839su progetto del grande Franzvon Scholl

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Mura, castelli, torri, forti, bastioni: moltesono le opere fortificatorie diffuse sul ter-ritorio di Verona e provincia che hanno se-gnato la storia della nostra cultura. In essefrequentemente arte e tecnica si fondonoin armoniose strutture.

Si tratta di un patrimonio architettoni-

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“La rondella delle Boccare. Unafortificazione del ‘500 a Verona”

Tesi di laurea in Tecnica delle Costruzioni 2

I.U.A.V. - Dipartimento di Costruzionea.a. 1995 - 1996

Laureandi: Laura ScarsiniRelatore: Prof. Ing. Enzo SivieroCorrelatori: Ing. Lucio Bonafede

Ing. Paolo Foraboschi

La metodologia che ha guidato il lavo-ro di tesi muove dallo studio di un ma-nufatto fortificatorio, la rondella delleBoccare, per arrivare ad individuare unapossibile lettura strutturale dell’edificio,capace di evidenziare i motivi per cui so-no state adottate determinate scelte co-struttive e, nel contempo, porre l’atten-zione sul comportamento meccanico del-la costruzione stessa.

Nell’ambito delle indagini preliminari adinterventi di restauro su costruzioni stori-che si ritiene di dover includere l’analisicritica delle stesse, intendendo per analisicritica l’individuazione delle conoscenzeteoriche, e tecniche, che hanno supportatola realizzazione del manufatto storico stu-diato. Oggigiorno si è infatti pressochéperso il magistero costruttivo dei secoliprecedenti, soppiantato dall’utilizzo di di-versi materiali e tecniche costruttive, oltreche dalla scarsa diffusione di documenta-zione circa le conoscenze tecniche dei co-struttori del passato.

L’obiettivo è quello di decodificare gliaspetti strutturali, formali e funzionalidell’opera, dei quali la realizzazione costi-tuisce una sintesi; ciò al fine di poter ese-guire interventi di restauro sulla costruzio-ne storica nel rispetto della logica statico-meccanica della loro concezione origina-ria, o di quanto a noi pervenuto, successi-vamente ad eventuali manomissioni.

La scelta della Rondella delle Boccaretrova ragione nella possibilità di studiareun manufatto del Rinascimento tra i più

ingegnosi e suggestivi dell’intera fortifica-zione veneziana di Verona, della qualeperò oggi si è quasi perso memoria. Situa-ta sul versante occidentale della cinta sca-ligera di sinistra d’Adige, in prossimità del-la chiesa di Santo Stefano, la rondella ri-sulta poco visibile, perché semisepolta dalterreno di riporto depositato tutto attornonel secondo dopoguerra, e poco visitabile,in quanto l’accesso è precluso dai cancellidei due istituti superiori, il Liceo Fracasto-ro e l’Istituto Marco Polo.

Si tratta di una fortificazione a confor-mazione circolare costruita sotto la domi-nazione veneziana tra il 1518 e il 1520, at-tualmente di proprietà del Demanio, ed ingestione dell’Amministrazione Provinciale.

Utilizzata dai veneziani, dagli austriaci ecome rifugio antiaereo durante la secondaGuerra mondiale, la Rondella si distingueoltre che per la sua imponenza, per alcunesoluzioni architettoniche assai singolari.

Il vano sotterraneo circolare, detto acasamatta, è del tutto particolare: ha undiametro di oltre 35 metri, al centro delquale si alza un possente pilone di tufo,largo otto metri e mezzo e alto due, le-gato al muro perimetrale con una voltaanulare in mattoni a sesto ribassato, ca-ratterizzata da un doppio centro di cur-vatura. L’ambiente è illuminato in manie-ra molto suggestiva, non solo dall’ampioportale d’ingresso, ma anche da quattroaperture circolari in chiave di volta deldiametro di circa tre metri, in origine diforma ovoidale con asse maggiore di ol-tre 6 metri. Altri quattro fori semiovali,di cui rimangono tracce, si aprivano al-l’imposta della volta in corrispondenzadelle cannoniere.

L’analisi critica dell’opera, condotta cor-relando i contributi provenienti dalle fasid’indagine storica, con i dati testati sulcampo, ha permesso di decodificare alcuniaspetti formali e funzionali dell’opera e diavanzare delle ipotesi in merito alle pro-babili regole costruttive adottate per lasua realizzazione.

Tutta la rondella è governata da rapportigeometrici ben precisi, dettati sia dallacultura geometrico-costruttiva propriadell’epoca, che da esigenze bellico-logisti-che scaturite dall’uso particolare della fab-brica. Dall’indagine è risultato un continuoriferirsi del profilo al tracciato, riscontran-do un reticolo modulare sia in pianta chein alzato governato dalla stessa unità dimisura corrispondente ad un “passo vero-nese”, equivalente a 1.70 mt.

Molti altri proporzionamenti trovano ri-scontro nelle regole costruttive teorizzatenei trattati militari dell’epoca, e nella cul-tura Euclidea, ripresa con grande fervorenel Rinascimento.

Si è cercato poi di completare la cono-scenza della Rondella arrivando anche aduna sua interpretazione meccanica, ap-profondendo il funzionamento struttura-le dell’opera.

Si è elaborato un modello numericoagli elementi finiti, F.E.M. Finite ElementsMethod, utilizzando come programma dicalcolo il Codice Ansys della SwansonAnalysis System di Houston (Usa), di re-cente in dotazione al Dipartimento diCostruzione dell’Università di Architettu-ra di Venezia.

Dall’indagine complessiva della struttu-ra e dei paramenti murari si è potuto ac-certare come la rondella necessiti di unattento restauro in grado soprattutto difar fronte alle principali cause del degra-do, che derivano dallo stato di abbandonoin cui versa il manufatto, e dallo scarsoinserimento nel contesto urbano circo-stante. Il terreno accumulato nel fosso at-torno alla Rondella, e la scarsa aerazionedovuta al parziale tamponamento degliotto fori della volta anulare, provocano lapersistenza di un ambiente insalubre cari-co di umidità e quindi pericoloso per i pa-ramenti murari.

L’acqua, sia quella di risalita per capilla-rità, che quella piovana che s’infiltra dal-l’alto, rappresenta la fonte di maggior de-grado della struttura, corrodendo e ren-dendo friabili i materiali, provocando al-tresì la comparsa di efflorescenze saline sututta la volta in mattoni.

L’auspicio è che la Rondella delle Boc-care ritorni ad essere come disse il Maffeiun “nobile decoro” per la nostra città,pertanto non venga dimenticata e abban-donata al degrado, ma si inizi a pensaread un riuso appropriato che ne consentala salvaguardia.

La rondella delle Boccare,disegno del ‘700

Vista prospettica della rondella▼

Sezione longitudinale dellarondella. Il vano sotterraneo ècaratterizzato da un paramentomurario prevalentemente in pietratufacea, mentre la volta è tuttain laterizio

Modello strutturale agli elementifiniti. Plottaggio deivettori-direzione delle tensioniprincipali di compressione

A sinistra: tracciati regolatorie rapporti aurei rinvenutinella rondella

In basso: indaginegeometrica - costruttiva per iltracciamento delle aperture nellavolta toroidale

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“Progetto per il colleSan Pietro. Un museo

di Storia Urbana”

Tesi di laurea di progettazione architettonica

I.U.A.V. - Laboratorio di progettazione diAldo Rossi

a.a. 1984 - 1985Laureandi: Franco Maccacaro

Arnaldo ToffaliRelatore: Arch. Marino Narpozzi

Il colle di San Pietro a Verona, così comesi presenta oggi, è il risultato di un com-plesso rapporto tra la città ed i fatti più sa-lienti che ne hanno determinato la storia.Allo stesso tempo la sovrapposizione di variedifici che si sono susseguiti nel tempo suiresti della monumentale sistemazione ro-mana rappresenta un’immagine eloquentedell’adeguamento al luogo.

Come ha osservato Franzoni, studiosodella storia della città, il colle di San Pie-tro rappresenta “il santuario delle memo-rie veronesi”.

L’identità di questo luogo si configura giàdi per sé attraverso la stratificazione di im-magini, come un museo “spontaneo” cheracconta la storia della città, divenendoquindi monumento per eccellenza.

Per questo si è indirizzata la ricerca pro-gettuale verso una destinazione d’uso di

tipo museale che non si limitasse al soloedificio della caserma austriaca ma checoinvolgesse l’intero colle, inteso comemuseo della città.

Il progetto vuole ridefinire alcune carat-teristiche e alcuni rapporti del luogo rispet-to alla città, sia attraverso la costruzione di

nuovi elementi, che attraverso il riuso degliedifici esistenti all’interno di una sistema-zione unitaria del colle.

La parte del colle che dal Teatro Romanosale sino al piazzale della caserma austriaca,conserva quasi del tutto inalterata la strut-tura morfologica antica. Su questo segnofondamentale si sono sovrapposti nel tem-po gli edifici che ora si possono osservare.

Il primo intento è quello di rendere evi-dente questa sovrapposizione di edifici at-traverso le regole e gli elementi con cuiquesta sovrapposizione è avvenuta.

Sia la chiesa di San Siro e Libera che ilconvento dei Francescati, si elevano sfrut-tando le strutture romane formando un“unicum” ora inscindibile. È questo ciò chesi vuole rendere evidente definendo deipercorsi, che nel mettere in mostra la strati-ficazione di questi elementi, rievochinorapporti spazio-temporali in un’ottica mu-seografica più complessa. Tali edifici man-tengono la loro destinazione a caratterecollettivo.

Il percorso così definito, attraverso il re-cupero delle passeggiate archeologiche,conduce al piazzale della caserma austria-ca. La caserma, attualmente inutilizzata,viene trasformata in un museo di storia ur-bana e così inserita nell’organizzazione ge-nerale del colle.

I criteri che hanno definito l’organizza-zione dell’edificio sono di due tipi: il pri-mo è di mantenere inalterata la facciata,considerandola parte di un’immagineconsolidata verso la città; il secondo di in-

tervenire all’interno dell’edificio modifi-candone la tipologia. I nuovi spazi sonostati definiti considerando le funzioni ne-cessarie all’attività museale. Al centro del-l’edificio è stato pensato un vestibolo, dialtezza pari ai due piani della caserma,che è l’elemento rappresentativo dell’in-tervento interno e del riuso, nonché ele-mento di snodo e distribuzione.

Alla parte retrostante si annette un nuo-vo corpo edilizio dove si svolgono attivitàcollettive: conferenze, dibattiti, proiezioni.Il collegamento tra la sala ed il vestiboloavviene attraverso i ballatoi della sala che siinnestano sui corridoi interni, i quali fungo-no da divisione e collegamento nonché dadistribuzione alle sale di esposizione.

La sala si innalza dalla quota del piazzale,mantenendo la circolazione originaria at-torno alla caserma e creando mediazione ecollegamento tra i due piani dei resti delcastello visconteo. Un ulteriore segno di di-visione tra queste due parti è costituito datre ordini di percorsi, che rifacendosi al te-ma delle passeggiate archeologiche, fungo-no da collegamento tra i due fianchi delcolle, diventando un percorso panoramicoed elemento che definisce una chiusura allespalle degli edifici storici del colle, forman-do così un fondale che proietta quest’im-magine verso la città.

La conclusione del percorso avviene inuna torre osservatorio posta nella partepiù alta del colle, all’interno del recintoformato dai ruderi del castello, destinato aparco archeologico.

Pianta del piano coperturae del piano primo

A destra: planimetria generaledell’intervento sul Colle di SanPietro a Verona

Veduta prospettica d’insiemedell’intervento progettuale

Sezione longitudinale▼

Vista assonometrica▲

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albinoperolo

legambiente per il parcodelle mura: non solo proposte

Il Parco delle mura sarà, dopo quellascaligera, veneziana e absburgica, laquarta cinta urbana sul perimetro piùesterno della città, o, se si preferisce, laterza ricostruzione delle mura di Verona.Come le altre, questa cerchia di monu-menti e di aree verdi servirà a difenderela città, la sua forma, la sua storia e laqualità della vita dei cittadini, salvaguar-dando gli ultimi spazi liberi rimasti e lapossibilità stessa per Verona di avere unparco. Sarà un impegno doveroso, per ilvalore delle opere da restaurare e valoriz-zare, e ineludibile, per i problemi checomporterebbe mantenere nel centro ur-bano ampie aree di degrado. Pensare dipartecipare a questa impresa con i mezzi“poveri” del volontariato non è unascommessa velleitaria: in anni non lonta-ni l’impegno di un’associazione come Ita-lia Nostra fu all’origine del mitico restau-ro delle mura di Ferrara; a Verona Legam-biente rilancia il ruolo di apripista dell’as-sociazionismo, andando al di là della pro-posta culturale, che probabilmente ogginon basterebbe, ed impegnandosi diretta-mente nella realizzazione.

Nel 1995 i bastioni e vallo di S. Bernar-

dino e S. Zeno erano l’area verde più de-gradata della città; chiusa tra le circon-vallazioni, in un quartiere abitato da an-ziani, in una zona battuta da prostituzio-ne e spaccio, vicino ad una mensa e ad unparcheggio incustodito. Per l’extracomu-nitario la mensa per mangiare, il semaforoper elemosinare, il parco per dormire, ilvallo per gabinetto; per la prostituta lacirconvallazione per trovare clienti, il buiodel parco per esercitare o per sfuggire alleretate; il posto più sicuro per spacciare, ilpiù tranquillo per bucarsi. Per gli anzianidel quartiere un luogo da evitare e di cuilamentarsi. Per i cittadini che la vedevanosolo dall’automobile una collina di rovo digiorno e un buco nero la notte. A tutti idisastri del moderno degrado urbano siaggiungevano gli errori delle vecchie si-stemazioni: recinzioni che creavano ango-li morti e rendevano difficile la manuten-zione e la pulizia; frammentazione di con-cessioni per usi disparati, depositi, magaz-zini, ecc.; chiusura sistematica degli ac-cessi al vallo, che restava così una terra dinessuno, una buca inutile.

Avere tutta la zona in gestione, conuna convenzione che garantiva i fondi

per la manutenzione, è stato il passo piùfacile. Poi è iniziato un lavoro difficile elento, ostacolato dalla persistenza deglierrori del passato. Alla caponiera , muratadopo ogni sgombero, subito rioccupata epiena di rifiuti, si poteva accedere solocon un acrobatico ingresso da una fine-stra: la situazione migliore per chi cercaun rifugio, la peggiore per chi deve puli-re. Per raggiungere un sacchetto o unabottiglia gettati nel vallo chiuso da unarete, bisognava fare un lungo giro ed ar-rampicarsi sulla scarpata. La rottura delvecchio impianto di irrigazione avevacreato sotto il muro una pozza di decinedi metri, con un canneto.

Occorreva rovesciare tutto quello cheera stato fatto prima, aprire e non chiude-re, eliminare le barriere che impedivano ilpassaggio e la visione, evitare gli angolimorti. Le intuizioni da addetti alla puliziaandavano di pari passo con lo studio delmonumento e con le indicazioni dei pro-fessionisti interpellati (gli architetti LinoVittorio Bozzetto, Maria Alessandra Mor-siani, e lo Studio di paesaggistica di Al-berto Ballestriero).

Il primo finanziamento, 150 milionimessi a disposizione dalla Prefettura uti-lizzando i fondi sottratti alla criminalità, èpervenuto non per il valore del complessomonumentale, ma per la sua fama di areadegradata. Con altri 150 milioni, garantitidalla Fondazione Cassa di Risparmio diVerona, Vicenza, Belluno e Ancona, sistanno completando ora i lavori comin-ciati nel ‘99: eliminazione di reti e muret-ti, parapetti, pavimentazione delle poter-ne ecc. A queste realizzazioni si aggiungo-no il frutto del lavoro volontario, che èandato ben al di là della semplice manu-

tenzione, e l’apporto di collaborazioni conalcuni settori dell’Amministrazione comu-nale, su problemi specifici.

Il risultato di questa attività, cominciatain condizioni “disperate” e proseguita confinanziamenti limitati, è che i bastioni diS. Bernardino e S. Zeno stanno diventan-do il primo tratto della nuova cinta magi-strale, la decima parte del Parco delle mu-ra, che resta la meta finale dei nostri sfor-zi. Lo dimostrano non tanto le singoleopere realizzate, ma l’inversione di ten-denza sulle questioni strutturali.

Dopo molti anni in cui le scarpate eranoandate coprendosi di boschetti disordina-ti, il terrapieno è tornato ad essere “tuttovestito di erba, bono come quando fu fat-to” come direbbe il Sanmicheli. È unascelta che potrebbe sembrare scontata so-lo alla minoranza colta, che fa prevalere leragioni storiche e architettoniche, ma cheè talvolta contestata da parte dell’opinio-ne pubblica per l’abbattimento di pianted’alto fusto.

Le recinzioni , che costituiscono il piùdelle volte una barriera visiva e impedi-scono la continuità dei percorsi, sono sta-te in gran parte rimosse. Resta una diver-genza con l’Amministrazione Comunalesulla recinzione esterna, che secondo noinon serve alla sicurezza e che andrebbeeliminata del tutto, e sostituita con unparapetto solo in alcuni punti. Percorribi-lità, visibilità, pulizia e manutenzione pro-teggono meglio di reti e cancellate.

Si è cominciato a svuotare il vallo dal-l’accumulo di terra e materiali: l’orec-chione e il cammino di ronda del bastionedi S. Zeno sono stati riportati al livellooriginario, fino a trovare parte della pavi-mentazione in pietra delle nicchie, e in

Disegno per una bachecainformativa del Parco delle mura:bastioni dei Riformati e di SantoSpirito. (Elaborazione di MariaAlessandra Morsiani)

Giovani osservano la bachecainformatica del Parco delle Mura

La cortina verso Porta Paliocon il muro “alla Carnot”, vistadal fianco del bastione di SanBernardino, dopo i lavori disistemazione del verde e direcupero ambientale

Visita guidata al bastionedi San Bernardino

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Per il loro eminente interesse storico eartistico, le mura di Verona appartengonoal Demanio dello Stato; vi appartenevanoanche in precedenza, in quanto opere de-stinate alla difesa nazionale. Molteplici so-no stati i destini urbanistici delle cinte ma-gistrali nelle città del Novecento: spessovennero smantellate, in modo parziale ototale; a volte erose progressivamente, in-corporate nella crescita urbana; altre voltemantenute in uso dall’esercito, o convertiteagli usi civili. Quasi sempre l’originariaunità dell’organismo fortificato è statacompromessa.

A Verona la persistenza delle mura è sta-ta vissuta nei secoli come la manifestazio-ne più originale del genius loci. Nell’anno1989 l’opinione pubblica, gli appassionati,gli studiosi, i cittadini veronesi, accolserocon sincera soddisfazione la legge, appro-vata dal parlamento della Repubblica, conla quale si autorizzava il trasferimento del-la cinta magistrale di Verona all’Ammini-strazione Comunale.

Dopo più di 20 anni il trasferimento nonsi è ancora compiuto, anche se gli atti con-clusivi sono stati recentemente perfeziona-ti e, come riferisce la stampa, sono al va-glio dell’Avvocatura dello Stato per il pare-re di conformità.

La travagliata vicenda stazionava su duefondamentali questioni interpretative dellalegge. La prima riguardava l’onerosità dellacessione o, al contrario, la totale gratuità. Iltesto della legge elude il dilemma; lascia,così, spazio a successive formulazioni di or-dine amministrativo e politico.

La seconda questione riguarda la concre-ta, esatta identificazione dei beni immobi-liari demaniali costituenti la cinta magi-strale. Un vecchio perito di campagnaavrebbe saggiamente suggerito di accom-pagnare al testo di legge il repertorio deimappali, individuandoli con i relativiestratti di mappa. Così la cinta magistralesarebbe stata identificata con certezza. In-vece, la legge è stata corredata da unasemplice planimetria di Verona, a base ae-rofotogrammetrica, non catastale, in scaladi circa 1/13.000.

Sulla delimitazione della cinta magistralesi sono lungamente contrapposte due tesi.La prima interpretazione enunciava che la

cinta magistrale doveva essere circoscrittaai soli elementi murari, con l’aggiunta diuna piccola fascia di terreno per eseguire lemanutenzioni. La seconda tesi affermava,invece, che assieme agli elementi murariandassero compresi tutte le opere e glispazi di pertinenza della cinta.

La contrapposizione si ripercuoteva diret-tamente sulla gratuità, o sull’onerosità, deltrasferimento. Si può pacatamente osserva-re che la planimetria allegata alla legge, perquanto sommaria, non permette alcundubbio. La cinta magistrale vi è individuatada una campitura a puntini e comprende:elementi murari, pertinenze interne edesterne. Non poteva essere altrimenti: lacinta magistrale, infatti, è indiscindibilmen-te composta da opere murarie, opere di ter-ra: fosso, scarpa e controscarpa, spalto (det-ti vallo), ossia spazi interni ed esterni di per-tinenza. L’interpretazione conforme alla pri-ma tesi, delle sole opere murarie, sarebbescheletrica rispetto alla complessità archi-tettonica delle mura di Verona.

Quanto fin qui riferito attiene alle con-troversie già discusse e, forse, risolte. Vi ètuttavia un altro aspetto misterioso, maimesso in evidenza, che si rivela ad un esa-me attento della medesima pianta allegataalla legge di trasferimento. In essa, la cam-pitura che individua la cinta magistralenon copre l’intero insieme della cinta, masolo una parte di essa.

All’appello mancano parti di non pococonto. Considerato che le mura di Veronaconfigurano un sistema continuo, unitario,indiscindibile, costituito dai due insiemi, adestra ed a sinistra d’Adige, si stenta a ca-pire per quale ragione, qua e là, manchinodelle parti.

Come si può vedere nella pianta allegata,alla cinta di destra d’Adige mancano: ilmezzo bastione della Catena, con porta Fu-ra e la torre fluviale; il bastione di Spagna,con le cortine collaterali; Porta Palio, ilmezzo bastione di San Francesco. Si trattadi architetture di assoluta rilevanza; operescaligere e sanmicheliane.

Nella cinta di sinistra d’Adige mancano:lo sperone della Catena inferiore; il bastio-ne di Campo Marzo, la porta di Campofio-re, il bastione delle Maddalene, con le lorocortine annesse; Porta Vescovo; Castel San

ciotolo dei percorsi. Sarà ripristinato, in modo quasi com-

pleto, l’insieme di passaggi (poterne,cammino di ronda, sortite) ideato da VonScholl. La sistematica chiusura di questeaperture aveva cancellato, anche dallamemoria dei veronesi, la caratteristicapiù interessante delle fortificazioni otto-centesche, che ora sarà invece piena-mente recuperata.

Queste scelte di fondo, proiettate sututta la cinta, ci danno l’idea che si possacominciare a realizzare l’insieme del Parcodelle mura senza dover attendere il gran-de finanziamento, eliminando le sovra-strutture inutili, liberando le opere ed iterrapieni dall’ingombro di vegetazione,interramenti, rifiuti. Certo, occorrerà an-che restaurare le opere in muratura, maintanto si otterrebbe la piena visibilità epercorribilità di tutto il circuito.

L’esperienza di Legambiente offre anchealtri spunti di riflessione.

L’importanza dell’attività di gestione emanutenzione, iniziata prima dei lavori disistemazione e del restauro vero e proprio(quello della caponiera di S. Bernardinoprogrammato da parte della Soprinten-denza, che deve ancora iniziare).

La necessità di accompagnare il gradualerecupero con iniziative finalizzate a far co-noscere la storia e l’importanza del comples-so monumentale che si vuole valorizzare.

La complessità del ruolo del volontaria-to, dalle attività di sorveglianza, pulizia egiardinaggio fino a quelle culturali e poli-tiche che hanno permesso di elaborareprogetti ed ottenere i finanziamenti.

Altre idee stanno germogliando da

quella iniziale, per dare continuità ad unimpegno che dovrà durare a lungo e tro-vare nuove adesioni e collaborazioni. llprogetto a cui stiamo lavorando in questigiorni permetterà di ospitare nella casadel custode dei giardini Raggio di sole,sulle mura quindi, giovani europei che siaffiancheranno ai volontari dell’associa-zione. È un’iniziativa che potrà essereestesa nel tempo, proiettando verso l’Eu-ropa il recupero della cinta magistrale diVerona, grande opera dell’architetturamilitare europea.

Postilla. L’impegno per realizzare “il no-stro tratto” non ci fa dimenticare che, inaltri settori, il parco delle mura rischia giàdi perdere qualche pezzo: nessuno sembrapreoccuparsi del fatto che la tramvia pos-sa compromettere il recupero e la conti-nuità del vallo. Il Parco delle mura è soloun’indicazione, cui mancano un centro,un ufficio, che sappia progettare e vigilaresugli altri progetti, che forzatamente im-pattano con un complesso delle dimensio-ni della cinta. Sullo sfondo resta sempre,irrisolta, la questione della proprietà. Ap-profittiamo dell’occasione di questo arti-colo per avanzare una proposta cui stiamopensando da tempo senza trovare la sedee gli interlocutori con cui discuterla: unente no-profit, una Fondazione (la leggec’è) che metta insieme tutti i soggetti; loStato conferirebbe la cinta, il Comune ifondi per i primi restauri, che prosegui-rebbero con l’apporto di finanziamentiprivati e sponsorizzazioni, le associazionidi volontariato la voglia di fare e l’espe-rienza maturata sul campo.

lino vittoriobozzetto

le mura (non tutte)restituite alla città

I volontari di Legambienteall’opera

Il piazzale interno del bastionedi San Bernardino con i rampari

d’artiglieria. È oggi uno spazioesemplare del Parco delle Mura

L’orecchione del bastioneabsburgico di San Bernardino,bombardato durante la secondaGuerra Mondiale

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L’uomo ha avuto da sempre come primapreoccupazione la difesa, non tanto daglialtri uomini quanto dagli animali: certa-mente, i primitivi, per sottrarsi alla ferociadelle bestie e per proteggere l’allevamen-to domestico, hanno dovuto “rinchiudersi”con rudimentali recinti, in modo da op-porsi agli assalti e ai tentativi di penetraredall’esterno.

Ciò non significa che in seguito le murasiano state costruite con l’unico scopo delladifesa: fin dall’antichità, la città non è soloe soprattutto concepita come entità terri-toriale, ma il suo significato è ben più vastoe più profondo. Essa è un simbolo e le murasono il simbolo della città: basti pensare aGerico, le cui mura furono distrutte solodalle trombe di Dio, o a Babilonia, in cui lemura di cinta erano considerate indistrutti-bili, o a Troia che venne espugnata solo me-diante l’inganno, in quanto le sue mura re-sistettero ad anni di assedio. Fin dai tempiantichi le mura sono la città, anche se i filo-sofi come Platone (la Repubblica) ed Aristo-tele ritengono che la polis sia comprensivaanche della campagna.

Le cinta murate, fino al XIV secolo, sonoinfatti costruite senza calcoli teorici e ven-gono realizzate con i materiali più vari, pur-ché solidi e resistenti. L’importante è chesiano alte, senza appigli ed intervallate datorri che ne irrobustiscano la resistenza: sedevono essere ampliate, non c’è problema:si demoliscono gli edifici che ne intralcianola costruzione.

Le mura sono il simbolo della città, rap-presentano sicurezza per chi vi abita dentroed avvertimento per chi le vede da fuori:chi abita nella città murata collabora conchi costruisce, innalza, irrobustisce le mura.

La città è separata attraverso le mura dalterritorio agricolo, sacralmente prima chedifensivamente: se necessario, deve sapersidifendere dagli attacchi “del nemico” ed inessa possono trovare asilo i contadini chela alimentano, ma che ne sono esclusi intempo di pace. Il grande manufatto urba-no, sottolineato dalla cinta murata emer-gente dal paesaggio, si impone alla vistacome un fatto figurativo, concreto e sim-bolico allo stesso tempo: indica la presenzanel territorio di quella città, ma anche del-l’idea della città.

Infatti, le mura medievali non sono pro-porzionate nè all’ampiezza della cinta, nèalla grandezza del centro urbano, nè all’u-bicazione dell’insediamento: più la città èvulnerabile (di piccole dimensioni, di mo-desta entità, poco protetta dalla natura)più diventa temibile, se rafforzata da mu-rature arcigne.

La cinta muraria medievale è essenziale,lineare, ispirata alla “Civitas Dei” di S. Ago-stino, alla “Gerusalemme Celeste”, all’”Hor-tus conclusus”: essa diventa simbolo di se-parazione del Bonum (nel senso di BuonGoverno, di pratica religiosa, di lavoro, diordine costituito) rispetto alla “potenzialeforesta selvaggia”, come dice il teologoGuillaume d’Auvergne: se si pensa alla“campagna”, all’”extra urbem”, si compren-de come la muratura di cinta segni unospartiacque che rende evidente la separa-zione di due mondi contigui ma opposti:essa difende non solo dall’eventuale nemi-co, ma soprattutto dal mondo sconosciutoche si incontra fuori da essa.

Il discorso diviene più complesso nel pe-riodo umanistico - rinascimentale in conco-mitanza con la comparsa delle armi da fuo-co: il concetto di mura cambia radicalmen-te dal punto di vista costruttivo, anche serimane invariato il principio che la cintamurata segna la linea di demarcazione tracittà e campagna: lo scopo di dare tranquil-lità agli interni e di dissuadere gli esterni ri-mane ed è anzi esasperato.

Mentre nel Medioevo i costruttori rag-giungevano lo scopo mediante il buon sen-so, l’esperienza accumulata e la cieca fidu-cia nella conoscenza e nello sfruttamentopiù idoneo del materiale, nel Rinascimentolo studio dei classici, la riscoperta dellageometria euclidea, il progresso nel calcolomatematico, nella geodesìa, nell’idraulica,fanno sì che non vi sia un solo tipo di solu-zione al problema della difesa, ma ogni Ar-chitetto propone soluzioni sempre più ela-borate e sofisticate.

A sovrintendere i lavori viene chiamatoun tecnico che conosca la balistica, ma so-prattutto che abbia la conoscenza del ter-reno e sia in grado di coordinare queste esi-genze: ne deriva la necessità della presenzadell’ingegnere militare, e dell’architetto-ur-banista, in grado di realizzare una sua for-

Felice; tutta la strada di circonvallazionemilitare interna della cinta collinare; ilcollegamento fortificato da Castel SanPietro alla Baccola; la rondella delle Boc-care, il rivellino e la porta di San Giorgio.Si tratta, ancora, di capolavori d’architet-tura militare, del Cinquecento veneto edell’Ottocento absburgico.

Quale spiegazione si può dare a tante vi-stose assenze? Se, nel 1989, il criterio fossestato di rispettare le zone militari allora inessere, sarebbe valsa la pena di scindere lemura dai compendi militari, giacché ormaiinutili alle esigenze operative dell’Esercito.Alle caserme Catena (Villasanta) e Passalac-qua, ciò avrebbe permesso di mantenerel’insediamento militare, restituendo allemura la loro unità e continuità. Ancor piùsi sarebbe dovuto avvertire la completainutilità di zone militari residue, come Ca-stel San Felice, da anni del tutto inutilizza-to dall’Esercito, ma di assoluto interesse perla città: in esso si identifica, storicamente earchitettonicamente, il cardine della cinta

magistrale. Di certo, mentre nei due decen-ni successivi si interpretava la legge, le zo-ne militari annesse alla cinta si sono svuo-tate del loro carattere operativo.

Tuttavia, l’ipotesi qui enunciata non èesauriente: mancano altre parti di murache non appartengono da tempo immemo-rabile a zone militari: il mezzo bastione diSan Francesco, capolavoro dell’architetturasanmicheliana, abbandonato in condizionidi indicibile degrado, fisico e ambientale; ilmezzo bastione della Catena; Porta Palio;la rondella delle Boccare; porta San Giorgioed il ruo rivellino. Che si tratti di imperdo-nabili distrazioni?

Se la cinta magistrale venisse trasferitaalla città così come la si individua nellalegge, andrebbe compromesso il carattereessenziale della cinta stessa, che consistenella sua indiscindibile unità spaziale, ar-chitettonica, storica.

L’appello di tante assenze andrebbe ve-rificato; tenendo d’occhio, se non l’orolo-gio, almeno il calendario.

carlo albertoruffo

riflessioni sulle muranella storia della città

Immagine mistica delle muramedioevali.Scuola dell’Alto Reno (prima metàdel Quattrocento), Giardinettodel Paradiso (Museo Städel,Francoforte)

Tavola allegata alla Legge 30Maggio 1989 n° 225 -Trasferimento della “Cintamagistrale” della città di Veronaall’Amministrazione comunale

Parti di Cinta magistrale non indicate cometrasferibili all’Amministrazione comunale

Parti di Cinta magistrale indicate cometrasferibili all’Amministrazione comunale

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ma di spazio, sulla base degli studi operati-vi. La “città ideale” è la sintesi di due figurediverse, quasi sempre riunite in un’unicapersona, l’Architetto militare, presente soloin questo periodo storico, aperto agli studiletterari e classici come alle intuizioni geo-metriche - filosofiche - cosmologiche.

Nel Rinascimento la città murata è estra-nea a ciò che la circonda: nel Medioevo viera un rapporto continuo con la Natura edil paesaggio circostante, la città era inserita,adattata al territorio, modellata su di essoproprio perché ne faceva parte, anche seracchiusa nel suo perimetro; nel Rinasci-mento si crea il vuoto attorno alle mura, siottiene il “guasto”, si spiana il terreno, siabbattono alberi e case che potrebbero fa-vorire il “nemico”.

Ormai si tratta non più di “città ideale”,ma di “fortificazione urbana ideale”. I trat-tatisti militari non si preoccupano della rea-lizzazione pratica delle loro elucubrazioni,ma come in un delirio progressivo, studianosoluzioni sempre più complicate e di diffici-le realizzazione: l’obiettivo primario dichia-rato è quello della difesa, in realtà è unesercizio teorico di bravura e di padronanzadella scienza e della cultura, di conoscenzadella classicità.

Come si è detto, le mura di cinta non so-no mai nate con l’esclusivo scopo della di-fesa nè possono venire usate come perime-tro contenente un centro urbano che deveessere protetto a costo di sacrificarne il rap-porto con l’ambiente in cui è inserito. Vi de-ve essere un “dialogo” tra la Natura e lacittà che in ogni caso la violenta e, mentrequesto principio è stato accolto nel Me-dioevo, nel Rinascimento tale rapporto vie-ne sovvertito, proprio per la filosofia chesta alla base della concezione che mettel’Uomo al centro dell’Universo.

La cinta muraria rinascimentale si ispiraalla “città ideale”, in cui le mura rappresen-tano una esercitazione grafica di tipo filo-sofico ed astratto che raramente cala nella

realtà: i Trattatisti e gli Architetti hanno inmente la città del Principe, secondo quantoil Macchiavelli suggerisce, ispirata non piùai cittadini, ma a chi li governa.

Mentre nel Medioevo la “città turrita”era opera comunitaria e simbolo di parteci-pazione di tutti sia nella concezione chenella costruzione che nella manutenzione,le mura rinascimentali presentano una“città di parata”: le mura vogliono signifi-care che il Principe è solo, che la città ènelle sue mani. Il cittadino non è più auto-nomo e viene tenuto sotto controllo: nelMedioevo il muro era la porta della casacomune, ora è la recinzione della proprietàdel Singolo, tanto è vero che la difesa vieneaffidata non più alla popolazione, ma asoldati spesso mercenari e fedeli al Sovra-no. La città viene concepita in modo che lemura siano sì baluardo, ma soprattutto di-mostrazione della Bellezza, della Proporzio-ne, della Magnificenza: pertanto, le belleporte che ornano la muratura, protette daibastioni avanzati che si protendono verso ilterreno deserto che si estende davanti allacittà, hanno lo scopo di accogliere le stradeinterne che delimitano i quartieri: non vi èpiù il percorso accidentato e tortuoso dellacittà radiocentrica medievale, ma l’archi-tetto-urbanista, al servizio del Principe,studia percorsi rettilinei e razionali. La cintamurata medievale “partecipava” alla difesae veniva protetta come un simbolo, la cintamurata moderna è avulsa dalla vita cheracchiude, fa da quinta alle battaglie che sisvolgono davanti ad essa e non la coinvol-gono, i cittadini non si sentono più parte-cipi ma spettatori.

Per concludere, si ha la conferma, leg-gendo i trattati e guardando i progetti pre-disposti, che via sia alla base una pletora diteorie e che all’atto pratico i discorsi cada-no nel vuoto, lasciando libero sfogo all’e-sperienza fatta sul campo dai veri ingegnerie dai tecnici che manualmente eseguivanole opere sotto la loro direzione.

Il frontespizio del trattatodi architettura militare di PietroSardi, stampato a Venezianell’anno 1642

Immagine bellica delle modernemura bastionate.

L’assedio, nel trattato di DanielSpeckle, Architectura von

Vestungen, Strassburg 1589

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Biblioteca intende fornire un modesto e, sinteticoregesto riguardante i “capisaldi” della bibliografiaveronese sulle fortificazioni analizzate nelle lorocomponenti architettoniche e nei loro tratti storicicaratteristici. Per chi non si sia mai approcciato al-l’argomento o per coloro che, conoscendo i terminidella vicenda veronese, volessero approfondire que-stioni più generali, uno studio fondamentale e digrande efficacia rimane quello condotto da:

• Amelio Fara, La città da guerra,Torino, Einaudi, 1993

Il saggio prende in considerazione cinquesecoli di architettura militare dalle primefortezze del tardo Quattrocento alla costitu-zione dei campi trincerati ottocenteschi. Ilpresupposto è lo studio della geometria e leelaborazioni operate nella Firenze umanisticada Filippo Brunelleschi. Fara ci accompagnacon semplicità didattica ed efficacia tra per-sonaggi e luoghi in un viaggio ricco di con-tributi storici; avvalendosi di un ricco e pun-tuale apparato fotografico ci testimonia del-l’applicazione pratica della scienza geometri-ca e delle teorie fortificatorie a casi realizzatisu l’intero territorio europeo. In chiusura,l’indispensabile “Bibliografia d’architetturadella fortificazione alla moderna dalle origi-ni alla fine del XIX secolo”.

• Scipione Maffei, La Verona illu-strata - Parte Terza - Capo Quinto:“Mura e Bastioni”, Verona, 1732 (ed.Milano 1826)

Tra i nostri concittadini che si sono occupatidei tratti storici e artistico-architettonici di Ve-rona un posto di primo piano è occupato dalmarchese Maffei che individua nella nostracittà caratteristiche di grande ricchezza anchegrazie alle opere militari presenti. Nella grandesumma di dati della Verona Illustrata c’è an-che spazio per una rassegna dei modi dell’artefortificatoria e dei suoi autori e per la relativaterminologia tecnica. Il lettore è così in gradodi possedere gli strumenti per meglio com-prendere l’importanza dell’opera di Sanmicheliche: “… inventò il bastion triangolare, o cin-quangolare che vogliam dire, con facce piane,e fianchi, e con piazze basse, che raddoppinole difese, e non solamente fiancheggino la cor-tina, ma tutta la faccia del baloardo prossimo,e nettino il fosso, e la strada coperta, e lo spal-to”. Alcune parole vengono spese anche per leparti più strettamente funzionali all’opera mi-litare: “Le gallerie, e le stanze sotterranee, e lecontramine son pur bellissime. Le porte altresì,e gli archi, e i ricetti, e quanto accade di vederlavorato nelle interiori muraglie, nobilmente è

fatto, e con gran pietre a suo luogo”.Maffei percorre gli interventi cinquecente-

schi guidandoci in una visita dal bastione S.Francesco lungo il recinto difensivo in sensoorario, per la parte in destra d’Adige, e in sensoantiorario dal bastione delle Maddalene per laparte in sinistra d’Adige e si meraviglia che glistorici non nominino mai queste opere archi-tettoniche quando parlano di Verona o di San-micheli. A corredo delle descrizioni alcunestampe, note e ricercate dal mercato antiqua-rio, con gli esempi dei bastioni e delle Porte.

• Alessandro Da Lisca, Le fortifica-zioni di Verona dai tempi romani al1866, Verona, Tipografia Cooperati-va, 1916

Lo studio riconosce la particolarità di Vero-na; passeggiando per la città è facile rintrac-ciare le testimonianze dei sistemi difensivi chesi sono susseguiti: “Verona parla più eloquen-temente di un qualsiasi trattato di storia del-l’arte fortificatoria”. Fondamentale per lacomprensione degli artifici messi in campo èl’analisi del sito veronese da un punto di vistaorografico/geologico; il testo, che a volte in-dugia in qualche elogio retorico, è comun-que preciso nell’indicare resti e circostanzia-to nel formulare ipotesi. Molto utili, di unamalinconia struggente, sono le molte fotoche permettono di vedere la fortificazionesanmicheliana ed austriaca senza la vegeta-zione che oggi ne falsa la comprensione ecom’era prima dell’apertura delle brecce. Ol-tre alle foto Da Lisca correda il suo studio dimolti grafici: non solo planimetrie delle ope-re militari, ma anche mappe schematichedella città e del territorio onde far compren-dere il significato dei sistemi approntati nellediverse epoche che in ordine cronologicovengono esaminate nel testo. In chiusura DaLisca ci lascia con queste emblematiche pa-role: “solo là dove il bisogno lo richieda, sipotrà consentire a parziali aperture che stra-zino quanto meno è possibile le importantis-sime e bellissime cinte” e più avanti “devonoessere conservate come un monumento sto-rico, che attesta le origini, lo svolgimento e iprogressi dell’arte fortificatoria dai primitempi romani fino ai nostri giorni”.

• Adalgiso Tommasoli, Le mura diVerona, Verona, Edizioni di “Vita Ve-ronese”, 1950

Un libretto veloce, nato dalla vista di quelche durante la Seconda Guerra Mondiale, ac-cadeva alle fortificazioni veronesi con un ag-giornamento conclusivo posto in appendice al

momento dell’edizione. Diversamente dalla piùparte dei testi, alla parte geografica e storicaintroduttiva seguono tre capitoli in forma di-scorsiva dove la parte nozionistica è opportu-namente ridotta all’essenziale e dove le descri-zioni molto dettagliate possono permetterci dioperare gli opportuni confronti su ciò che èmutato in mezzo secolo.

La voce di Tommasoli si leva preoccupatadella sorte che occorse ai valli insensibilmenteutilizzati come discariche per i materiali e lemacerie dei bombardamenti. Il tono è da verobollettino di guerra, rendendo conto in modomolto puntuale di tutto ciò che nel tracciatodella fortificazione murata e bastionata acca-deva ai manufatti scaligeri, veneti e austriaci.

• Guido Barbetta, Le mura e lefortificazioni di Verona, Verona, Edi-zioni di “Vita Veronese”, 1970

Lo studio segue in ordine cronologico le vi-cende di Verona e dei sistemi approntati dallacittà per difendersi. Molto precise e circostan-ziate sono le indagini per restituire la sequenzae gli autori di ogni singola parte, anche se nonvi sono, dato anche il carattere divulgativo del-lo studio, precisi riferimenti alla bibliografia o afondi archivistici. Fotografie delle parti più si-gnificative si accompagnano a grafici che sin-tetizzano la situazione geografica veronese, l’e-spansione urbana e l’ampliamento e ammoder-namento delle difese. In chiusura l’utile elencocon i resti visibili di ogni epoca fortificatoria.

• Vittorio Jacobacci, La piazzafor-te di Verona sotto la dominazioneaustriaca 1814-1866, Verona, Cassadi Risparmio di Verona Vicenza eBelluno, 1980

Ad un inquadramento geografico fa segui-to una veloce rassegna dei sistemi difensivicittadini pre-dominazione asburgica. Si entrapoi nel pieno del tema affrontato con docu-mentazione sia sulle opere che sugli autori:vengono esaminati non solo gli interventisulla cinta magistrale, ma anche, e soprattut-to, tutte le opere che formavano il “campotrincerato” creato nel territorio veronese eciascuno degli edifici di servizio funzionali alsuo perfetto funzionamento. Le architetturedei bastioni e dei forti sono documentate conriproduzioni di rilievi e foto d’epoca e non,cui vengono affiancati documenti, avvisi,proclami e schematizzazioni. Non sempre laqualità delle riproduzioni è ottimale e cosìqualche mappa può risultare di difficile lettu-ra; nonostante questo e la veste tipograficaun poco datata, lo studio rimane una dellepietre miliari della bibliografia inerente lapiazzaforte di Verona.

• Gianni Perbellini, Lino VittorioBozzetto, Verona – La piazzaforteottocentesca nella cultura europea,Verona, Ed. Architetti Verona, 1990;

È il libro che tutti noi possediamo per essere

edito dall’Ordine: i colleghi Perbellini e Boz-zetto trattano la storia architettonica dellafortezza veronese dalla caduta della Serenissi-ma, e quindi al momento della crisi del siste-ma difensivo così come concepito da Sanmi-cheli, agli interventi di restauro e recuperorealizzati durante la dominazione asburgica.Nella prima parte curata da Perbellini appaio-no di grande interesse le schede degli edificiadibiti ad uso militare al 1817, in cui rientranobuona parte delle strutture conventuali avo-cate al clero regolare da Napoleone; nella se-conda parte lo studio di Bozzetto rende pun-tualmente conto di tutti gli interventi fattiper riportare la cinta di Verona ad una funzio-nalità da perfetta macchina da guerra. Latrattazione è inserita in un respiro europeoche ci permette di capire il valore dell’inter-vento austriaco da un punto di vista architet-tonico, tattico, strategico e culturale. Nell’A-tlante conclusivo sono significativamente as-sociate le riproduzioni dei rilievi svolti nel1801 da Giuseppe Barbieri e le descrizionitratte dalla Verona Illustrata di Scipione Maf-fei cui seguono i disegni degli architetti delGenio asburgico sui lavori intrapresi nella cin-ta magistrale tra gli anni 1833 e 1835.

• Lino Vittorio Bozzetto, Verona –La cinta magistrale asburgica, Vero-na, Cassa di Risparmio di Verona Vi-cenza Belluno Ancona, 1993

Alcuni dei temi incontrati nel precedentevolume vengono qui sviscerati e ancor più ef-ficacemente documentati: la figura dell’inge-gnere militare, e le creazioni di cui è capace,sono analizzate nel corso dei secoli con parti-colare attenzione al bacino culturale tedesco efrancese. Questa attenta disamina permette diimpossessarsi delle chiavi cognitive per esami-nare il caso veronese di cui viene affrontatoogni aspetto nell’arco di tempo della domina-zione asburgica. Uno maggiori meriti di questostudio, oltre ovviamente ai suoi contenuti, ècostituito dall’eccezionale qualità, ampiezza epertinenza del corredo iconografico per lo piùa colori che illustra il saggio: non vi sono solole riproduzioni dei disegni, ma anche molte fo-to della fortificazione, alcune utilissime fotoaeree e alcune immagini d’epoca.

• Annamaria Conforti Calcagni, Lemura di Verona, Verona, Cierre Edi-zioni, 1999

È l’ultimo studio in ordine di tempo: dopouna stagione di grandi volumi si torna alla for-mula pratica e diretta di una trattazione sem-plice, quasi didattica. Immagini significativecon efficaci grafici e di facile lettura corredanoil testo che analizza in ordine cronologico i si-stemi difensivi di Verona. La vicenda emblema-tica e privilegiata della nostra città appare cosìa tutto tondo: di ogni epoca storica e per ognitipo di sistema difensivo Verona conserva tan-gibili testimonianze, quasi un museo della for-tificazione all’aperto.

bibliotecaa cura di maddalena basso

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BOLOGNA

“CERSAIE 2000”Dal 02 al 07 ottobre

“SAIE 2000”Dal 17 al 21 ottobreEnte Fiera di BolognaVia della Fiera, 20Orari: 9.00/18.00domenica 9.00/17.30tel. 051-282111

“Norma e arbitrio. Architetti eingegneri a Bologna 1850-1950”Museo dell’ArchiginnasioVia dell’Archiginnasio, 2Fino al 14 ottobreOrari 9.30/18.30chiuso lunedìtel. 051-2912514

BRESCIA

“Bizantini, Croati, Carolingi”Museo di S.GiuliaVia MuseiFino al 6 gennaio 2002Orari 9/19 - chiuso lunedìtel. 800-762311

MILANO

“Picasso”- 200 capolavori dal 1898 al 1972.Palazzo RealePiazza Duomo, 12Dal 15/09 al 27/01/02Orari 9.30/18.30 - chiuso lunedìtel. 329-525710

NOVARA

“Giorgio De Chirico”- Capolavori e opere scelte nellecollezioni piemontesi e lombardeArona - Villa PontiVia S.Carlo, 63Fino al 14 ottobreOrari 10/12.30 - 14.30/22.30tel. 0322-44629

PADOVA

“Gianni Berengo Gardin”- Mostra fotograficaMuseo Civico - Piazza del SantoFino al 14 ottobreOrari 10/13 - 15.30/18.30chiuso lunedìtel. 049-8751105

REGGIO EMILIA

“Guido Tirelli architetto”Palazzo MagnaniPiazza CavourFino al 14 ottobreOrari 10/13 - 15/19 - Chiuso lunedìtel. 0522-454437

ROMA

“Futurismo 1909-1944”- Arte, architettura, letteratura epubblicità.Palazzo delle EsposizioniVia Nazionale, 194Fino al 22 ottobreOrari 10/21chiuso martedìtel. 06-489411/48941230

TRENTO

“Pino Castagna”Castello di PergineFino al 4 novembreOrari 10.30/22chiuso lunedìtel. 0461-531158

TRIESTE

“Robert Capa”- Mostra fotograficaScuderie del Castello MiramareFino al 18 novembreTutti i giorni 9/19tel. 055-2395207

VENEZIA

“Balthus”Palazzo GrassiSan Samuele, 3231Fino al 6 gennaio 2002Tutti i giorni 10-19tel. 199-139139

“Frida Kahlo e i capolavori del-l’arte messicana “Galleria Bevilacqua La MasaFino all’8 ottobreOrari 10.00/20.00 - chiuso martedìtel. 041-5237819

“Gino Severini. La danza 1909-1916”Collezione GuggenheimPalazzo Verier dei LeoniDorsoduro, 701Fino al 28 ottobreOrari 10-18 - chiuso martedìtel. 041-2405411

“49a Biennale di arti visive”Giardini di Castello e ArsenaleFino al 4 novembreOrari 10-18Sab. 10/22 chiuso lunedìtel. 041-5218711

VERONA

“Edvard Munch - L’Io e gli Altri”Palazzo FortiVia Forti, 1Dal 15/09 al 06/01/02Orari 9.30/20 chiuso lunedìtel. 045-8001903

“Marmomacc”- Mostra internazionale di marmi,pietre e tecnologieFiera di VeronaDal 27 al 30 settembreOrari 9/18tel. 045-8297111

“La percezione dello spazio”Palazzo della Gran GuardiaPiazza BraFino al 18 novembreOrari 9.30/19 - chiuso lunedìtel. 045-8040431

VICENZA

Luigi Moretti -Immagini di architettura”Basilica PalladianaPiazza dei SignoriFino all’8 ottobreOrari 10/19 chiuso il lunedìtel. 0444-222101

a cura di stefano bocchini, morena alberghini, giuseppe monese

SETTEMBRE - OTTOBRE 2001

“TOYO ITO”L’architetto protagonista della mostra ha progettato un originale intervento di allestimento che, oltre afungere da supporto per le opere da esporre, costituisce una personale interpretazione del rapporto con lastraordinaria cornice monumentale dell’edificio palladiano. Il tema del “mostrare” diventa così lo spuntoper l’invenzione di un’opera architettonica che, sebbene effimera, coinvolge il visitatore in un raccontospaziale ed emozionale di grande intensità, nel tentativo di comunicare in modo compiuto un percorsoartistico e una particolare ricerca formale. Toyo Ito propone, con questo allestimento, una variazione sultema della “trasparenza”, già sperimentato nelle sue ultime opere ed in particolare nella Mediateca diSendai. Al centro della mostra è collocata una sala di proiezione a pianta ovale, all’interno della qualevengono riprodotti gli elementi architettonici tratti dal repertorio linguistico dell’architetto giapponese.Disegni esecutivi, testi, immagini e modelli, si sovrappongono e si mescolano all’interno di uno spazioassolutamente innovativo. Anticonvenzionale, multimediale e simultaneo, il linguaggio di Toyo Ito ri-cerca le modalità proprie della comunicazione mediatica contemporanea

Fino al 2 dicembre

VicenzaBasilica PalladianaPiazza dei SignoriOrari 10/19chiuso lunedìtel. 0444-222101

calendario

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