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Economie comparate

(2019-20)

Paolo Malanima

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Indice

1. Il prodotto

2. La popolazione

3. La struttura

4. Le ineguaglianze

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1. Il prodotto

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y = 1,8221x0,7733

R² = 0,92

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100 1.000 10.000 100.000 1.000.000

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P p

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.

Wealth (total)

y = 1,2307x0,8909

R² = 0,89

100

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10000

100000

1000000

100 1.000 10.000 100.000 1.000.000

GD

P p

er c

.

Wealth (tangible)

I due grafici si riferiscono all’anno 2000 e sono elaborati a partire dalle serie della World Bank per la ricchezza (sull’asse orizzontale) e il Pil pro capite (sull’asse verticale PPA). La differenza fra i due grafici riguarda la definizione di ricchezza: mentre nel grafico di destra la ricchezza include il capitale umano, nel grafico di sinistra include soltanto la ricchezza tangibile (reale e finanziaria e dunque senza il capitale umano). In entrambi i casi gli assi sono logaritmici. La relazione è comunque assai forte. Si vedano i due esponenti delle equazioni di potenza. Entrambi gli esponenti mostrano che, se la ricchezza è maggiore, anche il Pil pro capite è maggiore. In entrambi i casi, tuttavia, se un paese è 10 volte più ricco, ha un Pil pro capite che non è 10 volte maggiore, ma 7,7 (nel caso della ricchezza totale) o 8,9 (nel caso della ricchezza tangibile) maggiore. Il prodotto dipende dalla dotazione di risorse (con o senza il capitale umano).

Fig. Relazione fra ricchezza e Pil pro capite nel 2000

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Il prodotto aggregato può essere considerato come il risultato della moltiplicazione del Pil pro capite per la popolazione (come indicato nelle due equazioni della Tabella). Calcolando separatamente l’aumento annuo della popolazione e l’aumento annuo del Pil pro capite, possiamo valutare quale delle due variabili abbia contribuito di più alla crescita del prodotto aggregato degli ultimi due secoli. Vediamo che Il Pil mondiale è aumentato del 2,3 per cento all’anno (77 volte), la popolazione dell’1 per cento annuo (6,5 volte), il Pil pro capite dell’1,3 per cento annuo (12 volte). L’aumento del Pil pro capite ha contribuito alla crescita della capacità produttiva più dell’aumento della popolazione.

Scomposizione del PIL

Popolazione mondiale (in milioni) e Pil pro capitein $ internazionali PPA

Pop y1820 1068 6512010 7000 7700

all'anno 1% 1,30% 2,3

Y y P

Y y P

Y y P

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Fig. Pil pro capite nel Mondo 1820-2020 ($ intern. 1990 PPP)

La curva del Pil pro capite nel Mondo con proiezioni per gli anni 2019-20.

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1950 1960 1970 1980 1990 2000 2010

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1940 1960 1980 2000 2020

Fig. Pil pro capite mondiale (in $ 2010 PPP) e tassi di crescita annui (1950-2014)

Il Pil pro capite mondiale è andato continuamente crescendo dal 1950. I tassi di crescita annui rivelano, tuttavia, una diminuzione (si notino gli anni di crisi con tassi di crescita negativi). Il trend dei tassi indica la flessione.

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Grafico a barre in cui si rappresentano il numero di paesi sull’asse delle ordinate e i tassi di crescita del Pil sull’asse dell’ascisse; in due periodi 1960-72 e 1974-90 (distinti dall’intensità del colore grigio). In termini statistici, la “popolazione” è costituita da 104 paesi, mentre le “frequenze” (assolute) compaiono sull’asse verticale.

Nel periodo 1960-72, 27 paesi (la barra più alta) sul campione di 104 ebbero un tasso di crescita del 2 per cento. Come si vede, più paesi ebbero tassi più elevati nel 1960-72 che nel periodo seguente. In entrambi i casi si ha una distribuzione “normale”; con le frequenze maggiori concentrate alla metà: 3 per cento nel 1960-72 e 2 per cento nel 1974-90.

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Fig. Il Pil pro capite mondiale dal 1950 al 2050 (con proiezioni OECD) in $ USA 2005 PPA

y = 2153,6e0,0221x

R2 = 0,9926

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Il grafico mostra le previsioni dell’OECD (Organizzazione Economica per la Cooperazione e Sviluppo) fino al 2050. La previsione è molto ottimistica. La crescita dovrebbe seguire un trend esponenziale ad un tasso annuo di poco superiore al 2 per cento (come indica l’esponente dell’equazione, quando venga moltiplicato per 100). Addirittura l’andamento reale supererebbe nel futuro la curva esponenziale riportata nel grafico (il trend); mentre nei due decenni dal 1990 al 2020 la curva reale sarebbe al di sotto del trend esponenziale.

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200

0

West Europe

World

Fig. Il Pil pro capite nel Mondo e in Europa occidentale dal 1820 al 2010 ($ intern. 1990 PPA)

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Le barre si riferiscono al tasso di crescita della produttività del lavoro (dell’”output per hour” e cioè Pil diviso per le ore lavorate dalla forza lavoro) nel settore industriale (“business sector”) negli USA dal 1952 al 2001. Ogni periodo comprende 10 anni (includendo sia il primo che l’ultimo anno) eccetto per gli ultimi due periodi (comprendenti ognuno 5 anni).

Si nota bene come i tassi di crescita si siano collocati fra il 2,7 e il 3,3 per cento annuo negli anni Cinquanta e Sessanta. In seguito sono stati più bassi (per quanto leggermente in crescita negli anni Novanta (rappresentati dalle due barre a destra).

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( , , )Y AF L R K

La funzione di produzione (in 1) rappresenta il prodotto realizzato in un’economia come funzione dei fattori di produzione (L lavoro, R risorse naturali, K capitali). A include tutte quelle variabili che contribuiscono alla produzione, ma che non fanno parte dei fattori di produzione: dalle tecniche alle istituzioni economiche e politiche, alle culture…

Y prodotto pro capite

A, L, R, K variabili indipendenti

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1Y AL K

(1Y A L K

Y A L K

(1A Y L K

A Y L K

Fig. La funzione della produzione e il calcolo della produttività totale dei fattori

Partendo dalla funzione di produzione neoclassica si può calcolare per differenza il contributo della Produttività Totale dei Fattori (TFP) alla crescita. Il punto sopra alle variabili indica il tasso di crescita nel corso del tempo. α e 1- α corrisponde al rilievo quantitativo che i fattori della

produzione hanno nelle diverse economie. La crescita di un’economia può dipendere da aumenti nella dotazione dei fattori di produzione L e K, oppure da incrementi nella loro produttività. Questi ultimi dipendono, a loro volta, da variazioni nelle conoscenze tecniche, nel capitale umano, nelle istituzioni, nelle culture.

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2.

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Fig. Produttività del lavoro nei paesi OECD nel 2012 (USA=100)

La produttività del lavoro nei paesi OECD è relativamente elevata. La più bassa (fra i paesi rappresentati) risulta quella del Messico, che è pari a circa un quarto di quella degli USA.

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Il grafico a barre riporta il Pil per lavoratore (cioè la produttività del lavoro) di 121 paesi del Mondo nel 1960 e nel 1988. Il Pil è calcolato a PPA (Penn World Tables). L’asse verticale rappresenta percentuali della popolazione del Mondo; quello orizzontale la produttività del lavoro espressa in relazione a quella degli USA (compresa in classi: per es. fra 0 e 0,1 –con una produttività pari a un decimo o meno di un decimo di quella degli USA-; da 0,1 a 0,2 -con produttività del lavoro pari a valori fra il 10 e il 20 per cento di quella degli USA alle due date-; e così via).

Si può notare la forte differenza esistente alle due date nella produttività del lavoro su scala mondiale e il modesto cambiamento intervenuto fra il 1960 e il 1988. Alle due date, ad esempio, circa il 50 per cento della popolazione mondiale viveva in paesi la cui produttività del lavoro era inferiore o pari a un decimo di quella degli USA.

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y = 8E-05x + 55,244

R2 = 0,042

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0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000 120.000 140.000 160.000

prodotto per lavoratore

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Fig. Tasso di partecipazione (rispetto alla popolazione superiore a 15 anni) nel 2013 e prodotto per lavoratore nel 2005-12

Il tasso di partecipazione è dato dal rapporto del numero dei lavoratori rispetto alla popolazione totale o (come in questo caso) a una parte della popolazione (qui quella con età superiore a 15 anni). Fra le due variabili (quella sull’asse verticale e sull’asse orizzontale) esiste una debole relazione positiva: il prodotto per lavoratore è superiore in paesi con tasso di partecipazione più elevato.

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y = 22,876e-3E-06x

R2 = 0,0238

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0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000

Fig. Formazione del capitale fisso (percentuale del Pil per anno) nel 2005-12 e Pil pro capite nel 2012 (PPA)

Esiste una relazione molto debole fra il livello del Pil pro capite (sull’asse orizzontale) e la formazione del capitale fisso (in percentuale del Pil). La relazione, per di più, è inversa (quanto maggiore è la formazione del capitale, tanto minore è il livello del Pil pro capite).

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y = 3E-05x + 0,2441

R2 = 0,3597

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Pil pro capite

% P

IL

Fig. Relazione fra spesa in ricerca e sviluppo (come percentuale del Pil) nel 2005-12 e livello del Pil pro capite nel 2012

La spesa in ricerca e sviluppo è fortemente correlata col livello del Pil pro capite. Difficile è dire se una spesa elevata in ricerca e sviluppo comporta un elevato livello di Pil pro capite o, viceversa, se un elevato livello di Pil pro capite implica un maggiore livello di spesa per ricerca e sviluppo.

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Fig. L’occupazione femminile in Italia per regione come quota della forza lavoro totale nel 1881, 1936, 1971, 2001

Il grafico a barre rappresenta le quote della forza lavoro femminile sulla forza lavoro totale in quattro anni fra fine Ottocento e 2001. In tutti i casi si nota, nel tempo, una riduzione della quota parte dell’occupazione femminile sul totale, che raggiunge il minimo nel 1971, e una successiva ripresa. Due regioni, la Sicilia e la Sardegna, si distinguono per la quota più bassa di occupazione femminile. La Calabria si distingue per il livello elevato nel 1881.

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Lom

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Toscana

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Basilicata

Sic

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Lazio

Puglia

1881

1971

2001

Fig. La quota di forza lavoro occupata nell’industria nel 1881, 1971 e 2001 nelle regioni italiane

Nel grafico a barre è rappresentata la quota della forza lavoro occupata nell’industria sul totale nel 1881, 1971 e 2001. Le regioni sono ordinate (dalla maggiore alla minore) in base alla quota del 1971. Quasi in tutte le regioni la quota dell’occupazione nell’industria è aumentata fino a raggiungere un massimo nel 1971, e, in seguito, è diminuita. Si noti il caso particolare della Calabria: presenta la maggiore occupazione nel 1881 (anche per la sovraregistrazione del lavoro femminile nell’industria) e la minore nel 2001.

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Fig. Percentuale della popolazione con età superiore ai 65 anni (sull’asse verticale) rispetto alla popolazione con età fra i 15 e i 64 anni nel 2011, con proiezioni al 2030 e al 2060

L’invecchiamento della popolazione aumenta il tasso di dipendenza, definito come la quota di ultrasessantacinquenni rispetto alla popolazione nelle fasce di età fra 15 e 64 anni. Il problema, già evidente oggi, si aggraverà con il passare del tempo.

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Fig. Percentuale della popolazione in età da lavoro (fra 15 e 64 anni) rispetto alla popolazione totale nel 2011, con proiezioni al 2030 e 2060

La percentuale della popolazione in età da lavoro sta diminuendo in rapporto alla popolazione totale, come effetto dell’invecchiamento della popolazione. Il tasso di partecipazione andrà diminuendo.

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Fig. Tasso di crescita della produttività totale dei fattori fra il 2011 e il 2060 (proiezioni) rispetto al livello di produttività del 2011 (USA=100) (proiezioni OECD)

Nel grafico a dispersione è rappresentato un campione di paesi (facenti parte dell’OECD, Organisation for Economic Co-operation and Development, che comprende circa 50 paesi avanzati ed ha come fine di promuovere politiche favorevoli allo sviluppo dei paesi membri). Sull’asse delle ascisse si trova il livello di Pil pro capite nel 1950 (a parità di potere d’acquisto, PPA in italiano o PPP in inglese), e, su quello delle ordinate, il tasso di crescita annua (%) nel periodo 1950-2004.

La relazione fra le due variabili è inversa. Ciò significa che paesi (quelli del campione) che nel 1950 avevano un Pil pro capite elevato hanno registrato tassi di crescita inferiori a quelli dei paesi con Pil pro capite più basso. Come si vede, per esempio, gli USA avevano nel 1950 il Pil pro capite più alto (di quello degli altri paesi OECD), e, nel periodo in esame, il loro tasso di crescita annuo è stato di poco inferiore al 2,5 per cento; mentra in Giappone, che era paese povero all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, il tasso di crescita 1950-2004 è stato pari al 5 per cento). Il grafico suggerisce la presenza di un processo di convergenza fra economie avanzate (quelle facenti parte dell’OECD).

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Fig. Composizione del Pil globale nel 2011, 2030 e 2060 (nello scenario dell’OECD)

Secondo lo scenario dell’OECD, dovrebbero verificarsi cambiamenti rilevanti negli equilibri economici mondiali nel prossimo mezzo secolo. In particolare: mentre la Cina e l’India rappresentavano, in termini di PIL, circa il 25 per cento nel 2011, dovrebbero rappresentare circa la metà nel 2060.

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y = 0,1119x0,1953

R2 = 0,8709

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100 1.000 10.000 100.000 1.000.000

GNI per c. 2011 $ PPP

HD

I

Fig. Relazione fra l’Indice di Sviluppo Umano (HDI) e il PNL pro capite nel 2012-13 secondo l’ONU

La correlazione fra l’ISU (Indice di Sviluppo Umano) e il PNL (Prodotto Nazionale Lordo) pro capite per i vari paesi del Mondo è elevata (0,93 e cioè la radice quadrata del valore dell’R2). In parte ciò dipende dal fatto che nell’ISU viene anche impiegato il reddito pro capite come indicatore.

Esistono vari indici di sviluppo umano. I più semplici risultano dalla combinazione in un solo numero di speranza di vita, istruzione e reddito pro capite.

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45

Fig. Speranza di vita alla nascita nel Mondo per quinquennio dal 1950, con proiezioni fino al 2050 (da parte delle Nazioni Unite)

Una componente degli indici di sviluppo umano è costituita dalla salute della popolazione, approssimata dai valori della speranza di vita alla nascita (cioè il numero di anni che in media un individuo alla nascita ha la speranza di vivere). La media mondiale era ancora bassa nel 1950 (46 anni). Ha superato i 70 anni nel 2010-15. In Italia, nel 2018 è di 84,8 anni (83,8 per gli uomini e 85,8 per le donne).

La speranza di vita è un indicatore statistico che esprime il numero medio di anni della vita di un essere vivente a partire da una certa età (alla nascita, a 10 anni…).

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27

y = 5,8501Ln(x) + 17,264

R2 = 0,6411

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000 120.000 140.000

Fig. Speranza di vita alla nascita e PNL pro c. nel 2013 nel Mondo (anni e $ intern. 2011 PPA) (187 paesi)

La relazione fra speranza di vita alla nascita e prodotto nazionale lordo (PNL) pro capite è forte per paesi poveri. Per paesi con più di 20.000 dollari PPA di PNL pro capite non vi è nessuna relazione fra le due variabili. Interpretando il grafico in una prospettiva storica, il guadagno in termini di speranza di vita è elevato per piccoli incrementi del reddito di paesi poveri: crescendo il livello del reddito, gli aumenti della speranza di vita sono via via minori e sembrano annullarsi per redditi superiori ai 20.000 dollari.

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28

2. La popolazione

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29

Fig. La popolazione mondiale da 350.000 anni fa al 2000 (asse verticale per 1000)

Fonte: Kremer

Nota: anni prima del 2000.

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

050000100000150000200000250000300000350000

L’andamento della popolazione mondiale con coordinate aritmetiche mostra una crescita esponenziale a partire da un’epoca molto recente.

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30

1

10

100

1000

1 15

0

30

0

45

0

60

0

75

0

90

0

10

50

12

00

13

50

15

00

16

50

18

00

19

50

(mil

ion

i)

Fig. La popolazione europea (senza Russia) 1-2000 (coordinate log)

La crescita della popolazione europea negli ultimi 2000 anni non è stata continua. Fino al 1700-1800 la crescita è stata modesta. In questo lungo periodo la popolazione diminuì due volte: 1. fra il III secolo d.C. e l’800 o 900; 2. nel XIV secolo (per effetto della peste; che rimase endemica nel continente sino al 1700 circa).

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31

Il grafico rappresenta l’andamento del prodotto medio del lavoro (PMEL o prodotto per lavoratore) all’aumentare del numero dei lavoratori L in presenza di risorse stabili. Quando il numero dei lavoratori L aumenta, il PMEL diminuisce e si avvicina al livello della sussistenza S (passa dal punto A1 a quello C1). Qualche evento catastrofico può provocare la diminuzione del numero dei lavoratori L e un aumento del PMEL verso il punto B1. I maggiori redditi favoriscono la ripresa demografica e, quindi, il passaggio dal punto B1 al punto C1.

Fig. Il prodotto medio del lavoro (PMEL) all’aumentare dei lavoratori (L) in presenza di risorse stabili.

Il modello malthusiano in forma schematica.

S

A

B1

C1

B

C

A1

PMELS

L

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32

0

10

20

30

40

50

60

165

0

167

0

169

0

171

0

173

0

175

0

177

0

179

0

181

0

183

0

185

0

187

0

189

0

191

0

Inghilterra

Italia

Fig. Tassi di mortalità (per mille) in Inghilterra e in Italia 1650-1913

I tassi di mortalità in Italia e Inghilterra mostrano una riduzione verso la fine del grafico. In Inghilterra, tuttavia, il tasso di mortalità diminuisce a partire dal 1720 circa e la volatilità (gli scostamenti dal trend) diminuisce dallo stesso periodo. In Italia ciò avviene molto più tardi: dopo la crisi del 1855.

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33

0

10

20

30

40

50

60

70

17

50

17

70

17

90

18

10

18

30

18

50

18

70

18

90

Finlandia

Svezia

Fig. Tassi di mortalità (per mille) in Finlandia e in Svezia 1750-1900

Il tasso di mortalità (per 1000) in Finlandia e Svezia mostra una chiara flessione nel corso dell’Ottocento.

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34

0

10

20

30

40

50

1750 1800 1850 1900 1950 2000

tasso di natalità

tasso di mortalità

Fig. Tassi di natalità e di mortalità (per mille) nell’Europa occidentale dal 1750 al 2000

I tassi di mortalità e di natalità sono fra il 35 e il 40 per mille nella seconda metà del Settecento. Nel corso dell’Ottocento il tasso di mortalità diminuisce mentre quello di natalità si mantiene elevato. La popolazione aumenta. Dal 1900 in poi anche il tasso di natalità si riduce. Alla fine del XX secolo natalità e mortalità sono di nuovo vicine l’una all’altra (fra il 10 e il 15 per mille). La popolazione si stabilizza.

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35

Fig. Rappresentazione schematica della transizione demografica

La transizione demografica avvenuta negli ultimi tre secoli è consistita nella caduta della mortalità e solo successivamente (con la differenza di un secolo) nella caduta della natalità. Il tasso di aumento della popolazione, che prima della transizione era basso, è cresciuto decisamente nel periodo in cui la differenza fra tasso di natalità e di mortalità era ampia. Successivamente, in seguito alla flessione della natalità, anche il tasso di crescita della popolazione si è ridotto. Il grafico descrive la transizione demografica europea dal 1700 circa al 2000. In altre regioni del Mondo la transizione demografica è stata più tarda.

tasso di natalità

tasso di

mortalità

tasso di crescita

tassi di

crescita

tempo

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36

tassi di

crescita

della

popolazione

paesi sviluppati

paesi in via di sviluppo

Fig. Rappresentazione schematica dei tassi di crescita della popolazione durante la transizione demografica

La transizione demografica è avvenuta prima nei paesi oggi sviluppati. Nei paesi oggi in via di sviluppo essa è avvenuta più tardi e con tassi assai più elevati. Oggi anche nei paesi in via di sviluppo si va riducendo il tasso di crescita demografica. La transizione si sta concludendo.

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37

Fig. Tassi di crescita della popolazione complessiva e della popolazione in età da lavoro 1991-2050

Si prevede che fino al 2050 il tasso di crescita della popolazione si vada riducendo. Si ridurrà soprattutto il tasso di crescita della popolazione in età da lavoro (fra i 15 e i 65 anni; indicata nel grafico in azzurro come “working age population”). Questo fenomeno dipenderà dall’invecchiamento della popolazione (che oggi interessa soprattutto le società più avanzate).

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Fig. Fertilità femminile (numero medio di figli per donna) e PIL pro capite nel 2013 (in $ intern. PPA)

Coordinate aritmetiche e logaritmiche.

Esiste una relazione inversa forte fra Pil pro capite e numero medio di figli per donna: quanto maggiore è il Pil pro c., tanto minore è la fertilità femminile. La relazione può apparire paradossale: ci sono meno figli per donna là dove il reddito delle famiglie è più elevato e dove, quindi, ci sarebbero più risorse per allevarli. D’altra parte proprio là dove il reddito famigliare è più elevato, i figli richiedono un più elevato investimento di tempo (hanno un costo opportunità maggiore, nel senso che la famiglia –e, in sostanza, soprattutto la donna- deve rinunciare a una parte del proprio reddito –occupazione, svaghi, tempo libero- per l’allevamento dei figli). In un paese in via di sviluppo ciò non accade o accade di meno. Il tasso di fertilità è, inoltre, inversamente correlato col livello d’istruzione femminile. Con la crescita, il grado d’istruzione aumenta anche per le donne e il numero dei figli si riduce.

0

1

2

3

4

5

6

7

8

0 20000 40000 60000 80000 100000 120000 140000 160000

Fert

ility

Per capita GDP

y = 42,184x-0,306

R² = 0,6331

1

10

100 1000 10000 100000 1000000

Fert

ility

Per c. GDP

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39

y = -0,3965Ln(x) + 5,0164

R2 = 0,1552

-2,0

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000 120.000 140.000

Pil pro c.

tass

o d

i cr

esc

ita p

op

ola

zio

ne

Oman

Qatar

Fig. Relazione fra il tasso di crescita annuo della popolazione nel 2010-15 e livello del Pil pro c. nel 2013 PPA in 185 paesi

Esiste una relazione fra Pil pro capite di un paese e tasso di crescita demografica. Il tasso di crescita demografica è più elevato in paesi poveri: ciò vale per livelli di Pil pro capite inferiori a 20.000 dollari internazionali (qui dollari PPA del 2013). Al di sopra dei 20.000 dollari la relazione scompare. Si notino i casi eccezionali dell’Oman e del Qatar (con elevato livello di Pil pro capite ed elevata crescita demografica).

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40

Fig. Tre piramidi per età della popolazione

Una piramide per età della popolazione rappresenta la struttura demografica di un paese in un particolare anno. In base a dati tratti dai censimenti, si divide la popolazione maschile (a sinistra) e femminile (a destra) in classi di età (nel caso dei tre grafici in classi di età di 5 anni). Sull’asse orizzontale è rappresentata la percentuale della popolazione (maschile e femminile) nelle diverse classi di età. Esempio: la percentuale sia dei maschi che delle femmine nella classe di età da 0 a 4 anni rappresenta in Italia poco più del 2 per cento della popolazione complessiva, mentre in Afghanistan rappresenta circa il 9 per cento e negli USA poco meno del 4 per cento.

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41

Fig. Quattro piramidi per età della popolazione italiana nel 1900, 1950, 2000 e 2050 (proiezione)

Le quattro piramidi per età rappresentano la lunga evoluzione della struttura della popolazione italiana per classi di età nell’ultimo secolo (con proiezioni per il 2050). La traiettoria va da una struttura demografica in cui le classi giovanili rappresentavano la grande maggioranza della popolazione, verso una struttura in cui le classi giovanili rappresentano una minoranza, mentre le classi anziane diventano sempre più rilevanti.

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42

3. La struttura

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43

y = 14,791Ln(x) - 78,739

R2 = 0,6063

0

20

40

60

80

100

100 1000 10000 100000 1000000Log GDP per capita

% u

rba

n

y = 14,791Ln(x) - 78,739

R2

= 0,6063

0

20

40

60

80

100

0 50000 100000 150000GDP per capita

% u

rba

n

Fig. Relazione fra il tasso di urbanizzazione (sull’asse verticale) e il Pil pro capite nel 2013 (a destra con ascisse log)

La Fig. a sinistra mostra come l’urbanizzazione (in circa 200 paesi del Mondo) sia fortemente correlata con il livello del Pil pro capite. L’urbanizzazione, tuttavia, ha un massimo: non può superare il 100 per cento (quando tutti gli abitanti di un paese vivono nelle città). Oltre un certo livello di Pil pro capite, la relazione Pil-urbanizzazione diventa più debole. Nella Fig. a destra, il Pil pro capite (sull’asse orizzontale) è rappresentato con valori logaritmici, mentre sull’asse verticale ci sono i valori aritmetici.

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44

y = -1,0058Ln(x) + 4,5579

R2 = 0,7296

-1

0

1

2

3

4

5

6

0 20 40 60 80 100

Urban % 1960

Rate

of

gro

wth

19

60

-20

14

y = -1,0058Ln(x) + 4,5579

R2 = 0,7296

-1

0

1

2

3

4

5

6

1 10 100

Urban % 1960

Rate

of

gro

wth

19

60

-20

14

Fig. Tassi di crescita della popolazione urbana 1960-2014 rispetto al livello di urbanizzazione nel 1960 (%)

I due grafici differiscono soltanto per l’asse orizzontale: nel grafico di sinistra le ascisse sono aritmetiche; in quello a destra logaritmiche. In entrambi i grafici vengono messi in relazione i tassi di aumento della popolazione urbana in più di 200 paesi del Mondo nel periodo 1960-2014 (asse verticale) con il livello dell’urbanizzazione nel 1960 (asse orizzontale). Si nota come il tasso di crescita della popolazione urbana sia stato maggiore in quei paesi in cui nel 1960 l’urbanizzazione era minore. Esiste fra le due variabili una relazione inversa (come indicato dal segno negativo dell’equazione riportata nei grafici). Ciò comporta una convergenza fra i paesi del Mondo nei tassi di urbanizzazione. I grafici seguono la procedura standard per individuare processi di convergenza, che consiste nella stima della seguente equazione:

Nell’equazione la variabile yr indica il tasso di crescita nel periodo successivo a t, mentre xt indica (di solito in log) la variabile indipendente all’inizio del periodo per il quale vengono calcolati i tassi di crescita. Quando la variabile xt presenta un segno negativo si verifica convergenza; in caso contrario (quando, cioè, il segno che precede la variabile indipendente è positivo) si ha divergenza fra diversi paesi (o regioni o aree geografiche).

r ty x

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45

0

1000000000

2000000000

3000000000

4000000000

5000000000

19

50

19

60

19

70

19

80

19

90

20

00

20

10

popolazione

rurale

popolazione

urbana

Fig. Popolazione urbana e popolazione rurale nel Mondo 1950-2015

Il grafico rappresenta la popolazione urbana e la popolazione rurale nel periodo 1950-2015 su scala mondiale. La popolazione urbana ha superato quella rurale intorno al 2010. Le previsioni dell’ONU per il 2050 sono di una urbanizzazione del 66 per cento su scala mondiale (dal 30 per cento del 1950 e 55 per cento nel 2015).

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46

y = 1,9772Ln(x) - 10,119

R2 = 0,6108

0

2

4

6

8

10

12

14

0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000 120.000 140.000

Qatar

Fig. Anni di scolarità e PNL pro capite nel Mondo nel 2013 (187 paesi) PNL in $ intern. 2011 PPA

La relazione fra istruzione e livello del prodotto nazionale lordo (PNL) pro capite è forte per bassi o medi livelli di sviluppo. Oltre i 20.000 dollari non vi è più nessuna relazione.

Nella prima parte del grafico è difficile dire quale sia la direzione causale (l’aumento del Pil pro capite comporta l’aumento della scolarità o viceversa?).

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47

y = 37,639e-6E-05x

R2 = 0,6835

0

10

20

30

40

50

60

70

0 20000 40000 60000 80000 100000 120000 140000

Fig. Quota di occupati in agricoltura sulla forza lavoro totale rispetto a Pil pro capite nel 2010 (PPA)

Il grafico a dispersione mostra un aspetto importante del cambiamento strutturale che si verifica durante il processo della crescita moderna: in paesi più avanzati dal punto di vista economico (e quindi con Pil pro capite più elevato), la quota della forza lavoro occupata in agricoltura è minore. Il cambiamento si manifesta fra i paesi con Pil pro capite inferiore ai 20.000 dollari (nel 2010). Oltre i 20.000 dollari la relazione inversa diviene meno significativa.

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48

y = 19,853e-8E-05x

R2 = 0,7659

0

10

20

30

40

50

60

0 20000 40000 60000 80000 100000

Fig. Percentuale del prodotto del settore primario rispetto al Pil pro capite nel 2009 (PPA) (circa 200 paesi)

Nei paesi con Pil pro capite più elevato, il rilievo percentuale del settore primario è minore. Esiste una relazione inversa fra le due variabili (rivelata dall’esponente negativo).

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49

y = 415864x-1,1515

R2 = 0,9736

0

10

20

30

40

50

60

70

0 5000 10000 15000 20000 25000 30000

Fig. Relazione in Italia fra percentuale del Pil nel settore primario e Pil pro capite (in euro 2010) 1861-2011

In Italia il processo della crescita moderna, da fine Ottocento, è stato accompagnato da una flessione della percentuale del Pil derivante dal settore primario rispetto al Pil (relazione inversa fra le due variabili rivelata dal segno negativo dell’esponente).

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50

Fig. Percentuale del prodotto del settore terziario rispetto al Pil pro capite nel 2009 (PPA)

In paesi con Pil pro capite più elevato, il rilievo percentuale del settore terziario è più elevato. Esiste una relazione diretta fra le due variabili.

y = 7,0164Ln(x) - 3,1605

R2 = 0,3561

0

20

40

60

80

100

0 20000 40000 60000 80000 100000

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51

Sec

tors

(%

)

services

industry

2010

agriculture

1930 1970

Fig. Rappresentazione schematica del cambiamento strutturale nella forza lavoro

durante il processo di sviluppo

Durante il processo di sviluppo di ogni paese interviene un cambiamento strutturale nella composizione della forza lavoro: gli occupati in agricoltura diminuiscono in termini relativi; gli occupati nei servizi aumentano sempre; gli occupati nell’industria prima aumentano e, in un secondo tempo, diminuiscono relativamente. In vari paesi europei (ad esempio in Italia) il cambiamento descritto avvenne negli anni riportati sull’asse orizzontale.

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52

0

20

40

60

80

100

1861 1881 1901 1921 1941 1961 1981 2001

Primario

Terziario

Secondario

(1.0) (1.3) (1.5) (2.0) (2.6) (6.3) (13.8) (19.5)

Fig. Il cambiamento strutturale della forza lavoro in Italia 1861-2001

Il grafico riporta i valori percentuali della forza lavoro occupata nei settori primario, secondario e terziario rispetto al totale della forza lavoro. L’indice fra parentesi (sotto gli anni) si riferisce al prodotto per occupato (produttività del lavoro). Si nota: diminuzione relativa nell’agricoltura; aumento e poi diminuzione nell’industria; aumento continuo nei servizi.

Table 5. Labour force per sector on total labour force 1861-2001 (%).

Primary

sector Secondary

sector Tertiary sector

1861 60 23 17

1871 61 22 16

1881 58 26 16

1891 60 23 17

1901 62 21 17

1911 59 24 17

1921 59 23 18

1931 54 25 21

1936 52 26 22

1951 44 31 25

1961 30 40 30

1971 17 44 38

1981 13 37 49

1991 8 32 60

2001 5 32 63

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4. Le ineguaglianze

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54

Distribuzione del reddito in USA 2001A B

$ non cumulati cumulati non cumulati cumulatiPil pro c. 0 0 0,0 0

10000 20 20 3,5 3,525000 20 40 8,7 12,242000 20 60 14,6 26,867000 20 80 23,0 49,8

145000 20 100 50,1 99,9

03,5

12,2

26,8

49,8

99,9

0

20

40

60

80

100

0 20 40 60 80 100

Fig. e Tab. La distribuzione del reddito negli USA nel 2001

Il grafico rappresenta la curva di Lorenz della distribuzione del reddito. La popolazione degli USA è qui distribuita in 5 quintili (ognuno rappresenta il 20 per cento della popolazione). I quintili della popolazione sono riportati sull’asse orizzontale. Viene riportata sull’asse verticale la percentuale del reddito di cui dispone ogni quintile della popolazione degli USA. Esempio: il primo quintile dispone del 3,5 per cento del reddito complessivo degli USA; i primi due quintili dispongono congiuntamente del 12,2 per cento del reddito…

reddito

popolazione

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55

Fig. Due misure dell’ineguaglianza nella distribuzione personale del reddito nel 2000 (indice di Gini e quota del reddito posseduta dal 10 per cento superiore della popolazione)

Fra le due misure esiste una correlazione pari a 0.98 (e un R2 di 0,96).

y = 0,768x + 0,864R² = 0,9578

0

10

20

30

40

50

60

70

0 10 20 30 40 50 60 70 80

% d

el P

il p

oss

edu

ta d

al 1

0%

su

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la p

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.

Indice di Gini

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Nord

0

3

6

9

12

15

18

1860

1880

1900

1920

1940

1960

1980

2000

Indi

ce 1

861 =

1

Sud

Fig. La crescita del Pil pro capite reale nel Nord e Sud Italia 1861-2013 (1861=1)

Il tasso di crescita del Pil pro capite del Sud è stato più basso che nel Nord (con l’eccezione del periodo 1960-75). Il grafico rappresenta numeri indice con base 1861=1. Ponendo l’anno iniziale della serie come base = 1 nel 1861, all’inizio le due serie, del Nord e del Sud, sono uguali per costruzione. Ciò non significa che fossero effettivamente uguali. La questione se all’epoca dell’Unità il Pil pro capite del Nord e del Sud fosse diverso e di quanto è ancora dibattuta.

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57

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40

50

60

70

80

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110

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60

18

70

18

80

18

90

19

00

19

10

19

20

19

30

19

40

19

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19

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19

70

19

80

19

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20

00

20

10

Pil

pro

cap

ite

Sud

/Nor

d

Fig. Il rapporto fra il Pil pro capite del Sud e quello del Nord nel 1861-2010 (%)

Il rapporto fra il Pil pro capite del Sud e quello del Nord diminuisce a partire dall’industrializzazione italiana alla fine dell’Ottocento. Si raggiunge il punto più basso (circa 0,50) alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il Mezzogiorno recupera dal 1960 al 1975 e perde di nuovo terreno in seguito.

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19

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19

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19

90

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00

Fig. Indice di Theil dei divari regionali in Italia dal 1891 al 2011

L’indice di Theil è un indice di concentrazione (come l’indice di Gini). Viene usato soprattutto per valutare le disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza sia all’interno dei paesi che fra paesi o regioni. Applicato all’andamento dei divari di reddito pro capite in Italia, l’indice di Theil descrive una curva ad U rovesciato: aumenta fino al 1951; diminuisce negli anni dal 1950 al 1975; aumenta di nuovo, ma debolmente, dopo il 1975.

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Fig. Distribuzione del Pil pro capite su scala mondiale nel 1965 e 1990

La curva di Lorenz viene usata per rappresentare l’ineguaglianza nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Sull’asse verticale è rappresentata la quota del Pil e sull’asse orizzontale la quota della popolazione. Nel grafico il Mondo viene considerato come un unico paese; quindi la curva rappresenta l’ineguaglianza sia all’interno dei paesi che fra paesi. Quanto più la curva si avvicina alla diagonale del quadrato, tanto più la distribuzione è egualitaria; quanto più si allontana, tanto più la distribuzione è ineguale. Come si vede, dal 1965 al 1990 la distribuzione del Pil su scala mondiale è diventata più ineguale. L’indice di Gini dell’ineguaglianza potrebbe essere calcolato dividendo l’area fra la curva e la diagonale per l’area del triangolo in cui la curva si trova (che costituisce la metà del quadrato). L’area è chiaramente aumentata di dimensione dal 1965 al 1990.

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40.000

60.000

80.000

100.000

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di

Fig. PNL pro capite in 187 del Mondo nel 2017 ($ 2005 PPP)

Il rapporto fra il PNL pro capite in Qatar è 400 volte quello della Liberia.

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ind

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Fig. Valori dell’indice di Theil dell’ineguaglianza nella distribuzione del Pil su scala mondiale dal 1950 al 2013

L’indice di Theil è usato nel grafico per rappresentare l’ineguaglianza nella distribuzione del Pil fra paesi del Mondo tenendo conto della popolazione dei paesi (paesi con maggiore popolazione contribuiscono di più all’ineguaglianza di paesi con minore popolazione). Come si vede, l’ineguaglianza fra paesi è rimasta più o meno stabile dal 1950 al 2000. Dal 2000 in poi si è verificata una diminuzione dell’ineguaglianza. Questa diminuzione è stata provocata soprattutto dai tassi di crescita elevati di paesi poveri come la Cina e l’India (che insieme rappresentano un terzo della popolazione mondiale).

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Fig. Il coefficiente di Gini per il Mondo (e con l’esclusione di Cina, India e Asia nel suo complesso) dal 1970 al 2010

Il coefficiente di Gini della ineguaglianza mondiale. Il risultato è simile a quello del grafico precedente (in cui è utilizzato l’indice di Theil). Dal 2000 circa diminuisce il grado di ineguaglianza. Si ottengono, tuttaiva, risultati diversi qualora si escluda la Cina, l’India o tutta quanta l’Asia.

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Fig. Ineguaglianza fra paesi (ponderata con la popolazione dei diversi paesi) fra il 1820 e il 2000

Man mano che la crescita moderna si diffondeva un numero sempre più ampio di paesi si allontanava dalle condizioni di povertà generalizzata caratteristiche del mondo pre-moderno. L’ineguaglianza aumentava. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’ineguaglianza fra i paesi del Mondo raggiunse un livello massimo. In seguito, con l’aumento ulteriore del numero dei paesi che si sviluppavano, si verificò una nuova tendenza verso l’uguaglianza: le differenze fra paese e paese si ridussero per lo sviluppo dei paesi poveri.

0

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Il grafico a barre rappresenta l’andamento dell’ineguaglianza nella distribuzione del reddito personale fra il 1820 e il 1992; misurata con l’indice di concentrazione di Theil (che varia fra il minimo di 0 e il massimo di 1; come si vede dai valori rappresentati sull’asse verticale).

Osserviamo, prima, l’andamento dei valori totali dell’indice di ineguaglianza e, poi, la scomposizione all’interno di ogni barra(rappresentata dai colori grigio e nero).1. L’altezza delle barre mostra un aumento dell’ineguaglianza (da circa 0,5 a circa 0,8 nel corso dell’Ottocento); seguito dastabilità, su valori notevolmente elevati, nel corso del Novecento.2. L’altezza delle barre è data dall’ineguaglianza che esiste fra paesi che hanno un reddito pro capite basso e quelli che hanno

un reddito pro capite alto, più l’ineguaglianza che esiste all’interno di ogni paese fra gruppi sociali (fra ricchi e poveri). L’indice di concentrazione utilizzato (di Theil) permette di scomporre il valore complessivo dell’ineguaglianza fra quella all’interno dei paesi (within countries, in grigio) e quella fra paesi nel livello di reddito pro capite (between countries). In termini relativi l’ineguaglianza all’interno dei paesi è andata diminuendo nel corso del tempo, mentre è aumentata (sempre in termini relativi) quella fra paesi. Ciò significa che, all’inizio della crescita moderna (1820), i redditi pro capite dei vari vari paesi non erano sensibilmente diversi (un paese asiatico o africano non aveva un reddito pro capite sensibilmente diverso da quello di un paese europeo). Contava molto di più, in termini relativi, l’ineguaglianza nei redditi all’interno dei diversi paesi. In seguito, però, sono aumentati i divari nel reddito medio fra paesi; che rappresentano oggi più del 50 per cento dell’ineguaglianza totale.

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Fig. Tasso di crescita nel 2000-15 (sull’asse verticale) rispetto al Pil pro capite nel 2000 (sull’asse orizzontale)

y = -0,7113Ln(x) + 8,6386

R2 = 0,166

-4

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100 1.000 10.000 100.000

Il grafico si riferisce a 120 paesi del Mondo e rappresenta il tasso di crescita del Pil pro capite nel 2000-15 rispetto al livello del Pil pro capite nel 2000. Fra le due variabili esiste una relazione inversa: paesi con elevato Pil pro capite nel 2000 hanno realizzato tassi di crescita inferiori a quelli di paesi con basso Pil pro capite nel 2000. Il grafico mostra il processo di convergenza che si è verificato dal 2000 circa. In generale, si ha convergenza quando l’equazione yr=α±ßlogyt (con yr che indica il tasso di crescita dopo l’anno t e yt il prodotto pro capite all’inizio del periodo considerato) ha un segno negativo. I valori dell’equazione, riportati nel grafico, indicano che il coefficiente ha appunto un segno negativo. Si è, dunque, verificata convergenza nel periodo in esame su scala mondiale.

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Il grafico a barre rappresenta la percentuale del reddito nazionale dei vari paesi del Mondo posseduta dal quintile più povero (cioè, dal 20 per cento più povero della popolazione; ottenuto dividendo la popolazione complessiva, fatta uguale a 100, in cinque parti). Copre il periodo dal 1820 sino a fine Novecento.

Nel 1820, il 20 per cento più povero della popolazione mondiale possedeva il 4,7 per cento del reddito mondiale. In seguito la quota-parte percentuale del quintile più povero è andata costantemente diminuendo. Si è stabilizzata sul 2 per cento a fine XIX secolo. Intanto, però, il PIL mondiale, fra le due date del grafico, era aumentato di circa 70 volte, in termini reali. Il 2 per cento del PIL mondiale nel 1992 è assai di più del 4,7 per cento del PIL del 1820.

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Fig. La povertà in 83 paesi nel 2002-12 (percentuale di popolazione del paese che vive con un reddito giornaliero inferiore alla linea della povertà di 1,25 dollari al giorno PPA).

La soglia della povertà assoluta rappresentata nel grafico è quella di 1,25 dollari al giorno PPA. In alcuni paesi la percentuale di poveri rappresenta quasi il 90 per cento della popolazione. Nelle posizioni più elevate (cioè con una maggiore percentuale di poveri) si trovano: Congo, Madagascar, Liberia, Burundi, Zambia, Malawi, Ruanda… L’Africa è il continente con maggiore percentuale di poveri.

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Fig. Percentuale della popolazione mondiale che vive in estrema povertà (<1 $ 1985) al giorno e in povertà (<2 $ 1985) fra il 1820 e il 2001

Sia la povertà estrema (<1$ al giorno) che la povertà (<2$ al giorno) si sono ridotte nel corso del tempo. All’inizio del XXI secolo, tuttavia, ancora più del 50 per cento della popolazione mondiale viveva in condizioni di povertà.

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Fig. Numero degli individui che vivono in condizioni di estrema povertà 1820-2001

Per quanto in termini relativi la povertà estrema si sia ridotta di continuo durante la crescita moderna, all’inizio del XXI secolo ancora più di un miliardo di persone viveva in condizioni di povertà estrema.