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edi . ermes per la formazione Corso di formazione in IDROKINESITERAPIA Milano - 20-22 maggio 2005 Casa di cura privata del Policlinico, via G. Dezza 48 Direzione scientifica dott. Sergio Rigardo (Acqui Terme - AL) Segreteria scientifica Roberto Manzoni (Asti), Milco Zanazzo (Milano) edi . ermes Viale Enrico Forlanini, 65 - 20134 Milano Tel. 02.70.21.12.74 - Fax 02.70.21.12.83 E-mail: [email protected] - www.ediacademy.it Certificazione TÜV Italia n. 501004518 EDI Academy

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Corso di formazione in

IDROKINESITERAPIAMilano - 20-22 maggio 2005

Casa di cura privata del Policlinico, via G. Dezza 48

Direzione scientificadott. Sergio Rigardo (Acqui Terme - AL)

Segreteria scientificaRoberto Manzoni (Asti), Milco Zanazzo (Milano)

edi.ermesViale Enrico Forlanini, 65 - 20134 MilanoTel. 02.70.21.12.74 - Fax 02.70.21.12.83

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2 CORSO DI FORMAZIONE IN IDROKINESITERAPIA

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Indice delle relazioniFisiologia umana in acqua - Sergio RigardoL’attivazione neuromuscolare in acqua - Sergio RigardoLa microgravità - Luigi CeruttiL’idrokinesiterapia - Sergio RigardoLa storia dell’idrokinesiterapia - Milco ZanazzoIdrologia medica, termalismo e talassoterapia - Costantino MiravalleL’impianto di idrokinesiterapia: costruzione e gestione - Domenico Ivano PelosinIl trattamento dell’acqua: clorazione e filtrazione - Domenico Ivano PelosinIdrokinesiterapia: confini legislativi e opportunità di mercato - Umberto CerriAspetti psicologici legati all’immersione - Claudia DestefanisLe ferite chirurgiche in acqua - Coretta SpallaAcquaticità e galleggiamento - Elena NegroLa gestione del paziente in acqua - Elena NegroPatologie del rachide e idrokinesiterapia - Luigi CeruttiUn possibile modello di idrokinesiterapia per il trattamento delle patologie delrachide - Cristina BrunelliLa riatletizzazione in acqua - Roberto ManzoniEBM e idrokinesiterapia - Andrea FogliaPatologie dell’arto superiore e idrokinesiterapia - Elena NegroPatologie dell’anca e idrokinesiterapia - Elena NegroPatologie del ginocchio e idrokinesiterapia - Michele Massimo MarzanoPatologie della caviglia e idrokinesiterapia - Michele Massimo MarzanoPatologie muscolari e idrokinesiterapia - Stefano VimercatiNeurofisiopatologia elementare - Luisa PietrasantaGestione del paziente neurologico in acqua - Sergio RigardoIdrokinesiterapia per il paziente neurologico - Sergio Rigardol’idrokinesiterapia nel percorso terapeutico - Sergio Rigardo, Roberto Manzoni,Milco Zanazzo

Abstract delle relazioni 3

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Fisiologia umana in acquae idrokinesiterapia

Sergio Rigardo

La riabilitazione in acqua è una tecnica raffinata che nasce dalle esperienze rie-ducative a secco, integrandole, completandole e spesso perfezionandole. Comequeste, essa deve essere studiata e applicata solo dopo avere preso coscienzadelle sue potenzialità, altrimenti se ne riduce il potenziale terapeutico e si esal-tano gli aspetti negativi.

Per poter capire e successivamente utilizzare a pieno i principi dell’idrokinesi-terapia è necessario quindi acquisire una conoscenza delle proprietà fisiche del-l’acqua, particolarmente in relazione al concetto di materia.

Qualsiasi cosa che occupa spazio è conosciuta come materia. Essa è compostadi molecole che, a loro volta, sono costituite da atomi. Ogni sostanza esiste in treforme: solida, liquida, gassosa. L’acqua è un esempio di materia che può esiste-re in tutte e tre le forme, allo stato di ghiaccio, liquido e vapore. Sotto 0 °C (32 °F)l’acqua è solida, tra 0 °C (32 °F) e 100 °C (212 °F) è liquida, e sopra 100 °C (212°F) gassosa.

Proprietà fisiche dell’acqua

Come tutte altre le forme della materia, l’acqua ha determinate proprietà fisi-che che includono: massa, densità, peso specifico, galleggiabilità, pressione idro-statica, tensione superficiale, rifrazione e viscosità.

MassaLa massa di una sostanza è la quantità di materiale in essa compresa.

PesoIl peso di una sostanza è la forza con cui questa è attratta verso il centro della

Terra.

Relazione tra massa e peso. La massa è inalterabile ed è misurata in chilogrammi.Il peso è l’effetto della gravità sulla massa; esso cambia secondo la posizione diun corpo in relazione alla Terra. L’unità di misura utilizzata è il newton (N) e 1newton è la forza che, agendo su una massa di 1 kg s, genera una velocità di 1m/s:

P = Ma

dove P = peso, M = massa e a = accelerazione dovuta alla gravità. La forza di gra-vità è approssimativamente 9,81 m/s2. Una massa di 1 kg ha un peso di 9,81 N.

Abstract delle relazioni 5

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DensitàLa densità di una sostanza è il rapporto tra la sua massa e il suo volume:

densità = massavolume

La massa per unità di volume è espressa come grammi per centimetri cubi(g/cm3) o chilogrammi per metro cubo (kg/m3). L’acqua è più densa a 4 °C (39,2°F). Essa si dilata sia a più alte sia a più basse temperature e perciò il ghiaccio èmeno denso dell’acqua e galleggia. La densità del ghiaccio è 920 kg/m3, quelladel ferro 7.700 kg/m3, quella del legno 750 kg/m3. La densità media del corpoumano è di 950 kg/m3. Le sostanze disciolte incrementano la densità dell’acqua;perciò, l’acqua marina, per esempio, è più densa (1.024 kg/m3) dell’acqua pura(1.000 kg/m3).

Peso specifico (densità relativa)La densità relativa, o peso specifico, di una sostanza è il rapporto tra la massa

di un volume dato della sostanza e la massa dello stesso volume di acqua. Ladensità relativa dell’acqua pura è 1; un corpo con un peso specifico minore di 1galleggerà, mentre un corpo con un peso specifico maggiore di 1 affonderà inacqua.

GalleggiabilitàTra le leggi della fisica che chi utilizza l’idrokinesiterapia deve studiare e appli-

care, quelle della galleggiabilità (principio di Archimede) e della pressione idro-statica (legge di Pascal) sono le più importanti.

Principio di Archimede

Il principio di Archimede stabilisce che quando un corpo è totalmente o par-zialmente immerso in un fluido provoca una spinta in sollevamento uguale alpeso del fluido spostato. Perciò, se un corpo ha una peso specifico minore di 1galleggerà, poiché il peso dell’oggetto è minore del peso dell’acqua spostata. Seinvece il peso specifico è maggiore di 1, galleggerà proprio sotto la superficie del-l’acqua.

Poiché il peso specifico del corpo umano con aria nei polmoni è 0,95, esso gal-leggerà. Quando il corpo sta galleggiando, il rapporto delle parti sommerse conquelle che non lo sono è 0,95 : 0,05. Se la porzione non immersa del corpo ecce-de 0,05, come quando una persona ha la testa e le braccia sopra il livello dell’ac-qua, la quantità di acqua spostata dal resto del corpo sarà insufficiente a soste-nere il peso del corpo, così il bacino e le gambe affonderanno. Comunque, posi-zionando un galleggiante al bacino, si riduce la densità relativa della parte infe-riore del corpo, che non affonderà.

Nel corpo umano, la densità può essere alterata incrementando o diminuendola quantità di aria nei polmoni. Pertanto. una persona i cui polmoni sono pienidi aria galleggerà, ma andrà a fondo quando espirerà.

Tutta l’attrezzatura e gli eventuali ausili da utilizzare in piscina devono essere

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più densi dell’acqua, ciò si ottiene aggiungendo peso alle loro estremità o all’in-terno; è preferibile che essi siano realizzati in materiale appositamente predispo-sto per l’utilizzo in acqua. La quantità di sostegno o resistenza data a un pazien-te da galleggianti gonfiabili può essere variata incrementando o diminuendo laquantità di aria in essi contenuta, quindi modificando la loro densità.

La galleggiabilità è la forza provocata dalla pressione idrostatica e agisce indirezione opposta a quella della forza di gravità. Un corpo nell’acqua è perciòsoggetto a due opposte forze, la gravità, con punto di applicazione al centro digravità del corpo, e la galleggiabilità, con punto di applicazione al centro di gal-leggiabilità (forza ascendente), che è il centro di gravità del liquido spostato.Quando il peso del corpo galleggiante eguaglia il peso del liquido spostato, e icentri di galleggiabilità e gravità sono sulla stessa linea verticale, il corpo è tenu-to in equilibrio stabile. Se i centri non sono allineati sulla stessa verticale, le dueforze agenti sul corpo lo faranno rovesciare fino a raggiungere una posizione diequilibrio stabile (figura 1).

Nel corpo umano la leva è formata dagli arti e X rappresenta l’articolazione sucui si realizza il movimento. Quando X rappresenta 1’articolazione delle spalle egli arti superiori sono AB, il momento di forza e quindi l’effetto rotante di gal-leggiabilità aumentano con il grado di abduzione. L’effetto di galleggiabilità per-ciò aumenta mentre l’arto si avvicina alla superficie dell’acqua (figura 2). Se lalunghezza della leva diminuisce perché il braccio è piegato al gomito, il centro digalleggiabilità si avvicina a X, la distanza è più piccola e il momento di forzaascendente è minore. La galleggiabilità, perciò, avrà un maggiore effetto su unaleva lunga piuttosto che su una corta.

La galleggiabilità può essere usata per aiutare un movimento quando l’arto si

Abstract delle relazioni 7

Forza di gravità

Centro di gravità

Centro di galleggiamento

Forza di galleggiamento

Figura 1 Interazione tra gravità e galleggiamento.

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muove verso la superficie dell’acqua e per opporsi a un movimento quando l’ar-to è mosso dalla superficie dell’acqua verso la posizione verticale sommersa. Ilmomento di galleggiabilità aumenta quando l’arto si muove più vicino allasuperficie dell’acqua e se la leva si allunga. Perciò, quando si attua un program-ma di eutrofizzazione di muscoli ipotrofici e ipostenici, utilizzando una leva piùlunga e un movimento più vicino all’orizzontale si otterrà il maggior aiuto dallaforza ascendente. Viceversa, quando il movimento è effettuato contro la forzaascendente, si sfrutterà la resistenza al movimento, che diminuirà mentre l’artosi avvicina alla posizione verticale, con una leva più corta. La massima resisten-za della galleggiabilità è così esercitata su una leva lunga vicino alla posizioneorizzontale.

La resistenza della galleggiabilità cambia con la posizione del centro di galleg-

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Figura 2

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giamento e con la distanza tra il centro e il punto su cui la forza di galleggia-mento esercita il suo effetto rotante. Quando una persona sta quasi eretta nel-l’acqua, il suo corpo tende a ritornare alla posizione verticale, ma mentre cam-mina o sta seduto le gambe tendono ad andare verso la superficie, se sono alza-te troppo in alto, e il corpo si sbilancia all’indietro (figure 3 e 4). Il “sollievo delpeso” del corpo dovuto alla pressione idrostatica della forza ascendente è unodei vantaggi principali della terapia in piscina.

Pressione idrostaticaLe molecole di un fluido esercitano una spinta su ogni porzione della superfi-

cie di un corpo immerso. Questa spinta per unità di superficie è definita: pres-sione del fluido.

Legge di Pascal

La legge di Pascal afferma che la pressione del fluido è esercitata equamente sututte le porzioni della superficie di un corpo immerso a riposo a una profonditàdata. La pressione aumenta con la densità del fluido e con la sua profondità. Peresempio, la pressione esercitata dall’alcool è minore di quella dell’acqua e lapressione esercitata dall’acqua marina è maggiore di quella dell’acqua pura auna data profondità.

La pressione dell’acqua è avvertita, da chi è immerso nell’acqua, con maggio-re intensità sul torace, dove l’acqua si oppone all’espansione toracica (figura 5),perciò è consigliabile selezionare i pazienti con una capacità vitale minore di1000 cm3 prima di autorizzare l’ingresso in piscina. Essendo la pressione dell’ac-qua 488,24 kg/m2, si deve fare attenzione quando si trattano pazienti particolar-mente defedati. Essendo uguale in tutte le direzioni, la pressione non viene

Abstract delle relazioni 9

Figura 3 Figura 4

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avvertita in misura maggiore su una superficie del corpo rispetto a un’altra, conuna resistenza uniforme a una data profondità. Poiché la pressione aumenta conla profondità, la presenza di edemi o gonfiore in genere sarà ridotta più facil-mente se gli esercizi sono eseguiti al di sotto della superficie dell’acqua, dovemaggiormente si avverte l’effetto della pressione. La pressione laterale esercita-ta e l’effetto di galleggiabilità genereranno insieme la sensazione di perdita digravità (figura 6).

Tensione superficialeÈ la forza che si esercita tra le molecole superficiali di un fluido. Essa è proba-

bilmente dovuta alla coesione tra le molecole e si manifesta come una pellicolaelastica alla superficie di un fluido. La tensione superficiale agisce come resi-stenza al movimento quando il corpo è parzialmente immerso, poiché la tensio-ne superficiale deve essere rotta dal movimento, ma l’effetto è leggero e ha valo-re solo se i muscoli sono ipotrofici e ipostenici.

RifrazioneÈ il curvarsi di un raggio di luce nel passare da un mezzo a densità maggiore

a un mezzo a densità minore e viceversa. Quando un raggio passa da un mezzopiù rarefatto a uno più denso, come dall’aria all’acqua, esso si piega verso unalinea perpendicolare al piano di separazione; al passaggio nella direzione oppo-sta, da un mezzo più denso a uno più rarefatto, il raggio devia allontanandosidalla citata linea perpendicolare.

Consideriamo un raggio di luce riflesso dal fondo della piscina. Il raggio saràdeviato lontano dalla linea perpendicolare perché passa dall’acqua all’aria; unaparte del corpo appare spostata perché l’osservatore considera quei fasci di luce(che creano l’immagine) su una linea retta. La piscina, perciò, sembra essere

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Figura 5 Figura 6

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meno profonda di quanto sia in realtà. Gli arti del paziente appaiono distorti,quelli parzialmente sommersi sembrano essere piegati lontano dalla linea per-pendicolare. Questo significa che il movimento delle articolazioni può essere dif-ficile da osservare.

ViscositàÈ un tipo di attrito interno che si realizza tra le molecole di un liquido e causa

una resistenza allo scorrere del liquido stesso. Tale attrito, che esprime la visco-sità, è percepibile quando il fluido è in moto. Ogni liquido con un’alta viscosità,come un olio denso, scorre lentamente, mentre quelli con una viscosità bassa,come l’acqua, scorreranno più rapidamente e offriranno una minore resistenza.

La viscosità agisce come resistenza a un movimento poiché le molecole delliquido tendono ad aderire alla superficie del corpo che si muove dentro esso.Quando un oggetto si muove attraverso un fluido a forte viscosità, c’è una mag-giore turbolenza a una data velocità e perciò maggiore resistenza al movimento.Se la temperatura del liquido è aumentata, la sua viscosità comunque si riduce,perché le molecole vengono allontanate.

La viscosità del sangue è maggiore di quella dell’acqua ed essa dipende daisuoi contenuti. Questo è un fattore che influenza la pressione intravasale del san-gue. L’aria ha minore viscosità dell’acqua; perciò c’è più resistenza al movimen-to nella piscina che sulla terra (figura 7). La viscosità dell’acqua calda nella pisci-na è minore di quella dell’acqua marina fredda.

Movimento attraverso l’acquaIl comportamento di un fluido è controllato dalla natura e dal ritmo del flus-

so, che può essere sia aerodinamico sia tumultuoso. La corrente turbolenta è

Abstract delle relazioni 11

Figura 7

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prodotta quando la velocità del flusso aumenta oltre un certo livello di velocitàcritica.

Il flusso turbolento è caratterizzato da un movimento disordinato del fluido,che modifica il movimento in ogni punto fissato. Esso avviene per traiettorie irre-golari senza carattere di continuità o periodicità e con velocità variabile. I movi-menti rotatori occasionali così creati vengono chiamati vortici. La resistenza diattrito generata dal moto turbolento è maggiore di quella generata dalla lineadella corrente aerodinamica (figura 8).

Quando un oggetto si muove nell’acqua, si sviluppa una differenza di pressio-ne dell’acqua tra le parti dell’oggetto. I gorghi si formano nella scia, in parte acausa dell’acqua intorno ai bordi, in parte per l’acqua dietro l’oggetto. Così, siostacola la corrente della scia che tende a trattenere la parte posteriore dell’og-getto. Più veloce è il movimento, più veloce è la trazione e maggiore sarà la resi-stenza all’avanzamento. Se il movimento è improvvisamente invertito, trovaopposizione nell’inerzia dell’acqua e si crea turbolenza. Similmente, se la sciacolpisce la parete del recipiente, la ripercussione causa tumulto (figura 9).

Quando per un oggetto stretto che si muove nell’acqua il distacco delle lineeaerodinamiche è limitato o nullo, vi è scarsa agitazione dell’acqua e l’oggettoviene definito “aerodinamico”. Quando un corpo non aerodinamico si muovenell’acqua, c’è maggiore formazione di onda e conseguentemente una maggioreresistenza al suo movimento.

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Figura 8

Figura 9

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Applicazioni pratiche della turbolenza1. La turbolenza può essere usata come una forma di resistenza agli esercizi in

piscina. Più veloce è il movimento, maggiore è la turbolenza, e perciò un eserci-zio può essere migliorato aumentando la velocità di esecuzione (figure 10 e 11).

2. Galleggianti a racchette possono essere aerodinamici o no, al fine di modifi-care la resistenza al movimento: una ridotta superficie in movimento control’acqua offre poca resistenza, mentre una superficie piatta offre la massimaresistenza all’acqua. Un esercizio può perciò essere reso più difficile cambian-do un corpo aerodinamico in uno non aerodinamico (figure 12 e 13). La scia èun’area di pressione ridotta dietro un oggetto in movimento dentro l’acqua.

Abstract delle relazioni 13

Figura 10 Figura 11

Figura 12 Figura 13

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Se un altro oggetto è posto nellascia, si muoverà molto più facil-mente nell’acqua. Infatti, cammi-nare dietro un’altra persona, anzi-ché precederla, è molto più facilesfruttando la sua scia. Così, quan-do si sta rieducando un paziente acamminare in piscina, è bene cheall’inizio un fisioterapista cammi-ni davanti al paziente per facili-tarlo nell’avanzamento.3. Nell’acqua è più facile nuotareche camminare perché il corpo èpiù affusolato quando sta nuotan-do (figura 14).

Calore

Il calore è una forma di energia. Quando altre forme di energia sono converti-te in calore si stabilisce un rapporto costante tra il calore prodotto e l’energiaperduta. Il calore, perciò, può essere misurato in unità di energia e dal 1948 iljoule (J) ha sostituito le calorie come unità di misura del calore.

Una caloria è la quantità di calore richiesto per aumentare la temperatura di 1g di acqua da 15 °C a 16 °C. Approssimativamente una caloria è uguale a 4,2 J.

Capacità del caloreLa quantità di calore richiesto per aumentare la temperatura di un corpo di 1

°C è chiamata capacità termale ed è misurata in joule per grado centigrado. Essadipende dalla massa e dalla sostanza del corpo. Il calore specifico dell’acqua èpari 1 ed è 1.000 volte superiore a quello dell’aria. Quindi, un corpo immerso siriscalda o si raffredda molto più velocemente.

Calore latenteÈ la quantità di calore, espressa in joule, richiesta per cambiare lo stato di 1

grammo di una sostanza senza elevare la sua temperatura. È, quindi, l’energiache viene usata nel cambiamento di stato di un corpo da solido a liquido o daliquido a gas. La quantità uguale di energia è liberata quando si attuano i pro-cessi opposti. La temperatura corporea tende ad aumentare, nel corso di un leg-gera attività fisica, di circa 3 °C ogni ora, se il corpo non disperdesse calore. Ilmeccanismo di dispersione prevalente è la convezione, prodotta dal flusso delsangue dal cuore verso la cute e i polmoni, dove incontra l’aria più fredda.

La conversione di un liquido in vapore è conosciuta come evaporazione. Essadipende dalla natura del fluido, dalla sua temperatura e da quella dell’atmosfe-ra che lo circonda, dal volume e dalla superficie esposta all’aria, dal grado disaturazione dell’aria circostante e dalla quantità dello spostamento dell’aria.

L’evaporazione del sudore è uno dei modi più importanti con cui il corpo

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Figura 14

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perde calore dopo l’immersione nella piscina. Il corpo perde 0,6 calorie (circa 2,5J) per ogni grammo di sudore vaporizzato (figura 15).

La legge di Newton del raffreddamentoIl rapporto di raffreddamento di un corpo in un certo momento è proporzio-

nale alla differenza di temperatura tra il corpo e ciò che lo circonda. Maggiore èla differenza di temperatura, maggiore sarà la velocità di raffreddamento.

Allo scopo di prevenire un raffreddamento troppo rapido uscendo dalla pisci-na, il paziente dovrà essere avvolto in indumenti o panni possibilmente caldi,mentre la temperatura della stanza va mantenuta superiore a 22 °C. Se il tratta-mento prosegue successivamente all’uscita dall’acqua, per prevenire un raffred-damento troppo rapido delle parti del corpo esposte durante la cura, la tempe-ratura della stanza di trattamento è mantenuta a 25 °C.

Umidità

L’evaporazione si attua costantemente dalle superfici dei fiumi, dalle stradebagnate e dai terreni impregnati d’acqua e perciò l’aria contiene sempre un po’ divapore umido. La presenza di vapore acqueo nell’aria è conosciuta come umidità.

L’umidità relativa è il rapporto tra la quantità di vapore acqueo presente nel-l’aria e quella che sarebbe presente se l’aria fosse saturata sempre alla stessa tem-peratura. Abitualmente è espressa in valore percentuale.

L’evaporazione del sudore produce un raffreddamento del corpo. Se l’ariaintorno al corpo è già completamente satura di vapore acqueo, nessuna evapo-razione può prodursi e il corpo non può perdere calore in questo modo. Se latemperatura atmosferica è alta, il corpo non può perdere calore per conduzione,convezione o irraggiamento. Perciò quando l’umidità e la temperatura sonoentrambe elevate, il corpo ha difficoltà a perdere calore e le condizioni divengo-no molto critiche. Nel reparto idroterapico, la temperatura dovrebbe essere man-tenuta a 20-22 C° e l’umidità ideale è del 55%. Perciò, un adeguato controllo dellatemperatura e dell’aerazione sono essenziali per il benessere sia dei pazienti siadello staff.

Abstract delle relazioni 15

Figura 15

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La microgravitàLuigi Cerutti

In condizioni di microgravità – quali quelle vissute dagli astronauti durante ilvolo orbitale intorno alla Terra, ma riproducibili anche sperimentalmente – siverificano importanti modificazioni della fisiologia del corpo umano. Il compor-tamento del rachide, che è l’organo antigravitario per eccellenza, è stato ed è tut-tora oggetto di numerosi studi. Le modificazioni osservate riguardano non solole strutture osteoarticolari, ma anche i muscoli e il sistema nervoso. Alla lucedelle nozioni classiche sulla biomeccanica della colonna, le osservazioni esegui-te in microgravità ci consentono di comprendere meglio alcuni aspetti dell’inte-razione acqua-colonna vertebrale.

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La storia dell’idrokinesiterapiaMilco Zanazzo

La cura dell’organismo attraverso la sua immersione in acqua è iniziata moltotempo prima della riabilitazione manuale, diventata invece in questi anni di abi-tudine.

Il termine idrokinesiterapia deriva dall’ unione delle parole greche hydor, acqua,kines, movimento, e therapeia, guarigione.

L’impiego delle acque termali per idroterapia, nel bacino del Mediterraneo, eraconosciuto fin dai tempi antichi, come evidenziato dai reperti archeologici, dalletestimonianza letterarie e scientifiche, dalle numerose epigrafi. La riconosciutaefficacia terapeutica delle acque termali ha, infatti, comportato il loro inserimen-to nel Sistema sanitario nazionale e nei Livelli essenziali di assistenza preveden-do, nell’ottica costituzionale della tutela della salute, l’estensione delle terapie, acosti contenuti, all’intera popolazione. È solo negli anni ‘50, in Inghilterra, chel’utilizzo terapeutico dell’acqua esce dal contesto termale o talassoterapeutico.Da allora in tutto il mondo occidentale si sono moltiplicati i centri di riabilita-zione che prevedono l’utilizzo di vasche terapeutiche.

Abstract delle relazioni 17

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Idrologia medica, termalismo e talassoterapiaCostantino Miravalle

Per crenoterapia o idrologia medica si intende quella branca della medicinache studia le applicazioni terapeutiche di acque dotate di peculiari azioni farma-cologiche e denominate, per convenzione, acque minerali.

Le principali metodiche crenoterapiche si suddividono come segue:– crenoterapia interna: bibita (idropinoterapia);– crenoterapia esterna: bagni (balneoterapia in vasca o in piscina ), irrigazioni

(intestinali, ginecologiche, gengivali), nebulizzazioni, inalazioni, aerosol (perle vie aeree superiori, per le vie aeree inferiori), humages, insufflazioni (nasa-li, faringee e tubo-timpaniche);

– antroterapia: calda, secca (stufe), umida (grotte), fredda;– peloidoterapia: fanghi, limi, torbe e muffe;– psammatoterapia;– talassoterapia: climatoterapia marina, balneoterapia marina, peloidoterapia

marina (limi marini);– algaterapia;– elioterapia;– climatoterapia.

Terapia idropinicaQuesta terapia consiste nel far bere, con diverse modalità, al paziente una certa

quantità, secondo i casi, di acqua ed è apparentemente la via di somministrazio-ne più semplice. L’acqua può essere assunta con carico idrico o a dosi rifratte. Ilcarico idrico si esegue bevendo a digiuno un litro di acqua in circa mezz’ora; tal-volta si beve una quantità basale, uguale per tutti, pari a 500 cm3 e si aggiungo-no 10 cm3 per ogni chilogrammo di peso corporeo. Dosi troppo elevate di acqua,anche se fortemente ipotonica, possono stimolare la peristalsi, indurre scarichealvine, soprattutto se ingerite rapidamente. La terapia con dosi rifratte è attuatafacendo assumere al paziente (a digiuno o alcune ore dopo i pasti) uno o due litridi acqua, a piccoli sorsi, mentre passeggia. Nel caso di pazienti ptosici, ipotesi,astenici e dispeptici, la cura si attua in clinostatismo, cioè il paziente è disteso sulletto o su una poltrona a sdraio per tutto il tempo in cui beve, al fine di facilitarel’assorbimento intestinale, diminuendo il carico portale. Questa posizione favo-risce il rapido spostamento dei liquidi verso la cavità toracica, con stimolazionedei recettori atriali e accentuazione degli effetti diuretici. Mentre il carico idropi-nico si attua solo con acque fortemente ipotoniche e diuretiche, il trattamento adosi rifratte può essere consigliato con tutti i tipi di acque da bibita. La quantitàsomministrata è in funzione delle singole specializzazioni e degli effetti da con-seguire.

Le acque minerali per uso idropinico spesso sono imbottigliate, sia per con-sentirne l’uso come acque da tavola sia per favorire il proseguimento domicilia-

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re della cura. Presso le terme, però, l’azione farmacologica delle acque risultamigliore, vuoi per interferenze psichiche climatico-ambientali vuoi perché leacque imbottigliate subiscono modificazioni (soprattutto le acque bicarbonate)dopo un lungo periodo d’imbottigliamento, e infine perché al proprio domicilionon è possibile avere l’assistenza medica di cui si usufruisce in ambiente terma-le.

BalneoterapiaPer balneoterapia s’intende l’uso per bagno, a fini curativi, di acque minerali

calde o riscaldate artificialmente e si attua con tutti i tipi di acque. Queste sonoimpiegate come tali o diluite in varia proporzione (arsenicali ferruginose), oppu-re prima concentrate in acqua madre e poi nuovamente diluite con acqua pota-bile (salsobromoiodiche). Il bagno si effettua solitamente a una temperatura di37-38 °C. Acque speciali (sulfuree e carboniche) o pazienti particolari (ipertesi,ipotesi, cardiopatici, miocardioangiosclerotici di modesta entità, anziani eccete-ra) richiedono temperature inferiori di uno o due gradi, mentre altri pazienti,come gli artropatici, tollerano temperature più alte di 1 o 2 °C. La durata mediadel bagno è di circa 20 minuti, dopo di che il paziente deve effettuare un perio-do di riposo e di reazione della durata di 20-40 minuti, durante il quale si com-pleta la sudorazione e si verificano importanti processi metabolici e funzionali.Molti stabilimenti termali sono dotati di piscine che rendono possibili anche trat-tamenti di riabilitazione e mobilizzazione.

DocceIn Italia questa pratica non è molto diffusa, a eccezione della “doccia subac-

quea”, che consiste nel massaggiare con un getto d’acqua a pressione il corpo delpaziente in una comune vasca di acqua termale a 37-38 °C. La lancia immersa èmanovrata manualmente da un operatore specializzato.

IrrigazioniTaluni Autori le considerano alla stregua di docce interne e consistono nel por-

tare l’acqua minerale a contatto con la mucosa di cavità aperte del corpo (nasale,orale, rettale, vaginale). L’acqua scorre e defluisce a bassa pressione da cannulespeciali e proviene da contenitori detti irrigatori, nei quali è miscelata alla den-sità e alla temperatura desiderate. Talvolta sono aggiunte all’acqua da utilizzareanche altre sostanze medicamentose.

Le irrigazioni intestinali comprendono le docce rettali ascendenti, il bagnointestinale o enterocleaner e la proctoclisi goccia a goccia.

Nelle irrigazioni vaginali è introdotta acqua in loco mediante doppia cannula,spesso in associazione ad altre cure termali. Si usano diverse acque a temperatu-ra di 36-38 °C, nella quantità di circa 2-3 litri; la pressione di erogazione è moltobassa e il deflusso lento, per favorire un prolungato contatto. Sono adatte a que-ste applicazioni anche le acque oligominerali, specialmente nel caso di pazientiintensamente reattivi e di affezioni flogistiche da poco superate.

Le docce orali sono consigliate in casi di gengivite, stomatite, parodontite, pior-rea alveolare, specialmente di forme a evoluzione torbida e con scarsa tendenza

Abstract delle relazioni 19

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alla risoluzione. Si utilizzano acque diverse, spruzzate con pressione o da unboccaglio anatomico costituito da due tubicini, a forma di ferro di cavallo, prov-visti di fori, che il paziente imbocca, o da un irrigatore normale, il cui getto è gui-dato da un operatore termale. L’acqua fuoriesce a una pressione di circa 1-2atmosfere e alla temperatura di 38-40 °C.

Le lavande e le docce nasali sono poco utilizzate in Italia, anche per i facili epi-sodi di otite termale che si possono verificare se la tecnica non è ben condotta.

InalazioniPer inalazione s’intende l’introduzione di acqua minerale o di suoi componen-

ti gassosi nelle vie respiratorie tramite speciali apparecchiature atte a suddivide-re il mezzo curativo in minuscole particelle di diametro variabile da 1-3 a circa100 micron. Si è solito distinguerle in umide o in secche, secondo che la nebuliz-zazione avvenga con vapore acqueo o con aria a pressione.

Le nebulizzazioni sono metodiche collettive attuate facendo soggiornare ipazienti in ambienti nei quali apposite apparecchiature generano una nebbia diacqua termale mediante l’impiego di aria compressa che aspira l’acqua mineralee la frantuma contro barre frangitetto. Apposite campane provocano la cadutadelle gocce più grosse. Regolando la pressione, la direzione e la distanza dellebarre frangitetto, il numero e la forma delle campane, si ottengono nebbie piùgrossolane o più fini. Le prime, dette anche umide perché si abbattono facilmen-te sulle pareti bagnando l’ambiente, sono più indicate nel trattamento delle vieaeree superiori; le seconde, dette anche secche perché bagnano di meno, sono piùconsigliate per le vie aeree profonde. Le cure durano 12-20 giorni con una o duesedute giornaliere della durata iniziale di 15-20 minuti. In due o tre sedute si rag-giunge il tempo finale di 60 minuti di trattamento. È una metodica in disuso poi-ché, per ovvi motivi igienici, si preferisce il trattamento individuale.

Le inalazioni sono individuali e constano di una serie di apparecchi, allineatilungo le pareti di una stanza, ognuno dei quali eroga un getto di vapore per ognipaziente.

Per le inalazioni a getto diretto ad aria compressa, il principio è il medesimo,se non che l’acqua termale è spruzzata con aria a pressione prodotta da un com-pressore. La nebbia ottenuta è più finemente suddivisa e mancano le particelleacquose del getto di vapore, costituito da acqua comune.

Le inalazioni trovano impiego delle flogosi croniche delle vie aeree superiori.Quando si trattano stati patologici della rinofaringe o delle fosse nasali, il comu-ne boccaglio viene sostituito da un tubicino a “U” che il paziente appoggia ointroduce direttamente nelle narici.

AerosolNegli aerosol si sfruttano particolari apparecchi, ad acqua fluente, in grado di

suddividere l’acqua termale in goccioline minutissime. Si dividono in aerosol perle vie aeree superiori quando la dimensione delle gocce supera 3 micron di dia-metro e per le vie inferiori quando la goccia è inferiore a 3 micron. Questa meto-dica è più adatta per trattare in profondità l’albero respiratorio, tuttavia la quan-tità globale di acqua inalata è bassissima.

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HumagesSono tecniche inalatorie particolari che consistono nel far assumere al pazien-

te il contenuto gassoso di particolari acque minerali, soprattutto solfuree, solfu-reo-salsobromoiodiche, ma anche carboniche e radioattive. Nel gas è ancora pre-sente una quantità più o meno importante di acqua. Si distinguono in humagesdiretti (individuali) e indiretti (collettivi), secondo che si impieghino apparecchisingoli o si provochi la liberazione dei gas in un ambiente per caduta semplice(cascata) o per sbattimento dell’acqua contro una parete. Nel caso delle acqueradioattive la stanza collettiva prende il nome di emanatorio.

InsufflazioniCon le insufflazioni si usano solo i gas termali solfurei liberati totalmente dalla

presenza di particelle acquose in sospensione. Questi vengono introdotti sia nel-l’albero respiratorio per via nasale, con catetere di gomma o con inalatori a “U”,sia direttamente nella tuba di Eustachio o nell’orecchio medio (cavo del timpa-no), tramite il catetere tubarico di Itard o con idonee e più moderne strumenta-zioni. Le insufflazioni tubariche vengono impiegate nella sordità rinogena soste-nuta da varie malattie, come per esempio le otiti medie catarrali o purulente, lestenosi tubariche subacute o croniche eccetera.

AntroterapiaS’intende per antroterapia l’utilizzo terapeutico di particolari microclimi, fred-

di o caldi, umidi o secchi, reperibili in cavità, naturali o artificiali, scavate nellaroccia. L’antroterapia fredda prende il nome di speleoterapia ed è molto diffusain alcune nazioni europee (Germania, Ungheria, Polonia, Romania), ma nonancora in Italia.

L’antroterapia calda avviene in caverne naturali dotate sia di calore caldo-umido (grotte), sia di caldo-secco (stufe). Nel primo caso la cura si effettua sog-giornando nell’interno della grotta alla temperatura di 32-42 °C, nel secondo aquella di 50-70 °C. Il tempo di permanenza oscilla in rapporto alla temperaturaambientale, da un minimo di 10-15 minuti a un massimo di mezz’ora. Il risulta-to è una profusa sudorazione e un aumento del metabolismo basale. Grazie alforte stimolo termico, svolgono un’intensa azione sedativa e analgesica.L’indicazione principale è costituita dalle reumoartropatie, dagli stati di iperuri-cemia e di gotta.

PeloidoterapiaI peloidi sono prodotti naturali o artificiali dati dalla mescolanza di un’acqua

(termale, di mare, di lago o di fiume) con materie inorganiche, organiche o mistederivanti da processi geologici o biologici e utilizzati in terapia per impacchi oper bagni. Tra essi ricordiamo i fanghi, i limi, le torbe e le muffe.

I fanghi sono costituiti da una parte solida, prevalentemente inorganica, dinatura argillosa, e da una parte liquida costituita da acque minerali di diversacomposizione. Nelle due componenti, mischiate fra loro e lasciate a contatto perun periodo di almeno sei mesi, si verificano intense reazioni di rimaneggiamen-to, con sviluppo di una caratteristica flora batterica che porta alla formazione di

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particolari aggregati organico-minerali di grande interesse per la realizzazione diun peloide maturo utilizzabile in terapia. Questo è applicato sulla cute, alla tem-peratura di 45-47 °C per circa 15-20 minuti. Il ciclo di cura dura solitamente 20giorni con 12-15 trattamenti complessivi, intervallati da un giorno di riposo ognitre o quattro fanghi. Il fango non è applicato su tutto il corpo, perché la stimola-zione risulterebbe troppo intensa. In genere, si hanno localizzazioni particolari:a mezza vita, agli arti, sul rachide eccetera. Nel caso degli arti, si può immerge-re la parte interessata in appositi contenitori e abbiamo in questo caso i fanghi acassetta. Sulla cute da trattare si pone uno strato di circa 10 cm di peloide. Allafine del trattamento segue una doccia di pulizia, dopo di che il paziente, avvol-to in un lenzuolo e protetto con coperte di lana, è lasciato riposare per comple-tare la sudorazione (periodo epiergico). I fanghi sono insostituibili nel tratta-mento preventivo, curativo e riabilitativo delle reumoartropatie.

I limi sono peloidi nei quali la componente solida è prevalentemente inorgani-ca e differiscono dai fanghi in quanto l’acqua non è minerale ma marina o lagu-nare o lacustre. Hanno un tempo di formazione molto lungo, talora di decine dianni. In questo periodo la componente organica del bacino (alghe, batteri, pesci,crostacei), in lenta decomposizione, si stratifica con quella inorganica prevalen-te, depositata dalle correnti. Sono molto più ricchi di colloidi organici rispetto aifanghi e possono essere applicati con le stesse metodologie di questi o con ilmetodo del “medaglione”. In questo caso si stende uno spesso strato di limo suterrazze esposte al sole: quando questo è ben caldo vi si pone sopra il paziente,&he viene ricoperto con parte del limo riscaldato. Un’ulteriore metodica, detta“a camicia”, consiste nello spalmare su tutto il corpo uno strato sottile di mate-riale. Successivamente, il paziente può rimanere nello stabilimento termale olasciato libero di passeggiare sotto il sole finché il limo si secca. Ha le stesse azio-ni del fango, lo stesso grado di tollerabilità e la medesima temperatura di appli-cazione.

Le torbe terapeutiche sono peloidi organici che si ottengono dalla macerazionedel materiale di cava (torba grezza) con acqua minerale a diversa composizione.Derivano dalla fossilizzazione dei vegetali e si distinguono in torbe di sfagno,quando derivano da sfagni, e vascolari, quando originano da piante superiori, esono dotati di intensa azione farmacologica. Si usano per impacchi e anche sottoforma di bagno torboso, sciogliendo nella vasca di acqua termale dosi stabilite ditorba matura. In Italia sono di recentissima introduzione e l’unica cava di torbaterapeutica si trova presso Viareggio, sul lago di Massaciuccoli.

Le muffe sono particolari ganghe mucillaginose che hanno origine in presenzadi acque solfuree, sono formate da ammassi di alghe e di solfo-batteri e si usanoper impacchi e per maschere facciali.

TalassoterapiaI principali fattori di cura della talassoterapia sono l’acqua di mare, la sabbia, i

fanghi, il clima. Per climatologia marina s’intende l’utilizzazione terapeutica del“complesso climatico” esistente in prossimità delle coste. Questo è caratterizza-to da un particolare tipo di aerosol ricco di sali di origine marina, da un fortegrado di luminosità e da una notevole costanza termica. La presenza del vento e

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dello iodio contribuisce a rendere più o meno stimolante il clima marino. Ilbagno d’aria è utile per stimolare il metabolismo basale, l’appetito e non puòessere attuato in ambiente troppo ventilato e nemmeno troppo caldo e poco ven-tilato.

L’impiego dell’acqua marina come mezzo di cura risale agli antichi greci eromani ma entra nell’uso metodico a partire dal 1750, grazie al medico ingleseRichard Russel che ne prescrisse l’uso per bibita, inalazioni, irrigazioni, infiltra-zioni sottocutanee o per via endovenosa o intramuscolare. Oggigiorno l’acquamarina è impiegata esclusivamente per l’uso balneoterapico, perché si compor-terebbe come una vera e propria acqua salsobromoiodica, di cui avrebbe lemedesime indicazioni terapeutiche. La balneoterapia si attua sia con acqua dimare naturale, sia con quella concentrata a temperatura di 37-39 °C per un tempovariabile da 20 a 30 minuti, cui possono essere aggiunti ozono, anidride carboni-ca ed estratti di alga.

Un’altra tecnica talassoterapica è l’algaterapia che consiste nell’utilizzo dialghe marine per il trattamento di alcuni quadri morbosi di tipo reumoartropa-tico.

PsammoterapiaLa psammoterapia è una metodologia particolare che utilizza l’azione tera-

peutica della sabbia di mare riscaldata e applicata su tutto il corpo. Questa tera-pia fu codificata da Erodoto. che ne riferisce l’uso presso gli antichi Egizi, conuna metodica giunta ai nostri tempi del tutto invariata. Le spiagge adibite allapsammoterapia, oltre ad essere esposte a mezzogiorno, devono risentire di unafavorevole situazione climatica, con scarsa nebulosità, ventosità e umidità. Perarricchire la sabbia di elementi salini, è necessaria una periodica irrorazione conacqua di mare. Ciò rende necessario un controllo costante del suo stato di salu-te, onde evitare che il paziente venga a contatto con sostanze inquinanti. Si attuafacendo stendere il paziente in una buca di circa 2 m di lunghezza, 80 cm di lar-ghezza e 45-50 di profondità, ricoprendolo con circa 4-5 cm di sabbia, a una tem-peratura fra i 45 e 60 °C, per 15-20 minuti. È una metodica molto stimolante ed èimpiegata nel trattamento di affezioni reumoartropiche

ElioterapiaL’elioterapia consiste nell’esporre il corpo, completamente privo d’indumenti,

all’azione diretta dei raggi solari. Può essere parziale o totale, calda, indifferenteo fredda, secondo che l’eliotermometro segni temperature oltre i 42 °C, fra i 42°C e i 37 °C e inferiori a 37 °C. La cura deve essere graduale, totale, ad eccezionedella testa, diretta, cioè senza interposizioni di filtri, e dosata individualmente.Fra i suoi effetti locali ricordiamo quello risolvente, quello analgesizzante, erite-matogeno e pigmentante. Tra quelli generali, il più importante è l’effetto tonico.

A completamento, o come coadiuvante, di tutte le pratiche crenoterapichedescritte, vi può essere anche il massaggio terapeutico, che si compone delleseguenti manualità: sfioramento, frizione, pressione, impastamento, battitura evibrazione.

Con lo sfioramento s’inizia e finisce ogni seduta. Questo deve essere molto

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lieve ed eseguito con la palma della mano aperta e le dita semiflesse, saggiandola reattività dell’infermo. Il suo effetto si limita agli strati superficiali dei tessuti:favorisce la desquamazione cutanea, stimola la rigenerazione cellulare ed è seda-tivo sulla sensibilità della cute. La frizione è simile allo sfioramento, ma va ese-guita con maggiore energia. La pressione è una variante della frizione. I loroeffetti biologici sono simili: agevolano il riassorbimento di ecchimosi, ematomi,infiltramenti e edemi sottocutanei. L’impastamento si applica nelle zone conmasse muscolari voluminose e stimola la nutrizione dei tessuti, favorisce l’eli-minazione delle scorie, facilita il riassorbimento di eventuali infiltranti. Richiedegrande abilità e può essere doloroso. La battitura consiste in una serie di colpiravvicinati, con ritmo frequente, che cadono perpendicolarmente sulla zona datrattare. È ricca di azioni riflesse sulla muscolatura, ma spesso non è tollerata suaddome e torace. La vibrazione consta di movimenti rapidi a carattere vibratorioe attenua la gli stati di ipersensibilità della cute.

Acqua mineraleL’acqua è uno degli elementi più diffusi in natura, nonostante ciò conosciamo

molto poco della sua reale natura.Tutte le acque contengono minerali e solo attraverso numerose distillazioni si

ottiene un’acqua totalmente priva di sostanze. Non è esatto l’appellativo diacqua “minerale” solitamente usato, e, viceversa, la presenza di sostanze mine-rali non può da sola caratterizzare questa categoria di acque. Alcune si differen-ziano dalla comune acqua potabile per il quantitativo di sali, altre per la presen-za di particolari elementi, per l’emanazione di radioattività, per la temperaturadi scaturigine, ma è soprattutto l’uso terapeutico che costituisce il vero criterio didifferenziazione. Sarebbe quindi più esatto definire questo tipo di acque “medi-camentose”, anziché solo minerali, comprese quelle da tavola che hanno anch’es-se proprietà terapeutiche.

Per convenzione, continuiamo a definirle minerali, onde evitare di creare con-fusioni. Queste acque rappresentano veri e propri medicamenti che la natura cioffre ed è fondamentale per la nostra salute incrementarne l’uso.

Si può correttamente affermare che il ciclo dell’acqua inizia e finisce nell’ocea-no. Dal momento, però, che vi è una certa omogeneità della composizione delleprecipitazioni, mentre la differenza fra le varie acque è notevole, si evince chemolte di queste sono di origine sorgiva e si diversificano tra loro secondo la com-posizione geologica del terreno con cui vengono in contatto. Siccome la portatadelle precipitazioni atmosferiche non influenza la quantità delle acque termaliesistenti, prima Suess e poi Gautier hanno prospettato la loro formazione neglistrati più profondi del terreno (acque giovanili), in rapporto con le rocce mag-matiche e i fenomeni vulcanici. Lo stesso Gautier ha dimostrato che distillando igraniti, dopo averli seccati a 200 °C, è possibile estrarre una notevole quantitàd’acqua, tanto che da un chilometro cubo di questa roccia sarebbe possibile otte-nere 25-30 miliardi di tonnellate di acqua di costituzione. Egli ha evidenziato chela polvere di queste rocce magmatiche emette con il riscaldamento, oltre al vapo-re acqueo, notevoli quantità di gas, quali idrogeno, acido carbonico, azoto, argoneccetera., che sono gli stessi che si trovano nelle acque minerali.

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Ricapitolando, le acque possono essere di origine superficiale, o di infiltrazio-ne, e di origine profonda. Le prime hanno una portata variabile secondo le pre-cipitazioni e hanno diversità di entità trascurabile nella mineralizzazione. La lorotemperatura difficilmente supera i 30 °C e può cambiare leggermente in rappor-to alle variazioni stagionali. Esse non possiedono nella loro composizione imetalli e i metalloidi propri delle zone più profonde, non contengono gas rari macarbonato e solfato di calcio in quantità e spesso nitrati e ossigeno disciolto.

Le acque di origine profonda non subiscono variazioni di portata e di compo-sizione e la loro temperatura, che spesso supera gli 80 °C, non subisce modifica-zioni importanti. Esse contengono metalli appartenenti agli strati profondi, sonoprovviste di gas rari, compresa l’emanazione di radioattività; l’erogazione dellesorgente spesso non è continua, ma avviene a ondate, come accade in tutte leemanazioni di origine vulcanica.

Accade spesso che le acque di origine profonda e quelle d’infiltrazione siincontrino e si mescolino fra loro, provocando modifiche nella mineralizzazione,e ciò spiega le differenze notevoli riscontrabili spesso fra le varie sorgenti di unamedesima stazione termale.

Le acque minerali, nella grandissima maggioranza, sono soluzioni saline dilui-te, dove le molecole sono scisse nei rispettivi ioni, che possiedono cariche elet-triche positive o negative e vengono detti cationi e anioni o, più generalmente,elettroliti. Il coefficiente di dissociazione di queste molecole si chiama coefficien-te di dissociazione molecolare o elettrolitica. La corrente elettrica attraversa piùfacilmente una soluzione se vi sono molti elettroliti. Dal punto di vista fisiologi-co, la ionizzazione delle molecole ne facilita l’assimilazione. Nelle acque sonoanche presenti colloidi, ossia molecole riunite fra loro in forma di frammenti piùgrossi, detti “micelle”, composti di un nucleo centrale e un involucro esterno,dotati di elettricità inversa. La loro importanza per il nostro organismo è enor-me. L’insieme di ioni, molecole e colloidi costituisce la parte solida contenutanelle acque, ossia il residuo solido. Dopo i 180 °C, prende il nome di residuo fissoed è ciò che rimane dopo aver evaporato l’acqua a quella temperatura. Anche ilpunto di congelamento e la pressione osmotica sono in stretto rapporto con laconcentrazione molecolare. Tutti i metalli e metalloidi possono trovarsi nelleacque minerali e la presenza di gas conferisce a esse una caratteristica propria.L’ossigeno manca in pochissime acque, l’azoto si trova in quelle originate damanifestazioni vulcaniche, l’acido carbonico è il maggior costituente, insieme acalcio e magnesio, di quelle alcaline, l’idrogeno solforato si trova abbondante-mente nelle acque solfuree e in minima parte in quelle solfate.

In alcune acque, specie quelle solforose, si forma una vegetazione di alghe,sulle quali vivono infusori, anelidi, elminti e piccoli crostacei. Questo aggregatovegeto-minerale di aspetto gelatinoso è notevolmente idrofilo, impregnato digas, fissa molti elementi contenuti nelle acque, viene usato in terapia esterna erappresenta una specie di fango che non sporca la pelle, detto “baregina”, dallalocalità francese Baréges, anche se comunemente è chiamato muffa. Le acque,affiorando al suolo, subiscono mutazioni: le variazioni di temperatura e pressio-ne, come la perdita di elettricità e radioattività, rompono l’equilibrio della solu-zione e fanno precipitare i sali, i quali si depositano dando origine ai fanghi.

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L’impianto di idrokinesiterapiae il trattamento dell’acqua

Domenico Ivano Pelosin

Il trattamento dell’acqua, definito come il complesso degli impianti tecnologi-ci destinati alla circolazione, filtrazione, disinfezione e trattamento chimico dellepiscine terapeutiche, presenta problemi e aspetti particolari. La forma dellevasche idroterapeutiche, la particolare tipologia dell’utenza, l’alta temperaturadi utilizzo rispetto alle piscine tradizionali e, infine, anche il coinvolgimento piùdiretto degli operatori-terapeuti che spesso accompagnano il paziente-bagnantein vasca, creano esigenze particolari per mantenere una buona qualità dell’ac-qua.

Proprio per questi motivi non esiste ancora in Italia una normativa specifica.Anche nel nuovo Atto d’Intesa, pubblicato in Gazzetta Ufficiale. n. 51 del 3

marzo 2003, non vengono prese in considerazione le piscine idroterapeutiche perusi riabilitativi.

D’altro canto, tali piscine si stanno diffondendo notevolmente negli ultimi annie spesso, pur disponendo di vasche ben studiate per l’uso specifico, non sonodotate di un impianto idoneo.

È invece fondamentale che nel progettare e costruire l’impianto di trattamentosi tenga conto di tali aspetti specifici.

Le forme particolare delle vasche ed il loro uso richiedono un impianto di ricir-colo dell’acqua che dovrebbe essere realizzato con le seguenti caratteristicheprincipali:– a sfioro perimetrale per garantire una miglior pulizia del pelo dell’acqua e una

sua altezza costante;– attenta distribuzione degli immissori per evitare di avere zone “morte”, anche

con forme di vasche articolate ed in presenza di rampe di accesso;– circolo spinto = massimo un’ora o anche meno (mezz’ora) in caso di vasche

poco profonde (60 cm) per idroterapie di bambini.

La temperatura alta dell’acqua (da 30 °C fino a 38 °C in casi particolari) e il par-ticolare e differenziato tipo di utenza richiedono che l’impianto di filtrazione edisinfezione dell’acqua sia realizzato rispettando i seguenti principi:– l’impianto di filtrazione non solo deve essere dimensionato per il veloce rici-

clo richiesto (mezz’ora-un’ora) ma deve essere anche di alta efficienza, con fil-tri alti multistrato a masse eterogenee;

– diventa indispensabile, per aumentare in modo considerevole la qualità di fil-trazione, l’uso della flocculazione in continuo;

– data l’alta temperatura, il controllo automatico del pH sui valori corretti (7-7,4) permette un’azione migliore del cloro, che in queste condizioni di tempe-

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ratura ha notevoli difficoltà ad agire efficacemente;– sarebbe molto utile e consigliabile affiancare l’uso del cloro con un impianto

di ozono o addirittura di ozono e UV di nuova concezione.

Infine l’impianto di scarico, il riempimento e il riscaldamento dell’acqua devo-no essere adeguatamente dimensionati in modo che in caso di incidente (vomi-to, feci, diarrea in vasca eccetera) si possa procedere nel più breve tempo possi-bile alla completa sostituzione dell’acqua.

L’ultimo aspetto da tenere in conto, che è anche quello spesso dimenticato, è lamanutenzione.

L’impianto di trattamento dell’acqua è, in questo caso, più complesso e solleci-to rispetto a una piscina normale, quindi richiede una manutenzione più rigoro-sa e programmata.

Si ricorda, a tale proposito, che il nuovo Atto d’Intesa, anche se non riferito, peradesso, a questa tipologia di piscine, introduce per le altre il concetto di auto-controllo che, se ben applicato, garantisce meglio la qualità dell’acqua.

Questa attenzione agli impianti di trattamento e alla loro manutenzionerichiede sicuramente un costo di installazione più alto, ma garantisce non soloun’ottima qualità dell’acqua ma anche costi di esercizio più bassi ed evita chiu-sure anomale in caso di controlli da parte dell’autorità competente.

Abstract delle relazioni 27

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Idrokinesiterapia: confini legislativie opportunità di mercato

Umberto Cerri

L’attività di idrokinesiterapia è regolamentata dall’atto di intesa tra Stato eRegioni e dalle normative emesse dai competenti Assessorati Regionali allaSanità, con alcune particolari deleghe ai Comuni e alle Strutture Sanitarie Locali.

L’articolarità della legislazione e il numero degli Enti preposti al controllorichiedono, nel processo autorizzativo e nella successiva gestione dell’impianto,abilità e competenze particolari che vengono illustrate nel corso.

Un buon impianto e un’autorizzazione all’esercizio non sono garanzia di suc-cesso. Infatti, sempre più spesso, il gestore deve confrontarsi con un mercato inevoluzione e con bilanci spesso onerosi, ricercando attività e risorse di comple-tamento e una professionalità sempre più elevata.

L’ambiente acquatico non è più solo un ambiente terapeutico, ma un luogo incui vivere esperienze positive di movimento e benessere.

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Aspetti psicologici legati all’immersioneClaudia Destefanis

Parlare di paura dell’acqua non è così semplice come sembra, poiché la frase“ho paura dell’acqua” può essere detta da persone che intendono cose diversis-sime.

La paura è un emozione. Il mondo delle emozioni è decisamente complesso ecomprende una vasta gamma di comportamenti, di stati d’animo e di modifica-zioni organiche. L’emozione, di qualsiasi tipo essa sia, è una condizione moltosoggettiva, difficile da definire, descrivere e persino riconoscere. Le regioni cere-brali coinvolte nell’emozione comprendono un insieme di strutture interconnes-se all’interno del sistema limbico. Quando un soggetto prova un’emozione,significa che sta interpretando il mondo circostante, in base al suo substratocognitivo, alle sue rappresentazioni mentali, alle sue esperienze.

L’emozione paura è un sentimento di reazione a un pericolo utile per aumen-tare le capacità di sopravvivenza; consiste nell’attivazione neurovegetativa auto-matica che porta alla fuga, vera e propria risposta comportamentale alla paura.

I sintomi della paura sono a volte definiti anche come i sintomi dello stress esono rappresentati da pupille dilatate, battito cardiaco accelerato, vasocostrizio-ne venosa periferica, aumento della pressione arteriosa. Inoltre, la salivazione ela digestione si interrompono; aumentano il ritmo e la profondità della respira-zione; aumenta la traspirazione cutanea; il corpo si raffredda per l’evaporazionedel sudore; aumentano i livelli di zucchero (glicemia) nel sangue e la velocità deiprocessi coagulativi.

È sorprendente constatare come basti un semplice pensiero o associazione diidee per scatenare una catena consequenziale di segno del tutto negativo.

La piena comprensione di come possa essere indotta l’ansia permette di stabi-lire le migliori metodologie terapeutiche.

Abstract delle relazioni 29

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Le ferite chirurgiche in acquaCoretta Spalla

Processo di cicatrizzazione delle lesioni

Quando l’integrità cutanea è compromessa e vi è l’insorgenza di una lesione,ha inizio un processo naturale di guarigione che si esplica attraverso tre fasi.

La prima fase, detta infiammatoria o anche fase difensiva o reattiva, è seguitadalla fase proliferativa, nota anche come fase fibroblastica, rigenerativa o del tes-suto connettivale; in ultimo abbiamo la fase di maturazione o rimodellante.

Fase infiammatoriaÈ caratterizzata dalla presenza di edema, eritema, calore e dolore. Inizia al

momento di insorgenza delle ferite e dura dai 4 ai 6 giorni.Il sanguinamento è controllato dall’emostasi e i batteri vengono eliminati dai

leucociti granulociti (neutrofili polimorfonucleati).In seguito all’insorgenza della lesione (circa 4 giorni dopo), i macrofagi (cellu-

le fagocitarie derivanti dai monociti) migrano verso l’area lesionata, distruggonoi batteri e ripuliscono la ferita dai rifiuti cellulari.

I macrofagi hanno inoltre la funzione di produrre chemioattraenti e fattori dicrescita che attraggono le cellule necessarie per la ricostruzione del tessuto e diconvertire le macromolecole in aminoacidi e zuccheri necessari per cicatrizza-zione delle lesioni.

Fase proliferativaHa una durata da 4 a 24 giorni. In una ferita aperta. il primo tessuto che viene

a riformarsi è il tessuto di granulazione, che si presenta di colore rosso vivo, luci-do, carnoso, caratterizzato dalla presenza di granuli, ed è costituito da macrofa-gi, fibroblasti, collagene immaturo e vasi sanguigni.

Durante la proliferazione del tessuto di granulazione i margini della lesione sicontraggono, si tendono e le dimensioni della ferita stessa diminuiscono.Contemporaneamente, i fibroblasti stimolano la produzione di collagene.

La fase proliferativa si conclude con l’epitelializzazione, che avviene solo inpresenza di un tessuto vascolare vivo, durante la quale le cellule migrano daimargini della lesione fino a toccarsi e a chiuderla completamente. Una volta con-clusa l’epitelializzazione compare una cicatrice.

Fase di maturazioneHa una durata da 21 giorni a 2 anni. Le fibre di collagene si riorganizzano, si

rimodellano e maturano. Quando il tessuto cicatriziale ha riacquistato circal’80% della sua forza originaria, si può ritenere conclusa questa fase.

Bisogna ricordarsi, però, che la forza tensiva del tessuto cicatriziale risulta

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comunque minore di quella della pelle integra. Questo tessuto è quindi da con-siderarsi “a rischio” di lesioni.

Tipologia della riparazione delle lesioni

Indipendentemente dal tipo di lesione e dal trattamento adottato, esistono tretipi di riparazioni tissutali delle lesioni: di prima, di seconda e di terza intenzio-ne.

Molte ferite acute, per esempio le ferite chirurgiche, vengono chiuse in primaintenzione con riparazioni a effetto immediato attraverso sutura chirurgica.Queste ferite hanno un livello di rischio di infezione molto basso, comportanouna minima perdita tissutale e cicatrizzano dopo un periodo che va da 4 a 14giorni.

Le ferite croniche, per esempio le ulcere da pressione, guariscono per secondaintenzione senza provocare il restringimento dei bordi della ferita. Queste lesio-ni hanno un livello di rischio di infezione elevato, comportano una maggioreperdita di tessuto e hanno un tempo di cicatrizzazione prolungato.

Le ferite chirurgiche che rimangono aperte per 3-5 giorni, in caso di perdita diessudato, di infezione o di edema, e che vengono successivamente chiuse consuture, graffette o prodotti cutanei adesivi, cicatrizzano in terza intenzione oprima intenzione ritardata.

Ferite chirurgiche e riabilitazione in acquaNel momento in cui è necessario inserire l’idrokinesiterapia nel programma

riabilitativo, dobbiamo valutare lo stato della ferita togliendo ogni medicazione.La ferita può essere classificata come:

1. Ferita chiusa da medicazione con punti ancora in sede (filo di sutura o graffemetalliche).

2. Ferita chiusa da steri-strip.3. Ferita parzialmente aperta.4. Ferita con perdita di essudato.5. Ferita in via di cicatrizzazione (presenza ancora di croste).6. Ferita completamente cicatrizzata.

Protezioni della ferita per l’entrata in acqua:medicazione trasparente, adesiva, conformabile ed estensibile

Questa medicazione è impermeabile all’acqua e ai fluidi corporei. Il film creauna vera e propria barriera antibatterica, proteggendo la cute sottostante e ridu-cendo il rischio di infezioni secondarie. È di facile ed efficace applicazione; il suosupporto permette di applicare la medicazione conformandola perfettamente alprofilo del corpo, anche nelle zone particolarmente difficili come talloni, gomitio ginocchia. La sua trasparenza permette di posizionare meglio la medicazionesulla sede della ferita stessa. Queste medicazioni possono essere semplici o conun pad di garza all’interno. Queste ultime però, secondo la nostra esperienza, hauna minore adesività, con un maggiore rischio di penetrazione di acqua. Questicerotti hanno una tenuta ottimale fino a una temperatura dell’acqua di 30 °C.

Abstract delle relazioni 31

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Acquaticità e galleggiamentoElena Negro

Il nostro legame con l’acqua è molto profondo e ci riporta indietro nel tempo,alle origini della vita sulla Terra ma anche alla nostra vita prenatale. Il nostrostesso corpo è costituito per due terzi di acqua e indubbiamente essa costituisceper noi un elemento indispensabile.

Ognuno di noi si muove in modo diverso e possiede abilità motorie differenti:questo accade anche in acqua.

Le regole che governano il movimento all’interno di un fluido sono conosciu-te e codificate.

Un corpo fluttuante nell’acqua si dice che è galleggiante. Lo stato di equilibriosi ottiene quando le forze agenti sul corpo (forza di gravità e spinta di galleggia-mento) si annullano e il loro punto di applicazione è sullo stesso asse. Se le forzenon sono uguali, il corpo immerso si sposterà nella direzione in cui agisce laforza maggiore; se i punti di applicazione delle forze non agiscono sullo stessoasse, si può creare un momento rotatorio, che porta il corpo a cercare una posi-zione di equilibrio stabile.

L’equilibrio di un corpo è stabile quando il centro di gravità è sotto il centro digalleggiamento.

Il valore di galleggiamento che una persona possiede è determinato dal pro-prio peso specifico ed è indicato dal volume delle parti del corpo affioranti.

Di conseguenza, morfotipi differenti hanno fattori di galleggiamento diversi.Nonostante le caratteristiche fisiche soggettive che possono facilitare o no il

movimento, l’acquaticità, intesa come a confidenza che ognuno di noi ha conl’acqua, si costruisce con le nostre esperienze quotidiane e dipende dai fattoriambientali e sociali in cui cresciamo.

Tutti, comunque, riceviamo nuovi stimoli e proviamo nuove sensazioni tro-vandoci in questo ambiente.

Su queste premesse dobbiamo costruire la nostra filosofia riabilitativa.

La gestione del paziente in acqua

Il terapista deve assistere e istruire il paziente al fine di renderlo autonomo esicuro in tutte le azioni che deve svolgere prima, durante a al termine della sedu-ta. Il paziente va accompagnato: negli spogliatoi, sul bordo vasca, nell’entrata euscita dall’acqua e all’interno della vasca.

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Patologie del rachide e idrokinesiterapiaLuigi Cerutti

Oltre a proteggere il midollo spinale (argomento di cui non ci occuperemo inquesta sede), la colonna vertebrale (CV):1. fornisce stabilità al capo ed agli arti, consentendo al movimento di distribuir-

si fra le varie parti del corpo;2. consente di sopportare carichi sotto forma di forze compressive e di taglio.

Nella CV. riconosciamo due strutture:1. la prima struttura ricorda una catena i cui anelli – simili ma tutti diversi fra

loro – costituiscono le unità funzionali spinali (UFS), a loro volta costituite dadue vertebre adiacenti connesse da sette legamenti e dal disco. Consideriamoquesta struttura un sottosistema passivo di stabilità e carico;

2. la seconda struttura è costituita dall’insieme di muscoli e tendini che collega-no le UFS. tra di loro e con le altre parti del corpo. Tale struttura, che è con-trollata in ogni istante e diretta dal sistema nervoso, viene considerata un sot-tosistema attivo di stabilità e carico.

Ogni disfunzione che interessi uno o entrambi i sottosistemi può determinareo accompagnarsi a situazioni patologiche anche invalidanti, nelle quali potrannorisultare compromesse in vario grado la mobilità, la stabilità e la resistenza aicarichi della CV.

Il sintomo dolore accompagna quasi invariabilmente tali disfunzioni e nonraramente rappresenta l’aspetto più appariscente del quadro clinico.

Il trattamento riabilitativo si porrà i seguenti obiettivi:– controllo del dolore;– recupero della mobilità, attraverso varie “facilitazioni”;– recupero della stabilità, attraverso incremento e/o migliore distribuzionedella forza;– recupero della tolleranza al carico, partendo da situazioni di carico ridotto.

Riteniamo che la terapia in acqua – per le caratteristiche peculiari del mezzoidrico esaurientemente descritte in altra parte del convegno – rappresenti un’in-dicazione fondamentale per il conseguimento degli obiettivi su elencati.

Abstract delle relazioni 33

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Un possibile modello di idrokinesiterapiaper il trattamento delle patologie del rachide

Cristina Brunelli

Il nostro orientamento prevede un approccio multidisciplinare e finalizzato. Lapartecipazione di diverse figure professionali è inevitabile quando ci si rivolgealle diverse problematiche e patologie vertebrali.

L’acqua, quale mezzo terapeutico, riveste un ruolo fondamentale nel progetto.Il suo utilizzo trova giustificazione nei seguenti presupposti metodologici: le

principali condizioni patologiche della colonna vertebrale hanno come comunedenominatore la più o meno considerevole riduzione di altezza dei dischi inter-vertebrali, unitamente alla riduzione della loro funzione di attivi ammortizzato-ri.

Uno spazio intervertebrale ridotto significa anche, e soprattutto, perdita diqualità e quantità di movimento.

Perché H2O

Immergere un corpo in H2O significa decomprimere ogni singolo disco, ritro-vare più spazio per l’esecuzione dei movimenti angolari, ridurre il tono musco-lare e gli effetti di ciò sulla pressione intradiscale. In acqua disponiamo di unastruttura muscolo-scheletrica immediatamente più predisposta al movimento inflessione laterale, rotazione, estensione e mobilità complesse. Ritroviamo così ledirezioni di movimento perse o ridotte e riportiamo la colonna vertebrale a con-dizione di equilibrio. Inoltre, il disco intervertebrale parzialmente reidratatoritrova la sua funzione fisiologica.

Nella ginnastica posturale a secco dobbiamo sempre evitare un aumento dellapressione intradiscale per le patologie vertebrali e quindi dobbiamo sapere che ivalori della pressione intradiscale sono minimi in posizione supina, sono inter-medi in quella eretta e sono massimi in posizione seduta. Inoltre, indipendente-mente dalla posizione, la pressione intradiscale aumenta con la flessione deltronco. Anche la torsione determina un suo aumento che è maggiore di quelloche si verifica nell’estensione, ma minore di quello provocato dalla flessione.

A secco, queste considerazioni orientano giustamente la costruzione dell’eser-cizio motorio. In presenza di gravità, la pressione intradiscale è fortementeinfluenzata dalle posizioni che si assumono e dai movimenti che si compiono.Un attento educatore sceglie una rieducazione quasi sempre a senso unico, quel-la più appropriata alla patologia da trattare.

Le proprietà fisiche dell’H2O rendono questo ambiente “sicuro” per ogni lom-balgico, non ci sono ostacoli al movimento, non ci sono direzioni di movimentoprecluse. Ci sono infinite possibilità di movimento da ricercare. Flessione, esten-

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sione, rotazione analitiche e mobilità complesse possono e devono essere propo-ste fin da subito. Le proprietà fisiche dell’ambiente acquatico e le fisiologicherisposte del nostro organismo in tale condizione garantiscono sempre una ridot-ta pressione intradiscale anche nei movimenti di flessione, considerati in gravitàcome i più insidiosi.

Questi presupposti rendono indispensabile, quando è possibile, ricorrere almovimento in H2O. L’impegno che riteniamo necessario è di 3 mesi. Vogliamoeducare il lombalgico e abbiamo quindi bisogno di tempo. Il passaggio dall’ac-qua al movimento in gravità è graduale, deciso con il progredire delle sensazio-ni di benessere del paziente.

Abstract delle relazioni 35

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La riatletizzazione in acquaRoberto Manzoni

Per “allenamento sportivo” si intende: “... un processo pedagogico-educativocomplesso che si sviluppa con l’organizzazione dell’esercizio fisico ripetuto inquantità e con intensità tali da produrre carichi progressivamente crescenti, chestimolino i processi fisiologici di supercompensazione dell’organismo e favori-scano l’incremento delle capacità fisiche, psichiche, tecniche e tattiche dell’atleta,al fine di consolidarne ed esaltarne il rendimento in competizione” (P. Bellotti).

È una definizione sintetica chiara, netta ed esaustiva. Non per questo di sem-plice applicazione. Pone l’accento sugli elementi caratterizzanti questo processopedagogico-educativo complesso, visto in prima battuta quale naturale e fisiolo-gica risposta (stress) dell’animale uomo bipede terrestre agli stimoli (stressor)rappresentati, nel nostro specifico caso, da esercitazioni motorie. Esercitazionimotorie che devono essere opportunamente dimensionate, personalizzate e bendistribuite nel tempo, affinché si possa sperare di veder accadere quanto previ-sto dal piano teorico.

“... per consolidarne ed esaltarne il rendimento in competizione”: il fine ulti-mo. In questo intervento si terrà conto di quanto premesso per verificare l’opportunità dell’ uso dell’acqua quale ambiente-mezzo utile per il training del-l’atleta di discipline sportive di “terra”. Quindi, non si tratterà di analizzaremetodiche di allenamento di attività natatorie o acquatiche in genere.

Le particolarità dell’ambiente richiedono opportune considerazioni di tipo bio-meccanico, biofisico, fisiologico e neurofisiologico, legate all’ immersione e all’e-sercizio motorio in acqua dell’atleta.

La temperatura dell’acqua, le caratteristiche dell’impianto e l’uso di tecnologiespecifiche determinano possibilità operative ampie, varie e proficue.

Molte esperienze sono state fatte in passato relativamente all’uso della piscinanatatoria a fini “preventivi”, in associazione ai tradizionali metodi di prepara-zione fisica. Oggi è in gran voga l’uso dell’acqua, in fasi più o meno precoci diun percorso riabilitativo, ma anche a scopi di costruzione della prestazione spor-tiva, oltre che preventivi.

È nostra convinzione che la piscina, come tutti gli strumenti a disposizionedell’allenatore, debba avere una collocazione precisa e motivata nel piano di alle-namento sportivo. Quindi:– “campo & piscina” e non “campo o piscina”;– in piscina per il miglioramento della performance terrestre!– come, quando, ma soprattutto perché in piscina (le mode?!)– il concetto di prevenzione: ammissione di colpa!– il ritorno ancestrale all’acqua, primo momento di vita... è una truffa!

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EBM e idrokinesiterapiaAndrea Foglia

La Evidence-Based Medicine (EBM) è un movimento culturale che si è progressi-vamente diffuso a livello internazionale, favorito da alcuni fenomeni che hannocontribuito a una crisi dei modelli tradizionali della medicina, come la crescitaesponenziale del volume e della complessità dell’informazione biomedica, lacrisi finanziaria dei sistemi sanitari, contemporaneamente alla crescita delladomanda e dei costi dell’assistenza – che impone una distribuzione delle risorsein relazione alla documentata efficacia degli interventi sanitari e lo sviluppodelle tecnologie informatiche nel settore biomedico, culminato nella recenteesplosione del fenomeno Internet.

Non esistono molti studi scientifici riguardanti l’idrokinesiterapia. Esiste gene-ralmente un grande consenso, ma non esistono molte evidenze scientifiche aprova della sua efficacia.

Abstract delle relazioni 37

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Patologie dell’arto superiore e idrokinesiterapiaElena Negro

Gli effetti dell’immersione su un’articolazione in sospensione sono evidenti,per il raggiungimento di un equilibrio tra la forza di gravità e la spinta di gal-leggiamento.

L’acqua è il mezzo ideale per il controllo e il recupero delle rigidità, compli-canza principale nelle patologie del gomito e della spalla. La mobilizzazione inacqua deve essere ricercata il più precocemente possibile, per il ripristino di uncorretto ritmo scapoloomerale e della funzionalità dell’intera catena cinetica.

Gli effetti della spinta di galleggiamento sono diversi nelle diverse posizioni dilavoro e danno agli esercizi caratteristiche e intensità differenti.

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Patologie dell’anca e idrokinesiterapiaElena Negro

L’anca è una delle articolazioni che traggono maggior beneficio dal lavoro inacqua; la sua sofferenza, infatti, si manifesta fondamentalmente quando vienesottoposta al carico articolare.

L’immersione permette a questa articolazione di lavorare a carico corporeoridotto, riducendo quindi il dolore e permettendo di compiere movimenti piùvari e di ampiezza maggiore, favorendo un precoce ritorno alla normale funzio-nalità.

L’anca, se sofferente, impedisce di eseguire una corretta deambulazione; tipi-camente, i pazienti che presentano patologie di questa articolazione, mostranodeficit di estensione e alterazione del normale schema del passo (segno diTrendelenburg).

Rieducazione al carico e rieducazione al passo rivestono così un ruolo impor-tantissimo nello svolgimento dell’idrokinesiterapia, in tutte le patologie d’anca.

È utile sfruttare una zona di camminamento piuttosto lunga e, quando possi-bile, ad altezza variabile, per dosare la progressione del lavoro in carico.

La presenza di una parte della vasca con acqua alta ci permette invece di effet-tuare esercizi in scarico completo, dove è possibile eseguire una riattivazionemuscolare, una ripresa aerobica e incrementare l’escursione articolare.

Slanci e semipiegamenti degli arti inferiori completano solitamente lo svolgi-mento di una seduta tipica di lavoro in acqua.

Le patologie dell’anca possono affrontare un trattamento di tipo conservativoo pre- o post-chirurgico. Le più frequenti sono, nel primo caso, coxartrosi, displa-sia congenita d’anca, borsite peritrocanterica, esiti di fratture (bacino); nel casoinvece della riabilitazione postoperatoria, ciò di cui più spesso ci occupiamosono gli esiti di protesi e le fratture osteosintetizzate (bacino e femore).

Dobbiamo ricordare che anche in acqua, nel caso di protesizzazione, bisognaadottare alcune precauzioni, proteggendo flessione e intrarotazione d’anca finoal trascorrere del secondo mese.

Abstract delle relazioni 39

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Patologie del ginocchio e idrokinesiterapiaMichele Massimo Marzano

Le patologie del ginocchio sono da sempre tra le più diffuse e studiate nelpanorama fisiatrico e ortopedico.

L’idrokinesiterapia si è così nel tempo consolidata ed estesa; viene così propo-sta nel trattamento riabilitativo di tipo conservativo, pre-chirurgico e post-chi-rurgico, acquisendo un ruolo fondamentale nei casi in cui il ginocchio sia parti-colarmente sofferente e necessiti di un lavoro “dolce” in un ambiente atraumati-co.

L’acqua, in tutti questi casi, permette di rilassare la muscolatura, migliorarel’ampiezza dei movimenti, stimolare il riassorbimento del versamento intrarti-colare, dell’edema extrarticolare e di dosare il carico.

Il programma rieducativo viene organizzato da terapisti e fisiatra, discusso conil paziente e integrato con le altre terapie.

Gli esercizi proposti vanno adattati alle necessità del paziente, alla patologia inatto e non tengono più conto della suddivisione in catene cinetiche aperta e chiu-sa; la loro applicazione, infatti, viene modificata dalla viscosità del fluido e dallapressione idrostatica.

La seduta in vasca è strutturata variando tre fattori principali: il livello dell’ac-qua, la posizione del paziente e gli ausili utilizzati.

Le posizioni di lavoro usate sono: posizione seduta, prona, supina e stazioneeretta, che vengono alternate secondo la patologia. La resistenza offerta dall’ac-qua può essere variata, oltre che con l’utilizzo di ausili, anche con la velocità diesecuzione del movimento.

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Patologie della caviglia e idrokinesiterapiaMichele Massimo Marzano

Numerosi sono i traumi che interessano la caviglia, alcune volte importanti edebilitanti, più spesso banali ma non trascurabili, come il trauma più ricorrentea carico di questa articolazione, la distorsione tibiotarsica in inversione.Dobbiamo tener presente che anche queste “piccole lesioni” possono alterare labiomeccanica della caviglia e del piede, generando stati dolorosi e infiammatoriche rallentano il recupero funzionale e alterano il sistema propriocettivo dellacaviglia, ponendola a rischio di recidive. Questi traumi spesso impediscono ladeambulazione, generano importanti ematomi e una conseguente cattiva circo-lazione periferica, gonfiore e tendenza all’immobilizzazione dell’articolazione.

È nell’immediato post-trauma che l’acqua trova indicazione per le sue caratte-ristiche, poiché migliora i processi di assorbimento, limitando la formazione diaderenze a carico delle parti molli.

Assenza di carico (rieducazione al passo), pressione (miglior drenaggio), den-sità (massaggio superficiale) ed esterocezione (maggiori stimolazioni cutanee econseguente miglior percezione) sono i punti di forza dell’immersione.

Gli esercizi che proponiamo inizialmente variano secondo il carico concesso(scarico totale, scarico parziale, carico libero).

Nel caso ci siano stati un’immobilizzazione e/o un periodo di scarico totale, laprima fase sarà di rieducazione al carico e al passo, con esercizi di sensibilizza-zione di presa di coscienza e di recupero degli schemi motori. Successivamente,nel recupero della mobilità, possiamo utilizzare ausili, come pinne, acqua flap,piani inclinati, salvagente, tavolette.

Gli esercizi sono caratterizzati dall’elevata resistenza offerta dall’acqua e il lorosignificato varia secondo la velocità di esecuzione. Altro aspetto fondamentalenella rieducazione è il recupero delle abilità propriocettive.

Considerando la ridotta capacità di reagire velocemente a un disequilibrio,dovuta alla densità del fluido, spesso è sufficiente creare turbolenze o eliminarei riferimenti visivi, senza utilizzare ausili, per mettere in difficoltà il paziente.

Possiamo comunque utilizzare piani instabili, in appoggio e in galleggiamen-to, come tavolette, salvagente, tubi, manubri per creare disequilibrio.

Il recupero della forza avviene prevalentemente in modo spontaneo con laripresa del cammino, con il recupero della mobilità e della propriocezione; percompletare il recupero della forza possiamo proporre delle andature sulle punte,sui talloni, passo laterale, incrociato, salite e discese da un gradino, per arrivarealle prime attività di maniche, come gli affondi con ritorno.

Nell’ultima fase del programma riabilitativo si può proporre un’attività cherestituisca al soggetto la fiducia e la consapevolezza di aver ottenuto un recuperocompleto. Corsa, corsa calciata, skip, scivolamenti laterali, galoppo laterale, balzibi- e monopodalici, balzi con torsione, cambi di direzione preparano il pazientealla ripetizione degli stessi movimenti a secco e nel caso di atleti in campo.

Abstract delle relazioni 41

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Patologie muscolari e idrokinesiterapiaStefano Vimercati

La piscina riabilitativa rappresenta l’ambiente ideale dove iniziare il percorsorieducativo del paziente affetto da patologie muscolari.

L’acqua con temperatura di 34 °C aiuta a normalizzare il tono del muscolo lesoe facilita il riassorbimento di edema ed ematoma.

Il movimento svolto in piscina permette di effettuare contrazioni muscolarimolto blande in assenza di dolore, facilitando un recupero più veloce delle pre-stazioni.

L’alterazione della normale fisiologia e funzionalità muscolare può essere sud-divisa in lesione acuta (indiretta e diretta), subacuta e cronica.

Una delle classificazioni più semplici, ma più pratiche, della lesione indiretta èla seguente: contrattura, stiramento e lesione muscolare di primo, secondo eterzo grado (“strappo”).

L’idrokinesiterapia, nei pazienti con contrattura muscolare, viene proposta nei2-3 giorni successivi all’infortunio, come preparazione al massaggio e allo stret-ching svolti in palestra. Gli esercizi vengono eseguiti prevalentemente in scarico,dove viene richiesta una blanda contrazione del muscolo interessato. Nei 2-3giorni successivi, il trattamento in acqua segue il lavoro riabilitativo eseguito inpalestra ed è finalizzato al defaticamento muscolare.

Nel caso di stiramento e lesione muscolare vera e propria, il piano di tratta-mento è più articolato e l’idrokinesiterapia permette di iniziare anticipatamenteil lavoro muscolare attivo.

Nei casi più gravi, per i primi 5-7giorni dopo il trauma, il lavoro viene svoltoesclusivamente in acqua. In questa fase gli esercizi sono molto blandi e la lorofinalità è favorire il drenaggio dell’ematoma, il riassorbimento dell’edema e sti-molare la creazione di una cicatrice correttamente orientata.

Nella fase successiva, il trattamento in acqua è affiancato da quello a secco; invasca gli esercizi sono rivolti alla riattivazione muscolare attraverso contrazioniconcentriche ed eccentriche. In un primo tempo, è coinvolta esclusivamente lamuscolatura antagonista a quella lesionata. I miglioramenti ottenuti determina-no il passaggio al lavoro della muscolatura agonista e l’intensità del lavoro, chepuò essere incrementata anche con l’utilizzo di ausili.

Nella lesione muscolare diretta, è frequente la comparsa di una raccolta emati-ca intrafasciale o interfasciale, che provoca dolore, limitazione articolare e inca-pacità di contrarre il muscolo volontariamente. L’immersione favorisce il rias-sorbimento dell’edema tramite il miglioramento del ritorno venoso, del circololinfatico e della mobilità articolare, accelerando la risoluzione dei sintomi.

Nelle lesioni subacute e croniche, è possibile impostare molto gradualmente icarichi di lavoro, eliminando i compensi che comportano uno squilibrio funzio-nale e i sovraccarichi.

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Neurofisiopatologia elementareLuisa Pietrasanta

Data la vastità dell’argomento quando si parla di fisiologia e patologia delsistema nervoso, ho preferito soffermarmi a considerare le patologie e i disturbineurologici di particolare interesse nell’ambito del trattamento riabilitativo inacqua.

Emiparesi ed emiplegia sono conseguenze di lesioni del sistema nervoso centra-le, o “accidenti cerebrovascolari”. La lesione può essere di tipo ischemico o emor-ragico; diverse sono le cause e le manifestazioni cliniche variano secondo idistretti coinvolti.

Paraplegia e tetraplegia sono spesso conseguenza di un trauma alla colonnavertebrale, con conseguenti fratture associate a danni del midollo spinale, oppuresono dovute a malattie che provocano danni specifici al midollo spinale.

La sclerosi multipla è caratterizzata da lesioni disseminate senza ordine nellasostanza bianca del sistema nervoso centrale; ogni lesione è un focolaio di demie-linizzazione. L’eziologia è sconosciuta e la dispersione temporale e spaziale dellelesioni rende conto del polimorfismo clinico (debolezza, facile faticabilità, iper-tonia d’azione, iperreflessia tendinea asimmetrica, spasticità, atassia, pareste-sie/disestesie, disordini vestibolari, disturbi di fonazione e deglutizione).

La forma più comunemente trattata in acqua è quella caratterizzata dalla spa-sticità che colpisce entrambi gli arti inferiori.

La sindrome parkinsoniana è definita dall’associazione di tremore, acinesia eipertono; l’eziologia è sconosciuta e sono costanti le lesioni della sostanza nera.

Il tremore è “a riposo”: scompare con l’esecuzione del movimento volontario;inoltre non è presente durante il sonno e nelle condizioni in cui è possibile otte-nere un rilassamento muscolare completo; al contrario lo facilitano le emozioni,la fatica e uno sforzo di concentrazione intellettiva.

L’acinesia è caratterizzata da lentezza e da una globale riduzione della motilitàvolontaria: il paziente è immobile e inespressivo, con una gestualità notevol-mente impoverita, movimenti rari, lenti e talvolta solo abbozzati.

L’ipertonia è caratterizzata da rigidità, che oppone allo stiramento passivo deimuscoli o di un’articolazione una resistenza costante durante tutta la duratadello stiramento; l’ipertonia, inoltre, per la sua distribuzione, realizza un atteg-giamento generale in flessione (o camptocormico), che si manifesta precocemen-te a livello del gomito, per poi interessare la testa, il tronco, gli arti superiori.

Le neuropatie sono patologie che interessano il sistema nervoso periferico (checomprende nervi cranici, nervi periferici, sistema nervoso vegetativo).Clinicamente è consuetudine distinguere le neuropatie in polineuropatie e mono-neuropatie.

Nelle polineuropatie, indipendentemente dall’eziologia (stati tossici, carenziali,disordini metabolici, infezioni, reazioni immunitarie), si ha interessamento gene-ralmente simmetrico, distale e graduato; spesso la distribuzione della sintoma-

Abstract delle relazioni 43

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tologia (parestesie, dolore, ipostenia, disturbi circolatori e conseguente edema ealterazione del trofismo cutaneo) è “a calza di guanto”.

Nelle mononeuropatie il nervo periferico risulta danneggiato da processi cheprovocano lesioni focali o multifocali (compressione, trazione, ischemia); la sof-ferenza del nervo periferico si manifesta clinicamente con:– sintomi soggettivi quali parestesie, iperestesie e dolore;– segni clinici di deficit della sensibilità, areflessia, iporeflessia osteotendinea,

perdita della forza muscolare, ipotonia muscolare (con conseguente diminu-zione dei movimenti volontari e minore protezione alle articolazioni, che pos-sono così essere facilmente danneggiate).

Ne è un esempio la lesione del plesso brachiale: può essere completa o parzia-le; se è parziale, la più comune è quella del tronco superiore (che interessa laspalla e i muscoli flessori del braccio). Nella lesione totale la sensibilità è total-mente assente e i muscoli dell’arto superiore sono ipostenici; le articolazionisono senza protezione per mancanza del tono muscolare, soprattutto quella dellaspalla, per cui sono frequenti le sublussazioni.

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Gestione del paziente neurologico in acquaSergio Rigardo

Il progetto riabilitativo di un paziente affetto da disabilità di origine neurolo-gica deve tenere presente la sua multifattorialità eziologica nello sviluppo di pro-grammi rieducativi il più adattabili possibile all’outcome globale. L’utilizzo didiverse tecniche, integrate con un’approfondita valutazione e un costante sup-porto neuropsicologico, ha recentemente dimostrato come l’evoluzione del recu-pero funzionale possa ottenere incrementi significativi. L’associazione di pro-grammi che comprendono una parte del trattamento in acqua consente di atti-vare canali informativi e sostenere il recupero neuropsicologico del paziente piùprecocemente e in maniera più stabile. Quando indicato, con pazienti idonei,mediante personale qualificato in modo specifico e in ambienti appositamenteattrezzati, integrare il trattamento rieducativo a secco con sedute in acqua rivo-luziona le potenzialità di recupero sia quantitativamente sia qualitativamente,migliorando sia la funzionalità sia la compliance neuropsicologica del pazientetrattato.

La “riabilitazione in acqua” consente di perfezionare l’evoluzione del recupe-ro funzionale del paziente e rappresenta il valore aggiunto che qualifica il tratta-mento rieducativo, avvicinando il riabilitatore al disabile. Questo concetto di“avvicinamento” si manifesta attraverso l’esasperazione del disagio motorio;infatti anche l’operatore, durante il trattamento, subisce un disagio motorio, inquanto immerso nell’acqua. Il soggetto disabile si viene a trovare in condizionipressoché simili a quelle dell’operatore e quest’ultimo si trova in condizioni didisagio motorio che lo avvicinano sia psicologicamente sia funzionalmente alsoggetto che sta trattando.

Abstract delle relazioni 45

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L’idrokinesiterapia nel percorso terapeuticoSergio Rigardo, Roberto Manzoni, Milco Zanazzo

46 CORSO DI FORMAZIONE IN IDROKINESITERAPIA