Editore Licia Piva Caporedattore: Marcello Cappellari ... · se.“Apocalisse”, secondo...

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Editore Licia Piva Direttore Isabella Dallapiccola Vice Direttore Cristina Cannelli Responsabile grafica Paola Occhi Caporedattore: Marcello Cappellari Redattori: Federico Baglioni, Francesca Gozzoli, Beatrice Barbieri, Anna Cavallari, Matteo Tagliati, Andriana Blaha ITALIA FUORI ITALIA FUORI DAI MONDIALI RUSSIA 2018 DAI MONDIALI RUSSIA 2018

Transcript of Editore Licia Piva Caporedattore: Marcello Cappellari ... · se.“Apocalisse”, secondo...

Editore Licia Piva

Direttore Isabella Dallapiccola

Vice Direttore Cristina Cannelli

Responsabile grafica Paola Occhi

Caporedattore: Marcello Cappellari

Redattori: Federico Baglioni, Francesca Gozzoli,

Beatrice Barbieri, Anna Cavallari, Matteo Tagliati,

Andriana Blaha

ITALIA FUORIITALIA FUORI DAI MONDIALI RUSSIA 2018 DAI MONDIALI RUSSIA 2018

Il Carduccino 2

Antonio Lefons, 1F

“E ssere capaci di

sorridere dopo una sconfitta è

la vittoria fina-

le”, ha detto un certo Bertus Aa-

sfjes, scrittore e poeta olandese.

Sconfitta dolorosa, sofferta, ma

forse, in questi casi di pura mesti-

zia, un semplice sorriso potrebbe

davvero essere il miglior

“arnese” per recidere questo sen-

so di tristezza, che da lunedì a

questa parte sta colpendo come

una malattia contagiosa l’intera

penisola. Questi due “tragici”

incontri, andata e ritorno, hanno

palesato numerose carenze da

parte degli azzurri, ma saper di

aver perso contro una squadra

mediocre quale la Svezia è un

pensiero struggente, soprattutto

se in palio c’è l’accesso al mon-

diale. Un concetto di gioco quello

svedese che si discosta anni luce

dal bel calcio, dalle nozioni di

Rinus Michels, padre fondatore

del cosiddetto “calcio totale”, o

dal Tiki-taka di Pep Guardiola:

un gioco basato sul fisico, con

qualche e rara striatura di impre-

vedibilità nelle ripartenze. Molto

rara. Tuttavia, nella sua modestia,

ha raggiunto il suo più grande

obiettivo, che di certo non passe-

rà alla storia come una vittoria

della Svezia, bensì come

l’esclusione dell’Italia dal mon-

diale: siamo stati vinti, sovrastati

dalla pochezza del calcio scandi-

navo. Niente di più frustrante,

seccante per un animo orgoglioso

come il nostro. Tralasciando gli

aspetti tecnico-tattici, nei quali

concorrono idee e pensieri diffe-

renti, è bene amplificare lo sguar-

do oltre le due semplici partite,

scavare all’origine di questa vera

e autentica disfatta. Questa visio-

ne delle cose mi riconduce a

Gianpiero Ventura, reo secondo

il popolo di aver rappresentato

superficialmente la figura di C.T

e, quindi, di aver condotto nel

baratro un’intera Nazione che,

solo nelle partite di calcio, solo ai

mondiali, si riunisce per sposare

una stessa causa. Di una presun-

zione alquanto discutibile, il tec-

nico genovese, dopo la sciagurata

notte di S. Siro, è stato il capro

espiatorio, il fulcro di una

“bufera” senza fine, nella quale si

è acceso un focoso e ironico di-

battito tra correnti di pensiero

differenti: chi dalla parte di Ta-

vecchio, ormai dimessosi dalla

carica di presidente della FIGC

(“per questioni di sciacallaggio

APOCALYPSE NOW: ADDIO MONDIALI SVEZIA IN RUSSIA, ITALIA A IBIZA: NON SUCCEDEVA DAL 1958

BUFFON: “FALLIMENTO ANCHE SOCIALE”

Il Carduccino 3

politico” sostiene), chi dalla par-

te di Ventura, in quanto impossi-

bilitato di creare un organico effi-

ciente e affiatato, chi appartenen-

te alla maggioranza del popolo,

che condanna entrambe le figu-

re.“Non arrenderti mai perché

quando pensi che tutto sia finito,

è il momento in cui tutto ha ini-

zio” ciò che Jim Morrison ha sin-

tetizzato in una semplice riga rac-

chiude un concetto molto vasto,

di rara magnificenza, teso a farci

comprendere la sottile analogia

tra l’aforisma e la vita di tutti i

giorni, la gratificazione che si

trova al compimento di qualcosa.

Soddisfazione che purtroppo non

è arrivata. Abbiamo ritrovato

quel nostro caro senso di falli-

mento, che ci investì nel ’94, nel

’98 o nel 2002, ma la gratifica-

zione di cui trattava il cantante

dei The Doors questa volta ha

premiato la Svezia.Questo discor-

so per evidenziare il più grande

inciampo del cammino di Ventu-

ra, che è valso il suo esonero e il

mancato accesso al mondiale: la

sottovalutazione delle compagini

avversarie. Tutti eravamo consa-

pevoli della mediocrità delle

squadre del nostro girone, Spa-

gna permettendo, ma concedersi

ad un cambiamento radicale di

moduli e formazioni titolari tra

una partita e l’altra è qualcosa di

inconcepibile. Ciò che di sprege-

vole ha compiuto con la naziona-

le, cancellerà senza dubbio quan-

to di buono ha costruito con il

Torino, grazie al quale si era gua-

dagnato la fiducia dell’intera na-

zione e soprattutto di Tavecchio.

Sotto un altro aspetto, quello eco-

nomico, la sconfitta con la Svezia

e, quindi, il mancato accesso al

mondiale, ha avuto conseguenze

disastrose per le casse della Fe-

dercalcio: la FIGC ha perso 150

milioni, circa l’1% del PIL e i

diritti TV sono stati dimezzati,

per una perdita complessiva di 10

miliardi dell’economia del Pae-

se.“Apocalisse”, secondo Tavec-

chio.“Post fata resurgo” secondo

coloro che di questo sport vivo-

no, in questo sport confidano, per

questo sport soffrono, gioiscono,

sognano…FORZA, ITALIA.

Il Carduccino 4

Davide Cardi, Tommaso Rossi,

Nicolò Baglioni,

Alessio Branchini, 4B

L a «Sic 58 Squadra Cor-

se» ha esordito nella

categoria Moto3 del

Motomondiale 2016-

2017 con i piloti Tony Arbolino e

Tatsuki Suzuki. Nata nel 2013 da

Paolo Simoncelli come squadra

piloti esordienti, è dedicata al fi-

glio Marco, campione del mondo

classe 250 nel 2008. «Sic 58

Squadra Corse» è presente anche

in altre categorie: nel Junior

World Championship Moto3

(Cev) con il riminese Mattia Casa-

dei e il campano Yari Montella e

nel Civ (Campionato Italiano Ve-

locità) con il quattordicenne Devis

Bergamini di Gabicce Mare e il

pescarese tredicenne Matteo Pa-

tacca.

Abbiamo incontrato, insieme a

Paolo Simoncel-

li, Tatsuki Suzu-

ki, classe 1997,

giapponese, alla

sua terza stagio-

ne in Moto3.

Paolo come è

andata questa

prima stagione

con la Sic58?

“ Il team sta

f u n z i o n a n d o

bene. Siamo

partiti un po’ da

lontano, ma ce

l’abbiamo fatta.

Siamo arrivati

al Mondiale in

cinque anni. So-

no contento. Per

tutta la squadra

e per i sei piloti

Paolo Simoncelli scommette su Tatsuki Suzuki

Il team nel nome di Marco

Il Carduccino 5

che sono con noi, nei campionati

italiano e spagnolo e nel Mondia-

le. I risultati sono migliori di

quanto ci aspettassimo. Siamo

quasi sempre stati nei primi 15.”

Cosa pensi dei piloti della

Moto3?

“Suzuki è un ragazzo a dir poco

eccezionale, ormai è uno di fami-

glia. Ha lasciato il Giappone per

correre. Adesso vive a Riccione

sopra la Fondazione Simoncelli.

Tony Arbolino viene da Milano.

Ha 16 anni e ormai è diventato il

cocco dell’intero paddock. Anche

lui è un bimbo d’oro. E’ con noi

da quando aveva 12 anni, è lui che

ci ha scelti e non viceversa. Va

forte, anche se sta passando un

momento di crisi psicologica, sta

faticando a prendere il ritmo”

Suzuki come ti trovi con la

Sic58?

“Benissimo. Per me è un sogno.

Quando sono sulla mia Honda

sento che posso spaccare il mon-

do. All’inizio pensavo di essere

invincibile, poi sono caduto due

volte in gara. Paolo si è inc…….

moltissimo ed allora ho capito che

dovevo cambia-

re la mentalità.”

Come ti prepa-

ri per le gare?

“ Faccio moto-

cross, palestra,

piscina e corsa.

Vado a letto

presto alla sera

e non faccio

stravizi.”

Quando hai

iniziato a cor-

rere?

“ A quattro anni

con una mini

moto che mi

aveva regalato

mio padre. La

mia prima corsa

è stata sul porto

della mia città

in Giappone, non c’erano prote-

zioni ed io sono volato in acqua

con la moto e tutto. Poi mio padre

mi ha comprato una seconda mini

moto, non sono più andato a cor-

rere sul porto (ride). E da lì non ho

mai smesso.”

Come ti trovi con il tuo compa-

gno di squadra?

“Bene.”

Lo interrompe Paolo:

“Il compagno di squadra è il tuo

peggior nemico, vuoi sempre star-

gli davanti. E’ normale sia così.”

Suzuki a cosa pensi quando sei

sulla griglia di partenza?

“ Assolutamente a niente. Se pensi

troppo hai già finito la gara.”

C’è un pilota al quale ti ispiri?

“A Marco Simoncelli, era aggres-

sivo, determinato e con un cuore

grande.”

Il Carduccino 6 Il Carduccino 6 Il Carduccino 6

Lorenzo Fioresi, 3F

I l mondo dello sport trema per

quello che è accaduto lunedì

22 ottobre allo Stadio Olimpi-

co di Roma durante la partita La-

zio-Cagliari, dove, in una curva

dello stadio, sono stati ritrovati

degli adesivi con la foto di Anna

Frank con la maglia della Roma.

Questo atto razzista e antisemita è

stato pensato dagli ultras della La-

zio, che sono tristemente noti per

la loro simpatia verso l’estrema

destra e per la loro violenza. È ri-

saputo infatti che i tifosi della La-

zio e quelli della Roma non vanno

molto d’accordo, anche perchè

condividono lo stesso stadio, il

fatto che in quella giornata la cur-

va nella quale i tifosi della Lazio

erano soliti stare è stata chiusa a

causa di una squalifica per alcuni

cori razzisti, ha fatto traboccare

l’acqua dal vaso. Quando questo

episodio è venuto

alla luce, sono

insorte numerose

proteste e la forte

condanna da parte

delle istituzioni e

del popolo ebreo.

Anche il mondo

del calcio non è

stato a guardare:

infatti la Federcal-

cio ha deciso che

alla successiva

giornata di campionato della serie

A si sarebbe dovuto leggere, prima

di tutte le partite in programma,

una pagina del diario di Anna

Frank. Inoltre i giocatori della La-

zio, prima della partita contro il

Bologna, hanno indossato una ma-

glia con sopra l’immagine di Anna

F r an k e l a s c r i t t a “ N o

all’antisemitismo”. Immediate an-

che le scuse del presidente della

Lazio Calcio Claudio Lotito, che

si è reso disponibile per portare

una corona di fiori nella sinagoga

di Roma. Lo stesso però, durante

un volo aereo che lo portava a Ro-

ma, parlando al cellulare senza

accorgersi di essere intercettato

avrebbe esclamato “Famo ‘sta

sceneggiata”, facendolo precipita-

re in una bufera mediatica. Forse a

causa di queste parole infelici suc-

cessivamente la corona è stata get-

tata nel Tevere ad opera di scono-

sciuti. Il presidente ha cercato di

difendersi in tutti i modi, ma la

prova è schiacciante. Fortuna-

tamente gli autori di questo

deplorevole gesto sono stati

identificati. Resta tuttavia pre-

occupante il fatto che tra di

loro vi è anche un ragazzino di

13 anni, e ciò deve essere visto

come un segnale d’allarme

riguardo le nuove generazioni,

che dimostrano di non cono-

scere la storia e di non rendersi

conto di quanta sofferenza

hanno provocato nelle persone

che hanno vissuto discrimina-

zioni razziali.

Grave episodio di antisemitismo allo stadio Olimpico di Roma

Oltraggio alla memoria di Anna Frank Ultras laziali attaccano adesivi della piccola ebrea con la maglia della Roma

Il Carduccino 7 Il Carduccino 7 Il Carduccino 7 Il Carduccino 7 Il Carduccino 7 Il Carduccino 7

Luca Roversi, 5H

U na giornata in giacca e cra-

vatta o in tailleur non è una gior-

nata qualunque. È una giornata

particolare, una giornata diversa

dalle altre. A 15 o 16 anni molti di

noi non hanno ancora indossato un

abito elegante, oppure lo hanno

indossato raramente. Il M.E.P

(acronimo di Model European Par-

liament) offre una di queste gior-

nate a chiunque sia in terza supe-

riore e a chiunque affronterà que-

sta classe. Tuttavia sarebbe ridutti-

vo parlare del M.E.P come un pro-

getto che offre una giornata spe-

ciale e nient'altro. Il M.E.P è un

progetto speciale che consiste nel-

la simulazione del Parlamento Eu-

ropeo e offre la possibilità di di-

ventare, per una manciata di ore,

un parlamentare. Questo progetto

è rivolto a tutti gli studenti del ter-

zo anno, che abbiano una media

alta o bassa, che siano pro o contro

l’Europa, che abbiano una vasta

cultura o che vogliano acquisire

nuove conoscenze. L'unico requi-

sito morale per partecipare al

M.E.P è la volontà di mettersi in

gioco, la volontà di mettersi alla

prova. Il progetto permette agli

studenti interessati di lavorare co-

me delegati, il nome ufficiale di

coloro che chiamiamo europarla-

mentari, che si riuniscono in com-

missioni e hanno l'obiettivo di ri-

solvere un problema stilando una

risoluzione, proprio come accade

nelle sedi del parlamento di Bru-

xelles e Strasburgo. I delegati pos-

sono adottare le misure che prefe-

riscono, lavorando sotto la guida

degli studenti, che hanno già par-

tecipato al progetto e senza essere

valutati dai docenti. Nessun inse-

gnante quindi, solo sei o sette in-

contri di commissione da due ore

ciascuno per preparare la risolu-

zione. Il progetto si conclude, a

livello locale, con la giornata in

giacca e cravatta o tailleur di cui

parlavo all'inizio, l'assemblea ple-

naria, il momento in cui ogni com-

missione presenta il suo lavoro a

tutte le altre commissioni. Potrei

spendere fiumi d'inchiostro per

descrivere l'assemblea plenaria,

tuttavia sono fer-

mamente convin-

to che sia un'espe-

rienza il cui valo-

re si comprende

solo mentre si ha

la possibilità di

prenderne parte.

Dopo la sessione

locale il progetto

continua per i delegati

che hanno dimostrato

maggiore interesse e atti-

tudine durante i lavori di

commissione e l'assem-

blea plenaria, i quali po-

tranno prendere parte

alla sessione regionale,

nazionale e a quella in-

ternazionale. Che si rie-

sca ad accedere a queste

sessioni o meno poco

conta, ciò che è impor-

tante è avere avuto la

possibilità di confrontarsi in ma-

niera civile e democratica con i

propri coetanei su temi seri ed im-

portanti. Il M.E.P insegna a discu-

tere e ad ascoltare le idee degli

altri, valutando diversi punti di

vista e cercando una soluzione pa-

cata e pacifica, un valore divenuto

oramai raro nella nostra società ma

che vale la pena di essere preser-

vato. Non nego che il M.E.P sia un

progetto complicato e che richieda

impegno, sono però convinto che

l'esperienza sia estremamente ap-

pagante e che non ci sia occasione

migliore per indossare per la prima

volta giacca e cravatta o tailleur in

un'occasione speciale come in

un'assemblea plenaria del Parla-

mento Europeo.

UNA GIORNATA IN GIACCA E

CRAVATTA O TAILLEUR

Il Carduccino 8 Il Carduccino 8

Ettore Bimbatti,

Giulia Rossi, 4B

“E ssere dislessico

mi ha permesso

di andare male

in tutto…ma

anche di capire chi ha difficoltà”.

Questa è solo una parte

dell’originalissimo e ironico cur-

riculum vitae dello scienziato

svizzero Jacques Dubochet, nel

quale normalmente dovrebbero

essere riportati solo competenze

acquisite, premi e riconoscimenti.

Con la sua ricerca svolta assieme

ad altri due scienziati ha definito

una tecnica di osservazione al

microscopio che rende possibile

visualizzare le biomolecole, co-

me le proteine, ma anche il DNA

o l'RNA, dopo averle "congelate"

tramite acqua, molto velocemen-

te, con il metodo della vitrifica-

zione.

In questo modo si preserva la lo-

ro forma naturale ed è possibile

osservare nel dettaglio le relazio-

ni spaziali tra le diverse moleco-

le.

Questa tecnica ha rivoluzionato

la precisione della microscopia

elettronica, permettendo di vede-

re non più solo ammassi confusi

della struttura delle cellule.

Sono stati superati i limiti prece-

denti e questo fa sì che le conse-

guenti applicazioni in campo me-

dico migliorino notevolmente,

perché la definizione delle strut-

ture è mille volte più dettagliata.

Così si possono vedere meglio,

ad esempio, le biomolecole che

rendono i batteri resistenti agli

antibiotici e quelle che si trovano

sulla superficie del virus Zika.

Ma bisognerebbe dare un altro

premio a Dubochet: con la sua

dichiarazione di essere dislessico

e della fatica che ha dovuto fare

nella sua vita, ha aperto una gran-

de finestra e un’opportunità di

riflessione sul mondo dei disles-

sici e sulle difficoltà che si trova-

no a gestire le persone con distur-

bi specifici dell’apprendimento

(DSA) come la dislessia, la di-

sgrafia, la discalculia.

E’ importante ricordare che que-

ste difficoltà non sono ricondotte

a insufficienti capacità intelletti-

ve, a mancanza di istruzione o a

deficit sensoriali, e Dubochet ne

è la prova.

Però bisogna dire, anche se sem-

bra strano, che non sempre con-

Premiata la tecnica della microscopia crioelettriconica

Premio Nobel al chimico svizzero Dubochet Sono stato il primo dislessico ufficiale nel mio cantone

Il Carduccino 9

sola e sprona un dislessico sapere

che tante persone, che rappresen-

tano o hanno rappresentato egre-

giamente i loro campi come,

l’arte (John Lennon e Leonardo

Da Vinci), lo sport (Magic Jo-

hnson e Mohamad Ali), la musi-

ca e il cinema (Robin Wil-

liams e Tom Cruise), la

scienza (Albert Einstein),

siano dislessiche o DSA in

generale.

Perché a queste persone toc-

ca gestire quotidianamente,

non solo la fatica oggettiva

della lettura e della scrittura,

ma ancor più spesso la diffi-

coltà relazionale con le altre

persone.

Nella vita di tutti i giorni,

infatti, ci si deve purtroppo

anche confrontare con la

propria autostima: la scuola

e i voti, i rapporti con i coe-

tanei che non sempre capi-

scono, i professori che a volte

faticano a gestire metodi di inse-

gnamento alternativi, i genitori

che perdono la pazienza.

E’ per questo che un dislessico

può anche vedere come un mon-

do lontano anni luce la notizia di

un premio Nobel come questo.

Allora diventa molto importante

ciò che ha dichiarato Dubochet in

una conferenza stampa dopo aver

ricevuto il Nobel 2017: “la mia

dislessia è stata individuata molti

anni fa da un responsabile scola-

stico, avevo 14 anni. I risultati,

durante tutto il liceo, erano pessi-

mi e con gli anni diventavano

sempre più pietosi in tutte le ma-

terie. Utilizzavo la dislessia per

giustificare la mia pigrizia. Ero

anche un po’ asociale, il mondo

non mi andava a genio… ma a-

desso non va male e ogni 10 anni

mi dico che va meglio”.

La sincerità di queste parole è un

messaggio molto concreto di vita

reale che lo fa avvicinare a tutti,

è la capacità di esprimere il dolo-

re che ha vissuto.

Ma è anche un messaggio di spe-

ranza per i bambini e i ragazzi

che possono guardare al loro fu-

turo con ottimismo e cercare di

superare gli inevitabili problemi

di autostima che derivano da dif-

ficoltà di questo tipo.

Il Carduccino 10

Un’estate da volontario

Aiutiamo le tartarughe marine

Nicolò Baglioni, 4B

F ino a pochi anni fa erano a

rischio di estinzione, ora invece si

calcolano oltre 70 mila esemplari

nel tratto di mare tra Trieste ed

Ancona. Sto parlando delle tarta-

rughe Caretta Caretta. La ricogni-

zione è stata fatta dalla Fondazio-

ne Cetacea Onlus che è

un’organizzazione senza scopo di

lucro, nata nel 1988 presso il Del-

finario di Riccione (diventato poi

Oltremare) con l’impegno di tute-

lare l’ecosistema marino, soprat-

tutto adriatico, attraverso attività

di divulgazione, educazione e con-

servazione. Dal 1994 gestisce un

ospedale per le tartarughe marine,

u n o d e i p i ù i m p o r t a n t i

dell’Adriatico. Dal 2008 si è sepa-

rata dal delfinario raggiungendo la

totale indipendenza. Si avvale del

prezioso contributo di biologi, ve-

terinari, naturalisti e volontari.

È attiva nel soccorso di animali in

difficoltà, soprattutto tartarughe

marine e cetacei. Nel Centro sono

state curate e restituite al mare so-

lo dal 2002 oltre 300 tartarughe

marine, con un incremen-

to notevole negli ultimi 8

anni. Il Centro, per

l’ospedalizzazione delle

tartarughe, è dotato di:

una vasca di riabilitazione

di 15.000 litri, collegata

con due vasche da 1000

litri, il tutto associato ad

un impianto di filtraggio,

UVB e riscaldamento; tre

vasche da 1500 litri con

impianto di filtraggio e

riscaldamento, una zona

inaccessibile al pubblico

con vasche di quarantena

e una vasca smontabile di

600 litri.

Questa estate ho avuto la

grandissima opportunità

di lavorare come volontario presso

di loro, la Fondazione infatti si

avvale per le sue attività del pre-

Il Carduccino 11

zioso aiuto di personale vo-

lontario che si adopera sia

durante le emergenze di

soccorso e recupero di tarta-

rughe e cetacei in difficoltà,

sia dell’alimentazione degli

animali ospedalizzati, per la

manutenzione delle vasche,

per la riabilitazione, per le

attività di raccolta fondi,

divulgazione, sensibilizza-

zione e conservazione

dell’ecosistema marino ol-

tre che di attività varie di

assistenza visitatori.

Tra giugno e settembre è

facile vedere le tartarughe,

oltre le 12 miglia, e special-

mente quando c’è il sole.

Mangiano alghe, meduse e granchi.

Ma sono golosissime anche di coz-

ze e vongole, e per questo motivo

una della zone di maggior concen-

trazione di tartarughe sono le aree

in cui sono presenti gli allevamenti

di mitili, una sorta di self service

per questi simpatici animali. Il ri-

schio però è che rimangano intrap-

polate nelle reti dei pescatori o che

ingeriscano un sacchetto di plastica

credendolo una medusa. E finisco-

no…all’ospedale.

Uno degli episodi più belli che mi

hanno raccontato durante la mia

permanenza presso il centro è stato

quello della tartaruga Quasimodo,

recuperata nel porto di Numana.

Quasimodo soffriva di una grave

menomazione: aveva il guscio in-

fossato a causa di un polmone atro-

fizzato. È rimasta nel centro per

quattro anni, dal giugno 2009 al

luglio 2013, finché hanno pensato

di costruirle una protesi in neopre-

ne (lo stesso materiale con cui ven-

gono realizzate le mute dei sub) che

le permettesse di galleggiare e di

poter tornare a vivere in mare. La

Fondazione ha costi altissimi: oltre

180 mila euro all’anno. Una mano

a sostenere queste specie animali

possiamo darla anche noi, donando

alla Fondazione. Quindi, al prossi-

mo Natale o compleanno fatevi un

regalo: adottate una tartaruga.

Il costo? Solo 50 euro.

Il Carduccino 12

Autore: Classe 2B

(21 studenti)

Prof.sse Cenacchi e Nave

26 e 27 settembre 2017

I l 26 settembre dopo aver

percorse strade impervie,

piene di curve e dal fondo

sconnesso, alle 10,30 arri-

viamo presso la Pro-Loco di Ba-

dia Tedalda, dove era fissato

l’incontro con le guide storico-

naturalistiche dell’Associazione

Costess di Jesi. Ci parlano della

costruzione della Linea Gotica,

linea di fortificazioni e cammi-

namenti per fermare l’avanzata

degli Alleati, sbarcati in Sicilia

nel 1943 dopo l’Armistizio. Si

tratta di una fascia di circa 20

Km di larghezza con diversi tipi

di bunker, trincee, casematte,

camminamenti che si sviluppa da

Massa Carrara fino a Pesaro. Vo-

luta da Hitler e chiamata Linea

Gotica per ricordare la grandezza

del popolo germanico, i Goti e fu

realizzata a partire dall’armistizio

1943 dalla TODD con utilizzo di

lavoratori coatti e prigionieri di

guerra.

Le guide che ci accompagnano

hanno creato il Parco storico del-

la Linea Gotica dal nulla. Passan-

do per caso da Badia Tedalda,

durante le escursioni in bicicletta

da loro organizzate nel tratto to-

scano e romagnolo della Linea,

incontrano alcuni residenti che

indicano loro resti di trincee e

bunker, ma soprattutto gli rac-

contano le esperienze vissute in

quel periodo di occupazione nazi-

sta.

Doriano e Andrea, appassionati

della storia di quel tratto di Italia,

decidono di invitare ad una riu-

nione in Pro Loco di Badia Te-

dalda tutti coloro che avevano

testimonianze da portare. Di

fronte ad una sala gremita, capi-

scono che si aprono di fronte a

loro nuove possibilità, decidono

quindi di perlustrare quei luoghi

protetti sulle montagne dell’Alpe

della Luna per cercare, accompa-

gnati dagli abitanti i luoghi della

memoria. Da quel momento na-

sce in loro il desiderio di unire le

bellezze della natura incontami-

nata di un parco integrale, con il

contributo della storia.

La Pro-loco di Badia Tedalda è

molto curata e presenta una Sala

conferenze grande e una mostra

espositiva sulle bellezze naturali

della zona.

Badia Tedalda possiede una

chiesetta dove sono custodite le

sculture, compreso l’altare, parti-

colarissime, in ceramica, dei Fra-

telli Robbi.

Con la guida dei nostri accompa-

gnatori saliamo sul monte Mac-

chione a circa 1000m, da dove si

gode di una vista spettacolare a

360 gradi, sulla valle. Scelto co-

me sede di postazioni di control-

lo da parte dei militari nazisti è

decisamente faticoso raggiungere

la vetta e questo ci fa comprende-

re le difficoltà di occupare quelle

postazioni e di nascondersi

dall’occhio del nemico.

In un’altra località non distante,

Cocchiola, risaliamo un alto po-

sto strategico, un’altura dove re-

stano tracce evidenti di trincee.

E dopo tanta fatica si va

all’albergo Bardeschi di Pratie-

ghi, un paesello di pochissime

anime. Nella sala da pranzo, che

adibiamo occasionalmente, a

palcoscenico, siamo protagonisti

della lettura della storia dei Fra-

telli Bimbi: il camino acceso,

crea un’atmosfera famigliare.

Alla scoperta della Linea Gotica

Il Carduccino 13

I Fratelli Bimbi erano due Partigia-

ni, più volte sfuggiti ai soldati tede-

schi, ma vittime di una vendetta,

che li ha visti torturati e poi fucilati

senza alcun processo.

L’albergo risulta molto ospitale e la

cucina molto curata, con deliziosi

piatti locali, serviti con grande gen-

tilezza.

Le signore che gestiscono l’albergo

ci hanno accolto con gioia e ci han-

no fatto sentire a casa. Di la

dall’albergo un bar con

biliardo e televisione.

Il giorno della partenza

per Montegridolfo, uno

dei più bei borghi d’ Ita-

lia; la visita al Museo

della linea dei Goti è

piacevole, ben organizza-

ta dall’educatrice Vanes-

sa, che insieme al Diret-

tore del Museo ci mostra

una grande simpatia. Il

laboratorio proposto su

obblighi e divieti durante

l’occupazione è interes-

sante per la grande ric-

chezza di documenti sto-

rici che consultiamo per

creare il nostro cartellone

divisi in gruppi: vietato

usare il mantello, la bici-

cletta, parlare straniero, non dichia-

rare il numero di animali da alleva-

mento posseduti,… proiettare al

cinema film di registi americani o

ebrei.

I l p r a n z o a l l ’ O s t e r i a

dell’Accademia, proprio sopra il

museo è generoso: piadina, salumi

e formaggi a volontà per una modi-

ca cifra. Il paesaggio oltre il muret-

to è mozzafiato.

Alle 13,30 partenza per Sarsina,

Arianna ci aspetta per

la visita all’ azienda

erboristica BIO RE-

MEDIA sulle colline.

Per rispetto verso la

natura possiamo sol-

tanto salire a piedi con

una camminata di cir-

ca mezz’ora. Coltiva-

zioni naturali di erbe e

alberi da frutta rendo-

no questo posto un

paradiso terrestre.

Forse Adamo ed Eva

hanno vissuto in un

posto simile. L’olfatto

gode dei profumi del-

le piante, ma anche la

vista e il gusto: la me-

renda a base di pane integrale, olio

ed erbe aromatiche è veramente

gradita, accompagnata da tisane e

acqua di sorgente.

La discesa veloce nel bosco ci riac-

compagna all’autobus per il ritorno,

pieni ed appagati da quella natura

incontaminata, che porta ancora il

dolore della guerra passata.

Il Carduccino 14

Jacopo Punzetti, 4F

“O tto persone nel

mondo possie-

dono la ric-

chezza della

metà più povera della popolazio-

ne mondiale. Intanto, ogni gior-

no, una persona su nove va a let-

to affamata. E ci sorprendiamo

ancora del fatto che sempre più

persone decidano di intraprende-

re viaggi pericolosi in cerca di

un futuro migliore?” Queste sono

le parole del fondatore

dell’associazione no profit di E-

mergency Gino Strada, che nella

giornata di giovedì 9 novembre

ha tenuto una video conferenza,

intitolata “La guerra è il mio ne-

mico”.

Alla conferenza

hanno partecipato

anche: Rossella

Miccio, Presidente

di Emergency, che

ha parlato di come

ognuno di noi possa

dare un contributo

fondamentale alla

lotta contro la guer-

ra, con i propri so-

gni e le proprie a-

spirazioni; il foto-

grafo britannico Gi-

les Duley, che do-

cumenta le atrocità

di molte guerre nel

mondo, avendo per-

so nel 2011, una

gamba e un braccio in Afghani-

stan, per aver calpestato una mina

anti uomo; Alaa Arsheed, fuggito

dalla guerra in Siria grazie alla

musica e alla passione per il vio-

lino e infine Francesca Mannoc-

chi, reporter di guerra, impegnata

a raccontare notizie, fatti dei

principali conflitti degli ultimi

anni.

I partecipanti erano oltre 25.000,

tra studenti e docenti, da 110 sale

cinematografiche di tutta Italia,

per conoscere le storie e gli effet-

ti di chi ha vissuto in prima per-

sona la guerra.

Emergency è un’organizzazione

umanitaria e indipendente nata in

Italia. Offre cure medico-

chirurgiche gratuite e di elevata

qualità alle vittime della guerra,

colpite dalle mine anti uomo e

dalla povertà. Promuove una cul-

tura di pace, solidarietà e rispetto

dell’essere umano.

L’incontro ha voluto mettere in

luce la follia della guerra e le sue

catastrofiche conseguenze in ter-

mini di perdite umane oltre che

economiche.

È importante ripensare a una di-

stribuzione ragionevole, più equa

e più giusta delle risorse, per un

mondo fondato sui diritti umani.

Il 9 Novembre a Milano, in casa Emergency

Videoconferenza con Gino Strada

Il Carduccino 15

INSETTI PER PRANZO: ECCO IL CIBO DEL FUTURO

SARANNO UN'ALTERNATIVA ALLA CARNE E AL PESCE

Cristiano Chinaglia,

Zoe Ferreri, 2B

R aggiungeremo circa 11

miliardi entro secolo e

a sfamare così tante

persone non basteran-

no di certo bestiame e verdure.

Per questo si stimolano gli occi-

dentali ad iniziare ad inserire in-

setti nella normale dieta alimenta-

re. Oggi nel mondo almeno due

miliardi di persone mangiano in-

setti. Questa nuova dieta è chia-

mata entomofagia ovvero il con-

sumo di insetti da parte

dell’uomo, essa ha catturato la

curiosità di molti cuochi e perso-

naggi dell’industria alimentare.

Cicale lesse, larve di api, cavallet-

te fritte, grilli salati… Gli insetti,

con le loro qualità alimentari, so-

no il passato e il futuro dell'ali-

mentazione. Ecco perchè dovrem-

mo iniziare a considerarli una

buona alternativa a carne e pesce.

L'arrivo del grillo fritto e del cole-

ottero lesso nei nostri menù non è

così lontano nel futuro e l'ostacolo

è soltanto culturale.

L'aragosta, secondo

le ricerche presen-

tate alla Society

For Interrogative

and Comparative

Biology, è una cu-

gina degli insetti e

lei stessa pare un

insetto gigante do-

tato di zampe e di

antenne. In 112

Nazioni al mondo,

soprattutto in Afri-

ca, America, Australia, Asia e Pa-

cifico, cioè per circa 2 miliardi di

esseri umani, gli insetti di quasi

1.900 specie rappresentano una

grossa fetta della dieta quotidiana.

E anche in Europa, ristoranti co-

me l'Arcipelago di

Londra, lo Spekta-

kel di Hoorlem nei

Paesi Bassi, il Ne-

ver Never Land di

Berlino e il Monitov

di Francoforte,

comprendono nel

menù pietanze a

base di questi ani-

mali. I cultori so-

stengono che le lo-

custe, saltate con

aglio, limone e sale, sanno di

gambero; le tarme della farina

hanno il gusto di nocciole tostate,

quanto ai grilli ricordano i pop-

corn… Un mondo di sapori tutto

da scoprire. Gli insetti contengo-

no tantissime proteine nobili, ma

per ora, in Italia sono vietate sia la

produzione sia l'importazione di

essi.

Gli insetti inquinano meno di

qualsiasi altro animale da alleva-

mento: producono meno gas serra

e ammoniaca, occupano minor

spazio, richiedono meno acqua,

cibo e soprattutto riciclano le bio-

masse di scarto. Se poi si misura

il meteorismo animale, responsa-

bile del 20% dei gas serra, i suini

producono da 10 a 100 volte più

gas per Kg di peso rispetto ai ver-

mi della farina.

Forse molti non sanno che la

gommalacca, una resina secreta

da un insetto, la kerria lacca, vie-

ne usata per glassare dolciumi,

lucidare pillole, caramelle, gom-

me da masticare e per cerare la

frutta; la cocciniglia, un colorante

rosso tipico della zuppa inglese e

dell’alchermes, si ricava macinan-

do il carapace di alcuni parassiti

del cactus.

Insomma, la decisione è sempre

più convinta, presto troveremo

confezioni di insetti nei reparti del

supermercato.

Il Carduccino 16

COLLETTA ALIMENTARE È STATA UNA BELLA ESPERIENZA PER AIUTARE I PIÚ BISOGNOSI

Sofia Corelli, 4B

R ISO, TONNO

E FAGIOLI

QUESTI SONO I PRODOT-

TI PIÚ DONATI DURANTE

LA COLLETTA ALIMEN-

TARE. I CITTADINI DI

FERRARA E PROVINCIA

SONO STATI IN-

VITATI A DONA-

RE UNA PARTE

DELLA LORO

SPESA AI POVE-

RI.

QUESTA INZIATI-

VA È STATA PRO-

POSTA DALLA

“FONDAZIONE

BANCO ALIMEN-

TARE”.

LUNGO L’ARCO

D I Q U E S T A

GIORNATA IN

QUASI TUTTI I

SUPERMERCA-

TI C’ERANO

V O L O N T A R I

CHE DISTRI-

BUIVANO L’

O P U S C O L O

CON LE INDI-

CAZIONI E IL

SACHETTO DI

PLASTICA. DU-

RANTE QUESTA

PROPOSTA SO-

CIALE IL MIO

COMPITO ERA

QUELLO DI A-

IUTARE IL CAPO SCOUT

A DISTRIBUIRE I VOLAN-

TINI E I SACCHETTI.

QUANDO LE PERSONE

USCIVANO DAL SUPER-

MERCATO ED AVEVANO

ACQUISTATO I PRODOT-

TI IDONEI PER IL

BANCO ALIMEN-

TARE, CHE DOVE-

VANO ESSERE AR-

TICOLI A LUNGA

CONSERVAZIONE

O PER L’IGIENE

PERSONALE, IO LI

M E T T E V O

NELL’APPOSITO

SCATOLONE.

È STATA UN ESPE-

RIENZA POSITIVA

E DI CRESCITA

PERSONALE.

Il Carduccino 16 Il Carduccino 17

L’ibernazione:

un progresso scientifico senza precedenti Con il congelamento si potrà guarire dalle malattie e vedere il futuro dell’umanità

Lorenzo Fioresi, 3F

L’ uomo si è sempre

interrogato su come

il mondo possa esse-

re fra centinaia di

anni e se esiste una cura per le ma-

lattie dei nostri tempi. Questo so-

gno, che fino a qualche decennio

fa sembrava un’utopia, sta per di-

ventare realtà mediante la tecnica

dell’ibernazione. La pratica in

questione, detta anche sospensione

crionica o ipotermia allo stato soli-

do, consiste nel congelare il corpo

di un individuo morto entro

mezz’ora dal decesso ad una tem-

peratura di -195°C, che deve rima-

nere costante nel tempo. Il proces-

so di congelamento è attuato pres-

so alcune società specializzate,

come l’istituto Alcor

ed il Cryonic negli

Stati Uniti e la Cryo-

rus in Russia, e ri-

chiede costi elevatis-

simi, che vanno dai

200 mila dollari circa

per la conservazione

dell’intero corpo a 80

mila dollari per il solo

congelamento della

testa. Ad oggi sono

circa 370 le persone

che si sono fatte iber-

nare, delle quali 8

sono italiani, e altre

2000 persone hanno già un con-

tratto per essere ibernate dopo la

morte. La prima persona “sotto

ghiaccio” è stata la statunitense

James Bedfor nel 1967, mentre la

persona più giovane è una bambi-

na di due anni malata di tumore al

cervello. Mentre l’ibernazione

prodotta artificialmente esiste solo

da qualche decennio, in natura esi-

ste da sempre un fenomeno analo-

go: infatti sono stati rinvenuti i

corpi congelati di molti animali

preistorici, tra i

quali un mam-

mut di 12400

anni fa, ma an-

che di esseri u-

mani, come ad

esempio il cada-

vere di Otzi, risa-

lente a 5000 anni

fa. Interessante è

anche il fatto che

sono stati ritro-

vati i corpi con-

servati di una

coppia svizzera

scomparsa 75

anni fa su un ghiacciaio, e il corpo

di un soldato italiano della Prima

Guerra Mondiale in Trentino a

3000 metri di quota. Il sistema ar-

tificiale di ibernazione però non è

detto che funzioni: è certo infatti

che il congelamento danneggia le

cellule umane in maniera profonda

e irreversibile; inoltre si tratta co-

munque di persone che sono mor-

te, e la scommessa di riportare in

vita organismi che hanno smesso

di vivere è alquanto irrealistica.

Il Carduccino 18

Il 21 ottobre al Teatro Nuovo di Ferrara intervista ad Ambra Angiolini

I ragazzi del Liceo Carducci a tu per tu con l’attrice

Giulia Dosso, 4B

“S ono diventata

attrice un po’ per

caso” è così che

ha risposto Am-

bra Angiolini alla sua prima do-

manda. La donna ha una carriera

alle spalle molto vasta, molti la

ricordano in “Non è la Rai” ma la

sua prima vera esperienza lavora-

tiva è stata in “Saturno contro”

film con il quale ha avuto diversi

riconoscimenti; dopo quel film il

suo successo non si è più ferma-

to.

Cosa ti ha spinto a intrapren-

dere la carriera di attrice?

“Io nasco come ballerina, fin da

piccola ho sempre amato ballare

ed esibirmi, non ho mai desidera-

to fare l’attrice diciamo piuttosto

che è stato il destino a scegliere

questa strada per me. La passione

per la recitazione è nata grazie

all’amore che ho sempre provato

per il teatro e inizialmente recita-

vo semplicemente perché mi ren-

deva felice; non ho mai pensato

che questo sarebbe potuto diven-

tare il mio lavoro e che sarei riu-

scita a ricavarne una forma di

guadagno e di grande crescita

personale.”

Nella trasmissione “Non è la

Rai” hai lavorato insieme a un

grande della televisione italiana

come Gianni Boncompagni, co-

s a t i h a l a s c i a t o

quell’esperienza?

“ Forse all’epoca ero ancora trop-

po giovane per comprendere

quanto quella trasmissione mi

avesse fatto crescere sia umana-

mente sia artisticamente. Gianni

Boncompagni per me è stato un

Maestro, lui mi ha insegnato i

segreti del mestiere, infondendo

in me grande sicurezza e corag-

gio”.

Perché hai deciso di accettare

la parte di Barbara Rose nello

spettacolo che state portando in

scena nelle diverse città italia-

ne?

“Quando il regista mi ha propo-

sto questo ruolo ho subito accet-

tato. Ho sempre amato il roman-

zo “La guerra dei Roses” dal qua-

le è ispirato il nostro copione. Mi

sento onorata di interpretare un

personaggio così complesso co-

me Barbara Rose, ritengo che

tutti dovrebbero leggere almeno

una volta nella vita il romanzo

originale scritto da Warren Adler,

proprio per la tematica importan-

te che tratta: le separazioni. In

questo romanzo come nel nostro

spettacolo, possiamo vedere co-

me la forza immensa dell’amore

si trasformi in odio portando la

gente a farsi del male senza nes-

suna ragione in particolare. Ri-

tengo che portarlo in scena sia un

modo per fare conoscere alle per-

sone come una separazione possa

degenerare, spingendo i due co-

niugi a odiarsi profondamente

causando il male di un individuo

che prima si era amato”.

Cosa ci puoi raccontare di que-

sta rappresentazione teatrale?

“È uno spettacolo che parte dallo

studio impegnativo sulle relazio-

ni, il nostro obiettivo era quello

di giocare con il copione ma per

farlo abbiamo dovuto approfon-

dire molto l’argomento. Personal-

mente ritengo che solo le persone

che conoscono il romanzo a cui si

è ispirata la nostra rappresenta-

zione, possono comprendere ap-

pieno le battute e perciò divertirsi

insieme a noi. Per adesso il pub-

blico sta reagendo positivamente

e ogni sera percepiamo il forte

calore che ci da, mi auguro viva-

mente che possa continuare co-

sì”.

E’ la tua prima volta a Ferra-

ra oppure avevi già visitato

questa città?

“No, purtroppo è la mia prima

volta, e dico purtroppo perché

mi sembra una città molto bella

da visitare. Quando sono in tour-

ne, io e il resto degli attori, non

abbiamo molto tempo per fare

un giro turistico delle città che ci

ospitano, anche se questa volta

mi sarebbe molto piaciuto”.

Il Carduccino 19 Il Carduccino 19

Al Teatro Nuovo messa in scena la “Guerra dei Roses”

Amore e odio per i coniugi Rose

Giulia Dosso, 4B

G li studenti del Liceo

“G. Carducci” hanno

intervistato Matteo Cremon per

saperne di più sul suo nuovo ruo-

lo teatrale.

Una storia folle, passionale e

complicata, sono queste le carat-

teristiche del nuovo spettacolo

diretto da Filippo Dini e rappre-

sentato da Ambra Angiolini e

Matteo Cremon che vestono i

ruoli principali. Il protagonista

maschile ci racconta cosa ne pen-

sa di questo nuovo spettacolo

parlandoci anche degli esordi del-

la sua carriera.

Come è nata la tua passione per

la recitazione?

“Non penso che sia mai nata una

vera passione, diciamo più che

altro che ha sempre fatto parte di

me. Già da bambino sapevo che

il mio mondo era il palcoscenico

luogo che mi ha sempre reso feli-

ce e messo a mio agio. Durante il

corso della mia vita recitare era

diventata per me un’esigenza,

così, dopo il diploma, ho iniziato

a frequentare una scuola d’arte a

Genova e dopo tre anni di studio

ho iniziato a lavorare. Oggi sono

orgoglioso delle mie scelte per-

ché mi hanno portato a fare qual-

cosa che amo veramente.”

Durante la tua carriera lavora-

tiva hai sempre fatto molto tea-

tro e poco cinema, vi è una ra-

gione particolare?

“No, per quanto mi riguarda pre-

ferisco il teatro perché, appunto,

amo stare sul palco e sentire il

pubblico vicino a me durante

l’esibizione. Ovviamente però se

mi si presentasse l’occasione di

poter lavorare nel mondo del ci-

nema o della televisione non po-

trei rinunciare. Quindi per adesso

sono molto aperto alle sfide e

spero di riuscire a lavorare in

qualsiasi settore della recitazio-

ne.”

Parlando dello spettacolo la

guerra dei Roses, cosa ti ha

portato ad accettare la parte?

“È un dramma stupendo e la stes-

sa cosa vale per il copione che è

davvero bellissimo. Il testo parla

e tratta di sentimenti importanti

come l’amore e l’odio. Inoltre la

relazione di coppia presente tra il

mio personaggio e quello di Am-

bra è davvero complicata e credo

che sia proprio questo a rendere

la storia così interessante. Perciò

appena ho letto la sceneggiatura

mi sono subito innamorato del

personaggio di Oliver Rose e ho

dato la mia disponibilità a pren-

dere parte a questa avventura.”

L’opera teatrale quanto rispec-

chia il film originale della guer-

ra dei Roses?

“Il nostro copione è ispirato ov-

viamente al film ma sono presen-

ti anche molte diversità che a mio

parere rendono il nostro spettaco-

lo ancora più comunicativo ed

espressivo. Abbiamo qualche ri-

ferimento preciso all’originale

come ad esempio lo stesso lam-

padario, ma è stato inevitabile

scrivere un copione e mettere in

scena una esibi-

zione diversa

dalla pellicola. Il

nostro obiettivo

era quello di fare

conoscere la sto-

ria dei due coniu-

gi Rose ma an-

che quello di da-

re vita a qualcosa

di nuovo e mai

visto prima.”

Quale rapporto

è nato con i tuoi

colleghi?

“Sono entusiasta dell’amicizia

che si è instaurata tra me e il re-

sto del cast, lavoro con dei veri

professionisti dai quali sto impa-

rando molto. Penso che ci debba

essere dell’alchimia tra gli attori

per riuscire a portare in scena un

buon spettacolo e noi ci siamo

riusciti. Ogni sera il teatro è sem-

pre pieno e al termine

dell’esibizione percepiamo quan-

to il pubblico abbia apprezzato e

questo oltre a renderci molto or-

gogliosi ci fa capire che stiamo

lavorando bene.”

Il Carduccino 20 Il Carduccino 20

Alice Manferdini, 4B

“P rima di tutto per

me l’Hip Hop è

una cultura, un

modo di essere,

un modo di vivere”; queste sono

le parole del famoso coreografo e

ballerino belga Little Phil con le

quali intende riassumere cos’è

questo stile di danza prediletto

oggi tra i giovani. La cultura Hip

Hop è relativamente recente e

risale più o meno al 1970 quando

il sindaco di New York ha fatto-

approvare una modifica al conte-

sto urbano della città: tutte le per-

sone di origine afroamericana

hanno dovuto abbandonare le

loro abitazioni per trasferirsi nel

South Bronx. Questo fatto ha se-

gnato l’inizio di una catena di

ribellioni che caratterizzeranno il

decennio. In questa zona della

città la popolazione viveva in

condizioni difficili: violenza,

droga, abbandono e povertà era-

no il fattor comune a tutti. Ma in

questo clima di criminalità, ogni

singolo quartiere diventava una

sorta di rifugio a scopo difensivo.

Le persone hanno iniziato a gira-

re in gruppo, in un primo tempo

solo per questioni estetiche e suc-

cessivamente per questioni di

sicurezza e sopravvivenza. Sono

nate in questo modo le cosiddette

GANG, che erano rivali tra di

loro. Nonostante la loro unione,

nel 1974 esse hanno iniziato a

sciogliersi a causa della droga;

questo fatto segnò molti gruppi

tanto che decisero per la prima

volta di unirsi con un obiettivo in

comune: combattere quella so-

stanza che tanto spopolava tra i

giovani. Questa nuova iniziativa

portò alla nascita delle Street

Crew. Al contrario delle gang,

questa nuova organizzazione era

formata da persone accomunate

dagli stessi interessi, obiettivi e

stati d’animo; ben presto sono

diventate vere e proprie famiglie.

All’interno delle Crew iniziò a

diffondersi la consuetudine di

ballare per strada sfidandosi: nac-

que così l’Hip-Hop, che veniva

eseguito dagli “street dancers”: i

ballerini di strada. Questo perché

si ritrovavano lungo le strade a

ballare, mettendosi in cerchio e

canzonandosi a vicenda. Il com-

battimento quindi, si trasformava

in una sfida che è diventato poi il

cuore dell’Hip-Hop. Ancora oggi

esiste questo modo di ballare che

è il succo dello stile in questione;

viene chiamato “free style” ovve-

ro stile libero, perché l’individuo

che entra nel famoso cerchio, im-

provvisa movimenti e gesti su

canzoni a lui sconosciute. L’Hip-

Hop inoltre, è formato da quattro

elementi fondamentali: il Mcing,

la categoria che comprende i

rapper, il Djing, l’insieme dei Dj,

ovvero coloro che preparano le

basi musicali, il Writing, espres-

sione di creatività e fantasia, so-

no quelli che disegnano i cosid-

detti graffiti, ed infine il Brea-

Hip-Hop: la danza più popolare tra i giovani

Tra storia e cultura, vediamo la nascita e l’evoluzione di questo stile di ballo che continua ad

appassionare ragazzi e ragazze provenienti da tutto il mondo

Il Carduccino 21 Il Carduccino 21

king, formato dai B-Boy, ballerini

che compiono spettacolari acroba-

zie. Questo stile, insieme al Pop-

ping (contrazione rapida e succes-

sivo rilassamento dei muscoli), al

Locking (composto da movimenti

fluidi delle gambe in opposizione

a gesti distinti e veloci delle brac-

cia), e all’Uprock (simulazione di

un combattimento senza scontro

fisico tra i due avversari), sono

considerate le basi dell’Hip-Hop.

Oggi invece parliamo di New

Style per intendere per l’appunto,

i nuovi stili che si sono venuti a

creare: l’House (passi veloci dei

piedi) ed il Waacking (movenze

femminili ed eleganti), sono gli

esempi più noti. In Italia, grazie

ad una nuova esposizione media-

tica, si parla sempre di più di Hip

Hop anche se continua ad essere

considerato in maniera molto dif-

ferente rispetto al metodo

d’insegnamento americano; in

compenso grazie alle numerose

accademie presenti sul nostro ter-

ritorio, molti ballerini e coreografi

famosi a livello mondiale, svolgo-

no i cosiddetti “workshop” duran-

te i quali è possibile imparare

nuove tecniche dell’Hip Hop tra

le più moderne. Oggi le crew più

influenti sono: i Kinjaz, i Jabba-

WockeeZ e la Royal Family che

continuano ad emozionare grazie

alle loro coreografie piene di si-

gnificato, in grado di trasmettere

grandissime emozioni; perché

l’Hip-Hop, prima di essere un ti-

po di danza, è una modalità di

espressione.

Damiani Chiara,

Pavanini Ludovica

Barbieri Beatrice, 3L

“I o sono diversa, ma

vorrei dimostrare a

tutti che so fare un

sacco di cose” afferma

Mélanie Ségard, in un’intervista

che ha rilasciato. La ragazza, fran-

cese ventunenne affetta da Sindro-

me di Down, ha coronato il suo so-

gno di presentatrice davanti a 5 mi-

lioni di spettatori.

A metà marzo 2017, questa ragazza

tanto ambiziosa è apparsa in TV e,

con grande entusiasmo ha condotto

le previsioni del tempo sul canale

nazionale “France 2”.

La sua missione è iniziata a febbra-

io 2017 quando ha lanciato la sua

sfida personale su Facebook al gri-

do di “Mélanie ce la può fare!”.

D’accordo con l’emittente televisi-

va, le porte degli studi televisivi

sarebbero state per lei aperte se a-

vesse raggiunto i centomila like, da

l e i am p i a m en t e s u p e r a t i .

L’associazione Unapei (per una

società inclusiva e solidale) l’ha

sostenuta e ha voluto lanciare

un’immagine positiva della Sindro-

me.

In occasione della Giornata mon-

diale della Sindrome di Down, il

giorno 21 marzo, Mélanie ha con-

dotto il meteo. Sono stati usati dise-

gni raffiguranti nuvole, soli e om-

brelli per aiutarla,

perché Mélanie

non è in grado né

di leggere, né di

scrivere. Più di

una volta la ra-

gazza è stata

chiamata in tele-

visione e grazie a

lei è stato rag-

giunto il record

di oltre 5 milioni di ascolti in una

stagione.

Mélanie è riuscita a sensibilizzare

alle differenze il pubblico che ha

dato così un piccolo contributo e le

ha permesso di rendere possibile il

suo più grande desiderio. Mélanie è

stata considerata come qualsiasi

altra persona, in una società più

aperta all’integrazione e al sostegno

di tutti, che le ha offerto le stesse

possibilità.

Lei è un significativo esempio per i

ragazzi che non sono riusciti a rea-

lizzare i propri sogni:

Mélanie ce l’ha fatta!

Disabilità: Mélanie Ségard corona il suo sogno Grazie a una campagna su Facebook e alla sua tenacia, Mélanie ce l’ha fatta!

Il Carduccino 22

Al Teatro Nuovo di Ferrara, sabato 18 Novembre

IL RINASCIMENTO DI MICHELANGELO Vittorio Sgarbi mette in scena l’arte

Alice Piccinini, 5N

Foto di Margherita

Mihalachi, 5A

B ellezza, espressività e

immortalità, sono que-

sti gli ingredienti dello

spettacolo presentato il

18 Novembre a Ferrara da Vittorio

Sgarbi che, con la sua autentica e

vibrante passione, ci ha fatto risco-

prire con occhi nuovi il periodo

forse più maestoso della storia

dell’arte: il Rinascimento. E quale

esponente più significativo di Mi-

chelangelo poteva scegliere per

compiere questa impresa? Le

proiezioni del visual artist Tom-

maso Arosio, peraltro erano ac-

compagnate da una colonna sono-

ra interpretata dal violinista Valen-

tino Corvino, hanno contribuito a

rendere più “magica” l’atmosfera.

Al termine della serata abbiamo

rivolto a Sgarbi alcune domande:

Secondo lei quale/i aspetto/i del-

la vita umana ha/hanno caratte-

rizzato di più la produzione arti-

stica del Rinascimento? E per-

ché?

“Sicuramente un aspetto determi-

nante lo ha avuto la religione, ma

non perché l’arte rinascimentale

sia puramente religiosa, bensì per-

ché attraverso soggetti che richia-

mano il sacro si è arrivati a defini-

re un’idea di bellezza e di civiltà

che sono “materiali”. Gli esempi

di connotazione cristiana vanno

dall’arte bizantina fino alla fine

dell’Ottocento ed esprimono una

civiltà artistica oggettiva. Anche

se le immagini erano per lo più

bibliche, nelle opere rinascimenta-

li si può cogliere anche un aspetto

laico in un certo senso. I capolavo-

ri che sono stati realizzati nel Ri-

nascimento vengono considerati

tali indipendentemente dal fatto

che siano di carattere religioso.”

Secondo lei la nostra società ha

perso quei valori che rappresen-

tavano il Rinascimento?

Il Carduccino 23

L’unica cosa che anche in passato

creava una sorta di ancora di sal-

vezza tra le contrapposizioni poli-

tiche e sociali era l’arte e se la eli-

miniamo, ogni tentativo di espres-

sione dell’anima e del carattere

rivoluzionario che risiede dentro

ognuno di noi verrà

annegato dalla paura che questo

secolo tenta di infonderci. Credo,

ad esempio, che non potrebbe es-

serci nessun Michelangelo, nessun

Raffaello oggi e se ci fosse nessu-

no vedrebbe il suo “genio”.”

Cosa propone per aumentare

l’interesse per l’arte nei giovani?

“Credo che la scuola abbia sempre

un ruolo imprescindibile

nell’apprendimento della storia

dell’arte, anche se dipende molto,

se non tutto, dal tipo di insegnante

e dal modo in cui questi riesce a

trasmettere il proprio sapere, la

propria passione. I giovani sem-

brano sempre attratti da ciò che è

più vicino a loro, non a caso l’arte

contemporanea è la più apprezza-

ta. Forse la televisione potrebbe

avere un ruolo fondamentale nella

diffusione del sapere, soprattutto

per ragazzi e ragazze che vedono

lo studio di questa materia poco

interessante o addirittura inutile.”

C’è un artista che più di altri è

riuscito a coinvolgerla personal-

mente?

“No, definire un autore come “il

preferito” significa che si ignorano

tutti gli altri. Più impari e meno

prediligi perché conoscere ti fa

trovare meraviglioso anche un au-

tore minore: se sono costretto a

scegliere trovo che non ci sia nien-

te di meglio di Cosmè Tura, anche

se nessuno lo potrebbe considerare

al pari di Modigliani. Tutti hanno

l’abitudine di valutare in base a

quello che viene imposto come

bellezza consolidata, ma io questa

cosa non ce l’ho. La preferenza

dipende da un difetto

dell’osservatore, non dall’opera:

sei tu a possedere una declinazione

che ti fa preferire quel qualcosa.”

Crede che Ferrara nel suo picco-

lo possa vivere un Rinascimen-

to?

“Credo che Ferrara lo abbia già, in

un certo senso: penso che quel

qualcosa che abbia fatto

“rinascere” la città sia la

promozione della SPAL

in serie A. Ho sempre

considerato Ferrara come

una città morta, nonostan-

te sia ricca di tesori e pos-

sieda un patrimonio arti-

stico eccellente. Una volta

il Rinascimento a Ferrara

era Cosmè Tura, Dosso

Dossi, adesso è la SPAL

in serie A e non posso

fare a meno di compiacer-

mene.”

Il Liceo Carducci Il Liceo Carducci per: per:

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