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VITRIOLED IL TEMA DELLA DISCESA AGLI INFERI.

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V∴I∴T∴R∴I∴O∴L∴ED IL TEMA DELLA

DISCESA AGLI INFERI.

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GianmicheleGalassi

Il tema della discesa negli inferi, o più esattamente della catabasi, non ècertamente una novità: innumerevoli sono gli esempi nelle varie culture fin

dall'antichità più remota. Basti ricordare Ercole, Polluce, Orfeo per i greci, lababilonese Inanna, l'eroe ittita Kessi, Xolotl in Messico, Enea per i latini e

Dante nella letteratura italiana. Lo stesso Gesù sarebbe morto per poirisorgere, quindi è ben chiaro come la possibilità di scendere nel regno deimorti per poi fare ritorno a quello dei vivi sia espressione di un ancestrale

bisogno degli esseri umani. Naturalmente, i vari miti e racconti danno aditoad interpretazioni verosimilmente diverse, ma allo stesso tempo sono semprericonducibili ad un processo trasformativo catartico dell’Io-anima o all’idea

della vita eterna con la conseguente sconfitta della morte.

Sotto:Ercole mentre cattura Cerbero.Disegno di Hans Sebal Beham.

Tratto da: The Labours of Hercules (1542-1548)

Nella pagina precedente:Aurum vellus.Solomon Trismosinus, Hambutg, 1708

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La Catabasi1

Il viaggio nell’Ade inizia solitamente in luo-ghi poco accessibili2, porte celate alla vistadei mortali che, una volta aperte, conduconoin un’altra dimensione, caratterizzata soventedalla immobilità temporale; un luogo ineffa-bile per l’essere umano ancorato alla vita, diconseguenza, alla dimensione temporale, unospazio al di là dell’esperienza, del conoscibi-le, governato da potenze superiori che regola-no la “vita dopo la morte”. Solo coloro chepossiedono caratteristiche non comuni sonoin grado di oltrepassare la furia di Cerbero,custode imperturbabile e feroce di quellePorte, e ritornando sui propri passi, uscire nelmondo dei vivi. Basti ricordare le parole chela Sibilla Cumana rivolge ad Enea3:

Enea, germe del cielo, 190lo scender ne l’Averno è cosa agevoleché notte e dí ne sta l’entrata aperta;ma tornar poscia a riveder le stelle,qui la fatica e qui l’opra consiste.Questo a pochi è concesso, ed a quei pochi 195ch’a Dio son cari, o per uman valorese ne poggiano al cielo. A questi è datocome a’ celesti.

Lo stesso Ercole, eroe e semi-dio, prima dipoter scendere nel mondo di Plutone, dovettepurificarsi ed essere iniziato ai MisteriEleusini:“La dodicesima fatica fu la cattura di Cerbero,nell’Ade. Cerbero aveva tre teste canine, coda di ser-pente ed il dorso irto di teste di serpenti.Per poter accedere all’Ade Eracle si recò ad Eleusidove Eumolpo lo purificò per l’uccisione dei Centaurie lo iniziò ai misteri.Nell’Ade Eracle incontrò le ombre di Meleagro edella Gorgone Medusa, liberò Teseo ma non riuscì aliberare Piritoo; fece rotolare via la roccia che tenevaprigioniero Ascalafo.Ottenne Cerbero da Plutone a condizione che lo cat-turasse senza fare uso di armi, lo mostrò ad Euristeoe lo riportò nell’Ade.” [Apollodoro (Pseudo),

Biblioteca, Libro II, 5.1-5.12]

Tutti questi episodi, narrati così a lungo, sot-tendono una lezione di vita; dagli insegna-menti morali ivi contenuti possiamo percepi-re come i grandi autori classici fossero giuntiad una concezione dell’esistenza umana chetenesse conto dell’essenza del vivere, essendoriusciti a scremare tutta la futilità e la superfi-cialità dei valori materiali… Nei testi vengo-no quindi sapientemente dosati tutti gliingredienti utili alla ricetta di una vita consi-stente e felice. Naturalmente questi antichiprecetti, molto spesso artatamente travisatinel corso della storia dalle varie religioni cheintendevano solamente avere il controllosulla popolazione, stanno alla base di tutti ilibri sacri che – più o meno esotericamente -indicano un codice spirituale e comportamen-tale che indica la retta via da seguire per ilmiglioramento della propria condizione. E’fondamentale comprendere come tale condi-zione non è direttamente collegata alla vitasociale, né tantomeno con la proprietà di benimateriali, ma si rivolge precipuamente allasfera interiore: conoscenza, controllo e potere,se equamente esercitati sul proprio io posso-no renderlo inattaccabile dall’esterno… fato,fortuna ed opportunità saranno quindi rele-gati ad un ruolo di secondo piano ed il nostroIo sarà sempre consapevole. Lo stato delle coseassumerà una valenza molto diversa e mai,durante la propria vita, accadrà di sentirsiperduti, soli, inadeguati: colui che percorreràquesta strada comincierà via via a sentirsicome invulnerabile, la propria coscienza,infatti, non porterà più nessun attacco a chipossederà la conoscenza e la consapevolezzadel giusto. Raggiunto un siffatto traguardo, lecose per cui i più combattono, disperdendopreziose energie, ci parranno tanto superflueda non esser neppure considerate.Veniamo adesso ai fattori necessari ad intra-prendere con successo la catabasi.

Lo Psicopompo

Lo psicopompo è la figura che svolge la fun-

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zione di accompagnare le anime dei mortinell’al di là. Un esempio classico è quello diCaronte, ovvero il traghettatore di animeattraverso l’Acheronte4, un essere sopranna-turale, demoniaco, che doma le acque putridedel fiume infernale… Ecco come Dante lodescrive:

Ed ecco verso noi venir per naveun vecchio, bianco per antico pelo,gridando: “Guai a voi, anime prave! 84

Non isperate mai veder lo cielo:i’ vegno per menarvi a l’altra rivane le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo. 87

E tu che se’ costì, anima viva,pàrtiti da cotesti che son morti”.Ma poi che vide ch’io non mi partiva, 90

disse: “Per altra via, per altri portiverrai a piaggia, non qui, per passare:più lieve legno convien che ti porti”. 93

E ‘l duca lui: “Caron, non ti crucciare:vuolsi così colà dove si puoteciò che si vuole, e più non dimandare”. 96

Quinci fuor quete le lanose goteal nocchier de la livida palude,che ‘ntorno a li occhi avea di fiamme rote. 99

Il Trionfo della Morte (1562).Peter Bruegel Il Vecchio. Museo del Prado.

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e poi ancora:

Caron dimonio, con occhi di bragialoro accennando, tutte le raccoglie;batte col remo qualunque s’adagia. 111

Analizzando bene l’etimologia del vocabolopsicopompo5, sembra più opportuno, almenonella Commedia dantesca, attribuire questoruolo a Virgilio prima ed a Beatrice e SanBernardo poi: sono i tre che condurrannol’autore attraverso la sua singolare visione delmondo dopo la vita, un’allegoria che saràcapace di influenzare gran parte della culturaoccidentale nei secoli a venire.Tali argomentazioni possono sicuramenteriferirsi anche all’Eneide5, in cui l’eroe, Eneaappunto, condotto dalla la Sibilla Cumana6,sacerdotessa di Apollo, visita nei Campi Elisii propri antenati, incontrando anche l’anzianopadre Anchise, da poco deceduto; anche inquesta occasione ritroviamo prima la figuradi Caronte e poi quella di Cerbero:

Quinci preser la via là ‘ve si varcail tartareo Acheronte. Un fiume è questofangoso e torbo, e fa gorgo e vorago,che bolle e frange, e col suo negro loto 440si devolve in Cocito. È guardianoe passeggiero a questa riva impostoCaron demonio spaventoso e sozzo,a cui lunga dal mento incolta ed irtapende canuta barba. Ha gli occhi accesi 445come di bragia. Ha con un groppo al colloappeso un lordo ammanto; e con un palo,che gli fa remo, e con la vela reggel’affumicato legno, onde tragittasu l’altra riva ognor la gente morta. 450Vecchio è d’aspetto e d’anni; ma di forze,come dio, vigoroso e verde è sempre.

Poco dopo, in un bellissimo passo, Caronteesprime il suo rifiuto a traghettare i viviverso l’Ade, allora la Sibilla gli presental’eroe Enea, poi senza indugio mostra aCaronte il ramo d’oro, chiave d’accesso almondo infernale.

«Olà, ferma costí, - disse gridando -qual che tu sei, ch’al nostro fiume armato

ten vai sí baldanzoso; e di costinci 570di’ chi sei, quel che cerchi, e perché vieni:ché notte solamente e sonno ed ombrehan qui ricetto, e non le genti vive,cui di varcare al mio legno non lece.E s’Ercole e Tesèo e Piritòo 575già v’accettai, scorno e dolore n’ebbi;ché l’un d’essi il tartarëo custodeincatenovvi, e, di sotto anco al seggiodel proprio re, tremante a l’aura il trasse;e gli altri alfin dal maritale albergo 580rapir di Dite la regina osaro».

«Nulla di queste insidie - gli risposela profetessa - a macchinar si viene.Stanne sicuro; e quest’arme a difesasi portan solamente, e non ad onta. 585Spaventi il can trifauce a suo dilettole pallid’ombre; eternamente latrine l’antro suo; col suo marito e ziosi stia casta Prosèrpina mai sempre,ché di nulla cen cale. Enea troiano 590è questi, di pietà famoso e d’armi,che per disio del padre infino al fondode l’Èrebo discende; e se l’esempiodi tanta carità non ti commove,questo almen riconosci». E, fuor del seno 595d’oro il tronco traendo, altro non disse.

Ei, rimirando il venerabil donode la verga fatal, già di gran temponon veduto da lui, l’orgoglio e l’iratosto depose, e la sua negra cimba 600a lor rivolse, e ne la ripa stette.

E poi, poco oltre, oltrepassano anche Cerbero:

Giunti che furo, il gran Cèrbero udiroabbaiar con tre gole, e ‘l buio regnointonar tutto; indi in un antro immensosel vider pria giacer disteso avanti, 615poi sorger, digrignar, ràbido farsi,con tre colli arruffarsi, e mille serpisquassarsi intorno. Allor la saggia maga,tratta di mèle e d’incantate biadeuna tal soporifera mistura, 620la gittò dentro a le bramose canne.Egli ingordo, famelico e rabbiosotre bocche aprendo, per tre gole al ventretrangugiando mandolla, e con sei lumi

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chiusi dal sonno, anzi col corpo tutto 625giacque ne l’antro abbandonato e vinto.

Avendo perciò compreso cosa sia uno psico-pompo, è giunto il momento di chiederci chio quale potrebbe essere il nostro accompa-gnatore nel simbolico viaggio alla riscopertadi noi stessi… ed è qui che dobbiamo benscegliere: sarà proprio lo psicopompo a doverassolvere il compito di indicarci la rotta damantenere. In questo senso è difficile poterfornire una risposta univoca che possa soddi-sfare universalmente ciascun uomo, ognunodovrà scoprirlo pian piano nel corso dellapropria progressione spirituale; ciò che viposso riportare è la mia personale esperienza,fatta di molteplici figure, di volta in voltaritenute più adatte al tipo di percorso.Sono stato accettato giovanissimo in unaLoggia massonica ed è qui che sono incappa-to – neppure tanto casualmente – in alcunementi che ho intuito di dover seguire, attra-verso il loro esempio ed insegnamento hocominciato a comprendere l’importanza di unaffinamento personale che fin da subito hamanifestato una serie di benefìci nel rapportocon me stesso. La via del successo e del pote-re mi avevano non poco affascinato, rendendoi miei sensi incuranti di ciò che veramente miinteressava: la senzazione di disagio – magarinon troppo percepibile all’esterno – era note-vole, la strada che stavo percorrendo miavrebbe condotto là dove non avrei mai volu-to giungere. E’ ciò che intendevo dire primacon l’affermazione di estrema singolaritàdella via interiore: il primo passo da compie-re è comprendere ciò che ci è veramente gra-dito anche se non dovesse combaciare con leaspirazioni altrui o con l’immagine di sé chesi vuol proiettare nella società.Indicatami la strada iniziale, ho cominciatoad esplorare tutte le possibilità attraverso il“secreto” dei Maestri: da Socrate a Popper, daPlatone a Kerouac, passando per Stevenson,Asimov e molti altri insieme a numerosisaggi su vita ed opere dei grandi personaggi.Tutto questo mi ha guidato sino ad oggi,magari per alcuni non è un gran ché, ma è ciòche mi serviva per essere felice con la fami-glia, gli amici e, soprattutto me stesso…

Sopra:Yama, Il signore della Morte.

Iconografia buddhista tibetana (XVII-XVIIIsec.).The Metropolitan Museum of Art.

Sotto:Il sonno della ragione genera mostri

(1797).Francisco Goya.

Acquaforte, 21,6 cm × 15,2 cm.Biblioteca Nacional de España, Madrid

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Psicopompi e Guardiani Infernali nell’iniziazione

Volendo approfondire l’argomento dal punto divista iniziatico-simbolico, potremmo individuaredue livelli fondamentali su cui concentrare lariflessione: il primo interiore ed il secondo este-riore. Voglio introdurre questo elemento che nonmi sembra affatto banale e la cui comprensione èbasilare se si vuole intendere pienamente il signi-ficato di “iniziazione” edella relativa morte pro-fana e rinascita a nuovavita.Come ho affermato piùvolte, intendo il percorsoiniziatico come esclusivoper ciascun individuo,pertanto non posso cheritenere che vi sia un fat-tore personale responsa-bile, seppur solamente inparte, di questa palinge-nesi. Ecco che allora hocreduto di dover distin-guere fra sfera pretta-mente interiore ed este-riore, non solamente nel-l’aspetto che sottiene glieffetti, ma anche – esoprattutto – in quelloche attiene le cause…La ricerca introspettivaa tal riguardo, mi ha con-dotto ad una personaleteoria proprio sui fattorio cause che possanoseriamente portare acompimento il processoiniziatico: non avendocertezze assolute odogmi e dovendo avviareil processo di armonizzazione interna che constadi un’iniziale lotta fra forze opposte, dobbiamoindividuare ed interpretare simbolicamente, ovve-ro trasporre, queste energie contrapposte nellerealtà allegorico-esoteriche individuabili neimetodi tramandatici da questa ricca tradizione. Ilprimo passo consta nella materializzazione inte-riore dello psicopompo, allora pensando alle qua-lità capaci di condurci alla rinascita, mi sovvengo-no sapienza ed intelligenza che secondo la tradi-zione cabalistica ebraica sono capaci di sviluppa-re la bellezza… riflettendo la figura dantesca di

Virgilio ed anche quella virgiliana della Sibillaincarnano certamente le qualità della saggezza edell’intelligenza: il primo grande Maestro e laseconda capace di risolvere qualsiasi enigmaumano, tanto da poter guidare le azioni per il suc-cesso dell’impresa, andando avanti in Dante aVirgilio si sostituisce Beatrice che per l’autore è

bellezza assoluta…In ultima analisi servesolo l’aggiunta dellavirtude, l’antica forza,ben rappresentata daEracle: l’eroe, dopo ilnoviziato, decide di riti-rarsi in meditazione perdecidere cosa fare dellapropria vita; dopo qual-che tempo si trova difronte due figure fem-minili: la “Mollezza”che gli propone unavita facile, priva di diffi-coltà e la “Virtù” cheinvece gli presenta uncammino pieno di osta-coli che però potrà con-durlo alla “Gloria”,naturalmente tutticonosciamo il risultatodi tale scelta che obbli-gherà Eracle alleFatiche. Il fatto da sot-tolineare non è quellodella ben nota forzafisica del semidio, mabensì della estremavolizione, ben più rara.A tutto ciò si contrap-pongono le infime,

quanto temibili, potenze (Cerbero) che spessosono radicate in noi, sio a lambire la nostra stes-sa essenza… mi riferisco ai vizi e pregiudizi,indotti in parte geneticamente ed in parte cultu-ralmente dalla società in cui viviamo e cresciamo.Concludendo, sul piano interiore, con volizionedobbiamo farci condurre dalla sapienza verso labellezza, o armonia, che sarà poi capace di elevar-ci sino ai piani più elevati, o se volete più sottili,relegando i vizi ed i pregiudizi “in oscure e pro-fonde prigioni”, in modo da non esserne influen-zati in alcun modo.

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Morte ed iniziazione

Il concetto di morte può assumere vari signi-ficati: dalla fine di tutto, quale ultimo attodell’esistenza senza alcuna possibilità di pro-roga, a semplice trasmutazione, attraverso lamigrazione dell’anima, sino alla rinascita anuova vita, una vita spirituale che si protraeall’eternità…Certamente riguardo alla morte sappiamo benpoco, rappresentazione più alta dell’ineffabilerisposta alla domanda “dove andiamo?” chericorre nella mente umana, sin dal suo “ini-tium”. Non so, se fra le innumerevoli teorie ariguardo, qualcuno abbia colto nel segno,quello che so, è che numerose e complessestrutture ideologiche che stanno alla base divere e proprie dotrine, sono costruite su que-sta fatidica risposta…Un tempo esisteva la morte e basta, poi con losviluppo culturale delle società, susseguitesinel corso della storia umana, si è tentato ditrovare una risposta più o meno plausibileall’incertezza su ciò che sia dopo la morte…Filosofi, scienziati, religiosi, ciascuno ha ipo-tizzato una propria specifica visione dell’al dilà, adducendo le motivazioni più disparate,(in)utile avallo a ciò che l’essere umano, spi-rito, anima o corpo che sia, non può conosce-re direttamente. All’uopo, rispettivamentesecondo l’inclinazione di ognuno, si sonocreati dogmi, ovvero precetti dettati diretta-mente dalla divinità tramite i propri rappre-sentanti viventi nel nostro pianeta, oppureteorie scientifiche, o pseudo tali, difficilmentedimostrabili e sperimentabili, sino ai costruttilogico-filosofici, per terminare con la stradamediana -a noi più congeniale- del ragiona-mento scientifico integrato dall’imprescindi-bile fattore spirituale, vera ricchezza dell’uo-mo. Così si è giunti alla via iniziatica masso-nica che ha compreso e voluto sommare alpuro razionalismo la capacità squisitamenteumana dell’intuizione trascendente, unicomezzo possibile per compiere l’ultimo e piùimportante passo verso l’ineffabilitàdell’Essere Supremo.Per tale concezione, i concetti di morte e rina-scita sono affrontati più volte durante il per-corso iniziatico, assumendo via via significatidiversi.

Il VITRIOL, acronimo di Visita Interiorae TerraeRectificando Inveniens Occultam Lapidem, non èaltro che l’iniziale trasposizione massonicadella rinascita a nuova vita dopo la morte: ilprimo simbolico viaggio dell’iniziato si svol-ge all’insegna dell’elemento “terra”, colui cheè stato scelto per intraprendere la nuova viadeve meditare sulla propria vita da profano,tirare le somme della propria esistenzalasciando un testamento, ultimo atto dellavita passata, quale espressione di intentifuturi. Al contempo, durante la permanenzanel Gabinetto di riflessione, deve raggiungerela concentrazione necessaria ad una medita-zione talmente profonda (Visita InterioraeTerrae) da fargli scorgere la scintilla divina(Inveniens Occultam Lapidem) che ha semprerisieduto, seppur a sua insaputa, nel suo «Io»più intimo.La pietra filosofale, capace di trasformare lamateria vile (piombo) in materia nobile (oro),è rimasta celata in profondità e può esserescoperta intraprendendo la “giusta via”, ovve-ro la strada retta della virtù (rectificando).Quindi lo scopo ultimo del VITRIOL sonocatarsi ed introspezione per rigenarsi in unuomo nuovo come la fenice che risorge dalleproprie ceneri.Dopo il primo elemento, il recipiendario,ovvero colui che aspira ad essere iniziato,dovrà superare alcune prove caratterizzatedagli altri elementi: acqua, aria ed infinefuoco. In questo senso basti pensare al per-corso dantesco attraverso i tre regni ultrater-reni - mi riferisco ad Inferno, Purgatorio eParadiso - che non poteva che culminare conil contatto diretto con l’emanazione divina, laLuce…Ecco, quindi, riaffacciarsi la funzione sincreti-stica massonica che è riuscita –sempre allego-ricamente- a traspondere la simbologia esote-rica classica in un piano più consono alla cul-tura moderna e contemporanea, rendendo iconcetti talmente universali da esser compresianche senza la profonda conoscenza dei clas-sici egizi, greci e romani: il richiamo a virtùeroiche o divine, leggibile nei passi citati pre-cedentemente, si trasformano in virtù umaneed in particolare quelle caratterizzanti ilLibero Pensiero, sorgente indispensabile a

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chiunque intenda dissetare il proprio spiritoprima si accinga a percorrere la via iniziatico-spirituale per il proprio perfezionamento. Talinumerose virtù, debbono essere infatti fonda-te sulla temperante volontà individuale esulla consapevolezza di una costante operautile al superamento di numerosi ostacoli,tradotti in allegoriche prove, proprio comedoveva accadere in passato (Eneide, libro VI):

l loco tutto in mezzoè da selve intricato, e da negre acquede l’infernal Cocíto intorno è cinto. 200Ma se tanto disio, se tanto amoret’invoglia di veder due volte Stigee due volte l’abisso, e soffrir osiun cosí grave affanno, odi che primaoprar convienti. È ne la selva opaca, 205tra valli oscure e dense ombre ripostoe ne l’arbore stesso un lento ramocon foglie d’oro, il cui tronco è sacratoa Giuno inferna: e chi seco diveltoquesto non porta, ne’ secreti regni 210penetrar di Plutone unqua non pote.Ciò la bella Prosèrpina comanda,che per suo dono il chiede; e svèlto l’uno,tosto l’altro risorge, e parimenteha la sua verga e le sue chiome d’oro. 215Entra nel bosco, e con le luci in altolo cerca, il trova, e di tua man lo sterpa;ch’agevolmente sterperassi, quandolo ti consenta il fato. In altra guisané con man, né con ferro, né con altra 220umana forza mai fia che si schianti,o che si tronchi.

Come Enea doveva essere in grado di spezza-re il ramo d’oro, così gli iniziati sono chiamatia scovare la pietra celata (Occultam Lapidem),ovvero alla purificazione e conoscenza inte-riore atta a cogliere gli insagnamenti metodo-logici utili alla prosecuzione del proprio cam-mino sulla scala che conduce alla perfezione.Abbiamo quindi individuato nuovamente iparametri necessari per essere chiamati ad untale lavoro e quelli successivi necessari a rive-der le stelle…Esiste poi un livello superiore, cui si rendenecessaria un’altra allegorica morte, ovvero

l’mpersonificazione nella morte del maestrocome esperienza profonda della tradegiaumana legata al lato piu oscuro della propriaanima. Provare su se stessi il male profondodel tradimento e dei vizi per comprenderneappieno l’esperienza in modo da non esserneattratti, evitando cosi di caderne in trappola.Tema questo che abbiamo trattato nel numerodi gennaio, a cui rimando per completezza7…

NOTE

1 Catàbasi (dal greco κατάβασις “scendere”, di κατα- “giù”e βαίνω “andare”) significa “discesa nell’Ade”.2 Ecco la descrizione dell’ingresso all’Ade fatta da Virgilionell’Eneide (libro VI) nella traduzione di Annibal Caro (XVIsec.):Era un’atra spelonca, la cui bocca 350fin dal baratro aperta, ampia voragofacea di rozza e di scheggiosa roccia.Da negro lago era difesa intorno,e da selve ricinta annose e folte.Uscia de la sua bocca a l’aura un fiato 355anzi una peste, a cui volar di sopracon la vita agli uccelli era interdetto;onde da’ Greci poi si disse Averno.

3 Ibidem4 Testo tradotto tratto dal sito:http://www.sunelweb.net/modules/freecontent/index.php?id=5945Acheronte, Stige, Cogito sono alcuni dei fiumi o specchi d’ac-qua infernali che delimitano il regno di Ade e che quindi ènecessario attraversare per giungervi.6 che deriva dal greco ψυχοπομπóς, composta da psyche(anima) e pompós (colui che conduce).7 Op.cit.8 A cui Enea stesso chiede di accompagnarlo (ibidem):Or sol ti chieggio 160(poscia che qui si dice esser l’intratade’ regni inferni, e d’Acheronte il lago)che per te quinci nel cospetto io vengadel mio diletto padre; e tu la porta,tu ‘l sentier me ne mostra, e tu mi guida. 165

9 G. Galassi. La Leggenda di Hiram. Secreta Magazine n.1,2010: pagg.6-15.

Bibliografia

- G. Galassi. La Leggenda di Hiram. SecretaMagazine n.1, 2010. Ed. Olimpia.- Eneide. Publio Virgilio Marone. Traduzione diAnnibal Caro (XVI secolo). Fonte: http://it.wik-isource.org/wiki/Eneide

-Divina Commedia. Dante Alighieri. XIV secolo.Fonte: http://it.wikisource.org/wiki/Divina_Commedia

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15Sopra:

Caronte. Illustrazione di Gustave Doré della Divina Commedia (Inferno, canto III).